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La verginità cristiana non è un argomento che oggi facilmente si incontra nella discussione cul- turale contemporanea, se non con acce- zioni negative o con considerazioni sarca- stiche e ironiche. Spesso viene derisa e relegata tra le cose di altri tempi, tra i re- perti di stagioni oscure e “sessuofobe” della tradizione cristiana. Non è una no- vità, soprattutto oggi in cui i valori più profondi e alti della vita cristiana sono misconosciuti e rifiutati in nome di una li- bertà e di una “emancipazione” che in realtà sono frutto di ignoranza e di arro- ganza nei confronti di tutto ciò che è troppo alto e elevato. Un po’ ciò che av- viene nella favola di Fedro della volpe e l’uva: ciò che è al di sopra delle nostre possibilità viene definito negativamente e in modo beffardo; un modo per difen- dersi dalle proprie debolezze e miserie. La dignità del corpo La verginità è una ricchezza umana e spirituale importantissima in quanto ci ri- manda ai contenuti più importanti della vita cristiana, ai valori che la contraddi- stinguono e che ne evidenziano la speci- ficità e l’unicità. Il corpo nella tradizione biblica ha un valore in sé molto forte. Il suo essere formato dalla terra (Gn 2) ne indica la derivazione e la solidarietà con la crea- zione, ma il soffio vitale, che deriva da Dio stesso e che lo anima, indica la di- gnità spirituale che esso viene ad assu- mere dall’amore di Dio. La fisicità, la corporeità non è in contraddizione con lo spirito ma vive in sintonia con esso, è al servizio dell’unica realtà umana di cui il corpo e l’anima sono costitutivi inse- parabili. È proprio in questo unicum che consiste la dignità del corpo umano e la sua vocazione spirituale. Al di là di una contrapposizione tra anima e corpo, bi- sogna comprendere il rapporto che in- vece lega la corporeità e la spiritualità dell’essere umano. Il principio spirituale dell’uomo lo conduce e si serve del cor- po per esprimersi e per realizzare il pro- prio cammino umano, che deve condur- lo alla sua piena realizzazione, ovvero al compimento della propria vocazione creaturale. L’uomo si innalza su tutto il creato proprio per questa capacità intel- lettuale e volitiva di volgere la propria vi- ta verso il suo fine e di vivere di conse- guenza, trasformando tutto se stesso in offerta d’amore a Dio e ai fratelli. La corporeità non è dunque un osta- colo, ma il mezzo naturale con cui l’uo- mo realizza il suo essere uomo, compien- do la volontà di Dio come creatura. Il cor- po ci è stato donato per essere strumen- to dell’anima e perché sia offerto come 1 Formazione Liturgica Culmine e Fonte 4-2007 La verginità cristiana mons. Marco Frisina L

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La verginità cristiana non è unargomento che oggi facilmentesi incontra nella discussione cul-

turale contemporanea, se non con acce-zioni negative o con considerazioni sarca-stiche e ironiche. Spesso viene derisa erelegata tra le cose di altri tempi, tra i re-perti di stagioni oscure e “sessuofobe”della tradizione cristiana. Non è una no-vità, soprattutto oggi in cui i valori piùprofondi e alti della vita cristiana sonomisconosciuti e rifiutati in nome di una li-bertà e di una “emancipazione” che inrealtà sono frutto di ignoranza e di arro-ganza nei confronti di tutto ciò che ètroppo alto e elevato. Un po’ ciò che av-viene nella favola di Fedro della volpe el’uva: ciò che è al di sopra delle nostrepossibilità viene definito negativamente ein modo beffardo; un modo per difen-dersi dalle proprie debolezze e miserie.

La dignità del corpo

La verginità è una ricchezza umana espirituale importantissima in quanto ci ri-manda ai contenuti più importanti dellavita cristiana, ai valori che la contraddi-stinguono e che ne evidenziano la speci-ficità e l’unicità.

Il corpo nella tradizione biblica ha unvalore in sé molto forte. Il suo essereformato dalla terra (Gn 2) ne indica la

derivazione e la solidarietà con la crea-zione, ma il soffio vitale, che deriva daDio stesso e che lo anima, indica la di-gnità spirituale che esso viene ad assu-mere dall’amore di Dio. La fisicità, lacorporeità non è in contraddizione conlo spirito ma vive in sintonia con esso, èal servizio dell’unica realtà umana di cuiil corpo e l’anima sono costitutivi inse-parabili. È proprio in questo unicum checonsiste la dignità del corpo umano e lasua vocazione spirituale. Al di là di unacontrapposizione tra anima e corpo, bi-sogna comprendere il rapporto che in-vece lega la corporeità e la spiritualitàdell’essere umano. Il principio spiritualedell’uomo lo conduce e si serve del cor-po per esprimersi e per realizzare il pro-prio cammino umano, che deve condur-lo alla sua piena realizzazione, ovvero alcompimento della propria vocazionecreaturale. L’uomo si innalza su tutto ilcreato proprio per questa capacità intel-lettuale e volitiva di volgere la propria vi-ta verso il suo fine e di vivere di conse-guenza, trasformando tutto se stesso inofferta d’amore a Dio e ai fratelli.

La corporeità non è dunque un osta-colo, ma il mezzo naturale con cui l’uo-mo realizza il suo essere uomo, compien-do la volontà di Dio come creatura. Il cor-po ci è stato donato per essere strumen-to dell’anima e perché sia offerto come

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La verginità cristiana mons. Marco Frisina

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dono concreto a Dio, offerta tangibiled’amore.

In tutte le culture la verginità è il sim-bolo forte e significativo di questa offertad’amore. La castità che precede il matri-monio non è semplicemente la rinunciaalla sessualità, ma l’affermazione di unadignità e di una preziosità dell’offerta delcorpo che avviene nella sessualità. L’unio-ne tra l’uomo e la donna non è un attomeccanico e cieco, non è la risposta a unimpulso istintuale, ma è un’offerta co-sciente e generosa a colui o colei a cui ilcorpo viene donato insieme a tutta lapersona che in quel gesto è significata.

Nella Scrittura, come in tutte le cultu-re antiche, il matrimonio è circondato dauna sacralità assoluta, il suo significatocoinvolge l’intera vita e l’intera realtàumana. L’affettività e la sessualità sonoinfatti punti cardini della realtà umanaperché introducono gli uomini nel miste-ro della vita, nel mistero di Dio stesso dacui ha origine ogni amore e da cui tuttoderiva per amore. Il gesto sessuale è le-gato alla generazione ma è anche unaimmagine simbolica della comunione fisi-ca e spirituale degli sposi, un gesto cheoggi, inflazionato da un uso disinvoltodella sessualità, sembra perdere il suo si-gnificato, ma che invece rimane un attodal valore altissimo. La desacralizzazionedella sessualità non porta a una emanci-pazione del corpo, ma alla sua umiliazio-ne, a una sorta di banalizzazione e immi-serimento che ne distrugge dignità e bel-lezza.

In questo senso la verginità diviene unsimbolo di appartenenza spirituale e, nel-

lo stesso tempo, di libertà profonda. Ilvergine è colui che è tutto di Dio, che ètutto per i fratelli, che non cede ad alcuncompromesso nei confronti del mondo eche offre il suo corpo in sacrificio d’amo-re. È proprio in questo concetto di sacrifi-cio la chiave per comprendere la verginitàcristiana.

Un sacrificio d’amore

Il sacrificio non è una realtà cupa edolorosa, negativa e magari fanatica. Iltermine deriva da sacrum-facere, ovveroconsacrare, rendere sacro qualcosa, of-frirlo in dono affinché diventi separatoper Dio, offerto a lui con un gesto diamore gratuito. Il sacrificio rende l’ogget-to sacrificato di proprietà di colui a cui èstato offerto: il corpo verginale offerto aDio diviene di Dio, e per questo divienecosa sacra. Profanare il corpo sacrificatoa Dio sarebbe un sacrilegio perché toglie-rebbe a Dio ciò che gli è stato offerto. Laverginità consacrata possiede quest’a-spetto sacrificale che è simbolo d’amoreassoluto e incondizionato a Colui che ciama in modo assoluto e incondizionatoin Cristo. Il vergine si unisce all’offerta diCristo crocifisso unendosi a lui in un uni-co atto d’amore.

Questa consacrazione con Cristo ren-de i vergini speciali, come dice Ap 14,4:“Sono vergini e seguono l’Agnello ovun-que vada”. I vergini e le vergini seguonoCristo ovunque egli vada perché sono co-loro che ne ripetono il cammino d’amoree ne ripetono le fattezze, il volto, in unasomiglianza tutta interiore capace, come

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nel caso di Santo Stefano primo martire,di ripeterne l’offerta redentiva.

Il mondo può non comprendere que-sto mistero che è autentico mistero d’a-more, può anche perseguitare un idealeche sembra tanto lontano dai suoi gusti eda ciò che esso ricerca e desidera, ma si-curamente il mondo ha bisogno dellaverginità, e oggi più che mai. Gli uominidel nostro tempo hanno bisogno di rida-re valore al proprio corpo e alla loro ses-sualità, hanno necessità di ritrovare l’o-rientamento autentico dell’esistenza perpoter raggiungere la felicità tanto cerca-ta. Le cose del mondo e le sue concupi-scenze non danno la pace e la felicità, ilcuore dell’uomo resta inquieto e si rendeconto sempre più dell’abisso in cui puòsprofondare ogni volta che dimentica lafinalità per cui è stato creato.

La riscoperta della castità e della ver-ginità aiuta anche la vita coniugale per-ché ne fa comprendere il valore e la ric-chezza, ne regola maggiormente l’equili-brio e la felicità, dona nuovo impulso al-l’amore reciproco dando nuovo slancio euna purezza rinnovata. L’appartenenza aCristo propria del battesimo si esprimecosì sia nel matrimonio, sia, in modo spe-ciale e forte, nella consacrazione vergina-le: si direbbe che le due cose siano com-plementari e si danno luce l’un l’altra. In-fatti la verginità è una testimonianza chefa bene agli sposi, così come un autenti-co amore coniugale arricchisce i vergini,perché la visione dell’unico amore di Cri-sto, nella ricchezza del suo corpo che è laChiesa, stimola ancor più ciascuno a ve-dere la propria vocazione con profondità

e bellezza e a perseguirla con fedeltà egenerosità sapendo che la sua utilità èper la Chiesa intera.

Unità con l’Eucaristia e con Maria

La verginità cristiana acquista ancheun valore espressivo fortissimo in riferi-mento all’eucaristia, corpo sacramentaledel Signore. C’è come una sintonia mi-steriosa tra eucaristia e verginità, comeun’appartenenza reciproca che è datadalla forza derivante dall’unico corpo do-nato che ci mette in comunione luminosacon Cristo Signore. Il sacramento eucari-stico sostiene la donazione verginale e lacorrobora con la grazia di quell’amoreche si rivela nel Corpo e Sangue di Cri-sto, in quella presenza sostanziale e cor-porale, così speciale, così concreta e visi-bile che diviene specchio formidabile diquella donazione ugualmente concreta etangibile della verginità.

Allo stesso modo il rapporto tra vergi-nità e Maria diviene una conseguenzainevitabile, quasi un corollario necessarioche esprime ancora una volta la bellezzadell’appartenenza a Dio e della potenzadella grazia che risplende sia nella vergi-nità di Maria, sia in quella dei consacrati.La verginità di Maria ha infatti lo stessosignificato di appartenenza totale all’a-more di Dio, di consacrazione al progettosalvifico, alla condivisione del sacrificio diCristo, a cui la Madre si unisce nell’unicaofferta d’amore. Nello stesso tempo laverginità di Maria diviene segno lumino-so della Chiesa consacrata a Cristo dalbattesimo e resa un unico corpo con lui

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risorto per noi e con noi. La sua mater-nità verginale anticipa quella della Chiesae la sua gloria nel cielo diviene per noisegno di speranza perché mostra il com-pimento della nostra vocazione.

Pegno della gloria futura

Nel Vangelo Gesù ci ricorda che nellaresurrezione dei morti non ci si sposa masi è come gli angeli di Dio (Mt 22,30).L’aspetto escatologico della verginità nonè secondario, la consacrazione verginaleè una sorta di richiamo forte alle realtàultime e alla vocazione escatologica dellanostra vita. Il fine della nostra esistenzanon è legato alla vita naturale con le sueleggi e le sue dinamiche, compresa lasessualità o la generazione dei figli. C’ètutta una realtà per noi oggi nascosta emisteriosa, ma che in futuro sarà a noi ri-velata, che ci attende al di là della morte.

I vergini vivono la loro vita “nascosta conCristo in Dio” (Col 3) in una sorta di anti-cipazione della gloria futura dei figli diDio. La straordinarietà della verginità, eanche in parte l’incomprensione da partedel mondo, deriva proprio da questa suairriducibilità alle categorie prettamentenaturali. La verginità sorpassa il tempo ela natura, travalica la vita terrena per an-corarsi nell’eterno, diviene come un gridonella povertà della vita quotidiana che sa-le verso il cielo. La verginità è ancora og-gi attualissima proprio perché è contro-corrente, è alternativa in senso profondoe speciale, è come un muro necessario aldilagare della tendenza alla totale promi-scuità sessuale, addirittura all’incapacitàdi porre freno ai desideri più bassi e de-gradanti in cui l’egoismo può far precipi-tare gli uomini. Il suo profumo di eter-nità, la sua levità e il suo sorriso possonofar rifiorire nel mondo quella nostalgia di

cielo di cui ognicuore ha tantobisogno e puòdare alla Chiesala dimensionepiù esatta dellasua vocazioneu l t r a t e r r e n asenza farle di-menticare il do-vere della testi-monianza del-l’amore in favo-re di tutti gl iuomini.

L’ingresso della Vergine al Tempio, mosaico, sec. XII

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arlando dei riti previsti per colo-ro che ricevono una specialeconsacrazione, si dovrebbe par-

lare più esattamente di due rituali: Il ritodella Consacrazione delle Vergini, e il ritodella Professione religiosa, ambeduepubblicati dopo il Concilio Vaticano II. Permeglio comprendere l’attuale imposta-zione è previamente necessario ap-profondire ciò che si pone a fondamentodi ambedue, cioè la “verginità consacra-ta”: coloro che si sono “fatti eunuchi peril Regno di Dio” (cfr Mt 19,12).

Nell’AT, salvo rare eccezioni (per es.Geremia, forse Elia ed Eliseo, e alcunidella comunità essenica di Qumran), laverginità non era né praticata, né apprez-zata. La benedizione di Dio si manifesta-va anzi in una numerosa discendenza.Nel NT, l’esempio di Gesù, di sua Madre,del Battista, e il consiglio del Maestro, giàricordato, spinsero molti cristiani a viverenel celibato e nella verginità. Tra gli Apo-stoli, è quanto si dice di Giovanni; Paolo,dopo la conversione, vive nel celibato elo propone come ideale cristiano (cfr 1Cor 7, 1.7-8.25-38); il diacono Filippoaveva quattro figlie vergini (At 21,6).Questi pochi dati neotestamentari spie-gano perché fin dai tempi apostolici fiori-sce la vita verginale. I primi Padri racco-mandano ai/alle vergini di non vantarsi

del dono della verginità, ma di viverla inumiltà (cfr la lettera di Clemente Ai Co-rinzi, 38,2; Ignazio di Antiochia A Policar-po 5,2; Ai Filippesi 5,3).

Troviamo in seguito un’abbondanteletteratura sull’argomento: la Lettera aivergini dello Pseudo-Clemente; Il velodelle vergini di Tertulliano; L’abito dellevergini di Cipriano; Il dialogo sulla vergi-nità di Metodio di Olimpo. E inoltre inte-ressanti pagine sulla verginità contenutein opere di più vasta portata e di diversogenere. Da questi scritti risulta che i Padripongono la verginità consacrata al se-condo posto, nella Chiesa, subito dopol’offerta del martire, superiore alla vitaconiugale. Sebbene la verginità sia pro-posta e osservata da uomini e donne, iltermine si riferisce principalmente a que-ste ultime: si trovano ben presto verginiche continuano a vivere nelle loro case,ma costituiscono una particolare catego-ria di cristiani (ordo virginum): sono dedi-te al culto divino e sono di esempio ededificazione per i loro fratelli. I Padri ve-dono nel propositum di verginità unosposalizio tra Cristo e la vergine, che èchiamata sponsa Christi; diviene purel’immagine della Chiesa vergine, sposa emadre (come Maria): vergine per l’inte-grità della fede, sposa per l’indissolubileunione a Cristo, madre feconda per la

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La verginità consacrata1

(nella storia)p. Ildebrando Scicolone, osb

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moltitudine di figli. Viene messa in luceanche la dimensione escatologica: la ver-gine anticipa la condizione della vita fu-tura, perché “alla risurrezione non siprende né moglie, né marito, ma si è co-me gli angeli del cielo” (Mt 22,30).

Non mancano in questo periodo pro-blemi e discussioni riguardanti lo statodelle vergini: il pericolo dell’orgoglio; so-spetti su due vergini che coabitano; accu-sa di adulterio, se una vergine non è fe-dele all’impegno e contrae matrimonio.Si comincia a stimare tanto la verginità,presso certi gruppi ereticali, che vienecondannato il matrimonio, in quantopropaga la specie, cioè la materia, vistacome cattiva. Una parola equilibrata ladice, per es. Clemente Alessandrino: lavergine e la sposata “entrambe sonosante nel Signore, l’una come donnasposata, l’altra come vergine” (StromataIII, 12.88, 2-3). Per quanto riguarda l’isti-tuzione delle Vergini, una prescrizionedella Tradizione apostolica 12 (Non si im-ponga la mano sulla vergine: è unica-mente la sua decisione [propositum] chela fa vergine) dice chiaramente che non sitratta di una ordinazione, quasi che l’or-do virginum fosse un grado della gerar-chia. Fino al Concilio di Nicea, non sem-bra ci fosse un rito per la “consacrazio-ne” delle vergini.

Dopo la pace costantiniana e il conci-lio di Nicea (325), la pratica della vergi-nità consacrata si diffonde. E si moltipli-cano le opere che la magnificano, sia trai Padri greci (Atanasio, Basilio Magno,Gregorio di Nissa e Gregorio di Nazianzo,Basilio di Ancira, Efrem e Giovanni Criso-

stomo), sia tra i latini, soprattutto Am-brogio, Girolamo e Agostino.

In questo periodo però si va svilup-pando la vita monastica: le vergini nonvivono più nella casa paterna, ma in unmonastero; la vergine si trasforma in unamonaca (sanctimonialis): si scrivono nu-merose Regole, tra cui emergono quelladi san Basilio e quella di san Benedetto,per i monaci. Ma ve ne sono scritte ap-positamente per le donne: per es. gli Sta-tuta sanctarum virginum di san Cesariodi Arles.

Dal sec. IV si delinea un cerimonialeper la consacrazione delle vergini: essaha luogo davanti al vescovo e alla comu-nità ecclesiale. Dopo le letture e l’omelia,la vergine rinnova pubblicamente il suo“propositum”, il vescovo pronuncia lapreghiera di benedizione, e consegna ilvelo verginale-nuziale (velatio virginumparallelo alla velatio nuptialis). Possedia-mo i testi delle preghiere per la messa diconsacrazione e soprattutto la preghieraconsacratoria. La troviamo nel sacramen-tario veronese: Deus, castorum corporumhabitator (n. 1104), che poi sarà allunga-ta nel Gelasiano (nn. 788-790) e che saràsempre usata, fino al nuovo rito attuale.Gli studiosi la attribuiscono al papa Leo-ne Magno (440-461).

Questa consacrazione, che all’origineera per tutte le vergini, viventi a casa onel monastero, viene ben presto riservataalle monache. E non sarà celebrata per ilmovimento verginale che si svilupperànella corrente spirituale degli ordini men-dicanti, almeno fino alla legge della clau-sura papale, imposta da Bonifacio VIII an-

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che alle Clarisse. Tanto meno la riceve-ranno i membri delle future Congrega-zioni religiose, che sorgeranno dal Conci-lio di Trento in poi. Si spiega così, forse,perché il nuovo rito non consente la con-sacrazione alle religiose, ma solo alle si-gnorine laiche e alle monache che nehanno la tradizione o che la richiedano dinuovo.

Peraltro il Rito, che nel Medioevo siera arricchito di altri segni, quali l’anelloe la corona (insieme col velo sono anche isegni della celebrazione nuziale, conser-vata in Oriente), era rimasto anche neipontificali medioevali, come ad esempioin quello pubblicato nel 1595, dopo ilConcilio di Trento.

Prima del Vaticano II, solo alcuni mo-nasteri di clausura conservavano questoRito di consacrazione, distinto da quellodella Professione, che però aveva luogonella stessa celebrazione: la professionedopo l’omelia, la consacrazione dopo lacomunione.

A molti sarà sembrata una rivelazionela scarna, ma significativa esortazione delConcilio, all’art. 80 della Costituzione li-

turgica: “si sottoponga a revisione il ritodella Consacrazione delle Vergini, che sitrova nel Pontificale romano”. E si aggiun-ge: “Si componga inoltre un rito per laprofessione religiosa e la rinnovazione deivoti…”. In effetti, un rito di professionereligiosa, comune a tutte le Congregazio-ni, non c’era mai stato nella Chiesa. Ognifamiglia religiosa ne aveva uno proprio, enon sempre approvato dalla santa Sede.

Il nuovo Rito presenta le due situazio-ni: il primo riguarda la consacrazione del-le vergini che rimangono nel secolo; il se-condo è per le monache, e unisce insie-me la professione e la consacrazione. Lealtre religiose useranno il nuovo “Ritodella Professione” con gli adattamenti al-la propria spiritualità e alle proprie Costi-tuzioni.

Anche se la benedizione che si dà alleProfesse perpetue ha un carattere spon-sale (più marcato rispetto a quella dei re-ligiosi), non si vede perché una vergineche fa professione in una Congregazionedi moderna fondazione, non possa rice-vere la Consacrazione delle vergini unitaalla professione perpetua.

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——————1 Seguo, riassumendolo, l’art.Verginità consacrata nella Chiesa, di I.M. Calabuig-R. Barbieri, in Nuovo Diziona-

rio di Liturgia, Roma 1984, pp. 1580-1599, con integrazioni dall’art. degli stessi autori Consacrazione delleVergini, Ivi, pp. 294-314.

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na significativa sintesi teologicae spirituale della Professione reli-giosa si trova esplicitata sicura-

mente nei testi eucologici dell’Ordo Pro-fessionis = Rito della Professione Religio-sa (1975) Prendiamo in esame il testodella Colletta:

O Dio che hai fatto maturare inquesti/e tuoi figli/e il germe dellagrazia battesimale,con il proposito di seguire più davicino Cristo Signore,fa’ che seguendo costantemente laperfezione evangelicaaccrescano la santità della Chiesae siano testimoni della sua vitalità. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

La vita religiosa si colloca in questoprocesso di crescita. Con il sacramentodel battesimo Cristo prende possesso ditutta la persona e la consacra. Sappiamoche appartiene alla più valida tradizioneecclesiale la considerazione che la Profes-sione religiosa, celebrata nella liturgia findall’antichità, trova la sua radice proprionel battesimo. Il Concilio Vaticano II ha ri-preso questi concetti definendo la vitaconsacrata come un approfondimento,come una consacrazione in rapporto a

quella battesimale, e una pienezza di essa(cf LG 44; PC 5). Il RPR (n. 65; 151) loesprime chiaramente nelle prima delle do-mande che il celebrante rivolge ai candi-dati: “Fratelli carissimi, voi siete già mortial peccato e consacrati a Dio mediante ilbattesimo; volete ora consacrarvi più inti-mamente a lui con il nuovo e speciale ti-tolo della professione perpetua?”. Le dueorazioni collette (a scelta) della messa peril giorno della professione perpetua con-tengono la stessa idea. La partecipazionealla morte e alla risurrezione del Signoreche si è operata nel battesimo è solo uninizio dell’incorporazione al mistero di Cri-sto. Tutto il tempo della vita di queste “fi-glie e figli” deve essere ordinata a realiz-zare ciò che il battesimo ha significato:essere morti al peccato per vivere secon-do la vita nuova di Gesù Cristo.

Nella colletta A tutto questo vieneespresso con alcuni termini interessanti:nel verbo maturare è contenuta l’ideache la consacrazione battesimale è porta-ta alla sua piena fioritura sotto la spintadello Spirito Santo, di cui possiamo intui-re tutto il dinamismo e l’energia creatri-ce. Fa’ che seguendo costantemente leorme del tuo Figlio… (suona così la tra-duzione letterale del testo latino); la viabattesimale è necessaria e universale,

L’Eucologia minore (A) della Professione perpetua

suor Clara Caforio, ef

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mentre la via dell’adesione integrale aCristo è aperta solo a un numero ristret-to. Lasciare tutto per seguire Gesù non èuna condizione che s’impone a chiunquesi fa battezzare; è una decisione presa inrisposta a un invito particolare, che esigeun dono personale e più completo.

La vita consacrata comporta la chia-mata di alcuni a seguire più da vicino leorme del Maestro; seguirlo vuol dire ade-rire totalmente alla sua persona e al suomessaggio, mettendosi incondizionata-mente al servizio del Regno, annuncian-do la Buona Novella a tutti i fratelli. Il ver-bo seguire è ovviamente un verbo ricor-rente nei testi del Rito, testi specifici pas-sati direttamente dal linguaggio biblico alvocabolario della vita religiosa che lungoi secoli non hanno subito alcuna usura,anzi conservano sempre intatta la forzaevocatrice dell’invito del Maestro: Se vuoiessere perfetto… vieni e seguimi (Mt19,21). Negli scritti di molti Padri trovia-mo inoltre riflessioni importanti circa lasequela: da Agostino a Benedetto, daFrancesco fino ai Padri Conciliari che nelDocumento Perfectae caritatis sottolinea-no che è nella persona di Gesù, la cui se-quela diviene la legge fondamentale del-la vita, lo scopo primario dell’esistenza (cfPC 1; PC 5,8,13). Colui che si deve co-stantemente seguire è il Cristo casto, po-vero, obbediente sulle cui orme si poneogni consacrato/a. Nella colletta si chiedeancora al Padre di concedere di seguire laperfezione evangelica…. Prendiamo inesame questo termine, che il greco tra-duce con telos, e il cui significato è: fine,meta, punto culminante. È interessante

notare che tale vocabolo deriva dalla ra-dice tel che significa letteralmente girareintorno, e che originariamente esprimevauna conclusione. Nella filosofia greca taleparola acquista un certo rilievo, in quan-to designa lo scopo dell’agire umano; es-so può avere un carattere dinamico, ed èusato per esprimere il compimento, adesempio di una legge o del mantenere laparola data. Altro vocabolo corrispon-dente è téleios, aggettivo che significa inprimo luogo integro, perfetto, intero eviene usato quando si parla del cuore de-dito a Dio completamente (cf Gn 6,9; Dt8,13). Nel Nuovo Testamento troviamoquesta parola nel contesto del Discorsodella Montagna, in cui Gesù, dopo aversottolineato la superiorità della nuovalegge, conclude: “Siate perfetti com’èperfetto il Padre vostro celeste” (Mt5,48). Tutti, dunque, sono chiamati allaperfezione e nella prima Lettera di Gio-vanni incontriamo questo termine in rife-rimento all’amore. L’amore di Dio rag-giunge la sua pienezza se gli uomini os-servano la sua parola (cf 1Gv 2,5) e ama-no il loro prossimo (cf 1Gv 4,12).

