del palazzo papale di - bollettino d'arte · calabria, messina 1939; idem, i rapporti tra...

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t:Z) Questa data incisa sull'epigrafe rinvenuta durante i restauri ed or.t incass.lla, all'interno dell'edificio, nella parete settenrrionale. 13) È in corso di stampa in Continuitd una relazione dell'Arch. Comdo Bucc:l Morichi sul lavori di restauro che, sotto la sua dire%ione, hanno completamente liberato le strutture originali dalle manomissioni ottocemescbe. 14) Quelle attuali - terto a capriate !i gnee nell'aula e cro- ciera semplice nel coro - sono opera integrale di restauro, es- sendo crollate le originali nell' '800. 15) Si allude al fori quadrati, disposti all'estrentirà superiore nelle pareti dell'aula, in cui s'inseriVano le travi !ignee, ed in particolare ai pilastrini angolari del coro, rifinitJ da cornici :1 motivi vege1ali. r6) L 'arredo plastico è difatti costituito dai due capitelli i.nseriù all'imposta dell'arcane e decorali da animali affrontati, iconografia, questa, g1à largamente impiegata nel mondo romanico. 17) Si tratta del santuario rupestre già citato da A. MEDEA, Gli af!resclli delle cripte eremitiche pugliesi, Roma 1939, p. 178 c poi riesaminato da C. D. FONSECA, Civiltd rupesrre in terra jonico, Milano-Roma 1971, p. 54 ss., figg. 13, 14. Allo stesso santuario si riferisce verosimilmente un documento del 1236, consei'V3to nell'Archivio Capitolare di Castelhllleta e pubblicato dn E. MAsTROBOONO, Castellaneta e i suoi documenli da lla fine del secolo XII alla metd del XV, Bari 1969, p. 77 ss. 18) Sul tema: S. BOTTAm, Chiese Basiliane dtlla Sicilia e della Calabria, Messina 1939; IDEM, I rapporti t ra l'architettura sici- liana e qutlla campana dtl M edio E110, tn Palladio, 1955, pp. 19) Sulla scultura dell'Italia meridionale in età federicmna: F. BO LOGNA, op. cit., pp. 21-65. :ao) Per le notizie e la bibfìografia relative alla chiesa, sorta sulle rovine di un tempio greco, già dedicata a San Pietro Im- periale ed nl.izialmente dàtata dagli storici locali al periodo normanno-svevo, si rimanda a G. BLANDAl iHIRA, S. Pietro Im- periale (Comribuco alla storia dei Benedettini in Taranto), estratto dalb Taranto, 1 .934, nn. I-? e n. 4, pp. 3-33· 21) I dati concernenti la fondaztone dell'ediftcio sono ripor- lati nell'iscrizione, scoperta nel 1926 sullo stemma de l protiro dal Blandamura, che la interpretò; C. CBSClil, Il rosone della Chiesa di San Domenico M aggiore {n Taramo, in Rinas cenza Sa- lemina, IV ( 1936), n. 1, pp. 3o-36, corresse la lettura della da ta da 1301 a 1302. Il committente era un nobile franco-provenzale sceso al seguito di Carlo d'Angiò che, in ricompensa dell'aiuto prestatogli nella conquista del Regno di Napoli, gli concesse appunto il feudo dJ Taurisano. Sull'argomento: D. L. Ds VlNCI!I'ITIIS, Storia di Tarant o, 1878, vol. rn , p. 206. :aa) Fu eretta in seguito allo sbancamento dei dirupi, come afferma C. A. CARDUCCI, Annotazioni alle "Dtliciae Tarentinae,. del D'Aquino, Lecce 1896, L. l, nota al v. 46. 23) Lo ha diretto l' lng. Giovanni Fuzio, che ha in corso di elaborazione un rendiconto sui l:worì di restauro e sul saggi di scavo compiuti entro il perimetro dell'edl.ficio per conto deUa Soprintendenza a.i Monumenti della Puglia. ::14) G. BLANDAMURA, op. cit., p. 21. 25) P er la tipologia del costolone cfr. M. AOBE.RT, Origines f rança,isM de l'architecture gochique en Jtalie , Paris 1894, p. :zo9, fig. 75 per aualogie con i costol oni del Duomo di Napoli e p. 28·2, fig. 112 per analogie con quelli di S. Maria d'Arabooa. Un altro confronto è inoltre possibile con un costolone di un'ogiva della chiesa di La Chalade: cfr. M. AOBERT, L'architecture cistercienne en France, Paris 1947, t. 1 e, p. 265, fig. 138. :a6) I suoi elemen1i strutturali, dall'alto tamburo alle ampie finestre archilravate, inducono a considerarla opera di età tardo- rinascimentale. 27) L 'arco cronologico in cui possono inserirsi oscilla dall'VIII secolo per il capitello lavorato col trapano al XII-XIII per quelli decorati con il soggetto del telamooe. È la sola parte dell'edificio trecentesco visibile all'esterno; alle altre pareti SI sono infatti addossati corpi dl fabbrica successivi. 