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POSTE ITALIANE SPA Spedizioni in a.p. art. 2 comma 20/C L.662/96 DC-RM In caso di mancato recapito restituire all’ufficio di Roma 19 Nuova serie - dicembre 2003 - euro 1,50 giornale dei comitati di base della scuola di Piero Bernocchi Luci o ombre, chiari o scuri: i commenti dei partecipanti al se- condo Forum sociale europeo, tenutosi a Parigi (12 - 16 novem- bre), ci dicono che l’evento non è stato percepito univocamente, nella luminosità del successo in- discusso come fu l’anno scorso a Firenze o nell’oscurità del falli- mento lampante come a volte, nel corso della preparazione, in molti hanno temuto. Il riferimen- to a Firenze è inevitabile: non a caso i giudizi più critici vengono da coloro che a Firenze c’erano (e non solo gli italiani/e), mentre i pareri più benevoli, anche am- piamente positivi, sono venuti da coloro che non avevano metri di paragone né con Firenze né con Porto Alegre. La genesi e i problemi del Forum di Parigi Va innanzitutto ricordato che la decisione di svolgere il Forum europeo a Parigi venne prese al primo Forum mondiale di Porto Alegre all’interno di un “ticket” unitario che prevedeva il Forum del 2002 in Italia e il successivo in Francia: e al termine di un duro scontro, perché l’asse brasilian- francese che aveva partorito il primo Forum mondiale, con la rappresentanza francese egemo- nizzata da Attac e dall’area intel- lettual-moderata di “Le Monde Diplomatique” (Bernard Cassen nome di punta) voleva far svolge- re il primo Forum a Parigi. Ma le varie delegazioni furono assai influenzate dal peso che l’anti-G8 di Genova aveva avuto a livello mondiale. La delegazione italiana appariva ai più un model- lo di unità e radicalismo, risulta- vamo all’avanguardia nella lotta contro il liberismo e la guerra e muovevamo un arco di associa- zioni e reti senza precedenti in Europa. Infine, l’area di Attac - Le Monde Diplomatique risultava sgradita a molti sia per il suo mo- deratismo sia per il legame stori- co con i socialisti francesi che ne Perché votare Cobas L’impegno di docenti e Ata per difen- dere la scuola pubblica e lademocra- zia sindacale, pag 1, 2 e 3 Precariato Una manciata di assunzioni per i pre- cari e 20.000 posti regalati agli inse- gnanti di religione, pag 2 Vertenze A seguito di un nostro ricorso il Tribunale di Cagliari boccia le catte- dre oltre le 18 ore, pag 3 Contro la guerra No alle censure e alla militarizzazione delle coscienze, pag 5 Riforme e controriforma La scuola e la didattica nell’era globa- lizzazione, la difesa del tempo scuola e le trovate pubblicitarie della Ministra, pag 6, 7, 8 e 9 Lavora, consuma, crepa La distruzione del sistema pensioni- stico e il fondo integrativo “Espero”, pag 10 e 11 Ancora sugli Ata ex enti locali Le motivazioni dei nostri ricorsi e quelle degli altri, pag 11 continua a pagina 4 Sommario Il movimento in Europa Luci e ombre del Forum parigino Elezioni Rsu Vota Cobas per difendere la scuola pubblica e la democrazia sindacale di Nicola Giua Dal 9 all’11 dicembre 2003 si vo- terà per il rinnovo delle Rappresentanze Sindacali. Il 10 novembre è scaduto il termine per la presentazione delle liste nelle singole scuole e nonostan- te una situazione di estrema dif- ficoltà siamo riusciti ad aumenta- re (rispetto al 2000) il numero di Istituti nei quali abbiamo presen- tato le liste COBAS Comitati di Base della Scuola. Questo è di per sé un risultato enorme poiché, anche questa volta, abbiamo so- stenuto la campagna di presenta- zione delle liste con le mani lega- te. Infatti, ci è stato ancora nega- to il democratico diritto di poter effettuare assemblee nei luoghi di lavoro e di poter quindi, in tal modo, interloquire e dialogare con i colleghi e le colleghe do- centi ed ATA anche al fine di pre- sentare liste Rsu. I sindacati “maggiormente con- certativi” dal canto loro e per l’ennesima volta non si sono ver- gognati di chiedere illegittima- mente al Ministero di comunica- re alle scuole che le assemblee possono essere tenute solo dalle “loro” organizzazioni poiché il “diritto” è il “loro” e non dei la- voratori e delle lavoratrici. Non si sono vergognati di chiedere, ed ottenere, dall’ARAN una ana- loga nota con cui (senza averne competenza alcuna) tale organi- smo specifica lo stesso sconcer- tante principio. Ed infine non si sono vergognati di chiedere an- cora al MIUR (nel caso in cui il concetto non fosse stato ancora metabolizzato) di trasmettere a tutte le scuole la nota dell’ARAN poiché la stessa non poteva essere trasmessa diretta- mente dall’Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni la quale non ha competenza ad in- terloquire e fornire pareri alle scuole. Complimenti!!! La Cgil Scuola nel rispondere ad un nostro documento pubblicato su alcuni quotidiani, in relazione all’impossibilità di svolgere as- semblee in orario di servizio ed alla palese “diversità” di oppor- tunità democratiche per la cam- pagna elettorale Rsu, ha “serafi- camente” risposto sul proprio sito internet tra le altre cose che “tutta questa complessa operazio- ne avrebbe come unico obiettivo quello di impedire ai Cobas di par- tecipare alle elezioni (le procedure elettorali prevedono che tutti i Sindacati, anche con un solo iscrit- to, possano presentare liste)”. Sembra di capire che secondo la Cgil Scuola i Cobas avrebbero “protestato” perché qualcuno intendeva negargli la possibilità di presentare le liste alle elezio- ni. E no, non è questo il punto. Infatti la stessa Cgil Scuola nella manchette di risposta pubblicata su “Il Manifesto” ha ben pensato di omettere la frase tra parente- si poiché anche a loro è parsa una enormità. Il problema è ed è sempre stato di democrazia so- stanziale e di diritti minimi sinda- cali che devono essere nella dis- ponibilità dei lavoratori e delle lavoratrici e non delle Organizzazioni. Il resto si chiama “dittatura sindacale”. D’altronde il comunicato della continua a pagina 2

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POSTE ITALIANE SPASpedizioni in a.p. art. 2 comma 20/C L.662/96 DC-RM In caso di mancato recapito restituire all’ufficio di Roma 19Nuova serie - dicembre 2003 - euro 1,50

giornale dei comitati di base della scuola

di Piero Bernocchi

Luci o ombre, chiari o scuri: icommenti dei partecipanti al se-condo Forum sociale europeo,tenutosi a Parigi (12 - 16 novem-bre), ci dicono che l’evento non èstato percepito univocamente,nella luminosità del successo in-discusso come fu l’anno scorso aFirenze o nell’oscurità del falli-mento lampante come a volte,nel corso della preparazione, inmolti hanno temuto. Il riferimen-to a Firenze è inevitabile: non acaso i giudizi più critici vengonoda coloro che a Firenze c’erano(e non solo gli italiani/e), mentrei pareri più benevoli, anche am-piamente positivi, sono venuti dacoloro che non avevano metri diparagone né con Firenze né conPorto Alegre.

La genesi e i problemidel Forum di ParigiVa innanzitutto ricordato che ladecisione di svolgere il Forumeuropeo a Parigi venne prese alprimo Forum mondiale di Porto

Alegre all’interno di un “ticket”unitario che prevedeva il Forumdel 2002 in Italia e il successivo inFrancia: e al termine di un duroscontro, perché l’asse brasilian-francese che aveva partorito ilprimo Forum mondiale, con larappresentanza francese egemo-nizzata da Attac e dall’area intel-lettual-moderata di “Le MondeDiplomatique” (Bernard Cassennome di punta) voleva far svolge-re il primo Forum a Parigi.Ma le varie delegazioni furonoassai influenzate dal peso chel’anti-G8 di Genova aveva avuto alivello mondiale. La delegazioneitaliana appariva ai più un model-lo di unità e radicalismo, risulta-vamo all’avanguardia nella lottacontro il liberismo e la guerra emuovevamo un arco di associa-zioni e reti senza precedenti inEuropa. Infine, l’area di Attac - LeMonde Diplomatique risultavasgradita a molti sia per il suo mo-deratismo sia per il legame stori-co con i socialisti francesi che ne

Perché votareCobasL’impegno di docenti e Ata per difen-dere la scuola pubblica e lademocra-zia sindacale, pag 1, 2 e 3

PrecariatoUna manciata di assunzioni per i pre-cari e 20.000 posti regalati agli inse-gnanti di religione, pag 2

VertenzeA seguito di un nostro ricorso ilTribunale di Cagliari boccia le catte-dre oltre le 18 ore, pag 3

Contro la guerraNo alle censure e alla militarizzazionedelle coscienze, pag 5

Riforme econtroriformaLa scuola e la didattica nell’era globa-lizzazione, la difesa del tempo scuolae le trovate pubblicitarie dellaMinistra, pag 6, 7, 8 e 9

Lavora, consuma,crepaLa distruzione del sistema pensioni-stico e il fondo integrativo “Espero”,pag 10 e 11

Ancora sugli Ata exenti localiLe motivazioni dei nostri ricorsi equelle degli altri, pag 11 continua a pagina 4

S o m m a r i o Il movimentoin EuropaLuci e ombre del Forum parigino

Elezioni Rsu

Vota Cobasper difenderela scuolapubblica e lademocraziasindacaledi Nicola Giua

Dal 9 all’11 dicembre 2003 si vo-terà per il rinnovo delleRappresentanze Sindacali. Il 10novembre è scaduto il termineper la presentazione delle listenelle singole scuole e nonostan-te una situazione di estrema dif-ficoltà siamo riusciti ad aumenta-re (rispetto al 2000) il numero diIstituti nei quali abbiamo presen-tato le liste COBAS Comitati diBase della Scuola. Questo è di persé un risultato enorme poiché,anche questa volta, abbiamo so-stenuto la campagna di presenta-zione delle liste con le mani lega-te. Infatti, ci è stato ancora nega-to il democratico diritto di potereffettuare assemblee nei luoghidi lavoro e di poter quindi, in talmodo, interloquire e dialogarecon i colleghi e le colleghe do-centi ed ATA anche al fine di pre-sentare liste Rsu.I sindacati “maggiormente con-certativi” dal canto loro e perl’ennesima volta non si sono ver-gognati di chiedere illegittima-mente al Ministero di comunica-re alle scuole che le assembleepossono essere tenute solo dalle“loro” organizzazioni poiché il“diritto” è il “loro” e non dei la-voratori e delle lavoratrici. Nonsi sono vergognati di chiedere,ed ottenere, dall’ARAN una ana-loga nota con cui (senza avernecompetenza alcuna) tale organi-smo specifica lo stesso sconcer-tante principio. Ed infine non sisono vergognati di chiedere an-cora al MIUR (nel caso in cui ilconcetto non fosse stato ancorametabolizzato) di trasmettere atutte le scuole la nota

dell’ARAN poiché la stessa nonpoteva essere trasmessa diretta-mente dall’Agenzia per laRappresentanza Negoziale dellePubbliche Amministrazioni laquale non ha competenza ad in-terloquire e fornire pareri allescuole. Complimenti!!! La Cgil Scuola nel rispondere adun nostro documento pubblicatosu alcuni quotidiani, in relazioneall’impossibilità di svolgere as-semblee in orario di servizio edalla palese “diversità” di oppor-tunità democratiche per la cam-pagna elettorale Rsu, ha “serafi-camente” risposto sul propriosito internet tra le altre cose che“tutta questa complessa operazio-ne avrebbe come unico obiettivoquello di impedire ai Cobas di par-tecipare alle elezioni (le procedureelettorali prevedono che tutti iSindacati, anche con un solo iscrit-to, possano presentare liste)”.Sembra di capire che secondo laCgil Scuola i Cobas avrebbero“protestato” perché qualcunointendeva negargli la possibilitàdi presentare le liste alle elezio-ni. E no, non è questo il punto.Infatti la stessa Cgil Scuola nellamanchette di risposta pubblicatasu “Il Manifesto” ha ben pensatodi omettere la frase tra parente-si poiché anche a loro è parsauna enormità. Il problema è ed èsempre stato di democrazia so-stanziale e di diritti minimi sinda-cali che devono essere nella dis-ponibilità dei lavoratori e dellelavoratrici e non delleOrganizzazioni. Il resto si chiama“dittatura sindacale”.D’altronde il comunicato della

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2 COBAS - dicembre 2003E l e z i o n i R s u

Cgil Scuola (come è facilmenteverificabile leggendo i testi cheriportiamo integralmente nellapagina seguente) non smentiscenessuna delle contestazioni cheabbiamo mosso:1) Che ci impediscono le assem-blee in orario di lavoro con attiintimidatori verso i dirigenti sco-lastici. Fatto che è anche confer-mato dalla protesta attuatadall’Anp-Anqap/Cida (il sindaca-to giallo dei dirigenti scolastici edei loro gregari: docenti coman-dati, DSGA, vicari, ecc.) propriocontro la proibizione di svolgereassemblee in orario di lavoro ailoro esponenti e le intimidazionisubite dai sindacati maggiormen-te concertativi. E se lo dicono glistessi dirigenti scolastici che nonpossono concedere le assembleealle proprie liste, qualcosa divero ci sarà.2) Che hanno voluto un mecca-nismo che misura la rappresen-tanza nazionale di un sindacatocon le liste di singola scuola.Bastava votare su due schede:una di singola scuola e un’altranazionale.Ma da questo orecchio Patta esoci non ci sentivano quattroanni fa e non vogliono sentirciadesso.Per onestà, bisogna riconoscereche la Cgil tiene molto alla trat-tativa d'istituto, soprattuttoquando si schiera a fianco dei di-rigenti scolastici contro gli inte-ressi dei lavoratori (vedi letteradi un iscritto Cgil pubblicata sulnumero 18 di COBAS).Ma vi è di più. La Cgil Scuola nel-lo stesso comunicato ci accusa divolere e di richiedere le liste na-zionali per misurare la rappre-sentatività sindacale nazionaleproprio perché non avremmo “acuore” le Rsu di scuola, ed inparticolare, interpretando inquesto senso la nostra richiestaaffermano: "della serie, diciamonoi: “della contrattazione a scuolanon ci può fregar di meno”, checome esempio di pratica democra-tica non è male …".Anche in questo caso la “pelosi-tà” di un tale sillogismo è assolu-tamente chiara. Chi vuole le listenazionali non vuole le Rsu nellescuole. Riteniamo superfluo ognicommento poiché i testi sonoassolutamente eloquenti e cia-scuno/a può trarre le proprieconclusioni magari andando a ve-rificare alcuni “esempi” di praticademocratica nelle scuole dovehanno operato Rsu elette neiCOBAS.Ma invece cosa ha fatto la Cgil,insieme a Cisl e Uil, per le RSU?In questi ultimi tre anni i “mag-giormente concertativi” avrannoalmeno fatto di tutto (visto che“loro” ci tengono così tanto) perampliare i diritti delle Rsu e mi-gliorare le condizioni di eserciziodella attività sindacale nei luoghidi lavoro? Ci pare di poter direcon assoluta certezza: NO!!!Vediamo allora come i concerta-tivi hanno “allargato” i diritti del-le Rsu.Come primo atto hanno firmatoun contratto (assolutamente ille-gittimo e già dichiarato nullo dauna quindicina di giudici delLavoro) nel quale negano al sin-

