antitrust ue: il sistema sanzionatorio e le misure cautelari

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1 Per un primo inquadramento di tale fondamentale e controverso principio, continua a re- stare valido l’esemplare saggio di P. PIOVANI, voce Effettività, in Enc. dir., XIV, Milano, 1965, p. 420 ss. Capitolo IX Il sistema sanzionatorio e le misure cautelari Luca Arnaudo SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. Le misure cautelari: loro sviluppo e applicazione. – 3. Il sistema san- zionatorio. – 3.1. Economia e natura delle sanzioni: un’introduzione. – 3.2. Le sanzioni pe- cuniarie: riferimenti normativi. – 3.2.1. Le previsioni del Regolamento (CE) n. 1/2003. – 3.2.2. Le previsioni del Regolamento (CE) n. 139/2004. – 3.3. Regole di applicazione. – 3.3.1. In particolare: gli Orientamenti del 1998. – 3.3.2. Principi generali. – 3.4. Programmi di cle- menza. – 3.5. Il c.d. private enforcement come possibile leva sanzionatoria: cenni. 1. Premessa Pur se estremamente differenti per natura, presupposti ed effetti, le misure cautelari e sanzionatorie risultano avvicinabili tra loro per una rilevante carat- teristica comune desumibile nell’ambito del sistema antitrust comunitario: en- trambe, infatti, determinano in misura fondamentale l’effettività di questo, ove con tale termine – derivato dal diritto internazionale, poi filtrato dalle espe- rienze primonovecentesche di diritto pubblico generale e teoria generale del diritto – si può qui intendere la garanzia di vitalità di un ordinamento giuridi- co, la reale positività di un complesso di norme date 1 . Considerate in questa luce, le misure cautelari e sanzionatorie in discorso vanno tanto più apprezza- te in quanto conferiscono all’ordinamento comunitario una peculiare effetti- vità immediata nei confronti delle imprese, è a dire persone fisiche o giuridi- che, dunque costituiscono il principale strumento d’intervento sulla realtà eco- nomica da parte delle istituzioni comunitarie, quando essa risulti pregiudicata da condotte soggettivamente devianti rispetto alla normativa primaria posta a tutela della concorrenza. I limiti della presente trattazione non consentono di occuparsi con la dovu- ta specialità delle diverse misure citate: in particolare, anche tenuto conto del- la relativa novità dell’argomento, la verifica di quelle cautelari si limiterà a una

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1 Per un primo inquadramento di tale fondamentale e controverso principio, continua a re-stare valido l’esemplare saggio di P. PIOVANI, voce Effettività, in Enc. dir., XIV, Milano, 1965, p.420 ss.

Capitolo IX

Il sistema sanzionatorio e le misure cautelari

Luca Arnaudo

SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. Le misure cautelari: loro sviluppo e applicazione. – 3. Il sistema san-zionatorio. – 3.1. Economia e natura delle sanzioni: un’introduzione. – 3.2. Le sanzioni pe-cuniarie: riferimenti normativi. – 3.2.1. Le previsioni del Regolamento (CE) n. 1/2003. –3.2.2. Le previsioni del Regolamento (CE) n. 139/2004. – 3.3. Regole di applicazione. – 3.3.1.In particolare: gli Orientamenti del 1998. – 3.3.2. Principi generali. – 3.4. Programmi di cle-menza. – 3.5. Il c.d. private enforcement come possibile leva sanzionatoria: cenni.

1. Premessa

Pur se estremamente differenti per natura, presupposti ed effetti, le misurecautelari e sanzionatorie risultano avvicinabili tra loro per una rilevante carat-teristica comune desumibile nell’ambito del sistema antitrust comunitario: en-trambe, infatti, determinano in misura fondamentale l’effettività di questo, ovecon tale termine – derivato dal diritto internazionale, poi filtrato dalle espe-rienze primonovecentesche di diritto pubblico generale e teoria generale deldiritto – si può qui intendere la garanzia di vitalità di un ordinamento giuridi-co, la reale positività di un complesso di norme date 1. Considerate in questaluce, le misure cautelari e sanzionatorie in discorso vanno tanto più apprezza-te in quanto conferiscono all’ordinamento comunitario una peculiare effetti-vità immediata nei confronti delle imprese, è a dire persone fisiche o giuridi-che, dunque costituiscono il principale strumento d’intervento sulla realtà eco-nomica da parte delle istituzioni comunitarie, quando essa risulti pregiudicatada condotte soggettivamente devianti rispetto alla normativa primaria posta atutela della concorrenza.

I limiti della presente trattazione non consentono di occuparsi con la dovu-ta specialità delle diverse misure citate: in particolare, anche tenuto conto del-la relativa novità dell’argomento, la verifica di quelle cautelari si limiterà a una

2 In dottrina tale considerazione di ovvia ragionevolezza è già stata opportunamente corro-borata dall’analisi di un caso comunitario originato dal diniego da parte della Commissione diconcedere misure cautelari, caso poi conclusosi con una pronuncia del Tribunale di Primo Gra-do che censurava tale diniego ma a cui seguiva comunque, poco dopo, la scomparsa dal merca-to dell’impresa ricorrente (cfr. L.M. PAIS ANTUNES, Interim Measures under EC Competition Law- Recent Developments, in A. BARAV-D.A. WYATT (a cura di), Yearbook of European Law, 13,Oxford, 1994, p. 84 ss. La sentenza di riferimento era Tribunale di primo grado, 24 gennaio1992, T-44/90, La Cinq contro Commissione delle Comunità europee, in Racc., 1992, II, p. 1).

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breve ricognizione dei principali profili così come emersi dalla giurisprudenzae dal diritto positivo, quindi si passerà a rassegnare in maniera più puntuale lemisure sanzionatorie, cui viene tradizionalmente riconosciuto il ruolo di mo-mento conclusivo e determinante dell’intervento antitrust.

2. Le misure cautelari: loro sviluppo e applicazione

In termini assolutamente generali, e tenendo a mente i principi della proce-dura civile, per misure cautelari o provvisorie s’intendono rimedi di vario tipoe di diversa gravità volte a evitare in via provvisoria – prima del processo o du-rante il tempo necessario perché questo si svolga – che vengano irrimediabil-mente pregiudicate le condizioni o i beni occorrenti per il fruttuoso esercizio diun’azione di cognizione o esecutiva. Trasposte nel diritto antitrust, le misurecautelari svolgono la funzione d’impedire il realizzarsi di un pregiudizio gravee irreparabile alla concorrenza, ed appare di tutta evidenza quanto, nel sistemaeconomico corrente, la celerità risulti fondamentale in tal senso, posto che unadecisione di condanna di fattispecie illecite d’intesa o abuso potrebbe ben so-pravvenire dopo che le imprese vittime di tali condotte sono già uscite dal mer-cato 2.

Né il TCE, né l’ormai abrogato Regolamento (CEE) n. 17/62 prevedevanoespressamente una competenza della Commissione ad adottare misure caute-lari, ma a tale carenza ha ovviato la Corte di giustizia, la quale, con una fon-damentale ordinanza risalente al 1980, si è fatta carico di riconoscere la pienalegittimità di tale strumento d’intervento. Il ragionamento seguito dalla Corteparte dall’importanza che il potere di prendere decisioni in materia di viola-zioni degli artt. 81 e 82 TCE venga esercitato dalla Commissione «nel modopiù efficace e meglio appropriato alle circostanze in ciascuna situazione», senzaescludere «la possibilità che l’esercizio di tale potere si articoli in fasi successive,cosicché la decisione che constata un’infrazione possa essere preceduta da qual-siasi disposizione preliminare necessaria in un dato momento». All’istituzionecomunitaria compete dunque «di prendere le disposizioni provvisorie indispen-sabili per poter esercitare in modo efficace le proprie funzioni e, in particolare,per garantire l’effetto utile delle eventuali decisioni volte ad obbligare le impre-se a porre fine alle infrazioni constatate». Stabilite tali premesse, complessiva-mente riassumibili nella richiesta di una effettiva indispensabilità dell’inter-

Il sistema sanzionatorio 367

3 Corte di giustizia, 17 gennaio 1980, C-792/79 R, Camera Care c. Commissione, in Racc.,1980, p. 119 ss.

4 Per verificare un caso del genere, v. decisione 88/138/CEE della Commissione, del 22 di-cembre 1987, IV/30.787-31.488 - Eurofix-Bauco c. Hilti, in G.U.C.E., 11 marzo 1988, n. L 065,p. 19 ss.

