il fondamento ideologico del progetto greco e della conquista russa della crimea

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Il fondamento ideologico del Progetto Greco e della conquista russa della Crimea Benedetta Da Roit mat. 833932 / A.A. 2014-2015 ~ 1 ~ Il fondamento ideologico del Progetto Greco e della conquista russa della Crimea Corso di Storia della Russia (6 cfu) Prof. Masoero Alberto a.a. 2014-2015 Università Ca’ Foscari Venezia A cura di Benedetta Da Roit Mat. 833932 Relazioni Internazionali Comparate Curriculum Europa Orientale e-mail: [email protected]

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Il fondamento ideologico del Progetto Greco e della conquista russa della Crimea

Benedetta Da Roit – mat. 833932 / A.A. 2014-2015

~ 1 ~

Il fondamento ideologico del Progetto Greco e

della conquista russa della Crimea

Corso di Storia della Russia (6 cfu)

Prof. Masoero Alberto

a.a. 2014-2015

Università Ca’ Foscari Venezia

A cura di Benedetta Da Roit

Mat. 833932

Relazioni Internazionali Comparate

Curriculum Europa Orientale

e-mail: [email protected]

Il fondamento ideologico del Progetto Greco e della conquista russa della Crimea

Benedetta Da Roit – mat. 833932 / A.A. 2014-2015

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Indice

Introduzione……………………………………………………………………………………………………………p.3

1. L’ideologia dell’espansione imperiale russa…………………………………………………………..p.4

2. Da metafore poetiche a progetto politico: il Progetto Greco……………………………………p.7

3. Il Progetto Greco e l’ideologia della conquista……………………………………………………...p.10

4. L’annessione della Crimea………………………………………………………………………………..…p.14

5. Tauride come utopia di stato………………………………………………………………………………p.16

Conclusione…………………………………………………………………………………………………………...p.19

Bibliografia……………………………………………………………………………………………………….......p.20

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Introduzione

La crisi ucraina del 2014 e la successiva annessione della penisola della Crimea

da parte della Federazione Russa, rende, con sorpresa, il tema dell’ideologia russa

dell’espansione territoriale estremamente attuale. Questo lavoro si pone l’obiettivo,

appunto, di approfondire il progetto ideologico e politico elaborato da Caterina II che

motivava e giustificava la conquista dei territori occupati dagli Ottomani, e dunque del

Khanto di Crimea, della Grecia e di Costantinopoli.

Per comprendere meglio il fondamento ideologico e culturale che per secoli ha

guidato le conquiste e le espansioni dell’Impero russo, e dunque la conquista della

Crimea, saranno brevemente trattati nel primo capitolo quelli che, per molti studiosi,

sono i caratteri sui quali venne modellata la politica interna ed estera del paese,

assorbiti in seguito all’invasione tataro-mongola e all’influenza bizantina.

Nel secondo capitolo verrà esaminato il cambiamento che stava subendo

l’interpretazione anche culturale della guerra contro gli Ottomani a partire dalla seconda

metà del 1769, ad opera di poeti russi, interpretazione raccolta da Caterina II e dal suo

entourage fino a diventare un progetto politico di conquista dei territori occupati dai

turchi. Il Progetto Greco come progetto politico sarà poi approfondito nel terzo capitolo,

sottolineando anche il ruolo fondamentale che svolsero Potëmkin e Bezborodko

nell’elaborazione di tale progetto di conquista.

Le ragioni ideologico-politiche della successiva conquista della Crimea, avvenuta

nel 1783, saranno poi analizzate nel quarto capitolo e infine, nell’ultimo, verrà

esaminata la propaganda statale che accompagnò la conquista e che fece diventare la

Crimea un simbolo dell’eredità storica, culturale e religiosa della Russia imperiale.

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1. L’ideologia dell’espansione imperiale russa

Per buona parte degli studiosi, molti dei caratteri fondamentali dell’Impero russo,

nonché, per alcuni, dell’attuale Federazione russa, devono essere considerati e spiegati

alla luce di quella che fu la devastante invasione della fiorente e sviluppata Rus’ di Kiev

da parte delle tribù tataro-mongole.

In seguito all’invasione, avvenuta nel 1280, infatti, si osservò un progressivo

assorbimento degli elementi autocratici e autoritari, rispetto a quelli più occidentali

della Rus’ delle origini, tipici appunto delle popolazioni orientali: la popolazione della

Rus’, avendo incontrato un “potere senza limiti”1 assunse in sé tale concezione e con essa

la conseguente organizzazione del potere. L’autocrazia, dunque, si presentò come potere

indiviso, motore della politica e tutti ne erano esclusi. Questo provocò l’allontanamento

dall’esperienza occidentale e relativamente democratica della prima Rus’, dove il potere

del principe era limitato da varie istituzioni, e provocò il cambiamento nella concezione

del potere stesso che durò per tutto l’Impero.

