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Devi' ione per implosione Piccole cariche di esplosivo strategicamente disposte gli edifici dismessi senza danneggiare le strutture attigue alli. ; f". di J. Mark Loizeaux e Douglas K. Loizeaux tografie di Ken Regan riescono a disintegrare in pochi secondi Il Pennsylvania Hotel di West Palm Beach, in Florida, è stato fatto crollare lo scorso mese di febbraio in circa cinque secondi e con una limitatissima quantità di dinamite. La sequenza di fotogram- mi evidenzia come le due ali dell'edificio siano cadute inclinandosi verso l'inter- no. Alla fine è rimasto soltanto un cumu- lo di detriti dell'altezza di pochi metri. 11-11 i ' 91.ii e ., l •. . ..,..;'. li -a-- • O' I II e 0 I • Ismill i P 'ir 1P+,,itiaN i rung r I I t Tre,

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Devi' ione per implosionePiccole cariche di esplosivo strategicamente disposte

gli edifici dismessi senza danneggiare le strutture attigue alli.; f".

di J. Mark Loizeaux e Douglas K. Loizeaux

tografie di Ken Regan

riescono a disintegrare in pochi secondi

Il Pennsylvania Hotel di West PalmBeach, in Florida, è stato fatto crollare loscorso mese di febbraio in circa cinquesecondi e con una limitatissima quantitàdi dinamite. La sequenza di fotogram-mi evidenzia come le due ali dell'edificiosiano cadute inclinandosi verso l'inter-no. Alla fine è rimasto soltanto un cumu-lo di detriti dell'altezza di pochi metri.

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Per disporre le cariche di dinamite nelle colonne è stato neces-sario praticare fori con un'apposita macchina (a sinistra in al-to). In seguito i candelotti di dinamite sono stati tagliati e dota-ti di detonatori elettrici (a sinistra in basso). Infine i fori perl'alloggiamento delle cariche sono stati intasati con sacchet-ti di sabbia, per confinare l'energia esplosiva entro le colonne.

La preparazione dell'albergo per la demolizione ha comportato il taglio in due della struttura(qui sopra), un accorgimento atto a far sì che le due ali crollassero verso l'interno. Inoltre sonostati tesi cavi di acciaio fra le colonne (a sinistra in alto) per garantire che l'ala sud cadesse indirezione opposta al vialetto che separava l'albergo da una casa di cura. Un'esplosione di pro-va effettuata alcuni giorni prima dell'abbattimento è valsa a verificare l'integrità strutturaledelle colonne (a sinistra in basso) e ha in effetti accertato come il calcestruzzo si fosse indebolito.

I

l Pennsylvania Hotel, una struttu-ra color crema di ispirazione medi-terranea prospiciente l'Intracoastal

Waterway a West Palm Beach, in Flori-da, è rimasto in piedi per 69 anni Neisuoi primi quattro decenni ha richiama-to moltissimi ospiti, tra cui celebrità co-me Elvis Presley o Hoagy Carmichael.Nel 1964 l'edificio di otto piani ha as-sunto un nuovo ruolo quando l'ordinereligioso delle Carmelitane lo ha con-vertito in un pensionato per anziani. Al-la fine, però, le suore hanno deciso chela struttura doveva essere sostituita conun edificio attrezzato in maniera piùmoderna.

E stato così che sabato 18 febbraio1995 il Pennsylvania Hotel si è ritiratodal suo lungo servizio. E ciò è avvenutoin non più di cinque secondi. Alle 11 e14 del mattino la secca detonazione del-le cariche di dinamite è risuonata per levie della città. In un batter d'occhio, lasezione centrale del tetto è crollata ver-so il basso, trascinando al suolo con séil resto della struttura. In un altro batterd'occhio una nube brunastra di polve-re si è sollevata fino all'altezza di unatrentina di metri, quella che pochi istan-ti prima era l'altezza dell'albergo me-desimo. Quando la nube si è depositataal suolo, nel giro di un minuto, una piladi macerie alta poco più di sei metri e-ra tutto ciò che restava della venerabi-le costruzione. Un edificio attiguo, a so-li quattro metri da quella che era stata laparete sud dell'albergo, era ricoperto da

uno strato di polvere, ma assolutamenteintatto.

