dm&c online - n. 3/2009

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Internet Comunicare con i blog Largo ai giovani direttore Ugo Canonici DM & Comunicazione Organo d’informazione del Club C3 Direct Marketing Marketing Comunicazione d’impresa Anno 22 - nº. 3 del 2009 Marketing La nuova corsa all’oro è in bicicletta Poste Italiane S.p.A. Sped. in a.p. - d.l. 353/2003 conv. l. 46/2004. art.1.c.1. dcb Milano - Mensile - 5 Euro - Start up di un Start up di un wedding designer wedding designer Bouquet et Bouquet et Chapeau Chapeau m c d Comunicazione DMC N3 2009:dmc Gen/Feb08 24-06-2009 16:40 Page 1

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Il nuovo numero della rivista di direct marketing, marketing e comunicazione d'impresa

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Internet

Comunicarecon i blog

Largo ai giovani

direttore Ugo Canonici

DM & ComunicazioneOrgano d’informazionedel Club C3

Direct MarketingMarketingComunicazione d’impresa

Anno 22 - nº. 3 del 2009

Marketing

La nuovacorsa all’oroè in bicicletta

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Comunicazione

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DMil Direct Marketing è una strategia di marketing che utilizzala comunicazione per rivolgersi, con strumenti interattivi, aun pubblico mirato onde ottenererisposte misurabili.

Marketingtutte le attività che vengono svolte da un’azienda pergiungere alla vendita dei prodotti/serviziofferti (dalla ricerca alle indagini di mercato,dal lancio del prodotto alla post-vendita).

Comunicazione d’impresaun processo che utilizza in modo integrato gli strumentidella comunicazione per far conoscere efficacementeal mercato l’offerta e determinare il posizionamento.

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SommarioAnno 22 - nº 3 del 2009

EDITORIALE7 L’alibi dell’assessore di Ugo Canonici

Conversazione con…8 Il cuore dell’uomo non cambia di Bruno Calchera

Motivazione22 Se non hai nulla da dire, taci di Fabrizia Vania Calzavara

Pensiero Libero62 Nostalgici della carta o fans del digitale? di Alessandro Lucchini

Rubriche35 L’avvocato

36 Fatti & Persone

39 Informalibri

42 Comunicazione & Benessere

46 Comunicazione Sociale

60 Club dell’Osso

Comunicare con il digitale32 Comunicare coni Blog di Carlo Cremona

Comunicare con i convegni48 Smentire Bartali di Pier Giorgio Cozzi

51 Largo ai giovani di Valentina Guerra

53 La catena di successo degli incentive di Roberto Messina

57 Meeting & Sapori di Giovanna Risso

59 Andare verso est di Erminia casadei

Comunivazione10 Investi su di te di Grazia De Benedetti

13 Crisi economica e solidarietà di Ugo D. Perugini

15 Lavorare con prudenza di Margherita Ruggiero

26 Per iniziare una nuova avventura di Alessia Violante

28 La controrivoluzione della carta di Luca Palestra

Marketing10 18 Il piano di lancio di un nuovo prodotto di Antonio Ferrandina

20 Relazionarsi con i clienti di Axel Lo Guzzo

24 La nuova corsa all’oro è in bicicletta di Domenico Matarazzo

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La rivista, diretta da Ugo Canonici,si propone come testata leader nel settore del marketing,direct marketing e comunicazione d’impresa.Una marcia in più per chi vuole muoversi senza problemi neldifficile mondo del lavoro.

Amico lettore, dm&c viene inviato a “macchia di leopardo”, cioè a rotazione ai nominativi delnostro data base che non risultano abbonati.

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“Noi viviamo in una terra che affonda le sue radici nel turismo. Con grandi poten-zialità, con grandi trascorsi, ma in inarrestabile caduta verticale. Dobbiamo fare

