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Dal controllo strategico al bilancio sociale delle politiche regionali. Il caso della Regione Emilia Romagna. Giuseppina Felice Il presente contributo ha lo scopo di mettere in evidenza le relazioni che intercorrono nella pubblica amministrazione tra le pratiche di rendicontazione sociale e la funzione di controllo strategico e l’apporto che questo può fornire allo sviluppo dei processi di rendicontazione e accountability finalizzati a supportare la cooperazione interistituzionale e la governance territoriale. Dopo una prima parte introduttiva in cui sono focalizzati i contenuti della funzione di controllo strategico sia rispetto alle norme, sia rispetto ai fabbisogni informativi della pubblica amministrazione, viene illustrato un caso concreto di implementazione del controllo strategico all’interno della Regione Emilia-Romagna. L’illustrazione del modello e ancora di più l’esempio di utilizzo delle analisi del controllo strategico nell’ambito del monitoraggio del “Patto per lo sviluppo”, ossia di uno strumento di condivisione di strategie, obiettivi e azioni con l’intera società regionale evidenzia come, di fatto, il controllo strategico è “border line” con la rendicontazione sociale e come le possibili aree di collaborazione e le sinergie attivabili tra un eventuale progetto finalizzato alla elaborazione di un bilancio sociale di territorio e il controllo strategico siano molteplici. Sicuramente esiste un primo immediato livello di collaborazione in cui il sistema informativo di controllo strategico può essere messo a disposizione per le attività di rendicontazione in tutte le sue forme (bilancio sociale, di mandato, bilancio di missione, ecc.), ma soprattutto esiste la possibilità di mettere reciprocamente a disposizione le diverse competenze per dare luogo ad analisi, che, cogliendo gli aspetti qualificanti delle politiche anche attraverso la valutazione degli stakeholders, siano in grado di generare processi di apprendimento interno volti a migliorare il grado di comprensione del contesto e la programmazione delle politiche. Questo poi è particolarmente vero per un ente come la Regione che, come ente promotore di politiche di sviluppo territoriale, ha sempre più la necessità di programmare

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Dal controllo strategico al bilancio sociale delle politiche regionali. Il caso della Regione Emilia Romagna.

Giuseppina Felice

Il presente contributo ha lo scopo di mettere in evidenza le relazioni che intercorrono nella pubblica amministrazione tra le pratiche di rendicontazione sociale e la funzione di controllo strategico e l’apporto che questo può fornire allo sviluppo dei processi di rendicontazione e accountability finalizzati a supportare la cooperazione interistituzionale e la governance territoriale.

Dopo una prima parte introduttiva in cui sono focalizzati i contenuti della funzione di controllo strategico sia rispetto alle norme, sia rispetto ai fabbisogni informativi della pubblica amministrazione, viene illustrato un caso concreto di implementazione del controllo strategico all’interno della Regione Emilia-Romagna.

L’illustrazione del modello e ancora di più l’esempio di utilizzo delle analisi del controllo strategico nell’ambito del monitoraggio del “Patto per lo sviluppo”, ossia di uno strumento di condivisione di strategie, obiettivi e azioni con l’intera società regionale evidenzia come, di fatto, il controllo strategico è “border line” con la rendicontazione sociale e come le possibili aree di collaborazione e le sinergie attivabili tra un eventuale progetto finalizzato alla elaborazione di un bilancio sociale di territorio e il controllo strategico siano molteplici.

Sicuramente esiste un primo immediato livello di collaborazione in cui il sistema informativo di controllo strategico può essere messo a disposizione per le attività di rendicontazione in tutte le sue forme (bilancio sociale, di mandato, bilancio di missione, ecc.), ma soprattutto esiste la possibilità di mettere reciprocamente a disposizione le diverse competenze per dare luogo ad analisi, che, cogliendo gli aspetti qualificanti delle politiche anche attraverso la valutazione degli stakeholders, siano in grado di generare processi di apprendimento interno volti a migliorare il grado di comprensione del contesto e la programmazione delle politiche. Questo poi è particolarmente vero per un ente come la Regione che, come ente promotore di politiche di sviluppo territoriale, ha sempre più la necessità di programmare

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e di condividere i contenuti della propria programmazione con tutti gli altri soggetti che sul territorio operano e che, sia come effetto del decentramento amministrativo sia dei principi di sussidiarietà verticale ed orizzontale, svolgono un ruolo determinante nei processi attuativi da cui dipende l’ottenimento degli obiettivi stessi delle politiche regionali.

1.1 Il controllo strategico nella pubblica amminist razione

Nell’ambito del più ampio processo di riforma che ha interessato la pubblica amministrazione a partire dagli anni ’90, appare rilevante, ai fini dello sviluppo di strumenti e di sistemi di rilevazione e analisi dei risultati prodotti dall’azione amministrativa, l’introduzione dapprima del controllo di gestione e poi, con il decreto legislativo 286/99, del controllo strategico.

Il decreto legislativo 286/99 costituisce il punto di approdo di un percorso, anch’esso iniziato negli anni ’90 che ha profondamente cambiato la disciplina relativa ai controlli nella pubblica amministrazione.

Il d.lgs 286, di fatto, opera una scomposizione della nozione di controllo in quattro diverse funzionalità1. La novità di interesse in questa sede, per i collegamenti potenziali con la materia del bilancio sociale e più in generale della rendicontazione, è costituita dalla istituzione della funzione di valutazione e controllo strategico

In sintesi, nelle previsioni del d.lgs. 286, il controllo strategico ha lo scopo di valutare l’adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione dei piani, dei programmi e di altri strumenti di determinazione dell’indirizzo politico in termini di congruenza tra risultati conseguiti ed obiettivi predefiniti2. Sempre secondo i principi posti dal d.lgs 286, l’attività di valutazione e controllo strategico deve supportare l’attività di programmazione strategica e di indirizzo politico amministrativo e deve essere svolta da strutture o organismi che rispondono direttamente e in via riservata agli organi di indirizzo politico. L’art. 1 secondo comma dispone inoltre che tali principi generali sono obbligatori per i Ministeri e applicabili dalle regioni nell'ambito della propria autonomia organizzativa e legislativa.

A seguito del d.lgs 286, in questi anni molti enti pubblici si sono cimentati con il problema dell’implementazione della funzione di controllo strategico con risultati di vario segno. Numerose sono le difficoltà riscontrate, legate anche al fatto che il terreno su cui ci si muove è ancora fortemente

1 Dente, B. (1999) “L’evoluzione dei controlli negli anni ‘90” in Atti del convegno “I controlli

delle gestioni pubbliche” Perugia 2-3-dicembre 1999 Banca d’Italia 2 Art .6 D.LGS 286/99: La valutazione e il controllo strategico.

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sperimentale e le poche esperienze esistenti non sono ancora sufficientemente consolidate per costituire esempi compiuti3.

Anche in ambito regionale la situazione si presenta eterogenea e ancor di meno che nelle amministrazioni centrali si intravede un modello comune di sviluppo della funzione, nonostante i tentativi fatti prima in seno alla “Conferenza permanente dei servizi di controllo interni delle Regioni e delle Province Autonome”4 e poi nell’ambito del “Progetto Governance” del Dipartimento della Funzione Pubblica 5, per sviluppare e diffondere la cultura della misurazione e costruire buone pratiche di programmazione e controllo.

Benché tutti condividano la necessità di avere uno strumento di misurazione dei risultati prodotti, sulle modalità e sulle scelte operative con cui fare ciò c’è ancora molta incertezza, il che spiega anche le difficoltà che molte amministrazioni, che si sono avventurate in maniera anche un po’ pionieristica su questi terreni, hanno incontrato.

Una delle criticità è legata anche alla difficoltà di interpretare la funzione. L’esperienza fatta in Regione Emilia-Romagna ha sottolineato come l’avvio del controllo strategico non può prescindere da un quesito basilare, da cui dipendono una serie di scelte operative sul fronte dell’implementazione di procedure e strumenti.

La domanda “cosa è?” o “cosa deve essere il controllo strategico in una pubblica amministrazione (e in particolare per un ente “intermedio” come la Regione6)?” apre, inoltre, anche il ragionamento sui possibili collegamenti con il tema della rendicontazione sociale e, all’interno di questa, con il bilancio sociale7.

3 Per un quadro sullo stato di attuazione della disciplina contenuta nel d.lgs 286 in materia di

controllo strategico nelle amministrazioni centrali dello Stato nelle Amministrazioni dello Stato Presidenza del Consiglio dei Ministri- Comitato Tecnico Scientifico per il coordinamento in materia di valutazione e controllo strategico (2006) “Processi di programmazione strategica e controlli interni nei Ministeri: stato e prospettive” scaricabile da www.formez.it

4 Conferenza permanente dei servizi di controllo interni delle Regioni e delle Province autonome (1999) “Manuale per il controllo strategico e gestionale. Un contributo ai progetti di ridisegno dei sistemi di Programmazione e Controllo” scaricabile dal sito internet http://www.valutazioneitaliana.it/documenti/AttiTorino/Lattanzio-Volpi.PDF

5 “Progetto Governance” Dip.Funzione Pubblica, Atti del convegno “Il controllo strategico nelle amministrazioni regionali e centrali. Esperienze nazionali a confronto” Milano giugno 2003 e Atti del convegno “Riforme istituzionali e governance delle Regioni”Torino dicembre 2004 scaricabili dal sito www.formez.it

6 Robotti L., Quagliani A., (2002) "Il controllo strategico nelle Regioni" Franco angeli Guarini E. (2005) "Profili economico aziendali del controllo strategico nelle Regioni" in

"Logiche e strumenti di accountability per le Amministrazioni Pubbliche " a cura di Pezzani F. editrice Egea

7 Martini, A. e Cais, G. (1999) "Controllo (di gestione) e valutazione (delle politiche): un (ennesimo ma non ultimo) tentativo di sistemazione concettuale", II Congresso dell'Associazione Italiana di Valutazione, (il testo è disponibile sul sito http://www.prova.org)

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La domanda, che può sembrare banale, nasconde una confusione di fondo che nella realtà è molto più diffusa di ciò che si potrebbe immaginare. Il problema è che non esiste un’interpretazione univoca del controllo strategico per la pubblica amministrazione: nella pratica ciascuno associa alla locuzione “controllo strategico” un proprio personale significato, che varia da un approccio talvolta strettamente “aziendalista” e molto finalizzato alla verifica interna, a significati più ampi che assimilano il controllo strategico talvolta alla valutazione delle politiche e talvolta alle pratiche di rendicontazione sociale, con finalità quindi sostanzialmente comunicative soprattutto verso l’esterno.

