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Conversazioni sul diritto Lezioni di Teoria dell‟interpretazione (a.a. 2010-2011 L. Avitabile) Facoltà di Giurisprudenza Dipartimento di Scienze giuridiche e politico-sociali Università degli Studi di Cassino

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Conversazioni

sul diritto

Lezioni di Teoria dell‟interpretazione

(a.a. 2010-2011 L. Avitabile)

Facoltà di Giurisprudenza

Dipartimento di Scienze giuridiche e politico-sociali

Università degli Studi di Cassino

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Ermete

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Il lavoro, curato interamente dagli studenti, è stato svolto

secondo modalità di ricerca sia tradizionali –

reperimento di testi e di letteratura sull‟argomento – sia

attraverso le opportunità offerte dalla rete, da qui alcune

ripetizioni ed imperfezioni.

L‟attenzione ai testi giuridici è motivo di riflessione su un

modello di ermeneutica giuridica discussa da Niklas

Luhmann che – nella post-globalizzazione – si presenta

sempre di più come argomentazione funzionale.

Ogni pagina è liberamente tratta ed elaborata, oltre che

da testi forniti durante il corso di Teoria

dell‟interpretazione e informatica giuridica (a.a. 2010-

2011), anche da quelli che gli studenti hanno deciso di

utilizzare, data la loro formazione, da esperienze

didattiche pregresse.

La cura delle pagine e la progettazione grafica è di

Alessia Fiorillo, Giovanna Petrocco e Marta Polselli.

Folcara, 15 giugno 2011 Luisa Avitabile

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Maria Chiara Aceti

Morisia Arpino

Pellegrino Barone

Erika Bevilacqua

Giuseppe Bisceglia

Emiliano Boni

Antonia Brollini

Antonio Buonpane

Valentina Caldaroni

Elisa Cappiello

Maria Cristina Carbone

Davide Carlesimo

Valerio Carlesimo

Raffaella Carlucci

Alessandro Catracchia

Sara Cedrone

Luciana Chierchia

Federica Cicchini

Raffaella Cipolloni

Giuseppe Ciuffetta

Francesco Corradini

Giulio Corrente

Angela De Biasio

Roberta De Feo

Cinzia De Lellis

Giuseppina De Meo

Daniela De Nunzio

Anna De Petrillo

Andrea Della Torre

Benedetta Delle Cese

Antonella Delle Donne

Niccolò Delli Colli

Carla Di Bernardo

Carlo Di Caprio

Francesca Di Ruzza

Antonia Di Sano

Carmen Di Silvestro

Cecilia Evangelista

Ramona Fabrizi

Sara Falcone

Filomena Falduto

Sara Federici

Sabrina Filona

Maria Folcarelli

Luca Forte

Rosaria Fresta

Daniele Fusaro

Teodora Gabrieli

Maria Galasso

Alessandra Gargano

Adelina Giangrande

Gabriele Giarrusso

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Stefania Giuliano

Stefania Gneo

Assunta Goglia

Giuseppina Iannattone

Angela Immediata

Manuela Ingrao

Federica La Porta

Francesca Lorini

Alessandra Lucciola

Nadia Lullo

Emiliano Lunghi

Regina Manfuso

Riccardo Mignanelli

Mara Minchella

Marco Marcelli

Anastasia Marsella

Miriam Miele

Francesca Nobile

Salvatore Oliva

Arianna Olivella

Sofia Pasquarelli

Federica Petronio

Lorenzo Perrino

Daria Pica

Antonella Pirolli

Maurizio Pisano

Donato Polidoro

Antonella Proia

Ettore Quadrini

Myriam Quattrociocchi

Marco Ragusa

Mariangela Raimo

Elena Riccio

Valentina Romano

Alessia Roscia

Maria Giuseppina Rossi

Tommaso Alessio Salemme

Agnese Salomone

Giacomo Salvati

Gianluca Saravo

July Sardellitti

Cinzia Saturnino

Erasmo Scipione

Gianluca Simeone

Enrico Simone

Roberto Sorace

Federica Sparvieri

Giovanna Stellato

Amalia Tessitore

Francesca Ticino

Marzia Tomao

Valentina Tucci

Ilaria Tucciarone

Paolo Turcano

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Lezioni a.a. 2010-2011

1

Amalia Valente

Simona Valente

Alessandra Ventre

Ilenia Violante

Antonio Visocchi

Gionata Zaronni

Adriano Zeppa

Alessandro Zonfrilli

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Conversazioni sul diritto

2

I. Interpretazione e

argomentazione giuridica

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Lezioni a.a. 2010-2011

3

1. Argomentazione giuridica

L‟argomentazione può essere considerata un

ragionamento che permette di arrivare a conclusioni

partendo da enunciati che costituiscono premesse. In

Luhmann l‟argomento giuridico è “simbolo della validità

del diritto” ma, allo stesso tempo, non consente di

modificare il testo giuridico, servendo solo il

funzionamento del sistema. In questo senso si può

discutere di un‟argomentazione funzionale1

che

stabilizza e assorbe le incertezze, esercitando una

funzione immunitaria e di controllo. Si tratta di una

forma a due versanti che utilizza gli argomenti non in

qualità di buoni o cattivi ma come funzionali/non

funzionali al sistema diritto, deputato a svolgere una

funzione immunitaria, cioè ad ergersi a protezione degli

altri sistemi nel caso questi vengano attaccati2

.

Strettamente collegati all‟argomentazione sono i concetti

di interpretazione e di ermeneutica: il primo serve a

comprendere la ratio del testo e il secondo, che significa

“tecnica dell‟ interpretazione”, ha gli stessi tratti della

„maieutica‟. Nonostante l‟ermeneutica contemporanea sia

Morisia Arpino.

1 Cfr. B. Romano, Filosofia e diritto dopo Luhmann, Roma, 1996.

2

Chi argomenta utilizza gli exempla che vanno „de parte ad

partem‟ e sono intesi come paradigmi utilizzati al fine di

argomentare situazioni analoghe a quella considerata. La

costruzione dell‟exemplum necessita di regole.

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Conversazioni sul diritto

4

il metodo attraverso il quale presente e passato possono

essere interpretati, Luhmann la considera inaccettabile in

età moderna, qualificandola come riduttiva e

anacronistica e collocandola a margine di

un‟interpretazione in cui gli argomenti devono garantire

uniformità e autorevolezza al testo.

Da quanto esposto si può affermare che Luhmann non

pone interrogativi sulla giuridicità degli argomenti,

soffermandosi esclusivamente sulla loro “volontà

numerica”.

2. La teoria sociologica di Niklas Luhmann

Rispetto alla prevalente sociologia contemporanea, che

pone l‟individuo al centro del problema sociologico,

Luhmann riporta l‟attenzione intorno al sistema, inteso,

non tanto con riferimento alle forze interne che ne

garantiscono la continuità, quanto alla sua capacità di

contrapporsi all‟ambiente cui appartiene. Luhmann

distingue, infatti, tra „mondo‟, infinita molteplicità e

complessità del reale, che ci riporta alla weberiana idea

di cultura come “sezione finita tratta dall‟infinità priva

di senso del mondo” e „ambiente‟, “delimitazione delle

possibilità concretizzabili che si danno in una particolare

situazione”.

Erika Bevilacqua.

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Lezioni a.a. 2010-2011

5

Nel processo di riduzione della complessità emerge il

rischio che vengano positivizzate aspettative diverse dalle

proprie, infatti, si tratta di unità di tipo biologico in cui

emerge la volontà del più forte. Come quelli biologici,

anche i sistemi descritti da Luhmann hanno confini fisici

e temporali (nascita e morte), definiti in base all‟agire

funzionale: si tratta di complessi di azioni intrecciate che

creano stabilità in seguito all‟instaurarsi di reciproche

aspettative. Contrariamente a quanto sostenuto da Weber,

il senso non trova il suo fondamento nell‟intenzionalità

del soggetto ma nel funzionare sistemico.

L‟ordine sociale, dunque, secondo Luhmann è possibile

mediante il “funzionamento del senso” cioè mediante la

formazione di sistemi sociali in cui, come nella teoria

giusnaturalistica, la norma è data a prescindere

dall‟intenzionalità dell‟uomo che ne seleziona i

contenuti nella relazione intersoggettiva. In questa

direzione, poiché la validità del diritto non dipende da

principi etici ma da decisioni (sono queste ultime a

rendere positivo il diritto), si può cogliere un nesso tra

teoria giuridica e scienza delle decisioni4

.

Il rispetto di determinate procedure genera la

differenziazione all‟interno del sistema società fino a

4

La scienza delle decisioni ha un ambito più vasto nel senso che la

teoria sistemica mette in luce una struttura complessa di problemi e

di possibili soluzioni.

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Conversazioni sul diritto

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formare sottosistemi ognuno dei quali ha un suo

particolare strumento di comunicazione: quello

dell‟economia è il denaro, quello della famiglia è

l‟amore, quello della scienza è la verità, la politica,

infine, ha come mezzo di comunicazione il potere che

Luhmann definisce un rapporto sociale asimmetrico che

riesce a mantenersi in vita senza l‟uso della forza. In

questa prospettiva, si ha potere quando una parte

seleziona le possibilità a disposizione di un‟altra in

misura superiore a quanto questa non possa fare nei

confronti della prima.

La differenziazione comporta non soltanto la formazione

di sottosistemi ma anche l‟autoreferenzialità: parlare di

parole, decidere su decisioni, etc., la scienza, ad esempio,

„costituisce il suo stesso oggetto‟.

Infatti, nella teoria sistemico funzionale di Luhmann, la

distinzione tra un sistema e il suo ambiente va

inquadrata nel concetto di autoriferimento, distinto in:

- autoriferimento di base: che non è il sistema ma un

elemento essenziale al sistema, senza il quale quest‟ultimo

non potrebbe sussistere (es. la comunicazione non è un

sistema sociale ma senza di essa tale sistema non può

darsi);

- riflessività: quando il sistema riflette sulla propria

specificità;

- riflessione: quando è posta la differenza tra sistema e

ambiente.

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Lezioni a.a. 2010-2011

7

Luhmann afferma che la società mondiale si basa

sull‟interazione che, allo stesso tempo cerca di

„trascendere‟, infatti, il sistema sociale non è

necessariamente legato al soggetto, le funzioni compiute

dal sistema sono latenti e, non avendo bisogno della

coscienza dell‟io, sono desoggettivate. La razionalità

coincide quindi con la funzionalità che preclude ogni

possibilità di porsi criticamente dinanzi alla realtà data.

3. La logica giuridica, argomentare una sentenza

Analizzare la “logica giuridica” con riferimento

all‟argomentazione di una sentenza significa

riconoscerne il ruolo preminente in ambito antropologico

prima ancora che giuridico.

Quando si discute di logica giuridica si fa riferimento ad

una concezione che concepisce il diritto come un sistema

coerente di norme ma quali sono le modalità attraverso le

quali è possibile articolare la logica giuridica?

Sin dall‟antichità si ritiene che gli assiomi necessari per

un corretto argomentare siano la dialettica e la retorica.

Seguendo una via meno scientifica, quando si discute di

dialettica, ci si riferisce all‟arte della parola ovvero alla

capacità di utilizzare in maniera adeguata il

linguaggio a seconda del contesto in cui un soggetto è

collocato. Quanto alla retorica, invece, si rinvia alla

Giuseppe Bisceglia.

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Conversazioni sul diritto

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capacità del singolo di individuare quegli argomenti tali

da persuadere, cioè, alla possibilità di utilizzare

nell‟ambito del discorso (dialettica) tutti gli argomenti

volti determinare il convincimento di chi ascolta.

Tuttavia, nell‟ambito della nostra analisi è doveroso

domandarsi se gli aspetti succitati abbiano una valenza

generale, cioè una portata applicativa che investe ogni

ambito oppure se nel settore giuridico presentino aspetti

differenti. Sulla base di tali considerazioni occorre

evidenziare che, se pur implicitamente, il concetto di

logica giuridica non è un tema di carattere generale ma

assume rilievo in ambito giuridico a partire – per esempio

– dall‟art. 111 della Costituzione italiana, in ragione del

quale sussiste l‟obbligo di ogni giudice „di motivare‟ e

quindi argomentare ogni suo provvedimento sulla base

del principio di „ragionevolezza‟. In questo senso, gli

elementi della retorica e della dialettica occupano una

posizione dominante, sussistendo in capo al giudice

l‟obbligo di redigere una motivazione attraverso parole il

più possibile chiare e precise. Questa concezione potrebbe

tradursi in un‟unica parola: “buona decisione” e potrebbe

essere così spiegata; il giudice nell‟argomentare la propria

sentenza, non deve avvalersi di locuzioni precise in nome

della propria autorità ovvero del ruolo occupato, dovendo

essere un atto destinato all‟intera collettività e, dunque,

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Lezioni a.a. 2010-2011

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come elemento che fuoriesce dal sistema diritto ed entra

in un nuovo sistema5

.

L‟argomentazione giuridica richiede, infatti, due

giustificazioni, una interna, legata al nesso logico-

sistematico che determina una congiunzione tra fatto e

diritto e quindi ciò che è considerato un mero fatto nella

realtà sociale e ciò che nel sistema giuridico è considerato

“giusto”, e una esterna attraverso la quale il giudice è

tenuto ad elaborare delle premesse tenendo conto tanto di

aspetti che concernono la realtà che lo circonda (il

sistema sociale), quanto di elementi tipici del sistema in

cui è immesso (sistema diritto) e sulla base di tali

premesse argomentare in maniera tale da raggiungere la

decisione finale6

.

Argomentando in questa direzione, il postulato “ciò che è

giusto e ciò che non lo è” costituisce una dicotomia che

assume rilevanza e significato diverso a seconda del

contesto in cui è inserita. A sostegno di questa

considerazione si deve evidenziare, infatti, che mentre nel

sistema diritto tale assioma riflette aspetti tipicamente

legati a nozioni giuridiche: ciò che è legale e ciò che non

è legale, in un altro sistema, come quello morale, si

presenta nelle vesti di ciò che è buono moralmente e ciò

che non lo è. Si tratta di un aspetto che, nella logica

argomentativa, rappresenta il fulcro di ogni decisione.

5 Cfr. www.wikipedia.it

6 Cfr. www.emagister.it

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Conversazioni sul diritto

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Nel settore giuridico il giudice è tenuto ad argomentare

una sentenza alla luce del postulato legale-non legale e

dunque quello che è legalmente scritto e quello che non lo

è; diversamente nel sistema morale ogni soggetto è

chiamato a praticare decisioni sulla base di valutazioni

che non assumono un portata generale ed oggettiva

(come per il sistema diritto), bensì soggettiva (ogni

individuo nella realtà sociale opera in maniera conforme

ai proprio valori e alle proprie convinzioni anche se

differenti da quelli di altri individui). Sulla base di

queste analisi si può affermare che vi è una logica diversa

in ogni sistema che l‟uomo utilizza in conformità al

sistema in cui opera (il giudice argomenta sulla base di

una logica che è giuridica, il teologo sulla base di una

logica morale etc.).

