diabolus in musica - gennaio 2012
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Periodico mensile su Mazzarino e sulle attività dell'Associazione InArteTRANSCRIPT
PE R IO D IC O IN FO R M AT IV O SU L L E AT T IV IT À D E L L ’ A SS O C I AZ I O NE E D E L T E RR I T O R IO
A S S O C I A Z I O N E C U L T U R A L E M U S I C A L E E D I V O L O N T A R I A T O INARTE
Anno I num. 7
Gennaio 2012
Diabolus in Musica
E’ da quando ero bambino che i mezzi d’in-formazione mi torturano mostrandomi gli orrori del mondo. Guerre, carestie, deporta-zioni, ingiustizie planetarie, ma anche picco-le ingiustizie odiose, perpetrate a casa no-stra nell’indifferenza generale. Non esiste crimine che non sia al tempo stesso il prete-sto per qualcuno per creare un’onda di indi-gnazione. Succedeva quarant’anni fa come adesso, né più né meno. E tutto questo, ammettiamolo, non è servito mai a nulla. Guardo, sgomento, le immagini della fame che colpisce oggi in Somalia più di un milio-ne di persone, tra cui - dati Unicef - mezzo milione di bambini. Guardo le facce di quei bambini nati in una terra in cui l’uomo è più bello che altrove e divenuta, ora, invivibile. Guardo questa bellezza offesa dalla stupidi-tà (che pare congenita in noi) dell’ideologia, guardo questa umanità prostrata dalla per-suasione a noi ben nota che la realtà sia solo lo strumento, la cavia di qualsiasi esperi-mento di potere. Guardo, agghiacciato, un mondo dove è possibile e quasi normale per chiunque con-siderare inferiore l’umanità di un povero che muore in Somalia rispetto a quella di un ingegnere europeo che guida il suo suv Mer-cedes. Inutile, però, agitare i sensi di colpa, che in fondo sono perfettamente funzionali all’ingiustizia, una sorta di aggiustamento privato delle coscienze. E poi la bistecca ci attende, i bucatini all’amatriciana idem: co-se più reali dei nostri sensi di colpa. Il fatto è che l’etica non salverà il mondo. Dovremmo averlo capito da un pezzo. Non lo salverà l’etica così come non lo salverà la politica. Ho assistito, qualche giorno fa, allo spetta-colo Giobbe messo in scena da Andrea Cara-
L’editoriale
Mazzarino
Direzione editoriale: Eugenio Bognanni - Direttore responsabile: Concetta Santagati - Redazione: via G. Marconi 6/8 , Mazzarino - Reg. Tribunale di Gela n° 1/2011 del 24 Giugno 2011
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Penso ad alta voce… di Eugenio Bognanni
“Bedda matri u Carminu” - Intervista al
prof. Antonino Cassarà
di Concetta Santagati
Pag. 7
Considerazioni di un libero cittadino
italiano sulla protesta in Sicilia
di Giovanni Gotadoro
Pag. 10 di Anna Capici
belli su un testo del filosofo e drammaturgo francese Fabrice Hadjadj. Un bellissimo spettacolo, come non ne vedevo da tempo, tratto da un testo altrettanto bello. Qui troviamo una risposta persuasiva al mo-ralismo. Dopo aver liquidato i nemici, infatti, Giobbe si trova alle prese con quelli che si di-
10 Domande a Enzo Russo: l’uomo, lo scrittore,
il cittadino mazzarinese nel mondo
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cono suoi amici. C’è chi, per esempio, venuto a sapere della sua disgrazia, corre in suo aiuto. Sono qui per soccorrerti, dice a Giob-be uno di loro. Ecco un uomo sicuramente alle prese con un senso di colpa. Ma la risposta di Giobbe gela ogni pretesa autopacificazione: Non potresti essere qui e basta? Che battuta memorabile! Semplice e insieme definitiva. Tutti, a modo loro, sanno dire “sono qui per soccorrerti”, ossia: “so io di cosa hai bisogno”, se non addirittura “adesso ti dico io di cosa hai bisogno”. Lo sanno dire i governi dei paesi ricchi, lo sa dire al-Qaeda. Siamo così abituati a una fi-losofia dei bisogni che precede (e spesso ignora) i bisogni reali da non farci più nem-meno caso. Ma la rivoluzione sta nella risposta di Giob-be: essere qui e basta, ossia: in quella pre-senza che si fa, innanzitutto, compagnia all’uomo. Qui sta la novità radicale. Lo dice-va, argutamente, Alessandro Manzoni a proposito dell’umiltà di un certo brav’uomo: “N'aveva quanta ne bisognava per mettersi
al di sotto di quella buona gente, ma non per istar loro in pari”. Nell’istar in pari viene affermata tutta la dignità dell’uomo. Questo fanno gli eroi del nostro tempo, i soli di cui c’è veramente bi-sogno. Duro compito, perché fare compa-gnia all’uomo obbliga a un interrogativo su di sé, sulla verità di sé, significa guardare in faccia il proprio vuoto, col quale è inevi-tabile fare i conti, e dare ad esso una rispo-sta non teorica, ma reale, fondata sull’espe-rienza. Non è un caso che proprio queste persone siano, poi, le più indaffarate anche nel por-tare soccorso. Non si regge il peso della propria generosità - così inutile, così picco-la nel mare del dolore - se, prima, non c’è stata la risposta alla domanda più grande. Essere qui e basta, fare davvero compa-gnia all’uomo, alimentando la sua speran-za. Sembrerà folle, ma questa è la risposta più concreta ai dolori che insanguinano il mondo.
