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UNIVERSITA’ DI PISA
DIPARTIMENTO DI FARMACIA
Laurea Specialistica in Farmacia
EPILESSIA, DISTURBI DELL’UMORE,
EMICRANIA: FARMACI ANTIEPILETTICI DI
NUOVA GENERAZIONE E LORO
APPLICAZIONI.
Relatore:
Prof.ssa M. Cristina Breschi
Candidato:
Agnese Varuolo
Anno Accademico 2012/2013
“La vita è troppo breve
per sprecarla a realizzare i sogni degli altri.”
Oscar Wilde
INDICE
1 INTRODUZIONE. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .1
1.1 Presentazione del problema. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1
1.2 Scopo del lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .4
2 FARMACI ANTIEPILETTICI. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .5
2.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
2.2 Farmaci antiepilettici e meccanismi d’azione. . . . . . . . . . . . . . 6
2.2.1 Potenziamento dell’attività del GABA. . . . . . . . . . . . . . . . . . 8
2.2.2 Antagonismo del glutammato. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
2.2.3 Blocco dei canali al sodio. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
2.2.4 Blocco dei canali al calcio. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
2.2.5 Modulazione α2 – δ. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32
2.2.6 Attivazione dei canali al potassio. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
2.2.7 Azione sulla proteina SV2A . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36
3 FARMACI ANTIEPILETTICI E DISTURBI DELL’UMORE E DEL
COMPORTAMENTO. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .38
3.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38
3.2 Meccanismi e bersagli molecolari dei farmaci antiepilettici sull’umore
e sul comportamento. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39
3.2.1 Trasmissione GABAergica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .39
3.2.2 Trasmissione del glutammato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .41
3.2.3 Canali per il sodio voltaggio-dipendenti . . . . . . . . . . . . . . . . .44
3.2.4 Canali per il calcio voltaggio-dipendenti . . . . . . . . . . . . . . . . .46
3.2.5 Modulazione α2 – δ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .47
4 EPILESSIA E EMICRANIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49
4.1 Introduzione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .49
4.2 Comorbidità tra epilessia e emicrania . . . . . . . . . . . . . . . . 50
4.3 Aspetti clinici e terminologia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50
4.4 Patofisiologia e consigli terapeutici. . . . . . . . . . . . . . . . . . 52
5 CONCLUSIONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .55
BIBLIOGRAFIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57
1 INTRODUZIONE
1.1 Presentazione del problema
Le prime osservazioni sull’esistenza di stati convulsivi nell’uomo risalgono al
2000 a.C., anche se la prima descrizione scientifica della malattia e il termine
che la definisce, epilessia (dal verbo greco “epilambanein” che vuol dire
“sorprendere”), sono dovuti ad Ippocrate. Nella sua monografia “Sul Morbo
Sacro” (400 a.C. circa), Ippocrate confuta la credenza secondo cui l’epilessia
fosse di origine soprannaturale e la cura magica, sostenendo piuttosto
trattarsi di una malattia del cervello da curare con la dieta. Nel contempo, ne
formula una prima classificazione, distinguendo l’epilessia vera o idiopatica (di
cui non si conosce l’origine) da quella sintomatica o organica (causata da
disturbi fisiologici, come lesioni cerebrali, neoplasie, infezioni, intossicazioni o
disturbi metabolici). Successivamente al “Symposium on Evaluation of Drug
Therapy in Neurologic and Sensory Disease” è stata espressa concordemente
l’opinione che “l’epilessia è una sindrome complessa caratterizzata da attacchi
parossistici ricorrenti delle funzioni cerebrali, in genere di breve durata e
autocontrollati”. Tutte le forme di epilessia sono probabilmente causate da
un’alterata attività neuronale, come un’eccessiva scarica di impulsi nervosi, che
può causare disturbi di natura chimico-fisica o di attività elettrica cerebrale;
le cause di tali anomalie non sono state completamente chiarite. La
caratteristica principale della cellula nervosa è l’eccitabilità; la cellula risponde
alla stimolazione generando un potenziale d’azione che può provocare ripetute
scariche elettriche. Pertanto, tutti i neuroni normali, in seguito a stimolazione
ripetuta, possono diventare epilettici. De Robertis e altri hanno prospettato
due possibili meccanismi convulsivi:
1
una perdita del controllo inibitorio normale
un’ipersensibilità chimica che accresce l’eccitabilità neuronica
L’origine delle crisi epilettiche è stata definita all’inizio del XIX secolo dal
neurologo inglese Hughling Jackson che l’ha attribuita a un’intensa scarica
d’impulsi in varie zone dell’encefalo; conseguentemente, le crisi originano come
una normale reazione cerebrale a un’eccessiva stimolazione. Questa teoria è
stata confermata dalla registrazione grafica delle onde cerebrali con tecniche
elettroencefalografiche; a titolo di esempio, si riportano due immagini che
mostrano le differenze tra un EEG normale e uno patologico.
Fig. 1: EEG normale.
Fig. 2: EEG patologico, in un caso di epilessia idiopatica: punte-onda a 3 Hz.
2
La classificazione dell’epilessia rappresenta la base del trattamento. Molti
neuropsichiatri con un particolare interesse nei confronti dell’epilessia
sostengono che i sistemi esistenti di classificazione dei disordini psichiatrici e
della personalità siano inadeguati. La classificazione dei vari tipi di accessi
dipende dalla precisione della storia, dalla validità e dalla raffinatezza dei test
diagnostici utilizzati e dall’età del paziente. Il Sistema Internazionale di
Classificazione degli Attacchi Epilettici (International Classification of
Epileptic Seizure System, ICES) è stato introdotto nel 1970 dalla Lega
Internazionale contro l’Epilessia (International League Against Epilepsy,
ILAE) e rivisto nel 1981. In generale, le crisi sono classificate in: crisi parziali
(quando la scarica inizia con un piccolo numero di neuroni e si diffonde poi nelle
aree cerebrali circostanti), crisi generalizzate (quando è coinvolto l’intero
cervello), crisi non classificate. La Commissione per la Classificazione e la
Terminologia della ILAE recentemente (2010) ha proposto una nuova
terminologia e una nuova idea sull’epilessia focale e generalizzata. In base alla
classificazione eziologica, le forme idiopatica, sintomatica e criptogenetica di
epilessia sono state elaborate come forme di epilessia genetica,
strutturale/metabolica e sconosciuta [1]. Una classificazione generale di
epilessia è riportata di seguito:
Crisi parziali:
-semplici
-complesse
-crisi parziali che evolvono in crisi secondarie generalizzate
Crisi generalizzate:
-assenze
-crisi miocloniche
3
-crisi cloniche
-crisi toniche
-crisi tonico-cloniche (grande male)
-crisi atoniche
Crisi epilettiche non classificate
1.2 Scopo del lavoro
Una diagnosi appropriata insieme a una corretta selezione e a un corretto
utilizzo dei farmaci antiepilettici (antiepileptic drugs, AEDs) sono necessari
per un successo terapeutico. Con la gamma di farmaci attualmente disponibili
ci sono straordinarie opportunità di poter attuare terapie farmacologiche su
misura. La scelta dei farmaci è fondamentale nella gestione dell’epilessia ed è
basata sull’efficacia dei farmaci nei confronti del tipo di crisi, ma anche su
fattori dipendenti dal paziente, come, per esempio, l’età, il sesso, la presenza
di altre patologie o l’utilizzo di altri farmaci [2]. Inoltre una migliore
comprensione della farmacoresistenza potrebbe condurre a un approccio
maggiormente basato sul paziente nella gestione dell’epilessia. Gli AEDs non
sono farmaci privi di effetti collaterali: gli effetti psichiatrici indesiderati
che derivano dal trattamento hanno un impatto considerevole sulla qualità
della vita dei pazienti e possono incidere sulla compliance [3].Dobbiamo però
precisare che gli AEDs, oltre che nella gestione dell’epilessia, sono largamente
utilizzati proprio per il controllo di un largo spettro di disordini psichiatrici.
Un’altra applicazione molto interessante di alcuni farmaci antiepilettici
riguarda il controllo di alcune forme di emicrania. Lo scopo di questo lavoro è
di fare una panoramica dei farmaci antiepilettici più utilizzati classificandoli in
base al loro principale meccanismo d’azione, per poi valutare i loro effetti nel
controllo dei disturbi dell’umore e dell’emicrania.
4
2 FARMACI ANTIEPILETTICI
2.1 Introduzione
Per quanto riguarda la storia dei farmaci antiepilettici, si può dire che i
bromuri (in particolare il bromuro di potassio, KBr) sono stati i primi farmaci
efficaci nel trattamento dell’epilessia; sono stati introdotti da Charles Locock
nel 1857, ma sono stati poi abbandonati a causa dei loro effetti collaterali,
anche se possono essere utilizzati come terapia aggiuntiva in alcuni casi di
accessi generalizzati tonico-clonici non trattabili in altro modo [4].
Successivamente, la fortuita scoperta delle proprietà anticonvulsivanti del
fenobarbitone (o fenobarbitale) nel 1912 ad opera di Alfred Hauptmann ha
posto le basi per la farmacoterapia moderna nell’ambito dell’epilessia. I
successivi 70 anni hanno visto l’introduzione di fenitoina, etosuccimide,
carbamazepina, sodio valproato e di un certo numero di benzodiazepine.
Collettivamente, questi composti sono stati definiti come i farmaci
antiepilettici “affermati” (farmaci di prima generazione).
Fenobarbitale Fenitoina Etosuccimide
5
Carbamazepina Acido valproico Benzodiazepine
Fig.3: Farmaci antiepilettici di prima generazione.
Un intenso periodo di ricerca e sviluppo durato per tutti gli anni ’80 e ’90 ha
condotto a nuovi agenti approvati come trattamento aggiuntivo (cioè in
associazione ad altri farmaci) per forme di epilessia difficili da controllare
nell’adulto e/o pediatriche, con alcuni che sono diventati farmaci validi per la
monoterapia per pazienti con epilessia di più nuova diagnosi. Nel complesso,
questi sono stati definiti come i “moderni AED”. Attraverso tutto questo
periodo di sviluppo di farmaci senza precedenti, ci sono stati anche notevoli
progressi nella nostra comprensione di come gli agenti antiepilettici esercitano
i loro effetti a livello cellulare.
2.2 Farmaci antiepilettici e meccanismi d’azione
I farmaci antiepilettici non sono né preventivi né curativi e sono impiegati
esclusivamente come mezzo di controllo dei sintomi (per esempio, la
soppressione delle crisi). L’attività ricorrente delle crisi è la manifestazione di
un’ipereccitabilità intermittente ed eccessiva del sistema nervoso e questi
agenti in linea generale ristabiliscono l’equilibrio tra eccitazione e inibizione
neuronale.
Per poter classificare i farmaci uno dei parametri più spesso preso in
6
considerazione è il meccanismo d’azione; da qui si partirà per avere una
panoramica generale dei farmaci antiepilettici attualmente più utilizzati, per
poi soffermarsi maggiormente sui farmaci più nuovi e più innovativi (AED di
seconda e terza generazione). I principali meccanismi d’azione dei farmaci
antiepilettici sono:
potenziamento dell’attività del GABA
antagonismo del glutammato
blocco dei canali al sodio
blocco dei canali al calcio
modulazione α2 - δ
attivazione dei canali al potassio
modulazione del rilascio di neurotrasmettitore mediato dalla proteina
SV2A
Fig.4: Bersagli molecolari dei farmaci antiepilettici.