5 «La Commissione agisce nell’interesse pubblico e non nell’interesse dei singoli operatori. Èpertanto opportuno disporre che essa sia tenuta ad adottare provvedimenti provvisori solo nei casiin cui vi sia effettivamente il rischio di un danno grave e irreparabile per la concorrenza. Le impre-se possono sempre ricorrere ai giudici nazionali, la cui funzione fondamentale è quella di tutelare idiritti individuali» (v. Proposta di regolamento del Consiglio concernente l’applicazione alle im-prese delle regole di concorrenza di cui agli artt. 81 e 82 del Trattato, in G.U.C.E., 19 dicembre2000, n. C 365, p. 284). Un discorso a parte, e di particolare interesse applicativo, merita poi lapossibile adozione di misure cautelari, ai sensi del medesimo art. 8 del Regolamento (CE) n.1/2003, da parte di autorità antitrust operanti nei diversi Stati membri sulla base del principio diapplicabilità diretta della normativa comunitaria. In Italia, allo stato, si è già verificato un casodel genere, vagliato in senso positivo dal giudice amministrativo (v. provvedimento n. 14388 del-

vento cautelare a fini conservativi (si deve cioè garantire che la decisione fina-le possa poi esplicare appieno i propri effetti pro-concorrenziali), la Corte haanche definito l’area di manovra della Commissione, dal momento che i prov-vedimenti provvisori sono da adottarsi soltanto in caso di indiscussa urgenza«per far fronte ad una situazione tale da causare un danno grave e irreparabilealla parte che li richiede, o intollerabile per l’interesse pubblico». Essi devonoaltresì risultare limitati a quanto necessario nella situazione specifica, cioèproporzionati, nonché suscettibili di essere oggetto di ricorso dinanzi allastessa Corte 3.

Successivamente al caso Camera Care, la nuova competenza della Commis-sione si è consolidata nella prassi ed è stata utilizzata sia direttamente, cioè conl’effettiva adozione di misure cautelari, sia come rilevante mezzo di pressionesulle imprese al fine di indurle a modificare la propria condotta anticoncorren-ziale prima di una decisione formale 4. Con la modernizzazione del diritto co-munitario della concorrenza è stata, infine, colta l’occasione per formalizzare ipoteri della Commissione in materia di misure cautelari. Attualmente, pertan-to, è disposizione di riferimento al proposito l’art. 8 del Regolamento (CE) n.1/2003, il quale stabilisce che «nei casi di urgenza dovuta al rischio di un dannograve e irreparabile per la concorrenza la Commissione può, d’ufficio, ove consta-ti prima facie la sussistenza di un’infrazione, adottare mediante decisione misurecautelari». Ancora, tali decisioni «sono applicabili per un determinato periodo ditempo e possono, se necessario ed opportuno, essere rinnovate».

La nuova disciplina delle misure cautelari ricalca in gran parte le condizioniapplicative stabilite dalla richiamata tradizione giurisprudenziale, ma il Consi-glio, nel corso dell’iter di adozione del Regolamento, ha opportunamente speci-ficato che la Commissione, per l’adozione di provvedimenti provvisori, deveprendere in esclusiva considerazione il pubblico interesse, e non quello dei sin-goli. Questi ultimi vengono dunque indirizzati a rivolgersi alle giurisdizioni de-gli Stati membri e ai mezzi cautelari da queste predisposti 5, in un intento, da un

l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, del 15 giugno 2005, A364 - Merck/Principiattivi, in Bollettino n. 23/2005, p. 7 ss.; TAR Lazio, 9 novembre 2005, n. 1713/2006, Merck c. Au-torità garante della concorrenza e del mercato). Ma v. ora il d.l. 30 giugno 2006 il cui art. 13 ag-giunge alla legge n. 287 l’art. 14 bis intitolato «misure cautelari».

6 V. L.M. PAIS ANTUNES, Interim Measures under EC Competition Law, cit., p. 90. 7 Si sofferma su tale problematica L. ORTIZ BLANCO, EC Competition Procedure, Oxford-

New York, 2006, p. 533.8 Per la verifica di alcune misure più nel concreto, v. decisione 2002/165/CE della Commis-

sione, del 3 luglio 2001, D3/38.044 - NDC Health/IMS Health, in G.U.U.E., 28 febbraio 2002, n.L 059, p. 18; decisione 87/500/CEE della Commissione, del 29 luglio 1987, IV/32.279 -BBI/Boosey & Hawkes, in G.U.C.E., 9 ottobre 1987, n. L 286, p. 36; decisione 83/462/CEE del-la Commissione, del 29 luglio 1983, IV/30.698 - ECS/AKZO, in G.U.C.E., 13 settembre 1983, L252, p. 13; decisione 82/628/CEE della Commissione, del 18 agosto 1982, IV/30.696 - Sistemadi distribuzione di Ford Werke AG, in G.U.C.E., 2 settembre 1982, n. L 256, p. 20. Una rassegnapuntuale dei casi citati, comprensiva anche di quelli decisi dalla Corte di Giustizia e dal Tribu-nale di primo grado, sta nel saggio di E. NAVARRO VARONA, Interim measures in competitioncases before the European Commission and Courts, 2002, p. 10 ss., disponibile in internet:www.lexmundi.com/images/lexmundi/PDF/Copenhagen_Varona.pdf

lato, di razionalizzazione dei rapporti tra livelli operativi nazionali e comunitari,dall’altro, di alleggerimento dei carichi di lavoro pendenti sulla Commissione.

Per quel che riguarda i presupposti per l’intervento, essi possono agevol-mente ricondursi alle categorie classiche del fumus boni iuris e del periculum inmora. Quanto al fumus, la Commissione è tenuta a verificare che la violazionesia probabile secondo criteri di ragionevole presunzione (questo, in sostanza,significa la richiesta di una constatazione prima facie). Da sottolineare è che,nella complessa e al contempo celere opera di valutazione a cui la Commissio-ne è chiamata, essa dovrà in primo luogo verificare l’effettività di un nesso cau-sale tra il pregiudizio e la condotta ritenuta contraria alla normativa di tuteladella concorrenza, quindi accertare altresì che tale pregiudizio sia propriamen-te di natura concorrenziale e non consistente in danni di altro genere (peresempio puramente finanziari) 6. Con riferimento, invece, al periculum, essoconsiste nell’urgente necessità di provvedere al fine di evitare il danno grave eirreparabile che si avrebbe in assenza di una misura cautelare. E’ sotto questosecondo aspetto, evidentemente, che trova diretto interesse il riferimento soprarichiamato al necessario pregiudizio (esclusivo) dell’interesse pubblico, contutte le difficoltà che la definizione di una simile categoria comporta 7.

Un ultimo accenno merita la questione del contenuto effettivo delle misurecautelari. Salvo l’inderogabile carattere di temporaneità dei provvedimentiprovvisori – i quali per loro natura restano validi non oltre l’adozione di unadecisione sostanziale o il loro annullamento per ricorso dinanzi al Tribunale diprimo grado – essi vanno evidentemente adattati dalla Commissione alle esi-genze del caso specifico, ben potendo consistere in misure meramente dichia-rative, interdittive (obbligo di astenersi da una determinata condotta) o positi-ve (obbligo di modificare la propria condotta, es. concedendo una licenzacommerciale prima rifiutata) 8.

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9 Il contributo teorico fondante a cui si fa solitamente riferimento è quello di G. BECKER, Cri-me and Punishment: an Economic Approach, in Journal of Political Economy, 1968, p. 169 ss., mariflessioni sulla razionalità del reo (da cui discende logicamente anche la considerazione in ter-mini economici di moventi, effetti della condotta e sanzioni da approntare di conseguenza) in-trecciano l’intera storia del diritto penale moderno. Un contributo ricostruttivo interessante èquello di E. EIDE, Economics of Criminal Behaviour, in B. BOUCKAERT-G. DE GEEST (a cura di),Encyclopedia of Law and Economics, V, Cheltenham, 2000, p. 345 ss., interamente consultabilein internet (http://encyclo.findlaw.com/index.html).

3. Il sistema sanzionatorio

3.1. Economia e natura delle sanzioni: un’introduzione

Al fine di procedere a una rassegna delle misure sanzionatorie approntatedal diritto comunitario nell’ambito della normativa a tutela della concorrenza,nonché del loro impiego concreto da parte degli organi competenti, si ritieneutile richiamare in via preliminare alcuni generalissimi profili di ‘analisi econo-mica della sanzione’, funzionali al prosieguo del discorso: ciò in quanto la na-tura economica delle attività rilevanti, da un lato, e le particolari caratteristichedi razionalità delle condotte illecite, dall’altro, rendono il diritto antitrust unambito elettivo per l’impiego estensivo di simile analisi.

Notoriamente, a partire dalla seconda metà del secolo scorso si è venutosempre più affermando un approccio di tipo economico sia per considerare iprocessi decisionali che sottendono una condotta illecita, sia per definire le rea-zioni ottimali dell’ordinamento rispetto a tale condotta, ovvero l’individuazio-ne della sanzione e i livelli efficienti di questa 9. Assunto fondamentale di taleapproccio è la razionalità dell’agente (persona fisica o giuridica), per cui la de-cisione adottata da questi di violare la legge sarà fondata su una stretta consi-derazione di costi e benefici attesi, venendo a dipendere (a) dal guadagno ipo-tizzato come derivante da tale comportamento, (b) dalla possibilità di esserescoperto e (c) dalla sanzione conseguente alla scoperta. In sostanza, l’agente siasterrà dal porre in essere un illecito se e solo se:

guadagno < sanzione ¥ probabilità di scoperta

Un simile schema concettuale risulta evidentemente poco applicabile ai ca-si in cui il soggetto attivo dell’illecito non si comporti in maniera razionale (sipensi alla commissione di un delitto c.d. passionale), mentre ben si attaglia al-le fattispecie che riguardino condotte influenzate da motivazioni di profittomonetario, quali quelle, per l’appunto, previste dal diritto antitrust.