In Redazione:
Direttore Editoriale: Eugenio Bognanni
Direttore Responsabile: Concetta Santagati
Anna Capici
Guendalina Calandra
Flavia Cosentino
Carmelo Di Vara
Serena Fazi
Anna Lisa Ferrigno
Giovanni Gotadoro
Matteo Quattrocchi
Gaetano Scebba
Giuseppe Siciliano
Scrivici : [email protected]
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L’Associazione
Buona festa di Don Bosco!
a cura di Matteo Quattrocchi
Come ogni anno la nostra Associazione e la Banda S. Cecilia rendono omaggio ad uno dei santi più strepitosi e simpatici del Paradiso. Quest’anno insieme alla nuova direttrice sr Carla e a tutta la Comunità educante abbiamo pensato di partecipare in due modi:
domenica 29 gennaio alle ore 19 presso il Cine-teatro dell’Oratorio eseguiremo un concerto allegro e brioso nello spirito salesiano.
martedì 31 gennaio, alla sera, dopo la messa le nostre majorettes si esi-biranno nel cortile dell’Oratorio.
Don Bosco diceva che “una casa nostra senza musica è un cuore senz'anima” e aveva ragione!
Vi aspettiamo numerosi!
Nella foto la prima banda musicale fondata da don Bosco nel 1853
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Il Territorio
di Concetta Santagati
Il consigliere Liana Pinazzo intervistata sulla sua esperienza politica e sulle pro-
blematiche mazzarinesi. E bacchetta anche l’assessore.
Continuiamo a parlare della cupola del
Carmine, “mutilata” da un violento fulmi-
ne lo scorso 23 novembre. Dopo il punto
di vista storico, raccolto nel numero di di-
cembre con l’intervista al prof. Saverio
Mannella, in questo numero ci concen-
triamo sul valore artistico, e lo facciamo
con il prezioso contributo del prof. Anto-
nino Cassarà (esperto di storia dell’arte,
che da diversi anni si dedica allo studio
dell’espressione artistica locale pubblican-
do nel 1986 un quaderno con spunti di ri-
flessioni su “il coro di Santi Luigi Rigano a
Mazzarino” per i suoi alunni liceali, edi-
zioni archeoclub d’Italia, “i luoghi della
memoria” nel 1997, e nel 2004 “Il Coro si
Santa Maria ad Nives” e le prossime 2
pubblicazioni saranno relative alla chiesa
Madre: una piccola guida per il turista,
l’altra pubblicazione sulla magnifica im-
presa che fu l’edificazione della chiesa
Madre).
Prof. Cassarà, qual è stata la sua pri-
ma impressione alla notizia che la
cupola del Carmine era stata abbat-
tuta da un fulmine? Un’impressione di
lutto, di mutilazione, per un intervento
chirurgico operato dalla stessa natura che
ha reso l’opera incompleta. Nel guardarla
si prova la sensazione di vedere se stesso
privato di un arto. Sotto il profilo storico e
artistico l’evento rende il sentimento an-
cora più amaro.
