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ANTEPRIMA LIBRO FORMATO PDF

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  • ANTEPRIMA LIBRO

    FORMATO PDF

  • di Laura Cosentino con Carmelo Calanni 

    BAMBOLE REBORN E REBORNING 

  • BAMBOLE REBORN E REBORNING 

     LAURA COSENTINO 

    CON CARMELO CALANNI 

  • Copyright © 2019 Laura Cosentino, Carmelo Calanni 

    Tutti i diritti riservati.  

    ISBN 9781678562595 I Edizione dicembre 2019 

  • INDICE 

    INTRODUZIONE  9 

    1. LA MIA VITA DA REBORNER  15 

    QUELLA NOTTE  15 VALENTINA  19 IL SOGNO HA INIZIO  22 NON ABBIATE FRETTA E SIATE CURIOSI  26 SPERIMENTATE E NON SMETTETE MAI DI FARLO  29 LA SVOLTA: UNA SCELTA DI CUORE  33 CHI SONO PER DAVVERO  36 CI AVEVO PENSATO  41 LA MIA PRIMA ASTA  44 NON È ORO TUTTO CIÒ CHE LUCCICA  48 RIPARTIRE SEMPRE  54 LA MOSTRA  57 PREMI E INTERVISTE  63 PROTOTIPI E NON SOLO…  65 BASTA VOLERLO!  68 

    2. IL MONDO DELLE REBORN DOLLS  71 

    BAMBOLE REBORN STORY  71 L’I.R.D.A.  76 I.I.O.R.A.  81 COLLIII DOLL LOVERS  83 PRA*ISE  86 L’I.R.A.A. SOLO  88 ALTRE ISTITUZIONI E GRUPPI PIÙ RECENTI  90 LE FIERE DI SETTORE (…E NON)  92 INTERNATIONAL DOLL & TEDDY SHOW  94 ROSE INTERNATIONAL DOLL SHOW  97 

  • EXPO DOLL SHOW VALENCIA  98 ESCHWEGE PUPPEN FESTTAGE  99 DISCOVER DOLLS ‐ THE DOLL SHOW  99 LE FIERE (NON DI SETTORE REBORN) IN ITALIA  101 LE BAMBOLE REBORN IN ITALIA  103 LE BAMBOLE REBORN SUI MEDIA ITALIANI  107 LA DOLL THERAPY  116 

    3. TECNICHE, CONSIGLI E SEGRETI DEL REBORNING  123 

    ADESSO TOCCA A TE!  123 PRIMA DI INIZIARE: LE RISPOSTE AI VOSTRI PRINCIPALI DUBBI  126 COME INIZIARE: I MIEI CONSIGLI SUI MATERIALI OCCORRENTI. QUALI SCEGLIERE E DOVE ACQUISTARLI.  134 LA SCELTA DEL KIT  139 LE FASI PRELIMINARI  141 LE VARIE FASI DEL PROCESSO CREATIVO  143 IL ROOTING UN’ARTE A SÉ  150 LO SHOOTING FOTOGRAFICO  153 IL REBORN MARKETING  156 IL MARCHIO E IL LOGO  159 I CANALI SOCIAL (FACEBOOK E INSTAGRAM) E IL SITO WEB  160 CANALI E STRATEGIE DI VENDITA: DA FACEBOOK ALLE ASTE EBAY  164 PACKAGING, SPEDIZIONE E CONCLUSIONE DELLA VENDITA  170 

    CONCLUSIONI  174 

    APPENDICE  176 

    GLOSSARIO SU BAMBOLE REBORN E REBORNING  176 GLOSSARIO SUI MATERIALI UTILIZZATI IN REBORNING  183 I MATERIALI DI BASE OCCORRENTI PER CREARE UNA BAMBOLA REBORN  185 MAGGIORI SHOP ONLINE DI MATERIALE PER REBORNING CONSIGLIATI  188 CONSIGLI ALL’ACQUISTO SICURO DI UNA BAMBOLA REBORN  190 

  • CONSIGLI PER LA CURA DELLA TUA BAMBOLA REBORN  195 I 10 GRUPPI FACEBOOK ITALIANI SU BAMBOLE REBORN E REBORNING CONSIGLIATI  197 I 20 GRUPPI FACEBOOK INTERNAZIONALI SU BAMBOLE REBORN E REBORNING CONSIGLIATI  199 INFORMAZIONI SUGLI AUTORI  202 

  • 9

    INTRODUZIONE

    Autunno 2019. È passato più di un decennio da quando l’arte del reborning cominciò a prendere piede nel no-stro paese. All’inizio erano poche le donne a praticarla e le stesse notizie (e tecniche) di quello che inizialmente era visto solo come un hobby, e che pian piano si af-fermerà come una nuova forma d’arte, erano scarne. I social network, che saranno decisivi per la sua diffusio-ne, pur essendo già nati in America, erano ancora agli albori in Italia.

    Facebook ad esempio, uno dei maggiori social in cui il reborning si diffuse, era nato nel 2004, ma in Italia ar-riverà solo quattro anni dopo, nel maggio 2008. All’inizio erano ancora troppo pochi gli utenti che ave-vano un profilo, anche se nel giro di un anno saranno più di 10 milioni ad aprirne uno. Anche per YouTube, disponibile in Italia un anno prima del social di Zucker-berg, il discorso era simile. Twitter, Instagram e Wha-tsApp arriveranno più avanti.

    Le prime reborner, così si chiamano le artiste che rea-lizzano bambole reborn (in inglese reborn dolls), in Italia si documentavano attraverso altri canali del web come

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    forum e blog, già abbastanza diffusi nella seconda parte degli anni Duemila. Le vere appassionate di bambole iniziavano a trovare notizie e prime guide in riviste di settore, come la storica “La Bacchetta Magica”.

    Essendo però il reborning un tipo di hobby nato ne-gli USA nei primi anni Novanta dello scorso secolo, i contenuti, i primi tutorial delle varie tecniche e dei ma-teriali che occorressero per realizzare una reborn doll, erano in maggioranza in lingua inglese e reperibili su fo-rum e blog statunitensi, oltre che d’oltremanica. Proprio in America, già agli inizi del Duemila, anche riviste sto-riche dedicate prettamente al mondo delle bambole ini-ziavano a parlare del “fenomeno reborn” e proponeva-no nelle loro pagine interne i primi corsi su come realiz-zarne una.

    Stessa considerazione per i negozi di settore dove re-perire i materiali, che erano pressappoco tutti americani e inglesi, a eccezione di bebaby.it che, nato nel 2009, sa-rà il primo negozio online in Italia, diventando presto punto di riferimento per il reborning nel nostro paese. Altro contributo essenziale fu dato all’inizio dal Colliii Doll Lovers Online, sito web internazionale (con relati-ve tv online e forum) edito in varie lingue (compresa la sezione in lingua italiana), che si occupava a 360 gradi del mondo delle bambole reborn e delle OOAK (One of a Kind).

    Con il passare del tempo, dunque, anche in Italia il reborning comincia a farsi strada. Aumentano le reborn artists e soprattutto aumentano le collezioniste. Se fino al 2016 il reborning poteva essere considerata un’arte ri-volta a una nicchia di persone, negli ultimi anni, pur mantenendo questo status, si è assistito a un vero e

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    proprio boom quasi inarrestabile di reborner e persone che collezionano bambole iperrealiste.

