gr. poiéo: note di sintassi

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Le lingue del Mediterraneo antico Culture, mutamenti, contatti A cura di Marco Mancini e Luca Lorenzetti Carocci editore C

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Le lingue del Mediterraneo antico

Culture, mutamenti, contatti

A cura di Marco Mancini e Luca Lorenzetti

Carocci editoreC

1a edizione, giugno 2013 © copyright 2013 by Carocci editore S.p.A., Roma

Realizzazione editoriale: Fregi e Majuscole, Torino

Finito di stampare nel giugno 2013dalla Litografia Varo (Pisa)

ISBN 978-88-430-6919-4

Riproduzione vietata ai sensi di legge(art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633)

Senza regolare autorizzazione,è vietato riprodurre questo volume

anche parzialmente e con qualsiasi mezzo,compresa la fotocopia, anche per uso interno

o didattico.

Volume pubblicato con il contributo del MIUR nell’ambito del progetto PRIN “Mutamento e contatto tra varietà nella diacronia linguistica

del Mediterraneo” (2008EHLWYE_001)

7

Presentazione 13

1. L’ipotesi indoeuropea di Bopp e il problema del contatto tra grammatiche 15di Luca Alfieri

1.1. Introduzione 151.2. Il modello “Parola e Paradigma” 161.3. La tradizione grammaticale indiana 201.4. Le prime grammatiche sanscrite pubblicate in Occidente 23

1.4.1. Le grammatiche sanscrite inquadrabili nel modello PP / 1.4.2. Le grammatiche sanscrite con radice e derivazione

1.5. L’ipotesi IE di Bopp e il contatto tra grammatiche 30

2. Clefts, epexegetic focus constructions, and Information Structure in Classical and Koine Greek 37di Giorgio Banti

2.1. Introduction 372.2. Basic notions of IS 382.3. Studies on IS in Ancient Greek 462.4. AG clefts 472.5. Other AG IS-linked constructions 582.6. Conclusions 61

3. Gr. poiéǀ: note di sintassi 69di Carla Bruno

Indice

LE LINGUE DEL MEDITERRANEO ANTICO

8

3.1. Accusativo e infinito con poiéǀ 693.2. Proprietà osservative 72

3.2.1. Poiéǀ e l’infinito: pertinenze funzionali / 3.2.2. Oltre poiéǀ: accu-sativo e infinito con anagkázǀ

3.3. Altre proprietà osservative 763.3.1. Oltre l’infinito: categorie lessicali e funzione predicativa / 3.3.2. Di nuovo l’infinito

3.4. Conclusioni 79

4. Usi derivazionali del genere: somiglianze casuali, paren-tela, contatto 83di Paola Crisma

4.1. Introduzione 834.2. Delle sorprendenti somiglianze tra italiano, swahili e

mandingo 844.3. Nomi a genere variabile nelle lingue romanze 874.4. Il suffisso valutativo -one e il cambio di genere 914.5. Conclusioni 94

5. Contatto linguistico e tipologie di mutamento: sintassi e pragmatica a confronto 97di Pierluigi Cuzzolin e Piera Molinelli

5.1. Introduzione 975.2. Il mutamento sintattico 98

5.2.1. Mutamento sintattico indotto dal contatto / 5.2.2. Dicere quod: un muta-mento sintattico per contatto? / 5.2.3. I grecismi sintattici / 5.2.4. Sulla crono-logia dei grecismi sintattici / 5.2.5. Calchi sintattici e parentela genealogica

5.3. Il mutamento pragmatico 1095.3.1. La formazione di marcatori funzionali / 5.3.2. Pragmaticalizzazione vs grammaticalizzazione / 5.3.3. Pragmaticalizzazione di marcatori fun-zionali da verbi / 5.3.4. Un tipo di marcatore funzionale: i marcatori prag-matici / 5.3.5. Il mutamento pragmatico e le sue relazioni con il contesto

5.4. Conclusioni 120

6. Lingua omerica e fraseologia anatolica: vecchie questio-ni e nuove prospettive 125di Paola Dardano

INDICE

9

6.1. Storia degli studi 1256.1.1. Il punto di vista dei grecisti / 6.1.2. Il punto di vista degli anatolisti / 6.1.3. Temi e motivi / 6.1.4. Successi, insuccessi e metodi

6.2. “Mangiare la casa” 1336.2.1. Gr. ȠੇțȠȞ įȦ / 6.2.2. Itt. per karap-

6.3. “Mordere la terra” 1386.3.1. Gr. omerico ȖĮĮȞ ੑ įȟ ȜȐȗȠȝĮȚ / 6.3.2. Itt. GE6-in KI-an u֒֒Ɨga epp-

6.4. Conclusioni 144

7. Marcatori funzionali deverbali in greco, latino e italiano: sviluppi paralleli e natura della convergenza 151

di Chiara Fedriani e Chiara Ghezzi

7.1. Introduzione 1517.2. Marcatori funzionali da verbi di movimento 158

7.2.1. Marcatori pragmatici da verbi di movimento: gr. áge, lat. age e it. vai/va’ / 7.2.2. Marcatori discorsivi da verbi di movimento: áge, age e vai/va’

7.3. Marcatori funzionali da verbi di scambio 1667.3.1. Marcatori pragmatici da verbi di scambio: lat. em e it. to’ e dai / 7.3.2. Marcatori discorsivi da verbi di scambio: lat. em e it. dai