Mentre rassicuriamo i lettori sul recu-
pero dei resti della folgorazione (leone e
vessillo rampante e le pietre della cuspi-
de) speriamo che al più presto si rag-
giunga l’unità dell’opera. Ma perché è
importante la cupola del Carmine? In-
nanzitutto è l’unica che Mazzarino possiede,
ma la ragione della grandezza è da ricercare nel
fatto che questa cupola fu modellata su esem-
plari di Palermo e di quella della stessa vicina
Piazza Armerina. Per esempio richiama la cu-
pola della chiesa di San Giuseppe dei Teatini a
Palermo se ricordiamo la nostra quando era
maiolicata e non rivestita di lastre di rame. Nei
secoli XVII e XVIII l’esemplare palermitano
attraeva l’interesse dei nostri governanti, i
Branciforti, perché loro stessi avevano sede a
Palermo, ed era facile che anche a Mazzarino
per l’arte si avesse un' imitazione.
Si ricordi che in quei secoli molti commercianti
(fiorentini, pisani, genovesi e napoletani) di-
moravano a Mazzarino o a Palermo dove vede-
vano imbarcare o sbarcare merci vendute o ac-
quistate (grano, tessuti, manufatti) e avevano
“baracche”, oggi diremmo stand ubicati negli
ambienti della chiesa Madre di fronte al con-
vento di Sant’Anna (attuale scuola elementare
San Domenico) per la vendita.
La costruzione di questa come di tante
altre opere che oggi fanno bello e sugge-
stivo il nostro paese e il suo centro stori-
co fu voluta dai governatori del tempo.
“Bedda matri u Carminu” - Intervista al prof.
Antonino Cassarà
Pagina 5
Il Territorio
Perché questo interesse? A molti sfugge
un aspetto, il fatto che un Principe dell’epoca,
Giuseppe Branciforti, abbia avuto l’intelligen-
za e la lungimiranza di circondare la sua sede
di presenze che tornassero a beneficio della
popolazione. Progetto continuato dal succes-
sore Carlo Maria Carafa. Quando un Principe
si circonda di chiese e conventi non lo fa per-
ché vuol essere difeso, ma per offrire alla gen-
te, alla popolazione stimoli culturali e religio-
si, e raggiungere un prestigio. Tutte quelle
presenze (Carmelitani, Domenicani, Gesuiti,
Francescani e Cappuccini) hanno costituito
luoghi di spiritualità e di cultura, sono stati e
continuano ad essere punti di riferimento e
scuole di pensiero. Nel caso del complesso del
Carmine siamo di fronte a un’architettura
molto stimolante che ci rinvia all’aspirazione
del Principe che l’aveva voluta, Giuseppe
Branciforti, per il quale la chiesa di quel com-
plesso diventa il mausoleo di famiglia, dedi-
cato al Santo a lui caro, Santo Stefano.
Dal punto di vista più propriamente
religioso quale è il significato della cu-
pola? La cupola è bella oltre che per la sua
unicità, anche perché ha una valenza simbo-
lica. Ogni cupola di chiesa rappresenta la sfe-
ra superiore, la sfera del soprannaturale, del-
la presenza dell’assoluto. Il significato che
acquista la cupola nell’ambito della liturgia
assieme alla volta è proprio la presenza del
divino e l’assemblea all’interno di questo
vuoto, di questa volta, che è paragonabile al
vuoto di uno strumento a canne, si fa suono,
lode. L’aula è luogo dove si fa liturgia (aulèo,
verbo greco da cui aula, aulico che vuol dire
suonare uno strumento a fiato, che è vuoto
come una canna).
Torniamo alla chiesa del Carmine e al-
la sua importanza artistica. L’importan-
za di questo complesso architettonico va letta
nel più ampio contesto culturale. Ogni pre-
senza architettonica, ogni nodo percettivo
non ha solo valore in sé, ma acquista una
nota e una connotazione in più se inserita nel
contesto più largo con altri nodi percettivi.
Infatti, diversi nodi percettivi precedono
quello del Carmine e altri seguono: i com-
plessi architettonici dei Gesuiti, del Palazzo
del Principe, della chiesa madre, di San Do-
menico… .
Di quanti nodi percettivi si compone il
patrimonio architettonico di Mazzari-
no e quale di essi merita di essere va-
lorizzato? Di tanti. Più nodi percettivi visivi
formano una sequenza architettonica, una
sintesi visiva, di fronte alla quale l’occhio
non resta indifferente e tante sequenze ar-
Prof. Antonino Cassarà
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Il Territorio
chitettoniche costituiscono un bel colpo
d’occhio. Ecco la realtà del nostro Corso.
