dalla brianza al mondo catalogo 30 marzo ok

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Dalla Brianza al Mondo:  lo scrittore Eugenio Corti Prefazione di MONS. LUIGI NEGRI , Introduzione di RENATO FARINA   A cu r a d i  A N D R E A G . SC I F F O Dalla Brianza   al   Mondo 

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Brianza al MondoDalla Brianza al Mondo: lo scrittore Eugenio CortiA cura di anDrea g. sciffo P r e f a z i o n e d i M o n s . l u i g i n e g r i , I n t r o d u z i o n e d i r e n at o fa r i n a

Dalla

Brianza al MondoDalla Brianza al Mondo: lo scrittore Eugenio CortiA cura di anDrea g. sciffo Presentazione di MauriZio luPi Presentazione di ettore Villa Prefazione di luigi negri I n t r o d u z i o n e d i r e n at o fa r i n a

Dalla

Testi: Andrea G. Sciffo. Ricerca iconografica: Carlotta Borghesi, Valentina Frigerio. Direzione artistica e progetto grafico: Blossom Communications - blossoming.it Pubblicato da: XXX Per conto di: Copyright 2011 Fondazione Costruiamo Il Futuro Fotografie: Copyright Indicato nelle singole didascalie. Stampato in Italia nel marzo 2011 da: XXX ISBN:

soMMario

Presentazioni Maurizio Lupi Ettore Villa Prefazione Luigi Negri Introduzione Renato Farina Renato Farina intervista Eugenio Corti Nota del curatore Andrea G. Sciffo Fine Maggio 1940 Dalla Brianza al Mondo Ci volevamo bene... Gli eventi precipitano I pi non ritornano Nel grande capovolgimento della morte Morte del capitano Grandi la Madonna che ce li fa ritrovare! Il cappellano degli alpini Trasformare ogni cosa in bellezza Osservatorio Caterina: le farfalle Lamore, capolavoro del Creatore Per la patria? La politica: edificare la Citt Celeste nella storia Industriali (e operai) per creare posti di lavoro Parole scolpite sopra il secolo delle ideologie Lo scalpellino scultore I volti e i luoghi, in unaltra trama Curriculum letterario di Eugenio Corti Bibliografia La Fondazione Costruiamo Il Futuro La Fondazione Il Cavallo Rosso

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20 22 24 26 28 30 32 34 36 38 40 42 44 46 48 50 52 54 56 60 67 74 755

P R E S E N TA z I O N E D I

MauriZio luPi

a presente pubblicazione, unita alla realizzazione della mostra Dalla Brianza al Mondo vuole rendere omaggio al grande autore del romanzo Il cavallo rosso: Eugenio Corti. Questanno lo scrittore di Besana in Brianza compie 90 anni; la Fondazione Costruiamo il Futuro ha voluto festeggiarlo il 21 gennaio con un importante convegno dedicato alla sua opera letteraria. stato un momento unico di riflessione ed approfondimento di testi che hanno saputo illuminare, attraverso la speranza che li pervade, il secolo passato. S dato cos il via ad una manifestazione, che proseguir per tutto lanno 2011, che vede nella pubblicazione della mostra inedita il suo punto centrale. Lintento di promuovere un pezzo straordinario di cultura contemporanea, ad opera di un uomo che la Brianza ha imparato a conoscere e sta valorizzando. In Corti c un amore sconfinato per luomo e per la Verit, ed proprio la difesa della Verit limpulso che lha spinto a diventare scrittore, come lui stesso ammette. Quella Verit a cui non rinuncia mai nei suoi testi e che lha spesso ostacolato. Si pensi alla tragedia Processo e morte di Stalin. un traguardo importantissimo per noi poterla rappresentare, per la prima volta, nella sua terra natale, con la partecipazione di alcuni tra i pi grandi attori italiani. Corti ha di certo contribuito a fare la storia della Brianza e dellItalia tutta e la sua narrazione6

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di alcuni tra i pi terribili eventi, vissuti in prima persona, del secolo scorso colpisce soprattutto perch positiva. Gli eccidi del Novecento non hanno saputo intaccare la sua fede, la speranza, il desiderio di testimoniare, come compito dello scrittore, la bellezza del mondo. Questo il punto centrale della sua poetica, che ha saputo affascinare numerosissimi lettori. Purtroppo lamore dei lettori non documentato da una critica talvolta ostile alla produzione di uno scrittore troppo cattolico per avere il meritato rilievo nel panorama italiano. Gli studi realizzati in questi anni tuttavia, hanno avviato una serie di riflessioni e lasciano supporre che anche una figura come quella di Eugenio Corti possa ottenere ladeguato riconoscimento che merita. E quindi legittimo sperare che questa mostra possa dare un impulso per la riscoperta di un autore la cui produzione, svoltasi per oltre trentanni, contribuisce a definire quel complesso periodo storico italiano in cui suggestioni europee si mescolavano ad indirizzi regionali, nella rappresentazione di vicissitudini storiche e quotidiane, con risultati di tutto rilievo. Eugenio Corti appare alla nostra epoca come un rivelatore, colui che trasforma il negativo in positivo, che ristabilisce lordine del mondo (Laurent Mabire). Mi sembra un ottimo motivo per conoscere meglio il mondo di un uomo tanto straordinario.

MauriZio luPi Presidente Fondazione Costruiamo il Futuro

P R E S E N TA z I O N E D I

ettore Villa

ugenio corti, con lui tanti, tantissimi incontri, discussioni, ricerca e verifica di idee su un tema che, con lui, riteniamo importante e prezioso: leducazione, leducazione e la preparazione dei giovani alla vita. Lui stato, ed tuttora, la nostra guida spirituale e intellettuale nella grande avventura che sta vivendo la scuola che insieme abbiamo creato: il Liceo Don Gnocchi in Carate. Quando abbiamo sentito il bisogno di allargare i nostri spazi attraverso una Fondazione, a cui dare un nome importante, il pensiero corso subito a Eugenio, ma la sua risposta stata illuminante: gli uomini, gli scrittori muoiono, solo le loro opere sopravvivono; quale miglior nome che quello di un suo grande lavoro, Il cavallo rosso. Da qui il nome della nostra Fondazione nata da poco pi di due anni con lo scopo di sostenere proprio leducazione, in particolare attraverso lIstituzione Don Carlo Gnocchi di Carate Brianza. Con Eugenio Corti il dialogo su questo tema e il continuo confronto sul valore delleducazione, hanno rappresentato per noi un grande stimolo e una sfida continua a far sempre meglio negli anni, a prenderci cura dei nostri ragazzi, ad accompagnarli senza sosta nella ricerca della verit, facendo fronte ad ogni difficolt per raggiungere questo importante scopo educativo.

e

per questo che la nostra Fondazione ha accolto con grande favore e ha deciso di sostenere le iniziative promosse per raccontare la sua storia e le sue opere, per diffondere quanto lui negli anni ha raccontato con i suoi libri, per far conoscere ad un pubblico pi vasto possibile il grande lavoro di un grande scrittore del nostro Secolo. Lincidenza della sua proposta, che ci arriva tra le righe delle sue opere, il racconto di un periodo storico di grande importanza per il nostro Paese, documentato dai suoi scritti, il valore universale del suo messaggio e di quanto lui nella vita ha incontrato, diventano per noi giudizio di grande valore. Lostracismo che per le sue posizioni deliberatamente cattoliche e anticomuniste ha dovuto subire negli anni segno di una mentalit ideologica e per nulla interessata alla ricerca della verit della realt. Ricerca a cui Corti ci invita con continua pazienza e grande stile letterario, con opere che desideriamo possano, come ci disse lui, durare per sempre e per sempre incidere nei cuori e nelle menti. questo laugurio che facciamo a tutti quelli che vorranno seguirci in questo lavoro che abbiamo deciso di fare per raccontare di lui e delle sue opere, ed questo lintento con cui abbiamo intrapreso questa incredibile avventura seguendo Eugenio Corti. ettore Villa Presidente Fondazione Il Cavallo Rosso

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P R E FA z I O N E D I

luigi negri

ugenio corti ha certamente portato la Brianza nel mondo ed il mondo in Brianza, perch stato un grande cristiano. Il cristiano infatti colui che, caratterizzato da una precisa particolarit, di carattere ambientale, culturale, psicologico, affettivo, assume la particolarit nellorizzonte universale della fede e quindi d al particolare il suo senso profondo e il suo significato, quello di essere in rapporto, magari dialettico, con la totalit di Dio in Cristo. Cos come ci ha insegnato il nostro grande maestro Don Giussani, su ogni particolare dellesistenza e su ogni momento di essa vibra la certezza delleterno. Dunque Eugenio Corti ha vissuto la sua grande testimonianza di cristiano nel mondo e cos il suo

e

particolare, anche attraverso la genialit della sua arte, diventato valore universale, offerto a tutti e da moltissimi incontrato ed usato. Corti ha vissuto la sua vocazione cristiana da laico, cio da battezzato. Innanzitutto ha riaccolto e riattualizzato la grande tradizione della Brianza cattolica: quella singolare esperienza di fede che, anche nelle situazioni pi particolari, ha avuto la forza di diventare cultura e principio di civilt. I protagonisti de Il cavallo rosso sono protagonisti di una missione ecclesiale e di una grande esperienza di socialit umana. Questa riattualizzazione della tradizione divenuta capacit di cultura nuova, capacit di carit nei confronti del popolo, capacit di partecipazione intensa, e cristianamente critica, alle vicende anche tragiche del nostro paese.

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La cultura di Eugenio Corti, espressa in maniera straordinariamente pertinente, in tutte le sue opere, spazia sul presente, sulla tradizione cattolica anche di luoghi lontani da noi, ed ingaggia un serrato confronto con la mentalit totalitaria espressa in maniera terribile dal comunismo ateo. Ritengo il volume di Corti Processo e morte di Stalin il libro pi intelligente che sia stato scritto sulla ideologia Marx-leninista. Ma il principio di mobilitazione della sua cultura stato sempre lamore alla Chiesa reale, le cui vicende ha saputo ricostruire con precisione, con chiarezza di giudizio, con una grande capacit di compassione. Le opere di Corti consentono di penetrare in profondit la storia della Chiesa cattolica italiana lungo tutto il XX secolo. Dio ha premiato Eugenio Corti, non solo per questa fecondit che dura anche nella maturit

della sua vita, ma perch gli ha donato un incontro con generazioni nuove che, coinvolte nel suo stesso amore alla Chiesa, sono diventate e sono la presenza della sua testimonianza che prosegue e che pu incontrare oggi questo mondo cos tragicamente disperato perch privo del senso della permanente attualit della tradizione cattolica. Per tutto quello che ha scritto, io annovero Eugenio Corti fra i maestri che il Signore mi ha fatto incontrare e che hanno inciso profondamente sulla mia vita e sulla mia cultura.