Mentre nel sistema diritto, il giudice, nell‟argomentare la

propria decisione, è vincolato a canoni legali dai quali

non può discostarsi e dunque non può addurre

considerazioni personali fuorvianti ai fini giuridici, in

altri sistemi come quello morale, sociale, etc. ogni soggetto

può decidere mediante argomentazioni che possono

presentare anche un carattere soggettivo.

Alla luce di quanto detto è possibile ritenere che la logica

giuridica, si presenti come un presupposto imprescindibile

al quale il giudice non può sottrarsi poiché, essendo la

sentenza non solo un atto processuale ma anche collettivo,

deve essere redatta in maniera tale da consentire al

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destinatario di comprendere quale sia la logica adottata

dal magistrato per la risoluzione di un caso e di avviare,

in alcuni casi, quelle procedure volte a renderla logica.

4. Arte e tecnica nel diritto

Jacques Derrida, commentando Franz Kafka, ripropone la

domanda sul “come giudicare”, osservando che “se i

criteri fossero semplicemente disponibili, se la legge fosse

presente, là, davanti a noi, non ci sarebbe giudizio... ci

sarebbe... sapere, tecnica, applicazione di un codice,

apparenza di decisione, falso processo, o ancora racconto,

simulacro narrativo a proposito del giudizio... non ci

sarebbe motivo di giudicare, di preoccuparsi del giudizio,

non ci sarebbe più da chiedersi ... „come giudicare?‟”.

Queste considerazioni mostrano che il giudizio richiede

l‟arte dell‟interpretazione, descritta da Giuseppe

Benedetti – giurista – come “sfondamento dell‟esperienza

verso il futuro” – di cui si discuterà anche in seguito – non

avvicinabile alla cosiddetta „intelligenza‟ dei sistemi

biologici o dei sistemi informatici che non hanno

consapevolezza del futuro, non si interrogano sui

„criteri‟, non manifestano controversie di senso. La

struttura dell‟interpretazione corrisponde al linguaggio

plurivoco delle parole, non riducibile nel linguaggio dei

numeri, infatti, “come la lettura di uno spartito musicale,

Emiliano Boni.

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Conversazioni sul diritto

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anche la lettura del testo delle leggi ha vita solo in una

interpretazione”.

In questa prospettiva, si inquadrano la successione di

domande proposte da Derrida: „che cosa significa

giudicare?‟, „come giudicare?‟.

Gli interrogativi che alimentano il giudizio giuridico

sono pensabili solo a partire da un sapere parziale perché

riguardano l‟uomo, mai oggettivabile in un sapere totale

né possessore di conoscenze assolute, ma interprete

costante di un sapere in formazione. Il tecnico delle

norme non si interroga secondo un „perché‟, non cerca il

„senso‟, ma lavora per un funzionamento del „come‟ delle

leggi, avvicinate al modello delle leggi dei sistemi

biologici, che, secondo la prospettiva del bio-diritto,

presentano la dimensione dell‟utile biologico come lo

schema da assumere per la funzionalità delle leggi

giuridiche. Nelle operazioni del bio-diritto è però asssente

il dialogo che si svolge tra i soggetti del

linguaggio=discorso e che, afferma Heidegger, chiede a

“chi studia diritto” di “interrogarsi sull‟essenza del

linguaggio” secondo “un costante essere in cammino…

costituito di domande preliminari” nella consapevolezza

che il giurista è portatore di un interrogativo che ha a

che fare con il suo io rispetto al tecnico che esegue

funzionalmente un dato. Il giudizio giuridico è emesso

“nel nome–di” un‟umanità impersonale che non parla,

non pensa la formulazione dei concetti, non giudica il

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Lezioni a.a. 2010-2011

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singolo ma è il simbolo della terzietà di chi opera con uno

sguardo imparziale e disinteressato. Se, come ritiene

Nietzsche, il giudizio fosse un fenomeno biologico, non

avverrebbe nel dialogo, “che attiva il pathos della ricerca

del senso nell‟opera dell‟interpretazione”. A tal proposito,

Heidegger, “riconosce la centralità dell‟interpretare e del

comprendere che trova spazio nel processo giudiziario

quando si apre al dialogo tra le parti”.

5. La teoria dell‟argomentazione di Niklas Luhmann

a) Profili generali. Per Luhmann argomentare significa

“tracciare linee guida” per arrivare ad un determinato

risultato argomentativo, costruendo, attraverso

l‟organizzazione di argomenti selezionati

funzionalmente, una procedura, l‟argomentare per

procedimenti adeguati7

a prescindere dalla discussione

sulla legalità, stante la contingenza tra normatività e

giuridicità.

L‟argomentazione concerne anche la discussione sulla

cosiddetta “procedimentalizzazione” che si nutre della

diversità dei casi, risolti custodendo la coerenza interna

di un sistema attraverso gli argomenti elaborati nella

“chiusura operativa” che genera la decisione

Antonia Brollini

7 Ad esempio, l‟avvocato nell‟ambito di un processo deve utilizzare

un argomento adeguato, altrimenti perderà la causa. Lezione del

3 novembre 2010.

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Conversazioni sul diritto

14

(sentenza/decreto/legge)8

e “un‟apertura informativa” che

li seleziona.

Luhmann, studia e approfondisce la classicità ma se ne

distanzia, costruendo un sistema avulso dai principi

tradizionali, concentrato esclusivamente sulla

produzione di argomenti che consentono il

funzionamento del sistema, chiuso al domandare che

causerebbe inceppamento e costi sociali.

In questa prospettiva, si comprende perché i concetti come

topica, retorica, dialettica, ermeneutica rimangono fuori

dal sistema luhmanniano, infatti, tutta la teoria

dell‟argomentazione rappresenta la negazione dei

classici e di tutte le relative categorie a conferma di un

formalismo in cui l‟argomentazione è funzionale alla

celerità ed economicità della decisione a prescindere

dalla qualità della stessa.

Secondo Luhmann, l‟argomento e l‟argomentazione non

si sviluppano de toto ad ipsum ma de parte ad partem,

attraverso, cioè, il metodo proprio della eterarchia dei

sistemi affinchè l‟argomento sia succinto e

immediatamente comunicabile e, la norma, il prodotto

finale di una serie di argomenti.

In questo contesto, non occorre più una dottrina che

sollevi domande, rilevando esclusivamente a l‟esecutività

degli argomenti forniti dal legislatore da parte del

8 N.Luhmann, Das Recht der Gesellschaft, Frankfurt, 1995, Cap. 8.

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Lezioni a.a. 2010-2011

15

giudice, trasformato nel tecnico delle norme: non è la

norma ad essere adattata alla fattispecie concreta, ma il

soggetto, nelle vesti dell‟organo giudicante, ad adeguarsi

all‟argomentazione della norma data.

Luhmann discute di una sequenzialità e ricorsività9

del

sistema, delle condotte, dei reati, tutte situazioni distinte,

altrimenti si dovrebbe parlare di ripetitività, infatti,

rigetta il passato ma non gli argomenti del passato, utili

a conferire luminosità all‟argomentazione, facendola

funzionare.

La regola adottata dal sociologo prevede di trattare in

modo uguale quello che è uguale e in modo diseguale

quello che è diseguale, distinguendo le diverse situazioni

simili nel merito ma non nella forma e formulando regole

astratte a partire da un‟argomentazione in grado di

offrire la soluzione del problema a prescindere dalla

qualità dei contenuti. Il risultato dell‟argomentazione

non è la promessa di realizzazione concreta di ciò che

promette la teoria (la legislazione, le regole fisse,la

fattispecie astratta), ma un‟orientazione sempre in

movimento (circolare) per tutta la durata della

procedura”10

.

b) Le fasi dell‟argomentazione. L‟argomentazione è la

combinazione di tre operazioni

9 Lezione del 3 novembre 2010.

10 L. Avitabile, Interpretazioni del funzionalismo giuridico,

Napoli, 2010, p.136.

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Conversazioni sul diritto

16

fondamentali:”operazione/osservazione,autoosservazione/

eteroosservazione,controverso/incontroverso”11

. Attraverso

l‟auto-osservazione il sistema diritto reagisce e anticipa le

differenti opinioni passate o future per mezzo del codice

binario diritto/non diritto12

.

L‟argomentazione tecnico-formale permette di procedere

attraverso quella procedimentalizzazione di cui parla

Luhmann, utilizzando argomenti coerenti con il sistema,

cioè non controversi.

L‟argomentazione è una forma a due versanti13

controverso-non controverso che consente il

funzionamento del sistema che evita nascano questioni in

grado di metterlo in discussione, infatti,

l‟argomentazione è unidirezionale si usano “argomenti

adeguati per procedimenti adeguati”.

c)L‟argomentazione come “razionalizzazione a posteriori

del testo”. Il senso letterale del testo è indispensabile e

l‟attribuzione di senso spetta all‟uomo, animale

razionale.

L‟argomentazione invece, intesa come “razionalizzazione

a posteriori del testo” serve il funzionamento sistemico

attraverso la selezione di argomenti capaci di mediare

tra premesse e conclusioni.

11 Lezione del 3 novembre 2010.

12 L. Avitabile, Interpretazioni del funzionalismo giuridico, cit.,

p.137.

13 N. Luhmann, Das Recht der Gesellschaft, cit., p. 338.

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Lezioni a.a. 2010-2011

17

“Il testo non deve funzionare esclusivamente sotto un

punto di vista sintattico-grammaticale ma deve inserirsi

coerentemente con tutta la testualità dell‟ordinamento

giuridico, ossia il diritto vigente (le leggi non devono

contraddirsi tra di loro, le premesse non devono essere

sconclusionati e all‟interno del testo, ne all‟interno del

più ampio testo che è l‟ordinamento giuridico)”14

.

Quella che comunemente viene definita l‟analisi critica

del testo viene sostituita nella teoria luhmanniana dal

“raccomandare argomenti per procedimenti adeguati”,

dotati di coerenza logico-formale che consentano la

prevedibilità del risultato15

.

Il legislatore allora, per redigere il testo giuridico, è

tenuto all‟osservanza di certe argomentazioni che

prescindono dal rinvio al giusto, rilevando

esclusivamente testi e argomenti che funzionano.

6. Comunicazione nei sistemi

La complessità del sistema giuridico è dovuta alla rete di

comunicazioni che, allo stesso tempo, producono e

riducono la complessità. La parola “comunicare” deriva

dal latino e significa condividere, infatti, non si risolve

14 L. Avitabile, Interpretazioni del funzionalismo giuridico, cit., p.

137.

15 Lezioni a.a. 2010-2011.

Antonio Buonpane.

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Conversazioni sul diritto

18

nell‟atto di inviare un messaggio dal mittente al

destinatario, ma è un processo interattivo che mette in

relazione qualcosa con qualcuno. Tuttavia, Luhmann

descrive la comunicazione non come rapporto tra le

persone ma tra i sistemi, ognuno dei quali possiede delle

potenzialità recettive rispetto alla mole di informazioni

che lo assediano, costringendolo a fare una scelta

preventiva. Luhmann nella sua teoria sui sistemi sociali

dà importanza alla comunicazione e all‟informazione

attraverso la quale un sistema sociale (sistema chiuso) è

in grado di costituirsi, ricostituirsi, ma soprattutto di

autogestirsi (autoreferenzialità e autopoiesi). In questo

senso, la comunicazione non consiste in un mero

trasferimento di informazioni e di dati, ma in una

conoscenza preliminare che consente un processo

interpretativo, ovvero di analizzare il contenuto e quindi

accettare o rifiutare l‟informazione ricevuta. Le

informazioni sono ricevute dall‟ambiente, selezionate dal

sistema e confrontate attraverso un processo denominato

da Luhmann, “autopoiesi”. Al pari degli altri sistemi,

anche quello giuridico seleziona le informazioni da

recepire, e, in seguito agli inputs del “sistema ambiente”,

compie un‟attività di riduzione della complessità,

filtrando il materiale proveniente dall‟esterno mediante

un codice binario, decide se inserire un‟ informazione nel

polo “diritto” o nel polo “non diritto”. Ogni sistema è,

contestualmente ambiente per gli altri, tuttavia, quello

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Lezioni a.a. 2010-2011

19

giuridico ha una “doppia funzione” che espleta attraverso

il codice binario che permette al sistema di muoversi,

superando il paradosso per cui “tutto è il contrario di

tutto”.

7. L‟ermeneutica in Luhmann*

L'ermeneutica, in filosofia, la metodologia

dell'interpretazione, deriva dal greco antico ed è

traducibile con il termine arte o chiarimento. Nasce in

ambito religioso con lo scopo di spiegare la corretta

interpretazione dei testi sacri, ma in seguito assume un

ruolo più ampio tendente a dare significato a tutto ciò

che è di difficile comprensione. In tal senso, può essere

vista come la teoria generale delle regole interpretative

(cui si ricollega l'ermeneutica giuridica) secondo la

quale la legge non è un insieme di dati o di fatti, ma ciò

che gli uomini di legge tendono a costruire o ottenere

quando mettono in pratica la loro gerarchia di valori

morali. “L'ermeneutica filosofica è utile per l'esegesi a

comprendere che nessun testo scritto può prendere vita se

non è fatto rivivere dall'interesse di coloro che lo leggono,

ai quali può offrire, significati sempre nuovi e profondi. È

questo il motivo per cui il senso letterale della scrittura,

nella prospettiva ermeneutica, può offrirsi a riletture

sempre nuove, perché la situazione ermeneutica vive

precisamente di questa tensione tra il passato e l'attualità

* Elisa Cappiello.