Tanti nodi percettivi finiscono per costituire
il patrimonio urbanistico di una città. La
nostra cittadina esibisce belle sequenze ar-
chitettoniche, possiede un patrimonio ar-
chitettonico di straordinaria bellezza e im-
portanza con non comuni dimore gentilizie.
Il nostro corso si caratterizza di spazi che si
assottigliano e ti si avvicinano in un affet-
tuoso abbraccio e poi ti permettono di spa-
ziare. Venendo dalla chiesa di Santa Maria
di Gesù verso Palazzo Nicastro, alla vista del
visitatore si apre una sequenza architettoni-
ca vasta e aperta che guida verso il castello.
Definisco questo punto eptavio dove con-
vergono 7 strade. Lo spazio di questo punto
andrebbe maggiormente valorizzato perché
è panoramico. Dall’eptavio a Santa Lucia
abbiamo altre sintesi visive. Altra sequenza
di straordinaria bellezza è costituita dal Car-
mine, dal Collegio dei Gesuiti. E ancora un’al-
tra da piazza Francesco Crispi a San Domeni-
co e da qui al prospetto della Basilica sulla
quale l’occhio è obbligato a fermarsi.
I palazzi signorili del nostro centro sto-
rico a quali stili artistici si ispirano? An-
diamo dal barocco alleggerito nel primo trat-
to, con leggeri richiami barocchi, rococò con
evocazioni tardo rinascimentali. Non manca-
no piccoli esempi di linguaggio floreale o li-
berty, inseriti tra altri stili. Nel palazzo del
Principe ora palazzo Bartoli, sul portale baroc-
cheggiante, domina la linea rinascimentale,
nitida e geometrica.
C’è un’opera a Mazzarino (un quadro,
un monumento) su cui è stato fatto un
intervento non adeguato? Ricordo un di-
pinto mal ritoccato nella Chiesa del Carmine,
l'apparizione della Madonna del Carmelo a
San Simone Stock.
Foto di Giuseppe Bognanni Foto di Carmelo La Rocca
Pagina 7
Il Territorio
pato rispetto alla data di manutenzione (non
sostituzione!) significa prendere tutti quei
soldi e buttarli in mare insieme ai costi di tut-
te le macchine collegate ad essa e insieme alle
perdite dovute all’arresto della produzione;
Gela produce il 40% dei combustibili consu-
mati in Italia, raffina 100000 barili di petro-
lio al giorno. Come ben si capisce, non parlia-
mo del mercato settimanale. Lasciare il posto
di lavoro senza il cambio turno previsto
avrebbe voluto dire, nel caso di arresto del
processo industriale, una perdita di decine di
milioni di euro per le cause descritte prima,
nel caso di mancato arresto, un disastro am-
bientale senza precedenti con perdite in dena-
ro ancora maggiori del caso precedente poi-
ché gli operai né spalano petrolio né caricano
sulle spalle i barili ma controllano il processo
di raffinazione ed i suoi parametri di funzio-
namento ottimale. Probabilmente i facinorosi
che hanno impedito il cambio turno non lo
di Giovanni Gotadoro
Considerazioni di un libero cittadino
italiano della Sicilia sulla protesta
I fatti, i danni, le interpretazioni della mobilitazione che
ha messo in ginocchio la Sicilia
“La settimana dei vespri siciliani”, così
qualcuno ha ribattezzato la settimana di
proteste e scioperi che ha praticamente
messo in ginocchio l’economia e gli scambi
commerciali dell’isola. Città i cui supermer-
cati presentano gli scaffali vuoti e i cui di-
stributori di combustibili sono costretti a
chiudere per esaurimento degli stessi, que-
sti gli effetti principali della protesta.
A Gela, alcuni manifestanti, hanno bloccato
l’ingresso dell’Enichem impedendo il cam-
bio turno per gli operai che sono rimasti
bloccati all’interno per più di 50 ore. Partia-
mo da questo singolare episodio. Premesso
che dallo stabilimento Enichem si poteva
uscire ma non si poteva entrare, la doman-
da che in molti si sono fatti è la seguente:
perché non hanno spento tutto e se ne sono
andati invece di rimanere all’interno oltre
50 ore? Le macchine (turbopompe, turbine
a vapore, turbocompressori, condensatori,
surriscaldatori, scambiatori di calore, ecc.)
impiegate nei processi di raffinazione sono
solitamente progettate per una durata di
lavoro senza interruzioni di 70000-80000
ore, quindi più di 9 anni. Prendiamo una
turbina multistadio a vapore del diametro
massimo di 6-7 metri, capace di produrre
una potenza di qualche megawatt, tipica di
questi impianti, il suo costo ammonta a cir-
ca 10 milioni di euro, un suo arresto antici-
sapevano e, per averglielo permesso, pro-
babilmente neanche le forze dell’ordine o
chi impartisce loro gli ordini.