+ luigi negri Vescovo di San Marino - Montefeltro

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INTRODuzIONE DI

r e n at o fa r i n a

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alla Brianza al mondo. bello questo titolo per una mostra dedicata ad Eugenio Corti scrittore. In fondo sta qui lessenza di una terra e del cantore che meglio lha rappresentata dandole unespressione e un timbro poetico che regger i secoli (se ce ne saranno). Non c stata mai alcuna gens che sia stata pi legata a una casa, a una famiglia, al Dio qui ed ora, al tabernacolo della sua chiesa del popolo brianteo; eppure fatto per andare pi in l, oltre i suoi monti e i suoi confini velati di nebbia leggera. un po come i mobili intagliati nelle botteghe, che camminano portando nelluniverso il genio brianteo. Oggi la Brianza ha cambiato le specialit merceologiche si dice cos? ma il significato sempre quello: un amore al lavoro, alla famiglia, al Cielo e alla terra che hanno un

sapore particolarissimo e insieme universale. Come capit ai pescatori di Galilea. Questo il compito che si propone la mostra: far comprendere alla Brianza la propria identit attraverso le parole e le memorie del suo scrittore unico e in fondo segreto, dare questa sua acqua profumata e chiara ai brianzoli perch si rendano conto della portata da Rio delle Amazzoni di questo ruscello fresco. Che poi la loro stessa essenza, la possente umilt del popolo minuto (Riccardo Bacchelli). Grazie a Corti la Brianza e la sua gente riscoprono pi viva che mai una dignit culturale che sfida il nichilismo contemporaneo, d significato alla morte perch lo d alla vita, in qualsiasi suo aspetto, dolore e gioia, tradimento e fedelt, ma soprattutto quieto amore, lavoro lungo, paziente, durevole. Bisogna andare a casa di Corti per capire tutto questo. C lodore buono della Brianza che pi

grande della Brianza. Qualcosa che viene insieme o forse prima ancora dei pensieri; qualcosa per cui non so trovare altra definizione che la vita. C la vita della Brianza in quella sua villa di Besana Brianza. Il colore del giardino, di un verde che solo brianzolo. Lospitalit discreta, senza sfarzi n scene. La penombra. C un tipo di umanit unica l: la quale s di Eugenio e Vanda Corti, ma che espressiva dellidentit di una terra. La Brianza in passato ha avuto grandi incarnazioni: preti fondatori e santi, imprenditori geniali, un papa immenso, pittori magnifici. In Corti ha trovato la forma letteraria e culturale. Al punto che senza Eugenio Corti oggi sarebbe impossibile parlare di Brianza vivente. Sarebbe un marchio di successo, ma in fondo reperto glorioso valido per il marketing ma non per illustrare una vita buona possibile oggi. Invece c stato e c Eugenio Corti, il quale coincide con la sua opera, in particolare con Il cavallo rosso. L c la saga di una famiglia, lepopea del Novecento vissuto dal di dentro della

comunit irripetibile che si chiama Brianza. Ma non solo Brianza. Il particolare diventa universale. Emerge la natura profonda di che cosa sia luomo ieri oggi e sempre. Certo ha i connotati lombardi, ma ciascuno fosse giapponese o lappone riconosce le mosse del proprio cuore. Non ci sono paragoni possibili se non con Lev Tolstoj. Oppure, ecco, con Aleksandr Solenicyin, il quale ha consegnato ai suoi contemporanei e ai posteri non solo la memoria del Gulag, ma lo spirito russo, il tipo duomo russo, con limpasto di temperamento, ideali, vizi, passioni. Per questo stato maestro di letteratura e di umanit. Cos Eugenio Corti. Scrisse Luis Borges: LIndia pi grande del mondo. Anche la Brianza.

renato farina Membro della VII Commissione (Cultura, Scienza e Istruzione) alla Camera dei Deputati

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I N T E R V I S TA D I

r e n at o fa r i n a a e u g e n i o c o r t i

farina: oggi una giornata bellissima, dopo che si incipriata di neve la campagna lascia intravedere sullo sfondo le Prealpi appena innevate. e proprio la Brianza. siamo nella casa di eugenio corti, che della Brianza il vate. Ma non solo della Brianza, perch dire Brianza sarebbe un po come chiuderlo in un localismo che non gli appartiene. e come se la Brianza avesse sfondato lorizzonte. come solenicyn nato a rodtso ma si dice che uno scrittore russo, cos eugenio corti. Questa premessa per nascondere un po la mia emozione e occultare una certa timidezza. Mi sono ripromesso di venire a casa sua come se lo andassi a visitare per conto dei miei figli e dei miei nipoti, come la testimonianza di qualcosa che dura per sempre, come sempre lopera di un grande scrittore e come la testimonianza di un uomo vivo e capace di profezia. Maestro, una volta si diceva subito agli scrittori di leggere una pagina in cui essi si sentono pi se stessi. Pu leggerci una pagina della sua opera? Corti: Prima di tutto vorrei ringraziarla per queste parole di amicizia di cui le sono grato. Io leggerei una pagina che nei continui incontri con i giovani che mi vengono a trovare mi richiesta con maggiore frequenza. la pagina in cui viene narrata la morte del capitano Grandi. un episodio della ritirata di Russia che io ho raccolto da testimoni diretti della vicenda. Siamo nel pieno della ritirata,

precisamente nel gennaio del 43, durante la ritirata degli alpini e il capitano Grandi era alla guida di una delle compagnie alpine che nella localit di Arnatoud si sono trovate a scontrarsi con delle formazioni russe molto pi numerose e organizzate. una sola compagnia aveva tenuto testa a due battaglioni di truppe russe scelte, gli alpini ce lavevano fatta a fatica ed erano riusciti a tenere Arnautoud e proteggere tutti gli alpini in ritirata. I capitani erano uccisi o morenti, tutti tranne uno. Il capitano Grandi era morente e gli alpini lavevano messo su una slitta. Nota del redattore: Avviene qui la lettura da parte di Corti delle pagine 444-446 de Il cavallo rosso, presenti in questo catalogo alle pagine 34-35. f: Perch secondo lei i ragazzi che vengono a trovarla chiedono proprio questo brano? C: Perch in questo breve quadro racchiusa tutta lesperienza della ritirata alpina: una ritirata di gente che ha compiuto valorosamente il suo dovere e sopporta le conseguenze tragiche della guerra. Emerge da tutto linsieme quel senso di tragedia che la guerra produce. f: nella tragedia greca la fine sempre orribile, non c soluzione, non c salvezza, ma qui c una Piet che viene comunicata e che salva tutto. a me sembra che se un giovane sceglie una pagina sulla morte perch essa parla della vita, che possibile dare la vita per qualcosa di pi grande che supera anche la morte. anche adesso, risentendolo dalla sua

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voce, c questa speranza che pi forte di qualsiasi cosa, per cui questo testo non una tragedia in senso greco ma in senso cristiano. C: Nella tragedia vissuta dal cristiano c sempre quel senso di salvezza che lultimo fine nelle vicende cristiane, siano esse vicende positive o vicende negative, grandi o piccole. C la sofferenza terrena o la gioia terrena. Tutto per si conclude in un secondo tempo, cio nella salvezza verso il quale il cristiano tende e che sempre offerta al cristiano. f: lei dice cose profondissime, ma perch queste cose profondissime passano alla gente: perch diventano arte. Queste cose le diceva sua mamma, le dice mia mamma, ma restano se diventano arte. ecco, lei questa pagina che ci ha letto quante volte lha scritta, quanto ci ha messo a scriverla, qual stato il suo metodo? Ha pianto mentre la scriveva? C: La pagina che ho letto tratta dal mio libro pi lungo, Il cavallo rosso, che di 1272 pagine fitte. Io ho cercato di - avrei voluto - farlo molto pi corto, ma non ho potuto fare a meno di utilizzare tutte queste pagine per dire le cose che dovevo dire. In base a quale criterio ho cercato di scrivere le mie pagine? Non ho inventato niente. Io sono nato come scrittore alla fine della quinta elementare quando ho cominciato la scuola media e mi sono trovato tra le mani il testo di Omero. Io non sapevo neanche chi fosse questo autore, ne ignoravo lesistenza, per leggendo le sue pagine, prima ancora che ne parlasse il professore in classe, sono rimasto folgorato perch vedevo come trasforma in bellezza tutte le cose di cui parla. Io devo fare cos, da grande voglio fare come questo qui. Non avevo ancora scelta la mia strada e lho scelta leggendo il testo di Omero. E da questa impostazione infantile non mi sono pi

staccato durante tutto il resto della mia lunga vita. Qual la spiegazione che do al mio lavoro letterario ed al lavoro letterario in generale? quella che viene fuori dalla tradizione omerica che poi stata seguita da Virgilio, dalla letteratura medievale e poi moderna, arrivando fino a met del Novecento, cio il secolo in cui ho vissuto principalmente - perch ho finito il Novecento che avevo gi un po di anni. Lesperienza viene a noi attraverso un cos lungo percorso. La definizione quella di Aristotele: Larte luniversale nel particolare. Allora io in ogni particolare trattato, dovevo introdurre tutto luniversale che faceva capo a quel particolare l. Se prendiamo ad esempio Don Abbondio, uno dei personaggi del nostro pi grande romanzo, I promessi sposi. Egli la descrizione di un prete di campagna, ignorante e pauroso. Ma tutta la possibilit di paura di un prete ignorante, tutta la quintessenza del prete ignorante si concentrata in quella figura, per cui, da allora in poi, per dire ad un prete pauroso si dice Don Abbondio. Ecco, in quel particolare c tutta la possibilit di prete ignorante che pu essere presente nella realt. Lavvocato Azzeccagarbugli un avvocato pasticcione in cui si condensa tutta la pasticcioneria possibile degli avvocati di questo mondo. Non si dice pi avvocato ingarbugliato o pasticcione, si dice un azzeccagarbugli. Cio in un personaggio si concentrato tutto lassoluto di quel personaggio l. Secondo me questa larte: introdurre tutto luniversale nel particolare. Questo deve essere fatto non attraverso azioni cervellotiche, ma seguendo un istinto che c nellautore e concretandolo in questo modo. Cerano tante cose da dire, ho cercato di dirle secondo quella impostazione l. Non potevo ridurre le pagine, non le ho ridotte perch avrei mutilato una realt che stavo descrivendo.

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f: lei ha appena espresso in modo chiaro la sua poetica aristotelica e i contenuti li ha riferiti parlando di sua madre e delle cose che ha vissuto. le sue opere tuttavia, e non solo il cavallo rosso, ma anche la saggistica, contengono dei giudizi sul secolo appena trascorso e su quello che cominciato. Pu dare in sintesi questo giudizio? Questa stata unepoca attraversata da grandi tragedie e grandi infamie, di cui lei d una visione drammaticissima descrivendo i lager del cannibalismo in unione sovietica, dove c il punto di massima abiezione umana che si possa conoscere e si possa leggere oggi sulle pagine di un libro. ci dica il giudizio che d lei sul nostro tempo e su quello che lei ritiene debba essere il compito degli uomini e dei giovani di oggi. C: La spiegazione viene dalla rivelazione che Domineddio ci ha dato attraverso la Bibbia. Persa la situazione di perfezione originale, luomo si trova tra il Bene e il Male e su di lui cercano di agire tanto il Bene che il Male. Il compito delluomo di scegliere, conscio che la sua conclusione non sar questa qui. Ma che questo periodo sar breve e si concluder al termine della vita terrena quando comincer quella definitiva. interessantissimo e tragicissimo nello stesso tempo per un autore, che osserva i comportamenti, vedere gli uomini nelle varie situazioni. Perch non c cosa terribile attraverso cui luomo non sia passato e non abbia possibilit di passare. Eppure anche qui sulla terra ci sono delle grandezze cos straordinarie che luomo pu vivere che non si potrebbero con la fantasia immaginare delle grandezze maggiori. Ecco in questa mescolanza di Bene e di Male luomo procede. Compito dellautore di introdurlo attraverso le esperienze pi tragiche e attraverso le esperienze pi benefiche. Ne emerge in conclusione

che il giudizio della realt umana viene dato dalla situazione in cui luomo si trova. A seconda che ci sia ladesione al Bene o al Male, c lesaltazione o labbruttimento della sua realt umana. f: nel novecento luomo ha scelto pi il Male o il Bene? c stata una decadenza rispetto agli altri secoli nel senso dellumanit? una decadenza di prodotto intimo lordo - potremmo dire - invece che di prodotto interno lordo. C: Io credo che nel Novecento si riprodotta la realt dei secoli precedenti e di quelli che saranno i secoli venturi. Ci sono state delle esperienze di male straordinarie: gli eccidi compiuti nel Novecento non erano neanche pensabili nei secoli passati. Non solo per le guerre che con il procedere delle scoperte umane e scientifiche sono divenute pi micidiali, ma in tutto. C stata unimmensa produzione di vittime, per esempio da parte del nazismo: i 6 milioni di ebrei, gli zingari morti, tutti i prigionieri delle guerre che poi in mano a loro finivano male. Si tratta di 13 anni che questi individui hanno avuto a disposizione ed hanno fatto almeno 20 milioni di morti. Si tratta di una cifra apocalittica, ma risibile quasi rispetto alle vittime fatte dai comunisti, dai loro oppositori e parenti diretti. f: comunisti parenti affini. C: Esattamente. I nazisti hanno avuto 13 anni ed hanno ammazzato 20 milioni di persone - escluse le guerre. I comunisti ne hanno ammazzati pi di 150 milioni perch in unione Sovietica, stando a quello che ha detto Solenicyn alla Duma sono stati 60 milioni e poi ci sono stati quelli della Cina dove probabilmente, secondo le analisi che sono state fatte, i morti sono stati pi di 100 milioni, senza contare lIndocina. Quello che terribile e necessario osservare che sia gli uni che gli altri,