Pur riconoscendo l’esistenza di aree di sovrapposizione e potenziali sinergie tra queste diverse funzioni, in realtà la funzione di controllo strategico dovrebbe avere una sua specificità sia rispetto alla valutazione delle politiche, sia rispetto alle pratiche di rendicontazione sociale. Pur essendo l’oggetto della valutazione per certi versi comune (la politica pubblica e la sua attuazione) diversa è, infatti, l’angolazione da cui procedere all’analisi e la destinazione delle informazioni (

Tabella 1: Principali differenze tra valutazione delle politiche ,

rendicontazione sociale e controllo strategico). Anche il controllo strategico può, ed anzi deve, essere interessato agli impatti prodotti dalla politica, se non altro per dare luogo a quei processi di feedback e feedforward richiesti dallo stesso d.lgs. 286, ma l’analisi dovrà tenere conto non solo degli impatti ma anche del legame tra le scelte strategiche e i relativi processi attuativi, in chiave organizzativa, finanziaria, procedurale ecc., cercando di trovare dei nessi di causa-effetto tra quanto fatto in termini di azione amministrativa e impatto atteso/misurato.

Rispetto alla rendicontazione sociale, ci deve essere nel controllo strategico una forte finalizzazione verso l’interno8, anche se non solo come strumento di mera verifica dell’operato del management, ma come, piuttosto, strumento di valutazione interna delle scelte strategiche pianificate e delle azioni programmate ed attuate che rende possibili processi interni di apprendimento strategico e organizzativo con l’obiettivo di una maggiore efficacia dell’azione9.

Ma poiché la valutazione delle politiche di un ente come la Regione non può prescindere dalle azioni messe in campo da altri soggetti che sono

8 Il d.lgs 286/99 prevede espressamente che gli organi preposti alla funzione di controllo strategico “riferiscono in via riservata” all’organo politico. Analoga previsione è contenuta nella “Direttiva sul controllo strategico” della Regione Emilia-Romagna (Dgr 959/02).

9 Sui contenuti della funzione di valutazione e controllo strategico L.Hinna e F.Monteduro (2005) ”Nuovi profili di accountability nelle amministrazioni pubbliche. La rendicontazione sociale e il controllo strategico negli Enti Locali e nelle Regioni” Formez –Dipartimento della Funzione pubblica. www.progettogovernance.it

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chiamati ad attuare le politiche della Regione, la dimensione della cooperazione interistituzionale non può essere ignorata dal controllo strategico10 e con essa anche le pratiche di comunicazione e valutazione di obiettivi e risultati che devono fare da supporto ai processi di governance regionale.

Queste considerazioni, frutto dell’esperienza sul campo, hanno portato a sottolineare come sia importante definire e condividere all’interno di un’amministrazione il senso che si intende dare al controllo strategico, perché l’impostazione delle analisi, la relativa strumentazione e, soprattutto, il livello di consenso che la funzione otterrà all’interno dell’ente, dipenderanno fortemente da questo significato.

Tabella 1: Principali differenze tra valutazione de lle politiche , rendicontazione

sociale e controllo strategico

1.1.1 Le relazioni tra controllo strategico e rendicontazione sociale

10 Longo F.(2005) “Governance dei network di pubblico interesse. Logiche e strumenti operativi

aziendali " editrice Egea

o Valutazione delle politiche - Si concentra soprattutto sugli aspetti valutativi delle politiche e sullo

sviluppo di analisi di impatto - Il focus è soprattutto su indicatori di contesto - Svolge analisi approfondite ma limitate ad alcune politiche - Svolge analisi “una tantum”

o Rendicontazione sociale - Richiede attenzione soprattutto agli aspetti comunicativi - Focus sia su indicatori di risultato che di contesto - Richiede una relazione con gli stakeholder - Deve relazionarsi con i sistemi di programmazione e controllo dell’ente

o Controllo strategico - E’ finalizzato alle verifiche interne - Si basa sull’individuazione di pochi parametri chiave di controllo delle

politiche - Deve essere finalizzato a correzioni di rotta, - Richiede attenzione anche all’efficacia gestionale dei processi (per es.tempi) - Deve essere sistematico - Deve riguardare tutte le politiche messe in atto - Deve relazionarsi con il controllo direzionale

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Questa confusione tra significati diversi è in parte motivata dell’effettiva coincidenza degli oggetti di interesse di tutte le tipologie di analisi sopra individuate. In particolare tra controllo strategico e rendicontazione sociale esistono diverse similitudini/sinergie che possono portare a sovrapporre le due funzioni.

In materia di rendicontazione sociale in ambito pubblico c’è da segnalare la recente pubblicazione di due autorevoli riferimenti:

– lo standard di base per il settore pubblico, elaborato dal GBS (Gruppo di studio per il Bilancio sociale)11;

– la Direttiva del Dipartimento della Funzione Pubblica sul Bilancio Sociale12.

L’analisi dei due documenti evidenzia, nonostante l’aspetto non trascurabile dei diversi destinatari, numerose analogie tra i percorsi di analisi e i contenuti della rendicontazione e quelli del controllo strategico.

La Direttiva, forse ancora più che lo standard del GBS, sembra presentare numerosi punti di contatto:

Seconda la Direttiva, infatti, il Bilancio sociale è definibile come “il documento da realizzare con cadenza periodica, nel quale l’amministrazione riferisce, a beneficio di tutti i suoi interlocutori privati e pubblici, le scelte operate, le attività svolte e i servizi resi, dando conto delle risorse a tal fine utilizzate, descrivendo i suoi processi decisionali ed operativi”.

Sempre secondo la Direttiva i contenuti del Bilancio Sociale devono riguardare tre ambiti:

11 Gruppo Bilancio Sociale (2005) “La rendicontazione sociale nel settore pubblico” Giuffrè

editore. Lo standard si rivolge alle amministrazioni e aziende pubbliche indicate all’art. 1, comma 2, del d.lgs. 165/2001: le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, gli istituti, le scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le regioni, le province, i comuni, le comunità montane e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari (ormai aziende regionali o territoriali per l’edilizia residenziale pubblica), le Camere di commercio e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del servizio sanitario nazionale.

Sono inoltre all’opera alcuni Gruppi di lavoro del GBS per l’adattamento allo standard di base di schemi di Bilancio sociale per diverse tipologie di enti pubblici (Regioni, Sanità ecc).

12 Direttiva 63 del 17/02/006 “Bilancio sociale". Linee guida per le Amministrazioni pubbliche” Ministero della Funzione Pubblica , materiali scaricabili da www.formez.it.

L’emanazione di queste linee guida ha lo scopo di indirizzare le pratiche di bilancio sociale delle amministrazioni pubbliche attraverso l’individuazione di principi generali di riferimento per la redazione del Bilancio Sociale.

La Direttiva si articola in tre parti: 1. Finalità e caratteristiche del bilancio sociale, in cui sono definiti lo scopo e i principali

elementi che caratterizzano il bilancio sociale nelle amministrazioni pubbliche. 2. I contenuti del bilancio sociale, in cui si definiscono le informazioni che il bilancio sociale

deve contenere. 3. La realizzazione del bilancio sociale, in cui sono indicate le modalità per realizzare il bilancio

sociale e inserirlo strutturalmente nel sistema di rendicontazione del singolo ente.

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1. Valori di riferimento, visione e programma dell’amministrazione: in cui l’amministrazione esplicita la propria identità attraverso i valori, la missione e la visione che orientano la sua azione, chiarisce gli indirizzi che intende perseguire e le priorità di intervento.

2. Politiche e servizi resi: in cui l’amministrazione rende conto del proprio operato nelle diverse aree di intervento e dei risultati conseguiti in relazione agli obiettivi dichiarati.

3. Risorse disponibili e utilizzate: in cui l’amministrazione da conto delle risorse utilizzate, delle azioni poste in essere e dei risultati conseguiti con la loro gestione.

Nel far ciò la Direttiva prevede anche che il bilancio sociale “deve essere integrato con il sistema di programmazione e controllo e con l’intero sistema informativo contabile”.

La redazione del Bilancio Sociale richiede quindi un lavoro di analisi e di ricostruzione delle politiche regionali, che parte dalla esplicitazione della vision e della mission dell’ente, dall’identificazione delle diverse aree di politica, dalla declinazione degli obiettivi strategici collegati a queste aree, desumibili dai diversi strumenti di programmazione, dalla chiara identificazione delle azioni che supportano il conseguimento di questi obiettivi, per arrivare alla fine a collegare questi alle risorse impiegate (che presuppone quindi un collegamento con le poste di bilancio) e individuare al contempo modalità di misurazione dei risultati conseguiti.

In realtà questo lavoro di ricostruzione degli schemi di funzionamento delle politiche costituisce una fase fondamentale anche nelle analisi di controllo strategico.

Il modello, le procedure e gli strumenti progettati e, per ora, parzialmente attivate dal Servizio controllo strategico della Regione Emilia-Romagna13, sono stati indirizzati proprio a svolgere un’analisi dei meccanismi delle politiche e delle strategie dell’ente, allo scopo di misurarne i risultati e gli impatti ai fini anche di un riadattamento degli obiettivi stessi. In particolare il tentativo svolto dal controllo strategico è stato quello di cercare un modello interpretativo della politica regionale che ne espliciti i meccanismi di funzionamento e motivi quindi le scelte fatte e le azioni intraprese, mettendo poi a confronto l’obiettivo (ancorché non sempre chiaramente quantificato) con quanto realizzato.