Un’altra considerazione doverosa che bi-
sogna fare è la seguente. Io capisco che
per causare disagi al resto dell’Italia si
blocchi il traffico delle merci ma ciò che
non sono riuscito a capire è il perché siano
stati bloccati, in ogni caso mai con duratu-
ra coerenza, i comuni cittadini che si spo-
stavano per motivazioni proprie, ad esem-
pio per motivi di salute o anche per anda-
re a lavorare, con tutto il seguito di risse
ed accoltellamenti. È mai possibile che in
questa terra nessuno possa mai essere au-
tonomo nelle proprie scelte e che se si
sciopera allora debbano per forza sciope-
rare tutti? A proposito, come al solito ci
sono persone cui piace passare nelle varie
attività intimando alla chiusura, fatto di
cronaca appurato ad esempio a Lentini
anche se a me piace pensare che tutto il
mondo è paese, a maggior ragione se il
mondo, in questo caso, è la Sicilia. Sono
del parere che chiunque abbia potuto pen-
sare che uno sciopero del genere sarebbe
stato solo dannoso, per
il modo in cui è stato
fatto, per la nostra eco-
nomia, e poiché,ogni
tanto, bisognerebbe
concedere un modo di
pensare diverso alle
persone, chi vuole scio-
perare lo faccia pure
ma lasci lavorare chi in
una tale follia suicida
non ci abbia sensata-
mente creduto. Il pro-
blema non è “questo
sciopero e per tutti”, il
problema è capire che il
modo in cui si sciopera non è detto che vada be-
ne a tutti, specie a chi guarda immediatamente
agli effetti dell’azione e non all’azione isolata.
Non potere fare la spesa, non potere spostarsi
fuori città in sicurezza, non sono effetti ragione-
voli di uno sciopero per un popolo. Chi sciopera
dovrebbe causare disagi ad altri, non a se stes-
so.
Secondo Coldiretti il danno nel settore agroali-
mentare ammonta a 50 milioni di euro. Si im-
maginino interi tir di arance che ammuffiranno
in quelle casse, prodotti caseari che sono rima-
sti nella sede di produzione, verdure, ortaggi,
frutta, pesce, carni, tutti prodotti siciliani che
dovevano riempire gli scaffali dei nostri super-
mercati e che invece sono stati lasciati a marcire
per impossibilità di trasportarli. Se questo non
è un danno fatto a noi stessi non riesco a capire
come qualcuno possa giustificarlo. Peraltro è,
piccola informazione di servizio, un danno che
non sarà risarcito.
Detto ciò, l’ultima considerazione che faccio ri-
guarda quella pessima immagine degli imbecil-
li, non trovo un eufemismo per definirli in ma-
niera più educata, che hanno bruciato il tricolo-
Pagina 8
Il Territorio
in mera follia, una follia che seppur dettata da
tanti perché, le ingiustizie ci sono e non lo si
può negare, ci ha fatto rinnegare noi stessi e lo
stato a cui apparteniamo, l’ordine e l’educazio-
ne in favore del caos più sragionato.
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Tipografia Litografia Sergio Vinci
Grafica computerizzata - Stampa digitale
Via Roma n.63, 93016 Riesi - Tel. 0934/928387
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re a Palermo. Erano anche studenti. Se è ve-
ro che a volte un fatto eclatante rimanga il
simbolo di una azione collettiva adesso ci
vorrà molto di più che chiedere scusa, non
all’Italia ma a tutti quei siciliani mossi dalla
ragione e non da impeto primordiale, che
sono fieri di appartenere all’Italia e che cre-
dono nell’Italia, con tutte le difficoltà che
questo comporta e con tutti i vantaggi che
ne abbiamo sempre tratto.
Credo sia una brutta pagina della nostra sto-
ria, la storia della Sicilia, una pagina in cui
sostanzialmente una protesta è degenerata
Se vuoi aiutarci a sostenere le spese per
la stampa di questo giornale, puoi darci
un contributo presso la sede della nostra
Associazione InArte (dietro la Madrice) .