La distruzione del Pennsylvania Ho-tel è un esempio di un tipo di demoli-zione detto «per implosione», nome cheper la prima volta è stato applicato aquesta tecnica dalla nostra società, laControlled Demolition Incorporated(CDI) con sede a Phoenix, nel Mary-land. Il termine, mutuato dalla fisica,indica un violento scoppio verso l'inter-no. Un'implosione non ha nulla a chevedere con il «far saltare» un edificio,concetto questo associato alle tonnella-te di esplosivi a volte impiegate per at-tentati terroristici. Per fare implodereuna costruzione si usa solo la dinamitesufficiente a distruggere le principalistrutture portanti: spesso per un palazzodi 10 piani ne bastano meno di 100 chi-logrammi. E il peso stesso dell'edificioa produrre poi il collasso.

La quantità di esplosivi è meno im-portante di quanto non lo siano il piaz-zamento delle cariche e la precisa rego-lazione dei tempi di detonazione. Le ca-riche devono essere fatte scoppiare neipunti in cui una struttura cederebbe na-turalmente in caso di sovraccarico: inpratica si tratta di cogliere quello chechiamiamo il «modo naturale di cedi-mento» di un edificio. Calcolando conprecisione la disposizione delle cariche,nonché la sequenza esatta in cui essevanno fatte brillare, possiamo determi-nare accuratamente dove andranno a ri-cadere i detriti di calcestruzzo e di me-

tallo: una parete che sia quasi a contattocon un altro edificio può essere «allon-tanata» durante il crollo, evitando cosìogni danno alla struttura adiacente.Questi eventi, inoltre, si svolgono nelgiro di pochi secondi, in confronto allesettimane o mesi di polvere e rumoreassociati alla demolizione di una strut-tura con metodi più tradizionali.

Le tecniche che permettono di radereal suolo un edificio per implosione nonsono state sviluppate in alcuna scuola diingegneria, ma sono state per lo più per-fezionate da membri della nostra fami-glia. L'esperienza familiare, accumula-ta in più di mezzo secolo, ci provienedall'avere demolito oltre 7000 struttu-re, incluse 1700 costruzioni di parecchipiani. Dato che la nostra perizia nel pro-vocare il collasso di strutture per mez-zo di esplosivi è il frutto di anni e annidi sperimentazioni, l'approccio da noiseguito è difficile da emulare efficace-mente per la maggior parte delle societàche operano demolizioni.

Fino al termine degli anni cinquanta,gli esplosivi sono stati occasionalmen-te impiegati per abbattere ciminiere ostrutture industriali dismesse in aree a-perte. Nostro padre, Jack Loizeaux, haraffinato quelle tecniche e ne ha estesol'applicazione. Avendo fatto esperienzacon gli esplosivi nel rimuovere i ceppirimanenti dopo il taglio di alberi colpi-ti dalla grafiosi dell'olmo, Jack, che oraha 80 anni, cominciò 50 anni fa ad ap-plicare le proprie conoscenze per radere

al suolo ciminiere, ponti e, finalmente,edifici a più piani. Nel 1957 fu il primoa demolire edifici in aree urbane densa-mente popolate. Noi due abbiamo co-minciato fin da giovani a occuparci delpiazzamento e della detonazione di ca-riche esplosive, e abbiamo rilevato l'at-tività quando Jack si è ritirato negli anniottanta.

Ogni edificio ha una personalità suapropria, che si manifesta non solo nel-l'architettura, ma anche nelle scatoledi sardine vecchie di 60 anni e nei rita-gli di giornali d'anteguerra che saltanofuori quando sfondiamo pareti o prati-chiamo fori nelle strutture portanti perinserire le cariche di dinamite. Il carat-tere proprio di ogni edificio si manife-sta anche nelle diverse difficoltà tecni-che poste da anomalie strutturali o dal-la vicinanza di altri edifici che devonorimanere intatti. Il Pennsylvania Hotelnon è la più grande né la più impegnati-va delle strutture che abbiamo demoli-to; ma la sua distruzione per mezzo diesplosivi serve per illustrare molte dellestrategie che applichiamo comunemen-te e molti dei problemi che ci troviamodi solito ad affrontare.

Sembrava a prima vista che l'albergo avrebbe presentato solo difficoltà

di ordine minore. Il compito più impe-gnativo consisteva nell'assicurare chel'implosione non danneggiasse la strut-tura attigua, una casa di cura anch'essadi proprietà delle Carmelitane situata a

poco più di quattro metri dalla paretesud dell'edificio.