7
2.2.1 Potenziamento dell’attività del GABA
Il GABA (acido γ-amminobutirrico) è il neurotrasmettitore inibitorio
predominante nel sistema nervoso centrale dei mammiferi. Il GABA è
sintetizzato a partire dall’acido glutammico per azione dell’enzima acido
glutammico decarbossilasi. A seguito del rilascio da parte delle terminazioni
nervose GABAergiche, esso agisce sia sui recettori GABAA che su quelli
GABAB , esercitando un effetto inibitorio. Il recettore GABAA è un canale
ionico ligando-dipendente, che comprende 5 subunità proteiche indipendenti
disposte intorno ad un poro anionico centrale permeabile al cloruro (e al
bicarbonato). In particolare, l’attivazione dei recettori GABAA determina un
aumento della conduttanza allo ione cloruro; la maggiore concentrazione dello
ione che viene a crearsi all’interno della cellula crea uno stato di
iperpolarizzazione della membrana che si traduce in un aumento della soglia di
eccitabilità, con conseguente riduzione della probabilità che possa avere inizio
un potenziale d’azione. Per quanto riguarda la struttura, ad oggi, sono state
identificate 19 subunità del recettore GABAA (α 1-6, β 1-3, γ 1-3, δ, ε, θ, π e ρ-
3) che si uniscono come pentameri eteromerici per formare canali funzionali.
In particolare, i recettori GABAA sinaptici che mediano le correnti transienti,
con desensibilizzazione rapida (recettori fasici) tipicamente comprendono due
subunità α, due β e una subunità γ, mentre quelli che si trovano a livello dei siti
extrasinaptici e che mediano correnti durature, con desensibilizzazione lenta
8
(recettori tonici) contengono una subunità δ al posto della subunità γ. Il GABA
è rimosso dallo spazio sinaptico a livello delle terminazioni nervose e delle
cellule gliali da una famiglia di proteine di trasporto, indicate come GAT-1,
GAT-2, GAT-3 e BGT-1. Da questo momento in poi, il GABA o viene riciclato a
livello di pool di neurotrasmettitore o viene inattivato dall’enzima
mitocondriale GABA-transaminasi.
Fig. 5: Il recettore GABAA. A: Immagine schematizzata della membrana cellulare e
della subunità del recettore GABAA che mostra quattro segmenti transmembrana e le
terminazioni extracellulari –NH2 e –COOH. B: Struttura pentamerice del recettore
GABAA costituito da due subunità α, due subunità β e una subunità γ. Una sezione
trasversale della struttura intramembranaria mostra il canale per gli ioni cloruro
formato da elementi M2. C: Un tipico recettore GABAA sinaptico (fasico) con un
dettaglio della porzione extracellulare che mostra i due siti di legame per il GABA e il
sito di legame per le benzodiazepine. D: Un tipico recettore GABAA extrasinaptico
9
(tonico) con una subunità δ al posto della subunità γ presente nel recettore fasico. Il
dettaglio mostra la porzione extracellulare e i due siti di legame per il GABA.
In generale, gli agenti che, attraverso vari meccanismi, potenziano l’attività
del GABA sono utilizzati per sopprimere le crisi epilettiche in quanto vanno ad
aumentare l’inibizione neuronale. Come mostra lo schema (fig.4), tra i farmaci
che agiscono a livello del sistema GABAergico appaiono: barbiturici, valproato
(AED di prima generazione); felbamato, topiramato, stiripentolo, tiagabina,
vagabatrina (AED di seconda generazione).
Vigabatrina
La vigabatrina (VGB), è un analogo strutturale del GABA che possiede
un’appendice di tipo vinilico. Inibisce in modo irreversibile l’enzima GABA-
transaminasi (GABA-T), che è responsabile del catabolismo del GABA; in
questo modo vengono aumentati i livelli di GABA nel cervello rendendolo più
disponibile per legarsi ai suoi recettori [5]. Di conseguenza VGB agisce come un
agonista indiretto del GABA. E’ risultato essere un farmaco di prima scelta nel
trattamento delle epilessie refrattarie come gli spasmi infantili (noti anche
come Sindrome di West), particolarmente quelle accompagnate da sclerosi
tuberosa [6]. Il trattamento a lungo termine con vigabatrina può portare a
problemi persistenti per quanto riguarda il campo visivo che hanno
10
condotto a ridurre l’uso del farmaco [7]. Allo scopo di minimizzare la comparsa
di difetti del campo visivo, il trattamento degli spasmi infantili potrebbe
essere iniziato per brevi periodi con basse dosi di VGB [8].
Tiagabina
La tiagabina (TGB), [acido-(R)-1-[4,4-bis(3-metil-2-tienil)-3-butenil]piperidin-
3-carbossilico] è un analogo della piperidina con un gruppo carbossilico in 3, in
cui è stata introdotta una porzione lipofila per facilitare il passaggio
attraverso la barriera ematoencefalica dopo somministrazione orale. E’ un
potente inibitore altamente selettivo del trasportatore del GABA di tipo 1
(GAT-1) nei neuroni presinaptici e nelle cellule gliali. TGB aumenta in maniera
selettiva la quantità del neurotrasmettitore inibitorio GABA a livello delle
sinapsi GABAergiche ed è stato il primo farmaco di questo tipo a essere stato
introdotto nella pratica clinica [9]. E’ stata condotta un’analisi (Borowicz KK e
altri, 2008) delle interazioni della tiagabina con tre AEDs classici (valproato,
carbamazepina e fenobarbital) sull’amigdala eccitata di topi che ha mostrato
un’interazione di tipo sinergico. Gli studi hanno quindi suggerito che TGB
sembra essere un valido farmaco da usare in associazione (terapia aggiuntiva)
per il trattamento delle crisi parziali complesse refrattarie nell’uomo [10] .
Comunque un recente studio ( Bauer J, Cooper - Mahkorn D, 2008 ) ha
11
rivelato che l’efficacia della tiagabina nelle epilessie di nuova diagnosi è
relativamente bassa quando prescritta insieme ad altri AEDs. Un effetto
collaterale critico come l’induzione di uno status epilettico non convulsivo
limita il suo uso [11].
Stiripentolo
Lo stiripentolo (STP) è un farmaco efficace come terapia aggiuntiva
nell’epilessia mioclonica grave nell’infanzia (sindrome di Dravet). Quando viene
combinato con carbamazepina (CBZ) e clobazam (farmaco ansiolitico e
anticonvulsivante appartenente alla famiglia delle benzodiazepine), esso
previene la formazione del metabolita inattivo della CBZ, la epossi-
carbamazepina, e l’idrossilazione del metabolita attivo del clobazam
nell’idrossi-norclobazam [12]. Studi in vivo e in vitro (Giraud C e altri, 2006)
suggeriscono che STP può essere considerato come un “protettore” del
clobazam, così come è stato visto che il suo effetto inibitorio sul CYP2C19
potenzia l’effetto antiepilettico del clobazam [13]. E’ un modulatore allosterico
positivo che agisce direttamente sul recettore GABAA. Anche se l’effetto non
dipende soltanto dalla composizione delle subunità del recettore, STP mostra
un’attività più alta a livello delle subunità α3 o δ. Questo farmaco dotato di
selettività nei confronti del bersaglio è di particolare importanza se le
suddette subunità recettoriali sono responsabili di alcuni tipi di disfunzione
neuronale associata all’ipereccitabilità neuronale [14].
12
2.2.2 Antagonismo del glutammato
Il glutammato è il principale neurotrasmettitore eccitatorio nel cervello di
mammifero. In seguito al rilascio da parte dei terminali nervosi
glutammatergici, esso esercita i suoi effetti su tre specifici sottotipi di
recettori ionotropici a livello delle membrane postsinaptiche, denominati in
base al loro agonista selettivo:
- recettori per l’acido α-ammino-3-idrossi-5-metil-4-isossazol-propionico
(AMPA)
- recettori per il kainato
- recettori per l’N-metil-D-aspartato (NMDA)
Questi recettori rispondono al legame con il glutammato attraverso l’aumento
della conduttanza ai cationi che porta alla depolarizzazione neuronale
(eccitazione). I sottotipi recettoriali AMPA e per il kainato sono permeabili
agli ioni sodio e sono coinvolti nella trasmissione eccitatoria sinaptica veloce.
Al contrario, il recettore NMDA è permeabile sia agli ioni sodio che agli ioni
calcio e, a causa di un blocco voltaggio-dipendente ad opera di ioni magnesio
durante il potenziale di riposo, è attivato solo durante periodi di
depolarizzazione prolungata, come ci si potrebbe aspettare durante le
scariche epilettiformi. I recettori metabotropici per il glutammato sono
accoppiati a proteine G e agiscono prevalentemente come auto-recettori a
livello dei terminali glutammatergici, limitando il rilascio di glutammato. Il
glutammato è rimosso dalle sinapsi a livello delle terminazioni nervose e delle
cellule gliali da una famiglia di proteine di trasporto sodio-dipendenti
specifiche (EAAT1-EAAT5) ed è inattivato dagli enzimi glutammina sintetasi
(solo nelle cellule gliali) e glutammato deidrogenasi.
13
Fig.6: Recettori ionotropici per il glutammato. A: Proprietà farmacologiche dei
recettori AMPA. I recettori cationici dell’AMPA sono alla base delle risposte
depolarizzanti rapide della maggior parte delle sinapsi eccitatorie. B: Proprietà
farmacologiche dei recettori del kainato. Il kainato media correnti che si
desensitizzano rapidamente. C: Proprietà farmacologiche dei recettori NMDA. Il
recettore NMDA modula un canale cationico che è permeabile agli ioni K+, Na+, Ca++ ed
è bloccato in modo voltaggio-dipendente dallo ione Mg++.
Per quanto riguarda i farmaci che agiscono come antagonisti del glutammato,
oltre agli agenti riportati nello schema (fig.4) verranno considerati gli
antagonisti non competitivi del recettore AMPA.
Lamotrigina
La lamotrigina (LTG), AED di seconda generazione, è un derivato triazinico che
14
inibisce il rilascio di glutammato ed è stato approvato per l’uso come farmaco
aggiuntivo nel trattamento di accessi parziali refrattari con o senza crisi
generalizzate tonico-cloniche. Inoltre essa inibisce anche i canali al sodio
voltaggio- dipendenti andando così a stabilizzare le membrane neuronali [15].
Recenti studi condotti da Zheng C e altri (2010) inoltre hanno suggerito che
l’α4β2-nAChR (recettore neuronale nicotinico per l’acetilcolina) è un
importante probabile target. I recettori nicotinici sono recettori ionotropici
costituiti da cinque subunità disposte simmetricamente, con struttura molto
simile ai recettori GABAA. Nei vertebrati i recettori nicotinici sono
classificati grossolanamente in due sottotipi, in base al principale sito di
espressione: si distinguono infatti recettori nicotinici di tipo muscolare (NM) e
recettori nicotinici di tipo neuronale (NN, come il recettore su cui agisce la
lamotrigina). L'ACh, agendo sulle membrane postsinaptiche di
una sinapsi nicotinica, provoca un significativo aumento della sua permeabilità
ai cationi, in particolare a Na+, K+ e, in misura minore, Ca++. A causa dell'elevato
gradiente elettrochimico, ai due lati della membrana cellulare, si verifica
un flusso verso l’interno di Na+ che determina la depolarizzazione della
membrana postsinaptica. A livello delle sinapsi gangliari questa
depolarizzazione, mediata dal trasmettitore, viene chiamata potenziale
postsinaptico eccitatorio veloce (epsp). In una cellula nervosa
la depolarizzazione del corpo cellulare o di un dendrite da parte di un epsp
veloce provoca un flusso locale di corrente, che depolarizza il segmento
iniziale dell'assone della cellula, dal quale, se l'epsp è sufficientemente
grande, si genera un potenziale d'azione. In base a quanto detto finora, è
facile capire perché il blocco di questo recettore potrebbe rappresentare il
meccanismo attraverso il quale LTG effettivamente controlli alcuni tipi di
15
epilessia, come l’epilessia notturna del lobo frontale autosomica dominante o
l’epilessia mioclonica giovanile [16].