7.4. Conclusioni 172

8. Pluralità di vie del prestito: i casi di itt. laې anni-, gr. ȜȐȖȣȞȠȢ e itt. kupaې i-, gr. țȪȝȕĮȤȠȢ 181di Valentina Gasbarra e Marianna Pozza

8.1. Introduzione 1828.2. Itt. laې anni-, gr. ȜȐȖȣȞȠȢ 1828.3. Itt. kupaې i-, gr. țȪȝȕĮȤȠȢ 186

9. Categorie e relazioni: morfosintassi di aggettivi verbali in greco antico 193di Nunzio La Fauci e Liana Tronci

LE LINGUE DEL MEDITERRANEO ANTICO

10

9.1. Problema e metodo 1939.2. Dati 1959.3. Costruzioni con AV: la sorte del soggetto iniziale 2009.4. Costruzioni con AV: soggetto finale argomentale o non

argomentale 2059.5. Conclusioni 208

10. L’epigrafia giudaica e la diffusione del greco nella Pale-stina romana 213di Marco Mancini

11. Il colore della verità. Vicende della categorizzazione di concetti morali nel Mediterraneo antico 261di Paolo Martino

11.1. La categorizzazione dei colori 26111.2. Bovese alithinó “vero” e “rosso” 26111.3. Gr. med. ȜȩȕȘȡȠȢ e italoromanzo mer. lúvaru 26311.4. Sulla genesi delle categorie cromatiche 26511.5. Le molte dimensioni della verità 26811.6. Verecundia tra vitium e virtus 27111.7. Got. gariuþs pudicus 27311.8. Sl. eccl. a. krasƱnǎ “bello”, russo krasnyj “rosso” 27511.9. Virginitas nova purpura 276

12. Per un repertorio elettronico dei prestiti greci e latini in aramaico nel Dictionary of the Targumim di Marcus Jastrow 283di Cristina Muru

12.1. Introduzione 28312.2. La tradizione linguistica ebraica e il corpus di Jastrow 28412.3. La struttura del database 285

13. Latinismi nel greco d’Egitto 301di Giancarlo Schirru

INDICE

11

13.1. Greco e latino nel vocabolario domestico dell’Egitto ro-mano 301

13.2. Il latino nel repertorio sociolinguistico dell’Egitto ro-mano 306

13.3. Stratificazione dei latinismi 30913.4. Evoluzioni del latino e del greco testimoniate nell’adat-

tamento del prestito 31213.5. Tratti egiziani: consonantismo 31513.6. Tratti egiziani: metaplasmi nominali 31713.7. Conclusioni 324

14. Interferenze linguistiche nell’Egeo tra preistoria e proto-storia 333di Domenico Silvestri

14.1. Questioni di metodo, questioni di merito: i miei viaggi metalinguistici 33314.1.1. Due nomi importanti: il vino e l’olio

14.2. I limiti dell’approccio sostratistico pregreco (da Fick a Furnée senza trascurare Beekes) 340

14.3. Un caso emblematico di prestiti: contatti precoci del greco con le lingue semitiche 353

14.4. Un caso esemplare: gr. ȜȐȖȣȞȠȢ “bottiglia a collo lungo e a ventre largo” ovvero le vie del prestito non sono… infinite 358

14.5. Tori che nuotano (con buone ragioni!): a proposito di viaggi marini più antichi 360

14.6. La prospettiva argonautica ovvero “terre da coltivare, metalli da estrarre e sottoporre a fusione” 362

14.7. Le rotte metallurgiche e due etnici emblematici: Bebrici e Calibi 364

14.8. Prospettive etimologiche per Bebrici e Calibi 36614.8.1. Bebrici / 14.8.2. Calibi

14.9. Andate e ritorni 36714.9.1. Creta e la provenienza dei Cari, dei Cauni e dei Lici / 14.9.2. Lemno e la provenienza dei Tirreni

LE LINGUE DEL MEDITERRANEO ANTICO

!$

14.10. Policentrismo e multidirezionalità dei movimenti cultu-rali e linguistici nell’area egea 369

Gli autori 377

"*

3Gr. poiéǀ: note di sintassi*

di Carla Bruno

pân hóper àn mں próterón tis òn hústeron eis ousían ágƝi, tòn mèn ágonta poieîn, tò dè agómenon poieîsthaí poú phamen

Pl., Soph. 219b

3.1Accusativo e infinito con poiéǀ

Per quanto soprattutto tipiche della prosa greca classica, di fatto, strut-ture come negli esempi 1-4 qui di seguito, in cui forme del verbo poiéǀ si combinano con un’ulteriore forma verbale, all’infinito, sono presenti, lo mostra in particolare il brano dell’Odissea riportato nell’esempio 1, fin nell’epica arcaica1:

1. epeì ár se theoì poíƝsan hikésthai oîkon eüktímenon kaì sںn es patrída gaîan (Hom., Od. 23,258-259) «dopo che i numi t’han fatto tornare alla solida casa e alla terra dei padri» (Calzecchi Onesti)2. apékhei dè hƝ Plátaia tôn ThƝbôn stadíous hebdomڼkonta, kaì tò

húdǀr tò genómenon tês nuktòs epoíƝse bradúteron autoùs eltheîn (Thuc., Hist. 2,5)

«ma Platea dista da Tebe settanta stadi, e l’acqua caduta quella notte li fece procedere più lentamente»;

* Un sentito ringraziamento ad Anna Morpurgo Davies per l’aiuto nell’acquisire materiale bibliografico di altrimenti difficile reperibilità.