Mi sembra interessante citare a tale ri-guardo una breve riflessione che il teolo-go Jean Leclerq fa sulla parola perfezio-ne: «Il vocabolario della perfezione è sta-to applicato al monachesimo e poi alla vi-ta religiosa in generale, durante il medio-evo in Occidente. Il fatto di associare all’i-dea della vita religiosa quella della perfe-zione è attestato in tutte le epoche dalsecolo VI al secolo XIII. Il primo dato cheemerge è quello di compimento che hacarattere escatologico: si tratta di iniziare

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a realizzare nel tempo “una crescita nelCristo”, che non sarà completa se non aldi là del tempo, grazie ad una partecipa-zione totale alla gloria di Cristo risorto.

Ogni cristiano deve incamminarsi ver-so questo obiettivo, seguendo gli inse-gnamenti di Cristo, imitando i suoi esem-pi, partecipando al suo Spirito. Tale pro-gramma universale viene realizzato daciascuno nel modo che gli è proprio.

Nella Chiesa, difatti, vi è un insieme dipersone la cui esistenza è caratterizzatada una ricerca di questo fine attraversoun mezzo radicale: la rinuncia totale atutto ciò che ivi non conduce. La vita mo-nastica e religiosa è questo modo di vive-re la vita cristiana nella Chiesa, il cui mo-dello assoluto è ovviamente Cristo».

Questa breve ricerca sul concetto diperfezione ci porta a considerare un altrotermine che è consequenziale al primo;tutta la perfezione conseguita serve percoloro che si consacrano a Dio ad accre-scere la santità della Chiesa; ed è lo Spiri-to Santo che abilita il battezzato a testi-

moniare la santità di Dio mediante la ca-rità e i diversi carismi che egli distribuisceper l’utilità comune (cf 1Cor 12,4-11). Ifigli, le figlie di cui parla la colletta sonoesortati a rafforzare la santità della Chie-sa che è, in quanto comunità della NuovaAlleanza, il popolo santo e sacerdotalechiamato a proclamare le meraviglie diDio (cf 1Pt 2,9-10); essa è la famiglia dicoloro che per vocazione sono santi (cfRm1,7; 1Cor 1,2). L’appello alla santità èpertanto universale e riguarda tutti i bat-tezzati, ma in modo specifico ai consa-crati e alle consacrate spetta rendere an-cora più visibile questa aspirazione allasantità con un servizio alla Chiesa assi-duo e gioioso, perché è proprio nell’os-servanza dei consigli evangelici che devemanifestarsi la fecondità ecclesiale. La so-lenne benedizione delle neoprofesse siconclude dicendo: “Manda o Signore, ildono dello Spirito su queste tue figlie,che per te hanno lasciato ogni cosa. Ri-splenda in esse, o Padre, il volto del tuoCristo perché rendano visibile la sua pre-

senza nella Chiesa”. Termi-nata la solenne benedizio-ne, segue la consegna del-l’anello, se è prevista, pro-clamando: “Sposa dell’eter-no Re, ricevi l’anello nuzialee custodisci integra la fe-deltà al tuo Sposo perché tiaccolga nella gioia dellenozze eterne”. Vediamo, al-lora, brevemente il significa-to simbolico dell’anello: ilsimbolismo consiste nellasua forma circolare; il segno

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geroglifico egiziano che vuol dire “eter-nità” è un anello che presenta una certasomiglianza con una fune disposta in for-ma di cerchio, le cui estremità sono uniteda un nodo. In Oriente, gli anelli magicidovevano proteggere dalle disgrazie… inGrecia portare anelli era privilegio del-l’uomo libero. A Roma gli anelli d’oroerano consentiti, come particolare segnodi distinzione, ai senatori e al sacerdotedi Giove. In tutta l’antichità gli anelli consigillo avevano grandissima importanza,in quanto espressione di pieni poteri, difacoltà di controllo. Quale simbolo di vin-colo e di unione l’anello fu accolto dalcristianesimo. La vera nuziale è conside-rata segno di fedeltà e quella che vieneconsegnata è segno del matrimonio conCristo della persona consacrata a Dio, ein tale qualità si trova a essere un attribu-to sacro. L’anello del vescovo è signacu-lum fidei e, secondo un’antica interpreta-zione, indica che colui che lo porta è spo-so della Chiesa.

Il Rito prevede, poi, la consegna di al-tri simboli, come ad esempiola Regola propria di ciascunIstituto e/o il Crocifisso; tradi-zionalmente, soprattutto perla Professione temporanea,c’è la consegna dell’abito edel velo. Circa la vestizione, acominciare dal Medioevo, laconsegna dell’abito è statagradualmente anticipata all’i-nizio del noviziato. Il nuovoRPR ha ripristinato l’anticouso di donare l’abito nel ritodella prima professione (nn.

5; 42-43; 116-117; 127), ridonando cosìa tale gesto il suo pieno significato diconsacrazione a Dio.

Per quanto concerne il velo sappiamoche le vergini consacrate dovevano portar-ne uno; Tertulliano parla del “baluardodella verecondia” e di uno scudo, che“protegge dai fendenti delle tentazioni,dai proiettili dei risentimenti”. Il velo divie-ne, dunque, il segno visibile della donnaconsacrata che appartiene solo al Signore.

Nel Rito, poi, emerge chiaro lo strettorapporto che sussiste tra eucaristia e vitaconsacrata, anche perché la professionereligiosa è inserita nella Messa ed è ap-punto dall’eucaristia che l’offerta di ognireligioso trova vitalità e forza. L’ Orazionesulle Offerte dice:

Accogli, Signore, i nostri doni e lenostre preghiere e conferma con il tuo amore questi/enostri/e fratelli/sorelleche oggi s’impegnano a vivere iconsigli evangelici…

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L’orazione inizia, com’è tipico di que-sta preghiera, con un verbo che in latinoè adsumere; è un verbo che incontriamopoche volte in poeti e storici, fu invecepreferito da alcuni scrittori cristiani. Isuoi sinonimi sono numerosi, sicuramen-te il più conosciuto è suscipere che è ca-ratteristico delle orazioni sulle offerte; es-so viene spesso impiegato per indicarel’offerta spirituale dei fedeli. Offrendosi,la Chiesa supplica il Signore perché si de-gni di accogliere il suo dono, termine chetraduce il latino munus; i Padri con talevoce usano designare un incarico, un uf-ficio ma anche un regalo, dono che noifacciamo a Dio. Origene afferma che “isacrifici con cui onoriamo Dio non giova-no a lui ma a noi che li offriamo. L’uomonon offre a Dio nulla di proprio, ma glirestituisce “in offerta di soave odore”,sotto forma cultuale, ciò che da lui ha ri-cevuto”. Infine nei documenti del Conci-lio si parla di munus = offerta moltissimevolte e spesso indicando soprattutto i do-ni interiori che permettono di avanzarenella via della fede. A questo verbo è le-gato il termine votum = consiglio evan-gelico. Nella nostra preghiera la parolavotum sta per donazione di sé, tramite laconsacrazione dei doni ricevuti da Dio.Perché la promessa e l’offerta del donosiano gradite a Dio, è necessario che sia-no espressione simbolica della donazionepersonale e della propria consacrazioneal suo servizio. Il carattere dell’orazione èecclesiologico; dopo avere ascoltato fe-delmente la Parola di Dio, la Chiesa ri-sponde al movimento orante dell’offertae la comunità prega perché Dio riceva

presso di sé i “doni e le offerte” che si-gnificano anche l’offerta della propria vi-ta simboleggiata nel pane e nel vino che iprofessi portano all’altare.

Un ultimo sguardo lo doniamo all’ora-zione dopo la comunione che così ci fapregare:

O Padre, che ci hai resi partecipi deituoi Santi Misteri,infiamma con il fuoco dello SpiritoSanto questi tuoi figli/econsacrati per sempre al tuo servizioe fa’ che siano perseveranti

nell’amore del tuo Figlio…

L’unione con il sacrificio di Cristo, at-tuata nella celebrazione eucaristica, portaogni consacrato/a a vivere sempre più laprofessione perpetua infiammato dal fuo-co dello Spirito Santo, rendendo culto aDio. La comunità e, potremmo dire laChiesa intera, intercede presso il Padrechiedendo di congiungere, legare, fare inmodo che i neo professi vivano e siano as-sociati alla stessa sorte di Gesù. Nella pre-ghiera ci sono vocaboli che richiamano iltema del matrimonio; essa ha anche unastruttura trinitaria; la vita consacrata delresto è vita vissuta per la gloria della SS.Trinità. I consacrati/e si lasciano trasforma-re da Essa in un atteggiamento di lode edi gioia. Inseriti nel respiro della Trinità,prima per mezzo del battesimo, poi attra-verso la consacrazione religiosa, sonochiamati a realizzare all’interno della Chie-sa, un’esperienza radicale di vita condivisa,che ha il suo inizio da Dio Padre e culminaattraverso Gesù nello Spirito Santo.

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Ordine antico e nuovo1

Ordo Virginum è una forma di vi-ta consacrata in cui delle donnechiamate al servizio di Cristo e

della Chiesa vengono consacrate dal Ve-scovo diocesano. Non è un ordine religio-so o una congregazione, e neppure unIstituto secolare, ma una categoria di don-ne vergini che si riconoscono nella mede-sima scelta e sono consacrate con lo stes-so rito. Non vivono in comunità e neppurehanno una struttura gerarchica con supe-riori, non vi è una regola particolare, nonpronunciano voti, ma emettono nelle ma-ni del Vescovo il proposito della perfettacastità e della sequela di Cristo, che impli-ca i consigli evangelici; dipendono diretta-mente dal Vescovo diocesano. La consa-crazione è pubblica e solenne.

Si tratta di un Ordine antico perché ri-sale agli albori della primitiva comunitàcristiana, la cui presenza è attestata findall’età apostolica (1Cor 7,17-18.25; At21,9), e allo stesso tempo di un Ordinenuovo perché riscoperto e ripristinato dalConcilio Vaticano II (SC 80), che lo ha ri-conosciuto ufficialmente come carisma divita consacrata. Il 31 maggio 1970, festadella visitazione della Vergine Maria, laSacra Congregazione per il Culto Divino,in applicazione alla Costituzione sulla Li-turgia, per mandato speciale di Paolo VI,

ha promulgato l’edizione tipica dell’Ordoconsecrationis virginum inserito nel Pon-tificale Romano, rinnovando e rivalutan-do il bellissimo e suggestivo Rito conl’antica preghiera consacratoria attribuitaa San Leone Magno († 461). A dieci annida questa data ha fatto seguire la versio-ne italiana con il titolo Consacrazionedelle Vergini. Il nuovo Codice di DirittoCanonico riconosce l’Ordine delle Vergini(CIC 604). La vergine consacrata nelmondo vive così il privilegio di una consa-crazione liturgica, pubblica e solenne,che la costituisce segno trascendentaledell’amore della Chiesa per il Cristo suoSposo. Lo specifico della verginità consa-crata, che ha il suo fondamento nei sa-cramenti del Battesimo e della Confer-mazione, è la sponsalità con Cristo, perseguirlo ed amarlo con cuore indiviso.Questa consacrazione si pone essenzial-mente sul piano dell’essere e non suquello del fare.

Fondamenti biblici della consacra-zione verginale2

Nell’AT è presente la consacrazione dipersone per un determinato servizio cheavveniva mediante l’imposizione dellemani e l’unzione. Nella concezione semi-tica l’imposizione delle mani indica la co-municazione alla persona di qualcosa di

La consacrazione delle verginiAdriana Bottino

L’

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se stesso (cf Lv 9,22; 24,50). Mediantel’imposizione delle mani Dio separa, met-te da parte la persona scelta e le conferi-sce l’autorità e la capacità di esercitareuna funzione. È attestata l’imposizionedelle mani ai Leviti (Nm 8,10), a Giosuè(Nm 27,15-23); Dt 34,90). Altro segno diconsacrazione è l’unzione. Erano unti i ree i sacerdoti. Il primo re consacrato daSamuele è Saul (1Sam 10,1), poi abbia-mo Davide (1Sa 16,3), Jeu (2Re 9,6). I redi Giuda erano consacrati nel Tempio eunti da un sacerdote (1Re 1,39; 2Re11,2). Anche i sacerdoti erano consacraticon l’unzione (Es 29,7; Lv 8,12). I profetinon erano unti con l’olio; l’unzione è sol-tanto metaforica: è Dio stesso che li con-sacra e li invia per la missione (1Re19,16.19; 2Re 2,9-15; Is 61,1). Nell’AT sitrova pure una forma particolare di con-sacrazione: il Nazireato (Nm 6,1-21). Sitratta di un voto speciale, temporaneo. Inquesto periodo il nazireo deve astenersida bevande inebrianti e dall’uva, non sideve avvicinare a cadaveri, perché il con-tatto con un cadavere costituiva un’im-purità cultuale, non doveva radersi il ca-po. Un esempio di Nazireato è quello diSansone, consacrato fin dal seno dellamadre (Gdc 13,2-7). Anche Samuele, se-condo il voto della madre, (1Sam 1,11) èconsacrato al Signore fin da bambino erimane a servizio del santuario (1Sam1,27-28). Tutte queste forme di consa-crazione sono compatibili con il matrimo-nio. Possiamo dunque affermare che il si-gnificato religioso della verginità è unaprerogativa della rivelazione del NT: fe-deltà ad un amore esclusivo per Dio. Nel-

le religioni antiche erano chiamate vergi-ni alcune dee (Anat, Artemide, Atena)per mettere in rilievo la loro giovinezzaeterna. Nel mondo giudaico la verginitàera stimata prima del matrimonio, nonperché considerata un valore, ma per lapreoccupazione di purità rituale (Lv12,15). Anche nella comunità degli Esse-ni l’astensione dagli atti sessuali era do-vuta a preoccupazione di purità rituale.La verginità perpetua equivaleva alla ste-rilità ed era considerata un’umiliazione,un obbrobrio (Gn 30,23; Gdc 11,37;1Sam 1,11; Lc 1,25). A Geremia Dio ordi-na di non prendere moglie come annun-cio dell’imminente castigo (Ger 15,21).Alle soglie nel NT ci è presentata la figuradi Giovanni Battista che con la sua vita diasceta prepara la venuta del Messia e sichiama amico dello Sposo (Gv 3,29).

Gesù vive la sua vita terrena come do-no totale nella dedizione completa allavolontà del Padre e alla salvezza dell’u-manità e indica la scelta della verginitàper il Regno (Mt 19,12). Non si tratta diun precetto (1Cor 7,25), ma di una chia-mata personale di Dio, di un carisma(1Cor 7,7), in quanto questo stato di vitaconsente una maggior dedizione al Si-gnore (1Cor 7,32-35). L’accento non èposto sullo stato fisico, biologico, ma sul-la dedizione totale della persona a Cristoe al servizio per il Regno. La verginità fisi-ca è soltanto una conseguenza della scel-ta di vita che non comporta il matrimo-nio. La consacrazione verginale contieneanche una dimensione escatologica(1Cor 7,26.29.31); è testimonianza dellanon appartenenza dei cristiani a questo

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mondo, segno della tensione della Chie-sa verso la meta finale, anticipazione del-lo stato di risurrezione (Lc 20,34ss e par).Nella Gerusalemme celeste tutti gli elettisono chiamati vergini (Ap 14,4) in quan-to non si sono contaminati con gli idoli,appartengono alla città celeste, la Sposadell’Agnello.

Maria, la vergine per eccellenza

Maria è la prima che intuisce il valoredella verginità per il Regno e realizza nel-la sua vita la congiunzione tra verginità ematernità. I Vangeli dell’infanzia in Mat-teo e in Luca presentano il concepimentoverginale di Maria, unico in tutta la storiabiblica, anche se vi è una certa analogiacon alcune donne che hanno concepitoin situazioni umanamente impossibili, su-perando, per uno speciale intervento diDio, la condizione di sterilità, in nessunluogo però si parla di concepimento ver-ginale. Già in Mt 1,17 il cambiamentodella formula genealogica insinua il con-cepimento verginale. È da Maria che na-sce Gesù, non da Giuseppe. Più chiaraancora è la pericope di Mt 1,18-25: la na-scita di Gesù non è opera umana, ma av-viene per la potenza dello Spirito. In Lc1,26-38 è affermato chiaramente il con-cepimento verginale. Maria è presentatainsistentemente come vergine. Sia perMatteo, sia per Luca la verginità di Marianon ha un semplice significato biologico:è la verginità per il Regno (Mt 19,12), no-vità assoluta del Vangelo che Maria perprima ha compreso. La frase di Maria nonconosco uomo (vale a dire sono vergine)

non va interpretata anacronisticamentecome un voto di verginità, ma esprime ladisponibilità, l’ascolto della Parola di Dio.La spiegazione rivela il modo del concepi-mento attraverso l’azione dello Spirito (Lc1,35), Spirito creatore, fecondatore, chefa concepire Maria. La conclusione: “Nes-suna parola (o cosa) sarà impossibile perDio” significa che Dio non lascia cadereinvano la sua Parola, perché è feconda, siattua (cf Is 55,10-11). La verginità di Ma-ria è dunque in prospettiva della sua mis-sione di concepire il Santo, il Figlio di Dio.Maria è quindi figura della Chiesa vergi-ne, sposa, madre.

Il rito della consacrazione dellevergini

PRENOTANDA

I Prenotanda che si trovano nel Ponti-ficale Romano espongono:

1. la natura e il significato della con-sacrazione delle vergini: “L’uso giànoto nella Chiesa di consacrare levergini è all’origine dell’attuale so-lenne Rito. Per esso la vergine di-venta una persona consacrata, se-gno sublime dell’amore che laChiesa porta a Cristo, immagineescatologica della sposa celeste edella vita futura. Con il Rito di con-sacrazione la Chiesa da una parteintende manifestare quanto essastimi la verginità, dall’altra vuoleimplorare sulle vergini l’abbondan-za della grazia divina e l’effusionedello Spirito Santo”.

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2. I principali doveri delle vergini.3. Le condizioni necessarie per la

consacrazione.4. Il Ministro del Rito: il Vescovo Ordi-

nario del luogo.

IL RITO

È inserito nella celebrazione Eucaristi-ca. Quando è possibile si usa la Messa ri-tuale “Nel giorno della consacrazionedelle vergini”. Se invece di deve usare laMessa del giorno si conservano le formu-le proprie previste nella preghiera eucari-stica e nella benedizione finale.

PUNTI SALIENTI DEL RITO

Il nuovo Rito dispone che le verginiche devono essere consacrate si rechinoprocessionalmente in Chiesa insiemecon i ministri e il Vescovo. Questo costi-tuisce una novità in confronto conquello del Pontificale Romano del 1962,che disponeva che le vergini entrasseroin Chiesa soltanto dopo il canto delgraduale3.

È conveniente, anche se non obbliga-torio, che le vergini siano accompagnateda altre vergini consacrate e da altre don-ne laiche.

Dopo il saluto all’altare le verginiprendono posto nella navata della Chie-sa.

LITURGIA DELLA PAROLA

Il Rito presenta una vasta scelta di let-ture che illustrano il valore della verginità

e il suo compito nella Chiesa. Anche neigiorni in cui è vietato l’uso della Messa ri-tuale, si può sostituire una lettura delgiorno con una del Rito della consacra-zione delle vergini, eccetto in determina-te solennità.

Si omette la Professione di fede, an-che se prescritta nella liturgia del giorno,essendo sostituita dalla professione pub-blica del proposito di castità perfetta e lapreghiera universale, sostituita dalle lita-nie.

LA CONSACRAZIONE DELLE VERGINI

Avviene dopo il Vangelo e costituisceuna novità rispetto a quello del 1962, incui le vergini venivano consacrate tra ilcanto del graduale e la proclamazionedel Vangelo, rompendo la successionedegli elementi: Profeta, Apostolo, Vange-lo. Inoltre mette in luce come la Parolaprecede il segno rituale e come l’impe-gno della vita sgorghi dalla Parola ascol-tata ed accolta4.

Si compone delle seguenti parti:

1. CHIAMATA DELLE VERGINI

Si svolge in due momenti:a) l’invito ad accendere le lampade

con il canto dell’antifona: “ Verginisagge preparate le lampade; vienelo sposo: andategli incontro”, ispi-rata a Mt 25,6.

b) la chiamata del Vescovo: “Venitefiglie, ascoltatemi; vi insegnerò iltimore del Signore, ispirata al Sal34(33),12 e la risposta delle vergi-ni: “Ecco, Signore, noi siamo pron-

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te a seguirti” (…)che si ispira aDan 3,41-42.

2. OMELIA RITUALE con cui si istruiscono levergini e il popolo sul dono della ver-ginità.Costituisce un trattato sulla verginitàconsacrata. La prima parte è rivolta al-l’assemblea, la seconda alle vergini intono esortativo, riflette il De habituvirginum di san Cipriano.

3. INTERROGAZIONI con le quali il Vescovochiede alle vergini se intendono per-severare nel proposito di verginità,seguire Cristo come propone il Van-gelo e ricevere la consacrazione consolenne rito nuziale a Cristo. Tutta lacomunità si unisce al Vescovo conl’acclamazione: “Rendiamo grazie aDio”.

4. LITANIE DEI SANTI, con cui, mentre si ri-volge la preghiera al Padre si imploral’intercessione della santissima Vergi-ne Maria e di tutti i santi. La supplicaè articolata in tre momenti:a) L’INVITO ALLA PREGHIERA, affinché lo

Spirito Santo effonda la grazia sul-le vergini.

b) LE INVOCAZIONI, con un caratterepeculiare: Maria è invocata comeVergine delle vergini. Sono inol-tre invocati due apostoli dellaverginità consacrata: san Ambro-gio5 e san Girolamo; figure divergini monache: santa Macrinae santa Scolastica (sorelle dei pa-dri del monachesimo san Basilio

e san Benedetto), santa Chiara diAssisi, santa Margherita MariaAlacoque, santa Rosa da Lima,vergine consacrata nel mondo,santa Luisa di Marillac, fondatricedi una nuova forma di consacra-zione religiosa, santa Maria Go-retti, vergine e martire. Abbiamopoi una serie di petizioni proprie:per il Papa e i Vescovi, perchésiano immagine di Cristo, sposoe pastore della Chiesa; perchéDio Padre custodisca e ravvivinella Chiesa la fiamma della ver-ginità consacrata; perché confer-mi in tutti i fedeli la speranzadel la r isurrezione e del la vitaeterna; perché accresca in nume-ro e il merito di coloro che se-guono la via dei consigli evange-lici; perché ricompensi con i suoidoni i genitori e i familiari dellevergini; perché benedica, santifi-chi e consacri le vergini scelte alsuo servizio.

c) LA PREGHIERA CONCLUS IVA, testonuovo che però affonda le sueradici nel patrimonio eucologicoromano.

5. RINNOVAZIONE PUBBLICA DEL PROPOSITO DI

CASTITÀ (momento soggettivo). Il termine rinnovazione indica che lavergine già da tempo ha formulato evissuto il proposito. Il proposito èrinnovato davanti al Vescovo e a tut-to il popolo, segno che si tratta diun impegno grave, per sua natura ir-revocabile6. La formula non è rivolta

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L’espressione et Christi sequelae latinoè stato sostituito da alla sequela diCristo.L’et esprime due realtà: il proposito dicastità perfetta e la sequela di Cristo,che comporta l’impegno di una vitapienamente evangelica, mentre allasequela di Cristo restringe l’impegnoalla sola castità. È auspicabile che inuna prossima riedizione dell’Ordo inlingua italiana si tenga presente que-sta differenza e si proceda ad una tra-duzione corretta.

6. SOLENNE PREGHIERA DI CONSACRAZIONE (mo-mento oggettivo).La traduzione italiana del titolo So-lemnis prex consecrationis ha omessoil termine solenne, che ne sottolineal’importanza e la centralità. In questacelebre preghiera, attribuita a sanLeone Magno, la madre Chiesa sup-plica il Padre celeste, perché effondacon abbondanza i doni dello SpiritoSanto sulle vergini.Potremmo scorgere una certa analo-gia con il rito dell’Eucaristia: nellacelebrazione eucaristica si portano il

pane e il vino frutto della terra e delnostro lavoro, che con la consacra-zione sono trasformati, per mezzodello Spirito Santo, nel Corpo e San-gue di Cristo. Nella consacrazionedelle vergini, la vergine offre nellemani del Vescovo il suo proposito dicastità perfetta con tutta la suaumanità e la sua debolezza. Con lasolenne prece consacratoria del Ve-scovo la vergine è trasformata, unitaintimamente a Cristo con il vincolosponsale.

7. RITI ESPLICATIVI; consegna dei simboliche devono indicare esternamente ilfatto interiore della consacrazione.a) SIMBOLI SPONSALI: il velo e l’anello,

con l’accompagnamento del cantodel Sal 45(44), epitalamio che cele-bra le nozze del re, interpretato giànel Targum in senso messianico equindi riletto dai Padri in chiavecristologica, applicato ora alle noz-ze tra Cristo e le vergini consa-crate8.

b) LIBRO DELLA LITURGIA DELLE ORE cheindica l’impegno di preghiera ec-

Accipe, Pater, perfectae castitatis etChristi sequelae propositum, quod,auxiliante Domino, coram te profiteoret populo sancto Dei.

Accogli, o Padre, il mio proposito dicastità perfetta alla sequela di Cristo;lo professo davanti a te al tuo popolocon la grazia dello Spirito Santo

a Dio, ma al Vescovo, perché si con-figura come l’offerta della verginitàe dell’impegno di seguire Cristo chela vergine depone nelle mani del Ve-

scovo perché la presenti a Dio7. Dob-biamo osservare che la traduzioneitaliana non ricalca perfettamente iltesto latino:

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clesiale della vergine consacrata:preghiera della Chiesa e per laChiesa.

La celebrazione prosegue con la Litur-gia eucaristica.

È interessante notare il ricordo dellevergini nelle quattro preci eucaristiche delMessale Romano del 1970, nelle qualivengono messe in luce il senso della con-sacrazione, il senso escatologico dellaverginità cristiana, la totale dedicazionedella vergine al culto divino e al serviziodei fratelli.

È proposta la benedizione solennecon uno schema trinitario: le invocazionisono rivolte a Dio Padre onnipotente, alSignore Gesù Cristo, e allo Spirito Santo.Al Padre, che ha posto nei cuori dellevergini il santo proposito della verginità,si chiede che la custodisca sempre con lasua protezione. Al Signore Gesù Cristo,che le unisce con vincolo sponsale, sichiede che renda feconda la loro vita conla forza della sua parola. Allo Spirito San-to che discese sulla Vergine ed ha consa-crato i cuori delle vergini si chiede che leinfiammi di santo ardore a servizio di Dioe della Chiesa. Con la conclusione si

estende la benedizione a tutti coloro chehanno partecipato a questa liturgia.