Fig.7: Sezione di un recettore nicotinico per l’acetilcolina:vengono evidenziate 3
delle 5 subunità costitutive del recettore. La subunità α, che lega l’acetilcolina, è
mostrata nelle proprie caratteristiche fondamentali. I domini transmembrana, per
comodità, sono stati qui definiti 1, 2, 3 e 4.
La lamotrigina va anche a modulare la conduttanza del calcio coinvolta nel
rilascio di amminoacidi eccitatori a livello del percorso cortico-striatale [17] e
a incidere sulla conduttanza del potassio [18]. Inoltre essa può anche
16
aumentare la produzione di acido chinurenico,un antagonista endogeno a livello
del sito di legame della glicina al recettore NMDA [19]. Tra gli effetti
collaterali, reazioni idiosincrasiche, in particolare eruzioni cutanee possono
richiedere l’interruzione della terapia. Le eruzioni sono relativamente più
comuni nei ragazzi che negli adulti e il farmaco è sicuro se usato nella pratica
generale per trattare forme di epilessia inadeguatamente controllate da altri
farmaci. Effetti collaterali seri sono riportati raramente e includono la
sindrome di Stevens-Johnson [20]. Il trattamento a lungo termine con LTG può
causare infiammazioni epatiche ed è stato scoperto che un profarmaco
coniugato con destrano può ridurre l’epatotossicità [21]. E’ stato visto che la
monoterapia con LTG è un trattamento efficace per ragazzi affetti da
assenze e una formulazione a rilascio prolungato (LTG-XR) può essere assunta
una volta al giorno per aumentare la compliance [22]. In seguito uno studio
randomizzato, a doppio-cieco, controllato con placebo (Biton e altri, 2010) ha
riportato che la terapia con LTG-XR associata ad altri farmaci somministrata
una volta al giorno con dosaggi da 200 a 500 mg/giorno riduce in modo
significativo la frequenza settimanale degli accessi tonico-clonici generalizzati
primari (PGTC) e aumenta la percentuale di pazienti con una riduzione di oltre
il 50% della frequenza degli accessi (PGTC) [23]. Uno studio retrospettivo
basato sulla popolazione condotto da Knoester e altri (2005) ha suggerito che
LTG è efficace nel 40% dei pazienti con epilessia refrattaria misurata
attraverso la riduzione della frequenza degli accessi e il tempo di ritenzione
come osservato in 165 pazienti. Il farmaco ha un profilo maggiormente
favorevole per quanto riguarda gli effetti collaterali rispetto agli AED classici
[24].
17
Topiramato
Il topiramato (TPM), AED di seconda generazione, è un solfammato sostituito
con un monosaccaride. Il topiramato agisce su diversi bersagli molecolari. Esso
agisce sui canali al sodio voltaggio-dipendenti bloccando la diffusione degli
accessi; aumenta le correnti del cloro evocate dal recettore GABAA legandosi
a un sito recettoriale diverso rispetto alle benzodiazepine; inoltre antagonizza
anche il sottotipo AMPA dei recettori del glutammato [25]. Gryder e Rogawsky
(2003) hanno stabilito che esso blocca selettivamente la trasmissione
sinaptica eccitatoria mediata dai recettori del kainato GluR5 [26]. Esso è
rapidamente assorbito con una farmacocinetica lineare e in assenza di
induttori enzimatici (come fenitoina o carbamazepina) ha un’emivita plasmatica
di 20-30 ore. Esso ha un potenziale di interazione con gli altri AED abbastanza
basso. Comunque durante una terapia aggiuntiva che prevedeva di associare
TPM con fenitoina, carbamazepina e acido valproico il livello minimo di
concentrazione plasmatica del TPM si è ridotto rispettivamente del 50,40 e
14% . Inoltre la somministrazione di TPM in pazienti che già assumevano
fenitoina due volte al giorno ha mostrato un innalzamento del 25% per quanto
riguarda le concentrazioni della fenitoina; questo può richiedere una riduzione
dei dosaggi della fenitoina [27]. Poi in pazienti con epilessia
18
farmacoresistente, Luna-Tortos e altri (2009) hanno fornito la prova che i
livelli cerebrali di topiramato possono essere influenzati da una
sovraespressione della P-glicoproteina [28]. Un’aumentata eliminazione di TPM
è stata osservata anche durante la gravidanza. In particolare è stato visto che
la concentrazione plasmatica di TPM diminuisce approssimativamente del 40%
nel secondo e nel terzo trimestre [29]. Con lo scopo di valutare l’efficacia del
TPM nei neonati, Grosso e altri (2005) hanno notato che TPM è efficace in una
vasta gamma di crisi in bambini di età inferiore ai due anni. Lo studio ha anche
fornito la prova riguardante l’utilità del TPM in spasmi infantili criptogenetici,
ma ha mostrato una scarsa efficacia negli spasmi infantili sintomatici e nella
sindrome di Dravet [30]. Uno studio clinico randomizzato in doppio cieco
(Ramsay E e altri, 2010) ha dimostrato che TPM può essere un’alternativa alla
fenitoina in pazienti per i quali è richiesto un trattamento urgente. Il farmaco
è risultato essere ben tollerato, considerato il basso tasso di incidenza di
effetti avversi nel gruppo di pazienti trattato con il topiramato [31].
Felbamato/Fluorofelbamato
Il felbamato (FBM, 2-fenil-1,3-propandiol dicarbammato), AED di seconda
generazione, anche se agisce su una varietà di bersagli, mostra forti proprietà
antiglutammatergiche. In particolare, il farmaco agisce come antagonista del
19
recettore NMDA andando ad interagire specificatamente con il sito di
riconoscimento per la glicina insensibile alla stricnina [32]. Esso inoltre
potenzia l’inibizione GABA-mediata e blocca i canali al sodio voltaggio-
dipendenti. FBM è un AED efficace e sicuro o come monoterapia o come
terapia aggiuntiva in adulti con crisi parziali refrattarie. Esso è efficace e
sicuro anche per il trattamento della sindrome di Lennox-Gastaut refrattaria
sia negli adulti che nei bambini (tale sindrome è molto frequente nei bambini.
Si caratterizza per la presenza di manifestazioni epilettiche frequenti, con
plurime ricadute quotidiane; benché possano prevalere crisi di
assenza, atoniche o crisi tonico-cloniche parziali e generalizzate, non
raramente si sviluppano veri e propri stati di male epilettico. Alla sindrome
epilettica si associa ritardo mentale medio e grave a volte associato a deficit
neurologici focali) [33]. Nel fluorofelbamato (FFBM) il fluoro ha sostituito
l’idrogeno nella posizione 2 del propano. Il farmaco è stato progettato per
conservare l’attività del felbamato ma con un differente percorso metabolico
che riduce la formazione dei coniugati con glutatione dell’atropaldeide e
dell’acido atropico (ATPAL-GSH e ATPA-GSH), che sono i metaboliti reattivi
del felbamato. Perciò il fluorofelbamato è privo della tossicità idiosincratica
associata invece al FBM [34]. La presenza dell’atomo di fluoro protegge il
gruppo ammidico dal suo effetto induttivo e quindi il farmaco non passa
attraverso la formazione di ATPAL-GSH e ATPA-GSH [35].
Antagonisti non competitivi del recettore AMPA
I recettori per l’acido 2-ammino-3-(3-idrossi-5-metil-4-isossazol) propionico
(recettori AMPA) giocano ruoli importanti nella neurotrasmissione a livello del
SNC e nei meccanismi alla base dei processi di apprendimento e della memoria
[36]. Comunque, in alcune condizioni patologiche l’iperattivazione dei recettori
20
AMPA determina la morte dei neuroni collegata con varie malattie
neurologiche, come colpo apoplettico, corea di Huntington, epilessia ecc. Perciò
gli antagonisti dei recettori AMPA sono considerati utili come agenti
terapeutici per questi disordini, in particolare negli accessi epilettici e stanno
emergendo come un promettente nuovo target per la terapia dell’epilessia [37].
La maggior parte delle ricerche sugli antagonisti del recettore AMPA riguarda
antagonisti non competitivi che vanno ad interagire con un sito di legame
allosterico per l’AMPA (come mostra la figura).
Fig.8: Modello schematico di una subunità del recettore AMPA. Il modello mostra il
sito di legame per gli agonisti (come glutammato e AMPA) e il sito di legame per gli
antagonisti competitivi. Sono mostrati i presunti siti d’azione degli antagonisti
allosterici non competitivi. Il sito di legame per gli agonisti consiste di due domini (S1
e S2) collegati tramite linkers al canale cationico costituito da tre segmenti
transmembrana (M1-M3) e da un poro (P). Il dominio C-terminale è intracellulare e il
dominio N-terminale è extracellulare.
Gli antagonisti non competitivi hanno il vantaggio di rimanere efficaci
21
indipendentemente dal livello del glutammato o dallo stato di polarizzazione
della membrana sinaptica nell’ambito di una patologia neurologica [38]. Inoltre,
essi non influenzano la normale attività glutammatergica dopo un uso
prolungato. Così, negli ultimi anni sono state sviluppate alcune importanti classi
di questi ligandi. Il primo composto guida (lead) ad essere stato identificato
come un antagonista selettivo, non competitivo del recettore AMPA è la 1-(4-
amminofenil)-4-metil-7,8-metilendiossi-5H-2,3-benzodiazepina (GYKI 52466)
[39]. Partendo da questo composto guida, sono stati sintetizzati e valutati vari
composti con struttura 2,3-benzodiazepinica. Tra tutti questi composti, la
diossolo-benzodiazepina talampanel anche chiamata LY300164 è emersa come
una molecola altamente attiva. I suoi studi clinici di fase II negli USA in
pazienti con epilessia severa che non rispondevano ad altri farmaci hanno
prodotto risultati positivi, ma gli studi di fase III non hanno mostrato gli
effetti desiderati e il farmaco non è stato introdotto nella pratica clinica.
A) B) C)
Fig.9: A) GYKI 52466 (lead) B) Talampanel C) Perampanel.
Il primo antagonista non competitivo dei recettori AMPA ad aver ottenuto
l’autorizzazione all’immissione in commercio è stato il perampanel, composto
che non presenta più una struttura benzodiazepinica [40]. Il perampanel è
indicato nel trattamento aggiuntivo delle crisi a esordio parziale, con o senza
22
generalizzazione secondaria, nei pazienti con epilessia di età pari o superiore a
12 anni. Inoltre, il perampanel ha il vantaggio di poter essere somministrato in
un’unica dose giornaliera e ciò può migliorare l’aderenza al trattamento in
pazienti che già assumono più di un farmaco. Il perampanel è stato approvato
dalla Commissione Europea il 23 luglio 2012 ed è stato immesso in commercio
in Gran Bretagna, Danimarca, Germania , Austria e successivamente in
Svizzera. La FDA ha approvato l'autorizzazione per l'uso di Fycompa®
(specialità medicinale sviluppata dall’industria farmaceutica giapponese Eisai)
negli Stati Uniti il 22 ottobre 2012.
