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oramai passato ilnatale e ci pre-pariamo ad in-traprendere unnuovo anno e

come sempre tante sono lesperanze e le attese, i desi-deri e le paure.Uno dei segni più belli diquesto periodo è senzadubbio la luce, che prepo-tentemente ci circonda e ciricorda che è Natale. Appe-

Anno III - Numero 10

don Antonio Perrone

DICEMBRE 2010

PERIODICO DELLA PARROCCHIA B.V.M. DEL ROSARIO - MELISSANO

... E BRILLERÀ LA TUA LUCE!

All�interno......- Un canto corale come

educazione alla pace.

- Siamo a Natale edobbiamo andareincontro all�Amore.

- Continuiamo acamminare.

- La Bioetica: disciplina chesi costruisce col Dialogoper la ricerca dei principiumani.

- Culto di solidarietà.

- Tra sogni e realtà-

- Un giorno di festa.

- Amando c�è di più.

- Il presepe di SanFrancesco d�Assisi

- Caro Gesù ti scrivo.

na si vedono le vetrine deinegozi decorate con le luci,le strade adorne di lumina-rie, sentiamo che il nataleè vicino. La luce rivelaspesso una presenza, a vol-te è segno di un ricordo,altre volte di festa, semprecomunque risveglia la spe-ranza.

Non sarà proprio la spe-ranza a rendere bello ogniNatale? Non è forse all�in-

segna della speranza cheviviamo il mistero dell�In-carnazione? Noi chiediamoa quel Bambino di realiz-zare le nostre speranze, nonpotendo più indirizzare lenostre lettere né a BabboNatale e neppure alla Befa-na, perché le nostre richie-ste sono troppo impegnati-ve e ne andrebbe di mezzola loro credibilità, ci rivol-giamo a Lui.

Credo però che siagiunto il tempo di vederenel mistero dell�I ncarna-zione il momento in cuiegli si rivolge a noi, perchésappiamo essere segno disperanza gli uni per gli altri.Tutto in quel tempo è av-venuto per opera dello Spi-rito Santo, ma non senza lacollaborazione e l�impegnodell�uomo, nulla di buonoe di duraturo potrà oggiavvenire senza la collabo-razione di ogni uomo.

Nulla potrà cambiare sei germogli di bene che ognitanto spuntano non vengo-no coltivati, se pensiamoche una cosa buona, fattauna volta sola possa bastareper sempre, se attendiamo

che il bene arrivi dagli altri.L�Incarnazione, il viverenella storia e per la storia,è uno stile di vita che ap-prendiamo da Dio, ma chedeve diventare il nostro sti-le, si tratta credo di un sanoprotagonismo che non devescadere nella prepotenzané nella superbia.

Quando avremo la pie-na consapevolezza del no-stro essere con gli altri, pergli altri e tra gli altri, quan-do �toglierai di mezzo a tel'oppressione, il puntare ildito e il parlare empio,quando offrirai il paneall'affamato, sazierai chi èdigiuno, allora brillerà frale tenebre la tua luce, latua tenebra sarà come ilmeriggio� (cf. Is 58, 9 -10)e si realizzerà questa profe-zia e sarà davvero un nuovoanno. Non accontentiamocisolo di scambiarci gli augu-ri, impegniamoci sempredi più a scambiarci la ric-chezza della nostra espe-rienza e della nostra vitaper il bene di tutti.

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Musica, Maestro!

2 A. III - n. 10

sempre p iùforte in tutti noiil bisogno diraccogliere la

coscienza dell�uomo at-torno ai significati, reali erealizzabili, presenti in quelconcetto del vivere che sia-mo soliti indicare con laparola <<PACE>>.

Un bisogno motivatodalla stragrande diffusionenel mondo di pratiche con-tro il rispetto della vita, del-la natura e del rapporto fragli uomini: i disastri ecolo-gici, gli intrighi internazio-nali, le libertà violate, gliatti di terrorismo, i focolaidi guerriglia, la produzionee il consumo della droga.Il vivere quotidianamentequeste esperienze come unanormale abitudine è certa-mente un passo negativo epurtroppo diseducativo,orientato com�è verso que-sto genere di <<cultura del-la morte>> intesa nel sensopiù ampio del termine.

La giusta e alternativarisposta a queste pratichecontro la vita va trovata so-lo all�interno di un progettoche può solo definirsi conil termine di �Educazionealla pace�. Questa educa-zione dovrà essere la piùimportante disciplina socia-le ed ogni operatore sociale,in qualsiasi campo operi,dovrà saper trovare e rea-lizzare una educazione allapace con il vero e non for-zato contribuito offerto dal-le sue competenze specifi-che, rendendo così i valoridella pace una vera e pro-pria pratica di vita. Esistonomolteplici termini che han-no assunto i tanti valoriconnessi con la ricerca quo-tidiana della pace: calma,serenità, distensione, relax,libertà, unione, comunione,accordo, scambio, amicizia,fratellanza, sintonia, armo-nia, equilibrio, rispetto�Valori questi che devono

IL CANTO CORALE COMEEDUCAZIONE ALLA PACE

trovare inevitabilmente unospazio di diffusione e ma-turazione all�interno dellavita sociale.