golo Rappresentante SindacaleUnitario di poter indire assem-blee nei luoghi di lavoro, in pale-se violazione dell’art. 20 delloStatuto dei Lavoratori, e preten-dendo che le assemblee possanoessere indette “solo” dalla mag-gioranza delle Rsu o da una Rsuinsieme ad un organizzazione“maggiormente concertativa”.Secondo loro il singolo Rsu esi-ste, ed ha diritti democratici diagibilità sindacale, solo se è mag-gioranza (bel principio democra-tico in tema di diritti) o se si ac-compagna, nell’indizione di as-semblea, ad una delle “loro” siglesindacali.Avranno allora aumentato le oredi permessi sindacali di pertinen-za delle Rsu come previsto e ri-tenuto possibile (proprio per laspecificità del Comparto Scuola:troppo pochi i lavoratori di unasingola scuola per avere un mon-te ore permessi adeguato allafunzione) dal ContrattoCollettivo Quadro?Certo che NO! Le organizzazio-ni “maggiormente concertative”si sono ben guardate dall’aumen-tare la misera mezz’ora di per-messo sindacale per dipendente(da dividere tra tutti gli Rsu nellasingola scuola) ad un’ora, comepossibile dalla normativa pattizia.Perché non l’hanno fatto? Perchéagli “ingordi” non bastavano i cir-ca 1.200 distaccati dal lavoro dicui hanno “diritto” ed i 45 minu-ti che si sono tenuti per dipen-dente (ribadiamo contro la mez-z’ora alle Rsu) gli servono perraddoppiare questi distacchi che,infatti, pare (poiché i dati certinon li fornisce nessuno e nessu-no controlla) ammontino fino aldoppio: circa 2.400 distacchi sin-dacali su base nazionale nel soloComparto Scuola.Ma forse le organizzazioni “mag-giormente concertative” hannosicuramente deciso di fare un ac-cordo (come è possibile e previ-sto dalle norme) che preveda deiluoghi di coordinamento delleRsu a livello nazionale e/o terri-toriale che possano essere unmomento democratico di con-fronto tra rappresentanze sinda-cali elette dalla base?Certo che NO! Non è infattipossibile per “loro” concepiredelle Rappresentanze Sindacali(diverse dai “loro” organismi di-rigenti) che possano riunirsi, dis-cutere, interloquire e magari di-ventare un “contropotere” sin-dacale che dalla base fa emerge-re alcune “contraddizioni” ed inperiodi di lotta e/o di trattativecontrattuali può dire la sua econdizionare le “centrali“ sinda-cali nazionali. Chi parlava di “pra-tica democratica”, bla, bla, bla, cipare sia ampiamente servito.Dal panorama rappresentato cipare quindi che vengano raffor-zate le ragioni (che peraltro era-no già assolutamente evidenti)per cercare di far raggiungere aiCOBAS l’assurda soglia di rap-presentatività nazionale previstaper legge (5%), quale media traiscritti e voti, alle prossime ele-zioni Rsu.Per tali ragioni vi chiediamo diimpegnarvi con il VOTO perchéle liste COBAS Comitati di Basedella Scuola ottengano questoimportantissimo risultato.

Ma forse va meglio con le lotte?Ciò che è avvenuto il 26 settem-bre è assolutamente illuminante.Un coordinamento nasce dalbasso per la salvaguardia e difesadelle migliori esperienze dellascuola pubblica (intesa semprecome statale) degli ultimi 30 annie contro la riforma Moratti e lenefandezze che prevede qualil’insegnante coordinatore tutore la fortissima riduzione dell’at-tuale tempo scuola.I COBAS Scuola hanno aderitocon determinazione a questopercorso di lotta ed organizzatodecine di iniziative nei vari terri-tori mentre le organizzazioni“maggiormente concertative”non hanno assolutamente “mos-so un dito” se si esclude la CgilScuola che, a poche ore dal 26settembre, ha aderito alle inizia-tive del CoordinamentoNazionale (nato a Bologna per ladifesa del tempo pieno e prolun-gato) con un messaggio sul pro-prio sito internet e senza nean-che comunicare la stessa adesio-ne al Coordinamento. Di Cisl eUil non si ebbero notizie mentredello SNALS non ne parliamoneanche. Certamente non c’èmale come inizio.Ma c’è di più. Il CoordinamentoNazionale a seguito dell’accele-razione dell’iter della pseudo-ri-forma ha indetto una nuova sca-denza di lotta per sabato 29 no-vembre 2003 a Bologna. E che tifanno i “concertativi”? E che fa laCgil Scuola? Aderiscono a questagiornata con spirito unitario?Intravedono nell’esperienza delCoordinamento e delle personeche lo compongono, famiglie, ge-nitori, docenti, ATA e cittadini, ilvalore delle esperienze dal bassoche hanno una storia, uno spes-sore, che sono vissuto e faticaquotidiana e mettono in pratical’idea di costruire una scuolanuova e diversa?I Cobas Scuola lo hanno fattoaderendo con convinzione allagiornata di lotta ed allaManifestazione Nazionale diBologna ed indicendo una secon-da piazza a Napoli per esclusiveragioni logistiche relative allaproibitiva distanza del sud d’Italiada Bologna. I concertativi: NO!La Cgil Scuola: NO! I confederalihanno indetto nella stessa datauna “loro” manifestazione aRoma poiché non sopportanoche le esperienze dal basso pos-sano essere, come si diceva unavolta,“egemoniche” e non hannol’umiltà di aderire ad iniziativeVERE che provengono dallascuola VIVA.La Cgil Scuola ha perso un’altraimportante occasione ed ha de-ciso di “mollare” la scuola chelotta dal basso per garantirsi lacosiddetta “unità sindacale” conCISL e UIL (quelli del patto perl’Italia che magari sarebbero qua-si d’accordo con la Moratti sedesse qualche soldino in più).Noi COBAS abbiamo invece lacertezza che l’unità dal basso sial’unica strada ancora percorribi-le, con parole d’ordine cristallineed obiettivi chiari.La pseudo riforma deve essereritirata e la Moratti deve tornarea casa.Per la scuola pubblica è questol’obiettivo.

continua dalla prima pagina

Annunciata con clamori degni dimiglior occasione, l’assunzioni di15.000 lavoratori precari dellascuola ha suscitato soddisfazionia destra e manca. In realtà sitratta di ben poca roba.Intanto il testo varato dal gover-no afferma che la cifra delle as-sunzioni non deve essere "supe-riore a 15.000 unità", quindi c'è ilrischio che sia anche inferiore, afronte di un numero minimo diposti necessari nella scuola dicirca 100.000 tra docenti e ATA,La cifra di 15.000 non basteràneanche a coprire il turn-over dicirca 20.0000 unità previsto perquest'anno. E la situazione peg-giora se consideriamo che i15.000 posti sono riferiti a tuttie tre i comparti del MIUR (istru-zione, università e ricerca).Risulta chiaro che l’operazione èun misero contentino da giocar-si sul piano mediatico, per can-cellare una politica scolasticaignominiosa: assunzione cliente-lare di 21.000 insegnanti di reli-gione, i tagli al personale ATA edocente, imposizione della rifor-ma Moratti, ecc.L’unica risposta adeguata alle ne-cessità di chi frequenta la scuolae di chi ci lavora da precario èl'immissione su tutti i posti dis-ponibili da attuarsi subito.

Immissione di15.000precari: unagoccia nelmare

La farsa delconcorsoper gliinsegnanti direligione

Lo scorso 6 novembre ilMinistero ha trasmesso alConsiglio Nazionale dellaPubblica Istruzione il bando diconcorso per l’immissione inruolo degli insegnanti di religio-ne cattolica. Il parere, non vinco-lante, dovrebbe vedere la luceintorno alla metà di dicembre. Insede di prima applicazione dellaL. 186/2003 sul nuovo stato giu-ridico degli insegnanti di religio-ne cattolica, il concorso sarà ri-servato ai docenti con almenoquattro anni di servizio negli ul-timi dieci anni, e con un orarionon inferiore alla metà di quellod'obbligo, anche in diversi ordinie gradi di scuola.Gli aspiranti dovranno sostenereuna prova scritta (risposta brevea 3 quesiti su 9 proposti) perl’ammissione all’esame oraleche, secondo quanto stabilitodalla legge, "è volto unicamente al-l'accertamento della conoscenzadell'ordinamento scolastico, degliorientamenti didattici e pedagogicirelativi agli ordini e ai gradi di scuo-la ai quali si riferisce il concorso edegli elementi essenziali della legis-lazione scolastica".Per conquistare il sospirato po-sto fisso sembra proprio che levie del signore siano davvero in-finite.

COBAS - dicembre 2003 E l e z i o n i R s u 3

Questo è il comunicato Cobas.Democrazia per sé dittatura sugli altriOvvero: come ti perseguito i CobasDopo anni di concertazione e di accettazione dei “sacrifici” ha chiama-to i lavoratori/trici alla lotta contro la cancellazione dei diritti. È entratanel movimento “no-global” dicendo di voler difendere la democrazia e idiritti per tutti/e.Ha gridato al furto di democrazia quando Cisl e Uil han-no firmato contratti separati e accordi miserabili con il governo senza econtro di lei.Stiamo parlando della Cgil.Con grande fatica, l’abbiamo pre-sa in parola, evitando di insistere troppo sul passato, sugli anni della con-certazione, sull’appoggio alla guerra in Jugoslavia, ai governi liberisti delcentrosinistra, al pacchetto Treu, alla parità scolastica, alla drastica restri-zione del diritto di sciopero. Ci aspettavamo, almeno, che terminassequell’ossessivo sforzo di cancellare i Cobas e il sindacalismo di base chenega ad essi, e ai singoli lavoratori, i più elementari spazi democratici neiposti di lavoro; e che, ad esempio, potessimo “competere” alla pari inquel vero e proprio match sindacale, già truccato a favore dei confede-rali, che ci hanno imposto con le elezioni delle RSU. Macchè! La campa-gna elettorale in corso per le RSU nella scuola ci ha tolto ogni residuaillusione in merito.Nel 1999 la Cgil impose un assurdo meccanismo elet-torale per misurare la rappresentatività nazionale nella scuola e nel pub-blico impiego. Non si vota, come sarebbe ovvio, su liste nazionali ma sisommano i voti ottenuti nelle elezioni delle singole RSU. Cosicché se inuna scuola, ad esempio, decine di simpatizzanti vogliono che i Cobas ab-biano la rappresentatività nazionale con i conseguenti diritti di assembleae trattativa, ma nessuno di essi può/vuole candidarsi nelle liste, i Cobasnon avranno colà neanche un voto: come se, nelle elezioni politiche na-zionali, gli abitanti di un condominio non potessero votare se non met-tendo in ogni lista in gara un candidato del loro condominio.Subito dopotale truffa, la Cgil Scuola, con il sostegno attivo di Cisl e Uil, ha impostoal ministro amico Berlinguer la cancellazione del diritto di assemblea chei Cobas avevano fin dalla nascita (1987).Ciò malgrado, in questi anni mol-ti capi di istituto, che un minimo di democrazia lo volevano rispettare,hanno continuato a darci le assemblee. Fino a ieri, fino all’inizio dellacampagna elettorale RSU, quando il raggiungimento della piena rappre-sentanza sindacale per i Cobas è apparso altamente probabile. Questoha scatenato la Cgil e con essa Cisl e Uil, ieri apparentemente divise po-liticamente ma del tutto compatte nel difendere i propri privilegi ed ilmonopolio dei diritti sindacali. Non possono sopportare che una orga-nizzazione senza “professionisti” della contrattazione, senza sindacalistidi mestiere, dimostri di poter fare appieno sindacato e vada a mettere ilnaso sui loro maneggi concertativi quotidiani.La Cgil Scuola ha lanciato l’offensiva, seguita a ruota da Cisl e Uil a cuiha appaltato una parte del “lavoro sporco”. Siamo stati seguiti scuola perscuola, i capi di istituto disponibili a lasciarci le assemblee sono stati mi-nacciati e ricattati ossessivamente. Non contenti, hanno imposto alMinistero una circolare che intimasse ulteriormente ai dirigenti scolasti-ci di non darci le assemblee: e hanno ottenuto pressoché dappertuttoquello che volevano. Un’allucinante persecuzione sta falsando totalmen-te una “competizione” già ultra-truccata, con migliaia di funzionari in lot-ta feroce per far tacere un gruppo di militanti forti solo delle proprieidee e dell’impegno e della lotta ultra-decennali per difendere i lavora-tori/trici e la scuola pubblica. Non è nostro costume lamentarci.Proveremo comunque a farcela. Ci batteremo anche con le mani legate

e la bocca tappata dai “potenti”. Chi vuole aiutarsi a raggiungere la rap-presentatività nazionale, formi le liste Cobas, le faccia votare dal 9 all’11dicembre.Ma non subiremo in silenzio. Denunceremo ovunque l’aggressione dellaCgil e dei suoi sodali (quando c’è da difendere i privilegi) di Cisl e Uil, ri-corderemo dappertutto (e in primo luogo agli iscritti/e alla Cgil, che so-vente ignorano tali pratiche) di che pasta vera sono fatti i novelli difenso-ri della democrazia e dei diritti (per sé), i neofiti “antiliberisti” che ci ven-gono a dare lezioni in materia nelle sedi del movimento “no-global” e al-trove a livello nazionale e internazionale

Questa è la risposta della Cgil.Aggressione dei Cobasalla Cgil e alla Cgil ScuolaNella giornata di ieri 29 ottobre, è apparsa su “Il Manifesto” un’inserzio-ne a pagamento a firma dei Cobas piena di attacchi gratuiti e di accusefalse alla Cgil e alla Cgil Scuola.Dopo aver ricostruito ad uso e consumo delle tesi da dimostrare nor-me di legge e norme contrattuali, dopo aver rivendicato che il voto perle RSU avvenga su “liste nazionali” (della serie, diciamo noi: “Della con-trattazione a scuola non ci può fregar di meno”, che come esempio dipratica democratica non è male…), nell’inserzione si passa alla denunciadi un presunto clima di persecuzione verso i Cobas.Gli estensori dell’inserzione arrivano addirittura a denunciare presunti“inseguimenti scuola per scuola” a danno dei Cobas, e parlano di capi diistituto “minacciati” e “ ricattati ossessivamente” dalla Cgil Scuola e daCisl e Uil “a cui ha appaltato (ndr: la Cgil Scuola) una parte del “lavorosporco””.Tutta questa complessa operazione avrebbe come unico obiet-tivo quello di impedire ai Cobas di partecipare alle elezioni (le procedureelettorali prevedono che tutti i Sindacati, anche con un solo iscritto, pos-sano presentare liste).Poi, dopo aver detto che la Cgil è composta da “novelli difensori dellademocrazia e dei diritti (per sé)” (così sono avvertiti i tre milioni di per-sone che con noi a Roma hanno manifestato il 23 marzo del 2002 perla difesa dei diritti) e da “neofiti “antiliberisti” che ci vengono a dare le-zioni in materia nelle sedi del movimento “no-global” e altrove a livellonazionale e internazionale” nell’inserzione si fa un appello per presenta-re liste Cobas alle elezioni delle RSU.Poche considerazioni:a) sul versante dei risultati: auguriamo davvero ai Cobas un ampio e posi-tivo risultato alle elezioni per il rinnovo delle RSU che li porti ad aumen-tare di gran lunga i 5.809 aderenti, pari all’1,35% su 429.312 sindacalizzatinel comparto scuola, che risultavano al Tesoro con la rilevazione degliiscritti per delega alle organizzazioni sindacali dell’anno 2000 (ultimi datiufficiali);b) sul versante della politica: anche un alieno distratto capirebbe che l’ag-gressione senza freni nei nostri confronti rappresenta un segnale di gran-de difficoltà politica, ed un “mettere le mani avanti” per giustificare even-tuali insuccessi. Per questa ragione si preferisce attaccare in modo pre-testuoso e gratuito;c) sul versante del nostro sindacato: per la Cgil Scuola i Cobas non sonomai stati un nemico e, tanto meno, un nemico da battere. Per noi l’o-biettivo da perseguire è e rimane quello di battere il governo nelle suepolitiche liberiste sulla scuola e sulla società.