Noi abbiamo fiducia in te!
Il Territorio
Pagina 10
zio ai genitori, agli zii, agli amici e ai propri
insegnanti. Meglio un estraneo che non ci co-
nosce e non ci vuole bene.
Quali autori e generi letterari legge nel
suo tempo libero? - Dopo migliaia di ro-
manzi, adesso leggo quasi esclusivamente sag-
gistica. Storia, soprattutto, ma in genere tutto
quello che mi incuriosisce.
Come trascorre il tempo libero? - Non ne
ho. Quello che dedico alla televisione, a un
sonnellino o a una passeggiata non è tempo
libero, ma uno stacco necessario tra un lavoro
e l'altro e tra un impegno e l'altro. Il tempo
libero è sicuramente una bella cosa ma è an-
che molto noioso
Cosa ne pensa della recente legge Levi?
(Riforma che limita gli sconti sui libri al
25%)
di Anna Capici
Enzo Russo scrittore e consulente letterario
alla Mondadori, siciliano approdato in Lom-
bardia, vive fra Milano e Mazzarino (CL). Ha
debuttato nel ’75 con Dossier America Due
(SEI) e da allora ha pubblicato trentasei ro-
manzi, tradotti in diciannove lingue. Tra i
suoi titoli: Uomo di rispetto (1988), Il quat-
tordicesimo zero (1990), Nato in Sicilia
(1992), Nessuno escluso (1995), Saluti da
Palermo (1996), Né vendetta né perdono
(2000), Niente per cui morire (2010).
Cosa consiglia a chi vorrebbe fare lo
scrittore? - Leggere molto, scrivere e rileg-
gersi. Se rileggendo non si fanno almeno
cinquanta correzioni a pagina, vuol dire che
manca ancora la necessaria capacità autocri-
tica. In ogni caso non chiedere mai un giudi-
10 Domande a Enzo Russo:
l'uomo, lo scrittore, il cittadino
mazzarinese nel mondo
ISCRIVITI!!! Corpo Bandistico
Corale Polifonica
Il Territorio
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ISCRIVITI!!! Gruppo Majorettes
Corale Polifonica
Si legge già molto poco, e questa limitazione
non mi sembra proprio un incoraggiamento,
oltre a contrastare con la legge del libero mer-
cato. Se ci fossero ovunque biblioteche comu-
nali ricche e funzionanti non sarebbe un gros-
so problema. Purtroppo non è così.
Quali sono i suoi progetti per il futuro?
- Continuare a invecchiare con entusiasmo, in
modo attivo e interessante. Comunque ammi-
nistrare la mia vita è già abbastanza impegna-
tivo senza bisogno di mettere in cantiere pro-
getti impegnativi e a lungo termine.
Quando l'uscita di un nuovo libro? - Non
lo so. Dopo una quarantina di titoli non ho più
tanta voglia di scrivere. Per qualche anno sicu-
ramente non farò nulla. Per fortuna una nuova
casa editrice che debutterà l'anno prossimo ha
intenzione di ripubblicare molti dei miei vec-
chi romanzi oggi introvabili e questo, oltre a
farmi piacere, mi regalerà una seconda giovi-
nezza.
Quasi un anno fa è nata l'ass. Noi e la
Sicilia, perchè ha pensato di crearla e
farla nascere a Mazzarino? - L'ho fatta na-
scere a Mazzarino perché sono mazzarine-
se. Le motivazioni invece sono più com-
plesse. L'antiracket è importante, certo, ma
il messaggio è ben altro. La solidarietà, la
cultura antimafiosa o semplicemente civi-
ca, la dimostrazione che può esistere un'or-
ganizzazione attiva e funzionante il cui car-
burante non sia né la politica né il denaro,
che si muova trasversalmente nella società
senza essere legata a nessun interesse fi-
nanziario, religioso, partitico, sindacale,
Il Territorio
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Musica La «favola in musica» di Monteverdi
Territorio
ideologico. La risposta degli imprenditori,
della gente e degli enti fa ben sperare, ma i
conti li tireremo tra qualche anno.
Che progetti ha l'ass. Noi e la Sicilia per
il futuro? - Crescere, anzitutto. Assistere chi
abbia problemi con la criminalità, con l'usura,
con la pubblica amministrazione. Creare coo-
perative di giovani in grado di amministrare
beni confiscati alla mafia. Andare in giro per
le scuole spiegando ai ragazzi quali sono stati
gli errori delle generazioni che li hanno prece-
duti. Questo e molto altro.