1. Si tratta di un impiego di poiéǀ generalmente trascurato nelle grammatiche descrit-tive, dove viene cursoriamente etichettato come tipico delle fasi tarde della lingua. «Vieles Derartige findet sich noch im spätestem Griechisch» osserva, ad esempio, Wackernagel (1926, p. 263), proprio commentando i versi omerici annotati nell’esempio 1, e analoghe considerazioni si incontrano in Schwyzer (1950, p. 220). Di fatto, come è stato largamente dimostrato da Gibson (2002, 2004), sulla base di un corpus che dall’epica arcaica si estende fino al V sec. d.C., la costruzione risulta adeguatamente rappresentata in tutta la letteratura greca, in poesia come in prosa, con una particolare diffusione nella prosa del V e IV sec. a.C., specialmente nella produzione di Platone e Aristotele.

(#

CARLA BRUNO

3. kratڼsas gàr […] hólon epoíƝse pheúgein tò tôn enantíǀn (Xen., Hg. 7,5,24)

«e, avendo vinto, […] fece fuggire tutti gli avversari»; 4. oîmai àn sùn toîs theoîs poiêsai autòn kaì tò stráteuma pémpsai kaì

apodoûnai tòn dasmón soi (Xen., Cyr. 2,4,14) «credo che, con l’aiuto degli dei, gli farei inviare le truppe e versare

il tributo che ti deve».

Sul piano formale, costruzioni come queste appaiono caratterizzate, oltre che per la presenza di poiéǀ e dell’infinito, anche per la presenza dei loro soggetti, marcati rispettivamente dal caso nominativo (così theoí nell’es. 1) e dal caso accusativo (così se ancora nell’es. 1)2.

Della relazione che l’elemento in accusativo, qui, esibisce con la funzione di soggetto, ci dice, innanzitutto, la correlazione con altre strutture, dove non ricorra poiéǀ, ma ricorrano forme verbali caratteriz-zate dalla stessa base lessicale dell’infinito. Così quelle di seguito, nell’esempio 5 con êlthe e nell’esempio 6 con pémpoi, nel confronto con i casi rispettivamente degli esempi 2 e 4:

5. Khrúses d’aûth’ hiereùs hekatƝbólou Apóllǀnos êlthe thoàs epì nêas Akhaiôn khalkokhit۸nǀn (Hom., Il. 1,370-371) «ma Crise, il sacerdote di Apollo che lungi saetta, venne alle rapide navi degli Achei chitoni di bronzo» (Calzecchi

Onesti);6. âthla proúthƝke taîs pólesin, hڼtis áriston stráteuma pémpoi (Xen.,

Hg. 4,2,5) «indisse premi per le città che avessero inviato il miglior esercito».

In questi contesti, infatti, l’elemento che in relazione a êlthe e pémpoi occupa la posizione di soggetto (cfr. es. 5 con KhrúsƝs, es. 6 con hںtis),

2. Anche le forme di títhƝmi “pongo” si prestano a entrare in sequenze simili, che, come mostra il passo di Euripide di seguito proposto, anche sul piano del contenuto, possono essere confrontate con quelle con poiéǀ qui sotto esame: Héra me kámnein tڼnd’ éthƝke tڼn nóson (Eur., Heracl. 990) «Era mi ha fatto soffrire questa malattia». In particolare, le costruzioni con títhƝmi, per lo più limitate alla produzione poetica arcaica (cfr. Gibson, 2004), mostrano restrizioni di tipo stilistico e cronologico estranee a quelle qui sotto esame. Tale correlazione appare soprattutto significativa in quanto non limitata a questo tipo sintattico: le forme di poiéǀ e títhƝmi appaiono, ad esempio, in relazione anche in costruzioni a verbo supporto, dove compaiono sistematicamente associate alla flessione mediale, e dove i contesti con títhƝmi si presentano di nuovo stilisticamente marcati rispetto a quelli con poiéǀ (cfr. in particolare Benedetti, Bruno, 2012, p. 19, con la bibliografia ivi citata).

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%. GR. poiéǀ: NOTE DI SINTASSI

quello che in altre parole ne controlla la concordanza e si presenta caratterizzato dalla marca nominativo, condivide l’interpretazione “chi giunge” e “chi invia” con quello che, negli esempi 2 e 4, con poiéǀ, si mostra all’accusativo (rispettivamente autoús e autón).

Questo stesso elemento, nelle sequenze con poiéǀ sotto esame, può, inoltre, mostrare l’attitudine a fare da antecedente del soggetto di una completiva implicita, così quella retta da elpízein nell’esempio 7, esat-tamente come, lo mostra l’esempio 8, in assenza di poiéǀ, il soggetto di elpízǀ può fare:

7. elpízein epoíei toùs sundiatríbontas heautôi mimouménous ekeînon toioútous genڼsesthai (Xen., Mem. 1,2,3)

«faceva sperare i suoi discepoli che, se lo avessero imitato, sarebbero diventati tali [scil. dei veri gentiluomini]»;

8. boûn ں léont’ ڼlpizes enteínein brókhois? (Eur., Andr. 720) «credevi forse di dover legare un bue o un leone con delle funi?».

Sul piano del contenuto, costruzioni come quelle negli esempi 1-4, formalmente così caratterizzate dalla presenza di poiéǀ e dell’infinito risultano, sistematicamente associate a una interpretazione tale per cui il soggetto di poiéǀ viene rappresentato come la causa dell’evento evo-cato dall’infinito, e quindi, in ultima analisi, dell’agire di questo, cosicché, in letteratura, per forme come poiéǀ e per i costrutti in cui ricorrono, è stata proposta l’etichetta “causativo”3.