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Conversazioni sul diritto

20

storica, tra il testo e la sua comprensione, che significa

anche maggiore comprensione di sé. L‟ermeneutica ha

reso così consapevole l‟esegesi che la lettura di un testo, sia

esso letterario, filosofico o religioso, è condizionata dal

contesto culturale del lettore che muove verso

l'interpretazione del testo partendo da una tradizione di

interpretazione, che tuttavia può arricchire o anche

mutare in relazione alla sua creatività”16

. Professore di

sociologia alla Università di Bielefeld in Westfalia,

Luhmann afferma che l'osservazione sociologica contiene

un elemento problematico, essa compie ciò che viene

descritto in quanto la stessa osservazione è parte

dell'oggetto che intende descrivere. “Per Luhmann non è

più accettabile né proponibile una ermeneutica della

società moderna che ne contempli una onnicomprensiva

caratterizzazione all‟insegna di una rigida e

determinata evoluzione di cui sia possibile definire i

contorni in maniera definitiva... Luhmann sposta il

campo di indagine sulla società e dai suoi avvenimenti,

ad un articolato, e dinamico rapporto di interazione tra

sistema ed ambiente in cui la ipotesi di sopravvivenza è

determinata dalla capacità del sistema di adeguarsi alle

stimolazioni provenienti dall‟ambiente e da interferenze

che vi si insinuano con finalità distruttive e

destabilizzanti. Ogni elemento del sistema sociale possiede

16 Cfr. http://www.disf.org/Voci/3.asp

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Lezioni a.a. 2010-2011

21

limitate potenzialità recettive rispetto alla enorme mole

di informazioni che lo assediano costringendolo ad

effettuare una scelta preventiva rispetto agli scopi ed ai

programmi e talvolta condizionandone i risultati

L‟elaborazione delle informazioni sia nei sistemi sociali

che in quelli biologici segue un percorso evolutivo

all‟interno del quale avvengono delle reazioni selettive

nei confronti degli input esterni che si incaricano di

instradare l‟intero sistema su un sentiero di

semplificazione esistenziale. I connotati assunti dal

sistema, una volta raggiunto l‟equilibrio, configurano la

risultante di infinite possibilità di sviluppo che si

cristallizzano e si consolidano momentaneamente, finché

un nuovo elemento perturbatore non riesce a superare la

barriera protettiva, eretta dal sistema a protezione

dell‟equilibrio precedente, provocando l‟inizio di nuove

possibili opzioni dagli esiti incerti. Comunicazione,

evoluzione, informazione e complessità sono i concetti

chiave a cui Luhmann affida la chiarificazione della sua

teoria dei sistemi sociali. Il concetto di "comunicazione"

funziona da attrattore nei confronti degli altri sistemi ed

è proprio su tale concetto e sui suoi contenuti e significati

che Luhmann introduce una nuova prospettiva di

indagine critica. Arricchisce il processo comunicativo

tradizionale di una pregnanza di senso e di significato,

attribuendo particolare importanza al contenuto della

"comunicazione" ed ai suoi destinatari. Il processo

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Conversazioni sul diritto

22

comunicativo viene sottoposto ad una sorta di inversione

dell‟ordine sequenziale e valutativo del messaggio. È chi

riceve l‟informazione che deve detenerne la chiave di

interpretazione ed esercitare un controllo valutativo sulle

intenzioni e sui contenuti che hanno guidato l‟emittente

nella fase di codifica e lancio dell‟informazione. Per

Luhmann la "comunicazione" non si sostanzia in un mero

"trasferimento" di informazioni e di dati tra due centri di

elaborazione (individui, gruppi, organi) va, bensì, intesa

come una padronanza e comunanza di conoscenze

preliminari che consentono la selezione e la circolazione

del messaggio. Comunicare implica, pertanto, il profilarsi

ed attivarsi di un circuito informativo interpersonale nel

cui raggio di azione si combina ed opera un coacervo di

processi interpretativi finalizzato al riconoscimento ed

accettazione delle proposte di senso e contenuto, ovvero al

loro rifiuto”17

. Un sistema sociale è in grado di costituirsi,

ricostituirsi, ma soprattutto di autogestirsi tutto ciò è

possibile solo mediante una continua comunicazione.

“Luhmann precisa che l'uomo non può essere considerato

un sistema di questo tipo, perché in realtà rappresenta un

altro tipo di sistema più complesso; il sistema psicologico

(coscienza), che a differenza del primo è in grado di

pensare. I sistemi sociali invece non pensano, ma agiscono

17 Cfr. http://www.heliosmag.it/99/1/luhmann.html

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Lezioni a.a. 2010-2011

23

sotto forma di società/organizzazione”18

. Si può affermare

che questi sistemi siano governati dall‟alto da un unico

pensiero diffuso. Il pensiero di Luhmann è condivisibile

nella misura in cui discute dei condizionamenti

sull‟interpretazione derivanti non soltanto dal sistema

ma soprattutto dall‟ambiente in cui si trova l‟interprete

nel momento della lettura.

8. Riduzione di complessità e stabilizzazione delle

aspettative*

La teoria del diritto di Luhmann19

si inquadra in una

riflessione sociologica che lo rende uno dei pensatori più

originali del secolo appena trascorso.

18 Cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Niklas_Luhmann

* Maria Cristina Carbone.

19

Solo per inciso e senza pretese esaustive si precisa che Niklas

Luhmann (1927-1998) ha insegnato Sociologia all‟Università

Bielefeld. Fra le sue opere: “Diritti fondamentali come istituzione”

(Grundrechte als Institution. Ein Beitrag zur politischen Soziologie

- 1965), Theorie der Gesellschaft oder Sozialtechnologie. Was leistet

die Systemforschung? (1974), Sociologia del diritto

(Rechtssoziologie - 1980), “Sistemi sociali” (Soziale Systeme - 1984),

Erkenntnis als Konstruktion (Conoscenza come Costruzione - 1988),

“Sociologia del rischio” (Soziologie des Risikos - 1991), “L'economia

della società” (Die Wirtschaft der Gesellschaft - 1988), “La fiducia”

(Vertrauen - 1989, trad. it. 2002), “La scienza della società” (Die

Wissenschaft der Gesellschaft - 1990), “Il diritto della società” (Das

Recht der Gesellschaft - 1993), “L'arte della società” (Die Kunst der

Gesellschaft - 1995), “La realtà dei mass-media” (Die Realität der

Massenmedien - 1996), “La società della società” (Die Gesellschaft

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Conversazioni sul diritto

24

Sebbene siano innegabili gli elementi di continuità con

la teoria di Parsons20

, supera la “descrizione sistemica” per

avviare quello che lui stesso definisce “funzionalismo

strutturale”.21

Nella teoria sistemica tradizionale il concetto di

“struttura” è privilegiato rispetto a quello di “funzione”

per cogliere le strutture che compongono determinati

sistemi sociali prima delle prestazioni funzionali

der Gesellschaft - 1997), “La politica della società” (Die Politik der

Gesellschaft - 2000), “La religione della società” (Die Religion der

Gesellschaft - 2000), “Organizzazione e decisione” (Organisation

und Entscheidung - 2000; trad. it. 2002), “Il sistema educativo

sociale“ (Das Erziehungssystem der Gesellschaft - 2002),

“Introduzione alla teoria dei sistemi“ (Einführung in die

Systemtheorie - 2002).

20

Talcott Parsons (1902-1979), maestro di Luhmann, sociologo

statunitense, professore ad Harvard dal 1927 al 1973. Il suo lavoro

ha avuto grande influenza negli anni ‟50 e ‟60, particolarmente in

America dove propone una visone delle scienze sociali più

raffinata. Tra le varie opere: “Il sistema sociale” (1951), “Saggi di

teoria sociologica” (1958).

21

A tal proposito L. Avitabile, Le forme del funzionalismo giuridico

in Interpretazioni del funzionalismo giuridico, Napoli, 2010, pp.

3-4. “Sbagliano quanti vogliono vedere in essa solo un‟attività

speculare a quella di Parsons. Luhmann è indubbiamente un

„allievo‟ di Parsons, ma trascende la descrizione sistemica per

giungere all‟affermazione pragmatica dell‟idea di funzionalismo

sistemico, applicato coerentemente alla costellazione dei sistemi

sociali e in particolare al sistema di funzioni giuridico”.

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Lezioni a.a. 2010-2011

25

necessarie all‟esistenza. L‟approccio parsonsiano,

anteponendo la struttura alla funzione, presuppone un

ordine interno tra le parti del sistema che necessita di

non “problematizzare le strutture stesse”22

rispetto a

Luhmann che, invece, avvia una ricerca finalizzata ad

indagare le funzioni svolte dalle strutture sociali per

mantenersi in equilibrio con l‟ambiente facendo della

funzione il punto di snodo per “ridurre la complessità del

mondo”23

.

Luhmann riprende da Arnold Gehlen24

l‟idea di una

discrasia tra ciò che i soggetti immaginano e

comprendono nel mondo e le possibilità effettivamente

offerte alle loro azioni, discrasia da cui scaturisce la

complessità e l‟esigenza di ridurla25

“selezionando” le

22

N. Luhmann, Illuminismo sociologico, Milano, 1983, p. 131.

23 Ivi, p. 86.

24 A. Gehlen (1904-1976), filosofo, antropologo e sociologo tedesco.

Docente di filosofia a Francoforte nel 1933 e successivamente a

Lipsia, Vienna e infine ad Aquisgrana.

25 B. Romano, Male ed ingiusto, Roma, 2009, p. 93. “Nella società

moderna il successo delle operazioni funzionali dei sistemi sociali

accade mediante una sempre più accelerata riduzione della

complessità[…]. La complessità esige la semplificazione, che

necessita degli interventi dei sistemi ancora più confinati, dunque

qualificati di funzioni che, intensificando il loro specializzarsi,

ottengono una semplificazione, destinata però ad essere,

nuovamente e sempre, superata da una nuova complessità, che si

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Conversazioni sul diritto

26

alternative possibili attraverso azioni concertate, connesse

in un insieme dotato di significato26

.

Nel descrivere la complessità, Luhmann prende in

considerazione anche il teorema cibernetico della

“requisite variety” di Ashby27

secondo il quale i sistemi

intanto selezionano la complessità dell‟ambiente in

quanto sviluppano una propria complessità interna e,

quanto più l‟organizzazione interna è complessa tanto

più il sistema è in grado di replicare alle sfide provenienti

dall‟esterno.

Luhmann, dunque, riprende il concetto sociologico di

“sistema” e lo inserisce in una prospettiva metodologica

nuova.

Discute di una società articolata in “sistemi” a loro volta

immersi in un ambiente multidimesionale con il quale

devono “confrontarsi” per sopravvivere attraverso una

“ricorsiva” riduzione della complessità28

che si riflette

rigenera con la circolazione di ulteriori dati = informazioni,

riguardanti la semplificazione già conseguita”.

26 Lezione 13 ottobre 2010.

27 W. R. Ashby (1903-1972), sociologo britannico precursore della

cibernetica.

28 R. De Giorgi, Presentazione all‟edizione italiana de La Fiducia,

p. XIV, “La complessità si produce per il semplice moltiplicarsi della

possibilità e questo stesso moltiplicarsi scaturisce dalla impossibilità

di relazionare uno ad uno gli elementi della struttura che si

costituisce con i singoli eventi che si producono, che si costituisce in

sé. Una cosiffatta struttura non solo si produce da sé, ma si

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Lezioni a.a. 2010-2011

27

nella pluralità di aspettative che un individuo può

formulare; concernenti la prevedibilità degli eventi futuri

ma anche le ”aspettative di aspettative”29

.

In tal modo, “un numero incalcolabile di aspettative

accresce il numero di azioni tra loro combinabili e

quindi il numero delle possibili. Ciò consente di scegliere

un più vasto repertorio di possibilità e accresce la capacità

di adattamento delle società umane”30

.

Tuttavia questo risultato “evolutivo” può diventare

eccessivamente complesso e comportare, insieme ad un

aumento dei livelli di riflessività, anche un aumento

trasforma continuamente da sé e poiché non sono prevedibili né

calcolabili, i percorsi dell‟autotrasformazione si sottraggono alla

razionalità del progetto che, anzi, interviene come fattore ulteriore

dell‟incremento di variabilità: la società si rende instabile da sé, si

sorprende, per così dire, da sé. Ma questa continua instabilità non

può essere tollerata e scaturisce da ciò la necessità di elaborare

strategie selettive che rendano possibile l‟orientamento

dell‟azione”.

29

N. Luhmann, Le norme nella prospettiva sociologica, cfr.

http://www.fscpo.unict.it/S.S.S/Didattica, pp. 56-57. “La generale

pressione della complessità e della contingenza smisurate, che fa si

che si costituiscano strutture interiori di auto motivazione, di

elaborazione delle informazioni e di libertà di apprendimento, si

avverte con particolare durezza nei confronti degli altri uomini

(…) le occasioni [di una nuova complessità e di nuovi rischi]

consistono nella possibilità di accogliere le prospettive altrui”.

30

Ivi, p. 55.

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Conversazioni sul diritto

28

della contingenza31

. Al fine di assicurare la sopravvivenza

del sistema è necessario attuare semplificazioni che

immunizzino dal rischio di errori o quantomeno lo

riducano, fissando alcune tra le aspettative possibili e

rendendole oggettivamente valide.

Quando le norme fissate negli enunciati normativi

vengono smentite dai fatti l‟uomo32

si trova di fronte alla

possibilità di scegliere se mutare le aspettative,

adattandole alla realtà oppure mantenerle ferme

nonostante la delusione.

31

Quanto al concetto di “contingenza” cfr. N. Luhmann,

Osservazioni sul moderno, Roma, 2006, p. 63. “Contingente è tutto

ciò che non è necessario né impossibile. Il concetto, viene dunque

ricavato dalla negazione della necessità e della impossibilità”. B.

Romano, Il giurista è uno zoologo metropolitano? A partire da una

tesi di Derrida, Torino, 2007, p. 18. “Nella condizione

contemporanea […] diviene dominante la velocità di

cambiamento richiesta dall‟accelerazione sempre crescente di

produrre e consumare […]. L‟analisi della condizione attuale

mostra che la „sindrome consumista ha declassato la durata in

favore della transitorietà‟ ed ha raggiunto il suo stadio terminale

nel rovesciamento dei valori, inteso come lo svuotarsi della

gerarchia tra le due dimensioni della durata e della

momentaneità, oggi sottoposte al dominio della contingenza

puntistica di un attimo senza soggetto”.

32 Non si parla di soggetto perché Luhmann non conosce il concetto

di soggettività giuridica, considerando l‟uomo un sistema alla

stregua degli altri.

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Lezioni a.a. 2010-2011

29

In questo senso è possibile discutere la distinzione tra

aspettative cognitive, suscettibili di adattamento alla

realtà, le aspettative normative, rese stabili, resistono ai

mutamenti di fatto33

.

“Le aspettative cognitive sono perciò caratterizzate da

una (non necessariamente consapevole) disponibilità

all‟apprendimento; quelle normative per contro, dalla

decisione di non apprendere dalle delusioni”34

.

La stabilizzazione delle aspettative normative comporta

che se un soggetto è accusato di omicidio potrà aspettarsi

un numero limitato di esiti da una sentenza, rispetto alla

possibilità di riceve un certo numero di regali a Natale,

esempio di aspettativa cognitiva,non stabilizzata.

La trasformazione di aspettative cognitive in aspettative

normative è cioè un “equivalente funzionale” del diritto

ossia una sottofunzione che si ricollega a quella

principale (funzione immunitaria) che procede attraverso

la figura del legislatore, definita anche “camera di

commutazione” degli inputs della società.