Diritti e libertà sindacalial tempo delle elezioni RSUBotta e risposta con la Cgil Scuola sul diritto di assemblea

Nuova condanna per un CSAche voleva imporre d’ufficio unacattedra superiore alle 18 ore(ben 23).Dopo il caso verificatosi aNuoro nel dicembre scorso(vedi COBAS n. 13), stavolta ètoccato al giudice del lavoro diCagliari emettere un decretoper ristabilire i diritti del docen-te che aveva ricorso col patroci-nio dei Cobas Scuola.Il decreto ribadisce l’illegittimitàdi imporre cattedre oltre le 18ore senza il consenso del docen-te interessato.La vicenda riguarda un docentedi Matematica ed Informatica inservizio presso un IstitutoProfessionale per l’agricoltura alquale, a seguito di una ridetermi-nazione dell’organico, è stato as-segnato uno spezzone di 17 orenella cattedra di titolarità concompletamento dell’orario at-traverso l’attribuzione di ulterio-ri 5 ore di insegnamento pressoil liceo scientifico dello stessocomune.Anche questa volta il giudice haaccolto la nostra richiesta perl’applicazione della procedurad'urgenza perché, oltre alla fon-datezza del ricorso (da valutaredefinitivamente nel successivogiudizio di merito), ha riscontra-to la sussistenza di un pregiudi-zio imminente ed irreparabile,dato che i tempi ordinari del giu-dizio non avrebbero consentitodi porre rimedio alla situazionelamentata.Per tali motivi il giudice ha so-speso l'efficacia del provvedi-mento dell’Amministrazionescolastica decretando la ridefini-zione dell’orario entro i limitidelle 18 ore previsti dall’art. 26del Contratto CollettivoNazionale di Lavoro.

Il Tribunaleboccia lecattedre oltrele 18 ore

4 COBAS - dicembre 2003N o g l o b a l

metteva in discussione il tasso dianti-liberismo e persino la genui-na ostilità alla guerra (Cassen sioppose decisamente a che ci fos-se nei documenti finali del Forumuna condanna radicale dellaguerra in Jugoslavia). Nella “com-petizione” la spuntarono gli ita-liani: e le previsioni che i “mode-rati” allora fecero che il Forum diFirenze sarebbe fallito e il primovero Forum sarebbe stato quellodi Parigi, vennero spazzate via dalgiudizio unanime di tutte le dele-gazioni, altamente positivo, cheaccompagnò il Forum e la mani-festazione finale di Firenze.Dopodiché, il “modello Firenze” siè imposto ed ha condizionatonon poco quello di Parigi, impe-dendone uno slittamento versoun’impostazione esclusivamenteconvegnistica, nelle forme, ed unarretramento moderato e scissodai movimenti reali, nei contenuti.

La struttura ed i luoghidel ForumÈ sulla logistica che si sono ap-puntati gli strali più acuminati – egiustamente – della critica alForum di Parigi. L’eccessiva fram-mentazione (in teoria quattrocittà diverse, Ivry, Bobigny, St-Denis e La Villette-Paris: ma inpratica un’ulteriore scissione diriferimenti in tutte e tre le loca-lità non parigine, per un totale dialmeno una quindicina di luoghidistanti e scomodi da raggiunge-re, nonostante la straordinariarete di trasporti) ha disperso illascito di Firenze che più avevacolpito i partecipanti: la funzionedi gigantesca “agorà” assunta dal-la Fortezza da Basso, il ruolo di“melting pot” unitario, di cro-giuolo di forze e realtà che, purcon tonalità diverse, si ritrovava-no in un’unica polifonia spazial-mente unitaria. Nella decisionefrancese ha molto pesato la real-tà parigina, grande e disincantatametropoli che non solo non si“ferma” per celebrare/valorizza-re un tale evento ma che non èneanche disponibile ad offrirespazi nel suo centro paragonabilialla Fortezza da Basso. Cosicchégli organizzatori si sono affidati,un po’ per necessità un po’ perscelta, alle amministrazioni dellecittadine della “banlieu” in manoal PCF (il Partito comunista,dopo sonore batoste elettorali,ha virato di 180 gradi cercandodi “tuffarsi” nel movimento), cheha offerto finanziamenti e soste-gni ma pretendendo una logisticache valorizzasse ogni località, perricavarne visibilità spendibile poisul territorio e nelle urne.Tra leconseguenze negative di questascelta c’è stata poi la polemica,sopita durante il Forum, sulle saledelle multinazionali dello spetta-colo (Pathè-Gaumont) e dell’ac-qua (Vivendi) utilizzate ad Ivryper le plenarie e i seminari.

L’orientamento politicoBisogna onestamente dire che ledelegazioni nazionali, che hannopreparato il Forum con i france-si, non hanno dedicato la giustaattenzione alla parte organizzati-va. Erano (eravamo) molto preseda serie preoccupazioni sull’o-rientamento politico generale

del Forum. In sostanza si temevache prevalesse una linea modera-ta ed una contrapposizione trachi intende i Forum come luogodi puro confronto (senza alcunadecisionalità) e chi vede talieventi come sedi di discussionema finalizzata alla costruzione direti antagoniste all’esistente (nonsolo su guerra e generico anti-li-berismo ma su tutta l’articolazio-ne del conflitto, lavoro, precariz-zazione, scuola, sanità, migranti,ambiente ecc..) e all’avvio/inten-sificazione di campagne di lotta.Ogni incontro europeo di prepa-razione del Forum è stato segna-to da una forte battaglia politicasu tali temi. E, se guardiamo lecose da questo punto di vista, mipare che gli elementi positivi pre-valgano. Intanto, non si è operata

una scissione tra l’attività delleplenarie/seminari e quelladell’Assemblea dei movimentisociali di domenica 16: anzi, an-cor più di Firenze (sia per nume-ro, circa 4000 partecipanti non-ostante la pioggia incessante e ledistanze, sia per l’articolazionedel dibattito), l’Assemblea, pro-prio perché erano mancati altriluoghi unitari, è apparsa la natu-rale conclusione dei lavori; e diconseguenza le sue importantidecisioni sono apparse tout co-urt le decisioni di tutto il Forum.Poi, non c’è stato alcun arretra-mento sui contenuti. La linea diostilità alla guerra è divenuta, siasull’Iraq sia sulla Palestina, unascelta di campo forte ed irrever-sibile a fianco del popolo palesti-nese e della resistenza del popo-lo iracheno contro gli occupantistatunitensi e israeliani (ma an-che inglesi, spagnoli, italiani, po-lacchi ecc..). E la fallace equipara-

zione tra guerra e terrorismonon ha trovato alcuno spazio neidocumenti finali che chiamanoalla mobilitazione mondiale per il20 marzo e alle mobilitazioni na-zionali immediate per il ritirodelle truppe dall’Iraq, dallaPalestina e dalla Cecenia.Anche sull’opposizione allaCostituzione europea il fronte èstato compatto: chi ha provato afare proposte “emendative” èstato subissato di fischi. La deci-sione poi di una grande giornataeuropea di contrapposizione allaCarta costituzionale liberista peril 9 maggio (con appuntamentoprincipale a Roma) è passata al-l’unanimità. E sulle questioni so-ciali, la precarizzazione, la difesadella scuola e sanità pubblica, loschieramento a fianco del lavoro

salariato e dei migranti sono sta-ti temi trattati almeno quanto aFirenze ma con indicazioni ope-rative che hanno fatto un passoavanti verso giornate di mobilita-zione europea sui singoli temi everso il rafforzamento di reti or-ganizzate.I tentativi della CES (la rete euro-pea dei sindacati “concertativi”)di egemonizzare i temi socialisono stati rintuzzati e l’invito fat-to a tutti i sindacati perché si la-vori insieme per una giornata eu-ropea anti-liberista è nato in unclima di piena autonomia del mo-vimento e di presenza decisivadei sindacati antagonisti (ancora,comunque, troppo deboli a livel-lo europeo). Infine, la dimensioneeuropea di organizzazione e dilotta è irreversibilmente acquisi-ta: e dopo Parigi il movimento,nella sua scala continentale, siconferma la più importante novi-tà politica e sociale europea.

Certo, una buona parte delle ple-narie sono risultate irrigimentatee “lottizzate” (ma anche aFirenze le esigenze di “rappre-sentanza” delle varie aree nonfurono trascurate): ma in moltis-simi seminari e in non poche ple-narie di “confrontation” la spintaradicale al conflitto è emersachiaramente, con “platee” che,con gli interventi, seppur brevi, econ gli applausi sono apparseschierate su posizioni antagoni-ste e anticapitaliste almeno quan-to a Firenze.Infine, è vero che la manifestazio-ne finale non era paragonabile aquella di Firenze, ma la cifra dicentomila persone dichiarata daifrancesi non è parametrabile suinumeri italiani (noi da decennimoltiplichiamo e oramai la per-cezione nostrana delle presenzeè irrimediabilmente “drogata”):noi avremmo detto “trecentomi-la” o giù di lì. Comunque un suc-cesso per il livello di movimentoin Francia: e così infatti è statopercepito localmente.

La presenza CobasDal punto di vista quantitativo ladelegazione Cobas ha registratouna quarantina di presenze (unadozzina della scuola): non pochis-sime tenendo conto dell’idiosin-crasia alle “trasferte” dei nostri.Le difficoltà nascevano dalla con-temporaneità di troppe iniziative.Noi eravamo già impegnati diret-tamente su tre plenarie (tra gliitaliani i Cobas hanno “spuntato”la quota più alta) e dieci semina-ri. Ma in realtà siamo stati coin-volti in quasi il doppio di iniziati-ve. Tra le plenarie, quella di in-dubbio maggior successo per noiè stato il confronto tra movi-menti e partiti sui temi del lavo-ro e del conflitto sociale a livelloeuropeo che mi ha visto coinvol-to insieme alla segretaria del PCFMarie-George Buffet, al portavo-ce della Ligue Communiste revolu-tionnaire (partito che ha stabilitoun’alleanza con Lutte ouvriere sulpiano elettorale che li accreditadi un possibile 10% di voti e cheha ora tutti i riflettori dei mass-media addosso), a Elio Di Rupodel PSB (ex-vicepresidente delConsiglio belga ed esponente dipunta del socialismo europeo). Èstata una plenaria decisamentemovimentata e partecipata (piùdi 3000 persone), in cui la pole-mica da me svolta contro la sini-stra liberista ha ottenuto un suc-cesso del tutto inaspettato, conuna standing ovation finale addi-rittura imbarazzante (tenendoconto anche del fatto che le miecritiche hanno coinvolto anche ilPCF ben presente con tanti suoimilitanti). Nei seminari, buonsuccesso per i nostri Cobas del-la sanità, che hanno consolidatouna interessantissima rete euro-pea che avrà una proiezionemondiale nel prossimo forum diMumbay e che, in Europa, punte-rà ad una giornata di mobilitazio-ne unitaria. Buono anche il ruolodella Confederazione per ciò cheriguarda la Palestina e l’Iraq, inseminari che hanno partoritoposizioni molto radicali; nonchéper tutte le tematiche della pre-carizzazione, i cui seminari hannoindicato una serie di appunta-menti europei di grande interes-

se. Non molto significativo inve-ce il seminario che abbiamo ge-stito insieme ad altre realtà delsindacalismo antagonista euro-peo. Tale realtà si riconferma,purtroppo, limitata al triangoloItalia - Francia – Spagna, con l’ec-cezione importante della presen-za polacca. Siamo infine stati pre-senti a seminari sui migranti, suiNo-Vox e “sans” (senza casa, sans-papier, senza lavoro ecc..) peragevolare la nascita di reti euro-pee di mobilitazione.

La scuola nel FSELo spazio dedicato alla scuola eall’istruzione nel Forum di Parigiè stato nettamente superiore aFirenze: due plenarie, sei semina-ri e alcuni workshop hanno resol’argomento uno dei più dibattu-ti in assoluto. Se le plenarie sonostate decisamente noiose e ripe-titive (le organizzazioni del setto-re le avevano snobbate perchél’impianto prevedeva la presenzadelle associazioni della “societàcivile” che parlavano in terminiultra-generici sul tema), i semina-ri sono stati quasi tutti utili siaper approfondire il dibattito eu-ropeo sia per la costruzione direti continentali in difesa dellascuola pubblica. Il più partecipato(circa 500 persone) è stato quel-lo gestito da noi, insieme al sin-dacalismo alternativo catalano(USTEC - STES), francese (SUD -Education), inglese (SocialistTeachers Alliance), greco (Greeksocial Forum), più Nico Hirtt(Belgio); ma anche gli altri tre aiquali abbiamo partecipato hannoavuto una buona presenza ed undibattito interessante. L’ultimoseminario, che era un’assembleariassuntiva e dove è intervenutoefficacemente Rino Capasso, hapartorito una serie di proposte,che abbiamo presentato poiall’Assemblea conclusiva delForum (ove la scuola è stata rap-presentata dal segretariodell’FSU francese e da me, anchese io ho parlato pure dell’anda-mento del Forum, della guerra edelle lotte sociali), miranti a co-struire: 1) un Gruppo di conti-nuità europeo, con i rappresen-tanti delle principali strutture delsettore per coordinare stabil-mente le iniziative; 2) un Forumeuropeo dell’educazione nel2004; 3) una giornata europea dimobilitazione contro la mercifi-cazione dell’istruzione e per ladifesa della scuola pubblica.

La poliziaPer fortuna il Forum si è svolto inmaniera pacifica. Perché le pocheiniziative “non ufficiali” (occupa-zione di McDonald’s e di AirFrance, manifestazione italiana da-vanti all’ambasciata per il ritirodelle truppe dall’Iraq e manifesta-zione davanti al carcere contro larepressione) sono state trattatedalla polizia in modo così aggressi-vo da far rabbrividire al solo pen-siero di cosa sarebbe potuto suc-cedere altrimenti. Davanti all’am-basciata siamo stati caricati a fred-do nonostante stessimo pacifica-mente sui marciapiedi, “gasati” infaccia con le bombolette urticanti;i manifestanti davanti al carceresono stati presi tutti e portati incarcere (rilasciati in nottata) senzanemmeno un minuto di trattativa.