L'ideale sarebbe stato disporre delprogetto originale dell'albergo, che ciavrebbe aiutato a preparare l'implosio-ne, ma i progetti di edifici di quell'etàsono difficili da trovare. Abbiamo otte-nuto comunque le planimetrie degli in-terni, che mostravano la localizzazionedelle uscite di emergenza e delle strut-ture portanti, per quanto alcune di que-ste ultime non fossero indicate corretta-mente. Da queste informazioni e da unviaggio che Doug fece in Florida persaggiare la resistenza del calcestruzzoe per accertarsi del tipo di acciaio cherinforzava le strutture portanti, stimam-mo che per l'implosione sarebbe statonecessario collocare circa 200 grammidi esplosivo in ognuno dei 400 fori cheavremmo praticato nelle strutture por-tanti di tre piani. Quindi demmo alla so-cietà che ci aveva consultato (la Cobra,Inc.) le dovute istruzioni per praticare ifori necessari alla demolizione.

Il nostro rapporto con la Cobra è sta-to abbastanza tipico del modo in cui la-voriamo ordinariamente. Spesso fun-giamo da consulenti per il titolare dellaproprietà - in questo caso le Carmeli-tane - e da subappaltatori specializzatiper la società che effettua materialmen-te la demolizione. Noi forniamo la no-stra competenza e, una volta che l'edifi-cio sia stato preparato secondo le nostredisposizioni, ci assumiamo la responsa-bilità dell'implosione.

Prima del nostro arrivo sul posto, laCobra aveva dovuto spogliare l'edificiodi tutto, lasciando solo le 11 000 tonnel-late di colonne portanti, travature, lastredi pavimentazione e muri esterni. Per ilgiorno dell'implosione la società avevagià portato via 4500 tonnellate di detri-ti, tra cui i resti di un ascensore, di ungarage a un solo piano e di una piscina.

Il primo segnale del fatto che il la-voro sarebbe stato più impegnativo delprevisto ci pervenne due settimane pri-ma del giorno prefissato per l'implosio-ne, durante una conversazione telefoni-ca con il presidente della Cobra. Egli ciriferì che l'apertura dei 400 fori stavaprocedendo rapidamente. A nostro pa-rere, un po' troppo rapidamente. La ve-locità con la quale il lavoro progrediva(gli addetti completavano più di 100 fo-ri al giorno) era segno che il calcestruz-zo si dimostrava più debole di quantonon avesse rivelato la nostra ispezionepreliminare, e che i tondini d'acciaio dirinforzo nelle colonne si erano notevol-mente deteriorati durante il lungo perio-do di vita dell'albergo. Una prova, con-dotta facendo brillare piccole cariche didinamite in alcune colonne opportuna-mente scelte, confermò la debolezza delmateriale.

Il calcestruzzo è una miscela di ce-mento, acqua e materiale grossolano,sovente ghiaia. Il legame del cementocon la ghiaia è ciò che conferisce al cal-cestruzzo la resistenza alla compressio-ne che serve a sostenere i pesanti cari-

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Le colonne sono state avvolte in rete metallica e poi rivestite con tessuto pesante(sopra) per impedire ai detriti di volare per ogni dove. Una volta completato il piaz-zamento delle cariche, i cavi elettrici dei detonatori sono stati collegati fra loro, fat-ti scendere al piano terra attraverso il vano di un ascensore (a destra) e infine con-nessi al dispositivo elettronico che avvia la sequenza controllata di detonazioni.

aALA SUD ALA NORD Il giorno dell'implosione, il detonatore

generale ha fatto saltare le cariche alprimo, secondo, quarto e sesto pianodell'edificio, come si vede nel disegnoche ne mostra la sezione nord-sud. Leprime colonne a essere interessate dalleesplosioni sono state quelle all'immedia-ta sinistra del taglio (a), seguite circamezzo secondo dopo dalle file più vicinedi colonne ai due lati di questo (b). Viavia che le esplosioni procedevano da fila

o

2 a fila, le travi prive di supporto si inch-'

navano verso il centro. Infine le ali nordE: (e) e sud (d) sono crollate l'una verso• l'altra, lasciando un cumulo di detriti.