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nazisti e comunisti, non avevano intenzione di fare stragi, e si vede in particolare nel comunismo. Essi volevano trascinare il paradiso in terra, portare il benessere. Questo era il loro fine. Nel cercare di perseguire con tenacia e sistematicit questo fine hanno portato a delle stragi cos terribili come nella storia dellumanit non si ricordano. E questa realt del Novecento possibile per tutti i secoli venturi. Ecco perch va analizzata bene. f: possibile che si ripeta. e che cosa pu essere lantidoto a questo morbo? cosa pu impedire che questo riaccada? C: Io ho analizzato gli avvenimenti storici anche dei secoli passati ed ho osservato che i guai pi terribili della nostra epoca vengono da una scelta che gli uomini hanno fatto intorno al 1400-1500 quando, dalla visione teocentrica, siamo passati alla visione antropocentrica. In un primo tempo la visione delluomo al centro della realt non comportava necessariamente il Male piuttosto che il Bene, comportava semplicemente la presenza delluomo che definiva la realt. Ma come si visto nel corso della storia, si arrivati da una visione dove cera spazio per luomo e per Dio, a ridurre sempre pi lo spazio destinato a Dio nella realt delluomo. C stato lIlluminismo poi lIdealismo tedesco da cui sono venute fuori le dottrine secondo le quali Dio veniva sempre pi messo da parte per fare spazio alluomo. Lo spazio fatto alluomo si concluso con gli eccidi delluomo. Si fatto un passo indietro nella seconda met del Novecento, ma gli uomini non hanno fatto a Dio lo spazio che gli competeva, per cui i guai possibili sono sempre sullorlo della realt umana. C sempre una possibilit che riesplodano gli orrori del Novecento. f: Diciamo che lilluminismo che lei critica quello che mette da parte Dio per far spazio

alla ragione; se Dio c, non centra, sta sopra le nuvole e questa ragione che rinuncia a Dio quella che porta alla pretesa delluomo di salvare luomo e quindi porta queste tragedie, se leggo bene la sua opera. Per adesso anche un periodo in cui c sfiducia nella ragione, le ideologie sono cadute. e si scivolati, viene detto soprattutto da Papa ratzinger, nella dittatura del relativismo, in questa rinuncia delluomo ad un possibile incontro della verit. lei avverte questa situazione? C: Io avverto bene questo fatto: in teoria c libert di espressione per tutti, per se uno si presenta come credente emarginato per il solo fatto che fa spazio a Dio nella spiegazione della sua realt: il suo discorso non pi considerato accettabile. Se uno fa spazio a Dio viene emarginato. Che pericoli si profilano? Ora si affacciato il nuovo pericolo dellIslamismo aggressivo. f: che giudizio d di questo islamismo aggressivo? C: Il rapporto tra lIslam e il mondo occidentale, che era il mondo cristiano, dura dallinizio dellIslam. Ci sono stati dei grandi scontri, dei momenti di convivenza pacifica, ma c sempre stato il pericolo che lIslam si facesse prendere dallodio. Loro si credono portatori della verit e ad un certo punto vogliono imporre la loro verit. Ci sono stati gi grandi scontri nella storia, ma oggi la possibilit di uno scontro pi forte. Ci sono due considerazioni da fare. La prima questa: oggi c una differenza di potenziale bellico e militare tale che non si dovrebbe temere, perch noi siamo pi pronti alla difesa, ma subentra un fatto importante. Quando c uno scontro tra chi crede e chi non crede pi, vince sempre chi crede. LOccidente vive la sua realt in modo sfiduciato,

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senza convinzione. Gli altri ci credono e, se ci sar uno scontro, vinceranno loro. C solo da pregare il Cielo che lo scontro non avvenga, ma se dovesse avvenire, come accadde nella met del Novecento Noi che stavamo vivendo la vita di allora, nel 1940, sentivamo che cerano dei pericoli imminenti di guerra, ma non credevamo mai di dover essere mescolati a quello che successo. stato veramente tragico. Cos siamo noi oggi: vediamo che ci sono dei pericoli, ma non crediamo che siano pericoli possibili. f: attraverso che cosa passa la riscossa del Bene? Penso alla politica ma anche a ciascuno di noi. cosa possiamo fare perch non si verifichi questa tragedia immane ma si cerchi la pace? C: Ciascuno di noi si deve rendere conto della realt, questo un compito grandissimo della cultura. Bisogna di nuovo fare spazio a Dio, se no si va verso la catastrofe. Poi magari la catastrofe non definitiva, c sempre un recupero di umanit, che non viene mai abbandonata da Dio: il creatore delluomo non se ne frega, anche se lascia luomo libero di operare. Gli uomini si castigano tra di loro, poi quando si accorgono di aver fatto delle grandi porcherie, fanno marcia indietro. Ecco, si dovrebbe di nuovo fare spazio a Dio, bisogna riscoprire Dio. f: lei vede segni di questa riscoperta di Dio nel mondo concreto? C: Non ne vedo e non sono ottimista perch la gente continua sempre sulla propria strada, per cui ad un certo punto incapper di nuovo in qualche prova tremenda. Rispetto ai guai del Novecento, ci sono alcune grandi novit: lintroduzione dellaborto in tutto loccidente e lintroduzione del divorzio con la distruzione della famiglia. Ci sono state delle grandi distruzioni. Queste cose si pagano. C

per qualche speranza, per esempio: linizio di un nuovo urto tra gli uomini potrebbe venire intorno al piccolo stato di Israele tra cristiani, ebrei e islamici. Per io ho gi assistito ad un grande intervento della Madonna a zeitun vicino al Cairo. un fatto non conosciuto perch se ne parlato poco, ma merita. Il fatto questo: la Madonna comparsa in uno dei momenti in cui cera pericolo che la guerra in atto tra gli egiziani di Nasser, quindi gli arabi, e Israele diventasse particolarmente tragica e accanita. La Madonna comparsa al Cairo, nel sobborgo del Cairo di zeitun. Il Cairo una citt di parecchi milioni di abitanti. apparsa ai cristiani copti. In questa localit chiamata zeitun si fermata la Sacra Famiglia durante la fuga in Egitto: sono ricostruzioni che nessuno ha fatto, ma l sul posto sono ancora vive. I cristiani copti sono solo 7 milioni, di cui una met in Egitto e laltra in Etiopia. Sono una minoranza molto arretrata, indietro. Essi hanno delle chiese tutte fatte allo stesso modo: con cinque cupole, quattro cupole minori ed una maggiore al centro. una di queste chiese situata nel punto in cui passata la Sacra Famiglia, e proprio in questa chiesa si verificava tutti i giorni unapparizione che durava da pochi fino a venti, trenta minuti. La gente arrivava l tutte le sere. Erano in centinaia, migliaia. L di fronte cera un deposito di filobus, ma per poter fare spazio a questa gente lautorit egiziana ha tirato via il deposito. E in Occidente lautorit cattolica, religiosa, non amava parlare di queste cose perch sarebbero dispiaciute ai fratelli luterani. Questo fenomeno durato diversi mesi poi cessato col passato pericolo. Ma stato qualcosa di molto interessante: la Madonna ha fatto vedere che in un momento di scontro interveniva per impedirlo. E questo a mio modo di vedere, fondamento della speranza. Non stiamo camminando nel senso giusto, ma la Madonna interviene.

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f: anche vero che Dio ci d dei grandi santi. abbiamo visto durante la seconda guerra mondiale Massimiliano Kolbe. Poi negli ultimi decenni Madre teresa di calcutta, che ha detto esattamente le cose che dice lei quando ha ricevuto il Premio nobel per la Pace a proposito dellaborto - queste cose non se le ricorda nessuno. abbiamo avuto escriv che gi stato canonizzato, Don giussani e Papa Wojtyla che hanno mosso qualcosa. Dio consente che nascano nella sua chiesa dei movimenti di costruzione di qualcosa di nuovo. C: Ci sono dei grandi santi anche nella nostra epoca e questo ci conferma le cose in cui crediamo. Ma rimane il fatto che la visione cristiana della storia in Occidente emarginata. Le cose che dico io non sono accettabili perch le dice un cristiano. Le stesse cose le diceva Dante o Manzoni in Italia, io faccio lo stesso discorso storico, preciso, costante, ma a me non permesso di farlo e sono emarginato. Rimane il fatto che i lettori, la gente legge i miei libri. Il cavallo rosso ha avuto 25 edizioni e 8 traduzioni. f: Quante lettere ha ricevuto? C: Non le ho contate, ne ho migliaia. f: e riceve anche molte visite di ragazzi. anche questo un segno che, anche se relativamente un samizdat, come se ci fosse uno snobismo, un tentativo di confinare la sua opera, come se il cristianesimo fosse un ghetto e non la culla di tutta la civilt. c qualcosa che si muove. la cultura del samizdat in russia ha permesso il trapasso dal comunismo senza che fosse versato troppo sangue. ancora adesso le condizioni in russia non sono belle, per almeno si superato il regime dei gulag.