qualcosa. Magari dando uno sguardo anche al turismo congressuale.”Questo è il discorsetto che si è sentito fare l’assessore al turismo e allo sviluppo del territorio,con l’inevitabile conclusione “Pensaci tu!”.E lui che non sa da che parte cominciare (le strategie di marketing e di comunicazione nonsono il suo mestiere) cosa fa?Cerca di fare qualche cosa per cui non possa essere criticato, in caso di insuccesso.Si rivolge ad una agenzia, magari famosa, che gli suggerisce una bella campagna in televi-sione. Dove sostenere che in quella terra c’è il sole, c’è il mare, c’è la gastronomia, ci sono ivini, le persone … Siamo in una botte di ferro. Certo la cosa è un po’ costosa (sa, la televi-sione…) ma di grande “impatto mediatico”.Si fa. Con quali risultati? Non so. Ma comunque la poltrona dell’assessore è salva.Perché se qualcuno si permettesse di fargli osservare che i risultati sono stati scarsi, lui puòsempre rispondere “Cosa potevo fare di più?…”.Ecco, l’alibi dell’assessore. Che però non è solo dell’assessore.Cosa intendo? Credo che siamo tutti d’accordo che tutto sta cambiando con la velocità delfulmine. E che anche la comunicazione non si discosta da questa realtà.E allora si deve constatare che la comunicazione è cambiata. Che quanto si faceva prima,oggi non funziona più. Perché il pubblico è cambiato. Se non nelle persone (ma anche) cer-tamente nei gusti. Un bell’articolo di Valentina Guerra, più avanti in questo giornale, ci faosservare come il linguaggio delle generazioni che oggi ascoltano è diverso, gli interessi sonodiversi, le richieste sono diverse.E se vogliamo farci ascoltare dobbiamo andare dietro a questi mutamenti.Non ce n’è per nessuno. O così o pomì.E allora l’aver speso tanto non è un alibi. Anzi diventa una colpa se non si è posta cura nelrichiedere, e poi verificare, che il messaggio fosse giusto per il target . Avendo usato il lin-guaggio giusto, lo strumento giusto.Quindi quei pochi illuminati che capiscono che anche oggi non si può rinunciare a fare co-municazione, pena pagarne le conseguenze più avanti, facciano un ulteriore sforzo e si il-luminino ancora un po’ di più.E richiedano modalità nuove, linguaggi nuovi, sintesi nuove, ritmi nuovi. Tutte cose chenon sono un vezzo per seguire la moda, ma che sono l’unica speranza di essere ascoltati.Se no, si rischia di essersi costruiti un alibi, ma di non aver raggiunto comunque i risultati.Che soddisfazione !

Ugo Canonici

Editoriale

[email protected]

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L’alibi dell’assessore

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Dr. Feyles, lei è responsabile diRete 4 e pertanto del suo palinse-sto. Che ruolo ha l’azione delmarketing prima e dopo la pro-grammazione?

Nella programmazione dei nostri palinse-sti il marketing ha un ruolo fondamenta-le. Attraverso gli strumenti che ci mette adisposizione possiamo analizzare intempo reale (sono tutti strumenti online,perciò di facile ed immediata consultazio-ne) le performance storiche dei prodotti, itarget, gli scenari competitivi delle altrereti, le curve di ascolto ed altri dati rile-vanti. Naturalmente ciò non vale per iprodotti nuovi, originali o in prima visio-ne. Per i film in prima visione c’è il prece-dente del box office. Per le serie nuove cisi riferisce ai dati delle emittenti estere, sepresenti. Per le produzioni originali ci sibasa sulle performance di prodotti simili.Accanto all’analisi del prodotto c’è la con-siderazione del gradimento attuale delcast, misurato con analisi periodiche divario tipo. Inoltre si commissionanoperiodiche indagini qualitative specifi-che.Va detto però che è impossibile pre-vedere in modo completo il comporta-

mento del pubblico. Perciò nella sceltadei prodotti e nel loro posizionamentorestano molto importanti l’esperienza,l’intuito ed anche una certa dose di spre-giudicatezza dei programmatori.

Ho notato una maggiore attenzio-ne nella proposta di film belli: “IBellissimi”; così come le storie divita che riescono a far incontrareun personaggio. E’ un percorsoche volete incrementare e perché“Storie di Vita” non viene pro-grammato più intensamente?

La programmazione dei film è riconosciu-ta da molti come un punto di forza dellanostra rete. Oggi se uno spettatore vuolevedere un bel film sulle reti generalistefree sovente lo trova solo su Retequattro.In futuro proseguiremo con questa lineaeditoriale, cercando anche di raccoglierealcuni titoli in cicli, come abbiamo fattorecentemente con il ciclo “Serata TomHanks”. Il nostro magazzino contienetitoli di alto livello, che proponiamo conregolarità. Ci sono poi anche film più“popolari” e semplici. Anch’essi devonotrovare giusta collocazione, sia per otti-dm&c - nº3 - 20098

Bruno CalcheraComitato Scientifico dm&c

Lo strumento TV è potente e può confondere anchele menti più preparate e colte. Il pericolo è che siscambi il reale con la sua rappresentazione televisiva

Il cuore dell’uomonon cambia

Direttore di Retequattro dal 2007. E’ natoa Torino nel 1956 ed è laureato in Filoso-fia. Dopo aver insegnato storia e filosofianei licei, da oltre vent’anni si occupa di te-levisione, prima come autore e regista perla Rai, poi come produttore in Mediaset,dove è stato capo della struttura di produ-zione romana. E' Docente a contrattopresso l'Università Cattolica di Milano.Ha pubblicato per gli Editori Riuniti ilsaggio "La televisione secondo Aristotele".

