aforismi su dante e la (ma)donna

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SOCIETÀ DANTESCA ITALIANA STUDI DANTESCHI Fondati da Michele Barbi Serie diretta da Antonio Lanza e Lino Pertile LXXX IN FIRENZE, LE LETTERE – 2015

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SOCIETÀ DANTESCA ITALIANA

STUDI DANTESCHI

Fondati da Michele Barbi

Serie diretta da Antonio Lanza e Lino Pertile

LXXX

IN FIRENZE, LE LETTERE – 2015

INDICE

Claudia Villa, Dante fra due conclavi (luglio 1314-giugno1316): per un restauro storico-conservativo della lettera ai Cardinali «Apostolica sedepastore vacante» 1

Claudia Di Fonzo, Il Somnium di Cicerone e la scala di Giacobbe: politica e poetica del «trasumanar» 23

Massimo Seriacopi, Il canto XXVII del Paradiso: la condanna della corruzione e la necessità di una “via alternativa” 49

Leonardo Sebastio, Il canto XXVIII del Paradiso 79

Federico Sanguineti, Minimi aforismi su Dante e la (Ma)donna 173

NOTE

Paolo Pontari, Sulla dimora di Dante a Forlì: PellegrinoCalvi, Benvenuto da Imola e Biondo Flavio 183

Francesc J. Gómez, Dante e Pietro Alighieri nell’opera teologica del minorita catalano Joan Pasqual 243

Marcello Ciccuto, Il segno di André Pézard: nuove frontiere per l’interpretazione della Commedia 293

Vittorio Bartoli, «Le vene e i polsi» (Inf. I 90): studiosulle conoscenze angiologiche di Dante 305

Daniele Santoro, «E chinando la mia a la sua faccia» (Inf. XV 29): riapertura di una vexata quaestio 321

RECENSIONI

Antonio Lanza, Dante gotico e altri studi sulla Commedìa(M. Seriacopi) 347

Leonella Coglievina, Dante. Letture critiche e filologiche,a c. di Rudy Abardo (M. Seriacopi) 351

Manuele Gragnolati, Amor che move. Linguaggio del corpo e forma del desiderio in Dante, Pasolini e Morante(E. Lombardi) 354

Elisa Brilli, Firenze e il profeta. Dante tra teologia e politica (G. Indizio) 360

Karlheinz Stierle, Il grande mare del senso. Esplorazioni“ermeneutiche” nella «Commedia» di Dante(M. Seriacopi) 363

Interpreting Dante. Essays on the Traditions of Dante Commentary, Edited by Paola Nasti and Claudia Rossignoli (M. Seriacopi) 367

Notizie della Società Dantesca Italiana per l’anno 2014 375

Indice dei manoscritti 385Indice dei nomi 388

INDICEIV

MINIMI AFORISMI SU DANTE E LA (MA)DONNA

1. A conclusione della Vita nova, Dante promette di dire di Bea-trice – ridotta a metafora o allegorizzata da tanta critica, ma non dalPoeta – «quello che mai non fue detto d’alcuna». Nella Comedìa(opera di penitenza, in stile basso e umile, scritta dopo il naufragiodi un progetto ambizioso come il Convivio), egli mantiene la paro-la. Beatrice è uno scandalo nella storia della letteratura cristiana. In-segna, detta legge e parla. Fa il contrario di quanto prescritto alladonna dall’apostolo Paolo, nella prima lettera a Timoteo: mulieri do-cere non permitto.

2. Oggi come ai tempi di Dante, il cristiano maschio è pronto adare insegnamenti sulla donna, ma non a ricevere insegnamenti dalei. A proposito della sapienza di Maria, nella Summa TheologiaeTommaso dichiara che non c’è dubbio che la beata Vergine abbiaricevuto in massimo grado il dono della sapienza (III q. 27 a. 5 ad 3).Ma a un esame più attento questo omaggio si manifesta in modo adir poco limitato, giacché per l’Aquinate ella possiede l’uso della sa-pienza nella contemplazione, «ma non per quanto concerne l’inse-gnamento»: Non autem habuit usum sapientiae quantum ad docen-dum.

3. Come ha dimostrato Uta Ranke-Heinemann in Eunuchen fürdas Himmelreich, l’arroganza dei teologi non si piega neppure da-vanti alla Vergine. Maschilista e sessuofobico, san Tommaso nononora e venera Maria in se stessa e per se stessa, ma in virtù dei suoidoveri materni, per il ruolo passivo e strumentale nel piano di sal-vezza di un Dio maschile. Certo sarebbe un peccato per un teologoonorare una donna in se stessa e per se stessa.