C: La realt cristiana continua. Ci sono momenti di trionfo, ci sono dei momenti di emarginazione. f: a me non sembra che lei si lamenti per se stesso, le dispiace perch il mondo perde unoccasione. C: No, io non mi lamento, devo ridurmi alla mia realt ed alla mia esperienza. Io ho fatto una promessa: mi sono impegnato da ragazzino a seguire la strada di Omero facendo lo scrittore come lui, senza aver idea di cosa avrebbe voluto dire, ma poi ho sempre seguito quellindirizzo l. Poi c stata una seconda conferma durante la ritirata russa. stato la notte di Natale del 1942. Eravamo accerchiati in una localit che chiamavamo Valle della morte (gli rimasto il nome Valle della morte in memoria degli italiani accerchiati del 35 o corpo darmata), e non cera speranza. Ed io ho fatto una promessa alla Madonna: Se mi salvo, cercher di attuare nella mia vita di autore, di darmi da fare per laffermazione del secondo versetto del Pater Noster venga il tuo Regno, con la r maiuscola, il Regno di Dio, perch bisognava andare contro agli orrori terribili della guerra. Era una situazione in cui il Regno era ridotto, con gli uomini che si mangiavano tra di loro in quel modo terribile. Ma rimane il fatto che la realt cristiana emarginata. Io ho moltissimi lettori e di questo ringrazio il Cielo, ma non mi fanno spazio. Non potrei mai scrivere sul Corriere della Sera o sulla Stampa o sui grandi giornali perch non fatto spazio a un cristiano, a meno che un cristiano non si metta in subordine ai giudizi degli altri, cosa che io non sono disposto a fare. f: Per devo dire questo: io so che lei non ne parla volentieri per umilt. Questo comitato che sorto perch lei riceva il Premio nobel ha anche avuto lappoggio, non solo dei cristiani, ma allunanimit del consiglio provinciale

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di Monza e Brianza. esiste un senso di identificazione con lei nonostante lei magari dica peste e corna di culture professate da persone che poi la sostengono. Questo un buon segno mi sembra. come si spiega il fatto che si riconoscano in lei anche quelli che, solitamente, le sono culturalmente avversi? C: La nuova provincia di Monza e Brianza ha visto in questa possibilit del Nobel lesaltazione di una figura locale del territorio che un ambiente, rispetto a quello di Milano, molto emarginato e per questo hanno sposato la mia causa. La stessa motivazione vale per la Regione Lombardia, gente molto attiva la nostra, se intravedono una possibilit non la lasciano perdere, si danno da fare. f: Mi dica il nome di scrittori contemporanei o dellottocento a cui lei si sente affine o fratello in italia e nel mondo, qualcuno a cui vorrebbe fosse accostata la sua opera. C: A me sono serviti come modello quelli a cui ho accennato prima, che hanno portato avanti la cultura occidentale fino a met del Novecento. Fra questi qui, lallievo maggiore di Omero, pi ancora di Virgilio, lortodosso Tolstoj, lui lallievo di Omero pi pieno che ci sia stato nel corso della storia. A me sono maestri anche la cultura e il linguaggio del popolo del nostro tempo. Ci sono dei personaggi che usano la lingua dialettale alla perfezione e in questo mi sono maestri. f: lei parlando del dialetto ci collega alla Brianza. esiste lhomo brianteo? C: Chi siamo noi briantei? Noi briantei siamo una parte della milanesit. I lombardi si dividono in tre grandi gruppi: un gruppo numeroso quello dei milanesi, che costituito anche dalla gente della provincia di Como e di Sondrio e

di Novara. Altri lombardi purosangue sono i bergamaschi e i bresciani oppure il gruppo di Mantova e Cremona che comincia gi a staccarsi ed avvicinarsi allEmilia, come tipo umano e come cultura popolare. Noi siamo dei milanesi. In cosa ci distinguiamo dagli altri milanesi? Abbiamo tutti i meriti e tutti i difetti degli altri milanesi, ma ci distinguiamo dal fatto che siamo artisti e siamo paolotti, siamo credenti. I briantei sono paolotti e in questo si differenziano dagli altri milanesi. Che cosa di intende per paolotti? Si intende che sono di religiosit cristiana popolare: c pi convincimento da noi, c pi adesione a Santa Madre Chiesa. E poi siamo artisti, e questo pu sembrare strano perch i milanesi non sono tendenzialmente artisti, ma noi lo siamo e labbiamo dimostrato anche con le opere dei nostri maestri falegnami della Brianza. Si pensi allartigianato di Meda, Cabiate, Lissone, oppure ai lavoratori del ferro che cerano da Merate verso Lecco, alle donne di Cant e al loro pizzo oppure al costume della donna brianzola, che il pi bello dei costumi popolari italiani. f: Mi colpisce il fatto che lei non ha indicato dei sommi come artisti, ma ha indicato che larte entrata nella stoffa del popolo, questo quindi rende il lavoro diverso in Brianza? e forse il fatto che un lavoro non fatto di ripetitivit? C: Il gusto di chi opera in Brianza di fare le cose fatte bene. La soddisfazione maggiore che luomo ricava dal suo lavoro il lavoro fatto bene, qualcosa di proprio della nostra gente. Si sente dire in giro comunemente che i brianzoli pensano al soldo come gli altri milanesi, ma non vero. Per quello che sto dicendo io valeva fino a un po di anni fa, adesso la brianzolit sta scomparendo sotto i colpi terribili di giovani che vengono su macellati culturalmente dalla televisione e dalla

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scuola media. La scuola media non la scuola delle maestre di una volta della Brianza, ma degli insegnanti del 68. f: Per nascono anche scuole libere, io so che lei ha dato unimpronta ad alcune scuole nate da genitori cristiani che accolgono anche chi non cristiano. C: Cercano di resistere, i giovani che vengono fuori da quelle scuole l, vengono qui da me.

veramente interessante lincontro con i giovani, non c settimana che non ne venga un gruppo. f: c sempre una scintilla per cui luomo fatto, cadr nel male, ma se incontra la pietas, che io leggo sempre nelle sue pagine anche quando parla degli orrori del comunismo, questa cosa commuove sempre tutti. ed la speranza che io spero resti, attraverso la sua opera e perdurer dopo di lei e dopo di me.

29 novembre 2010, Besana in Brianza

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N O TA D E L C u R AT O R E

anDrea g. sciffo

ntrare nellopera letteraria di eugenio corti tra quelle cose che avvengono una sola volta nella vita: pu accadere infatti che si perda lattimo e che ci sfugga per sempre la possibilit di essere accolti nel mondo de Il cavallo rosso. E sarebbe un peccato. Per questo, inaugurare Lanno di Eugenio Corti, aver festeggiato i suoi novantanni lo scorso 21 gennaio e presentare al pubblico la mostra intitolata Dalla Brianza al Mondo sono il tentativo di offrire al maggior numero di persone loccasione di fare ingresso nelle pagine cortiane, per lasciarsi portare dalla stoffa inconfondibile e vivida della sua prosa. Ma dove porta la narrativa dello scrittore di Besana? Certamente, nel mondo e non fuori di esso. un passaggio tra le gioie e le ferite della vita umana, attraverso i misteri e i modi dellarte del romanzo: da tre secoli luomo occidentale legge cos, anche nei libri, le tracce dello splendore della

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propria condizione di creatura. come imbattersi, per dirla con un filosofo, in una realt pi vera del vero. Le quasi milletrecento pagine del testo maggiore, a cui si aggiungono il diario di guerra I pi non ritornano e le vicende de Gli ultimi soldati del re, raffigurano un mondo piccolo soltanto nel senso in cui lo intendeva Guareschi e parlano della realt italiana ed europea degli anni tra il 1940 e il 1974 in una maniera realistica. Questa sincerit di visione e rappresentazione il punto di forza di Corti, il fascino della sua parola ma anche il fatto indigeribile dai suoi avversari. Infatti, bench i suoi libri siano stati tradotti in molte lingue e vendano tuttora un numero considerevole di copie, la societ dei critici che un tempo prendeva il nome di Repubblica delle Lettere vive unevidente difficolt a riconoscerne la grandezza. Come mai ci avvenga, mi pare chiarito da un episodio avvenuto lo scorso novembre, durante il primo congresso internazionale di studio dellopera di Corti: in quella sede, mentre uno studioso anglosassone docente presso ununiversit giapponese si sporgeva in paragoni

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illuminanti, accostando Corti persino a Tolkien e a Shakespeare, un illustre critico letterario italiano sosteneva che la terza parte de Il cavallo rosso non arte perch la materia dellispirazione non si risolve in poesia sulla pagina. Com possibile una simile divergenza di giudizio? A mio parere, il fenomeno dovuto al provincialismo culturale dentro il quale si formata tutta una classe di intellettuali in Italia: quella stessa intellighenzia che non riconobbe la grandezza di un Giacomo Noventa perch avrebbe significato mettere in discussione il concetto dato per scontato di fascismo/antifascismo e lidea stessa di modernit nel costume e nelle belle arti. Come Noventa negli anni 50, cos oggi Corti. Tra laltro, mi permetto di segnalare come questo catalogo ponga invece molta attenzione alla parte in questione, intitolata Lalbero della vita, poich in essa si nasconde, visibilissimo, il seme della fede cristiana nella vita di ogni uomo dentro il proprio tempo. Se il risultato di una educazione inadeguata, negli ultimi decenni, ha determinato la insufficiente risposta che gran parte della societ civile del

nostro Paese sta dando alla sfida della crisi economica, accostarsi oggi allopera scritta di Eugenio Corti un grande dono: ci regala un pi ampio punto di vista sulla realt del Novecento, e rivela gli angoli del panorama attuale che i mass media nascondono o tralasciano. Insomma, siamo di fronte a un caso letterario nei cui confronti ci si comporta come con Solenicyn dopo il rientro in Russia: anche Corti, per, dal 1983 sta lasciando un segno durevole nella cultura, perch il suo coraggio umano e intellettuale ha cresciuto una prima e una seconda generazione di lettori ora impegnati a vario titolo nella costruzione di una societ civile positiva. Il presente lavoro dedicato in particolare alla terza generazione, quella che dovr presto affacciarsi sulla realt, per adoperarsi: per loro, lopera scritta di Corti sar punto di riferimento indispensabile.

anDrea g. sciffo Docente presso il Liceo Don Gnocchi di Carate Brianza

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FINE MAGGIO 1940da Il cavallo rossoine di maggio 1940; avanzando lenti uno a fianco dellaltro ferrante e suo figlio Stefano falciavano il prato. Alle loro spalle il cavallino sauro attendeva attaccato al carro; aveva consumata per intero la bracciata derba messagli davanti da Stefano allinizio del lavoro: con avidit laveva mangiata, sollevando e squassando di continuo la testa per respingere il collare voluminoso che gli scivolava lungo il collo. Adesso, senza muoversi dun passo, protendeva la bocca per carpire le foglie del gelso nella cui ombra era stato lasciato: insieme con le foglie strappava anche la scorza dei rami pi teneri che apparivano dove le sue labbra erano giunte spezzati e bianchi come ossicine. Di tempo in tempo Ferrante si drizzava sulla schiena e, fatto eseguire al lungo manico della falce un mezzo giro, ne poggiava il tallone a terra; la lama veniva cos a trovarsi orizzontale di fronte al suo petto: era bordata al filo da una poltiglia verde un po schiumosa, lumore dellerba. Con la cote, che traeva da un corno di bue appeso alla cintola, il contadino liberava prima la lama dalla poltiglia, quindi si dava ad affilarla, alternando con ritmo il massaggio della cote sui due lati del filo. Allora per rispetto anche il figlio cessava di falciare, e girata la propria falce si metteva ad affilarla allo stesso modo. un buon lavoratore pens, osservandolo mentre eseguiva questa operazione, Ferrante Non stacca22

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se non ne ha motivo, e mai per primo. Ormai resisto pi io di lui pens invece il figlio Stefano, e avvert una sensazione dorgoglio mescolato a dispiacere. Soltanto lanno scorso non era cos riflett; sbirci il padre: robusto, con il collo piantato come un tronco tra le spalle, e quei baffi color pepe che gli coprivano quasi la bocca, non era certo uomo da ispirare compatimento. Per ha quasi cinquantanni si disse Stefano. Accortosi che il padre aveva notato il suo sguardo, sempre seguitando a massaggiare con la cote il filo della falce il ragazzo gir lentamente gli occhi, fino a fermarli sulla carrareccia che dalla Nomanella, la loro cascina, saliva al paese, a Nomana. Ferrante intu ci che era passato per la mente del figlio (lo conosceva cos bene): Bravo ragazzo pens, e per rompere il silenzio gli chiese, in dialetto ovviamente: Coshai? Aspetti forse qualcuno? Si padre gli rispose Stefano: Io non so, ma potrebbe arrivare Ambrogio. Ambrogio quale? Il Riva? S, lui. Ferrante si meravigli un poco: Siamo ancora in maggio disse: Non lultimo di maggio oggi? S padre. E lui, il tuo compagno, non torna sempre da collegio a met giugno? Di solito s. Anzi per via degli esami questanno doveva tornare pi tardi, a fine luglio o in agosto: cos almeno mha detto a Pasqua. Per ieri Giustina ha saputo dalle signorine della ditta che ritorna invece oggi pomeriggio.