33

N. Luhmann, Le norme nella prospettiva sociologica, cfr.

http://www.fscpo.unict.it/S.S.S/Didattica, p. 6-64. “Le aspettative

verso le quali vi è un‟aspettativa disposta all‟apprendimento

possono chiamarsi aspettative cognitive e viceversa possono dirsi

aspettative normative quelle verso le quali vi è aspettativa disposta

al non apprendimento[…]si prestabilisce allora se in caso di

delusione certe aspettative saranno riviste oppure no”.

34 N. Luhmann, Sociologia del diritto, Bari, 1977, p. 53.

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Conversazioni sul diritto

30

Le norme sarebbero dunque, per Luhmann, il frutto di

una progressiva attività di “istituzionalizzazione” ossia

di scelta tra le varie aspettative possibili e di un successivo

processo di stabilizzazione. Per parlare di diritto è

necessario inoltre che tali aspettative vengano

“generalizzate in tre dimensioni: temporale, sociale e

oggettuale: la norma assume cioè la fisionomia di

un‟aspettativa simbolicamente generalizzata”35

, sostenuta

dal consenso e ridotta nella sua complessità

contenutistica. Attraverso i simboli il sistema crea

stabilità, controlla il futuro e seleziona le incertezze a

partire dal sentimento di fiducia nella norma.

La scelta delle aspettative da stabilizzare non si basa su

fondamenti ontologici ma “è riferita funzionalmente alla

soluzione di un certo problema”36

e cioè di evitare danni

che potrebbero derivare ad un sistema laddove la realtà

fosse deludente rispetto alle aspettative stesse. Il diritto si

configura, per tanto come sistema immunitario,

funzionale al corretto funzionamento degli altri sistemi

sociali.

In un contesto in cui il „sistema autopoietico‟ “riproduce

ricorsivamente se stesso attraverso operazioni che

attualizzano la differenziazione funzionale del sistema

35 Simbolo è qualcosa di tangibile che rinvia a qualcos‟altro non

tangibile.

36 A. Zaccagnini, Antropologia giuridica e antropologia

funzionale, i-lex, agosto 2010, numero 9.

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31

giuridico quale sistema deputato al rafforzamento di

determinate aspettative”37

, nessuno spazio è riservato

all‟uomo-soggetto che nel pensiero di Luhmann è

sostituito dall‟uomo-ente biologico, sistema tra sistemi,

che “non rischia la formulazione della norma nella

ricerca della verità intesa come qualità relazionale,

interpersonale che si svolge nel domandare e

rispondere”38

.

In tal modo la pretesa giuridica è “spersonalizzata”

perché prescinde da valori, contenuti e motivi ed è

completamente asservita alla funzione immunitaria

secondo la dicotomizzazione legale/non legale a sua

volta inclusa nel codice binario diritto/non diritto.

Il diritto dunque non trova il proprio centro propulsore

nell‟uomo/soggetto/persona, assolvendo soltanto ad una

funzione e trasformando in aspettative normative

contenuti esenti dal vaglio di “giustezza”.

9. L‟exemplum nell‟argomentazione giuridica di Niklas

Luhmann*

Nel panorama filosofico oggetto dell‟argomentazione

giuridica prospettata da Niklas Luhmann, emerge, come

momento essenziale, la questione dell‟exemplum, termine

37 R. Nocerino, Complessità e diritto: Brevi riflessioni su Niklas

Luhmann e Bruno Romano, i-lex, dicembre 2010 n. 11.

38 B. Romano, Sistemi biologici e giustizia, cit., p. 143.

* Raffaella Carlucci.

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Conversazioni sul diritto

32

di derivazione civil-romanistica39

con il quale si intende

un principio, un fatto, una vicenda reale ovvero

fantastica che viene citata a sostegno di una determinata

tesi che si vuole dimostrare: l‟exemplum è una prova-

testimonianza che attesta la veridicità di quanto si sta

sostenendo40

.

Ritenendo l‟exemplum un elemento che contribuisce a

chiarire la res in esame (nisi exempla subiecero,

intellegere dilucide non poteris41

), si può percepire lo stesso

come un atto di attenzione nei confronti del destinatario:

infatti mediante la proposta di un caso specifico e

concreto, che si suppone a tutti ben noto, il mittente si

preoccupa di agevolare la comprensione di quanto

sostenuto, abbandonando i luoghi dell‟astrattezza per

quelli più accessibili del noto e del concreto, scuotendo

così la passività dell‟uditorio e, nello stesso tempo,

rinsaldare il legame tra chi parla e chi ascolta42

.

La pratica esemplare è un fenomeno esteso nel tempo e

vario nelle utilizzazioni. Si incrociano nel suo uso,

infatti, istanze derivanti da campi diversi: da quella

39 R., Martini, Appunti di diritto romano privato, 2007, pp. 5-6.

40Cfr.http://doc.studenti.it/appunti/letteratura/exemplum .htm

41"Nisi exempla subiecero, intellegere dilucide non poteris",

Cicerone, Retorica a Herenio, Libro II.

42 R. Gazich, Exemplum ed esemplarità in Properzio, Milano, 1995,

pp. 3-4.

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33

giudiziaria, dove assume valore di precedente43

,

all‟oratoria epidittica44

, dove costituisce uno strumento

fondamentale per congiungere passato e presente

attraverso il richiamo alle tradizioni comuni.

Aristotele ha elaborato per primo il concetto di exemplum

nell‟ambito della retorica45

, attribuendo al termine

43 È esemplificativo a tal proposito il confronto tra ordinamenti di

civil law e ordinamenti di common law: i primi si ispirano al

modello introdotto in Francia nei primi dell‟Ottocento con la

codificazione napoleonica, la cui caratteristica è quella di fondare

tutto il sistema giuridico sulla mera fonte legislativa, di

conseguenza, mentre il legislatore e la legge codificata assumono

così il ruolo di cardine del diritto, ai giudici e alla giurisprudenza

viene demandato il compito (subordinato) di applicare la legge

attraverso la sua corretta interpretazione; gli ordinamenti di

Common Law, tra cui quello inglese, quello statunitense e, in

genere, quelli di tutti i Paesi di matrice anglosassone, al contrario,

non sono basati su un sistema di norme raccolte in codici, bensì sul

principio giurisprudenziale dello stare decisis, vale a dire sul

carattere vincolante del precedente giudiziario. In tale ottica, la

legge diviene fonte normativa di secondo grado, assumendo

funzione di mera cornice, all‟interno della quale vengono a

inserirsi le statuizioni contenute nelle pronunce dei giudici.

44 Per oratoria epidittica di intendono discorsi pubblici in

occasione di cerimonie e festività, sia per commemorare persone

defunte, sia per encomiare cittadini benemeriti, oppure per

propagandare un‟idea di interesse generale; tra i maggiori

utilizzatori di detta oratoria riscontriamo Isocrate.

45 Aristotele, Retorica, a cura di M. Dorati, Milano, 1996, passim.

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Conversazioni sul diritto

34

paradigma il significato di argomento che si trae da un

caso noto per illustrare, grazie alla pregnanza

dell‟esempio che si è scelto, un caso meno noto o affatto

ignoto.

“L‟esempio, sostiene Aristotele, deriva dall‟induzione,

ovvero il principio grazie a cui è possibile un

ragionamento. Gli esempi, a loro volta, possono essere

inventati dall‟autore, è il caso delle favole o degli

apologhi46

, oppure essere tratti dalla realtà, è il caso degli

avvenimenti realmente accaduti, l‟importante, tuttavia, è

che abbiano qualche analogia con l‟oggetto del discorso”

47

.

Il rapporto tra l‟esempio e la proposizione che intende

sostenere non è quello di parte al tutto, né tutto a parte,

né tutto per tutto, ma de parte ad partem48

; questo per dire

che vi è la deduzione che va dall‟universale al

particolare, poi vi è l‟induzione che va dal particolare

46 Il primo favolista della letteratura latina è Fedro, a lui spetta il

merito di aver elevato la favola alla dignità di genere letterario

autonomo: prima di lui la favola di esopica era rimasta al

margine della cultura ufficiale, perché esprimeva il mondo degli

schiavi e dei poveri, di quelli che non contano. Fedro ripropose,

attraverso l'apologo animale, il quadro di una società in cui

dominano, in modo crudo, i rapporti di forza tra gli uomini.

47 http://it.wikipedia.org/wiki/Retorica_(Aristotele)

48 Aristotele, Retorica, a cura di M. Dorati, cit., passim.

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Lezioni a.a. 2010-2011

35

all‟universale, ed infine abbiamo il paradigma che va dal

particolare al particolare.

L‟exemplum trova il suo apice nella mentalità romana49

,

basata sul ricorso al passato mediante l‟auctoritas, ossia

attraverso gli anziani presenti nel loco, che, avendo molto

vissuto, possono agganciare al passato gli eventi del

presente, assistere i giovani col loro consiglio perché sanno

ricordare casi consimili concernenti la coltivazione dei

campi fino alle grandi scelte politiche.

In un contesto in cui la tradizione romana vede gli

esempi come proposta di valori e di continuità col passato,

Cicerone individua l‟importanza dell‟esempio nella

pratica giudiziaria50

, come supporto del discorso per

meglio persuadere; l‟esempio è visto da Cicerone come un

precedente, e il saperlo citare consente l‟individuazione e

49 Nel De Senectute Cicerone delinea l‟ideale di una vecchiaia

operosa, dedita alla coltivazione della terra e dello spirito, nonché

all‟ammaestramento dei giovani, ribattendo sulle accuse che

vengono generalmente rivolte alla vecchiaia, cioè la debolezza e

decadenza fisica nonchè l'attenuarsi delle capacità intellettive.

50 Nel De oratore Cicerone traccia la figura del perfetto oratore

individuandone i requisiti fondamentali: in primo luogo, occorre

avere una cultura personale capace di abbracciare tutti i campi,

dalla letteratura alla filosofia, arte e scienza, matematica e

astronomia, in secondo luogo, bisogna saper catturare l‟attenzione

del pubblico attraverso l‟utilizzo di aneddoti e di battute taglienti,

in modo da lasciare senza parole l'avversario.

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Conversazioni sul diritto

36

la presentazione di analogie strumentali alla buona

riuscita della strategia giudiziaria.

Sulla base di tale attribuzione «funzionalistica»51

, la

cultura cristiana, al fine di rafforzare le proprie

asserzioni dottrinali, ricorre al racconto di eventi

miracolosi e di biografie di uomini d‟eccezione come i

santi per diffondere valori morali e religiosi52

.

L‟exemplum, infatti, viene utilizzato dai predicatori per

ricondurre sulla giusta strada coloro che hanno

commesso dei peccati e, attraverso questi, tentano di

convertire la popolazione.

Col diffondersi della predicazione dei mendicanti

l‟exemplum diventa l‟ornamento più specifico della

predica popolare, la forma più pronta e idonea, di cui

disponga il Medioevo, di rappresentazione del reale. In

senso stretto si deve quindi intendere per exemplum un

breve racconto che illustra e prova un principio morale,

un concetto, mentre in senso più ampio il termine sta ad

designare tutto il “materiale narrativo e descrittivo del

passato e del presente: non solo racconti dunque, ma

anche similitudini, proverbi, episodi tratti dalla Scrittura

e dalla letteratura profana. L‟exemplum, in sostanza, è

51 Il termine è di chiara derivazione luhmanniana.

52 Attraverso il racconto di momenti della vita di un santo alle

prese con diavoli e tentazioni diaboliche, i Padri della Chiesa,

primo fra tutti Gregorio Magno, sono riusciti a predicare la fede

cristiana anche alla popolazione illetterata.

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Lezioni a.a. 2010-2011

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morfologicamente la prima manifestazione della

narrativa medievale; storicamente l‟àmbito della

predicazione interferisce continuamente in quello della

letteratura e viceversa, in un gioco di azione e reazione

che è stato solo in parte svelato. Pulpito e letteratura sono

strettamente connessi nella cultura europea medievale,

talvolta anche a scapito della serietà della predica tanto

che Dante53

attacca i mestieranti del pulpito pronti a

intrattenere i fedeli «con motti e con iscede»54

anziché

con la dottrina di Cristo.

Recentemente l‟exemplum è stato descritto come una

struttura narrativa caratterizzata dal rapporto tra la tesi

morale da dimostrare e il motivo propriamente narrativo.

“In base al variare di questo rapporto si possono

determinare vari tipi di exemplum. Storicamente a un

proto-exemplum, dove prevale l'intento morale, si passa a

quello che viene denominato «esempio in declino», dove

53 Anche in Dante si riscontra l'utilizzo dell‟exemplum inteso come

fatto, episodio ovvero comportamento degno di nota e quindi

segnalabile come modello da imitare o evitare, inoltre Dante

attraverso il ricorso all‟exemplum chiarifica e rende credibile ciò di

cui sta discorrendo.

54 D. Alighieri, Divina Commedia, Roma, 1975, Paradiso XXIX, 103-

107.

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Conversazioni sul diritto

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l‟interesse per la pura narrazione ha la meglio

sull'impegno didascalico” 55

.

Così si passa dall‟exemplum morale, dove prevale

l‟insegmanento, il docere, all‟ exemplum narrativo, dove

il divertimento tende al sopravvento sull'insegnamento, il

delectare sul docere, fino a giungere alla novella vera e

propria nella quale l'intrattenimento diviene l'unico fine

ultimo della narrazione56

.

Discostandosi da ciò che emerge da una teoria classica e

consolidata dell‟exemplum, Luhmann identifica lo stesso

come un paradigma di argomento che si applica a casi

da decidere e presenta le caratteristiche della ricorsività57

e della ripetitività58

: l‟exemplum è, infatti, il nucleo

essenziale dell‟argomentazione giuridica.

55Cfr.http://centri.univr.it/RM/didattica/strumenti/delcorno/saggi/

cap8.htm

56 T. Crivelli, Feconde venner le carte: Studi in onore di Ottavio

Besomi, Bellinzona, 1997, pp. 200-201.

57 L. Avitabile, Facoltà di Giurisprudenza, Università di Cassino,

lezione del 13 ottobre 2010: "La ricorsività è una caratteristica

della teoria sistemico-funzionale, e rappresenta la ripetizione ma

non la copiatura; non ci sono casi da prendere come pari né casi

clonati, infatti sono gli avvocati e i giudici a far si che i casi che

tornano, ovvero gli argomenti, vengano utilizzati in maniera

adeguata per quel procedimento".

58 Per ripetitività si intende il fatto che i casi appartengono a

decisioni precedenti, e tali ripetizioni hanno una doppia esigenza:

identificare delle regole e confermare tali identificazioni.

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Lezioni a.a. 2010-2011

39

Con l‟accezione argomentazione giuridica, Luhmann

intende il “raccomandare argomenti adeguati per

procedimenti adeguati”, al fine di procedere senza tener

conto della qualità dell‟argomento59

. L‟argomentazione

giuridica altro non è che un „aggiustamento‟ della realtà

giuridica al caso concreto attraverso l‟opera del giurista.