Di questa classe di costrutti, nelle pagine che seguono, si tenterà di fornire, in una prospettiva sintattica essenzialmente dipendente da La Fauci (2009) e in un dominio costituito dalla prosa di Erodoto,

3. Costrutti come questi attraggono da decenni l’attenzione degli specialisti, che hanno soprattutto valutato il grado di integrazione dei due predicati, il “causativo” e il “non causativo”, e la forma degli argomenti nominali del costrutto. Da questo punto di vista, una particolare attenzione è stata dedicata al tipo romanzo caratterizzato dai con-tinuatori del lat. facio “faccio”, che con l’infinito forma un complesso predicativo unico (cfr. Robustelli, 1993, che vede, tra l’altro, nel greco un modello per i seguenti sviluppi romanzi). Contributi importanti sono stati dati sotto diverse prospettive teoriche. Si vedano, nella vasta letteratura, le rassegne di stampo tipologico di Comrie (1976), Song (1996) e Dixon (2000), la descrizione di impianto generativista di Guasti (1993) e i contributi in ambito relazionale di Davies e Rosen (1988) e Rosen (2012). Essenziali, e in essi questo contributo trova il proprio punto di riferimento, le più recenti conside-razioni di La Fauci e Mirto (2003) e La Fauci (2009), che si muovono in una versione modificata della grammatica relazionale.

($

CARLA BRUNO

Tucidide e Senofonte4, una descrizione che renda soprattutto conto, alla luce di una serie di proprietà osservative sistematicamente correlate al tipo, delle modalità di interazione dei due nuclei predicativi in gioco: quello incentrato su poiéǀ e quello incentrato sull’infinito5.

3.2Proprietà osservative

3.2.1. poiéǀ E L’INFINITO: PERTINENZE FUNZIONALI

Osserviamo, innanzitutto, come, in questi costrutti, da poiéǀ non dipen-dano restrizioni sui nominali che compaiono nella sequenza: né su quello in funzione di soggetto, che può presentarsi associato tanto al tratto [+animato] (così Thalên nell’esempio 9) quanto a quello [-ani-mato] (così tò húdǀr nell’esempio 2), né su quello all’accusativo che si presenta [+animato] nell’esempio 10, dove è rappresentato da polloús, e [-animato] nel 9, dove è rappresentato da tòn potamón.

Al contrario, l’accusativo appare invece soggetto a restrizioni imposte dall’infinito: stonerebbe pertanto un nominale dotato di anima-tezza nell’esempio 9 dove ricorre rhéein, come d’altra parte uno inani-mato nel 10 in combinazione con la locuzione méga phroneîn.

9. légetai […] Thalên […] poiêsai […] tòn potamòn eks aristerês kheiròs rhéonta toû stratoû kaì ek deksiês rhéein (Hdt., Hist. 1,75)

«si narra che Talete facesse scorrere il fiume, che scorreva alla sini-stra dell’accampamento, anche a destra»;

10. kaì humeîs oûn, eàn sǀphronête, ou toútou all’ humôn autôn pheíse-sthe, hǀs hoûtos sǀtheìs mèn polloùs àn méga phroneîn poiڼseie tôn enantía gignǀskóntǀn humîn (Xen., Hg. 2,3,34)

«voi dunque, se siete saggi, dovete risparmiare non costui ma voi stessi, perché la sua salvezza accrescerebbe l’audacia di coloro che vi sono contrari».

4. Sono state in particolare osservate una settantina di ricorrenze del costrutto in un dominio costituito dalle Storie di Erodoto e di Tucidide e l’Anabasi, la Ciropedia, le Elleniche e i Memorabili di Senofonte, dove il costrutto appare in particolare più comune. Dati statistici sulla ricorrenza del costrutto sono disponibili in Gibson (2002, 2004).

5. È d’altra parte generalmente ammesso che la sequenza dell’accusativo e infinito possa, nelle lingue indoeuropee che ne sono caratterizzate, ospitare configurazioni sin-tattiche diverse. Cfr. a questo proposito, in particolare, Cuzzolin (1994, pp. 36-42) con la bibliografia ivi citata.

(%

%. GR. poiéǀ: NOTE DI SINTASSI

Per quanto riguarda, poi, le proprietà funzionali di poiéǀ, si noti che, in questi costrutti, la forma verbale si presenta invariabilmente alla diatesi attiva, mostrando in ciò una restrizione estranea invece all’infi-nito6. Quest’ultimo può, infatti, qui correlarsi a strutture intransitive (così come nei passi sopra negli esempi 1, 2 e 3 rispettivamente con hikésthai, eltheîn e pheúgein) e transitive (così come nell’esempio 4 con pémpsai e apodoûnai o nel 7, con elpízein, dove la funzione oggetto diretto è coperta da una proposizione), dando forma a configurazioni attive (come negli esempi 3, 4 o 7) e non attive, come quelle rappre-sentate nei passi negli esempi 11-13 di seguito7:

11. hƝ d’egkráteia pántǀn málista hڼdesthai poieî (Xen., Mem. 4,5,9) «la temperanza fa soprattutto godere di ogni cosa»;12. kaì gàr nûn hóte áneu hƝmôn proselásantes ekinduneúete […] mála

dè aiskhúnesthai hƝmâs epoiڼsate hóti ou parêmen hópouper humeîs (Xen., Cyr. 4,5,48)

«in verità, quando rischiavate scendendo in battaglia senza di noi, ci facevate vergognare molto dal momento che non eravamo lì con voi»;

13. epeúkhomai dé, éphƝ, toîs theoîs, hoíper me epoíƝsan blƝthênai hupò soû, doûnaí moi poiêsai mں metamélein soi tês emês dǀreâs (Xen., Cyr. 8,3,32)

«prego, disse, quegli dei che mi fecero esser colpito da te di conce-dermi di non farti pentire del dono che mi fai».

