disfagia nelle demenze
DESCRIPTION
Disfagia nelle demenze: diagnosi e sorveglianzaTRANSCRIPT
LA COMPLESSA GESTIONE DELLA PERSONA AFFETTA DA DEMENZA NELLA RETE DEI SERVIZI
Mirano 12 Giugno 2009
• APPROCCIO ALLA DISFAGIA NEL PAZIENTE DEMENTE
• Dr. Vincenzo Leoci Specialista
• Ambulatoriale branca Geriatria ULSS 12
•
INTRODUZIONE
La disfagia rappresenta, così come evidenziato da datiepidemiologici già noti in letteratura, un disturbo moltofrequente, che interessa il 20% degli anziani ospedalizzati edil 50% degli anziani istituzionalizzati, anche se, per questiultimi, il rischio di presentarla, nel corso del tempo,interessa praticamente la totalità di tutti gli ospitiall’interno delle RP ed RSA; questo essenzialmente per lostretto rapporto esistente tra ospiti anziani nonautosufficienti con demenza e la susseguente disabilità nelleADL e disfagia . Ciò comporta delle ricadute importanti diordine : 1) epidemiologico per evidenziare la prevalenza deldisturbo e la capacità di riconoscerla specie nel territorio2) di valutazione e quantizzazione della stessa e dei rischimonitorati nel tempo nella VMD 3) di risposte assistenzialiadeguate per ridurne i rischi da parte dei Medici,Infermieri, Caporeparto, Logopedisti, Fisiokinesiterapisti,Addetti all’Assistenza, Dietiste, strutture economali,Amministrazioni 4) di tipo strettamente nutrizionale intesocome rischio di malnutrizione
DEFINIZIONE
Per DISFAGIA ( dal greco dis = cattivo fagein = mangiare) intendiamo ladifficoltà a far progredire un bolo solido semisolido o liquido dal cavo orale allostomaco
PENETRAZIONE: è intesa come “ingresso di saliva o di alimenti nel vestibololaringeo (al di sopra delle corde vocali) senza ulteriore progressione pervalidità difensiva della tosse”.
ASPIRAZIONE: è definito come il “passaggio di ingesti nelle vie respiratorie(al di sotto delle corde vocali) per assenza od ipovalidità della tosse”.Quest’ultima negli anziani fragile può essere:
A) Predeglutitoria: per incapacità dell’anziano a controllare il bolo prima delregolare stimolo del riflesso propulsivo deglutitorio con bolo prematuro
B) Intradeglutitoria da non adeguata competenza neuromuscolare dellosfintere glottico, che lascia procedere parte o l’intero bolo
C) Postdeglutitoria per ristagno di residui salivari od alimentari che vengonoinalati alla riapertura respiratoria della glottide o per reflusso esofago-gastrico di pasto deglutito per os o più di frequente introdotto con SNG
CENNI DI ANATOMIA
Laringe: è un organo tubulare che si estende al davantidell’ipofaringe subito sotto l’osso ioide, fino alla trachea. E’ compostada un insieme di cartilagini (tiroidea, cricoidea, aritenoidee,corniculate, epiglottide) unite tra loro da legamenti e membranecollegate da muscoli. E’ ricoperta da cute e fasce ed è situataposteriormente ai muscoli infraioidali ed è rivestita internamente dauna membrana mucosa che forma le corde vocali. Giaceanteriormente alla faringe alla quale è unita alla sua apertura.Rappresenta l’organo della fonazione, serve per il passaggio di aria aipolmoni e possiede un meccanismo sfinterico per proteggere latrachea
Faringe: passaggio tubulare muscolo membranoso dell’apparatodigerente, che si estende dalla base del cranio all’esofago, all’altezzadella cartilagine cricoidea. Anteriormente la sua cavità comunica conle cavità nasale, orale e laringea. Posteriormente è in relazione con icorpi delle prime sei vertebre cervicali
Cenni di Anatomia
FISIOLOGIA DELLA DEGLUTIZIONE1)
La deglutizione nell’adulto avviene attraverso sei fasi
FASE 0 Preparazione extraorale o fase anticipatoria: in essa viene legatol’atto deglutitorio al vissuto precedente della persona specie anziana edentrano in gioco stimoli visivi, olfattivi, abitudini consolidate, rituali, tonodell’umore, gusto e ripulsa per dati alimenti, elementi questi molto importantinel percorso riabilitativo del paziente disfagico; è preminentemente volontaria