LE SCIENZE n. 328, dicembre 1995 7170 LE SCIENZE n. 328, dicembre 1995

chi che poggiano sulle colonne portantidi un edificio. In Florida i costruttori dimolte vecchie strutture hanno impasta-to nel cemento sabbia prelevata dal lito-rale, senza lavarne via il sale, e hannoanche usato come materiale più grosso-lano un calcare di origine corallina. Ol-tre a lasciarsi facilmente erodere, que-sto calcestruzzo non aderisce adeguata-mente ai tondini di acciaio che conferi-scono alle strutture resistenza alla tra-zione. Il sale contenuto nella sabbia fa-vorisce una lenta ossidazione dei ton-dini, la quale riduce ulteriormente la lo-ro adesione al calcestruzzo e indeboli-sce così la struttura.

La debolezza del calcestruzzo fa di-minuire fortemente le nostre possibili-tà di controllo sulla velocità di crollo diun edificio e sulla traiettoria di rica-duta dei detriti dopo le detonazioni. La

demolizione per implosione assomigliaall'arte di un maestro di judo che atterral'avversario prima spostandone la gam-ba di appoggio e quindi spingendo altappeto il corpo completamente sbilan-ciato. Il maestro di arti marziali traevantaggio dal bilanciamento naturale edalla resistenza intrinseca del corpo delsuo avversario, data dalla rigidità del-la gabbia toracica e delle altre struttureossee.

In modo del tutto analogo, noi dob-biamo accertarci che le colonne e letravature di un edificio mantenganodurante il collasso di quest'ultimo unacoesione sufficiente a permetterci diguidarle là dove vogliamo. In caso con-trario la detonazione degli esplosiviprodurrebbe un effetto del tutto contra-rio a quello desiderato: le macerie vole-rebbero via in ogni direzione.

per queste ragioni, un edificio fragile

come il Pennsylvania Hotel dove-va essere in parte «ricostruito» per po-ter essere distrutto. Già in altri casi ciera capitato di dover colare nuovo cal-cestruzzo o installare travi di rinforzoper puntellare una struttura prima di po-terla fare implodere. Anche se a WestPalm Beach non è stato necessario ag-giungere calcestruzzo, abbiamo dovutoadottare un gran numero di precauzioniprima di disporre le cariche di dinamite,in modo da essere certi che l'implosio-ne non avrebbe danneggiato la casa dicura attigua.

Era necessario che le travi in calce-struzzo che reggevano ogni piano crol-lassero in modo da trascinare l'albergoin senso opposto all'altro edificio. Da-ta la cedevolezza del calcestruzzo, do-vevamo incrementare la resistenza alla

trazione delle travi. Lo abbiamo fattotendendo cavi d'acciaio da 19 millime-tri tra colonne adiacenti nell'ala suddell'albergo, quella cioè che stava sullato sinistro del «ferro di cavallo» for-mato dalla costruzione. I cavi sono statifissati alla sommità di una serie di co-lonne portanti, assicurati al piede dellafila successiva di colonne verso nord emessi in tensione. Alla detonazione del-le cariche, la trazione in senso obliquodei cavi avrebbe aiutato a trascinare vial'ala sud rispetto alla casa di cura. Do-vevamo anche predisporre una cavità incui potessero raccogliersi con sicurezzale macerie. Abbiamo quindi chiesto allaCobra di scavare il terreno al di sottodell'ala sud, al fine di ricavare un ricet-tacolo per le macerie.

Se è stato necessario rinforzare l'edi-ficio in alcuni punti, in altri abbiamodovuto facilitarne il collasso. Per assi-curarci ulteriormente che le travi delvecchio albergo avrebbero trascinatovia la parete sud, abbiamo incaricato laCobra di eseguire un intervento struttu-rale anche nell'ala ovest. L'edificio èstato praticamente segato in due, cioèdiviso in parti indipendenti da un taglioche si estendeva dalla facciata al retro eda terra fino alla sommità (si veda l'il-lustrazione a pagina 68). Solo alcunidei tondini d'acciaio a rinforzo delletravi che univano le due parti sono statilasciati intatti. Questi tondini garantiva-no un sostegno sufficiente a prevenireun prematuro cedimento dei pavimentidurante le settimane in cui l'edificio do-veva ancora rimanere in piedi.

