il cinipide galligeno del castagno (dryocosmus kuriphilus, yasumatsu 1951) in valleriana,...

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IL CINIPIDE GALLIGENO DEL CASTAGNO NELLA SVIZZERA PESCIATINA. DISTRIBUZIONE CICLO VITALE E PROTEZIONE INTEGRATA. CAP. 1 – LA SVIZZERA PESCIATINA (O VALLERIANA) La Svizzera Pesciatina (o Valleriana) è una caratteristica zona della Toscana che si estende sull’appennino Tosco-Emiliano.Occupa gran parte dell’area montana del comune di Pescia in provincia di Pistoia.L’ origine del nome sembra risalire al Ginevrino Jean Charles Leonard Sismonde de Sismondi, che avrebbe riconosciuto nelle zona una somiglianza con i monti della sua terra natale, la Svizzera.Nel linguaggio popolare la zona è conosciuta come Valleriana cioè “valle dei rii ”, Ipotesi più probabile vista la ricchezza idrografica della zona (Puccinelli P.M. 1970,).La sua estensione è di circa 50 km quadrati su un territorio prevalentemente montuoso e bagnato dal fiume Pescia, la zona più elevata si divide in due valli, la Val di Forfora, dove scorre uno dei rami del fiume, e la Val di Torbola dove scorre l’altro ramo del fiume i quali si uniscono vicino al paese di ponte di Sorana.(Fig 1.)Qui troviamo dieci caratteristici paesi detti “le dieci castella,” meta di flusso turistico consistente, arrivando a superare anche di tre volte il numero degli abitanti permanenti.Le pratiche economiche legate all’utilizzo delle risorse naturali e forestali sono documentate già in epoca romana (II sec a.C. – IV sec. d.C.) periodo in cui tramite evidenze archeologiche si ha notizia di una probabile circolazione di materie prime come alimenti, legname, ceramiche, verso zone urbanizzate (GAMBARO,1996). 1.2 Il castagno: brevi cenni storici e geografici Le fonti scritte del periodo medievale a noi pervenute ci indicano dei particolari interessanti riguardo all’ambiente fisico nell’alto Medioevo, in cui querceti e castagneti sono tra le specie di piante dominanti in zona, in particolare il castagno(Fig.2), appartenente alla famiglia delle Fagaceae, il quale, nel basso Medioevo sarà sempre più diffuso in zone settentrionali e montane della Valdinievole compresa la Svizzera Pesciatina, poiché essendo una specie mesofita 1 e decidua, di clima temperato, sopporta decentemente i freddi invernali, subendo danni solo a temperature molto basse. Questa Pianta la troviamo su quote variabili dai 200m agli 800m in zone alpine e fino ai 1000-1300m nell’Appennino meridionale, ma è anche diffusa in tutto il versante tirrenico della nostra penisola, dalla Liguria alla Calabria e nell’ arco alpino Piemontese, in cui forma associazioni miste affiancandosi alla Quercus (Farnia e Roverella), al frassino, al carpino nero, al noce, al nocciolo. La sua presenza è sporadica nel versante adriatico e nella pianura padana, esige condizioni di umidità favorevoli e possiamo trovarlo seppur limitatamente anche a quote più basse, predilige terreni neutri o moderatamente acidi, prettamente silicei o derivati da rocce vulcaniche con graniti e arenarie quarzose.La sua espansione fu dovuta in gran parte all’opera dell’uomo il quale ha tratto, specialmente in tempi passati, notevoli vantaggi dalla diffusione di questa specie (CASTILLO Q.1996) per la produzione di legname e per i suoi frutti, i quali hanno rappresentato in passato un’importante risorsa per le popolazioni rurali degli ambienti forestali, sia montani che collinari, in quanto le castagne erano utilizzate non solo come principale risorsa dell’alimentazione, ma anche per la produzione di farina e altri derivati, oggi utilizzate anche come ingredienti nell’industria dolciaria. Per quanto riguarda la sua origine, vi è una teoria recentemente elaborata che riguarda le indagini eseguite su campioni di granulo pollinico fossile, che farebbero risalire la presenza del castagno in Europa al Cenozoico (circa 130 mld), dove sembra avesse un’ampia distribuzione, ma che nel corso delle glaciazioni pleistoceniche sembra che l’areale si sia progressivamente contratto verso sud.Nel corso dell’ultima glaciazione (Wurm) la specie si è ritirata in Asia minore.La successiva diffusione del castagno in tutta Europa ebbe inizio con i Greci, e fu in seguito ampliata dai Romani (Valdinievole compresa) e proseguì ininterrottamente per tutto il Medioevo grazie anche agli ordini monastici, che compresero la sua duplice funzione, come risorsa alimentare (Castagne) e tecnologica(Legname da opera).La crisi sembra esserci nel 1 Piante a esigenze moderate di umidità e temperatura Intermedie tra le igrofite (Clima Fresco) e termofite (Clima caldo)

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IL CINIPIDE GALLIGENO DEL CASTAGNO NELLA SVIZZERA PESCIATINA.