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COBAS - dicembre 2003 C o n t r o l a g u e r r a 5

Le 26 vittime, italiane ed irachene,dell’attacco al comando deiCarabinieri a Nassiria ci ricordanoche la guerra in Iraq non è finita eche anche l’Italia è in guerra. Aloro,come a tutte le vittime di unaguerra che non si doveva fare, vainnanzi tutto il nostro pensiero.Alle loro famiglie, ai loro figli, ailoro cari, va il nostro cordoglio.Per noi i morti sono tutti uguali:evitabili.Anche questi si potevano evitare.Ci avevano detto che la guerra erafinita. Che gli iracheni avevano ac-colto l’esercito Usa come libera-tore. Ci avevano detto che unanuova era di pace e democrazia siera aperta per l’Iraq.Non era vero.Ci avevano detto che si dovevadisarmare l’Iraq dalle armi di di-struzione di massa. Ci avevanodetto che la guerra avrebbe con-tribuito alla lotta al terrorismo.Non era vero.Con l’invio dei militari in Iraq inappoggio ad una guerra condanna-ta dalla maggioranza del popoloitaliano ed in violazione dell’arti-colo 11 della Costituzione, ilGoverno si è assunto la responsa-bilità di partecipare, sotto coman-do americano, all’occupazione diun paese esponendo migliaia digiovani militari e civili al rischiodella guerra per potersi sedere altavolo dei vincitori. Oggi lo stessoGoverno ribadisce con forza lavolontà di proseguire la missione.Noi non siamo d’accordo.Non è vero che ritirando i milita-ri si rinuncia a sostenere la popo-

lazione irachena. È vero il contra-rio. Molto di più si potrebbe farese i 40 milioni di euro che si spen-dono ogni mese per mantenere ilcontingente militare fossero usatiper ricostruire scuole, ospedali,centrali idriche.Non è vero che è necessaria unapresenza militare per fare questo:lo dimostrano le Ong italiane checon decine di operatori operanoda mesi con interventi umanitariin tutto il paese. Sono questi gli in-terventi umanitari che bisogna svi-luppare.Non è vero che se le truppe si ri-tirano in Iraq ci sarà il caos e cisarà il vuoto. Il caos è alimentatoproprio dalla presenza degli occu-panti che impediscono alla societàcivile e alle forze politiche irache-ne di assumersi la responsabilitàdel futuro del paese.Solo la fine della occupazione mi-litare può mettere fine alla guerra.Per questo chiediamo il ritiro im-mediato di tutte le truppe stranie-re dall’Iraq a cominciare da quelleitaliane e l’avvio di un processocostituente gestito dalle forze ira-chene e garantito dall’Onu.Riteniamo che le forme e le con-dizioni in cui avverrà debbano es-sere decise dagli iracheni.Solo un processo costituente cheveda la partecipazione di tutte lecomponenti politiche, culturali, re-ligiose ed etniche irachene puòportare ad un futuro di democra-zia. Siamo a Parigi con i movimen-ti sociali di tutto il mondo per unimportante appuntamento euro-peo. Siamo gli stessi che il 15 feb-

braio hanno manifestato a decinedi milioni in tutte le parti del mon-do per fermare l’imminente attac-co in Iraq. Non siamo tornati acasa dopo il 15 febbraio, non cisiamo arresi alla guerra, né quan-do è cominciata, il 20 marzo, néquando Bush l’ha dichiarata con-clusa. A maggior ragione oggi sia-mo qui per dire che non ci ar-rendiamo alla spirale di odio e diviolenza che ha coinvolto anche ilcontingente italiano.La guerra rimane un orrore inac-cettabile.Alle vittime civili e milita-ri, a tutte le vittime di questa guer-ra , va tutta la nostra solidarietà.Per fermare tutto questo, perchénon ci siano più vittime pensiamoche il popolo della pace debba farsentire forte la propria voce.Per questo sabato 22 novembreabbiamo manifestato in tutte lepiazze d’Italia contro la guerra el’occupazione e per l’immediatoritiro delle truppe italianedall’Iraq.Per questo chiediamo agliitaliani di ribadire la volontà dipace riempiendo ancora i balconie le finestre con le bandiere arco-baleno. Per questo aderiamo sind’ora alla giornata mondiale dimobilitazione del 20 marzo pro-mossa dai movimenti pacifisti sta-tunitensi con adesione di migliaiadi movimenti in tutto il mondo,per un’altra giornata globale con-tro le guerre. Per questo prose-guiremo la mobilitazione nella so-cietà e verso le istituzioni neiprossimi mesi.Mai più guerra Per un altro mondo possibile

Via dall’IraqDal Forum Sociale Europeo contro la guerra

Alcuni insegnanti della scuola elementare di Marlia sono stati ogget-to di un grave attacco alla loro dignità professionale e alla stessa li-bertà di insegnamento, tramite un’interpellanza presentata da unConsigliere di AN del Comune di Capannori, perché hanno libera-mente scelto di non partecipare con le proprie classi ad una manife-stazione commemorativa dei morti civili e militari di Nassiryia.Contrariamente a quel che pensa il Consigliere, fa parte delle scelteeducative che spettano agli insegnanti e agli organi collegiali dellascuola valutare l’opportunità di far partecipare o meno dei bambini di6 e 7 anni ad un evento così fortemente coinvolgente in termini siaemotivi che socio-culturali.Tra l’altro, l’invito alla partecipazione è ar-rivato a scuola la stessa mattina della manifestazione e non vi era ma-terialmente il tempo né di preparare i bambini, né di coinvolgere gliorgani collegiali o i genitori. Non c’è stato, quindi, nessun “impedi-mento” o addirittura “segregazione” dei bambini da parte degli inse-gnanti, ma soltanto una loro libera scelta rispetto ad un invito.Per quanto riguarda le affermazioni gravemente offensive attribuitedai giornali al Consigliere Comunale, ci riserviamo di tutelare in sedelegale gli insegnanti coinvolti, alcuni dei quali nostri iscritti.Cogliamo l’occasione per manifestare il nostro dolore per i morti diNassiryia così come per tutti gli altri morti, di qualunque parte o na-zionalità, di questa assurda guerra globale. Denunciamo, infine, in lineaanche con le dichiarazioni del Vescovo Nogaro (a cui va anche la no-stra solidarietà), il tentativo politico di strumentalizzare questi mortie di restringere drasticamente gli spazi di libertà di manifestazione delpensiero costituzionalmente garantiti.

Contro lamilitarizzazionedelle coscienzeIl comunicato stampa dei Cobas diLucca per la libertà d’insegnamento

CensurabellicistaProteste antigovernative dei familiaridurante i funerali di Stato dellevittime di Nassirya

L’informazione italiana indossa l’elmetto e celebra le vittime dellebombe di Nassirya come “eroi caduti per la patria” piuttosto che po-veri sventurati mandati al macello dai guerrafondai del governoBerlusconi. In questo clima qualsiasi voce fuori del coro è stata total-mente annullata. Ecco il racconto di uno video operatore presentenella Basilica di S. Paolo a Roma nel corso dei funerali di stato, rela-tivo ad un episodio oscurato.“Ho assistito a scene in cui più di una persona (semplici cittadini, anchequalche parente di vittima), hanno cominciato ad urlare la loro disperazio-ne contro chi ha voluto questo intervento. Sono stati zittiti con mano sullabocca dal servizio d'ordine e portati fuori di peso. Più di una troupe ha fil-mato queste scene. Non si trattava di "cavalli pazzi", né di "ggiovani nogglobbal dei centrisociali", ma ripeto, di parenti, amici delle vittime e sem-plici cittadini. Gran parte degli interventi della croce rossa all'interno dellabasilica erano appunto rivolti a far sparire questi turbatori del "compostodolore". Più di un collega ha contato almeno 5 ambulanze entrare ed usci-re dalla basilica. Chiunque abbia ascoltato una diretta (e nella differita ra-diofonica di Radio Vaticana ad esempio è chiarissimo) dell'evento e spe-cialmente dell'omelia, può aver sentito in sottofondo le grida.”

Le immagini di questo numero sono di John Heartfield (Berlino1891 – 1968); è questo il nome anglicizzato assunto da Helmut Herzfelddopo la prima guerra mondiale, in risposta alle ventate ultra-pattriotti-che e anti-britanniche della Germania di allora.In possesso di notevoli doti di fotografo e di grafico, negli anni Venti siimpegna nel sociale e nel politico attraverso la produzione scritti, dise-gni, poster e nella realizzazione di A-I-Z (Arbeiter-Illustrierte - Zeitung:Giornale Illustrato dei Lavoratori).L’ascesa di Hitler al potere provoca la fuga dalla Germania di numerosioppositori del nazismo.Tra questi c’è Heartfield, che si rifugia prima inCecoslovacchia e poi a Londra. L’opera più importante e nota diHeartfield, che qui parzialmente riproduciamo, è la creazione di nume-rosi fotomontaggi di carattere politico, specialmente anti-nazista.

di Rosa Di Maggio

Il luogo comune scolasticoChi parla di scuola o di riformedel sistema scolastico tende adeludere una domanda semplicema ingombrante: cui prodest?Secondo molti oggi come ieri, lascuola dovrebbe adeguarsi almondo del lavoro. In funzione delsistema produttivo il compito delsistema scolastico sarebbe fornireallo stato e alle imprese certe pro-fessionalità (competenze).In quest'ottica quello scolastico èun investimento produttivo, inve-stimento finalizzato alla competiti-vità del sistema paese - lo statonazione che investe nella costru-zione di un'economia nazionale(cfr. la Prussia di Bismarck e laRealschule) - o, ma è in fondo lastessa cosa, investimento del sog-getto su di sé per l'inserimentonel mercato del lavoro. In entram-bi i casi è la valorizzazione del ca-pitale, o del lavoro vivo nel pro-cesso produttivo, la finalità dell'e-ducazione scolastica. Prima di cri-ticare questa prospettiva, in nomedi una presunta autonomia dellacultura o di un fantomatico spiritocritico, cogliamone la programma-tica dimensione politica: i soggettinon hanno esistenza se non per laproduzione e nella produzione,merci essi stessi tra altre merci.Questa prospettiva, non è più tan-to e soltanto subalterna al capita-le - una scuola fabbrica che è co-mandata dai padroni – perché è laassunzione stessa della riprodu-zione sociale (della vita materiale,dei desideri, delle relazioni umane...) nel ciclo economico capitalisti-co. In quest'impresa la scuola defi-nisce e persegue le sue, e cioèquelle sistemiche, finalità: selezio-nare i migliori, destinandoli ai po-sti giusti. E orientare tutti per sco-prire le proprie attitudini, per rea-lizzarne le potenzialità traducen-dole in atto, costruendo individuie identità. Finalità sistemiche epratica quotidiana vanno a brac-cetto, attraversano uno spaziostriato dai conflitti e dalla costru-zione di attori sociali, coniugandola logica macropolitica del domi-nio e dello sfruttamento alla mi-cropolitica dell’esclusione/inclu-sione nell’universo del discorso.

L'alternativa ai tempi delWelfare StateLa scuola come strumento di de-mocrazia è una scoperta recente;questa non si riconosce più comefinalità la riproduzione del sistemasociale, del suo assetto, la divisio-ne in classi; il sistema scolasticodeve piuttosto fornire pari oppor-tunità: insegnare a leggere e scri-vere è il presupposto per parteci-pare efficacemente alla vita pro-duttiva e politica. Il borghese e ilcittadino si concentrano sull’usodi uno strumento, formazione ededucazione, necessario ad en-trambi per la loro esistenza eco-nomica e politica.Una scuola democratica non èsemplicemente una scuola cheeduchi ad accettare il proprio po-sto in un sistema produttivo rego-lato dalla competizione economi-ca; democrazia a scuola ha signifi-cato mettere gli esclusi in condi-zione di prendere la parola, signifi-ca comprendere che il sapere nonè neutrale e la società una conqui-

sta. In questa prospettiva si èorientato il riformismo democra-tico, e protagonista di questaemancipazione sono state primale borghesie nazionali riformiste;poi il testimone è passato alla clas-se operaia - al movimento operaioe ai movimenti anticapitalistici; aduna scuola subordinata agli inte-ressi dell’impresa è stata contrap-posta una scuola delle classi sfrut-tate e oppresse. Scuola di popolocontrapposta alla scuola del capi-tale. Il terreno dello scontro haavuto come cornice lo stato na-zione e le legislazioni per il dirittoallo studio; l'esito del confronto èstata la versione scolastica delcompromesso fordista (niente ri-voluzione, in cambio diritti e ac-cesso al consumo): uguaglianzadelle opportunità e compensazio-ni per chi parte in posizione disvantaggio, a patto che accetti leregole del gioco. Il compromessotra classe operaia e capitale si rea-lizzava nelle moderne certezzedelle costituzioni formali, nella ci-viltà del diritto del lavoro, nellaprevidenza obbligatoria, nella pro-gressività della tassazione, nellacostruzione di un sistema pubbli-co di servizi, quali scuola, sanità, eistruzione, ma anche fornitura diacqua, luce, energia, trasporti. Ascuola la cultura come educazionead un uso politico della cittadinan-za si conciliava con la cultura dellavoro, con il riconoscimento del-le forme della valorizzazione.Due avversari, il capitale e il lavoro- così legati da essersi spesso iden-tificati nel sistema paese, ossia inuna realtà produttiva che accomu-na le aziende nazionali e i lavora-tori – si sono riflessi nell'astrazio-ne statale, garante della riprodu-

zione del ciclo produttivo (il "capi-talista collettivo"); così nella scuolaper il lavoro due “verità” storiche(ideologie) si sono conciliate: lostrumento per produrre una co-scienza di classe e trasformare lasocietà da una parte, un investi-mento produttivo dall’altra. E con-seguentemente: gli uni riconosce-vano al sistema scolastico un'oc-casione per promuovere tutti (inlinea di principio), in sintesi: eguali-tarismo; gli altri un luogo per di-sciplinare, formare e selezionareclassi dirigenti consenzienti, citta-dini sottomessi, imprenditori otecnocrati; in breve: meritocrazia.Attraverso i conflitti e le trasfor-mazioni che hanno attraversato il'900 si è solo ideologicamenteconciliata l'idea del lavoro comeluogo dell'emancipazione colletti-va - bandiera del movimento ope-raio - con l'idea che la scuola siastrumento di promozione socialepreparando al lavoro - una risorsaumana priva di soggettività pro-pria. Ideologicamente non significaperò che questo non abbia avutoconseguenze reali, a partire dallacostruzione di soggettività stori-camente determinate.Gratuità, lotta all'analfabetismo,promozione degli individui e lottaalla dispersione scolastica: questisono stati i compiti della scuola peri partiti progressisti e di ispirazionemarxista, ai quali pure si sono af-fiancati pezzi del mondo cattolicosensibile alla questione sociale.