Gli incentivi a una condotta deviante o virtuosa costituiscono, dunque, losnodo operativo di ogni ordinamento sanzionatorio, tipicamente finalizzato aottenere una deterrenza ottimale rispetto alla commissione dell’illecito. In ter-mini di analisi economica, la deterrenza può definirsi come l’utilità della san-zione rispetto all’interesse dell’ordinamento di essere rispettato, mentre, vista

Il sistema sanzionatorio 369

10 Al riguardo, diffusamente, v. A. POLINSKY-S. SHAVELL, Should liability be based on theharm to the victim or to the gain to the injurer?, in Journal of Law, Economics and Organization,1994, p. 427 ss. V. anche D. FRIEDMAN, L’ordine del diritto. Perché l’analisi economica può servi-re al diritto, Bologna, 2004, p. 421 ss.

11 Ciò al fine di parametrare in maniera stringente la sanzione al guadagno concreto: ove in-vece s’intenda ottenere una deterrenza generale, il riferimento potrà anche essere il fatturatoconsolidato: come si vedrà, in effetti è stata proprio quest’ultima la soluzione adottata dall’ordi-namento comunitario. Per una discussione sul modello ottimo delle sanzioni in un diretto con-fronto critico con i relativi sistemi antitrust comunitario e italiano, si rinvia a R. TOMMASI, 18-11-1181, in Mercato Concorrenza Regole, n. 3, 2005, p. 483 ss.

dal lato dell’agente, corrisponde ad una disutilità che disincentiva la condottadeviante. Si pone a questo punto la questione della determinazione della san-zione ottima, posto che l’imposizione della stessa può perseguire (a) una sem-plice deterrenza rispetto al singolo agente – e dunque occorrerà fissare un li-vello di sanzione che quantomeno eguagli il guadagno atteso dall’illecito, inmodo da escluderne l’incentivo soggettivo – oppure (b) la massimizzazione delbenessere sociale, per cui la sanzione dovrebbe eguagliare non tanto il guada-gno, ma piuttosto il danno effettivamente determinato alla società dall’illecito.

A fronte delle obiettive difficoltà che comporta tanto la stima del guadagnoche del danno, a livello teorico si tende a ritenere preferibile una sanzione de-terminata rispetto al danno, in quanto una sottostima del guadagno non disin-centiverebbe l’agente a sufficienza rispetto alla commissione dell’illecito, men-tre nel caso di una sottostima del danno la sanzione potrebbe comunque risul-tare ancora superiore rispetto al guadagno e, dunque, non causare un livellosub-ottimale di deterrenza 10. Nella pratica, nondimeno, salva l’elevata appros-simazione e schematicità delle diverse variabili, la stima del guadagno derivan-te dall’azione anticompetitiva risulta di solito meglio praticabile. Si prenda ilcaso di un’intesa orizzontale per la fissazione dei prezzi, ovvero una tra le vio-lazioni più gravi della normativa antitrust: qui il guadagno sarà pari all’aumen-to di prezzo derivante dalla collusione tra le imprese partecipanti al cartello,moltiplicato per il fatturato del mercato interessato dall’accordo, per cui, se-condo le indicazioni standard della letteratura sull’argomento:

guadagnot+1 = fatturatot ¥ incremento%prezzo

e quindi

fatturato t ¥ (incremento%prezzo : probabilità di scoperta) < sanzione

Tenuto conto di tali elementi, al fine di determinare la sanzione ottima saràpertanto necessario e sufficiente (a) stabilire una griglia di percentuali in fun-zione della gravità dell’infrazione e della probabilità di scoperta, (b) applicarela percentuale del caso al fatturato conseguito dall’impresa all’interno del mer-cato interessato dall’infrazione 11, (c) moltiplicare quanto ottenuto per la dura-ta dell’infrazione.

370 Luca Arnaudo

12 Per alcune considerazioni più approfondite sull’argomento, con numerosi spunti critici in-teressanti, v. W. WILS, Is Criminalization of EU Competition Law the Answer?, in World Com-petition, 2005, p. 117 ss. In relazione ai rapporti tra diritto comunitario della concorrenza e CE-DU, v. sempre W. WILS, Principles of European Antitrust Enforcement, Oxford, 2005, p. 68 ss.

13 Cfr. Corte di giustizia, 8 luglio 1999, C-199/92 P, Hüls AG contro Commissione, in Racc.,1999, I, p. 4287 ss. Al par. 150 della sentenza, in particolare, si legge come «considerata la natu-ra delle infrazioni di cui trattasi nonché la natura e il grado di severità delle sanzioni che vi sonoconnesse, il principio della presunzione d’innocenza si applica alle procedure relative a violazionidelle norme sulla concorrenza applicabili alle imprese che possono sfociare nella pronuncia di mul-te o ammende». Segue poi un richiamo espresso ad alcune pronunce della Corte europea dei di-ritti dell’uomo, incentrate sull’art. 6 della citata Convenzione (in particolare sentenze 21 feb-braio 1984, Öztürk, serie A n. 73, e 25 agosto 1987, Lutz, serie A n. 123-A).

Nell’ambito della selezione della sanzione efficiente, peraltro, non va di-menticato come rilevi altresì la natura della stessa, posto che un agente si com-porterà in maniera assai diversa a seconda che si tratti di una sanzione penale –e più ancora una sanzione penale detentiva – ovvero civile o amministrativa, so-litamente di tipo pecuniario. Sul punto, premesso che l’ordinamento comuni-tario contempla in via esclusiva sanzioni pecuniarie nei confronti di personegiuridiche, si rileva come esso non abbia ancora raggiunto l’opportuna chia-rezza, dal momento che, a fronte di affermazioni esplicite volte ad escludere lanatura penale delle sanzioni impiegate in caso di violazioni della normativa an-titrust, alcune caratteristiche salienti delle medesime (in primo luogo la loro ri-levante afflittività, cui si accompagna il ricorso sempre più esteso a programmic.d. di clemenza: vd. infra, par. 3.4) indurrebbero piuttosto a ritenere il contra-rio.

La questione non è meramente dogmatica, dal momento che la definizionein un senso o nell’altro comporta notevoli conseguenze in tema di garanzie so-stanziali e procedurali da riconoscere a chi sia parte di un procedimento anti-trust, a partire dalla rilevanza della Convenzione Europea per la salvaguardiadei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali del 4 novembre 1950 («CE-DU»), richiamata all’art. 6, n. 2, del TUE, e il cui art. 6 (diritto a un equo pro-cesso) è stato interpretato in senso assai estensivo dalla giurisprudenza 12. Perquanto, allo stato, nessun organo giurisdizionale internazionale abbia espressa-mente statuito la natura penale delle sanzioni antitrust comunitarie, in un casoalmeno la Corte di giustizia ha fornito una rilevante apertura in tal senso, sen-za che tuttavia le successive riforme della disciplina di riferimento sembrinoaverne tenuto debito conto 13. Sempre a proposito della natura penale dellesanzioni per illeciti antitrust in ambito comunitario, peraltro, non pare inutilericordare come gli ordinamenti di diversi Stati membri (ma non quello italiano)affermino chiaramente tale natura per almeno alcune delle misure sanzionato-rie comminabili, prevedendo altresì la possibilità di applicare sanzioni detenti-ve nei confronti delle persone fisiche coinvolte nelle infrazioni più gravi. Inquesto senso, a titolo di esempio, si richiamano le disposizioni del Code deCommerce francese (art. L. 420-6) e dell’Enterprise Act inglese del 2002 (art.190), in base alle quali, pur con procedure tra loro assai differenti, persone fi-

Il sistema sanzionatorio 371

14 Una rassegna accurata dei sistemi sanzionatori vigenti nei principali Stati Membri è svoltada G. DANNECKER-O. JANSEN, Competition Law Sanctioning in the European Union, The Hague,2004, p. 22 ss.

siche possono essere condannate alla detenzione per un massimo rispettiva-mente di quattro e cinque anni 14.