DISTRIBUZIONE CICLO VITALE E PROTEZIONE INTEGRATA.

CAP. 1 – LA SVIZZERA PESCIATINA (O VALLERIANA)

La Svizzera Pesciatina (o Valleriana) è una caratteristica zona della Toscana che si estende sull’appennino Tosco-Emiliano.Occupa gran parte dell’area montana del comune di Pescia in provincia di Pistoia.L’ origine del nome sembra risalire al Ginevrino Jean Charles Leonard Sismonde de Sismondi, che avrebbe riconosciuto nelle zona una somiglianza con i monti della sua terra natale, la Svizzera.Nel linguaggio popolare la zona è conosciuta come Valleriana cioè “valle dei rii ”, Ipotesi più probabile vista la ricchezza idrografica della zona (Puccinelli P.M. 1970,).La sua estensione è di circa 50 km quadrati su un territorio prevalentemente montuoso e bagnato dal fiume Pescia, la zona più elevata si divide in due valli, la Val di Forfora, dove scorre uno dei rami del fiume, e la Val di Torbola dove scorre l’altro ramo del fiume i quali si uniscono vicino al paese di ponte di Sorana.(Fig 1.)Qui troviamo dieci caratteristici paesi detti “le dieci castella,” meta di flusso turistico consistente, arrivando a superare anche di tre volte il numero degli abitanti permanenti.Le pratiche economiche legate all’utilizzo delle risorse naturali e forestali sono documentate già in epoca romana (II sec a.C. – IV sec. d.C.) periodo in cui tramite evidenze archeologiche si ha notizia di una probabile circolazione di materie prime come alimenti, legname, ceramiche, verso zone urbanizzate (GAMBARO,1996).

1.2 Il castagno: brevi cenni storici e geografici

Le fonti scritte del periodo medievale a noi pervenute ci indicano dei particolari interessanti riguardo all’ambiente fisico nell’alto Medioevo, in cui querceti e castagneti sono tra le specie di piante dominanti in zona, in particolare il castagno(Fig.2), appartenente alla famiglia delle Fagaceae, il quale, nel basso Medioevo sarà sempre più diffuso in zone settentrionali e montane della Valdinievole compresa la Svizzera Pesciatina, poiché essendo una specie mesofita1 e decidua, di clima temperato, sopporta decentemente i freddi invernali, subendo danni solo a temperature molto basse. Questa Pianta la troviamo su quote variabili dai 200m agli 800m in zone alpine e fino ai 1000-1300m nell’Appennino meridionale, ma è anche diffusa in tutto il versante tirrenico della nostra penisola, dalla Liguria alla Calabria e nell’ arco alpino Piemontese, in cui forma associazioni miste affiancandosi alla Quercus (Farnia e Roverella), al frassino, al carpino nero, al noce, al nocciolo. La sua presenza è sporadica nel versante adriatico e nella pianura padana, esige condizioni di umidità favorevoli e possiamo trovarlo seppur limitatamente anche a quote più basse, predilige terreni neutri o moderatamente acidi, prettamente silicei o derivati da rocce vulcaniche con graniti e arenarie quarzose.La sua espansione fu dovuta in gran parte all’opera dell’uomo il quale ha tratto, specialmente in tempi passati, notevoli vantaggi dalla diffusione di questa specie (CASTILLO Q.1996) per la produzione di legname e per i suoi frutti, i quali hanno rappresentato in passato un’importante risorsa per le popolazioni rurali degli ambienti forestali, sia montani che collinari, in quanto le castagne erano utilizzate non solo come principale risorsa dell’alimentazione, ma anche per la produzione di farina e altri derivati, oggi utilizzate anche come ingredienti nell’industria dolciaria.Per quanto riguarda la sua origine, vi è una teoria recentemente elaborata che riguarda le indagini eseguite su campioni di granulo pollinico fossile, che farebbero risalire la presenza del castagno in Europa al Cenozoico (circa 130 mld), dove sembra avesse un’ampia distribuzione, ma che nel corso delle glaciazioni pleistoceniche sembra che l’areale si sia progressivamente contratto verso sud.Nel corso dell’ultima glaciazione (Wurm) la specie si è ritirata in Asia minore.La successiva diffusione del castagno in tutta Europa ebbe inizio con i Greci, e fu in seguito ampliata dai Romani (Valdinievole compresa) e proseguì ininterrottamente per tutto il Medioevo grazie anche agli ordini monastici, che compresero la sua duplice funzione, come risorsa alimentare (Castagne) e tecnologica(Legname da opera).La crisi sembra esserci nel