E’ evidente quindi che le aree di collaborazione tra processi finalizzati alla redazione del Bilancio Sociale e processi di controllo strategico possono essere molteplici e le competenze che reciprocamente possono essere

13 Il modello operativo di controllo strategico progettato dal Servizio Controllo strategico della

Regione Emilia-Romagna è esposto in dettaglio nelle pagine seguenti.

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scambiate possono innalzare significativamente la qualità complessiva delle analisi e dei risultati prodotti da entrambe le funzioni.

La relazione diretta con gli stakeholder che costituisce uno dei presupposti fondamentali del Bilancio sociale può contribuire a focalizzare meglio le analisi di controllo strategico sugli aspetti di soddisfazione dei bisogni della collettività amministrata e servita dalla pubblica amministrazione e di gradimento di particolari categorie di stakeholder che influenzano l’efficacia dei processi attuativi delle politiche stesse14.

1.1.2 Il controllo strategico in Regione Emilia Romagna

L’introduzione della funzione di controllo strategico in Regione Emilia-Romagna si inquadra in un più ampio percorso di innovazione e cambiamento volto a costruire una "Nuova Regione", una Regione, cioè, che, come si legge nei documenti programmatici elaborati a partire dal 2000, “intende far fronte alla sua missione in modo innovativo e improntato a criteri di maggiore efficienza ed efficacia”15.

Tale obiettivo si è tradotto nella necessità di rivedere, sia sul fronte interno che sul fronte esterno, modalità organizzative e approcci di intervento e ha messo in evidenza la necessità di dotarsi di strumenti conoscitivi e decisionali che consentono di innalzare il livello di comprensione dei meccanismi di funzionamento delle politiche promosse dalla Regione e di dialogare più efficacemente con i territori e gli altri livelli istituzionali locali, nazionali e sovranazionali.

Verso l’esterno sono stati sviluppati alcuni strumenti regionali di intervento che fanno leva sulla programmazione negoziata con i territori, dando consistenza all’idea della “federazione di territori, città, autonomie locali”, che ha costituito la vision di fondo nella realizzazione di un nuovo sistema di governance regionale.

Sul fronte interno, anche in coerenza con quello che il nuovo approccio di governance esterna richiedeva, sono state avviate una serie di innovazioni organizzative e tecnologiche finalizzate a migliorare la strumentazione di programmazione e controllo ai fini di una maggiore focalizzazione verso gli obiettivi strategici e ad una maggiore efficienza nel conseguire i risultati attesi.

14 E’ significativo che nel “pilota” utilizzato per progettare il modello operativo di controllo

strategico, rappresentato dalle politiche abitative della Regione Emilia-Romagna, nella dimensione “processi” si fosse inserito anche un approfondimento in termini di “customer sactisfaction” dei sindaci coinvolti nei processi di attuazione dei progetti di riqualificazione urbana in merito al gradimento delle procedure previste.

15 DPEF Regionale 2000-2002 “Le priorità: La Nuova Regione”

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Tra i progetti che hanno caratterizzato questo percorso di innovazione interna, particolare importanza per questi fini hanno avuto:

- l'avvio nel 2000 di un programma di gestione strategica del cambiamento denominato "Agenda per la modernizzazione ";

- l'approvazione nel 2001 della legge regionale 43, che ha rivisto l'organizzazione in un’ottica di maggiore efficienza delle strutture e ha recepito la disciplina del decreto legislativo 286/99 in materia di controlli interni, rafforzando il ruolo del controllo di gestione e introducendo ex novo la funzione di controllo strategico;

- nel 2002 l’avvio del “Progetto Sapere”, per lo sviluppo di sistemi informativi integrati all'interno dell'ente;

- il “Progetto Compass”, a fine 2002, per lo sviluppo della funzione di controllo strategico;

- l’avvio del “Progetto Integra”, nel 2005, che introduce la programmazione annuale di Direzione e di Servizio.

L’obiettivo di questo insieme di strumenti è anche lo sviluppo di una metodologia e di un’organizzazione integrata tra i diversi livelli di programmazione e controllo (Figura 1: Il modello a tendere) .

Figura 1: Il modello a tendere

•Schede di gestione della prestazione individuale

• Programmi di:

• direzione

• servizio

•Dpef

•Programma di giunta

•Oggetto di codifica

• NE OPERATIVA

•NE DIREZIONALE

•PROGRAMMAZIO

•STRATEGICA

•PROGRAMMAZIO

•PIANIFICAZIONE

•Tipo di verifica

•Livello di attribuzione

•Descrizione•Categoria obiettivi

•Singoli responsabili di UO / progetti

•Unitàorganizzative semplici / complesse

Comitato di direzione, Direttori Generali

•Presidente con la giunta

•Valutazione della prestazione individuale

•Obiettivi dei singoli dirigenti e p.o., con orizzonte temporale di 1 anno

•OBIETTIVI

INDIVIDUALI

•Valutazione direzionale e controllo di gestione

•Obiettivi delle Direzioni/Agenzie/ Servizi, orizzonte temporale 1 anno

•OBIETTIVI DI UNITA’

•ORGANIZZA-TIVA

•Controllo strategico

•Sono indirizzi di politiche integrate e di settore, con orizzonte temporale 3-5 anni (slittante)

•OBIETTIVI STRATEGICI

•Valutazione politica di mandato

•Obiettivi e prioritàdi mandato, con orizzonte temporale di 5 anni

•OBIETTIVI POLITICI

Priorità, articol. temporale e risorse disp.

Vincoli, coordinamento

e fattibilità

Negoziazione e assegnazione. Competenze e

sviluppo

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Per quanto riguarda più nello specifico la funzione di controllo strategico, essa è stata introdotta formalmente, in recepimento della disciplina del d.lgs 286/99 in materia di controlli, dalla legge regionale 43 del 2001 (Testo unico in materia di personale e organizzazione).

In particolare la legge, nel definire le diverse tipologie di controlli interni della Regione Emilia-Romagna prevede all’art. 52 punto a) il controllo strategico “per coadiuvare la Giunta Regionale nell’attività di indirizzo politico amministrativo e nella valutazione del grado di attuazione degli obiettivi strategici fissati”, che si aggiunge alle altre tre tipologie di controlli interni: il controllo di gestione (punto b), la valutazione della dirigenza (punto c), il controllo di regolarità amministrativa e contabile.

Il controllo strategico è quindi stato previsto come funzione indipendente dalle altre tipologie di controllo (Figura 2: Le relazioni tra i diversi livelli di controllo), anche se in stretta relazione con esse, e in particolare con la funzione di controllo di gestione, già avviato all’interno dell’ente qualche anno prima.

Figura 2: Le relazioni tra i diversi livelli di con trollo

Livelli organizzativi

Organo politico

Direzioni

Servizi

Livello delle informazioni

Strategiche Direzionali Operative

Politiche

Attuazione Rilevazione

Azioni corrett.

CONTROLLO STRATEGICO

Programmaz.

operativa

Attuazione Analisi.Scostamenti

Azioni corrett.

CONTROLLO OPERATIVO

Budget

Attuazione Analisi.Scostamenti

Azioni corrett.

CONTROLLO DI GESTIONE

input

input

feedback

feedback

La legge regionale 43/01 prevede espressamente che l’attività di controllo strategico sia affidata ad una Struttura speciale alle dirette dipendenze della Giunta, che ne disciplina il funzionamento. In questi anni, tuttavia, si è consolidata la collaborazione con il Gabinetto del Presidente, anche per le

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funzioni di coordinamento che esso esercita (coordinamento del Comitato di Direzione, coordinamento generale sulla programmazione regionale, ecc.).

La struttura di controllo strategico si avvale di un Comitato Scientifico che supporta sotto il profilo scientifico lo sviluppo delle attività e l’elaborazione delle valutazioni.

I compiti principali della Struttura Speciale di controllo strategico sono stati poi definiti con maggiore precisione nella “Direttiva sul controllo strategico” (Dgr 959/02).

Essa prevede che la struttura speciale di controllo strategico debba provvedere alla:

- raccolta ed elaborazione delle informazioni necessarie a misurare: - il grado di realizzazione delle azioni descritte dal DPEF16, necessarie

per raggiungere i risultati previsti, - il grado di utilizzo delle risorse assegnate a tali obiettivi; - raccolta ed elaborazione delle informazioni necessarie a misurare il

grado di raggiungimento degli obiettivi prioritari. A ciò si aggiunge, a richiesta della Giunta, la raccolta ed elaborazione di

informazioni necessarie a valutare l'effetto reale delle politiche e dei programmi definiti, la rilevanza attuale degli obiettivi originalmente posti e l'opportunità di un loro riaggiustamento o modifica in relazione all'andamento delle variabili economiche, demografiche e sociali.

Per poter procedere concretamente all’avvio e allo sviluppo della funzione, la struttura ha identificato come aree di lavoro prioritarie17:

• la scelta di una metodologia per analizzare le politiche regionali e per valutarne i processi di attuazione;

• la progettazione di un’organizzazione attraverso la quale procedere allo sviluppo della funzione e dei relativi processi;

• la progettazione e realizzazione di strumenti per supportare il controllo strategico, e in particolare la realizzazione di un sistema informativo di controllo strategico, inteso come sistema strutturato e permanente attraverso il quale sistematicamente raccogliere le informazioni necessarie per il controllo

16 Il Documento di politica economico finanziaria della Regione (DPEF) è stato introdotto nel

2000 con la finalità di: - esplicitare le principali linee di azione che traducono in politiche il contenuto del

programma della coalizione e del Presidente; - favorire la leggibilità e l’interpretazione del cosiddetto bilancio legale; - dotare l’Amministrazione di uno strumento conoscitivo e relazionale nei confronti

dell’intera società regionale; - identificare gli obiettivi rispetto ai quali valutare successivamente la congruenza tra gli

stessi e i risultati conseguiti. Il Dpef è corredato da una serie di schede programmatiche in cui si declinano obiettivi e azioni

della politica, che costituiscono il riferimento programmatico 17 DGR 2677/02 ”Progetto Compass: linee operative per l’implementazione della funzione di

controllo strategico nell’ente”.