    Se da un lato, in termini di espansione e di propagan-da di quest’arte, questo “boom” è da considerarsi un processo positivo, dall’altro lato proprio la forte cresci-ta, soprattutto da parte di chi inizia a creare queste tipo-logie di bambole senza averne la giusta competenza tec-nico-artistica, sta comportando uno scadimento della parte qualitativa. In linea di massima molti si improvvi-sano artiste, sconoscendo le basi tecniche e proponendo bambole reborn di scarso livello qualitativo ed econo-mico che poco e niente hanno a che fare con l’arte.

    Anche i media hanno cominciato a occuparsi di re-borning: all’inizio vedendolo come quasi un fenomeno da baraccone, poi come un fenomeno patologico, e in-fine, ma solo negli ultimi tempi, iniziando a considerala anche come nuova forma d’arte.

    Come artista reborn ce l’ho sempre messa tutta affin-ché il reborning italiano facesse un netto salto di qualità. A cominciare dalle mie aste sul sito eBay, che ho cerca-to di curare nel modo più professionale possibile, e con-tinuando con una serie di altre iniziative volte in tal sen-so. Insieme a Carmelo Calanni, mio marito, a partire dal maggio 2017 (all’epoca era ancora solo il mio fidanzato), abbiamo organizzato le prime due mostre professionali dal titolo “Bambole Reborn in Arte” e tenuta la prima conferenza italiana sul reborning. Sono stata anche colei che attraverso interviste a tv, magazine e quotidiani, na-zionali e locali, ha sempre cercato di dare un netto con-tributo nella diffusione del reborning in Italia pretta-mente come nuova forma d’arte. E infine, sono felice e onorata che nel mondo del reborning italiano molti che

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    iniziano a intraprendere e praticare quest’arte mi consi-derano un punto di riferimento.

    Il libro che andrete a leggere, scritto insieme a mio marito, è il coronamento e il proseguimento di un per-corso in tal senso. È la mia storia, la mia vita da rebor-ner, e soprattutto anche un primo tentativo, un primo serio contributo, di far conoscere fattivamente il rebor-ning nel nostro paese.

    È un lavoro rivolto alle collezioniste, alle appassio-nate, alle reborner, ma anche a chi ha la curiosità e la voglia di approfondire questo argomento senza soffer-marsi agli stereotipi che molti media hanno trasmesso in passato. È un viaggio a 360 gradi che scava a fondo questo fenomeno da un punto di vista artistico, storico e sociale. È altresì un manuale in cui potrete districarvi per apprendere molti segreti tecnici, sia che siate neo-reborner, sia che siate reborner più esperte sempre a caccia dello spunto giusto. È un manuale, come detto, anche per le collezioniste sempre attente e alla ricerca di notizie particolareggiate, di dritte, prima di acquistare bambole di questo tipo.

    Questo libro è il frutto di dieci anni di esperienza e sono sicura che vi piacerà e ne uscirete arricchiti.

    Cominceremo prima con il parlare un po’ di me, per-ché è giusto che sappiate con chi avete a che fare, per-ché è giusto conoscerci come si farebbe all’inizio di una nuova amicizia e perché è anche giusto che vi fidiate un po’ quando vi parlerò di reborning e cercherò anche di darvi i giusti consigli.

    La maggior parte di noi quando sente parlare della vi-ta di altri, delle loro esperienze, successi e insuccessi ot-tenuti, capita di uscirne annoiata.

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    Vi prometto che cercherò di farvi annoiare il meno possibile. Sarò un’amica e vi parlerò a cuore aperto, vi porterò via solo qualche ora, sperando di trasmettervi tutto l’entusiasmo che ho verso questa nuova forma d’arte e verso tutto quello che vi orbita attorno. Come detto prima, vi racconterò il mio essere reborner.

    Nel secondo capitolo Carmelo vi condurrà per mano facendovi fare un viaggio alla scoperta di quest’arte; del-le sue radici; del suo stato attuale; delle istituzioni che vi operano; delle varie fiere di settore; del rapporto tra le bambole reborn e il nostro paese (anche da un punto di vista dei media); della doll therapy applicata in campo medico.

    Poi, ancora con me, nel terzo capitolo, passeremo agli aspetti tecnici: da come iniziare per creare una re-born doll, fino alla sua vendita finale. Cercherò di spie-gare, con un linguaggio semplice e con vari esempi, qua-li sono le pratiche preliminari e le tecniche giuste da ap-plicare durante la fase creativa o durante la fase di roo-ting. Vi guiderò nella scelta dei materiali giusti, chiarirò i vostri dubbi più frequenti e non mancherò di darvi tanti preziosi consigli, che sono sicura vi torneranno molto utili in diverse fasi della vostra vita da reborner. Vi spie-gherò anche quali sono le migliori strategie di vendita, post vendita e di gestione della vostra immagine social, introducendovi a quello che con Carmelo abbiamo ri-battezzato “Reborn Marketing”.

    Infine, nell’Appendice, troverete informazioni utili e dettagliate sul mondo del reborning e delle bambole re-born, rivolte a reborner e collezioniste.

    Adesso partiamo! Non vi resta che allacciare le cintu-re e seguirci in questo lungo viaggio che vi porterà alla

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    scoperta di questa meravigliosa arte iperrealista. Laura Cosentino

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    1. LA MIA VITA DA REBORNER

    Quella notte

    Vi svelo una cosa di me, così comincerete a conoscermi meglio sin da subito. Non sono mai stata un’accanita lettrice di articoli delle tante riviste patinate che si tro-vano in edicola. Quelle riviste buone da leggere sotto l’ombrellone al mare o nei momenti di relax dei lunghi inverni. Mi piace sfogliarle veloci e soffermarmi, ma so-lo delle volte, a leggere la storia che più possa interes-sarmi. Sono insomma solo la classica “sfogliatrice di ri-viste”, un po’ come quelle signore che vi sarà capitato di incontrare nella sala d’attesa del parrucchiere o in quella di uno studio dentistico che si rispetti.

    È una sera di dicembre, come tante altre, quando a casa si respira, attraverso le luci dell’albero che si accen-dono e si spengono, quella gioiosa aria del Natale che è ormai alle porte. Tra le mani ho l’ultimo numero di “Tv Sorrisi e Canzoni” che Carmelo, il mio fidanzato, ha portato nel pomeriggio. Ecco, a un certo punto la pagi-na giusta, quella che mi cattura, una storia per intender-ci, che mi sembra davvero interessante. Ma non è né un

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    articolo impegnativo né un articolo di gossip. È sempli-cemente la pubblicità di una bambola afro-americana di una nota casa internazionale produttrice di dolls. Una bambola dalle fattezze umane dal costo di centocin-quanta euro. La guardo e la osservo, mi piace, ma poi tutto finisce lì anche perché il costo, a primo impatto, per una ragazza che di “professione” fa la studentessa universitaria, è un po’ elevato.

    Le feste di Natale passano normalmente tra un brin-disi e una fetta di pandoro, le classiche abbuffate di una famiglia del sud e gli immancabili auguri ad amici e pa-renti che magari senti una volta l’anno. Adesso è gennaio. Un tardo pomeriggio sono al telefo-no con una mia cara amica, Francesca, che vive in pro-vincia di Ragusa. Ci siamo conosciute da tempo, è dav-vero una brava ragazza. Ci vediamo di rado, soprattutto in estate, anche perché lei vive a un’ottantina di chilo-metri da casa mia e, con le strade che ci ritroviamo in Sicilia, vi assicuro che la distanza non è poca. Ci sentia-mo spesso su Facebook e altre volte al telefono. Lei è una maestra di scuola primaria, ma anche una grande creativa e appassionata di bambole, soprattutto di BJD (BJ Dolls), e il discorso di conseguenza cade sovente su questi argomenti: «Francy, - esclamo io - non più di un mese fa, su Tv Sorrisi e Canzoni ho visto una bambola della Bradford, sembrava una bambina, così realistica! E, sai, non ti nascondo che mi piacerebbe averne una!». «Sì, le conosco - rispose lei - si chiamano bambole reborn e attraverso dei kit e dei materiali par-ticolari si possono creare artigianalmente».

