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Die Burgen im deutschen Sprachraum. Ihre rechtsund verfassungsgeschichtliche Bedeutung, « Vorträge und Forschungen », 19 by H. Patze Review by: Livia Fasola Aevum, Anno 56, Fasc. 2 (maggio-agosto 1982), pp. 288-293 Published by: Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore Stable URL: http://www.jstor.org/stable/20857570 . Accessed: 14/06/2014 00:31 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Aevum. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.248.194 on Sat, 14 Jun 2014 00:31:10 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions

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Die Burgen im deutschen Sprachraum. Ihre rechtsund verfassungsgeschichtliche Bedeutung, «Vorträge und Forschungen », 19 by H. PatzeReview by: Livia FasolaAevum, Anno 56, Fasc. 2 (maggio-agosto 1982), pp. 288-293Published by: Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro CuoreStable URL: http://www.jstor.org/stable/20857570 .

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288 RECENSIONI

di un determinate) settore, vuoi della storia dei codici o delle singole istituzioni, sara eventualmente in grado di rilevarle. Dal punto di vista della meto

dologia, compreso l'aggiornamento bibliografico, la fatica del Lemaitre merita ampie approvazioni.

Non resta che augurare al nuovo repertorio quel seguito di edizioni di necrologi che sono mancate a quello del Molinier. A tal proposito, anzi, va

segnalato l'impegno esemplare dell'autore, il quale, proprio per favorire quel seguito di ricerche che il nuovo repertorio auspica, ha preparato e gia pubblicato anche una sicura serie di norme che

agevolano il lavoro del futuro editore di questi testi. Si veda, dello stesso autore, Directives pour la preparation aVune edition de documents necrolo

giques, ?Bulletin philologique et historique (jusqu'a 1610) du Comite* des travaux historiques et scientifiques?, annee 1979, Paris 1981, pp. 11-17.

Si ha ragione di credere che le auspicate edizioni non mancheranno. Oggi, da molte parti, si guarda con interesse alle testimonianze della tradizione commemorativa medioevale: sono ben noti i lavori

promossi dalla Scuola germanica di Cerd Tellen

bach, specialmente ad opera di Karl Schmid e

Joachim Wollasch, e di altri loro ottimi collabo ratori. Recentemente anche la nostra rivista ha dato spazio conveniente alia ricerca del Neiske sul necrologio di S. Savino di Piacenza, mediante Pattenta analisi che ne ha condotto Clauco Can tarella (cfr. ?Aevum ?, LV [1981], pp. 346-349). Ed e pure significativa Pattenzione della nuova

?Typologie des sources du Moyen Age occiden tal ? promossa da Leopold Genicot, che ha de dicate ben presto un fascicolo, il quarto, alle fonti necrologiche: cfr. N. Huyghebaert, Les documents necrologiques, Turnhout 1972.

II repertorio del Lemaitre si pone nel vivo di

queste ricerche, concordando con i metodi pro posti dai colleghi tedeschi, ma apportando anche il suo contributo personale, non soltanto per il

materiale inventariato che riguarda i necrologi della Francia, ma recando pure utili precisazioni anche al dibattito metodologico proprio in base alia grande competenza, direi familiarita, che oramai ha acquisito in materia. A conferma ci tero proprio le riserve dell'autore circa la distin zione introdotta dall'Huyghebaert (ibid., pp. 33-35) tra necrologio e obituario: mentre il primo sarebbe un elenco di defunti trascritto a margine di un calendario o di un martirologio per essere letto durante la preghiera corale, il secondo in vece sarebbe piuttosto una lista di defunti, an ch'essa scritta a margine di un calendario, ma

per ricordare ai responsabili di una comunita

gli uffici anniversari istituiti da gli stessi personaggi commemorati. L'obituario, insomma, sarebbe un libro di sacrestia. Distinzione artinciosa, commenta il Lemaitre, il quale ritiene queste raccolte di note obituarie, comunque siano denominate, tutte in qualche modo collegate al diretto uso liturgico, senza peraltro richiedere una lettura sempre completa di tutti gli obiit assegnati a quel giorno.

Altro, invece, il discorso sulle matricole di ordini o congregazioni religiose, particolarmente diffuse dal basso medioevo in poi; in questo caso la nota obituaria viene per lo piu a completare i dati

biografici relativi al curriculum monastico. A proposito di ordini religiosi e opportuno ri

tornare su un aspetto generale della impostazione data dal Lemaitre al suo repertorio. II materiale e diviso in base alia appartenenza diocesana del Fente ecclesiastico cui il necrologio si riferisce. Prendendo parte al Seminario internazionale di studio su La Tradizione commemorativa nel Mez

zogiorno medioevale: ricerche e problemi, organiz zato dal Dipartimento di scienze storiche e sociali dell'Universita di Lecce (Lecce, monastero di S. Giovanni Evangelista, 31 marzo 1982), al quale era presente, come relatore, il Lemaitre, io stesso ho potuto far no tare l'eventuale possibility di un diverso raggruppamento, ad esempio per tipo di osservanza e di istituzione religiosa (necrologi cluniacensi, cisterciensi, dei mendicanti, ecc), an

ziche* per diocesi. Tuttavia, confrontando le due

ipotesi, si e rilevata la piena validita per la Fran cia del procedimento seguito dal Lemaitre, mentre si e riconosciuto che darebbe adito, quello stesso

metodo, a maggiori difficolta in situazioni di nu

merose, piccole e instabili circoscrizioni diocesane, come si incontrano nelFItalia centro-meridionale.