La prima sconfitta dei mongoli avvenne nel 1380 con la battaglia di Kulikovo da

parte del Principato di Mosca, diventato ormai un centro sviluppato e potente sotto

l’Orda d’Oro. Tale sconfitta fu possibile grazie ad un processo di accentramento del

potere nelle mani del principe e alla formazione di una forte organizzazione militare, che

avevano acquisito un’importanza fondamentale proprio a seguito dell’esperienza

dell’invasione al fine di portare i confini e, dunque i pericoli, sempre più lontani.

Grazie a Ivan III, il quale si rifiutò nel 1480 di pagare il tributo al Khan, il Gran

Principato di Mosca, che si proclamava ora “Signore di tutte le Rus’”, si liberò della

dominazione mongola, iniziando un processo di annessione di tutti i Khanati a partire da

quello di Novgorod, ed iniziando dunque quella che venne chiamata la “raccolta delle

terre della Rus’”, in quanto erede legittimo dello Stato Rus’ kieviano2.

Il primo elemento ereditato dunque dall’esperienza mongola fu proprio quello

dell’organizzazione e delle strutture del potere. L’organizzazione degli antichi

dominatori tataro-mongoli appariva la più funzionale all’autocrazia, cioè “all’assoluta

mancanza di limiti esterni ed interni, finalizzata a un potere che doveva essere esercitato

1 M. Ganino, Russia, Il Mulino, Bologna, 2010, p. 26. 2 A. Kappeler, La Russia. Storia di un impero multietnico, Ed. Lavoro, Roma, a cura di A. Ferrari, 2005, cap. I,

pag. 19-20.

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per mantenere il bene supremo dell’unità”3 e la difesa dei confini per paura di una nuova

invasione.

Accanto al modello di organizzazione statale tataro-mongola, fu determinante

nella storia della Russia la concezione del potere di derivazione bizantino-ortodossa, la

quale motivava la continua espansione dell’Impero.

Con la caduta di Costantinopoli nel 1453 si cominciò a guardare a Ivan III come al

naturale successore del trono bizantino. Tale eredità si manifestò, in particolare,

nell’assunzione da parte di Ivan III del titolo di Czar, cioè “Cesare”, titolo divenuto

proprio degli imperatori di Costantinopoli. Un secondo elemento dell’eredità di Bisanzio

fu anche il matrimonio tra Ivan III e Sofia Paleologa, nipote dell’ultimo imperatore

bizantino. Inoltre, sotto il suo regno, fu aggiunto a san Giorgio, simbolo della casata,

l’aquila bicipite bizantina e, ancora, si formulò la teoria di “Mosca terza Roma”, come

ultimo centro della vera Cristianità4.

Dalla concezione “imperial-territoriale” bizantina, la visione imperiale russa

riprese l’idea del carattere sacrale della terra, edinaja i nedelimaja, cioè unitaria ed

indivisibile, legata ad una visione dell’Impero come un “corpo vivente” del quale era

necessario preservare l’inviolabilità e l’integrità, tselost’5. Tali questioni dell’integrità

territoriale e dell’espansione come allontanamento del pericolo e, allo stesso tempo, la

conversione dei popoli, trovarono spazio sin da subito nello Stato Moscovita ma

continuarono ad essere assolutamente centrali anche durante tutto il periodo

dell’Impero zarista.

A partire dalle prime conquiste da parte di Ivan IV dei Khanati di Astrakhan e

Kazan, si assistette ad una fase di progressivo espansionismo dello Stato russo, che tra la

metà del XVI secolo e gli anni Ottanta del XX secolo, seguì tre principali direttrici: quella

occidentale verso il Baltico e la Polonia, quella orientale verso la Siberia, l’Estremo

Oriente e l’Alaska, e quella meridionale verso il Mar Nero, il Caucaso e l’Asia Centrale.

Tali conquiste furono guidate principalmente da motivazioni geopolitiche e di

sicurezza dei confini, rafforzate dalle ideologie di derivazione bizantina e tataro-

3 M. Ganino, cit. p. 29. 4A. Polunov, Russia in the Nineteenth Century. Autocracy, Reform, And Social Change (1814–1914),

traduzione inglese a cura di Marshall S. Shatz, M.E. Sharpe (ed.), New York-Londra, 2005. 5 R. Wortman, The “integrity” (tselost’) of the State in Imperial Russian representation, “Ab Imperio”, 2011,

n. 2, p. 20.

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mongola. Come infatti osserva Ekaterina Pravilova6, fino alla fine del XVIII secolo le

motivazioni economiche, che invece avevano spinto le altre potenze europee a

conquistare nuovi territori e colonie, avevano una scarsa rilevanza per l’Impero russo.

Questo è comprensibile dal momento che la Russia si trovava in uno spazio geografico

aperto che rendeva il paese esposto ed insicuro. Solamente dall’Ottocento, infatti, con

l’introduzione di nuove teorie politico-economiche, si assistette alla progressiva

importanza dei “costi” delle ambizioni russe.