29) Per una dettagliata descrizione: C. CEScm, op. cit., pp. 30) D sottile effetto chiaroscurale si dconneue a quello già ottenuto nel JJ9rtale della chiesa dei SS. Niccolò e Cataldo a Lecce: dr. C. WlllEMSEN- C. 0DI!I'ITHAL, Puglia, terra dei Normanni e degli Svevi, Bari Iç66, fig. 224· 3 1) Tra i numerosi storici locali che se ne sono interessati: A. VALENTE, Santa M aria dtlla Giustizia, Taranto t 8çj; C. DE GtORGt, l monumenti del Medio Evo fn T aranto, in Riv. Stor. Salentina, I (1903), n. 8, pp. 449-461; G. BLANDAMURA, Santa Maria dtlla Giusrizia, in TARAS, 19:Z7 1 nn. 3-4, pp. xS-26; 1928, pp. 35-59i 1928, nn. 3- 4, pp. 32) La datazione t 130- fine del ':zoo, proposta da A. V ALENTB, op. cit., pp. 'J-9, fu :lccettata dagli studiosi interessatisi in segulto della chiesa. 208 33) T ra le più evidenti l'agfliunta di due vani sul fianco set- tentrionale e la costruzione di un muro che divide trasversal- mente l'edlfic:lo. 34) Appaiono rapportabili, da un punto di vista morfologico, a quelli della chiesa di San Francesco a Viterbo: cfr. J. RAsPt SERRA, Esempi e diffusione cit., figg. 4-5· lnteressanli app.1iono anche le due calotte, a piani ottagonali sovrapposti di conci di tufo, che mascherano l'estradosso delle crociere e che, sul piano tecnico-strutturale, rimandano al sistenta costruttivo del trullo (fig. 12); d r. F. J. HAMM, Kragwolbung und Kraglruppel, Ro- ma 1971. 35) Non improbabile proprio guest'ultima soluzione, rife- ribile ad una matrice cistercense cut si legano anche gli elementi decorativi delta facciata. Cfr. M. AOBERT, L 'architecturc ... cit ., passim. ;J6) Lo schema, assunto nel portale di Castel del Monte (An- dna), aveva presto trovato largo imp1ego in ambito locale. 37) L' elemento decorativo a rosetta._ già adouato nella Basilica di San Pietro e nella Chiesa di Santn Maria entrambe a Tu scania (si rimanda a J. RAsl>t SBRRA, Tusca111a, Roma 1971), trova poi larga diffusione anche in ambito cistercense, come denuncia la sua prese!!%3 in chiese d eU 'Ordine sia (rancesi (fine- stra del coro di Cadouin, M. AUI)BRT, L'Architecrure cit., p. 293, fig. 206) elle italiane (colonnina del Chiostro di Fossanova, M. AoBRRT, Origù1es, cit., p. 91, fig. 28). 38) La leggenda francescana vuole sia sorta nel luogo in cui il Santo ripOSò durante la sua sosta brindisina: cfr. D. BACCl, op.cit., pp. 2MO( P. Coco, op. dc., vol. I, pp. 27-30. 39) T ra gli altn: A. DELLA MoNACA, M emoria historica del- l'anticldssima e fedelissima città di B rindisi, Lecce 1674, L. IV, p. 456; G. GUERRIEJU, Un processo famoso celebrato a Brindisi ntl 1310, in Corriere M eridionale, ò giugno 191o; P. Coc o, op. vol. I, p. 11 3. 40) 1.. a toro attenzione, comunque, si è concentrata soprattutto sulle decorazioni a fresco dell'interno: M . SAI.Mr, App1111ti per la storia della pittura in Puglia, in L'Arte, 1919 1 p. 150; P. ToE- SCA, Il Trecento, Torino 1951, p. 74, fig. 59; A. PRAND1, Il Sa- lento provincia dell'arte bizantina, in Atti Conv. lntemaz. sal tema: L'Oriente cristiano nella storia della civiltd ', Roma 1964, p. M. S. CALò, Lo. chiesa di Santa Maria del Casale presso Brrndisi, Fasano 1967. 41) Cfr. A. DELLA M ON ACA, Memoria rit., p. 479; sulle sue affermazioni si basarono gli studiosi intuessatlsi poi del mo- numento. 42) A condurla è stata M. S. CALÒ, op. cit., pp. 17-33, cui si rimanda per l'analisi storico-documentarla. 43) Le manomissioni subite dall'edificio nel '6oo furono mente neutralizzate da u.n primo restauro, avviato nel nel corso del quale tornarono alla luce gli affreschi (su sta scoperta: P. CAMASSA, Santa M aria del Casale presso disi, Brindisi 1916). Nel 1954 il Genio Civile provv1de al dei dan ni bellici. I restauri avviati <blla Soprtnteodenza aumenti della Puglia ed ora quasi ultimati hanno avuto preçiJ?UO di isolare le strutture murarie, preda di una for!J.IIill Umtdltà. Sulla morfologia icnografica a croce, la cui dipe ndenu moduli arclùtettonici cistercensi è stata conf utata dalla più recente: cfr. A. M . ROMANlNI, " Povertd ,. e ntll'architettura dd XII secolo, in Atti Centro Studi sulla spiritualitd medioevale, Todi 1969, pp. 44) Pe.r la bibliografia relativa alla decorazione a fresco manda alla nota 40· 45) Un risco.ntro si può trovare nella Chiesa dei e Paolo a Forza (cfr. M. S. CALò, op.cit., p. rapportabile per il upo di dicromia ad un ambit o gian te ,. , come già riteneva il T OESCA, op. cit. 1 p. 7+ puntuali i rapporti con episodi di raaice pt.$101. 46) Op. cit., p. 74, nota 6a. 47) Cfr. M. S. CALÒ, op. cit. 1 pp. 40-45; per episodi archittmoolci toscani ai età giottesca: Giotto architetto, Milano 1963. IL RESTAURO DEL PALAZZO PAPALE DI ORV I L PALAUO PAPALE (fi g. I) fu acquisito al dello Stato nel 1 958, essendo Vesoovo Francesco Pieri. Poco dopo la SoprintendeiiZidi numeri e Gallerie dell'Umbria, con i . dal Mini stero della P. I., iniziò i lavon di che, senza interruzione, si protraggono