FASE 1: ha come scopo la trasformazione della sostanza alimentare in boloattraverso lo sminuzzamento e l’impasto con saliva e/o altri liquidi diprovenienza esterna così che esso possa essere adeguato alla competenzadeglutitoria specie dell’anziano agendo sulla composizione organolettica(consistenza, omogeneità, coesione, viscosità, temperatura e grandezza) delboccone sia sull’abilità dell’anziano a portare il cibo oltre la soglia labiale e dimantenerne la permanenza all’interno della cavità orale. E’ una fase volontaria
FASE 2 (Fase orale): la lingua si muove verso l’alto schiacciando il bolo sulpalato e quindi all’indietro sospingendolo verso l’istmo delle fauci dove sitrovano i loci trigger che se stimolati provocano il riflesso della deglutizione. E’una fase volontaria
FISIOLOGIA DELLA DEGLUTIZIONE2)
Fase 3: l’atto respiratorio si interrompe momentaneamente (apnea) perconsentire il passaggio del bolo in direzione dell’esofago. In meno di un secondosi attua una complessa coordinazione neuromuscolare che vede coinvolte tuttele strutture del quadrivio oro-rino-laringo-faringeo ovvero tra la viarespiratoria naso-laringea ed alimentare oro-esofagea. E’ strettamentedipendente dall’integrità dei centri e delle vie nervose anzidette e dei gruppimuscolari competenti per la chiusura degli sfinteri velo-faringeo (naso), elaringeo, che hanno lo scopo di evitare il reflusso di cibo nel sistemarespiratorio, ed apertura dello sfintere glosso palatale ed esofageo superiore,che permettono al cibo di proseguire nelle vie digestive. E’ una fase riflessanon volontaria dunque.
Fase 4 o esofagea: in essa avviene il transito del bolo tra lo sfintere esofageosuperiore (SES) e quello inferiore (SEI), con apertura sincrona, peristalsi delviscere per far progredire il bolo lungo l’esofago e successiva tenuta antireflusso. E’ una fase riflessa.
Fase 5 o gastrica: è lo stadio gastrico di non ritorno nutrizionale naturale oartificiale. E’ una fase riflessa.
CAUSE PATOLOGICHE DI DISFAGIA(American Gastroenterological Society)
Cause iatrogene (indotte da trattamenti): effetti collaterali di terapiefarmacologiche (chemioterapia, neurolettici ecc.), postchirurgia muscolare oneurogena, radiazioni,
Cause infettive: difterite, botulismo, malattia di Lyme, sifilide, mucosite(herpes, cytomegalovirus, candida ecc.)
Cause metaboliche: amiloidosi, sindrome di Cushing, tireotossicosi, morbo diWilson
Cause Miopatiche: malattie del connettivo, dermatomiosite, miastenia gravis,distrofia miotonica, distrofia oculofaringea, polimiosite, sarcoidosi, sindromiparaneoplastiche
Cause neurologiche: tumori del tronco, trauma cranico, stroke, paralisicerebrale, sdr. Guillain Barrè, morbo di Huntington, sclerosi multipla, polio,discinesia tardiva, encefalopatie metaboliche, SLA, morbo di Parkinson,demenza
Cause struttuali: barra cricofaringea, diverticolo di Zenker, tumoriorofaringei, osteofiti e malformazioni scheletriche, malformazioni congenite(palatoschisi, diverticoli, tasche, ecc.)
DISFAGIA ETA’ CORRELATA: PRESBIFAGIA
Turbe della sensibilità oro-faringo-laringea
Ridotta secrezione salivare che comporta la presenza di boli più asciutti equindi l necessità di più atti deglutitori
Modificazione dell’occlusione dentaria, diminuzione del numero dei denti (minorsminuzzamento del cibo), presenza di protesi (spesso non adeguate)
Ipotonia linguale, ipostenia, ed incoordinazione muscolare
Sofferenza articolazione temporo-mandibolare
Disregolazione neurologica centrale
Aumento di durata di tutte le fasi deglutitorie
Fase anticipatoria (extraorale) meno efficace per: diminuzione della vista,dell’olfatto, del gusto e dell’abilità gestuale
Indebolito accoppiamento tra fase orale che si presenta più lunga e faringearitardata
Aumento della soglia del riflesso difensivo della tosse (meno efficace)
Ipotonia muscolare esofagea, ritardo ed ipostenia dei due sfinteri
Fattori sistemici: deperimento, motivazione, relazione, clinostatismo
FORME DI DISFAGIA
A seconda della fase compromessa si identificano quindi tre forme di disfagia.
