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MUSEO CAMUNO DI BRENO Guida ai dipinti A CURA DI FILIPPO PIAZZA UMBERTO ALLEMANDI & C. TORINO ~ LONDRA ~ NEW YORK

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MUSEO CAMUNO DI BRENOGuida ai dipinti

A CURA DI

FILIPPO PIAZZA

UMBERTO ALLEMANDI & C.TORINO ~ LONDRA ~ NEW YORK

Con il patrocinio di

Comitato scientificoMarco Bona CastellottiFrancesco FrangiElena Lucchesi Ragni

A cura diFilippo Piazza

Schede diSandro BellesiOdette D’AlboGianluca del MonacoMaria FioriMaurizio MondiniMauro PavesiFilippo PiazzaLucia Pini

Si ringrazianoLaura Aldovini, Daniele Benati, EugeniaBianchi, Linda Borean, Stefania Buganza,Carlo Cairati, Federico Cavalieri, RaffaellaColace, Mario Comincini, Dominique Cordellier, Roberta D’Adda, Andrea DeMarchi, Andrea G. De Marchi, FrancescaFlores d’Arcais, Giorgio Fossaluzza, Fiorella Frisoni, Elena Fumagalli, Vincenzo Gheroldi,Ismael Gutiérrez Pastor, Laura Laureati, Stefano L’Occaso, Camillo Manzitti, MatteoMazzalupi, Fernando Mazzocca, Tiziana Monaco, Franco Moro, Valentino Pace,Chiara Parisio, Laura Rossi, Romeo Seccamani, Francesco Solinas, Renata Stradiotti, Edoardo Villata, Andrea Zezza.

Un ringraziamento particolare a tutto il personale del Palazzo della Cultura di Breno, a Candida Buila del Comune di Breno, a Carlo Ducoli della ComunitàMontana di Valle Camonica, a EmanueleOngaro della Pro Loco di Breno e infine a Simone Signaroli della Cooperativa «Il leggio», per il costante e qualificato apporto fornito durante tutta la gestazione del volume.

Valorizzare il Museo Camuno di Breno vuol dire valorizzare il tesoro più signifi-cativo della nostra cittadina: ecco perché si è ritenuto doveroso dedicare il secon-

do numero di «Quaderni brenesi» al Camus. La realizzazione del progetto è stata pos-sibile grazie alla preziosa consulenza scientifica del professor Marco Bona Castellotti(Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia), del professor Francesco Frangi (Uni-versità di Pavia), della dottoressa Elena Lucchesi Ragni (Civici Musei d’Arte e Storiadi Brescia) e all’entusiasmo, all’impegno, alla capacità di coordinamento del curatoredel Museo, Filippo Piazza. A tutti loro la nostra riconoscenza e il nostro grazie. La nuova guida offre opportuni aggiornamenti e significative novità che, unitamenteal moderno corredo iconografico, potranno interessare ricercatori e specialisti ma con-temporaneamente avvicinare i brenesi al loro Museo perché si sentano stimolati a per-correre le sale, a cogliere gli eventi che di volta in volta saranno proposti, a entrare nelPalazzo della cultura con interesse, curiosità, amore.

SANDRO FARISOGLIOSindaco, Comune di Breno

SIMONA FERRARINIAssessore alla Cultura, Comune di Breno

Sommario

7 IntroduzioneIl museo di Romolo Putelli: appunti sulla quadreriaFILIPPO PIAZZA

15 Le opere

66 Bibliografia

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Introduzione.Il museo di Romolo Putelli: appunti sulla quadreriaFILIPPO PIAZZA

Adispetto della prima data ufficiale,sancita dall’inaugurazione del 10

giugno 1923, il Museo Camuno di Bre-no vanta una storia centenaria, poiché giàdal lontano 1904 l’associazione Pro Val-le Camonica decise di dare forma e asset-to a un complesso di opere che rappresen-tasse il territorio1. Nel 1908 divenne se-gretario dell’associazione il giovane donRomolo Putelli (Breno, 3 marzo 1880 -Brescia, 10 maggio 1939), figura d’in-dubbio spessore culturale (fig. 1), che in-traprese la propria missione con l’intentodi consegnare un museo «artistico-stori-co nel più ampio significato, comprendendo quindi l’arte profana e la sacra, l’antica ela moderna e, per la storia, non i soli documenti grafici, ma anche quegli esemplari in-dustriali o scientifici che testimoniano le vicende della valle in ogni campo»2. Quantosi conserva oggi è in larga parte frutto dell’infaticabile tenacia di questo colto sacerdo-te, che incentivò lasciti e donazioni, intraprendendo anche acquisti, non senza sacrifi-ci personali e talvolta con la mediazione di antiquari più o meno affidabili3.