3.2. Le sanzioni pecuniarie: riferimenti normativi

La disciplina fondamentale delle sanzioni pecuniarie applicabili per viola-zioni della normativa comunitaria in tema di concorrenza, e segnatamente gliartt. 81 e 82 TCE, si rinviene negli artt. 23 (Ammende), 24 (Penalità di mora),25 (Prescrizione in materia di imposizione delle sanzioni) e 26 (Prescrizione inmateria d’esecuzione delle sanzioni) del Regolamento (CE) n. 1/2003, il quale simantiene in linea con le statuizioni dell’abrogato Regolamento (CEE) n. 17/62.Per quel che riguarda, invece, le sanzioni applicabili nell’ambito di operazioni diconcentrazione, occorre fare riferimento agli artt. 14 (Ammende) e 15 (Penalitàdi mora) del Regolamento (CE) n. 139/2004, che a loro volta non si discostanoda quanto già previsto nell’abrogato Regolamento (CEE) n. 4064/89.

3.2.1. Le previsioni del Regolamento (CE) n. 1/2003Nel prendere in esame le disposizioni del nuovo Regolamento concernente

l’applicazione delle regole comunitarie di concorrenza in materia di intese eabusi di posizione dominante, va in primo luogo notato come si tratti di un cor-po normativo compatto, incentrato sulla distinzione – così come definita al-l’art. 23, parr. 1 e 2 – fra sanzioni per infrazioni c.d. procedurali e sostanziali.Con riferimento alle prime, la Commissione può irrogare a imprese e associa-zioni di imprese ammende non superiori all’1% del fatturato totale realizzatonell’esercizio sociale precedente a quello durante cui sia adottata la decisionesanzionatoria, quando intenzionalmente o per negligenza non ottemperino agliobblighi di collaborazione informativa previsti dal Regolamento, e in partico-lare nel caso in cui:

(a) forniscano informazioni inesatte o fuorvianti in risposta a una domandarivolta a norma degli artt. 17 (indagini per settore economico e per tipo di ac-cordi) o 18, par. 2 (richiesta di informazioni formulata dalla Commissione perl’assolvimento dei compiti affidatile dal Regolamento);

(b) forniscano informazioni inesatte, incomplete o fuorvianti o ancora nonrispondano entro il termine stabilito a seguito di una richiesta formulata me-diante decisione adottata ai sensi degli artt. 17 o 18, par. 3;

(c) presentino in maniera incompleta i libri o altri documenti richiesti, con-nessi all’azienda, nel corso delle ispezioni compiute dalla Commissione (c.d.dawn raids, così chiamati perché svolti a partire dalla prima mattinata) ai sensidell’art. 20 (poteri della Commissione in materia di accertamenti), ovvero ri-fiutino di sottoporsi agli accertamenti;

372 Luca Arnaudo

(d) non forniscano una risposta completa ovvero forniscano informazioniinesatte, incomplete o fuorvianti nel corso degli accertamenti di cui all’art. 20,oppure non rettifichino le medesime entro un termine stabilito dalla Commis-sione;

(e) vengano infranti i sigilli apposti nel corso degli accertamenti di cuiall’art. 20.

Con riferimento alle infrazioni sostanziali, viene prevista la possibile irroga-zione di ammende fino al 10% del fatturato totale realizzato durante l’eserciziosociale precedente da ciascuna impresa o associazione di imprese che:

(a) commetta o partecipi alla commissione di un’infrazione degli artt. 81 e82 TCE;

(b) contravvenga a una decisione con cui la Commissione ha disposto misu-re cautelari ai sensi dell’art. 8 del Regolamento;

(c) non rispetti un impegno reso obbligatorio mediante decisione ai sensidell’art. 9 del medesimo Regolamento.

Quando sia responsabile o coinvolta un’associazione d’imprese, vieneprevisto che, ove l’infrazione sia relativa alle attività dei membri della stessa,l’ammenda non debba superare il 10% dell’importo del fatturato totale diciascun membro attivo sul mercato coinvolto dall’infrazione dell’associazio-ne. Nell’eventualità di un’associazione d’imprese insolvente, essa è tenuta arichiedere ai propri membri di contribuire a concorrenza dell’importo del-l’ammenda, con l’espressa possibilità per la stessa Commissione di esigere ilpagamento del saldo direttamente dalle imprese i cui rappresentanti sedeva-no negli organi decisionali dell’associazione e, ove neppure questo regressosia sufficiente, anche dai membri senza rappresentanza (salva la possibilitàper questi di dimostrare la loro ignoranza, non applicazione o ravvedimentocirca le decisioni dell’associazione). Tale previsione, con tutta evidenza, èvolta a evitare che le imprese ricorrano ad associazioni prive di adeguate ba-si finanziarie quali schermo di comodo per la commissione degli illeciti.

Per quel che riguarda le penalità di mora, l’art. 24 ne stabilisce l’importonella misura massima del 5% del fatturato medio giornaliero realizzato duran-te l’esercizio sociale precedente per ogni giorno di ritardo, a decorrere dalla da-ta fissata nella decisione, al fine di ottenere che le imprese o associazioni di im-prese:

(a) pongano fine a un’infrazione alle disposizioni degli artt. 81 o 82 TCE ac-certata con decisione ai sensi dell’art. 7 del Regolamento;

(b) rispettino una decisione che dispone provvedimenti provvisori adottatiai sensi dell’art. 8 del Regolamento;

(c) forniscano in maniera completa ed esatta un’informazione richiesta me-diante decisione di cui agli artt. 17 e 18, par. 3;

(d) si sottopongano agli accertamenti ordinati mediante decisione di cuiall’art. 20, par. 4.

Il sistema sanzionatorio 373

3.2.2. Le previsioni del Regolamento (CE) n. 139/2004Con riferimento alla disciplina comunitaria delle concentrazioni, il primo

interesse della Commissione è quello di disporre di tutti gli elementi informa-tivi necessari all’adozione della decisione in merito all’operazione: pertanto, latutela del flusso informativo (e delle diverse possibilità per l’amministrazionecomunitaria di ottenere i dati ritenuti necessari) costituisce il fulcro dell’appa-rato sanzionatorio apprestato in termini di regolamento. D’altro canto, per uncorretto funzionamento del mercato comune è necessario che le imprese siconformino strettamente alle decisioni adottate dalla Commissione, il che spie-ga la gravosità delle ammende previste in caso contrario.

Stabilite tali premesse, nel passare a considerare brevemente il Regolamen-to (CE) n. 139/2004 si rileva come, ancora una volta, sia possibile distingueretra sanzioni per infrazioni procedurali e sostanziali. Rispetto alla prima tipolo-gia, l’art. 14 stabilisce in particolare che la Commissione possa infliggere a im-prese o associazioni di imprese ammende non superiori all’1% del fatturato to-tale del soggetto interessato, quando intenzionalmente o per negligenza nonadempiano correttamente agli obblighi informativi verso la Commissione nel-l’ambito della notifica di una operazione di concentrazione o delle attivitàispettive conseguenti, secondo una tipologia di condotte molto simili a quellegià considerate in relazione all’art. 23 del Regolamento (CE) n. 1/2003.

Ammende fino al 10% del fatturato totale dell’impresa interessata possonoinvece essere applicate quando, sempre intenzionalmente o per negligenza:

(a) sia stata omessa la notifica di concentrazione prima della sua realizzazio-ne, salvo espresse autorizzazioni concedibili ai sensi del Regolamento;

(b) la concentrazione sia stata realizzata prima che la Commissione ne abbiadichiarato la compatibilità con il mercato comune, ovvero dopo una dichiara-zione di incompatibilità con lo stesso;

(c) non siano stati osservate le condizioni o gli oneri cui la Commissione ab-bia subordinato la propria autorizzazione.

Il successivo art. 15 stabilisce penalità di mora (nella misura massima del5% del fatturato medio giornaliero realizzato dal soggetto interessato per ognigiorno lavorativo di ritardo a decorrere dalla data fissata nella decisione) percostringere a fornire in maniera completa ed esatta le informazioni richieste,sottoporsi a un’ispezione, osservare oneri ovvero conformarsi alle misure im-poste nell’ambito del procedimento istruttorio da parte della Commissione.

3.3. Regole di applicazione

Come ben si vede, le previsioni dei Regolamenti in materia di sanzioni (in par-ticolare quelle relative alla violazione degli artt. 81 e 82 TCE) compongono un si-stema coordinato e complesso volto a garantire la massima effettività tanto delleattività di accertamento delle infrazioni, che del rispetto delle decisioni conse-guentemente adottate dalla Commissione. L’attività pratica di determinazione e

374 Luca Arnaudo

15 Cfr. Corte di giustizia, 7 giugno 1983, C100/80 e 103/80, SA Musique Diffusion Françaisec. Commissione, in Racc., 1983, p. 1825. In questa importante pronuncia la Corte ha anche fattopresente che «é possibile, per commisurare l’ammenda, tener conto tanto del fatturato complessivodell’impresa, che costituisce un’indicazione, anche se approssimativa ed imperfetta, delle dimensio-ni di questa e della sua potenza economica, quanto della parte di tale fatturato corrispondente allemerci coinvolte nell’infrazione e che può quindi fornire un’indicazione dell’entità della medesima.Ne consegue, in secondo luogo, che non si deve attribuire ad alcuno di questi due dati un peso ec-cessivo rispetto ad altri criteri di valutazione e, quindi, che la determinazione dell’ammenda ade-guata non può essere il risultato di un semplice calcolo basato sul fatturato complessivo. Ciò e par-ticolarmente vero qualora le merci in questione costituiscano solo una piccola parte del fatturato. E’opportuno che la Corte tenga conto di queste considerazioni nel procedere, valendosi della sua giu-risdizione di merito, alla valutazione della gravita delle trasgressioni di cui trattasi».