CCOONNVVEERRSSAAZZIIOONNEE CCOONN…… BBEEPPPPEE FFEEYYLLEESS

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mizzare la library, sia perchè sono impor-tanti per mantenere gli equilibri degliascolti. Nei limiti del possibile, cerchiamodi evitare il cattivo gusto e gli eccessi gra-tuiti.“Vite straordinarie” è un programma cheho creato prima di diventare direttore direte, quando facevo il capostruttura aRoma, e che, quindi, vorrei mantenerevivo nella nostra programmazione.Dobbiamo però fare i conti con budgetsempre più scarsi, che impediscono didestinare molte risorse ai programmi diapprofondimento come questo. Abbiamocomunque inmente di nuove puntate delprogramma e di replicarne alcune parti-colarmente ben riuscite. Così faremoanche per altri programmi di approfondi-mento, come “Storie di confine”, dedica-to all’opera di missionari e volontari nelmondo, o “Appuntamento con la storia”.

Mi risulta un suo impegno nell’in-segnamento in università: comevaluta la relazione tra Tv e giova-ni alla luce dei suoi incontri.

Non c’è nei giovani (e neppure negli stu-denti del corso di laurea in Teoria e tecni-che della comunicazione medialedell’Università Cattolica di Milano, all’in-terno del quale svolgo un corso universi-tario da otto anni) la chiara consapevo-lezza che oggi la televisione privata e inbuona parte anche quella pubblica, èinnanzitutto un’impresa commerciale eduna attività di tipo industriale. Se non sicapisce che le sue logiche sono in primoluogo volte alla creazione di un profittomassimizzando efficacia ed efficienza,non si capiscono neppure le sue altre fun-zioni, che le sono coessenziali, ma che daquella dipendono: la funzione di primomezzo di informazione, di importanteagenzia culturale, di potente formatoresociale, di fattore della battaglia politica.Questa mancanza di consapevolezza ègrave soprattutto per coloro che vorreb-bero accostarsi alle professioni della tv.Come spettatori, i giovani sono disarmatiesattamente come i loro padri. Lo stru-

mento televisivo è potente e può confon-dere anche le menti più preparate e colte.Il pericolo è che si scambi il reale con lasua rappresentazione televisiva. Vedoperò che chi è seriamente impegnatonella realtà, chi ne fa esperienza persona-le e critica, chi “beve la vita” fino infondo, e soprattutto lo fa con il sostegnodi amici veri, non rischia mai di confon-dere il vero e il verosimile, il reale e il vir-tuale.

Il suo libro “la televisione secondoAristotele” è stato molto recensi-to: quale spunto l’ha spinta a col-legare tv e filosofia?

Alcuni testi di filosofia possono aiutare acapire i meccanismi della comunicazionetelevisiva.La grandezza di Aristotele, in molte dellesue opere ed anche nella “Poetica” di cuimi sono occupato, è di saper indicare trat-ti e tendenze che appartengono alla strut-tura umana e che perciò restano validi colpassare degli anni ed anche col mutaredegli strumenti a disposizione dellasocietà. Come a dire che il “cuore” del-l’uomo non cambia nei secoli. Così èanche per le leggi che presiedono alla nar-razione. Esse sono state analizzate daAristotele in riferimento alla tragediagreca, ma, fatte le dovute proporzioni,valgono anche per spiegare molta partedei racconti contenuti nella nostra attua-le televisione. Certo, ci sono differenzeradicali. Tra tutte quella che colpisce dipiù è l’assenza, nelle narrazioni contem-poranee, di un fattore essenziale nella cul-tura greca: il senso del destino che incom-be sulla esistenza di ciascuno, che generauna concezione drammatica (in senso let-terale) dell’esistenza e dei suoi compiti.Più che del decadimentomorale, è di que-sta assenza di consapevolezza che ci sidovrebbe preoccupare nella attuale pro-grammazione televisiva pubblica e priva-ta (ma a ben vedere lo stesso vuoto siritrova anche nella letteratura, nei giorna-li, nel cinema, in molta parte dell’artecontemporanea). nº3 - 2009 - dm&c 9