Putelli fu in grado di radunare un ingente numero di dipinti, sculture, mobili, repertiarcheologici, monete, stampe e disegni, oltre a un pregevole fondo di documenti, che ri-specchiavano la sua autentica passione per la storia culminata, tra il 1925 e il 1936, congli incarichi di riordinare gli archivi diocesani di Brescia e Mantova. Lavori, questi ul-timi, contrassegnati da un impegno che lui stesso definì «sfibrante», dal momento chegli procurarono gioie ma anche dolori, come il contrasto, mai sopito, con monsignorPaolo Guerrini, lo studioso bresciano che non aveva gradito l’intromissione del «preti-no brenese» in faccende che forse riteneva di sua esclusiva competenza4. L’esito di que-ste ricerche, e di molte altre condotte nell’Archivio di Stato di Venezia, confluì in in-numerevoli pubblicazioni di ordine storico-artistico, tra cui vale la pena citare almenoIntorno al castello di Breno. Storia di Valle Camonica, Lago d’Iseo e vicinanze (1915), Miscel-lanea di Storia e d’Arte Camuna da inediti documenti (1929), Vita, storia ed arte mantovana nel

FIG. 1. «ROMOLO PUTELLI IN ARCHIVIO», FOTOGRAFIA, GELATINA AL BROMURO D’ARGENTO.MILANO, REGIONE LOMBARDIA, ARCHIVIO

DELL’IMMAGINE, FONDO SIMONE MAGNOLINI.

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raccolti sul posto e nei dintorni, in parte acqui-stati sul mercato antiquario, e il loro valore è as-sai disuguale»13. L’allestimento era ordinato perperiodi e scuole a partire dalla prima sala, dedi-cata ai «Dipinti di scuola bresciana», proseguen-do con le «Sculture», il «Salottino del Rinasci-mento», i «Dipinti del Seicento, Settecento e Ot-tocento» e, infine, con le sezioni dei «Dipinti mo-derni, archeologia, folklore». Una preziosa schiarita giunge anche da una let-tera inviata il 2 novembre 1928 da Putelli a Gui-do Lonati, che aveva chiesto all’amico un inven-tario parziale delle opere per imbastire un artico-lo apparso sulle colonne del «Popolo di Bre-scia»14. È una fonte indispensabile per ricostruirele origini della collezione camuna, che una de-cina d’anni più tardi, come si apprende da unulteriore elenco, annoverava, tra le «pitture ita-liane», settanta dipinti dei secoli XIII-XVI, cin-quanta del Sei e Settecento, sessantacinque del-l’Ottocento e settantadue del Novecento; le «pit-ture forestiere» arrivavano in tutto a trentaquat-tro esemplari15.

Il raffronto tra questi dati e le opere ancora con-servate permette di avanzare qualche considera-zione sulle scelte di Putelli in materia d’arte. Di fronte al suo legittimo desiderio di crea-re una raccolta sovraregionale, come testimoniano le attribuzioni che a taluni suscitaro-no l’impressione di «trovarsi nella Galleria degli Uffizi o di Brera»16, si riscontra un ef-fettivo interesse per l’arte bresciana e lombarda. Don Romolo aveva infatti più volteespresso l’importanza di radicare il museo nel territorio, e in tal senso si giustificano al-cune acquisizioni operate tra gli anni venti e trenta, la più significativa delle quali è cer-tamente il «Cristo crocifisso» di Romanino, attestato nelle collezioni sin dal 1925, quan-do fu reso noto da Giorgio Nicodemi (cat. 4). Proprio la presenza di questo capolavo-ro suggerisce quale fosse il principale indirizzo nella ricerca di opere per il museo. Al-lo stesso Romanino, infatti, era assegnata in origine anche una tempera frammentaria,per la quale oggi si preferisce l’attribuzione a Callisto Piazza, sia pur con cautela vistele non ottimali condizioni di lettura (fig. 3)17. Numerose le altre pitture di ambito lombardo che compongono la raccolta, tra cui ottotavolette quattrocentesche da soffitto18, una «Testa di santo», oggi ascritta a FrancescoPrata da Caravaggio19, un «San Girolamo» su tavola, giudicato con sospetto da Del-