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t:Z) Questa data ~ incisa sull'epigrafe rinvenuta durante i restauri ed or.t incass.lla, all'interno dell'edificio, nella parete settenrrionale.

13) È in corso di stampa in Continuitd una relazione dell'Arch. Comdo Bucc:l Morichi sul lavori di restauro che, sotto la sua dire%ione, hanno completamente liberato le strutture originali dalle manomissioni ottocemescbe.

14) Quelle attuali - terto a capriate !ignee nell'aula e cro­ciera semplice nel coro - sono opera integrale di restauro, es­sendo crollate le originali nell ' '800.

15) Si allude al fori quadrati, disposti all'estrentirà superiore nelle pareti dell'aula, in cui s'inseriVano le travi !ignee, ed in particolare ai pilastrini angolari del coro, rifinitJ da cornici :1 motivi vege1ali.

r6) L 'arredo plastico è difatti costituito dai due capitelli i.nseriù all'imposta dell'arcane ~ivale e decorali da animali affrontati, iconografia, questa, g1à largamente impiegata nel mondo romanico.

17) Si tratta del santuario rupestre già citato da A. MEDEA, Gli af!resclli delle cripte eremitiche pugliesi, Roma 1939, p. 178 c poi riesaminato da C. D. FONSECA, Civiltd rupesrre in terra jonico, Milano-Roma 1971, p. 54 ss., figg. 13, 14. Allo stesso santuario si riferisce verosimilmente un documento del 1236, consei'V3to nell'Archivio Capitolare di Castelhllleta e pubblicato dn E. MAsTROBOONO, Castellaneta e i suoi documenli dalla fine del secolo XII alla metd del XV, Bari 1969, p. 77 ss.

18) Sul tema: S. BOTTAm, Chiese Basiliane dtlla Sicilia e della Calabria, Messina 1939; IDEM, I rapporti tra l'architettura sici­liana e qutlla campana dtl M edio E110, tn Palladio, 1955, pp. z-~8.

19) Sulla scultura dell'Italia meridionale in età federicmna: F. BOLOGNA, op. cit., pp. 21-65.

:ao) Per le notizie e la bibfìografia relative alla chiesa, sorta sulle rovine di un tempio greco, già dedicata a San Pietro Im­periale ed nl.izialmente dàtata dagli storici locali al periodo normanno-svevo, si rimanda a G. BLANDAliHIRA, S. Pietro Im­periale (Comribuco alla storia dei Benedettini in Taranto), estratto dalb rassegn:~ Taranto, 1.934, nn. I-? e n. 4, pp. 3-33·

21) I dati concernenti la fondaztone dell'ediftcio sono ripor­lati nell'iscrizione, scoperta nel 1926 sullo stemma del protiro dal Blandamura, che la interpretò; C. CBSClil, Il rosone della Chiesa di San Domenico M aggiore {n Taramo, in Rinascenza Sa­lemina, IV ( 1936), n. 1, pp. 3o-36, corresse la lettura della data da 1301 a 1302. Il committente era un nobile franco-provenzale sceso al seguito di Carlo d'Angiò che, in ricompensa dell'aiuto prestatogli nella conquista del Regno di Napoli, gli concesse appunto il feudo dJ T aurisano. Sull'argomento: D. L. Ds VlNCI!I'ITIIS, Storia di Taranto, 1878, vol. rn, p. 206.

:aa) Fu eretta in seguito allo sbancamento dei dirupi, come afferma C. A. CARDUCCI, Annotazioni alle "Dtliciae Tarentinae,. del D'Aquino, Lecce 1896, L. l, nota al v. 46.