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strategico (data warehouse) e osservare l’andamento degli indicatori individuati (cruscotti strategici).

Per quanto riguarda la metodologia, si è adottato uno schema di analisi della politica di tipo multi-dimensionale, mutuato dalla nota tecnica di balanced scorecard18, opportunamente riadattata alle esigenze di un ente come la Regione (Figura 3: Le prospettive di analisi delle politiche regionali)19.

Figura 3: Le prospettive di analisi delle politiche regionali

Politica

regionale

Politica Politica

regionaleregionale

CollettivitCollettivit ààDeclina gli obiettivi dell’azione regionale in termini di impatto sulla collettività amministrata o di soddisfazione dei bisogni di determinati portatori di interessi

CompetenzeCompetenzeDeclina gli obiettivi della politica in relazione alle nuove competenze che l’ente deve sviluppare per migliorare i processi e aumentare l’efficacia delle risorse

FinanziariaFinanziariaDeclina gli obiettivi della politica regionale in termini di impiego efficiente ed efficace delle risorse investite

ProcessiProcessiDeclina gli obiettivi della politica in termini di individuazione, miglioramento e sviluppo dei processi critici per l’attuazione della politica, sia interni che esterni

L’idea di fondo che ha guidato la progettazione del modello è che gli

obiettivi di ciascuna politica in termini di impatto sulla collettività (che per un ente come la Regione costituisce la dimensione principale), sono collegati in

18 R.Kaplan, D.P.Norton (1996) “The Balanced Scorecard, traslating strategy into actions”

Boston, Harvard Business School Press e (1999) “The Balanced Scorecard for Public Sector Organization” in BSC report Boston, Harvard Business School Press

19 Non mancano esempi di implementazione della BSC in ambito pubblico. A livello internazione sono da ricordare i casi della Città di Charlotte in North Carolina, quello del dipartimento delle entrate dello Stato di Washington, e di altre città in Australia. A livello nazionale esperienze significative riguardano l'Agenzia delle Entrate, l'Istituto Oncologico Europeo, il Ministero della Difesa, la Città di Torino, il Comune di Mantova e altri comuni di minori dimensioni.

L'esperienza della Città di Charlotte appare particolarmente significativa. Il manuale di pianificazione strategica (City of di Charlotte (2002) "Strategic plannig handbook. Charlotte's model for integrating budget and performance management") basato sull'utilizzo della BSC, presenta interessanti suggestioni che sono state utili anche ai fini della costruzione del nostro modello. Il manuale è scaricabile dal sito www.charmeck.nc.us

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via logica a obiettivi che afferiscono ad aspetti di natura più organizzativa (processi, competenze) e strumentale (risorse finanziarie, investimenti, ecc.).

Il tentativo quindi è stato quello di collegare obiettivi che riguardano tipicamente l’impatto delle politiche a obiettivi che riguardano più propriamente l’organizzazione e i processi di attuazione (valutando talvolta aspetti non solo di efficacia, ma anche di efficienza).

Rispetto al modello originario, le principali differenze sono legate proprio alla dimensione da noi chiamata “della collettività”. Ciò che è importante sottolineare è che non si tratta della semplice ri-denominazione della prospettiva “clienti”.

Mentre nel modello originario tutte le prospettive sono finalizzate all’impatto economico finanziario, nel modello regionale la prospettiva che in un certo senso “guida” tutte le altre è la dimensione “collettività”. Il senso che abbiamo inteso dare a questa impostazione è che tutto ciò che la Regione fa e gli obiettivi che si pone in termini di gestione di risorse finanziarie, umane, di organizzazione di processi e di competenze, deve essere finalizzato a produrre una redditività dell’investimento che si misura non più in chiave monetaria (per esempio un certo “Roi” atteso), ma in chiave sociale, come impatto delle politiche poste in essere.

All’interno di questa dimensione, la valutazione della corrispondenza tra obiettivi e risultati più che sulla differenza tra quanto previsto (tra l’altro nella maggior parte dei casi espresso più in maniera discorsiva, che in modo chiaramente quantificato) e quanto realizzato, avviene attraverso una serie di analisi mutuate dalla tecnica valutativa delle politiche e attraverso l’utilizzo di indicatori che rapportano dati di contesto a dati di attività e che quindi richiedono ricerche di tipo statistico e analisi di impatto (e qui c’è l’aggancio con la valutazione delle politiche di cui si è discusso prima).

L’altra peculiarità è collegata alla realtà tipica di un ente come la Regione, che, come abbiamo già sottolineato, sempre più è ente che promuove politiche, più che prestare servizi direttamente alla collettività. In questo senso la dimensione prettamente economica è assai poco rilevante rispetto al totale delle risorse gestite dal bilancio regionale20, che è soprattutto un bilancio di trasferimenti. Non c’è tanto quindi la necessità di ricercare equilibri economici (o redditività) nelle gestioni poste in essere, ma piuttosto l’efficienza e l’efficacia nella gestione dei flussi finanziari trasferiti ad altri soggetti pubblici e privati.

La dimensione finanziaria, poi, non è concepita come “il budget delle iniziative”, ma deve esplicitare gli obiettivi che la Regione si da in chiave di

20 Ciò non è vero nel caso di altri enti pubblici come per esempio i comuni, che nel prestare

servizi alla collettività devono anche avere obiettivi di equilibrio economico (per esempio nella gestione degli asili nido o di altri servizi in cui è presente anche una funzione produttiva).

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gestione delle risorse finanziarie assegnate a ciascuna iniziativa/politica, in termini, per esempio, di velocità della spesa, di strumenti utilizzati e altro.

La rappresentazione degli obiettivi attraverso prospettive diverse consente di rappresentare la strategia, costruendo una sorta di “mappa strategica” ossia una rappresentazione grafica che esplicita quelle che sono le ipotesi di correlazione (logica) tra obiettivi differenti, che la strategia sottende.

Nell’esempio di mappa strategica sotto riportata relativa alle politiche abitative della Regione si ipotizza che:

1. attuare gli strumenti previsti dalla legge 24/01 2. consente di incrementare gli investimenti privati in alloggi da destinare

alla locazione 3. che questo si traduca in un incremento degli alloggi in locazione 4. che questo comporti una riduzione dei canoni medi degli affitti 5. con conseguente sollievo per le famiglie che vivono in affitto. Figura 4: Esempio di mappa strategica

Ad ogni obiettivo sono associate una o più azioni che concorrono alla sua

realizzazione (Tabella 2:Griglia obiettivi –azioni-indicatori)

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Tabella 2:Griglia obiettivi –azioni-indicatori

Indicatori Prospettive Obiettivi Iniziative

risultato impatto

target

Collettività

Finanziaria

Processi

Competenze

Le azioni o “iniziative” sono attività programmate per supportare il

raggiungimento di un obiettivo e implementare la politica. A ciascuna iniziativa si collega un budget, rappresentato dallo stanziamento

previsto dal bilancio di previsione annuale / pluriennale. Gli indicatori esplicitano le metriche con cui si approssima la misurazione

degli obiettivi. Sono stati distinti in: - indicatori di risultato, che rappresentano misure dell’azione (per

esempio numero di contributi economici erogati a famiglie in affitto) - indicatori di impatto, che referenziano una misura di risultato

rapportandola ad una misura del contesto (per esempio numero di contributi erogati a famiglie in affitto/famiglie emiliano-romagnole in affitto).

I valori assunti dagli indicatori rappresentano: - obiettivi (target), cioè misure del risultato atteso; - valori effettivi, ossia misure del risultato raggiunto. Per quanto riguarda il budget associato alle azioni, i valori rappresentano: - stanziamenti cioè misure delle risorse finanziarie assegnate; - impegni cioè misure delle risorse finanziarie effettivamente

impiegate. Per quanto riguarda la progettazione dell’organizzazione a supporto della

funzione, le considerazioni che hanno guidato lo sviluppo del progetto che abbiamo chiamato “rete dei controller” sono state in sintesi le seguenti:

- in primo luogo il controllo è una fase di un processo più ampio che prevede l’identificazione di priorità e la definizione di una strategia d’azione, intesa come sistema di scelte e di azioni. Il controllo strategico inteso come

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verifica di efficacia dell’azione, deve quindi inscriversi in questo processo e interagire con gli attori della strategia.

- inoltre, le aree di “politica” della regione sono molteplici e molto complesse, ognuna di esse richiede un know-how specialistico rispetto ai meccanismi di funzionamento della politica e alla stessa conoscenza del contesto, fondamentali nella costruzione del sistema informativo. Occorre inoltre non dimenticare che esperienze singole di controllo strategico non mancano presso le direzioni e che quindi occorre portare a valore, mettere a sistema quanto già esistente;

- infine, il sistema di valutazione dei risultati conseguiti deve essere necessariamente condiviso a priori per poter risultare rilevanti e per poter rappresentare una base di discussione e di apprendimento.

Per implementare la funzione di controllo strategico abbiamo quindi pensato ad un’organizzazione che poggia su un sistema decentrato di relazioni funzionali con le direzioni generali, che abbiamo chiamato “rete dei controller”, proprio per evidenziare che questi snodi funzionali non sono solo fornitori di dati, ma titolari, insieme al servizio centrale, della funzione di controllo strategico.

Il progetto si è sviluppato sull’idea di un servizio centrale che presidia metodologie, strumenti e assicura l’omogeneità e la possibilità di una visione di insieme delle politiche regionali e una rete decentrata che alimenta e utilizza anche a fini propri il sistema.

Un aspetto fondamentale per lo sviluppo della funzione è dato infine dalla realizzazione del sistema informativo di controllo strategico. Pur essendo un’attività per certi versi tecnica, in quanto collegata ad aspetti anche tecnologici/informatici, è fondamentale per il controllo strategico dotarsi di un sistema informativo che consenta l’acquisizione e la gestione efficiente dei dati per la realizzazione/aggiornamento dei cruscotti strategici e delle altre informazioni rilevanti ai fini del controllo della strategia.