2.2.3 Blocco dei canali al sodio
I canali al sodio voltaggio-dipendenti sono responsabili della depolarizzazione
della membrana della cellula nervosa e della conduzione dei potenziali d’azione
attraverso la superficie delle cellule neuronali. Essi sono espressi su tutta la
membrana neuronale, a livello di dendriti, soma, assoni e terminali nervosi. La
densità di espressione è più alta nel segmento iniziale dell’assone (AIS) dove
sono generati i potenziali d’azione. In particolare, esistono due tipi di corrente
al sodio: una corrente veloce e transitoria, responsabile dell’insorgenza del
potenziale d’azione; e una corrente persistente, che modula l’eccitabilità
sottosoglia. Inoltre, dopo l’apertura in risposta alla depolarizzazione della
membrana, i canali al sodio si inattivano in due fasi: veloce e lenta.
I canali al sodio appartengono ad una super-famiglia di canali voltaggio-
dipendenti che sono composti da più subunità proteiche e che formano pori
ionoselettivi nella membrana. In linea generale, il canale del sodio comprende
una singola subunità proteica di tipo α, che contiene la regione formante il poro
e un sensore di voltaggio, associata con una o più subunità proteiche di tipo β
accessorie che possono modificare la funzione della subunità α ma che non
23
sono essenziali per l’attività di base del canale. Esistono 4 geni predominanti
per la subunità α espressi nel cervello dei mammiferi, indicati come SCN1A,
SCN2A, SCN3A e SCN8A, che codificano rispettivamente i canali Nav1.1,
Nav1.2, Nav1.3 e Nav1.6. Questi canali sono espressi in modo differenziale nel
sistema nervoso. In particolare, Nav1.6 sembra che giochi un ruolo importante
nell’accensione e nell’origine delle crisi.
Fig.10: Struttura schematica del canale al sodio voltaggio-dipendente. In blu è
rappresentata la subunità principale α, in marrone e in verde le subunità ausiliarie β1 e
β2.
Fig.11: Stati funzionali dei canali al sodio voltaggio-dipendenti. A potenziali di
membrana iperpolarizzati il canale si trova nello stato chiuso. In seguito ad una
depolarizzazione il canale si apre per un breve periodo, permettendo agli ioni Na+ di
entrare nella cellula, e passa poi in uno stato inattivato in cui non conduce più ioni.
24
Tra i composti di questa categoria, oltre a felbamato, lamotrigina, topiramato
(già presi in considerazione), rientrano carbamazepina, fenitoina (farmaci di
prima generazione); oxcarbazepina, zonisamide (farmaci di seconda
generazione). L’attenzione verrà però rivolta a tre farmaci di terza
generazione: eslicarbazepina acetato, lacosamide, rufinamide.
Eslicarbazepina acetato
A) B) C)
Fig.12: A) Eslicarbazepina acetato; B) Eslicarbazepina; C) Oxcarbazepina.
La eslicarbazepina acetato (ESL), è un nuovo agente attivo sul SNC. Essa
appartiene ai membri di farmaci antiepilettici di prima linea rappresentati da
carbamazepina (prima generazione), e oxcarbazepina (seconda generazione)
aventi il nucleo dibenzazepinico recante un sostituente 5-carbossammidico ma
è strutturalmente differente nelle posizioni 10,11 [41]. Questa variazione
molecolare provoca differenze nel metabolismo, in quanto impedisce la
formazione di epossidi tossici come avviene invece nel caso della
carbamazepina. E’ il profarmaco della eslicarbazepina (che è il mono-idrossi
metabolita attivo della oxcarbazepina), l’entità responsabile dell’attività
farmacologica. Questo farmaco è stato recentemente approvato dall’EMA per
la terapia aggiuntiva in adulti con crisi focali, con o senza generalizzazione
25
secondaria [42]. Vertigini da leggere a moderate, mal di testa, diplopia,
sonnolenza e vertigini sono gli effetti collaterali dose-dipendenti più
comunemente riportati [43].
Lacosamide
A) B)
Fig.13: A) Lacosamide B) Serina.
Il lacosamide (LCM) è un nuovo AED recentemente approvato dalla FDA e
dall’EMA come terapia aggiuntiva per adulti con crisi focali [42]. E’ stato
scoperto attraverso uno screening ad alto rendimento effettuato su animali.
La valutazione sistematica di più di 100 derivati N-benzil-2-
acetammidopropionammidici di questo composto in modelli animali ha condotto
all’identificazione del lacosamide [44]. E’ il primo farmaco che proviene da una
classe di composti conosciuti come amminoacidi funzionalizzati e la sua
struttura deriva dall’’amminoacido naturale L-serina [45]. Ha un doppio
meccanismo d’azione: intensifica la lenta inattivazione dei canali al sodio
voltaggio-dipendenti senza alcuna apparente azione sull’inattivazione veloce
[46,47]; modula la proteina CRMP-2 (Collapsin Response Mediator Protein), una
proteina che fa parte delle vie di trasduzione del segnale neuronali e che
sembra coinvolta nella neuroprotezione, nella crescita degli assoni e nella
26
differenziazione neuronale [42].
Fig.13: Meccanismi mediante i quali la proteina CRMP-2 influenza le strutture
neurali. La struttura del citoscheletro di un neurone è determinata dalle reti di
microtubuli formati dalla tubulina che forniscono rigidità all’interno degli assoni, dalle
reti di microfilamenti di actina che forniscono flessibilità a livello delle sinapsi e dalla
presenza di (neuro)filamenti che impostano il diametro degli assoni. La proteina
CRMP-2 completa promuove la crescita dei neuriti attraverso meccanismi che
coinvolgono tutti e tre i tipi di reti del citoscheletro. Inoltre, un frammento
proteolitico della proteina CRMP-2 di 58 KDa si trasferisce nel nucleo durante
situazioni di stress e va ad inibire la crescita dei neuroni.
A differenza degli AED come fenitoina, carbamazepina e lamotrigina che
bloccano i canali al sodio quando attivati, LCM facilita una lenta inattivazione
27
dei canali al sodio sia in termini di cinetica che di dipendenza dal voltaggio
[48]. Fornisce un’alta biodisponibilità orale non modificata dal cibo, una buona
tollerabilità con un dosaggio di due volte al giorno e minime interazioni
farmaco-farmaco [49].
Rufinamide
La rufinamide (RFM) è un derivato triazolico strutturalmente non correlato
agli AEDs attualmente commercializzati. E’ stata recentemente approvata
dalla FDA e dall’EMA come trattamento aggiuntivo per crisi associate alla
sindrome di Lennox-Gastaut in bambini con età uguale o superiore a 4 anni e
negli adulti. Studi comparativi (White HS e altri, 2008) fatti confrontando la
rufinamide con AEDs affermati (fenitoina, fenobarbital, etosuccimide,
valproato) in diversi modelli di crisi in roditori hanno mostrato la superiorità
della rufinamide ripetto agli altri AEDs testata in termini di indici protettivi
nei test di crisi indotte sia elettricamente che chimicamente e in termini di
rapporto di sicurezza [50]. Il farmaco è attivo per via orale ed è relativamente
ben assorbito nel più basso intervallo di dosaggio. La principale via di
metabolizzazione riguarda l’idrolisi del gruppo carbossammidico ad opera di
una esterasi e porta ad un derivato inattivo che è eliminato principalmente per
via renale attraverso coniugazione con acido glucuronico [51]. La
28
rufinamide modula l’attività dei canali al sodio voltaggio-dipendenti,
principalmente attraverso il prolungamento dello stato inattivo del canale [52].
Il farmaco ha dimostrato di non avere effetti sulle funzioni cognitive in
pazienti con crisi parziali refrattarie [53].
2.2.4 Blocco dei canali al calcio
I canali al calcio voltaggio-dipendenti contribuiscono all’eccitabilità elettrica
dei neuroni, sono strettamente coinvolti nell’accensione degli impulsi neuronali
e sono responsabili del controllo del rilascio di neurotrasmettitori a livello dei
terminali nervosi pre-sinaptici. Come i canali al sodio, quelli al calcio voltaggio-
dipendenti comprendono una singola subunità di tipo α, anche se bisogna dire
che nel cervello dei mammiferi sono espressi almeno sette sottotipi di tale
subunità. Ci sono anche proteine accessorie, comprese le subunità β e α2 – δ,
che modulano la funzione e l’espressione sulla superficie cellulare della
subunità α, ma che non sono necessariamente essenziali per la funzionalità di
base del canale. I canali al calcio voltaggio-dipendenti sono comunemente
distinti sulla base delle loro proprietà biofisiche e dei modelli di espressione
cellulare. I canali attivati da alti voltaggi (HVA) rispondono ad una forte
depolarizzazione e sono coinvolti sia nel rilascio di neurotrasmettitori a livello
pre-sinaptico (canali di tipo N, P/Q e R) sia nella trasformazione di input
sinaptici a livello somatodendritico (tipo L). Al contrario, i canali attivati da
bassi voltaggi (LVA) si aprono in risposta a modeste depolarizzazioni, pari o
inferiori al potenziale di membrana a riposo e danno luogo a correnti
transitorie (canali di tipo T) che partecipano all’attività intrinseca oscillatoria.
Il canale di tipo T è altamente espresso sul soma e i dendriti dei relè talamici
e dei neuroni reticolari dove è stato ipotizzato che essi sostengano le scariche
ritmiche caratterizzate da onde di punta a 3 Hz che sono caratteristiche delle
29
assenze.
Fig.14: Canali al calcio voltaggio-dipendenti. A) Schema della membrana cellulare
che mostra le subunità α1, α2-δ, β e γ di un canale al calcio voltaggio-dipendente. La
subunità β è intracellulare e si lega al loop che collega i domini I e II. B) Immagine in
prospettiva che mostra la subunità α1 formante il poro ione-selettivo con i suoi
quattro domini voltaggio-sensibili che la circondano e le subunità ausiliarie
Oltre alla zonisamide di cui si parlerà più nel dettaglio, rientrano in questa
categoria la etosuccimide (AED di prima generazione) e la lamotrigina.
30
Zonisamide
La zonisamide (ZNS), AED di seconda generazione, è un benzisossazolo con
una catena laterale solfonammidica (1,2-benzisossazolo-3-
metansolfonammide). Le principali azioni della zonisamide sono il blocco dei
canali al sodio e la riduzione delle correnti al Ca2+ voltaggio-dipendenti di tipo
T [54]. Essa aumenta anche l’inibizione neuronale attraverso la modulazione dei
sistemi di neurotrasmettitori, compresi i sistemi dopaminergico, GABAergico e
serotoninergico. Può esaltare la funzione del GABA attraverso l’interazione
con siti di legame allosterici o di altro tipo e/o influenzando il trasporto del
GABA. ZNS risulta essere anche in grado di inibire debolmente l’enzima
anidrasi carbonica [55]. Ha un profilo farmacocinetico favorevole: è assorbita
rapidamente e completamente e ha una lunga emivita (63-69 ore in volontari
sani) che permette due o una sola somministrazione al giorno. ZNS subisce
acetilazione a formare la N-acetil-zonisamide e riduzione a formare un
metabolita in cui è avvenuta apertura dell’anello, il 2-sulfamoilacetilfenolo che
subisce eliminazione renale attraverso coniugazione con acido glucuronico [56].