1

Piante a esigenze moderate di umidità e temperatura Intermedie tra le igrofite (Clima Fresco) e termofite (Clima caldo)

Rinascimento, presumibilmente con il progresso delle tecnologie in agricoltura e il crescente sviluppo della cerealicoltura, salvo alcune zone vocate di cui delle sue risorse non se ne poteva fare a meno. Da allora fino all’Ottocento, il castagno subì un lento e progressivo abbandono, molteplici possono essere le cause: L’evoluzione e differenziazione delle piante coltivate, i cambiamenti delle abitudini alimentari delle popolazioni europee, l’introduzione di materiali alternativi quali il metallo e la plastica nell’allestimento di manufatti e opere infrastrutturali, civili, agricole, il crescente interesse verso altre specie forestali da legno alternative al castagno (Robinia, ciliegio), e la pressione antropica sugli ambienti forestali sempre più assidua ed evidente.

Alla riduzione delle superfici di castagno hanno contribuito, in modo non trascurabile, gli agenti patogeni come Phytophthora cinnamomi agente fungino del mal dell’ inchiostro, Cryphonectria parasitica agente del cancro del castagno, ed altri insetti xilofagi.2

La presenza del castagno fin dai tempi antichi ha fatto si che alcuni esemplari tutt’oggi esistenti abbiano un particolare valore storico,culturale,paesaggistico e come tali sono definiti alberi monumentali.Questa pianta così diffusa e così importante sia come fonte di reddito che come valore simbolico della montagna pesciatina, attualmente è minacciata anche da un parassita alloctono, diffuso in maniera esponenziale nell’ultimo decennio, divenendo in un primo momento uno dei principali agenti di danno della pianta (Fig 3-4).

CAP. 2 - IL CINIPIDE GALLIGENO DEL CASTAGNO (Dryocosmus kuriphilus)

2.1 - Distribuzione

IL principale agente di danno al castagno è il Cinipide galligeno o vespa del castagno (Dryocosmus kuriphilus YASUAMTSU, 1951) un insetto dell’ordine degli imenotteri apocriti terebranti3, detto galligeno poiché provoca con la puntura delle gemme la comparsa di deformazioni ed ingrossamenti dette “galle”, su germogli e foglie della pianta ospite colpita, al cui interno la larva compie il suo ciclo vitale.Di questa specie sappiamo che è originaria della Cina, si è introdotto prima in Giappone e Corea, a seguito negli USA.In Europa è comparso la prima volta nel 2002, in Italia i primi avvistamenti sono stati in Piemonte, nella provincia di Cuneo, negli anni successivi con l’adattamento all’ambiente e la mancanza di predatori si è diffuso in modo più o meno evidente in tutta Italia ed anche in Toscana(5-6).

2.2 – Caratteri morfologici

La specie presenta solo esemplari femminili e la riproduzione è per partenogenesi telitoca (discendenza composta di sole femmine).L’adulto è di colore scuro e misura circa 2,5 mm.Le zampe sono di colore giallo scuro-arancio, presenta occhi composti, le antenne sono moniliformi (allungate ed intrecciate). Ali membranose. L’addome , compresso, presenta un peduncolo4 e l’ovodepositore è evidente(Fig.3-4).

2.3 – Ciclo biologico

L’insetto compie una solo generazione annua(Fig.7), le femmine adulte escono dalla galla nel periodo indicativo da fine maggio- primi di giugno fino agli inizi luglio.Riproducendosi per partenogenesi, la femmina è pronta ad ovideporre, ciascuna femmina produce in media 100-150 uova, deponendone 20-30 per gemma.Le larve nascono a partire dalla fine di Luglio e svernano nelle gemme passando al loro interno la stagione fredda senza dare alcun segno visibile della loro presenza ad un esame esterno.Alla ripresa vegetativa le larve intraprendono un’intensa attività trofica5,ciò induce alla formazione di galle molto evidenti su germogli(Fig.8), nervature fogliari(Fig.10) e infiorescenze, alla fine della stagione primaverile la larva si impuperà per poi dare origine all’insetto adulto che sfarfallerà ed inizierà ad ovideporre indicativamente a fine Giugno- inizio luglio.