16 Quale caso più recente cfr. la decisione C (2004) 900 della Commissione, del 24 marzo2004, COMP/C-3/37.792 - Microsoft. Nella fattispecie, la sanzione ha raggiunto l’importo recordper una singola impresa di 497,2 milioni di euro.

17 Tribunale di primo grado, 6 aprile 1995, T-150/89, G.M.Martinelli c. Commissione, inRacc., 1995, II, p. 1165.

irrogazione delle sanzioni, nondimeno, dipende tanto dal dato normativo chedalla prassi stabilitasi nel corso del tempo. Tale prassi, oltre a essere ricostruibileattraverso le decisioni della Commissione e le pronunce della giurisprudenza co-munitaria, è stata anche oggetto di diretta definizione da parte della medesimaCommissione, la quale nel 1998 ha provveduto ad adottare un’importante co-municazione al fine di rendere più trasparente la propria politica sanzionatoria e,soprattutto, porre le imprese di fronte alla possibilità di valutare ex ante le possi-bili conseguenze delle propria condotta deviante.

Nell’intento di una maggior chiarezza espositiva, qui di seguito si provve-derà in primo luogo a ricostruire alcuni aspetti generali rilevanti della materia,per poi prendere direttamente in considerazione la comunicazione della Com-missione e i principi fondamentali sedimentatisi nel corso della storia applica-tiva del diritto comunitario.

Sotto un profilo di valutazione in concreto delle sanzioni pecuniarie appli-cate, anche un’analisi sommaria delle decisioni adottate dalla Commissione ri-spetto alle violazioni antitrust consente di verificare come, per diversi decenni,l’importo medio delle ammende sia rimasto piuttosto contenuto. Tuttavia, apartire dagli anni ottanta del secolo scorso la situazione è cambiata, per passa-re da una prima timida applicazione di sanzioni comprese tra il 2 e il 4% delfatturato complessivo (avallata dalla Corte di giustizia) 15, alla reiterata adozio-ne della soglia massima del 10%, per di più in relazione a imprese dal fattura-to estremamente rilevante 16. L’incremento percentuale – e, di conseguenza, intermini monetari assoluti – delle sanzioni ha reso sempre più centrale la pro-blematica della discrezionalità di cui la Commissione gode nella determinazio-ne delle ammende: del resto, lo stesso Tribunale di primo grado ha riconosciu-to come queste siano un vero e proprio «strumento della politica della concor-renza della Commissione», per cui «essa deve disporre di un margine di discre-zionalità nel fissare i loro importi al fine di orientare il comportamento delle im-prese verso il rispetto delle regole sulla concorrenza» 17. Tale impostazione non è

Il sistema sanzionatorio 375

18 Tribunale di primo grado, 9 luglio 2003, T-220/00, Cheil Jedang Corp. c. Commissione, inRacc., 2003, II, p. 2473.

19 Tribunale di primo grado, 20 marzo 2002, T-23/99, LR AF 1998 a/s c. Commissione, inRacc., 2002, II, p. 1705. Tale principio, peraltro, era già stato espresso nella sentenza SA Musi-que Diffusion Française, cit..

20 Tribunale di primo grado, 14 maggio 1998, T-347/94, Mayr-Melnhof KartongesellschaftMbh c. Commissione, in Racc., 1998, II, p. 1751.

21 Tribunale di primo grado, 9 luglio 2003, T-223/00, Kyowa Hakko Kogyo Co. Ltd e altri c.Commissione, in Racc., 2003, II, p. 2553.

cambiata neppure in tempi più recenti, posto che, sempre a detta del Tribuna-le di primo grado, l’efficace applicazione della normativa comunitaria dellaconcorrenza «implica che la Commissione possa sempre adeguare l’entità delleammende alle esigenze della politica della concorrenza» 18.

Ne deriva, in primo luogo, che per le imprese non è possibile invocare un le-gittimo affidamento circa l’importo delle ammende loro inflitte sulla base diprecedenti decisioni adottate, anche in casi similari, dalla Commissione. Chia-mato a pronunciarsi al riguardo, il Tribunale di primo grado ha recisamenteconsiderato come «gli operatori economici non possono fare affidamento sullaconservazione di una situazione in atto che può essere modificata nell’ambito delpotere discrezionale delle istituzioni comunitarie». Più nello specifico, «le impre-se coinvolte in un procedimento amministrativo che può concludersi con un’am-menda non possono maturare un legittimo affidamento nel fatto che la Commis-sione non innalzerà il livello delle ammende praticato precedentemente» 19.

L’ampia discrezionalità di cui gode la Commissione nella determinazione del-le sanzioni non riguarda soltanto l’importo, ma anche gli elementi da tenere inconsiderazione per giungere di volta in volta alla fissazione dello stesso. Salvoquanto si dirà più oltre di specifico al proposito, «il solo fatto che la Commissio-ne abbia ritenuto, nella sua prassi decisionale anteriore, che taluni elementi costi-tuissero circostanze attenuanti ai fini della determinazione dell’importo dell’am-menda non implica che essa sia costretta ad effettuare la medesima valutazione inuna decisione successiva» 20. Il contenuto particolarmente netto delle pronuncesin qui riportate, per quanto indice di una effettiva – e tuttora perdurante – dif-ficoltà di prevedere l’importo delle sanzioni che possono darsi nei diversi casi, ri-sulta tuttavia almeno in parte controbilanciato da un principio generale di auto-limitazione cui la Commissione risulta soggetta, e che riveste notevole importan-za soprattutto in un diritto, come l’antitrust comunitario, caratterizzato dall’ado-zione frequente di atti di indirizzo c.d. di soft law, ovvero privi di valore norma-tivo ma estremamente rilevanti nella prassi applicativa. A questo proposito, me-rita riportare un’ulteriore sentenza del Tribunale di primo grado, secondo cui «laCommissione non può discostarsi dalle regole che essa stessa si è imposta» e, in par-ticolare, «quando la Commissione adotta orientamenti destinati a precisare, nel ri-spetto del Trattato, i criteri che intende applicare nell’esercizio del suo potere di-screzionale, ne deriva un’autolimitazione di tale potere in quanto la detta istituzio-ne è tenuta a conformarsi alle norme indicative che essa si è imposta» 21.

376 Luca Arnaudo

22 Comunicazione della Commissione, Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte inapplicazione dell’art. 15, par. 2 del Regolamento n. 17 e dell’art. 65, par. 5, del Trattato CECA, inG.U.C.E., 14 gennaio 1998, n. C 9, p. 3.

3.3.1. In particolare: gli Orientamenti del 1998Il rimando concreto della pronuncia appena citata è a una comunicazione

adottata nel 1998 dalla Commissione 22 («Orientamenti») e che, a fronte dellasostanziale continuità del testo del Regolamento (CE) n. 1/2003 con il Regola-mento (CEE) n. 17/62, rimane a tutt’oggi il principale riferimento in materia dideterminazione delle sanzioni in caso di violazioni degli artt. 81 e 82 TCE. GliOrientamenti chiariscono come la Commissione proceda in primo luogo alladefinizione di una misura primaria dell’ammenda, calcolata secondo il seguen-te schema:

x gravità + y durata = importo base.

Più nello specifico, per la valutazione della gravità occorre considerare lanatura, l’impatto concreto (quando misurabile) sul mercato, l’estensione delmercato geografico rilevante. In base a tali elementi, gli Orientamenti indivi-duano tre livelli di infrazioni a cui si associano altrettanti livelli di sanzioni pe-cuniarie in termini assoluti (originariamente espressi in ecu, ora da intendersiin euro), così schematizzabili:

GRAVITÀ poco gravi gravi molto gravi

tipologia restrizioni, per lo restrizioni, per lo restrizioni orizzontali,più verticali, volte più orizzontali o quali cartelli di prezzia limitare gli scambi, verticali, volte a e ripartizione dei mer-con impatto circo- limitare gli scambi cati, ovvero altre pra-scritto su una parte con impatto sul tiche che pregiudicanodi mercato sostanziale mercato più vasto il buon funzionamen-ma relativamente e con effetti su to del mercato interno,ristretta del mercato ampie zone del ad esempio miranti acomunitario mercato comune. compartimentare i

Abusi di posizione mercati nazionali.dominante Abusi incontestabili

di posizione domi-nante da parte di im-prese in situazione diquasi-monopolio

ammenda da 1.000 euro a 1 da 1 milione a 20 oltre 20 milioni diapplicabile milione di euro milioni di euro euro