Si è mostrata efficace in pazienti le cui crisi erano resistenti ad altri AEDs.
Molto spesso i pazienti assumono ZNS come monoterapia. Quando ZNS è
aggiunta alla terapia con altri AEDs, il dosaggio degli altri farmaci viene
ridotto. La zonisamide o la carbamazepina sono favorite rispetto a fenitoina,
31
clobazam, valproato o fenobarbital per le crisi parziali sia semplici che
complesse [57]. Il farmaco è stato approvato negli Stati Uniti e in Europa
come terapia aggiuntiva per crisi parziali refrattarie negli adulti. Ha parecchi
effetti collaterali a carico del SNC dose-dipendenti e con una lenta titolazione
della dose la loro incidenza potrebbe essere minimizzata [58]. Un recente
studio osservazionale è stato portato a termine da Kelemen e altri per
valutare l’efficacia e la tollerabilità della zonisamide in differenti sindromi
epilettiche resistenti generalizzate. Con un dosaggio medio di 367 mg/giorno
(100-600 mg/giorno) è stato osservato che ZNS mostra un’efficacia
eccellente contro l’epilessia mioclonica progressiva di tipo 1. Essi hanno
suggerito che l’effetto scavenger nei confronti di radicali liberi e i possibili
effetti neuroprotettivi della zonisamide possono essere favorevoli nelle
epilessie sintomatiche acquisite [59].
2.2.5 Modulazione α2 – δ
Tra i farmaci appartenenti a questa categoria rientrano pregabalin e
gabapentina.
Pregabalin
Il pregabalin (PGB), AED di seconda generazione, è l’analogo alchilato del
neurotrasmettitore GABA. Si lega potentemente alla subunità α2-δ, una
proteina ausiliaria associata ai canali al calcio voltaggio dipendenti (VGCC) nel
32
SNC e riduce l’afflusso del calcio a livello delle terminazioni nervose andando
in questo modo a modulare il rilascio di neurotrasmettitori eccitatori (come il
glutammato) nei neuroni iper-eccitati, riportandoli al loro normale stato
fisiologico [60,61]. E’ indicato come terapia aggiuntiva in adulti con crisi
parziali con o senza una generalizzazione secondaria e dolore neuropatico
periferico [62]. Uno studio condotto da Briggs e altri (2008) ha suggerito che
PGB ad un dosaggio più alto è efficace nel ridurre la frequenza assoluta delle
crisi tonico-cloniche secondariamente generalizzate in pazienti con epilessia
parziale clinicamente refrattaria, ma non la generalizzazione secondaria [63].
2.2.6 Attivazione dei canali al potassio
I canali al K+ rappresentano la classe di canali ionici più vasta e funzionalmente
eterogenea oggi conosciuta. Questi canali assolvono una funzione stabilizzante
del potenziale di membrana: essi cioè portano il potenziale di membrana verso
il potenziale di equilibrio del K+ e lo allontanano dal valore soglia per il “firing”
dei potenziali d’azione in cellule eccitabili. Inoltre, essi accorciano la durata
dei potenziali d’azione, pongono termine a periodi di intensa attività elettrica,
determinano la durata degli intervalli tra i potenziali d’azione durante il
“firing” ripetitivo e, in generale, riducono l’efficacia delle afferenze
eccitatorie e ad una cellula. L’eterogeneità funzionale appena descritta trova
riscontro in un’ampia varietà genetica; nell’uomo sono stati identificati più di
70 geni che codificano per proteine aventi la funzione di subunità di canali del
potassio. Per comodità, si preferisce raggruppare questi canali in tre
categorie, sulla base della loro struttura molecolare (numero di segmenti
transmembrana della subunità principale α) :
1) la classica famiglia a sei segmenti transmembrana (6TM)
2) la famiglia dei canali a due segmenti (2TM)
33
3) la famiglia dei canali a 4 segmenti (4TM)
In particolare, mentre le subunità del primo e secondo gruppo formano un
canale al potassio completo assemblandosi in tetrameri, quelle del terzo
gruppo sono probabilmente dimeriche.
Fig.15: Rappresentazione schematica delle principali categorie di canali al potassio.
Tra i canali a 6 TM rientrano i canali al K+ voltaggio-dipendenti classici.
Sebbene i membri di tali famiglie abbiano proprietà molto diverse fra loro dal
punto di vista biofisico, farmacologico e di distribuzione tissutale, essi
mostrano tutti la comune proprietà di essere attivati dalla depolarizzazione
del potenziale di membrana. Appartengono a questa categoria vari tipi di
canale, come quelli KCNQ. Sono noti cinque membri di tale famiglia (KCNQ 1-
5), ognuno dei quali ha una peculiare distribuzione tissutale e rilevanza
fisiopatologica e farmacologica. In particolare, le subunità KCNQ1 sono
espresse a livello cardiaco, mentre le subunità KCNQ2, KCNQ3, KCNQ4 e
34
KCNQ5 sono espresse in cellule nervose sia periferiche che centrali. In
particolare, l’assemblaggio eteromerico di subunità KCNQ2 e KCNQ3 è
responsabile della corrente M (IKM), una corrente implicata principalmente nel
controllo della frequenza di scarica in numerose popolazioni neuronali. Il ruolo
farmacologico della IKM è duplice: farmaci in grado di bloccare tale corrente,
determinando una depolarizzazione neuronale, stimolano la liberazione di
neurotrasmettitori; al contrario, farmaci attivatori di IKM, iperpolarizzando la
membrana neuronale, inibiscono l’attività elettrica neuronale (come fa la
retigabina).
Retigabina
La retigabina (RTG) è un AED di terza generazione recentemente approvato
dalla FDA e dall’EMA per la terapia aggiuntiva in adulti con crisi focali. E’ il
primo tra i composti che vanno ad aprire i canali neuronali al potassio
voltaggio-dipendenti KCNQ ad essere stato introdotto nella pratica clinica
[64]. Rundfeldt (1997) [65] ha dimostrato che RTG avvia una conduttanza a
livello della membrana che è selettiva per gli ioni K+ e questo contribuisce
all’attività anticonvulsivante. Ulteriori studi (Wuttke TV e altri, 2005) hanno
stabilito che essa agisce come “potassium channel opener” in grado di aprire i
canali al potassio neuronali voltaggio- dipendenti (KCNQ2) di tipo KV7.2 [66].
La retigabina utilizzata come farmaco aggiuntivo ha mostrato un promettente
35
miglioramento in pazienti con epilessia parziale farmaco-resistente. I
principali effetti collaterali legati alla terapia con retigabina sono vertigini,
sonnolenza e stanchezza. E’ metabolizzata principalmente attraverso
glucuronazione a dare N-glucuronidi e attraverso acetilazione [67].
2.2.7 Azione sulla proteina SV2A
La proteina 2 della vescicola sinaptica (SV2) è una glicoproteina integrale di
membrana. E’ necessaria per una normale neurotrasmissione e può rivestire un
ruolo nella regolazione dell’esocitosi calcio-stimolata. La proteina SV2 esiste in
tre isoforme: SV2A, SV2B, SV2C. SV2A e SV2B sono largamente diffuse in
tutto il sistema nervoso, mentre SV2C è stata osservata solo in un piccolo
numero di neuroni. Sono stati fatti esperimenti per chiarire il ruolo della
proteina SV2A ed è stato osservato che topi knock-out (ovvero topi
geneticamente modificati in cui è soppressa, a scopo di studio, l’espressione di
un determinato gene) per SV2A presentano un ridotto rilascio di
neurotrasmettitori (come GABA e glutammato).
Fig.16: Schema che mostra il ruolo della proteina SV2A sul rilascio di
neurotrasmettitori.
36
Levetiracetam
A) B)
Fig.17: A) Levetiracetam B) Piracetam.
Il levetiracetam (LEV), AED di seconda generazione, è l’enantiomero (S) della
α-etil-2-oxo-pirrolidin-acetammide. Anche se LEV condivide alcuni bersagli
(come i canali ad accesso ritardato e i tipi N e P/Q dei canali al calcio) con
altri AEDs, esso è un farmaco con un meccanismo d’azione unico relativo
all’interazione con il sottotipo A della proteina 2 della vescicola sinaptica
(SV2A) [68]; si pensa che questo legame provochi un’inibizione del rilascio di
glutammato a livello delle terminazioni [69]. Questo farmaco anticonvulsivante
è strutturalmente correlato al farmaco nootropo piracetam. A differenza
dell’attività dell’isomero (S), la forma (R) del LEV è risultata almeno 150 volte
meno potente nelle crisi provocate dal suono nei topi e praticamente inattiva
in altri modelli [70]. E’ stato approvato dalla USFDA per la terapia aggiuntiva
nel trattamento di crisi parziali in pazienti di 16 anni e più grandi con epilessia
[71].
37
3 FARMACI ANTIEPILETTICI E DISTURBI
DELL’UMORE E DEL COMPORTAMENTO
3.1 Introduzione
Come è stato già accennato, i farmaci antiepilettici hanno molti effetti
collaterali soprattutto a livello psichiatrico ; d’altra parte, molti AEDs sono
largamente usati proprio nella pratica psichiatrica. In particolare, la principale
applicazione riguarda la stabilizzazione dell’umore [72], ma dati interessanti
sono anche emersi per disordini correlati all’ansia [73] e per crisi d’astinenza
[74].
In pazienti con epilessia, è spesso difficile determinare quali manifestazioni
psicologiche siano dovute in modo specifico alla terapia con AEDs e quali
possano essere dovute ad altri fattori che riguardano il paziente. Infatti le
complicazioni psichiatriche spesso hanno un’origine multifattoriale con gli
AEDs che sono solo una delle molte presunte cause. Comunque i meccanismi
d’azione di parecchi AEDs non sono sempre conosciuti con certezza. Come con
parecchie altre classi di farmaci, gli AEDs hanno azioni diverse sui sistemi
biologici; solo alcune di queste sono correlate all’effetto anti-crisi desiderato.
Pertanto gli effetti psicotropi degli AEDs nell’epilessia derivano da un numero
di variabili correlate al singolo composto (cioè il meccanismo d’azione), alla
condizione neurologica di base (cioè la neurobiologia del controllo degli
accessi) e all’individuo (cioè la storia familiare o la storia personale circa
disordini psichiatrici) [75]. Di seguito verrà discusso il ruolo dei meccanismi e i
bersagli molecolari degli AEDs sul comportamento e l’umore, passando in
rassegna gli effetti psicotropi positivi e negativi degli AEDs, con particolare
interesse verso quelli già presi in considerazione nel capitolo precedente.
38
3.2 Meccanismi e bersagli molecolari dei farmaci antiepilettici
sull’umore e sul comportamento
3.2.1 Trasmissione GABAergica
Nel corso degli ultimi 30 anni, prove convergenti da studi su animali e sull’uomo
hanno suggerito che i meccanismi GABAergici potrebbero essere implicati
nella patofisiologia dei disordini dell’umore. Alterazioni dei livelli del GABA nel
plasma, nel fluido cerebrospinale e nel cervello sono state trovate in modelli
animali sperimentali e individuali con disordini depressivi maggiori [76]. Gli
stati d’animo correlati allo stress e i farmaci psicotropi possono influenzare la
funzione GABAergica e al contrario agenti GABAergici possono esercitare un
effetto sull’umore [76]. Recentemente è stato anche segnalato che la
disfunzione GABAergica sembra essere rilevante per lo sviluppo di problemi di
comportamento, come l’aggressione [77]. Le benzodiazepine possono essere
considerate il prototipo degli agenti psicotropi che potenziano il sistema
GABAergico.