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Cinquecento (1934-35) e Vita, storia ed artebresciana nei secoli XIII-XVIII, il cui sesto vo-lume uscì l’anno della sua morte5.Fin da queste premesse appare chiaro co-me non si possano ripercorrere le articola-te vicende del Museo Camuno indipen-dentemente da quelle umane di Putelli:ne è prova quanto avvenne la mattina del17 gennaio 1919, allorché un incendio di-vampò nella sua abitazione e distrussegran parte dei documenti sin lì raccolti econservati, tra cui importanti codici mi-niati e pergamene antiche6. Oppurequando, per aiutare un cugino caduto in

disgrazia, dovette indebitarsi fino a vendere la proprietà di via Aleardi a Brescia, cheospitava la sede e i macchinari tipografici della rivista «Illustrazione Camuna», di cuifu fondatore mantenendo la direzione sino all’ultimo7. Questo gesto disperato non evi-tò il pignoramento della raccolta, che «dovette essere ricomprata per essere salvata dalsequestro»8. Putelli, dopo tali difficoltà, che non gli impedirono di proseguire il propriolavoro, aveva più volte invitato il Comune di Breno a farsi carico della collezione, dicui egli si sentiva una sorta di «vecchio padre», al punto da intitolarla a proprio nome(fig. 2)9. Solo in quest’ottica, e non dimenticando i rifiuti incassati, si può comprende-re la portata del suo ultimo sofferto atto, cioè la decisione di donare allo Stato italiano ilmuseo, sebbene il sacerdote non possedesse alcun requisito, dal momento che non ne eraufficialmente il proprietario10. Soltanto a guerra avviata, e alla fine di una complessa fa-se in cui il nuovo direttore Araldo Bertolini minacciò di alienare alcune opere, nel 1942avvenne il definitivo passaggio dell’istituzione nelle deboli mani dell’amministrazionecomunale di Breno11.

Più tardi un altro fatto increscioso segnò in modo negativo la collezione. Per qualcheirragionevole motivo, dettato dalla scarsa consapevolezza del danno che si stava com-piendo, gli eredi mandarono al macero quasi tutta la documentazione cartacea di Pu-telli, che avrebbe potuto gettare qualche fascio di luce sulle provenienze delle opere, inparticolare dei dipinti12. Oggi, infatti, il problema più gravoso da affrontare nell’ana-lizzare le vicende del museo riguarda la consistenza della raccolta originaria. Su di essasi dispongono per fortuna le parole dell’allora funzionario della Reale SoprintendenzaGian Alberto Dell’Acqua, che effettuò diversi sopralluoghi a Breno, il primo dei qua-li nel gennaio del 1938: «È riunita - scrisse - in cinque stanze e comprende numerosi og-getti, esposti in modo alquanto caotico data la ristrettezza di spazio: più precisamente,circa 290 quadri, 210 pezzi di scultura e di arte decorativa, 80 d’arte popolare locale, 60di archeologia [...] La provenienza degli oggetti esposti è varia, essendo in parte stati

FIG. 2. INSERTO PROMOZIONALE DEL MUSEO

CAMUNO, «ILLUSTRAZIONE CAMUNA», GIUGNO 1923.

FIG. 3. CALLISTO PIAZZA (?), «TESTE DI

PRELATI», TEMPERA SU TELA, 101 X 58 CM. BRENO, MUSEO CAMUNO.

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sime e pregiatissime creazioni pittoriche di cuipoche terre ormai possono gloriarsi»26.Di più difficile classificazione sono invece altriesemplari appartenuti al sacerdote, tra cui l’in-trigante notturno con la «Cattura di Cristo»(cat. 6) e la «Natura morta» (cat. 12), presenzeche in ogni caso certificano un’apertura di oriz-zonti rispetto all’arte lombarda, che riguardavaanche la pittura veneta, conosciuta probabil-mente negli anni giovanili trascorsi a Venezia:ne sono prova il «San Girolamo penitente», de-rivato da un prototipo di Johann Carl Loth, pit-tore bavarese a lungo attivo in laguna nella se-conda metà del Seicento27, e soprattutto «Il Cri-sto e la samaritana» ora attribuito a FrancescoPolazzo (cat. 16).