1) DISFAGIA ORALE
2) DISFAGIA FARINGEA
3) DISFAGIA ESOFAGEA intesa come incapacità a trattenere il bolo nell’esofago con conseguente reflusso
CONSEGUENZE DELLA DISFAGIA
Ridotto introito alimentare: con aumento del rischio di malnutrizione e disidratazione
Aspirazione: aumento del rischio di infezioni bronco-polmonari (mortalità)
Compromissione della qualità di vita: fino all’involuzione psico-fisica globale
Diagnosi di Disfagia(D.Farneti, 2004)
Bedside evaluation
Indagine strumentale
INDAGINE STUMENTALE
Procedure non dinamiche
Laringoscopia indiretta
TAC e RMN
Fibrolaringoscopia (spuria)
Procedure dinamiche
Manometria faringea
Scintigrafia
Ultrasonografia
Videofluoroscopia (VFS)
Eseguibile presso strutture ospedaliere e da personale specializzato
FIBROLARINGOSCOPIA
Fornisce dati sui parametri statici e dinamici della deglutizione(Farneti, 2004)
Indagine endoscopica
Tra le tecniche è la più agevole come esecuzione (Bastian, 1993)minimamente invasiva anche su pazienti acuti e sub acuti
Ripetibile (ben tollerata)
Economica
Elettiva
L’eventuale presenza di inalazione è desumibile indirettamente dallacomparsa di tosse durante e/o dopo l’atto deglutitorio, odirettamente con la presenza di tracce di bolo a livello laringeo
VIDEOFLUOROGRAFIA DIGITALE VFG
Gold standard strumentale nello studio della disfagia (Logeman,1998)
Tecnica radiologica che studia la fase orale e faringea
Permette di definire e quantificare il grado di inalazioneintradeglutitoria
E’ costosa
Invasiva pertanto non proponibile a tutti i soggetti. Il paziente vieneesaminato mentre deglutisce una dose singola di mezzo di contrastodi consistenza opportuna, da seduto, nelle due proiezioni latero-laterale ed antero-posteriore. Per l’esame è necessario che ilpaziente abbia il tronco in posizione eretta, anche seduto in barellao in carrozzina, e prescinde dalle sue condizioni psichiche o divigilanza, consentendone l’esecuzione anche su soggetti nonattivamente collaboranti quali anziani e bambini
Allo stato attuale l’indagine strumentale è di difficile applicabilità nelle RSA
E’ costosa sia in termini economici chedi carico di lavoro (spostamento pressostrutture specializzate, distaccamentooperatori, domiciliari)
E’ invasiva e non somministrabile allamaggior parte degli anziani inparticolare ai soggetti più debilitati econ deterioramento cognitivo
Nell’anziano spesso i problemi di deglutizione si manifestano in maniera subdola
- tempi per alimentarsi si allunganoprogressivamente
- cambiano le abitudini alimentari (consistenza esapore diverso, diminuzione dell'assunzione diliquidi)
- compare le tosse durante i pasti
- episodi febbrili
Condizioni INDISPENSABILIper una ALIMENTAZIONE
AUTONOMAVigilanza
Orientamento (personale)
Concentrazione
Memoria
Coordinazione motoria generale e settoriale
Controllo delle posture del capo e del tronco
Disposizione ad alimentarsi
Riconoscimento del cibo
Cause di Declino dell’alimentazione in persone affette da Demenza
• - DEFICIT COGNITIVO
• -DISTURBI COMPORTAMENTALI-AFFACENDAMENTO MOTORIO - ANSIA
• - DISORIENTAMENTO
• - DELIRI -ALLUCINAZIONI - AGGRESSIVITA'
• - PERDITA ATTENZIONE
• - ASSOPIMENTO -APATIA
• - PERDITA DI MEMORIA
• - DISTURBI ALIMENTARI
• -DIPENDENZA ADL
• - SCARSO CONTROLLO MOTORIO
•
BEDSIDE EVALUATION (BSE)
Metodica non invasiva
Basso costo
Altamente specifica e sensibile
La BSE pone il sospetto o conferma l’esistenza di disfagia e le sue complicanze
La BSE si suddivide in 3 momenti
1) Valutazione cognitivo-comunicativa, osservazione della facies, esplorazione manuale della bocca e della faringe (Informal BSE)
2) Raccolta dei dati anamnestici (patologie, interventi, farmaci)
3) Valutazione delle abilità deglutitorieper boli di diversa consistenza, comparsa della tosse, raschio in gola, qualità della voce (Formal BSE)
BEDSIDE EVALUATION (BSE)
Indice di rischio di disfagia (IRD)