Le conquiste e l’espansione dell’Impero furono legittimate, inoltre, da miti,

iconografie e ideologie differenti, a seconda del periodo storico e del territorio

interessato. Accanto al mito che accompagnò l’annessione della Crimea un esempio di

questo tentativo di legittimazione fu lo sviluppo del mito dello “Zar Bianco” durante

l’espansione verso l’Estremo Oriente nel XIX secolo, il quale portò a giustificare il

desiderio imperiale di annettere i territori della Manchuria, del Tibet, dello Xinjiang e

della Mongolia7.

6 E. Pravilova, “Tsena” imperii: tsentr i okrainy v rossiiskom biudzhete v XIX-nachale XX vv., Ab Imperio,

2002, n. 4. 7 M. Laruelle, “White Tsar”: Romantic Imperialism in Russia’s Legitimizing of Conquering the Far East, Acta

Slavica Iaponica, 2008, n. 24.

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2. Da metafore poetiche a progetto politico

A partire dalla conquista da parte di Pietro il Grande del porto di Azov, sul Mar

Nero, avvenuta nel 1696, si fece largo nell’immaginario russo il sogno della costruzione

di un impero Orientale, sogno alimentato anche dopo la morte dello zar e nutrito dal

Conte A. I. Ostermann, il quale preparò nel 1737 un piano per la spartizione dell’Impero

Ottomano8. Il mito dell’espansione verso Oriente, non geografico bensì ideologico, sin

dal regno di Pietro viene confermato dal Conte B. C. Munnich, intimo amico dello zar, il

quale affermò nel 1762 che, dal momento della conquista di Azov “until the hour of his

death, [Peter's] grand design...had always been to conquer Constantinople, to chase the

infidel Turks and Tatars out of Europe, and thus to reestablish the Greek monarchy”9.

Caterina II, seguendo le orme dei suoi predecessori, mirava ad espandere

l’impero fino a quello che poteva essere definito il suo confine meridionale “naturale” e

cioè il Mar Nero. Premendo contro gli Ottomani, che occupavano questi territori,

scoppiò, nell’autunno del 1768, la prima guerra russo-turca, combattuta sia per mare

che per terra. La dichiarazione di guerra da parte ottomana si rivelò in realtà inaspettata

ed indesiderata, e la prima reazione di Caterina fu quella di aggrapparsi alla secolare

giustificazione religiosa10. Il manifesto di guerra del 1768, infatti, si concentrava

esclusivamente sulla retorica religiosa, tralasciando completamente riferimenti

neoclassici: si esortava a combattere contro il perfido nemico infedele e oppositore della

cristianità11.

A partire dalla seconda metà del 1769 si assistette ad una svolta

nell’interpretazione ufficiale della guerra: Petrov in particolar modo seppe anticipare

questa tendenza passando, nelle sue odi, dalle simbologie di carattere religioso ai motivi

classici, dell’antichità greca e romana12. Chi partecipò alla spedizione in Morea13 e ai vari

successi ottenuti dalla flotta russa e del suo comandante Aleksej Orlov, inoltre, vennero

8 H. Ragsdale, Evaluating the traditions of Russian aggression: Catherine II and the Greek Project, The

Slavonic and East European Review, Vol. 66, No. 1 (Jan., 1988), pp. 91-117. 9 Ibidem. 10 A. Zorin, Kromja dvuglavogo orla: russkaja literatura i gosudarstvennaja ideologija v poslednej treti XVII-

pervoj treti XIX veka, Moskva, Novoe literaturnoe obrazovanie, 2001, cap. I, pp. 44-45. 11 Ivi, pp. 44-45. 12 Ivi, pp. 49-50. 13 I russi fecero propaganda tra i greci di Morea al fine di preparare una rivolta contro gli ottomani,

promettendo agli ortodossi un protettorato russo.

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rappresentati da Petrov come gli antichi eroi che eroicamente sbarcarono sulle coste per

liberare la Grecia e riportarla all’antico splendore14. Nonostante la spedizione in Morea

si fosse rivelata un fallimento, le odi e i poeti che emersero in questo periodo, come ad

esempio Keraskov e Pavel Potëmkin, non riflettevano assolutamente quella che era

invece la realtà politica e Orlov continuò ad essere descritto come il liberatore del

popolo greco15.

I successi riportati da Orlov contro gli Ottomani, sconfitti nella baia di Çeşme nel

1770, aprirono la strada a più grandi ambizioni. Per Caterina era infatti ormai chiaro il

ruolo politico che la Russia stava assumendo: grazie alla posizione conquistata in

Europa, la Russia sarebbe stata finalmente in grado di scacciare gli ottomani relegandoli

in Asia. Caterina avrebbe inoltre portato a compimento il progetto proposto dal duca di

Sully nel XVI secolo, creare cioè una repubblica cristiana, sotto l’egida russa, che avrebbe

garantito la pace in Europa16; progetto proposto anche da Evgenij Bulgaris, un prete

ortodosso bulgaro, che espresse all’imperatrice nel 1772 la necessità di salvare i

cristiani ortodossi dei Balcani e restaurare una monarchia cristiana a Bisanzio17.

