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Cos'è l'uomo nella lente della ricerca? Scienza e fede, serve nuovo confronto
Etica e conoscenza. 11 futura non può essere scritto soltanto da scienziati e tecnocrati basandosi su criteri economici Anche la cultura dovrà continuarea elaborare le risposte morali fondamentali alle domande profonde dell'umanità
Il cardinale Gianfranco Ravasi
DANIELA TAIOCCHI
1 futuro dell'umanità ^ ^ attraverso la lente V ^ ^ dellascienzamedica
Riscrivendo il contratto». Sene parlaaRomaoggie domani (vediboxafondo pagina), un te ma delicato che abbiamo approfondito con il cardinal Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura.
Teologiescienziatidinuovoaduello? «Il co rifranto è necessario perché il futuro non può essere scritto solo da scienziati e tecnologi. Dobbiamo mettere in comune ciò che, daciascunaparte, significaessere "umano" inunmondo dove lari-cerca è globalizzata e non tutti condividono le stesse tradizioni culturali ed etiche. Senza negare le differenze, vogliamo incoraggiare le diversità di approcci di ricerca e quindi una sintesi interdisciplinare affinché i diversi punti di vista possano illuminarsi a vicenda».
Dovevoglionocondur-re queste riflessioni? «Unapproccio interdisciplinare ci consentirebbe di stabilire icriteriper decidere quale orientamento laricercascientifi-
ca debba avere, non basandosi esclusivamente su criteri tecnici o economici. Ci aiuterebbe ad evitare ciò che Papa Francesco nella Laudato si'chia-mail paradigma tecnocratico che considera il metodo e le finalità della scienza e della tecnologia il criterio metodologico esclusivo che modella la vita delle persone e il funzionamento dellasocietà».
Si devono rimettere le briglie alla scienza? «Assolutamenteno.il paradigma tecnocraticogeneraunapproccio riduzionista o unidimensionale alla vita e deve essere integrato conle intuizioni di altre forme di sapere. Questo implicami approccio culturale a orizzonte pieno, capace difavorire uno sguardo diverso, un pensiero, una politica, unprogrammaeducativo,uno stile di vita e unaspiritualità (Laudato si', 111). Anticamente l'uomo veniva definito come microcosmo solo sullabase diun'ideafilosofi-co-teologica Oggile domande che nascono, anche solo nell'ambito delle neuroscienze sono più articolate. Daunlato, sipone il quesito circa il modo in cui lo strato biolo-gico-fisiologico governi l'uomo. Per l'altro versante, si domanda in che modo l'essere umano si riduca al cervello e in che misurainfluen-
zando quest'ultimo sipossapen-sare di ridefinire l'essere umano».
Nonc'èdunquepiùposto per l'anima? «Chipensa di definire completamente l'umano si illude. Tuttavia è importante seguire le ricerche di coloro che affrontano i quesiti ri-guardantiresattaconnessionetra le capacità umane, come la volontà ola consapevolezza, e iprocessi molecolari che operano nel cervello. Questi problemi, e i confron
ti che ne derivano, appaiono sempre più urgenti per capire chi è l'uomo nell'orizzonte della ricerca scientificae se l'immagine che ne risulta si può ancora allacciare a quellabiblico-teologicadella tradizione cristiana».
Ilconfronto romano riallargato ildi-scorsoal progresso in generale. «Sono molte le questioni da affrontare. Come facciamo a stabilire che il progresso rispetti veramente la dignità umana? Chi determinerà cos'è eticamente discu
tibile tra le forme di ricerca e sperimentazione? Come sarà finanziata la ricerca e di chi saranno i diritti di proprietà intellettuale ed economica perle nuove applicazioni? Per esempio, al ritmo con cui si sviluppano, le macelline stanno diventando sempre più autonome. Talisistemi auto
nomi come potranno essere programmati in termini di processo decisionale?Qualivalorieticipos-sono essere programmati negli algoritmi che cercano di anticipare i possibili scenari e determinare le risposte migliori? Chiporteràla responsabilità etica e giuridica de-nnitìvaperleazioniditalimacchi-ne? Stephen Hawkinghaawertito che "lo sviluppo di unapienaintel-ligenzaartificialepotrebbe significare la fine della razza umana perché gli esseri umani non potrebbero competere". Ma cisono anche altre posizioni, inserite tutte in un panorama piuttosto impressionante che dunque esige una riflessione seria e serena».
Alla luce di questi nuovi modelli antropologici, laBibbiaelascienzapaio-no davvero agli antipodi.