Per quanto riguarda i farmaci antiepilettici, alcuni agenti potenziano la
neurotrasmissione GABAergica mediante interazione con i recettori GABAA o
modificando l’attività di enzimi e trasportatori coinvolti nel turnover del
GABA. L’aumento della neurotrasmissione GABAergica è considerato il
principale meccanismo d’azione di barbiturici, vigabatrina (VGB) , stiripentolo
(STP) e tiagabina (TGB). Forti effetti GABAergici comunque sono mostrati
anche da altri composti come topiramato (TPM) e valproato (VPA).
Vigabatrina
I cambiamenti dell’umore e del comportamento sono importanti effetti
collaterali della vigabatrina (VGB). Una meta-analisi di esperimenti in doppio-
39
cieco, controllati con placebo (Levinson DF e altri, 1999) condotti su un totale
di 717 pazienti adulti con epilessia parziale farmaco-resistente ha mostrato
che la vigabatrina, confrontata col placebo, è associata ad una più alta
incidenza di depressione (12.1% contro 3.5%, p<0.001) e psicosi (2.5% contro
0.3%, p=0.028) [78]. La depressione è tipicamente leggera, e la psicosi
generalmente migliora attuando un aggiustamento della dose o interrompendo
VGB o dopo trattamenti con altri antipsicotici. In studi eseguiti con la
monoterapia, l’incidenza della depressione appare essere più bassa (circa 5%)
[79]. Nella popolazione pediatrica fino al 14.2% dei pazienti trattati con VGB
sviluppa cambiamenti comportamentali, compresi ipercinesia, aggressione,
agitazione e insonnia. Fattori di rischio per lo sviluppo di effetti collaterali
psichiatrici durante la terapia con VGB sono un’alta dose iniziale e le dosi di
mantenimento, una pregressa storia psichiatrica e una grave forma di epilessia
[80,81].
Stiripentolo
Lo stiripentolo (STP) può causare effetti comportamentali avversi, come
iperattività, irritabilità, aggressività e insonnia. In uno studio randomizzato, a
doppio cieco, controllato con placebo (Chiron C e altri, 2000) , sonnolenza,
iperattività, aggressività e insonnia sono state riportate nel 91% dei pazienti
che assumevano STP e nel 25% di quelli trattati con il placebo [82].
Nonostante l’incidenza di effetti comportamentali avversi sia relativamente
alta, alcuni di questi possono essere attribuiti ad interazioni
farmacocinetiche/farmacodinamiche con AED concomitanti e possono essere
gestiti tramite aggiustamento del dosaggio [83].
40
Tiagabina
I dati sul profilo psicotropo della tiagabina (TGB) sono controversi. Anche se
una serie di casi e pochi studi open-label suggeriscono che questo AED possa
avere effetti benefici o non avere effetti sull’umore e l’ansia [84-86],
l’incidenza dei disordini dell’umore in 5 studi randomizzati, a doppio cieco,
controllati con placebo (Leppik IE, 1995), facendo riferimento ad una terapia
aggiuntiva è risultata più alta in pazienti che assumevano TGB rispetto a quelli
che assumevano il placebo (5% contro 1%). Anche il nervosismo era più comune
con la tiagabina rispetto al placebo (12% contro 3%) [87]. Tuttavia, i problemi
psichiatrici sembrano essere da lievi a moderati, si verificano durante il
trattamento e diminuiscono spontaneamente. Il rischio di problemi psichiatrici
TGB-indotti può essere maggiore in pazienti con una storia personale di
disordini dell’umore [75].
3.2.2 Trasmissione del glutammato
Il ruolo della disfunzione glutammatergica nella fisiopatologia dei disordini
dell’umore e del comportamento ha guadagnato attenzione solo negli ultimi
anni. La neurotrasmissione glutammatergica è un’importante componente nella
cascata di eventi di risposta da stress che in ultima analisi conducono ad
alterazioni ippocampali e corticali associate con i disordini dell’umore [88-90].
Lo stress aumenta le concentrazioni extracellulari di glutammato [91] e
modifica i profili di associazione e di espressione delle subunità del recettore
in molte aree cerebrali [92,93]. Un certo numero di studi ha trovato che i
livelli di glutammato sono più alti nel plasma di pazienti con disordini dell’umore
[94,95]. L’inibizione della neurotrasmissione glutammatergica è il meccanismo
d’azione principale o secondario per un certo numero di AEDs, ma è rilevante
per felbamato (FLB), lamotrigina (LTG) e topiramato.
41
Felbamato
Anche se agisce su una varietà di bersagli, il felbamato (FBM) mostra forti
proprietà antiglutammatergiche. Il felbamato generalmente è considerato un
agente psico-attivante [96]. Il suo uso è stato associato con miglioramenti in
vigilanza, attenzione, concentrazione, così come nelle funzioni sociali,
intellettuali, motorie [96,97]. Il felbamato però presenta anche effetti
avversi psichiatrici. In uno studio randomizzato, a doppio cieco, controllato con
placebo, a gruppi paralleli, utilizzando la monoterapia eseguito su 40 pazienti
con crisi parziali che evolvono in crisi generalizzate secondarie in fase di
valutazione pre-chirurgica (Theodore WH e altri, 1995), 6 dei 21 pazienti
trattati con felbamato si sono ritirati dallo studio a causa degli effetti
collaterali emersi dal trattamento, tra cui psicosi, ansia, disturbi del sonno,
disturbi addominali e discinesia oro- buccale [98].
Lamotrigina
La lamotrigina (LTG) è stata approvata dalla FDA per il trattamento di
mantenimento del disordine bipolare di tipo II per prevenire il verificarsi di
episodi che riguardano disturbi dell’umore (depressione o ipomania) [99].
Comunque, la lamotrigina sembra essere più efficace nel prevenire recidive
nell’ambito della depressione rispetto a mania o ipomania [100]. La lamotrigina
può essere efficace anche nella depressione unipolare [101], almeno in pazienti
con epilessia [102], mentre la sua utilità nella schizofrenia è ancora incerta
[103,104] . La lamotrigina ha anche mostrato di avere un effetto benefico in
caso di problemi comportamentali, come impulsività e aggressione [105-106].
Alcune segnalazioni hanno suggerito che LTG potrebbe indurre problemi
comportamentali in pazienti epilettici con disabilità intellettive. In uno studio
condotto da Beran RG e Gibson RJ (1998) su 19 pazienti, 9 hanno manifestato
42
un comportamento aggressivo e 4 hanno mostrato problemi comportamentali
diversi dall’aggressione in seguito all’assunzione di lamotrigina [107].
Comunque, non è chiaro se questi problemi comportamentali, almeno in alcuni
pazienti, possano essere stati il risultato del cosiddetto “fenomeno del
rilascio” [108]. Infatti, in individui con disabilità intellettuali, trattamenti
efficaci con un basso potenziale di sedazione possono provocare una maggiore
attenzione e autoaffermazione, che possono essere fraintesi come effetti
comportamentali avversi.
Topiramato
Il topiramato (TPM) è un AED con un’efficacia ad ampio spettro e agisce su
diversi bersagli molecolari. La varietà dei meccanismi può spiegare perché TPM
ha effetti “misti” sul comportamento e sull’umore [96].
In pazienti con epilessia, TPM è stato associato con un certo numero di effetti
negativi sull’umore e sul comportamento. In uno studio condotto su 431
pazienti (Mula M e altri, 2003), effetti collaterali psichiatrici si sono
sviluppati in 103 soggetti (23.9%) [109]. In particolare, 46 (10.7%) pazienti
hanno manifestato depressione, 16 (3.7%) sintomi psicotici, 24 (5.7%)
comportamento aggressivo e 17 (3.9%) altri disturbi comportamentali. I
fattori di rischio identificati includono alte dosi iniziali e schemi terapeutici
rapidi, una storia psichiatrica familiare o personale, una storia familiare di
epilessia, una storia personale di convulsioni febbrili, sclerosi ippocampale e
crisi tonico-cloniche [109,110]. D’altronde, nella letteratura psichiatrica ci
sono prove che il topiramato può essere efficace nel trattamento della
depressione maggiore. In uno studio (Nickel C e altri,2005) di 10 settimane,
randomizzato, a doppio cieco, controllato con placebo eseguito su 64 pazienti
con depressione maggiore, la monoterapia con TPM usando un dosaggio di 200
43
mg/giorno era associata con un miglioramento del 17% facendo riferimento ai
punteggi della Hamilton Depression Rating Scale (da 23.1 a 19.2) rispetto al
miglioramento del 4% osservato con il placebo (da 22.9 a 22) [111]. Risultati
simili sono stati trovati nel caso di terapia aggiuntiva con TPM in disordini di
depressione maggiore resistente ai trattamenti [112]. E’ stato visto che il TPM
sembra essere efficace anche in casi di rabbia e aggressività associate alla
depressione [111] o in disordini della personalità incerti [113,114], mentre i
dati nell’ambito della schizofrenia sono discordanti [115-117]. Nonostante i
rapporti iniziali suggerivano che TPM potesse essere efficace nei disordini
bipolari e in caso di stress post-traumatico, molti studi randomizzati
controllati non sono riusciti a dimostrare la sua superiorità rispetto al placebo
[118-121]. Dati preliminari suggeriscono una certa efficacia in disordini
ossesivo-compulsivi [73] e in disturbi del comportamento alimentare [122]. E’
probabile che il potenziale psicotropo del topiramato sia ampio e polimorfo
[123]. Sono sicuramente necessari ulteriori studi.
3.2.3 Canali per il sodio voltaggio-dipendenti
C’è stata una tendenza ad investigare il ruolo dei sistemi di neurotrasmettitori
nella patofisiologia dei disordini dell’umore e del comportamento [124,125],
mentre altri sistemi, come i disturbi nel trasporto del sodio e del calcio sono
stati esaminati in misura minore [125]. Tuttavia, esistono evidenze che
l’omeostasi del sodio è alterata nei disordini dell’umore. Studi preliminari
hanno scoperto che le concentrazioni intracellulari di sodio negli eritrociti e in
tutto il corpo sono aumentate in pazienti con depressione e sindromi bipolari e
ritornano a livelli normali con la guarigione [126,127]. Inoltre numerosi efficaci
trattamenti stabilizzanti dell’umore e antidepressivi riducono le
concentrazioni intracellulari di sodio o inibiscono, attraverso il blocco dei
44
canali al sodio voltaggio-dipendenti, l’afflusso di sodio [128]. Degno di nota è il
fatto che il blocco dei canali per il sodio voltaggio-dipendenti è provocato
anche dall’inibizione del rilascio di glutammato [129], che è esso stesso
associato con effetti positivi sull’umore e sul comportamento.
Alcuni AEDs agiscono primariamente come bloccanti dei canali del sodio,
compresi carbamazepina (CBZ), fenitoina (PHT), oxcarbazepina (OXC),
eslicarbazepina acetato (ESL), lacosamide (LCM) e rufinamide (RUF). Degno di
nota è che il blocco dei canali al sodio voltaggio-dipendenti è anche un
importante meccanismo d’azione per lamotrigina, felbamato, topiramato e
zonisamide (ZNS).