Il sistema sanzionatorio 377

23 Peraltro, l’espressa previsione contenuta negli Orientamenti della possibilità per la Com-missione di tenere in conto «altro» ha fatto sì che l’elenco di circostanze concretamente applica-te sia particolarmente ampio e, va pur detto, scarsamente prevedibile per le imprese coinvolte. Amero titolo di esempio, si possono riportare i casi in cui hanno rilevato come aggravanti l’inten-zionalità – e non la mera negligenza – della condotta (decisione 85/79/CEE della Commissione,del 14 dicembre 1984, IV/30.809 - John Deere, in G.U.C.E., 7 febbraio 1985, n. L 035, p. 58),l’importanza economica dell’industria del prodotto interessata dall’intesa anticoncorrenziale(decisione 85/202/CEE della Commissione, del 19 dicembre 1984, IV/29.725 - Pasta per carta,in G.U.C.E., 26 marzo 1985, n. L 085, p. 1), la continuazione dell’infrazione anche dopo gli ac-certamenti istruttori (decisione 1999/60/CE della Commissione, del 21 ottobre 1998,IV/35.691/E-4 - Intesa tubi preisolati, in G.U.C.E., 30 gennaio 1999, n. L 024, p. 1). Un elencoassai esteso delle attenuanti e aggravanti tenute in conto dalla Commissione (nonché di quelle ri-tenute dalla stessa irrilevanti), per quanto cronologicamente precedente agli Orientamenti, èquello stilato da A. FRIGNANI-M. WAELBROECK, Disciplina della concorrenza nella CE, Torino,1996, p. 488 ss.

Con riferimento alle infrazioni molto gravi, la Commissione tiene contoanche di particolari elementi quali l’effettiva capacità economica di arrecareun danno consistente agli altri operatori e consumatori, nonché il fatto che,in generale, le imprese di grandi dimensioni dispongono delle conoscenze edelle infrastrutture giuridico-economiche che le fanno più consapevolidell’infrazione alle regole della concorrenza. Per quel che riguarda la dura-ta, essa incide nella definizione dell’importo base con una maggiorazionedell’ammenda applicabile secondo la gravità, nei termini qui di seguitoesposti:

DURATA breve media lunga

periodo inferiore a 1 anno da 1 a 5 anni superiore a 5 anni

maggiorazione 0% fino al 50% fino al 10% dell’am-dell’ammenda menda applicabile inapplicabile in funzione della gravitàfunzione della per ciascun anno digravità durata

L’importo base, calcolato a seconda della gravità e della durata, può esserepoi maggiorato o ridotto a seguito della considerazione di circostanze aggra-vanti o attenuanti. Gli Orientamenti forniscono un elenco esemplificativo dientrambe 23:

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24 Tribunale di primo grado, 9 luglio 2003, T-230/00, Daesang Corp. e Sewon Europe GmbHc. Commissione, in Racc., 2003, II, p. 2733.

Circostanze aggravanti Circostanze attenuanti

recidiva dell’impresa per un’infrazione ruolo esclusivamente passivo o emulativodel medesimo tipo nella realizzazione dell’infrazione

rifiuto di qualunque cooperazione o non applicazione di fatto degli accordi o del-tentativi di ostruzionismo durante lo le pratiche illecitesvolgimento dell’inchiesta

organizzazione dell’infrazione o istiga- cessazione delle attività illecite sin dai pri-zione a commetterla mi interventi della Commissione

misure di ritorsione nei confronti di collaborazione effettiva dell’impresa allaaltre imprese per far rispettare l’intesa procedura

necessità di maggiorare la sanzione per esistenza di un dubbio ragionevole dell’im-superare l’importo degli utili illeciti presa circa il carattere illecito della propriarealizzati grazie all’infrazione, ove condotta, ovvero infrazione commessa perobiettivamente stimabili negligenza e non intenzionalmente

Secondo quanto è stato chiarito di recente dal Tribunale di primo grado, lepercentuali corrispondenti agli aumenti o alle riduzioni adottate in funzionedelle circostanze aggravanti e attenuanti vanno applicate tutte all’importo basedell’ammenda, «e non all’importo di una maggiorazione precedentemente appli-cata in funzione della durata dell’infrazione o al risultato dell’attuazione di unaprima maggiorazione o riduzione per effetto di una circostanza aggravante o atte-nuante» 24.

L’ammenda così calcolata nel suo complesso non può, ovviamente, superaremai la soglia regolamentare del 10% del fatturato totale delle imprese: ove ciò siverifichi, la Commissione procede a una riduzione fino a raggiungere un livellosanzionatorio ritenuto adeguato. Peraltro, gli Orientamenti specificano che do-po aver effettuato tali calcoli, a seconda delle circostanze andranno presi in con-siderazione elementi obiettivi quali «il contesto economico specifico, il vantaggioeconomico o finanziario realizzato dagli autori dell’infrazione, le caratteristiche del-le imprese e la loro capacità contributiva reale in un contesto sociale particolare»per adeguare ulteriormente l’importo finale della sanzione. Merita ricordare aquesto proposito come la giurisprudenza abbia sottolineato che la Commissionenon è comunque tenuta a dimostrare che l’infrazione abbia procurato un van-taggio illecito alle imprese né a considerarne l’eventuale assenza per determinarela sanzione, in quanto «la circostanza che un’impresa non abbia tratto alcun van-

Il sistema sanzionatorio 379

25 Tribunale di primo grado, 18 luglio 2005, T-241/01, Scandinavian Airlines System AB c.Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta.

26 Per considerazioni assai serrate al riguardo, che non risparmiano neppure l’attività di revi-sione della giurisprudenza, v. J. JOSHUA-P. CAMESASCA, EC fining policy against cartels after theLysine rulings: the subtle secret of x (http://www.howrey.com/docs/ECfiningCartel.pdf).

27 Cfr. I. VAN BAEL-J.F. BELLIS, Competition Law of the European Community, The Hague,2005, p. 1110.

taggio dall’infrazione non può impedire l’irrogazione di un’ammenda, poiché di-versamente quest’ultima perderebbe il suo carattere dissuasivo» 25.

Infine, la Commissione è legittimata a infliggere anche ammende simbolichepari a 1000 ecu (ora euro), purché debitamente motivate: tale possibilità discen-de dal fatto che tanto il Regolamento (CEE) n. 17/62 quanto l’attuale Regola-mento (CE) n. 1/2003 non prevedono una soglia minima di sanzione verso il bas-so, il che amplia una volta di più l’elevato margine discrezionale lasciato allaCommissione all’interno della soglia massima del 10% del fatturato per la deter-minazione dell’ammenda.

L’azione sanzionatoria svolta dalla Commissione in base agli Orientamenti èstata oggetto di pesanti critiche, prevalentemente incentrate sulla scarsa tra-sparenza nella definizione dell’importo base – posto che l’importanza fattualeattribuita ai diversi fattori in genere indicati come rilevanti resta soggetta a to-tale discrezionalità – e sulle incongruenze riscontrate nelle ammende applicatea imprese partecipanti alla medesima infrazione 26: tutto ciò tralasciando la piùgenerale carenza di uniformità che, da sempre, caratterizza l’importo delle san-zioni stabilite dalla Commissione in casi soggettivamente diversi ma relativi afattispecie similari 27.

In effetti, si può pur riconoscere come la politica sanzionatoria comunitariain materia antitrust presenti numerosi aspetti suscettibili di miglioramento, apartire dalle indicazioni contenute negli Orientamenti che, nel risultare in alcu-ni passaggi fondamentali troppo rigide – si pensi alla fissazione di soglie di san-zioni in termini assoluti anziché percentuali (così come invece proposto in baseai principi teorici di cui supra, par. 3.1), da cui è anche conseguita la prassi diadottare fasce di ammende dove, nel caso di intese illecite con numerosi parte-cipanti, possono trovarsi raggruppate imprese di dimensioni e fatturati diversi– rendono poi ancora più erratica la concreta definizione delle ammende daparte della Commissione in virtù dell’ampia discrezionalità di cui gode. Un pro-cesso di riforma appare pertanto opportuno al riguardo.

3.3.2. Principi generaliQuale che sia la natura delle ammende inflitte dalla Commissione per viola-

zioni della normativa antitrust (vd. supra, par. 3.1), queste risultano soggette adalcuni principi generali di derivazione penalistica, i quali, trovata nella precita-ta CEDU piena e integrale affermazione, sono poi stati richiamati in praticanella giurisprudenza della Corte di giustizia e del Tribunale di primo grado.

Vige innanzitutto un principio di individualità delle sanzioni, per cui nei ca-

380 Luca Arnaudo

28 Corte di giustizia, 16 settembre 1975, C-40/73 e a., Suiker Unie e a. c. Commissione, inRacc., 1975, p. 1663.

29 Per una prima definizione di tale principio, secondo cui ai fini sanzionatori l’unità d’azio-ne prevale sulla separazione formale delle imprese v. già Corte di giustizia, 14 luglio 1972, C-48/69, Imperial Chemical Industries (ICI) c. Commissione, in Racc., 1972, p. 619. Un’approfon-dita trattazione di alcune problematiche specifiche relative alla nozione di unità economica è sta-ta svolta assai di recente nella pronuncia della Corte di giustizia, 28 giugno 2005, C-189/02 P ea., Dansk Rørindustri a/s e a. c. Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta.