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Se vuoi essere considerato una persona di valore, devi creare ecomunicare il tuo valore. Favorisce il successo professionale e,allo stesso tempo, è un salto di qualità anche nella sfera sociale

Grazia De Benedetti

Selfbrand: un metodo basato sull'idea di marchio applicato all'individuo

Comunicare se stessi nel modo migliore èun obiettivo che tutti vorrebbero raggiun-gere, ma che spesso resta un sogno.Ognuno di noi conosce persone che, puravendo le capacità per riuscire nella loroprofessione, non ottengono i risultati chemeriterebbero.Di frequente la causa principale è che essiusano strategie errate nell'ambito lavora-tivo e non solo.Il metodo SelfBrand di DonatellaRampado, imprenditrice esperta in comu-nicazione, si basa sull'idea di Brand appli-cato all'individuo, riprendendo il suggeri-mento di Al Ries: “Se vuoi avere realmen-te successo nella vita, dovresti considera-re te stesso un brand e agire di conse-guenza” e richiama il concetto del self-marketing, ma con una differenza basila-re: non si lavora sul “prodotto indivi-duo”, bensì sul “valore percepito e comu-nicato della persona”, che viene ricercato,consolidato e trasmesso attraverso unaserie di azioni.Creare il proprio Brand è ben più delnome o dell'immagine, è ciò che fa la dif-ferenza nel comunicare se stessi, significa

presentarsi nel modo migliore, valorizza-re i punti di forza e mettere in evidenza lapropria posizione professionale, evitandoche siano gli altri a dare una loro perce-zione, che si potrebbe anche non gradire.

Questione di metodo

Il metodo Selfbrand permette ad ognunodi modificare l’idea che gli altri hanno dilui, favorendo il successo professionale eun salto di qualità anche nella sfera fami-liare e sociale. –Questo percorso è pertutti. -afferma Donatella Rampado. –Casalinghe, studenti, manager, aspirantipolitici, la frequenza ai miei corsi è etero-genea. L’importante è avere un obiettivochiaro, voler davvero raggiungere la metae poi lavorare anche sulla motivazione.L’esperienza mi permette di capire se ilmio interlocutore è ben intenzionato o seè stato spinto a un obiettivo non suo.Da sempre l’uomo cerca se stesso, l’obiet-tivo è la “pan-determinazione: in unprimo periodo siamo determinati dall’e-sterno, poi diventiamo autodeterminati,la meta infine è “io arrivo dove vogliodm&c - nº3 - 200910

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Investi su di te

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arrivare, ma accompagnato”.Ciò implica il coinvolgimento degli altri,che fanno da specchio al miglioramento eaiutano a capire l’efficacia della miacomunicazione” -.

Step by step

I seminari di SelfBrand, e ora anche illibro, guidano passo dopo passo unapersona nel percorso di migliorare lapercezione che gli altri ne hanno, attra-verso un metodo costruttivo, che utiliz-za le migliori strategie di marketing ecomunicazione, ma implica soprattuttouna maggiore consapevolezza di sé.Per questo risultato occorre seguire tuttii passaggi, dal bilancio delle competen-ze al sondaggio sulla percezione ester-na, dal ripensare alcuni lati della pro-pria personalità al fare un piano per svi-luppare competenze e valorizzare studied esperienze.Il primo passo è personalizzare il per-corso di ogni persona attraverso un col-loquio. Si passa così al secondo step:conoscere il proprio “mercato di riferi-mento”, partendo da interviste ad unpanel rappresentativo tra conoscenti,amici, colleghi, familiari, per raccoglie-re informazioni su come si è percepiti: -La gente è disponibile e i risultati sonofantastici . -racconta DonatellaRampado. –Se qualche giudizio nonpiace suggerisco di non prendersela,perché è ciò che abbiamo comunicato.Potrebbe non essere vero, ma è quelloche arriva agli altri. Si possono trarreinformazioni anche da ciò che nonviene detto.Ad un avvocato nessuno aveva dettoche si vestiva male, ma l'incongruenzadell'immagine era espressa dai com-menti, che a vederlo non sembrava unavvocato…L’abito ha importanza: lepersone ci giudicano nei primi 3/ 4secondi e non è possibile riproporre laprima impressione.Molti sono restii a trasformare la pro-pria immagine: temono di non esserepiù se stessi, ma qual è la loro vera

immagine? Se è in contrasto con ilmondo in cui agiscono, o diventanocosì forti da farla diventare un Brand oscelgono un mercato di riferimento piùcongruente.