La costruzione del sistema informativo implica inoltre la sistematizzazione di dati settoriali che, opportunamente organizzati, diventano parte di un unico datawarehouse, acquisendo una valenza informativa trasversale, che permette anche di valutare il grado di integrazione delle politiche sotto vari profili (organizzativi, territoriali, ecc.).

Gli strumenti su cui si basa la realizzazione di questo sistema informativo sono quelli resi disponibili nell’ambito del progetto “Sapere”, volto a sviluppare all’interno dell’ente un sistema informativo integrato (Erp).

Tali strumenti (un business data warehouse – Bw – che alimenta un sistema di cruscotti strategici – Sem – costruiti secondo la metodologia individuata), consentono di raccogliere e gestire in maniera efficiente dati provenienti da fonti diverse, interne ed esterne (Figura 5: I dati per il controllo strategico).

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In particolare per i dati di provenienza interna, il collegamento con la parte gestionale del sistema (es. contabilità finanziaria) consentirà a regime di condividere informazioni immesse con altre finalità, con evidenti vantaggi dovuti al fatto che la condivisione permette:

– l’integrazione nei processi di alimentazione; – l’unicità e l’univocità del dato e della sua lettura. Il modello descritto scaturisce da una prima sperimentazione condotta sul

caso delle politiche abitative. Questa prima sperimentazione, e il successivo tentativo di allargare ad altre politiche regionali l’implementazione del modello, ha messo in luce numerose criticità, che in parte attengono alla complessità della metodologia e in parte alla mancanza di alcune condizioni abilitanti, che rendono ancora oggi difficile considerare il controllo strategico una prassi consolidata dell’ente.

Figura 5: I dati per il controllo strategico

Dati di Scenario

•Economico- finanziari

•Demografici

•Sociali

Dati Regione Emilia-Romagna

•Programmazione della spesa

•Dati di bilancio

•Dati gestionali

Dati altre Amministrazioni Locali

•Programmazione della spesa

•Dati di bilancio

•Dati gestionali

Analisi delle Politiche e delle

Strategie

Misurazione dell’efficacia

Quello che tuttavia preme sottolineare che, nonostante le difficoltà

riscontrate, il modello di controllo strategico progettato, e in parte realizzato,

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non intende limitarsi a raccogliere dati e a verificare ex post l’attuazione della strategia, ma si propone di ricercare un modello logico di lettura ed interpretazione della politica regionale, in cui gli obiettivi di impatto atteso sui bisogni della collettività amministrata o servita sono posti in relazione a obiettivi ugualmente di carattere strategico, ma posti in dimensioni diverse, che riguardano l’organizzazione di risorse (umane, finanziarie, professionali) e la costruzione dei processi che supportano il conseguimento degli obiettivi di impatto attesi sulla collettività. E’ significativo, da questo punto di vista, che nel modello ipotizzato i processi non sono solo processi interni, ma riguardano tutti i passaggi necessari ad ottenere il soddisfacimento del destinatario finale della politica, coerentemente con i principi di sussidiarietà verticale e, talvolta, anche orizzontale.

Ed è proprio nella ricerca di questi snodi rilevanti per l’attuazione della politica che il controllo strategico potrebbe costituire un supporto a tutti quei processi, anche comunicativi, che puntano a sviluppare la collaborazione interistituzionale e il dialogo per il conseguimento di obiettivi che sono non solo comuni, ma che devono essere anche condivisi e partecipati.

Di seguito proponiamo un esempio di come il Servizio controllo strategico, svolgendo in realtà un’attività più rivolta alla rendicontazione sociale, ha cercato di supportare un processo di condivisione di strategie e obiettivi con l’intera società regionale, utilizzando le proprie metodologie e i propri strumenti.

Il caso viene proposto non per entrare nel merito delle valutazioni e delle conclusioni della singola politica oggetto di analisi, ma come esempio di operatività del controllo strategico, basato sull’analisi del contesto, sulla ricerca di uno schema di interpretazione della politica e sulla realizzazione di un sistema di misurazione di risultati sia in termini di output sia di outcome.

1.2 Il Monitoraggio del Patto per lo sviluppo

Nel febbraio 2004 la Regione ha sottoscritto con le rappresentanze economiche e sociali e con gli enti locali un “Patto per la qualità dello sviluppo, la competitività, la sostenibilità ambientale e la coesione sociale in Emilia-Romagna”21, per condividere con l’intero sistema regionale obiettivi e strategie di sviluppo regionale secondo la traiettoria tracciata dalla cosiddetta “Strategia di Lisbona”.

La struttura e il contenuto del Patto (Tabella 3) può essere riassunto come segue:

21 I firmatari del Patto sono, oltre alla Regione Emilia-Romagna, Caler, Unioncamere, Cgil, Cisl

e Uil, Cispel, Federindustria, Unionapi, Confagricoltura, Coldiretti e Cia, Confesercenti, Confcommercio, Cna, Confartigianato, Legacoop e Confcooperative, Agci.

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• l’esplicitazione di una vision forte: fare della Regione Emilia-Romagna una realtà all’avanguardia nella realizzazione della Strategia di Lisbona, ovvero un sistema fortemente orientato alla qualità dello sviluppo economico e sociale e alla competitività;

• l’individuazione di una serie di temi strategici, che sviluppano l’idea della vision e individuano la mission della Regione rispetto a questi temi;

• l’individuazione delle aree strategiche su cui prioritariamente far convergere l’azione. Quattro sono le aree strategiche individuate:: 1. sviluppo economico e reti; 2. welfare: politiche sociali; 3. immigrazione; 4. qualità del capitale umano: istruzione e formazione.

• la declinazione delle azioni che la Regione intende mettere in campo ai fini del conseguimento degli obiettivi di sviluppo e coesione.

Il monitoraggio del Patto è parte integrante dell’accordo, il testo sottoscritto, infatti, prevede che “l’attuazione dell’accordo sarà monitorata dai sottoscrittori attraverso incontri a cadenza generalmente semestrale a partire dai dati forniti da un osservatorio qualificato che esamini la situazione regionale secondo una logica comparativa rispetto a parametri condivisi come quelli previsti a Lisbona e operando confronti con le più avanzate regioni europee”.

Accanto al tavolo più prettamente “politico” del Patto, si è quindi costituito un tavolo “tecnico” con il compito di monitorarne l’avanzamento e di svolgere una serie di analisi utili ai fini dello sviluppo delle azioni previste. Fanno parte di questo tavolo funzionari e tecnici individuati da ciascuna delle sigle firmatarie, con il compito di condividere e realizzare il monitoraggio dell’avanzamento delle azioni e dei risultati prodotti dal Patto.

All’interno del tavolo tecnico si sono poi formati quattro sottogruppi di lavoro e il Servizio controllo strategico ha coordinato l’avvio del lavoro di monitoraggio sia attraverso la predisposizione di una serie di analisi preliminari, sia attraverso la predisposizione di una proposta metodologica da condividere tra tutti i gruppi si lavoro costituiti. Il servizio controllo strategico si è poi occupato in via diretta del monitoraggio di due dei quattro gruppi di lavoro costituiti: quello relativo all’immigrazione e quello relativo all’istruzione e alla formazione.

1.2.1 Il report di controllo strategico sulle politiche per l’immigrazione

Mutuando la metodologia messa a punto, il Servizio controllo strategico ha predisposto una proposta operativa di monitoraggio sottoposta al sottogruppo di lavoro “Immigrazione”. Durante il primo incontro sono scaturite una serie di osservazioni e alcune richieste di analisi da parte dei vari rappresentati delle

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categorie imprenditoriali e sociali, di cui si è tenuto conto nella realizzazione del report di controllo.

Tabella 3: Patto per lo sviluppo: aree d’azione e obiettivi prioritari

VIS

ION

Fare della nostra regione una realtà all’avanguardia nella realizzazione della cd “Strategia di Lisbona” ovvero un sistema fortemente orientato alla qualità dello sviluppo economico e sociale e alla competitività

TE

MI

ST

RA

TE

GIC

I COMPETITIVITÀ DEL SISTEMA

ECONOMICO REGIONALE

COESIONE

SOCIALE QUALITÀ , INNOVAZIONE, SOSTENIBILITÀ

AMBIENTALE

NELLO SVILUPPO

ECONOMICO

PROMOZIONE ATTIVA

DELLA SOLIDARIETÀ

TRA PERSONE, IMPRESE

ISTITUZIONI E TERRITORI

AR

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TE

RV

EN

TO

E O

BIE

TT

IVI P

RIO

RIT

AR

I

Sviluppo economico e reti: - raggiungere entro il 2010 il

3% del rapporto fra Spesa per R&S e PIL regionale

- raddoppio entro 2010 degli investimenti esteri

Welfare: politiche sociali - -incrementare

ogni anno il n° di anziani non autosufficienti in carico alla rete dei servizi

- - realizzare un sistema di fin. e di prod equo, efficiente e sostnibile

Immigrazione - perseguire la

piena integrazione sociale dei cittadini immigrati

- assicurare ai cittadini immigrati pari diritti e pari doveri

- -garantire l’accesso ai servizi esistenti nell’ambito di una politica universalistica capace di accogliere e adeguarsi alle necessità di persone portatrici di culture differenti

Qualità del capitale umano: Istruzione formazione e lavoro - incrementare i livelli

di partecipazione all’istruzione superiore

- investire nella formazione continua

- sostenere e promuovere la capacità di integrazione tra i sistemi della istruzione e della formazione

- promuovere e qualificare il ruolo formativo delle imprese

- aumentare la sicurezza e la regolarità del lavoro, ovvero rendere stabile e sicuro il rapporto di lavoro

- Aumentare la qualità sociale del lavoro e

- promuovere la responsabilità sociale delle imprese

AZ

ION

I

……………………………… ………………. ………………. ………………………….

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Dopo questa prima fase di confronto e condivisione di obiettivi di lavoro il Servizio controllo strategico ha avviato il percorso attraverso il quale normalmente giunge alla redazione del report di controllo22.

