diplomacia y autorrepresentaciÓn en la roma antigua

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DIPLOMACIA Y AUTORREPRESENTACIÓN EN LA ROMA ANTIGUA Instituto de Ciencias de la Antigüedad/Antzinate Zientzien Institutua Facultad de Filología, Geografía e Historia/Filologia, Geografia eta Historia Fakultatea UNIVERSIDAD DEL PAÍS VASCO/EUSKAL HERRIKO UNIBERTSITATEA VITORIA 2005 GASTEIZ

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84-8373-835-X VITORIA 2005 GASTEIZ Instituto de Ciencias de la Antigüedad/Antzinate Zientzien Institutua Facultad de Filología, Geografía e Historia/Filologia, Geografia eta Historia Fakultatea UNIVERSIDAD DEL PAÍS VASCO/EUSKAL HERRIKO UNIBERTSITATEA ARGITALPEN ZERBITZUA SERVICIO EDITORIAL

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Page 1: DIPLOMACIA Y AUTORREPRESENTACIÓN EN LA ROMA ANTIGUA

DIPLOMACIAY AUTORREPRESENTACIÓN

EN LA ROMA ANTIGUA

Instituto de Ciencias de la Antigüedad/Antzinate Zientzien InstitutuaFacultad de Filología, Geografía e Historia/Filologia, Geografia eta Historia FakultateaUNIVERSIDAD DEL PAÍS VASCO/EUSKAL HERRIKO UNIBERTSITATEA

VITORIA 2005 GASTEIZ

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Page 2: DIPLOMACIA Y AUTORREPRESENTACIÓN EN LA ROMA ANTIGUA

CIP. Biblioteca Universitaria

Esta publicación ha sido subvencionada por:

Departamento de Educación, Universidades e Investigación del Gobierno Vasco

© Servicio Editorial de la Universidad del País Vasco Euskal Herriko Unibertsitateko Argitalpen Zerbitzua

ISBN: 84-8373-835-X

Depósito legal/Lege gordailua: BI-126-06

Impresión/Inprimatzea: Itxaropena, S.A.Araba Kalea, 45 - 20800 Zarautz (G ipuzkoa)

Diplomacia y autorrepresentación en la Roma Antigua / Instituto de Ciencias de la

Antigüedad = Antzinate Zientzien Institutua, Facultad de Filología, Geografía e Historia =

Filologia, Geografia eta Historia Fakultatea, Universidad del País Vasco = Euskal Herriko

Unibertsitatea.—Vitoria-Gasteiz : Servicio Editorial. Universidad del País Vasco/Euskal

Herriko Unibertsitatea, 2005. — 104 p. ; 24 cm. — (Veleia. Anejos. Acta ; 6)

D.L.: BI-126-06 ISBN: 84-8373-835-X

I. Instituto de Ciencias de la Antigüedad (Vitoria-Gasteiz). 1. Roma - Relaciones

exteriores.

94(37)

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ÍNDICE PRESENTACIÓN __________________________________________ 9

AMBASCIATE E AMBASCIATORI IN POLIBIO

por G. ZECCHINI _________________________________________ 11

EMBAJADAS Y EMBAJADORES ENTRE HISPANIA Y ROMA

EN LA OBRA DE TITO LIVIO

por E. TORREGARAY _______________________________________ 25

IL RUOLO DEGL’INTERVENTI DIPLOMATICI NELLA ROMANIZZAZIONE

DELLA GALLIA CISALPINA (III-II SECOLO A.C.)

por G. BANDELLI _________________________________________ 63

AMBASCERIE E AMBASCIATORI NELLA LEGATIO AD GAIUM

DI FILONE ALESSANDRINO

por L. TROIANI ___________________________________________ 77

RITUALES DE CONSENSO EN LAS PROVINCIAS OCCIDENTALES

DEL IMPERIO

por F. MARCO SIMÓN______________________________________ 89

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Page 5: DIPLOMACIA Y AUTORREPRESENTACIÓN EN LA ROMA ANTIGUA