Intendevamo far detonare le carichein una sequenza che avrebbe indotto lecolonne più vicine al taglio a cedere perprime, seguite in serie dalle due schie-re successive di colonne a entrambi imargini del taglio, poi da quelle ancorasuccessive e così via. Inoltre le colonnedell'ala nord dovevano cedere appenaprima di quelle dell'ala sud, in modoche le macerie di quest'ultima cadesse-ro su quelle della prima. Sapevamo, peril fatto di avere già lavorato su struttu-re simili, che, a meno di dividere l'edi-ficio in due, le prime colonne in cui fos-sero state fatte esplodere le cariche nonsarebbero crollate immediatamente. Le

travi orizzontali avrebbero sorretto que-ste colonne per una frazione di secondodi troppo, facendo sì che le colonne ditutta la struttura cadessero in direzioniimprevedibili. Di fatto, le colonne del-l'ala sud avrebbero potuto inclinarsi nelmodo sbagliato in quella frazione di se-condo che ne avrebbe preceduto il crol-lo, facendo precipitare le macerie versola casa di cura.

Il taglio della struttura, viceversa, ga-rantiva che le colonne sarebbero caduteprecisamente nella sequenza predeter-minata. Le travi prima sostenute da co-lonne nel punto della suddivisione sa-rebbero diventate mensole instabili. Co-sì, quando la prima fila di colonne suentrambi i margini del taglio fosse ca-duta, le travi private del loro sostegno sisarebbero piegate verso il basso. Incli-nandosi verso il taglio, esse avrebberoesercitato una trazione obliqua verso ilbasso su travi e colonne adiacenti. Que-sto movimento avrebbe dato inizio a uncollasso controllato e progressivo che,alimentato dalle detonazioni in precisasequenza delle altre cariche esplosive,avrebbe costretto l'intero edificio a in-clinarsi nella direzione voluta.

Giovedì 16 febbraio abbiamo inizia-to a collocare le cariche di dina-

mite nei fori e a fare i collegamenti inpreparazione dell'implosione del saba-to successivo. Data la cedevolezza delcalcestruzzo, sarebbe stata sufficienteuna minore quantità di dinamite per ab-battere le colonne portanti: circa 100grammi per foro contro i 200 inizial-mente preventivati. Al tempo stesso,abbiamo deciso di piazzare l'esplosivoin più punti di quelli stabiliti. Per esem-pio, abbiamo collocato cariche in un ul-teriore piano alto per far sì che le colon-ne cadessero più rapidamente. Alla fi-ne abbiamo utilizzato un totale di circa55 chilogrammi di esplosivo, cioè mol-to meno di quanto ci aspettassimo. Ladebolezza del calcestruzzo imponevaanche di abbattere l'edificio molto ra-pidamente per evitare di perdere il con-trollo sulla traiettoria di ricaduta deidetriti. Abbiamo pertanto accelerato lacadenza programmata delle detonazio-ni, volendo demolire l'edificio in circa

cinque secondi, cioè la metà del tem-po necessario per edifici dotati di unamaggiore integrità strutturale, e circadue secondi in meno di quanto avessi-mo preventivato inizialmente.

Alla fine sono stati praticati 520 foricontro i 400 programmati, al primo, se-condo, quarto e sesto piano. In ogni co-lonna venivano aperti uno, due o tre fo-ri, a seconda di quanto rapidamente sivoleva che essa cedesse. Per piazzare lecariche nei fori abbiamo tagliato cande-lotti di dinamite da 200 grammi in dueo tre pezzi. La dinamite da noi impie-gata ha una velocità di detonazionemedio-alta: circa 5400 metri al secon-do, vale a dire un terzo di quella degliesplosivi più rapidi.

Nei pezzi di dinamite sono stati inse-riti detonatori elettrici che possono in-nescare le esplosioni simultaneamenteo in una sequenza predeterminata; nelnostro caso, il ritardo fra la prima e l'ul-tima detonazione della sequenza era di2,25 secondi. I fori di posizionamentodelle cariche sono stati poi intasati consacchetti di sabbia, uno a ogni lato delpezzo di dinamite, in modo da confina-re l'energia esplosiva all'interno dellacolonna.

Alla fine fuoriuscivano dai fori solo icavi elettrici verdi e rossi che doveva-no servire per inviare corrente ai deto-natori. Il giorno precedente la distruzio-ne dell'edificio, venerdì, abbiamo col-legato fra loro prima le estremità liberedei cavi provenienti da tutti i fori di unacolonna, e quindi quelle dei cavi di tuttele colonne di uno stesso piano. Infine, icavi dei piani superiori sono stati porta-ti al piano terra, e strada facendo sonostati collegati a quelli dei piani inferiori.Questi circuiti, otto in tutto, erano indefinitiva controllati da un detonatoregenerale che avrebbe fornito la correnteper avviare la sequenza di esplosioni.