Si può parlare di cantocorale in termini di pace?Certamente sì!!! Nel cantocorale è presente un concet-to che trova riscontro anchenelle pratiche della pace:costruire in armonia qual-

cosa insieme.Tante sono, infatti, le

operazioni che devono tro-vare in accordo il gruppoperché esse siano costruttive:accettare i propri ruoliall�interno del coro, iniziareinsieme, sincronizzare ritmie velocità, intonarsi, inter-pretare, terminare insieme,fondersi in un unico risultato.

Prendere coscienza diquesta grande capacità dellamusica d�insieme significaimpostare il canto coraleprevalentemente sul gruppostimolando ogni singolo in-dividuo all�organizzazionecon il preciso intento di pro-vocare il maggior numerodi momenti di dialogo,scambio, rapporto, comuni-cazione. Entrare a far partedi un coro parrocchiale po-trebbe essere il nostro esi-guo contributo verso la pace.

La pace è un program-ma di lavoro per tutti, etutti devono sentirsi coin-volti: bambini, giovani,adulti. Con tanto entusia-smo nel cuore vi invito dun-que a cantare in un coronella viva speranza che isemi della pace possonotrovare un fertile terrenoper poter germogliare e svi-luppare.

Antonella Manco

Dai LettoriUn nostro affezionatissimo lettore, nonché �Autore� di articoli,

ci propone questo scritto�

�Siamo a Natale edobbiamo andare incontro all�Amore...�Nell�anniversario della sua scomparsa,

ricordiamo don Quintino Sicurocon una lettera da lui scritta all�amico Aldo Montini �Siamo a Natale e dobbiamo andare incontro all�Amoreche sta per apparire �incarnato� nel dolce BambinoGesù. E come andargli incontro? Con un cuore pienod�Amore e dilatato all�Amore. Amore fedele delle grandie piccole cose. Amore ingegnoso che di tutto si valeper ricambiare l�infinito Amore di Dio. �Amore con amorsi paga�. E� il motto che ha fatto i Santi, che ha spronatouna gran moltitudine di anime alla più grande generosità.Con questo Amore, caro Aldo, prepariamoci al Nataleperché nell�incontro il piccolo Gesù ci trovi fedeli.Giovanni, il grande predicatore dell�Avvento, ci invita apreparare le vie del Signore con l�umiltà e la penitenzaperché un cuore non mortificato, un cuore occupatodall�amor proprio e dalla superbia, non potrà essereriempito da Dio e troppo esiguo sarà il posto riservatoal Bambino di Betlemme�.

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Scuola di Preghiera - Nardò, 18 dicembre 2010 - Seminario Diocesano

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BETLEMME:LA CASADEL PANEA distanza di un mese,

chi ha già partecipato allaproposta diocesana dellaScuola di Preghiera sentela necessità di riviverla.

Ore 18:00 � Stanzadella Testimonianza

Musica tribale, percus-sioni, voce calda di unadonna africana che cantae si muove ritmicamente.Sulla parete la proiezionedi questo video che rac-conta i colori dell�Africacon la sua gioia e la suasofferenza; in fondo, duesedie e due donne che se-guono la musica ognunacon il proprio bongo trale mani.

Entrambe provengonodalla Tanzania; una delledue è suora ed inizia aparlare raccontando leabitudini della sua comu-nità in Africa, legate aduna cultura completamen-te diversa dalla nostra.Giovani donne che vannoin spose a uomini moltopiù grandi e che neppureconoscono; morti improv-

vise le cui cause sono sco-nosciute semplicementeperché non si posseggonoi mezzi per identificarle oprevenirle; bambini co-stretti a lavorare fin dallatenera età per procurareper sé e per la famiglia unpezzo di pane; infine glianziani, apice della gerar-chia, attorno ai quali la fa-miglia si raccoglie per at-tingere saggezza.

Ecco quindi il divariotra l�Africa e il nostromondo: qui gli anziani so-no soli, abbandonati dalleproprie famiglie alle loromalattie e visti come il pe-so della società. Ed eccoche l�Africa sopperisce al-le nostre mancanze. Le duedonne infatti dedicano lapropria vita alla cura deinostri anziani in una casadi accoglienza. Ma si puòveramente sopperire aduna simile mancanza?

Ore 18:30 � Stanzadella Parola

Un odore, all�iniziosottile, quasi impercettibi-le, poi sempre più definito:è l�odore del pane! Un pa-ne appena sfornato proprio

lì, nella stanza della Paro-la, dove è in attesa un for-naio, tra sacchi di grano ecumuli di farina pronti peressere impastati conl�acqua dalle sue maniesperte. Sulla parete laproiezione di un altro vi-deo che mostra Maria in-tenta ad impastare il panee Pietro che va a farle vi-sita. Mentre Pietro aiutaMaria a versare l�acqua,lei racconta le sue pauredopo che l�angelo le avevaannunciato che sarebbe di-ventata la madre del Figliodi Dio. Lei aveva paura:paura di non essereall�altezza, paura di perde-re la fiducia delle personecare, paura di non esserecreduta. E invece� Il vi-deo termina proprio così,con Maria che sorride aP i e t r o e d i c e : � Einvece��.