    Quella frase, in quel momento, mi incuriosì partico-larmente. Sono sempre stata una tipa curiosa e ho sem-pre cercato in tutte le mie esperienze, positive o negati-

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    ve, di cogliere il lato buono delle cose, di vedere il bic-chiere mezzo pieno e mai mezzo vuoto. Da bambina avevo la febbre? Meglio, non sarei andata a scuola per qualche giorno e avrei potuto vedere i miei cartoni ani-mati preferiti sprofondata sul divano della cucina. Non sono stata ammessa al Corso di Laurea in Infermieristi-ca? Meglio, mi sono laureata in Scienze della Comunica-zione e oggi sono onorata e fiera della mia laurea. In più, come detto, la mia curiosità mi ha sempre guidata e invogliata a scoprire qualsiasi cosa di nuovo mi si pre-sentasse davanti.

    Il dono di natura che il buon Dio (o forse più sem-plicemente mia madre) mi ha dato è una parola di dieci lettere, con l’ultima accentata: creatività. Sin da piccola ho sempre amato disegnare, colorare, costruire con il pongo. Oggi se si vuole tenere calma una bambina di tre anni basta metterla davanti al televisore, rigorosamente sui canali dal 40 al 47 del digitale terrestre, volume a pal-la, oppure darle in mano un tablet o uno smartphone, e state sicuri che per qualche ora non la sentirete nemme-no singhiozzare. Per tenere calma Laura bastava molto meno: un foglio bianco, una matita e dei colori pastello. Non dico che non mi piacesse la tv, anch’io faccio parte della generazione “Bim Bum Bam”. Ma quando Paolo Bonolis salutava i bambini perché ormai era pomeriggio inoltrato, per me iniziavano altri tipi di giochi. Barbie, bambole e poi ancora matite, colori e altri colori. Avrò disegnato e colorato ovunque: sulla vecchia enciclopedia medica di mia madre, sulle algebre delle medie di mio fratello, sulla patente di mio padre e persino sulle pareti della cucina. Ero una bambina dolce e vispa, non riusci-vo a star ferma un attimo. Oggi sono una donna dolce e

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    vispa e, a distanza di più di trent’anni, non riesco a star ferma meno di un attimo.

    Qualche sera dopo quella telefonata con Francesca, ero lì su Internet. Sarà stata la fine di gennaio del 2010. La mia mente e i miei pensieri, in quel momento, erano proiettati nel sapere quante più cose possibili sulle bam-bole reborn, o meglio ancora sulle reborn dolls visto che la loro genesi è anglosassone. Lo ammetto, all’epoca non conoscevo ancora la rivista “La Bacchetta Magica” in cui avrei potuto attingere notizie sulle tecniche e su come creare la mia prima bambola reborn. La mia fonte principale era solo il web. Con mio grande dispiacere mi accorsi sin da subito che online, in lingua italiana, non c’erano molte informazioni su questo fenomeno. Arti-coli quasi zero, qualche notizia sporadica qua e là, un solo forum italiano (tutti pazzi per le reborn), la sezione italiana del Colliii awards (che dopo vi spiegherò cos’è), e nel nostro paese un solo e-commerce specializzato nella vendita di materiali per la creazione di bambole reborn.

    Era troppo poco! Troppo poco almeno per me che volevo saperne di più. E allora cominciai a cercare noti-zie in lingua inglese. Passai ancora delle ore davanti al pc. Avevo già cominciato a vedere anche alcune imma-gini di bambole reborn create da artiste americane. Quella notte volevo capire, ero curiosa, li guardavo e ri-guardavo e non riuscivo più a staccare lo sguardo dallo schermo. Mi chiedevo: ma sono bambole o bambini ve-ri? Di sicuro se erano bambole assomigliavano in modo molto realistico a un neonato vero. Quella notte di al-cuni anni fa avevo capito cosa volevo fare, realizzarne una.

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    Valentina

    I giorni passavano e l’ennesimo esame universitario in-combeva. Stavolta era il turno di Geografia Economica e Politica. Un vero mattone! Alternavo ore e ore di stu-dio di complicatissime teorie geografiche a ricerche su internet sul mondo delle reborn dolls. La mia curiosità, che si faceva sempre più sfrenata, mi portava a passare delle ore, soprattutto la notte, davanti al pc alla ricerca di tutto ciò che potesse chiarirmi meglio e illuminarmi su come creare una bambola reborn. In quelle notti ho “torturato” Google. Digitavo qualsiasi termine potesse rimandarmi a questo fenomeno: dalla semplice frase “bambole reborn” a “bambole che sembrano bambini veri”; da “reborn baby dolls” a “reborning’; o ancora “rooting”, “mohair”, “reborn artist”, “kit and body for reborn dolls”, “riempimento body reborn doll”, “colori Genesis”. Anche la mia buona conoscenza dell’inglese mi veniva incontro. In Italia continuavo a capire che il fenomeno era davvero ristretto. Ma negli USA e in In-ghilterra il fenomeno era ormai affermato. I fusi orari degli Stati Uniti mi aiutavano. Mi collegavo alle ventitré circa (negli USA era già tardo pomeriggio) e passavo la notte a visitare blog, forum, canali YouTube di reborn artists statunitensi, oltre al sito dell’IRDA. Certe notti, specialmente quando gli impegni universitari lo consen-tivano (Geografia, a proposito, l’avevo superata brillan-temente), riuscivo a tirare fino alle quattro o cinque del mattino. Dopo crollavo sul letto, ma ero felice. Appena sveglia il mio pensiero era sempre lì, la mia scrivania e il mio vecchio pc. Accendevo, controllavo la posta e ve-devo se qualche artista o negozio online mi avesse ri-

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    sposto, non calcolando che in quel momento negli USA stessero dormendo. Cominciavo a chiedere, a domanda-re. Insomma in breve tempo ero entrata in contatto con alcune artiste e alcuni shop online di settore d’oltreoceano, e pian piano i miei dubbi si chiarivano. Non ero ancora pronta a realizzare una buona bambola reborn. Me lo sentivo, non era ancora pronta.

    Un’altra mia dote (per alcuni può essere un difetto) è la precisione, che a volte può sfociare in pignoleria o maniacalità nelle cose che creo. Potevo già ordinare un kit, dei colori, una parrucca e provare a realizzare la prima doll. Ma dentro di me sentivo che mancava anco-ra un po’, che mancava ancora qualcosa per iniziare a dare sfogo alla mia creatività e realizzare un piccolo so-gno: veder nascere la mia prima bambola reborn.