Quando la dinamite esplode, la fram-mentazione del calcestruzzo delle co-lonne può creare proiettili, alcuni delledimensioni di una palla da baseball, chepossono ferire persone o danneggiareoggetti. Per evitare questa eventualità,abbiamo rivestito ogni colonna con unarete metallica che avrebbe permesso alsupporto di espandersi e ai gas di fuo-

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Edifici e non solo

Cra le migliaia di strutture che gli autori hanno demolito vi èla Orlando City Hall (qui sotto), la cui spettacolare distru-

zione è stata uno dei punti forti del film Arma letale 3. Comenormalmente si fa per esigenze cinematografiche, essi han-no esaltato l'effetto visivo utilizzando fuochi d'artificio e in-cendiando carburante per aviazione pochi istantiprima della detonazione delle cariche di dinamite.Gli autori si sono occupati anche dell'abbattimen-to di altoforni nell'impianto della US Steel aYoungstown nell'Ohio (al centro), del vecchioDunbarton Bridge nella Baia di San Francisco (inalto a destra) e di un pilastro in cemento armato aSt. Petersburg, in Florida (in basso a destra). Altri

progetti di demolizione - qui non illustrati - comprendono 26edifici pericolanti a causa del devastante terremoto del 1985a Città di Messico, il Travelers Insurance Building a Boston,decine di installazioni petrolifere dismesse e il Traymore Ho-tel, apparso nel film Atlantic City del 1981.

J. MARK LOIZEAUX e DOUGLAS K. LOIZEAUX han-no imparato dal padre Jack, fin da quando erano giovanissi-mi, a utilizzare opportunamente gli esplosivi per fare implo-dere strutture. La società di cui sono proprietari, la Control-led Demolition Incorporated (CDI), con sede a Phoenix, nelMaryland, ha operato la distruzione di oltre la metà dei 2500edifici sinora fatti demolire con le tecniche descritte in que-sto articolo.

The Loizeaux Family Blasts Its Way to the Top in «Engi-neering News Record», 189, n. 6, 10 agosto 1972.

LOIZEAUX J. MARK, Demolition Operations and Equipmentin Handbook of Temporary Structures in Construction: Engi-neering Standards, Designs, Practices and Procedures a curadi Robert T. Ratay, McGraw-Hill, 1984.

«Demolition Age», rivista mensile della National Associa-tion of Demolition Contractors, Doylestown, Pennsylvania.

riuscire, ma sarebbe stata in grado ditrattenere i frammenti più grandi. Lecolonne sono state ulteriormente rive-stite di un pesante tessuto polipropileni-co, allo scopo di trattenere i detriti di di-mensioni minori. Lo stesso materiale èstato steso a recingere il piano terra pertutta la sua lunghezza. Nell'ala sud del-l'edificio, inoltre, i battenti che eranostati rimossi da porte e armadi sono sta-ti fissati alle colonne per fungere da ul-teriore scudo e impedire che detriti fos-sero scagliati attraverso le finestre sullacasa di cura attigua.

Linverno della Florida ha giornate lu-

minose, come quella che si annun-ciava al mattino del sabato da noi pre-fissato. Era una fortuna, in quanto l'atti-vità elettrica di un temporale o la pre-senza di forti venti può costringerci aritardare un'implosione. Forse la partepiù snervante del nostro lavoro è costi-tuita proprio dalle ore che precedono lademolizione vera e propria. A questopunto, molti degli innumerevoli dettaglidi cui si deve tenere conto sono in granparte al di fuori del nostro diretto con-trollo. Nella prima mattinata, circa 120ospiti della casa di cura erano stati spo-stati nei reparti dell'edificio più distan-ti dall'implosione. Alcuni di loro hanno

potuto assistere al crollo in televisione.Anche se spesso programmiamo le

implosioni nei fine settimana o nelleprimissime ore del giorno per evitare digenerare confusione, un evento di que-sto tipo suscita in generale un grandeinteresse. Inevitabilmente, si forma unafolla di curiosi. Ma non è della genteche dobbiamo preoccuparci. A volte ab-biamo dovuto ritardare la detonazioneper consentire a qualcuno di salvare ilcane che si era allontanato, o un gattinoo, in un caso, addirittura un falco pelle-grino che si era inconsapevolmente av-venturato nella zona a rischio.