30 Corte di giustizia, 28 marzo 1984, C-29/83 e 30/83, Compagnie Royale Asturienne des Mi-nes Sa e Rheinzink GmBH c. Commissione, in Racc., 1984, p. 1679.

31 Tribunale di primo grado, 28 febbraio 2002, T-354/94, Stora Kopparbergs Bergslags c.Commissione, in Racc., 2002, II, p. 2111.

si di condotte plurisoggettive (come evidentemente sono le intese) «è necessa-rio determinare la gravità della partecipazione di ogni singola ricorrente» 28.

Tale riferimento induce a considerare qui la tematica dell’imputabilità dellesanzioni, in particolare sotto due aspetti. In primo luogo, infatti, va rilevato chesolitamente i soggetti perseguiti dalla Commissione sono gruppi multinazionalicomposti da una pluralità di imprese, le quali possono risultare coinvolte con-giuntamente e in misura diversa in un medesimo illecito. Nel caso in cui debba es-sere presa in considerazione la condotta di società tra loro in rapporti di control-lo, la Commissione ha fatto ricorso alla c.d. dottrina dell’unità economica 29 perstabilire un’ammenda non su base individuale, bensì tenendo conto delle dimen-sioni del gruppo, ovvero combinando i fatturati di diverse imprese del medesimo,salva le necessità di verificare sempre l’effettiva indipendenza di ciascuna impre-sa nel determinare la propria condotta poiché, ove la società controllata abbia agi-to di propria iniziativa e senza alcun condizionamento da parte della controllan-te, solo il fatturato della prima andrà effettivamente preso in considerazione.

In secondo luogo, può risultare necessario valutare il mutamento della for-ma giuridica da parte di un’impresa responsabile di violazioni al diritto dellaconcorrenza. Un caso rilevante al proposito è quello della successione giuridi-ca (es. per avvenuta fusione tra società), rispetto al quale la giurisprudenza hagià avuto modo di chiarire che «il cambiamento della forma giuridica del nomedell’impresa non ha l’effetto di creare una nuova impresa esente dalla responsa-bilità di comportamenti anticoncorrenziali della precedente, qualora, sottol’aspetto economico, vi sia identità fra le due» 30. La conclusione sul punto è,dunque, che il soggetto successore giuridico di un’impresa che abbia commes-so un’infrazione antitrust succede anche nelle conseguenze sanzionatorie deri-vanti dall’accertamento della stessa.

L’applicazione di ammende è altresì soggetta al principio della parità di trat-tamento, con la conseguenza che la determinazione dell’importo delle ammen-de inflitte a imprese che abbiano partecipato a un’intesa illecita deve avvenire«secondo un medesimo criterio, salvo fornire una giustificazione obiettiva che au-torizzi a non seguire tale metodo» 31. Con riferimento a tale obbligo di giustifi-cazione, esso assume particolare rilievo nel caso sopra citato in cui la Commis-

Il sistema sanzionatorio 381

32 Tribunale di primo grado, 19 marzo 2003, T-213/00, CMA Cgm e altri c. Commissione, inRacc., 2003, II, p. 913.

33 Tribunale di primo grado, 20 marzo 2002, T-23/99, LR AF 1998, cit.34 Corte di giustizia, 13 febbraio 1969, C-14/68, Walt Wilhelm e a. c. Bundeskartellamt, in

Racc., 1969, p. 1.35 Cfr. Corte di giustizia, 7 gennaio 2004, C-204/00 P e a., Aalborg Portland a/s e a. c. Com-

missione, in Racc., 2004, I, p. 123.36 Tribunale di primo grado, 9 luglio 2003, T-223/00, Kyowa Hakko Kogyo Co. Ltd, cit..

sione ricorra a fasce di ammende, dal momento che imprese di dimensioni si-mili situate ai limiti superiori e inferiori di due fasce successive sarebbero trat-tate in maniera diversa, mentre imprese di dimensioni diverse comprese ai li-miti inferiori e superiori di una medesima fascia riceverebbero un medesimotrattamento. A questo proposito, la giurisprudenza ha avuto modo di rimarca-re come «la suddivisione in gruppi potrebbe costituire violazione del principio diparità di trattamento o perché, in seno ad ogni singolo gruppo, verrebbero tratta-te in modo identico imprese che si trovano in situazioni diverse o perché, tra i va-ri gruppi, verrebbero trattate in maniera diversa imprese che si trovano in una si-tuazione analoga» 32. La questione, nondimeno, risulta ancora bisognosa di unarevisione generale sul piano applicativo.

Tra gli altri principi riferibili alla CEDU rileva altresì quello di irretroatti-vità, il quale esige che «le sanzioni inflitte ad un’impresa per un’infrazione alleregole di concorrenza corrispondano a quelle che erano stabilite al momento incui l’infrazione è stata commessa» 33.

Infine, sin dalla storica pronuncia Walt Wilhelm la giurisprudenza ha ri-servato particolare attenzione alla problematica della duplicazione di proce-dimenti antitrust, a livello comunitario e nazionale, da cui consegua un possi-bile cumulo di sanzioni 34. In virtù del principio del ne bis in idem – per l’ap-plicazione del quale si richiede identità dei fatti, unità del contravventore eunità dell’interesse giuridico tutelato 35 – un’impresa non può essere condan-nata o perseguita di nuovo dalla Commissione per una condotta già sanziona-ta ovvero riconosciuta non illecita sulla base di una precedente decisione del-la Commissione non più impugnabile. Peraltro, è ammissibile «la possibilità diun cumulo delle sanzioni, l’una comunitaria e l’altra nazionale, nel caso di dueprocedimenti paralleli, che perseguono fini diversi, la cui ammissibilità derivadal particolare sistema di ripartizione delle competenze fra la Comunità e gli Sta-ti membri. Tuttavia, un’esigenza generale d’equità implica che, nel commisurarel’ammenda, la Commissione deve tener conto delle sanzioni che siano già stateirrogate all’impresa per lo stesso fatto» 36, fatto che – sia preso in considerazio-ne dalla Commissione o da un’autorità di un paese europeo membrodell’Unione – è pur sempre avvenuto all’interno del territorio comunitario.Merita considerare al riguardo che, nel caso (frequente) di procedimenti pa-ralleli dinanzi alla Commissione e a un’autorità statunitense, la diversità di ter-ritorio entro il quale sono stati commessi fatti illeciti – riconducibili però a

382 Luca Arnaudo

37 Per una puntuale ricognizione delle questioni di transnazionalità sollevate dalla coesisten-za di diverse discipline antitrust, si veda F. SQUILLANTE, Aspetti extraterritoriali del diritto dellaconcorrenza, in G. CASSANO-R. MARRAFFA (a cura di), La concorrenza, I, Torino, 2005, p. 129 ss.Una più specifica trattazione delle controversie sollevate dalla precitata decisione della Com-missione nel caso Microsoft rispetto alla possibile violazione dell’accordo di cooperazione stipu-lato nel 1991 tra Stati Uniti e Comunità Europee per l’applicazione del diritto della concorren-za, sta in M. MÜLLER, The European Commission’s Decision Against Microsoft: A Violation of theAntitrust Agreements Between the United States and the European Union?, in European Compe-tition Law Review, n. 6, 2005, p. 309 ss.

38 Cfr. la Comunicazione della Commissione relativa all’immunità dalle ammende e alla ridu-zione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese, in G.U.C.E., 19 febbraio 2002, n.C 45, p. 3.

39 L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico è da tempo attiva nel mo-nitorare e rilevare i benefici derivanti dai programmi di clemenza. Cfr. OECD, Fighting Hard-co-re Cartels: Harm , Effective Sanctions and Leniency Programmes , Paris, 2002(http://www.oecd.org/dataoecd/41/44/1841891.pdf).

un’intesa illecita di dimensioni mondiali – fa sì che il principio del ne bis inidem non trovi applicazione, poiché diversi sono gli obiettivi perseguiti daidue procedimenti: «se nel primo caso si tratta di preservare una concorrenzanon falsata nel territorio dell’Unione europea o nel SEE, lo scopo di tutela ri-guarda, nel secondo caso, il mercato americano». Risulta immediatamente evi-dente come, in assenza di elementi di diritto pubblico internazionale atti a evi-tare simili situazioni, una stretta cooperazione tra le diverse autorità sia racco-mandabile e necessaria 37.