    L’estate arrivò violenta e improvvisa. In Sicilia (ma oggi devo dire nell’intera nazione) è così. Il giorno pri-ma indossi una giacca leggera, un maglioncino o una camicia, e il giorno dopo sei a maniche corte e mini shorts. Se ormai è chiaro che non ci sono più le mezze stagioni, nella mia terra questa cosa è ancora più chiara. Maggio e giugno forse sono i mesi più belli. Si respira un’aria estiva e frizzantina. L’inverno e la primavera vanno in letargo e lasciano posto a bellissime giornate calde e di sole. Si gustano i primi gelati, il pomeriggio o la sera, e le prime granite siciliane a mandorla, pistac-chio o cioccolata la mattina. Ma dopo la metà di giugno esplode il caldo e chi può si rifugia a mare o, in alterna-tiva, per chi vive come me nella parte orientale dell’isola, sull’Etna. L’estate siciliana è torrida, non dà scampo, non perdona. I 35 - 40 e oltre gradi sono la norma. L’aria condizionata in ogni casa è sempre “spa-

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    rata” al massimo, la notte difficilmente si riesce a dor-mire. Io ho davvero una grande fortuna, quella di pos-sedere una casetta al mare dove ci trasferiamo con tutta la famiglia due mesi l’anno. Mio padre e mia madre da giovani, con tanti sacrifici, riuscirono a comprare un piccolo appezzamento di terreno in uno dei villaggi del-la Playa di Catania. Su quel terreno, nel tempo, costrui-rono una piccola casetta, il necessario per trascorrere delle belle estati lontano dalla calura asfissiante della cit-tà. Quell’estate, però, i miei pensieri non erano rivolti al bagnasciuga, alle nuotate, all’abbronzatura. Ai pomeriggi sulla battigia preferivo lunghe ore a navigare, riguardare video su YouTube e visionare al pc tutorial in dvd (che nel frattempo avevo comprato online) di grandi artiste straniere. Arrivò anche il mio primo ordine nell’unico negozio online italiano. Pensando a quel periodo posso dire che ero inesperta. Quando oggi mi telefonano ra-gazze chiedendomi consigli su come iniziare per creare una reborn doll, mi rivedo in loro: stesse curiosità, stes-se perplessità, stesse richieste su quali materiali utilizza-re, stesso entusiasmo. Sì, anche io ci sono passata e, senza offesa, nessuna può capirvi quanto me! Ero ine-sperta non solo nella tecnica (anche se in circa sei mesi avevo appreso tantissimo), ma anche e soprattutto nella conoscenza dei materiali e nella loro qualità. Il primo ordine comprendeva un classico kit, un body, colori già pre-miscelati, pennelli di varie misure, occorrente per rooting e materiale di riempimento. Un vecchio forno di mia madre era tutto quello di cui potevo disporre per la parte della cottura. La nursery-studio, che nel tempo sono riuscita a creare, era lontanissima dai miei pensieri. Il mio laboratorio era un gazebo nel retro della mia ca-

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    setta a mare, arredato, si fa per dire, con un tavolo di plastica bianco Ikea, due sedie sempre di plastica Ikea, un contenitore in plastica per tenere i colori, il forno di cui sopra, che solo mia madre sa quanti polli ci avrà ar-rostito in passato, un pc portatile con una chiavetta per internet dalla connessione lentissima. Non era molto, ma per me in quell’estate del 2010 era tanto. In un me-setto (e sì, lo ammetto, qualche nuotata l’ho comunque fatta alla fine!) riuscii a creare la mia prima bambola re-born. Le diedi il nome di Valentina. Il giorno che “ven-ne al mondo” non lo dimenticherò mai. La bambola non era bella come quelle che realizzo oggi, ma non era nemmeno così brutta da farmi desistere da lasciar per-dere quest’arte e non crearne mai più. Ci avevo messo tanto impegno ed ero comunque soddisfatta del risulta-to. Certo, non poteva essere venduta e non era nemme-no nei miei pensieri farlo. Tempo dopo la regalai a una bambina vicina di casa mia. Lei ne fu felice e io fui felice per lei.

    Quella sera, finito di creare Valentina, stanca ma sod-disfatta, mi riposai sulla dondola sotto la veranda gu-standomi un gelato, con me c’era come sempre Carme-lo. Il caldo, la musica in lontananza, qualche zanzara, l’odore di zagara misto a quello di carne arrostita che ar-rivava da una casetta vicina completavano l’atmosfera.

    Il sogno ha inizio

    Forse è arrivato il momento di presentarmi. Al momen-to sapete già qualcosa di me, ma credo che non sia suf-ficiente. Mi chiamo Laura, sono nata a Catania nel giu-gno del 1982. Ho sempre vissuto tra la mia città natale e Belsito, una frazione di Misterbianco, grosso centro del

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    catanese. Per intenderci, il mio quartiere è più vicino a Catania che a Misterbianco centro. Ecco perché mi so-no sempre sentita catanese al 100%. Anche le scuole elementari, medie, superiori e università le ho frequenta-te nel capoluogo etneo. Alle scuole superiori avevo scel-to, all’epoca, di frequentare un istituto d’arte, ma ben presto capii che era più un istituto dove avrei “perso tempo”. Non voglio offendere nessuno, ci manchereb-be, ma la mia esperienza fu totalmente negativa, anche perché ancora alla fine di novembre passavamo più tempo nel cortile della scuola che in aula. Sono stata sempre una ragazza matura e con la testa sulle spalle. Potevo adeguarmi a quell’andazzo (a chi non piace a quattordici anni bighellonare nei cortili della scuola), ma sarebbe stato uno schiaffo ai miei genitori e soprattutto a mio padre che, ormai andato in pensione, mi accom-pagnava in auto tutte le mattine. Il tempo passava e io diventavo sempre più dubbiosa sulla scelta fatta. Dentro di me capivo che non c’era più tempo da perdere! Tra l’altro, sono sempre stata una ragazza che se non fa nul-la si annoia e si deprime. Abbandonai quella scuola e scelsi il Liceo Scientifico “Principe Umberto”, e lì ho studiato davvero, ma davvero tanto. Ancora oggi, quan-do dico che sono una reborn artist, la prima domanda che mi pongono è: «hai frequentato un istituto d’arte?». Beh, direi proprio di no. Un talento o ce l’hai o non ce l’hai. Certo, un istituto d’arte ti aiuta ad apprendere tutte le tecniche e la storia dell’arte (e io stessa sono la prima a consigliarvi, se ne avete l’ispirazione, a iscrivervi e fre-quentarne uno), ma se la creatività o il talento non sono insite in voi è meglio lasciar perdere. Non si spieghe-rebbe il fatto che i più grandi scrittori, pittori, musicisti,

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    cantanti, campioni dello sport sono per lo più autodi-datti. Carmelo è un grande appassionato di sport e, a tal proposito, mi dice sempre che il talento è qualcosa che uno ha o non ha. Ci sono buoni giocatori che con duri allenamenti quotidiani arriveranno in Serie A. Ma i campioni, i fuoriclasse sono pochi. Solo loro hanno il talento, solo loro sono stati baciati dal fato. E in ogni cosa della vita credo sia così. Anche quando frequenta-vo le medie o le superiori, se c’era da formare un grup-po per dei lavori di disegno, se c’erano da fare dei labo-ratori artistici particolari, le professoresse di artistica mi sceglievano sempre. Per me era anche un modo per po-ter “saltare” qualche noiosa ora di matematica o chimi-ca. Oltre al disegno mi sono sempre piaciute l’italiano e l’inglese, le materie scientifiche invece non facevano per me. Finiti gli studi superiori, partecipai al test d’ammissione per accedere al Corso di Laurea in Infer-mieristica, all’Università di Catania. Il test, pur credendo di aver fatto bene, non lo passai. Forse in quel periodo non avevo ancora chiaro nella mia testa quel che avrei voluto fare da grande. Ho sempre avuto un carattere al-truista, sempre pronta ad aiutare gli altri. E forse questo lato caratteriale mi spingeva a voler diventare infermie-ra. Si chiama “sindrome da crocerossina”. Oggi, riflet-tendoci, di sicuro è stato meglio così: diventare infer-miera, per me che sono estremamente sensibile, non sa-rebbe stato facile. Vedere le sofferenze altrui mi avrebbe portato a immedesimarmi con i pazienti e stare male. Sono sicura di questo. Davanti alla sofferenza non ho il sangue freddo, non rimango impassibile e soffro. Scelsi il Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione sem-pre a Catania. Uno dei corsi universitari della Facoltà di