3.2.2. OLTRE poiéǀ:ACCUSATIVO E INFINITO CON anagkázǀ

Per questi aspetti – l’esclusione di un contesto ristretto e di variazioni diatetiche – le sequenze in cui poiéǀ compare con un accusativo e un infinito possono opporsi ad altre sequenze, apparentemente simili, dove

6. Si tratta di un aspetto generalmente colto negli studi pertinenti, cfr. ad es. Cock (1981).

7. Assumiamo alla base dell’opposizione diatetica attivo vs non attivo (cioè medio), qui, le nozioni funzionali elaborate da La Fauci (1988) in un quadro teorico sostanzial-mente riferibile alla grammatica relazionale. In tale prospettiva «ha un orientamento che oppone medio a attivo ogni fenomeno […] che distingue i soggetti finali che hanno coperto in un livello qualsiasi della struttura proposizionale la RG di oggetto diretto […] dai soggetti finali che non hanno coperto la RG di oggetto diretto in nessun livello della struttura» (ivi, p. 34). Sull’applicabilità di tali nozioni anche all’ambito della morfosin-tassi verbale greca, cfr. Benedetti (2005, 2006).

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CARLA BRUNO

al posto di poiéǀ si presentano forme diverse, come quelle di anagkázǀ “costringo” negli esempi 14 e 15:

14. epeíte heméas suntakhúnein anagkázeis kaì huperbállesthai ouk eâis, íthi eksƝgéo autòs hóteǀi trópǀi párimen es tà basilڼia kaì epikheirڼsomen autoîsi (Hdt., Hist. 3,72)

«dal momento che tu ci costringi ad affrettarci e non permetti di indugiare, suvvia, spiegaci in qual modo entreremo nella reggia e li assaliremo»;

15. epeí me anagkázeis despótƝn tòn emòn kteínein ouk ethélonta, phére akoúsǀ, téǀi kaì trópǀi epikheirڼsomen autǀi (Hdt., Hist. 1,11)

«poiché mi costringi a uccidere contro la mia volontà il mio signore, suvvia, che io sappia come lo assaliremo».

Come poiéǀ, dunque, anche anagkázǀ può combinarsi con un accusativo e infinito in costrutti in cui l’elemento marcato dall’accusativo si mostra in qualche modo connesso con la funzione di soggetto: si collega all’in-terpretazione “chi si affretta” in presenza di suntakhúnein, come heméas nell’esempio 14, e viene rappresentato come “chi uccide” in presenza di kteínein come me nell’esempio 15.

Tuttavia, a differenza di poiéǀ, anagkázǀ mostra, ad esempio, di imporre restrizioni di tipo interpretativo sul nominale in accusativo. Ciò è apprezzabile, oltre che nella tendenza di questo a presentarsi associato al tratto [+animato], anche nei diversi effetti che, qui, la combinazione con una predicazione interna di tipo passivo implica sull’interpretazione globale del costrutto. Se, infatti, là dove compare poiéǀ si instaura una relazione parafrastica con il costrutto attivo corrispondente (così tra hoíper me epoíƝsan blƝthênai hupò soû nell’esempio 13, e un possibile hoi theoì epoíƝsán se baleîn me “gli dei ti fecero colpire me”), ciò è escluso nelle sequenze con anagkázǀ. Una struttura come quella dell’e-sempio 16 non condividerebbe, infatti, la stessa interpretazione di un corrispondente attivo come hoi Phleiasíoi Ɲnágkazon autoùs diadikázein (tàs phugádas) en hautêi têi pólei “i Fliasii li costrinsero a processare gli esuli in quella stessa città”.

16. hoi mèn gàr dں phugádes Ɲksíoun tà amphíloga en ísǀi dikastƝríǀi krínesthai: hoi dè Ɲnágkazon en autêi têi pólei diadikázesthai (Xen., Hg. 5,3,10)

«infatti mentre gli esuli pensavano che i punti in discussione sarebbero stati giudicati in un tribunale neutrale, quelli [scil. i Fliasii] [li] costrin-sero ad essere giudicati in quella stessa città».

('

%. GR. poiéǀ: NOTE DI SINTASSI

Ciò proprio in virtù del fatto che anagkázǀ, a differenza di poiéǀ, assegna anche un ruolo tematico all’elemento che viene interpretato come soggetto dell’infinito, che, nelle due configurazioni, quella internamente passiva e la corrispondente attiva, non viene coperto dallo stesso nominale e rinvia a hoi phugádes solo nel passivo del-l’esempio 16.