Inoltre, alia giusta esigenza di conoscere le testi

monianze necrologiche anche in base alia loro

origine non strettamente territoriale, 1'autore ha

sapientemente proweduto con l'ampio indice delle fondazioni reUgiose, raggrappate in ordine di os

servanza, che chiude degnamente il grande

Repertoire.

Giorgio Picasso

Die Burgen im deutschen Sprachraum. Ihre rechts und verfassungsgeschichtliche Bedeutung, H. Patze

Hrsg., ?Vortrage und Forschungen?, 19, J. Thorbecke Verlag, Sigmaringen 1976. Due

voll., rispettivamente di pp. 601 e 478.

I due volumi raccolgono 26 contributi che co

stituiscono quasi tutti (salvo 4) la rielaborazione di conferenze sui castelli medioevali tenute alia Reichenau negU anni 1972-1973; delle conferenze stesse mancano pero R. Schmidt, Burgen in

Pommern und Mecklenburg, peraltro tenuta pre sente dal curatore H. Patze nella sua sintesi

conclusiva, e K.-U. Jaschke, Burgenbau und

Landesverteidigung um 900. Uberlegungen zu

Beispielen aus Deutschland, Frankreich und En

gland, uscita a parte nel 1975 come Sonderband 16 della stessa collana. II primo volume, dopo la brevissima Prefazione di H. Beumann, pp. 7-8,

comprende l'lntroduzione di H. Ebner, Die

Burg als Forschungsproblem mittelalterlicher Ver

fassungsgeschichte, pp. 11-82, vera e propria mi niera bibbografica con le sue note in ordine si

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RECENSIONI 289

stematico, cui seguono, sotto la voce ? questioni generali?, Fr. Schwind, Zur Verfassung und

Bedeutung der Reichsburgen, vornehmlich im 12. und 13. Jahrhundert, pp. 85-122, J. Naendrup Reimann, Weliliche und kirchliche Rechtsverhalt nisse der mittelalterlichen Burgkapellen, pp. 123

153, U. Lewald, Burg, Kloster, Stift, pp. 155

180, con 3 ill., Fr. Arens, Die Datierung staufi scher Pfalzen und Burgen am Mittelrhein mit

Hilfe des Stilvergleichs, pp. 181-196, con 3 ill., e Staufische Pfalz- und Burgkapellen, pp. 197

210, P. Wiesinger, Die Funktion der Burg und der Stadt in der mittelhochdeutschen Epik um 1200. Eine sprachliche und literarische Studie zu

Hartmann von Aue, Wolfram von Eschenbach und

Gottfried von Strassburg, pp. 211-264; seguono, sotto la voce ?territori settentrionali?, A. Ver

hulst, Die grdfliche Burgenverfassung in Flandern im Hochmittelalter, pp. 267-282, con ill. 1+2 f.t., W. Janssen, Burg und Territorium am Nie derrhein im spaten Mittelalter, pp. 283-324, con 4 ill. e un excursus a pp. 322-324 su Lehnrecht und Offenhausrecht nach niederrheinischen Quellen, H. v. Lengen, Der mittelalterliche Wehrbau im

ostfriesischen Kiistenraum, pp. 325-357, con ill.

17-f 1 f.t. in fondo al II volume, H. Jankuhn, Die sachsischen Burgen der karolingischen Zeit, pp. 359-382, con 4 ill., M. Last, Burgen des 11. und frUhen 12. Jahrhunderts in Niedersachsen, pp. 383-513, con ill. 75 -f 2 f.t., H. Patze, Rechts und verfassungsgeschichtliche Bedeutung der Bur

gen in Niedersachsen, pp. 515-564, e Fr. Benning hoven, Die Burgen als Grundpfeiler des spdtmit telalterlichen Wehrwesens im preussisch-livlandi schen Deutschordensstaat, pp. 565-601, con 15 ill., 8 tabelle. II secondo volume comprende, sotto la voce ?territori meridionali?, M. Schaab, Geographische und top ogr aphis che Elemente der mittelalterlichen Burgenverfassung nach oberrhei nischen Beispielen, pp. 9-46, con 10 ill., W. Hube ner, Die fruhmittelalterlichen Wehranlagen in Siidwestdeutschland nach archaologischen Quellen, pp. 47-75, con 15 ill., H.-M. Maurer, Rechtsver haltnisse der hochmittelalterlichen Adelsburg vor nehmlich in Siidwestdeutschland, pp. 77-190, con 1 ill., 2 tabelle, H. Maurer, Die Rolle der Burg in der hochmittelalterlichen Verfassungsgeschichte der Landschaften zwischen Bodensee und Schwarz wald, pp. 191-228, con 1 ill. -f 1 f.t. in fondo al vo lume, Fr. Rapp, Zur Geschichte der Burgen im

Elsass mit besonderer Berucksichtigung der Ga

nerbschaften und der Burgfrieden, pp. 229-248, K. S. Bader, Burghofstatt und Herrschaftseigen. Ldndliche Nutzungsformen im herrschaftlichen Be reich, pp. 249-272, O. P. Clavadetscher, Die