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    Lettere e Filosofia con docenti preparati, molti di età avanzata, che non si sono mai adeguati veramente alla famosa riforma tre più due dell’ex ministra Moratti che prevedeva, in un certo qual senso, lo snellimento del programma delle materie. Io invece ho studiato tanto, tantissimo, come si studiava trenta o quarant’anni fa. Inevitabilmente anche il tempo di permanenza all’università si è allungato. Ma oggi, tirando le somme, sono felice e soddisfatta perché quei duri studi universi-tari mi hanno dato una preparazione che forse in poche altre Facoltà avrei potuto avere. Nel frattempo, però, ho coltivato sempre le mie passioni. Dal 2007, ad esempio, ho dato vita a Majokko Creazioni creando, con l’aiuto di mia madre, prop replica in legno dei maggiori gadget dei cartoni animati anni Ottanta. La bacchetta de “L’incantevole Cremy”, quella di “Lalabel”, le sfere di cristallo di “Sailor Moon”, il cucchiaino della “signora Minù” e persino il salvadanaio di “Pollon”. Chi è nato tra gli anni settanta e novanta dello scorso secolo sa di cosa sto parlando. Alcuni di questi oggetti sono funzio-nanti (nella parte elettronica mi dava una mano mio fra-tello, ingegnere elettrico), e molti sono stati usati da co-splayer in giro per l’Italia. Tra l’altro, grazie a questo progetto, ho avuto la possibilità di viaggiare e visitare diverse fiere di fumetti e animazione, conoscendo una miriade di ragazzi in tutto il paese. Insomma, la creativi-tà non mi è mai mancata!

    Da quella fatidica notte del 2010 tutta la mia vena creativa si è trasferita nella creazione di bambole reborn. E dalla creazione di Valentina, a cui seguirono Cristina, Simona, Martina (la mia prima reborn doll venduta), Giorgia, il sogno ebbe inizio! Ora conoscete qualcosa in

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    più di me. Non vi ho ancora parlato dei miei pelosetti (ho quat-

    tro cani e una gattina), della musica o dei miei piatti pre-feriti. Non preoccupatevi, brevemente, più avanti nel li-bro, ci sarà modo di farlo. Non abbiate fretta e siate curiosi

    “Stay hungry, stay foolish”, letteralmente “rimanete af-famati, rimanete folli”, è il motto più famoso di Steve Jobs, il padre di Apple, quello che dobbiamo ringraziare per aver inventato un cellulare (iPhone) e un tablet (iPad) che fanno tutto tranne il caffè. Il mio motto, o per lo meno quello che ho fatto mio, visto che sicura-mente qualcuno l’ha enunciato prima di me, è più sem-plicemente “Do not rush and be curious”, cioè “non abbiate fretta e siate curiosi”. Soprattutto non abbiate fretta.

    Dalle mie parti, ma anche dalle vostre, si dice che “la gatta frettolosa fa i figli cechi”. Diventare una reborn ar-tist presuppone delle qualità essenziali che chiunque di voi che vuole cimentarsi in questa splendida arte deve possedere. In primis ovviamente talento, ma anche pa-zienza, riflessione, passione, perseveranza, curiosità. Se non possedete queste qualità, difficilmente riuscirete a diventare una brava reborner e ancor più difficile sarà realizzare una discreta bambola. Per me questo è un punto essenziale. Una reborn artist non è un pizzaiolo o un panettiere. Anche saper fare una pizza o un panino è un’arte e richiede delle qualità specifiche, e io stessa co-nosco pizzaioli e panettieri bravissimi che creano mar-gherite e baghette fantastiche e dal sapore ineguagliabile. Qui il mio discorso è un altro. Non si può creare una

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    doll in cinque minuti, e nemmeno in due giorni o una settimana. Ci vuole tempo e pazienza, e la velocità sarà il vostro peggior nemico. Di pari passo bisogna essere curiosi. La curiosità è il motore di tutto. Nell’arte del reborning, nella creazione di una bambola reborn, non c’è nulla di scontato e ogni giorno è un continuo speri-mentare. Se non si è curiosi, se alla prima difficoltà ci si ferma, se non si vuole andare oltre, se non si è caparbi, se non si vuole alzare l’asticella, allora questo mondo non fa per voi. Non scoraggiatevi se vi dico questo, ma sono schietta ed è giusto dirvelo subito. Vi avevo pro-messo all’inizio di essere vostra amica, e in questo mo-mento vi sto parlando in quanto tale. Ripeto, tutto ciò che vi dico è fondamentale. E lo faccio con cognizione di causa. Prima di essere diventata una reborn artist so-no stata una ragazza che alla vista delle reborn dolls è letteralmente impazzita, e in me è esplosa una voglia ir-refrenabile di crearne una. Ma prima di farlo mi sono documentata e, come detto prima, ho passato notti in-sonni a navigare su internet. Mesi e mesi. E non c’era nulla di scontato. Anche comprare un ago da rooting di una certa misura rispetto a un’altra, o un pennello ri-spetto a un altro, è stato frutto di riflessioni accurate. Forse vi sembrerò esagerata, ma è così. Ogni giorno ri-cevo parecchie telefonate ed email di ragazze che vo-gliono iniziare a creare una doll. La maggior parte di lo-ro sono prese da questo fenomeno, ma hanno una fretta sfrenata di realizzare la loro prima bambola reborn. E soprattutto di venderla. Questo è un approccio sbaglia-to. Il grande Totò diceva “nessuno nasce imparato”, e aveva ragione. La ricerca e la conoscenza delle tecniche di creazione deve essere costante. Ogni spiegazione di

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    una reborn artist, anche banale, buttata lì su una pagina o su un gruppo Facebook, può essere illuminante. Di un qualsiasi consiglio che riceverete dovete farne tesoro. E poi ci vuole calma e pazienza: se vi preparate bene, se saprete quante più cose possibili, se vi confronterete sui forum, se sceglierete le pagine Facebook giuste, se avre-te una buona conoscenza dell’inglese (visto che il 90% delle news sono scritte in questa lingua), allora statene certi, potrete cominciare a intraprendere questa strada. Dopo, pazienza, curiosità e sperimentazione vi guide-ranno nella creazione della bambola. Su questo aspetto ci torneremo più approfonditamente più avanti.