E invece il Figlio diDio è venuto al mondo eMaria l�ha tenuto nel suogrembo per nove mesi permetterLo alla luce proprioin una città chiamata Bet-lemme, che in ebraico si-gnifica �Casa del Pane�.Appena nato l�ha avvoltoin fasce per tenerlo al cal-do come si fa con la pastadel pane per farla lievitare,e l�ha deposto in una man-giatoia.

Usando le parole di

don Tonino Bello: �Sotto,quindi, la paglia per le be-stie. Sopra la paglia, il gra-no macinato e cotto pergli uomini. Sulla mangia-toia, avvolto in fasce comein candida tovaglia, il panevivo disceso dal cielo. Ac-canto alla mangiatoia, co-me dinanzi a un taberna-colo, la fornaia di quelpane�.

Uscendo dalla stanza,ognuno stringe tra le maniun pezzo di pane caldo efragrante.

Ore 19:00 - CappellaSempre lì, ancora una

volta ai piedi di Gesù fattopane, nella penombra dellaCappella, ogni vita è spez-zata, sbriciolata ed infinerinnovata dalla Sua mise-ricordia.

Così nasce la speranzae il desiderio di spendersiper gli altri.

Così il pane vienespezzato e condiviso, e di-videndosi si moltiplica, epassando di mano in manosazia la �fame� di ognuno.

N.B. La Scuola di Preghie-ra non è riservata a pochi, maè pensata per ogni giovane del-la diocesi che sente il desideriodi affacciarsi ad un�esperienzanuova che dà la possibilità divedere le cose di ogni giornoda una prospettiva differente.Il prossimo appuntamento èprevisto per il 29 gennaio 2011.

I giovani e la Diocesi

CONTINUIAMO A CAMMINARE

Paola Nassisi - Antonella Sarcinella - Lorenzo Scozzi

Diario da �una scuola di preghiera�

Atrio del Seminario durante la scuola di preghiera.

Il Vescovo saluta singolarmente i giovani che hanno partecipatoalla scuola di preghiera.

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Grandangolo

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LA BIOETICA:Disciplina che si costruisce col Dialogoper la ricerca dei principi umanistici

Cosimo Scarcella

a bioetica è laparte dell�etica,che studia i fe-nomeni della vita

organica e va alla ricerca dirisposte efficaci ai problemirelativi alla procreazione, allav i t a e a l l � es t inz ionedell�essere umano; alle pro-blematiche, cioè, riguardantila nascita e lo sviluppo delcorpo, l�età matura e la vec-chiaia, la salute e la malattia,la morte. L�etica (e, quindi,anche la bioetica) è una di-sciplina che si fonda sullaragione umana, in quantocerca di conoscere con seve-rità razionale i fondamentigenerali, sui quali sarà stabi-lito quali comportamentidell�uomo sono buoni, giustie moralmente leciti, e quali,invece, sono cattivi, ingiustie moralmente scorretti.L'etica e la bioetica, pertanto,non possono costruirsi su ba-si solamente sentimentali oriconducibili soprattutto aslanci emotivi d�umana soli-darietà e d�amorevole com-passione, che rimangono cer-t a m e n t e s e n t i m e n t iinviolabili e degni di rispetto,ma inadeguati a trovare e amostrare la strada che nellescelte morali devono imboc-care sia gli individui che lesocietà. Solo una disciplinasistemata con rigore logicopuò gettare le basi e fissarei limiti, entro i quali nè potràné dovrà spingersi la liberavolontà degli uomini e la le-gittima autorità degli stati.Nella bioetica bisogna distin-guere la parte �descrittiva�e la parte �normativa�. Nellabioet ica �descr i t t iva�s�osservano e si descrivonoi comportamenti riscontrabilidegli uomini, al fine di capirei motivi veri della loro con-dotta morale e di renderecomprensibili gli atteggia-menti realmente presenti eoperanti in un ben precisocontesto sociale e culturale;nella bioetica �normativa�,invece, s�individuano alcuni

principi generali, sui quali sidovrà regolare il comporta-mento umano e dai quali suc-cessivamente si dovrannoricavare norme precise perla soluzione concreta dellesingole situazioni reali. Sonoentrambe parti d�estrema im-portanza, anche se una certapriorità va riconosciuta allabioetica �normativa�, inquanto essa tratta i principigenerali che indicano i valorida rispettare e i fini da cer-care di raggiungere. Ancheperché, mentre nell�ambitodelle norme pratiche possonoverificarsi scontri duri e con-trapposizioni inconciliabili,invece, nell�ambito dei prin-cipi (che, per quanto diversi,non sono mai contraddittori,ma solo differenti e, quindi,negoziabili) non solo è pos-sibi le, ma addiri t turas�impone la necessità di con-frontarsi e di discutere, perr a g g i u n g e r e a l c u n i�compromessi� concepibilinel rispetto d�una scala divalori essenziali concordati,condivisi, accettati e difesi.

