disposizioni riguardanti i dottorati di ricerca maria bergamin - aidea

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DISPOSIZIONI RIGUARDANTI I DOTTORATI DI RICERCA Maria Bergamin - AIDEA

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DISPOSIZIONI RIGUARDANTI I DOTTORATI DI RICERCA

Maria Bergamin - AIDEA

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Art. 4 legge 210/98 Il comma 1 assegna ai “corsi per il conseguimento del dottorato di ricerca” il compito di fornire “le competenze necessarie per esercitare, presso università, enti pubblici o soggetti privati, attività di ricerca di alta qualificazione”.

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Grande autonomia alle università che decidono:

• L’istituzione dei corsi di dottorato• Le modalità di accesso e conseguimento del titolo• Gli obbiettivi formativi ed il relativo programma di studio• La durata• Il contributo per l’accesso e la frequenza• Le modalità di conferimento e l’importo delle borse di

studio.

Analogia con i corsi di laurea

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Difficoltà per i consorzi per ragioni di carattere finanziario / organizzativo, ma anche rigidità delle procedure di inserimento dei dati nelle banche dati ministeriali.

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• I dottorati sono proposti dai consigli di dipartimento

• Sono sottoposti alla valutazione del nucleo di valutazione di ateneo; il CNVSU redige relazione annuale

• Non meno di tre studenti• Tematiche scientifiche ampie• Gli organi accademici determinano obbiettivi

formativi e programmi di studio• Durata non inferiore ai tre anni• Discussione tesi • Valutazione comparativa per l’ammissione

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Limitata attività didattica sussidiaria o integrativa che non può dar luogo a diritti per l’accesso ai ruoli dell’università

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Analisi della situazione effettuata da Modica

• Incertezza sulle finalità dei corsi di dottorato• Frammentazione dei corsi di dottorato per sedi e

per discipline• Basso numero di studenti iscritti a ciascun corso• Bassa attrattività di stranieri e fuori sede • Disorganizzazione attività formative• Gestione personalistica dei dottorati da parte dei

docenti• Limitata idoneità scientifica di alcune sedi e di

alcuni collegi dei docenti

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Nel 2004 gli iscritti ai dottorati erano 36.941 (di cui 18.999 donne) Titoli conferiti 8.346 (di cui 4.318 donne)Si tratta di produttori di conoscenza e quindi di una risorsa strategica per il Paese

Dal Processo di Bologna (1999), Praga (2001), Berlino (2003), Bergen (2005) e Londra (si terrà nel 2007) Il dottorato fa parte della strategia europea.

Sono stati stilati i “Principi di Salisburgo” (2005)

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AUTONOMIA QUALITA’

VALUTAZIONE (ANVUR)

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Punto 1:

Il dottorato non deve avere natura episodica e andrebbe abbandonata l’antiquata regolazione in cicli.Il dottorato è un aspetto fondante dell’identità culturale dell’Ateneo e del senso identitario dei suoi docenti e studenti

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Punto 2:

Il titolo ha valore legale

Punto 3:

Forma alla ricerca e fa conseguire alti livelli di professionalitàAttenzione ai bisogni del mercato del lavoro

Punto 4:

Durata tre anni, eventuale prolungamento di un anno per tesi

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Punto 5:

Favorire la formazione e la ricerca multidisciplinare nelle università.Incentivare con progetti nazionali

Il dottorando è studente e partecipante all’attività di ricerca (la Carta Europea dei ricercatori include i dottorandi)

Dovrebbero essere previsti specifici finanziamenti di ricerca su base premiale rigorosamente competitiva

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Potrebbero essere previste borse di entità diverse per incentivare certi tipi di studi.

Le Università devono essere autonome e quindi i fondi ministeriali devono confluire nel FFO. I parametri terranno conto anche dei dottorati.

Il diritto allo studio deve estendersi al dottorato di ricerca. Va studiato il problema delle tasse.

Occorre prevedere dottorandi full time e part time (impegnati in lavoro stabile)

Garanzia di welfare

TUTTE QUESTE INDICAZIONI CONTRASTANO CON LA PRETESA TOTALE AUTONOMIA DEGLI ATENEI (fatta eccezione per le fonti di finanziamento)

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Punto 14:

L’organizzazione dei corsi di dottorato deve essere lasciata interamente agli atenei e può essere diversa a seconda dell’area disciplinare

Punto 15:

Vanno favoriti i corsi – interuniversitari e il contributo del CNR e di altri enti pubblici

L’assenza di schemi nazionali sembra incoerente con il valore legale del titolo e la deregolamentazione poco conciliabile con l’esigenza di valutazione nazionale

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Il sesto dei Principi di Salisburgo fa riferimento alle scuole di dottorato ed ai consorzi per il raggiungimento di una massa critica di studenti e docenti indispensabile per il buon funzionamento

Il punto 16 del documento Modica promuove l’istituzione delle scuole di dottorato anche come strumenti di job placement.