GIUSEPPE REMUZZI
«E invece dobbiamo accogliere questi scenari come sfide che la teologiaelapastorale della Chiesa devono conoscere. Ma prima di
Il professor Giuseppe Remuzzi
GIULIO BROTTI
Tanti pensano che affidarsi alla scienza voglia dire disconosce
re la religione - afferma il professor Giuseppe Remuzzi -; chi ha organizzato il convegno "Il futuro dell'umanità attraverso la lente della ricerca medica" ritiene invece che le cose non debbano andare necessariamente in questo modo. L'ipotesi guida è che scienza e religione possano stabilire un'intesa, aiutando l'umanità a superare le sfide che l'attendono nel corso del XXI secolo». Oggi Remuzzi, coordinatore delle ricerche dell'Istituto Mario Negri di Bergamo e direttore del dipartimento di Medicina dell'ospedale «Papa Giovanni XXIII» nonché dell'unità di Ne-frologia,prenderàlaparolanel-l'incontro di apertura del convegno di Roma: insieme al cardinale Ravasi e a Richard Horton, redattore capo della rivista medica «The Lancet», affronterà appunto la questione «se la scienza e la religione possano effettivamente dialogare». «Già oggi siamo chiamatiaprendere delle decisioni da cui dipenderà il de
tutto la Chiesa, epersino lastessa cultura, dovranno continuare a dare le risposte morali fondamen-
stino delle generazioni a venire - spiega ancora Remuzzi -: le sfide più rilevanti per il futuro della nostra specie sono quelle connesse al riscaldamento globale, alle migrazioni e alla povertà. Nella ricerca di soluzioni a questi problemi occorre rispettare le regole del metodo scientifico: i risultati che si ottengono, per avere valore, devono essere condivisi e confermati; se invece gli esiti degli esperimenti smentiscono le ipotesi di partenza, bisogna essere pronti a cambiare idea».
Anche nel prossimo futuro la scienza non avrà comunque bisogno di un «puntodi ancoraggio» nel terreno dell'etica? «Intanto, bisogna partire dall'idea che la scienza è di per sé profondamente etica, in particolare la scienza medica: noi lavoriamo per ilbene dell'umanità, per guarire e per fare stare meglio le persone. L'idea che la scienza sia una cosa e l'etica un'altra è diffusa, maè completamente sbagliata».
Almeno nel passato, la questione non si è nosta'Nel 1938. in Italia, fu
pubblicato un «Manifesto degli scienziati razzisti»; nello stesso periodo, in Germania, illustri psichiatri prendevano parte al l'operazio-nedi «eutanasia collettiva» ordinata da Hitler. «Attenzione, io non sostengo che tutti gli scienziati si comporterebbero eticamente; ho detto che lascz'e/izcrhaunavocazione etica. Analogamente, non tutti i giornalisti e non tutti i banchieri si comportano da persone dabbene, mal'informazio-ne e la finanza hanno pur sempre un ruolo essenziale nella nostra vita collettiva. Certo, la scienza arriva fino a un certo punto: oltre, ci sono questioni su cui deve esprimersi la società civile. La medicina, per esem-
tali alle domande profonde degli uomini che vivranno nel mondo del futuro, immondo e che inparte già si sta delineando».
pio, può indagare i modi per far crescere nel corpo di un suino un organo suscettibile di essere trapiantato in un paziente umano. Poi si dovrà decidere se tradurre inpratica questa possibilità. Aggiungerei che a volte la
società civile è preparata ad affrontare determinati temi, in altri casi no. Nel 1999, il ricercatore Cesare Galli riuscì a clonare il toro "Galileo"; l'allora ministro della Sanità Rosy Bindi tuttavia si spaventò e ordinò di porre l'animale sotto sequestro. Attualmente, nell'am
bito zootecnico, si ricorre spesso allapratica della clonazione, anche per mantenere le particolarità di alcune specie». Sulla ricerca scientifica esulla medicina, in ogni caso, incidono anche questioni di ordine economico. «Questo è un grande problema, che verrà discusso nel convegno di Roma. Pensiamo anche solo ai prezzi insostenibili di alcuni farmaci: oggi ne abbiamo a disposizione uno che può salvare la vita ai bambini affetti da una malattia rara, la sindrome emo-litico-uremica; il trattamento viene però a costare 300 mila euro all'anno nei bambini, 400 mila negli adulti. A noi nefrologi capitaperciò di ricevere lettere con richieste di aiuto daperso-ne che vivono in Paesi poveri e non possono permettersi una tale spesa per far curare i figlio i nipoti; a me, anzi, sono arrivate lettere del genere perfino dall'Austria, dall'Australia e dalla Svezia. Situazioni di questo tipo sono inaccettabili: occorre trovare delle soluzioni, anche a livello europeo, pur senza negare alle industrie farmaceutiche il diritto a un legittimo profitto».
GIUSEPPE REMUZZI
Scenari futuri
Due giorni di incontri e dibattiti Quale può essere il futuro dell'umanità, e quali possono essere i contributi della scienza e della religione? A queste domande cerca di rispondere il congresso dal titolo «The future of humani-ty through the lens of medicai science» in programma a Roma oggi e domani. Organizzato da The Lancet, Istituto Ricerche Farmacologiche Mario Negri, Università degli Studi di Milano, Istituto Superiore di Sanità, Pontificio Consiglio della Cultura, Università Cattolica del Sacro Cuore e promosso dalla Fondazione Internazionale Menarini, il congresso lancia un chiaro messaggio già nella presentazione
dei due presidenti: un medico, Giuseppe Remuzzi, ricercatore e professore universitario, e il cardinale Gianfranco Ravasi. I temi del congresso saranno infatti il dialogo tra scienza e religione, i cambiamenti climatici e la salute, le migrazioni e le discriminazioni di genere, l'intelligenza artificiale, le basi biologiche e ideologie, il genoma e le generazioni future. I lavori si terranno nelle sale del Nobile Collegio Chimico Farmaceutico Universitas Aromatariorum Urbis di Roma. Molte le personalità di primissimo piano in campo scientifico che prenderanno parte al convegno.
GIUSEPPE REMUZZI