Sul versante ottocentesco della raccolta putellia-na si riscontra l’attenzione per i soggetti storici,mitologici e per le scene di genere, laddove il te-ma sacro si dirada fino quasi a scomparire. Era forse questo l’esito di una premura di-dattica che animava nel profondo lo stesso Romolo, il quale considerava l’arte un in-dispensabile strumento di educazione28. Uno degli esemplari da lui più apprezzati eracertamente il quadretto con «Bice del Balzo nel castello di Rosate», già attribuito a Fran-cesco Hayez e ora riferito più propriamente al suo allievo, l’accademico di Brera Giu-seppe Bertini (cat. 20); di un certo interesse è anche il «Ritratto di giovane», probabil-mente la prima opera nota di Giacomo Trécourt (cat. 19). Pochi invece, se paragonati al resto della collezione, sono i dipinti del Novecento pos-seduti da Putelli, il quale comunque non disdegnava le tematiche orientaliste del «Mer-cato arabo» di Riccardo Pellegrini (cat. 21) e del «Vecchio arabo» di Giorgio Opran-di29. Il fascino per il lontano Oriente rappresentava il substrato di un gusto che a Brenoè ancora percepibile nelle eccentrinche forme turchesche di Villa Gheza, costruita ne-gli stessi anni in cui andava prendendo corpo il progetto complessivo del Museo Ca-muno30.Nel 1946 il pittore Francesco Domenighini (Breno, 1860 - Bergamo, 1950) donerà di-ciannove opere di artisti contemporanei, tra cui il proprio ritratto eseguito dall’amicobergamasco Ponziano Loverini31 (fig. 6). In tale occasione venne stilato anche un in-ventario dei dipinti, purtroppo irreperibile, fatto che rende ancor più improba la rico-struzione delle vicende museali nel quinquennio segnato dalla guerra, quando di alcu-ne opere si persero per sempre le tracce32. Soltanto nel 1958, dopo il sopralluogo di Stel-la Matalon, Gaetano Panazza procedette al difficile riordino dei pezzi, affidando i re-

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l’Acqua forse per il singolare ecclettismo tra Bra-mantino, Callisto Piazza e Giovanni Agostinoda Lodi20, un affresco erratico di Lattanzio Gam-bara (cat. 5), una «Maddalena» di Luca Mom-bello21 e una «Adorazione dei pastori», che stu-pisce per il tono «soverchiamente notturno» diprobabile matrice padana (fig. 4)22. Non si ha in-vece alcuna possibilità, almeno per ora, di risali-re alla collocazione originaria del «Martirio di sanBartolomeo», rara testimonianza datata dell’ulti-mo periodo di Camillo Procaccini (cat. 10), cheinsieme al «San Giacomo», copia antica deriva-ta da un modello di Giovan Battista Crespi ilCerano (fig. 5)23, costituisce un interessante con-tributo alla pittura milanese del Seicento. Tor-nando ancora all’ambito bresciano, nell’inven-tario del 1928 spicca anche il nome di FaustinoBocchi, rappresentato in museo da una caratteri-stica scena di «Nani spaccalegna»24.

Tra gli altri dipinti sicuramente presenti nella raccolta non si può fare a meno di citare seiritratti (cat. 13), che per essere stati offerti dalle «sorelle Cattaneo» nel 1910 costituisconoil nucleo fondante la quadreria25. La loro qualità è manifesta soprattutto nel «Ritratto diGiovanni Battista Cattaneo» in seguito riconosciuto a Giacomo Ceruti il Pitocchetto (cat.14), pittore che all’epoca non era ancora particolarmente noto agli studiosi, rendendo per-tanto ardua la sua corretta identificazione. Maggiori notizie si avevano invece riguardo al-la tavoletta con la «Maddalena portata in cielo dagli angeli», menzionata da Lonati nel1929 con il pertinente riferimento a Luca Cambiaso (cat. 7). Si può invece considerare atutti gli effetti una «acquisizione» la piccola tela con il «Cristo che incontra la Veronica»,restaurata nella presente occasione e per la prima volta ricondotta al genovese Simone Ba-rabino (cat. 8). Se le origini del Museo Camuno riflettono in parte le consuete logiche del collezion-simo artistico d’inizio Novecento, è pur vero che, nell’allestimento della raccolta, in-fluì anche il fatto che Putelli fosse un fervente uomo di Chiesa. Sono infatti attestatediverse icone sacre, alcune di discreta qualità, alternate a dipinti talvolta sorprenden-ti, ad esempio la tavola tardogotica con i «Sette Dormienti nella spelonca» (cat. 1),che dovette suscitare la curiosità del prelato per il soggetto assai raro a trovarsi nell’ar-te occidentale. Su questa stessa linea anche il «Trionfo della morte» (cat. 9) e il picco-lo «Memento mori» (cat. 11) manifestano un interesse consentaneo ad alcune icono-grafie diffuse in Valle Camonica e apprezzate dallo stesso Putelli, il quale, nella chie-setta del collegio di Breno, registrava «una magnifica danza macabra di quelle raris-

FIG. 5. PITTORE LOMBARDO (DA CERANO), «SAN GIACOMO», OLIO SU TELA, 58,5 X 46 CM. BRENO, MUSEO CAMUNO.