CONCLUSIONE

Come si evince dall’esame del Ritopossiamo affermare che la specificitàdell’Ordo Virginum consiste nella consa-crazione della verginità davanti al Vesco-vo diocesano, vale a dire davanti allaChiesa particolare. La consacrazione dellaverginità può essere fatta anche in modoprivato, con un rapporto tra la vergine eDio. La consacrazione con il Rito dell’Or-do Virginum è compiuta in modo pubbli-co, visibile, che comporta una responsa-bilità di fedeltà davanti alla Chiesa. Lavergine, in quest’epoca di consumismo edi banalizzazione della sessualità, guidatadallo Spirito, diventa segno dei veri valo-ri. Per questo si impegna all’ascolto e allameditazione frequente della Parola di Dioe alla preghiera assidua per la Chiesa econ la Chiesa mediante la celebrazionedella Liturgia delle ore, vivendo in unostato di preghiera, in continua unionecon Cristo suo Sposo e si impegna, se-condo il proprio carisma, al servizio dellaChiesa

——————1 Cf A. BOTTINO, L’Ordine delle Vergini: una realtà antica e nuova, in Madre di Dio, 12, Roma 1998, 16-18.2 Questi fondamenti sono comuni a ogni forma di consacrazione nella Chiesa. Cf. A. BOTTINO, Fondamenti bi-

blici della vita consacrata, in AA.VV. Il coraggio della speranza, Roma 1994, 31-38.3 Cf I. CALABUIG – R. BARBIERI, Struttura e fonti dell’«Ordo Consecrationis Virginum», in AA:VV (a cura), Liturgia

opera divina e umana, Bibliotheca Ephemerides Liturgicæ, Roma 1982, 480-482.4 Ibidem 482-484.5 Autore delle seguenti opere sulla verginità: De virginibus, De virginitate, De institutione virginis, Exhortatio

virginitatis. 6 Cf Struttura e fonti dell’«Ordo Consecrationis Virginum», cit. 508.7 Ibidem 508-509.8 Questo salmo è presente nella liturgia della Beata Vergine Maria e delle sante vergini.

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O Dio, che ti compiaci di abitarecome in un tempio

nel corpo delle persone castee prediligi le anime pure eincontaminate.

T u hai voluto restaurare la naturaumana,

corrotta nei nostri progenitoridall’insidia diabolica;e non solo l’hai riportata all’innocenzadelle origini,ma per mezzo del tuo Verbo,nel quale è stato creato l’universo,hai innalzato a immagine degli angelicoloro che sono per condizionemortalie li hai resi capacidi anticipare in sé l’esperienza delRegno futuro.

V olgi ora lo sguardo, o Signore, suqueste figlie,

che nelle tue manidepongono il proposito di verginitàdi cui sei l’ispiratore,per farne a te un’offerta devota epura.

C ome può un’anima rivestita dicarne mortale

vincere la legge della natura,gli sbandamenti della libertà,

le inquietudini dei sensi, gli stimolidell’età,se non sei tu, Padre misericordioso,ad accendere e alimentare questafiammacomunicando la tua stessa forza?

T u hai riversato su tutti gli uominila grazia del tuo amore

e da ogni popolo della terra hairaccoltocome infinito numero di stelle, i tuoi figlinati non dalla carne e dal sangue, madallo Spirito,per farne gli eredi del nuovo pattoe hai riservato ad alcuni tuoi fedeli undono particolarescaturito dalla fonte della tuamisericordia.

A lla luce dell’eterna sapienza hai fatto loro comprendere,

che mentre rimaneva intattoil valore e l’onore delle nozze,santificate all’inizio della tuabenedizione,secondo il tuo provvidenziale disegno,dovevano sorgere donne verginiche, pur rinunziando al matrimonio,aspirassero a possederne nell’intimo larealtà del mistero.Così tu le chiami a realizzare,

Preghiera di consacrazionedelle vergini1

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al di là dell’unione coniugale,il vincolo sponsale con Cristodi cui le nozze sono immagine esegno.

L a beata verginitàha riconosciuto il suo autore

ed emula della condizione degli angelisi è consacrata all’intimità fecondadi colui che della verginità perpetuaè Sposo e Figlio.

G uida e proteggi, Signore,queste nostre sorelle che

implorano il tuo aiutonel desiderio ardente di esserefortificatee consacrate dalla tua benedizione.

S ii tu la loro costante difesa,perché il maligno,

astuto insidiatore delle miglioriintenzioni,non offuschi in un momento didebolezzala gloria della castità perfettae distogliendole dal propositoverginale,non rapisca il pregio della fedeltà,che dà splendore anche alla vitaconiugale.

C oncedi, o Padre,per il dono del tuo Spirito,

che siano prudenti nella modestia ,

sagge nella bontà,austere nella dolcezza,caste nella libertà-Ferventi nella caritànulla antepongano al tuo amore;vivano con lodesenza ambire la lode;a te solo diano glorianella santità del corpoe nella purezza dello spirito;con amore ti temano,per amore ti servano.

S ii tu per lorola gioia, l’onore e l’unico volere;

sii tu il sollievo nell’afflizione;sii tu il consiglio nell’incertezza;sii tu la difesa nel pericolo,la pazienza nella prova,l’abbondanza nella povertà,il cibo nel digiuno,la medicina nell’infermità.

I n te, Signore, possiedano tutto,poiché hanno scelto te solo

al di sopra di tutto.

P er il nostro Signore Gesù Cristo che vive e regna con te

nell’unità dello Spirito Santosalga a te eterna lode, o Padre,nei secoli dei secoli.

Amen.

——————1 Pontificale Romano, Istituzione dei ministeri, Consacrazione delle vergini, benedizione abbaziale, Ro-

ma 1980, pp. 75-78.

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S

l Rito della Consacrazione delleVergini, di cui il Concilio Vatica-no II ha stabilito la revisione al n.

80 della Sacrosanctum Concilium, è statopromulgato per mandato speciale di Pa-pa Paolo VI e inserito nel Pontificale Ro-mano. In esso viene specificata la naturae il significato della Consacrazione delleVergini e ne vengono definiti gli obblighi,nel testo che segue:

«L’uso, già noto nella Chiesa primiti-va, di consacrare le vergini è all’originedell’attuale solenne rito. Per esso la vergi-ne diventa una persona consacrata, se-gno sublime dell’amore che la Chiesaporta a Cristo, immagine escatologicadella sposa celeste e della vita futura.

Con il rito di consacrazione la Chie-sa da una parte intende manifestarequanto essa stimi la verginità, dall’altravuole implorare sulle vergini l’abbon-danza della grazia divina e l’effusionedello Spirito Santo […] Le vergini nellaChiesa sono quelle donne che, sottol’ispirazione dello Spirito Santo, fannovoto di castità al fine di amare più ar-dentemente il Cristo e servire con piùlibera dedizione i fratelli.

Compito delle vergini cristiane è quel-lo di attendere, ognuna nel suo stato esecondo i propri carismi, alle opere di pe-nitenza e di misericordia, all’attività apo-stolica e alla preghiera.

Per l’adempimento di questo compitodella preghiera si raccomanda vivamentealle vergini consacrate la celebrazionegiornaliera della «Liturgia delle ore», inparticolare quella della lode mattutina edella lode vespertina. Unendo in questomodo la loro voce alla voce di Cristo, som-mo sacerdote, e a quella di tutta la Chie-sa, esse loderanno ininterrottamente il Pa-dre celeste e intercederanno per la salvez-za del mondo» (dal Pontificale Romano).

Identità della vergine consacrata

L’esortazione post sinodale Vita Con-secrata e il canone 604 del Codice di Di-ritto Canonico tracciano nel loro insiemecinque elementi che caratterizzano lavergine consacrata. Essa: – è immagine escatologica della Chiesa– è unita a Cristo in mistiche nozze,– è dedicata al servizio della Chiesa– rimane nel mondo (secolarità) – ha un vincolo particolare con la Chie-

sa locale ( in quanto consacrata dalVescovo diocesano) e uno specialerapporto di Comunione con la Chiesauniversale. La sua forma di vita appartiene alla vi-ta consacrata.L’impegno specifico delle vergini è

uno solo: l’impegno della verginità «chele sospinge a cercare ardentemente, cia-

L’Ordo Virginuma cura dell’Ordo Virginum della Diocesi di Roma

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scuna secondo il proprio dono, l’espan-sione del Regno di Dio e il rinnovamentodel mondo nello spirito del Vangelo».

La grazia specifica della consacrazionedelle vergini è quella di essere una graziasponsale. Essa è quindi compatibile –senza implicarne alcuna in particolare –con le spiritualità, i carismi e le modalitàdi vita più diverse».

L’oblazione d’amore del suo lavoro edella sua preghiera come profumo d’in-censo, come culto gradito a Dio, rendesensibile la presenza e feconda l’azionesalvifica della Mater Ecclesiae: «La San-ta Madre Chiesa vi considera un’elettaporzione del gregge di Cristo, in voi fio-risce e fruttifica largamente la sua so-prannaturale fecondità…» (RCV 29). LaChiesa, per il fatto stesso che è «Sposadi Cristo», è «Madre feconda» e «Ver-gine intatta». Le testimonianze patristi-che e liturgiche al riguardo sono innu-merevoli.

Tra le testimonianze liturgiche sonoparticolarmente significative la traccia perl’omelia rituale dell’Ordo ConsecrationisVirginum e la preghiera di dedicazione diuna chiesa:

«[Cristo] con le sue opere,con l’annuncio del Vangelo,e con il mistero della sua Pasqua,fondò la Chiesa,che volle vergine, sposa e madre: vergine per l’integrità della fede,sposa per l’indissolubile unione con Cristo,madre per la moltitudine dei figli».

(Ordo Consecrationis Virginum)

«Questo luogo è segno del misterodella Chiesa santificata dal sangue di Cristo, da lui prescelta come sposa,vergine per l’integrità della fede, madre sempre fecondanella potenza dello Spirito».

(Ordo Dedicationis Ecclesiae)

La verginità dall’antico al nuovoTestamento

Nell’AT è presente la consacrazione dipersone per un servizio particolare me-diante l’imposizione delle mani o l’unzio-ne.

L’imposizione delle mani indica cheDio separa, mette da parte una personache si è scelta, ne prende possesso, leconferisce autorità e capacità di esercita-re una funzione. Tutte le forme di consa-crazione presenti nell’AT, però, sonocompatibili con il matrimonio: non eranoconcepite forme di vita alternative a esso.Per gli Ebrei, infatti, la vita della donna,insieme a quella dell’uomo, trova il suoorientamento nella procreazione in basealla benedizione di Gen 1,28 «Siate fe-condi e moltiplicatevi»: la benedizione diDio consiste nella fecondità della donnae in una numerosa prole (Cfr. Sal 127). Lesituazioni di vita celibataria erano ecce-zionali, isolate e limitate nel tempo, e permotivi contingenti.

L’aspetto negativo della condizioneverginale nell’AT trova la sua particolaresottolineatura nell’atteggiamento della fi-glia di Iefte, che prima di essere offerta inolocausto, a causa del voto sconsiderato

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del padre, chiede di vagare per i monti apiangere la verginità (Gdc 11, 30-40).Accanto a questi tratti negativi se ne ac-compagnano altri che caratterizzano laverginità come fattore peculiare per avvi-cinarsi al sacro, quali: la continenza tem-poranea prima di partecipare ad un pastosacro ( ISam 21, 5), in una battaglia(2Sam 11, 8-13), o in preparazionedell’alleanza con Dio (Es 19, 14 ss.). Lacontinenza temporanea non è vista quicome un astenersi dall’impurità e dallacontaminazione, quanto come un attocultuale, una santificazione in prepara-zione ad un allontanarsi dal profano peressere degni di accostarsi al sacro e dipotervi partecipare. Inoltre in alcuni stratisociali, che costituiranno quei «puri» det-ti anche «Esseni» si inizia a percepireche, in preparazione alla venuta del Mes-sia e all’estensione del regno, non neces-sitava più la quantità numerica del popo-lo eletto ma la sua santità.

Molto sviluppato e ricorrente è invece ilsimbolismo che rappresenta l’alleanza delpopolo d’Israele con Dio: tali sono la figu-ra della Virgo Sion e l’immagine della spo-sa, il popolo eletto chiamato ad una fe-deltà di amore con il Signore suo Sposo.

La verginità di Israele non sta più adesignare quei connotati negativi espres-si precedentemente, quanto la sua illiba-tezza, avulsa da qualsiasi prostituzionereligiosa, fedele all’amore di Dio, prontacome sposa adorna in prossimità dellanuova alleanza; già nel profeta Isaia ilmatrimonio tra un giovane e una verginesimboleggia le nozze tra il Signore eIsraele (Is 62, 5).

Alle soglie del NT ci è presentata la fi-gura di Giovanni Battista che con la suavita di asceta prepara la venuta del Mes-sia e si chiama amico dello Sposo (Gv 3,29).

Gesù vive la sua vita terrena come do-no totale, nella dedicazione completa allavolontà del Padre e alla salvezza dell’u-manità e indica la scelta della verginitàper il Regno (Mt 19, 12, dimensione cri-stologica).

Maria è la prima che intuisce il valoredella verginità per il Regno e realizza nel-la sua vita la congiunzione della verginitàe della maternità. I racconti dell’infanziain Matteo e in Luca presentano il conce-pimento verginale di Maria, unico in tut-ta la storia biblica: se vi è, infatti, unacerta analogia con alcune donne steriliche hanno concepito per uno specialeintervento di Dio che ha superato una si-tuazione di sterilità, in nessun luogo siparla comunque di concepimento vergi-nale.

Sia per Matteo sia per Luca la vergi-nità di Maria non ha un semplice signifi-cato biologico: è la verginità per il Regno,assoluta novità del Vangelo che Mariaper prima ha compreso.

La verginità consacrata nella storia della Chiesa

L’Ordo Virginum (Ordine delle Vergini)è una forma di vita consacrata che risaleai tempi della primitiva comunità cristia-na dove le donne «chiamate» al serviziodi Cristo e della Chiesa formavano tre«ordini» che costituivano la sua struttura

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sociale e liturgica: Diaconesse, Vedove,Vergini, i cui membri occupavano postidefiniti nell’assemblea. Gli «ordini» ma-schili (Episcopi, Presbiteri e Diaconi) si so-no conservati fino ad oggi e sussistonotuttora, mentre gli «ordini» femminili so-no andati scomparendo nel corso dellastoria.

La presenza di alcune vergini è atte-stata nelle prime comunità apostoliche.(cfr. 1Cor 7,17–8,2538; At 21,9).

Nell’età patristica, fino al concilio diNicea (a. 325) le vergini vivono nelle ca-se, costituiscono nella Chiesa l’Ordo Vir-ginum, sono dedite al culto divino, consi-derate nella comunità «porzione eletta»;poi, fino alla metà del secolo VII, aumen-ta il numero delle vergini e si approfondi-sce la riflessione sulla verginità per meritodei Padri della Chiesa, sia in Oriente sia inOccidente.

Nel Medio Evo progressivamente levergini si riuniscono nei monasteri con laProfessione monastica e nei movimenti divita evangelica, senza consacrazione.

Dal Concilio di Trento al Concilio Vati-cano II la consacrazione a Dio nella vergi-nità si esprime all’interno delle varie fa-miglie religiose o in forma privata.

Il Concilio Vaticano II stabilisce al n.80 della Sacrosanctum Concilium la revi-sione del Rito della Consacrazione delleVergini e il 31 maggio 1970 viene pro-mulgato il Rito della Consacrazione delleVergini che viene inserito nel PontificaleRomano ed esteso alla Chiesa universaleper mandato speciale di Papa Paolo VI. IlPapa, rinnovando e rivalutando il bellissi-mo e suggestivo rito di tradizione tanto

antica, ha ammesso di nuovo al rito diconsacrazione, oltre alle monache, anchele vergini che vivono nel mondo.

Carisma e missione

Le vergini consacrate sono dunquedonne chiamate a donarsi totalmente alSignore col proposito di verginità conti-nuando a vivere nel mondo.

L’Ordo Virginum (Ordine delle Vergini,O.V.) non è un nuovo ordine religioso,ma una “categoria” di donne vergini chesi riconoscono nella medesima scelta esono consacrate con il medesimo ritopredisposto per la Chiesa universale.

Esso non comporta obblighi di vitacomunitaria da parte delle vergini consa-crate, poiché la condizione della loro vitaè quella degli altri fedeli laici. È il deside-rio di riallacciarsi alla tradizione dei primisecoli, l’esigenza di una “totalità” gioiosanel dono di sé e, di conseguenza, la ricer-ca costante del primato dellacontemplazione pur nella totale disponi-bilità per il servizio nella Chiesa, con eper i fratelli.

Lo specifico carisma della VerginitàConsacrata è la “sponsalità” della Chiesacon Cristo. Esso “acquista il valore di unministero al servizio del popolo di Dio einserisce le persone consacrate nel cuoredella Chiesa e del mondo”. (Cfr. Noteteol. CEI, Consacraz. delle Vergini)

La vita delle vergini consacrate – pre-valentemente contemplativa in alcune,più attiva in altre – può assumere conno-tazioni e stili diversi, secondo l’originalitàdei doni ricevuti da ciascuna.

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La proposta di Cristo

Il vivere nella verginità è la propostache Cristo stesso fa a chi desidera seguir-lo, a chi vuol divenire suo discepolo (Lc14, 26–27): «Se uno viene a me e nonodia suo padre, sua madre, la moglie, ifigli, i fratelli, le sorelle e perfino la pro-pria stessa vita, non può essere mio di-scepolo. Chi non porta la propria croce enon viene dietro di me non può esseremio discepolo». Gesù non intende aboli-re il quarto comandamento: «Onora tuopadre e tua madre», ma enuncia le esi-genze supreme radicali della sua sequela:il lasciar tutto, compresa la vita coniugalee poi portare la propria croce, ciò signifi-ca non solo separazione e rinuncia maanche preferenza esclusiva; verginità ecroce sono intimamente unite, la croce èquella di ogni giorno, non è intesa, comenegli altri due vangeli sinottici. nel sensodi strumento di supplizio e di morte, maè in riferimento ad una vita di mortifìca-zione, di kénosis (spogliamento) perchépossa manifestarsi la gloria del Signore.Diviene così oblazione cultuale, cioè of-ferta sacrificale innalzata a Dio, offertasanta ( l Cor 7, 34) che rende partecipialla esaltazione del sacrificio dell’Agnellodi Dio (Eb 9, 7–12) e alla unione divina;la verginità, quindi, assume non solo ilcarattere di kènosis, ma anche di koi-nonìa (comunione) con la Gerusalemmeceleste.

Si può, quindi, affermare che il signifi-cato religioso della verginità è una prero-gativa della rivelazione cristiana: fedeltàin un amore esclusivo per Dio.

Verginità e maternità spirituale

Nella Chiesa Sposa di Cristo la vergi-nità – l’amore fedele – determina il dila-tarsi della maternità verso tutte le genti:perché Cristo sia il primogenito di unamoltitudine di fratelli (Cfr. Rm 8, 29).

L’amore sponsale è, per sua natura,totale ed esclusivo, perpetuo, fecondo,unificante, forte come la morte.

La consacrazione «separa» la personae la pone nella dimensione del Regno,ma questa separazione non corrispondead un indurimento del cuore, ma al mi-stero di Dio che chiama in maniera per-sonale e radicale, per fare spazio alle per-sone, alla natura, alle cose. La consacratache risponde con «cuore indiviso», puro,«vergine» perché non contaminato, nonadulterato da altro, si dona totalmente ein maniera universale.

La consacrazione non è per se stessi,ma è dono per l’umanità. La consacrata èil punto di contatto tra Dio e il suo popo-lo, dedicata alla passione profonda per lapace, a una relazione nuova con le cose(una nuova economia), all’armonia (unnuovo modo di costruire le relazioni), de-dicata alla riconciliazione, alla grandepassione di riformare l’ambiente, ricrean-do la comunità.

Vita di preghiera

Nel Rito di consacrazione delle vergi-ni il Vescovo, nel consegnare alla vergi-ne la Liturgia delle Ore, pronuncia leparole: «Ricevi il libro della liturgia delleOre. La preghiera della Chiesa risuoni

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senza interruzione nel tuo cuore e sulletue labbra come lode perenne al Padree viva intercessione per la salvezza delmondo».

Cristo è la fonte da cui sgorga la pre-ghiera che incessantemente deve risuo-nare sulle sue labbra e sul suo cuore. Allavergine viene allora affidato il ministerodi lodare e intercedere. Essa è tenuta inparticolare alla celebrazione liturgicagiornaliera delle Lodi mattutine, dei Ve-spri e dell’Eucaristia.

La sua preghiera è essenzialmente eintrinsecamente liturgica come evidenzia-to dal Rito stesso: «Nutrite la vostra vitareligiosa con il Corpo di Cristo». La Chie-sa vive e celebra l’Eucaristia con cuoresponsale, come espressione suprema del-la sua alleanza nuziale con Cristo.

II secondo cardine su cui si impegna lapreghiera della vergine consacrata è laSacra Scrittura. Carlo Maria Martini sot-tolinea la necessità di una preparazionebiblica, esegetica, culturale.

La vergine aiuta la Chiesa a raggiun-gere la contemplazione tanto auspicatada Giovanni Paolo II: «Non c’è rinnova-mento, anche sociale, che non porti allacontemplazione. L’incontro con Dio nellapreghiera immette nelle pieghe della sto-ria una forza misteriosa che tocca i cuorie li induce alla conversione e al rinno-vamento e proprio in questo diventa an-che una potente forza storica di trasfor-mazione delle strutture sociali».

Come Mosè (Cfr. Es 17, 8–12), ognivergine consacrata è chiamata a staredritta sulla cima del colle, con le mani al-zate, perché il fratello non sia vinto dal

male, dalla stanchezza, dalla sfiducia, edeve essere quell’Aronne o Cur che so-stengono le mani di Mosè fino al tra-monto del sole.

La vergine, chiamata ad amare i suoifratelli come Gesù li ha amati, è colei chechiede perdono per sé e per gli altri, ècolei che Dio trova sulla breccia per di-fendere i suoi fratelli, per invocare conGesù: « Padre, perdonali, perché nonsanno quello che.fanno» (Lc 23, 34). Co-me segno visibile dell’amore di Dio inquesto mondo, ella è chiamata ad inter-cedere, ad essere piccolo sacerdote del-l’Unico Sacerdote, prendendo su di sé ladebolezza e la fatica del fratello.

Come Maria, la vergine consacrata èchiamata ad avere uno sguardo attentosulle necessità dei fratelli per chiedere aGesù. quando essi «non hanno più vino»(Gv 2,3).

Nella città di Roma, uno dei tanti enuovi deserti di questo tempo, è necessa-rio che le vergini consacrate siano perso-ne che, con la loro preghiera, innalzino ilmondo verso il cielo, in comunione contutti quelli che, in qualche luogo dellaterra, – e così in ogni momento del gior-no e della notte – pregano perché gliuomini tutti giungano a conoscere l’infi-nito Amore del Padre e perché Egli per-doni i rifiuti del suo Amore.

Con l’ascolto della Parola, la riconcilia-zione, l’eucaristia, gli spazi di silenzio e lapreghiera personale, cresce nella dimen-sione contemplativa e impara a leggerela realtà nel progetto di Dio.

Celebrando la Liturgia delle Ore si uni-sce alla preghiera di Cristo nella lode al

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Padre e nell’intercessione per la salvezzadel mondo.

La liturgia educa la vergine consacrataa vivere costantemente immersa nella vi-ta trinitaria e in una dimensione escatolo-gica, nella ricerca del Regno di Dio, per lagloria del Padre.

“Fare un passo in mezzo”

Intercedere non vuol dire solo «prega-re per qualcuno», ma «fare un passo inmezzo», fare un passo in modo da met-tersi nel mezzo di una situazione, da en-trare nel cuore di essa per stendere lebraccia a destra e a sinistra, per unire epacificare. È il gesto di Gesù sulla croce,l’unico che si è potuto mettere in mezzotra Dio e l’uomo, l’unico che ha messo inconto anche la morte per fare la pace edè il gesto che ogni vergine consacrata,amante degli uomini, figlia nel Figlio diDio e sua Sposa, è chiamata a compiere.

La vergine consacrata come Maria, so-rella di Mosè, riunisce il popolo per ilcanto di lode (Es 15, 20) «anche Maria,prese il tamburello / E guidò i cori conpudore verginale / Ma considerate chi el-la allora figurava / non la Chiesa, forse, /che con lo spirito immacolato, come unavergine, / ha unito a sé assemblee di po-polo devoto / perché cantassero i salmidivini?»

La vergine è e deve essere un elemen-to di comunione, perché si realizzi la pre-ghiera di Gesù nell’Ultima Cena: «chetutti siano una sola cosa. Come tu, Pa-dre, sei in me e io in te, siano anch’essi innoi una cosa sola» (Gv 17, 21): deve es-

sere elemento di unione nella Chiesa etra Chiese sorelle.

La vergine consacrata nel mondo,quindi, ha il compito dí testimoniare laduplice dimensione della carità: verso Dioe verso gli uomini. Verso Dio cui la vergi-ne si è donata con cuore indiviso, versogli uomini come apostola nella Chiesa enel mondo nell’ordine spirituale emateriale.

Testimone dello Spirito, offre una par-ticolare testimonianza profetica dellerealtà ultime, esprime l’anelito dellaChiesa ad anticipare e ad affrettare lamanifestazione escatologica di Cristo.

Attenta ai suggerimenti dello Spirito,la vergine consacrata impara a riconosce-re e attualizza le modalità personali concui partecipare alla missione della Chiesanel mondo: per questo all’interno dell’or-do virginum si esprime una molteplicitàdi carismi e ministeri, segno della ricchez-za e varietà dei doni con cui lo Spirito ar-ricchisce la Chiesa.

Sperimenta l’amore tenero ed esclusi-vo di Cristo attraverso la vicinanza deifratelli: donandosi a loro, scopre la gran-dezza dell’amore che il Padre mediante ilFiglio riversa sull’umanità e da lui imparaad essere figlia, generata alla fede; sorel-la, accanto al cammino delle donne e de-gli uomini del suo tempo; madre, nel do-no senza riserve.

La consacrazione verginale fa crescerein lei un atteggiamento di fiducia neiconfronti del mondo, dell’umanità e unostile di ascolto della storia e delle proble-matiche umane congiungendola, perconsuetudini di lavoro e di vita, ad ogni

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uomo e donna per cui si fa compagna diviaggio, strumento di comunione e testi-mone di amore. Anche quando nel corsodella sua esistenza attraversa la sofferen-za, la malattia, l’inattività, sperimenta etestimonia l’unione con il Signore. Parte-cipa all’opera creativa di Dio attraverso illavoro che le permette di provvedere alproprio sostentamento e di aprirsi allacondivisione dei beni.

Con la sua vita desidera dare voce al-l’invocazione dello Spirito e della Chiesa:“Maranathà, Vieni Signore Gesù” (Ap22,20), tenendo viva un’attesa vigilante eprofetica.