23) Lo ha diretto l'l ng. Giovanni Fuzio, che ha in corso di elaborazione un rendiconto sui l:worì di restauro e sul saggi di scavo compiuti entro il perimetro dell'edl.ficio per conto deUa Soprintendenza a.i Monumenti della Puglia.

::14) G. BLANDAMURA, op. cit., p. 21. 25) Per la tipologia del costolone cfr. M. AOBE.RT, Origines

f rança,isM de l'architecture gochique en Jtalie, Paris 1894, p. :zo9, fig. 75 per aualogie con i costoloni del Duomo di Napoli e p. 28·2, fig. 112 per analogie con quelli di S. Maria d'Arabooa. Un altro confronto è inoltre possibile con un costolone di un'ogiva della chiesa di La Chalade: cfr. M. AOBERT, L'architecture cistercienne en France, Paris 1947, t. 1 e, p. 265, fig. 138.

:a6) I suoi elemen1i strutturali, dall'alto tamburo alle ampie finestre archilravate, inducono a considerarla opera di età tardo­rinascimentale.

27) L 'arco cronologico in cui possono inserirsi oscilla dall'VIII secolo per il capitello lavorato col trapano al XII-XIII per quelli decorati con il soggetto del telamooe.

~8) È la sola parte dell'edificio trecentesco visibile all'esterno; alle altre pareti SI sono infatti addossati corpi dl fabbrica successivi.

29) Per una dettagliata descrizione: C. CEScm, op. cit., pp. 3~6.

30) D sottile effetto chiaroscurale si dconneue a quello già ottenuto nel JJ9rtale della chiesa dei SS. Niccolò e Cataldo a Lecce: dr. C. WlllEMSEN- C. 0DI!I'ITHAL, Puglia, terra dei Normanni e degli Svevi, Bari Iç66, fig. 224·

31) Tra i numerosi storici locali che se ne sono interessati: A. VALENTE, Santa M aria dtlla Giustizia, Taranto t 8çj; C. DE GtORGt, l monumenti del Medio Evo fn Taranto, in Riv. Stor. Salentina, I (1903), n. 8, pp. 449-461; G. BLANDAMURA, Santa Maria dtlla Giusrizia, in TARAS, 19:Z71 nn. 3-4, pp. xS-26; 1928, nn.~~. pp. 35-59i 1928, nn. 3-4, pp. 1~6.

32) La datazione t 130- fine del ':zoo, proposta da A. V ALENTB, op. cit., pp. 'J-9, fu :lccettata dagli studiosi loc:~li interessatisi in segulto della chiesa.

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33) T ra le più evidenti l'agfliunta di due vani sul fianco set­tentrionale e la costruzione di un muro che divide trasversal­mente l'edlfic:lo.

34) Appaiono rapportabili, da un punto di vista morfologico, a quelli della chiesa di San Francesco a Viterbo: cfr. J. RAsPt SERRA, Esempi e diffusione cit., figg. 4-5· lnteressanli app.1iono anche le due calotte, a piani ottagonali sovrapposti di conci di tufo, che mascherano l'estradosso delle crociere e che, sul piano tecnico-strutturale, rimandano al sistenta costruttivo del trullo (fig. 12); d r. F. J. HAMM, Kragwolbung und Kraglruppel, Ro­ma 1971.

35) Non improbabile proprio guest'ultima soluzione, rife­ribile ad una matrice cistercense cut si legano anche gli elementi decora tivi delta facciata. Cfr. M. AOBERT, L'architecturc ... cit., passim.

;J6) Lo schema, assunto nel portale di Castel del Monte (An­dna), aveva presto trovato largo imp1ego in ambito locale.

37) L'elemento decorativo a rosetta._ già adouato nella Basilica di San Pietro e nella Chiesa di Santn Maria Mag~iore, entrambe a Tuscania (si rimanda a J. RAsl>t SBRRA, Tusca111a, Roma 1971), trova poi larga diffusione anche in ambito cistercense, come denuncia la sua prese!!%3 in chiese d eU 'Ordine sia (rancesi (fine­stra del coro di Cadouin, M. AUI)BRT, L'Architecrure cit., p. 293, fig. 206) elle italiane (colonnina del Chiostro di Fossanova, M. AoBRRT, Origù1es, cit., p. 91, fig. 28).

38) La leggenda francescana vuole sia sorta nel luogo in cui il Santo ripOSò durante la sua sosta brindisina: cfr. D. BACCl, op.cit., pp. 2MO( P. Coco, op. dc., vol. I, pp. 27-30.

39) T ra gli altn: A. DELLA M oNACA, M emoria historica del­l'anticldssima e fedelissima città di B rindisi, Lecce 1674, L. IV, p. 456; G. GUERRIEJU, Un processo famoso celebrato a Brindisi ntl 1310, in Corriere M eridionale, ò giugno 191o; P. Coco, op. cit~ vol. I, p. 113.