3.4. Programmi di clemenzaDopo un primo tentativo poco fruttuoso risalente al 1996, nel 2002 la Com-

missione si è dotata di un programma di clemenza (c.d. leniency programme) 38,sull’onda dei positivi effetti applicativi che le autorità antitrust statunitensi datempo venivano sperimentando nella lotta ai cartelli attraverso tale strumento,nonché di specifiche raccomandazioni in proposito da parte di organizzazioniinternazionali 39. In generale, un programma di clemenza consiste nell’offertadi immunità o riduzione sostanziale dell’ammenda, alle imprese partecipanti aun’intesa anticoncorrenziale, per motivarle così a denunciarne tanto l’esistenzache l’identità degli altri partecipanti, fornendo elementi di prova utili all’auto-rità antitrust competente (e innalzare così quella probabilità di scoperta che,come visto in apertura, costituisce una delle grandezze più controverse del-l’equazione sanzionatoria).

Nel caso del programma comunitario, viene riconosciuta un’immunità tota-le da qualsiasi ammenda altrimenti applicabile all’impresa che, per prima, pre-senti elementi di prova ritenuti dalla Commissione tali da consentire a questa di:

(a) adottare una decisione per svolgere un accertamento circa l’esistenza diuna presunta intesa riguardante la Comunità, sempre che la stessa Commissio-ne, al momento della presentazione di tali elementi, non disponga già di prove

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40 Per una panoramica su alcune questioni di rilievo, v. C. HARDING-J. JOSHUA, RegulatingCartels in Europe. A Study of Legal Control of Corporate Delinquency, Oxford, 2003, p. 209 ss.

che le consentano di adottare autonomamente una decisione di accertamento;(b) constatare un’infrazione dell’art. 81 TCE circa l’esistenza di una pre-

sunta intesa riguardante la Comunità, sempre che la stessa Commissione, almomento della presentazione di tali elementi, non disponga già di prove suffi-cienti a constatare direttamente un’infrazione dell’articolo citato, e a patto chenon sia già stata concessa alcuna immunità secondo la fattispecie di cui al pun-to precedente.

Oltre alle condizioni appena citate, l’impresa deve assicurare una piena,permanente e tempestiva collaborazione alla Commissione per tutta la dura-ta del procedimento, fornendo tutti gli elementi di prova che giungano in suopossesso o di cui disponga in merito alla presunta infrazione. L’impresa devealtresì cessare di partecipare all’intesa dal momento in cui la denunci e «nondeve avere agito in alcun modo per costringere altre imprese a partecipare all’in-frazione», con il che s’intende con ogni chiarezza escludere dai benefici delprogramma di clemenza quelle imprese che abbiano avuto un ruolo partico-larmente attivo nel cartello.

Per le imprese che non integrino le condizioni necessarie a godere diun’immunità totale nei termini sopra riassunti (ad esempio perché il cartellosia già stato denunciato da un altro partecipante), viene ancora prevista lapossibilità di ottenere una riduzione dell’importo dell’ammenda nel caso incui forniscano alla Commissione elementi di prova della presunta infrazione«che costituiscano un valore aggiunto significativo rispetto agli elementi di pro-va già in possesso della Commissione», cessando altresì dal proseguire l’infra-zione dal momento in cui presenta tali elementi. Secondo la comunicazione,il concetto di valore aggiunto «si riferisce alla misura in cui gli elementi di pro-va forniti rafforzano, per la loro stessa natura e/o per il loro grado di precisio-ne, la capacità della Commissione di dimostrare i fatti in questione».

Nel caso in cui l’impresa sia stata la prima o la seconda a soddisfare tali con-dizioni, la riduzione dell’ammenda sarà rispettivamente compresa tra il 30% eil 50%, il 20% e il 30%; in tutti gli altri casi la riduzione massima ottenibile po-trà essere del 20%. Logicamente, la concessione di un’immunità o una ridu-zione di ammenda non solleva l’impresa dalle conseguenze derivanti dalla suainfrazione all’art. 81 TCE in punto di diritto civile (al proposito vd. infra, par.3.5), come la Comunicazione comunque si premura di specificare.

Sulla legittimità del ricorso a programmi di clemenza le opinioni sono con-trastanti 40, ma unanime è il riconoscimento dell’effettività di questi nell’aiuta-re alla rivelazione delle intese anticoncorrenziali – senz’altro la principale e piùcomplessa delle attività operative in ambito antitrust – e più in generale nel de-stabilizzare la tenuta dei cartelli nel tempo. Con specifico riferimento alla le-niency comunitaria, peraltro, occorre considerare come un suo elemento diparticolare complessità operativa derivi dall’esistenza di diversi programmi di

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41 Quando questo libro era già in bozze l’Italia ha approvato il d.l. 30 giugno 2006, il cui art.13 aggiunge alla legge n. 287 il 2° comma dell’art. 15 dedicato ai programmi di leniency.

42 Corte di giustizia, 20 settembre 2001, C-453/99, Courage Ltd c. Bernard Crehan e BernardCrehan c. Courage Ltd e altri., in Racc., 2001, I, p. 6297.

clemenza adottati da alcuni degli Stati membri dell’Unione 41, con i quali po-trebbero dunque verificarsi sovrapposizioni: nell’ambito del recente processodi modernizzazione sono stati previsti strumenti procedurali volti a consentireun opportuno coordinamento tra i diversi programmi in prospettiva del defi-nitivo stabilimento di un sistema unico (c.d. one-stop shop), la cui funzionalitànon potrà che essere sperimentata nella pratica.

3.5. Il c.d. private enforcement come possibile leva sanzionatoria: cenniPer quanto non immediatamente riconducibile al novero degli strumenti

sanzionatori approntati dall’ordinamento comunitario e degli Stati membriper perseguire le infrazioni alla normativa antitrust, l’applicabilità direttadel diritto comunitario della concorrenza dinanzi ai giudici nazionali e la ri-chiesta di risarcimento dei danni da parte di privati conseguente alle viola-zioni accertate (c.d. private enforcement) costituisce un potente strumento didissuasione per le imprese rispetto alla commissione di illeciti, in ragionedelle dimensioni potenzialmente incontrollabili che la somma di tali risarci-menti può assumere. Al momento, la normativa comunitaria non stabiliscealcun diritto specifico di risarcimento conseguente a violazioni degli artt. 81e 82 TCE, anche se la Corte di giustizia, in una sentenza ormai celebre, haaffermato a chiare lettere il diritto a chiedere il risarcimento del danno cau-sato da un contratto o da un comportamento contrario alle citate disposi-zioni, tanto più considerato che «un siffatto diritto rafforza […] il carattereoperativo delle regole di concorrenza comunitarie ed è tale da scoraggiare gliaccordi o le pratiche, spesso dissimulati, idonei a restringere o falsare il giocodella concorrenza» 42.

Posto che non esiste un quadro unitario in materia, le specifiche modalitàoperative e procedurali sono regolate dagli ordinamenti dei diversi Stati mem-bri, ma la Commissione – anche tenuto conto di quanto avviene negli U.S.A.,dove il private enforcement è il pilastro fondamentale del sistema antitrust – siè da tempo resa conto della rilevanza della questione e, più di recente, ha av-viato un processo di ricognizione della situazione esistente a livello comunita-rio, in vista di uno sviluppo del medesimo che si accompagni all’interventopubblico (ovvero quello posto in essere dalla Commissione stessa e dalle diver-se autorità nazionali) a sostegno reciproco, nell’ottica generale della tutela del-l’interesse dei consumatori e delle imprese operanti correttamente sul mercato.Molti sono gli ostacoli da superare per giungere all’effettiva affermazione di unsimile sviluppo, a partire dalla situazione di «sconcertante diversità e totale sot-tosviluppo» delle normative in materia di risarcimento danni esistenti nei di-versi Stati membri, come esplicitamente rilevato in un rapporto commissiona-

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43 Cfr. D. WAELBROECK-D. SLATER-G. EVEN SHOSHAN, Study on the conditions of claims fordamages in case of infringement of EC competition rules (Ashurst Report), Bruxelles, 31 agosto2004, p. 1 (http://europa.eu.int/comm/competition/antitrust/others/actions_for_damages/comparative_report_clean_en.pdf).

44 V. Commissione, Green paper - Damages actions for beach of the EC antitrust rules, Bruxelles,19 dicembre 2005 (http://europa.eu.int/comm/competition/antitrust/others/actions_for_damages/gp.html).

45 Quando questo libro era già in bozza è stato annunciato il 28 giugno 2006 (IP/06/857) unnuovo testo delle Linee direttrici sul metodo di fissazione delle ammende, che affina il metodo dicalcolo prendendo come base il valore totale delle vendite, con incremento ai fini di deterrenza.

to dalla Commissione al riguardo 43. Nella prospettiva di un’opportuna omo-geneizzazione delle condizioni di ricorso e procedure applicabili, sempre laCommissione ha da ultimo licenziato un documento 44 con cui vengono deli-neate le principali questioni in materia (in primo luogo l’onere della prova a cuii ricorrenti per risarcimento dei danni vanno incontro, ma anche la legittimitàad agire con eventuale possibilità di azioni collettive da parte dei consumatori),sottoponendole a una pubblica consultazione al termine della quale dovrebbe-ro essere adottate proposte normative appropriate 45.

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