Burgen im mittelalterlichen Ratien, pp. 273-292, R. Endres, Zur Burgenverfassung in Franken, pp. 293-329, con 2 ill., P. Fried, Hochadelige und landesherrlich-wittelsbachische Burgenpolitik im hoch- und spatmittelalterlichen Bayern, pp. 331 352, con 1 ill., M. Mitterauer, Burg und Adel in den osterreichischen Ldndern, pp. 353-385, e H. Dopsch, Burgenbau und Burgenpolitik des Erz

stifles Salzburg im Mittelalter, pp. 387-417, con

1 ill. e con ed. di un documento del 1426 a p. 417; seguono la sintesi conclusiva di H. Patze, Die

Burgen in Verfassung und Recht des deutschen

Sprachraumes, pp. 421-441, e inline Pelenco delle illustrazioni, pp. 443-451, e l'indice dei soli

castelli esplicitamente citati come tali, pp. 452-478. L'arco cronologico considerato b tutto il Medio

evo, con excursus occasionali anche in direzione dell'eta moderna. Ai soli primi secoli del Medioevo, cioe all'eta merovingia e carolingia, si riferiscono le conferenze di Hubener sulle fortificazioni della Cermania sudoccidentale e di Jankuhn sui ca

stelli sassoni di eta carolingia, entrambe per forza di cose costruite soprattutto su testimo nianze archeologiche. Ma il baricentro delle rela zioni b evidentemente costituito dall'epoca classica di incastellamento diffuso e soprattutto ricostruibile anche dalle fonti scritte documentarie e normative

(fra queste ultime, ad es., il Sachsenspiegel, ampia mente utilizzato da Patze nel suo contributo sui

castelli della Bassa Sassonia): in particolare i secoli centrali del Medioevo dagli inizi del regno di Ger

mania al Grande Interregno (Verhulst, H.-M.

Maurer e H. Maurer), con specifico accento sulle

prime origini del fenomeno intorno al 900 nella

conferenza poi pubblicata a parte di Jaschke, sui suo dilagare nei secoli XI-XII in. nel preciso contributo di Last sui castelli della Bassa Sassonia

(piuttosto critico sulla possibility di utilizzare il coevo formarsi dei cognomi di origine locale come

traccia di castelli e di una precisa coscienza fami liare e nobiliare ancorata a questo tipo particolare di insediamento), sui secoli XII-XIII e piu precisa mente sull'eta degli Hohenstaufen rispettivamente nella conferenza generale di Schwind sui castelli

imperiali o regi, nelle due di Arens su palazzi e

castelli della dinastia sveva (dal punto di vista

piuttosto del contributo che puo dare in proposito la storia dell' arte) e in quella di Wiesinger su castel lo e citta nelTepica medioaltotedesca intorno al 1200. Infine il Basso Medioevo coi problemi parti colari dell'inquadramento dei castelli entro i na

scenti stati territoriali o entro una struttura co

munque centralizzata b trattato specificamente nelle conferenze di Janssen su castello e territorio del Basso Reno e di Benninghoven sui ruolo anche economico dei castelli entro l'apparato militare del territorio dell'Ordine Teutonico.

L'area geografica presa in considerazione rispec chia quella ? autodeUmitazione ai paesi di lingua tedesca che b uno dei principi del Konstanzer Arbeitskreis fur mittelalterliche Geschichte?,

organizzatore dei convegni confluiti nei due volumi

(Patze, II, p. 422): vi sono quindi considerati i

castelli dell'area ? vastissima ? corrispondente

nella geografia politica attuale alle due Germanie, alia Svizzera tedesca (e anche ladina, coi Grigioni espressamente trattati da Clavadetscher) e al

l'Austria, con in piu l'Alsazia (Rapp), le Fiandre

(Verhulst) e il territorio delTOrdine Teutonico

(Benninghoven), quest'ultimo da solo alTinizio del '400 esteso in linea d'aria da ovest a est, fra l'Oder

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e la Livonia, per ben 1100 km, quant'e la distanza tra Lubecca e Firenze (I, p. 566). Si e quindi evitato in linea di principio ? un ampliamento dell'ambito dei contributi alia Francia, Gran Bretagna, Spagna, Italia, agli stati dei Crociati o ad altri stati?, perche cio ? avrebbe portato a sintesi o generaliz zazioni che non avrebbero prodotto conoscenze nuove ? (Patze, II, p. 422). In realta, sconfinamenti

comparativi in area francese e inglese sono conte nuti nel contributo a parte di Jaschke, e riferi menti all'Italia anche degni di meditazione si trovano sparsi qua e la nella maggior parte dei contributi in misura molto maggiore di quanto lascerebbe supporre l'indice dei castelK che chiude il secondo volume.

Fra le aperture in direzione dell'Italia prevalgono naturalmente ?

soprattutto in conferenze di rela tori svizzeri e austriaci ? le allusioni ai castelli

dell'attuale fascia di confine con Farea di lingua tedesca, nel Medioevo a lungo dipendente dalle

formazioni politiche d'Oltralpe: anzitutto al prin cipato ecclesiastico di Aquileia come esempio di

politica castellana sistematicamente perseguita per la costruzione di uno stato territoriale (Ebner, I, p. 65 e n. 266, rifacendosi ad H. Schmidinger), e ancora ad Aquileia ed al Friuli in genere come area di diffusione del feudum habitantiae castri almeno dalla fine del '200 (H.-M. Maurer, II, p. 145 e n. 259, rifacendosi ad E. Klebel).