L‟elemento attraverso il quale si risale alla ratio della

norma oggetto dell‟argomentazione è “l‟argomento

giuridico-funzionale”60

, tale da garantire il

funzionamento del sistema61

senza dover tenere conto

della qualità dei contenuti.

“Nel sistema diritto62

, infatti, ogni argomento giuridico

posto a fondamento dell‟argomentazione di una norma

deve fornire elementi attraverso cui giungere ad una

decisione con riguardo a ciò che è conforme o meno al

diritto: in tal modo viene preso in considerazione ciò che,

59 Per questa ragione, Luhmann sostiene che si deve lasciare da

parte l'applicazione dei principi generali, i quali interrogandosi

sul senso delle cose bloccano il funzionamento del procedimento

60 Il termine è di chiara derivazione luhmanniana.

61 Con il termine sistema Luhmann indica un'entità dotata di

senso che funziona secondo criteri tendenti ad assicurare

l'equilibrio interno tra gli elementi che compongono l'entità stessa.

62 Il sistema diritto si differenzia dagli altri sistemi per la sua

funzione immunitaria; infatti, esso tutela gli altri sistemi facenti

parte della costellazione dei sistemi sociali, impedendo che le

controversie che sorgono all'interno degli stessi, portino alla loro

estinzione.

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Conversazioni sul diritto

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in quanto conforme al diritto, risulta funzionale al

funzionamento del sistema giuridico, ponendo ciò che

non è conforme ad diritto nel polo non-diritto del codice

binario del sistema giuridico, ed in quanto tale destinato

a cadere in desuetudine”63

.

È evidente che il sistema giuridico attraverso il fenomeno

dell‟autoreferenza64

, ossia operazioni sistemico-

funzionali, crea al suo interno argomenti giuridici,

simboli65

della validità del diritto vigente attraverso

collegamenti con l‟esterno e il suo interno. Infatti,

dall‟ambiente esterno assume materiali e assimila

informazioni, definita anche “apertura informativa”,

63 L. Avitabile, Interpretazioni del funzionalismo giuridico,

passim.

64 Per autoreferenza Luhmann indica il fatto che esistono sistemi i

quali si riferiscono a se stessi mediante ogni loro

operazione/osservazione. Si ha autoreferenza quando l'operazione

di osservazione è inclusa in ciò che viene indicato, quando cioè

essa indica qualcosa al quale appartiene. Quindi il sistema è

autoreferenziale nel momento in cui istituisce delle procedure e fa

sì che queste procedure ritornino sotto forma di risultati al sistema

stesso.

65 Il simbolo è qualcosa di visibile che rinvia a qualcosa di non

immediatamente visibile, cioè a qualcosa di non concreto. Secondo

la concezione di Luhmann, in ogni ordinamento giuridico il

simbolo genera stabilità e sensibilità: stabilità perchè esso riporta

tutti ad un idem sentire; sensibilità perchè c'è la percezione

metaforica di quello che è l'idem sentire.

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Lezioni a.a. 2010-2011

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all‟interno le informazioni vengono analizzate ed

elaborate dal codice binario che riduce, in tal modo, la

complessità66

e rende il sistema in grado di operare

assegnando il materiale al valore positivo o negativo del

codice, definita “chiusura operativa”.

Pertanto, secondo Luhmann, gli argomenti non si

sviluppano de toto ad ipsum, poiché non è ammissibile

una gerarchizzazione degli argomenti, ma de parte ad

partem, ossia con il metodo della eterarchia67

in modo

tale da produrre un argomento sintetico, immediato

nonché comunicabile.

66 La complessità di un'unità è, per Luhmann, il fatto che non tutti

gli elementi di tale unità possono essere contemporaneamente in

relazione fra loro. Applicando tale ragionamento alla teoria dei

sistemi, si può affermare che il numero di relazioni astrattamente

possibili tra gli elementi di un sistema aumenta in misura

esponenziale rispetto all'aumento del numero degli stessi. Ciò

comporta che non tutto nel sistema può essere messo in relazione

contemporaneamente; dunque un sistema complesso è un insieme

di elementi tra loro connessi ma con l'impossibilità di collegare

ogni elemento in qualsiasi momento con ognuno degli altri. Per

attualizzare le relazioni tra gli elementi è necessaria una

riduzione di complessità del sistema. Secondo Luhmann, tale

riduzione della complessità avviene ogni qualvolta che la struttura

relazionare di un fenomeno complesso viene ricostruita da un

secondo fenomeno caratterizzato da un minore numero di

relazioni.

67 Tutto ciò che viene mosso dal sistema, è mosso muovendosi sullo

stesso piano, su un piano di vicinanza.

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Conversazioni sul diritto

42

È necessario, inoltre, che l‟argomentazione abbia

determinate caratteristiche quali la “professionalità”,

intesa nel senso di esperienza, cultura, trasparenza;

“l‟eleganza”, ossia lo stile ed infine “l‟economia”, intesa

come razionalizzazione delle risorse, nel caso di specie

degli argomenti. A tal proposito è fondamentale precisare

la distinzione tra fatti, espressione di esigenze sociali

assimilate dal sistema nella fase dell‟apertura

informativa e trattati come fattispecie normative nel

momento di chiusura una volta stabilizzate.

Si può discutere, infatti, di operazioni ricorsive, ovvero di

comunicazioni che autopoieticamente68

si riproducono e

ritornano quando si presentano ipotesi simili da risolvere

con argomenti già sperimentati. Infatti, secondo

Luhmann, la fattispecie fissata normativamente

presuppone l‟esserci stati, nel passato, di casi simili,

divenuti dei paradigmi ricorsivi.

10. Ermeneutica: arte dell‟interpretazione*

L‟ermeneutica, in filosofia la metodologia

dell‟interpretazione, deriva dal greco antico e significa

arte dell‟interpretazione, traduzione, chiarimento e

spiegazione che nasce in ambito religioso con lo scopo di

spiegare la corretta interpretazione dei testi sacri. In

68 Con il termine autopoietico Luhmann sintetizza l‟idea di un

sistema in grado di produrre elementi al suo interno.

* Federica Cicchini.

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seguito il termine assume un significato più ampio

tendente a dare una spiegazione a tutto ciò che è di

difficile comprensione. In questo senso può essere vista

come la teoria generale delle regole interpretative.

Oggi si parla anche di ermeneutica giuridica e di

ermeneutica artistica, rispettivamente la metodologia

dell‟interpretazione delle norme giuridiche e delle opere

d‟arte.

Tuttavia, il compito dell‟ermeneutica non si esaurisce

nella lettura o nella statuizione del metodo

interpretativo: il dialogo con le religioni e il pensiero

politico si declinano tuttora secondo quello che viene

chiamato “circolo ermeneutico”, ovvero, il procedimento

circolare che fonda ogni atto interpretativo che muove

dalle parti al tutto e, viceversa.

Colui che svolge attività interpretativa incontra un testo,

ma non si limita né a ripeterlo, né a spiegarlo

scientificamente, lo illumina nella direzione dell‟arte,

che schiude la dimensione del futuro, inteso non

semplicemente come quel che viene dopo, ma come una

creazione di senso.

L‟opera dell‟interprete non è avvicinabile alla cosiddetta

„intelligenza‟ dei sistemi biologici o informatici, che non

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Conversazioni sul diritto

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hanno consapevolezza del futuro, così come la descrive

Benedetti è “sfondamento dell‟esperienza verso il futuro”69

.

L‟interpretazione non è uno spiegare, ma appartiene al

comprendere, che è un dire altrimenti, custodendo sia la

fedeltà verso la genesi del testo interpretato, sia

l‟originalità richiesta nel dover incontrare il destinatario

dell‟interpretazione70

.

Quella del “tecnico delle norme» non è l‟interpretazione

fatta dal «giurista artista della ragione”, infatti, non

cerca il senso, ma lavora solo per il funzionamento del

sistema.

In questa prospettiva è assente il dialogo che si svolge tra i

soggetti del linguaggio-discorso, secondo un costante

essere in cammino costituito di domande che tornano

sempre a coinvolgere colui che domanda nella

consapevolezza che “l‟uomo giurista è il soggetto di un

interrogativo che mette in questione se stesso come

interrogante e solo così può compiere quel che appartiene

al pathos dell‟arte ermeneutica”71

.

Quando la ricerca del senso si oscura lascia spazio ad

una “scienza giuridica senza giurista” e, quindi, ad un

69 G. Benedetti, La contemporaneità del civilista, Milano, 2004, p.

1232.

70 B. Romano, Arte e tecnica nel diritto. Riflessioni con Giuseppe

Benedetti, “Rivista internazionale di filosofia del diritto”, Milano,

2009, p. 2.

71 M. Heidegger, Logica e linguaggio, Milano, 2008, p. 25 ss.

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ordine scientifico di valori che funziona secondo una

scala di “numeri e misure della forza”72

in cui il giurista è

solo un anonimo sintomo di processi bio-economici.

Quando uno studioso si accosta ad un testo da

comprendere la sua mente non è del tutto vuota e

sgombra dell‟ambiente storico e culturale che l‟ha

formata nel tempo, dunque è già condizionato, un „tutto

ideale‟ che interviene prima ancora del processo

interpretativo. Infatti, vi è un continuo scambio tra le cose

conosciute e quelle da conoscere, „le parti‟, che vanno a

loro volta a modificare il complesso del sapere, „il tutto‟ e

la conoscenza risente dell‟ambito storico psicologico in

cui essa si svolge così che essa è il prodotto di una

sovrapposizione circolare di nozioni.

Per Luhmann, critico del pensiero marxista e weberiana,

non è accettabile una ermeneutica della società moderna

che ne contempli una onnicomprensiva caratterizzazione

all‟insegna di una rigida evoluzione, definendola

riduttiva e anacronistica alla luce dei nuovi indirizzi

che in più campi del sapere scientifico si vanno

diffondendo a partire dagli anni sessanta. Infatti, lo

studio dei fenomeni di qualsivoglia natura richiede un

approccio interdisciplinare che ne affronti le questioni

fondamentali privilegiando la complessità della

struttura.

72 F. Nietzsche, La volontà di potenza, Milano, 2001, p. 388.

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Conversazioni sul diritto

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Luhmann sposta il campo d‟indagine sulla società e

sull‟articolato e dinamico rapporto di interazione tra

sistema ed ambiente in cui la sopravvivenza è

determinata dalla capacità del sistema di adeguarsi alle

sollecitazioni provenienti dall‟esterno e dalla

modulazione delle interferenze che vi si insinuano con

finalità distruttive e destabilizzanti73

.

A questo punto verrebbe da chiedersi cos‟è l‟ambiente?

L‟ambiente costituisce l‟essere insieme di tutti i sistemi per

ogni sistema, ad esempio per il sistema giuridico sono

tutti gli altri.

Il sistema che norma è quello che inscrive nell‟ambiente

una differenza, trasformando “l‟aspettativa cognitiva” in

“aspettativa normativa”, incidendo sull‟ambiente

circostante mediante l‟istituzione della pretesa giuridica,

che, esercitata dal soggetto, segna il passaggio dalla

“possibilità, ove tutto è possibile, a una definita

possibilità”74

.

Per comprendere appieno la teoria dei sistemi sociali è

necessario chiarire il significato di alcuni concetti chiave:

comunicazione, evoluzione, informazione e complessità.

Per comunicazione Luhmann non intende il puro e

semplice trasferimento di dati da un centro di

elaborazione ad un altro ma l‟attivarsi di un circuito

73 Cfr. www.heliosmag.it/99/1/Luhmann.html

74 B. Romano, Filosofia del diritto, Roma-Bari, 2002, p. 121.

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informativo interpersonale in cui chi riceve

l‟informazione deve esercitare il controllo sui contenuti.

Il concetto di complessità, pur rappresentando un

momento di stretta connessione con la teoria della

comunicazione, profila una originale dimensione di

significato che la lega di più alle caratteristiche

strutturali dei sistemi rispetto alla prima, caratterizzata

dalla dinamicità e dalla combinazione delle operazioni.

11. Teoria dell‟argomentazione*

In linea generale con il termine „ermeneutica‟ può essere

utilizzato in diversi significati:

- „interpretazione‟;

- ogni dottrina filosofica o giusfilosofica che attribuisca

un rilievo centrale al problema dell‟interpretazione;

- l‟antica tradizione dell‟interpretazione dei testi sacri

(religiosi, ma anche giuridici);

- una corrente filosofica del Novecento, fondata da Hans

Georg Gadamer 75

;

- l‟idea che (contrariamente a quanto preteso dal

monismo metodologico dei positivisti ) le scienze umane

* Giuseppe Ciuffetta.

75 H. G. Gadamer (Marburgo, 11 febbraio 1900- Heidelberg 13

marzo 2002), filosofo tedesco, considerato uno dei maggiori

esponenti dell'ermeneutica filosofica grazie alla sua opera più

significativa, Verità e metodo (1960). È stato allievo di Paul

Natorp e di Martin Heidegger.

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Conversazioni sul diritto

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differiscano dalle scienze naturali perché non si limitano

a spiegare fatti o comportamenti, ma mirano a

comprendere il significato attribuito loro dagli agenti;

- l‟idea che la conoscenza del diritto debba adottare un

punto di vista ermeneutico.

Si può affermare che argomentare significa segnalare

“argomenti attraverso dei procedimenti adeguati” perchè

professionalizzati al loro interno per fare in modo che

funzionino.

Secondo il positivismo giuridico il compito dell‟interprete,

come ad esempio il giudice, nel momento in cui

pronuncia la sentenza, si esaurisce nella semplice e

automatica applicazione della legge.

Secondo questa impostazione l‟interpretazione sarebbe

una mera attività di accertamento che passa attraverso la

ricognizione della volontà del legislatore, ma per meglio

comprendere quanto affermato si può analizzare il

procedimento che sfocia nella formazione di una

sentenza.

La sentenza è strutturata come un sillogismo costituito da

una premessa maggiore, consistente nella norma che

rappresenta la fattispecie astratta, una premessa minore,

rappresentata dalla fattispecie concreta e una

conclusione, formulata nel dispositivo della sentenza.

La norma da applicare al caso concreto è dedotta dalla

legge e la sentenza contiene un giudizio logico oltre che

giuridico. Questa impostazione ha rappresentato un

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punto fermo ma anche un‟illusione, infatti, già da tempo

è stata abbandonata l‟utopia della legge che non ha

bisogno di essere interpretata, intesa come espressione del

potere sovrano e in quanto tale valida ed efficace.

Oggi, all‟interpretazione si riconosce sempre più un ruolo

creativo, infatti, sebbene il sillogismo rimanga un valido

strumento di deduzione, in alcuni casi l‟esito può essere

determinato da una serie di ragionamenti che finiscono

per coinvolgere la personalità del soggetto chiamato a

decidere: ad esempio, se una norma accorda un permesso

ai soggetti che hanno un certo requisito, la conclusione

sarà scontata, ma il problema interpretativo si pone nel

momento in cui la premessa maggiore non consideri altri

elementi per il rilascio del permesso. In questo senso si può

anche distinguere tra disposizione, intesa come il testo

della legge e la norma, cioè il significato che a seguito di

interpretazione viene dato ad un certo testo.