4. Onorare una donna in se stessa e per se stessa è quanto fa Dan-te sia nella Vita nova «in quelle parole che lodano la donna», chenella Comedìa dove, per bocca di Bernardo, «Vergine madre» nonè venerata come oggetto sacro o tramite di un’azione divina, bensìin quanto agente e soggetto, ovvero non benedetta fra le donne per-ché il Signore è con lei, ma nobilitante lei stessa il frutto del suo ven-tre: «tu sè colei che l’umana natura / nobilitasti…».

5. Il più ossessivo dei miti patriarcali, quello – indagato da En-richetta Buchli – dell’amore fatale, è dominante in ogni società di-visa in classi: nell’antichità Paride ed Elena, nel medioevo Tristanoe Isotta o Lancillotto e Ginevra, nell’età moderna Paolo e Francesca.Per Dante l’alternativa terapeutica è l’amore civile in cui la donna,soggetto culturale e politico, dà all’uomo diritto di cittadinanza epermesso di soggiorno. Così nell’eden Beatrice invita l’amato: «e sa-rai meco senza fine cive».

6. La critica alla proprietà privata è esplicita, prima che nel cie-lo di Giove («e sonar ne la voce e ‘io’ e ‘mio’, / quand’era nel con-cetto ‘noi’ e ‘nostro’»), al cuore stesso della Comedìa, nei capitolicentrali del Purgatorio, per bocca di Guido del Duca: «o gente uma-na, perché poni il core / ov’è mestier di consorte divieto?». Meglioancora, nella replica di Virgilio: «Perché s’apuntano i vostri disiri /dove per compagnia parte si scema, / invidia move il mantaco ai so-spiri. / Ma se l’amor de la spera suprema / torcesse in suso il desi-derio vostro, / non vi sarebbe al petto quella tema; / ché, per quan-ti si dice lì più ‘nostro’, / tanto possiede più di ben ciascuno, / e piùdi caritate arde in quel chiostro».

7. Oltre la spera che più larga gira: in empireo si conclude il cam-mino avviato con il sonetto iniziale della Vita nova. Da amore che«dà orrore» ad amore liberato dall’orrore della proprietà privata.Secondo le parole di Bernardo, a chiosa del Cantico dei cantici: Hor-reo quidquid de meo est.

8. … jedem nach seinen Bedürfnissen! Come chiarito da Joan M.Ferrante in The Polical Vision of the ‘Divine Comedy’, dalla societàcorrotta dell’Inferno, attraverso la società in transizione del Purga-torio, si giunge alla società ideale del Paradiso dove, secondo le pa-

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role di Luca negli Atti degli apostoli (4, 35), condivise da Karl Marxin Kritik des Gothaer Programms, è attuato il principio singulis proutcuique opus erat.

9. In Paradiso si giunge dopo aver abbattuto, demolito e superatoogni stereotipo di genere. Perciò Virgilio si presenta in Inferno «co-me la madre ch’a romore è desta», mentre Beatrice è «quasi ammi-raglio» in Purgatorio.

10. Se per diagnosticare la natura di un amore fatale, «acciden-te… formato… da una scuritate», nella canzone dottrinale GuidoCavalcanti si fa pregare da «Donna» anonima o – come suggerisceMaria Corti – da Filosofia, sostanzialmente Dante, «per la viva lucepasseggiando» prega la Madonna additando, per bocca di Bernardo,una salvifica donna amata, «la viva Beatrice beata»: «vedi Beatricecon quanti beati / per li miei prieghi ti chiudon le mani».

11. Paradossalmente, il cosiddetto padre della lingua e della let-teratura italiana è il meno patriarcale dei poeti. A differenza, ponia-mo, della canzone Vergine bella che di sol vestita con cui si chiudo-no i Rerum vulgarium fragmenta – dove Petrarca fa appello al «som-mo Padre» –, nel capitolo finale del Paradiso è assente la prima per-sona trinitaria. Data a Cristo, in quanto «imperadore de l’universo»,omnis potestas, il più vivo degli scrittori realizza, guarito dal com-plesso edipico, ciò che per Cecco Angioleri resta nevrotico deside-rio di chi sogna: «s’i’ fosse morte, andarei da mi’ padre». In virtù diuna perifrasi, fin dall’incipit manca nella preghiera per la Madonnail capofamiglia: «Vergine madre figlia del tuo figlio».

12. Velle e stelle, con accompagnamento dell’avverbio igual-mente, sono parole-rima degli ultimi versi del Poema, allusive alquarto capitolo del Paradiso (vv. 22-27), dove a parlare in prima per-sona è Beatrice. Altrimenti detto, il libro si chiude nell’istante stes-so in cui il linguaggio di lei è condiviso da lui, che sigilla l’opera fa-cendo propria la voce di una donna, anzi la voce di madonna, la vo-ce della donna amata: «con altra voce omai».