FIG. 4. PITTORE LOMBARDO (BRESCIANO?), «ADORAZIONE DEI PASTORI», OLIO SU TELA, 101 X 84 CM. BRENO, MUSEO CAMUNO.

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stauri a Ottemi Della Rotta e a BattistaGiuseppe Simoni, promuovendo inoltreuna mostra esplorativa, che avrebbe do-vuto «risvegliare i locali dal torpore di an-ni» e che invece servì a poco se nel giro diqualche anno chiuse i battenti33.I pregiudizi che gravavano su questa isti-tuzione, sorta durante il ventennio nero,cominceranno a dissiparsi soltanto all’ini-zio degli anni ottanta, quando il museo -confinato nei locali di villa Ronchi - ac-colse la «Deposizione» di Callisto Piaz-za, proveniente dalla chiesa di Sant’An-tonio a Breno (cat. 3). Le vicende checoinvolsero il dipinto, prestato nel 1946

alla «Mostra sulle pitture in Brescia dal Duecento all’Ottocento», sono esemplari dellariconquistata attenzione dei camuni nei confronti del loro patrimonio artistico34. Allafine dell’esposizione, infatti, la tela non rientrò subito a Breno e si aprì un contenziosorisolto soltanto una decina d’anni più tardi; la «Deposizione» arriverà stabilmente nel-le collezioni civiche nel 1981. È questo il primo segnale cui fece seguito la rassegna in-titolata «Proposta per un museo di Valle Camonica», curata nel 1983 da Bruno Passa-mani e Gaetano Panazza. Le attribuzioni formulate in tale occasione vennero riversatenel catalogo generale del museo (1994), iniziativa encomiabile anche se un po’ penaliz-zata dal non sempre adeguato apparato illustrativo. La Guida odierna, che si avvale della qualificata consulenza scientifica di Marco Bo-na Castellotti, Francesco Frangi, Elena Lucchesi Ragni, e dei contributi di vari stu-diosi, si prefigge di aggiornare lo stato delle ricerche con alcune significative novità econ un moderno corredo iconografico, nella speranza di offrire agli specialisti un va-lido strumento di lavoro, accompagnando nello stesso tempo i visitatori alla conoscen-za delle opere più rappresentative del Museo Camuno. Pertanto, nell’ambito di unapubblicazione che fosse fruibile a un pubblico eterogeneo, si è preferito studiare un ri-dotto nucleo di dipinti, selezionati non solo per il loro livello qualitativo, ma ancheperché in alcuni casi necessitavano di revisioni critiche e, talvolta, di un vero e pro-prio recupero. Dopo la recente riapertura con l’allestimento curato da Angelo Giorgi e Vincenzo Ghe-roldi (2009), il Museo Camuno si conferma una tappa obbligata negli itinerari turisti-ci di Valle Camonica, diventando al contempo protagonista della vita culturale bre-sciana e lombarda. Oggi più che mai torna d’attualità il parere espresso nel lontano 1929da un anonimo visitatore del museo: «Trovar qui fra il fervido lavoro valligiano un an-golo di purissima arte parrà forse un poco una cosa strana. È invece una nota di simpa-tico carattere che dona a Breno, piccola capitale della operosa Valle Camonica, un mag-

FIG. 6. PONZIANO LOVERINI, «RITRATTO DI

FRANCESCO DOMENIGHINI», OLIO SU TELA, 92 X 103 CM. BRENO, MUSEO CAMUNO.