Infatti, anche le disposizioni che sembrano chiare possono

essere oggetto di varie letture a causa della polivalenza

del significato delle parole se non si tiene conto delle

ragioni che hanno portato alla emanazione

dell‟enunciato.

È chiaro che la norma si può interpretare in modo diverso

a partire dalla ratio della stessa.

L‟ingresso di un veicolo, ad esempio, può essere ammesso

eccezionalmente rispetto alla norma prevista nella

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Conversazioni sul diritto

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Costituzione che tutela la salute e la vita umana per

motivi contingenti e di primaria importanza.

A ulteriore dimostrazione delle difficoltà interpretative

che le norme possono presentare in relazione al

significato delle parole si può analizzare l‟art. 59 primo

co. Cost. che recita: “il Presidente della Repubblica può

nominare senatori a vita cinque cittadini”.

Dal testo della norma non si comprende se il limite dei

cinque senatori sia riferibile al Presidente come organo o

come persona fisica e ad una lettura superficiale

entrambe le soluzioni prospettate potrebbero trovare una

giustificazione, ma la ratio che orienta l‟interpretazione

è la volontà della legge pensata da colui che è chiamato

a risolvere il caso concreto, influenzato dal contesto

sociale e giuridico in cui vive.

Gadamer sosteneva che capire un‟opera d‟arte non

significava comprendere l‟intenzione del suo autore né

affermare che è lo spettatore ad attribuire un significato

ma bensì partecipare alla sua rappresentazione, infatti

l‟incontro con l‟opera d‟arte avviene nel momento in cui

coinvolge lo spettatore. Come nell‟arte l‟essenza del diritto

è nella sua rappresentazione, fenomeno del pensiero che si

forma nell‟attività di comprensione del destinatario e

dipende dal contesto storico, sociale nel quale viene

applicata volta per volta.

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Lezioni a.a. 2010-2011

51

Un chiaro esempio può esser rappresentato dall‟evoluzione

dell‟istituto della responsabilità extracontrattuale76

che

ha innovato in maniera sostanziale l‟art. 2043 c.c.

risarcimento per fatto illecito, estendendo il danno

risarcibile dai danni derivanti dalla lesione dei diritti

assoluti77

ai danni derivanti anche dalla lesione di

diritti relativi78

.

Questo è avvenuto a partire dal mutamento della

sensibilità del giudice che, in linea con il tempo, ha

76 La responsabilità extracontrattuale, anche detta “aquiliana”

(dal nome della prima legge che disciplinò la responsabilità ex

delicto), è quella che consegue allorché un soggetto viola non già

un dovere specifico, derivante da un preesistente rapporto

obbligatorio (nel qual caso si configurerebbe responsabilità

“contrattuale”), bensì un dovere generico che, solitamente, è

indicato dalla dottrina con il brocardo latino “neminem laedere”.

La norma fondamentale cui bisogna fare riferimento è l‟art. 2043

del codice civile, in base al quale “qualunque fatto doloso o colposo

che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha

commesso il fatto a risarcire il danno”.

77 Si definiscono assoluti i diritti che hanno efficacia nei confronti

di tutti gli altri consociati e non presuppongono, per il loro

esercizio, la collaborazione di terzi ( es. diritti reali, diritti della

personalità).

78 Sono definiti invece relativi i diritti che producono

un‟obbligazione a carico di una persona determinata, la quale ha

un dovere positivo o negativo di comportamento. Per la

realizzazione del diritto è dunque necessaria la collaborazione del

terzo (es. diritti derivanti da rapporto obbligatorio).

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Conversazioni sul diritto

52

ritenuto opportuno equiparare la lesione del diritto

relativo a quella del diritto assoluto.

12. L‟emarginazione dell‟ “io”

Il concetto di “persona” eccede le semplici procedure di

riproduzione: il vivere infatti non è l‟esistere che avvia

l‟uomo quando trascende la natura biologica e si

emancipa “dalla condizione naturalistica del nascere”. Il

diritto è incentrato sul concetto di persona perché l‟atto di

promulgare le leggi rinvia istituzionalmente al soggetto -

legislatore79

, infatti, alla base dello sviluppo e

dell‟istituzione del diritto c‟è la relazione intersoggettiva.

L‟uomo, infatti, ha dei tratti inequivocabili che lo

differenziano dagli animali e dalle piante80

: può anche

scegliere di essere disumano e scegliere la violenza,

tuttavia, rimane il solo capace di realizzare la propria

disumanità e, allo stesso tempo, di colpirla e sanzionarla

quando percepisce l‟ingiustizia.

Angela De Biasio.

79 Lezione 13 ottobre 2010 (a. a. 2010-2011).

80 “Non si può trattare la gente come il bestiame; perché non si può

giudicare il bestiame, si giudica ogni singolo uomo, nella sua

indivisibile soggettività, che ha intenzioni e dunque è imputabile

mentre il bestiame ha solo inclinazioni e dunque è innocente, non

è imputabile come non lo sono le pietre, li alberi, i neuroni e certo

neppure il nulla”. S. Kierkegaard, Il concetto dell‟angoscia. La

malattia mortale, Firenze, 1966, p. 355.

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Lezioni a.a. 2010-2011

53

Fin dal suo primo apparire sullo scenario scientifico

universitario Luhmann (1927-1998)81

è tra i più

determinati e fieri oppositori del pensiero marxista82

.

La teoria sistemico–funzionale di Luhmann evidenzia la

complessità sociale e rappresenta efficacemente i processi

di massificazione e di integrazione delle società

contemporanee.

Luhmann ha proposto un rivoluzionario metodo di

indagine sui sistemi socio–politici e porta alle estreme

conseguenze l‟elaborazione del sociologo americano:

Parsons. Il tentativo di quest‟ultimo di mantenere nel suo

schema analitico la dimensione problematica della

soggettività, risponde ancora ad una concezione

modernista della realtà sociale secondo la quale questa è

un prodotto intenzionale degli uomini che la

compongono. È a partire dall‟assunto: “sono gli uomini,

con la loro condotta soggettivamente dotata di senso, che

fanno la società” che Parsons, come tutti i sociologi

moderni, si pone la domanda: “come fanno gli uomini la

81 Niklas Luhmann, sociologo tedesco sviluppato fino ad orizzonti

insuperati la teoria dei sistemi.

82 “L‟uomo è un essere naturale ma è anche un essere storico in

quanto capace di rimuovere l‟alienazione (oggettivazione)

recuperando la sua essenza generica che si basa sul rapporto con

l‟oggettività, cioè l‟appropriazione della natura in collaborazione

con gli altri uomini”. Karl Marx, Manoscritti economici - filosofici

del 1844, Torino, 1968, p. 111.

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Conversazioni sul diritto

54

società?” che Luhmann rifiuta additandolo come un

principio metafisico, ontologico, indimostrato83

. In una

società caratterizzata da saperi sempre più frammentati,

caratterizzati, la teoria luhmanniana manifesta la

necessità di ridurre la complessità, rifiutando qualsiasi

fondazione extra – sistemica. La teoria di Luhmann è

libera da ogni impaccio soggettivistico e antropologico84

,

infatti, uno dei principi ispiratori della sociologia di

Luhmann è l‟anti – umanismo e l‟anti – storicismo: egli

concepisce la realtà sociale come un intreccio di mere

correlazioni sistema – ambiente, il cui gioco

progressivamente sempre più complesso resta aperto a

possibilità infinite: “nessuna „mano invisibile‟ guida

segretamente la storia, selezionando provvidenzialmente

i fatti e riducendo la contingenza dei fenomeni sociali

(come invece credevano Hegel o Adam Smith)”.

L‟evoluzione dei sistemi, la loro crescente complessità è

affidata contro ogni filosofia della storia di tipo

organicistico o finalistico, all‟intervento di fattori non

solo casualmente indeterminati, ma in larga misura

sottratti alla possibilità di controllo dei soggetti umani.

Anche sotto questo profilo l‟opera luhmanniana costituisce

una sfida aggressiva nei confronti di una ben precisa

83 Fondati cioè autonomamente su se medesimi e indipendenti da

soggetti, fini e valori esterni ai sistemi stessi.

84 www.recensionifilosofiche.it/

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Lezioni a.a. 2010-2011

55

concezione del mondo sociale. Più in generale

abbandona una parte del patrimonio intellettuale del

vecchio continente, quella tradizione “vetero–europea”,

intrisa di elementi di filosofia sociale organicistica e

finalistica. Contro questi assunti Luhmann sostiene che

nelle moderne società differenziali e complesse i veri

protagonisti non siano gli uomini o i gruppi con i loro

bisogni materiali e i loro valori, ma i ruoli e le funzioni, i

sistemi e gli ambienti85

: tutto un mondo di „datità‟ e

relazioni in qualche modo oggettive, nel quale gli

individui operano come meri elementi interscambiabili e

perfettamente fungibili86

. Già Kierkegaard (1813-1855)

85 “Il sistema si crea dall‟ambiente tramite una distinzione e

proprio perpetuando questa distinzione in modo ricorsivo, esso

mantiene la propria identità senza confondersi con l‟ambiente. Il

sistema è quindi chiuso e produce da sé i propri elementi, anche se è

solo con il rimando all‟ambiente che esso può riprodursi. Il sistema

è molto meno complesso rispetto all‟ambiente, cioè la creazione del

sistema si ha per una riduzione di complessità. La società può essere

concepita come sistema sociale tra gli altri. In tutto questo

meccanismo l‟apporto dell‟uomo rimane escluso. L‟uomo è ambiente

del sistema. Non dipendono da lui le scelte che il sistema compie per

riprodursi, il sistema le fa da sé, in base al suo codice guidato dal

senso sistemico, un senso tecnico che attualizza una possibilità per

lasciare sullo sfondo tutte le altre. L‟uomo può al massimo

accoppiarsi strutturalmente al sistema, lui è fuori dal sistema.

L‟uomo non può nulla nei confronti del dilagare del sociale

tecnico”. www.confini.wordpress.com/2008/11/ …/niklas luhmann .

86 Cfr. www.filosofia.net/luhmann.htm

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Conversazioni sul diritto

56

aveva sostenuto che nella dimensione del mercato (per

Luhmann è la funzione più forte) “ci si cura dell‟io meno

di qualsiasi altra cosa ed il pericolo più grande per un

uomo è mostrare di averlo” perché ostacola la spiegazione

tecno-scientifica dell‟uomo e del diritto, dunque disturba

la loro calcolabilità monetizzabile87

. Dove si trova l‟ “io”

soggetto, la persona, l‟uomo (centro della dichiarazione

universale dei diritti dell‟uomo) per Luhmann? Questo

interrogativo viene completamente eliminato, infatti,

assistiamo sostanzialmente alla riduzione di tutta la

sfera vivente nell‟oggettività di una funzione,

non si trova più il problema dello spirito, dell‟anima,

della soggettività, dell‟intenzione, della volontà, ma flussi

di operazioni, di programmi. Si subisce l‟egemonia di quei

linguaggi che non consentono l‟autorappresentazione

riflessiva propria di una coscienza che si interroga; la

domanda di senso viene espunta. Quello che prospetta

Luhmann e che ci porta a qualificarlo un neo-naturalista

è l‟abolizione della domanda sul bene e sul male, sul

giusto e sull‟ingiusto, perché tutto ciò che accade è

giustificato dalla sua funzione.

87 S. Kierkegaard, Il concetto dell‟angoscia. La malattia mortale,

p. 239.

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Lezioni a.a. 2010-2011

57

Per Luhmann pensare alla questione dell‟“io”, a ciò che

non è tangibile, a ciò che non è materializzabile è

disfunzionale88

.

Anche Kelsen (1881-1973) ha costruito una sua dottrina

sul diritto (Dottrina pura del diritto) avulsa dai

condizionamenti dell‟ “io”, cioè libera da ogni

commistione con nozioni morali, politiche o sociologiche

al fine di garantire il carattere obiettivo della scienza del

diritto e del suo compito descrittivo. In questa

prospettiva,il sistema diritto esiste a prescindere dai

soggetti, cioè, è emanato dagli uomini ma sopravvive

oltre gli stessi.

Luhmann si pone in quest‟ottica sebbene in modalità

ancora più radicali a partire dall‟abbandono del

soggetto, dell‟“io” e, più in generale, dell‟uomo,

trasformato in un‟entità vuota attraverso la quale

passano tutti i programmi.

Considerando questo aspetto è facile risalire al

“fondamentalismo funzionale” luhmanniano in cui tutto

ruota attorno alla funzione, a partire dall‟uomo

(riduzione sistemico funzionale), puntistico, momentaneo

che vive nella contingenza89

. In contrapposizione a

Luhmann Sartre (1905-1980) afferma che solo l‟uomo dà

un senso e un significato al mondo che ne rimane

88 Lezione 10 novembre 2010.

89 Ibidem..

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Conversazioni sul diritto

58

inevitabilmente condizionato90. Infatti, in ciascun „io‟ è

insito il tentativo di porsi al centro dell‟esistente e per

farsi causa del mondo come gli altri uomini che

perseguono lo stesso obiettivo.

Per Sartre l‟esistenza viene prima dell‟essenza ed è un

modo per mettere al centro della vita l‟uomo e la sua

libertà di scegliere da sé quale significato darsi e quale

valore attribuire all‟esistenza91

.

Questo autore discute dei condizionamenti ambientali

sull‟uomo, avvicinandosi alla tesi marxiana, fermo

restando che la coscienza interviene con i suoi giudizi

soggettivi sulla realtà.

Analizzando la teoria luhmanniana ci si rende conto di

come anche l‟uomo si “funzionalizzi”, differenziandosi

90 Cfr. www.padrebergamaschi.com/filosofia/sartre.htm

91 Questa differenza dell‟uomo rispetto ad altri enti è spiegata da

Sartre con l‟esempio del tagliacarte(o di qualsiasi altro oggetto

fabbricato). Quest‟oggetto è stato costruito da un artigiano

avendo, già prima di averlo effettivamente prodotto, l‟idea della

sua funzione, il suo concetto, quindi l‟essenza del tagliacarte

precede l‟esistenza. Il contrario avviene nell‟uomo. Significa che

l‟uomo esiste, si ritrova, sorge nel mondo, e che si definisce dopo.

L‟uomo non è definibile perché all‟inizio non è niente. L‟uomo è

soltanto, non solo quale si concepisce, ma quale si vuole, e

precisamente quale si concepisce dopo l‟esistenza e quale si vuole

dopo questo slancio verso l‟esistere. L‟uomo non è altro che ciò che si

fa. Questo è il principio primo dell‟esistenzialismo.(J.-P. Sartre.