40) 1..a toro attenzione, comunque, si è concentrata soprattutto sulle decorazioni a fresco dell'interno: M . SAI.Mr, App1111ti per la storia della pittura in Puglia, in L'Arte, 19191 p. 150; P. ToE­SCA, Il Trecento, T orino 1951, p. 74, fig. 59; A. PRAND1, Il Sa­lento provincia dell'arte bizantina, in Atti Conv. l ntemaz. sal tema: • L'Oriente cristiano nella storia della civiltd ', Roma 1964, p. ~; M. S. CALò, Lo. chiesa di Santa Maria del Casale presso Brrndisi, Fasano 1967.

41) Cfr. A. DELLA M ONACA, Memoria rit., p. 479; sulle sue affermazioni si basarono gli studiosi intuessatlsi poi del mo­numento.

42) A condurla è stata M. S. CALÒ, op. cit., pp. 17-33, cui si rimanda per l'analisi storico-documentarla.

43) Le manomissioni subite dall'edificio nel '6oo furono mente neutralizzate da u.n primo restauro, avviato nel nel corso del quale tornarono alla luce gli affreschi (su sta scoperta: P. CAMASSA, Santa M aria del Casale presso disi, Brindisi 1916). Nel 1954 il Genio Civile provv1de al dei danni bellici. I restauri avviati <blla Soprtnteodenza aumenti della Puglia ed ora quasi ultimati hanno avuto preçiJ?UO di isolare le strutture murarie, preda di una for!J.IIill Umtdltà.

Sulla morfologia icnografica a croce, la cui dipendenu moduli arclùtettonici cistercensi è stata confutata dalla più recente: cfr. A. M . ROMANlNI, " Povertd ,. e -~~r!_ùl'!!lfl. ntll'architettura c~ttrcense dd XII secolo, in Atti Centro Studi sulla spiritualitd medioevale, Todi 1969, pp.

44) Pe.r la bibliografia relativa alla decorazione a fresco manda alla nota 40·

45) Un risco.ntro si può trovare nella Chiesa dei e Paolo a Forza d'A~rò (cfr. M . S. CALò, op.cit., p. rapportabile per il upo di dicromia ad un ambito gian te ,. , come già riteneva il TOESCA, op. cit.1 p. 7+ puntuali i rapporti con episodi ed~i di raaice pt.$101.

46) Op. cit., p. 74, nota 6a. 47) Cfr. M. S. CALÒ, op. cit.1 pp. 40-45; per con:lf.!IG~

episodi archittmoolci toscani ai età giottesca: Giotto architetto, Milano 1963.

IL RESTAURO DEL PALAZZO PAPALE DI ORV

I L PALAUO PAPALE (fig. I ) fu acquisito al dello Stato nel 1958, essendo Vesoovo

Francesco Pieri. Poco dopo la SoprintendeiiZidi numeri e Gallerie dell'Umbria, con i f~ . dal M inistero della P. I., iniziò i lavon di che, senza interruzione, si protraggono

L'edificio fu forse iniziato sotto ill?ontificato di Mar­cino IV (il francese Simone di Brion} quando questi si stabilì ad Orvieto (1281-1284) con i Francesi del suo seguito. Tale governo provocò sì quella sommossa che preannunciò i Vespri Siciliani (1282), ma portò anche nella città della rupe i lumi di quell'arte gotica che proprio nel Palazzo Papale ed in quello detto Soliano doveva avere la massima espressione.

Dal secolo XVI in poi lo splendore architettonico del nostro edificio fu offuscato da sovrastrutture esterne (fig. 6) e deturpato internamente, nelle sue snelle forme gotiche, da tramezzature ed impalcaci.

Cosi " tetro e deserto , come ce lo descrive il Gregorovius 'l dovette apparire al Papa Clemente VII quando, fuggito dal Sacco di Roma, nel 1527 vi al­loggiò con i suoi dignitari fino al giugno del 1528. Proprio in quelle sale cosl malamente controsoffittate e decorate, il Papa e la sua corte accolsero gli ambascia­tori di Enrico Vlii di Inghilterra inviati in missione dal cardinale Tommaso Wolsey, ambizioso sostenitore e propugnatore della politica del Re anglosassone. Fu­rono proprio Stefano Gardiner ed Edoardo Fox, i due messaggeri che, dovendo chiedere al Papa l'appro­vazione al " divorzio, del monarca da Caterina d'Aragona per consentire le nuove nozze con Anna Bolena, attraversarono le stanze fredde e sguarnite del palazzo in quel lontano 20 marzo 1528.

Di quell'incontro fa menzione nel suo " Enrico VIII , Francis Hackett 2 1 descrivendo minutamente gli ambienti ed i malmessi locali del Palazzo Papale.

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' - Orvitlo: planirnetJù generale

Da quel tempo poche modifiche furono apportate se anche il PeraJi l l nel suo " Orvieto, cosi lo descrive: " nessun studioso, nessun viaggiatore che cerchi sen­sazioni artistiche e storiche profonde ed incaccellabili, deve partire da Orvieto se prima non ha visitato le sof­fitte del Palazzo Vescovile, dove nel succedersi fanta­smagorico di agili rampe di scale che salgono fino verso il tetto, di saloni a grandi arcate r. di stanze a volta a croce, tutto troncato a mezzo dalle soffitte su cui si cammina , ; ed ancora il Perali: " all'esterno le trifore archiacute, adorne della fascia a dadi rilevati ed ab­bassaci, fanno fede del buon gusto di quell'architetto che diresse la costruzione , .