Un interessante fenomeno di questo periodo, che rafforzò ulteriormente la base

ideologica su cui si poggiò il Progetto Greco, fu l’affermarsi di diversi poeti russi di

origine greca i quali scrivevano componimenti sia in russo che in greco e che

riprendevano gli stessi temi e motivi dei poeti russi. In particolare il poeta A. P.

Palladoklis scrisse nel 1771 un’ode paragonando Caterina II ad Alessandro Magno e a

sua madre Olimpiade, vedendo dunque nell’imperatrice sia l’eroe che la madre dell’eroe.

Il parallelo russi-greci portò i poeti russi come Petrov e Keraskov ad associare

automaticamente gli ottomani ai persiani, da sempre nemici dell’Antica Grecia18. Il

parallelo con il regno di Alessandro Magno prese il posto di quello con le repubbliche

greche, apportando non pochi vantaggi a livello di rappresentazione ideologica:

Alessandro, non solo diffuse la cultura dell’Antica Grecia nei nuovi territori, ma il suo

regno rappresentava un legame di continuità tra la Grecia e Bisanzio, rendendo più

14 A. Zorin, cit., pp. 54-56. 15 Ivi, pp. 58-59. 16 Ivi, pp. 51-52. 17 E. McBurney, Picturing the Greek Project: Catherine II's Iconography of Conquest and Culture, Russian

Literature, Vol. 75, Issues 1–4, (1 Jan.–15 May 2014), pp. 415-443. 18 A. Zorin, cit., pp. 61-62.

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semplice così alla Russia la logica e l’ideologia dell’espansione che stava avvenendo in

quegli anni19.

Negli anni della guerra russo-turca furono proprio le numerose odi e la diffusione

dei motivi dell’antichità greca che formarono le basi che permisero di trasformare il

sistema di metafore poetiche in un concreto progetto a livello politico.

19 Ibidem.

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3. Caterina II e il Progetto Greco

Lo storico V. O. Kliuchevskij, sulla base della corrispondenza con Caterina II,

affermò che il Progetto Greco fu ispirato dal filosofo illuminista Voltaire: effettivamente

per tutta la durata della guerra russo-turca il filosofo francese fece costante riferimento

alla necessità di conquistare Costantinopoli al fine di far rinascere la cultura greca

antica20. Sin dal 1768, infatti, scriveva che il destino della Russia era quello di scacciare i

turchi dall’Europa, precondizione per la ricostruzione della civiltà greca. Frequenti

erano anche i parallelismi tra la guerra russo-turca e le guerre greco-persiane, come a

simboleggiare la lotta tra la cultura e le barbarie21.

Alla base delle idee di conquista di Voltaire, però, c’erano concezioni ben diverse

da quelle che invece spingevano e giustificavano Caterina II: ciò che interessava al

filosofo francese era esclusivamente la liberazione della Grecia dal gioco turco in quanto

culla della civiltà europea e della cultura classica e la Russia di Caterina svolgeva un

ruolo funzionale a tale scopo. La concezione ideologica russa, la successione culturale e

religiosa tra Mosca, Bisanzio e Atene e l’utopia di una fraterna unione dell’impero russo

e di quello bizantino, erano infatti del tutto estranee al pensiero di Voltaire22.

In realtà fu G. A. Potëmkin, leader militare e fidato di Caterina, che concepì quello

che venne appunto chiamato il Progetto Greco, definito uno dei più ambiziosi progetti di

politica estera russa23. Già nel 1774, infatti, anno della pace di Küçük Kaynarca24,

Potëmkin presentò a Caterina il progetto del cosiddetto “sistema orientale”, progetto di

politica estera che prevedeva un’alleanza con l’impero asburgico e che avrebbe dovuto

prendere il posto del sistema nordico elaborato da N. I. Panin, che prevedeva invece

un’alleanza offensivo-difensiva con gli stati del nord contro i Borbone e gli Asburgo25. La

veloce ascesa di Potëmkin nella politica russa fu determinata non solo dal fatto che fosse

20 Ivi, p. 39. 21 Ivi, p. 40. 22 Ivi, pp. 41-42. 23 Ivi, pp. 33-34. 24 Pace firmata con l’Impero Ottomano dopo la sconfitta di quest’ultimo nella guerra russo-turca del

1768-1774. Con questo trattato la Russia ottenne le basi strategiche di Kinburn, Enikale e Kech in

Crimea e nelle immediate vicinanze, oltre a una parte delle coste del mar Nero a est e a ovest della

penisola fin quasi ai piedi del Caucaso, Azov compresa. Cfr. N. V. Riasanovsky, Storia della Russia dalle

origini ai nostri giorni, ed. Bompiani, Milano, 1989, cap. XXI, pp. 2668-269. 25 A. Zorin, cit., p. 35.