Comunicare autenticità

Per un imprenditore il proprio marchio equello dell’azienda vanno di pari passo,perché lui è l’opinion leader e il SelfBrandaiuta a comunicare meglio sia lui che isuoi collaboratori. In alcune scuole siconsiglia di scegliere l’opinion leader e diimitarlo, ma questo non porta al succes-so, perché il modello non appartiene achi cerca di assumerlo e in questo sforzo,si perdono di vista i propri valori, le emo-zioni, in sostanza la propria felicità.L’autenticità è fondamentale e bisognacomunicarla-.Un periodo difficile come questo, in cui ilmercato del lavoro è ostile, va affrontatocon competenza, con un progetto di cre-scita professionale, strettamente legato aquella personale. Bisogna lavorare su basi

Un'imprenditrice di successo che vendela sua azienda per “riuscire a diventa-re mamma” e poi sente la voglia dirientrare nel mondo del lavoro e diaiutare gli altri. SelfBrand è nato dal-l'esperienza di Donatella Rampado,esperta in branding personale e comu-nicazione: -Mi interessa tirar fuori italenti di ognuno, rafforzarli e comu-nicarli. Dopo la nascita di mio figlio,

ho deciso di dedicare un sabato al mese per formare gratuita-mente donne che volevano tornare a lavorare, ma a frequentarloerano uomini, imprenditori, selezionatori di personale. Hoavviato allora dei corsi di SelfBrand, non più di 12 persone allavolta per seguirle individualmente. Ora, col libro, riesco a rag-giungerne molte di più.- Donatella Rampado è presidente diA.R.C.Consulting, società di consulenza e formazione da leifondata nel 2006, che si occupa anche, unica in Italia, di mar-chio riferito alla persona; è docente in vari corsi per altre scuoledi formazione e per Assoservizi. Da pochi mesi è uscito il suolibro SelfBrand, Fate di voi stessi un autentico Brand, edito daFranco Angeli.

Donatella’s story

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Comunicazione

reali, capire il proprio mix di punti deboli e di forza. SelfBrand aiuta a rientrare nel mondo del lavoro, che, specie per donne e “over 40”, appa-re spesso una missione impossibile. L’importante è mettersi in gioco, come ha fatto una manager 55enne, che ha individuato in aziende medie o piccole chi poteva essere interes-sato alla sua esperienza e ha dato enfasi nel curriculum alle sue ca-ratteristiche di grande atleta e alla quantità di persone da lei formate e inserite. Ha così cancellato il pre-concetto dell’azienda che lei fosse condizionata da canoni fissi, difficile da inserire, e ha accettato il rischio di un contratto annuale, sapendo di avere il tempo per dimostrare le sue capacità.

Capire se stessi e gli altri

Grande attenzione va de-dicata al colloquio: da un lato allenarsi a rispon-dere a tutte le obiezio-ni, il che spiazza l’altra parte, dall’altro lavorare sull’autostima, sulle pro-prie capacità, e convin-cersi di “farcela”, che su

20 aziende almeno una dirà sì. Non è un ottimismo di facciata, perché il metodo implica un piano d’azione su di sé e il proprio network a tutto campo. Un lavoro lungo, costruito mattone su mattone, sulle necessità individuali. –A volte suggerisco cose “fuori dalle righe”. –Racconta Do-natella Rampado. –A un signore un po’ rigido un corso di danza latino-americana, a un altro, insicuro, le arti marziali. E poi si deve imparare a rispettare chi ci sta di fronte, a cer-carne il lato positivo: si comprendo-no gli aspetti dell’altro e si comunica meglio. Se un messaggio non è recepito, la responsabilità è di chi l'ha inviato. Gli errori citati nel libro li ho fatti anch’io e ancora, scrivendolo, ho ri-visto alcuni passaggi della mia vita. Raggiunto l’obiettivo, non va com-messo l’errore di rilassarsi. Bisogna verificare, consolidare, mo-dificare, se necessario. Difficile? Quando un atteggiamento entra nelle azioni quotidiane, diven-ta naturale. La gente cerca di vivere la vita alla rovescia: avere cose, soldi, status per poter fare di più, sentirsi appagati, felici. In realtà è il contra-rio. Prima bisogna essere davvero se stessi e poi si potrà fare con metodo ciò che occorre per ottenere ciò che si vuole. Il ritorno di questo lavoro-percorso è anche economico, ma è soprattutto in termini di amicizie, valore superiore. Costruire se stessi è l’investimento più sicuro per il futuro-.