La parte del leone, pero, spetta col Trentino all'Alto Adige, dove i castelli sono stati oggetto di

studio intensivo (Dopsch, II, p. 387). Per quanto riguarda la tiplogia del fenomeno castellano nella zona sono ricordati: i castelli con prato non edificato

compreso nel loro stesso territorio, tipici delle

regioni alpine bavaresi e austriache, come intorno al 1500 Caminata/Kematen in Val di Vizze sopra

Vipiteno (Bader, II, p. 261 n. 43); i castelli con le

cappelle doppie a due piani comunemente ritenute caratteristiche dei palazzi regi, ma appunto fra Faltro in Alto Adige presenti anche in castelli di

principi territoriali come Castel Tirolo a nord di

Merano, il vicino Castel S. Zeno/Zenoburg presso Merano e Castel Regino/Burg Reineck in Val Sarentina a nord di Bolzano (Arens, I, p. 200, 201 e n. 17); i "gruppi di castelli" presso Merano, Bolzano e Vipiteno (Ebner, I, p. 25 n. 68), nati in qualche caso dalla combinazione del castello

principale con la torre del burgravio anche piu antica, come nell'attuale Torre del Capitano/Burg Branzoll presso Chiusa nella Val d'Isarco, nata dalla ristrutturazione ad opera dei vescovi di Bressanone dell'antica torre dei burgravi di Sa biona (Mitterauer, II, p. 381 e n. 133), i "contro

castelli", come nell'alta Val Venosta Montechiaro/ Lichtenberg e Castel Coira/Churburg presso Slu

derno, costruiti il primo dai conti del Tirolo per arginare Finfluenza nella valle del vescovo di Coira, il secondo piu tardi da quest'ultimo con un nome

programmatico a 4 km. di distanza sull'altro ver sante per la finalita esattamente opposta (Ebner, I, p. 32 n. 98).

Appunto al ruolo dei castelh altoatesini nel gioco

politico delle forze confinanti sono dedicate molte

pagine delle relazioni di Clavedetscher e Mitterauer. La prima, sui castelli della Rezia medioevale

owero dei Grigioni, analizza zona per zona il gioco politico che si svolgeva intorno ad essi contribuendo a definire Pattuale confine sudorientale della Sviz zera (II, p. 287): nell'estremita orientale della Val

Monastero e nella Val Venosta, ora entrambe italiane dopo essere state austriache, gli awocati di Castel Mazia/Matsch e dal '200 i conti del Tirolo

(cfr. anche Mitterauer, II, pp. 378-379, p. 385 e

n. 152), poi di Gorizia, sostituiti a partire dal '300 dai Brandeburgo e infine dagli Asburgo in quanto conti del Tirolo, riuscirono ad estromettere il vesco vo di Coira, che gia nel IX secolo aveva possessi a Merano (Clavadetscher, II, p. 289 n. 72), sia dal citato Castel Coira presso Sluderno (p. 285 e

n. 48-53) sia dal duecentesco Castel del Principe/

Furstenburg presso Burgusio/Burgeis (p. 285 e

n. 54-55), e anche ad attrarre sotto il loro controllo i signori di Castel Rotund di Sotto/Reichenberg presso Turbe/Taufers im Munsterthale, ora ultimo

paese dell'Alto Adige prima del confine svizzero

della Val Monastero (p. 282). Anzi, per testimonian za della cronaca delTAbbazia di Monte Maria/

Marienberg in alta Val Venosta, gli awocati e i

conti attraverso i citati Reichenberg riuscirono

persino a contendere con successo al vescovo di

Coira dopo l'estinzione nel XII secolo dei primitivi

proprietari il castello di Tarasp in Bassa Engadina, che difatti sarebbe rimasto exclave austriaca in

territorio grigione fino al 1803 (p. 284-285 e n. 44

46); per il resto pero nella Bassa Engadina e nella

Val Monastero i successi del vescovo di Coira sui

conti del Tirolo e sugli awocati di Mazia riguardo ai castelli di Steinsberg-Ardez e Ramosch deter

minarono la futura appartenenza delle due valli

nel loro complesso alia Confederazione (p. 286). Allo stesso modo piii a nord, sulla via dallo Julier a Coira, il vescovo estromise dal castello di Riom

nelFOberhalbstein i signori di Wangen-Burgeis (=di Vanga-Burgusio rispettivamente nelle valli

Sarentina e Venosta?), una delle prime famiglie di proprietari di castelli a portare nelle fonti coe ve ? dal 1170 ca. ? il predicato di nobilis (p. 289 e 280, cfr. anche Mitterauer, II, p. 369 n. 71). Invece la signoria del vescovo di Coira fu sempre incontrastata per mancanza di adeguata concorren za all'estremita sudoccidentale del territorio gri

gione al confine con la Lombardia: in Val Bregaglia perche* le famiglie recenti dei Castelmur, Salis,

Stampa e Prevost erano ascese nel servizio del vescovo e del resto rientravano non nel tipo del

Pantica nobilta mihtare dei possessori di castelli, ma in quello lombardo delle famiglie di origine notarile (Clavedetscher, II, p. 287); in Val Mesolcina

per lo stesso motivo, almeno finche sullo scorcio del Medioevo una nutrita serie di castelli non passo per via di acquisto al condottiero e consigliere milanese Gian Giacomo Trivulzio (p. 291).