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l’amante della zarina, ma soprattutto dal fatto che il suo sistema orientale rispondeva ai

piani strategici elaborati da Caterina nel corso della guerra russo-turca.

A partire dalla nascita del nipote Costantino, avvenuta nel 1779, fino al suo

viaggio in Crimea del 1787, Caterina II fu direttamente coinvolta nella creazione di

un’iconografia della conquista e dell’espansione verso Oriente. Difatti, già i nomi scelti

dall’imperatrice per i due nipoti fu indice dell’interesse che Caterina aveva nel

concretizzare il progetto di un impero a Oriente. L’imperatrice curò personalmente, a

partire dai nomi, ogni aspetto dell’educazione dei nipoti sulla base del suo progetto

politico. Per il primogenito, nato nel 1777, Caterina non scelse il nome secondo

tradizione, cioè Pietro IV, bensì scelse il nome Alessandro: da un lato ricordava

Aleksandr Nevskij, eroe nazionale russo e protettore di Pietroburgo, assicurando così la

continuità politica con Pietro il Grande; dall’altro lato il nome richiamava Alessandro

Magno, destinandolo a succederle al trono e diventare imperatore.

Con la nascita del secondo nipote, Caterina rese ancor più chiare le sue mitiche

aspirazioni: il bambino venne chiamato Costantino, nome che evocava il grande

imperatore bizantino, destinandolo dunque fin dalla nascita a diventare imperatore di

quella che sarebbe dovuta essere la restaurazione del trono di Costantinopoli26. Come il

fratello, Costantino venne educato a questo scopo e la nonna curò ogni minimo dettaglio

preparando per lui persino una balia greca. La nascita e il battesimo di Kostantin

Pavlovich produssero una serie di testi celebrativi associati al destino del bambino e al

Progetto Greco, testimoniando, inoltre, come l’opinione pubblica fosse informata circa il

piano di espansione che la corte imperiale stava elaborando e la sua simbologia27.

Nella realizzazione del Progetto Greco ebbe un importantissimo ruolo anche A. A.

Bezborodko, ministro degli affari esteri dell’epoca, il quale, preparando i documenti

necessari per Caterina, lavorò per portare da un piano ideologico ad un piano politico e

concreto le idee di Potëmkin e dell’imperatrice. Fu solo nel 1780, infatti, che il Progetto

venne delineato ufficialmente, quando Bezborodko lo espose in un memorandum

destinato probabilmente all’incontro tra Caterina e Giuseppe II, imperatore del Sacro

Romano Impero Germanico, avvenuto a Mogilev in Bielorussia nel 1782.

26 Ivi, pp. 33-34. 27 Ibidem.

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Il Progetto prevedeva tre possibilità: la prima, era la conquista russa dei territori

sulla costa del Mar Nero compresi tra il fiume Bug e il Dnestr, l’annessione della penisola

della Crimea e l’acquisizione di diverse isole dell’arcipelago greco; la seconda prevedeva

la creazione di un regno indipendente dai principati romeni; la terza possibilità

comprendeva invece la distruzione della Turchia, la restaurazione dell’antica Grecia

sotto l’impero di Costantino, nipote di Caterina28.

Le intenzioni politiche russe furono infine esposte ufficialmente dalla zarina in

una lettera indirizzata all’imperatore asburgico stesso nel 178229, quando l’alleanza tra i

due imperi venne sancita e l’Austria accondiscese a dare il suo benestare al Progetto

dietro compensazioni nei Balcani, l’assicurazione che il nuovo impero sarebbe stato

indipendente dalla Russia e dietro altri vantaggi30.

L’elemento centrale del Progetto elaborato dalla corte russa era rappresentato

dalla volontà di liberare dai turchi Costantinopoli e la Grecia per riportarle all’antico

splendore. Questa utopia della conquista, in realtà, non aveva nulla di originale in quanto

era presente nei piani degli zar sin dal XVII secolo. Il progetto di Caterina, però, legato ad

una determinata costruzione ideologica, si discostava da quello dei suoi predecessori

per il fatto che non voleva annettere Costantinopoli all’Impero russo, ma aspirava a farla

diventare la capitale del nuovo impero Orientale guidato dal nipote dell’imperatrice,

sempre però sotto l’egida dell’Impero russo.

Il ruolo della Russia, dunque, non sarebbe stato quello di conquistatrice ma

quello di un fratello maggiore, grazie al legame esistente tra Mosca, Bisanzio e Atene,

supportato da profondi fattori storici: la Russia infatti aveva ricevuto la sua fede da

entrambe, in quanto Ivan III aveva sposato l’ultima erede dell’impero bizantino, di

origini greche31. Nel Progetto la Russia acquisiva un ruolo di difensore in quanto era,

storicamente, erede spirituale di Bisanzio e legittima erede dell’antichità greca.