13. Nel quarto capitolo della terza cantica Dante si trova nel pri-mo cielo, quello della luna, in cui Beatrice chiarisce la struttura fon-

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damentalmente antigerarchica del Paradiso (IV 28 ss.). Poiché la que-stione della gerarchia implica, sul piano filosofico, il pensiero neo-platonico, si comprende il richiamo, da parte della donna, non allatradizione aristotelica (e tomistica), secondo cui la femmina è animaloccasionatum, ma al Timeo. Difendendo il caposcuola dai suoi epi-goni, con riferimento a Platone, in chiave anti-neoplatonica: «ognedove / in cielo è paradiso».

14. Più che i miti platonici, Plotino (Enneadi I, 6, 8, 6-22) poneall’attenzione dei discepoli Narciso e Ulisse: nel primo si cela l’ani-ma che, contemplando se stessa come immagine riflessa nell’acqua(materia), se ne innamora e, prigioniera, vi sprofonda; il secondo in-vece rappresenta chi si libera, nonostante le seduzioni della bellez-za, dai vincoli della materia (mater), per ritornare nel mondo intel-legibile, al Padre, l’Uno.

15. I neoplatonici spiegano il comportamento di Odisseo con ilconcetto di aphairesis: astrazione e distacco dal molteplice. Per loro,nel «seguir virtute e canoscenza», il modello è l’omerico eroe grecoche non si fa catturare dall’apparenza del mondo dei sensi (femmi-nile), ma si rifugia in patria, nella terra del Padre, quell’Uno cheDante, come bambino impunito, squaderna in empireo: «sostanze eaccidenti e lor costume». Viceversa per lui il viaggio neoplatonicoverso il Padre è frode intellettuale, un fallimentare naufragio, comeesemplarmente dimostra la tanto diabolica quanto seduttiva «ora-zion picciola» di Ulisse, antitetica a quella pronunciata dal «santosene»: «E cominciò questa santa orazione».

16. Capovolgendo il punto di vista gerarchico neoplatonico,Dante affida a Beatrice il compito di giustificare, col mondo sensi-bile, l’ottica antropomorfizzante (Par. IV 40-48). Ma la donna nonsi ferma qui: in polemica con la «voce» apparente, disvela la sen-tentia o, si dirà meglio, la probabile intentio auctoris: «Quel che Ti-meo de l’anime argomenta, / non è simile a ciò che qui si vede, / pe-rò che, come dice, par che senta. // Dice che l’alma a la sua stellariede, // credendo quella quindi esser decisa / quando natura performa la diede; / e forse sua sentenza [var. intenzione] è d’altra gui-sa // che la voce non suona, ed esser puote / con intenzion da nonesser derisa. / S’elli intende tornare a queste ruote // l’onor de la in-

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fluenza e ’l biasmo, forse / in alcun vero suo arco percuote».

17. La lezione «sentenza» al v. 55 di Paradiso IV non è trasmessada tutti i codici: i manoscritti Trivulziano 1080 e Urbinate latino 366recano «intenzione», rifiutata dai moderni editori, incluso GiorgioPetrocchi (e, mirabile dictu, respinta da Antonio Lanza, che di nor-ma segue il dettato di Francesco di ser Nardo da Barberino). In as-senza di autografo, si può supporre che «intenzione» al v. 55 sia er-rore di anticipo dei copisti, dal momento che la parola torna al v. 57(«intenzion») e al v. 58 («intende»). Ma ricostruito, se non l’origi-nale, l’archetipo, «sentenza» si spiega come chiosa subentrata a te-sto; a sua volta «intenzione» è garantita da analogo poliptoto nellacarta finale del Paradiso: «O luce eterna che solo in te sidi, / solat’intendi, e da te intelletta / e intendente te ami e arridi!».

18. Rovesciato il mito neoplatonico, per Dante l’incontro con Dionon rappresenta un ritorno al Padre, ma il superamento dell’estra-neazione. Al pari del plotiniano Narciso, non meno «sensibilmente»di Enea e Paolo, egli scorge nella sua integrità, come rispecchiamen-to di Sé, la propria sembianza umana. Il «reflesso» maschile, accom-pagnato da femminile «effige», comporta l’acquisizione di una di-mensione ontologica né fallocentrica né vaginocentrica, ma di com-plementarietà dei sessi, Sex Complementary secondo la definizionedi Prudence Allen: «Quella circulazion che sì concetta / pareva in tecome lume reflesso / … / mi parve pinta de la nostra effige».