11 restauro si è particolarmente interessato di queste sovrastrutture e della rimessa in luce delle antiche ve­stigia. Il Palazzo si articola su due piani (figg. 2-5). Il piano terreno è costituito da tre grandi saloni vol­tatl: il primo, prospiciente la piazza (figg. 6, 8), è tra­forato da tre grand& archi a sesto acuto, che attraverso i corrispondenti del prospetto sull'orto introducono nel­la composizione architettonica generale il panorama retrostante; la copertura di questo ambiente è con volta a crociera e grandi costoloru io conci di tufo che sca­ricano il loro peso su due grandi pilastri centrali (jigg. 7, g). Da questo locale, attraverso due porte archiacute, si passa ad altre due grandi sale coperte con volta a botte interrotta da arconi trasversali di cui sono ancora visibili i fori presumibilmente usati per introdurre i legni che sostenevano la centina per la costruzione della grande volta in conci squadrati di tufo. I tre locali sono disimpegnati da due am­bienti pressoché quadrati, uno aperto ed uno chiuso, entrambi coperti a volta. Questa serie di locali, strut­turalmente maestosi ma architettonicamente modesti, senza o quasi comunicazione con l'esterno se non at­traverso qualche sparuta monofora, sembrano quasi sottolineare e mettere in maggiore risalto con la loro forte presenza alla base del complesso monumentale, la sovrastante struttura daUe forme perfettamente slanciate. Il primo piano infatti è architettonicamente più interessante e suggestivo. Esso è costituito da tre grandi saloni di rappresentanza e da una cappella. Gli uni coperti con tetto a vista sorretto da bellissimi arconi trasversali in tufo, e l'altra con una armoniosa voJta a crociera. Gli ambienti sono disimpegnaci da due loggiati, uno coperto a tetto che guarda sull'orto retrostante il braccio destro del transetto del Duomo e sul quale si aprono due bellissime trifore archilobate venute alla luce durante i restauri; l'altro, scoperto, si affaccia sul lato est del fabbricato e guarda la Piazza Marconi.

I primi lotti di lavori hanno interessato principal­mente il consolidamento statico delle strutture di base quali i pilastri al piano terreno che sorreggono i co­stoloni delle volte e di tutte le coperture. Infatti i pi­lastri del primo grande ambiente al piano terreno che sorreggono le volte a crociera, presentando forti fe­nomeni di scbiacciamento e cedimento, sono stati pre­ventivamente sottofondati e rinforzati. con una fodera esterna di muratura di tufi e conglomerato armato di cemento. Il sistema scelto forse ha dato un risultato estetico non molto piacevole (fig. 7, 9) ma, esistendo già un antico consolidamento di uno dei pilastri crociior­mi si è ritenuto di dover procedere con lo stesso siste­ma anche per i rimanenti.

Le murature perimetrali, i contrafforti in tufo esterni a ridosso della facciata verso la piav:a e quella verso

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2 - Orvieto, Palazzo Papale: pianta piano terreno (dopo iJ restluro)

l'orto del Vescovo sono invece stati ripresi con il si­stema del cuci e scuci in varie parti, al fine di ridare alla fatiscente muratura quella solidità necessaria a sop­portare il carico e la spinta dei due archi esistenti sul primo salone di rappresentanza al primo piano del­l' edificio. Dei due archi poggianti su peducci uno solo esisteva al di sopra del controsoffitto, l'altro è stato in­teramente ricostruito con rilevante impegno tecnico in conci di tufo facenti le funzioni di cassaforma ad una struttura in cemento armato (fig. 5}. Nella muratura erano state rinvenute infatti soltanto alcune armille. Questi arconi sostengono le grandi travi del tetto di copertura del primo salone di rapP.resentanza.

Uscendo da questo ambiente il visitatore si trova sull'atrio di disunpegno in cui fanno bella mostra di sé due trifore adorne di una fascia a dadi rilevati ed abbassati, venute alla luce durante i restauri, to-

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gliendo la carta da parati di cui erano tutte le pareti e decorticando il sottostante intonaco (fig. 10). Sempre su questo · al di sotto dell'imposta del tetto, è possibile un passag~o pensile, in muratura di tufo su peduca, che conduce al terrauo della Purtroppo non è stato possibile trovare l'antica scala di accesso al passaggio SOI)ta~lll stata forse distrutta durante i notevoli u· na1:1q:p~ che le strutture del palazzo hanno avuto L'atrio disimpegna altri due saloni di rat~Pf't~ za, molto più maestosi del primo, a tetto. A differenza dell'altro amlb1e11te, arconi trasversali che sorreg~ono le copertura, sono arconi polistili a sesto ~ essi sorretti da peducci, cinque nel caso DA

a ridosso dell'abside del Duomo (fig. u:) c

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3 - Orvieto, Palazzo Papale: pianta piano primo (dopo il restauro)