Eslicarbazepina acetato
La eslicarbazepina acetato è un nuovo AED recentemente approvato dall’EMA
come terapia aggiuntiva per adulti con crisi focali, con o senza
generalizzazione secondaria. Data la sua recente introduzione in terapia, le
sue proprietà psicotrope devono essere ancora valutate.
Lacosamide
Il lacosamide è un nuovo AED recentemente approvata dalla FDA e dall’EMA
come terapia aggiuntiva per adulti con crisi focali. C’è un’esperienza
insufficiente con questo AED per trarre conclusioni riguardanti il suo profilo
psicotropo. Sono necessari ulteriori studi ad hoc.
Rufinamide
La rufinamide (RUF) è un nuovo AED recentemente approvato dalla FDA e
dall’EMA. L’esperienza iniziale con RUF ha fornito dati contrastanti circa il suo
profilo psicotropo. In un’analisi combinata utilizzando i dati riguardanti
sicurezza e tollerabilità provenienti da 7 studi clinici sull’epilessia, RUF non è
45
stata associata ad un aumentato rischio di effetti collaterali psichiatrici [130].
L’uso off-label di RUF in due pazienti con disturbi bipolari refrattari ha
portato alla riduzione delle caratteristiche depressive, ansiose e ossessive con
stabilizzazione dell’umore in un caso e riduzione di depressione, ansia, consumo
eccessivo di cibo, desiderio di alcool con stabilizzazione dell’umore nel secondo
caso [131]. In altri due pazienti simili, tuttavia, il suo uso ha provocato il
manifestarsi di idee suicide [132]. Sono necessari studi ben progettati per
espandere le conoscenze su questi risultati preliminari.
3.2.4 Canali per il calcio voltaggio-dipendenti
Come descritto nel capitolo precedente, ci sono varie tipologie di canali al
calcio. Esiste la prova che questi canali, particolarmente quelli ad alto
voltaggio, possono essere implicati nella patofisiologia dei disordini dell’umore.
Una variazione genetica di CACNA1C, un gene che codifica la subunità α 1C del
canale al calcio voltaggio-dipendente di tipo L, è stata associata a sindrome
bipolare, depressione e schizofrenia [133]. In alcuni modelli sperimentali,
antagonisti dei canali al calcio voltaggio-dipendenti mostrano proprietà
antidepressive [134,135], mentre agonisti provocano effetti simil-depressivi
[136]. L’inibizione dei canali al calcio voltaggio-dipendenti probabilmente si
traduce in una riduzione della neurotrasmissione eccitatoria [137,138], che
può essere in ultima analisi responsabile degli effetti positivi sull’umore e sul
comportamento.
L’etosuccimide (ETX) è un bloccante del canale a basso voltaggio di tipo T; il
blocco dei canali al calcio voltaggio-dipendenti è anche un importante
meccanismo per lamotrigina e zonisamide.
46
Zonisamide
La zonisamide (ZNS) è un AED di seconda generazione che agisce su vari
bersagli molecolari; il suo ampio profilo meccanicistico può essere alla base
della varietà di effetti che questo farmaco ha sull’umore e sul comportamento.
Un certo numero di studi non controllati suggerisce che ZNS può essere
efficace nel trattamento dei disordini bipolari [139,140]. Queste scoperte
comunque non sono state confermate in un recente studio multicentrico,
randomizzato, a doppio cieco, controllato con placebo condotto da Dauphinais
D e altri [141]. Al contrario, in pazienti con epilessia trattati con ZNS, la
comparsa di effetti collaterali psichiatrici può non essere rara. In uno studio
monocentrico condotto da White JR e altri (2010) su 544 pazienti, l’incidenza
di effetti collaterali psichiatrici gravi da essere associati all’interruzione della
terapia è stata del 6.9% [142]. Il motivo più comune dell’interruzione è stata la
depressione (11 pazienti), seguita da comportamento aggressivo (8 pazienti),
psicosi (6 pazienti) e irritabilità (5 pazienti). Fattori di rischio per
l’interruzione dovuta a effetti collaterali psichiatrici sono una pregressa
storia psichiatrica, la presenza di epilessia sintomatica generalizzata e una più
bassa concentrazione sierica massima di ZNS (vale a dire 17.9 mg/L contro
34.7 mg/L).
3.2.5 Modulazione α2 – δ
Gabapentina
47
Un certo numero di studi suggerisce che la gabapentina (GBP) [acido 2-[1-
(amminometil)cicloesil] acetico] può avere proprietà ansiolitiche [73]. In uno
studio (Pande AC e altri, 1999) a doppio cieco, controllato con placebo, a
gruppi paralleli, 69 pazienti affetti da fobia sociale sono stati sottoposti in
maniera random ad un dosaggio flessibile (900-3600 mg/giorno) di GBP (34
pazienti) o del placebo (35 pazienti) per 14 settimane [143]. Rispetto al
placebo, GBP è stata associata ad una riduzione significativa dei sintomi della
fobia sociale, come misurato da differenti scale valutate dal paziente e dai
medici, comprese la Liebowitz Social Anxiety Scale, la Brief Social Phobia
Scale e la Social Phobia Inventory. Iniziali studi open-label hanno suggerito
che GBP potrebbe essere efficace nel trattamento del disordine bipolare
[144]. Comunque, uno studio randomizzato, a doppio cieco, controllato con
placebo (Pande AC e altri, 2000), facendo riferimento ad una terapia
aggiuntiva ha fallito nel dimostrare la superiorità della gabapentina rispetto al
placebo nella terapia acuta della mania bipolare [145]. Risultati simili sono stati
ottenuti in pazienti con disordini dell’umore uni- o bipolari refrattari [146]. Un
piccolo studio randomizzato, a doppio cieco, controllato con placebo (Vieta E e
altri, 2006) ha suggerito che la gabapentina come terapia aggiuntiva può
essere utile nel trattamento di mantenimento del disordine bipolare [147], ma
sono necessari maggiori studi. Ci sono state alcune segnalazioni che
suggeriscono che, in bambini e pazienti con gravi disabilità intellettuali, la
gabapentina può indurre problemi comportamentali, come iperattività e
aggressione [148,149]. Queste scoperte, comunque, non sono state
confermate da altri autori [108].
Pregabalin
Diversi studi randomizzati, a doppio cieco, controllati con placebo hanno
48
scoperto che il pregabalin (PGB) è efficace nei disturbi d’ansia generalizzata e
nei disturbi d’ansia sociale [73, 150-153]. In uno di questi studi (Montgomery
S e altri, 2008), 273 pazienti anziani con disturbi d’ansia generalizzata sono
stati sottoposti in maniera random ad un dosaggio flessibile (150-600
mg/giorno) di PGB (177 pazienti) o del placebo (96 pazienti) per 8 settimane
[150]. Il farmaco è stato associato ad un maggior miglioramento, iniziato
durante la seconda settimana di trattamento, facendo riferimento ai punteggi
totali della Hamilton Rating Scale for Anxiety (HRSA) rispetto al placebo.
Anche se alcuni rapporti suggeriscono che PGB possa essere efficace in altri
disturbi dell’umore [154,155], mancano prove da studi randomizzati controllati.
In pazienti con epilessia, PGB sembra non avere significativi effetti negativi
sull’umore e sul comportamento [156], anche se in alcuni pazienti è stata
riportata depressione [157].
4 EPILESSIA E EMICRANIA
4.1 Introduzione
Emicrania e epilessia sono membri chiave di un’ampia famiglia di disordini
episodici che includono anche paralisi periodiche, aritmie cardiache e disturbi
episodici del movimento. Emicrania e accessi epilettici si possono evolvere in
quattro fasi comparabili che comprendono sintomi prodromici (che si
verificano giorni o ore prima dell’accesso o del mal di testa), aura (che precede
immediatamente l’accesso o il mal di testa) , episodio ictale (accesso o mal di
testa) e una fase post-ictale (che comprende i sintomi e i disturbi
sperimentati dopo la fine di un attacco emicranico o epilettico).
49
Occasionalmente, gli attacchi non riescono a fermarsi, portando come
conseguenza ad uno status epilettico o emicranico. C’è un gran numero di
inneschi simili per entrambi i disturbi come stress, fattori correlati al sonno,
stimolazione luminosa, cambiamenti ormonali e fattori correlati all’alcool o alla
dieta [158].
4.2 Comorbidità tra epilessia e emicrania
Emicrania e epilessia sono entrambe comuni disturbi neurologici, anche se il
primo è più diffuso e la loro comorbidità è ben nota. Un recente studio (Toldo
I e altri, 2010) ha mostrato che 56 (3%) tra 1795 bambini con mal di testa
presenta anche epilessia [159]. Complessivamente, è stato segnalato che
l’incidenza dell’epilessia in individui con emicrania è più alta rispetto
all’incidenza nella popolazione generale di 0.5-1%. Comunque, un recente studio
multicentrico italiano (Tonini MC e altri, 2012) con 1167 soggetti ha trovato
un’incidenza simile a quella della popolazione generale [160]. Le epilessie
parziali e criptogenetiche sono associate con un più alto tasso di emicrania
rispetto all’epilessia idiopatica. La stretta associazione tra epilessia post-
traumatica e emicrania si ritiene che si verifichi perché la presenza di lesioni
alla testa è un rischio per entrambe le condizioni [158,161].
4.3 Aspetti clinici e terminologia
Solo tre specifiche entità di mal di testa correlato agli accessi (Seizures-
Related Headaches, SRH) sono considerate nella Classificazione
Internazionale dei Disordini del Mal di testa (ICHD-II) della Società
Internazionale del Mal di testa [162]: crisi innescate dall’emicrania
(migralessia), hemicrania epileptica e mal di testa post-ictale.
Il termine migra lessia descrive una condizione in cui le crisi si verificano
50
durante la classica aura emicranica (crisi innescate dall’emicrania). Ci sono
state segnalazioni di solo 60 casi circa di possibile migralessia descritta in
bambini e adulti [163,164]. Rivedendo quei casi, i dati ictali provenienti
dall’EEG erano normali nel 4% e non registrati nel 68% e applicando
rigorosamente i criteri dell’ICHD-II questi autori li hanno ridotti ad un solo
caso di migralessia [164]. In realtà, molte delle relazioni precedenti che
riguardavano la migralessia corrispondevano a crisi occipitali che simulano
l’emicrania con aura [165]. Di conseguenza, il termine migralessia
recentemente è stato criticato da molti autori [166,167]. Recentemente è
stato proposto il termine “mal di testa epilettico ictale” (ictal epileptic
headache, IEH) [168]. IEH è un fenomeno raramente descritto che consiste in
emicrania/mal di testa come unica manifestazione di un accesso. E’ stato
osservato in un piccolo numero di pazienti con crisi focali (riguardanti
prevalentemente i lobi occipitali) o affetti da uno status epilettico non
convulsivo [169]. Questo tipo specifico di SRH è così raro che non è stato
incluso nella classificazione della Lega Internazionale contro l’Epilessia (ILAE)
e neppure nella ICHD - II [169,170]. In quei casi, la registrazione dell’EEG
variava considerevolmente, senza risultati specifici [171]. Da un punto di vista
sindromico, molti pazienti hanno avuto un’epilessia focale sintomatica
posteriore [169]. Recentemente, Fanella e altri hanno descritto uno dei pochi
mal di testa epilettici ictali documentati da EEG nel caso di epilessia
generalizzate idiopatica [172]. La hemicrania epileptica è riconosciuta come un
mal di testa ipsilaterale, con caratteristiche emicraniche che si verifica come
una manifestazione ictale della crisi. I mal di testa correlati alle crisi (SRH)
possono essere divisi, in base alla loro relazione temporale con l’attacco
epilettico, in mal d i testa peri-ictali e inter-ictali. Il mal di testa peri-ictale
51
può essere anche diviso in pre-ictale, ictale e post-ictale. Quando il mal di
testa si verifica immediatamente dopo un accesso, è chiamato mal di testa
post-ictale (post-IH) [173] ed è il tipo di mal di testa associato alle crisi più
frequente. I mal di testa pre-ictali si verificano nel 5-15% dei casi, quelli ictali
nel 3-5%, quelli postictali nel 10-50% e quelli interictali nel 25-60% dei casi
[174].