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Crisi economicae solidarietà

L’attuale crisi può aiutarci a diventare piùsobri nei consumi e, addirittura, favorireun più forte slancio di generosità e solida-rietà? Su questo punto i pareri sonodiscordi. Anche perché il tema è piuttostocomplesso. C’è chi ci crede, come l’eco-nomista italiano Luigino Bruni, il qualeaddirittura sostiene che non c’è “sviluppocivile senza gratuità”. In altri termini, “aimercati non possono bastare i contratti,gli incentivi, le buone regole e la dinami-ca del tornaconto”.

L’elogio della povertà: un assurdo!

Ma se questi principi, in teoria, possonoessere condivisibili, è altrettanto vero chela crisi fa paura perché le persone, nessu-na esclusa, temono l’indigenza, lapovertà, la dipendenza dagli altri.Lo scrittore Pascal Bruckner, francese, lodice in modo esplicito e anche piuttostocrudo. “Non c’è nulla di più brutto, nulladi più contorto dell’elogio della povertà,come se fosse essa stessa dotata di unasuprema virtù”.Secondo l’autore, “sperare che con l’aiuto

della crisi il problema del potere di acqui-sto svanirà è un grossolano errore”.Ma Bruckner si spinge oltre: “Credere che,grazie all’attuale crisi, gli egoismi spari-ranno nella condivisione e nella genero-sità ritrovate è un pio desiderio.”

Si chiamava Potlac

Il dono è diventato ungesto privato ma nellesocietà primitive eraun gesto pubblico e sichiamava potlac.Vediamo, allora, dicapire da dove trae ori-gine il nostro compor-tamento egoistico oaltruistico. La gratuitàcome il consumo sem-bra che siano stati relegati dall’economiamoderna nella sfera privata della vita diognuno. La nuova scienza economica,nata con l’Illuminismo, è l'essenza dellarazionalità umana, orientata al massimoprofitto e alla lotta allo spreco in ogniforma nel quale esso si manifesti. Il dono,

Il consumo diventa un oggetto in sé: consumiamo per il gustodi consumare. Non per soddisfare un bisogno. Ma anche la gra-tuità, per fortuna, è iscritta nel nostro contesto antropologico

Ugo D. Perugini

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Risonanze Magnetiche

E’ giusto avere la propria indipendenza nella “cosalità”?

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il gesto di gratuità in sé, in questo conte-sto, può rappresentare una contraddizio-ne, perché quello che più conta è consu-mare e accumulare per se stessi.Ma non è sempre stato così. Nelle societàprimitive, il vero potere era possederenon tanto i beni quanto la capacità didistruggerli, di sprecarli all’occorrenza.Questa usanza, questo rito, pubblico,chiamato potlac, veniva praticato inoccasioni particolari e consisteva neldonare le proprie ricchezze, anche alloscopo di umiliare l’altra persona o l’altroclan, sfidarlo e obbligarlo a fare altrettan-to. Un rito di prodigalità che si trasforma-va in festa e coinvolgeva tutti gli abitantidella comunità, diventando occasione direlazione sociale, ma anche un sacrificio,che nel senso etimologico vuol significareproprio “compiere qualcosa di sacro”.

Quale l’origine di questa usanza?

Gli uomini di queste società primitivenon erano spinti tanto dalla paura dellapovertà ma dal timore dell’ira degli dei edegli antenati che potevano reclamare ilpossesso di quei beni (la parte maledetta,come dice Battaille nel libro che portaproprio questo titolo, è quella che appar-tiene ai nostri avi e di cui ci siamo appro-priati, anche solo per il fatto di essereancora vivi). Ma essi temevano anche didiventare servi delle cose possedute, diessere costretti a “reificare” la propriavita, proprio come è obbligato a fare ilcapitalista dell’era moderna, che, comesostiene Hegel, si riduce allo “stato digeloso custode delle cose, avendo la suaindipendenza nella cosalità”.Questi culti cessarono con l’avvento delCristianesimo. La dissipazione pagana sitrasformò in una “libera” elemosina com-piuta dai ricchi a favore dei poveri, o dellecomunità e dei monasteri che - forse pro-prio per questo motivo e per continuarecerte tradizioni pagane, come il potlac -realizzarono edifici grandiosi e predispo-sero cerimonie fastose e spettacolari.Se la razionalità regola il principio dellamoderna economia e si propone una pro-