Vedo fece generico Ferrante. Sar forse per la guerra, per il pericolo di guerra opin Stefano. Ferrante riflett alquanto in silenzio. Sapeste, ragazzi, che razza di porcheria la guerra disse infine, e fece ripetutamente segno di no con la testa, meditabondo. Diversi ricordi stavano affluendo in confuso alla sua mente, tra i quali uno prevalse: il ricordo duna sensazione indicibilmente sgradevole da lui sperimentata pi di ventanni prima alle lugubri parole di un fante suo compagno di trincea, mentrerano in attesa di uscire per uno di quegli orribili assalti presentati sempre come risolutivi, e che poi non risolvevano mai niente. Adesso egli non ricordava pi le parole: ricordava bene per quella sensazione cos straordinariamente sgradevole. Poveri ragazzi concluse, incapace di esprimere appieno il proprio pensiero. Vi accorgerete che e fece ancora segno di no pi volte, quindi riprese a vibrare la falce con forza. La guerra ad ogni modo non c ancora osserv Stefano, riprendendo a sua volta a falciare: e finch non c, uno pu sempre sperare. Ferrante annu, ma pensava: Non c, no. Per sono gi in guerra gli altri: i tedeschi, i francesi, e insomma gli altri. E nelle citt, anche a Milano, ci sono quelle carogne di studenti e il resto della marmaglia che fanno le dimostrazioni per entrarci. Anche allora, nel 15 cominciata cos. Non riprese tuttavia il discorso, si sforz anzi di non pensare pi alla guerra, di non impegolarvi oltre i pensieri. Cos, interrompendosi solo di tempo in tempo per affilare le falci, i due procedettero finch non ebbero rasato per intero il riquadro derba che si erano prefissi. Giunti al suo termine si voltarono e tornarono insieme al carro, dal cui cassetto Ferrante tolse la bottiglia dellacqua che la moglie vi aveva posto,

avvolta in foglie fresche di fico; senza parlare prima il padre poi il figlio bevvero a canna, traendo sospiri di soddisfazione. Quindi presero dal carro i rastrelli di legno, e riunirono lerba falciata, dal buon odore verde, dapprima in andane, poi in mucchi, e fu lavoro abbastanza lungo; al termine del quale i due vennero a trovarsi per la seconda volta in fondo al rettangolo rasato. Da qui, a un cenno del padre, Stefano and a prendere il cavallo che attendeva adesso con la testa eretta e le orecchie diritte, e scatt avanti con impegno non appena il giovane ebbe afferrato il guinzaglio.

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DALLA BRIANzA AL MONDO

Come nei grandi cicli narrativi occidentali, le vicende iniziano sempre da umili origini. Storie e memorie scaturiscono da piccole sorgenti: il luogo si chiama Nomana, pseudonimo di Besana in Brianza, citt natale

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intero albero delle storie narrate nel romanzo Il cavallo rosso germina da una scena semplice, dal mondo contadino di allora: Ferrante e suo figlio Stefano sono al lavoro, stanno falciando nel prato, ai limiti del paese, in primavera inoltrata. La Brianza qui descritta senza fronzoli, coi suoi dintorni verdeggianti, ma anche come una terra del tutto inconsapevole della catastrofe che incombe nellimmediato futuro: manca poco, infatti, al giorno in cui lItalia entrer in guerra, nel turbine travolgente della Seconda Guerra Mondiale.

e u g e n i o c o r t i a c aVa l l o n e l l a s t e P Pa r u s s a 24 a r c h i v i o c o r t i

dellautore. Sin dalla prima pagina, la scrittura realistica, ma del realismo simbolico dantesco, figurale, perch rappresenta con precisione la scena (il gesto della falce, il buon odore verde, il cavallino che rumina paziente in un angolo, la stanchezza dei protagonisti) ma allude anche, come ha sottolineato il critico Luca Doninelli, al mistero cristiano del Padre e del Figlio, e del fatto che la storia avr una fine, un giudizio, nellazione della mietitura che taglia lerba buona assieme alla zizzania.

Con Il cavallo rosso siamo in presenza di un grande poema epico in prosa, paragonabile ai libri del russo Tolstoj, un libro-mondo vestito di abiti comuni. Sembra un idillio e invece la raffigurazione di una realt ancora intatta perch unita a Domineddio. Mentre agli occhi disillusi di una pur innamorata ragazza della borghesia milanese, Fanny, che sposer Ambrogio Riva, la Brianza sar definita distrattamente il tuo paesello.

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C I V O L E VA M O BENE...i f r at e l l i c o r t i i n u n a f o t o D e g l i a n n i t r e n ta 26 a r c h i v i o c o r t i

la semplice, coraggiosa definizione che corti d per descrivere i rapporti quotidiani tra vicini, parenti, compaesani nel mondo piccolo del microcosmo brianteo, nel tempo danteguerra. I dialoghi, le conversazioni, le scene corali, lasciano apparire un fatto: che la societ non esisteva senza la famiglia n senza la comunit, perch era un insieme vivente di relazioni sempre superiori ai difetti dei singoli. Lautore narra del momento preciso in cui la storia entra nellanonima casa dei Giovenzana, nella primavera fatale del 1940, quando il postino Chin, imbarazzato, deve consegnare alla Mamm Lusa la cartolina precetto per suo figlio Stefano: la madre sar ancor pi turbata per il fatto di trovarsi da sola in casa, senza nessun famigliare, perch erano talmente abituati a dividere tutto tra loro!. Bene o male, il microcosmo di Nomana e della Brianza si orientava sul metro di giudizio, condiviso, della dottrina della Chiesa, riconosciuta come fonte autorevole di educazione. Dentro una Nazione che incominciava a rigettare, pi o meno nascostamente, lannuncio cristiano, la terra brianzola rappresentava unaltra Italia, reale, vera eppure oramai incredibile, se osservata da prospettive laiciste o rivoluzionarie. Lo si verifica leggendo la scena dei ragazzi delloratorio: don Mario sgrida i bambini che stavano prima tormentando un cagnolino e, soprattutto, deridendo e tirando i sassi ad Aristide del Ghemio, un uomo

che a quel tempo veniva chiamato il deficiente. Il prete sospende lattivit in parrocchia, per quella sera, e cos si sfoga con Manno, concludendo: s, poi si riesce a educarli, abbastanza, quasi tutti. Ma con che fatica. Quanto pregare davanti al tabernacolo! avevano ripreso a camminare. Il prete si ferm di nuovo: Perch sar cos? Perch da piccoli sono tanto difficili? si vede che i bambini non nascono naturalmente buoni. Ecco un altro fatto che ce lo fa constatare. Quella unet disse il prete in cui a volte si decide la sorte di unanima. Questo realismo cristiano la risposta in forma darte ai romanzi dei Moravia, dei Calvino e di unElsa Morante, opere nelle quali domina una domanda disperata sul senso delle vite di tutti, del significato della storia umana: Corti, pur essendo testimone delle atrocit del Novecento, non si lasciato corrodere dal cinismo. Sar infatti lui stesso, voce narrante del proprio diario di guerra, il personaggio che entrer affamato e assiderato in unisba russa in mezzo a donne terrorizzate, e rimetter la pistola nella fondina, per tranquillizzarle: nema bajuscia: niente paura, sono entrato soltanto per mangiare. accostai pi volte la mano alla bocca, per farmi capire. Era, quello, un gesto che veniva da lontano: frutto di uneducazione cristiana, di un mondo in cui le donne rispondevano con naturalezza smm al mund per vtass, no? (Siamo al mondo per aiutarci, no?): una frase che la mamma Giulia riva pronunciava spesso coi conoscenti, e una volta anche parlando con don carlo Gnocchi, sempre mettendola in pratica.

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GLI EVENTI P R E C I P I TA N Oeugenio corti (al centro seDuto sul cannone) insieMe ai ragaZZi Del 21 28 a r c h i v i o c o r t i

a pace imperfetta della provincia spezzata dal precipitare degli eventi. LItalia entra in guerra, trascinata da unideologia che a Nomana arriva smorzata. I giovani coetanei, i ragazzi del 21 sono richiamati sotto le armi e dovranno affrontare le prove del destino in terre lontane. Perch la guerra funesta la storia con la sua calamit? Tutti i popolani ricordavano linvocazione dei loro preti che serano particolarmente raffittite nelle ultime settimane: a fame, a peste, a bello, libera nos Domine. libera nos libera nos. Il signore non aveva accolta la preghiera, ecco. segno che i peccati degli uomini erano cresciuti fino al punto dimpedirglielo. Da tempo don Mario lo spiegava cos bene: state attenti: vero che Dio amore, ma non pu continuare a trattare gli uomini come bambini irresponsabili chi li aveva commessi quei peccati? Dove li avevano commessi? anche a Nomana, s, era inutile negare: Guardate in voi stessi, non cercate lontano diceva don Mario, e diceva bene, appena che uno riflettesse. cos adesso non restava che rimboccarsi le maniche e far fronte al guaio tremendo in cui ci si stava ficcando, un guaio nel corso del quale non pochi sarebbero stati

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uccisi. a quanti del paese sarebbe toccato, e a chi precisamente?. Nel Novecento la letteratura di guerra si spesso confrontata con la forma del diario dalla prima linea: per la voce di Corti soldato-testimonereduce della disastrosa ritirata di Russia inconfondibile, se confrontata con quelle dei suoi coscritti scrittori, Mario Rigoni Stern, Mario Bedeschi, Aleksandr Solenicyn. proprio con questultimo che andrebbe paragonato Corti, che si potrebbe definire quasi un russo nato accidentalmente in Brianza. Io devo andare in russia, diceva il giovane autore, appena arruolato sotto le armi. Non un caso se Michele Tintori, alter ego dellautore, ad un certo punto, dialogando con Ambrogio, affermi: s. Devo vedere coshanno effettivamente combinato i comunisti. Ecco perch ci debbo andare subito, prima che i tedeschi cambino troppo la realt delle cose i comunisti hanno tentato un esperimento unico, non te ne sei mai reso conto? Hanno tentato o se vuoi stanno tentando una redenzione delluomo e della societ al di fuori di cristo e del cristianesimo, anzi contro cristo. E per fare questo questo terribile tentativo si sono isolati dal resto del mondo. Per noi cristiani importantissimo renderci conto di coshanno realmente combinato. sembra che ci siano stati milioni di vittime.