Agli uomini e alle donne del propriotempo la vergine consacrata richiama ildesiderio di Dio e svela una modalità concui Dio oggi si fa presente nella storiadell’uomo offrendogli nuove e continueopportunità per accogliere l’offerta di vi-ta che lo salva.

La prospettiva ecclesiologica edescatologica

Vi è ancora la prospettiva ecclesiologi-ca, fatta risaltare da San Paolo nel capito-lo 7 della prima lettera ai Corinzi, che in-dica come tutta ]’esistenza cristiana sirealizza in un amore autentico e fedeleper Cristo: si comprende come sia il ma-trimonio cristiano sia la verginità consa-crata realizzino nella Chiesa l’amoresponsale nella modalità loro propria, di-ventando così il simbolo dell’alleanzasponsale tra Cristo e la Chiesa sua sposa,e richiamando ogni cristiano a vivere l’in-tegrità della fede, che Sant’Agostino

qualifica come virginitas cordis. La vergi-nità di Maria, la vergine per eccellenzafigura della Chiesa vergine e sposa, è inprospettiva della sua missione di concepi-re il Santo, il Figlio di Dio: questo è possi-bile per l’integrità della sua fede in Dio.

La consacrazione verginale contiene an-che una dimensione escatologica (ICor 7,26. 29. 31): è testimonianza della non ap-partenenza dei cristiani a questo mondo,segno della tensione della Chiesa verso lameta finale, anticipazione dello stato di ri-surrezione (Lc 20, 34ss e par.). Nella Geru-salemme celeste tutti gli eletti sono chiama-ti vergini (Ap 14, 4), in quanto non si sonocontaminati con gli idoli: appartengono allacittà celeste, la sposa dell’Agnello.

Ecclesialità della vergine consacrata

II servizio della vergine alla Chiesaconsiste in questo duplice elemento: nel-la consacrazione della verginità enell’espletamento della propria vocazioneparticolare. Il servizio alla Chiesa – princi-pale e primario – è senza dubbio la stessaconsacrazione verginale fatta a Dio in sualode e per la salvezza del mondo.

C’è un testo importante sia del Conci-lio (LG32) sia del Codice (can. 210), in cuisi afferma che il primo modo di far cre-scere la Chiesa è quello di condurre unavita santa. Se ci si impegna perso-nalmente in questa promozione alla san-tità, si fa crescere la Chiesa.

A riguardo del servizio alla Chiesa in-teso come attività, si possono distinguerevarie tipologie che la vergine concordacon il Vescovo:

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a) attività professionale e attività pasto-rale nel tempo libero;

b) attività professionale a tempo pieno; c) attività pastorale a tempo pieno; d) vita contemplativa.

Il rapporto paterno–filiale che inter-corre tra il Vescovo e la vergine fa sì cheil Vescovo non imponga un’attività allavergine, ma che la interpelli e che, inun’atmosfera di serena familiarità, ellaabbia anche la facoltà di decidere in mo-do diverso, in coscienza. per quei motiviche ritiene validi davanti al Signore.

Il § 2 del canone 604 recita che le vergi-ni consacrate « possono» – e non «devo-no» – riunirsi in associazioni. Questo vuoldire che rimane una sostanziale libertà discelta che spetta alla vergine e non ad unaeventuale decisione della Diocesi.

In conclusione la specificità dell’appar-tenenza all’Ordo virginum è la consa-crazione della verginità davanti al Vesco-vo diocesano, cioè davanti alla Chiesaparticolare.

La consacrazione della verginità, infat-ti, può essere fatta anche in modo priva-to, cioè non pubblico, non visibile. Il rap-porto in quel caso è tra la vergine e Dio.Manca l’intermediazione « consacrato-ria» del Vescovo diocesano, cioè dellaChiesa. Manca la visibilità e manca il rife-rimento alla Chiesa particolare.

La consacrazione della vergine davantial Vescovo diocesano ha, invece, questoulteriore elemento. È fatta in modo pub-blico, in modo visibile: da questa visibilitàderiva, per la vergine, una responsabilitàalla fedeltà davanti alla Chiesa e, per ilVescovo, la responsabilità di vigilare sulla

fedeltà della vergine, sia per se stessa siaper la Chiesa.

Il rapporto personale con il vescovo èuna delle modalità con cui la vergineconsacrata concretizza il legame con laChiesa e un’espressione della cura che laChiesa manifesta per questa vocazione;ciò che il vescovo è nei confronti dellaChiesa particolare lo è nei confronti dellavergine consacrata: segno di Cristo Spo-so e Pastore, principio e fondamento del-l’unità nella Chiesa particolare e garantedella comunione nella Chiesa universale.

Aspetto giuridico della verginitàconsacrata

La consacrazione nell’OV trova il suopunto di riferimento giuridico nel canone604 del Codice di Diritto Canonico che siriporta testualmente:

«§ 1. A queste forme di vita consacra-ta si aggiunge l’ordine delle vergini lequali, emettendo il santo proposito di se-guire Cristo più da vicino, dal Vescovodiocesano sono consacrate a Dio secon-do il Rito liturgico approvato, si unisconoin mistiche nozze a Cristo Figlio di Dio esi dedicano al servizio della Chiesa.

§ 2. Le vergini possono riunirsi in as-sociazioni per osservare più fedelmente illoro proposito e aiutarsi reciprocamentenello svolgere quel servizio alla Chiesache è confacente al loro stato».

Questo stato di vita non è una nuovaforma di vita consacrata come quelle in-dicate nel canone 605, ma una forma diconsacrazione opportunamente ripristi-nata.

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Il canone 604, preceduto dai canoniche parlano degli Istituti di vita consacra-ta (573–602), degli eremiti o anacoreti(603), evidenzia elementi che trovano lasintesi in questa vocazione:

a) la consacrazione, che la rende partedella vita consacrata;

b) l’individualità, elemento che, sottoalcuni aspetti, la avvicina alla vita eremiti-ca o anacoretica, ma soprattutto la di-stingue dalle forme di vita consacrata, incui la «vita in comune» è elemento es-senziale e caratterizzante.

Le vergini consacrate ebbero fin dal-l’antichità un loro ordinamento, una lorocollocazione e perfino un luogo proprioad esse assegnato nella celebrazione eu-caristica e perciò nella vita della Chiesaparticolare. Costituiscono, pertanto, una«categoria» di persone che hanno unostatus comune: la consacrazione specificasecondo il canone 604. Questo status co-mune fa sì che le vergini consacrate for-mino l’Ordine delle Vergini.

Nel canone si parla del «santo propo-sito» che le vergini emettono (sanctumpropositum emittentes). «Proposito» si-gnifica volontà definitiva ed esplicita: es-sa viene manifestata (emittentes) davantial Vescovo diocesano. Tale volontà ha co-me contenuto quanto viene espresso nel-le parole immediatamente seguenti «se-guire Cristo più da vicino» e «unite in mi-stiche nozze a Cristo Figlio di Dio» a indi-care il contenuto del santo proposito cioèin che cosa consista la consacrazione ver-ginale: la consacrazione.

Si tratta di una «forma stabile di vita»(stabilis vivendi forma) come ai sensi del

can. 573 §1. La volontà di consacrazioneè definitiva, valevole per tutta la vita. Ciòè evidenziato implicitamente dal canonecon le parole «unite in mistiche nozze aCristo Figlio di Dio» ed esplicitamente dalRito stesso «fino al termine della vostravita». Questa speciale unione definitiva aCristo esclude ogni prospettiva di nozzeumane.

Pur contenendo solo il proposito dicastità perfetta, tuttavia è implicito sia ildistacco dai beni materiali (povertà), sia ilconformarsi al pensiero e alle direttivedella Chiesa, dei suoi pastori (obbedien-za). La povertà e l’obbedienza della vergi-ne consacrata sono conseguenza dellasua condizione di sponsa Christi che ab-braccia la condizione del suo Sposo, po-vero e obbediente.

Le vergini consacrate hanno, fin dalleorigini, un vincolo particolare col Vescovodiocesano cui è riservata la loro consacra-zione «secondo il Rito liturgico approva-to» dalla Sacra Congregazione per il Cul-to divino il 31 maggio 1970.

I1 ruolo della vergine non è quello diuna testimonianza privata nella Chiesa,ma come persona singola è segno visibilenella Chiesa particolare in cui vive, inquanto è il Vescovo che accoglie diretta-mente la sua consacrazione e diviene ga-rante del carattere di autenticità ecclesia-le di questa vocazione.

La vergine consacrata in forza dellasua consacrazione vive la sua dimensio-ne pubblica nella Chiesa e la sua rispo-sta è di natura apostolica nel contestodella Chiesa particolare in cui vive edopera.

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«Dalla consacrazione verginale scatu-risce la grazia ecclesiale specifica che ren-de operante il simbolismo originario diquesto Rito.» (RCV)

Il Codice di Diritto Canonico riconoscealla vergine consacrata un ruolo diversoda quello dei religiosi che emettono i votinelle mani dei loro superiori per il fatto diappartenere giuridicamente a una fami-glia religiosa riconosciuta. Il fatto di nonessere religiose, di non dipendere o dinon essere inserite in nessuna istituzione,richiama le vergini ad una propria testi-monianza a servizio della Chiesa partico-lare.

Ella deve contribuire alla missione e alservizio della Chiesa universale dall’inter-no della Chiesa particolare e mediantequesta. È per questo che l’Ordo dellaConsacrazione delle vergini riserva al Ve-scovo della diocesi un ruolo prioritario.

L’Ordo Virginum di Roma

Il carattere specificatamente istituzio-nale della verginità consacrata coincide,soprattutto a Roma, con l’ epoca in cui laChiesa, dopo il periodo delle persecuzio-

ni, si organizza parallelamente alla so-cietà civile.

Nei documenti che elencano le variecategorie ecclesiastiche,le vergini sonocitate subito dopo il gruppo più anticodelle vedove e delle diaconesse; i loronomi vengono iscritti ufficialmente neiregistri delle comunità locali, perfino leleggi imperiali cominciano ad occuparsidi loro in seguito al riconoscimento del-la Chiesa.

Tra il 350 e i1 400 si trovano le indica-zioni più antiche ed esplicite circa la con-sacrazione delle vergini. Marcellina, la so-rella di Sant’Ambrogio, viene consacratada papa Liberio, nella solennità del Nata-le, nel 352/353 nella basilica di San Pie-tro. Una lettera di papa Siricio (384-399),inoltre, informa che la velatio avrà luogoa Natale2, all’Epifania e a Pasqua: il Ve-scovo, dopo aver rivolto alcune parole al-la vergine, le consegna un velo del tuttosimile a quello delle spose.

Dopo questo riferimento alle origini sipuò affermare che, nella fase successivaal ripristino della Consecratio, il camminodell’ Ordo Virginum della Diocesi di Ro-ma è iniziato negli anni ‘70 -precisamen-te il 3.6.1973 - con la consacrazione, se-conda in Italia, di Rosella Barbieri cheaveva collaborato con Padre Ignazio Ca-labuig alla rivisitazione ed al rinnovo delRito della Consacrazione delle Vergini. Daquel giorno ad oggi il Signore ci ha volu-to far dono di sempre più numerose vo-cazioni. Attualmente siamo 34 verginiconsacrate nella diocesi di Roma e 5 con-sacrate nelle diocesi suburbicarie metregià altre 19 donne hanno intrapreso un

Roma, Basilica di Santa Cecilia, Consacrazione nell’Ordo virginum.

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cammino di avvicinamento e formazioneall’Ordo Virginum. Tra noi ci sono profes-sioniste, insegnanti, impiegate, ognuna èinserita nel mondo del lavoro civile ed ec-clesiale e partecipa con modalità diversealla vita della Chiesa particolare, vive infamiglia o da sola.

Il Vicariato, nella persona del VicarioEpiscopale per la Vita Consacrata Mons.Natalino Zagotto, ha posto un’attenzioneparticolare al cammino dell’OV attraversole seguenti tappe:– la convocazione iniziale (6 dicembre

1988) di tutte le consacrate che hapermesso l’avvio di una reciproca co-noscenza e l’inizio degli incontri diformazione permanente;

– la partecipazione di Sua Eminenza ilCard. Ugo Poletti e di Mons. Zagottoal 3° Convegno Nazionale dell’OV chesi è tenuto aRoma il 24-25 marzo1990.

Il «Libro del Sinodo» diocesano poneattenzione all ‘OV nella parte 28, al cap.l, prop. 28 su «Le vie della nuova evan-gelizzazione (comunione e partecipazio-ne) » e tra «Le indicazioni pastorali sullaVita Consacrata nella Chiesa di Roma»(alla lettera D) si legge: «D) Le verginiconsacrate. La Chiesa riconosce la pecu-liare vocazione delle vergini che voglionoconsacrarsi a Dio rimanendo nel mondo,con una particolare dipendenza dal Ve-scovo e una dedicazione al servizio dell’e-dificazione della comunità cristiana e del-le varie necessità del prossimo. In confor-mità alle norme della Santa Sede, la Dio-cesi di Roma accoglie questa forma di vi-

ta consacrata per la quale saranno deter-minate le condizioni di ammissione e sa-ranno promosse la formazione e l’apo-stolato specifico».

II 26 febbraio 1995 Sua Eminenza ilCardinale Camillo Ruini, Vicario di SuaSantità, ha incontrato le vergini consacra-te della Diocesi di Roma. Questo momen-to è stato per l’ Ordo di Roma una tappafondamentale e proficua sul piano dellacomunione ecclesiale e delle prospettivefuture: la Chiesa di appartenenza di ogniconsacrata è, infatti, luogo privilegiato diformazione permanente. A questo pro-posito sono emerse le seguenti esigenze:a) curare maggiormente la formazione

precedente la consacrazione, soste-nendola, eventualmente, anche conuna adeguata preparazione teologica(es. Istituto Superiore di Scienze Reli-giose e similari);

b) sensibilizzare maggiormente la Diocesial fine di far conoscere, in modo piùcapillare, questo carisma, così comesuggerito dalle «Premesse al Rito»:«Non manchi alla prospettiva pastora-le nei suoi momenti qualificanti unaspecifica proposta della verginità con-sacrata; soprattutto nel suo aspettopositivo di ministero indispensabile al-la vita e al progresso spirituale dellaChiesa».

Nel 1995, inoltre, un altro importan-tissimo avvenimento ha avuto luogo aRoma: i l Congresso Internazionaledell‘OV in occasione del 25° anniversariodalla promulgazione del nuovo Rito.

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IL VESCOVO DIOCESANO E IL SERVIZIO ALLA CHIESA

Prima della consacrazione è compito del Vescovo diocesano: – discernere l’autenticità della chiamata a questa vocazione; – curarne un’adeguata preparazione;– decidere l’ammissione al Rito secondo le condizioni richieste per accedervi e secon-

do quelle previste dal canone 597.Il Rito liturgico deve essere presieduto dal Vescovo diocesano. Dopo la consacrazione è compito del Vescovo diocesano:

– curare la formazione permanente, evitando modalità troppo rigide al fine di rispettarela spiritualità propria delle singole vergini consacrate;

– mettere a disposizione guide spirituali qualora le vergini consacrate ne avessero ne-cessità o decidessero di avvalersi di tali opportunità;

– intrattenere rapporti spirituali con le varie vergini consacrate.Nell’espletamento di questi compiti il Vescovo diocesano può farsi aiutare da un in-

caricato o delegato per l’Ordo Virginum.Nella diocesi di Roma l’OV ha il suo punto di riferimento in Vicariato nella figura del

Vicario episcopale per la vita consacrata.Il Vicario è collaboratore del Vescovo nella cura della vita consacrata nella diocesi e

del suo inserimento nel complesso dell’attività pastorale (MR 54). Ha uno speciale ruolodi sostegno e incoraggiamento proponendo e riproponendo i valori di questo stato di vita.

È persona competente che conosce a fondo la vita consacrata, la sa apprezzare e incre-mentare.

I Lineamenta dell’Ordo Virginum di Roma sono pubblicati in un opuscolo che si puòavere chiedendolo in Vicariato nella Sede indicata, o presso il Vicario Episcopale, mons.Natalino Zagotto.

Il Santo Padre Giovanni Paolo II, inquel contesto, si è rivolto alle verginipresenti con una bellissima esortazio-ne. L’incontro con il Papa è stata un’ul-teriore occasione di gioia e di comunio-ne. Da allora ad oggi non è mai man-cata l’attenzione della Diocesi con lapresenza del delegato di S. Em. il Car-dinal Vicario e con la consacrazione di

altre vergini avvenuta nei suoi diversisettori.

A testimoniare lo stretto legame dellevergini consacrate con la diocesi di ap-partenenza dall’anno scorso è stata datala possibilità di avere un piccolo ufficio al-l’interno del vicariato dove ogni merco-ledì mattina una di noi è disponibile perinformazioni.

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on l’Esortazione Apostolica Po-stsinodale di Sua Santità Bene-detto XVI sull’Eucaristia come

fonte e culmine della vita e della missio-ne della Chiesa, Sacramentum caritatis,pubblicata il 22 febbraio 2007, “il lun-go ed articolato itinerario della XI As-semblea Ordinaria del Sinodo dei Ve-scovi trova il suo frutto più maturo” hadetto il Card. Angelo Scola, Patriarca diVenezia, che fu Relatore Generale aquel Sinodo, celebrato dal 2 al 23 otto-bre 2005 in Vaticano.

“Se da una parte l’Esortazione Apo-stolica costituisce il frutto maturo di uncammino percorso - sono ancora paroledel Cardinale Scola alla presentazionedell’Esortazione apostolica -, dall’altra sipone esplicitamente l’obiettivo di aprirela strada ad ulteriori approfondimenti.Essa mira, infatti, ad «esplicitare alcunefondamentali linee di impegno, volte adestare nella Chiesa nuovo impulso efervore eucaristico». Un contributo pre-zioso in tal senso lo darà anche la pub-blicazione del Compendio eucaristicoproposto dai Padri sinodali.”

L’Esortazione è strutturata in tre par-ti, ognuna delle quali approfondisceuna delle tre dimensioni dell’Eucaristia:Eucaristia, mistero da credere; Eucari-stia, mistero da celebrare: Eucaristia,

mistero da vivere. Tali parti “sono a talpunto legate che i loro contenuti si illu-minano a vicenda. Del resto un signifi-cativo guadagno del lavoro sinodale èproprio il superamento di taluni duali-smi - per esempio quelli tra fede eucari-stica e rito, tra celebrazione e adorazio-ne, tra dottrina e pastorale - a volte an-cora presenti nella vita della comunitàecclesiale e nella riflessione teologica.”

Il Card. Scola ha messo in evidenzal’importanza dell’ars celebrandi (arte dicelebrare) per una sempre più actuosaparticipatio (partecipazione attiva, pie-na e fruttuosa). “Particolarmente inno-vativa infatti appare, in riferimento allacelebrazione, l’insistenza del documen-to sulla dipendenza dell’actuosa partici-patio dall’ars celebrandi”. Papa Bene-detto XVI afferma che “l’ars celebrandiè la migliore condizione per l’actuosaparticipatio. L’ars celebrandi scaturiscedall’obbedienza fedele alle norme litur-giche nella loro completezza, poiché èproprio questo modo di celebrare adassicurare da duemila anni la vita di fe-de di tutti i credenti, i quali sono chia-mati a vivere la celebrazione in quantoPopolo di Dio, sacerdozio regale, nazio-ne santa”.

Per ognuna delle tre parti in cui èsuddivisa l’Esortazione apostolica, ven-

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Sacramentum caritatis - 1di Stefano Lodigiani

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gono presentati alcuni temi dottrinali ele inerenti indicazioni pastorali. Nellaprima parte il Santo Padre illustra il mi-stero dell’Eucaristia a partire dalla suaorigine trinitaria che ne assicura il per-manente carattere di dono, richiama l’i-stituzione dell’Eucaristia in rapportocon la Cena pasquale ebraica, indicacon forza il criterio dell’autentica creati-vità liturgica. L’origine eucaristica dellaChiesa spiega poi il suo essere commu-nio e assicura la natura sacramentaledella stessa Chiesa. Quindi l’Esortazioneapprofondisce la centralità dell’Eucari-stia nel settenario sacramentale. La se-conda parte dell’Esortazione illustra losvolgimento dell’azione liturgica nellacelebrazione, indicando gli elementiche meritano maggiore approfondi-mento ed offrendo alcuni suggerimentipastorali di grande rilievo. In particolaresi mette in evidenza la bontà della rifor-ma liturgica promossa dal Concilio Vati-cano II: talune difficoltà ed abusi “nonpossono oscurare la bontà e la validitàdel rinnovamento liturgico, che contie-ne ancora ricchezze non pienamenteesplorate”. Alla descrizione della “bel-lezza liturgica” seguono le indicazionipratiche sul nesso “ars celebrandi - ac-tuosa participatio”.

Nella terza ed ultima parte, l’Esorta-zione apostolica “mostra la capacità delmistero creduto e celebrato di costituirel’orizzonte ultimo e definitivo dell’esi-stenza cristiana”. “Benedetto XVI riaf-ferma, fin dalla prime righe dell’Esorta-zione, che il dono dell’Eucaristia è per

l’uomo, risponde alle attese dell’uomo.Ovviamente di ogni uomo di ogni tem-po, ma specificamente dell’uomo no-stro contemporaneo... Il Mistero eucari-stico rappresenta il fattore dinamicoche trasfigura l’esistenza. Rigeneratodal battesimo e incorporato eucaristica-mente alla Chiesa l’uomo può final-mente compiersi pienamente, imparan-do ad offrire il ‘proprio corpo’ - cioètutto se stesso - come sacrificio vivente,santo e gradito a Dio”.

Il Segretario generale del Sinodo deiVescovi, Sua Ecc. Mons. Nikola Eterovic,ha messo in evidenza nella sua presenta-zione, che l’Esortazione Apostolica post-sinodale Sacramentum Caritatis continuala serie dei grandi documenti sul sacra-mento dell’Eucaristia come, per esem-pio, quelli del Servo di Dio Giovanni Pao-lo II Ecclesia de Eucharistia e Mane nobi-scum, Domine. “La Sacramentum Carita-tis si situa in tale continuità e al contem-po ripropone in modo aggiornato alcuneverità essenziali della dottrina eucaristi-ca, esortando ad una dignitosa celebra-zione del sacro rito, ricordando l’urgentenecessità di svolgere una vita eucaristicanella vita di ogni giorno, annunciando lebellezze inimmaginabili del nostro Dioche per amore vuole restare in mezzo anoi sotto le specie del pane e del vino,come fonte e culmine della vita e dellamissione della sua Chiesa”.

La Sacramentum Caritatis riproponel’essenza della vita cristiana, sorgentedella santità e della missione per tutti i

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tempi, incluso i l momento attuale.“Non vi è dubbio – sono ancora paroledi Mons. Eterovic - che il Popolo di Dio,guidato dai propri Pastori, attingerà amani piene da questo Documento che,presentando in modo accessibile all’uo-mo contemporaneo le grandi verità sul-la fede eucaristica, tratta vari aspetti diattualità nella sua celebrazione ed esor-

ta ad un rinnovato impegno nella co-struzione di un mondo più giusto e pa-cifico in cui il Pane spezzato per la vitadi tutti divenga sempre di più causaesemplare nella lotta contro la fame econtro ogni specie di povertà che alcontempo grida alle orecchie del Signo-re degli eserciti e degrada la dignitàdell’uomo creato ad immagine di Dio”.

Testi e Documenti

Corpus Domini 2007 (foto C. Gennari)

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re ad altri o a scomparire. Il Qoèlet guardacon disincanto, cinismo e profondo pessimi-smo al fondo delle esperienze umane. Suquesto filone sapienziale si innesta il branodel vangelo, dove Gesù insegna a valutare eusare i beni terreni nell’orizzonte della fedein Dio creatore e Signore della vita. La suaistruzione prende lo spunto dall’intervento diuno della folla che gli dice: “Maestro, di’ amio fratello che divida con me l’eredità”.Nella sua risposta, Gesù non si perde nella“casistica”, ma rimane al suo livello altissi-mo di Maestro, che sa scoprire e indicare leragioni ultime che determinano le divisioni ei contrasti fra gli uomini e che si riassumonopraticamente nell’egoismo e nella cupidigia.Egli affida la sua risposta alla parabola delricco insensato: un uomo abile nel coltivodei suoi campi, ha raggiunto un buon raccol-to e sogna per sé un futuro roseo. Ma Dio in-terviene e lo chiama “stolto” e aggiunge:“questa notte stessa ti sarà richiesta la tuavita”. E conclude il brano: “Così è di chi ac-cumula tesori per sé, e non arricchisce da-vanti a Dio”. Gesù non condanna il successoeconomico, ma ciò che a questo successo èstato sacrificato; il ricco della parabola hareso gonfio il suo portafoglio, ma ha reso ari-do il suo cuore.

La parola di Dio che ci viene rivolta oggiè un invito a riflettere sulla scala dei valoriche devono governare la nostra vita. Anchesan Paolo nel brano della seconda lettura si

Prima lettura: Qo 1,2; 2,21-23Salmo responsoriale: dal Sal 94Seconda lettura: Col 3,1-5.9-11Vangelo: Lc 12,13-21

Il Sal 94 inizia ricordando il Dio creatoree salvatore per proseguire poi in forma dioracolo profetico che coinvolge il popolo diIsraele in un serrato esame di coscienza. Sievoca l’infedeltà di Israele nel deserto e siinvita il popolo eletto a non indurire di nuo-vo il cuore ma ad ascoltare la voce del suoDio. La storia di Israele ci è posta dinanzicome severo ammonimento. Quindi anchenoi siamo invitati a non rendere duro e im-permeabile il nostro cuore al messaggio disalvezza, ma ad accogliere la parola del Si-gnore. Oggi il salmo responsoriale diventaun pressante invito ad accogliere con fede eobbedienza il messaggio della Parola procla-mata.

Il breve brano della prima lettura ci offreuna visione profondamente disincantata del-la vita che ci lascia un po’ perplessi. Qoèlet,che di per sé vuol dire “Predicatore”, pseu-donimo sotto cui si cela l’autore di questo li-bro dell’Antico Testamento, descrive unmondo che è vanità: “vanità delle vanità, tut-to è vanità”. Si tratta di un pessimista chevede attorno a se soltanto il vuoto, il nulla,l’assurdità del vivere e dell’affannarsi quoti-diano. Le cose, la vita, il mondo, tutto ciòche l’uomo ha costruito, è destinato a passa-

La parola di Dio celebratap. Matias Augé, cmf

DOMENICA XVIII DEL TEMPO ORDINARIO (C)5 agosto 2007Quello che hai preparato, di chi sarà?

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La parola di Dio celebrataCulmine e Fonte 4-2007

muove nella stessa linea quando invita aguardare in alto, “dove si trova Cristo assisoalla destra di Dio”. Le cose terrene non sonoil nostro orizzonte ultimo. Prendere coscien-za della relatività del presente e delle cose,la loro fondamentale fragilità, la loro inade-guatezza, può avere una grande importanzaai fini di una retta impostazione della vitaorientandola verso i beni definitivi. Non disoldi, ma di ben altre ricchezze ha bisogno ilnostro cuore.