Così definita la bioetica, emergono due conseguenzeevidenti e necessarie: in pri-mo luogo, che essa non potràessere mai una disciplina fis-sata una volta per tutte e,quindi, immutabile e validain ogni tempo e in ogni luo-go; e, in secondo luogo, cheessa non è una materia asso-lutamente autonoma e indi-pendente. Infatti , conl�avanzare delle conoscenzee con il progredire delle tec-nologie mutano continua-mente i costumi del viverecivile, emergono semprenuovi criteri di valutazionedel comune senso morale,nascono improvvisi nuovicampi d�interesse: e da tuttociò si generano difficoltànuove e spesso imprevedibi-li, che a loro volta pongonoquestioni globali, che coin-volgono sempre e comunquel�essere umano in tutta la suaintegralità di corpo e anima,

di materia e spirito. E� asso-lutamente inevitabile, allora,che si sconfini dall

�ambito esclusivo dellabioetica e si entri nel campodi altre discipline, il cui ilcontributo diventa indispen-sabile e insostituibile.

In ogni caso la bioeticadovrà affrontare problemati-che delicate e complesse, cheinnegabilmente toccano sem-pre l�intimità più sacradell�essere umano, che si di-batte nello sforzo di scopriredavvero il significato ultimodella sua vita e di fare one-stamente le scelte più giusteper realizzarlo. Per questo labioetica ha bisogno del con-tributo forte, responsabile egeneroso di uomini in pos-sesso d�una formazione qua-lificata, d�un�esperienza con-solidata e di abilità provata;essa richiede, cioè, una saldae sicura esperienza professio-nale e morale, che s�acquistasolo mediante l�osservazionecontinua, attenta, umile e in-

dulgente dei comportamentiumani, e che si consolidasolo mediante il lavoro quo-tidiano compiuto con bene-vola partecipazione e conumano coinvolgimento nelcapire, nel vivere e nel risol-vere i difficili problemi ri-guardanti la vita, la salute,la malattia, la sofferenza e lamorte. Il primo sostegno ri-chiesto è quello del medico,il quale, però, non intenda lasua professione come unamerce né amministri la ma-lattia come un funzionario,ma che, sempre con il dovutodistacco professionale, sap-pia percepire e condividerepaure e speranze, angosce easpettative del proprio�paziente�, instaurando conlui un rapporto anche di pre-murosi sentimenti di sinceraumanità. Indispensabile, poi,è l�apporto dello scienziatobiologo, il quale, mantenen-do continui contatti con tuttigli altri soggetti interessati,metterà a disposizione le

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conquiste delle sue ricerchee i progressi della tecnologia.Decisiva, inoltre, è la colla-borazione del giurista espertonella organizzare un ordinatoe aggiornato registro, in cuiannotare e comparare il mag-gior numero possibile di casiconcreti, in base ai quali siap o s s i b i l e v e r i f i c a r el�attuabilità dei principi ge-nerali. Infine, alla bioeticanon può né deve mancare ilsostegno del filosofo e il sup-porto del teologo, i quali,risalendo dalle problemati-che poste dalla scienza allequestioni etiche generali, in-dividueranno alcuni principimorali capaci di guidare lacondotta da seguire nelle sin-gole situazioni concrete.

Da queste considerazioniconsegue che nel campo del-la bioetica nessuno - perquanto ricco di esperienza,di studi e di conoscenze -può ritenersi autosufficiente,cioè del tutto completo edesaustivo. La bioetica avanzae si consolida solo medianteil dialogo aperto e leale tramedico, scienziato, giurista,filosofo, teologo e chiunquealtro ritenga di avere qualcheesperienza da comunicare equalche valore da rivendica-re. Lo spirito davvero auten-tico e validamente costrutti-

vo della bioetica, quindi, stanel dialogo: cioè, nella dispo-nibilità di tutti a recepire conumiltà le varie opinioni, avagliare con lealtà le ideedifferenti o addirittura con-trastanti, a ponderare pacata-mente le diverse argomenta-zioni, a prestare attenzionealle sensibilità anche più lon-tane. Questo atteggiamento,peraltro, non significheràmai un rinunciare al coraggiodi dichiarare, difendere e ap-plicare con fermezza i prin-cipi generali, cui si sia per-venuti con mente aperta esincera e che siano stati con-divisi con ragionevole chia-rezza.

Non esiste, pertanto, unabioetica vera e tutte le altrefalse; nell�etica e nella bioe-tica non c�è posto per il veroe per il falso, in quanto inesse sta raccolto e conservatol�intero insieme delle rispo-s t e , c h e n e l c o r s od�innumerevoli anni sonostate date alle molte, diverse,nuove, imprevedibili doman-de, che situazioni problema-tiche spesso immediate han-no posto davanti alla ragionee alla volontà dei singoli edelle società. Del resto è suf-ficiente considerare comenel tempo si sono evoluti glistessi principi generali etici

e come, conseguentemente,sono cambiate molte posizio-ni morali, per rendersi contoche tutta la bioetica non è unqualcosa di astratto e che vie-ne dal vuoto, ma è il risultatotestimoniato delle scelte, cheuomini e società hanno fattoin ben definiti contesti cultu-rali prevalenti e in situazionisocio-economiche dominanti.Non c�è, quindi, alcun motivovalido, per cui si possa rite-nere che la risposta di unodebba valere necessariamenteanche per tutti gli altri; maognuno presenterà il suo pro-blema, ipotizzerà la sua opi-nione, argomenterà il suoconvincimento e lo offriràagli altri, affinchè lo vaglino,lo giudichino ed eventual-mente decidano se e fino ache punto possano condivi-derlo ed accoglierlo. In bioe-tica, dunque, ognuno devepoter seguire la propria strada,ovviamente sempre entro iconfini stabiliti secondo iprincipi generali discussi econdivisi.