PRESENTACIÓN

La amplia expansión territorial del imperio romano forzó un intenso

intercambio diplomático entre los pueblos conquistados y la metrópolis que

favoreció, a su vez, el desarrollo de labores de autorrepresentación, tanto

por parte de los romanos como por la de sus nuevos súbditos. Las fuentes

literarias, epigráficas e iconográficas proporcionan numerosos testimonios

de las ocasiones en las que las gentes de todas las provincias del imperio

romano acudían, bien a Roma, bien a los grandes centros provinciales de

poder buscando un contacto favorable con el conquistador. Las formas en

las que estos intercambios se desarrollaron y las consecuencias que tuvieron

para la representación, tanto de los romanos como de los diversos pueblos

conquistados, fueron el objeto de un seminario científico celebrado en

Vitoria el 2 de abril de 2003, en el que tomaron parte relevantes

especialistas tanto nacionales como internacionales y cuyos resultados

parciales son el objeto de estas actas. El éxito final de la iniciativa se debe,

además del buen hacer de los profesores del área de Historia Antigua del

Departamento de Estudios Clásicos de la Universidad del País Vasco/Euskal

Herriko Unibertsitatea, al apoyo institucional recibido, tanto por parte de

dicha Universidad, que contribuyó a su financiación como una actividad

programada en el marco del proyecto de investigación UPV 00106.130-H-

14822: “Las embajadas hispanas y la ciudad de Roma (III a.C.-I d.C.)”,

como del Gobierno Vasco, que se ha hecho cargo de los gastos de la

publicación de esta monografía.

Los editores

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AMBASCIATE E AMBASCIATORI IN POLIBIO

Nel testo di Polibio a noi giunto sono contenuti riferimenti a 433

ambascerie1; la maggior parte proviene, come è ovvio, dagli Excerpta de

legationibus, 154 dei quali sono attinti allo storico di Megalopoli, ma non va

dimenticato che sono andati perduti gli Excerpta gentium ad Romanos dei

primi 17 libri e dunque nella originaria silloge bizantina il materiale

polibiano doveva essere ancor più rilevante: è notevole che l’autore più

rappresentato dopo Polibio in questa serie di Excerpta, Cassio Dione, pur

avendo scritto un’opera di ampiezza doppia (80 libri rispetto ai 40 di

Polibio) e pur godendo di grande prestigio nella cultura bizantina, sia stato

escerto ‘solo’ in 90 casi, presumibilmente la metà, se non di meno, rispetto

al Megalopolitano.

Ho cominciato enumerando questi aridi dati, perché una corretta

trattazione del tema proposto non può prescindere da alcuni presupposti ad

essi collegati: 1) lo stato di conservazione del testo polibiano genera

l’impressione che soprattutto dal XXI libro (anno 190/188) in poi le sue

Storie siano essenzialmente una storia diplomatica, costruita sulla

registrazione ripetitiva e quasi ossessiva di tutte le ambascerie, che ogni

anno confluivano a Roma, e di tutte le legazioni romane inviate in Oriente

in risposta ai quesiti sollevati; 2) quest’impressione è confortata in misura

rilevante dalle scelte operate dagli escertori costantiniani: essi disponevano

del Polibio completo e lo privilegiarono quale testo principale per comporre

1 E’ l’esito della schedatura sistematica di tutto Polibio da me eseguita; di conseguenza

né questo dato, né quelli successivi sono esenti da margini d’errore, non tali tuttavia da

modificare il quadro complessivo della presente indagine.

GIUSEPPE ZECCHINI Universidad Católica (Mil án)

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GIUSEPPE ZECCHINI

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un’antologia de legationibus, un’antologia, diremmo noi, di storia

diplomatica; 3) quindi, anche se noi abbiamo dal 15% al 30% dei libri XXI-

XXXIX di Polibio e se perciò l’impressione precedente va in qualche modo

corretta al ribasso e in ogni caso recepita con cautela, essa conserva una sua

sostanziale validità; 4) d’altra parte la situazione del mondo mediterraneo

dopo la guerra siriaca e la pace di Apamea e il confronto con Tito Livio, il

cui testo, come è noto, a differenza di quello polibiano è integro sino al 168,

portano a concludere che il crescente spazio accordato alla diplomazia non

corrisponde tanto a una scelta soggettiva di Polibio quanto a un’oggettiva

constatazione: che Roma era avvertita come la potenza egemone ed arbitra

di ogni conflitto o tensione regionale e che la sua supremazia militare le

permetteva di intervenire con il solo strumento della pressione diplomatica,

senza dover ricorrere all’uso delle armi.