Mentre si avvicinava l'ora prevista,erano ormai migliaia le persone assie-pate a distanza di sicurezza, perfino subarche ormeggiate nel canale.

Fino a 30 secondi prima delle deto-nazioni avevamo ripetutamente control-lato i circuiti per verificare che fosse-ro rimasti intatti. Il detonatore generaleera stato collocato a un centinaio di me-tri di distanza a sud-est dell'edificio.Alle 11 e 14 iniziava il conto alla rove-scia. La folla scandiva in coro le cifre:10, 9, 8, 7... allo zero il proprietariodella Cobra, Cliff Geyer, premeva fi-nalmente il pulsante.

L'implosione si è svolta esattamentecome avevamo programmato: le cari-

che sono saltate a intervalli accurata-mente scanditi, a partire dalle colonneportanti centrali verso quelle alle estre-mità nord e sud dell'edificio. Gli spetta-tori hanno potuto udire la serie di sec-che detonazioni. Dopo circa un secondodall'inizio si è aperto uno squarcio nel-l'ala ovest a partire dalla sommità finoa terra. Nell'istante successivo, primache una nube di polvere mascherassel'intera scena, si è potuto vedere per unsolo secondo come le ali nord e sud siinclinassero verso il centro, e la secon-da finisse per sovrapporsi alla prima.Infine si è udito il tuono prodotto dalletonnellate di detriti che si impilavano.

Pochi secondi più tardi, quando lapolvere si è diradata, i resti dell'albergosi presentavano come una collinetta diforma piramidale. I nostri occhi sonoandati immediatamente al viottolo cheseparava l'edificio dalla casa di cura:grossi frammenti di calcestruzzo aveva-no quasi raggiunto la base di quest'ulti-ma, a cui erano stati addossati fogli dicompensato come ulteriore protezione.I muri medesimi, nonché una conduttu-ra del gas che si trovava poche decinedi centimetri sotto il piano stradale, era-no del tutto indenni.

Come facciamo ogni volta, anche inquesto caso abbiamo ripreso l'evento

con una telecamera e macchine fotogra-fiche fissate su treppiedi. Le immaginiservono da registrazioni di archivio, imezzi migliori per studiare e rifinire lenostre tecniche. Inoltre una società spe-cializzata nel rilevamento sismico haeffettuato registrazioni, che servono incaso di rimostranze per danni a pro-prietà private causati dalle vibrazioni.Già pochi minuti dopo le detonazioni,la Cobra ha potuto avviare i bulldozerper lo sgombero delle macerie. Si è trat-tato di un lavoro di settimane, ma pursempre più breve e pulito di quello chesarebbe stato necessario per distruggerel'edificio con i metodi tradizionali.

I mesi successivi alla demolizionedel Pennsylvania Hotel sono stati pernoi densi di impegni. Mark è volato in

Lettonia per radere al suolo un'installa-zione radar di 21 piani che era stata co-struita dai sovietici per individuare mis-sili balistici in arrivo. In seguito si è re-cato in Ungheria, dove ha demolito ungran numero di rampe di lancio permissili Scud. Alla fine di aprile abbia-mo ricevuto una chiamata dalla US Ge-nerai Services Administration che ci harichiesto di demolire ciò che restavadell'Alfred P. Murrah Federal Buildingdi Oklahoma City dopo l'attentato.

L'edificio poneva notevoli difficoltàdi ordine tecnico. Ciò che rimaneva del-la facciata - distrutta dall'esplosione dialcune tonnellate di fertilizzanti azotatimescolati con olio combustibile - pote-va crollare per un nonnulla, mentre laparte posteriore era relativamente intat-

ta. Come nel caso del Pennsylvania Ho-tel, anche qui abbiamo dovuto procede-re a un intervento preliminare di conso-lidamento. Il 23 maggio, l'edificio dinove piani scompariva in una nube dipolveri e detriti: triste epilogo a uno deipiù feroci atti di terrorismo di tutta lastoria degli Stati Uniti.

L'uso dell'implosione si è esteso viavia che il settore pubblico e quello pri-vato hanno compreso i vantaggi di que-sta tecnica per radere al suolo edificidismessi. La demolizione, un tempobasata esclusivamente sulla forza bru-ta, è ora divenuta un'arte che richiedeuna grande padronanza dei modi chepermettono di indebolire una strutturaquanto basta perché la forza di gravitàfaccia il resto.

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