In questa prospettivas�introduce anche nel campodella bioetica quel principiobasilare � anch�esso per suastessa natura fortemente�etico�, in quanto sostenutoda una valida scelta �etica� - della tolleranza. Pensare e

agire secondo lo spirito�etico�, proprio della tolle-ranza, significa consentire aogni cittadino di avere unapropria opinione ragionevo-le, di fare una sua scelta re-sponsabile, di esprimere sen-za timori il suo pensiero e direalizzare i convincimentiche gli suggeriscono la suaconoscenza e la sua coscien-za; nella cultura della tolle-ranza, cioè, nessuno può im-porre a un altro il propriopensiero né può impedire adaltri di vivere secondo la pro-pria visione di vita. Ovvia-mente anche la tolleranza ècircoscritta da limiti ben de-finiti e assolutamente invali-cabili, sintetizzabili tutti nelvalore inviolabile del rispettodella dignità di ogni �altro�,dall�istante del suo concepi-mento al momento della suamorte. A garantire l�ossequioassiduo e il più rispettosopossibile di questo valoresono indirizzati il diritto e lamorale. Il primo come strut-tura, che le società si dannoper offrire norme precise perla convivenza e la collabora-zione produttiva; la secondacome appello esclusivodell�animo umano, che dettaa ogni individuo i comporta-menti da tenere nei diversicasi della vita.

Dai Lettori FIDAS:CULTO DI SOLIDARIETÀ

Carissimi,è bello concludere il 2010/iniziare il 2011, con un

grazie per il piccolo grande gesto, che ogni giorno, idonatori compiono, ridonando il sorriso e la speranzaa chi lotta per rimanere in vita.

In quest�epoca, in cui l�egoismo e l�arroganzacaratterizzano i rapporti tra gli individui, i donatorisono l�esempio, di quanto sia bello offrire una piccolaparte di se stessi , senza secondi fini e per il solopiacere di aiutare gli altri. Essi sono per tutti modellodi generosità e di impegno, gratuito , anonimo spon-taneo.

Il confronto, la lealtà, il comportamento, l�amicizia,l�entusiasmo, il mettersi a servizio degli altri, la cono-scenza, questi sono i valori che reggono la nostraassociazione da 33 anni, ed oggi più che mai proiettativerso il futuro, accogliendo e valorizzando, una realtàgiovanile portatrice di idee nuove e risorsa preziosis-sima per la nostra comunità.

Inoltre, vorrei segnalare che grazie alla dedizionee alla sollecitudine di molti dei nostri consociati,abbiamo superato, nel 2010, la soglia delle 700 do-nazioni. E questo non può che rendermi orgogliosaper i risultati ottenuti,grazie alla comunità melissanese,da sempre attenta ai bisogni degli altri.

Mi auguro , che l�entusiasmo e l� altruismo che ha

sempre contraddistinto la nostra Melissano possacontinuare a risvegliare in noi il desiderio di farsi donoper gli altri.

Augurando che il Natale possa essere per Voin o n s o l ol�occasione perscambiarsi i re-gali , ma so-prattutto, la fe-sta dell�amore,dell�amicizia edella solidarietà,concludo conuna frase diMadre Teresa,esempio tangi-bile di genero-sità e di donogratuito di sé:��.a volte nonservono gran-di gesti, mapiccoli gestifatti con gran-de amore �.�

Buon 2011

Lucilla Piscopiello - Presidente FIDAS Melissano

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che le azioni educativepartano dalla realtà di vitadell�interlocutore che siha di fronte; che le predi-che, le omelie, le cateche-si, le azioni pastorali con-corrano ad �incarnare� LaParola proprio �lì, in quel-la persona lì!�.

La realtà non conosciu-ta spaventa e fa male; larealtà conosciuta aiuta adaccettarla, ad imparare agestirla, ad amarla. E solola percezione forte di unosforzo comune in tal sensorivitalizza una comunità,la nostra comunità.

Grazie Arciprete diaverci regalato un so-gno�reale!

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p p o r t u n a efondamentalemi pa re l aquestione posta

d a D o n A n t o n i ocon��Regaliamoci so-gni!� (v. �Il Carrubo� dinovembre �10), soprattut-to laddove parla di sognilegati alla ��realtà chepuò cambiare�, sogni da��realizzare�, sogni che��spesso diventano illuogo della progettualità�,sogni ��da condivideree collegare insieme�, so-gni che escono ��dal re-cinto del giardino o inutilise chiusi nel cassetto�, so-gni ��condivisi che pos-sono esprimere la vitalitàdella nostra comunità�.