Scala di gestione della disfagia (SGD)
INDICE DI RISCHIO DI DISFAGIA(A. Baretter, A. Bosco, F. Gaio, V. Leoci, 2003)
L’applicazione dell’IRD permette di:
- monitorare i parametri funzionali implicati nelladeglutizione
- quantificare il grado del rischio di disfagia
-realizzare una prevenzione, qualora si rilevi un alto indicedi rischio, agendo sui segni e sulle funzioni alterate
- prendere in carico precocemente la persona disfagica,applicando strategie alimentari, per mantenere il piùpossibile una deglutizione funzionale
- integrare le diverse figure professionali (Medico, I.P.,OSA, Dietisti, FKT, Logopedisti)
- rispettare il rapporto costi-benefici
INDICE DI RISCHIO DI DISFAGIA(A. Baretter, A. Bosco, F. Gaio, V. Leoci, 2003)
(Barrare gli items in cui si rileva il problema ) PUNTI
Eccessiva velocità
o eccessiva lentezza nell’assunzione del cibo
3
2
Scarso controllo delle prassie orofacciali: -movimenti di masticazione 2
Scarso controllo delle prassie orofacciali:-movimenti della lingua 2
Limitata autonomia nell’alimentazione (a volte non autonomo) 2
Collaborazione limitata dalle difficoltà di comprensione verbale e contestuale 2
Edentulia o protesi dentarie incongruenti 2
Impossibilità a evocare volontariamente la tosse 1
Respirazione alterata 1
Scarso controllo delle prassie orofacciali:
-apertura e chiusura della bocca con tenuta delle labbra
1
Rifiuto del cibo 1
Postura scorretta 1
Percezione del gusto alterata (non riconosce i sapori, cerca gusti più decisi) ½
Alterazione nella produzione della saliva ½
Calo ponderale nell’arco di breve tempo ½
Variazione della qualità della voce nell’ultimo mese ½
Totale punti /21
Grado di rischio: 0-5 basso
6-10 medio
11-15 alto
16-21 disfagia
Gestione Elevata(sorveglianza stretta + eventuale
modificazione della dieta)Eccessiva velocità o eccessiva lentezza
nell’assunzione del cibo
Scarso controllo delle prassie orofacciali:
- movimenti di masticazione
Scarso controllo delle prassie orofacciali:- movimenti della lingua
Limitata autonomia nell’alimentazione
Collaborazione limitata dalle difficoltà di comprensione verbale e contestuale
Gestione moderata (supervisione dell’alimentazione e variazione dieta)
Edentulia o protesi dentarie incongruenti
Impossibilità a evocare volontariamente la tosse
Respirazione alterata (incapacità a mantenere l’apneadeglutitoria)
Scarso controllo delle prassie orofacciali:
-apertura e chiusura della bocca con tenuta dellelabbra
Gestione minima(controllo periodico)
Postura scorretta
Percezione del gusto alterata (non riconosce isapori, cerca gusti più decisi)
Alterazione nella produzione della saliva
Calo ponderale nell’arco di breve tempo
Variazione della qualità della voce nell’ultimo mese
SCALA DI GRAVITA’ DELLA GESTIONE DELLA DISFAGIA (A. Baretter, A. Bosco, F. Gaio, V. Leoci, 2001) 1)
Scopo di questa scala è di quantificare l’impegno e il bisogno dell’anzianorelativa all’assunzione del cibo e permette di capire quali strategieadottare per fargli mantenere, il più possibile, una buona capacità dialimentazione : è composta da tre colonne che comprendono loSPMSQ e due questionari da somministrare all’anziano e/o aifamiliari. La prima colonna viene compilata osservando l’anzianodurante i pasti per valutare se la sua difficoltà è nell’assunzionedei solidi, liquidi o entrambi; esso non intende scoprire qualedelle fasi è alterata (che potrà essere indagata con le metodichediagnostiche più opportune) piuttosto, dato per certo che unadelle fasi è alterata, capire quali alimenti l’anziano è ancora ingrado di assumere e quali è meglio evitare. La seconda colonna siriferisce allo stato cognitivo che influisce sul suo grado dicollaborazione al momento del pasto e alla sua capacità dipercepire le proprie difficoltà. Questo aspetto è determinanteper scegliere strategie alimentari vicarianti o compensatorie euso di ausili.