Figura 6: Principali fasi del processo di controllo strategico

Individuazione dell’ambito della politica e degli

obiettivi da monitorare,

costruzione della mappa strategica

Individuazione degli

indicatori di controllo

Verifica della fattibilità degli

indicatori e raccolta dei

dati

Alimentazione del BW e

produzione del report

Fase 1 Fase 2 Fase 3 Fase 4

Pur non potendo parlare di un vero e proprio bilancio sociale riferito alle politiche dell’immigrazione, il report contiene alcuni elementi che lo rendono un esperimento interessante di rendicontazione sociale di politiche regionali.

Il documento tenta, infatti, la ricostruzione del quadro generale delle azioni regionali rivolte al fenomeno dell’immigrazione, a partire dalla descrizione dello scenario demografico e sociale attuale e di quello prospettico, discendente dai trend immigratori attesi, per poi evidenziare come le politiche regionali si inseriscono in questo contesto, con quali competenze, con quali obiettivi e con quali risultati, da offrire non solo ai vertici politici dell’amministrazione ma all’intero Tavolo del Patto.

Il documento approvato si compone essenzialmente di tre parti: 1. descrizione dello scenario di riferimento; 2. descrizione del quadro istituzionale delle competenze (governance del

settore);

22 Le fasi del processo di controllo (strategico) sono state analizzate e formalizzate nell’ambito

del progetto “rete dei controller” che insieme alla metodologia e agli strumenti, ha costituito uno degli aspetti fondamentali del “progetto Compass” per l’implementazione della funzione di controllo strategico. Per definire il profilo professionale di questo ruolo e per individuare le competenze necessarie per ricoprirlo è stato, infatti, necessario analizzare il processo di controllo strategico nelle sue diverse fasi e definire in maniera precisa i vari passaggi da condividere con i referenti di direzione (i “controller”).

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3. le politiche della Regione Emilia-Romagna: missione obiettivi, strumenti, azioni e risultati.

Lo scenario di riferimento. - L’analisi del contesto (Tabella 4) ha messo in

evidenza l’importanza del fenomeno in termini di impatto sul tessuto sociale, demografico ed economico della nostra Regione e la conseguente necessità di costruire una propria politica nell’ambito delle competenze riconosciute che, puntando sull’accoglienza e sull’integrazione, contribuisca ad un governo positivo del fenomeno.

In sintesi l’analisi evidenzia che non solo anche nella nostra Regione il fenomeno immigratorio e’ accentuato, ma anzi presenti tassi di crescita assai superiori rispetto a quelli medi nazionali. Attualmente la RER, con 284.459 permessi di soggiorno, è al quarto posto fra le Regioni italiane ed incalza da vicino il Veneto (286.777). Rispetto ai residenti, la componente dei cittadini stranieri è ormai pari al 6,2% del totale e l’accresciuta presenza della componente femminile (ormai pari al 48%), unitamente alla complessiva composizione per classi di età (il 20% degli stranieri ha meno di 14 anni e il 75% non supera i 40 anni) può essere considerata indicativa di una tendenza al radicamento ed alla stabilizzazione di tali presenze sul territorio.

Tabella 4: Scenario di riferimento per le politiche per l’immigrazione

Le presenze sul territorio (2004) v. a . % su pop. Stima dei permessi di soggiorno (inclusi minori) 284.459 6,9 Residenti stranieri 257.233 6,2

di cui femmine 122.510 5,7 Residenti stranieri 15-39 anni 142.726 11,0

Le nascite (2004) Parti da donne straniere 6.732 18,8

Il mercato del lavoro (2004) v. a . % su tot. Assunzioni a tempo indeterminato di extracomunitari 85.228 20,0 Titolari extracomunitari di imprese individuali 16.927 4,0

La scuola (a.s. 2004/2005) v. a . % su

iscritti Alunni stranieri iscritti alla scuola dell’infanzia 8.413 8,2 Alunni stranieri iscritti alla scuola primaria 17.321 10,4 Alunni stranieri iscritti alla scuola secondaria di I grado 9.522 9,4 Alunni stranieri iscritti alla scuola secondaria di II grado 8.519 5,7

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Le previsioni di ulteriore rafforzamento del fenomeno migratorio, unitamente alla già rilevante incidenza di stranieri nelle classi giovanili e comunque “attive”, ha prodotto (e ancor più produrrà in futuro) rilevanti effetti:

- sulla composizione della popolazione regionale, anche a causa del più alto tasso di natalità fatto registrare da tale componente della popolazione (l’incidenza del contributo delle donne straniere alla natalità complessiva della RER è passato dal 16,2% del 2003, al 18,8 del 2004);

- sul mondo del lavoro, sia in relazione al lavoro dipendente (nel 2004 sono state aperte 85.228 nuove posizioni Inail per assunzioni a tempo indeterminato, con un’incidenza superiore al 20% del totale), sia in relazione al lavoro autonomo (ci sono ormai 16.927 imprese individuali con titolare extracomunitario, pari al 4% delle imprese attive in regione). Inoltre, il confronto a livello provinciale tra percentuale di immigrati residenti e tasso di disoccupazione evidenzia come la consistenza numerica degli immigrati risulti inversamente proporzionale al tasso di disoccupazione;

- sull’istruzione, con una crescente incidenza della componente di alunni stranieri sul totale, ormai pari – nella scuola primaria – a più del 10%, ma con alcuni problemi di integrazione, come indicato dalla più alta percentuale di insuccessi registrata da questa componente rispetto a quella costituita dagli alunni di nazionalità italiana;

- sulla esigenza/opportunità di prevedere forme di partecipazione politica. Quadro istituzionale delle competenze in materia di immigrazione. – La

ricostruzione del quadro istituzionale delle competenze è un passaggio fondamentale per capire qual è lo spazio di azione possibile per la Regione e qual è quello degli altri soggetti coinvolti nella governance del fenomeno. Nell’assetto delle competenze stabilite dal Titolo V della Costituzione: - lo Stato ha la competenza esclusiva in materia di immigrazione, di diritto

di asilo e sulle norme che disciplinano la condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea (art.117 Cost.). Spetta al Governo predisporre il Documento programmatico triennale relativo alle quote annuali di ingresso;

- le Regioni partecipano indirettamente alla definizione del Documento programmatico triennale e alla determinazione delle quote annuali attraverso la Conferenza Stato-Regione Oltre a ciò, il Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione, antecedente la riforma costituzionale e tuttora vigente, stabilisce che “nell’ambito delle rispettive attribuzioni e dotazioni di bilancio, le regioni, le province, i comuni e gli altri enti locali adottano i provvedimenti concorrenti al perseguimento dell’obiettivo di rimuovere gli ostacoli che, di fatto, impediscono il pieno riconoscimento dei diritti e degli interessi riconosciuti agli stranieri nel territorio dello Stato, con particolare

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riguardo a quelli inerenti all’alloggio, alla lingua, all’integrazione sociale. La competenza regionale in tema di integrazione sociale, è stata confermata dalla Corte Costituzionale (sent. N. 300/05 che ha respinto il ricorso del Governo contro la LR dell’Emilia-Romagna 5/2004);

Di fatto le politiche di welfare rappresentano il vero terreno di intervento in materia di immigrazione per la Regione, che può agire in settori quali la formazione professionale e i servizi sociali, in cui la presenza di cittadini stranieri rende necessari fondamentali interventi di promozione e tutela. A partire dall’anno 2000 la Regione Emilia-Romagna ha emanato annualmente un documento di linee guida per la predisposizione dei programmi rivolti all’accoglienza e all’assistenza degli immigrati, finanziati con risorse del Fondo Nazionale per le politiche migratorie e con risorse proprie. L’ultima programmazione prevede due programmi finalizzati:

� Un Piano Territoriale Provinciale � Un Piano finalizzato di Zona

Le Province, di concerto con gli Enti locali e altri soggetti interessati, definiscono, nell’ambito della programmazione regionale, i singoli progetti da attivare. Nelle procedure di concertazione finalizzate all’identificazione dei progetti da avviare devono essere coinvolti non solo gli enti locali, ma anche di altri attori pubblici e privati, quali le aziende sanitarie locali, le istituzioni scolastiche, il privato sociale, le rappresentanze delle forze economiche e sociali. A tal fine, ciascuna Provincia definisce proprie modalità di concertazione. Anche per quanto riguarda i Piani di Zona, alla Provincia è riconosciuto un ruolo di coordinamento per garantire il raccordo con la programmazione provinciale; Nell’ambito della zona sociale i Comuni sono responsabili della progettazione e dell’attuazione degli interventi.

Le politiche della Regione Emilia-Romagna. - L’analisi delle leggi e dei

diversi strumenti di programmazione regionale (Tabella 5: Gli strumenti legislativi e programmatici di intervento della Regione) ha consentito di delineare meglio i contenuti del Patto, definendo la griglia obiettivi-azioni e di disegnare la “mappa strategica” della politica.

A fronte delle competenze attribuite al livello regionale in tema di immigrazione, la RER ha individuato tre finalità generali da perseguire (LR 5/2004):

1. rimozione degli ostacoli al pieno inserimento sociale, culturale e politico;

2. reciproco riconoscimento e valorizzazione delle identità culturali, religiose e linguistiche;

3. valorizzazione della consapevolezza dei diritti e doveri connessi alla condizione di cittadino straniero immigrato.

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Tabella 5: Gli strumenti legislativi e programmatic i di intervento della Regione

Adattando al caso specifico la metodologia di controllo precedentemente

descritta, sono state individuate come prospettive di analisi, ossia come dimensioni di creazione di valore nelle politiche per l’immigrazione, la conoscenza, i processi e la collettività.

Gli obiettivi associati a queste dimensioni sono i seguenti: - aumentare la conoscenza del fenomeno; - partecipare al governo dei flussi migratori; - attivare strumenti di coordinamento; - favorire il confronto interculturale;

1. Protocollo d’intesa in materia di immigrazione straniera Il protocollo è stato sottoscritto nel dicembre 2001 tra Regione, Enti locali, parti sociali e organizzazioni del terzo settore. Le parti firmatarie hanno riconosciuto l’esigenza di “una visione di insieme e di elementi di programmazione integrati tra loro” in materia di immigrazione, individuando quattro aree principali di intervento:

1. governo dei flussi migratori 2. lavoro e formazione professionale 3. politiche abitative 4. integrazione sociale

Nel 2002, sono stati siglati nove protocolli provinciali che, a partire dall’impostazione regionale, hanno delineato priorità in linea con i contesti locali.