Tale costruzione ideologica, supportata dall’entourage di Caterina, dal mondo

artistico e dell’opinione pubblica, cambiò dunque la concezione sul ruolo storico e sulla

predestinazione dell’Impero russo. Se prima infatti la “fiaccola della cultura” si trasferì

dalla Grecia a Roma e poi alla Russia, ora il collegamento con la Grecia era diretto, senza

28 H. Ragsdale, cit. 29 A. Zorin, cit., p. 33. 30 N. V. Riasanovsky, cit., p. 270. 31 A. Zorin, cit., p. 36.

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alcun bisogno della presenza dell’Europa Occidentale come intermediario32. Secondo

Caterina, la Russia era chiamata a liberare la Grecia e indirizzarla nuovamente verso il

suo antico splendore e verso le sue origini: nell’immaginario comune, infatti, come

dimostrano le odi di Petrov e Majkov, la Grecia sarebbe potuta rinascere solo nel

momento in cui fosse entrata sotto l’influenza e la protezione russa33.

Sebbene la prima guerra contro gli Ottomani sotto il regno di Caterina la Grande

segnasse la prima decisiva sconfitta turca a opera dell’esercito russo, e sebbene il

trattato di Küçük Kaynarca rappresentasse il frutto di tale vittoria, gli obiettivi russi

erano stati raggiunti solo in maniera limitata: una parte delle coste settentrionali del

Mar Nero era rimasta in mani turche (territori in verde) mentre la Crimea era divenuta

indipendente (territorio in verde-giallo rappresentante il Khanato di Crimea). Negli anni

successivi al trattato fu chiaro, data la situazione politica instabile, che l’unico modo per

portare a compimento il Progetto Greco era la definitiva annessione della Crimea

all’Impero34.

Territori ceduti dall’Impero ottomano all’Impero russo in seguito al trattato

Küçük Kaynarca del 177435.

32 Ivi, p. 37. 33 Ivi, p. 56. 34 Ivi, cap. III, p. 97. 35Immagine disponibile al link

<https://it.wikipedia.org/wiki/Trattato_di_K%C3%BC%C3%A7%C3%BCk_Kaynarca#/media/File:

Treaty_of_K%C3%BC%C3%A7%C3%BCk_Kaynarca.svg>.

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4. L’annessione della Crimea

Nel 1774 con l’art. 3 del trattato di Küçük Kaynarca l’Impero ottomano aveva

accettato e riconosciuto l’indipendenza della Crimea e del khan. Nonostante la Russia

avesse intenzione di rispettarlo, il trattato si rivelò ben presto difficile da attuare: i

turchi avevano accettato tale accordo in quanto vinti, ma con l’intenzione riprendere al

più presto quei territori che occupavano ormai da molto tempo e che ritenevano

estremamente importanti36. Inoltre la popolazione stessa della Crimea, i tatari, molto

legati agli ottomani grazie anche alla comune religione, vedeva con paura una possibile

dominazione russa e non accettarono l’indipendenza imposta37.

Nella seconda metà degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta numerose

rivolte dei tatari contro Chagin-Girei, il nuovo khan posto al governo da Caterina II,

inasprirono la situazione politica in Crimea, già instabile, ed aumentarono l’ostilità di

tatari e turchi38. Al fine di salvaguardare la posizione russa, si diffuse sempre più l’idea,

sostenuta da Bezborodko e Potëmkin, di porre fine alle incessanti e pericolose rivolte

annettendo la Crimea, aumentando così i territori russi sulle coste del Mar Nero.

Nel 1782 Potëmkin in una lettera a Caterina, esponendo il suo piano, espresse la

necessità di annettere la Crimea, giustificando tale necessità con varie argomentazioni.

La prima di queste riguardava la posizione russa in Europa: in confronto con le altre

potenze europee la Russia era l’unica a non possedere colonie “appropriate”39 ed era

quindi necessario emularle, assecondando il costante desiderio russo di sentirsi parte

dell’Europa in tutto e per tutto. Come scriveva Potëmkin, infatti, «There are no powers in

Europe that have not distributed among themselves Asia, Africa, and America. The

conquest of the Crimea will neither strengthen nor enrich you, but it will bring

tranquillity»40. L’annessione della Crimea, dunque, non avrebbe portato vantaggi

economici per l’Impero e nemmeno avrebbe aumentato il potere di Caterina; al

contrario ciò che avrebbe portato sarebbe stata la “tranquillità”. Potëmkin si riferiva

probabilmente alla difficile situazione di instabilità politica che caratterizzava il

36 M. S. Anderson, The Great Powers and the Russian Annexation of the Crimea, 1783-4, The Slavonic and

East European Review, Vol. 37, No. 88 (Dec., 1958), pp. 17-41. 37 Ibidem. 38 Ibidem. 39 A. Schonle, Garden of the Empire: Catherine's Appropriation of the Crimea, Slavic Review, Vol. 60, No. 1

(Spring, 2001), pp. 1-23. 40 Ibidem.