Come vede Mazzarino rispetto a 10 an-
ni fa e tra 10 anni? - Rispetto a dieci anni
fa non è cambiata molto, ma rispetto agli anni
della mia adolescenza è un altro mondo.
Adesso non è più un piccolo ghetto meridio-
nale, è l'Italia, e come tale soffre dei difetti e
dei problemi del resto della penisola, ma con
meno risorse. Fra dieci anni sarà come adesso,
ma fra trenta o quarant'anni potrebbe essere
spopolata, e temo che si possa fare ben poco
per impedirlo.
Cosa consiglierebbe ai giovani disoccu-pati che emigrano in cerca di lavoro e non ritornano più nel proprio paese di origine? E a chi rimane? - Cosa si può consigliare a chi ha avuto il coraggio (o il co-raggio della disperazione) di abbandonare ra-dici, amicizie, abitudini, per avventurarsi in una realtà estranea e non troppo amichevole? Chi lo fa ha bisogno di auguri, non di consigli. Neanche a chi resta per mancanza di iniziativa saprei cosa consigliare. Ai pochi che restano per convinzione, invece, più che un banale consiglio posso offrire la mia solidarietà, e la creazione di “Noi e la Sicilia” mi sembra già un discreto atto di solidarietà.
Grazie Dott. Russo del tempo che ci ha dedicato!
di Carmelo Di Vara
Claudio Monteverdi (Cremona, 15 maggio 1567 –
Venezia, 29 novembre 1643) è un compositore oggi
noto ai più per i suoi madrigali. Tuttavia svolse un
ruolo chiave nella Storia della musica: innovatore
del linguaggio musicale, Monteverdi scrisse una
delle prime opere teatrali che ebbe un grandissimo
successo. Stiamo parlando de L’Orfeo. Un’opera
lirica – definita «favola in musica» nella copertina
della partitura del 1615 – in cinque atti, sul libretto
di Striggio, che racconta uno dei miti più narrati da
artisti di ogni genere.
L’Orfeo di Monteverdi nasce grazie al principe
ereditario Francesco Gonzaga che, attraverso
la mantovana Accademia degli Invaghiti, ordi-
nò la creazione di uno spettacolo per il carne-
vale 1607. Così venne commissionato L'Orfeo a
Claudio Monteverdi e al librettista Alessandro
Striggio, nobiluomo a servizio presso la corte,
grande amico del musicista. Ed è dunque gra-
zie a un gruppo di raffinati intellettuali che si
dà vita ad un’operazione culturale che marca
un netto distacco col passato. La prima dell'Or-
feo ebbe un successo tale da indurre il Duca a
una replica questa volta nel Teatro di corte.
La trama. Euridice, sposa di Orfeo, si trova in
un «fiorito prato» con le sue compagne e men-
Pagina 13
tre raccoglieva dei fiori viene morsa mortal-
mente da un serpente velenoso. Venuto a co-
noscenza della terribile notizia, disperato e
inconsolabile, Orfeo decide di affrontare gli
inferi. Così, col suo canto, commuove il tra-
ghettatore Caronte e convince Proserpina e
Plutone a restituirgli la sua sposa. L'unica
condizione che viene posta affinché il suo de-
siderio venga esaudito è che lui non si giri
mai a guardare
Euridice, che lo
segue da dietro,
fino a che non sia-
no arrivati di nuo-
vo sulla terra. Ma
Orfeo – umano
più che divinità –
non resiste e, vol-
gendosi a guar-
darla, la perde per
sempre.
Il mito termina
con l'uccisione di
Orfeo da parte
delle Menadi, of-
fese dalla sua cre-
scente misoginia.
Monteverdi però
diede alle stampe
una partitura, nel
1609, con un fina-
le alternativo:
Apollo discende
dal cielo soccor-
rendo il disperato
figlio Orfeo e, risalendo, lo conduce con sé
tra le stelle. Al contrario, invece, il libretto di
Striggio del 1607 versifica l’uccisione di Or-
feo da parte delle Menadi (chiamate Baccanti
nell’opera). Oggi si sostiene che questo finale
(del quale non ci rimane la musica) fu neces-
sario per evitare l’utilizzo di macchine com-
plicate che facessero scendere Apollo dal cielo,
ma che il vero finale monteverdiano utilizzava,
piuttosto, la figura di Apollo per concludere
l’opera.