    La differenza fra un’ottima bambola reborn e una mediocre, o ancor peggio scadente, è data dalla somma di varie cose: talento e creatività dell’artista, pazienza e costanza, uso di materiali di alta qualità. Quest’ultimo è un nodo cruciale. Inizialmente bisognerà investire, inve-stire, investire. Dal punto di vista economico, riferito al-le spese dell’artista, non si potrà realizzare una buona bambola con pochi soldi. Scordatevi di spendere per un buon kit, un buon body, dei colori Genesis, degli occhi in vetro, del mohair di qualità, dei materiali da riempi-mento idonei, quaranta o cinquanta euro. Più verosi-milmente ci vorranno circa duecento o trecento euro. Se il kit è esclusivo e a edizione limitata, ci vorrà ancor di più. Di kit ad esempio se ne trovano tanti. Ma un kit che costa venti o trenta euro è un kit che non vi dà al-cuna garanzia di buona riuscita del lavoro, oltre che un prodotto che non rispetta il minimo di sicurezza dei ma-teriali di cui è composto. Stessa regola vale per gli altri prodotti. Se investirete poco avrete una bambola reborn finale scadente e, quando eventualmente la venderete,

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    non darete alcuna garanzia alla persona che la comprerà. Non meravigliatevi se dopo qualche settimana qualcuna vi ricontatterà perché la bambola acquistata si sta dete-riorando. Avrete finito di creare bambole e non sarete più credibili alla vista di potenziali clienti.

    Stessa cosa vale per chi vuole acquistare una bambola reborn. Se ne volete una di ottima qualità, creata dall’artista con i giusti criteri, con i migliori materiali in circolazione e, soprattutto, con la garanzia che la bam-bola avrà una lunga durata nel tempo, non ne troverete mai una a basso prezzo. Quindi se ne troverete a basso prezzo (e fidatevi di me, ne troverete, altro se ne trove-rete!) dovete essere anche coscienti che non state facen-do un buon affare. Poi, ovviamente, il prezzo varia an-che in base alla bravura di un’artista, ma questo è un al-tro discorso. Qui io parlo in termini prettamente eco-nomici, di costi di materiale.

    Avete del talento e volete dunque creare una bambo-la reborn? Bene, non abbiate fretta, siate curiosi, non siate tirchi, sperimentate e abbiate pazienza. Se farete questo, sarete già sulla buona strada per iniziare.

    Sperimentate e non smettete mai di farlo

    La mia prima bambola reborn venduta fu Martina, una doll realizzata dal kit Shyann della sculptor artist Aleina Peterson. La vendita avvenne ai primi di febbraio del 2011 sul sito eBay, attraverso il “compralo subito”, al prezzo di 250 euro. Era passato pressappoco un anno dalla scoperta delle bambole reborn, e finalmente anche il mio lavoro veniva apprezzato da altre. Nel crearla avevo messo tanta passione, fatica, perseveranza e notti di lavoro. Adesso tutto ciò veniva ripagato. Ma non so-

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    lo, come si possa pensare, da un punto di vista econo-mico, ma soprattutto in termini di felicità e gioia. Nel frattempo, qualche mese prima, avevo aperto una pagi-na Facebook dedicata (rebornbabydoll), e i commenti che fioccavano su Martina, oltre ai messaggi privati, erano davvero lusinghieri. Mi sentivo felice. Avevo crea-to davvero una bellissima bambola reborn. E fu questa la spinta ad andare avanti, a non fermarmi, a migliorar-mi costantemente. Per me il punto di riferimento sono sempre state le artiste americane. Passavo sul web, an-cora a distanza di un anno, ore e ore a cogliere ogni aspetto. Navigavo nelle loro pagine Facebook, sui fo-rum, ero un pozzo inesauribile di curiosità. Ogni detta-glio che osservavo era motivo di riflessione e approfon-dimento. Ogni novità, ogni cosa che scoprivo, la condi-videvo subito con Carmelo. Non era facile per lui, me ne rendo conto. Il mondo delle reborn dolls è pretta-mente femminile e per un ragazzo cresciuto a pane e pallone non era semplice stare ad ascoltare la propria ragazza entusiasta parlare di rooting, mohair, reborning. Ricordo però ancora la sua faccia quando vide la mia prima creazione. Come detto prima successe quel 26 di agosto del 2010, giorno in cui completai Valentina; quel pomeriggio quando Carmelo arrivò nella mia casa a ma-re e vide la doll poggiata dolcemente sul letto, si impres-sionò. I giorni prima aveva seguito, passo dopo passo, il mio lavoro; ma una cosa è vedere una doll in prepara-zione, una cosa è vederla completa. Quel giorno il suo viso si illuminò, i suoi occhi si accesero, era felice per me e per quello che ero riuscita a creare. Esclamò: «Amore, ma questa è una bambina vera!». Da quel momento mi ha sempre seguita e condiviso con me tutti gli sfoghi,

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    positivi e negativi, che una reborn artist può avere. Torniamo al discorso di prima. I dettagli per me sono

    fondamentali. Ero entrata in contatto, come detto, con alcune artiste americane, e ormai si discuteva prettamen-te di tecniche, materiali, pennelli, colori e forni da utiliz-zare. Nel tempo però mi sono accorta che ogni artista, compresa me, sviluppa e perfeziona uno stile personale. Quello che voglio dire è che si possono passare nottate intere a osservare dettagli sul colore della pelle, rughette, unghie, rooting ecc. Ma alla fine, quando inizi a creare, sei sola con te stessa e con un kit davanti che aspetta di essere lavorato; ed è in quel momento che viene fuori il tuo talento, la tua creatività, la tua personalità e anche il tuo improvvisare. Per capirci meglio, un pittore può ap-prendere tutte le tecniche del mondo, ma poi sarà la sua creatività, il suo genio, il suo stile che renderanno quel quadro unico e in qualche caso un capolavoro. Se io creo una bambola da un determinato kit, ci sarà sempre anche una minima differenza con un’altra artista che ha creato una doll dallo stesso kit. Potrebbe essere una grande differenza se ovviamente si usano colori diversi, mohair di un certo tipo, occhi di un determinato colore, ma soprattutto uno stile totalmente diverso; ma anche una minima differenza (indipendentemente se due arti-ste hanno utilizzato materiali identici) dovuta a una sfumatura, una rughetta, una diversa ciocca di capelli, perché magari durante la fase di rooting si è usata una tecnica rispetto a un’altra. Quello che voglio dire è che ogni lavoro è prettamente personale e diverso da un al-tro. Ogni artista sviluppa nel tempo uno stile. E al di là di questo, ogni brava artista non deve mai fermarsi, ma sperimentare sempre. Io l’ho sempre fatto in questi an-

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    ni. Ho sempre cercato di migliorarmi e non fermarmi alla semplice creazione “scolastica”. Vi porto un altro esempio banale, ma significativo. Passavo molto tempo a osservare le mani e i piedi delle bambole di molte arti-ste, soffermandomi sulle unghiette. A un certo punto capivo che si poteva fare di più, che si potevano realiz-zare meglio. Ecco perché, avendo in passato realizzato su me stessa la ricostruzione delle unghie, decisi per cer-ti kit limitati di ricostruirle nella doll. Dopo tutto avevo già a casa l’occorrente, compreso un fornetto di ottima qualità che avevo acquistato tempo prima in un sito on-line specializzato. Beh che dire, il risultato fu straordina-rio! Certo, il lavoro era complesso e certosino, ecco per-ché decisi di applicare la tecnica solo su kit esclusivi di un certo valore. Questo era solo un esempio, ma quello che ho fatto per le unghiette cerco di applicarlo in tutte le parti e i dettagli particolari di una bambola. Le labbra, le ciglia, le sopracciglia, il nasino, le rughette delle mani e dei piedi; tutto è curato da me con il massimo scrupo-lo, cercando sempre, quando è possibile, di apportare modifiche e novità che le rendono ancora più belle e realistiche. Questo per me vuol dire sperimentare. Il mio consiglio a chi diventerà una reborn artist è: speri-mentate e non smettete mai di farlo!