Su questo sfondo, che è –insisto– non peculiarmente polibiano, ma, per

così dire, radicato in rebus ipsis, vanno collocate un paio di considerazioni

preliminari.

Dal punto di vista terminologico Polibio sembra distinguere in modo

semplice, ma netto l’ambasceria vera e propria, i cui esponenti (�!�1�0�"

�!01�0#2.�) hanno un certo margine di autonomia nel condurre trattative,

delle quali sono stati ufficialmente incaricati dal proprio governo, dal testo

scritto affidato a uno o più messaggeri, che devono solamente recapitarlo

(non si ricorre allora a un termine preciso, ma ad espressioni appartenenti

all’area semantica di ��µ�& e composti)2.

Dal punto di vista giuridico Polibio non sembra affatto interessato agli

aspetti del diritto internazionale riguardanti la diplomazia: egli si preoccupa

di darci spesso un puntiglioso elenco degli ambasciatori (di solito due per le

città o le monarchie greche, tre per Roma) e ci offre qualche sporadica

notazione cronologica sull’accoglienza delle legazioni straniere a Roma (di

regola gli ambasciatori venivano ricevuti in senato agli inizi di gennaio

prima che i consoli entrassero in carica e rispetto a questa norma Polibio

registra talvolta anticipi o ritardi)3. In un solo caso, quello delle legazioni

dei popoli celtiberici dei Belli, dei Titti e degli Arevaci nel 152/1514, egli

ricorda la prassi romana, secondo la quale gli inviati di popoli ritenuti amici

2 Sul linguaggio diplomatico antico (ma non specificatamente su Polibio) cfr. ora L.

Piccirilli, L’invenzione della diplomazia, Roma 2002 e L. R. Cresci - Fr. Gazzano - D. P.

Orsi, La retorica della diplomazia nella Grecia antica e a Bisanzio, Roma 2002. 3 P. e. a 32, 1 si precisa che nel 160/159 l’ambasciata di Ariarate di Cappadocia giunse

eccezionalmente a Roma �!ò 2 #� $0�µ&�� ". 4 35, 2-3.

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AMBASCIATE E AMBASCIATORI IN POLIBIO

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ed alleati (i Belli e i Titti) venivano ospitati intra pomerium e ricevuti subito

dal senato, gli inviati di popoli giudicati nemici (gli Arevaci) venivano fatti

aspettare extra pomerium, oltre Tevere, e ammessi in senato solo in un

secondo tempo. Il rifiuto, eccezionale e clamoroso, di accogliere un

ambasciatore indicava la profonda irritazione dei patres nei suoi confronti,

ma non implicava l’automatico stato di guerra col suo paese: ciò è evidente

nell’unico esempio a noi noto da Polibio, quello di Eumene II di Pergamo,

tradizionale alleato del popolo romano, ma sospettato di simpatie e

connivenze con Perseo all’indomani della III guerra macedonica

nell’inverno 167/1665. Sembra che fosse consuetudine per gli ambasciatori

essere introdotti in senato dal pretore urbano (in realtà dal magistrato che

presiedeva la seduta e che di norma era un console, come sappiamo da

Livio)6, il quale godeva di notevole discrezionalità nel sottoporre le loro

richieste ai senatori: nel 156/155 A. Postumio Albino si trovò in presenza di

ben tre risoluzioni (��&�µ.�) proposte dagli ambasciatori achei riguardo

all’annoso problema degli ostaggi da far rientrare in patria, ma decise di farne

votare dal senato solo due, scartando a priori quella che aveva più possibilità

di essere accolta a favore degli esuli e quindi di fatto pregiudicando l’esito

dell’ambasceria7. Gli ambasciatori erano garantiti nella loro inviolabilità non

solo a Roma e nel territorio controllato dai Romani: quando nel 189 gli inviati

degli Etoli furono sequestrati dagli Epiroti durante il viaggio di ritorno

dall’Urbe alla loro patria, il senato inviò una lettera, che ingiungeva

l’immediato rilascio dei diplomatici senza il pagamento di alcun riscatto, ed è

appena il caso di aggiungere che gli Epiroti obbedirono8.