2. L.R 5/2004 “Norme per l’integrazione sociale dei cittadini stranieri immigrati” La nuova legge prevede che l’azione regionale sia tesa ad assicurare una maggiore coesione sociale, nel rispetto delle regole, delle diversità culturali e religiose e secondo il principio della pari opportunità di accesso ai servizi. Le principali previsioni della LR 5/2004 riguardano:

2. La predisposizione di un programma triennale per l’integrazione sociale dei cittadini stranieri immigrati

3. L’istituzione della Consulta per l’integrazione sociale dei cittadini stranieri immigrati

4. L’istituzione di un Centro regionale contro le discriminazioni 3. Programma triennale per l’integrazione sociale dei cittadini stranieri

Previsto dalla LR5/2004 e formulato sentite la Conferenza Regione-Autonomie locali e la Consulta, il Programma 2006-2008 è stato recentemente approvato con DCR 45/2006. Si tratta di uno strumento di programmazione trasversale che si propone di promuovere un percorso di integrazione delle politiche di settore rivolte ai cittadini immigrati

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- garantire pari opportunità di accesso ai servizi; - contrastare le forme di discriminazione e di sfruttamento Ciò ha consentito di disegnare la “mappa strategica” della politica (Figura

7). A ciascuna prospettiva sono stati poi associati, oltre agli obiettivi perseguiti, le iniziative e gli strumenti su cui si basa il conseguimento degli obiettivi, anche attraverso l’analisi degli strumenti legislativi in materia e dei documenti di programmazione del settore (Tabella 6:) .

Figura 7: Mappa strategica delle politiche per l’im migrazione

conoscenza

processi

Co

llettività

Favorire il confronto interculturale

Contrastare forme di discriminazione e

sfruttamento

Facilitare l’accesso ai servizi

Partecipare al governo dei flussi

Attivare strumenti dicoordinamento

Aumentare la conoscenza del fenomeno

Pari opportunità di accesso ai servizi

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Tabella 6: Griglia degli obiettivi-azioni e indicat ori delle politiche per l’immigrazione

Obiettivo Strumenti principali di intervento

Azioni Indicatori di risultato

Aumentare la conoscenza del fenomeno

- Osservatorio regionale sul fenomeno migratorio

- Sostegno a iniziative locali

- Gestione dell’osservatorio regionale sul fenomeno migratorio

- Sostegno all’avvio e alla implementazione di osservatori locali

N:°progetti di ricerca finanziati

Partecipare al governo dei flussi migratori

- Concertazione con gli enti locali

- Comunicazioni al Governo Centrale

- Determinazione della stima dei flussi sostenibili

- Determinazione dei flussi specifici

Attivare strumenti di coordinamento

- Consulta regionale - Centro regionale sulle

discriminazioni - Tavoli tematici

- Coordinamento dell’attività della consulta regionale sull’immigrazione

- Costituzione del centro regionale sulle discriminazioni

- Attivazione di coordinamenti tematici

Favorire il confronto interculturale

- Sostegno finanziario ad iniziative locali

- Sostegno all’avvio/ implementazione di centri interculturali

- Sostegno alla realizzazione di campagne informative, iniziative culturali e sportive

- Sostegno a iniziative interculturali connesse all’uso dei mezzi di comunicazione di massa

- Sostegno ai percorsi di rappresentanza e all’associazionismo

N°Progetti finanziati per: - Centri interculturali - Campagne informative

/iniziative culturali - Comunicazione

interculturale - Percorsi di rappresentanza

e associazionismo Garantire pari opportunità di accesso ai servizi

- Sportelli informativi - Corsi di lingua - Mediazione culturale

- Sostegno all’inserimento scolastico - Sostegno alla realizzazione di sportelli

informativi e interventi per facilitare l’accesso ai servizi

N°.progetti finanziati per : - Sportelli informativi e

azioni di facilitazione - Azioni interistituzionali di

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Obiettivo Strumenti principali di intervento

Azioni Indicatori di risultato

- Promozione di iniziative attraverso mediatori culturali

- Sostegno alla realizzazione di corsi di lingua italiana per adulti

semplificazione pratiche amm

- Formazione e interventi di mediatori culturali

- Corsi di lingua italiana per adulti

- Progetti di inserimento/ educazione alla tolleranza/lotta alla dispersione scolastica

- Progetti di sostegno all’apprendimento

- Progetti accomp/ orientam mercato immob e del lavoro

Contrastare le forme di discriminazione e sfruttamento

- strumenti legislativi, programmatori e finanziari

- Sostegno ad attività specifiche di tutela e assistenza legale

- Sostegno ad azioni di contrasto alla discriminazione e allo sfruttamento

- Sostegno ad interventi per specifici target (minori non accompagnati, ospiti CPT)

- Sostegno socio economico a favore di richiedenti asilo e rifugiati

- Sostegno ad azioni di contrasto alla tratta

N° progetti finanziati di: - Tutela e assistenza legale - Contrasto discriminazioni e

sfruttamento - Supporto a specifici target - Sostegno a richiedenti asilo

e rifugiati - Contrasto alla tratta: il

progetto “Oltre la strada”

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Dal punto di vista dell’organizzazione interna alla Regione, la trasversalità della politica, che richiede interventi integrati in diversi campi, coinvolge strutture appartenenti a direzioni generali diverse. Anche a livello interno è quindi necessario attivare strutture di coordinamento per la programmazione e il monitoraggio e l’analisi dei risultati al fine di consentire un governo efficace delle politica e delle azioni ad esse connessa.

A tal fine si è attivato un Gruppo cosiddetto “interassessorile”, a cui partecipano dirigenti e tecnici provenienti dai diversi settori della Regione, finalizzato al coordinamento degli interventi. Il servizio controllo strategico partecipa al Gruppo di lavoro che si è avviato sul monitoraggio e questo conferma il ruolo che la funzione può fornire, in termini di supporto, allo sviluppo di pratiche di rendicontazione che coinvolgono una pluralità di attori e di soggetti nello sviluppo di politiche sempre più trasversali ed integrate, sia sotto il profilo istituzionale sia settoriale.

Nel diagramma sottostante (Figura 8) sono rappresentate le strutture organizzative interne alla Regione principalmente interessate alla politica in oggetto.

L’ampiezza delle funzioni coinvolte evidenzia la necessità di coordinamento e lo sviluppo di strumenti di governo trasversale, tra cui anche quelle di controllo.

Figura 8: Strutture organizzative della Regione coi nvolte nella politica per

l’immigrazione

GIUNTA REGIONALE

Gruppo Interassessorile

DG Sanità e Politiche

sociali

DG

Istruzione Formazione

lavoro e cultura

DG Programmazione

territoriale, trasporti e politiche

DG Attività produttive

Servizio politiche per l’accoglienza

Servizio Formazione Professionale

Servizio politiche per l’istruzione

Servizio politiche abitative

Servizio politiche industriali/artigian

ato

Servizio politiche per il commercio

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Di seguito, nella Tabella 7 e nella Tabella 8, vengono presentati alcuni esempi di come sono stati

calcolati alcuni degli indicatori previsti e le risorse associate a ciascuna azione.

Tabella 7 : Risultati delle politiche per l’immigrazione

Risorse* (euro) Iniziative Progetti finanziati v.a. %

Contributo medio

Sportelli informativi e azioni di facilitazione

38 1.500.195,64 25,9 39.478,83

Azioni interistituzionali di semplificazione pratiche amm.

5 131.565,12 2,3 26.313,02

Formazione e interventi di mediatori culturali

15 565.214,36 9,8 37.680,96

Corsi di lingua italiana per adulti 13 143.171,59 2,5 11.013,20 Progetti di inserimento/educazione alla tolleranza/lotta alla dispersione scolastica (2004)

163 1.875.293,81 32,4 11.504,87

Progetti di sostegno all’apprendimento e attività extrascolastiche

39 1.442.745,70 24,9 36.993,48

Progetti accompagnamento/orientamento mercato immobiliare e del lavoro

4 132.140,15 2,3 33.035,04

Tabella 8: Beneficiari degli interventi

N. beneficiari immigrati 2002 2003 2004

Servizi offerti a tutti Formazione professionale (tutti i corsi) 10.922 6.289 1.450 Borse di studio 3.064 4.910 7.516 Fondo sociale per l’affitto 8.704 10.353 n.d. Edilizia residenziale pubblica* 5.062 n.d. n.d. Assistenza sanitaria (ricoveri ospedalieri) 34.658 38.596 42.158

Servizi specifici per immigrati Formazione professionale (corsi specifici) 2.003 1.673 337 Sostegno all’avvio di iniziative commerciali 40 66 48 Assistenza consultoriale 15.899 21.026 n.d. Assistenza a minori in progetti di accoglienza

1.319 1.419 1.325

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Accanto agli indicatori di risultato sono stati elaborati altri indicatori che possono in parte essere considerati una descrizione del contesto di riferimento, ma che in parte rappresentano impatti delle azioni di facilitazione e garanzia di accesso a servizi specifici (Tabella 9).

Gli indicatori sono stati costruiti calcolando la quota di immigrati che partecipano a servizi offerti a tutti coloro che presentano requisiti stabiliti da singole politiche a prescindere dalla cittadinanza e la partecipazione a servizi specificatamente pensati per i cittadini immigrati.

Tabella 9: Impatti delle politiche e pesi %

2002 2003 2004 Lavoro

Immigrati formati in corsi specifici sul totale immigrati formati

18,3 26,6 23,2

Immigrati formati sul totale formati 7,9 6,9 8,4 Immigrati formati sul totale immigrati (permessi di soggiorno)

7,4 2,9 0,6

Studio Beneficiari stranieri di borse di studio sul totale beneficiari 9,9 12,3 16,6 Beneficiari stranieri di borse di studio sul totale alunni stranieri

16,8 21,0 26,6

Casa Utenti stranieri ERP sul totale utenti 5,7 n.d. n.d. Famiglie straniere FSA sul totale famiglie beneficiarie 28,8 30,1 n.d.