2

Si chiamano così i vari artropodi che scavano gallerie nel legno di cui si nutrono.3 Insetti caratterizzati da un ovopositore perforante (Terebra) anziché da un pungiglione (Vespoidea) sono parassiti di larve di altri insetti. Per approfondimento si consiglia la lettura di Istituzioni di Entomologia Agraria di G. Grandi Ed. Calderini (BO)4 Modificazione strutturale del II urite, è una strozzatura evidente che separa il propodeo (I segmento addominale) dal resto dell’ addome (Gastro) tale forma è tipica degli imenotteri apocriti tra cui rientra la Fam. dei Cynipidae5 Nutrizione

Gli attacchi del cinipide sono quindi individuati dalla presenza delle galle rotondeggianti su foglie e germogli(Fig.8-11), con superficie liscia e lucida, inizialmente verdi, poi tendenti al colore rossastro, dopo lo farfallamento abbiamo necrosi dell’organo colpito(Fig12) .Se si effettua un taglio a metà delle galla si possono osservare le forme larvali del parassita(Fig.13).Le conseguenze sull’ambiente a seguito dell’attacco del parassita sono state all’inizio devastanti, tra queste vi sono una fortissima riduzione della produzione di castagne autoctone e loro derivati (Farina, miele di castagno), aumento dei rischi idrogeologici legati ad eventuali sfalci delle piante malate con conseguenti frane e smottamenti, arresto dello sviluppo delle piante colpite, danni all’ambiente e all’immagine del territorio adibito alla fruizione turistica.

CAP. 3 - LOTTA BIOLOGICA AL CINIPIDE DEL CASTAGNO

3.1- Riferimenti normativi

Allo scopo di contrastare la diffusione del Dryocosmus kuriphilus YASUMATSU sono state adottate ed intraprese, sia in Italia che in Europa, le seguenti azioni normative (NICASTRO, 2011):

DECISIONE DELLA COMMISSIONE EUROPEA del 27 Giugno 2006 (2006/464/CE)

Stabilisce misure di emergenza provvisorie per impedire l’introduzione e la diffusione del parassita nella comunità europea.

MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALIDel 30 ottobre 2007 (d. Lgs. n.42 del 19/02/2008)

Misure di emergenza provvisorie per impedire la diffusione del cinipide del castagno nel territorio della repubblica italiana.Tale decreto fornisce norme sulla gestione e sull’eventuale spostamento del materiale di propagazione del castagno in esso sono definite:

Zone focolaio: laddove si ritiene possibile la presenza dell’ organismo, “costituita dall’area infestata dove la presenza dell’organismo è stata confermata e comprende tutti i vegetali che presentano vari sintomi causati dall’organismo, e tutti i vegetali che appartengono allo stesso lotto al momento della messa in coltivazione.”

Zone di insediamento: nelle quali la presenza del parassita risulta tale da non ritenere più possibile la sua eradicazione, “costituita dall’area infestata dove la presenza dell’organismo è stata confermata e comprende tutti i vegetali che presentano sintomi causati dall’organismo.”

DECRETI REGIONALI

Ogni regione ha approvato una norma dirigenziale del responsabile del servizio fitosanitario regionale che riporta le prescrizioni fitosanitarie ai sensi del decreto ministeriale 30 ottobre 2007 in materia di controllo del parassita.La regione toscana ha il suo D.Lgs n.282 del 29 luglio 2009 aggiornato in D.Lgs n.363 del 16 novembre 2010 recante “modifiche ed integrazioni del decreto 30 ottobre 2007” in materie applicative alla difesa, ovvero si delimitano, per la regione Toscana due aree di insediamento, una relativa alle province del Nord della Toscana, l’altra relative alle province del Sud, e le relative fasce tampone racchiuse in un arco di 15 km, comprendenti anche le province limitrofe di La Spezia, Reggio Emilia, Parma, Ravenna,Forlì-Cesena,Modena,Bologna,Viterbo.

3.2 - Metodologie di difesa contro Dryocosmus kuriphilus

I principali metodi che sono stati ponderati per contenere e limitare l’azione dell’agente patogeno (NICASTRO, 2011) sono:

Metodi preventivi

Favorire la creazione di limiti alla circolazione di materiale infetto e/o un accurato controllo del materiale di propagazione (Marze per innesti, piantine) proveniente dai paesi esteri dove la presenza del parassita è ormai assodato.

Metodi curativi

3.3 – difesa fisico/meccanica

metodo che consiste nella rimozione attiva delle piante malate o parti di esse, prima dello farfallamento dell’adulto, permettendo il rigenerarsi della pianta dai polloni basali, ma anche i giovani germogli vigorosi vengono attaccati e non si risolve il problema. L’esclusione o ritardi nella diffusione del patogeno possono essere perseguiti anche tramite l’uso di reti anti-insetto durante il periodo di volo delle femmine.