Ancora, diversamente dalle configurazioni sintattiche che ospitano poiéǀ, quelle con anagkázǀ mostrano di poter esser sede di interazioni funzionali, prestandosi l’accusativo ad avanzare a soggetto nel passivo, come mostrano i casi degli esempi 17-19:

17. epì toûton dں tòn Paktǀlòn kaì es tںn agorںn hathroizómenoi hoí te Ludoì kaì hoi Pérsai Ɲnagkázonto amúnesthai (Hdt., Hist. 5,101)

«raccoltisi quindi sulle sponde del fiume Pattolo e sulla piazza, i Lidi e i Persiani erano costretti a difendersi»;

18. hǀs dé hoi taûta ǀneídise […] Ɲnagkázeto ho Pani۸nios tôn heǀutoû paídǀn, tessérǀn eóntǀn, tà aidoîa apotámnein (Hdt., Hist. 8,106)

«e, dopo averlo così ingiuriato, […] Panionio veniva costretto a recidere gli attributi dei suoi figli, che erano quattro»;

19. ei gàr anagkastheíƝ apolamphtheìs ho PérsƝs ménein en têi Eur۸pƝi, peirôito an hƝsukhíƝn mں ágein (Hdt., Hist. 8,108)

«se il Persiano, una volta bloccato, fosse stato costretto a rimanere in Europa, avrebbe certo tentato di non starsene inattivo».

Queste proprietà rivelano come, oltre alla relazione con l’infinito, l’ac-cusativo (scil. il nominale marcato all’accusativo) intrattenga una rela-zione anche con anagkázǀ da cui dipende – lo mostra l’avanzamento passivo – come oggetto diretto e da cui – lo mostrano le restrizioni interpretative osservate – riceve un ruolo tematico.

Accusativo e infinito in dipendenza di anagkázǀ danno, in altre parole, forma a quella configurazione sintattica in cui un nominale si presta a fare da antecedente alla funzione di soggetto di una proposi-zione non finita, anch’essa dipendenza del verbo principale (anagkázǀ nei casi che ci interessano). Il fenomeno è comune nelle lingue del mondo ed è per lo più noto come “controllo” (dell’oggetto diretto nel caso in questione)8.

8. Sul fenomeno una vastissima letteratura, soprattutto, ma non solo, di matrice generativista; cfr. Davies e Dubinsky (2004) per una sintesi dei diversi trattamenti del fenomeno a partire dagli anni Sessanta con qualche finestra anche su quadri teorici alternativi.

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CARLA BRUNO

In una struttura di questo tipo, accusativo e proposizione infinitiva coprono dunque due funzioni argomentali entrambe autorizzate da anagkázǀ.

3.3Altre proprietà osservative

3.3.1. OLTRE L’INFINITO: CATEGORIE LESSICALI E FUNZIONE PREDICATIVA

D’altra parte, a differenza di quelle con anagkázǀ, nelle costruzioni con poiéǀ, l’infinito si presta a essere sostituito con altri elementi predica-tivi, senza che con ciò si producano sensibili differenze sull’interpreta-zione globale del costrutto (il costrutto resta, cioè, ancora caratterizzato da quella sfumatura “causativa” rilevata nel PAR. 3.1). Ne danno evi-denza i passi negli esempi 20, 21 e 22:

20. maîa phílƝ, márgƝn se theoì thésan, hoí te dúnantai áphrona poiêsai kaì epíphroná per mál’ eónta (Hom., Od. 23,11-12) «nutrice cara, pazza t’han fatto gli dei, che possono rendere stolto anche chi è ben sapiente» (Calzecchi Onesti);21. mں sé g’ en amphiálǀi IthákƝi basilêa Kroníǀn poiڼseien, hó toi geneêi patr۸ïón estin (Hom., Od. 1,386-387) «che in Itaca cinta dal mare re non ti faccia il Cronide, come sarebbe per nascita tuo diritto d’erede!» (Calzecchi Onesti);22. pántas gàr ep’ anthr۸pous ekékasto ólbǀi te ploútǀi te, ánasse dè Murmidónessi, kaí hoi thnƝtôi eónti theàn poíƝsan ákoitin (Hom., Il. 24,535-537) «splendeva tra tutti i mortali, per beata ricchezza; regnava sopra i Mirmidoni e benché fosse mortale gli fecero sposa una dea» (Calzecchi Onesti).

In dipendenza di poiéǀ, dunque, aggettivi (così áphrona nell’esempio 20) e nomi (così basilêa e ákoitin negli esempi 21 e 22) possono com-mutare con l’infinito, forma nominale del verbo, in contesti in cui resta invariata la marca accusativo del soggetto (epíphrona eónta nell’e-sempio 20, sé nel 21, theán nel 22), la cui relazione con il predicato nominale è esplicitata attraverso l’accordo.

In costrutti così caratterizzati, la presenza di una relazione predi-cativa tra i due elementi è stata esplicitata attraverso la denominazione

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%. GR. poiéǀ: NOTE DI SINTASSI

“frase ridotta”9, etichetta che, segnalandone l’assenza, rinvia a una correlazione tra questi costrutti e i corrispondenti contraddistinti dalla copula, come negli esempi 23 e 24 dove la relazione dell’aggettivo áphrǀn e del nome basileús con il soggetto della proposizione è riba-dita da una forma di eimí (estí e eíƝ rispettivamente nell’esempio 23 e nel 24).

23. oúte gár est’ áphrǀn oút’ áskopos oút’ alitڼmǀn, allà mál’ endukéǀs hikéteǀ pephidڼsetai andrós (Hom., Il. 24,157-158) «non è pazzo né cieco né delinquente, anzi, con ogni cura custodirà il suo supplice» (Calzecchi Onesti);24. hoi dè paristámenoi proseph۸neon, ék t’ eréonto hós tis tônd’ eíƝ basileùs kaì hoîsin anássoi (Hom., Od. 10,109-110) «ed essi standole accanto le rivolgevan parole, chiedevano chi fosse re di quel popolo, chi governasse tra loro» (Calzecchi Onesti).