Salute Ricoveri ospedalieri di stranieri sul totale ricoveri (esclusi non identificati)

3,7 4,2 4,8

Ricoveri ospedalieri di stranieri sul totale stranieri (permessi di soggiorno)

23,0 17,7 18,5

Tabella 10: Risorse finanziarie per area di interv ento

2002 2003 2004 Lavoro

Contrib. approvati attività di formaz. specifiche 8.974.671 5.720.244 2.111.316 Contributo medio per attività di formazione 74.170,84 48.890,98 28.922,14 Contributi concessi per iniziative commerciali 309.874 400.000 400.000 Contributo medio per iniziative commerciali 7.746,85 6.060,61 8.333,33

Studio Contributi per borse di studio 1.235.000 1.416.825 n.d. Contributo medio per borse di studio 403,07 288,56 n.d.

Salute

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Quota FSN per ass. sanitaria agli immigrati 3.247.000 5.250.872 7.876.307

Si è cercato anche di fornire l’indicazione delle risorse investite per obiettivo. La Tabella 11 si presenta tuttavia incompleta e mancano dati di confronto in serie storica. Tale problema in realtà non riguarda solo le politiche in oggetto, ma è una criticità che si riscontra in tutti i casi di controllo strategico sino ad oggi affrontati. C’è, infatti, una generale difficoltà a collegare agli obiettivi che vengono dichiarati, le relative risorse finanziarie, la suddivisione in capitoli e in Unità Previsionale di Base, tipica del bilancio e funzionale alle esigenze di gestione finanziaria, non consente, talvolta, un ripartizione precisa delle risorse tra iniziative e progetti differenti.

Tabella 11: Risorse finanziarie per obiettivo

Anno 2005 –Le risorse si riferiscono alla spesa complessiva dei progetti zonali e provinciali ^ Anno 2004

Il report è accompagnato da una nota valutativa che contiene alcune

considerazioni di sintesi sui risultati prodotti dall’azione regionale in relazione agli obiettivi delineati e ai bisogni che derivano dall’analisi di contesto.

1.2.2 Considerazioni di sintesi

Al di là delle valutazioni che riguardano la singola politica, dall’esempio proposto scaturiscono due tipi di considerazioni:

Obiettivi Risorse finanziarie impegnate

Ob. 1 Aumentare la conoscenza del fenomeno 303.711 * Ob. 2 Partecipare al governo dei flussi migratori - Ob. 3 Attivare strumenti di coordinamento - Ob. 4 Favorire il confronto interculturale 948.823* Ob. 5 Garantire pari opportunità di accesso ai servizi – azioni di facilitazione

5.790.326*

Ob. 5 Garantire pari opportunità di accesso ai servizi – i servizi erogati

Lavoro 2.511.316^ Scuola 1.416.825* Casa n.d. Salute 7.876.307^

Ob. 6 Contrastare le forme di discriminazione e sfruttamento

1.604.242*

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- la prima, riguarda le relazioni tra le forme di rendicontazione sociale e i sistemi di controllo interno, che è l’argomento che si è sviluppato nel presente contributo;

- la seconda riguarda la prospettiva che la rendicontazione sociale e il bilancio sociale deve assumere e le caratteristiche e i contenuti che deve sviluppare, per divenire un efficace strumento di gestione di politiche multilivello.

Per quanto riguarda la prima considerazione non c’è dubbio che numerose sono le sinergie che si possono costruire tra la funzione di controllo strategico e un’attività di rendicontazione sociale.

In particolare si evidenzia come, da una parte, la costruzione di processi di rendicontazione, siano essi tra dirigenza e organo politico (come nel caso del controllo strategico) o tra Giunta e stakeholder /cittadini (come nel caso della rendicontazione e del bilancio sociale) richiedano lo sviluppo di una strumentazione concettuale e di analisi che va oltre la mera comunicazione di fatti, che non si limita cioè a raccogliere informazioni presso i settori e a riferire in modo talvolta autoreferenziale, ma che cerchi di fornire un modello che interpreta e spiega la politica, descriva le risorse umane, organizzative e finanziarie coinvolte nei processi attuativi e ne rendiconti in quest’ottica gli esiti, costruendo un sistema strutturato e permanente di rilevazione dei risultati. In quest’ottica è necessario che i sistemi di rendicontazione sociale e di controllo interno collaborino per evitare sovrapposizioni e duplicazioni nei processi di raccolta dei dati, ma soprattutto per indirizzare le analisi sugli aspetti rilevanti delle politiche sia in una logica di accountability sia di apprendimento organizzativo e strategico. Come quindi si può facilmente ricavare dall’esempio sopra riportato, una serie di informazioni e di competenze necessarie per sviluppare forme di rendicontazione sociale coincidono con le informazioni e le competenze richieste dai processi di controllo strategico.

Le aree di collaborazione quindi possono essere molteplici e riguardare aspetti metodologici ed organizzativi:

- una prima area di collaborazione è facilmente individuabile nella costruzione del sistema informativo di monitoraggio delle politiche e delle azioni, che può supportare sia le analisi di controllo strategico sia la rendicontazione sociale, elaborando a partire dagli stessi dati le informazioni di interesse delle diverse funzioni, con il vantaggio di rendere complessivamente più efficienti le procedure interne ed esterne di raccolta e rilevazione dei dati. Il controllo strategico ha già sviluppato parti di questo sistema informativo che possono essere rese disponibili da subito ai fini di un eventuale progetto di bilancio sociale e può contare su una rete di relazioni

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interne (quella che è stata individuata come “ la rete dei controller” 23) per la raccolta dei dati e delle informazioni rilevanti.

- poi c’è lo sviluppo e la condivisione di competenze che riguardano la cultura della misurazione, la conoscenza degli strumenti di analisi di impatto delle politiche, la conoscenza delle fonti statistiche, che costituiscono un terreno di crescita per entrambe le funzioni . Il controllo strategico potrebbe fornire in questo senso un contributo significativo poiché l’esperienza fino ad oggi svolta lo ha indotto a sviluppare familiarità con i processi di definizione di obiettivi e risultati: anche i processi di controllo strategico si basano infatti sull’individuazione delle politiche e dei loro ambiti, sulla definizione degli obiettivi strategici e delle azioni che le sviluppano, sulla definizione di un set di indicatori (output ed outcome) per la valutazione sia dell’avanzamento che degli impatti, sull’elaborazione di report complessi di valutazione generale di una politica. Inoltre il Servizio, proprio per i contenuti che il controllo strategico in ambito pubblico dovrebbe possedere (vedi paragrafo 1.1.), ha sviluppato al proprio interno un mix di professionalità che comprendono anche competenze specialistiche di tipo statistico e di analisi economico-congiunturale e ai fini dell’implementazione del sistema informativo di controllo strategico, dialogando con i colleghi del Servizio statistico in relazione alla selezione, raccolta e elaborazione dei dati necessari;

- c’è il tema della rete delle relazioni interne ed esterne da sviluppare: per realizzare un progetto di bilancio sociale è necessario costituire un gruppo di lavoro che integri e coordini le diverse funzioni dell’ente coinvolte24. Anche il controllo strategico ha bisogno di una “rete” per operare. Anche questa rete potrebbe essere in parte condivisa, ossia potrebbe essere utile che coloro che, a livello di settore, partecipano alla costruzione dei processi di controllo strategico siano gli stessi coinvolti anche nei processi di costruzione di un eventuale bilancio sociale;

- occorre poi una visione di sintesi e una conoscenza dei diversi strumenti di programmazione regionale da cui desumere informazioni sulle politiche e sugli obiettivi di queste. A tal proposito il fatto che la funzione di controllo strategico sia direttamente collegata al Documento di politica economico finanziaria, che peraltro coordina nel suo processo di aggiornamento e redazione, può contribuire alla lettura trasversale delle politiche e allo sviluppo di tale visione di sintesi. Oltretutto la presentazione del Documento di Politica Economico finanziaria della Regione è stata indicata come momento di rendicontazione delle politiche tra Giunta e Assemblea legislativa.

23 Vedi il progetto “rete dei controller” nell’esplicazione del modello di controllo strategico della

RER. 24 Direttiva 63 del 17/02/006 “Bilancio sociale". Linee guida per le Amministrazioni pubbliche” Ministero della Funzione Pubblica , materiali scaricabili da www.formez.it

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La seconda considerazione parte da una riflessione e cioè che poiché non

è più possibile valutare gli esiti delle politiche sulla base delle azioni poste in essere da una sola amministrazione, e poiché sempre più le politiche sono intersettoriali e multilivello, è necessario che anche il bilancio sociale sempre più assuma questa prospettiva, soprattutto se intende divenire strumento di supporto ai network pubblici, attraverso cui sia progettano e si attuano le politiche. In quest’ottica l’esempio proposto si presenta incompleto, in quanto, pur sviluppandosi nell’ambito di un “patto” che coinvolge più soggetti, concentra l’attività di rendicontazione solo sulla Regione.

Da questo punto di vita occorre allora che nell’ampio dibattito sulla governance territoriale che si è sviluppato negli ultimi tempi, non solo a livello accademico ma anche come esigenza concreta di trovare forme che consentano di negoziare, di decidere e di attuare in maniera efficiente ed efficace le politiche, si affronti anche il tema delle sedi e delle modalità attraverso le quali condividere informazioni e valutazioni circa i risultati prodotti attraverso l’azione congiunta.

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Riferimenti bibliografici

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“Progetto Governance” Dip.Funzione Pubblica (2003), Atti del convegno “Il controllo strategico nelle amministrazioni regionali e centrali. Esperienze nazionali a confronto” Milano giugno 2003 e Atti del convegno “Riforme istituzionali e governance delle Regioni”Torino dicembre 2004 scaricabili dal sito www.formez.it

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Robotti L., Quagliani A. (2002) "Il controllo strategico nelle Regioni" Franco Angeli