E pensare che ancheparlando di crisi economi-ca e socio-politica in ge-nerale, gli osservatori af-f e r m a n o p r o p r i ode l l �assenza d i un�sogno� quale leva man-cante, ma fondamentale,da cui partire per uscirne.Davvero tanti i propositori(poco credibili o pococonvincenti) di sogni; tan-ti i venditori (manifesta-mente sciocchi o imbro-glioni) di sogni. E intantola realtà della vita�decli-na il suo corso.

Ho maturato la con-vinzione che esiste unproblema, una difficoltàdi base che accomuna og-gigiorno grandi e piccoli:il mancato senso di realtàe di aderenza ad essa digran parte del nostro agi-re. E� netta la sensazioneche spesso la realtà la sor-voliamo, la neghiamo, ladistorciamo (è il meglioche ci riesce!), la temiamoo ci impantana. Ma la re-altà esige di essere ap-procciata e conosciuta ol-t re c iò che appareimmediatamente, ancheperché ��l�essenziale èinvisibile agli occhi!�. E.comunque, il sogno è le-

TRA SOGNI E REALTÀ

gato alla realtà, sennò di-venta alienazione che ge-nera, esprime e mantie-ne�malessere.

Mi viene in mentequanto Don Tonino Bello(credo nell�unica sua visitaa Melissano, nel 1974 o1975) disse a noi giovanidi allora, riprendendo unantico detto cinese (mi pa-re): �lègati con un filo aduna stella, e vai!�

Abbiamo tutti urgentebisogno di gesti e paroledi realtà: che le proposted e l p o l i t i c o edell�amministratore pub-blico parlino di come stan-no veramente le cose, an-che se dure e sconvenienti;

Roberto Faiulo

Dai Lettori

Don Tonino Bello

Dai GruppiUN GIORNO DI FESTAAppunti da una giornata straordinaria

Maria Renni

Ore 8.30: Piazza Immacolata ègremita di gente, ci sono commercianti,operai, medici contadini, gente ignota,che, tra una stretta di mano ed unbuon giorno, ascolta la banda. Tuttointorno è uno sfavillare di colori e diluci, che lascino presagire la delicatae semplice bellezza delle luminarieche si accenderanno la sera. Il suonomelodico delle campane invita i fedelialla Santa Messa, durante la qualeavrà luogo l�ammissione di sei nuoviconfratelli. Guardando i loro volti ap-parentemente calmi, si nota un po� diansia e trepidazione, mitigate da unaprofonda devozione alla Santa Vergi-ne. Terminata la Celebrazione Euca-ristica, dopo uno scambio di auguri equalche lacrima ci si saluta dandosiappuntamento in serata per la parte-cipazione alla processione, in onoredella Beata Vergine Immacolata.

Ore 12.30: Piazza Immacolatasembra concedersi un attimo di sosta,come presa dalla sonnolenza, tra po-che ore si rianimerà.

Ore 23.00: la piazza tace. Si ad-dormenta dopo una intensa e bellissi-ma giornata.

Melissano, 8 dicembre 2010 - Solennità dell�Immacolata

All�ingresso della Chiesa.

Intenti a cucnare.

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ra mille arcoba-leni di striscionicolorati,tra mi-gliaia e migliaia

di ragazzi , di giovani e diadulti che cercavano di co-gliere quel di più c' eravamoanche noi dell' Azione Catto-lica Don Quintino Sicuro diMelissano il 30 Ottobre2010, ad attendere con ansiae trepidazione il discorso delpapa. Ed eccolo che dopoaver fatto un giro con la suaautomobile per salutare tuttinoi, s'affaccia alla finestra.

Quel forte frastuono divoci si interrompe con laprima domanda rivolta a suaSantità da un bambino diACR: "Santità, cosa significadiventare grandi?Cosa devofare per crescere seguendoGesù? Chi mi può aiutare?Il papa risponde: " La ri-sposta più bella su che cosasignifica diventare grandi laportate scritta sulle vostremagliette, sui cappellini, suicartelloni: " C'è di più"- Al-lora continua a raccontare diquando era bambino che es-sendo il più basso tra tutti isuoi compagni desideravafortemente diventare un gior-no molto grande, non solo inaltezza ma si accorse di volerfare qualcosa di grande, qual-cosa di più nella sua vita.Così lasciandosi guidare dalsuo cuore, ascoltando la suavoce riuscì a realizzare il suoDi più e a rispondere allachiamata di Dio.

" Essere grandi vuol direamare tanto Gesù , ascoltarlo

AMANDO C�È DI PIÙRagazzi e Giovanissimi dell�A.C. di Melissano

Dai Gruppi

e parlare con Lui nella pre-ghiera,incontrarlo nei Sacra-menti,nella Santa Messa,nellaConfessione; vuol dire cono-scerlo e farlo conoscere aglialtri",vuol dire condividereil suo amore di Padre con inostri amici, con i più poverie con gli ammalati. Così nonsolo si diventa grandi in al-tezza ma anche nell' anima.Infine conclude dicendo che" L' ACR è proprio parte diquel "di più", perché non sie-te soli a voler bene a Gesù ,ma siete in tanti".