Come si vede, il materiale fornito da Polibio è scarso: non a caso M.

Bonnefond-Coudry, occupandosi di recente di contrôle et traitement des

ambassadeurs étrangers sous la République romaine, si è servita quasi

esclusivamente di testi liviani, in particolare dai libri XLII-XLV9; è

naturalmente possibile che anche qui gli escertori bizantini abbiano

impoverito il testo polibiano del suo ‘contorno’ giuridico, ma resta il fatto

5 30, 18-19. Polibio, seguito da Livio (Per. 46), precisa però che un senatoconsulto

apposito, vietando a ogni re di entrare in Roma, evitò di far considerare Eumene, che non

era stato accolto entro il pomerio, come nemico. 6 Testi in Bonnefond-Coudry cit. alla nota 9. 7 33, 1. 8 21, 26. 9 M. Bonnefond-Coudry, Contrôle et traitement des ambassadeurs sous la République

romaine, in C. Moatti (a cura di), La mobilité negociée, Paris (in c.d.s.). Recente, ma più

generale D.J. Bedermann, Making Friends: Diplomats and Foreign Visitors in Ancient

Times, in International Law in Antiquity, Cambridge 2000, 88-136.

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GIUSEPPE ZECCHINI

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che allo stato attuale delle 433 ambascerie attestate da Polibio solo 4 sono

state utilizzabili sul piano del diritto diplomatico10.

La prospettiva ovviamente cambia, se ci poniamo invece sul piano della

politica internazionale: infatti, come vedremo, la quasi totalità delle

ambascerie menzionate da Polibio è parte integrante della sua narrazione-

ricostruzione dei rapporti internazionali tra grandi e medie potenze del

mondo ellenistico. Anche qui però cominciamo da qualche dato concreto:

ambascerie, che riguardano in qualche modo la confederazione achea (o

perché inviate dagli Achei o da essi ricevute o concernenti l’Acaia),

ricorrono in 62 occasioni, segue la Macedonia con 58 occorrenze, l’Egitto

con 48, Rodi con 44, la Siria con 37, Pergamo con 31 e l’Etolia con 30; a

più grande distanza segue un ulteriore gruppo costituito da Atene (12

occorrenze), Sparta (pure 12), il regno di Bitinia (11), il regno di

Cappadocia (9), il regno del Ponto (6).

Il primato acheo in uno storico acheo può sembrare ovvio, ma implica già

il prevalere di un punto di vista locale e autoreferenziale, che contrasta con

il conclamato universalismo delle Storie. Esso nasce comunque dalla

somma delle relazioni, a lungo privilegiate, con Roma, di quelle con la

Macedonia (soprattutto all’epoca dell’alleanza tra Arato il vecchio e

Antigono Dosone in funzione anticleomenica) e di quelle con l’Egitto;

proprio quest’ultimo caso è il più interessante, perché è il meno

giustificabile; voglio dire che i ripetuti scambi di ambascerie tra la

confederazione achea e la corte dei Lagidi rientravano nella routine

dell’attività diplomatica di due stati tradizionalmente alleati, ma non

sortirono mai effetti di rilievo: i tentativi achei di porsi come mediatori tra

l’Egitto e la Siria nelle ricorrenti crisi tra le due potenze del Vicino Oriente

e specialmente in occasione della VI guerra per la Celesiria (169/168) non

furono mai presi in seria considerazione dai Seleucidi11; un progetto di

intervento armato a fianco dei Lagidi sollecitato da un’ambasceria egizia nel

168 fu bloccato da una lettera di Q. Marcio Filippo12; addirittura era tale il

numero delle alleanze stipulate tra Achei e Lagidi con clausole diverse

secondo le circostanze che, quando si procedeva al rinnovo, non si aveva

ben chiaro a quale delle alleanze precedenti questo rinnovo si riferisse e ci si

poteva prestare alle imbarazzanti obiezioni sollevate dallo stratego acheo

Aristeno nel 186/185 davanti agli inviati achei reduci dall’Egitto (tra cui il

padre di Polibio stesso, Licorta) e agli ambasciatori tolemaici venuti con

10 Rispettivamente 21, 26; 30, 18-19; 33, 1 e 35, 2-3 (da cui App. Iber. 49). 11 Cfr. infra p. 14 con la nota 21. 12 29, 23-25: l’invio di aiuti militari fu sostituito da quello della solita, inutile legazione.