Il libretto di Striggio è sapientemente arricchi-
to di elegante poesia e struggente semplicità.
Basti pensare, facendo solo alcuni riferimenti,
al quanto mai umano Orfeo che si limita a ri-
spondere con un singolare e disarmante
«Ohimé» di
fronte alla no-
tizia della mor-
te della propria
amata; o, anco-
ra, al famosis-
simo ‘lamento
di Orfeo’ che si
conclude con
un chiasmo
così toccante
da commuove-
re e che, senza
un inutile com-
mento, riporto
qui di seguito:
«Tu sei morta,
mia vita, ed io
respiro? / Tu
sei da me par-
tita / Per ma
più non torna-
re, ed io ri-
mango? / No,
che se i versi
alcuna cosa
ponno, / N’andrò sicuro a’più profondi abis-
si, / E, intenerito il cor del re de l’ombre, / Me-
co trarrotti a riveder le stelle; / O, se ciò ne-
gherammi empio destino, / Rimarrò teco in
compagnia di morte. / Addio terra, addio cielo
e sole, addio.»
Musica
La Foto del mese Pagina 14
a cura del “Club Fotoamatori Mazzarinesi “
Vogliamo iniziare questa rubrica “la foto del mese” non con una foto ma bensì con tre. Queste tre
foto sono vincitrici del concorso e hanno meglio rappresentato 150 anni dell’unita d’ Italia Le foto
sono di Clelia La Placa e Carmelo La Rocca appartenenti allo stesso club.
Nota critica
Ciò che unisce è l’ideale. L’ideale d’identità, l’ideale di appartenenza, l’ideale di libertà. Si sono
versati e si versano fiumi di lacrime e di sangue per esso, dovunque. Gli ideali ci sono sempre,
sempre molto forti, anche se sopiti nel buio di certi momenti. Sono la spinta universale. L’ideale
affascina ed è irresistibile. L’ideale! Cosa non si farebbe per l’ideale. L’ideale è un ricordo, una
partecipazione di pensieri (foto n. 1 Detto tra noi…!), una partecipazione festosa che contagia
(foto n. 3 piazza Italia!), un abbraccio che ci lega e ci sostiene (foto n. 2 uniti sotto un’unica ban-
diera). Il tutto sotto il simbolo di tre colori ideali: sacrificio, pace, speranza. È la tua, la mia, la no-
stra bandiera, nella quale il rosso sta per martirio e sofferenza paziente, il bianco per pace e one-
stà schietta da conseguire a qualsiasi prezzo, il verde per fiducia e attesa di realizzazione di con-
vinzioni oneste e di bene comune. Per l'ideale occorre credere. Profondamente credere.
a cura del Prof. A. Cassarà
Pagina 15
Clelia La Placa
e
Carmelo La Rocca
Associazione Culturale Musicale e di Volontariato “InArte” Corpo Bandistico “Santa Cecilia”
via Tripoli, 14 – 93013, Mazzarino (CL) tel: 320/6203069 - fax: 0934/383810
C.F: 90017800856 - P.IVA: 01773320856 sito web: www.bandamazzarino.it
e-mail: [email protected]
StuzzicaMente a cura di Giuseppe Siciliano
Soluzioni numero precedente
1 La superficie: 100 cm2
2 Sudoku:
3 Il ladro: 180
Sudoku 1
Le cifre 2
La scatola 3 - Difficile
Il fiume 4 - Medio
4 La media: 1000,5
5 La gara 11 Km
Una famiglia composta dai due genitori e da
due giovani figli vuole attraversare un fiu-
me. La loro barchetta può portare al più due
giovani o un solo adulto. Contando sia gli
attraversamenti in un senso che quelli
nell’altro, qual è il numero minimo di attra-
versamenti che la barchetta deve fare? ( ov-
viamente la barca non può attraversare il
fiume senza essere condotta).
Si costruisce una scatola aperta incol-
lando tra loro cubi di legno aventi spi-
golo 1 cm, le dimensioni esterne della
scatola finita sono 10cm x 10cm x
10cm. Qual è il numero minimo di cubi
necessari per costruire la scatola?
Si considerino tutti i numeri di 8 cifre for-
mati utilizzando una e una sola volta ognu-
na delle cifre 1,2,3,4,5,6,7,8,9. Supponendo
di farne il prodotto , qual è la cifra delle
unità di quest’ultimo?