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territorio della Crimea che sarebbe stata pacificata solo, appunto, con la sua

annessione41.

In questa stessa lettera Potëmkin espose a Caterina anche ragioni personali,

simboliche e religiose che avrebbero giustificato l’annessione: in riferimento alla

sconfitta di Pietro il Grande nella guerra russo-turca del 1711-1712, annettendo la

Crimea la Russia di Caterina avrebbe acquisito maggiore gloria rispetto ai suoi

predecessori, sarebbe riuscita a sconfiggere gli infedeli cacciandoli dall’Europa e, infine,

avrebbe creato un giardino paradisiaco42. Era inoltre rilevante la posizione geopolitica

strategica del territorio, di cui avrebbe sicuramente beneficiato l’Impero in particolare

per le basi militari.

Caterina si persuase dei vantaggi dell’annessione e nell’aprile del 1783 annunciò

in un manifesto l’annessione della Crimea, di Kuban e della penisola di Tuman da parte

dell’Impero43. A molti osservatori credevano che tale annuncio avrebbe presto portato

ad un nuovo conflitto con i turchi e la stessa Imperatrice riteneva il conflitto inevitabile

già a maggio. L’annessione però ebbe un successo superiore alle aspettative, con

un’importante impressione sull’opinione pubblica grazie soprattutto al carattere

pacifico dell’operazione44.

41 Ibidem. 42 Ibidem. 43 M. S. Anderson, cit. 44 A. Zorin, cit., cap. III, p. 98.

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5. La penisola di Tauride come utopia di stato

Con l’annessione della Crimea non si fermò la propaganda statale: bisogna

ricordare infatti che l’obiettivo finale era quello che costruire un impero Orientale sotto

la protezione russa legittimata dall’eredità storico-culturale e religiosa ricevuta da Atene

e Costantinopoli. A questo proposito, la Crimea rappresentava un perfetto esempio di

tale eredità, questo territorio aveva infatti un’importante significato simbolico per i

russi, che infatti ricordava sia la cristianità ereditata da Bisanzio, che la classicità greca.

Nella penisola di Crimea, identificata dagli antichi greci con il toponimo di

Chersoneso Taurico, che Caterina preferiva utilizzare al posto del toponimo tataro Krym,

si erano insediati infatti gli antichi greci fondando diverse colonie sulle coste meridionali

della penisola. Annettere questo territorio all’Impero significava per la Russia ereditare

l’antichità classica greca e avere pertanto il diritto di stare tra le fila dei paesi europei

civilizzati45. Il tema del legame tra la Grecia e la Russia si diffuse in tutte le odi e poemi di

questo periodo, esaltando l’annessione che avrebbe finalmente portato alla rinascita

l’antica civiltà greca. Non erano rari neppure i parallelismi tra la guerra russo-turca e la

vittoria dei greci sui troiani, l’annessione della Crimea e la conquista di Troia

nell’Iliade46. Il riferimento, poi, a Euripide fece da sottofondo ad importanti vicende di

politica estera e al viaggio di Caterina stessa in Crimea e in Nuova Russia avvenuto nel

1787: in particolare, risuonò in Caterina una particolare somiglianza con il destino di

Ifigenia, personaggio della tragedia Ifigenia in Tauride47.

Dal punto di vista dell’eredità bizantina, invece, aveva per i russi particolare

importanza l’antica città di Chersonesus, nel sud della Crimea, poiché era la culla della

cristianità ortodossa russa48. Nel 988 in questa città, infatti, Vladimir il Grande si

battezzò convertendosi all’ortodossia, precondizione necessaria per ricevere in moglie

Anna Porphyrogenita, figlia dell’imperatore bizantino. Qui vennero poste le basi

45 Ivi, p. 100. 46 Ivi, p. 105. 47 Ivi, p. 113. 48 Come scrisse infatti Potëmkin a Caterina in una lettera del 1783 «Таврический Херсон — источник

нашего христианства, а потому и людскости, уже в объятиях своей дщери. Тут есть что-то

мистическое». Ivi, p. 100.

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ideologiche che portarono molti secoli dopo alla concezione del Progetto Greco, in

questo luogo infatti la Russia aveva conosciuto la sua fede e incontrato la civiltà greca49.

La conquista della Crimea doveva inoltre esibire i frutti dell’autocrazia illuminata

dell’Impero russo. Sotto la benevolente autorità di Caterina e il governo di Potëmkin, (al

quale era stato affidato anche il governatorato della Novorossija), dunque, la Crimea

sarebbe stata trasformata in un giardino dell’Eden che sarebbe servito come esempio

tangibile e concreto del fondamento spirituale dell’autocrazia russa50.