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AMBASCIATE E AMBASCIATORI IN POLIBIO

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loro in Grecia13. Ci si può quindi domandare perché mai Polibio si senta in

dovere di registrare missioni diplomatiche fini a se stesse e inconcludenti ed

è difficile sottrarsi all’impressione che ciò sia dovuto all’illusoria

prospettiva che le relazioni acheo-egizie contassero ancora qualcosa nello

scacchiere mediterraneo anche dopo la II guerra macedonica.

Lo spazio quasi analogo riservato all’attività diplomatica macedone si

concentra soprattutto sui tre principali eventi bellici, che coinvolsero gli

Antigonidi, la guerra cleomenica, la II e la III guerra macedonica. Da questa

sezione proviene il corpus di ambascerie a mio avviso più prezioso, che

Polibio ricava dalla consultazione della storiografia macedone coeva e dalla

possibilità di interrogare gli amici di Perseo esuli come lui a Roma dopo il

16814; in particolare l’evento epocale di Cinoscefale, che occupa il centro

del libro XVIII, è inserito in una fitta trama di trattative (l’incontro tra

Flaminino e Filippo V a Nicea), legazioni a Roma (di Flaminino, Filippo,

Attalo I di Pergamo, Etoli, Achei e Ateniesi prima della battaglia, di Filippo,

Flaminino e alleati dopo la battaglia), legazioni in Grecia (di Filippo a

Flaminino e dei Beoti a Filippo e a Flaminino dopo la battaglia), invio di

una commissione di dieci senatori in Grecia, che noi riusciamo a cogliere

nel suo intricato svolgersi solo grazie a Polibio15: non a caso già Livio lo

seguiva qui con grande fedeltà e attenzione, senza trovare nulla da

aggiungervi; ancora, i prodromi della III guerra macedonica, sia le trattative

segrete e fallite tra Perseo ed Eumene II, sia il complicato accordo raggiunto

tra Perseo e il re illirico Gentio grazie all’invio di ben tre ambascerie

macedoniche (la I dell’esule illirico Pleurato e di Adeo di Berea, la II di

Pleurato, Adeo e Glaucia, la III del generale Ippia), ci sono noti in modo

esauriente solo per merito di Polibio16: Livio, che pure segue Polibio e ce ne

restituisce la sostanza, è più impreciso e, per esempio, riguardo ai rapporti

con Gentio fa riferimento, forse per semplificare, a due sole ambascerie17.

In Grecia l’unica altra entità politica, che secondo Polibio condusse una

ricca attività diplomatica, è la confederazione etolica, grande avversaria di

Achei e Macedoni e quindi coprotagonista, sia pure in senso negativo,

dell’ultima fase indipendente della storia greca; qui sicuramente Polibio ha

13 22, 9. 14 Sulla documentazione orale e scritta di Polibio cfr. G. Zecchini, Polibio e la

tradizione orale, in A. Casanova - P. Desideri (a cura di), Evento, racconto, scrittura

nell’antichità classica, Firenze 2003, 123-141. 15 18, 1-10; 18, 34 e 18, 42-43. 16 Rispettivamente 29, 4-6 e 28, 8-9. 17 Liv. 43, 19-20 e 23.