Per quanto riguarda la qualità degli SRH, in studi pediatrici è stata scoperta
un’importante correlazione tra i mal di testa tipo-emicrania sia nei post-IH
che nei mal di testa peri-ictali [175]. Negli adulti, le caratteristiche
emicraniche sono comuni in caso di post-IH in pazienti con o senza una storia
di emicrania interictale [160]. Il post-IH simile all’emicrania non si verifica
solo in seguito a crisi occipitali, ma anche in seguito a crisi generalizzate
tonico-cloniche e accessi del lobo temporale [176] . Anche se un mal di testa
tipo-emicrania è un comune fenomeno post-ictale, è spesso trascurato a causa
della drammatica manifestazione della crisi [166]. L’evidenza suggerisce che
l’emicrania associata con epilessia presenta una prognosi peggiore rispetto alla
sola epilessia ed è stato scoperto che i pazienti con epilessia-emicrania hanno
una durata più lunga della malattia e una risposta minore al
trattamentoantiepilettico rispetto ai pazienti con epilessia senza emicrania
[177].
4.4 Patofisiologia e consigli terapeutici
Emicrania e epilessia sono disordini episodici che condividono alcune
caratteristiche cliniche e meccanismi patofisiologici. Alcuni studi sostengono
l’ipotesi dell’eccessiva eccitabilità cellulare a livello neocorticale come il
principale meccanismo patologico alla base dell’esordio di entrambe le malattie.
Gli attacchi iniziano con una scarica neuronale ipersincrona. Nell’epilessia,
52
l’attività ipersincrona continua, mentre nell’emicrania con aura c’è depressione
corticale diffusa (CSD). La CSD sembra essere il punto di connessione tra
emicrania ed epilessia [178-180]. Un cambiamento parossistico nell’attività
neuronale corticale si può verificare durante un attacco emicranico o una crisi
epilettica; nell’epilessia si verifica un’ipereccitazione, mentre nell’emicrania,
ipoeccitazione ed ipereccitazione si verificano in modo sequenziale come
fenomeno di rimbalzo (depressone diffusa). Sia nella CSD che nel focus
epilettico, l’esordio e la propagazione sono innescati quando alcuni eventi
neurofisiologici raggiungono una certa soglia, che è più bassa per la CSD
rispetto alle crisi. Crisi ricorrenti potrebbero anche predisporre i pazienti alla
CSD, aumentando così il verificarsi di mal di testa tipo-emicrania peri-ictali e
post-ictali [166,179]. Pertanto, è stato proposto che gli accessi possono in
alcuni casi innescare i meccanismi del dolore trigemino vascolare come si
verifica nell’emicrania [158]. Il glutammato è un mediatore critico per quanto
riguarda l’ipereccitabilità sia nelle crisi focali sia nell’emicrania. Nell’epilessia
focale, la generazione della crisi e la diffusione sono mediate dal glutammato
rilasciato a livello delle sinapsi che agisce sui recettori AMPA, mentre
l’innesco della CSD dipende dai recettori NMDA e la diffusione non richiede
la trasmissione sinaptica [158]. Un’ulteriore analogia tra emicrania e epilessia è
che alcuni farmaci antiepilettici (AEDs) sono utili in entrambe le condizioni. Gli
AEDs riducono l’ipereccitabilità neuronale attraverso vari meccanismi. Vi sono
ampie prove che il divalproex sodico (valproato) e il topiramato sono efficaci
nel prevenire gli attacchi emicranici. Anche gabapentina e pregabalin possono
essere efficaci nella terapia dell’emicrania. Altri farmaci antiepilettici che
sono stati segnalati per essere utili nella profilassi dell’emicrania sono
levetiracetam e zonisamide. Al contrario, altri AEDs compresi fenitoina,
53
oxcarbazepina, vigabatrina e clonazepam, non sono efficaci nella
profilassidell’emicrania. Quindi, AEDs che agiscono principalmente attraverso
il blocco dei canali al sodio voltaggio-dipendenti o che agiscono attraverso
meccanismi GABA-ergici sembrano influenzare meccanismi di ipereccitabilità
che non sono rilevanti per l’emicrania. Comunque è degno di nota che sia
nell’epilessia che nell’emicrania una certa porzione di pazienti è
farmacoresistente (circa il 30% in entrambe le condizioni) [158, 181-184].
D’altra parte la stimolazione del nervo vago (VNS) è vantaggiosa in entrambe
le condizioni (si ricorda che il nervo vago è il decimo delle dodici paia di nervi
cranici che partono dal tronco encefalico, che è composto da midollo allungato,
ponte e mesencefalo. Il nervo vago parte dal midollo allungato e si porta,
attraverso il foro giugulare, verso il basso nel torace e nell’addome. Se
stimolato attraverso impulsi elettrici, il nervo vago trasmette tali impulsi a
specifiche aree del cervello che regolano importanti funzioni, quali la
regolazione dell'umore, del sonno, dell'appetito, della motivazione e di altri
importanti sintomi La stimolazione del nervo vago costituisce una vera e
propria terapia medica) .
Fig.17: Collocazione del nervo vago.
54
Diversi piccoli studi e casi clinici hanno rivelato che VNS può ridurre gli
attacchi emicranici in pazienti che hanno avuto un dispositivo di impianto VNS
per l’epilessia. L’uso della VNS può essere un nuovo approccio nella terapia
dell’emicrania intrattabile, ma sono necessari ulteriori studi randomizzati per
valutare al meglio questa opzione terapeutica [185,186].
5 CONCLUSIONI
Nonostante la scoperta di un certo numero di farmaci antiepilettici di nuova
generazione, la gestione dell’epilessia rimane ancora un lavoro molto complesso,
anche perché il preciso meccanismo d’azione primario di molti AEDs più nuovi è
ancora sconosciuto. Molti meccanismi e bersagli molecolari dei farmaci
antiepilettici sono implicati anche nella regolazione dell’umore e del
comportamento, il che potrebbe spiegare perché ogni AED è associato a
specifici effetti psicotropi. L’attuale conoscenza dei meccanismi alla base
degli effetti degli AEDs sul comportamento e sull’umore è ben lungi dall’essere
completa, con molti dati provenienti da studi che presentano delle limitazioni
metodologiche; sono urgentemente necessarie ulteriori indagini. Definire
meglio i profili psicotropi degli AED permetterebbe di ampliare le opportunità
di adattamento dei trattamenti in pazienti con epilessia e potrebbe
potenzialmente portare all’identificazione di nuove strategie di trattamento di
condizioni psichiatriche. Una patologia che in molti casi si associa all’epilessia è
l’emicrania. Emicrania ed epilessia sono disordini episodici che condividono
meccanismi patofisiologici che portano ad un’ipereccitabilità neuronale; questo
spiega l’uso di farmaci simili in entrambi i disordini. Anche in questo caso, però,
i dati e le informazioni disponibili non sono del tutto soddisfacenti.
55
In generale, la ricerca deve andare avanti per fare maggiormente luce
sull’epilessia e su tutti gli aspetti ad essa correlati, soprattutto per cercare di
migliorare lo stile di vita dei soggetti colpiti da questa malattia da cui
purtroppo non è possibile, almeno per il momento, guarire.
56
BIBLIOGRAFIA
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Ringraziamenti La laurea mi sembrava un sogno irrealizzabile, una meta impossibile da
raggiungere…Eppure eccomi qui…Ma non avrei mai potuto tagliare il nastro del
traguardo senza l’aiuto e l’appoggio delle persone che mi circondano e che mi
vogliono bene…
Il primo grazie va ai miei genitori, perché una piantina può diventare un albero
forte e rigoglioso solo se ha radici robuste…
Grazie alla mia mamma, la mia guida, la mia forza…Sa essere ferma e decisa o
dolce e premurosa in base alle circostanze e sa sempre come
prendermi…Senza il suo aiuto non sarei rimasta qui a Pisa, mi sarei arresa
all’inizio dell’avventura e le sarò per sempre grata per questo.
Grazie al mio papà, che è un po’ come il regista di un film, che molto spesso sta
dietro le quinte, non si fa notare, ma tiene tutto sotto controllo, si assicura
che tutto vada per il meglio e la sua presenza è fondamentale affinché una
semplice idea diventi un film di successo.
Grazie alla mia sorellina Angela che nonostante sia più piccola, spesso si rivela
molto più matura di me e sa darmi ottimi consigli anche se spesso lo fa
implicitamente. Per un anno abbiamo condiviso la vita pisana (compresi i
pancakes delle 11 del sabato sera quando non ci andava di uscire e non
sapevamo cosa fare) e anche se quest’anno ho sentito molto la sua mancanza,
sono felice che abbia trovato la sua strada e la sua tranquillità.
Grazie a tutti i miei parenti perché, come dice zio Mariano, “A’ famiglia è o’
core” e senza cuore di certo non si può vivere…
Rivolgo un pensiero particolare a Natalie, la mia cuginetta, il mio angelo
custode…La crudeltà del destino ha lasciato un vuoto incolmabile nella mia vita,
ma lei è sempre con me, in ogni battito del mio cuore, in ogni raggio di sole o
goccia di pioggia che accarezza il mio viso, in ogni molecola d’aria che respiro e
pensare al suo splendido sorriso mi ha permesso di non arrendermi e di
superare vari ostacoli per poter raggiungere il mio obiettivo…
Grazie al mio amico Giuseppe, il protagonista della mia vita universitaria…Ci
siamo conosciuti il primo giorno di questa splendida avventura e da lì siamo
diventati inseparabili…Per cinque lunghi anni ogni mattina era lì, seduto ad
aspettarmi tra i banchi dell’università e mi ha accolto sempre con un enorme
sorriso, anche quando ero nervosa e intrattabile, anche quando non avevo
voglia di sorridere e tantomeno di parlare…Lui c’era sempre e c’è tuttora e
dirgli che gli voglio un bene immenso in questo giorno per me così importante è
il mio modo per ringraziarlo per il suo sostegno, il suo appoggio, la sua amicizia.
Non posso non ringraziare Mary e Fra, le coinquiline ideali, che mi hanno
permesso di sentirmi a casa anche a 800 km di distanza dalla mia (e vi assicuro
che non era un’impresa facile!!!); Giusy, che mi è stata sempre vicina
nonostante la lontananza fisica; Gaio, il protagonista della mia vita pisana al di
fuori dell’università.
Infine grazie alla prof.ssa Breschi, perché nonostante i suoi innumerevoli
impegni si è sempre mostrata molto gentile e disponibile e il suo aiuto è stato
fondamentale per completare il mio lavoro di tesi.