I due tipi, quello con poiéǀ e l’infinito e quello per così dire “ridotto”, compaiono in parallelo nell’esempio 25, un estratto dalle Storie di Erodoto:

25. ThemistokléƝs dè taûta égraphe, dokéein emoí, ep’ amphótera noéǀn, hína ں lathónta tà grámmata basiléa Íǀnas poiڼsƝi metabaleîn kaì genésthai pròs heǀutôn, ں epeíte <àn> aneneikhthêi kaì diablƝthêi pròs KsérksƝn, apístous poiڼsƝi toùs Íǀnas (Hdt., Hist. 8,22)

«Temistocle scrisse questo, a quanto io ritengo, pensando a tutte e due le possibilità o che, restando ignote al re, le parole facessero cambiare idea agli Ioni e (li facessero) passare dalla loro parte o, riferite con insinuazioni calunniose a Serse, gli rendessero sospetti gli Ioni».

3.3.2. DI NUOVO L’INFINITO

Ricapitolando, se tra costrutti come tìs poieî tina áphrona (cfr. es. 20) e tìs esti áphrǀn (cfr. es. 23) c’è una relazione, questa è la stessa che passa tra tìs poieî tina eltheîn (cfr. es. 2) e tìs êlthe (cfr. es. 5) da una parte e tìs poieî tina pémpein tò stráteuma (cfr. es. 4) e tìs pémpei tò stráteuma (cfr. es. 6) dall’altra. Ma, mentre nel tipo con l’infinito la relazione tra soggetto e predicato viene qualificata da una forma verbale, in quello “ridotto”, non osserviamo forma verbale che venga a deter-minare la relazione tra soggetto e predicato.

9. Il costrutto è interlinguisticamente assai comune; cfr. Salvi e Vanelli (2004) per una descrizione sulla base dei dati dell’italiano.

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CARLA BRUNO

Tale circostanza non è ignota in greco, dove la presenza della copula a rifinire morfosintatticamente proposizioni con una predicazione ini-ziale non verbale risulta spesso, per così dire, “accessoria”. Ne danno testimonianza i casi negli esempi 26 e 2710:

26. érgon d’ oudèn óneidos, aergíƝ dé t’ óneidos (Hes., Op. 311) «il lavoro non è ignominia, è invece ignominia l’inerzia»;27. all’ Akhileû dámason thumòn mégan: oudé tí se khrں nƝleès êtor ékhein: streptoì dé te kaì theoì autoí (Hom., Il. 9,496-497) «ma doma, Achille, l’animo grande; non è necessario aver cuore spie-

tato: gli dei stessi pure sono piegabili (nella volontà)».

Appare per questo significativo che, anche con poiéǀ, laddove quest’ul-timo ricorra con una predicazione non verbale, la presenza della copula a esplicitare la natura della relazione – una relazione di identità, per dirla come Benveniste (1966b) – tra soggetto e predicato, mantenga carattere di opzionalità: assente nel tipo “ridotto” tís poieî tina áphrona, presente in casi come quelli segnalati negli esempi 28-31:

28. tò arkhaîon rhéethron diabatòn eînai epoíƝse huponostڼsantos toû potamoû (Hdt., Hist. 1,191)

«(Ciro) fece essere l’antico letto guadabile, essendosi abbassato il livello del fiume»;

29. hòs antì mèn doúlôn epoíƝsas eleuthérous Pérsas eînai, antì dè árkhesthai hup’ állǀn árkhein hapántǀn (Hdt., Hist. 1,210)

«poiché tu, in luogo che schiavi, hai fatto essere i Persiani liberi, e comandare su tutti, invece che dominati da altri»;

30. epeàn dè summikhthéǀsi tákhista, entheûten ڼdƝ ho PƝneiòs tôi ounómati katakratéǀn anǀnúmous toùs állous eînai poiéei (Hdt., Hist. 7,129)

«dal momento in cui confluiscono, il Peneo prevalendo, col suo nome fa essere anonimi gli altri (fiumi)»;

31. tò dè loipòn ektokseúontes epoíoun mƝdè pariénai éti asphalès eînai (Xen., Anab. 7,8,14)

«il resto, scagliando frecce, faceva non essere sicuro nemmeno pas-sare».

10. Si tratta di esempi di cosiddette “frasi nominali”, su cui restano ancora d’inte-resse le osservazioni di Benveniste (1966a).

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%. GR. poiéǀ: NOTE DI SINTASSI

3.4Conclusioni

Differenze e somiglianze che le combinazioni di poiéǀ con un infinito manifestano con altre costruzioni (individuate con una serie di prove di commutazione, operate prima su poiéǀ, cfr. PAR. 3.2, e poi sull’infi-nito, cfr. PAR. 3.3) possono gettare luce sulla natura delle correlazioni funzionali a esse soggiacenti.