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GIUSEPPE ZECCHINI

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potuto servirsi anche di fonti orali primarie (Pantaleone e/o Nicandro)18;

sotto il 211/210 egli riferisce però in forma apparentemente integrale il

lungo discorso dell’ambasciatore etolo Clenea a Sparta in coppia con quello,

altrettanto lungo, dell’ambasciatore acarnano Licisco, il primo filoromano e

antimacedone, il secondo di animo opposto: se si considerano le

dichiarazioni programmatiche di Polibio riguardo ai discorsi e alle modalità

della loro riproduzione in un contesto storiografico (il discorso riportato

deve corrispondere nel contenuto a quanto effettivamente detto)19 e la sua

conseguente renitenza a inserire discorsi, che fossero pure creazioni

retoriche, è possibile ipotizzare che lo storico di Megalopoli disponesse qui

del testo scritto di questi due discorsi, forse circolanti in forma autonoma, e

che lo riportasse integralmente per rappresentare in modo emblematico le

due opposte posizioni dell’opinione pubblica greca, costretta a scegliere se

schierarsi coi Macedoni o coi Romani, con gli antichi o i nuovi padroni.

All’elevato numero di ambascerie achee, macedoni ed etoliche si oppone

la scarsa presenza di legazioni ateniesi e spartane (12 a testa). In particolare

Atene interviene solo come mediatrice diplomatica (non ha la forza di usare

altri mezzi) nei conflitti altrui in virtù di un passato e di un prestigio, che

non sortiscono grandi risultati; l’esito più brillante è la riuscita mediazione

tra gli Scipioni e gli Etoli nel 190, che pervenne alla proclamazione di una

tregua di sei mesi20, il fallimento più evidente è l’iniziativa congiunta del

170/169, quando, per scongiurare l’ennesima guerra per la Celesiria tra

Lagidi e Seleucidi, Atene inviò ben tre ambascerie in Egitto, gli Achei due e

una ciascuna Mileto e Clazomene: l’insieme di queste sette legazioni, a cui

se ne aggiunse una tolemaica, cercò di far recedere Antioco IV dalle sue

bellicose intenzioni, senza peraltro ottenere nulla, mentre l’anno dopo bastò

la sola presenza del legato romano C. Popilio Lenate per ridurre il re a più

miti consigli e costringerlo a una precipitosa ritirata21. Per il resto noi

vediamo la diplomazia ateniese impegnata in operazioni di piccolo

cabotaggio a proposito dell’isola di Delo22. Quanto a Sparta, il suo raggio

d’azione è ancora più ristretto e si limita in sostanza dopo la sconfitta di

Sellasia e l’esilio di Cleomene III a questioni esclusivamente

peloponnesiache (i rapporti con gli Achei; la riammissione degli esuli in

18 Sulle quali rinvio di nuovo a Zecchini, Polibio e la tradizione…, cit. alla nota 14. 19 36, 1. 20 21, 4 (= Liv. 37, 6-7). 21 28, 19 e 29, 2 e 27. 22 32, 7 (sotto l’anno 159/158).

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AMBASCIATE E AMBASCIATORI IN POLIBIO

17

concomitanza con l’ingresso della città nella lega achea nel 182)23. La

drammatica decadenza delle due più famose póleis greche durante il II

secolo non potrebbe essere sottolineata più efficacemente che da questa

attività diplomatica o velleitaria o su scala ormai solo locale.

Eccezionale sembra invece il ruolo diplomatico di Rodi. Naturalmente ci

sono ragioni oggettive che lo giustificano, la posizione al crocevia tra la

Grecia vera e propria e le monarchie del Vicino Oriente, l’attivismo

filoromano durante la guerra siriaca e invece l’ambiguità vera o presunta

durante la III guerra macedonica, tutti fattori che fecero di Rodi una piccola

potenza mai come allora inserita nel vivo della grande politica: basti pensare

che Polibio registra nei libri XXVII-XXX (172/168) 13 ambascerie tra

Roma, Perseo e appunto Rodi, a cui Livio permette di aggiungerne almeno

altre 324. Tuttavia Polibio enfatizza questo ruolo: in particolare sotto il 169

egli registra un’ambasceria rodia a Roma, menziona i componenti della

legazione, riferisce, sia pur brevemente, la risposta del senato e poi

aggiunge che una risposta analoga fu data agli ‘altri ambasciatori della

Grecia, che perseguivano la medesima politica’, mentre Livio, più

equilibratamente, dà un elenco di città (Atene, Mileto, Lampsaco, Alabanda,

Creta, Calcide), che ci permette di conoscere da dove provenivano questi

‘altri ambasciatori’25; inoltre Polibio ha cura di registrare anche gli scambi

di ambascerie tra Rodi e l’entroterra micrasiatico in occasione di contese

locali (con i Lici di Xanto nel 178/177, con Cibira nel 168/167, tra i Cauni e

Calinda nel 164/163)26 decisamente trascurabili nell’ambito di una storia

ecumenica. L’eccezionalità del ruolo diplomatico di Rodi è quindi del tutto

sproporzionata all’effettivo peso politico dell’isola e deriva, in ultima

analisi, dalla disponibilità di fonti rodie, scritte e forse anche orali27, dalle