Una voce flebile risuonadal microfono posto alla suadestra, è quella di una giova-nissima che domanda: " San-tità, i nostri educatori ci dico-no che per diventare grandioccorre imparare ad amare,ma spesso ci perdiamo e sof-friamo nelle nostre amicizie,nei nostri primi amori. Mache cosa significa amare finoin fondo?Come possiamo im-parare ad amare davvero?

" E' molto importante im-parare l' arte del vero amore!Nell' adolescenza ci si fermadavanti allo specchio e ci siaccorge che si sta cambiando,ma fino a quando si continuaa guardare se stessi, non sidiventa mai grandi!

Diventate grandi se sietecapaci di fare della vostravita un dono agli altri, nondi cercare se stessi, ma didarsi agli altri:questa è lascuola dell' amore". Spessola nostra età porta molti adavere una visione distorta esbagliata dell'amore, consi-

derato solo " merce di scam-bio"; "voi non potete e nondovete adattarvi ad un amoreridotto a merce di scambio,da consumare senza rispet-to,incapace di castità e purez-za.

Questa chiusura vi dàl'illusione di un momento manon vi fa grandi,vi lega comeuna catena che soffoca glislanci veri del cuore,quellaforza insopprimibile che èl'amore e che trova in Gesùla sua massima espressionee nello Spirito Santo la forzae il fuoco che incendia le vo-stre vite". Sono queste toc-canti e forti parole che ci do-nano il vero significatodell'amore, quell'amore checi darà una gioia vera. Perconcludere nostra Santità ciprega quasi con un imperati-vo da seguire e da porre allabase delle nostre giovani vi-te:" Giovanissimi di AzioneCattolica,aspirate a metegrandi, perché Dio ve ne dàla forza!"

E per finire viene postaal Santo Padre una domandada un educatore sull'etimoappunto di questo termine:"Santità, cosa significa oggiessere educatori?Come af-frontare le difficoltà che in-contriamo nel nostro servi-zio?E come fare in modo chesiano tutti a prendersi curadel presente e del futuro dellenuove generazioni"? " Direiche essere educatori significaavere una gioia nel cuore ecomunicarla a tutti per rende-re bella e buona la vi-

ta;significa offrire ragioni etraguardi per la vita, significasoprattutto tenere sempre altala meta di ogni esistenza ver-so quel "di più" che ci vieneda Dio.

Questo esige una cono-scenza personale di Gesù, uncontatto personale. Sapetebene che non siete padronidei ragazzi,ma servitori dellaloro gioia a nome di Gesù,guida verso di Lui.

Non potete essere auto-sufficienti, senza presenzadella famiglia rischiate di co-struire sulla sabbia . L' Azio-ne Cattolica ha il coraggio diessere sale e luce, e la vostrapresenza qui dice non soloa me, ma a tutti voi che èpossibile educare. Abbiate l'audacia di non lasciare nes-sun ambiente privo di Gesùcon la vostra missione di edu-catori."

L' essere educatore è unamissione divina, è l' elevarel' animo umano a sentimentiprofondi , a nuove esperienze,corrisponde all' essere guidae punto di riferimento dellanostra esistenza , perché èproprio in questa fase cosìmeticolosa di quest' ultimache abbiamo bisogno di qual-cuno che illumini la nostravita .

Il Santo Padre ci ha inse-gnato molto, attraverso lesue risposte ai nostri interro-gativi quasi esistenziali; gra-zie a lui abbiamo compresola strada giusta per diven-tare grandi insieme e fareluce a questo mondo.30 ottobre 2010 AC di Melissano a Roma, presente.

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Dai Gruppi

8 A. III - n.10

Periodico della ParrocchiaB.V.M. del Rosario

MELISSANOIscritto nel Registro della Stampa

del Tribunale di Lecceil 26 maggio 2009 al n. 1021

Anno III - N. 10 - Dicembre 2010

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rancesco meditavacontinuamente leparole del SignoreGesù e non per-

deva mai di vista le sue opere. Soprattutto l'umiltà di lui chesi era fatto uomo e l'infinitacarità della Passione gli eranoimpresse nella mente e nelcuore. A questo proposito èdegno di essere sempre ricor-dato quello che egli realizzònella notte di Natale dell'anno1223, per dare concretezzaalla celebrazione della nascitadel Bambino di Betlemme.

Francesco scelse Grecciocome sede per la sua iniziati-va. Conosceva un uomo diquella terra, di nome Giovan-ni, che gli era molto caro per-ché, ed onorato, stimava lanobiltà dell'animo assai piùdi quella che, senza merito,viene comunemente apprez-zata dal mondo.