19. Nel tredicesimo capitolo del Deuteronomio si raccomandadi ignorare chi, inattendibile oracolo, esorta ad allontanarsi dalla tra-dizione e, se è il caso, di ammazzarlo – fratello o figlio o figlia o mo-glie o amico che sia – impietosamente. In Inferno XXVI accade qual-cosa di analogo: nella sua «orazion picciola» (che presuppone Ea-mus… iuxta vel procul… ab initio usque ad finem terrae), l’eroe gre-co invita a seguire un nuovo idolo: quello del «mondo senza gente».Da retore, si mostra formalmente ligio al comandamento divino, cheimpone di non avere pietà nei confronti dei parenti (anzi di ucci-derli, se idolatri); tuttavia, nella sostanza, abbandonati figlio («dol-cezza di figlio») e padre («pièta del vecchio padre») e moglie («de-bito amore»), si rivela, in coppia omosessuata con Diomede, falsoprofeta: «insieme / a la vendetta vanno come a l’ira».

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20. Vero profeta non è «lo maggior corno de la fiamma antica»,Ulisse, ma Dante che, fuori dall’inferno, accolto da Beatrice, ospitail femminile con cui continuamente dialoga, in crescente sintoniacon colei che, da eden a empireo, in coppia eterosessuata, lo guidaall’amore civile.

21. Da un intellettuale aristocratico come Petrarca (Fam. XXI 15)al più raffinato semiologo dei nostri giorni, il lettore a caccia di su-blime comprende che il fraudolento Ulisse (ammirato o esecrato) è,come direbbe Jurij Michajlovic# Lotman, il ‘doppio’ di Dante. Ma glisfugge la grandezza del poema «sacrato» e «sacro», dove si con-danna all’inferno, profetizzandone il necessario fallimento, l’interatradizione patriarcale, lo pseudoumanesimo di una cultura, direbbeAntoinette Fouque, analfallocentrica, per soli uomini, secondo cuiun’élite maschile persegue, poniamo, virtù e conoscenza, e la don-na, Penelope, sta a casa.

22. Col neologismo ‘beatriciume’ Indro Montanelli, anticomu-nista, fascista e misogino, addita in Dante e il suo secolo ciò che, con-formemente a un’ottica ideologica borghese, vorrebbe espungeredal Poema: la parola, la presenza e la voce di Beatrice.

23. L’umanesimo di Dante, dalla Vita nova alla «dolce vita», im-plica «altro viaggio»: un rapporto non più gerarchico fra femminilee maschile (o, viceversa, fra maschile e femminile); congedati Stazioe Virgilio, il Poeta – nei paradisi terrestre e celeste – assume comeguida una donna, da lui amata, lodata e venerata, partecipando peril «mondo felice», attraverso di lei, nella «rosa in che il verbo divi-no / carne si fece», a un «piacere in atto» erotico e psichico, comeinsegna Carol Gilligan in The Birth of Pleasure: «eterno piacer»,«sommo piacer», «piacer de lo spirito»; e, con fondamento teologi-co chiarito da Maria Caterina Jacobelli, disserrata la «porta del pia-cer», «piacer degli occhi belli», «piacer santo», «piacere eterno»,«eterno piacere», «piacere uman», «divin piacere» di Beatrice: «pia-cer, quanto le belle membra in ch’io / rinchiusa fui».

24. Nel mondo di oggi, ormai completamente dominato dal mo-do di produzione capitalistico i cui albori risalgono ai tempi di Dan-te, dove – dati offerti dalla presidente del Gender group istituito dal-

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la Caritas nel 1999, Anne Dickinson – le retribuzioni femminili nonraggiungono in media il 75% di quelle maschili; in cui le lavoratricisvolgono il 70% del lavoro salariato e producono i due terzi dellaricchezza mondiale, ricevendo appena un decimo degli introiti di-sponibili e del reddito complessivo; quando, globalmente, le donnedetengono meno dell’1% della proprietà privata del pianeta e co-stituiscono, ogni giorno di più, la stragrande maggioranza dei pove-ri fra i poveri, Dante, proletarius non classicus, il più antisublime deipoeti, è nostro contemporaneo: Virgilio cantava armi ed eroe (armavirumque); l’Alighieri, migrante «portato a diversi porti e foci e litidal vento secco che vapora la dolorosa povertade», exul immeritus,l’opposto, pace e donna. Beatrice come Gesù, più di Gesù, in unateologia della liberazione incentrata su inedita figura Christi, Cristodonna. Teologia anarchica, senza principio, in medias res: «Nel mez-zo del cammin…».

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