    Dopo Martina fu la volta di Giorgia, bambola che riuscii a vendere tramite post su Facebook alla fine di febbraio; e poi ancora Deborah, venduta a metà di maggio, sempre attraverso le foto postate sulla mia pa-gina social, a una signora di Biella. Le vendite o adozio-ni (in gergo si usa dire così, anche se a me questo termi-ne non piace molto e comunque ormai è quasi in disu-so) erano insomma partite. Le mie bambole comincia-

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    vano a piacere e anche i tanti complimenti che ricevevo me ne davano conferma.

    Un hobby che riusciva a farmi guadagnare qualche soldino, che per una studentessa universitaria è di sicuro una manna caduta dal cielo. In quel periodo cercavo di portare avanti anche l’altro mio hobby, Majokko Crea-zioni, oltre allo studio che mi impegnava parecchio an-che perché finalmente, con mia immensa soddisfazione, gli spazietti del libretto universitario, in cui i professori annotano le materie superate, si riducevano sempre più.

    La svolta: una scelta di cuore

    Non ho mai tralasciato nulla di tutte le cose che mi ca-pitano di fare nella vita. È il mio carattere, non riesco ad accantonare e mettere da parte un progetto per dedi-carmi solo ed esclusivamente a un altro. Forse è un pre-gio, o forse effettivamente un difetto. Come si dice, chi troppo vuole nulla stringe! Mi spiego meglio. Nel 2007, come detto, iniziai a creare attraverso il legno le prop repliche dei più bei cartoni animati degli anni ottanta-novanta, di cui sono stata sempre una grandissima ap-passionata, ed ero diventata sul web abbastanza famosa con il nome di Majokko Creazioni. Ora, tra la fine del 2011 e gli inizi del 2012, mi stavo affermando anche come reborner. Il reborning mi piaceva sempre più, ma allo stesso tempo mi dava tanta soddisfazione anche creare le prop repliche che poi i cosplayers di tutta Italia avrebbero sfoggiato nelle fiere del fumetto e dell’animazione in giro per il nostro paese. Cosa fare? Abbandonare Majokko Creazioni dopo cinque anni o continuare con entrambi gli hobby? Certo, il dispendio di energie era davvero tanto. Dovevo pensare anche allo

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    studio: mi aspettavano le ultime materie e più avanti la preparazione della tesi. Certi giorni la mia agenda era la seguente: la mattina all’università a seguire le lezioni di qualche ultima materia più impegnativa; il pomeriggio dipingevo qualche bacchetta de l’Incantevole Creamy o di Sailor Moon; la sera continuavo con il rooting dell’ultima doll creata.

    Certo, c’erano le uscite nel fine settimana, i momenti di relax, oltre a qualche serata, quando la stanchezza era tanta, passata davanti la tv a guardare un bel film. Ma in generale le mie giornate tipo erano scandite da lezioni all’università e i miei due hobby. Quando un esame uni-versitario si avvicinava dovevo mettere da parte pennelli o aghi da rooting, seppur con tanto dispiacere (che a volte, devo ammetterlo, sfociava in frustrazione).

    In quei mesi dovevo decidere dunque cosa fare. Mi sentivo come quando ci si mette davanti la tv e devi scegliere tra due film che ti piacciono. Giri tra un canale e un altro, usi il telecomando in maniera compulsiva, vorresti guardarli entrambi ma poi inesorabilmente devi fare una scelta.

    L’occasione per decidere a quale hobby dedicare più tempo arrivò in quei mesi quasi per caso. Fui contattata in quel periodo dall’autore del Dizionario dei cartoni animati, il primo lavoro di questo genere edito in Italia (e credo al mondo), che mi propose una collaborazione, attraverso la casa editrice Anton Edizioni, per Lucca Comics, la fiera dell’animazione e del fumetto più famo-sa in Italia. Dopo averci pensato un po’, fatto i calcoli e pianificato anche a livello logistico in che modo avrei portato i miei lavori da Catania a Lucca, accettai con grande entusiasmo. Decidemmo che la Anton Edizioni

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    mi avrebbe ospitato nel suo stand e avrei realizzato una decina di prop repliche esclusive da vendere poi in un’asta organizzata appositamente durante l’ultimo giorno di fiera. In quel momento, accettando quella proposta, decisi che dopo questo evento avrei pian pia-no rallentato la creazione di prop repliche, fino a smet-tere e dedicarmi alla passione che in quel momento sen-tivo più nel cuore di coltivare: il reborning.

    Lucca Comics & Games si svolgeva quell’anno (2012) dal primo al 4 novembre. Passai buona parte del-la primavera e dell’estate a realizzare le prop repliche che avrei portato in fiera, trascurando per un po’ le creazioni di dolls. Devo però dire che ugualmente quell’estate, seppur con fatica, dopo aver passato anche un esame universitario, riuscii a dare vita alla reborn doll Sammie, creata da un kit della scultrice Adrie Stoete.

    La mia partecipazione a Lucca Comics e la mia asta ebbero un grande successo, e ancora oggi ne porto den-tro un ricordo speciale. Come detto, la decisione da quel momento fu presa. La svolta era arrivata! Fu una scelta di cuore verso un’arte che sempre più mi entrava den-tro, fino all’anima. Il reborning e le bambole reborn sa-rebbero state, d’ora in poi, l’hobby a cui mi sarei dedica-ta e a cui avrei voluto impiegare il mio tempo libero.

    Nella primavera del 2013 la mia situazione era dun-que delineata. Volevo diventare una brava reborner e lo volevo fortemente. Anche la mia carriera universitaria si faceva sempre più limpida: restavano due esami da so-stenere (seppur impegnativi come Letteratura Italiana e Linguistica Applicata), il tirocinio obbligatorio da cento ore e la preparazione della tesi.

    Voltandomi indietro ricordo quei mesi come pieni di

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    passione e di impegno: lo studio universitario che sem-pre più mi coinvolgeva; la richiesta e la preparazione della tesi di laurea con una professoressa speciale come la Prof.ssa Rosaria “ Sissy” Sardo; la richiesta di attiva-zione del tirocinio e la conoscenza di un’altra persona straordinaria, la Direttrice delle Biblioteche Riunite di Catania, la Dott.ssa Rita Angela Carbonaro che, qualche anno dopo (ma io in quel momento non potevo lonta-namente immaginarlo), avrà un ruolo fondamentale per la mia crescita personale di reborner.

    E poi i tanti pomeriggi passati a creare le mie dolls, tra le quali Cassie che venderò a Joyce, un’anziana don-na americana di Spokane, città dello Stato di Washing-ton, che sarà la mia prima cliente straniera; e ancora Anastasia venduta a Gabriella, una signora di Palermo.

    Joyce morirà qualche anno dopo. Sua figlia mi con-tatterà via email dicendomi che fino all’ultimo sua ma-dre non si separava mai dalla doll che le avevo creato. Nel leggere quelle parole, una lacrima mi scese sul viso.

    Chi sono per davvero

    Penso che ognuno di noi, almeno una volta nella vita, si sia posto le fatidiche domanda esistenziali: chi sono per davvero? Perché sono nata se tanto devo morire? Cosa c’è dopo la vita? A queste domande, soprattutto alla se-conda e alla terza, nessuno di noi è in grado di rispon-dere in quanto fanno parte dei cosiddetti misteri della vita. Alla prima si può cercare di rispondere in parte, sapendo che forse alla fin fine neanche noi sappiamo chi siamo per davvero.