Diversamente che dalle sequenze con anagkázǀ, dove l’accusativo e l’infinito coprono due funzioni argomentali autorizzate dalla stessa matrice predicativa, qui, piuttosto, come nel caso del tipo “ridotto”, poiéǀ appare applicarsi a un nucleo predicativo già definito, che arric-chisce con l’introduzione del suo soggetto11. Mentre dunque l’intera-zione di anagkázǀ con l’infinito e l’accusativo è l’esito di quell’opera-zione di legittimazione che inizia la composizione, quella di poiéǀ è l’esito di un procedimento di natura puramente sintattica che porta due nuclei predicativi distinti, caratterizzati l’uno da una forma di poiéǀ, l’altro da un infinito, a condividere un argomento: quello che, rispetto all’infinito, copre la funzione di soggetto. La marca accusativo di questo elemento, la cui inizializzazione dipende dalla predicazione più interna, ne segnalerebbe, pertanto (come nel tipo “ridotto”, cfr. il PAR. 3.3) l’inclusione nell’orbita predicativa di poiéǀ12, coprendo l’infinito un dominio funzionale distinto, in base a modalità note, a seconda dell’o-rientamento teorico, come “ascensione” o “sollevamento”13 (“del sog-getto a oggetto diretto” nel caso che ci interessa)14.

11. L’etichetta “causativo” assume così, conformemente a La Fauci e Mirto (2003), un’accezione puramente configurazionale e viene a identificare un particolare tipo di predicato supplementare capace di legittimare, rispetto alla predicazione cui si applica, un nuovo argomento con funzione di soggetto.

12. Di una relazione tra poiéǀ e il soggetto dell’infinito potrebbe dire la posizione dell’accusativo in un caso come quello nel passo che segue dove compare una nomina-lizzazione del costrutto: All’, ô Kritóboule, ouk éstin en têi emêi epistڼmƝi tàs kheîras prosphéronta poieîn hupoménein toùs kaloús (Xen., Mem. 2,6,31) «Non è mia facoltà, o Critobulo, il far sottomettere i belli a chi usa le mani».

13. In questi costrutti l’elemento in accusativo sarebbe dunque legato a poiéǀ dalla stessa relazione sintattica cui si associa anche in assenza dell’infinito: lo suggeriva del resto già Wackernagel (1926, p. 265) a chi, come von Humboldt, già ipotizzava un exceptional case marking, immaginando per il soggetto dell’infinitiva una correlazione con l’accusativo.

14. Analoghi processi di condivisione di argomenti tra nuclei predicativi, assai comuni nelle lingue del mondo, sono oggetto di una vasta letteratura: cfr., in particolare, La Fauci

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CARLA BRUNO

Unica restrizione sull’argomento che, oltrepassato il confine della proposizione in cui si origina, entra nell’orbita di poiéǀ è che questo si correli alla funzione di soggetto, cosicché là dove poiéǀ si aggiunga a una configurazione sintattica che ne escluda la presenza, come nell’e-sempio 13 (che riproponiamo di seguito) e nel 32, entrambi costrutti impersonali con metamélei che implicano un’inversione, la rivalorizza-zione non avviene:

13. epeúkhomai dé, éphƝ, toîs theoîs, hoíper me epoíƝsan blƝthênai hupò soû, doûnaí moi poiêsai mں metamélein soi tês emês dǀreâs (Xen., Cyr. 8,3,32)

«prego, disse, quegli dei che mi fecero esser colpito da te di conce-dermi di non farti pentire del dono che mi fai»;

32. GǀbrúƗi […] peirásomai poieîn mں metamelêsai tês pròs emè hodoû (Xen., Cyr. 5,1,22)

«cercherò di non far pentire Gobria del viaggio presso di me».

In ciascuna delle configurazioni osservate, poiéǀ, dunque, non si pre-senterebbe mai come predicato iniziatore, ma sempre come un predicato supplementare che va a integrarsi con un’ulteriore unità predicativa, con modalità variabili a seconda della natura categoriale dell’elemento che copre la predicazione interna (interagendo, ad esempio, quest’ultima col suo soggetto attraverso la concordanza nel caso sia vestita da nome o aggettivo, e mai quando infinito), includendone sempre, come oggetto diretto, il soggetto nella propria cornice argomentale.

Questo, spingendoci oltre i costrutti da cui siamo partiti, anche quando la predicazione interna appare per così dire nascosta, come nell’esempio 33, dove una predicazione di esistenza, secondo l’ipotesi di Rosen (1987), è implicita in génos15.

33. khrúseon mèn pr۸tista génos merópǀn anthr۸pǀn athánatoi poíƝsan Olúmpia d۸mat’ ékhontes (Hes., Op. 109-110) «ebbene, d’oro una prima stirpe di uomini caduchi fu forgiata dagli immortali che hanno le olimpie dimore» (trad. di V.

Costa).

(2009, pp. 134-7), con dati dall’italiano, e Davies e Dubinsky (2004) per una discussione dei diversi trattamenti del fenomeno a partire dalla seconda metà del secolo scorso.

15. È in un manoscritto del 1987 che Carol Rosen avanza per la prima volta un’i-potesi sulla possibilità del nome di essere sede di una convergenza di due relazioni grammaticali: una predicativa (di esistenza) e una argomentale (di oggetto diretto), consentendo così di riconoscere in un nome una struttura predicativa di tipo inaccusativo. Ulteriori sviluppi dell’ipotesi nell’analisi di costrutti esistenziali in La Fauci (2000).

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%. GR. poiéǀ: NOTE DI SINTASSI

Non sarà perciò un caso che le forme di poiéǀ si presentino come forme chiave, lo mostra l’esempio 34, della cosmologia platonica.

34. pân óper àn mں próterón tis òn hústeron eis ousían ágƝi, tòn mèn ágonta poieîn, tò dè agómenon poieîsthaí poú phamen (Pl., Soph. 219b)

«riguardo a tutto ciò che prima non è e che poi qualcuno conduce all’essere, diciamo che in qualche modo chi conduce (all’essere) fa, e ciò che è condotto (all’essere) è fatto».

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