3.4 – difesa chimica

Tra le misure di intervento diretto da adottare sulle piante colpite vi è stato proposto il metodo di lotta chimica mediante utilizzo di prodotti antiparassitari possibilmente specifici contro il patogeno. Sono stati effettuati studi per testare la numerosa efficacia dei prodotti fitosanitari conto il cinipide.Da prove condotte in Piemonte, i trattamenti con larvicidi su gemme e galle si sono mostrati inefficaci (SPERANZA et al., 2009), compresi quelli con principi attivi endoterapici6probabilmente la causa è dovuta al blocco dell’assorbimento del prodotto dovuto alle galle (GIBBS et al.,2011; PANZAVOLTA et al.,2011; DIXON et al., 1986).Trattamenti a cadenza settimanale con fosforganici e piretroidi7, nel periodo di volo delle femmine, hanno evidenziato la possibilità di ridurre le infestazioni del cinipide, ma la necessità di ripetuti interventi prospetterebbe conseguenze negative, il rischio di inquinamento ambientale, dell’aria, e delle falde acquifere sarebbe molto consistente, da considerare anche i danni che il loro utilizzo potrebbe provocare alla salute umana.Queste condizioni hanno permesso un immediato accantonamento dell’ipotesi.Tuttavia a seguito delle pressanti richieste dei castanicoltori, preoccupati per il crollo delle produzioni dei propri impianti, il ministero della salute con un decreto del 25 giugno 2010 concesse l’autorizzazione a trattamenti adulticidi con il piretroide lambda – cialotrina, ma a causa del suo largo spettro di azione rischia di eliminare l’entomofauna utile autoctona.Infine è stato formulato l’utilizzo di un composto di polvere di caolino e silicato di alluminio (http://meta.arsia.toscana.it/meta/meta?&idcms-DOC=141)comitato tecnico locale provincia di Cuneo,2005) da irrorare sulla vegetazione durante il periodo di volo delle femmine, in modo da formare una patina bianca che riduce la possibilità di ovideposizione nelle gemme, la ripetizione dei trattamenti è a cadenza settimanale con complesse implicazione sul piano ecologico.Un metodo di lotta che sembra funzionare è quello della lotte Biologica integrata, mediante l’utilizzo di antagonisti del cinipide, i Torimidi calcidoidei.

3.3- Lotta biologica mediante diffusione di parassitoidi

6 Tipologie di trattamenti fitosanitari mediante iniezioni iniezioni al tronco dei fitofarmaci.7 I Fosforganici o Esteri fosforici sono insetticidi contenenti fosforo, agiscono per contatto ma sono anche penetranti, sono a largo spettro di azione e facilmente degradabili.

I piretroidi sono insetticidi di sintesi (costituenti naturali dei fiori di Tanacetum cinerariifolium), sono poco tossici per i vertebrati, molto persistenti e poco selettivi, non sono ammessi in agricoltura biologica.

Da alcuni anni in Italia, è stato introdotto nei boschi di castagno il principale parassitoide monofago specifico: Il Torymus sinensis (KAMJO, 1982).Il lancio è stato effettuato anche nella svizzera pesciatina seppur in ritardo rispetto ad altri comuni e province(Fig.14). Scoperto negli anni 70 in estremo oriente, precisamente in Giappone, dove fu studiato e testato come parassitoide del cinipide (MELIKA et al,2004), i risultati furono molto positivi (MAINI, 2011; QUACCHIA et al., 2010; 2008) e si riteneva fosse promettente anche anche in Italia.Questo insetto appartiene alla famiglia dei torimidi calcidoidei che comprende altre numerosissime specie, chiamati così per il colore (dal verde scuro al rossastro) che ricorda il rame, è specie monofaga le cui larve si nutrono solo delle larve del cinipide, riducendo la popolazione del parassita. Dopo il successo dell’insetto in estremo oriente, è stato importato in Italia tra il 2003 e il 2004 dove è stato lanciato, dimostrando di essersi acclimatato in Piemonte (PANZAVOLTA et.al.,2011; QUACCHIA et al., 2010).Grazie alla positiva e documentata esperienza giapponese che ha consentito in circa vent’anni il contenimento delle infestazioni, in Italia nel 2003 fu avviato un piano di difesa biologica finanziato dalla regione Piemonte e svolto dal DIVAPRA8 che prevede l’introduzione e la diffusione, mediante metodo propagativi di T.sinensis nelle aree colpite.L’esperienza del Piemonte ha delineato il modus operandi oggi adottato in molte regioni italiane, Toscana compresa.