GlobalizzazioneCosa cambia oggi? Dai diritti for-mali siamo passati ai bisogni mer-cificabili, potremmo ironicamentedire che il socialismo si è realizza-to, anche se sotto il segno di un

consumo generalizzato di merciche non si arresta di fronte alle ga-ranzie sociali. E privatizzate le im-prese a partecipazione statale simette mano alla privatizzazionedei servizi di pubblica utilità e aiservizi sociali, in primis sanità eistruzione. Non sto qui a rifare lastoria degli anni ’90, dai Wto aiGats. Merce priva di diritti conl'obbligo ad attrezzarsi per com-petere nell'epoca della competiti-vità globale, la risorsa umana devecombattere l'obsolescenza con laformazione continua; questa scuo-la, la scuola che si adatta al cicloproduttivo non ha più alcun seriomotivo di definire un tempo che sichiuda con la consegna del pro-dotto (il lavoratore formato) per-ché il prodotto, il lavoratore risor-sa del sistema aziendale, si evolveall'interno del processo di produ-zione. Tutti i discorsi sull'obbligoscolastico, quelli che partono dallacultura dell'impresa sono ipocriti,oggi come ieri. Obbligo a studiare,ma in alternanza con la produzio-ne, la socializzazione, la motivazio-ne socialmente diffusa; anche unaconsolle per video giochi può es-sere un’utile interfaccia formativo,in termini di flessibilità adattativialla info-produzione. Come puresono ipocrite le professioni di in-tenti per la valorizzazione dellecapacità di ciascuno e l’educazionea valori solidaristici; per l'impresasi deve insegnare a competere nelmercato globale, ciascuno per suoconto e vedendo nel prossimo unpotenziale concorrente. Sia chiaroche questo è un programma di-dattico e insieme politico; non è ilmodo in cui si strutturano e cre-scono le conoscenze, sempre piùsociali e condivise.

Frammenti di una didatticadella globalizzazioneÈ possibile pensare un modello discuola che regga al vento delle tra-sformazioni in atto? O meglio unascuola che cambi andando contro-corrente? Io credo che dovrem-mo riflettere su una coppia di con-cetti, la soggezione e la soggettiva-zione; a scuola si diventa soggetti,e lo si diventa perché individui,perché definiti da pratiche discor-sive e sociali che ripiegano la so-cialità su spazi definiti. Si cresce, sidiventa grandi, ci si costruisce unapersonalità e si forma il carattere.Soggettivazione è invece prenderele distanze da sé, uscire dalla sog-gezione e divenire soggetti di tra-sformazione. È scavare la distanzatra noi e i posti assegnati, è ricer-ca a venire. Questa soggettivazio-ne, non è individuale, e forse piùche collettiva è transindividuale(su questo si legga G. Simondon).Se si pensa il soggetto come sog-gettivazione, partecipazione attivaalla ricerca di un sé che è altro, cisi imbatte nella democrazia chenon è solitaria, ma solidale. La de-mocrazia è una riflessione in co-mune, ha bisogno di una riflessio-ne in comune. La democrazia, o lasoggettivazione non individuale,non sono un anacronismo, sem-mai lo sono il capitale e lo statoche subordinano al profitto flussiproduttivi sostanzialmente auto-nomi. Potenza di una cooperazio-ne che non è imposta dall'esterno,dal comando capitalistico sulla for-za lavoro, ma è la potenza stessadel lavoratore immateriale, intelli-

genza collettiva, democrazia senzasovranità. Più che realizzarsi nel la-voro o in una identità riconosciu-ta, il percorso della soggettivazio-ne è il divenire altro, il rifiuto di unfantasma rispetto al quale misuria-mo il nostro essere sociale, e sof-friamo delle nostre vite.Alla concezione dell’emancipazio-ne attraverso il lavoro, dovremmosostituire, praticandola, la libera-zione dal lavoro e la riappropria-zione delle nostre biografie, no-stre proprio perché interrotte.La scuola come luogo del conflittoin una prospettiva di emancipazio-ne – biopolitica dovrebbe pratica-re una microfisica del potere,oltrela rappresentanza, prima dei comi-tati di bioetica e dei governi mon-diali dell'economia. Si può dire inmodo semplice, e si può com-prendere perché sia proprio lascuola il luogo dell’emergenza delconflitto nelle società postindu-striali. La scuola può essere il luo-go pubblico sottratto alla mercifi-cazione per ragionare di fisica,ma-tematica, chimica, tecnologia, bioe-tica, giustizia, ideali ... è anch'essauna soglia, un meccanismo della ri-produzione del capitale e insiemela sua negazione materiale, unamessa in produzione dei corpi edelle menti, e insieme la loro con-nessione che supera in intelligenzail sistema produttivo e la logica delprofitto, la presenza del rifiutoostinato, irriducibile. È questo ri-fiuto che sempre ha prodotto laconoscenza, il sapere, la cultura.Certo non il nozionismo, le sinte-si storiche improbabili, le impresescientifiche ridotte a formulari, lesciocchezze travestite da veritàspirituali, quel miscuglio di classi-smo e banalità che hanno fatto ad-dormentare, spaventare, incazzaregenerazioni di studenti. Proviamoa fare i moralisti, e pensiamo a checosa trasmettiamo con l'istruzio-ne scolastica: studia, lavora e ma-gari vota, negli intervalli consumae riproduciti, senza alzare troppola testa e diffidando del prossimo.Cosa dovremmo invece praticare:smetti di lavorare e pensa, comuni-ca e cerca di migliorare la tua esi-stenza, comprendendo che non seisolo,che hai bisogno degli altri per-ché sanno qualcosa che tu non sai.

Pensare solidale edemocraziaLo Stato nazione e l'impero, ieri eoggi sono predatori, controllori,forti ma già superati: la crescita dellavoro immateriale è la costruzio-ne di una socialità che libera.La produzione della ricchezza tro-va nelle forme di appropriazionedella stessa un ostacolo. La produ-zione diventerà controllo di cono-scenze di macchine, corpi, colletti-vi senza identità personale capacidi interagire con ambienti biotec-nologici. Questo produce e pro-durrà sempre più soglie, evenien-ze, conflitti. La scuola può percor-rerli, anticiparli come ha spessofatto. Per farlo dovrà essere capa-ci di metamorfosi, senza rinuncia-re alla costruzione di uno spaziocomune ed alla proliferazione disoggettività che rifiutino di farsi in-gabbiare dalle leggi dello scambiomercantile. In quest’ottica anche lacostruzione di un’identità va inte-sa come processo di individuazio-ne mai definitivo, soggettività enon soggezione.

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Soggettività,non soggezioneLa scuola nella globalizzazione

COBAS - diembre 2003 R i f o r m e 7

La scuola a Tempo Pieno ènata dal basso. È una scuolache ha preso forma modellan-dosi sui bisogni delle famiglie,sulle esperienze di rinnova-mento didattico degli inse-gnanti, sul riconoscimento deldiritto dei bambini e dellebambine ad apprendere sutempi distesi. Ed ha ottenuto ildiritto ad esistere attraversolotte consapevoli di genitori einsegnanti.Per le caratteristiche su cuisi fonda, il Tempo Pieno siconfigura come l’esatto op-posto della scuola dellaMoratti: tempo scuola cheattraverso le compresenze,offre ampie possibilità di atti-vare l’integrazione dei bam-bini diversamente abili, stra-nieri e con disparità socio-culturali, garantisce la pari di-gnità degli insegnanti, pro-muove attività che si model-lano sui tempi degli alunnisenza rigide divisioni, spaziper praticare l’interculturali-tà e l’accoglienza, la culturadei diritti e della pace.Per queste ragioni negli ultimianni il Tempo Pieno è statopiù volte sotto la pressionedei tagli economici e dei pro-cessi di trasformazione. Dallascorsa primavera l’attacco èdivenuto ancora più grave: ilprimo decreto attuativo dellaRiforma Moratti prevede lacancellazione del tempo pie-no attraverso la riduzione deltempo scuola a 27 ore; preve-de inoltre lo snaturamentodella collegialità degli inse-gnanti attraverso l’istituzionedell’insegnante tutor, prevedela rinuncia alle instanze diuguaglianza, integrazione e in-tercultura attraverso la filoso-fia della "personalizzazione".

Così noi insegnanti, genitori,lavoratori della scuola, cittadi-ni, abbiamo lanciato una rac-colta di firme contro questacancellazione, e la fortissimarisposta che è emersa da nu-merose città ha originato ilCoordinamento Nazionale indifesa del Tempo Pieno eProlungato.Il primo appuntamento pub-blico del Coordinamento èstato il 26 settembre, città percittà, scuola per scuola.Quel giorno i genitori sonoentrati nelle scuole.Quel giorno migliaia di perso-ne, insegnanti, genitori, bambi-ni, bidelli, cittadini, hanno por-tato nelle piazze la piattafor-ma che ci accompagna tutto-ra: far crescere il tempo pie-no, ritiro del decreto attuativodella riforma Moratti.Quel giorno sono cresciute lerelazioni che da sempre costi-tuiscono la forza della nostrascuola, che non è un super-market di nozioni, ma un luo-go di crescita e di consapevo-lezza.Quel giorno abbiamo cercatoe stimolato il coinvolgimentodi associazioni, enti locali, sin-dacati e partiti che condivido-no le nostre scelte, perchésappiamo bene che la nostrabattaglia supera i confini dellascuola e coinvolge tutta la so-cietà.Perché sappiamo bene chenon è solo il Tempo Pieno adessere in pericolo, e sappiamoquanto siano parimenti im-portanti le lotte di tutti gli al-tri soggetti, genitori, studentie insegnanti, che difendono lascuola pubblica a tutti i livelli:scuola dell’infanzia, scuola amodulo, scuola media e supe-riore. Ribadiamo però la cen-

tralità della difesa del TempoPieno in quanto con la suacancellazione si elimina il con-cetto stesso di collegialità, sidepontenziano gli interventidi integrazione socioculturale,permettendo così al privato(sociale o meno) di sfruttaregli spazi e i tempi dismessi dalservizio pubblico; difendendoil modello di scuola a TempoPieno difendiamo l'idea stessadi scuola pubblica.Ma la giornata del 26 settem-bre non è bastata. Il decretonei prossimi due mesi rischiadi diventare operativo e sonoancora moltissime le personeche non ne sono consapevoliperché subissate dalla falsa in-formazione ministeriale. Cosìabbiamo indetto per il 29 no-vembre una nuova giornata difesta-protesta, con manifesta-zione nazionale a Bologna, ba-ricentro delle realtà di tempopieno diffuse in Italia.La manifestazione avrà le ca-ratteristiche che hanno sem-pre contraddistinto il percor-so del Coordinamento: oriz-zontale e aperta, uno spaziocreato dal basso per valoriz-zare il percorso di chiunquecondivida questa piattaforma.L’invito è: chi è contro la can-cellazione del Tempo Pieno eper il ritiro del decretoMoratti porti in piazza i suoicontenuti.Il nostro invito è rivolto a tut-ti. Tutti sono invitati ad aderi-re e a parlare dal palco.Il 29 novembre, nella grandegiornata di mobilitazione a fa-vore della scuola pubblica, noisaremo a Bologna, per la dife-sa incondizionata della scuolaa tempo pieno e per la can-cellazione del decretoMoratti.

In difesa del tempo pienoe per la cancellazionedella riforma MorattiIl 29 novembre a Bologna la manifestazione nazionale

Il 15 novembre 2003 l'assemblea nazionale delCoordinamento in difesa del tempo pieno eprolungato ha stilato questo documento in vistadella manifestazione nazionale di Bologna del 29novembre. Dopo la manifestazione le iniziative delCoordinamento continuano con la consegna formaledelle firme raccolte alle commissioni parlamentari(ormai superano abbondantemente le 50.000) e, agennaio, con una campagna per le nuove iscrizionialle prime classi e con un convegno nazionale.

dal Comitato a difesa del tempopieno delle scuole di Concorezzo(MI)

Cari genitori,avete ricevuto a casa il testo“commentato” dello schema didecreto legislativo recentementecomparso sul sito del Ministero,approvato dal Consiglio dei mini-stri il 12 settembre scorso.Come sapete, questo testo deveseguire ora l’iter proceduraleche prevede l'acquisizione deipareri, obbligatori ma non vinco-lanti, della Conferenza Stato-Regioni-Città e delle competentiCommissioni parlamentari (que-ste ultime devono pronunciarsientro il termine di 60 giorni dal-la ricezione dello stesso) e quin-di ritornare al Consiglio dei mi-nistri per la definitiva approva-zione.Per quanto riguarda la scuolaelementare, dal “commento uffi-ciale” del Ministero sembrereb-be che:1) il Tempo Pieno inteso come“tempo scuola degli alunni” re-sta, con le 40 ore settimanalicompresa la mensa;2) vi sono tre possibili “opzioni”orarie:a) un orario base, "obbligatorio"per tutti gli alunni, di 27 ore set-timanali;b) un orario "facoltativo" per glialunni ma obbligatorio per lescuole di ulteriori tre ore setti-manali (e si arriva a trenta ore);c) un ulteriore orario “aggiunti-vo” che può oscillare dalle 5 alle10 ore, per la mensa scolastica(27 + 3 + mensa).Leggendo il commento (senzaleggere il decreto) sembrerebbeche non vi siano sostanziali mo-difiche con le attuali classi a tem-po pieno.Invece non è vero!Se tutto davvero rimane comeprima, ci devono spiegare:- Perché nel decreto (art. 16)viene abrogato da subito, l’arti-colo della legge che “permette lacontinuazione delle attività di tem-po pieno”?- Perché nel commento all’art. 7si dice che “alla definizione dell’or-ganico di istituto concorrono la quo-ta oraria ordinaria (27 ore), quellafacoltativa opzionale (3 ore) e quel-

la derivante dal numero dei rientriprevisti che comprende il tempo de-dicato alla mensa. L’assistenza edu-cativa alla mensa verrà, quindi, affi-data ai docenti. Ne deriva che iltempo scuola per gli alunni nonsubisce alcuna variazione rispettoall’esistente”, mentre nell’articolostesso si dice un’altra cosa e cioèche l’organico alle scuole verràdato per coprire le ore obbliga-torie (27 ) e le ore opzionali (3),non le ore di mensa?- Perché, se tutto rimane comeprima, sarà obbligatoria la mae-stra/o unica? Dal numero di do-centi assegnato alla scuola dipen-de infatti il modello organizzati-vo (e orario) che si può attuare.È chiaro: non si può garantire ilTempo Pieno (40 ore, mensa in-clusa) senza il cosiddetto "dop-pio organico" (due insegnanti suogni classe).La nostra sensazione è che il mi-nistero continui nella sua strate-gia convulsa di confondere leidee.Avendo capito che genitori e in-segnanti si stanno mobilitando intutta Italia contro il decreto “ta-glia tempo pieno” tentano di“confondere per dividere” il mo-vimento.Ma noi non cadremo nella trap-pola e continueremo a chiederecon determinazione la prosecu-zione delle nostre esperienze diTempo Pieno, quello vero!Il Tempo Pieno delle 40 ore com-prensive di mensa e dopomensa,con due insegnanti per classe:modello che ha dimostrato di es-sere efficace per i bambini/e del-la scuola elementare.Non dimentichiamo che:- Già da quest'anno scolasticosono state tolte insegnanti di so-stegno, non sono state riconfer-mate le figure di docenti su pro-getti intercultura.- È stato abolito l'obbligo scola-stico, con possibile aumento del-la mortalità scolastica.- Perderemo la compresenza, laprogrammazione di team, la pos-sibilità di una valutazione piùobiettiva.- Non ci saranno più pari oppor-tunità per alunni e alunne.- Le famiglie, falsamente coinvol-te, saranno invece abbandonatea se stesse.