L‟Esistenzialismo è un Umanesimo, Milano, 1978).

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Lezioni a.a. 2010-2011

59

dagli altri non in quanto soggetto del diritto e quindi

giuridico ma, attraverso l‟osservazione. In questa

prospettiva, la punizione non scaturisce dalla violazione

della libertà di un altro ma dal mancato rispetto di una

norma.

Già per Kafka (1883-1924) l‟uomo non coincide con la

legge, se vi coincidesse non avrebbe l‟ansia di conoscerla

cercandone il senso. Soprattutto per il giurista non è dato

liberarsi dal suo “io”, anche quando vuole svuotarlo con il

mito di una pura tecnica, oggettiva e verificabile secondo

i modelli delle scienze naturali.

Se in generale il diritto è deputato a tutelare la libera

formazione di ogni identità92

, attraverso il dialogo, in

Luhmann tutto questo è assente, la libertà viene fornita

dal sistema ed il ruolo distingue il mio tratto di libertà

da quello di un'altra persona, schiacciata dal potere

dell‟economia e della tecnica.

Luhmann tralascia di scrivere del soggetto, per lui il

diritto non riguarda il soggetto, infatti, quando affronta

la questione del giudice lo sostituisce con il termine

“tribunale” per sottolinearne l‟impersonalità ed evitare

l‟associazione giudice = soggetto.

In realtà l‟uomo ha un substrato di tipo biologico ma lo

eccede nella formazione della sua identità attraverso

l‟incidere del diritto che gli consente di “dis-

92 Lezione 19 gennaio 2011.

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Conversazioni sul diritto

60

assoggettivrsi”93

attribuendo un senso al vivere. Solo

allora, dire della persona significa esprimersi sulla

personalità, sulla libertà, sul diritto. La logica sistemica,

invece, è caratterizzata dall‟indifferenza verso il

problema dell‟io e del giusto, nè dell‟irriducibilità del

soggetto e dell‟esperienza vivente, del nesso soggetto –

oggetto, integrazione del sistema e integrazione sociale

perché in questa prospettiva il soggetto non esiste

autonomamente ma vive dentro un sistema94

.

Nessuna teoria, tuttavia, potrà eliminare la questione del

senso, come nessun potere politico o economico riuscirà ad

eliminare gli interrogativi dell‟uomo sul senso della vita e

le questioni del bene e del male.

13. La comunicazione come essenza della teoria sistemico-

funzionale di Niklas Luhmann

Nella visione postmoderna è la comunicazione a costituire

l‟elemento centrale di ogni attività quotidiana, anche

nell‟istituzione del diritto.

Si può discutere di una trasmissione di informazioni che

il destinatario riceve attraverso la condivisione di uno

stesso codice che rende comprensibile il messaggio.

93 Il diritto e le norme istituite non sono riducibili alle leggi dei

sistemi biologici perché non sono misurate dall‟utile biologico.

94P. Barcellona, Diritto senza società: dal disincanto

all‟indifferenza, 2003, p. 152.

Giuseppina De Meo.

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61

Dunque, comunicare è un riflessivo confronto di

argomentazioni per mettere in questione i propri punti di

vista con quelli altrui tramite ragionamenti dialettici in

una dinamica interindividuale, esplicitando i nostri

pensieri con lo scopo di raggiungere una condivisione di

significati, necessaria per ogni produttiva conversazione.

Da un punto di vista giuridico l‟argomentazione

costituisce una forma istituzionalizzata di discussione,

mirata alla risoluzione delle dispute, nella quale il

comportamento delle parti e del giudice è interpretato

come un tentativo di risolvere o di superare una

differenza di opinione.

Per Luhmann la comunicazione non coincide con un

trasferimento d‟informazioni tra un emittente ed un

ricevente e nemmeno con un piano dell‟esperienza che

mette in relazione le persone tra loro, infatti, “La

comunicazione… si colloca su un livello di realtà

sistemica che è posto oltre l‟individuale, che lo

trascende”95

.

In questo senso, „”la comunicazione, è luogo dove si

realizza la definitiva emancipazione del simbolico dalla

singola competenza individuale‟‟96

, alla base dei processi

che formano, mantengono e modificano i sistemi sociali

(il diritto, l‟economia, la politica).

95 C. Cipolla, Principi di sociologia, 2002, p. 66.

96 Ivi, p. 67.

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Conversazioni sul diritto

62

Fatte queste premesse, occorre sottolineare che Luhmann

radicalizza il concetto di comunicazione e lo definisce

come unità o sintesi di tre selezioni (elementi):

a) l‟emissione o atto del comunicare (il come) : ovvero la

trasmissione pratica di materiale informativo;

b) l‟informazione (il cosa):ovvero il materiale divulgato

con la comunicazione;

c)la comprensione: ossia l‟atto mediante il quale il

ricevente decodifica l‟informazione veicolata.

È proprio attraverso questi tre procedimenti che avviene il

trasferimento delle informazioni attraverso il “flusso di

programmi condizionali”97

. La procedura attraverso la

quale vengono selezionate le informazioni, avviene sulla

base di scelte che i sistemi compiono in relazione ai loro

interessi. Nel sistema diritto, nel momento in cui viene

emanata una sentenza, la corte si riunisce in camera di

consiglio per decidere e il sistema si chiude per selezionare

i materiali acquisiti dall‟esterno e poi si apre e il flusso di

programmi condizionali, contenete anche la sentenza,

esce dal sistema giuridico per entrare negli altri sistemi.

Detto questo, si può asserire che per Luhmann la

"comunicazione" è solo un mero "trasferimento" di

informazioni e di dati tra due centri di elaborazione

(individui, gruppi, organi) a partire dalla padronanza e

97 Lezioni di teoria dell‟interpretazione e informatica giuridica

a.a. 2010/2011.

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63

comunanza di conoscenze preliminari che consentono la

selezione e la circolazione del messaggio a prescindere da

un‟appropriazione scelta dei relativi contenuti.

Un limite, a mio avviso, a questo approccio “va ravvisato

nel considerare ogni sistema chiuso: “autopoietico” (dal

greco auto,ovvero se stesso e poiesis, ovvero, sia creazione)

cioè, in grado di ridefinisce continuamente se stesso.

Il che in un certo senso non è sbagliato: “si pensi alle

differenze circa le attribuzioni di senso, tra gruppi sociali

differenti, ma anche alle difficoltà, sempre in termini di

senso, di tradurre i linguaggi diversi. Si tratta però di un

approccio, che in fondo sottovaluta i fattori esogeni di

cambiamento e li riconduce, in termini larvatamente

funzionali ed evolutivi, alla crescita della complessità

sociale, senza mai chiarire fino in fondo il rapporto tra

autopoiesi sottosistemica e complessità sistemica”98

.

14. La temporalità nell‟argomentazione giuridica

La tematica del tempo assume rilevanza peculiare nella

riflessione filosofica sul diritto e, specificamente,

nell‟analisi dell‟agere umano nel suo costituirsi di fronte

al flusso temporale, in direzione di un riconoscimento che

va ben oltre la mera evoluzione scientista.

In questa direzione la riflessione filosofica di Bruno

Romano risulta esemplare laddove, alla stregua di

98 Cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Autopoiesi

Daniela De Nunzio.

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Conversazioni sul diritto

64

Heidegger, esprime la consapevolezza del legame tra

qualificazione della temporalità, qualità del relazionarsi

e fenomeno diritto nell‟ambito della “relazione di

riconoscimento” verso il progressivo formarsi della volontà

della pretesa giuridica. L‟esercizio della soggettività è

situato nella concretezza della possibilità e non nella

astratta possibilità; è, dunque, situato nella libertà di

scelta dell‟individuo che è, in quanto persona, alla

ricerca della propria identità.

La relazione tra diritto e tempo consente una riflessione

sull‟attuale era globale, ove il diritto è costantemente

minacciato dalla potenza del funzionalismo economico il

quale sostituisce il “potere” giuridico, preannunciando la

dispersione dell‟identità della coscienza.

Fra le varie e disparate concezioni filosofiche del tempo,

Kelsen non avverte la rilevanza della scelta del soggetto

ma riconduce la temporalità al principio della causalità,

cui si riduce il tempo naturale e scientifico: “La

coesistenza o non coesistenza di eventi assunti come

giuridicamente rilevanti può essere configurata in

termini di causalità. Parlando in generale, un evento

specifico, l‟effetto, accade quando un altro evento

specifico, la causa, è accaduto prima o accade

simultaneamente”.

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Lezioni a.a. 2010-2011

65

Se il tempo nel diritto si lascia ridurre alla causalità,

come potrà essere salvata la specifica umanità del diritto

rispetto alla causalità dei fenomeni naturali?99

Non appare altresì convincente la concezione della

temporalità secondo il funzionalismo di Luhmann il

quale parla della contingenza come unico riferimento

possibile per il collegamento tra il tempo e il mondo

giuridico. Secondo il sociologo tedesco, infatti, è solo la

contingenza che conferisce funzionalità al sistema

diritto, funzionalità che si traduce in celerità, esigenza

primaria nella moderna società.

Nella società complessa, scrive Bruno Romano, “si punta a

guadagnare l‟efficacia della decisione, tenendola pur

sempre nella dimensione temporale dell‟attuale, del

presente, capace di un intenso potere di autoosservazione,

di riflessività autoadattantesi, lungo i processi di crescita

della complessità e di corrispondente semplificazione, che

strutturano la condizione attuale della complessità”.

Nella riduzione sistemico-funzionale di Luhmann il

diritto è osservato in una prospettiva prettamente

evolutiva che archivia l‟uomo, la persona nella sua

irripetibilità esistenziale. Dunque con Luhmann si

afferma la negazione dell‟uomo e del fenomeno della

responsabilità.

99Cfr.http://www.ilex.it/articles/volume5/issue9/disanto.pdf

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Conversazioni sul diritto

66

La questione della temporalità nel sistema giuridico è

inscindibilmente connessa alla tematica dello spazio. A

tal riguardo Bruno Romano osserva come “l‟opera

dell‟istituire il diritto si compie nello scegliersi dei singoli

che scelgono intersoggettivamente uno spazializzarsi,

iniziando un nuovo orizzonte di significazione,

unificante la molteplicità degli elementi di uno spazio

ove ci si è trovati ad esistere”. Conseguentemente, la

disciplina dello spazializzarsi viene posta con l‟istituzione

del diritto positivo, esercitata sia “nel prendersi tempo”,

differentemente dalla mera ripetizione od esecuzione del

tempo naturale, sia “nel darsi spazio”, lo spazializzarsi

che costituisce un senso nuovo in uno spazio già

qualificato.

La teoria di Irti non richiama la condizione passata ma

coglie gli aspetti più rilevanti della contemporaneità; egli

mostra che la trasformazione dello spazio si compie nella

trasformazione del linguaggio, con la conseguenza che il

diritto si stacca sempre più dal dialogo, caratterizzato

dal domandare e dal rispondere, per situarsi invece in un

linguaggio funzionale. Perde, infatti, centralità il

riferimento al diritto civile, legato ai luoghi, e diviene

dominante la struttura del diritto commerciale, legge dei

grandi spazi dell‟economia. In tale contesto, la tutela

della soggettività dell‟individuo non è più indirizzata al

singolo nel suo essere parte, ma è destinata alla

funzionalità del mercato. L‟analisi del presente chiarisce

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67

che esso è frutto di decisioni politiche, assunte con

responsabile libertà. Ciò significa ricondurre gli

accadimenti della storia degli uomini a decisioni di

uomini. Tuttavia la tecnologia non si lascia governare

ma governa e configura il rapporto. La riflessione che si

pone riguarda, quindi, il problema degli uomini quali

formatori della storia negli spazi ed il loro trovarsi ad

operare come esecutori del procedere delle tecnologie che

trasformano post-soggettivamente le qualificazioni degli

spazi100

.

Come si presenta il futuro rispetto al passato? Pensando al

presente, caratterizzato dalla globalizzazione e

dall‟accrescimento ininterrotto dei mercati e delle reti

informatiche, il timore che permea alcune riflessioni

filosofiche concerne un futuro dove non si daranno più

norme giuridiche, e quindi regole, poste per disciplinare

gli svolgimenti della tecnica, ma soltanto il procedere

della tecnica, orientato all‟accrescimento degli scopi da

perseguire. Il pericolo che perda totalmente rilevanza l‟io

dell‟essere umano, sovrastato dalla forza dell‟economia,

potrebbe essere scongiurato mediante quei principi di

diritto universali e incondizionati che mirano alla tutela

della persona in quanto tale e non, invece, in quanto

appartenente ad un determinato sistema sociale. Occorre,

però, prendere atto della circostanza che il diritto,

100 B. Romano, Globalizzazione e spazio nel diritto, Rivista

internazionale di filosofia del diritto, anno LXXVIII.

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Conversazioni sul diritto

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concretizzandosi in connessione con la tecnica ed il

mercato, non prende distanza da questi fenomeni,

misurandoli, ma ne viene misurato e trasformato.

Cosa può prendere il diritto contemporaneo dal passato?

Attualmente il sistema delle norme vede sfumata una

caratteristica che, al contrario, dovrebbe restare ben

delineata: la giuridicità. Ove può concretizzarsi

quest‟ultima se non nella terzietà ed imparzialità? Tali

entità non sono concetti astratti ed immutevoli ma vanno

costantemente adattate al contesto storico in cui si viene

ad operare, rendendole ben definite e certe. Sarebbe,

infatti, irragionevole vietare ad un magistrato di

consultare quotidiani o di ricevere e-mail, in virtù di una

utopica ed assoluta imparzialità e, quindi, al fine di

evitare qualsiasi tipo di condizionamento.

La questione della temporalità impone altresì un discorso

sulla noia. Heidegger individua tre dimensioni della

noia: a)“essere trattenuto” in un tempo vissuto

negativamente come intervallo imposto e non scelto,

distinto dallo scegliere l‟intervallo di senso; b)”essere

svuotato” rispetto all‟esercizio della possibilità la quale

viene esercitata nell‟opera del differenziarsi del soggetto

parlante; c)”ingannare il tempo”, forma di noia non

imputabile a qualcuno o a qualcosa, con la conseguenza

di rendere l‟uomo impotente di fronte al flusso dei

collettivi cognitivi che frammentano l‟unità dell‟io in

momenti parziali.

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L‟inevitabile conseguenza è il venir meno della

soggettività dell‟individuo, sostituita dalla “anonimia

dell‟eseguire la globalizzazione economicistica che

concretizza il postumanesimo contemporaneo”101

.

Il tempo incide sulle relazioni interpersonali di

riconoscimento secondo una direzione antigiuridica che

nega l‟esercizio del differenziarsi ed una direzione

giuridica che, al contrario, afferma il differenziarsi

esercitato scegliendosi nel futuro dei contenuti della

relazione di riconoscimento.