SCALA DI GRAVITA’ DELLA GESTIONE DELLA DISFAGIA (A. Baretter, A. Bosco, F. Gaio, V. Leoci, 2001) 3)
La terza colonna si riferisce al grado di autonomia dell’anzianonell’alimentazione quindi alla capacità di assumere più o menoautonomamente i pasti e il tipo di preparazione del cibo richiesto. Ciòpermette di valutare il carico di lavoro dei caregivers e fornire unarisposta ai suoi bisogni, modificando la dieta e il tipo di assistenza peruna alimentazione più efficace. Si devono quindi sommare i punteggirelativi alle tre colonne: il punteggio minimo è 0 ovvero non c’èdisfagia mentre quello massimo è 12 ovvero totale gravità delladisfagia e dipendenza totale per l’assunzione del cibo in anzianocon gravissimo deterioramento:
Livello di gestione 1-4 ridotto
5-7 moderato
8-9 elevato
10-12 totale
SCALA DI GRAVITA’ DELLA GESTIONE DELLA DISFAGIA (A. Baretter, A. Bosco, F. Gaio, V. Leoci, 2001) 2)
• Valut. capacità deglutitorie Valut. Cognitiva Valut. Assistenziale
• (relativamente consitenza cibo)
• Normale punti 0 Nomale punti 0 Nessuna assistenza punti 0
• Solo solidi punti 1 Deterioramento lieve Assistenza limitata alla
punti 1 preparazione del cibo
• punti 1
• Solo liquidi punti 2 Deterioramento Medio Alimentazione non autonoma e
lenta
• punti 2 punti 2
• Solidi e liquidi punti 3 Deterioramento Grave Somministrazione con ausili
• punti 3 punti 3
• Incapacità totale ad Deterioramento Totale Assistenza totale tramite SNG e
PEG
• Assumere cibo per os
• Punti 4 punti 4 punti 4
•
•
Livello di gestione
1-4 ridotto (limitato alla preparazionedel pasto e all’imboccamento)
5-7 moderato (dieta, imboccamento, usodi addensanti)
8-9 elevato (dieta, addensanti, uso diausili)
10-12 totale (uso di ausili, SNG, PEG)
VALUTAZIONE ASSISTENZIALE 1)
Nessuna assistenza-Mangia normalmente ma taglia il cibo a pezzettini più piccoli
-Chiede la pasta molto cotta o di piccolo formato ma mangia da solo
Assistenza limitata alla preparazione del cibo- è necessario triturargli la carne ed il cibo ma mangia da solo
Alimentazione non autonoma e più lenta-Ha tempi lunghissimi per mangiare tutto il cibo e necessita di controllo
-Comincia a mangiare da solo ma poi sembra dimenticarsene ed ènecessario imboccarlo
VALUTAZIONE ASSISTENZIALE 2)
Somministrazione con ausili- per mangiare necessita di ausili come bicchieri, posate
speciali per facilitarlo
Assistenza totale- richiede assistenza totale e completa per la presenza di
SNG o PEG
DEGLUTIZIONE
FISIOLOGICA-Tempo di transito oro-faringeo di 2 secondi
- Aspirazione nulla
- Residuo quasi nullo in bocca o in faringe
FUNZIONALE
- Tempo di transito oro-faringeo uguale o inferiore a
10 secondi
- Aspirazione nulla
- Minimo residuo in bocca e in faringe