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I PI NON RITORNANO

os lavanzata in urss fu innanzitutto la scoperta degli altri, degli ammazzamenti, del coraggio e della vilt, dellabisso delle atrocit, come si legge nelle gelide pagine de I pi non ritornano (pubblicato nel 1947): dei 30.000 partiti con larMIr, annota dolente lo scrittore, siamo tornati in sette-ottomila. E se in tempi recenti Corti ha affermato io sono stato educato dalla guerra, ha inteso dirlo non certo nella direzione della retorica e del bellicismo dannunziano. piuttosto lavere scoperto, vicinissimo alla morte, il proprio totale affidamento al destino, alla Provvidenza, in qualunque situazione. Lo si nota in una sequenza del diario della ritirata russa: Il freddo era tremendo. ogni tanto battevo con insistenza i piedi sulla neve perch non si congelassero. Talvolta interrompevo il mio

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l a r i t i r ata D i r u s s i a . D e i 3 0 . 0 0 0 Pa r t i t i , s i a M o t o r n at i i n s e t t e - o t t o M i l a 30 a r c h i v i o c o r t i

colloquio con Dio per riflettere. comerano piccole molte delle cose cui avevo fino allora data tanta importanza! Dio invece era vero, e vero era lamore di mia Madre. cos sotto la maschera di ghiaccio, nel buio di quelle ore che ritenevo precedessero lattacco nemico e con probabilit la morte, meglio che in qualsiasi altro momento vedevo la realt con chiarezza. Questo conferma che Corti ha imparato dalla guerra ci che la guerra non pu insegnare, ma solo lamore di Dio. Cosa che risalta nel drammatico insaccamento degli Alpini in ritirata sul Don, quando don Crosara, il loro

cappellano, nota un soldato russo sbandato che tenta di suicidarsi tagliandosi la gola, gli afferra il polso per impedirglielo e gli mostra il Crocefisso gridando perch ti ammazzi?, legandosi con lui in un tragico abbraccio: Finalmente il russo ferm lo sguardo sul crocefisso, circond con la propria la mano del prete che lo impugnava, e si tir il cristo contro la bocca. Gli alpini guardavano la scena in silenzio; il russo consegn al prete il pugnale, che venne scagliato il pi lontano possibile. la madre di Dio ti vuol bene ansim don crosara: ti vuol bene, hai capito? Dio non come noi uomini.

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NEL GRANDE CAPOVOLGIMENTO DELLA MORTE

D o n c a r l o g n o c c H i i M Pa r t i s c e l a c o M u n i o n e a i s o l D at i s u l f r o n t e a l B a n e s e 32 f o n d a z i o n e D o n c a r l o g n o c c h i o n l u s

ur non insegnando nulla del bene, la guerra almeno fa sentire il desiderio di ritornare a Dio. Perch impone alluomo la realt massima e non aggirabile della morte: in questa rappresentazione, Corti raggiunge sempre lacme narrativo, poetico e teologico. Sono infatti insuperabili le sequenze con cui lautore accompagna sulla soglia delleternit

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il soldato Stefano Giovenzana, il capitano Grandi (che, moribondo sulla slitta nella neve, canta coi suoi del reggimento, sino alla fine...), poi il tenente Manno Riva, il Foresto, il capo dei comunisti locali, e infine Alma, insegnante e moglie di Michele Tintori. Per lei come per Manno, lultimo istante della vita terrena non solo un capovolgimento della prospettiva, ma linizio di un misterioso incontro: il militare, mentre muore ferito dai proiettili, sente un fruscio e crede sia la bandiera tricolore, invece erano le ali del suo angelo.

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LA MORTE DEL C A P I TA N O G R A N D Ida Il cavallo rossol freddo era sempre tremendo, ma cera un po di sole che consentiva allo sguardo di spaziare lontano, fino al desolato orizzonte; un po alla volta il passo si fece sostenuto. Il battaglione, seguito dal gruppo Val Camonica con gli otto pezzi da 105 al traino, e dallunico pezzo superstite a della 33 batteria, raggiunse il punto in cui, dopo aver aggirato Arnautovo, gli sbandati confluivano sulla pista principale: davanti a questa formazione armata, che avrebbe costituito una sicurezza per tutti, gli sbandati (in questo punto tedeschi, in qualche modo pi ordinati degli altri) ristettero il tempo necessario per farla entrare in colonna; poi la marcia prosegu nel silenzio di tutti, si udiva solo il calpestio affrettato delle scarpe sulla neve e lo stridio delle slitte. Col trascorrere del tempo lambiente torn a farsi a grandi linee: per quanto si marciasse di buon passo, sembrava a momenti dessere fermi nellimmensit. A un sobbalzo improvviso della slitta il capitano dal ventre squarciato apr gli occhi. Prese lentamente coscienza della propria situazione e si guard intorno: incontr lo sguardo di un alpino che gli camminava a lato: La battaglia finita? chiese. S, finita. Ce labbiamo fatta, eh? S, abbiamo aperta la strada.34

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Accorse lunico ufficiale rimasto alla compagnia, si chin sul ferito: Ce labbiamo fatta signor capitano. Abbiamo riaperta la strada. Mm. Meno male. Come vi sentite signor capitano? Io? Ne ho per poco. Lufficiale non ribatt. Loro erano tre battaglioni disse invece: Adesso lo sappiamo con certezza. Il Tirano ridotto alla met, per ripet ha aperta la strada alla colonna. Se arrivi fuori, dillo a mia madre. Signors, mimpegno a dirglielo. Dille che ho fatto il mio dovere, e perci muoio in pace con gli uomini e con Dio. Dalluna e dallaltra parte della slitta i suoi alpini, fattisi avanti, guardavano con facce angustiate il capitano; anche il conducente che camminava con le redini dei due muli girate intorno alle spalle alla brava, si voltava ogni poco a guardarlo, aveva le lacrime agli occhi. Cosa sono quei musi lunghi? esclam a un tratto il capitano Grandi: Sotto piuttosto, cantate con me. E con la voce che si ritrovava, che sarebbe stata ridicola in un momento meno tragico, attacc la tremenda canzone alpina del capitano che sta per morire e fa testamento: Il capitano l ferito l ferito e sta per morir

Subito i circostanti gli si unirono nel canto, pi duno fece segno a quelli che seguivano, corse la voce, tutta la compagnia serr sotto e si mise con grandissimo dolore a cantare. Nella canzone il morente prescrive che il suo corpo sia tagliato in cinque pezzi: Il primo pezzo alla montagna che lo ricopra di rose e fior Che struggimento, che pena il ricordo delle native montagne in quellenorme pianura senza confini secondo pezzo al re dItalia che si ricordi del suo sold Il terzo pezzo al reggimento. Nella sterminata colonna di formiche che procedevano frenetiche, eppure parevano ferme nella gelida immensit, cera quel breve tratto che cantava. E la madre compariva nel canto, e la donna amata: il quarto pezzo alla mia mamma che si ricordi del suo figliol il quinto pezzo alla mia bella che si ricordi del suo primo amor Addio dunque anche a te primo amore, addio per sempre, ci che abbiamo sognato non sar mai Addio montagne, patria, reggimento, addio mamma e primo amore, cantavano gli alpini. Cantavano e piangevano gli alpini valorosi, e cera nel loro canto paziente tutto lo struggimento della nostra umana impotenza; cantarono anche quando il capitano ormai non cantava pi e li accompagnava solo con gli occhi; cessarono di cantare solo quando si resero conto che il capitano Grandi era morto.35

LA MADONNA C h E C E L I FA R I T R O VA R E !

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arte non la soluzione di unequazione ma la risposta a una vocazione. Corti lo ha promesso alla Madonna nel momento pi difficile della sua vita, come scrive Paola Scaglione nella biografia: avrebbe speso il resto dellesistenza per lavvento del Regno, quello che il Vangelo scrive con la maiuscola. Era la notte di Natale del 1942: il sottotenente dartiglieria Eugenio Corti, ventidue anni ancora da compiere, lottava contro il gelo e la morte nella tragica ritirata di Russia. Non immaginava quali insidie gli avrebbe riservato nel futuro la battaglia quotidiana per seguire quella vocazione affidata alla Madre di Dio. Eppure, nello scorrere dei suoi

un affresco Mariano in BrianZa

36 B l o s s o m c o m m u n i c a t i o n s

giorni, non mai venuto meno al compito che si era assunto. La sola cosa che gli preme si riconosca di lui che ha preso parte alla battaglia del Regno: Non dico certo di avere combattuto bene, ma di avere combattuto s. (Scaglione P., Parole Scolpite). Larte dunque per lui una forma di riconoscenza. Ma a chi? A un volto, a una misteriosa persona, celata nel dogma della Trinit cristiana. Nel mezzo della tragedia dei ventotto giorni di Russia (dicembre 1942-gennaio 1943), il soldato Eugenio Corti aveva appunto formulato quel voto alla Madonna della mia gente, la Madonna del Bosco di Imbersago. Da allora, nella sua narrativa, i brevi accenni alla fede sono concreti, simili a brevi sguardi a Qualcuno di cui si sperimenta la presenza, reale. la medesima fiducia che muoveva la devozione popolare dei briantei a edificare decine e decine di edicole mariane nelle campagne, ai crocevia tra le strade, sui muri delle cascine. Quelle immagini della Vergine Maria dipingevano in maniera nativa il senso religioso che percepisce il cielo scendere ad abitare in terra, lIncarnazione. Anche ne Il cavallo rosso ci sono queste segnalazioni celesti per seguire il sentiero della verit e della carit qui nella storia, nelle bufere della vita: quando la mamma Giulia pregava il rosario suscitava negli astanti la sensazione

che la prima e pi vera realt per lei non fosse quella terrena e visibile, bens laltra, quella trascendente () le invocazioni uguali del rosario si succedettero: nellintendimento di Giulia erano simili ciascuna a un toc, toc, alluscio dellaldil, secondo quellinvito del vangelo: bussate, non stancatevi di bussare, e vi sar aperto. Oppure quando alla Mamm Lusa viene recapitata la lettera di precetto per il figlio Stefano: nellangoscia che la invade, la donna cerc con gli occhi leffigie della Madonna alla parete: una stampa popolare in cui prevaleva lazzurro, il colore del cielo sereno. Il volto amato della madre di Dio e anche quel colore ebbero il potere di calmarla un poco. cominci allora a muovere le labbra, a pregare. O anche quando Corti narra le peregrinazioni di Pierello, un giovane di Nomana finito in Prussia a seguito dellesercito in rotta sul fronte orientale. Pierello trova rifugio presso una fattoria tedesca e diventa amico di Joachim, della sua famiglia, dellanziana madre. La guerra li separer ma il destino li far incontrare di nuovo, inaspettatamente, in circostanze drammatica: allora Pierello esclam la Madonna che ci manda... senza riflettere che quella era protestante, inducendo lanziana a concordare e affermare Die gottesmutter sie gebolt: sia ringraziata la madre di Dio.

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IL CAPPELLANO DEGLI ALPINI

Don carlo gnoccHi Dice Messa 38 f o n d a z i o n e D o n c a r l o g n o c c h i o n l u s

a

nche lamicizia di corti con il beato cappellano degli alpini che portava Cristo in mezzo ai combattenti, era indicazione della retta via: nel romanzo, don Carlo Gnocchi viene ritratto dal vivo e in piena

azione, prima e dopo la guerra; teneva in tasca, ricorda lo scrittore, un quadernetto su cui annotava nomi cognomi di chi assisteva negli ultimi istanti di vita, ai quali prometteva che avrebbe provveduto a figli e famigliari. Nella realt della vita di Eugenio Corti sar proprio don Gnocchi a celebrare il matrimonio con lamata sposa Vanda Di Marsciano, ad Assisi nel 1951.