    Quando decisi di scrivere questo libro, decisi di farlo parlandovi anche di me a cuore aperto. Promisi a me

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    stessa che questo non doveva essere solo un libro sul reborning o le bambole reborn, ma anche il racconto di una ragazza che ha sempre creduto in un progetto e l’ha portato avanti. Come vi ho detto all’inizio di questo viaggio, mi sono voluta prendere delle pagine per scri-vere qualcosa in più della mia vita privata, prima di par-lare più specificamente dell’arte del reborning.

    Chi sono per davvero? Se dovessi rispondere a questa domanda, ecco come mi definirei: una persona sempli-ce, come tante, che crede in quel che fa, che odia le in-giustizie, che è pronta a lottare per un’ideale. Una don-na, insomma, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti, le sue paure e il suo coraggio, i suoi pensieri, le sue emozioni, le sue soddisfazioni e insoddisfazioni, i suoi amori. Una ragazza nata negli anni ottanta e cresciuta in un’epoca di grandi speranze e aspettative, gli anni Novanta, che pre-sto però lasceranno il posto ad anni difficili e di crisi economica generale. Una ragazza che adesso è diventata donna.

    Già nelle prime pagine di questo libro vi ho parlato un po’ di me. Adesso vi parlo velocemente del resto. Da dove iniziamo? Beh dall’amore (anzi dagli amori, le pas-sioni), perché senza di quello è quasi inutile vivere.

    Il mio amore più grande si chiama Carmelo. Lo co-nobbi ormai tanto tempo fa in Facoltà. Era lì, su una panchina, mentre aspettava una collega di corso. Mi av-vicinai per chiedergli un’informazione su una lezione, poi mi sedetti accanto a lui e si parlò del più e del meno. Fu una mattinata piacevole a chiacchierare di università, libri, lezioni. I soliti discorsi e convenevoli che si fanno quando si conosce un collega universitario. All’inizio non pensavo nulla di quello che poi sarebbe nato.

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    Guardando indietro penso che sia stato il destino a far-melo incontrare. Mi spiego meglio. Sicuramente ognuna di noi quando incontra l’uomo della sua vita è “guida-ta”, diciamo così, da una mano divina. A volte ci inna-moriamo del compagno di banco, del ragazzo con cui giocavamo da bambini, del barista del bar in cui andia-mo a fare colazione, del collega di lavoro. Ognuna di noi ha una sua storia. La mia conoscenza con Carmelo ha qualcosa di strano, quasi di illogico. Come dicevo, succede di innamorarsi del proprio compagno di banco perché ci si incontra in una determinata scuola e classe. Come può succedere di innamorarsi del barista di un determinato bar, perché in quel bar, e non in un altro, andiamo a fare colazione, magari perché prepara i cor-netti e i cappuccini più buoni della città. Poi, invece, ad alcune di noi accadono cose che non possiamo control-lare, quasi inspiegabili. Succede quando il destino si gio-ca tutto in pochi minuti, secondi o istanti. A me e Car-melo è successo questo, e ancora oggi non ce lo sap-piamo spiegare. Ci siamo trovati, insomma, nello stesso istante (e solo in quell’istante), nell’unico posto dove potevamo incontrarci per conoscerci: su una panchina del corridoio del Monastero dei Benedettini di Catania, sede della Facoltà di Lettere che frequentavamo. Alcuni si chiederanno cosa c’è di illogico in tutto questo, suc-cede a tanti di incontrarsi frequentando la stessa Facol-tà. Di illogico c’è che la mia Facoltà, all’epoca, contava migliaia e migliaia di iscritti (a cui aggiungere quelli della Facoltà di Lingue anch’essa ospitata al Monastero), e che in tutti i miei anni di studio sarò entrata in contatto con al massimo un centinaio di colleghi. Di illogico c’è che quella mattina dovevo seguire una lezione di Lin-

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    guistica generale di cui non si sapeva la sede esatta di svolgimento, cioè se al Monastero di Piazza Dante o nella sede centrale di Piazza Università (luogo dove si svolgevano alcune lezioni della Facoltà di Lettere); e trovandomi a metà strada non so cosa mi spinse a re-carmi a Piazza Dante, anche se poi la lezione non si sa-rebbe svolta lì. Di illogico c’è che Carmelo stava aspet-tando una collega che quel giorno era in ritardo (se fos-se arrivata puntuale di sicuro sarebbero andati via, spo-standosi da quella panchina). E se Carmelo fosse un at-timo andato a prendere una bottiglietta d’acqua nell’apposita macchinetta (cosa che faceva spesso), si-tuata in un'altra ala dell’immenso Monastero, o fosse andato in bagno o magari un attimo a leggere un an-nuncio di una lezione in una delle tante bacheche del corridoio? Non l’avrei di sicuro mai incontrato in vita mia. E invece lui era lì, in quella panchina. Chi conosce ed ha frequentato una grande Facoltà in termini di iscritti sa di cosa parlo. Ecco, mi sono dilungata come al solito, ma quando si parla d’amore le parole non basta-no mai. Non vi racconterò quanto ci vogliamo bene e quanti momenti di vita abbiamo vissuto insieme, quante risate, lacrime, pizze e gelati mangiati, film visti, materie preparate, uscite in centro. Vi basterà sapere che Car-melo mi segue e mi ha sempre seguito in tutto quello che ho fatto, e oggi anche lui è diventato un esperto di reborning, tanto da scrivere questo libro insieme a me. È stato il co-organizzatore delle mie mostre tenute a maggio e novembre del 2017. Mi aiuta con le tante email che ricevo, mi dà una mano con l’aggiornamento del sito e delle pagine social. Molte di voi lo conoscono già, visto che in passato l’ho pure “obbligato” a posare

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    da modello con le mie dolls durante le fasi di shooting fotografico. Ho provato una sola volta, così per gioco, a fargli inserire con l’ago una ciocca di capelli nella testo-lina; ebbene il risultato è stato a dir poco disastroso, al terzo inserimento ha rotto l’ago! Diciamo che il rebor-ning da un punto di vista tecnico e creativo non fa per lui e sarebbe pretendere troppo da parte mia. Lo amo e gli voglio un bene dell’anima per l’uomo stupendo che è. A proposito, dimenticavo un piccolo dettaglio, nel frattempo è diventato mio marito!

    Milù, Spank, Emily, Lea e Alice sono gli altri amori della mia vita. Hanno una cosa in comune: sono tutti pelosi e trovatelli.

    Milù entrò in casa nostra nel giugno del 2008, quan-do la trovai in fin di vita riversa nel vialetto di casa mia. È una gattina speciale, che amo definire più umana e meno felina: non mangia pesce, difficilmente fa le fusa, non graffia, non si arrampica, raramente gioca e miago-la. Ma c’è sempre. Mi osserva, osserva e ancora osserva in ogni mio movimento. È molto riflessiva. E come ogni gatta che si rispetti (almeno su questo è una gatta!) è curiosa. Quando arriva un pacco con un nuovo kit è lì pronta a balzare sulla mia scrivania e guardare ogni sin-golo pezzo, scrutare il mio volto e ascoltare ogni mia considerazione.

    Nel 2007 arrivò Spank, barboncino tenero e pastic-cione, che decisi di chiamare così proprio in ricordo di quel cartone animato che tanto ho amato da piccola. Poi, nel 2009, anche Emily entrò a far parte delle nostre vite, insieme a Lea e Alice anni dopo, nel 2014. Tutti trovatelli e figli di quei gesti meschini e crudeli di ab-bandono che ogni anno, irrimediabilmente, si ripetono

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