3.4- Ciclo biologico del torymus sinensis

L’insetto presenta esemplari sia maschili che femminili, la riproduzione è per anfigonìa 9, viene prodotta solo una generazione annua. La femmina è riconoscibile per la presenza dell’ovopositore e, dopo l’accoppiamento depone le uova nelle galle dove vi è la presenza delle larve del cinipide, alla chiusura delle uova, le larve di Torymus sinensis (Fig.17) si nutrono di quelle dell’insetto aggressore, e svernano nella cella larvale al posto delle larve del parassita per tutto il periodo invernale, fino a che, a primavera, non sfarfallerà l’adulto verso la fine di maggio, maschi e femmine adulte si accoppieranno di nuovo formando la generazione successiva e il ciclo riprende.

CAP.4. – CRITERI E AZIONI INTRAPRESE

4.1 - In toscana e in provincia di Pistoia

Allo scopo di combattere il cinipide galligeno del castagno la regione toscana ha avviato dal 2010 un piano per l’introduzione del Torymus sinensis.Il percorso di studio e monitoraggio propedeutico al lancio è stato seguito dai tecnici dell’ufficio forestale della provincia di Pistoia e della comunità montana dell’appennino pistoiese, segnalando alcune aree ritenute idonee per continuare l’attività di contrasto al parassita le quali sono state monitorate e convalidate per il lancio del parassitoide (Fig14-15).Nel 2010 sono stati effettuati 5 lanci (Fig.15-16) regionali in zone castanicole di elevato interesse di azione :

Sorano – Grosseto Pendici Acquerino – Pistoia Caprese Michelangelo – Arezzo Marrani – Mugello – Firenze Castelpoggio – Massa Carrara

Dopo il 2010, in provincia di Pistoia, le azioni del progetto lotta biologica al cinipide del castagno sono state fortemente intensificate mediante liberazione di ulteriori parassitoidi.Nel maggio 2011, la provincia ha approvato altri 4 lanci nelle seguenti località:

Cotoro – comune di Marliana San Bernardino (Cireglio)- Pistoia Zona Acquerino (2 lancio – Pistoia)

8 Dipartimento di Valorizzazione e Protezione delle Risorse Agroforestali9 Riproduzione mediante accoppiamento del maschio con la femmina.

Frassignoni- comune Sambuca P.se

Ad oggi nel quinquennio 2010 – 2014 i rilasci di torymus sinensis

Lotta Biologica

2010 2011 2012 2013 2014P..Regionale

2014Bioinfocast

2014Altro

Numero rilasci

5 26 63 372 60 120 421

4.2 – Aree di moltiplicazione del parassitoide

Alla lotta biologica con i lanci dei Torimidi si stanno affiancando anche aree di allevamento e moltiplicazione di questi insetti (NICASTRO, 2011), già a seguito delle prime esperienze di rilascio furono messe a punto strategie di allevamento denominate “Aree di moltiplicazione”, ciascuna delle quali prevede la predisposizione di un’area che funga da serbatoio biologico, all’ interno della quale, a seguito dello farfallamento primaverile, sia possibile prelevare coppie di individui del parassitoide da diffondere in aree castanicole infestate da D. kuriphilus (TIBERI, 2009) In Toscana le tre attualmente stabilite ex-novo sono ivi presenti:

Camporgiano – Catelnuovo Garfagnana – Lucca San Piero – Mugello – Firenze Monte Aquilana – Arcidosso – Grosseto

Le modalità di lancio e diffusione, e la messa a punto delle tecniche di allevamento,di Torymus sinensis sono indicate dal DIVAPRA dell’università di Torino, il quale si occupa di effettuare prove in laboratorio e in semicampo preliminari al lancio, mirate a sincronizzare il più possibile lo sfarfallamento di T.sinensis con il ciclo biologico del cinipide.Il DIVAPRA ha ratificato un protocollo di attuazione alla lotta biologica al cinipide del castagno, riconosciuto dal ministero delle politiche agricole e forestali, contenete indicazioni di allestimento e gestione di due tipologie distinte di aree, idonee a riprodurre e allevare Torymus sinensis denominate:

1. Aree di moltiplicazione2. Sito in pieno campo

Le aree di moltiplicazione già menzionate sono appezzamenti di terreno talvolta costituita da colture protette (in tal caso Castagni) collocata sul territorio, in cui viene introdotto il parassitoide su parti di castagno, infestati o volutamente inoculati con Dryocosmus kuriphilus al fine di ottenere, negli anni seguenti notevoli quantità di Torymus sinensis da rilasciare in altre aree infestate.Mentre i siti in pieno campo sono luoghi infestati dal cinipide dove viene lanciato il parassitoide che, una volta acclimatato, si diffonderà nell’ambiente circostante.Da questi siti si può prelevare materiale da adoperare come inoculo per altre aree. Attualmente, l’area di moltiplicazione più vicina alla Svizzera Pesciatina è quella di Camporgiano (LU), in Garfagnana, nell’alta valle del fiume Serchio, al confine con la Lunigiana.