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TRASFORMARE OGNI COSA IN BELLEzzAPa r t i c o l a r e D i u n a Pa g i n a D e l M a n o s c r i t t o o r i g i n a l e D e I l c ava l l o r o s s o 40 e d i z i o n i a r e s

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uando il giovane corti sent per la prima volta e con prepotenza la vocazione poetica, fu frequentando i primi anni del ginnasio: apr il libro di Omero e venne rapito dallepos.

Da allora il suo intimo desiderio fu quello dellatto artistico vero, di cogliere luniversale nel particolare, secondo la definizione di Aristotele. I suoi libri sono infatti impreziositi da brani molto poetici che fanno corpo unico con la prosa, anche nei momenti pi drammatici o marginali: ad esempio, lestasi del canto delle quaglie che in piena estate di guerra 1942 solcano la pianura russa cariche di gioia di esistere, o il volo leggiadro delle farfalle sullAppennino marchigiano, tra le linee delle battaglie del 44. Da tali scene emerge sempre unevidenza: che luomo immerso in un mondo creato, il quale possiede una misteriosa bellezza che parla attraverso il linguaggio ignoto e affascinante della natura. Cos si legge anche nella sequenza relativa allestate in Russia, prima della disfatta: per la sentinella meravigliata, scoprire la migrazione dei ragni significa sentirsi misteriosamente legati al mistero delluniverso vivente: terminato il passo delle anitre egli assist a un altro passo, davvero impensato: quello dei ragni.

sulle sporgenze dei fortini, sui lunghi fili del telefono da campo, su ogni stelo secco e in cima alle erbe pi alte, comparvero dei fili di ragnatela che raffittirono sempre pi. Dapprima nessuno ci badava, poi di notte una vedetta saccorse, alzando gli occhi alla luna, che nellaria navigavano innumerevoli fili. Anche il personaggio pi luminoso del romanzo, Manno, nei suoi discorsi ripeteva che larte, se autentica, indirizza a Dio. Mentre il racconto della vocazione poetica di Michele Tintori come una storia dentro la storia, perch brilla della pi grandiosa dichiarazione di poetica nel fosco Novecento: tutto quello che esiste mi piace, pronunciata da un liceale del collegio milanese san Carlo, al suo professore di ginnasio che lo aveva sorpreso a distrarsi durante lora di lezione. Michele, in unione Sovietica, sar fatto prigioniero e avr salva la vita grazie al tenente sovietico Laricev che, invece di spedirlo in Siberia, trova affinit con lui recitando in francese alcuni passi di Victor hugo. Tale la poetica trascendentale di Corti, che gli consente di fare descrizioni del divino sempre legate allagire umano, di esprimere realisticamente anche la presenza soprannaturale degli angeli custodi: andai a sedermi su un ceppo sporgente dallerba, sotto la volta inattingibile del cielo. Mentre lo facevo mi sembr stranamente di sentire il mio angelo sedersi sul ceppo al mio fianco, alla nostra maniera umana.

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O S S E R VAT O R I O C AT E R I N A : L E FA R FA L L Eda GlI UlTIMI solDaTI DEl rE

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e venivano spesso, aleggiando, a posarsi sui bordi di terra smossa della nostra trincea, forse per suggerne lumidit. un pomeriggio ne arriv una particolarmente bella: era nero-velluto, striata di fuoco, con macchie bianche. La mia attenzione fu attirata dalla leggiadria di quei colori, i quali mi resi conto non erano disposti a caso: anzi anche un grande pittore soltanto in un momento di particolare grazia avrebbe saputo comporli con tanta arte. La considerai attento: quanto a lei, certo, non era cos per propria scelta, non sapeva neppure di essere una farfalla, non se ne accorgeva. Nemmeno desistere si accorgeva: esisteva e basta, e ferma sul bordo di terra della trincea muoveva ritmica le ali, come uno che respiri nel

sonno, inconsciamente lieta del miracolo grande dellestate di cui faceva parte. Quando per di l a poco ne comparve unaltra della stessa specie, la farfalla si alz in volo e prese a volteggiarle intorno, mostrando si sarebbe detto con intenzione allaltra i propri colori, ostentandoli, nascondendoli, ostentandoli di nuovo con somma grazia, come una provetta attrice. Insetto, concretamento di qualcosa che la trascendeva infinitamente, anche lei come noi. Specchio minimo come il luccichio dun granello di sabbia al sole della gioia e del colore che stanno nella mente di Dio. una farfalla, mi resi improvvisamente conto, basterebbe da sola a dimostrare lesistenza di Dio. Godevo di quellinattesa festa di colori. La gioia incomparabile che devesserci in Dio Ecco, afferrai, ecco perch siamo stati creati noi uomini e gli angeli, chiss quanti miliardi desseri intelligenti e dotati di sensibilit: perch tutti si possa

partecipare a una cos incommensurabile gioia! Prima per, riflettei, c la prova (che ci d merito: per il quale non siamo solo passivi), e per noi terrestri c anche la morte. Gi Presto le due farfalle sarebbero morte. Con unombra di turbamento immaginai le spoglie di tutte le

farfalle morte, povere cose gualcite e rotte che le formiche, moriture anchesse, sul finir dellestate frettolosamente trascinano via. Che bene, per noi, che le farfalle esistano. E com giusto che loro non si accorgano desistere (non si accorgano dunque neanche di morire).

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L A M O R E , CAPOLAVORO DEL C R E AT O R E

Va n D a D i M a r s c i a n o e e u g e n i o c o r t i i l g i o r n o D e l l o r o M at r i M o n i o , a D a s s i s i 44 a r c h i v i o c o r t i

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orti, nel raccontare linnamoramento, il fascino dellattrazione fisica e del sentimento, la vita matrimoniale, controcorrente rispetto al resto della letteratura Novecentesca perch ne canta la gioia e la profondit, sempre superiore alle bassezze e agli errori umanissimi: belli i ritratti di coppie anche non realizzate, come quella di Manno con Colomba. A proposito di questultima giovane, infatti, lautore ha saputo cos prodursi in una descrizione appassionata e casta del fascino femminile: adesso che di anni ne aveva ventuno si era fatta ancor pi bella, glielo dicevano gli sguardi della gente che incontrava: sei bella sembravano dirle. anche in piazza cerano, guarda, molte rondini come un tempo, e a lei che lattraversava di buon passo, volavano pi vicine del dovuto, qualcuna perfino (impertinente!) sfiorandola con agreste galanteria: sei bella, lo sai? sei bella, parevano gridarle, involandosi; anche le sue scarpette glielo sussurravano, picchiettando sullacciottolato: sei bella colomba, sei bella. Eh si schermiva lei, tra compiaciuta e malinconica. Innanzitutto, lamore una promessa e unattesa, ed promettente: in unora estiva di vacanza e di tregua dagli eventi di guerra, al giovane Ambrogio capitava di svagare col pensiero. Gli occhi fissi nel fogliame del fico sopra la sua testa, oppure nelle nuvole che navigavano altissime nel cielo. Pensava a tante cose: per esempio alla sconosciuta ragazza che sarebbe stata un giorno sua moglie, la quale doveva ben

esistere da qualche parte, e cercava a volte di raffigurarsela. Per Corti amarsi la figura di un presagio, e non il prodotto di un bisogno, leffetto di uno stimolo. La vibrante scena della notte destate nella pianura del Don, nellisba, quando Ambrogio rifiuta le avanches della bella russa Mascia spiegandole in russo che no dobre!, non bene, non ha pari nella letteratura italiana di tutto un secolo, scivolata nella giustificazione del vizio. ha per un riscontro vero nel cuore di molti lettori che, uomini e donne semplici, hanno vissuto lamore come dovrebbe essere. Corti lo fa capire anche attraverso una caratteristica: che quando due sono innamorati, in reciproca presenza facile parlarsi delle cose a cui pi si tiene. La delicatezza dello scrittore definibile cristiana, come nella scena del viaggio in treno da Milano a Monza, di Michele e Alma appena fidanzati, nel febbraio 1947, perch tiene conto del fatto che lamore non solo un sentimento ma un segno tangibile della presenza di Dio, che la vera fedelt. I due giovani, che si sono appena messi assieme, arrivarono cos, sempre uno al braccio dellaltro, alla stazione centrale; viaggiarono in treno fino a Monza: pareva loro ormai assurdo doversi separare, sebbene sia luno che laltra sentissero anche, a tratti, il bisogno di un po di solitudine per riflettere su ci che stava loro accadendo, riandare le ore meravigliose passate insieme, rendersi conto che, obiettivamente, non si trattava dun sogno. da dire che sia luno che laltra non avevano mai fatto in vita loro un sogno bello come questa realt.

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P E R L A PAT R I A ?

un MoMento Di ilarit Durante un ritroVo Degli alPini 46 f o n d a z i o n e D o n c a r l o g n o c c h i o n l u s

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personaggi luminosi ed esemplari, in corti, servono il proprio Paese con la semplicit e la dedizione: si veda il colloquio con lartigliere zaccagnini, ferito gravemente e degente presso lospedale militare di Sarnano nelle Marche, ne Gli ultimi soldati del re (prima versione intitolata I poveri cristi, del 1951). un discorso nel quale la patria descritta con una concretezza simile a quella che appartenne agli insorti della Vandea: gli parlai dunque della patria: si faceva quasi fatica a nominarla dopo tutto lo sputtanamento chera stato fatto di quel nome; ma la patria, mi sforzai di spiegargli, non era unastrazione come molti credono, n qualcosa di circoscritto ai discorsi solenni, o ai monumenti, o alle frasi del libro di storia, che sono soltanto la retorica della patria. vuol dire eredit lasciataci dai padri. Ed quindi composta anzitutto di persone reali: i nostri famigliari a laltra gente come noi; e poi del nostro modo di vivere () inoltre il nostro paese e la nostra casa, che ci vengono sempre in mente quando ne siamo lontani, e dei quali sentiamo di continuo la mancanza. anche i campi, e i vigneti in cui al tempo della vendemmia cantano le ragazze, sono la nostra patria: te la sceglierai la sposa, eh, questanno? sarai lunico del paese ad avere fatto la guerra di liberazione, lunico con la faccia del vittorioso. se faremo tutti la nostra parte come hai fatto tu, un po alla volta riusciremo a sistemare le cose, vedrai, cos alla fine potremo vivere come intendiamo noi, e tirar su in pace i nostri figli: non come estranei, ma italiani e cristiani, con i sentimenti giusti. Nel giudizio sullideologia della propria nazione, Corti va dunque oltre la contrapposizione

ricattatoria fascismo/antifascismo e segue la lezione del filosofo irregolare Giacomo Noventa (1898-1960), che secondo il filosofo Augusto Del Noce fu testimone della frattura tra Paese Legale e Paese Reale della cultura. La proposta patriottica di Corti alternativa: mostra come il valore civico sarebbe stato presente in modo nativo negli Alpini, se avessimo scelto loro come modello per la Ricostruzione italiana dopo il Ventennio, e non i Partigiani comunisti, descritti come uomini duri, freddi, senza gioia, mentre sono impegnati in azioni di sabotaggio. La resurrezione del Paese, secondo Corti, potr avvenire soltanto mediante il sacrificio personale e il servizio individuale al bene comune: se ne notano le linee portanti anche nel discorso di Manno alla scuola allievi ufficiali di complemento, presso Murgiano di Puglia nellautunno 1943: vedete in che situazione di sfascio oggi lItalia... cercate di rendervi conto di come ci ridurremo in futuro se ci lasceremo andare ancor di pi. Guai se ciascuno di noi, uno per uno, non si rimbocca le maniche e non fa qualcosa per uscire dalla palude. Ma alla fine di questo corso gli obiettava con amarezza qualche allievo noi non sappiamo neppure se riceveremo la nomina a sottotenente o no. signor tenente: noi a volte ci chiediamo se il nostro studiare non sia semplicemente inutile. No, rispondeva Manno, non fosse perch, rifiutando di studiare, favorireste per quanto vi riguarda questo tremendo caos in cui stiamo sempre pi sprofondando. ci sono dei momenti in cui si gioca il futuro di tutto un popolo per molto tempo. E noi ci troviamo in uno di quei momenti, come non ve ne rendete conto?.