Viene ribadita l’autonomia delle sedi. Tuttavia a livello nazionale si sostiene debba essere fissata una dimensione minima di studenti, finanziamenti ed infrastrutture formative per poter istituire e accreditare una scuola di dottorato.

Nessun requisito è previsto per l’istituzione e l’accreditamento di un singolo dottorato

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Punto 17:

Viene indicata la necessità di rivedere la questione dell’organizzazione e del conferimento dei dottorati da parte di istituzioni italiane di alta cultura ma non universitarie. Si raccomanda di prevedere l’accreditamento iniziale e periodico.Si suggerisce che i grandi enti di ricerca (CNR, ecc) possano conferire dottorati.Va in oltre esaminato il problema del riconoscimento dei titoli conseguiti all’estero e persino il conferimento del dottorato “ a chi ha svolto un proprio percorso documentato di ricerca lasciando alle università il compito di stabilire eventuali percorsi integrativi”.

Il rischio è che ogni ente si faccia il proprio dottorato bloccando qualsiasi mobilità e di fatto riportando il dottorato alla condizione di livello d’ingresso della carriera.

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Il punto 18 sostiene che i corsi di dottorato devono proporre curricula personalizzati agli studenti a garanzia della cultura personale della libertà intellettuale di ciascun dottorando. Ma poi si indica la necessità di impartire corsi comuni col riconoscimento dei crediti per cui la tesi sembra essere il sostanziale elemento di personalizzazione.Nel contempo la didattica impartita nei corsi di dottorato “deve (punto 19) rientrare a pieno titolo nel conteggio delle ore dedicate alla didattica da ciascun docente”.

Ai dottorandi va insegnato anche come fare didattica

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Decisamente innovativo il punto 21 che auspica l’abolizione del “concorso” per titoli ed esami come strumento di selezione Le modalità suggerite (curricula, progetti di ricerca, referaggio di esperti esterni, lettere di presentazione) sono in linea con quanto avviene all’estero e hanno lo scopo di favorire la mobilità

Resta l’osservazione che l’esistenza del valore legale ed il riconoscimento della valenza professionalizzante del titolo (anche se non per tutti i dottorati) dovrebbero aprire le porte a tutti coloro che aspirano a tale formazione, limitando il numero soltanto in funzione delle risorse (docenti e strutture di ateneo) e verificando l’esistenza dei requisiti dei candidati all’ingresso. Ma tutto ciò contrasta con l’ampia autonomia delle università più volte richiamata

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Al punto 22 si definiscono le caratteristiche della tesi che deve essere valutata da una commissione esterna (anche con membri stranieri) e con votazione differenziata di merito. Da incentivare la pubblicazione di collane apposite con le tesi di dottorato

Tuttavia non sembra così necessario il voto dato che la sede ed il tutor sono elementi sicuramente significativi, mentre i giudizi di merito (dati da commissioni diverse) sarebbero di difficile confronto

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L’importanza della tesi viene sottolineata anche al punto 23 dove si suggerisce di “introdurre fattori premiali per i corsi o le scuole di dottorato presso cui siano preparate le migliori tesi a livello nazionale”.

In generale va valutata la qualità di ciascun dottorato e devono essere non istituiti o disattivati i dottorati che non ricevono l’accreditamento (ANVUR)

Allo scopo è indispensabile l’anagrafe.

Si auspica un dibattito che porti ad individuare i migliori criteri per la valutazione della qualità dei dottorati

I prodotti di ricerca dei dottorandi: partecipazione a progetti nazionali ed internazionali, paper accettati a convegni nazionali ed internazionali, articoli pubblicati su riviste qualificate nazionali ed internazionali, costituiscono sicuri segni di qualità raggiunta

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Il punto 25 cita la mobilità, soprattutto internazionale, come elemento qualitativo importante

Il punto 26 sottolinea l’importanza di un lungo soggiorno all’estero dei dottorandi e cita, come elemento di qualità, il doppio titolo conferito contemporaneamente da un ateneo italiano ed uno straniero.

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Particolarmente confusa e forse velleitaria la parte finale dedicata all’inserimento nel mondo del lavoro: Punto 27: il percorso formativo non deve limitarsi allo sbocco universitario

Punto 28: le università e gli enti pubblici di ricerca dovrebbero avere un “sistema coordinato di borse post-doc”. (ma non si incentiva, in tal modo, la cooptazione interna, contrastando la mobilità territoriale e quella di sbocco?)

Punto 29: le imprese dovrebbero avere “sgravi fiscali per l’assunzione di dottori di ricerca indipendentemente dalla qualifica ricoperta” (non si valorizza la qualità ne si dà riscontro ai percorsi professionalizzanti)

Punto 30: “il possesso del dottorato di ricerca deve diventare titolo necessario per le carriere universitarie e della ricerca pubblica” (Si enfatizza una tendenza già in atto rischiando di far naufragare i tentativi di percorsi professionalizzanti)