4.3 – tempi di lancio

Il torymus per potersi insediare con efficacia, viene lanciato nei castagneti quando la vegetazione della pianta di castagno è uscita dal riposo invernale, nella fase che sta tra la caduta delle perule (foglie modificate a scopo protettivo per la gemma) delle gemme e quella degli amenti in accrescimento (Vedi rif. Tabella delle

fasi fenologiche del castagno – BELLINI et al. 2006.Fig 15 -15bis.) corrispondente alla IV V e VI fase degli stadi fenologici in cui abbiamo l’inizio delle formazioni di galle, in genere il periodo si aggira tra aprile e maggio.Un lancio singolo sarà efficace (diminuzione del numero di galle) dopo circa 6-8 anni, per dare modo al parassitoide di sincronizzare il suo ciclo con quello del parassita.

CAP.5 – IL CONTROLLO BIOLOGICO TRAMITE PARASSITOIDI AUTOCTONI ( O INDIGENI)

Per riuscire ad arginare se non addirittura superare le gravose procedure di introduzione di agenti di controllo esotici, nonché evitare a monte i rischi derivabili dall’inserimento di un organismo alloctono, bisogna riuscire ad ottenere il controllo biologico del parassita mediante entomofagi autoctoni presenti nel territorio nostrano(Fig. 18-20).I programmi di diffusione di Torymus sinensis sono stati accompagnati da sperimentazioni ed indagini su parassitoidi autoctoni, tra questi si considerano le diverse specie di imenotteri calcidoidei, parassitoidi di cinipidi galligeni su querce europee (QUACCHIA et al, 2011; MELIKA et al, 2004) che potrebbero mostrare, in una certa misura, attività parassitaria anche sul cinipide del castagno.In tale direzione si sono attivati progetti di ricerca e analisi dei cicli biologici di questi insetti.Questi studi hanno portato a valutare oltre 30 specie di calcidoidei in grado di parassitizzare il Driocosmus kuriphillus in misura più o meno efficiente.(QUACCHIA et al, 2011; SANTI e MAINI, 2011).In particolare sono state sperimentate 7 specie di calcidoidei (vedi RIF. tabella 2 ) comuni nelle galle di cinipidi delle querce e allevati su galle di D.kuriphillus, allo scopo di individuare i più capaci di adattarsi all’ambiente (MELIKA et al, 2004).Tuttavia, nonostante l’elevato numero di specie analizzate, la percentuale di parassitizzazione resta bassa (evidenziate mediante rapporto n.parassitoidi / n. di larve di D.kuriphillus) ciò indica che al momento il ruolo dei parassitoidi indigeni non sia da considerarsi sufficiente (QUACCHIA et al., 2011; AEBI et al., 2007).Il motivo va ricercato nella mancata sincronia del ciclo biologico preda/predatore, dunque si richiede tempo affinché si possa osservare un adattamento.Tra i più efficaci possiamo menzionare Megastimus dorsalis (Fig.18) parassitoide di cinipidi delle querce ed Eupelmus urozanus (Dalman) imenottero parassitoide polifago (Fig.19) (QUACCHIA et al, 2011) Di recente è stato studiato il parassitoide autoctono Torymus flavipes (WALKER) un noto parassitoide delle larve del cinipide delle querce.Il suo potenziale adattamento ambientale e le numerose osservazioni effettuate come predatore sul cinipide del castagno lo indicano come il più promettente organismo autoctono per contrastare il parassita (SANTI e MAINI et al., 2011).Ad aumentare le sue aspettative è stato anche l’incremento della popolazione e dell’attività parassitaria, con femmine che depongono maggior uova per galla spiegato anche da una buona capacità di ricerca attiva della vittima e da una buona sincronia del ciclo biologico con quello del parassita, difatti numerosi studi sembrano indicare la comparsa di molti altri parassitoidi a primavera troppo inoltrata, ed incontrano D kuriphillus in uno stadio troppo tardivo per la parassitizzazione, mentre l’attività predatoria del T.flavipes sembra immediatamente successiva alla formazione delle galle quindi più precoce e decisamente con miglior risultato(SANTI.,2011).Il progressivo utilizzo di nuove specie di predatori a fianco del T.sinensis comporterebbe un miglioramento nella lotta al cinipide poiché le azioni sinergiche di insetti cooperanti potrebbe risultare più efficace della sola azione dell’attuale parassitoide specifico.Risulta importante sperimentare,osservare,raccogliere ed analizzare i dati per considerare su ciascun territorio dove si deve operare qual è la specie di torimide che presenta più adattamento ai fattori ambientali e che risponde meglio alla predazione, in modo da impostare un piano corretto di difesa biologica una volta individuati i parassitoidi più efficaci localmente.(BARONIO, 2008).