Possiamo concludere queste riflessionidando uno sguardo all’affresco di Raffaello,

chiamato “La scuola di Atene”, in cui sonoraffigurati Aristotele e Platone. Il primo hauna mano protesa sulla terra, ma accanto Pla-tone ha l’indice puntato verso il cielo. In que-sto quadro Raffaello ha saputo esprimere inmodo geniale la duplice tendenza e vocazionedell’uomo, di conquistare la terra e di mirareal di là di essa, di esplorare la natura e diguardare oltre l’orizzonte del sensibile, cheoggi si chiamerebbe lavorare e contemplare,impegnarsi nel quotidiano con lo sguardo fis-so dove sono i valori trascendenti. L’eucari-stia è al tempo stesso presenza e caparra diquesti valori trascendenti e definitivi.

e nostro scudo”. In questo contesto, il ritor-nello del salmo responsoriale ci invita a ripe-tere: “Beato il popolo che appartiene al Si-gnore”. Tema unificante i diversi testi è la fi-ducia attesa in un Dio fedele.

La prima lettura ci propone un brano del-l’ultima sezione del libro della Sapienza, cheè una grandiosa rilettura sapienziale e teologi-ca della storia d’Israele con particolare atten-zione all’evento fondamentale dell’Esodo. Alcentro della fede d’Israele sta sempre il ricor-do di un Dio fedele, che ha portato a termineil proprio impegno salvifico nei confronti delsuo popolo. Il nostro brano parla della “nottedella liberazione” in cui Dio svelò nei con-fronti del popolo eletto tutta la sua terribilepotenza conducendolo dalla schiavitù dell’E-gitto alla libertà della terra promessa.

L’allusione alla notte pasquale dell’Esodoè evidente nel brano evangelico, in particola-

Prima lettura: Sap 18,3.6-9Salmo responsoriale: dal Sal 32Seconda lettura: Eb 11,1-2.8-19Vangelo: Lc 12,32-48

Il Sal 32 canta la gloria di Dio, signoredella creazione e della storia. Il credente del-la Bibbia non considera mai l’universo comesemplice “natura” ma come realtà “creata”, ela storia non la reputa come ineluttabile “de-stino” ma come “progetto” di Dio in cui l’uo-mo è chiamato a collaborare. L’antifona d’in-gresso, riprendendo parole del Sal 73, ci invi-ta a rinvigorire la nostra fede in questo pro-getto di Dio su di noi: “Sii fedele, Signore, al-la tua alleanza…” La prima lettura, tratta dallibro della Sapienza, parla della “notte dellaliberazione”, quando Dio, fedele alla paroladata ai patriarchi, liberò il suo popolo dal-l’oppressione dell’Egitto. Dio è sempre fedelealle sue promesse. Chi si appoggia a lui nondeve temere nulla, perché “egli è nostro aiuto

DOMENICA XIX DEL TEMPO ORDINARIO (C)12 agosto 2007 Beato il popolo che appartiene al Signore

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re in quelle parole di Gesù quando egli affer-ma: “siate pronti, con la cintura ai fianchi ele lucerne accese”, atteggiamento tipico dichi si appresta a mettersi in viaggio come gliEbrei in quella notte, alla vigilia della lorofuga verso la libertà. La condizione di pelle-grini verso la terra promessa degli Ebrei nel-la prima Pasqua è la condizione nostra ditutta intera la vita. Tutta la nostra esistenzaterrena può essere considerata una Pasqua,cioè un rito di passaggio. Diverse generazio-ni cristiane vissero nella convinzione cheCristo sarebbe tornato nel cuore della grandenotte pasquale, immagine della lunga attesadella Chiesa, tema illustrato dalla prima pa-rabola della lettura evangelica. L’amore concui riusciamo a stare svegli nel nostro cam-mino terreno ci orienta alla speranza. Assie-me all’amore e alla speranza si intreccia lafede, di cui parla la seconda lettura: “la fedeè fondamento delle cose che si sperano eprova di quelle che non si vedono”. Modellidi questa fede sono Abramo e Sara.

Alla stregua di Israele, di Abramo e Sara,noi ci consideriamo stranieri e pellegrini suquesta terra, senza una città stabile quaggiù,in cerca di quella futura e definitiva. Vivia-mo nell’attesa fiduciosa del Signore che cicondurrà alla dimora definitiva. Quest’attesadeve dare senso al nostro agire quotidiano.Quando si attende veramente qualcosa diimportante, tutto il resto assume un colorediverso, perde quasi di significato. Per noicristiani “il più” deve ancora venire. Non sipuò vivere il senso cristiano della vita senzaconsiderare che la nostra esistenza è orienta-ta verso il Cristo che tornerà. Ogni giorno èbuono per stare svegli, tenere le lampade ac-cese e accogliere il Figlio dell’uomo cheverrà. Ogni giorno, qualsiasi giorno, se col-mo di attesa, è giorno aperto al Signore e alsuo dono. Nella celebrazione eucaristica ciòè particolarmente vero perché “ogni voltache mangiamo di questo pane e beviamo diquesto calice, annunziamo la tua morte, Si-gnore, nell’attesa della tua venuta”.

Perciò la tradizione patristica ha attribuitoa Cristo la promessa fatta a Davide, che diCristo era figura, di edificare una dimorapermanente al Padre (cf. Sal 131, vv. 3-5).Ma in grazia del Cristo anche Maria divental’ordinaria dimora di Dio perché l’umanitàdi Cristo si è formata nel grembo di lei. Ec-co quindi che l’arca, di cui parla la primalettura e il salmo responsoriale, è anche laVergine Maria, arca dell’alleanza che portal’autore della nuova legge. Prendendo di-mora nel grembo di Maria, Dio realizza unanuova e inaudita forma di abitazione inmezzo alla nuova Gerusalemme, che è la

Prima lettura: 1Cr 15,3-4.15-16; 16,1-2Salmo responsoriale: dal Sal 131Seconda lettura: 1Cor 15,54-57Vangelo: Lc 11,27-28

Nell’Antico Testamento con l’arca, checonteneva le tavole della legge, Dio manife-stava la sua presenza in mezzo ad Israele: loguidava, lo proteggeva, gli faceva conoscerela sua parola e ne ascoltava la preghiera.Secondo il Nuovo Testamento, luogo eccelsodell’abitazione di Dio è ormai l’umanità diCristo: “È in Cristo che abita corporalmentetutta la pienezza della divinità” (Col 2,9).

ASSUNZIONE DELLA B. V. MARIA14 agosto 2007Messa vespertina della vigiliaSorgi, Signore, tu e l’arca della tua gloria

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Chiesa. Alla Madre di Gesù Pio XII, se-guendo la tradizione dei Padri della Chiesa,nella Costituzione Munificentissimus Deus,con cui proclama e definisce il dogma del-l’assunzione di Maria in anima e corpo alcielo, ha applicato il v. 8 del salmo respon-soriale che la liturgia di questa messa ve-spertina ci propone come ritornello: “Sorgi,Signore, tu e l’arca della tua gloria!”. L’arcadell’alleanza trasportata da Davide a Geru-salemme preannuncia il trasferimento diMaria in cielo, la Gerusalemme celeste, pervivere l’alleanza definitiva con Dio (primalettura).

Il breve brano evangelico si ricollega inqualche modo alla prima lettura: mentreGesù parla, una donna alza la sua voce dimezzo alla folla e dice: “Beato il ventre cheti ha portato e il seno da cui hai preso il lat-te!”. Maria è proclamata beata perché hagenerato il Figlio di Dio. A queste parole,Gesù reagisce proclamando ancor più “bea-ti coloro che ascoltano la parola di Dio e laosservano”. Ecco quindi che Gesù raddop-pia la lode e dice Maria beata in unsenso ancora più eccelso. Nel tardogiudaismo, anche precristiano, il “lat-te” era divenuto uno dei simboli appli-cati talvolta alla “parola di Dio” (cf.1Pt 2,2). Si potrebbe quindi interpreta-re la risposta di Gesù alla luce dell’am-bivalenza del termine “latte”. Mentre ladonna anonima della folla accenna allatte “materiale” del seno di Maria, Ge-sù allude al latte “spirituale”, simbolodella parola di Dio. Sant’Agostino,commentando Lc 8,19-21, afferma che“Maria, se fu beata per aver concepitoil corpo di Cristo, lo fu maggiormenteper aver accettato la fede in Cristo”. Inseguito, riferendosi al brano evangelicoodierno, il santo aggiunge: “di nessunvalore sarebbe stata per Maria la stessa

divina maternità, se lei il Cristo non l’aves-se portato nel cuore con una sorte più fortu-nata di quanto lo concepì nella carne” (Desancta virginitate 3, PL 40,398).

Contemplando il mistero compiuto inMaria assunta in cielo, la comunità eccle-siale prega perché anch’essa possa, per in-tercessione della Madre di Gesù, giungerealla gloria del cielo (colletta). È il tema chesviluppa la seconda lettura, in cui san Pao-lo, a conclusione del suo lungo discorsosulla “risurrezione dei morti”, rende graziea Dio per la vittoria piena sulla morte checi è data per mezzo del Signore nostro GesùCristo. La risurrezione di Cristo è forza li-berante per il nostro spirito (in quanto vitto-ria sul peccato), ma anche per il nostro cor-po (in quanto vittoria sulla sua corruttibi-lità), destinato esso stesso alla risurrezionefinale. L’eucaristia a cui partecipiamo èchiamata da sant’Ignazio di Antiochia “far-maco dell’immortalità”. È perciò il pegno diquella condizione gloriosa raggiunta da Ma-ria.

L’Assunzione, affresco, Basilica Inferiore di San Clemente, Roma, sec. XIX

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II: “La Vergine immacolata [...] finito il corsodella sua vita terrena, fu assunta alla gloriadel cielo in corpo e anima ed esaltata dal Si-gnore come regina dell’universo, per esserecosì più pienamente conformata al suo figlio,Signore dei signori (cf. Ap 19,16), vincitoredel peccato e della morte” (LG, n.59).

Possiamo riassumere il contenuto delle treletture bibliche con tre immagini di Maria inesse presenti: la donna vestita di sole (primalettura); la nuova Eva (seconda lettura); la be-nedetta fra le donne (vangelo). Queste tre im-magini esprimono sia il ruolo attivo che Mariaha avuto nel mistero della nostra salvezza chela pienezza di redenzione in lei operata comeprimo frutto della redenzione stessa. Marianuova Eva è protagonista, insieme con Cristonuovo Adamo, della nostra salvezza. Così co-me Adamo ed Eva sono personaggi emblema-tici per esprimere l’umanità caduta nel pecca-to, così Gesù e sua madre diventano perso-naggi altrettanto emblematici per esprimerel’umanità rinnovata, che sarà tale proprio nel-la misura in cui porterà avanti la inimiciziacontro Satana. La Chiesa canta oggi nella sualiturgia: “Una donna ha chiuso la porta delcielo, una donna l’apre per noi: Maria, madredel Signore” (Primi Vespri, 2a ant.).

Elisabetta, piena di Spirito Santo, procla-ma Maria “benedetta fra le donne”. Maria è inanticipo sullo spirito delle “beatitudini”, cheGesù proclamerà all’inizio della sua vita pub-blica, perciò è per lei la prima beatitudine delNuovo Testamento: “Beata colei che ha credu-to nell’adempimento delle parole del Signo-re”. Beata anzitutto per la sua fede nella paro-

Prima lettura: Ap 11,19a; 12,1-6a.10abSalmo responsoriale: dal Sal 44Seconda lettura: 1Cor 15,20-27aVangelo: Lc 1,39-56

Il Sal 44 è un poema che celebra le nozzedi un re di Israele con una principessa stra-niera. La tradizione giudaica ha riletto que-sto canto della gioia, della bellezza e dell’a-more in chiave messianica con riferimenti alMessia e alla sua sposa, cioè all’assembleadel popolo di Dio. La liturgia cristiana appli-ca il salmo anche a Maria. Dice il Vaticano

ASSUNZIONE DELLA B. V. MARIA15 agosto 2007Messa del giornoRisplende la Regina, Signore, alla tua destra

L’Assunzione, Chiesa Nuova, Roma, Giovanni Domenico Cerrini, sec. XVII

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la del Signore, perché Maria ha ascoltato eubbidito al volere di Dio dichiarandosi asso-lutamente libera da ogni impegno umano perservire solo il progetto del Signore. Maria hacollaborato in modo eccezionale al disegno diDio. Perciò la benedizione di Dio si concretiz-za in lei nel dono della maternità divina. “Be-nedetta, Vergine Maria! Tu ci hai dato il fruttodella vita” (Secondi Vespri, 3a ant.).

La “donna vestita di sole” e coronata didodici stelle (le dodici tribù di Israele), dicui parla l’Apocalisse, è il popolo di Dio an-tico e nuovo, sempre osteggiato dalla terribi-le forza del male (il “drago”). Il bimbo chenasce dalla donna è il Messia. Questo bim-bo, è vittorioso sul drago, cioè sul male; evincitore del peccato e della morte, “siedealla destra del Padre”. Con lui anche Maria

è avvolta dallo stesso splendore di gloria.Maria è quindi “primizia e immagine dellaChiesa”, in cui Dio rivela il compimento delmistero della salvezza (prefazio). Il misterodella Chiesa e quello di Maria si richiamanoreciprocamente per la comune missione, eciò che è avvenuto per Maria assunta in cielosi compirà un giorno per la Chiesa intera.Nella storia di Maria possiamo leggere la no-stra storia. Maria è la prima persona umanain cui la redenzione si è compiuta in pienez-za, è il primo frutto della redenzione. La glo-rificazione di Maria assunta in cielo è unevento in cui ammiriamo realizzato ciò cheattendiamo si avveri un giorno in noi. Infatti,in Maria contempliamo e pregustiamo quellagloria futura alla quale siamo chiamati e de-stinati, se con Lei sapremo seguire le ormedi suo Figlio Gesù.

lezza, senza ambiguità, pronti ad affrontare, senecessario per essere fedeli alla scelta, contra-sti e anche lacerazioni. Nella prima lettura, civiene proposta la figura del profeta Geremia,uomo pacifico per eccellenza, amante dellaconcordia, nemico giurato di ogni guerra e diogni contrasto. Eppure, la parola di questoprofeta è scomoda, bruciante. Come quella diGesù, colpisce gli inerti, i soddisfatti, gli illusi,li scuote dai loro sogni e dai loro miti. Geremiaproclama il giudizio di Dio; comprende l’inuti-lità della resistenza all’esercito di Nabucodo-nosor che assedia Gerusalemme e invita a por-re fine a quella inutile strage. Ma proprio perquesto viene preso per traditore, accusato dinon fare gli interessi del popolo e quindi con-dannato a morire in una cisterna fangosa. Ilprofeta resta fedele alla sua missione e conti-

Prima lettura: Ger 38,4-6.8-10Salmo responsoriale: dal Sal 39Seconda lettura: Eb 12,1-4Vangelo: Lc 12,49-57

Ogni brano della Scrittura forma parte diun grande mosaico che narra la storia dellanostra salvezza, una storia che, per capirne ilsenso, deve essere interpretata nella sua glo-balità. Le parole difficili di Gesù riportate dalvangelo d’oggi vanno perciò interpretate in uncontesto più ampio. Quando Gesù dice: “pen-sate che io sia venuto a portare la pace sullaterra? No, vi dico, ma la divisione”, queste se-vere parole, lette nel contesto del messaggioevangelico nella sua globalità, ci ricordanoche la scelta di Dio e del suo progetto è unaopzione che va fatta con coraggio e consapevo-

DOMENICA XX DEL TEMPO ORDINARIO (C)19 agosto 2007 Sono venuto a portare il fuoco e la divisione

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nua a fidarsi di Dio. L’intervento di un corti-giano lo salverà dalla morte.

Incubo e gioia pervadono il Sal 39 che siapre in tono di Magnificat e finisce come unDe profundis. Il salmo responsoriale prende iltesto soprattutto dalla prima parte (vv. 2-4), e sichiude con l’ultimo versetto del salmo (v.18). Ilsalmista ha fatto una lieta esperienza: in unmomento particolarmente doloroso della sua vi-ta ha sperato nel Signore e il Signore si è chi-nato su di lui e lo ha tratto dalla fossa dellamorte e dal fango della palude in cui giaceva eha dato sicurezza e stabilità alla sua esistenza.Egli può ora cantare un cantico nuovo, di lodee di ringraziamento a Dio. La tradizione ha ap-plicato questo salmo a Cristo, nel mistero dellasua Pasqua di morte e risurrezione: il Padre siè chinato verso il Figlio suo che ha sperato inlui e lo “ha tratto dalla fossa della morte” e“dal fango della palude” dei nostri peccati, hastabilito i suoi piedi sulla roccia della vita in-corruttibile ed eterna e ha messo sulla sua boc-ca un canto nuovo, perché noi credessimo econfidassimo in lui. La liturgia odierna applicail salmo anche a Geremia, figura profetica diCristo, delle sue sofferenze, della sua forza di“segno di contraddizione”.

Vivere e proclamare la propria fede nonè sempre appagante dal punto di vistaumano. La fedeltà a Dio non porta di per sésuccesso e gloria umana. La vicenda dolo-rosa del profeta Geremia non è soltanto fi-gura della vita di Cristo, ma anche della vi-ta di quanti scelgono di seguire Cristo e ilsuo vangelo. Il brano della lettera agli Ebreidella seconda lettura lo ricorda a una comu-nità rassegnata e avvilita: “Pensate attenta-mente a colui che ha sopportato contro di séuna così grande ostilità da parte dei pecca-tori, perché non vi stanchiate perdendovid’animo”. La fedeltà alla parola di Dio com-porta una lotta con se stessi e con le strut-ture ingiuste e peccatrici che ci assediano.Occorre quindi costanza, fedeltà, coraggio,vigilanza e decisione per non essere inbalìa di quella malattia, tipica del nostrotempo, che si chiama superficialità o bana-lità o inconsistenza. La pace cristiana non èsenza tensioni e lacerazioni, non va confusacol quieto vivere o con la tranquillità deldisimpegno. Essa è una precisa e coerentescelta di valori senza compromessi e senzaambiguità con lo sguardo sempre fisso,però, in “Dio, nostra difesa” (antifona d’in-gresso: Sal 83,10).

st’alleanza da una prospettiva universalisti-ca raccogliendo idealmente in una sola vo-ce tutti i popoli della terra nella lode dell’u-nico Dio creatore e redentore, il cui amoregrande e fedele per l’uomo non conosceconfini né di spazio né di tempo. Il salmoforma parte del cosiddetto Hallel (= “cantodi lode”) o gruppo di salmi (Sal 113-118)che si cantavano nella Pasqua ebraica, qua-

Prima lettura: Is 66,18-21Salmo responsoriale: Sal 116Seconda lettura: Eb 12,5-7.11-13Vangelo: Lc 13,22-30

Il Sal 116, il più breve del Salterio, è uninvito a lodare Dio, il Signore, che ha stabi-lito la sua alleanza col popolo d’Israele.L’autore del poema contempla però que-

DOMENICA XXI DEL TEMPO ORDINARIO (C)26 agosto 2007 Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra

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si come annuncio delle future prospettiveuniversalistiche alle quali essa si sarebbedischiusa. A noi questo salmo ricorda il ca-rattere missionario della Chiesa e ci invitaa cooperare affinché uomini di ogni razza enazione lodino il Signore.

Le letture bibliche di questa domenicaci invitano a dare uno sguardo al progetto diDio sulla storia e sull’uomo, un progetto disalvezza che abbraccia gli uomini di tutti itempi. Infatti il piano salvifico di Dio si ri-volge a tutti gli uomini senza distinzioni, atutte le nazioni della terra. Ben sei secoliprima di Cristo, la voce del profeta, che ab-biamo ascoltato nella prima lettura, reagen-do ai primi sintomi di integralismo presentinella comunità ebraica ricostituitasi dopol’esilio babilonese, proclama che Dio radu-nerà “tutti i popoli e tutte le lingue”. Le pa-role di Gesù che abbiamo ascoltato alla finedel brano evangelico stanno sulla stessa li-nea d’onda: “Verranno da oriente e da occi-dente, da settentrione e da mezzogiorno esiederanno a mensa nel regno di Dio”. Lanovità del messaggio evangelico sta nelladilatazione dell’orizzonte, non più etnocen-trico, e nella chiamata gratuita dei popoliper prendere parte al destino di salvezzapromesso a Israele. Per mezzo di Gesù Cri-sto, Dio offre la salvezza a tutti, singoli epopoli. L’unica condizione richiesta è la suaaccoglienza umile e perseverante, accompa-gnata da uno stile di vita coerente. Notiamoche le parole di Gesù sono parte della ri-sposta che egli dà alla domanda che gli èstata rivolta da un anonimo interlocutore suquanti sono coloro che si salvano. Gesù non

dice né se saranno pochi, né se sarannomolti “quelli che si salvano”: lancia solo unappello all’impegno personale.

Il futuro di salvezza universale si co-struisce attraverso un cammino che non èesente da difficoltà. Anzi, è proprio attra-verso la lotta e la sofferenza che il piano diDio si compie nella storia. Dietro questesofferenze però non ci sta un Dio ostile, ne-mico dell’uomo, ma un padre che, “correggecolui che egli ama” (seconda lettura). Inquesto contesto, possiamo interpretare an-che le parole di Gesù quando ci invita asforzarci “di entrare per la porta stretta”. Laporta stretta è la fatica della fede: la salvez-za è a portata di tutti, ma richiede impegnoe sforzo personale. La piena appartenenzaalla comunità dei salvati si sancisce nonsulla base di una iscrizione formale ma sul-la base di un’adesione etica ed esistenziale.Non basta neppure partecipare regolarmen-te all’eucaristia, bisogna anche lasciarsicoinvolgere dal senso del mistero celebratoed entrare in vera comunione di vita con ilSignore. Nonostante la salvezza sia dono diDio, essere salvati dipende da noi. Siamonoi che dobbiamo decidere se passare o noattraverso la porta. Nessuno è salvato apriori, indipendentemente dalla grazia diDio e dal proprio sforzo personale.

Nell’orazione dopo la comunione chie-diamo al Signore che porti a compimento“l’opera redentrice della sua misericordia”.L’eucaristia ripresenta sacramentalmente ilsacrificio di Cristo offerto una volta persempre per la salvezza di tutto il mondo.

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so. Essa esprime una verità che si riferisceal Regno di Dio. Mi farà ottenere un postonel Regno di Dio non la mia giustizia ma lagrazia di Dio che mi dice: “Amico, passa piùavanti”. Il modello supremo d’umiltà è Cri-sto. La seconda lettura ricorda che ci acco-stiamo a Dio attraverso il Cristo, il Mediatoredella Nuova Alleanza, di colui che si presen-ta a noi come “mite e umile di cuore” (Mt11,29). San Paolo nella lettera ai Filippesi ciinvita ad avere gli stessi sentimenti che furo-no in Cristo, “il quale, pur essendo di naturadivina […] umiliò se stesso facendosi obbe-diente fino alla morte e alla morte di Croce.Per questo Dio l’ha esaltato – aggiunge l’A-postolo – e gli ha dato il nome che è al di so-pra di ogni altro nome” (Fil 2,6.8-9).

L’umiltà non consiste nel negare la verità,ma piuttosto nel riferire ogni dono a Dio, ilvero autore, principio e fine di tutto. Mancadi umiltà chi non riesce a vedere il positivoche Dio gli ha messo nel cuore. L’umiltà èquindi una virtù che riconosce il primato diDio rispetto alle proprie possibilità e alle ri-sorse umane in genere. Dio non può trovareposto nel cuore di colui che pone se stesso alcentro di tutto. Soltanto chi è umile è capacedi aprirsi a Dio e alla sua grazia. Diversa-mente ogni uomo rischia di diventare idolatradi se stesso e dei propri vizi. L’umiltà, poi,non è masochismo o complesso di inferioritàma è la giusta conoscenza di sé per occupareesattamente il proprio posto nel mosaico del-la storia offrendo il proprio contributo allosviluppo della società e dell’uomo.

Il Regno dei cieli, che è già in noi e sirealizza nella nostra vita dal battesimo all’in-

Prima lettura: Sir 3,17-18.20.28-29Salmo responsoriale: dal Sal 67Seconda lettura: Eb 12,18-19.22-24aVangelo: Lc 14,1.7-14

Il salmo responsoriale riprende alcuniversetti della prima parte del Sal 67, chequalcuno ha descritto come un “monumenta-le Te Deum al Signore della storia e del co-smo”. Siamo invitati ad inneggiare al nomesanto di Dio, padre degli orfani, difensoredelle vedove, aiuto dei derelitti e liberatoredei prigionieri. In questo modo si è rivelatoDio al suo popolo quando lo ha liberato dallaschiavitù dell’Egitto e gli ha fatto dono diuna nuova patria. Noi sappiamo che questastoria trova perfetto compimento nella perso-na e nella vita di Cristo e si rinnova nellastoria della Chiesa e di ognuno di noi.

L’orgoglio, l’autosufficienza, l’arroganza,la ricerca del potere sono moneta che circolaregolarmente nella nostra società. La paroladi Dio ci propone altri valori, altri metodi:contro l’orgoglio, l’autosufficienza, la vogliadi potere, ci viene prospettata l’umiltà e lospirito di servizio. Il breve brano sapienzialedella prima lettura parla dell’umiltà nell’am-bito di un contesto dedicato alle relazioni so-ciali. Però per il Siracide l’atteggiamentoumile non è solo una virtù umana, è ancheuna dote autenticamente religiosa. Infatti chiè umile non solo trova il favore degli uomini,ma è anche “gradito a Dio”. Nel brano evan-gelico Gesù parla dell’umiltà nel contesto diuna breve parabola sui posti a tavola. La re-gola conviviale data da Gesù (“quando seiinvitato, va’ a metterti all’ultimo posto…”) èqualcosa di più che una norma di buon sen-

DOMENICA XXII DEL TEMPO ORDINARIO (C)2 settembre 2007 Sei tu, Signore, il Padre degli umili

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gresso definitivo nella casa del Padre, è pre-sentato da Gesù come un banchetto e la sto-ria della nostra partecipazione a esso è pos-sibile solo perché vi siamo invitati in mezzoa tanti altri; non possiamo pensarci gli unici,non possiamo tentare di farla da padroni.

L’eucaristia domenicale, fonte e culmine del-la vita cristiana, è un momento forte di que-sto invito, che dobbiamo saper accoglierecon umiltà e con spirito di fraternità, apertisempre all’accoglienza e al servizio degli al-tri invitati.

propria croce e non viene dietro di me, nonpuò essere mio discepolo”. Queste parole sitrovano nel contesto di una serie di afferma-zioni del Signore che intendono illustrare ilcarattere radicale che comporta la scelta dicolui che intende diventare discepolo di Ge-sù. Diventare discepolo di Gesù, essere cri-stiano significa fare una precisa scelta dicampo. Gesù vuol essere scelto come valoreassoluto e determinante della vita del disce-polo. La serietà della sequela di Gesù com-porta un investimento di tutto il proprio es-sere a livello esistenziale; è quindi una scel-ta che la si può portare a termine solo se si èdisposti a una totale donazione di sé, un to-tale amore per il Cristo; è una scelta che ri-chiede una totale libertà interiore.