Circa due settimane pri-ma della festa della Natività,Francesco chiamò a séquest'uomo e gli disse: �Vuoiche celebriamo a Greccio ilNatale di Gesù? Ebbene, pre-cedimi e prepara quanto tidico, perché vorrei rappresen-tare il Bambino nato a Bet-lemme, in modo che si possa

vedere con i propri occhi idisagi in cui si venne a trovareper la mancanza delle cosenecessarie a un neonato, comefu adagiato in una greppia ecome giaceva nel fieno tra unbue e un asinello...� L'amicofu entusiasta dell'idea: France-sco non aveva terminato diillustrargliela, che quell'uomofedele e pio già si muovevaper preparare nel luogo stabi-lito tutto l'occorrente, secondoil progetto esposto con tantocalore dal santo.

E giunge il giorno dellafesta.

Per l'occasione sono statifatti venire molti frati da fuori.Uomini e donne arrivano fe-stanti dai casolari sparsi nellazona circostante; portano cerie fiaccole per illuminare lanotte, che ricorda quella in cuila luce splendente della stellasi accese nel cielo per illumi-nare tutti i giorni e tutti i tempi.Finalmente arriva Francesco.Dà un'occhiata e vede che tut-to è predisposto secondo lesue direttive. E raggiante diletizia. La greppia è in ordine.Manca solo il fieno. Vi vieneposto e sono fatti entrare nellocale il bue e l'asinello. Nellascena commovente risplende

la semplicità evangelica.Greccio è divenuta una nuovaBetlemme. Tutt'intorno risuo-nano le voci: fra le rupi rim-balzano gli echi dei cori festo-si. I frati cantano lodi alSignore e tutta la notte, chiaracome fosse giorno, sussultadi gioia. Francesco è estaticodi fronte al presepio. Poi ilsacerdote celebra solenne-mente la Messa ed anche luiprova una consolazione chenon aveva mai assaporato pri-ma. Francesco si è rivestitodei paramenti diaconali, per-ché è diacono (l'ordine imme-diatamente inferiore al prete)e canta con voce sonora ilVangelo. Poi parla al popoloe rievoca il neonato re poveroe la piccola città di Betlemme.Terminata la veglia solenne,ognuno torna a casa pieno diuna gioia semplice e profondamai conosciuta prima. Il fienoche era stato collocato nellamangiatoia fu conservato, per-ché per mezzo di esso il Si-gnore guarisse giumenti e altrianimali. E davvero è avvenu-to che giumenti e altri animalidi quella regione, colpiti damalattie, mangiando quel fie-no furono da esse liberati.

Oggi, anno 1228, quel

luogo è stato consacrato alSignore e sopra il presepio èstato costruito un altare e de-dicata una chiesa ad onore disan Francesco, affinché, là do-ve un tempo gli animali hannomangiato il fieno, ora gli uo-mini possano mangiare, comenutrimento dell'anima e santi-ficazione del corpo, la carnedell'Agnello Gesù Cristo no-stro Signore, che con amoreinfinito ha donato se stessoper noi.

Caro Gesù ti scrivoi nostri bambini scrivo al Bambinello

Tra pochi giorni sarà Natale, evorrei essere più buona, con lamia famiglia e aiutare nel m iopiccolo le persone che hanno bi-sogno. Caro Gesù Bambino, iosono fortunata ho una famiglia,ma pensa tu a tutti quei bambinisfortunati, che non hanno unamamma un papà un tetto dovedormire e da mangiare, aiutali atrovare tanto amore e fortuna.Vorrei anche la pace nel mondoe che non ci siano più guerre. Tichiedo tanta salute alla mia fami-glia.

Sono contento di sapere che trapoco arriverai. Vorrei tanto chetutte le persona del mondo sivogliano un mondo di bene, chetutti i bambini abbiano una fami-

glia e una casa. Ti prego anchedi proteggere la mia famiglia. Tiprometto di essere più buono edi rispettare i maiei genitori.

Ti voglio tanto bene vorrei chemi stessi sempre accanto per pro-teggermi da tutti i cattivi e perdonarmi tanto amore, e dolceza.Gesù sei il più bel regalo che tuttivorrebbero avere perché tu portipace nel mondo e soprattutto nelmio cuore.

Io ti voglio molto bene e so chesei molto buono, per questo io tichiedo con tutto il cuore di farfinire la guerra. Aiuta i bambiniche non hanno famiglia e chesoffrono la fame.Gesù Bambino adorato, fai che

non succeda più a nessuno quelloche è successo a Sarah. Anchese sono piccolina Gesù Bambinoti vorrei chiedere una cosa moltogrande e importante, ti prego contutto il mio cuore di far stare benela mia famiglia, i miei insegnantie i miei compagni.

Io vorrei che nel mondo ci fossela pace e la giustizia. Vorrei chetutti i popoli si amassero e chenon ci fossero più guerre e litigi.Vorrei che nessuno morisse difame o di sete e che tutti possanomangiare e bere. Ti prego, portacibo agli affamati, acqua agliassetati, pace a quelli che hannolitigato e felicità a tutte le personedel mondo.

IL PRESEPE DI SAN FRANCESCO D�ASSISIDagli scritti di Tommaso da Celano, che fu tra i primi discepoli di San Francesco,

del quale ha scritto due biografie

a cura della Gi.Fra.

I ragazzi della Gi.Fra mentre costrisconoil Presepe a Gesù Redentore.