quali Polibio trasse materiali certamente preziosi e abbondanti, ma senza

operare una selezione, che sarebbe stata in più di un caso forse opportuna.

L’eredità ellenistica di Alessandro Magno è rappresentata dalle tre

monarchie degli Attalidi, dei Seleucidi e dei Lagidi, di cui Polibio registra

l’intensa attività diplomatica: innanzitutto ci sono i contatti bilaterali tra

23 Mi riferisco alla doppia ambasceria di rappresentanti ufficiali di Sparta e di esuli

spartani a Roma nel 183/182 (23, 9) e nel 182/181 (23, 18 e 24, 1). 24 Liv. 42, 26 (legati rodii a Roma); 42, 14 (legati rodii a Roma); 45, 10 (due

ambasciatori romani a Rodi). 25 28, 2 da confrontarsi con Liv. 43, 6-7. 26 25, 4-5 (= Liv. 41, 6); 30, 9; 31, 5. 27 Cfr. Zecchini, Polibio e la tradizione…, cit. alla nota 14 e già H. U. Wiemer,

Rhodische Traditionen in der hellenistischen Historiographie, Frankfurt am Main 2001.

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GIUSEPPE ZECCHINI

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Pergamo e la Siria e tra quest’ultima e l’Egitto riguardo alla Celesiria, poi vi

sono i regolari contatti col mondo greco (di Pergamo e della Siria,

soprattutto di Antioco III, con la Macedonia, dell’Egitto con i tradizionali

alleati achei, come si è già osservato sopra) e con Roma; a quest’ultima si

rivolgono Eumene II tramite i suoi fratelli Attalo e Ateneo per ottenere aiuto

contro Prusia di Bitinia oppure per scagionarsi dalle accuse di vicini meno

importanti come Selge, i Galati ecc…, Demetrio I di Siria tramite una

legazione guidata da Menocare negli imbarazzanti frangenti dell’assassinio

di Cn. Ottavio a Laodicea (160/159), Tolemeo VI e il fratello minore

Tolemeo VIII prima nel 162/161, poi nel 154 per risolvere le loro contese

dinastiche28; il caso dell’Egitto è davvero peculiare, perché dopo Rafia

sembra aver rinunciato all’uso delle armi e aver adottato la diplomazia come

unico strumento di politica estera: soprattutto nei confronti dell’aggressività

di Antioco IV di Siria i Lagidi appaiono inerti e inermi e dunque terreno

privilegiato di una frenetica attività diplomatica greca, che ebbe il suo

epicentro, come si è visto, con le sette ambascerie del 170/169. Quel che più

conta, però, al di là dei singoli episodi, è la constatazione conclusiva che le

tre monarchie ellenistiche sono impegnate in contese del tutto avulse dal

contesto mediterraneo o, se si preferisce, greco-romano, nel senso che conflitti

come quelli tra Pergamo e la Bitinia o tra la Siria e l’Egitto per la Celesiria

appaiono conflitti locali, rigorosamente delimitati, ma restano inserite nella

rete complessiva delle relazioni internazionali, in quella che Polibio definisce

la 1#µ�� ��� 2&�� �0� �)2&�, solo e proprio grazie all’attività diplomatica, a

quel regolare e fitto scambio di ambascerie, che coinvolge gli stati greci e

Roma in tali contese e, appunto, le internazionalizza.