Il messaggio evangelico sconvolge i no-stri abituali schemi mentali. Come è statoper Filemone, un ricco signore, divenuto cri-stiano per opera di Paolo che lo chiama suodiletto e suo collaboratore (cf. seconda lettu-ra). L’apostolo si rivolge a questo suo disce-polo e gli chiede che accolga Onesimo,schiavo che era fuggito da Filemone ruban-dogli del denaro, e lo riceva “non più peròcome schiavo” ma “come un fratello carissi-mo”. Ciò che Paolo chiede a Filemone è ungrosso strappo con la mentalità e il dirittodel tempo. E tutto questo in fedeltà ai valori

Prima lettura: Sap 9,13-18Salmo responsoriale: dal Sal 89Seconda lettura: Fm 9b-10.12-17Vangelo: Lc 14,25-33

Il Sal 89 è una dolce e intensa elegia sul-la caducità umana. Siamo come “l’erba chegermoglia al mattino” e “alla sera è falciata edissecca”. Limiti però che non ci devonocondurre alla disperazione. Con il salmista,chiediamo al Signore che ci insegni a conta-re i nostri giorni per ottenere la “sapienzadel cuore” (tema ricorrente nelle letture bi-bliche di questa domenica). Per noi cristianiquesta sapienza è quell’intelligenza delle co-se che proviene dallo Spirito effuso nei no-stri cuori. Pur nella nostra precarietà, con lafiducia e l’adesione a Dio trascendente edeterno ci sentiamo partecipi di una soliditàindistruttibile e le nostre opere acquistanouna nuova stabilità. Una sottile speranza dieternità chiude il salmo: “esulteremo e gioi-remo per tutti nostri giorni”.

Se vogliamo trovare un concetto che rias-suma il messaggio delle letture biblicheodierne, possiamo dire che la parola di Dioci propone una precisa scala di valori con laquale misurare e verificare la realtà ed esse-re quindi in grado di fare delle scelte sapien-ti. Dice Gesù nel vangelo: “Chi non porta la

DOMENICA XXIII DEL TEMPO ORDINARIO (C)9 settembre 2007 Donaci, o Dio, la sapienza del cuore

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del vangelo. Prima e fondamentale conse-guenza della sequela è la scoperta che nelCristo siamo e diventiamo tutti fratelli. Paolonon affronta direttamente il problema dellaschiavitù; pone però principi e gesti concretiche sono in grado di contestare ed eliminareogni ingiustizia e quindi la stessa schiavitù.

Ma come è possibile conformare la nostravita alla logica del vangelo, alla scala di va-lori proposta da Gesù? La prima lettura è unbrano di una meditazione di Salomone sul-l’incapacità dell’uomo a capire la volontà diDio. Nella ricerca di Dio la nostra mente siperde negli spazi infiniti di un mistero chel’intelligenza umana non riesce a contenere.

I pensieri di Dio non coincidono con quellidegli uomini: tra loro c’è una differenza abis-sale. È quello che si percepisce quando siintende cogliere il messaggio radicale delvangelo e la scala di valori in esso racchiusa.Come l’autore del brano della Sapienza, an-che noi dobbiamo porci umilmente di frontea questo mistero per poter accogliere l’unicaparola che illumina e che salva. Perciò chie-diamo nel salmo responsoriale: “Donaci, oDio, la sapienza del cuore”. È Dio stesso checi guida con la sua Sapienza, e cioè con loSpirito di Cristo che ci è stato dato. Cristo,Sapienza del Padre, si comunica a noi so-prattutto “alla mensa della parola e del panedi vita” (orazione dopo la comunione).

Le feste della santa Croce (prima del1960 erano due: Invenzione della santaCroce [3 maggio] e Esaltazione della santaCroce [14 settembre]) nella loro origine ri-salgono alla dedicazione delle due basili-che fatte costruire da Costantino a Geru-salemme, una sul luogo del Calvario el’altra su quella del sepolcro di Cristo.L’attuale festa del 14 settembre celebra laCroce come mistero di salvezza, come be-ne esprime il prefazio della messa: “Nel-l’albero della Croce tu hai stabilito la sal-vezza del mondo, perché donde sorgeva lamorte di là risorgesse la vita, e chi dall’al-bero traeva vittoria, dall’albero venissesconfitto”. Le lettura bibliche si muovonosu questa linea.

La prima lettura ricorda l’infedeltà d’I-sraele nel deserto e la conseguente punizione

Prima lettura: Nm 21,4b-9 (oppure: Fil2,6-11)

Salmo responsoriale: dal Sal 77Seconda lettura: Vangelo: Gv 3,13-17

Il Sal 77 è uno dei più grandiosi del Salte-rio. Dagli avvenimenti della storia d’Israele e,in particolare, dal ricordo della misericordia diDio e delle infedeltà del popolo, il salmo cercadi trarre insegnamenti per il presente. AlcuniPadri hanno attribuito le espressioni del Sal77 alla storia della passione di Cristo. La litur-gia del Venerdì Santo traduce il lamento delsalmo nei “rimproveri” rivolti da Cristo al suopopolo infedele. I versetti ripresi dall’odiernosalmo responsoriale possono essere considera-ti un insegnamento che Cristo rivolge alla suaChiesa, affinché riponga la sua fiducia in Dio,non dimentichi ciò che egli ha compiuto perlei e sia fedele alla sua alleanza.

ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE14 settembre 2007Sei tu, Signore, la nostra salvezza

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di Dio che manda i serpenti velenosi i qualicausano la morte di gran numero d’Israeliti.Dopo il pentimento del popolo, Dio ordina aMosè di fare un serpente di rame e metterlosopra un’asta: “chiunque, dopo essere statomorso, lo guarderà, resterà in vita”. Questoevento è stato interpretato dal libro della Sa-pienza come “segno” o “pegno” di salvezzaofferto da Dio ad Israele (16,6-7); e più avan-ti lo stesso libro precisa: “non li guarì néun’erba né un emolliente, ma la tua parola, oSignore, la quale tutto risana” (16,12).

La lettura evangelica riporta un brano delcolloquio di Gesù con Nicodemo, in cui an-che Gesù fa riferimento all’episodio del ser-pente nel deserto: “Come Mosè innalzò ilserpente nel deserto, così bisogna che sia in-nalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunquecrede in lui abbia la vita eterna”. Per esseresalvati, bisognerà “guardare” il Cristo, ilVerbo di Dio “disceso” dal cielo e poi “in-nalzato” sulla Croce, bisognerà cioè credereche Egli è “l’unigenito Figlio di Dio” (Gv3,18). La parola “innalzato” significa, in

Giovanni, tanto l’inalberamen-to di Cristo sul tronco dellaCroce, quanto la sua esaltazio-ne gloriosa (cf. Gv 8,28; 12,32-34). La Croce è esaltazionedell’amore di Dio per noi: “Dioha tanto amato il mondo da da-re il suo Figlio unigenito…”.Perciò la colletta della messapuò affermare che “con la Cro-ce di Cristo […] abbiamo co-nosciuto in terra il suo misterodi amore”.

Anche il grandioso innopaolino della prima lettura al-ternativa interpreta il misterodi Cristo attraverso lo schema:discesa, spogliazione o abbas-samento (incarnazione) ed ele-vazione o esaltazione (morte erisurrezione). La croce è l’abis-so dell’abbassamento, ma an-che l’apice dell’esaltazionenella gloria pasquale. Dinanzia questo mistero, ogni linguadeve proclamare che “GesùCristo è il Signore”. La Croce èl’albero della vita e noi nell’eu-caristia ne cogliamo i frutti (cf.le orazioni sulle offerte e quel-la dopo la comunione).

La Crocifissione, Mosaico dell’abside, Basilica di San Clemente, Roma, sec. XII

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spesso e giustamente chiamata “del padreprodigo di misericordia”. In questa toccanteparabola, esclusiva di san Luca, ci vieneraccontato con quanta tenerezza un padreaspetta il figlio che se n’è andato attirato daun sogno di falsa libertà e di ingannevole fe-licità. Dopo un po’ di tempo, il figlio fuggito,ridotto alla fame e alla miseria, si è pentitodi quello che ha fatto. Anche se il suo penti-mento sembra abbia come movente principa-le la perdita della sicurezza economica, alsuo ritorno alla casa paterna, viene accoltosenza rimproveri, anzi con grande gioia dalpadre che lo attendeva con trepidazione. Ge-sù rivela in questa parabola il vero volto diDio: padre misericordioso che vuole solo ilnostro bene, che è sempre pronto a perdona-re.

Il tema della misericordia di Dio è anchequello della prima lettura, un brano trattodal celebre racconto del “vitello d’oro”, vi-cenda paradigmatica del peccato d’Israelecontro il suo Dio. Gli Israeliti, stanchi di unDio misterioso, che non si vede, si costrui-scono una divinità visibile e comoda, un vi-tello di metallo fuso, poi gli si prostrano di-nanzi e gli offrono sacrifici. Il racconto con-clude affermando che, nonostante le infe-deltà d’Israele, Dio ascolta la preghiera d’in-tercessione di Mosè e rimane fedele alle suepromesse abbandonando “il proposito dinuocere al suo popolo”. Parlando con il no-stro linguaggio, possiamo ben dire che in Diola misericordia e l’amore appaiono infinita-mente superiori alla giustizia.

La seconda lettura è una esaltazionecommossa della misericordia di Dio fatta da

Prima lettura: Es 32,7-11.13-14Salmo responsoriale: dal Sal 50Seconda lettura: 1Tm 1,12-17Vangelo: Lc 15,1-32

Il Sal 50, il Miserere, è uno dei salmi piùnoti del salterio. La tradizione giudaica haattribuito questa supplica di perdono a Davi-de adultero con Betsabea e assassino diUria, il marito della donna (cf. 2Sam 10-12).Probabilmente si tratta però di una composi-zione posteriore al re Davide. È un salmo permetà improntato all’esperienza amara delpeccato, e per l’altra metà contrassegnatodalla speranza certa e gioiosa del perdono. Sipotrebbe dire che più che un canto peniten-ziale, il Miserere è un poema che celebra ilritorno alla vita e alla comunione con Dionello spirito della parabola del figlio prodi-go, letta nel vangelo d’oggi. Nei versetti ri-presi dal salmo responsoriale odierno preva-le quest’ultima dimensione, che è poi quellache meglio esprime anche il messaggio dellealtre due letture bibliche della presente do-menica nonché della colletta della messa incui chiediamo a Dio di poter “sperimentarela potenza della sua misericordia”.

Il cap. 15 del vangelo di Luca, che leg-giamo oggi, raccoglie tre bellissime paraboleraccontate da Gesù per annunciare a tutti lamisericordia di Dio: la pecora perduta, ledieci dramme smarrite e il figlio prodigo. IlSignore con queste parabole intendeva ri-spondere alle mormorazioni dei farisei chenon vedevano di buon occhio il fatto che egliricevesse i peccatori e mangiasse con loro.Di queste parabole la più toccante è senzadubbio la parabola “del figlio prodigo”, oggi

DOMENICA XXIV DEL TEMPO ORDINARIO (C)16 settembre 2007 Donaci, o Padre, la gioia del perdono

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san Paolo che, già anziano e incarcerato aRoma, rilegge all’indietro la propria vita, or-mai tutta posta al servizio del vangelo: “Ren-do grazie a colui che mi ha dato la forza, Cri-sto Gesù Signore nostro, perché mi ha giudi-cato degno di fiducia […] Io che per l’innan-zi ero stato un bestemmiatore, un persecuto-re e un violento. Ma mi è stata usata miseri-cordia”. Pure noi siamo stati oggetto dellamisericordia di Dio, anzi fatti partecipi dellasua stessa vita, in modo particolare nell’eu-caristia. Infatti il perdono di Dio non è solosuperamento del peccato e dell’esclusione,ma è anche e soprattutto ritorno alla comu-nione con lui e con i fratelli, il frutto specifi-co dell’eucaristia.

Per bocca del profeta Amos (prima lettu-ra), il Signore giura che non dimenticheràmai le opere inique di coloro che erano a talpunto avidi e disonesti da attendere con an-sia la fine dei giorni di festa per riprendere iloro perversi affari a danno dei clienti piùpoveri. Le parole del profeta sembrano direesattamente il contrario di quanto si deducedalla parabola dell’amministratore astuto ri-portata dal vangelo d’oggi. Infatti le paroleconclusive della parabola (“Il padrone lodòquell’amministratore disonesto, perché avevaagito con scaltrezza”) suscitano perplessità.Gesù propone come modello il comporta-mento di un amministratore disonesto, ilquale davanti alla minaccia di perdere il po-sto non esita a falsificare i bilanci praticandosconti ai debitori del suo padrone in modo diassicurarsi poi da essi una qualche protezio-ne. Notiamo però bene, Gesù non loda la di-

Prima lettura: Am 8,4-7Salmo responsoriale: dal Sal 112Seconda lettura: 1Tm 2,1-8Vangelo: Lc 16,1-13

Il Sal 112 è stato chiamato il Magnificatdell’Antico Testamento. Infatti il suo conte-nuto ha diversi punti di contatto con l’inno diMaria. Questo inno che Israele cantava neigiorni di Pasqua, è un invito a lodare il Si-gnore, il quale è presente lungo la storia del-la salvezza sempre pronto a sollevare l’indi-gente dalla polvere e il povero dall’immondi-zia. Povero era Israele quando Dio lo venne atrovare nell’Egitto per salvarlo e innalzarlo aldi sopra di tutti i popoli. Questo salmo è ilcanto degli ultimi che agli occhi di Dio sonoi primi. Oggi siamo invitati a riflettere sui ri-schi che comporta per la nostra salvezza l’at-taccamento ai beni materiali.

DOMENICA XXV DEL TEMPO ORDINARIO (C)23 settembre 2007 Lo sguardo del Signore è sopra il povero

Il ritorno del figliuol prodigo, Guercino

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La parola di Dio celebrataCulmine e Fonte 4-2007

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sonestà di questo amministratore, ma la suaprontezza e scaltrezza nel prepararsi un futu-ro sicuro. E invita tutti gli onesti a fare al-trettanto: “I figli di questo mondo verso i loropari sono più scaltri dei figli della luce”. Siail profeta Amos che Gesù ci esortano a vive-re il presente guardando al futuro, a nonmalversare il tempo che ci viene dato perconquistare i beni eterni.

La nostra esistenza rischia di trascorrerecome quella di bambini distratti mentre iltempo della vita scorre in fretta. Gesù biasimagli uomini indifferenti, flaccidi, amorfi, super-ficiali che troppo spesso costella il panoramadella società del nostro tempo. Le parole diGesù sono quindi un invito ad amministrarecon saggezza e prudenza i talenti ricevuti,mettendo i beni sia materiali che spirituali alservizio del progetto che Dio ha sulla storia esull’uomo. Gesù vuole scuotere la nostra iner-zia orientando la vita di noi tutti verso i benidefinitivi, verso il traguardo della salvezza. Eper portare a buon termine questo compito, civiene ricordato che non possiamo “servire aDio e a mammona”. Qui il vangelo chiama la

ricchezza con un termine di origine fenicia“mammona”, quasi per indicare la personifi-cazione idolatrica dei beni di questo mondoche ci potrebbero offuscare il cammino checonduce ai veri beni, quelli che arricchisconopresso Dio. Solo chi ha il cuore libero dallaricchezza di questo mondo, può essere degnodella ricchezza del Regno.

La preghiera, di cui parla la seconda let-tura, è capace di incidere sui fatti della vitaoperando, alla luce della fede, un diversoapproccio alle cose, una visione del mondoche ci aiuti a valutare le realtà della terra al-la luce dei valori supremi e definitivi versocui la nostra vita è protesa. Fedeli alla leggedell’incarnazione, preghiamo nella vita e conla vita, non fuggendo dal mondo degli uomi-ni. Fedeli alla legge della risurrezione, indi-rizziamo la nostra preghiera verso la pienarealizzazione del Regno. La celebrazionedell’eucaristia è una preghiera di lode e diringraziamento per il dono supremo dellasalvezza in Cristo, che viene ripresentato quiper noi, affinché “la redenzione operata daquesti misteri trasformi tutta la nostra vita”(orazione dopo la comunione).

dierna liturgia riprende la seconda partedel nostro salmo, in cui si fa una descri-zione particolareggiata della misericordiadi Dio verso i bisognosi e i derelitti. Inquesto modo, il salmo diventa un inno allaProvvidenza divina. Il testo salmico con-clude con un atto di fede: “Il Signore re-gna per sempre…”. Il regno di Dio coinci-de con il suo intervento efficace per ren-dere giustizia, liberare e salvare quelliche hanno bisogno.

Prima lettura: Am 6,1a.4-7Salmo responsoriale: dal Sal 145Seconda lettura: 1Tm 6,11-16Vangelo: Lc 16,19-31

Il Sal 145 è un inno di gioia e di lodein onore del Dio fedele e liberatore. Il sal-mo, ponendo l’impotenza e l’inconsistenzaumana di fronte all’onnipotenza di Dio,assume il tono di una esortazione a collo-care la propria fiducia nel Signore. L’o-

DOMENICA XXVI DEL TEMPO ORDINARIO (C)30 settembre 2007 Beati i poveri in spirito

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La parola di Dio celebrataCulmine e Fonte 4-2007

La parola di Dio ripropone il tema delladomenica scorsa sull’uso dei beni terreni.Gesù ci invitava a dare a essi un valore rela-tivo guardando ai beni definitivi e ci premu-niva sull’abbaglio di cui possiamo essere vit-time in questa materia quando ci ricordavache non è possibile “servire a Dio e a mam-mona”. In questa domenica c’è un elementoin più, l’invito a condividere i nostri benicon gli altri. Il profeta Amos (prima lettura)pronuncia parole dure contro i grassi borghe-si di Samaria che si godono la vita incurantidella povertà e miseria degli altri. Controquesti gaudenti il profeta prende una chiaraposizione di condanna, annunciando la finedelle feste spensierate nonché il sopraggiun-gere della deportazione e dell’esilio. Non sitratta di una condanna della ricchezza in sestessa, ma di un severo giudizio di coloroche si servono di essa per farne strumento dicorruzione e di oppressione. In questo caso,la ricchezza diventa sorgente del potere chesfrutta e opprime.

Sullo sfondo della dura denuncia delprofeta Amos si colloca la nota parabola delricco epulone e del povero Lazzaro, narratadal vangelo d’oggi. Vi troviamo descrittedue figure contrapposte. L’uomo riccosdraiato sui divani che banchetta lauta-mente. Il povero che giace alla sua porta,bramoso di sfamarsi di quello che cade dal-la mensa del ricco. I cani si sono accortidella presenza del povero e vanno a leccar-gli le piaghe. L’epulone, invece, fa come senon esistesse. Il ricco non ha nome. Nellacultura ebraica, il nome esprime la realtàprofonda delle persone, riassume la loro

storia; egli non ha nome perché non ha sto-ria. Il povero ha un nome quanto mai signi-ficativo: “Dio aiuta”. I due personaggi delracconto muoiono e la loro sorte si capovol-ge: l’epulone si trova nell’inferno tra i tor-menti, e Lazzaro invece viene trasferito nelbanchetto celeste presieduto da Abramo. Lamorte non fa altro che sancire in modo defi-nitivo e irreversibile il destino finale degliesseri umani, quel destino che ognuno dinoi costruisce nella sua vita terrena. La lo-gica di Dio non è quella del potere e delsuccesso, ma quella della misericordia, del-la giustizia, dell’amore. Chi lotta per la giu-stizia non compie solo un’opera filantropicama un vero e proprio atto religioso. Il casti-go che il ricco epulone si merita è dovutoproprio al fatto che il suo comportamentocontrasta radicalmente con la carità che èDio. Anche san Paolo nella seconda lettura(1Tm 6,11-16) ammonisce il suo discepoloTimoteo: “tendi alla giustizia […], alla ca-rità”.

Il ricco epulone e Lazzaro sono il simbolodi due ordini di persone: i gaudenti materia-listi ed egoisti che limitano il loro orizzontealla sfera presente, e quelli invece che, nellaloro povertà, conducono una vita orientataverso il vero destino dell’uomo. La collettadella messa ci invita a essere come questiultimi quando ci fa chiedere a Dio la graziaaffinché, camminando verso i beni da luipromessi, “diventiamo partecipi della feli-cità eterna”. E l’orazione sulle offerte affer-ma che la “sorgente di ogni benedizione”,non è da ricercarsi nei beni materiali, manell’eucaristia.

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Animazione Liturgica

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Preg

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o

CANTO:

Rit. Chi manderòChi sarà mio messaggero?Eccomi, o Signore, manda me!Eccomi, o Signore, manda me.

Guarite gli ammalati,liberate i prigionieri.Il regno è vicino,è venuto in mezzo a noi! Rit.

Illuminate i ciechi,risanate i lebbrosi.Il regno è vicino,è venuto in mezzo a noi! Rit.

Soccorrete l’indigente,accogliete chi è solo.Il regno è vicino,è venuto in mezzo a noi! Rit.

Annunciate il Vangelo,proclamate il Signore.Il regno è vicino,è venuto in mezzo a noi! Rit.

P. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

A. Amen.

P. Il Signore che guida i nostri cuori nell’amoree nella pazienza di Cristosia con tutti voi.

A. E con il tuo spirito.

Liturgia della Parola(Per i cristiani di speciale consacrazione)

Rita Di Pasquale

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Animazione LiturgicaCulmine e Fonte 4-2007

Preg

hiam

oP. O Dio, che hai fatto maturare in questi tuoi figli il germe della grazia battesimale, con il proposito di seguire più da vicino Cristo Signore, fa’ che seguendo costantemente la perfezione evangelica accrescano la santità della Chiesa e siano testimoni della sua vitalità apostolica.Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dioe vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,per tutti i secoli dei secoli.

A. Amen.

LA POVERTA’

Prov 19, 1.22: i poveri virtuosi.

Sl 121

Rit. Andiamo con gioia incontro al Signore

Quale gioia, quando mi dissero: «Andremo alla casa del Signore».E ora i nostri piedi si fermano alle tue porte, Gerusalemme! Rit.

Gerusalemme è costruitacome città salda e compatta. Rit.

Là salgono insieme le tribù, le tribù del Signore, secondo la legge di Israele, per lodare il nome del Signore. Rit.

Là sono posti i seggi del giudizio, i seggi della casa di Davide. Rit.

Domandate pace per Gerusalemme: sia pace a coloro che ti amano,sia pace sulle tue mura, sicurezza nei tuoi baluardi. Rit.

Per i miei fratelli e i miei amici io dirò: « Su di te sia pace! ».

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Preg

hiam

o Per la casa del Signore nostro Dio, *chiederò per te il bene. Rit.

Eb 10, 32-39: motivi per perseverare

Lc 12, 22-34: abbandonarsi alla Provvidenza

Pausa di silenzio

P. Signore Gesù, noi siamo poveri e anche Tu lo sei; siamo deboli e anche Tu lo sei; siamo uomini e anche Tu lo sei. Ogni nostra grandezza viene dalla tua piccolezza; ogni nostra forza viene dalla tua debolezza.Corriamo verso di te, Signore, che guarisci gli infermi, fortifichi i deboli, e ridoni gioia ai cuori immersi nella tristezza. Noi ti seguiamo, Signore Gesù.

LA CASTITÀ

Ct 2,8-14: alzati, amica mia, e vieni !

Sl 44, 2-10

Rit. È bello cantare al nostro Dio, dolce è lodarlo.

Effonde il mio cuore liete parole, io canto al re il mio poema. La mia lingua è stilo di scriba veloce. Rit.

Tu sei il più bello tra i figli dell’uomo, sulle tue labbra è diffusa la grazia,ti ha benedetto Dio per sempre. Rit.

Cingi, prode, la spada al tuo fianco, nello splendore della tua maestà ti arrida la sorte, avanza per la verità, la mitezza e la giustizia. Rit.

La tua destra ti mostri prodigi:

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Preg

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ole tue frecce acutecolpiscono al cuore i tuoi nemici: sotto di te cadono i popoli. Rit.Il tuo trono, Dio, dura per sempre, è scettro giusto lo scettro del tuo regno. Rit.

Ami la giustizia e l’empietà detesti: Dio, il tuo Dio ti ha consacratocon olio di letizia, a preferenza dei tuoi eguali. Rit.

Le tue vesti son tutte mirra, aloè e cassia,dai palazzi d’avorio ti allietano le cetre.Figlie di re stanno tra le sue predilette; alla tua destra la regina in ori di Ofir. Rit.

I Cor 7,32 – 35: La verginità per lo Sposo.

Mt 19,10-12: La continenza volontaria.

Pausa di silenzio.

P. Signore, rendici capaci di vivere con amore la nostra vocazione, da veri inna-morati della bellezza spirituale, rapiti dal profumo di Cristo che esala da unavita di conversione al bene, stabiliti non come schiavi sotto una legge, ma co-me uomini liberi guidati dalla grazia.

L’OBBIDIENZA

I Sam 3,1-10: Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta.

Sl 44,11-18:

Rit. I popoli ti lodano in eterno.

Ascolta, figlia, guarda, porgi l’orecchio,dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre;al re piacerà la tua bellezza.Egli è il tuo Signore: prostrati a lui. Rit.

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Preg

hiam

o Da Tiro vengono portando doni,i più ricchi del popolo cercano il tuo volto. Rit.La figlia del re è tutta splendore,gemme e tessuto d’oro è il suo vestito. Rit.

E’ presentata al re in preziosi ricami;con lei le vergini compagne a te sono condotte;guidate con gioia ed esultanza,entrano insieme nel palazzo regale. Rit.

Ai tuoi padri succederanno i tuoi figli;li farai capi di tutta la terra. Rit.

Farò ricordare il tuo nomeper tutte le generazioni,e i popoli ti loderannoin eterno, per sempre. Rit.

Rm 12,1-2: Il culto spirituale.

Mt 6,7-15: La vera preghiera. Il Pater.

Pausa di silenzio.

P. Vieni, Signore Gesù, a trovare la tua Sposa. Essa non è contaminata né diso-norata; non ha violato la tua casa, non ha trascurato la tua volontà. Fa’ che tipossa salutare: “ ho trovato colui che il mio cuore ha amato”. Si inebrii nellospirito, e, riconoscendo il mistero, dica parole divine.

PREGHIERA D’INTERCESSIONE

P. Colui che ci ha chiamati è santo:

A. Diventiamo santi nella nostra condotta.

Rit. Rinnova il nostro spirito, Signore!

Tu ci hai chiamati a vivere alla tua presenzacon gli occhi aperti alla tua luce deificante:fa’ che ti scopriamo presente dappertutto. Rit.

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Preg

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oTu ci hai chiamati a vivere nel silenziocon gli orecchi tesi ad ascoltare la tua voce:concedici di non indurire mai il nostro cuore.

Tu ci hai chiamati a vivere con teinnamorati della bellezza e della comunione:la misura del nostro amore per te sia non aver misura. Rit.