Altri castelli dell'attuale Alto Adige, quest a

volta per lo piii della zona d'influenza della Chiesa di Bressanone, sono menzionati nella conferenza

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RECENSIONI 291

di Mitterauer su castello e nobilta nelle terre au

striache, attenta non solo al ruolo dei castelli nel

processo di formazione degli stati territoriali, qui dei vescovi di Bressanone e Trento (cfr. anche

Ebner, I, p. 65) e dei conti di Tirolo e Gorizia

(Mitterauer, p. 380, 385 e n.), ma anche alia strati ficazione dei loro tipi a seconda della diversa posi zione sociale dei fondatori e signori, che nel Tirolo alia fine del Medioevo erano relativamente poche famiglie di alt a nobilta affiancate da una massa

di minori famiglie cavalleresche, con conseguente diffusione nella zona al franco dei castelH veri e

propri anche di numerose caseforti (II, pp. 353 354 e n. 2 rifacendosi a J. Weingartner): edifici non utiHzzabili per la questione delTorigine dei castelli nobiliari come il tardo Castello S. Michele/ St. Michelsburg presso S. Lorenzo di Sebato allo

sbocco della Val Badia nella Val Pusteria, costruito entro Tinizio del '200 su terra forse fiscale e comun

que entro un'area di immunita ecclesiastica (p. 359 n. 33); castelli di famiglie comitali dei secoli X-XI,

spesso caratterizzati dal suffisso -6urg come Castel

Badia/Sonnenburg presso S. Lorenzo di Sebato,

poi trasformato in monastero (p. 362-363); castelli

di famiglie non comitali come nella stessa Val

Pusteria Chienes/Kiens e Riscone/Reischach, donati

nella seconda meta dell'XI secolo alia Chiesa di

Bressanone forse in relazione con Tingresso dei

loro signori nella ministerialita di quella Chiesa

(p. 364 e n. 52); corti e torri fortificate dei ministe

rial! dei vescovi di Bressanone come quelle dei si

gnori di Fi6/Vols presso TAlpe di Siusi o dei

vari rami dei signori di Villandro/Villanders presso lo sbocco della Val Gardena nella Val d'Isarco

(p. 380 e n. 126) o di quattro altre famiglie nella

citta di Bressanone (p. 382 e n. 137), oppure le

numerose residenze della piccola nobilta clientelare

sparse nei dintorni di antichi castelli comitali come

nella cosiddetta ?circoscrizione burgraviale? /

Burggrafenamt intorno a Castel Tirolo presso Me rano e nel territorio circostante il castello di Appia

no/Eppan presso Bolzano (p. 382), o inline le residenze di ridotto valore militare note come Masi

dello Scudo/Schildhofe in Val Passiria (p. 383). Beninteso, dalla meta del XII secolo si incontrano anche veri e propri castelli di ministerial", vescovili, come quelli di Voitsberg e Pfeffersberg presso Bres sanone e di Gernstein non lontano presso Lafons, costruiti dalla famiglia dei burgravi di Bressanone detta de Porta (p. 380 e n. 127, p. 382 e n. 150).

Infine, la particolare situazione del Trentino e

tenuta presente da piu relatori attenti a ricostruire la dottrina giuridica in materia di castelli quale almeno si puo ricostruire dalla prassi. In piu. punti si fa riferimento ad una sentenza della curia di Federico I emanata nel 1184 dal conte palatino in una causa sui diritto di fortificazione a favore del vescovo di Trento Alberto contro il conte del Tirolo Enrico, sentenza che riflette la tendenza del

potere regio anche prima della Confoederatio cum

principibus ecclesiasticis a penalizzare la costruzione di castelli su terra ecclesiastica da parte ad esempio di avvocati dell'ente stesso anche nel caso in cui

fossero contemporaneamente awocati di una con tea spettante a quella chiesa e quindi detenessero di fatto diritti comitali (Ebner, I, p. 44 e n. 157). La stessa causa riflette anche pero la nozione diffusa che il diritto di fortificazione non e solo regio ma anche dei conti in quanto rappresentanti locali del potere sovrano (H.-M. Maurer, II, p. 91 e n. 39, Mitterauer, II, p. 362 e n. 44), cosi come probabil mente sui diritto di fortificazione del conte si fon dava qualche anno prima Tautorizzazione dello stesso vescovo di Trento ad Enrico di Enna presso