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LA POLITICA: EDIFICARE LA CITT CELESTE NELLA STORIAM a n i f e s t i D e l l a r e P u B B l i c a D i s a l c o n t r o i Pa r t i g i a n i s u l M u r o D i u n a P i a Z Z a B r i a n Z o l a 48 s e r e g n d e l a m e m o r i a , 1 9 8 9

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romanzi di corti sono senza dubbio opere letterarie politiche, nel senso pieno del termine: perch esprimono con chiarezza un giudizio politico sulle posizioni partitiche del proprio tempo (i fascisti e gli antifascisti, il CLN e il partito dazione, poi il cattolicesimo politico e la via italiana al comunismo). Ne Il cavallo rosso il marxismo definito una tremenda trappola per immaturi e tutta la struttura della narrazione tende a evidenziare i limiti insuperabili dellideologia del socialismo reale prima e del catto-comunismo poi. Ma laccusa cortiana contro la mentalit di sinistra la medesima che lui stesso porta alla posizione di destra: sono due visioni sbagliate delluomo, di Dio, del mondo. Corti, parlando di Michele Tintori, afferma che lui nel libro doveva assolutamente riuscire a renderla la tremenda realt del peccato originale dato che se si esclude dal quadro il guasto che gli uomini si portano dentro - guasto che si fa sentire in ogni cosa - la loro storia sarebbe inspiegabile. Ma pi che a confutare, il discorso di Corti punta al recupero e alla ricostruzione. La filosofia della storia ereditata da Michele Tintori quella della teologia cattolica: spiega come la Citt di Dio si edifichi dentro la storia e competa con la citt

terrena, che non lascia mai spazio a Dio. Questo caposaldo fa di Corti uno scrittore avverso alla cultura gramsciana del dopoguerra, obbediente allaffermazione di Marx che la critica della religione la premessa di ogni critica. Inoltre lanticomunismo di Corti non gli imped di ritrarre tutta la realt: per esempio, di raccontare la conversione in extremis del Foresto, il capo dei comunisti nomanesi. Anche la rappresentazione dellambiente delluniversit Cattolica di prima della guerra, realisticamente scomoda: si notano i profili niente affatto edulcorati della giovane Nilde Jotti, di un padre David Turoldo intento a comporre inni al fascismo, di don Baget Bozzo, del magnifico rettore padre Agostino Gemelli. Altrettanto imperdonabile lumanit piena con cui lautore ritrae un Palmiro Togliatti stanco e pensieroso al termine di un comizio milanese. Del resto, la confessione fatta a proposito di Ambrogio, forse, va bene anche per Corti: In realt la politica ripugnava anche a lui. Forse perch pone spesso luomo semplice e ingenuo di fronte ad avversari pronti a tutto, accecati dallideologia e dallodio, fusi entrambi nella frase del personaggio, il socialista Benfatti, che durante unassemblea sentenzi: a volte, per il bene del popolo, pu essere necessario andare contro il popolo.

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INDuSTRIALI (E OPERAI) PER CREARE POSTI DI LAVORO

V e t r ata D i s t r u t ta a l l i n t e r n o D i u n a e x fa B B r i c a B r i a n Z o l a 50 B l o s s o m c o m m u n i c a t i o n s

iglio primogenito di un besanese che aveva iniziato come operaio divenendo presto imprenditore in proprio, Corti non rappresenta limpresa dazienda e il lavoro umano come fattori di sfruttamento e alienazione, bens quali forme della realizzazione personale. Qui, il suo portavoce il personaggio di Ambrogio Riva, che afferma: Pap ha ragione da vendere nel porsi come dovere fondamentale la creazione di sempre nuovi posti di lavoro. veramente questo il nostro compito, la missione di noi industriali. Queste inaudite parole del giovane imprenditore sono invece ripetute in modo analogo in tanti altri punti del racconto. Veramente la Brianza di quel tempo era cos, lontanissima dalle violente dialettiche politiche emiliane, dal modello aziendalista piemontese, dai rancori toscani. Sorta nel contesto lavorativo delloperosa e cattolica Brianza, la ditta dei Marsavi (pseudonimo di Vismara) di Visate (cio Casatenovo) descritta, infatti, realisticamente: il nonno, il padre e lo zio, sebbene avessero alle loro dipendenze cinque o seicento operai, usavano girare per la fabbrica con indosso il grembiule bianco al pari di tutti, e non disdegnavano alloccasione di dare una mano dove occorresse.

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Gli imprenditori, concludeva il vecchio Gerardo Riva, a sua volta imprenditore che aveva incominciato come operaio, sono capi utilissimi nellincessante lotta degli uomini contro la miseria. Nellaffresco socio-politico del romanzo c posto anche per il ritratto degli operai briantei, come quello dIncastigo (Carate Brianza) che, nel pieno delle controversie coi datori di lavoro, sale sul tavolino e parla: laiuto non glielhanno dato i sindacati, ma il padrone. La sezione finale de Il cavallo rosso la lunga estenuante descrizione dello stato in cui versano i lavoratori in proprio quando su di loro si abbatte la crisi economica: nessun altro scrittore italiano o europeo ha mai tentato tale prova. Corti s. E cos le scene della sofferenza finanziaria e umana dellazienda a conduzione familiare dei Riva sono un duro conforto anche per il lettore di oggi. Nel punto culminante dello sforzo per non fallire, il discorso che padre Rodolfo, in procinto di partire missionario per lAfrica (fine del 1955), rivolge agli anziani genitori, una vera benedizione cristiana: questa penitenza, questo bagnomaria come dicevate prima a tavola, in cui il signore da anni vi tiene non dovuta al caso, vi impedir di diventare ricchi, come cera effettivamente il pericolo. (...) che prendessimo gusto alla ricchezza, che attaccassimo il cuore allabbondanza materiale (...) mamma, non dobbiamo smangiarci, non dobbiamo angosciarci per la prova. Io volevo dirvi questo, nientaltro.

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PA R O L E S C O L P I T E SOPRA IL SECOLO DELLE IDEOLOGIE

u52 i s t o c k p h o t o

n paolotto, maestro comacino: corti si paragona esplicitamente a quanti scolpirono nella pietra le forme, nellepoca del romanico, per affidare al tempo lungo dei secoli la certezza della propria lode. La sua convinzione granitica incontra il favore di moltissimi lettori, a fine 900 nel secolo del relativismo e dellindifferenza: in molte parti del mondo, le traduzioni dei testi di Eugenio Corti segnano le tappe di un viaggio alternativo: spagnolo, lituano, rumeno, russo, francese, inglese, giapponese e serbo-croato. una certa parte della critica letteraria, anche accademica, si accorge del valore dei libri cortiani e inizia a valutarli: Lopera spartiacque per la comprensione del XX secolo, afferma qualcuno. il romanzo del Novecento, dicono altri. un libro per un possibile risveglio spirituale della nazione,

u n o s c u lt o r e a l l a V o r o

sosteneva il teologo Cornelio Fabro. Le pagine di Corti nello specchio della critica letteraria internazionale rivelano una preziosa objectivit celeste (obiettivit celestiale) secondo leditore francese Vladimir Dimitrievic. Ecco aperta la via di unaltra letteratura in Occidente, che commuove, cio smuove, linerzia delle coscienze e le muove al bene, per mezzo della certezza della visione cristiana delluniverso. Come scriveva il critico francese Laurent Mabire: Eugenio Corti appare alla nostra epoca come un rivelatore, colui che trasforma il negativo in positivo, che ristabilisce lordine del mondo. Il mondo nello stato del negativo, nel quale le ideologie pi generose, le pi luminose, producono gli effetti pi oscuri. Vivendo a contatto con questi soli neri, non immaginiamo che con fatica unaltra realt. Corti diventa il rivelatore del mondo, colui che dice, attraverso le sue frasi cos semplici, che ci che noi crediamo luminoso in realt loscurit e ci che ci sembra loscurit vale a dire loscurantismo- in realt una verit luminosa. In questo senso Il cavallo rosso , letteralmente, il libro dellApocalisse (Libert politique, n20, t 2002).

una pagina esemplare per sostenere questa abissale tesi contenuta nella leggenda umbra de Gli ultimi soldati del re, nella quale il passaggio del battaglione del tenente Corti davanti ad Assisi, sugli automezzi militari alle prime luci dellalba, d loccasione per una pagina suggestiva, in cui il soldato viene rapito dal mistico alone emanato dalla citt di Santa Chiara. La voce narrante descrive, immaginandola nella realt del possibile, una leggendaria processione di guerrieri di pietra che si animano al termine della notte e muovono verso la chiesa di santa Maria degli Angeli. La preghiera per la pace qui affidata a una donna, la fondatrice delle Clarisse, poi a sua sorella Agnese e allaltra santa umbra, santa Rita da Cascia: o Dio, chio sacrifico di nuovo, se una volta non bast, i miei capelli, perch tu tolga dalla nostra terra lodio, cos che i cuori dei fratelli che primi laccesero abbiano pace. La preghiera diventa infine corale ed eleva un grido per la conciliazione degli italiani, divisi e nemici tra loro: Togli, o Dio, dallItalia le fazioni. ahinoi! al nostro tempo ebbero inizio, e da allora il nostro non pi un popolo.

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LO SCALPELLINO S C u LT O R Eda Il cavallo rosso

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gni tanto alzava gli occhi ai fastigi del duomo () dovunque sulle guglie gotiche cerano statue, fatte dello stesso marmo delle pareti, erano centinaia e centinaia. Pens ai maestri scalpellini che le avevano scolpite: uomini sconosciuti i quali, qui e altrove, avevano spesa la vita intera, soprattutto nel medio evo, a scolpire con pazienza, e spesso con arte mirabile, le statue delle cattedrali, anche quando sapevano

che una volta issate al loro posto, nessuno avrebbe potuto ammirarle: nessuno, tranne Dio. Lui dopo tutto non si era sempre considerato uno scalpellino? Sebbene scolpisse pagine anzich pietra. Cosera dunque questa pena che lattanagliava perch la gente non avrebbe forse mai conosciuta la sua opera? Certo, come dice il Vangelo, non si accende un lume per metterlo sotto il moggio: tuttavia il suo dovere era di continuare a scrivere senza lasciarsi turbare, seguisse o no il successo. Delle sue opere avrebbe certamente goduto Iddio; e anche suo padre, lo scalpellinoscultore, che si trovava con Dio l in alto.

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il gruPPo stuDio EUGENIo corTI Del liceo Don gnoccHi 56 B l o s s o m c o m m u n i c a t i o n s

I V O LT I E I LuOGhI, IN u N A LT R A T R A M A57

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he cosa resta dunque, e che cosa rester dei libri di corti? le lettere ricevute dai lettori sono il dono maggiore per il narratore di Besana e permettono di capire a quale profondit scendano le fondamenta delleredit che riceviamo dallautore. Cos la lettura dei romanzi cortiani aiuta a riconoscere nella nostra esperienza ordinaria la presenza misteriosa di Dio, perch, come sperimenta la Mam