Tu che sei venuto come un povero tra noiaiutaci a vivere la povertà condividendo ogni cosa. Rit.

Tu che ti sei fatto obbediente fino alla morteaiutaci a rinunciare alla volontà propria. Rit.

Tu che non avevi dove posare il capoaiutaci a vivere gioiosamente la solitudine della castità. Rit.

Tu che hai accolto poveri e piccoliaiutaci ad accoglierti negli ospiti e nei viandanti. Rit.

P. Padre di misericordia, conferma i nostri cuori nella santità.

A. Fino alla venuta di Cristo in mezzo ai suoi santi.

Padre nostro…

P. Il Padre, dal quale procede ogni paternità in cielo e sulla terra, vi conceda diessere rafforzati con potenza dal suo spirito.

A. Amen.

P. Benediciamo il Signore.

A. Rendiamo grazie a Dio.

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ui me sibi prior elegit acci-piet» – «Colui che per primomi ha scelto per sé, mi

avrà/accoglierà»: così si esprimesant’Ambrogio di Milano (ca. 339 –397 d.C.) in un appassionato panegiri-co per la vergine e martire romanaAgnese (De virginitate, I,9). Questofolgorante pensiero che il vescovo mi-lanese attribuisce alla giovanissimafanciulla descrive con la caratteristicaconcinnitas latina il legame che, so-prattutto nel corso del IV secolo, hafatto accostare la scelta verginale all’a-spirazione al martirio. Secondo Am-brogio, Gesù viene riconosciuto daAgnese come il vero “Signore” dellasua vita, quindi il suo vero “sposo”;Egli è infatti Colui che l’ha «amata perprimo» (cfr Gv 4,19: «prior dilexitnos…»), Colui che l’ha scelta (elegit)con amore di predilezione e che quindiha diritto di possederla più di tutti glialtri pretendenti. Ma il termine latinoaccipiet può indicare non solo il con-senso sponsale1, ma anche il gesto be-nevolo dell’«accogliere»: Agnese èconvinta che, accettando il martirioper amore di Cristo, questi «non la re-spingerà» (cfr Gv 6,37), e anzi la faràsedere accanto a sé nella gloria e nellagioia di un amore finalmente corona-to. Verginità e martirio rivelano dun-que un legame intrinseco e profondo.

Il più famoso degli inni che la litur-gia ci offre nella commemorazioni delle

vergini è stato composto da sant’Am-brogio, stando a quanto la tradizioneafferma.2 Si respira infatti la stessa at-mosfera del testo del De virginitate so-pra riportato, sebbene l’inno metta inrilievo ancor di più la sublime dignitàdella scelta verginale, anche indipen-dentemente dal martirio. E infatti, seb-bene qualche accenno di rinuncia almatrimonio in vista di un amor di Dioancora più totale si fosse già sporadica-mente manifestata in precedenza3, fuproprio il IV secolo – il secolo di Am-brogio – che vide nascere e fiorire il fe-nomeno del monachesimo e della scel-ta di verginità. Quel tumultuoso perio-do vide una profondissima trasforma-zione delle condizioni di vita dei cristia-ni, che passarono dalla condizione diperseguitati (l’ultima massiccia perse-cuzione fu quella di Diocleziano, nel303 d.C., proprio all’alba del secolo), aquella di “culto tollerato” (con l’edittodi tolleranza emanato da Costantinonel 313 a Milano), fino alla decisivasvolta di Teodosio, che nel 380 dichiaròil cristianesimo religione di stato conl’editto di Tessalonica. In tal modo l’im-pero romano si “cristianizzò per leg-ge”, con una incalcolabile serie di con-seguenze: i vescovi diventarono ammi-nistratori pubblici, gli edifici di culto sifecero imponenti, il cristianesimo ac-quistò un peso considerevole nella vitasociale… Ma tale fenomeno non fu in-dolore né privo di ulteriori conseguen-

L’innodia delle Verginidon Filippo Morlacchi

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Inno

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ze. In tale contesto infatti iniziarono acomparire le conversioni dettate damotivi di opportunità, senza convinzio-ne profonda, limitate ad atteggiamentisuperficiali o conformistici. Si iniziò a“nascere cristiani” invece di “diventar-lo”, e la radicalità nella sequela del Si-gnore, che in precedenza aveva con-dotto numerosi credenti a scelte di sa-crificio estremo e perfino al martirio,sembrava destinata a rimanere un ri-cordo dei tempi gloriosi delle origini.Una delle cause che portarono alla na-scita del monachesimo fu proprio il de-siderio di contestare questa nuova me-diocrità, sforzandosi di restituire alla vi-ta evangelica quel carattere profetico eradicale che aveva contraddistinto i pri-mi secoli dell’era cristiana.

La scelta monastica fu dapprimamaschile, e comportava l’abbandonodei beni (povertà), una severa vita diascetismo condotta in forma eremiticao comunitaria sotto una regola (obbe-dienza), e la rinuncia alla vita matrimo-niale e familiare (castità). Il fenomeno siestese in un secondo tempo all’ambitofemminile; a Roma questo avvenne an-che grazie all’impulso di san Girolamo,il quale indirizzò alla scelta verginalenon poche giovani nobildonne dell’ari-stocrazia romana. Quando egli arrivò aRoma, intorno al 380, chiamato da pa-pa Damaso, nella città era già presenteuna forte tradizione di ascetismo, prati-cato da donne soprattutto entro le mu-ra domestiche. Molte di esse scelseroGirolamo come maestro spirituale eguida navigata nella conoscenza delle

Sacre Scritture: Marcella, Paolacon la figlia Eustochio4, Rufina,Asella… sono solo le figure più note diquesto circolo nascente. Il fenomenostentò ad affermarsi, data l’altissimaconsiderazione che la maternità avevanella cultura antica (una donna sterileera considerata sostanzialmente fallita).Quando poi Girolamo fu costretto all’e-silio in Palestina, Paola ed Eustochio loseguirono, e lì diedero vita a una vitamonastica femminile organizzata estrutturata. Questo ideale di elevatoimpegno ascetico – talvolta venato daun certo rigorismo e da una esaltazio-ne perfino eccessiva della verginità –descrive molto bene il desiderio di radi-calità che si era risvegliato nel mondoormai “sociologicamente cristianizza-to”. «Fiunt, non nascuntur cristiani»cioè «cristiani si diventa, non si nasce»scrive in una sua epistola Girolamo(Epist. CVII, 1), citando alla lettera unafamosa frase di Tertulliano (Apologeti-cum XVIII,4). Ma quest’ultimo, che eravissuto quasi due secoli prima, non eraabituato alla prassi di battezzare i fan-ciulli, e anche da un punto di vistastrettamente “biografico” poteva af-fermare che «cristiani si diventa» solocon l’età adulta; Girolamo invece attri-buisce all’espressione un nuovo senso:non basta nascere cristiani (ossia nasce-re nel nuovo regime di cristianità) persperimentare la salvezza, occorre di-ventarlo con la scelta personale di unasequela senza compromessi. Ora chel’occasione di testimoniare la radicalitàdella propria appartenenza tramite il

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martirio è tramontata, occorreun nuovo modo di esprimere la

propria dedizione totale al Signore: ec-co il senso della consacrazione vergina-le, segno e simbolo di un dono totale esenza riserve a Cristo.

Il significato della scelta verginalecome segno profetico ed escatologico,come scelta di amore esclusivo per Cri-sto e come aspirazione a una fecon-dità spirituale più ampia di quella fisica

viene velatamente descritto nell’innoche ora andiamo a tradurre e com-mentare. L’elemento dominante diquesto testo non è lo sforzo asceticodella rinuncia, ma piuttosto l’attrattivadell’amore, la dolce seduzione di Cri-sto che attira a sé schiere di fanciullefollemente innamorate, le quali – se-dotte da questo amore – non percepi-scono più la minima attrattiva per altrepossibili passioni.

Iesu, corona virginum, quem Mater illa concipitquæ sola virgo parturit,hæc vota clemens accipe,

Qui pascis inter liliasæptus choreis virginum,sponsus decorus gloriasponsisque reddens præmia.

Quocumque pergis, virginessequuntur, atque laudibuspost te canentes cursitanthymnosque dulces personant.

Te deprecamur, largiusnostris adauge mentibusnescire prorsus omniacorruptionis vulnera.

Iesu, tibi sit gloria,qui natus es de Virgine,cum Patre et almo Spiritu,in sempiterna sæcula.

Gesù, corona delle vergini,che quella Madre concepìche sola partorì [rimanendo] vergine,accogli misericordioso questi voti,

Tu che pascoli tra i gigli in campi ove danzano le vergini,sposo adornato di gloriache doni alle spose il premio.

Ovunque t’incammini, verginiti seguono, e con lodidietro te corrono cantandoe proclamano dolci inni.

Ti preghiamo, con abbondanzaaccresci nei nostri cuoril’ignoranza piena di tuttele ferite della corruzione.

O Gesù a te sia gloria,che sei nato dalla Vergine,con il Padre e il Santo Spirito nei secoli dei secoli.

Il taglio dell’inno è risolutamentecristocentrico: si indirizza direttamen-te a lui, Gesù, il Figlio di Dio fatto

uomo, lo Sposo dell’anima cristiana e– a titolo nuovo e maggiore – dellegiovani che scelgono di consacrarsi

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senza riserve a lui. Le vergini speri-mentano nei suoi confronti una spe-ciale attrattiva, perché Egli è figliodella Semprevergine, la sola Madreche ha concepito e generato nellacarne senza perdere la sua verginità,e che – sembra suggerire il testo – hatrasmesso quasi “geneticamente” alFiglio una singolare affinità con il ca-risma verginale.

Egli è non solo lo Sposo a cui siindirizza l’amore delle vergini, ma an-che la corona (prima strofa) e il pre-mio (seconda strofa) per ciascuna diesse. La fedeltà all’unico amore daparte di ciascuna vergine sarà infatti

coronata dall’incontro nel cie-lo, quando lo Sposo sarà rag-giunto nella visione, al di là del velodella fede; e il premio è la sua stessapersona. La corona è qui simbolonon tanto di regalità quanto di vitto-ria, come viene chiarito dalla succes-siva menzione del premio. La vergi-nità ha infatti un’innegabile dimen-sione ascetica, di lotta e combatti-mento contro le tentazioni della car-ne: è un elemento particolarmenteaccentuato presso alcuni autori, co-me Girolamo, ma che non può maiessere ignorato. Tuttavia nell’innonon è la dimensione ascetica quella

Cristo Pantocrator (part.), mosaico, Monreale, sec. XII

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predominante, quanto piutto-sto quella mistica, che vede

nella scelta verginale una profeziadell’unione nuziale con Cristo.

A Lui quindi si indirizza la preghie-ra della Chiesa; Lui, sposo raggiantedi splendore (sponsus decorus gloria),che raccoglie il fiore della verginità (igigli) in «campi recintati» (saeptus),che rappresentano le comunità divergini consacrate, ove le fanciulledanzano di gioia. La consacrazioneviene descritta qui come scelta diamore e non di rinuncia; la donnaconsacrata non si chiude dentro lemura monastiche per «piangere lasua verginità» (cfr Giud 11,37) comese fosse una fecondità tristementesprecata, ma al contrario danza digioia, vibrante di amore, nella certasperanza di potersi un giorno unirepienamente al suo sposo, «premio ecorona» per la sua fedeltà.

La terza strofa, pur senza citareverbalmente il Cantico dei Cantici, al-lude senza dubbio al quel grandecanto dell’amore sponsale che costi-tuisce il cuore della Sacra Scrittura(molti interpreti hanno osservato cheil Cantico si trova proprio nelle pagi-ne centrali della Bibbia). A esso si in-treccia, con raffinata abilità letteraria,il riferimento all’Apocalisse che cantale «nozze dell’Agnello» (Ap 19,7ss).Il testo dell’inno annota infatti che«ovunque Cristo vada, vergini lo se-guono» (cfr Ap 14,3-4: «i redentidella terra… sono infatti vergini e se-guono l’Agnello dovunque va»). Ma

questo “seguire” non è semplice-mente un “camminare”: è inveceuna corsa, una corsa sempre rinnova-ta e costante dietro di lui, secondo iltesto del Cantico: «Attirami dietro ate, corriamo!» (Ct 1,4). Corsa senzaaffanno, felice e giocosa, come quel-la di fanciulli che giocano a rincorrer-si, scorrazzando nei prati. Si noti in-fatti che «cursitant» è dal punto divista grammaticale un frequentativodi «currunt»: non soltanto quindi«corrono», ma «ricominciano semprea correre», come a descrivere la per-severanza delle vergini savie in attesadella sposo (cfr Mt 25,1ss), o meglioancora il gioco di nascondimento erivelazione che caratterizza la vita de-gli amanti, descritto in modo insupe-rabile nel poema del Cantico dei can-tici. I «dolci inni» che le fanciulle in-tonano (personant) mentre rincorro-no instancabilmente lo sposo rappre-sentano dunque la preghiera conti-nua delle comunità monastiche di cuile vergini consacrate fanno parte e,in senso più lato, la preghiera dellaChiesa intera.

La caratterizzazione bucolica e se-rena della scena descritta evoca unaingenuità cristallina cui gli orantiaspirano con le parole della quartastrofa. È la richiesta, indirizzata anco-ra a Cristo, di cancellare dal cuore edalla mente ogni traccia di corruzio-ne, ogni ferita del peccato, per ritor-nare alla purezza originaria che levergini non hanno mai perduto. Conun linguaggio poetico e di difficile

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traduzione, l’inno chiede che «au-menti l ’ ignoranza» (adauge…nescire), ossia che sia cancellata per-fino dalla memoria – oltre che dagliaffetti – ogni traccia di peccato e diconcupiscenza, affinché la condizio-ne angelica delle vergini consacrate sidiffonda, in qualche modo, anche nelcuore della Chiesa in preghiera. La

dossologia conclusiva sottoli-nea non tanto la natura divi-na di Cristo quanto la sua “origineverginale” (qui natus es de Virgine):a lui gloria e onore per la sua santitàsublime, che risplende meravigliosa-mente nelle vergini consacrate e illu-mina il cammino della Chiesa verso ilsuo Sposo.

——————1 Può essere utile osservare che il rito del matrimonio recentemente rinnovato fa dire agli sposi

esattamente: «io prendo e accolgo te…». Ovviamente si tratta di una semplice coincidenza, enon di una dipendenza da questo testo; ma il dettaglio non è privo di interesse.

2 Ma sulla incertezza di questa attribuzione cfr quanto già detto in questa stessa rubrica: Culminee fonte, 5/2006, pp. 61-67.

3 In questo contesto, si dovrebbe ricordare quantomeno l’esperienza degli esseni, come anche latestimonianza di Rabbi Simeone ben Azzai, quasi contemporaneo di Gesù, il quale giustificava ilsuo celibato in questo modo: «La mia anima è innamorata della Torah. Altri penseranno a far an-dare avanti il mondo» (Yebamot babilonese, 63b). Va inoltre ricordato che il fenomeno monasti-co non è esclusivo del cristianesimo, ma patrimonio comune alla maggioranza delle religionimondiali. Sono soprattutto le motivazioni che contraddistinguono l’esperienza monastica cristia-na dalle altre forme di vita monastica; ma queste riflessioni ci porterebbero troppo lontano dalnostro tema.

4 Non dove sorprendere la presenza in questo gruppo di una donna sposata e con prole: si trattainfatti di una vedova, e lo stato di vedovanza era considerato una sorta di “verginità di recupe-ro”. Girolamo aveva stabilito una sorta di anticlimax ideale nello stato di vita femminile, compo-sto da verginità, vedovanza, continenza matrimoniale. Questi tre modi di vivere corrispondereb-bero, secondo un’azzardata interpretazione della parabola del seminatore («…diede frutto, doveil cento, dove il sessanta, dove il trenta»), al “triplice frutto” della vita cristiana: il “cento” la ver-ginità, il “sessanta” la vedovanza e il “trenta” la continenza perfetta nel matrimonio. Cfr A.QUACQUARELLI, Il triplice frutto della vita cristiana: 100, 60 e 30 (Matteo XIII, 8 nelle varie interpre-tazioni), Roma 1953.

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mpossibile, è vero, fissare un“comun denominatore” a unsecolo come il Settecento: im-

possibile solo il tentare una reductio adunitatem di un’epoca in cui s’affollanonomi, prassi, forme, correnti, idee, intel-ligenze, le più diverse, da Vivaldi a Mo-zart, da Pergolesi a Haydn. E in cui, perquello spazio sacro di nostra più imme-diata competenza, il culto e la devozio-ne più densamente osservanti stannoper essere prima minati, poi sconvoltidall’Il luminismo e dalla RivoluzioneFrancese. In cui i confini del sacro e delprofano musicale si vanno sempre piùsfrangiando. Quella teatralità che aveva-mo indicata nel Seicento come compo-nente ancor implicita del primo Baroccomusicale, viene alla luce nel Settecentoe nel secondo Barocco sia come fontenon sempre opportunamente filtrata etale da intridere di sé anche quanto do-vrebbe appartenere allo stile ecclesiasti-co, sia come audience d’atteggiamentosempre meno differenziato tra platea enavata, tra scranni e palchi. E anche al-l’interno dell’iter compositivo di un au-tore i cammini, le scelte, l’ adesione e/oil distacco riguardo al sacro s’avviano aessere forieri di problematiche nuove.L’istanza d’autonomia avanzata dal mu-sicista nell’ultimo quarto del secolo – il

caso Mozart è emblematico – non signi-fica solo indipendenza da un “servizio”allora equiparato a quello del personaledi corte, ma anche la volontà e l’intentodi operare scelte individualmente pon-derate e – nel nostro ambito – di riflet-tere personalmente e liberamente tantosul rapporto uomo-Dio, quanto sullegrandi forme liturgiche. Sino a quell’ap-propriazione totale dell’uno e delle altreche – soprattutto nell’Ottocento – lerenderà inservibili all’uso chiesastico, maeccelse nelle sale da concerto. Le duegrandi figure che avevamo collocato aconclusione del Seicento, pur essendorealmente operative nel Settecento, os-sia Bach ed Händel, avevano ancor dalontano profetizzato, rispettivamentecon la Messa in si minore e con il Mes-siah, un siffatto cammino del sacro mu-sicale. La Chiesa e il suo magistero nonmancheranno di prender posizione e diproporre regole e purificazioni: inveromai per soffocare la creatività, sempreper stabilire lo stile dovuto e talora pro-porre un’elaborazione teorica d’altoprofilo. Di tutto cerchiamo qui di fornireuna panoramica certo troppo sintetica,ma speriamo tale da schiudere la visibi-lità delle pietre d’angolo e dei segni mi-liari di quello che non casualmente fudetto il “grand siècle”.

IL SETTECENTOovvero “L’impossibile

comun denominatore”don Maurizio Modugno

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1701Nasce a Wahrenbrück Carl Heinrich Graun.Attivo inizialmente come cantante, dal1735 entra al servizio di Federico il Grandedi Prussia come compositore. Insieme adHasse, sarà il massimo rappresentante inGermania dell’opera seria italiana. Scriveanche musica sacra di vario genere – pas-sioni, messe, oratori, cantate – fra cui si ri-cordano in modo particolare l’oratorio DerTod Jesu e il Te Deum.

1706Nasce a Burano Baldassarre Galuppi,detto il Buranello. Allievo di Antonio Lot-ti, nel 1740 è maestro del coro nell’O-spedale dei Mendicanti, passando poinel 1748 a S. Marco, prima come vice-maestro, poi dal 1762 come maestro dicappella. Chiamato a San Pietroburgodall’Imperatrice Caterina, ritornerà defi-nitivamente a Venezia nel 1768. Celebree apprezzatissimo per la sua produzioneoperistica e per quella clavicembalistica,è autore anche di una folta messe dimusica sacra, in massima parte destinataalla basilica di S. Marco.A Bologna vede la luce Giovanni BattistaMartini, il maggior teorico musicale delSettecento italiano. Maestro di cappellaa S. Francesco a Bologna, sacerdote nel1729, pur non spostandosi mai dalla suacittà, è insegnante di J. Christian Bach,di Jommelli, di Cherubini, dello stessoMozart e corrispondente delle maggioripersonalità della cultura del suo tempo.Pubblica una Storia della musica e unSaggio fondamentale di contrappunto.La sua musica sacra è improntata ad unsevero rigore formale. Ha raccolto una

vasta biblioteca musicale, poipassata al Conservatorio di Bo-logna, a lui intitolato.

1710A Iesi nasce Giovanni Battista Pergolesi.Studia a Napoli con Francesco Durante.Si afferma giovanissimo con Lo frate‘nnammorato e soprattutto con La servapadrona, che diviene presto il paradigmadell’opera buffa italiana.Malato di tisi, scrive negli ultimi giorni divita – morirà appena ventiseienne -lostupendo Stabat Mater, ultimo d’alcunilavori sacri di spicco, fra cui va ricordatoalmeno il Salve Regina.

1711Andrea Adami, detto il Bolsena, pubblica aRoma le Osservazioni per ben regolare ilcoro de i cantori della Cappella Pontificia:opera essenziale per conoscere sia la storia,sia la prassi del più celebre organismo musi-cale romano; sia le regole del tempo per ar-monizzare gli interventi dei cantori sistininel cerimoniale pontificio e cardinalizio.

1720Nasce Martin Gerbert von Hornau. Mona-co benedettino, nel 1764 diviene principe-abate del monastero di Sankt Blasien e nefa un centro di studi musicali. Pubblica Decantu et de musica sacra e Scriptores eccle-siastici de musica sacra, nei quali egli loda igrandi del passato e sottolinea la decaden-za del presente, auspicando un ritorno allapurezza delle fonti.La sua visione è considerata alla base delfuturo recupero dell’Antico idealizzatodall’ Ottocento.

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1726Muore a Versailles Michel Ri-

chard Delalande. Per tutta la vita al ser-vizio della corte di Francia, dal 1683 co-me maestro di cappella e poi come so-vrintendente alla musica da camera, ècelebre per i settantacinque grandimottetti sacri o cantate per soli, coro,orchestra ed organo, che saranno un ri-ferimento per i grandi compositori ita-liani e tedeschi. Scrive anche diverseMesse e quattro Symphonies de Noël,eseguite nella Cappella reale nella nottedi Natale.Nasce a Shrewsbury Charles Burney, ilpiù importante storiografo della musicadel Settecento. Allievo di Thomas A. Ar-ne a Londra, è violinista e violista nel-l’orchestra di Händel. Dopo il 1770viaggia in Italia, Francia, Germania, Au-stria e Olanda, entrando in contattocon alcune delle personalità più spic-canti del Settecento musicale. Ne na-scono due libri fondamentali: Viaggiomusicale in Italia e Viaggio musicale inGermania e nei Paesi Bassi, impareggia-bili fonti di testimonianze dirette sullavita musicale del tempo. Scrive ancheuna General History of Music in quat-tro volumi.Viene ordinato sacerdote Alfonso Mariade’ Liguori. Vescovo, teologo moralistainsigne, santo e dottore della Chiesa, èanche musicista di delicatissima e popo-laresca vena poetica: sono sue le can-zoncine spirituali Tu scendi dalle stelle,Quando nascette Ninno, Fermarono icieli, Ti voglio tanto bene (1755) e ilduetto fra l’Anima e Gesù per soprano,tenore e violino (1760).

1732Franz Joseph Haydn vede la luce a Rohrau.Puer cantor nella chiesa di S. Stefano aVienna, segue con eccezionale profitto glistudi di composizione e di diversi strumenti.Nel 1761 entra al servizio in casa dei princi-pi Esterhazy, che – soprattutto con Nicolaus– daranno alla residenza di Esterhaz il carat-tere di una “seconda Versailles”, con rilievostraordinario alla musica. Alla morte delprincipe, Haydn – ormai divenuto celebre eapprezzato in tutta Europa – si trasferisce aLondra, ritornando poi a Vienna, ove mo-rirà nel 1809 colmo di onori. Particolarmen-te ricca la sua produzione sacra: oltre quat-tordici Messe, alcune delle quali celeberri-me e mai uscite dal repertorio (la Missa intempore belli, la Nelson Messe, la MissaSanctae Caeciliae); le tre versioni delle Setteparole del Redentore sulla croce, l’oratorioLa creazione. In tutte risalta la serena bel-lezza della musica haydniana, che con po-tenza e semplicità, sapienza e tenerezza af-ferma la sua fede nel Creatore e la sua fi-ducia nell’uomo.

1739Muore a Brescia Benedetto Marcello.Appartenente ad un’illustre famiglia pa-trizia veneziana, partecipa in prima per-sona alla vita musicale ed artistica dellasua città e del suo tempo. E’, in partico-lare, personalità di punta d’un “partito”d’opinione volto a sostenere il ritorno al-l’Antico musicale, il primato della canta-bilità melodica, la severità dell’invenzio-ne musicale, sia profana che sacra. Isuoi scritti – Il teatro alla moda e la pre-fazione dell’Estro poetico-armonico –stigmatizzano i difetti e i vezzi dell’attua-

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le prassi teatrale e compositiva (Vivaldi èl’implicito bersaglio delle sue critiche).Sua principale opera sacra è quell’Estropoetico-armonico che costituisce inrealtà la parafrasi musicale dei primi cin-quanta salmi di Davide e un testo capita-le nella musica italiana del Settecento.

1741Muore a Vienna Antonio Vivaldi. Nato aVenezia nel 1678, studia prima con il pa-dre e poi con il Legrenzi. Sacerdote nel1703, è presto dispensato dalla Messa perla salute cagionevole (probabilmente sof-fre di una grave asma). E’ per quasi qua-rant’anni insegnante di violino, maestro dicappella e responsabile del Conservatoriodella Pietà: per le ospiti dell’istituto, stru-mentiste e cantanti abilissime, scrive lamaggior parte delle sue opere strumentalie sacre. Dedito anche all’attività teatrale,compone numerosi melodrammi, per iquali sarà anche impresario. Se i suoi con-certi sono da tempo riconosciuti fra i mas-simi capolavori della musica d’ogni tempo,la sua produzione vocale – profana e litur-gica – è stata solo di recente compresa co-me essenziale nel quadro del Settecentoitaliano. L’oratorio Juditha triumphans, laMessa, i Salmi, i due Gloria, il Salve Reginacontengono pagine solistiche e corali disuperba fattura, nelle quali il suo tipicosenso del colore si coniuga con una strut-tura architettonica ed un fervore appassio-nato forse non eguagliati.

1744Muore a Napoli Leonardo Leo. Nato nel1694, svolge la maggior parte della suaattività nella capitale borbonica, al servi-

zio della cappella reale, come or-ganista e maestro di cappella, in-segnando anche in vari conservatori. Ol-tre a un congruo numero di lavori teatrali,scrive alcuni oratori (La morte di Abele eSant’Elena al Calvario) e musica sacra perle più diverse occasioni. Si ricorda in parti-colare il suo Miserere a otto voci. È statomaestro di Jommelli e di Piccinni.