duttività e una crescita illimitata per sod-disfare bisogni e desideri, l’impossibilità,a causa della crisi, di continuare la cresci-ta e la riproduzione favorirebbe la dilapi-dazione sfrenata dell’eccedenza (lusso) oil suo accumulo altrettanto forsennato(economia). Ma occorre fare a questoproposito un’osservazione. Il comporta-mento di consumo si è ormai iscritto nelnostro contesto antropologico di riferi-mento. Nel consumo i ruoli di soggetto eoggetto sono pronti a invertirsi (deside-riamo quanto consumiamo o ne siamodesiderati?). Il consumo, in altri termini,diventa a sua volta “cosa”, oggetto in sé:e, quindi, consumiamo per consumare eper colmare il bisogno di consumo, nonperché il consumo soddisfi un bisogno.

Ma la generosità nonostante tuttonon muore perché è iscritta nelnostro cervello

Di fronte a queste considerazioni sipotrebbe pensare che l’uomo ha pochesperanze. Che l’altruismo e la generositàsiano in declino.Ancora una volta, le scienze neuronali cimandano qualche segnale positivo.Scienziati della Duke University MedicalCenter di Durham, in Usa, monitorandol'attività del cervello con la risonanzamagnetica funzionale, avrebbero indivi-duato l’area che presiede i comportamen-ti generosi. Si chiama “solco temporalesuperiore posteriore” e la sua attività è unindice della tendenza a essere altruisti.Non sappiamo quanto ci sia di vero inquesta teoria ma non facciamo fatica acrederci, anche perché molti uomini emolte donne continuano ogni giorno adonare, a impegnarsi senza secondi fininell’aiuto dei più deboli.Perché lo fanno? Per una particolareconformazione del solco temporale supe-riore posteriore? Può darsi.Ma anche perché il gesto di gratuità,come il bisogno di consumo, è ormaiinscritto nel nostro contesto antropologi-co e, nonostante tutto, per fortuna, nonpossiamo liberarcene.dm&c - nº3 - 200914

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E’ necessario essere informati e comportarsi con coerenza

Lavorare con prudenza

Sicurezza e lavoro possono ancora starenella stessa frase? Il lavoro sicuro non esi-ste più, la sicurezza sul lavoro deve ancorafarne di strada ma non è argomento datrascurare.Riguarda tutti: imprese grandi, medie epiccole, datori di lavoro, dirigenti, dipen-denti, lavoratori a progetto.Leggo: D. Lgs. 81/08, RSPP, RSL, DVR e giàl’umore si incupisce perché gli acronimiun po’ mi infastidiscono. Ai miei tempi almassimo si parlava di LASER, LightAmplification by the StimulatedEmission of Radiation, una sigla compli-cata che nessuno si sentiva in dovere diconoscere, così che la parola ha sempregioiosamente vissuto di vita propria.Cosa sia successo dopo non so, certo chedi acronimi ora è pieno il mondo.D’altra parte, per amor di verità, bisognaammettere che da tempo immemore aimposte e tasse l’acronimo si applicabenissimo: IVA, IRAP, IRPEF, ICI, TARSU.Sto divagando. Il fatto è che ho davantiagli occhi la circolare contenente la sinte-si del Nuovo Testo Unico in tema di sicu-rezza sul lavoro da pubblicare sul sito webdi Site Italia.

L’associazione si è recentemente presal’impegno di tenere aggiornati i proprisoci sugli adempimenti, fiscali e non.La notizia va subito inviata e pubblicatasul sito, qui si parla di scadenze; a partequesto, però, un’altra cosa mi è chiara: cisarà da spendere qualche centinaio dieuro per esser tutti a norma.

Ma noi?

Mi distraggo di nuovo e penso: noi chenon forgiamo metalli e non costruiamopalazzi; noi che passiamo gran parte deltempo a pensare, creare, parlare e a tenta-re di mettere in pratica quel che abbiamopensato, creato e detto; insomma, noi,quali rischi fisici corriamo nel nostrolavoro?Il Marzullo che è in me si agita. Mi sonfatta la domanda e vorrei darmi la rispo-sta.Digito “sicurezza sul lavoro” in interneted ecco piovere valanghe di dati. Sul sitodell’OSHA, l’agenzia europea per la salutee la sicurezza sul lavoro, leggo che il 60-90% dei lavoratori soffre almeno unavolta nella vita di disturbi dorsolombari.