1 Per la storia del Museo Camuno rimando agli esausti-vi contributi di PANAZZA 1994; GIORGI 2000, 2004a,2009.2 PUTELLI 1910, p. 6.3 L’elenco dei donatori in PUTELLI 1913, p. 5 e 1916,pp. 1-2. Alessandro Scrinzi, direttore dei Musei Civicidi Brescia, segnalava che le opere furono «acquistate, se-condo quanto mi fu riferito dallo stesso rev. Putelli, inqualche asta o presso qualche poco scrupoloso antiqua-rio di Brescia o di Milano» (PANAZZA 1994, p. VI).Qualche riferimento agli antiquari in rapporto con Pu-telli, soprattutto per ciò che concerne l’acquisto di mobi-li, si trova in [Anonimo] 1931, p. 5.4 L’epiteto è di Guerrini, dopo aver cambiato improvvi-samente parere sull’«amico e collaboratore» Putelli(GUERRINI 1919); sulla vicenda, non scevra da un ec-cessivo personalismo, si veda PUTELLI 1928-1935[2011], p. 49 nota 101.5 Per la bibliografia di Putelli cfr. TARSIA 1979. Vale lapena ricordare il suo impegno come socio dell’Ateneo diScienze e Lettere di Brescia e Bergamo, dell’Accademiadegli Agiati di Rovereto, e quindi come Regio Ispettorebibliografico per la Valle Camonica e come membrodella Regia deputazione di Storia Patria, oltre a un rico-noscimento da parte dell’Accademia dei Lincei.6 Ne danno conto PUTELLI 1919, pp. 2-3 e GUERRINI

1919, pp. 150-151.7 Dal 1928 con il nome di «Illustrazione Camuna e Se-bina»; cfr. PUTELLI 1928-1935 [2011], pp. 21-22, nota28.8 L’informazione è di Putelli: cfr. GIORGI 2000, p. 19.9 Putelli il 16 agosto 1938 scrive: «Posta la cessione alloStato, le raccolte non possono chiamarsi né civiche né co-munali, e data la loro presente e prossima complessità e va-rietà il titolo logico e comprensivo sarebbe: Regia Fon-dazione Putelli» (SBAS, MN, b. 8/107).10 La proprietà spettava all’associazione Pro Valle Ca-monica. Le vicende della «donazione» sono puntual-mente ripercorse in GIORGI 2000, p. 25 ss.11 Documentazione in SBAS, MN, b. 8/107.12 La notizia è riportata da BERTOLINI 1958, p. 4.13 Documentazione presso SBAS, MN, b. 8/107; in real-tà il giudizio di Dell’Acqua è più severo, come si ap-prende da una nota redatta durante un successivo sopral-luogo il 3 agosto 1938: «Nei dipinti non c’è veramentequasi nulla di buono [...] così anche per gli oggetti mi-nuti (placchette ecc.), dove ci sono molti falsi». Il fun-zionario tornerà a Breno nel 1939.14 La lettera è in PUTELLI 1928-1935 [2011], pp. 14-19.Secondo Lonati (1929, p. 7) la collezione è «suddivisain varie sale: novecentisti, maestri bresciani, rinascimen-to italiano, secoli XVI e XVII, ottocento, maestri italiani»;

avanza anche attribuzioni in parte diverse da quelle diPutelli, proponendo una rosa di nomi altrettanto vasta espesso non circostanziata (così anche in [Anonimo]1931, p. 5).15 L’elenco è spedito da Putelli a Dell’Acqua il 22 gen-naio 1938 (cfr. SBAS, MN, b. 8/107). Oltre ai 291 di-pinti esposti, erano annoverate anche 150 sculture, 64pezzi d’archeologia, 225 monete, di cui 25 romane, 60oggetti di vario tipo («mobili, cofanetti, lucerne, stiletti,battenti, ecc.»), 45 incunaboli, 350 cinquecentine, 80 og-getti di «arte popolana (per lo più in legno)», 10 «perga-mene miniate (oltre un antifonario)». Tra i materiali nonesposti c’erano 30 disegni, 45 stampe e acqueforti, 1000pergamene storiche, circa 3000 manoscritti, 2000 edizio-ni dei secoli XVII-XIX e 6000 del XX secolo.16 È l’ironico parere di Alessandro Scrinzi; si veda nota3. In effetti nella lettera del 1928 emerge un vero e pro-prio campionario degno di un grande museo, che com-prende i nomi di Barocci, Fetti, Cigoli, Dolci, Strozzi,Pittoni, Magatti, Zuccarelli, Brill, Brueghel, Poussin,Courtois, Rubens, Rembrandt, Murillo, Van Dyck (siveda PUTELLI 1938-1935 [2011], p. 18).17 Breno, Museo Camuno, invv. 45 e 799. La data d’in-gresso nella raccolta Putelli è anteriore il 1929, quandol’opera è citata in un articolo di giornale (P. B. 1929, p.39); nel 1938 la vide G. A. Dell’Acqua (vedi nota 13),ritenendola un «frammento romaninesco». L’attribuzio-ne oscilla tra Romanino e Callisto Piazza (per un riepi-logo cfr. NOVA 1994, p. 305 n. 76; GIORGI 2004a, p.291 nota 891). Chiara Parisio (1996, pp. 153-155) pro-pone di avvicinarlo ad altri due elementi erratici conser-vati in collezioni private, ribadendone la pertinenza alladecorazione dell’organo di San Domenico a Brescia, de-scritta dalle fonti. L’attribuzione al lodigiano del fram-mento, ricomposto con un altro lacerto emerso dai depo-siti del Museo Camuno (intervento di Elisabetta Attor-rese nel 2010), è stata rilanciata, sia pur dubitativamen-te, da MARAZZANI, GHEROLDI 2005, p. 109 eGIORGI 2008, pp. 53-54.18 Breno, Museo Camuno, invv. 769-776. Cfr. GNAC-COLINI 2005, pp. 163-170.19 Breno, Museo Camuno, inv. 4. Tavola trasportata sutela nel 1958 da Simoni. Riferita a Paolo da Caylina ilGiovane da Gaetano Panazza (SBAS, MN, b. 8/107) eda R. Stradiotti (in Breno 1994, p. 14), l’attribuzione èstata messa in dubbio in favore di Francesco Prata (F.DE LEONARDIS, in Paolo da Caylina 2003, p. 162) e con-fermata a quest’ultimo (CASTELLINI 2005, pp. 59-60).20 Breno, Museo Camuno, inv. 84. Secondo Dell’Ac-qua il «gran S. Girolamo, color cioccolato, con ogni pro-babilità è falso» (SBAS, MN, b. 8/107; ringrazio Simo-ne Signaroli). Nel perduto inventario del 1947 (vedi no-