CAP.6 – CONCLUSIONI

Dalla prima comparsa dell’insetto parassita abbiamo avuto una fase critica, poiché essendo un nuovo esemplare e non avendo trovato predatori naturali si è diffuso rapidamente e per questo sono state prese misure di emergenza (come il decreto di lotta obbligatoria 30 ottobre 2007)cercando di incentivare i metodi di lotta biologica ed integrata ed abolendo la lotta chimica possibile causa di inquinamenti ambientali dovuti ad alcune persistenze di insetticidi, e difatti i risultati ottenuti sono più che positivi, questo è stato possibile grazie anche ai fattori naturali di eco - resistenza che hanno contribuito a contenere la diffusione di questo parassita. La ricerca punta a incentivare la realizzazione di aree di moltiplicazione per ottenere nei prossimi anni ambienti nel quale riprodurre esemplari di torymus da lanciare, per accelerare il processo di controllo permanente delle popolazioni di cinipide. Importante è anche favorire l’aumento delle aree di allevamento dell’insetto e gli esperimenti su insetti parassitoidi indigeni eventualmente utili contro il cinipide del castagno per avere insetti nostrani a pronto lancio e ponendo anche come obbiettivo l’abbattimento dei costi dovuti per importarli dall’estero e indicare le strategie più opportune per instaurare un soddisfacente equilibrio tra parassita, parassitoide e ambiente.La lotta al Cinipide che ha duramente colpito la svizzera pesciatina è iniziata ed è tutt’ora in corso, numerosi sono i castagni colpiti, ma con il lancio del T.sinensis effettuato nel 2012 e con i futuri lanci che ne seguiranno utilizzando (si spera con risultati positivi) anche parassiti indigeni, si gettano le basi per una riduzione della patologia negli anni a seguire.Nonostante sia considerato da molti studiosi come un ospite secondario del castagno, è comunque importate limitarne i danni diretti ed indiretti compresi i prodotti derivati, i rischi idrogeologici, i danni all’immagine del paesaggio, e salvaguardare il castagno in quanto specie di elevato valore storico e principale risorsa ambientale e territoriale, in modo da fornire un contributo a salvaguardare le bellezze del territorio pesciatino, possibile fonte di reddito e fruizione turistica.

Sandro Silvestri.

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

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TAVOLE

Fig.1 - Svizzera pesciatina con unione Fig.2 – Il Castagno, una tipica pianta dei due rami del fiume sotto ponte a Sorana della Svizzera Pesciatina.

Fig.3 – Il Cinipide del Castagno Fig.4 – Particolari morfologici dell’ insetto

Fig.5 - Diffusione del parassita in Toscana; i punti rossi Indicano la prima presenza del parassita, i verdi la successiva diffusione, i blu l’assenza

Fig.6 – Diffusione in Valeriana

Giugno-Luglio Adulti

Maggio-Giugno pupe

Fig.7 – Ciclo Biologico del parassita

Fig.8 – Galle su foglie e germogli

Luglio-Agosto uova

Luglio-Agosto deposizione uova

Agosto- Marzo larve di 1 età

Marzo-Giugno larve

Fig.9 – Galle su germogli foglie ed infiorescenze

Fig.10 – Galla su lamina fogliare al livello della nervatura Centrale, si nota l’evidente deformazione

.

Fig.11 – Pollone basale di un Castagno sfalciato colpito dal Cinipide

Fig.12 – ramo secco e galle necrotizzate

Fig.13 – Galla in sezione trasversale con larva del parassita

Fig.14 – Il Torymus sinensis predatore del Cinipide

Fig.15 – IV V e VI fase fenologica del Castagno

Fig.16 – Provetta contenente il Torymus

Fig.17 – Lancio del predatore

Fig.18 – Forma larvale di Torymus sinensis

Fig.19 – Esemplare di Torymus flavipes, torimide autoctono

Fig.20 – Megastigmus dorsalis Fig.21 – Eupelmus urozonus Torimide autoctono Calcidoideo indigeno polifago