Reclamebrichettiana - 1Breviario del Miur per le famiglie

dei Cobas Scuola Milano

In questi giorni è in distribuzionel’agenda Una scuola per crescere,pubblicata dal Ministerodell’Istruzione, dell’Università edella Ricerca.Rincresce non poter apprezzareil generoso gesto per alcune ra-gioni tra le quali:1.Arriva tardiL’agenda si riferisce all’anno sco-lastico 2003-2004 che, come ènoto, è già iniziato da quasi tremesi. E l’agenda, se è utile, sicompra quando serve ...2. Inutile propagandaL’agenda è “arricchita” da unaquarantina di pagine esplicita-mente finalizzate allo sviluppodella “conoscenza” delle novitànormative introdotte dal gover-no in materia scolastica.Qualcuno in mala fede potrebbedefinirla propaganda, ma in buo-na fede si può dire che se ne po-teva fare a meno, visto che lostesso ministro ammette: “Nonho dubbi che tutti gli operatori delmondo della scuola siano all’altez-za del compito …”3. Informazioni parzialiL’agenda è incentrata sulle istitu-zioni scolastiche dell’Europa dei25 Paesi e vi si riportano nume-rosi dati sintetici, utili per unacomparazione. È un peccato chenon vi siano dati anche sulle re-tribuzioni, ma confidiamo nelleedizioni successive …4. Religiosità limitataL’agenda riporta, giustamente,anche alcune solennità religiosedi culti non cristiani: la segnala-zione di feste ebraiche di RoshHa Shanà, Kippur, Succoth,Simchat Torà, Pesach, testimonia-no il dovuto rispetto delle diffe-renze e dell’identità di ciascuno(vedi pagina 146).Poiché però il peso numericodegli Ebrei è in Italia, tra le mino-ranze religiose non cristiane,estremamente contenuto, atten-diamo ulteriori edizioni per co-noscere anche le principali festi-vità religiose di Musulmani,Buddhisti, Induisti, Sikh … 5. Memoria limitataL’agenda, al 27 di gennaio riportauna Commemorazione dellaShoah e non, correttamente,Giorno della Memoria. Il fine, se-condo la lettera della legge, èquello di ricordare la Shoah, leleggi razziali, la persecuzione ita-liana dei cittadini ebrei, gli italianiche hanno subìto la deportazio-ne, la prigionia, la morte ...Sembra però strana una giornatadedicata alla memoria che rischiadi celebrare l’oblìo per quelli che– prosegue la legge - anche incampi e schieramenti diversi, sisono opposti al progetto di ster-minio, ed a rischio della propria

vita hanno salvato altre vite eprotetto i perseguitati…6.AllusivaL’agenda, al 7 di gennaio, riportacorrettamente Celebrazione fe-sta del Tricolore. Qui, forse, unamodifica sarebbe apparsa oppor-tuna, vista la possibile confusionecon l’omonima festa di partito diA.N. Basta digitare “festa del tri-colore” in un motore di ricercaed i risultati sono più che evi-denti. Ma qui, evidentemente,non era il caso di storpiare lalegge …7. CostosaL’agenda, più di 200 pagine, rile-gata, segnalibro, copertina imper-meabile, è un prodotto grafico diqualità, che ha un costo di pro-duzione e di distribuzione certa-mente proporzionato.Tale costograva sul contribuente il qualesarà costretto a pagare un servi-zio forse inutile, inopportuno,non gradito, certamente non ri-chiesto. Sembra paradossale cheun Ministero che ha fatto della li-bertà di scelta il suo slogan pre-ferito, metta oltre un milione dipersone di fronte alla scelta: o laprendi o la butti.L’agenda è piccola cosa, maesprime un modo di fare e dipensare.Che non ci piace.Rispediamo l’agenda al mittente,come già si stà facendo in moltecittà italiane.

8 COBAS - dicembre 2003R i f o r m e

Reclamebrichettiana - 2Agenda Miur per i lavoratori dellascuola

L’alunno diventa“apprendista”L’Emilia Romagna anticipa la formazione integrata pre-vista dalla riforma Moratti

di Piero Castello

L'attuazione della ControriformaMoratti nella parte relativa alla"formazione integrata" avrà pesantiricadute su un dato fondamentaleed ineludibile: nell'anno scolastico2001/02 il 99,3% dei ragazzi licen-ziati alla scuola media si sonoiscritti alla scuola superiore. Il rap-porto Isfol 2002 spiega con chia-rezza il processo sotteso a questorisultato: "Già negli anni scolasticiprecedenti questo indicatore avevasegnalato un accesso alla scuola se-condaria superiore sempre più consi-stente in termini percentuali , tantoda risultare sopra il 90% almeno apartire dal 1992/93 e continuando acrescere ininterrottamente nelle an-nualità seguenti … Nel 200/01 iltasso di passaggio era salito al97,0% con un incremento del 12%rispetto a 10 anni prima".Non vi dovrebbero, quindi, esseredubbi che l’aspirazione e la sceltadei genitori e dei ragazzi era or-mai non equivocabile: scuola supe-riore per il conseguimento di undiploma o della maturità, trascu-rando e lasciando ai margini unaformazione professionale regiona-le di primo livello deludente, scre-ditata ed inutile.Questo dato non contestabileporta a valutare la riforma Morattiin materia come un tentativo anti-popolare di discriminazione e po-larizzazione dei giovani che nel

nostro paese era in via di supera-mento e che comunque vedeva lascuola come strumento di mobili-tà sociale e promozione democra-tica.A questa va aggiunta la preco-cità imposta dalla legge Morattialla scelta tra scuola e formazioneprofessionale (12 anni), l'abbassa-mento e/o cancellazione dell'ob-bligo scolastico, la cancellazionedel valore legale dei titoli di studioconseguibili al termine del percor-so scolastico negli istituti tecnici eprofessionali di stato.Alla luce di questi dati la legge del-la Regione Emilia e Romagna, rela-tivamente a questo aspetto, susci-ta il dubbio che non sia altro cheun escamotage, un trucco, per tra-sferire, convogliare i giovani dallascuola ai Corsi di FormazioneProfessionale per trasformarli dastudenti in allievi. Gli articoli dal27 al 30 di questa legge regionale,che istituiscono il "Biennio integra-to dell'obbligo formativo", le "Finalità"della formazione professionale, le"Tipologie", l'"Accesso alla formazio-ne professionale iniziale" rafforzanoil dubbio che il marchingegno ser-va a traghettare i giovani che siiscrivono agli istituti tecnici e pro-fessionali alla formazione profes-sionale.Ma a leggere i dati relativi alla for-mazione professionale della regio-ne ci assale un ulteriore e più gra-ve dubbio: la Regione non sta sol-tanto attuando in maniera soft la

legge Moratti ma sta realizzandoun percorso che aveva già iniziatoin attuazione, forse, della leggeBerlinguer.I dati che alimentano questo dub-bio sono i seguenti: nell'anno sco-lastico 96/97 gli allievi della forma-zione professionale regionale diprimo livello erano 2.056 in 125corsi, nel 97/98 gli allievi si riduco-no, nel 99/2000 gli allievi balzano a15.726 in 360 corsi, nel 2000/01(ultimo dato disponibile ISFOL0) ilnumero degli allievi esplode45.678 in 593 corsi.Sono numeri che lasciano di stuc-co, i 45.678 allievi della regionesono un terzo di tutti gli allievi diprimo livello in Italia, non c'è nes-suna congruenza tra aumento de-gli allievi ed aumento del numerodei corsi, in 5 anni si passa da2.500 allievi a 45.000!Ma dove avviene tutto ciò? In qua-li strutture, quali edifici, quali aule,quali laboratori, con quale perso-nale, quali insegnati e docenti?Resta forte il dubbio che il tra-ghettamento, più o meno coatto,più o meno esplicito degli studen-ti alla formazione professionale inEmilia e Romagna sia cominciatoda tempo. Eppure ci sono altriobiettivi che una regione - anchesoltanto progressista e pur nelnuovo assetto costituzionale enormativo - potrebbe tentare didarsi invece di continuare in que-sta insensata e retriva competizio-ne tra scuola e formazione pro-fessionale. Nell'ottica dell'innalza-mento a 18 anni dell'obbligo sco-lastico le Regioni potrebbero isti-tuire nell'ambito delle loro com-petenze, il presalario per gli stu-denti degli ultimi anni della scuolasuperiore, impegnarsi nella realiz-zazione di residenze studentescheper gli studenti pendolari per ren-dere effettiva la libertà di sceltanegli studi e il diritto alla studio.Organizzare una riflessione e del-le sperimentazioni sull'asse o gliassi culturali di ipotizzabili liceiprofessionali. Restituire alla for-mazione professionale il posto e ilruolo che le dava la nostraCostituzione originari, soltantosuccessiva all'obbligo scolastico. Èproprio nella formazione profes-sionale degli adulti, dei lavoratori,dei lavoratori a rischio, nell'ap-prendistato dei maggiorenni che laformazione professionale è cre-sciuta anziché diminuire come laformazione di primo livello.La prima cosa a mio avviso neces-saria è quella di convincersi chenon vi è alternativa a conseguire,in modo diretto o indiretto, più omeno graduale, il nuovo obbligoscolastico a 18 anni. L'alternativa èla discriminazione classista, la can-didatura di consistenti fasce digiovani all'esclusione e formazionedi drop aut nella nostra società.

COBAS - dicembre 2003 R i f o r m e 9

di Lucio Costello

Nel provare a gettare qualche ap-punto sui programmi delle mie di-scipline, la storia e la filosofia, av-verto alcune resistenze; forse per-ché il presupposto normativo, l’i-dea di un cammino da proporre osemplicemente che qualcuno oqualcosa insegni, forse questo nonmi piace. Però se proprio fossi co-stretto a dire qualcosa sui pro-grammi e il loro rapporto col pro-cesso d’apprendimento, mi chie-derei se non sia importante com-battere l’analfabetismo scientificoe il dogmatismo imperante nell’ac-quisizione di abiti produttivi econsumistici. Mi chiederei se è poicosì scontato che ci sia la storia ela fisica, o la storia e la biologia, ese questo non è proprio la nega-zione di una storia materiale enon lineare. Mi chiederei se stu-diare qualcosa sia distinguibile dalcomprenderne il divenire e gio-carlo ancora, come un’apertura inuna partita a scacchi. E infine miporrei la questione della soggetti-vità,dei desideri, della costituzionemateriale e della sua costruzioneintersoggettiva.Mi porrei come problema la do-manda: c’è qualcosa che somigliaad un punto di vista rivoluziona-rio? Ed è ancora in questione nel-lo studio della storia? O aveva ra-gione Nietzsche, quando sottoli-neava il danno costituito da un ec-cesso di consapevolezza che para-lizza di fronte all’esistente, quellache produce la subalternità alleideologie dominanti; e penso alleanalisi di Virilio e Castells sulle tec-nostrutture, che impongono mo-delli di consumo e divisione del la-voro cognitivo, nel non-tempo,perché senza memoria – simulta-

neo, acefalo e multiverso - dellaglobalizzazione. Forse si dovreb-bero esaminare senza rimpianti ilnesso tra l’oblio che libera dal ri-sentimento, dalla cattiva coscienzae l’intenzione di Marx,che non vo-leva interpretare il mondo, macambiarlo radicalmente; e cosìnon confondere la memoria, checambia il presente, lo sorreggeprolungandone la sua cornice ma-teriale, indicandone insieme il ri-fiuto che ci permette di esistere, ei ricordi, che a volte servono dablocco, resistenza, forma di esclu-sione.Dal punto di vista metodologicomolti oggi hanno messo da partenon solo l’eurocentrismo, ma an-che l’antropocentrismo; in breve iprotagonisti non sono più soltan-to gli esseri umani, ma i loro ospi-ti, i parassiti, o i loro partners ani-mali. La storia oggi non riguardasolo le scienze dello spirito, maanche le scienze della natura. Sipensi a Prigogine e a quell’ideacosì semplice, che rivoluzionò latermodinamica: se in un sistemaimmettiamo un flusso di energia inentrata o in uscita, che lo spingalontano dalle condizioni di equili-brio, le soluzioni, gli esiti possibiliaumentano notevolmente; non cisarà una stabilità o un unico equi-librio possibile, e fluttuazioni mini-me potranno avere effetti decisivisulle sorti future. Questo significache conoscere la storia di sistemifisici è importantissimo, e lo stes-so vale per i sistemi biologici e perquelli socio-economici; anche quitagliando con l’accetta: non esisteun equilibrio ottimale e la compo-nente soggettiva, critica, è irriduci-bilmente collegata all’analisi. Nonc’è teoria senza trasformazione eprospettiva, nessuno può tirarsi

fuori e vedere da lontano, ogniprevisione è politica e ogni esito èscritto soltanto nelle relazioni traattrattori e biforcazioni. Con inpiù un’ulteriore complicazione:iprocessi di trasformazione sono laCrisi, non l’attendono come unsuo possibile orizzonte rivoluzio-nario, e i sistemi – fisici, biologici,economici e sociali – interagisco-no tra loro in modo non lineare.Negli studi di Atrthur Iberall l’u-manità non si evolve secondo li-nee di uno sviluppo progressivo,ma secondo salti di stato tra bi-forcazioni che hanno convissutocon le alternative scartate.Desideri e credenze produconoun’autorganizzazione dal bassoche potremmo esprimere sempli-cemente: il tutto è più delle singo-le parti e proprietà inattese pos-sono essere il frutto di interazionicomplesse. La messa in produzio-ne della nostra esistenza inconsa-pevole produce una complessitàche genera forza, potenza, ma an-che soggezione e miseria.La storiaha perso molto del suo interesseda quando non abbiamo più nutri-to eccessiva fiducia verso le gran-di narrazioni e persino delle no-stre identità ci siamo ormai abi-tuati a poter fare a meno; nel sen-so che non ci si realizza nella pro-fessione, non ci si riduce ad ununico interesse, non ci si chiudeall’interno di un’istituzione che ga-rantisca la nostra sicurezza psico-logica, a meno che non si sia co-stretti o fortemente condizionati.Difficile proporre come finalità diun percorso di formazione l’acqui-sizione del senso dello stato,o unacultura del lavoro, o una cittadi-nanza attiva: oggi è più facile pren-dere le distanze che realizzarsi e lascuola non offre più alcun model-

lo di riferimento; eccezion fattaper la paccottiglia similimprendi-toriale e i suoi slogan (flessibilità,cooperare e competere, ugua-glianza dei punti di partenza magerarchia nei risultati). In questocontesto – il tritacarne – poco im-porta titolare la rivoluzione cineseo quella russa con la stessa eti-chetta di totalitarismo, perchéquel che conta è la moltiplicazionedegli accessi e il loro sbarramento,con la generalizzazione di un uni-co interfaccia produttivo.Allora ilmulticulturalismo non sarà l’alter-nativa buona alla globalizzazionecattiva, ma la versione politica-mente corretta del tritacarne. Lemacerie, quel che resta delle iden-tità improponibili, delle culture,dell’ethos, rimarranno cose, fetic-ci da conservare gelosamente emostrarle non cambierà nulla; al-tra faccenda è l’operazione di tec-nicizzazione dei miti collettivi, na-zionali o religiosi che siano. DaIberall a Manuel De Landa (auto-re di “Mille anni di storia non linea-re, rocce, germi e parole”) il panora-ma di un approccio non umanisti-co alla storia è oggi più che mairicco. Se a questo agganciassimola prospettiva di un marxismo ri-voluzionario, non lavorista, nonsocialdemocratico e statalista,con una prospettiva storica nonlineare che era già nel Cacciari diKrisis o nel Negri di Marx oltreMarx, forse potremmo evitare dicadere nel feticcio della Storia,nella rassegnata accettazione del-le compatibilità macroeconomi-che, nel culto delle reliquie e nel-la disperazione del frammento.Niente lutti o canti sulla fine delmondo. I bambini e gli adulti si so-migliano: amano le storie e i ri-tornelli, ma anche le sorprese.