Una categoria a parte, più semplice da esaminare, è data dalle regioni ad

est di Pergamo, la Bitinia, il Ponto, la Cappadocia e la Galazia, che ricevono

un’attenzione e uno spazio diplomatico in apparenza minore, nonchè dati

quantitativi pari a quelli di Atene e di Sparta, tutti elementi che vanno però

interpretati in senso ben diverso. Infatti esse emergono alla luce della storia

solo a un certo punto della narrazione polibiana, a mano a mano che sono

coinvolti nella sfera dell’espansionismo e dell’influenza romana e più

precisamente la Bitinia dal 190, la Galazia dal 189, la Cappadocia dal 188, il

Ponto dal 18329, tutte e quattro in rapida sequenza in meno di un decennio:

qui le ambascerie rappresentano i primi contatti, di tipo diplomatico e quindi

(con l’eccezione della Galazia) pacifico, tra Roma e l’Asia oltre Pergamo, il

28 32, 16 e 31, 1 e 6 (Eumene II); 32, 2 (Demetrio I); 31, 20 e 33, 11 (i Tolemei). 29 Rispettivamente da 21, 11, 21, 37, 21, 40 e 23, 9. Isolata è una precedente menzione

di Prusia I di Bitinia a 4, 47 e 49.

Page 15: DIPLOMACIA Y AUTORREPRESENTACIÓN EN LA ROMA ANTIGUA

AMBASCIATE E AMBASCIATORI IN POLIBIO

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cui coinvolgimento nella ‘grande storia’ è l’immediata, visibile conseguenza

della vittoria romana contro la Siria e della pace di Apamea cosicchè una

dimenticata periferia si trasforma in frontiera caldissima, terreno di scontro

tra la nuova superpotenza e l’ellenismo declinante, che sfociò nelle guerre

mitridatiche. In questo caso la prontezza delle registrazione polibiana, la

capacità di ampliare il proprio orizzonte secondo le esigenze di una

situazione geopolitica in rapida evoluzione appare impeccabile e tanto più

consapevole in quanto egli enfatizza questa fase di svolta nel momento del

primo contatto con Prusia I, quando, appena prima dell’ambasceria di C.

Livio Salinatore, che concluse l’alleanza col re, inserisce il testo

dell’epistola inviata dagli Scipioni al medesimo sovrano, che contiene una

circostanziata esposizione della dottrina politica romana verso le monarchie

ellenistiche30.

Volgiamoci ora ad Occidente e al mondo barbarico; considererò l’area

illirica nei suoi rapporti con Roma (escludo i rapporti con la Macedonia, che

sono rapporti col mondo greco e di cui in ogni caso ho già trattato), l’area

celtica (esclusi i Galati per ragioni analoghe), l’area iberica, l’area punica e

infine l’area italica.

Ambascerie da e per Roma riguardanti l’area illirica sono registrate in

Polibio sin dalla �! �.2.1�0#�, per l’esattezza dal libro II, in occasione

della I guerra illirica del 23031; sembrano poi mancare contatti diplomatici

dalla II guerra illirica del 220 sino alla III guerra macedonica, durante la

quale sono invece accuratamente riportati i contatti diplomatici tra Gentio e

Perseo, e riaffiorano legazioni dalmatiche (di Issa e dei Daorsi) verso l’Urbe

e di C. Fannio e C. Marcio nell’area suddetta solo sotto gli anni 158/15632.

E’ dunque possibile, ma, dato lo stato del testo polibiano, non sicuro che

Polibio abbia omesso le ripetute ambascerie romane a Gentio

nell’imminenza della guerra con Perseo così come quella coeva di Istri,

Carni e Iapidi, tutte attestateci da Livio33: ciò rivelerebbe un interesse, per

così dire, sussultorio verso il settore illirico-dalmatico, visto più come zona

periferica della Macedonia che come una delle direttrici dell’espansionismo

romano.

Anche per quanto riguarda i Celti o meglio i Galli Cisalpini Polibio

ricorda le ambascerie di Insubri e Boi ai Gesati nel 231 e degli Insubri ai

30 21, 11 (= Liv. 37, 25-26). 31 2, 8 e 2, 11-12. 32 32, 9 e 14. 33 Liv. 43, 11; 44, 27, 11 e 30, 11; 44, 31, 9 (ambascerie romano-illiriche); 43, 4

(ambasceria di Carni, Istri e Iapidi).