1745Louis-Claude Daquin pubblica il Nouveaulivre de Noëls pour l’orgue et le clavecin.Nato nel 1694, a dodici anni è organistanel convento Petit-Saint-Antoine di Parigi,passando poi alla cappella reale e a No-tre-Dame. Celebre per il suo virtuosismo eper le capacità improvvisatorie, ha com-posto brani per organo e cembalo tuttorain repertorio. Muore nel 1772.

1749Papa Benedetto XIV emana l’enciclica An-nus qui. Alla vigilia del Giubileo del 1750,papa Lambertini presenta una proposta diriforma della liturgia e della musica sacra,puntando soprattutto sull’integrità dei te-sti, sulla percepibilità delle parole e suglistili più idonei ai singoli momenti liturgici.Afferma anche che il legame con la tradi-zione non può sbarrare la via ai nuovicammini, purché percorsi con prudenza eattenzione. Gli strumenti musicali posso-no essere usati in chiesa, ad eccezione diquelli troppo fragorosi e di quelli troppoleggeri. I primi evocatori di situazioni belli-che, i secondi di atmosfere galanti. Si trat-ta di un documento senz’altro illuminatoe sensibile alla realtà del tempo, senzapermissivismi e senza chiusure.

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1756Nasce a Salisburgo Wolfgang

Amadeus Mozart. Troppo nota e tropporicca la pur breve vita di quello che èconsiderato da molti il paradigma delgenio musicale. Vogliamo perciò sottoli-nearne solo i momenti salienti dell’edu-cazione musicale personalmente seguitadal padre, della carriera di fanciullo pro-digio, dei viaggi in Italia e in Francia, del-lo strappo con il principe-vescovo di Sali-sburgo e degli anni vissuti a Vienna co-me musicista libero, con difficoltà enor-mi, ma esiti musicali impareggiati. Ci fer-miamo invece appena più dettagliata-mente sulla sua produzione sacra. Mo-zart scrive alcune pagine sacre già all’etàdi otto anni, componendo poi le primeMesse a tredici anni. Il catalogo sacromozartiano è imponente. Vanno anno-verate almeno venti Messe, alcune dellequali nella forma “breve”, altre di gran-de spicco sinfonico, come l’incompiuta estraordinaria Messa in do minore. Pureincompiuto ed ancor più celebre – vuoiper l’assoluta bellezza, vuoi per l’aloneleggendario che lo circonda – è il Re-quiem in re minore. Non vanno peraltrodimenticati il brevissimo Ave verum (ilcui sublime afflato religioso è stato sot-tolineato di recente dallo stesso Bene-detto XVI), i Vesperae solemnes de Con-fessore, le Litanie, il mottetto Exultate,jubilate, l’oratorio Betulia liberata. Nonsappiamo che poco sulla fede di Mozart:se la sua adesione alla Massoneria è daconsiderare senz’altro un “step” di natu-ra utilitaristica, il suo approccio alle gran-di o alle piccole forme liturgiche – dall’Ave verum al Requiem – ci parla di un

confronto profondamente interrogativo,ma non certo laicista; di una contempla-zione incantata, ma non certo estetiz-zante; di un senso della preghiera nonesibito, ma certo autentico. Senza Mo-zart, non è completa, non è pensabilealcuna storia della musica sacra.

1767Muore ad Amburgo Georg Philipp Tele-mann. Nato nel 1681, prevalentementeautodidatta, si afferma poco più che ven-tenne come organista e Cantor a Lipsia,precedendovi Johann S. Bach, del qualesarà amico fraterno. Dal 1721 è ad Am-burgo, segnando profondamente la vitamusicale della città, dirigendovi il Teatro, ilCollegium Musicum e le cinque chieseprincipali. Soggiorna anche a Parigi, maper non più di due anni. Compositoreprolifico, eccelso nella musica strumenta-le, ha lasciato anche una copiosa produ-zione sacra, nella quale emergono le Pas-sioni, gli Oratori, le Cantate, tutte segna-te da uno stile certamente ancora baroc-co, da un senso melodico assai chiaroscu-rato e da una strumentazione varia e cu-rata.

1790Vengono chiusi a Parigi i Concerts Spiri-tuels: fondati nel 1725 da Anne DanicanPhilidor per eseguire musiche sacre du-rante la Quaresima, dal 1728 darannospazio anche alla musica puramentestrumentale. Il clima della RivoluzioneFrancese ne renderà impossibile l’attività,ma fino alla loro chiusura i Concerts Spi-rituels saranno al centro della vita musi-cale francese non legata all’opera.

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alternarsi delle stagioni, lanatura che si risveglia dopo illungo letargo invernale, il so-

le che instancabilmente sorge e tra-monta quotidianamente, la varietàdelle specie animali e vegetali, l’arco-baleno di colori che in tutte le sue infi-nite e variegate sfumature riveste ognicosa di armonia perfetta, dal più pic-colo insetto che si gode la sua passeg-giata su un esile filo d’erba, all’ele-mento più macroscopico come il cieloe i suoi innumerevoli scenari….l’uni-verso intero, portano il sigil-lo dell’Artista per eccellenza:Dio. Quali meraviglie si rac-chiudono, nonostante i limitidella sua natura, nell’essereumano: la sua unicità, le suecapacità espressive, di pen-siero, la sua capacità di ama-re, di perdonare, la sua setedi infinito e di Dio che lo ac-compagnano lungo il cam-mino della vita. La creazioneè davvero il miracolo dei mi-racoli, affidata dal Creatore,fin dalle origini, alla curadelle nostre mani e del no-stro cuore perché la custo-dissimo come tesoro prezio-so da tramandare di gene-razione in generazione, co-

me libro della vita dal quale cogliereun’importante verità: Dio ha creatoogni cosa bella e in un rapporto reci-proco di perfetta armonia ed equilibrioche testimoniano continuamente lasua presenza, per essere felici già suquesta terra non dimenticando maiche tutto, anche la nostra stessa vita, èdono, e che tutto da lui proviene e alui ritorna. È la più grande catechesiche solo un animo umile può com-prendere e interiorizzare per abbando-narsi fiducioso nel silenzioso respiro

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Lo spirito di verità vi guiderà alla verità tutta intera”

Roberta Boesso

Salvatore tra le potenze angeliche, XIX secolo, Russia centrale

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della vita. Con la Pentecoste siè chiuso liturgicamente il tem-

po pasquale e mi piace evidenziare laconcomitanza che c’è tra la celebrazio-ne gioiosa della risurrezione che piùvolte la liturgia ci esorta a vivere e il ri-sveglio primaverile della natura, chesembra quasi venirci in aiuto per me-glio meditare e comprendere tutta lagrandezza del mistero pasquale che,dalle tenebre dell’inverno del peccato,ci riscatta a vita nuova col balsamo delsangue di Cristo che risana le nostreferite, anche le più profonde e appa-rentemente incurabili, infondendo innoi lo spirito di vita che, come figli diDio ci rende anche eredi del regno perl’eternità.

Ci apprestiamo a trascorrere il pe-riodo delle vacanze estive, il meritato(almeno dovrebbe esserlo) riposo do-po mesi di impegni lavorativi e non;mi piace allora pensare, ed è un invi-to per tutti noi, di vivere questo pe-riodo sforzandoci di eliminare dai no-stri occhi le cataratte dello stress,della stanchezza eccessiva, della pi-grizia, dell’abitudine, dell’indifferen-za, della presunzione, per uscire dallafortezza del proprio io e osservarecon lo stupore, la purezza e la curio-sità del lo sguardo di bambino larealtà che ci circonda, per scoprirecon gioia che siamo nel grembo diDio, in una gestazione che già è ilpreludio di quelli che saranno i nuovicieli e la nuova terra.

In questa estate vi accompagnil’immagine del “Salvatore tra le po-

tenze angeliche”, un’iconografia chetrae la sua fonte di ispirazione dallanarrazione simbolica dei tempi storicidella salvezza e degli interventi salvifi-ci di Dio del quinto capitolo dell’Apo-calisse, in cui l’apostolo Giovanni cipone di fronte a una grandiosa litur-gia celeste che si compie nel grandetempio del creato che, in seno al fir-mamento, è gerarchicamente ordina-to intorno al trono dell’Onnipotente,rendendogli per l’eternità lode e glo-ria. L’universo ruota liturgicamente in-torno al l ’Eterno immobile che lomuove. E’un’iconografia che apparenell’arte russa dalla Cappadocia nelXII e XIII secolo, e trova in genere lasua collocazione al centro dell’icono-stasi. Il tema è riconducibile alla visio-ne di Isaia in cui il Signore è seduto suun trono circondato dai serafini (Is6,1-4); alla visione di Ezechiele che lodescrive circondato dai quattro esseriviventi (1,4-28; 10,1-22) e a quella diGiovanni (Ap 4,2-9) in cui il trono èavvolto da un arcobaleno di luce.Questo tipo di iconografia si incontranegli affreschi absidali dell’oriente cri-stiano fin dal V-VII secolo; anche inOccidente, come Maiestas Domini,ebbe una diffusione particolare neicatini absidali, oppure in forma scul-torea nella parte soprastante il porta-le principale delle chiese e, infine,nelle raffigurazioni miniate dei fronte-spizi dei vangeli.

Cristo è rappresentato come il so-vrano della Gerusalemme celeste,

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giudice del mondo, come apparirànella sua seconda venuta per il Giudi-zio universale. Assiso su un alto tro-no, il Pantocratore è circondato dacherubini e serafini e ai suoi piedifanno da sgabello i “troni”, uno degliordini più alti nella classificazione diDionigi Areopagita, raffigurati comeruote con occhi e ali. Agli angoliesterni del rombo rosso (che rappre-senta il cielo steso come una tenda)sono visibili i quattro esseri viventi in-terpretati dai Padri come simboli deglievangelisti. Le vesti del Cristo presen-tano una stesura di colore rossastrasulla quale sono state successivamen-te date delle mani di giallo-ocra persimulare l’effetto di un tessuto intrisodi luce. La sua figura inoltre è dipintaa intersecare sia il rombo di cinabrochiaro, sia la mandorla della sfera ce-leste, raffigurando “i bagliori che sisprigionavano dal fuoco”, assimilan-dosi cioè all’apparire della luce. Il vol-to sfolgorante di Cristo e le lumeggia-ture che lo modellano, ricordano leparole dell’Apocalisse relative al “solequando splende in tutta la sua forza”(Ap 1,16).

Il Salvatore con la sinistra regge lasacra scrittura aperta sui seguenti ver-setti del vangelo di Matteo: “Venite ame, voi tutti che siete affaticati e op-pressi e io vi ristorerò. Prendete il miogiogo (sopra di voi e imparate da me,che sono mite e umile di cuore, e tro-verete ristoro per le vostre anime”(Mt 11,28-29), testo che nel XIV se-colo in Russia veniva interpretato co-

me un invito di Cristo a entra-re nel regno celeste.

La presenza di due santi dipinti la-teralmente sulla cornice dell’icona èsegno che ci troviamo di fronte aun’icona domestica, commissionatacioè da un privato per il culto in fami-glia, che veniva affidata così oltre chealla protezione del Signore, anche aquella dei due santi patroni Pietro asinistra e Giacomo apostolo a destra.Una serie di inesattezze iconografi-che, come ad esempio la mandorlarotonda invece che ovale e i piedi delCristo direttamente posti sulle “ruo-te” dei troni invece che sulla predellada queste sorretta, testimoniano chel’artista, non avvalendosi di composi-zioni più tradizionali, abbia utilizzatoprevalentemente modelli tipici diopere moscovite e della Russia cen-trale del XIX secolo, la cui caratteristi-ca erano le immagini di angeli in fili-grana nascosti nella mandorla di luce.Le sproporzioni così accentuate dellatesta del Salvatore rispetto al corpo,agli occhi di un critico d’arte sicura-mente sono da imputare alla manoancora inesperta dell’artista anche se,nel contempo la corposa pittura delvolto rivela una estrema accuratezzae quindi professionalità. Al di là diqueste considerazioni, senza dubbiofondate dal punto di vista tecnico,questa icona mi colpisce proprio perquesta sua apparente disarmonia (trala particolare e austera bellezza delvolto di Cristo e il panneggio piutto-sto piatto e inespressivo) che rimanda

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alla mia riflessione introdut-tiva: l’amore di Dio, il calore

della sua bellezza, il soffio del suo spi-rito di vita permea indistintamenteogni elemento e creatura di questomeraviglioso universo, anche là doveapparentemente non c’è perfezione,là dove c’è un male incurabile, una vi-ta che volge al termine, un disabile,una condizione di sofferenza sociale,

familiare, lavorativa. Non è vero e de-gno di attenzione solo ciò che è sen-za difetto ed efficiente: l’esperienzainsegna che è spesso proprio nel cro-giolo della sofferenza accettata, offer-ta e vissuta fino in fondo, che toc-chiamo con mano il limite della no-stra natura, per sperimentare in ma-niera forte e autentica la presenzadell’Onnipotente nella nostra vita.

Facciamo allora te-soro di quanto stascritto nel l ibro deiProverbi: “La sapienzadi Dio parla: Il Signoremi ha creato all’iniziodella sua attività, pri-ma di ogni sua opera,fin d’allora…io ero conlui come architetto edero la sua delizia ognigiorno, mi rallegravodavanti a lui in ogniistante; mi ricreavo sulglobo terrestre, po-nendo le mie delizietra i figli dell’uomo”(Prov 8,22; 30).

Signore della no-stra vita e dell’univer-so, aiutaci ogni gior-no di più a contem-plare con gl i occhidella fede queste deli-zie per rivestirci dellatua bellezza e pregu-stare f in da ora lagioia del paradiso.Amen.

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Cristo Salvatore in trono, icona, sec. XVII

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hi non conosce questo san-to napoletano, testimoneteologo, poeta e cantore di

Gesù Cristo a tutto il popolo? Lagente accorreva da ogni dove perascoltare le sue prediche, attrattadalla sua profondità spirituale e daun’umanità semplice che lo rendevaprossimo a tutti. Sant’Alfonso Mariade’ Liguori nacque a Maria-nella di Napoli il 27 settem-bre 1696 da una nobile fa-miglia napoletana, primo diotto figli. Venne avviato finda bambino agli studi uma-nistici e artistici, nei qualiriuscì con buoni risultati.

Immatricolato all’univer-sità di Napoli all’età di solisedici anni, dopo aver soste-nuto un esame di retoricacon i l f i losofo e stor icoGiambattista Vico (1668-1744), il 21 gennaio 1713conseguì il dottorato in utro-que iure, cioè in diritto civilee in diritto canonico. Dopodue anni di apprendistatoiniziò l’attività forense svol-gendola con impegno, one-stà e rispetto della verità, su-perando i pericoli morali chevi erano connessi e diventan-do presto uno dei più rino-

mati giureconsulti della capitale, tan-to da non perdere mai un processoper otto anni. Nonostante i numero-si impegni seppe come integrare fedee azione dedicandosi a molte operedi misericordia; nel 1715 divennemembro della Pia Unione dei Dottori,assumendosi il compito di visitare edi assistere i malati del più grande

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suor Clara Caforio, ef

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ospedale di Napoli, quellochiamato degli Incurabili.

Come accade sempre nei percorsi diogni buon cristiano, anche per lui co-minciarono presto delle prove: nel lu-glio del 1723 subì una dura sconfittaprofessionale perdendo una causa im-portante tra il principe Orsini e il gran-duca di Toscana, Cosimo de’ Medici.Sconfitta che segnò una svolta nella suavita… Arriva sempre nella vita di tuttiun tempo in cui siamo messi un po’ allestrette; siamo, come sisuol dire, a un bivio ebisogna decidere; perquanto possa esseredoloroso esso può di-venire l’inizio di unnuovo percorso, unavita nuova che nasceda un conflitto, un fal-limento, una perdita eche a volte fanno rico-minciare… Chi non neha?

Per Alfonso laprova cost i tu ì unmodo evidente dimettere in discussio-ne le sue certezzeacquisite. Riprenden-do un proposito del-la prima giovinezzadecise di abbando-nare il mondo, di ab-bracciare lo stato ec-clesiastico e di dedi-carsi completamentea Dio. Il 29 agosto

seguente confermò questa sua deci-sione, deponendo lo spadino di cava-liere davanti a una statua della Ma-donna nella piccola Chiesa della Mer-cede e il 27 ottobre 1724 entrò comenovizio nella Congregazione delleApostoliche Missioni mentre il 21 di-cembre 1726, all’età di trent’anni, ri-cevette l’ordinazione sacerdotale.Dotato di grandi capacità comunica-tive, divenne presto amico del popo-lo, a cui volle insegnare e spiegare

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Il Crocifisso dipinto da Sant’Alfonso, Ciorani, Convento dei Redentoristi, sec XVIII

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che tutti sono chiamati a diventaresanti, ognuno nel proprio stato, anti-cipando così di molti secoli intuizioniteologiche e dottrinali del ConcilioVaticano II. Abbiamo scritto spessosu queste pagine che gli autentici in-namorati di Cristo sono instancabilinelle opere di carità fraterna: essisanno tradurre concretamente l’A-more, si donano senza risparmio e iloro frutti sono ben visibili. L’attivitàdi Alfonso fu molto frenetica; egli sicircondò di ecclesiastici e di laicidi ogni ceto, sesso ed età, ovun-que, organizzandoli in numeroseassociazioni: degli Operai, deiGentiluomini, dei Chierici, deiMissionari Diocesani, delle DonneCattoliche, della Gioventù Fem-minile, delle Scuole Pie e altre an-cora. Essendo profondo conosci-tore dei cuori e delle esigenzedelle diverse realtà sociali, seppeesigere e ottenere assistenza ma-teriale e spirituale per ogni parti-colare situazione. I l campo diazione che predilesse fu ovvia-mente quello dei ceti più umili,presso cui compì numerose mis-sioni; spostandosi continuamentenelle campagne, nei paesi rurali enei quartieri più poveri di Napolidove volle organizzare, fin dal1727, le cosiddette cappelle se-rotine, frequentate da artigiani eda “lazzari” cioè dal popolinoche si radunava alla sera, dopo illavoro, per due ore di preghiera edi catechismo.

L’iniziativa trovò consensifavorevoli tra moltissima gen-te, divenendo anche una scuola di for-mazione civile e morale. Il nostro santofu un predicatore eccezionale, vistoche divenne ben presto noto all’interacittà e altrove per i suoi mezzi pasto-ralmente idonei ed efficaci. Il dialetto,di cui fece uso spesso nel contatto coni più umili, non divenne soltanto unottimo mezzo di trasmissione del mes-saggio evangelico, ma uno strumento

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di raffinata poesia, che pose ilsanto nella schiera dei grandi

poeti napoletani. Chi non ricorda la fa-mosissima “Tu scendi dalle stelle”,composta ovviamente in dialetto e poitradotta? Sono quasi cinquanta le can-zonette che il missionario della gentesemplice compose con parole e musi-ca, nell’arco di mezzo secolo. Si tratta-va di canti che traevano spunto melo-dico da temi popolari, con cui il mis-sionario insegnava ai “lazzari” i fonda-menti del cattolicesimo, facendoli pro-tagonisti dei rituali liturgici mediante lacreazione di appositi gruppi di pre-ghiera. Molte canzoncine erano legateal ciclo delle festività natalizie. Ilsuccesso di queste canzoncine spiri-tuali favorì lo sviluppo tra il popolo diun larghissimo repertorio di canti po-polari religiosi che sono ancora larga-mente in uso. Ma il nostro cantore diDio non rivolse la sua attenzione soloai poveri, egli seppe indirizzarsi ancheai dotti e agli intellettuali. L’attivitàmissionaria di Alfonso s’indirizzò versotutta la Chiesa, bersagliata allora daattacchi esterni e interni. Dotato di uncarattere positivo, si orientò verso iproblemi più immediati della vita deicredenti, scossi nella fede e nelle cer-tezze tradizionali dai nuovi movimenticulturali e religiosi, soprattutto l’illumi-nismo e il giansenismo, che minaccia-vano la fede cristiana. Il santo dedicò aqueste problematiche una breve dis-sertazione contro gli errori degli incre-duli e uno scritto sulla verità della fedecontro materialisti e deisti.

Instancabile in tutto, fu anche abi-le predicatore nei paesi vesuviani, ne-gli Appennini e nelle Puglie annun-ciando con semplicità i princìpi dellavita cristiana. Nel 1732, desiderandoevangelizzare con più efficacia le po-polazioni del meridione, specialmen-te quel le più abbandonate e piùsprovviste di aiuti spirituali, fondò aScala, piccolo paese sopra Amalfi, laCongregazione del Santissimo Salva-tore, poi denominata del SantissimoRedentore. Nel 1762, a sessantaseianni, pur conservando la carica direttore maggiore della Congregazio-ne, venne nominato vescovo delladiocesi di Sant’Agata de’ Goti, nelBeneventano. Nel nuovo compito pa-storale sviluppò un’ ampia attività,nella duplice direzione del ministerodiretto - avviando una riforma spiri-tuale del clero nei tre fondamentalimomenti della vocazione, del mini-stero e della preghiera - e dell’apo-stolato della penna. Apostolato que-st’ultimo che andò intensificandosempre più, difatti la sua produzioneletteraria fu imponente: centoundicititoli e numerosi approfondimenti suitre grandi campi della fede, della mo-rale e della vita spirituale. Fra le ope-re ascetiche, in ordine cronologico, sipossono ricordare le Visite al SS. Sa-cramento e a Maria Santissima, del1745, Apparecchio alla morte, del1758, Del gran mezzo della preghie-ra, del 1759, e la Pratica di amar Ge-sù Cristo, del 1768, il suo capolavorospirituale e il compendio del suo pen-

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siero. I suoi scritti, in cui l’essenzialitàdell’esposizione si unisce a una sa-pienza profonda, saranno tradotti inoltre settanta lingue e avranno circadiciassettemila edizioni.

Una vita così intensa non risparmiada enormi sofferenze, al punto che nel1775, fiaccato da molte prove fisiche espirituali, sant’Alfonso lasciò la diocesie si ritirò a Nocera de’ Pagani, nel Sa-lernitano, in una casa del suo Istitutoreligioso, dove rimase fino alla morte,avvenuta il 1 agosto 1787. Il processodi beatificazione ebbe inizio quasi su-bito dopo il decesso: papa Pio VII neproclamò l’eroicità delle virtù beatifi-candolo nel 1815 e Papa Gregorio XVIlo canonizzò nel 1839. Per la sua im-mensa cultura umanistica e teologica,giuridica e morale venne infine procla-mato Dottore della Chiesa nel 1871.Fu proprio grazie ai suoi scritti e allaloro rapida diffusione che la riflessioneteologica e spirituale venne conosciutae assimilata; così come divenne comu-ne soprattutto presso il popolo la pra-tica delle Massime Eterne. Anche perquesti motivi sant’Alfonso segna nellastoria sia della teologia morale, sia del-la vita e della pietà cristiana un cam-biamento importante. Egli è forse, fra iDottori della Chiesa, il più letto dallagente comune, che ancora oggi amanutrirsi delle sue riflessioni. Chi non hamai meditato questa bella pagina cheriporto di seguito?

Dalla «Pratica di amare Gesù Cri-sto» di sant’Alfonso Maria de’ Liguori,vescovo.

Tutta la santità e la per-fezione di un’anima consi-ste nell’amar Gesù Cristo nostroDio, nostro sommo bene e nostroSalvatore. La carità è quella cheunisce e conserva tutte le virtù cherendono l’uomo perfetto. Forse Id-dio non si merita tutto il nostroamore? Egli ci ha amati sin dall’e-ternità. «Uomo, dice il Signore,considera ch’io sono stato il primoad amarti.

Tu non eri ancora al mondo, ilmondo neppure v’era ed io già t’a-mavo. Da che sono Dio, io t’amo».Vedendo Iddio che gli uomini sifan tirare da’ benefici, volle permezzo de’ suoi doni cattivarli alsuo amore. Disse pertanto: «Vogliotirare gli uomini ad amarmi conquei lacci con cui gli uomini si fan-no tirare, cioè coi legami dell’amo-re». Tali appunto sono stati i donifatti da Dio all’uomo. Egli dopo diaverlo dotato di anima colle poten-ze a sua immagine, di memoria,intelletto e volontà, e di corpo for-nito dei sensi, ha creato per lui ilcielo e la terra e tante altre cosetutte per amor dell’uomo; accioc-ché servano all’uomo, e l’uomol’ami per gratitudine di tanti doni.

Ma Iddio non è stato contentodi donarci tutte queste belle crea-ture.

Egli per cattivarsi tutto il no-stro amore è giunto a donarci tut-to se stesso. L’Eterno Padre ègiunto a darci il suo medesimo ed

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unico Figlio. Vedendo che noieravamo tutti morti e privi

della sua grazia per causa delpeccato, che fece? Per l’amor im-menso, anzi, come scrive l’Apo-stolo, pel troppo amore che ciportava, mandò il Figlio diletto asoddisfare per noi, e così renderciquella vita che il peccato ci avevatolta. E dandoci il figlio (non per-donando al Figlio per perdonare anoi), insieme col figlio ci ha dona-to ogni bene: la sua grazia, il suoamore e il paradiso; poiché tuttiquesti beni sono certamente mi-nori del figlio: «Egli che non ha ri-sparmiato il proprio Figlio, ma loha dato per tutti noi, come non cidonerà ogni cosa insieme conlui?» (Rm 8, 32).Sant’Alfonso, come è già stato sot-

tolineato è stato un uomo ricco di ta-lenti messi al servizio del Regno, sen-za risparmiarsi in nulla. Egli fu amantedi Dio con quella naturalezza e sem-plicità tipica dei santi… e chi ama ilSignore non può non amare sua Ma-dre; nei numerosi scritti seppe tra-

smettere alla Chiesa messaggi signifi-cativi sul ruolo di Maria nella storiadella salvezza. Riflessioni che scrittenel famoso libro Le glorie di Maria,opera imponente che oltre a esserel’esposizione di una ricerca erudita èanche espressione della grande devo-zione del santo per la Madre di Dio;passione che esprime fin dalle primepagine del libro: «A te poi mi rivolgo,o mia dolcissima Signora e MadreMaria; tu ben sai che dopo Gesù in teho posto tutta la speranza della miaeterna salvezza; poiché tutto il miobene, la mia conversione, la mia voca-zione a lasciare il mondo, e tutte le al-tre grazie che ho ricevute da Dio, tut-te riconosco che mi sono state dateper mezzo tuo».

Crediamo che ogni santo sia por-tavoce presso il Padre Nostro e allorachiediamogli, proprio attraverso que-ste pagine, che c’insegni a essere te-stimoni credibili e coraggiosi in mezzoa questa generazione sempre più bi-sognosa di riferimenti e di valori au-tentici…, sempre più assetata di Ge-sù!

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Bibliografia:G. De Luca, S. Alfonso il mio maestro di vita cristiana, 2a ed., Edizioni di Storia e Letteratura,Roma 1983.T. Rey-Mermet, Il santo del secolo dei lumi. Alfonso de’ Liguori (1696-1787), trad. it., CittàNuova, Roma 1983.G. Velocci, Sant’Alfonso de Liguori. Un maestro di vita cristiana, San Paolo, Cinisello BalsamoMilano.www.santalfonso.it/www.s-alfonso.net/www.santiebeati.it/