Montagna, allo sbocco della Val di Fiemme nella Val d'Adige, a costruire un castello (H.M. Maurer, II, p. 91 e n. 40, pp. 135-136 n. 215 e 217 sotto Fanno 11-72, p. 134 e n. 213 sotto il 1178), su cui il vescovo stesso per giunta si assicurava un influsso forte e duraturo anche senza ricorrere alFistituto del feudo ligio, semplicemente facendovisi costruire una casa di sua proprieta e assicurandosene il diritto di apertura; allo stesso modo nel 1191 un

diploma di Enrico VI per il vescovo di Trento

Corrado, che vincolava alFautorizzazione di que st'ultimo la costruzione di torri nella citta e nel ducato e gli conferiva Fautorita di distruggere le costruzioni abusive, mostra la tendenza dei sovrani svevi a limit are alTambito dei plincipi dell'impero il privilegio di costruire e autorizzare fortificazioni, beninteso riservando a se stessi una sovranita

superiore (H.-M. Maurer, II, p. 90 e n. 33a). Come caratteristica generale del fenomeno castel

lano nella zona vengono indicate per FAlto Adige sulla scia del v. Voltelini (Fried, II, p. 332 e 351 con n. 85) Fimportanza durevole del banno di castello per Forganizzazione giudiziaria del terri

torio, evidente ad esempio nella ?circoscrizione

burgraviale ? fra Bolzano e Naturno/Naturns in Val Venosta, che era stata in precedenza distretto

giudiziario e amministrativo del burgravio del castello di Tirolo presso Merano (Ebner, I, p. 51 e n. 194), per il Trentino le piccole circoscrizioni castellane presso Trento, che con le curtes regie delFAlto Medioevo, con la Baviera e con la marca orientale dei Babenberg sarebbero gli unici esempi sicuri di organizzazione del territorio per castelli in area ? s'intende tedesca ? di antico insedia

mento (Ebner, I, pp. 52-53 e n. 303), e Funo e Faltro fenomeno viene rispettivamente avvicinato al Fltalia settentrionale col Friuli e FIstria e giudi cato sulla scia di Dilcher come di influsso italiano.

Sono, questi, due esempi di allusioni generali alia situazione italiana ?

piu esattamente del regno italico ? non tanto fondati su un'analisi puntuale del fenomeno come gia per il Trentino-Alto Adige, quanto desunti da una storiografia eterogenea per

provenienza come anche per area e periodo conside

rati, fra cui non mancano quella ? pietra miliare della storiografia castellana ? che e la monografia di F. Schneider (Ebner, I, pp. 15-16), quella coeva di P. Vaccari (Ebner, I, p. 58 n. 227) e la conferenza

spoletina di G. Fasoli su Castelli e signorie rurali uscita nel 1966 (Ebner, I, p. 56 n. 213), e inoltre

opere non specificamente castellane come la Italienische Verfassungsgeschichte di E. Mayer per

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292 RECENSIONI

il rapporto con mercato, sede di placito, immunita, e parrocchia (Ebner, I, p. 69 n. 293), la monografia lucchese di H. Schwarzmaier per i castelli di con

fine in Italia (Ebner, I, p. 30 n. 88), quella canossia na di V. Fumagalli per l'importanza del castello anche in precoci ambiti signorili non compatti ter

ritorialmente (Ebner, I, p. 59 n. 234), un articolo di J. R. Hale sulla fine della liberta fiorentina per il ruolo dei castelli cittadini (Ebner, I, p. 19 in

genere per questa peculiarity italiana, p. 57 e n. 221

per Firenze, p. 73 n. 311 per Bressanone) e una

suggestione di W. Schlesinger sulla grande diffu sione dei castelli allodiali e quindi sull'azione

disgregatrice nei confronti dello stato esercitata

piuttosto dall'allodialismo anche in territori forte mente feudalizzati come PItalia del Nord (Ebner, I, p. 49 e n. 183). Accanto a queste allusioni italiane di seconda mano, di solito bisognose quanto meno

di essere localizzate nello spazio e nel tempo come

anche nella tradizione storiografica di appartenenza, ne meritano un cenno altre che invece presuppongo no un contatto diretto con le fonti, come la diffu sione anche in Italia delTespressione e della realta dei castellani nel senso di truppe stanziali del castello in due diplomi di Ottone II ed Enrico III su Parma e Ferrara (H.-M. Maurer, II, p. 182 e n. 458), e la presenza anche a sud delle Alpi di

cappelle doppie a due piani non necessariamente o sicuramente connesse con castelli o palazzi regi, come quella di Montefiascone del sec. XII-XIII, che potrebbe aver servito da cappella papale (Arens, I, p. 199 n. 7). Un'altra categoria di riferimenti italiani degni

di nota riguarda nei due volumi Y Italienpolitik coi suoi riflessi di genere vario in area tedesca: il

regolamento militare emanato dal Barbarossa nel 1155 nel campo presso Asti come una delle possibili fonti, tratte in genere dal diritto di guerra, delle

piu tarde paci di castello (H.-M. Maurer, II, p. 114 e n. 152); il collegamento delle piazzeforti alpine dalla Svizzera settentrionale al Veneto con la

politica italiana dei Merovingi (Ebner, I, p. 31 rifacendosi a G. Lohlein) e Pinserimento dei castelli delPItalia del nord in un complesso strategico che nelPeta del Barbarossa includeva anche Franconia, Renania e Alsazia (Rapp, II, p. 230) e dopo il

passaggio agli Hohenstaufen dei castelli di Guelfo VI anche la Baviera (Fried, II, p. 346); il ruolo

strategico per i collegamenti con PItalia dei castelli di quelP? incompleto stato di transito ? che era il