~ quello che s'affaccia a valle verso l'orto. Il primo . questi ambienti è illuminato da una bifora che

•. affaccia sul salone contiguo e da tre trifore. Una :u~ueste dà sul loggiato scoperto del lato est, due

orto retrostante la Cappella di S. Brizio. Le ~~estre presenti ancora nel locale, sono state ~te alla luce ma restano occluse dalla _earte U e del Duomo che si addossa al nostro edificio.

aa porta . infatti in questa sala, esistente purtroppo ~ C}g1, mette in collegamento il Palauo Papale lltra ttedrale. Il Vescovo infatti dal Palauo Papale, ~rsan( do un piccolo ambiente adibito a cappellina Il ~:~ sull.e cui pareti fanno spicco affreschi attribuiti bilo -PlOrelli) e successivamente un grande locale adi­~ d:conda sacrestia, ha accesso diretto al presbi­li ~Duomo. La teoria dei saloni del primo piano ~ e con. qt;testo che forse è il più bello per lu-

ed anosttà delle strutture e delle apertur~.

Anche in questo caso il tetto è retto da archi acuti polistili su peducci pensili, anche qui, sulla parete di fondo, è visibile il risvolto del passaggio pensile, anch'esso su peducci, che dall'atrio porta alla terra~za della cappella. L'illuminazione avviene attraverso una teoria d1 trifore che completano la splendida architet­tura. Ben cinque di queste guardano verso valle (figg. I~, 13); due si affacciano sul loggiato scoperto, verso est; una, prospiciente l'orto del Vescovo, è venuta alla luce dopo la demolizione di un corpo ad­dossato alla nostra fabbrica nel XIX secolo forse adi­bito, al piano terreno, ad abitazione del custode del palazzo (figg. 14, 15).

Da questa ulnma sala si passa in quello che, a mio giudizio, è l'elemento architettonico pill importante di tutto l'edificio: la cappella, un ambiente rettangolare di grande imponenza strutturale, in cui le due belle volte a crociera in tufo sono ornate da archi acuti

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Ori'IICO, Po.la::o Papalt

14 - Pros~uo Sud-Est nno l'orto dd Vaan-o {pnrN dd nsQuro)

15 - Prospeuo Sud-E.at \ttSO l'ono dd Vest'0\'0 (dopo al rut~uro)

16 - Le \'Oht delle uppdlt

polistili gravanti su l?educci, all'incrocio dei quali tra­vasi, a mo' di cern1era, un tondo anch'esso di tufo (fig. 16). Il locale è illuminato da quattro finestre trifore e da un' alta monofora. Altro elemento impor­tante, venuto alla luce durante i lavori di restauro, sono alcune decorazioni pittoriche sull'architrave della porta di accesso e su alcune finestre della suddetta cappella. 1n tutto il complesso, ma sopratutto qui, il visitatore rivive integralmente la splendtda architettura del pal:~u.o papale di Avignone.

Con questi ultimi lotti saranno terminati i lavori di restauro vero e proprio. Con i prossimi finanziamenti, invece, saranno realizzate le opere di rifinitura come gli infissi ed i pavimenti al piano terreno ed al primo piano, lo scalone di accesso, la sistemazione della porzione di giardino, verso valle, rimasto di proprietà demaniale. Solamente allora il palazzo sarà completamente re­stituito al suo primitivo splendore e potrà essere final ­mente goduto da tutti coloro che dall'esterno hanno vissuto in questi anni le vicende di questo complesso restauro. 41 DOMENICO A. VALENTINO

L'Autore ringrazia per la collaborazione Don Marcello Pet­tinelli, al crua1e si debbono alcune note storiche sul palazzo papale; il prof. J3runo Terzetti della Soprintendenza ai Monumenti e Gallerie dell'Umbria, per i rilievi e l'assistenza nella direzione dei laliOri; il sig. Carlo Fiorucci della Soprinttndenza ai Monumenti e Gallerie dell' Umbria e la sig.na Simonetta Franchi per la docu­mentazione fotografica.

1) F. GRECOROvtus, Storia della cittd di Roma nel mtdioeliO, Ei.nJudi, Torino.

:i) F. HACXETT, Enrico Vlll, Dall'Oglio, Milano rg6o. 3) P. PERALl, Orvieto. Note ston'che di topografia- Note sto­

riche d'arte dalle origini al 1800, Marsilio Marsilt, r919.