Il motivo paradisiaco rappresentava un attributo indispensabile dell’utopia

statale: si esaltavano nelle odi e nelle lettere le caratteristiche naturali della penisola di

Tauride, dove alberi da frutto di ogni varietà crescevano rigogliosi e producevano in

abbondanza; la vegetazione era la stessa di quella che si poteva trovare in Asia e in sud

Europa, essendo la Crimea il punto in cui convergevano i diversi continenti; veniva

esaltata la presenza di diverse etnie nel territorio che, sotto il governo di Caterina,

sarebbero vissute in un ambiente multietnico ospitale e accomodante, ma che però

avrebbero formato un unico popolo51.

Il tema del giardino dell’Eden accompagnò in particolare il viaggio che

l’Imperatrice fece nel 1787 nei territori conquistati della Novorossija e della Crimea. Al

viaggio, iniziato il 21 maggio giorno di sant’Elena e san Costantino (che rimarcava il

legame con l’Impero romano d’Oriente), ebbe un significato particolare nella cornice del

Progetto Greco e proprio per la sua importanza avrebbero dovuto prendere parte anche

i futuri eredi al trono Costantino e Alessandro.

L’itinerario venne studiato meticolosamente e preparato da Potëmkin, il quale

fece chiamare appositamente architetti e giardinieri europei che si occupassero dei

giardini creati lungo il percorso che avrebbe seguito Caterina. Tutto venne creato per

rendere la Crimea perfetta: il legame tra il paesaggio e la filosofia politica era

strettissimo, la Crimea infatti doveva rappresentare al mondo la grandezza delle

politiche dell’imperatrice e del suo governo e non a caso Caterina venne accompagnata

in questo viaggio da dignitari e ambasciatori stranieri, che restarono tutti stupefatti e

49 Ibidem. 50 A. Schonle, cit. 51 Petrov scriveva in un’ode a Potëmkin nel 1782: «<...> тамо Азиатец / И солнцем осмуглевший Афр, /

Климатов разных европеец, / Герой, пустынник, селянин / Без маек очам твоим предстанет / В

единой храмине увидит / Восток и запад, норд и юг, <...> / Черты их лиц, одежды нравы, / Языки их

и веры разны, / Но угоститель всех — один...». A. Zorin, cit., p. 107.

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senza parole52. La Crimea e la Novorossija sarebbero dovute diventare il centro

dell’impero, la cui capitale orientale sarebbe divenuta Ekaterinoslav (che doveva

combinare in sé le caratteristiche di Roma e Atene), sostituendosi così ai Baltici e a

Pietroburgo53.

La conquista della Crimea divenne così importante e centrale per la Russia che la

conquista di Costantinopoli divenne una questione secondaria. Con la seconda guerra

russo-turca del 1787-’92, scoppiata proprio a causa dell’annessione della Crimea, il

Progetto Greco iniziò a naufragare, in particolare dopo la morte del suo ideatore,

Potëmkin, avvenuta nel 1791. Il Progetto venne abbandonato completamente nel 1796

con la morte di Caterina, dopo che nel 1792 con la pace di Iassy la Crimea entrò

ufficialmente a far parte dell’Impero russo. Ad ogni modo, era già chiaro che continuare

a combattere per creare un impero Orientale, liberando Costantinopoli e la Grecia non

aveva più alcun senso, in quanto della Russia ormai faceva parte Chersoneso Taurico,

che fondeva in sé sia le radici e l’eredità greca che quella bizantina54.

52 A. Schonle, cit. 53 A. Zorin, cit., cap. III, p. 108 e p. 113. 54 Ibidem.

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Conclusione

L’ideazione del Progetto Greco e la successiva annessione della Crimea, osservate

non solo dal punto di vista politico ma soprattutto dal punto di vista ideologico e

culturale, possono aiutare a comprendere in quale modo la Russia si sia da sempre

approcciata alla politica estera, modalità che molto spesso coincidono e sono il

fondamento anche della politica interna. Il principale errore che viene commesso

analizzando la storia e l’attualità, infatti, è quello di guardare alla Russia come un paese

dalla logica occidentale, non tenendo conto delle dinamiche spesso totalmente differenti

da quelle dell’Europa, motrici però della politica del paese.

Recentemente abbiamo assistito ad una seconda e moderna annessione della

Crimea da parte della Federazione Russa: l’azione del Presidente Putin, così come quella

di Caterina II, non si può spiegare e giustificare solo in termini politici. I fattori

geopolitici e ideologici, più che economici, invece, posso aiutare a spiegare la recente

annessione e aiutano a comprendere come la Crimea rappresenti ancora per la Russia e

la sua popolazione una parte integrante del paese, sia sul piano geografico che

soprattutto sul piano della tradizione ideologa, religiosa, storica e culturale.

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