Salisburghese non solo dal punto di vista commer

ciale, per il controllo della via del sale verso il Tirolo (Dopsch, II, p. 399), ma anche per le riper cussioni sugli itinerari sovrani, per cui, ad es., nel 1077, in relazione con Pappoggio dato dalPar civescovo Gebardo all'antire Rodolfo di Svevia,

obbUgarono ad una lunga diversione Enrico IV, che dopo Canossa aveva passato la Pasqua ad

Aquileia (Dopsch, II, p. 390 e n. 15-17, Patze, II, p. 432); Pesonero dei castellani di Friedberg da

parte di Guglielmo d'Olanda dalPobbligo di passare con lui le Alpi (Schwind, I, p. 121) e inversamente nel 1237 da parte di Federico II, in una situazione

diametralmente opposta di sentita Italienpolitik, per il bisogno cioe che il sovrano aveva allora di forze per la spedizione italiana, Findulgenza nel

l'applicare la Confoederatio cum principibus eccle siasticis nei confront! di Corrado di Strahlenberg, l'awocato del monastero di Ellwangen che su terreno di quelFente e senza il consenso di quest'ul timo aveva cominciato nel 1230 a costruire il castello detto Strahlenburg e che per questo era

gia stato colpito dal banno imperiale, ora appunto sospeso per tutto il periodo della spedizione italiana

purche* l'awocato prevaricatore contemporanea mente interrompesse i lavori edilizi e s'impegnasse a raggiungere col monastero entro 6 settimane dal ritorno un accomodamento onorevole, quale poi ebbe luogo effettivamente con la mediazione im

periale (Scbaab, II, p. 21, H.-M. Maurer, II, p. 95).

Infine un ultimo e ancor piu notevole gruppo di riferimenti al regno italico riguarda ?l'ltalia fuori d'Italia ?, beninteso sempre limitatamente all'area di lingua tedesca. Alcuni episodi hanno carattere

contingente, come nel 1142/49 le acquisizioni terri toriali della Chiesa di Salisburgo grazie fra Faltro ali'eredita del vescovo di Trento Altmanno (Mit terauer, II, p. 360 n. 35; Dopsch, II, p. 401), Fin ternamento come ostaggi nel 1252 dei due figli del conte di Corizia Mainardo nel castello di Hohenwerfen da parte dell'arcivescovo di Salisburgo (Dopsch, II, p. 396), la querela veneziana del 1360 circa presso il duca Rodolfo IV per il castello di

Hochosterwitz in Carinzia, rimasta senza seguito perche* il castello in questione non era feudo ducale

(Ebner, I, p. 50). Altri fenomeni, pero, sono ben

piu durevoli e di piii largo significato economico, giuridico e culturale: la presenza di due denari

milanesi del secondo quarto del secolo XI fra i reperti piu antichi del castello grigione di Nie derrealta a nord dello Spluga, uno dei pochissimi della regione la cui cronologia sia stata accertata in base a scavi modernamente condotti, vale a dire non solo limitati alle mura, ma anche estesi all'area circostante col suo materiale di scarto

(Clavadetscher, II, pp. 278-279 e n. 22); la dif fusione a partire da sud, cioe dall'Italia, dello strumento notarile e con esso della lingua docu

mentaria latina come probabile spiegazione del fatto che nelle valli meridionali dei Grigioni, di versamente che nelle altre anche di lingua ladina, il tedesco non era sempre la lingua dei ceti piii elevati e la lingua d'ufficio (Clavadetscher, II, p. 281); i probabili influssi italiani sui palazzi de

gli Hohenstaufen nel medio Reno, spiegabili non

solo con la comune dipendenza dalla Francia meridionale del tardoromanico e protogotico della zona e, di quello delF Italia del nord, ma anche con Fazione di scultori dell'Italia settentrionale che lavorarono a Kdnigslutter e fecero scuola,

importandovi forme gia diffusesi in Italia anche a partire dall'Asia Minore (Arens, I, p. 192 e n. 13 rifacendosi ad E. Kluckhohn); il mito delle

origini italiane, anzi romane nella leggenda bas somedioevale sull'origine delle famiglie comita

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recensioni 293

li di Berg e Mark da due fratelli della casata degli Orsini trapiantati da Ottone III nelle foreste nordiche dove fondarono due castelli, leggenda tramandata da Levold di Northof e ripetuta fe delmente da Gert v. d. Sehuren e che riflette come tante la coscienza che la costruzione del castello fosse il punto di partenza di ogni forma zione signorile (Janssen, I, p. 311 e n. 114).