ta 32) l’opera recava un’attribuzione in favore di Barto-lomeo Montagna; in seguito ricondotta da Renata Stra-diotti (in Breno 1994, p. 16) a un «anonimo lombardo-cremonese», di recente è stato notato che «sembra resti-tuire un’invenzione bramantiniana» (AGOSTI, STOP-PA 2012, p. 85).21 Breno, Museo Camuno, inv. 57. L’opera (94 x 78cm), restaurata da Arrighetti & Tomasoni nel 2002, eraattribuita a Mombello già in [Anonimo] 1931, p. 5;schedata come «ambito di Luca Mombello» (A. PE-DUZZI, in Breno 1994, p. 19), è citata anche in FONTA-NA 2011, pp. 469-471.22 L’espressione è di Romolo Putelli (1920, p. 34), in ri-ferimento alla «Natività di Maria» di Tommaso Bonanella chiesa di Santa Maria al Ponte della Minerva a Bre-no (ill. in GIORGI 2004b, p. 201). La tela del MuseoCamuno (inv. 64) era presente nella collezione fin dal1928 con il riferimento a Poussin (PUTELLI 1928-1935[2011], p. 18), respinto decisamente da Dell’Acqua nel1938 (SBAS, MN, b. 8/107). Di recente Renata Stradiot-ti (in Breno 1994, p. 25) ha proposto un «anonimo tede-sco» attivo nella seconda metà del Seicento. Se le espres-sioni delle figure richiamano certe tipologie diffuse a norddelle Alpi, qui sembrano preponderanti i caratteri pada-no-lombardi, soprattutto per quanto riguarda il tono diintimità dell’episodio, contraddistinto da vivaci insertinaturalistici, come il cagnolino in primo piano e i pasto-ri che si affacciano da una finestra, facendo luce con unafiaccola. Particolari presenti anche in un dipinto, di am-bito morettesco, conservato alle Gallerie dell’Accademiadi Venezia (B. SAVY, in Omaggio 2011, pp. 118-121).A sostegno della possibile pertinenza brescianadell’«Adorazione» di Breno, vale la pena di registrare lesue corrispondenze con le varie declinazioni del tema of-ferte da Pietro Maria Bagnadore a Brescia (per le chiesedi San Cristo e di San Carlo Borromeo; cfr. ANELLI

1985, pp. 44-48; 2002, pp. 172, 204). Bagnadore posse-deva una collezione di stampe nordiche, dalla quale at-tinse spunti e modelli per gli affreschi trentini (SPADA

PINTARELLI 1993), una circostanza che giustifichereb-be i dati di stile presenti nel dipinto camuno, che per ades-so deve restare nell’anonimato.23 Breno, Museo Camuno, inv. 62. La tela (58,5 x 46cm), restaurata nel laboratorio Sangalli di Bergamo nel2003, era assegnata a un «anonimo bolognese» (A. PE-DUZZI, in Breno 1994, p. 25); secondo Marco Bona Ca-stellotti e Francesco Frangi è copia di un esemplare au-tografo di Cerano (ill. in BONA CASTELLOTTI 1985,fig. 210). L’opera venne fotografata da Simone Magno-lini tra il 1925 e il 1949 a Breno (AIRL, fondo Magnoli-ni, inv. SMA.74.LS.ND).24 Breno, Museo Camuno, inv. 342. Cfr. PUTELLI