“La scuola non può sopportare unarivoluzione ogni cinque anni”.Parola dell’ex presidente delConsiglio Massimo D’Alema chein un Seminario sulla politicascolastica, promosso dallaFondazione Italianieuropei, hasostenuto che sarebbe grave perla scuola se si dovesse assisteread un ulteriore cambiamento dirotta. Quindi, se si dovesse veri-ficare un cambio di governo, se-condo il lungimirante D’Alema,la pseudo riforma morattiananon andrebbe stravolta.D’altronde molti dei punti dellariforma Moratti non sono poicosì distanti dalla precedenteprevisione berlingueriana: ridu-zione del tempo scuola, appren-distato e formazione professio-nale rappresentano possibilipunti di convergenza relativa-mente alla politica scolastica deidue schieramenti politici.L’autonomia scolastica che tra-sforma le scuole in aziende è poiil presupposto essenziale di en-trambi i modelli.Questa chiara presa di posizionesembra fare il paio con la dispo-nibilità che già da tempo sinda-cati confederali, Snals e Cidahanno dimostrato nei confrontidella riforma: oltre al chiarifica-tore art. 43 del nuovo contratto,ricordiamo anche che fin dalmaggio scorso (Il Sole 24 Ore ti-tolò “Scuola, via alla concertazio-ne”) sono stati costituititi alMiur quattro tavoli per concer-tare su:- rapporto tra scuola e mondodel lavoro e alternanza tra scuo-la e lavoro;- diritto dovere allo studio, mo-difiche sull'obbligo scolastico,educazione degli adulti;- ricadute che l'attuazione dellariforma avrà sugli organici degliinsegnanti;- decentramento regionale dellaIstruzione e formazione profes-sionale.Sarà un caso che la piattaformaper la “manifestazione per lascuola” che Cgil, Cisl e Uil han-no indetto in aperta concorren-za con quella del Coordinamentonazionale in difesa del tempo pie-no e del tempo prolungato (vedipagina 7 di questo numero) nonspenda neppure una parola sullariforma?Fortunatamente le mobilitazionidegli ultimi mesi contro la rifor-ma Moratti, come quelle che lehanno precedute e soprattuttocome quelle che seguiranno, di-mostrano che il mondo dellascuola, di chi nella scuola vivequotidianamente, ha idee e in-tenzioni molto diverse da quelledi D’Alema e compagni: il falli-mento del disegno berlingueria-no è solo il precedente di ciòche toccherà a quello dellaMinistra “di ferro”.

D’Alema esindacatisoccorrono laMoratti

Approccio disciplinareoppure sistemico?Un nuovo contributo sui programmi scolastici

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di Michele Ambrogio

Due o tre cose credo assai sem-plici dovrebbero definire le ra-gioni della distanza dei Cobasdalla CGIL e dai sindacati con-certativi riguardo al tema dellepensioni. La legge Dini ha già ta-gliato l'incidenza della previdenzasul PIL del 7%, e in questa furianeoliberista siamo stati persino iprimi della classe (la Francia si ètenuta sul 3,2%, la Germaniasull'1%, in Spagna si è aumentatadel 2%); abbiamo così già pagato icosti di politiche sociali orientatealla competizione del sistemaproduttivo nel quadro della glo-balizzazione.In altri termini, abbiamo difeso gliinteressi delle imprese e colpito isalari, privatizzato il sistema dellegaranzie sociali e precarizzato ilmondo del lavoro.Quando oggi, e sottolineo oggiper comprendere che la polemi-ca coi sindacati confederali non èstoria vecchia o pregiudizio, se laresponsabile nazionale dello SPICgil, Betty Leone, su il manifestodell’8 ottobre 2003 ci dice: “Noisiamo disponibili a un confrontodopo il 2005, come già prevede lalegge Dini”, allora noi rispondia-mo che non ci stiamo, che nonvogliamo essere imbrogliati dalgoverno, né dai confederali.Altro punto chiave è il motivoper cui lottiamo, scioperiamo,scendiamo in piazza. Noi voglia-mo una pensione che sia adegua-ta ai bisogni e non vogliamo chesia solo un sogno. Perché leggia-mo cosa sognano gli altri e tro-viamo un interessante (sob!!!)"Europa: il sogno, le scelte" di un talRomano Prodi. Questo leaderdel centro-sinistra passato e fu-turo, in mezzo a tante vaghezze,che male celano desideri eviden-ti, si dichiara per un interventosulle pensioni perché la popola-zione invecchia e il sistema eco-nomico ne deve tenere conto(geniale!).Ma anche tra le braccia diMorfeo qualche sicurezza resta,ad esempio che niente si puòfare senza la concertazione con isindacati. Su questo non abbiamomai sognato e abbiamo le ideechiare: non siamo disposti a trat-tare, e non scambiamo nuovaprecarietà con miseria assistita(come il reddito minimo garanti-to concesso a compensazionedal sogno prodiano).Fin troppo facile è comprenderequanto si sia distanti da posizionipolitiche come quelle di Rutelli,che è arrivato ad attaccare il go-verno perché la "riforma" dellepensioni non la fa subito – in-somma come D'Amato eConfindustria. Il guaio è che lecose non vanno affatto meglio a“sinistra” del centro sinistra. Alpunto che non molto tempo fa, aCapri, il leader DS Piero Fassinodopo avere attaccato la finanzia-ria e difeso "scuola, pensioni e sa-nità", ha subito aggiunto di esse-re disposto ad accettare "il pen-sionamento a 40 anni di contributi,ma con un emendamento che sta-bilisca l'innalzamento graduale enon immediato".Sul documento della CGIL tro-viamo: “Dicono che la riforma dellepensioni è richiesta dall’Europa. Èfalso: l’Europa ha riconosciuto

all’Italia il merito di aver fatto unariforma strutturale completa, cosanon ancora avvenuta in altri paesi.L’Europa ci raccomanda invece diavere particolare attenzione e di in-tervenire per l’emersione del lavoronero e per il recupero delle evasionicontributive, per ridurre drastica-mente i prepensionamenti, per al-lungare la permanenza al lavorosolo attraverso la volontarietàespressa dal lavoratore, per svilup-pare la previdenza complementare… il governo non solo stravolge leriforme già fatte, ma mina alla radi-ce il punto più innovativo, anche a li-vello europeo, del sistema previden-ziale italiano: il sistema contributivo,rispetto al quale la prospettiva piùgiusta doveva essere la liberalizza-zione dell’età pensionabile e non lasua uniforme rigidità”.La lunga citazione serve a com-prendere due concetti.Primo: noi non vogliamo l’allun-gamento del monte ore lavorati-vo vitale. È questo un elementodi reale frattura, una ferita socia-

le, tra quanti un lavoro ce l’hanno– e sono sempre di meno,ma do-vranno aggrapparvisi sempre piùa lungo – e quanti rimarrannoesclusi, precari, flessibili fino allamorte. Ridistribuire un lavoroche diminuisce e la ricchezza viavia maggiore che produce è unfatto di elementare giustizia; pro-va ne è la storia della progressivadiminuzione della durata dellagiornata lavorativa, le ferie, laprevidenza e le stesse pensioni.Secondo: il punto innovativo del-la riforma Dini, e di quellaMaroni, è il passaggio al secondopilastro e ai fondi pensione. Sulladecontribuzione fino a cinquepunti degli oneri pensionistici isindacati confederali hanno leva-to gli scudi, e poco importa nota-re malevolmente che sugli sgravifiscali alle imprese invece avreb-bero consentito; prendiamo perbuona la distinzione su politicheche sostengono sempre e soltan-to le imprese. Il punto cruciale èil dirottamento del TFR sui fondi

pensione; su questo sindacaticonfederali e governo ostentanosilenzio e convergenza, spessoesplicita, come nel passo citatodel documento La decontribuzione, dicono, cispinge a competere sui prezzi (enon sulla qualità) con i paesi invia di sviluppo e questo si inqua-dra in una politica di smantella-mento del sistema industriale na-zionale; capiamo che il punto è lavalorizzazione del sistema paese(sob!), ma allora: sottrarre il TFRalla disponibilità dei lavoratori edelle aziende per trasferirlo aifondi pensione difende i nostriposti di lavoro? Almeno quelli, vi-sto che non ci permetterà di di-fendere certo il nostro tenore divita (con la Dini a regime avremocome pensione circa la metà delnostro ultimo salario).Ma perché i fondi pensione, ecosa sono? La risposta è inequi-vocabile, significa spostare il no-stro risparmio sui mercati finan-ziari internazionali. I fondi pen-

sione già esistenti oggi investonosolo il 16% in titoli di imprese na-zionali; si calcola che con l’am-montare dell’intero TFR entro 5o 7 anni gestiranno dagli 80 ai100 miliardi di euro.È inevitabile che investiranno suimercati finanziari stranieri; così ilnostro risparmio servirà a finan-ziare i sistemi produttivi concor-renti. Insomma la mia fortuna – ilmio rischio individuale – si salde-rà al rischio collettivo di impreseche non potrò non dico control-lare ma forse neppure conosce-re, magari quelle stesse che licen-ziandomi si riquoteranno. Lamerce pensione – come le altre -diventerà un prodotto da consu-mare sempre più individualmentee da produrre collettivamente,sotto il comando di un sistemache ineluttabilmente piega nonsoltanto le mie energie attuali – illavoro vivo – ma persino la miasperanza di vita residua, fuori ealtra dal sistema produttivo, di-rottandola su un meccanismo delfinanziamento alle imprese inter-nazionali, che sono i fondi pen-sione. Non più lo Stato del capi-tale e la sua funzione di garantedel sistema complessivo, non ilcapitalista collettivo che erogaservizi e tutele per la riproduzio-ne sociale di lavoratori individua-li ubbidienti alla catena di mon-taggio della fabbrica fordista; sal-tato il compromesso che garanti-va una distinzione tra nord e sud,infranta la frontiera tra privilegioe miseria, il buon padre di famigliasi trasforma proiettandosi, ignaroe anonimo, su uno scenario dispeculazioni internazionali, rendi-menti e tracolli. Il tempo dellebiografie individuali si riscrivepasso per passo sulle prospettivedei cicli economici. E mentre l’in-sicurezza e la riduzione delleaspettative materiali si saldano alfinanziamento delle imprese, lapolitica come protagonismo, spe-ranze, desiderio di riscatto dallosfruttamento si ritira dallo spaziopubblico, limitandosi a normaliz-zare, regolamentare il passaggio,la transizione inevitabile – perchémoderna, innovativa - dal retri-butivo al contributivo.Lavora, consuma, crepa.Questa è la posta in gioco.

Lavora, consuma, crepaLa demolizione del sistema previdenziale

Secondo una ricerca dellaDemoskopea il 58,5% degli italia-ni è contrario alla riforma dellepensioni e all'innalzamento dell'e-tà di uscita dal lavoro. I favorevolisono solo il 21,9%, il 9,6% si è det-to non informato e ad un 5,5%non interessa l'argomento.È contro il 60,8% delle donne, il61,7% degli abitanti del nord-ovest, il 59,4% degli appartenentialla classe socio-economica me-dia-inferiore e il 66,3% delle per-sone comprese tra i 45 e i 54anni. È certamente indicativo rile-vare che la maggioranza di coloroche si dichiarano favorevoli allaproposta del governo, ha un'etàcompresa tra i 65 e i 79 anni, ap-partiene alla classe socio-econo-mica media-superiore e vive nelnord-est.

Contro lariforma 6italiani su 10

COBAS - dicembre 2003 A t a 11

dei Cobas Scuola Piemonte

Un mare di bugie e di umiliazioni!È quello che hanno dovuto subireATA e ITP che fino al 31 dicembre1999 hanno prestato servizio nel-le scuole statali (Licei Scientifici,Istituti Tecnici Commerciali, perGeometri e Nautici ), alle dipen-denze degli enti locali e che dal 1°gennaio 2000 sono stati assorbiti,per legge, nei ruoli della ammini-strazione scolastica statale con unprocedimento di mobilità forzata.La stessa norma che ha disposto iltransito, ha espressamente garan-tito il riconoscimento del servizioprestato alle dipendenze del pre-cedente datore di lavoro, al qualelo Stato si è solo sostituito, nonessendo cambiata la prestazionelavorativa dei dipendenti. Ciò incoerenza con le norme del codicecivile, delle specifiche disposizioniche regolano i processi di mobilitàe dei principi costituzionali che tu-telano i diritti dei lavoratori.Considerate le differenze contrat-tuali dei due comparti e le diverseposizioni giuridiche del personale,la concreta realizzazione del tra-sferimento è stata demandata allacontrattazione tra ARAN e i “sin-dacati maggiormente concertativi”,affinché il personale non subissealcuna forma di penalizzazione.Lo strumento che avrebbe dovutotutelare i diritti dei lavoratori èstato trasformato, grazie alla con-certazione con l’allora Governo dicentro-sinistra, in una manovravolta al risparmio di spesa di en-trambe i comparti, sulla pelle deilavoratori e delle loro famiglie.Negli EELL la sospesa progressio-ne economica legata all’anzianitàdi servizio era stata sostituita dal-l’incremento del salario accesso-rio, finalizzato al miglioramentodell’efficienza e della qualità deiservizi. I singoli istituti contrattuali(produttività legate alle presenze,premi qualità, progetti finalizzati)venivano liquidati annualmente osemestralmente (e non erano cer-to rilevabili dal cedolino di dicem-bre) secondo quote differenziatein base al livello e spesso in modofisso e continuativo. Il personalegodeva di buoni pasto sostitutividel servizio di mensa. Ai collabo-ratori scolastici veniva fornito ilvestiario. Con l’accordo del 20 lu-glio 2000 il trattamento accesso-rio goduto presso gli Enti vienecompletamente annullato e sosti-tuito da quello previsto per gliStatali, una cifra assolutamente ir-risoria anche se erogata mensil-mente. In compenso viene anchenegato ciò che è vigente nel con-tratto del nuovo comparto e cioèla progressione per anzianità.Ma come mai i “sindacati maggior-mente rappresentativi” degli EELLhanno firmato una cosa simile?Anche questi hanno avuto la lorobella convenienza. Nessun obbligoè stato imposto agli Enti affinché ailavoratori in questione fosse appli-cata la Nuova Classificazione delPersonale prevista dal contratto disettore (che per chi è rimasto di-pendente di Comuni o provinceha avuto i suoi effetti dall’1/4/99),con un conseguente risparmio eridistribuzione delle risorse.Risultato: inquadramento con“temporizzazione” del maturatoeconomico, saltando un rinnovocontrattuale e annullamento di