Qualcosa da dire rest a ancora sui riferimenti alle altre formazioni italiane, appunto Roma ?

come capo della cristianita ? e il regno norman

no, poi svevo, delTItalia meridionale. Per quanto riguarda la Chiesa romana, uno dei primi episodi di accettazione di quegli edifici miUtari che pure nelle loro finalita contraddicevano Tetica cristia na si ebbe nel IX secolo da parte di Leone IV

per le necessita della difesa dalle prime incursioni arabe (Patze, I, p. 553); nel 1001 la coscienza dei delicati problemi potenzialmente connessi alia donazione ad un ecclesiastico di un edificio

miUtare spiega forse il singolare diploma di Ot tone III per il vescovo di Hildesheim riguardo al castello di (Konigs)dahlum, per il quale il be

neficiario eccezionalmente intervenne non presso il sovrano, ma con quest'ultimo e un duca durante un soggiorno romano presso Silvestro II (Patze, I, p. 554); il divieto di Vittore IV subito dopo il

concilio di Pavia di dare in feudo o alienare il

castello di Winzenburg in quanto costruito per la sicurezza della Chiesa di Hildesheim (Patze, I, p. 557) e solo uno dei tanti interventi papali in materia di castelli citati nei due volumi; il gia citato ruolo strategico e anche giudiziario dei ca

stelli del Salisburghese contribui nel '200 al fal limento definitivo della congiura dei ministeriali contro Farcivescovo Corrado con Parresto del

prevosto Albwin nel ritorno dal viaggio a Roma con cui aveva cercato, del resto invano, di gua

dagnare alia causa la Curia (Dopsch, II, p. 395 e n. 33); infine i grossi pagamenti da effettuare a Roma dopo Felezione di un nuovo arcivesco vo portarono la Chiesa di Salisburgo ad ipo tecare dei castelli, ad es. nel 1426 (Dopsch, II,

p. 410 e n. 92, p. 417). Per quanto riguar da Tltalia meridionale normanna e poi sveva, si ricordano gli stretti collegamenti del diritto di apertura col feudo ligio ivi accertati cosi come in Inghilterra (Ebner, I, p. 63), rinflu enza del tipo del castrum romano sui castelli svevi dell'Italia meridionale mentre quelli coevi della Renania attraverso la mediazione fran cese risentirebbero piuttosto del tipo del castel lo crociato (Ebner, I, p. 36 n. 116 rifacendo si a C. A. Willemsen), infine la popolarita di S. Nicola nella dedicazione di 5 su 12 cappelle palatine tedesche di eta sveva, riconducibile sia

all'esempio della cappella domestica lateranense di CaUisto II sia anche alPunione dell'It aha me

ridionale con l'impero, tanto piu che la chiesa di quel santo a Bari fu riconsacrata nel 1197 dal vescovo di Hildesheim Corrado davanti a un nutrito gruppo di crociati tedeschi e sarebbe stata designata nel 1215 e 1243 da Federico II

nostra specialis capella, mentre inversamente la

cappella di S. Nicola nel Duomo di Worms ri cevette in dono uno splendido reliquiario di Ni cola di Verdun da una regina di Costanza che doveva essere l'ultima della dinastia normanna

(Arens, I, p. 209 e n. 38). Tutt'altra questione e naturalmente quella

della ricchissima problematica svolta con infinite sfaccettature nei due splendidi volumi per l'area

linguistica tedesca dalle relazioni di carattere

generale di Schwind sui castelli regi e imperiali, della Naendrup-Reimann sulla condizione giuri dica civile ed ecclesiastica delle cappelle di ca

stello, della magistrate Lewald sui rapporto del castello con la canonica e il monastero (che b

rispettivamente di coesistenza piii o meno pa cifica e di assoluta incompatibility), di Arens

sugli aspetti artistici di castelli e palazzi con le relative cappelle, di Wiesinger sulla funzione del castello e della citta neU'epica medio alto tedesca,

ma anche dalle conferenze dedicate alle varianti

regionali del fenomeno, attente in generale al

rapporto castello-territorio e alTistituto del di ritto di apertura, inoltre ai condizionamenti to

pografici (Schaab), ai consorzi nobiliari ed alle

paci di castello (specialmente, ma non solo, Rapp), alia posizione del castello nel diritto agrario (Ba der), ecc. Che tale problematica vada assoluta mente tenuta presente

? per confermarla o ve

rificarla a seconda dei casi ? in un'auspicata impresa parallela sui castelli dell'intera area lin

guistica italiana, cioe di una zona geografica mente piu varia e piii condizionata dal mare e storicamente piu segnata dalla matrice romana di quanto non sia l'area linguistica tedesca, risulta evidente da alcuni spunti che gia di per se" ad una prima lettura suggeriscono un possibile pa rallelo, naturalmente nella dovuta consapevolezza delle differenze: la scarsita di montagne o comun

que alture e la penuria di pietra locale o almeno facilmente importabile come ostacoli ad un inca stellamento rapido e socialmente diffuso nel Basso

Reno e nella Frisia Orientale, almeno finchS non si perfeziond la tecnica necessaria a difendere castelli di pianura con fossati e finche* i cister censi e premonstratensi dalla fine del XII se colo non divulgarono la tecnica della costruzione con mattoni di materia locale (Janssen, I, p. 295, v. Lengen, I, p. 341); il ruolo decisivo dell'accesso al mare nel garantire in Frisia orientale rilievo non solo locale ai castelli di signorotti che di

professione erano mercanti e marinai quand'an che non pirati (v. Lengen, I, p. 354, e sia pure a proposito di una regione non solo di debole

potere comitale e tardive formazioni signorili e feudali, ivi p. 327 e 328, ma anche, a differenza deiritalia, assolutamente non urbanizzata); in fine la sopravvivenza ininterrotta o meno di rovine e strutture romane come fondamento di castelli (ad es. Schaab, II, p. 23 e Hiibener, II, passim, entrambi con esempi della Germania

sudoccidentale). Livia Fasola

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