NOTE SUL RESTAURO DEL LAZZARETTO DI CASTELRIGONE

F UORI LE MURA del castello di Castelrigone si erge una monumentale Chiesa legata alla storia del

nostro '' Lazzaretto 11 • :S un Santuario sorto attorno al 1494 su disegno forse del Bramante, ma molto pro­babilmente oper:l di un suo allievo, Rocco da Vi­cenza, anche per analogia di certi motivi con quelli del magnifico tempio della Madonna di Mongiovino; ~ttavia sia nella forma che nei partiti architettonici, . sa.ntuario ricorda molto la chiesa di S. M . del Cal­

ClDalo della vicina Cortona ,. ~~n è stato possibile stabilire una data certa per l llll~to dei lavon dell'edificio oggetto del restauro, co­:.unque l~ prima menzione d~la costruzione l'abbiamo di F NoLLzie storiche di Chiese e Conventi della Diocesi

• Rl.ccARDI. Egli infarti scrive che "l'anno 145~ fu Utt~ tl .catasto dei beni di detto Spedale ... " . Per­;:o l.untca data rer un inquadramento storico ante

1m e appunto i 1452. ~ que~t? lu?~O trovavano ricovero i poveri senza del Se gli ~abilt della zona; poi, dopo la costruzione IriDi ant~aoo, l'edificio fu adibito a ricovero di pelle-

~ Vt~ndanti (da cui il nome di Hospitale) che nu­t;:s(a Sl muovevano verso Castelrigone, richiamati !bolo ~ della '' Beatae Viriginis Miraculorum il ,

s.Qiì r.ruato . da Alessandro VI che, mosso più dalla 0 tantt miracoli che dalle suppliche degli abi-

tanti di Castelrigone, concesse di po. ter impiegare tutte le elemosine per la costruzione della Chiesa.

Alla gestione dell' " Hospitale il provvedeva la C6m­pagnia dei Disciplinati, sul genere di quelle così dif­fuse in Umbria nel basso Medioevo. Nel 1531 però, gli uomini del paese chiesero al Papa Clemente VII di poter fondere la Confraternita det Disciplinati con l'altra di più recente costituzione sorta per provvedere all'amministrazione delle entrate del tempio. Il Papa con bolla del26 gennaio 1531, accogliendo tale supplica, istituiva la nuova 11 Confraternita di Maria SS.ma dei Miracoli il che perciò acquistava cosl il duplice scopo, quello religioso del culto e quello sociale dell'assi­stenza e carità.

Il Lauaretto (figg. 2-17) è ubicato, come abbiamo accennato, fuori della cerchia muraria antica (jig. 1). Esso ha continuato a svolgere la sua funzione di n covero per i senutetto fino a qualche anno fa, quando per l' incuria degli uomini e la degrada.zione della pietra serena, di cui è in massima parte costruito, ha minac­ciato di crollare. Proprio per evitare questo, anni ad­dietro, la Soprintendenza ai Monumenti è prontamente intervenuta con opere provvisionali in muratura di mat­toni e cemento sui fornici dello_ggiato esterno (fig. 15) in attesa dei restauri defìnitiv1 che oggi si stanno eseguendo.

L 'edificio è costituito da un elemento a blocco in­serito tra le altre case architettonicamente molto mo­deste, rea.liuato in massima parte in muratura di pietra serena a faccia a vista. Il prospetto principale, che si presenta con il portico al piano terreno ed illo~giato al piano superiore, prospena sulla pubblica vta (una lunga scalinata che collega longitudinalmente le due strade di accesso al paese).

11 portico al piano terreno è costituito da pilastri quadrati in blocchi di pietra arenaria gialla, i cui angoli sono smussati a 45° circa sormontati da archi in mattoni i cui spigoli esterni dell'intradosso sono an­ch'essi smussati; il capitello è realizzato con un sem­plice dado di pietra serena. Il loggiato al piano su­periore, invece, è sia nei pilastri che negli archi di mattoni, di un bel colore rosso, ed anche qui gli spigoli dei mattoni che formano gli archi ed i pilastri sono s mussati; il capitello invece è realizzato con una sem­plice lastra di arenaria appena sgusciata. La copertura di tutto l'edificio è a tetto realizzata in leçno con pic­cola e media orditura, pianelle laterizie p1ene e coppi di rivestimento. Dall'atrio di disimpegno al piano terra si accede ad un ambiente posto proprio di fronte al­l'ingresso e sulla destra ad altri due locali di cui uno molto ampio, ove fa bella mostra di sé un ampio camino. All'interno di q uest'ultimo ambiente, sa­lendo quattro ripidi gradini, troviamo un'altra stanza che si affaccia sul retrostante giardino. Le quote del piano terreno sono rialzate rispetto a quelle dell'in­gresso di circa 0,90 ml., per far si che, sommando detta quota a quella del dislivello esistente sulla pubblica via, una porzione del fabbricato può essere sfruttata anche come seminterrato. Infatti con due aperture, una prospiciente la grande scalinata e l'altra la piaz­zena, si può accedere a due locali, prima malsani e cadenti, oggi completamente restaurati e risanati dal­l'umidità che filtrava attraverso il terreno circostante. Ad un terzo ambiente infine, completamente interrato e quindi privo di qualsiasi comunicazione con l'esterno, si accede anraverso un'angusta porta direttamente dal­l'atrio d'ingresso. L'accesso al primo piano avveniva da

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