1928-1935 [2011], p. 16; restaurato da Simoni nel 1958(SBAS, MN, b. 8/107); cfr. OLIVARI 1990, p. 43 e R.STRADIOTTI, in Breno 1994, p. 33.25 [PUTELLI] 1910, p. 6; la donazione è citata anche inPUTELLI 1913, p. 5. Nel Museo Camuno ci sono an-che i ritratti di «Luca» (inv. 374), «Pietro» (inv. 345) e«Giovanni Jacopo Cattaneo» (inv. 332), quest’ultimosegnalato da Lonati (1929, p. 7). La consistenza dellapinacoteca nel 1910 ammontava a «trenta grandi qua-dri».26 PUTELLI 1909, pp. 26-27. Sulle raffigurazioni maca-bre in Valle Camonica, cfr. LODA 2005, pp. 171-190.27 Breno, Museo Camuno, inv. 71. Segnalato nella rac-colta con l’attribuzione a Loth ([PUTELLI] 1923, pp. 7-11), confermata da E. Lucchesi Ragni (in Breno 1994,p. 41). Francesco Frangi ritiene si tratti di una copia. Èin controparte rispetto all’esemplare autografo (cfr.EWALD 1965, tav. 9, fig. 269).28 «Che dire poi della nobile soddisfazione di popolariz-zare i concetti dell’arte coi relativi vantaggi educativi?»(PUTELLI 1910, p. 5). Negli inventari, oltre alle attribu-zioni altisonanti in favore di Ingres, Constable, Bianchi,Appiani, D’Azeglio, Bertini, Diotti, Pagliano, Ranzo-ni, Fattori, Morelli, Cabianca, Segantini, Induno, Cre-mona, si rintracciano anche i nomi di Ussi, Gamba,Faustini, Scuri, Sabatelli, Fossati, Faruffini, Caimi, Re-nica, Pernici, Scrosati, Venturi, Teosa (cfr. PUTELLI

1928-1935 [2011], pp. 16-18).29 Breno, Museo Camuno, inv. 370; cfr. E. LUCCHESI

RAGNI, in Breno 1994, pp. 6, 62.30 Tra il 1929 e il 1935; cfr. I. PASSAMANI BONOMI

2004, pp. 323-335. Gli eredi di Maffeo Gheza sarannotra i sostenitori del Museo Camuno negli anni cinquan-ta (cfr. BERTOLINI 1951, p. 2).31 Cfr. A. GIORGI, in Ponziano Loverini 2004, pp. 312-313 (con bibliografia). Per l’elenco delle opere donate daDomenighini cfr. GIORGI 2002, p. 51, nota 97.32 L’inventario, compilato nel 1947 probabilmente dal-l’allora direttore Araldo Bertolini, è citato nelle schedeOA del 1983; sono ancora presenti i numeri corrispon-denti sul verso dei dipinti. Per le vicende post belliche,cfr. PANAZZA 1994, p. VIII. Si veda anche la bancadati dell’Archivio fotografico «LombardiaBeniCultu-rali», dove sono inventariate le fotografie scattate da Si-mone Magnolini tra il 1925 e il 1949.33 Cfr. A. BECCAGUTTI 1958. I restauri sono documen-tati in SBAS, MN, b. 8/107 (vedi lettera di G. Panazzadel 22 luglio 1958); AMC, Beccagutti 1951-1961; AMAS,Corrispondenza direttori: Panazza 1944-1960, b. 206.34 La documentazione relativa a questa circostanza è con-servata in AMC, Beccagutti 1951-1961.35 P. B. 1929, p. 39.

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Le opere

Elenco delle abbreviazioni

ACB: Archivio comunale (Breno)AIRL: Archivio dell’immagine di Regione Lombardia (Milano)

AMAS: Archivio dei Civici Musei d’Arte e di Storia (Brescia)AMC: Archivio Museo Camuno (Breno)

SBAS, MN: Archivio Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici per le province di Mantova, Brescia e Cremona (Mantova)

Le attribuzioni tra parentesi nella bibliografia di ogni singola scheda sono omesse quando si ripetono uguali alla voce precedente.

La bibliografia in scheda, qualora corrisponda a quella riportata in calce, non comprende i numeri di pagina.

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