Si va a periodi. Se ne parla quando succede qualche evento tragi-co e poi si tira avanti. Ma la sicurezza sul lavoro è una cosa seria.E proprio per questo dovrebbe essere comunicata con chiarezza

Margherita Ruggiero *

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*Partner Motivation mice-Roma

Past President Italian Chapter

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Mi congratulo con me stessa, sono nellamedia.Inoltre più di un lavoratore su quattronell’UE soffre di stress legato all’attivitàlavorativa.Passo rapidamente in rassegna qualcheesperienza estrema in fase di evento: cenaa bordo di un’imbarcazione su maremosso con moto ondoso in aumento,autista di bus colto da infarto, terremotopoche ore prima dell’evento, ospite condiagnosi di meningite batterica fulmi-nante e contagiosa. Non c’è che dire,sono tra i lavoratori colti da stress.

Cosa fare in ufficio

Di cosa c’è bisogno allora in ufficio, qua-lunque ufficio, per essere in regola con lenuove normative e anche con quelle giàvigenti?Innanzi tutto il nuovo decreto è attual-mente oggetto di revisione, alcuni adem-pimenti saranno prorogati ad Agosto2009.Tutti, piccole, medie e grandi impresedevono comunicare all’INAIL il nomina-tivo del RLS, il Rappresentante deiLavoratori per la Sicurezza. La scadenzaera fissata per il 16 Maggio ma l’INAILinforma sul proprio sito che il Ministerodel Lavoro ha disposto lo slittamento deltermine al 16 agosto 2009, in considera-zione dell'evoluzione normativa ancorain corso.Bisogna quindi nominare ilRappresentante dei Lavoratori per laSicurezza, comunicando nome, cogno-me, codice fiscale e data di inizio incaricoall’INAIL via web utilizzando il nuovomodello “Dichiarazione RSL” che si puòtrovare sul sito dell’Istituto stesso.Il Rappresentante dei Lavoratori deveanche frequentare il relativo corso di for-mazione i cui costi variano notevolmentedai 200 ai 450 euro, IVA esclusa.C’è poi il DVR, il Documento diValutazione dei Rischi che deve contene-re la relazione dei rischi per la sicurezza ela salute durante l’attività lavorativa conle relative misure di prevenzione e i

dispositivi di protezione adottati, insiemeal nominativo del Responsabile delServizio di Prevenzione e Protezione(RSPP), del già citato Rappresentante deiLavoratori per la Sicurezza e del medicoincaricato per la valutazione del rischio.Per un’analisi dei rischi e degli eventualiadeguamenti da apportare all’ambientedi lavoro è bene rivolgersi a uno speciali-sta che dovrà effettuare un sopralluogo eredigere un rapporto corredato da foto-grafie. Il costo si aggira sui 350/400 euro,con qualche differenza anche tra città ecittà.A questo si affiancano poi tutti gli adem-pimenti già esistenti, come l’acquisto e lamanutenzione degli estintori, tanto perfare un esempio.Costi aggiuntivi vanno calcolati per chinon avesse già provveduto alla formazio-ne degli addetti alla sicurezza. Il corso diformazione per il datore di lavoro comeResponsabile del Servizio di Prevenzionee Protezione va dai 110 ai 250 euro; quel-lo per ciascun addetto al primo soccorsooscilla tra i 130 e i 250 euro, quello perciascun addetto alla prevenzione incendivaria tra i 75 e i 150 euro.Bisogna nominare un medico, se non èstato già fatto, la cui consulenza varia tra i200 e i 400 euro, e ciascuna visita medica,ed eventualmente oculistica, si aggira sui60 euro, sempre IVA esclusa, e va ripetutacon cadenze che dipendono dal tipo diattività che si svolge, dalle ore passate alcomputer, dall’età del lavoratore.

Dei delitti e delle pene

Novella Giovanna D’Arco, mi sembra disentire le voci: troppi soldi da tirarfuori, tanto più ora in tempo di crisi.Non è urgente, vedrai che cambiano lalegge e non sarà necessario far tuttaquella roba lì.Per diletto, vado a dare un’occhiata allesanzioni che saranno applicate alle azien-de che non risultassero a norma: sono infase di revisione pure quelle!Ad esempio, per il datore di lavoro e ildirigente che violano le disposizionidm&c - nº3 - 200916

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