quella quota di reddito e di queibenefici che erano stati istituiti alposto della progressione per an-zianità.All’indomani della firma di un si-mile negazione di diritti il segreta-rio nazionale della CGIL esternavatutta la sua soddisfazione per l’ac-cordo raggiunto (... forse per ilGoverno!). Nella primavera del-l’anno successivo lo stesso sinda-cato organizzava picchetti e presi-di davanti ai Ministeri del morentegoverno di centro-sinistra affinchévenisse recepito, con appositoDM, il contratto-truffa.I lavoratori, increduli e disorienta-ti, hanno cercato tutela presso leconfederazioni di base che hannodato il via ad una serie di iniziativelegali volte al ripristino dei dirittiche MIUR e Sindacati avevano ille-gittimamente annullato.I Confederali, pressati dai loroiscritti, hanno continuato a tran-quillizzali, rassicurandoli sul fattoche i diritti non sarebbero statitoccati (anche se nei fatti già loerano) perché altrimenti avrebbe-ro avviato “decine di migliaia di ri-corsi”. La responsabilità del manca-to riconoscimento viene tuttorascaricata sul Ministero anche se inrealtà , per legge, i criteri per il ri-conoscimento dei servizi doveva-no essere inseriti in quel contrat-to e in questi quattro anni i confe-

derali si sono guardati bene dalchiamare allo sciopero i lavoratoriper protestare contro ciò cheloro stessi hanno concordato.Non parliamo poi delle iniziativelegali. Solamente quando ilTribunale di Milano ha emesso laprima sentenza favorevole ai lavo-ratori (su iniziativa dei sindacati dibase) la CGIL ha iniziato a presen-tare i primi tentativi di conciliazio-ne. Prima, tutto era fermo a causadegli interminabili “conteggi” diquanto dovuto: peccato che laCGIL non abbia presente che ilsuo mestiere è quello di difenderei diritti dei lavoratori, non cancel-larli per poi conteggiare il danno!E veniamo alle iniziative legali.Dopo decine di sentenze favore-voli in tutta Italia, la CGIL dà il via

ai suoi ricorsi “pilota” che benpresto si trasformano in ricorsi“kamikaze”. Prima sentenza nega-tiva in primo grado a Torino e intutta Italia diffusa in rete delMinistero.Prima sentenza negativain secondo grado alla Corted’Appello di Torino.Queste due sentenze hanno tra-volto gli esiti di tutte le altre inPiemonte, dove fino a quel mo-mento tutto era andato bene edhanno costituito la base delle mo-tivazioni degli altri giudizi a Torino.Cerchiamo di analizzare ciò cheha costituito un punto di forza delMinistero in questa interminabilevicenda. Ciò che ha differenziato inostri ricorsi da quelli deiConfederali è sempre stata l’im-postazione del problema.Noi abbiamo cercato di far capireai giudici che, a fronte di due siste-mi contrattuali diversi, l’accordoha eliminato i diritti precedente-mente goduti e nel contempo hacancellando la possibilità di fruiredi quelli presenti nella nuovaAmministrazione creando una dis-parità di trattamento fra personeche, a parità di requisiti, gomito agomito svolgono lo stesso lavoro.In pratica gli ATA ex EELL perce-piscono, nel complesso, meno deiloro colleghi già statali, meno deicolleghi che non sono stati obbli-gati a transitare, meno di prima.

La CGIL, invece, nei suoi ricorsinon fa cenno agli istituti contrat-tuali precedentemente goduti ecancellati, ma chiede l’applicazionedi un diritto, presente nella Leggedi transito, cancellato dall’accordo,e lo presenta come un obiettivovantaggio per il lavoratore. Daiverbali della sentenza “storica” delgiudice Denaro, abbiamo potutoriscontrare che i pitagorici “con-teggi” della CGIL si sono trasfor-mati nei “conteggi” del rag.Fantozzi. Dopo anni di calcoli, inTribunale, davanti al giudice, que-sta è stata la conclusione dellaCGIL “Le parti si danno reciproca-mente atto che con il passaggio alledipendenze dello Stato il personaleha mantenuto la retribuzione chepercepiva presso l’Ente Locale, ma

con una anzianità riparametrata allaretribuzione e ciò ai fini dell’inqua-dramento iniziale e dell’ulteriore pro-gressione economica”. Firmato (irappresentanti delle parti).Appena prima c’era stata la rinun-cia alla richiesta del riconoscimen-to giuridico (graduatorie interne,mobilità, funzioni aggiuntive ecc.)poiché il Ministero aveva già rico-nosciuto il servizio prestato nellaScuola statale.È appena il caso di sottolineareche la Legge ha garantito il rico-noscimento dell’intera anzianitàmaturata nell’Ente di provenienzaperché i dipendenti venivano asse-gnati d’ufficio alle sedi di lavoro,laddove l’Amministrazione ritene-va di averne la necessità e sarebbeveramente iniquo, oltre che illegit-timo - a seguito di un processo dimobilità forzata - fare delle distin-zioni simili.Analizzando poi le motivazionidelle sentenze, positive o negativeche siano, emerge sempre il fattoche l’accordo del 20 luglio è statouna truffa. In quelle positive il con-tratto viene disapplicato perché il-legittimo o addirittura dichiaratonullo (come hanno fatto i giudicidi Piacenza e di Campobasso), inquelle negative (come quella dellaCorte d’Appello di Torino) vienesoltanto data prevalenza all’accor-do rispetto alla Legge, in virtù del-la vigente “contrattualizzazione”del rapporto di lavoro dei Pubblicidipendenti, ma viene sottolineatoil contrasto fra Legge e Accordo.In pratica (dal 23/4/98): se i lavora-tori firmano dei contratti - attra-verso i loro “rappresentanti” - equesti contratti eliminano tuteleinserite in disposizioni di legge, cisi deve rassegnare a rispettare ipatti, per ingiusti che siano.Aggiungiamo noi: o modificare ipatti o cambiare i rappresentanti! Ma non tutto è perduto: recente-mente la Corte di Appello diMilano ha respinto in pieno l’ap-pello del Ministero sul primo ri-corso vinto in Italia e i lavoratoriche hanno avuto le sentenze posi-tive in primo grado stanno perce-pendo la giusta retribuzione edhanno ottenuto la corresponsionedegli arretrati.Questa vicenda deve servire an-che da monito anche a chi non èstato momentaneamente toccatoda questa forma di ingiustizia.Infatti, in coerenza con la contrat-tualizzazione/privattizzazione delrapporto di lavoro nel pubblicoimpiego, non hanno più vigenza ledisposizioni previste da Leggi,Regolamenti o Statuti se nonespressamente previste dall’ulti-mo contratto e quindi le trattativesuccessive potrebbero derogarenorme che tutelano diritti fino adora considerati intoccabili e cheinvece potrebbero essere scippatiin silenzio (vedi a questo proposi-to ciò che determina l’art. 142 delCcnl!), magari con esternazioni disoddisfazione dei “firmatari” per irisultati conseguiti!

… giù la maschera!Riconoscimento anzianità ATA ex Enti Locali

Parte ilfondopensione perla scuola.Si apre lacaccia alnostro TFS

Il 17 novembre scorso, i sindaca-ti maggiormente concertativi el’Aran hanno sottoscritto l’attopubblico di costituzione del“Fondo scuola Espero” per la pre-videnza complementare del per-sonale della scuola. È la nascitadel primo fondo pensione per lascuola. Sui fondi pensione abbia-mo scritto ampiamente in passa-to, denunciando la natura preda-toria di chi li gestisce (banche,assicurazioni e sindacati concer-tativi) ai danni dei portafogli deilavoratori.Il Miur ha scelto come presiden-te di Espero Sergio Paci, ordina-rio di Economia delle aziende diassicurazioni presso l’Università“Bocconi” di Milano.Il primo traguardo che Cgil, Cisl,Uil, Snals e Gilda si pongono è ilraggiungimento delle 30.000adesioni al fondo. È questo, infat-ti, il requisito previsto per poterindire le elezioni per l’insedia-mento della prima Assemblea(che sarà costituita da 60 rap-presentanti, per metà eletti dailavoratori associati al fondo eper metà designati dalle ammini-strazioni).Il fondo, finanziato con i nostrifuturi ratei di TFS (il Trattamentodi Fine Servizio, l’ex buonuscita),sarà usato per investimenti sulmercato finanziario. Con i pro-venti si dovrebbero pagare lepensioni integrative di coloroche vi aderiranno.Il trucco è evidente: il TFS vienedirottato verso per aleatori in-vestimenti finanziari i cui pro-venti dovrebbero rimpolpare lapensione tradizionale ridotta apoca cosa. I rischi di rimanerecon un pugno di mosche inmano sono altissimi, come inse-gnano i numerosi fallimenti deifondi pensione statunitensi e bri-tannici. Anche le performancemodeste e spesso negative delladecina di fondi pensione catego-riali già esistenti in Italia induco-no a una sana diffidenza. L’unicasicurezza sono i guadagni cospi-cui per i gestori del fondo.Incerto resta sola la modalità ditrasferimento del TFS ai fondi:obbligatorio per il governo, vo-lontario (ma con il trabocchettodel silenzio/assenso) per i sinda-cati di stato.Attenti: da oggi è aperta la cacciaal nostro TFS!

12 COBAS - dicembre 2003S e d i

PIEMONTE ALBA (CN) [email protected] 778592 - 338 5974841CUNEOvia Cavour, 5Tel. 329 [email protected] S. Bernardino, 4011 334345 - 347 [email protected]://www.cobascuolatorino.it

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VENETOLEGNAGO (VR)0442 25541 - [email protected]/o Ass. Difesa Lavoratori,via Cavallotti, 2tel. 049 692171 - fax 049 [email protected] 2763 - [email protected]@libero.itVENEZIAvia Cà Rossa, 4 - Mestretel. 041 719460 - fax 041 [email protected] 8905105VICENZA347 64680721 - [email protected]

TRENTINO ALTO ADIGETRENTO0461 824493 - fax 0461 [email protected]

FRIULI VENEZIA GIULIAPORDENONE340 [email protected] - [email protected] 309909 - [email protected]

EMILIA ROMAGNABOLOGNAvia San Carlo, 42051 241336 - [email protected]/iperbole/cespbo

FERRARAvia Muzzina, [email protected]Ì - CESENA0543 [email protected]://digilander.libero.it/cobasfcIMOLA (BO)via Selice, 13/a0542 [email protected] [email protected] 357186 - [email protected] 5185694RAVENNAvia Sant'Agata, 17 - 0544 [email protected] EMILIA333 7952515RIMINI0541 967791 - [email protected]

TOSCANAAREZZO0575 904440 – 329 [email protected] dei Pilastri, 41/R055 241659 – fax 055 [email protected] 493668 - [email protected]@gol.grosseto.itLIVORNOvia Pieroni, 270586 886868 - [email protected] della Formica, 1940583 56625 - [email protected] CARRARA0585 786334 - [email protected] S. Lorenzo, 38050 563083 - [email protected] Bellaria 400573 994608 - fax [email protected]/Athens/Parthenon/8227PONTEDERA (PI)via Sacco e Vanzetti 9/d0587 59308 - 0587 [email protected] dell'Aiale, 200574 635380 - [email protected] [email protected] (LU)via Regia, 68 (c/o Arci)0584 46385 - 0584 [email protected] 913434 - [email protected]

UMBRIAORVIETO (TR)0763 302651 - 338 8320339PERUGIAvia del Lavoro, 29075 5057404 - [email protected] de Filis, 70744 421708 - 328 [email protected]

MARCHEANCONAvia Piave, 49/c071 2072842 - [email protected]

ASCOLIvia Montello, 330736 252767 - [email protected] (AP)0734 228904 - [email protected] (AN)339 3243646MACERATAvia Bartolini, 780733 32689 - [email protected]://cobasmc.altervista.org/index.html

LAZIOANAGNI (FR)0775 726882ARICCIA (RM)via Indipendenza, 23/2506 [email protected] (RM)via Oberdan, 906 [email protected] (FR)347 5725539CECCANO (FR)0775 603811CIVITAVECCHIA (RM)via Buonarroti, 1880766 35935 - [email protected] (RM)largo Magellano, 506 97236933 - [email protected] (LT)via Marziale0771/269571 - [email protected] (FR)0775 441695FROSINONEvia Cesare Battisti, 230775 859287 - 368 [email protected]/cobasfrosinoneLATINAcorso della Repubblica, 265328 9472061 - [email protected] (RM)06 9056048NETTUNO - ANZIO (RM)347 9421408 - [email protected] (RM)via M.V. Agrippa, 7/h06 5690475 - 339 1824184PONTECORVO (FR)0776 760106RIETI0746 274778 - [email protected] Manzoni 5506 70452452 - fax 06 [email protected]://www.cobas.roma.it/SORA (FR)0776 824393TIVOLI (RM)0774 380030 - 338 4663209VITERBOvia delle Piagge 140761 340441 – 328 [email protected]

ABRUZZOCHIETI339 5856681L’AQUILAvia S. Francesco d’Assergi, 70862 312613 - [email protected] Tasso, 85085 [email protected]://web.tiscali.it/cobasabruzzoTERAMO0881 411348 - 0861 246018

MOLISECAMPOBASSO0874 716968 - 0874 [email protected]

CAMPANIAAVELLINO333 2236811 - [email protected] 322303 - [email protected] Quercia, 22081 [email protected]@tightrope.ithttp://www.cobasnapoli.orgSALERNOcorso Garibaldi, 195089 223300 - [email protected]

BASILICATALAGONEGRO (PZ)0973 40175POTENZApiazza Crispi, 10971 23715 - [email protected] IN VULTURE (PZ)via F.lli Rosselli, 9/a0972 723917 - [email protected]

[email protected]@libero.itBRINDISI080 4446835 - [email protected] 616412 - [email protected]@libero.itLECCEvia Raffaello Sanzio, 56 - Castromediano0832 343693 - 0832 [email protected] (FG)via Curiel, 60881 521695 - [email protected] (BA)piazza Paradiso, 8340 2206453 - [email protected]://web.tiscali.it/cobasmolfetta/TARANTOvia Regina Elena, 1099 4535850 - [email protected]@libero.ithttp://www.cobastaras.supereva.it

CALABRIACASTROVILLARI (CS)0981 26340 – 0981 26367CATANZARO0968 662224COSENZAvia del Tembien, 190984 791662 - [email protected]@tiscali.itCROTONE0962 964056 [email protected] CALABRIAvia Reggio Campi, 2° t.co, 1210965 [email protected] VALENTIApiazza del Lavoro, 90963 [email protected]

SARDEGNACAGLIARIvia Donizetti, 52070 485378070 [email protected]://www.cobasscuolacagliari.it

NUOROvico M. D’Azeglio, 10784 [email protected] D. Contini, 630783 71607 - [email protected] Marogna, 26079 [email protected]

SICILIAAGRIGENTOvia Piersanti Mattarella, 60922 525607 - [email protected] (PA)via Gigante, 21091 909332 - [email protected] Re d’Italia, 140934 21085 - [email protected]://www.caltaweb.it/cobasCATANIAvia Velis, 42095 536409 - [email protected] 29936 - [email protected] (CL)via Sen. Damaggio, 117340 8078079 - 368 [email protected] V. D’Amore, 11090 [email protected] (RG)349 6540144 - [email protected] (PA)via Sapienza, [email protected] PALERMOpiazza Unità d’Italia, 11091 349192 - 091 [email protected] - [email protected] (AG)[email protected] - [email protected]

La possibilità per i Cobas dimantenere e ampliare glispazi di agibilità sindacale èlegata anche alle iscrizioni.Chi vuole aderire ai Cobaso avere informazioni puòrivolgersi alla sede piùvicina

GIORNALE DEI COMITATI DIBASE DELLA SCUOLAviale Manzoni, 55 - 00185 Roma06 70452452 - 06 [email protected]://www.cobas-scuola.org

Autorizzazione Tribunale di Viterbon° 463 del 30.12.1998

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