La noia è radicata nella qualificazione della

temporalità, risultante dalla qualità della relazione con

l‟altro. Se il relazionarsi non si svolge nel riconoscimento,

viene meno l‟alterità esistenziale del chiamante e, di

conseguenza, viene meno la possibilità del rispondere

scegliendosi il futuro, in modo tale da precludere ad ogni

parlante l‟esercizio del differenziarsi, nel suo diritto

primo alla parola. Si può affermare che con la

globalizzazione l‟alterità esistenziale dell‟altro è

sostituita dall‟alterità tecno informatica del

postumanesimo. All‟individuo resta la noia del vivere

nell‟intervallo imposto, privo del futuro scelto e dominato

dalle tecno scienze e dal mercato: è la noia del presente,

ove le informazioni bio-macchinali asoggettive si

impongono momento dopo momento.

101 Id., Diritto dell‟uomo e diritti della senzienza, postumanesimo

e globalizzazione, Roma, lezioni 2002-2003.

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Conversazioni sul diritto

70

Della temporalità dell‟uomo residua il tempo veduto che

svuota l‟esercizio della differenziazione dell‟io-soggetto-

esistente secondo l‟apertura della possibilità nel futuro;

ogni parlante rimane estraneo allo svolgimento della

relazione comunicativa con gli altri e non sceglie il

rischio del suo rispondere. Nell‟ambito del tempo veduto si

ha la rimozione dell‟esistere nel futuro scelto: sebbene i

rapporti intersoggettivi proseguano, questi non derivano

più dall‟esercizio della soggettività, la quale

presupporrebbe il tempo esistito ove si concretizza il

differenziarsi per il futuro, bensì dal vuoto esistenziale,

risultante dall‟essere “svuotato” nella globalizzazione

della noia.

Si realizza in tal modo il dominio dell‟ “immaginario”

che ha come propria qualificazione temporale il “tempo

veduto”, in contrapposizione al “simbolico” che rinvia al

“tempo esistito”. L‟immaginario evoca lo stare a vedere il

presente e subirlo come mero spettatore. Lo Spettacolo di

nessuno assoggetta tutti, nell‟assenza di istituzioni

giuridico-politiche efficaci nel garantire il diritto primo:

esistere come l‟io-soggetto e non funzionare come un me-

assoggettato. Il singolo viene ad identificarsi in

un‟immagine presente ed univoca che esclude l‟esercizio

della soggettività dell‟individuo in quanto sostituisce il

“simbolico”, ordine della creatività del parlante e volta al

futuro, con l‟ “immaginario”, dimensione del presente-

tutto di un‟immagine risultante dagli altri-nessuno.

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Lezioni a.a. 2010-2011

71

Il “simbolico” è l‟opera dell‟istituire una libera creazione

di senso, aperta verso l‟originale scelta del futuro, non

anticipabile in una determinata direzione operazionale;

l‟“immaginario”, per converso, spegne l‟attesa di senso

evocando esclusivamente ciò che è qui ed ora. Ogni

“immagine prodotta” dura nella sua totalità fin quando

è presente, per essere poi sostituita integralmente

dall‟immagine successiva che consiste nel suo essere tale

in quella determinata momentaneità del

fondamentalismo funzionale, eliminando ogni rinvio di

senso al passato ed al futuro.

La noia della globalizzazione e la rimozione dell‟attesa

di senso derivano dal dominio del tempo prodotto che

genera immagini qualificate dall‟univocità bio-

macchinale del presente, mai esposto all‟interpretarsi nel

passato o allo scegliersi nel futuro. Nel tempo-prodotto

rientra soltanto il momento presente come tutto, in

quanto ivi si svolge il mero rapporto funzionale tra gli

elementi che lo costituiscono e non il loro rapportarsi

nell‟ordine „simbolico-esistenziale‟.

La globalizzazione contemporanea cancella la

distinzione fra l‟umano, esercitante la differenziazione, e

il non umano, il darsi fattuale della diversità. La

differenziazione si radica nella specifica temporalità del

parlante, la c.d. contemporaneità doppia, consistente

nella contemporaneità-differenza delle dimensioni del

presente, passato e futuro; non, invece, nella

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Conversazioni sul diritto

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contemporaneità semplice, caratterizzante il non umano

e consistente nella successione della momentaneità.

Nel rapportarsi ai rapporti, l‟uomo compie una

valutazione secondo un procedere non anticipabile né

programmabile, diversamente dalla c.d. intelligenza

artificiale, in quanto il parlante si temporalizza nella

contemporaneità doppia del se stesso, nello spazio del

rapportarsi ai rapporti che è inesprimibile

numericamente. Il pensiero dei parlanti, espresso nel

linguaggio-discorso, si apre ad una dimensione affettiva

del se stesso, avviando la formazione di una creazione di

senso; al contrario, il linguaggio numerico-digitale è

situato nell‟ambito di un definito programma e, pertanto,

non consente operazioni su se stesso, non esercita un

prendersi tempo nel rapportarsi ai rapporti e non attiva

alcuna attesa di senso ma “funziona” confinandosi nelle

operazioni che lo costituiscono e che lo differenziano da

altri programmi. I computer non esercitano la

contemporaneità doppia, non pensano, non attuano una

creazione di senso mediante la parola né compiono una

scelta fra le varie possibilità.

Nella globalizzazione del post-umanesimo il diritto è

trasformato in una macchina immunitaria dei diritti

della „senzienza‟, dissolvendo nella noia l‟originalità

creativa del parlante. La noia si manifesta nella

coesistenza degli individui nelle istituzioni giuridico-

politiche e comporta un farsi più lento del tempo,

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Lezioni a.a. 2010-2011

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consistente nel diverso temporalizzarsi dell‟uomo nella

coesistenza e nelle istituzioni giuridiche che la

disciplinano. Nello stato attuale del postumanesimo,

l‟uomo si riduce a “funzionare” come spettatore impotente

del Potere dei diritti della „senzienza‟, non contrastabile

in quanto non è possibile individuare un suo autore.

Come far riemergere i diritti del parlante in una società

di operazioni macchinali? La questione del tempo

potrebbe fornire una soluzione in parte soddisfacente,

mediante l‟interpretarsi delle istituzioni giuridico-

politiche nel passato e lo „scegliersi‟ un futuro che

costituisca il punto di equilibrio fra umanesimo e

globalizzazione, in particolare nell‟opera di

istituire/riformare il diritto; ciò impone di recuperare

quella contemporaneità doppia che ha sempre

caratterizzato l‟individuo-pensante.

15. Argomentazione giuridica della sentenza

In Luhmann l‟argomentazione giuridica consiste nel

“raccomandare argomenti adeguati per procedimenti

adeguati”102

, nasce perciò all‟interno dell‟argomentazione

la procedimentalizzazione che si nutre della diversità dei

Anna De Petrillo.

102 „Raccomandare‟ nel senso di „selezionare‟ argomenti adeguati

alla fattispecie concreta.

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Conversazioni sul diritto

74

casi ed acquista una sua specificità relativamente alla

fattispecie concreta.

L‟argomentazione giuridica ha la forma dell‟argomento

(giustificazione) dove ciò che rileva non è la qualità ma

la garanzia di funzionalità del sistema.

Gli argomenti sono prodotti delle operazioni sistemico-

funzionali e simboleggiano la validità del diritto, nel

contempo, sono espressione dell‟autoreferenza del sistema

giuridico, avviando una circolarità che rende il sistema

stesso, autoreferente ed autolegittimante.

Nel momento in cui il sistema giuridico produce al suo

interno gli argomenti, si rinvengono diversi tipi di

collegamenti: in primo luogo, dall‟ambiente esterno il

sistema assume materiali e assimila informazioni, input

(apertura informativa/eteroreferenza), in secondo luogo,

le informazioni vengono analizzate ed elaborate dal

codice binario diritto/non diritto, riducendo in tal modo

la complessità (chiusura operativa/autoreferenza) e,

infine, le informazioni vengono reimmesse nell‟ambiente

sottoforma di decisioni,ovvero output.

Secondo Luhmann, l‟argomento e l‟argomentazione non

si sviluppano de toto ad ipsum, secondo

un‟organizzazione di tipo eterarchico tra i sistemi

affinchè l‟argomento sia immediato e immediatamente

comunicabile. L‟argomentazione giuridica elaborata da

Luhmann, con riferimento alla sentenza, deve essere

intesa come “razionalizzazione a posteriori del testo” al

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fine di offrire una soluzione, a partire dalla testualità

giuridica che non deve funzionare esclusivamente sotto il

profilo sintattico-grammaticale (di questo si occupa la

procedura normativa), quanto inserirsi coerentemente

all‟interno del sistema giuridico, ossia il diritto vigente.

I testi rappresentano il prodotto dell‟autosservazione

sistemica che, attraverso la codificazione, reagisce alle

opinioni passate e anticipa quelle future.

I testi giuridici possono essere distinti in tre diverse

categorie: legali,normali e specializzati.

I primi103

attengono agli enunciati normativi, i testi

normali104

riguardano l‟amministrazione generale del

sistema giuridico, implicando un‟intrinseca

argomentazione giuridica, mentre quelli specializzati105

sono specifici, cioè attinenti ad una data

professionalizzazione.

Con riferimento alla testualità giuridica, è presente la

distinzione tra una procedura di formazione, posta in

essere dal legislatore, interprete delle aspettative cognitive

103 Esempi di testi legali possono essere la Costituzione,gli articoli

di una legge,la legge stessa.

104 Esempi di testi normali possono essere le riviste giuridiche e i

compendi di diritto.

105 Esempi di testi specializzati sono i codici,i testi unici e la stessa

Costituzione che,oltre ad essere un testo legale può essere

considerata anche un testo specializzato.

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Conversazioni sul diritto

76

e normative e una di interpretazione della testualità

giuridica, propria del giudice.

Sulla base di questa distinzione, Luhmann definisce il

legislatore un “osservatore di primo grado” che, attraverso

l‟osservazione106

, designa l‟argomento per procedere

all‟elaborazione della testualità legislativo-normativa.

In questo contesto, l‟aspettativa sociale (puramente

cognitiva) muta in aspettativa normativa, dunque

l‟argomento acquista la forma dell‟enunciato: la

possibilità astratta (ansia di giustizia) diventa realtà

giuridica (diritto-norme)107

.

Nella teoria luhmanniana, il giudice assume le vesti di

mero tecnico delle norme, infatti viene definito un

“osservatore di secondo grado” che osserva testi pre-

106 L‟osservazione consente di identificare degli oggetti e di

discernere all‟interno di un sistema i processi che gli

appartengono,identificare relazioni causali tra interno ed esterno

e attribuire una finalità

La distinzione iniziale è essenziale affinché si possa avere

osservazione,ma al tempo stesso ne costituisce un limite perché essa

consente di osservare solo ciò che è osservato nella scelta iniziale:la

distinzione di partenza è l‟unica a non poter essere assolutamente

osservata,infatti,non è possibile applicare nessuna distinzione a se

stessa perché è un‟operazione autopoietica.

107 Lezione del 13 ottobre 2010.

Il legislatore quando emana le norme prevede i comportamenti

futuri degli individui,cercando di assorbire nel presente

l‟incertezza e di creare stabilità.

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costituiti e li interpreta, procedendo “per argomenti

adeguati”. In tal senso si parla di una “ragione

procedurale” del giudice che avvicina il testo con

riferimento al caso specifico dapprima, attraverso un

approccio letterale che implica la lettura e la

comprensione del testo e, successivamente, operando una

razionalizzazione a posteriori attraverso la quale risale

alle premesse argomentative adottate dal legislatore.

Infatti il criterio teologico d‟interpretazione impone

all‟operatore giuridico di andare oltre la portata

letterale della norma, ossia impone di verificarne e

comprenderne la ratio legis108

.

Come afferma Romano109

, “la peculiarità dell‟osservazione

di secondo grado è che l‟osservare (dell‟osservatore di

secondo grado) coincide con l‟osservare (dell‟osservatore

di primo grado)” facendo così venir meno la soggettività:

l‟osservatore di secondo grado (il giudice) non dispone

soggettivisticamente di ciò che osserva perché è assente un

rapporto diretto con la realtà osservata, bensì tra

l‟osservatore (di secondo grado) e l‟osservare di un altro

osservatore, quello di primo grado.

108 La comprensione del senso del testo deve essere adeguata al

contesto sociale sistemico-funzionale, di conseguenza,l‟argomento

usato nell‟interpretazione deve proporre una decisione conforme al

sistema diritto.

109 B. Romano, Terzietà del diritto e società complessa, p. 42.

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Conversazioni sul diritto

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Compito del giudice110

, in generale, è di emettere una

sentenza nel dialogo tra le parti, ascoltando la difesa e

l‟accusa e custodendo “la libera formazione dell‟identità

personale”.

Nella concezione filosofica di Romano, che pone al centro

la “trialità del logos” (che si manifesta ogni volta che il

singolo prende la parola e la rivolge agli altri in uno

spazio terzo non padroneggiabile né dall‟uno né

dall‟altro) e la “terzietà del nomos” (che consiste in un

insieme di regole imparziali e disinteressate,non

appartenenti ad una parte che le impone ad un‟altra), il

giudizio viene definito „giuridico‟ perché è pronunciato

da un soggetto terzo, imparziale e disinteressato111

nel

rispetto del “debito di giustizia”.

Il giudice è tenuto ad emettere una decisione in virtù del

principio del rifiuto di giustizia, definita anche

“coercizione a decidere”. Nella teoria di Luhmann,

infatti, qualora decide di non decidere si bloccherebbe la

produzione di testi, l‟interpretazione e la relativa

110 Inteso come complesso degli autori della decisione.

111 Il magistrato è costitutivamente terzo perché questa terzietà gli

viene dal diritto,lo stesso diritto è terzo. Oltre ad essere terzo è

imparziale, ossia ha un ruolo di super partes. Disinteressato vuol

dire che non ha un interesse in causa. Kojève afferma che la prova

provata che il magistrato non ha un interesse in causa è che dopo

la causa,il magistrato deve avere la stessa posizione economica

avuta precedentemente.

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comunicazione tra i vari sistemi. Dunque, “la decisione è

un evento comunicativo e non qualcosa che ha sede nella

libertà responsabilità dell‟individuo (nello specifico il

giudice), è un accadimento privo di soggettività che

deresponsabilizza la figura del terzo”112

.

Nel sistema luhmanniano le decisioni devono essere

motivate con argomenti adeguati attraverso i quali il

giudice espone, in fatto e in diritto, le ragioni su cui si

fonda la decisione.

Il giudice tratta due elementi portanti della struttura

decidendi: la codificazione scritta combinata con

l‟astrattezza e la generalità della legge da un lato,

l‟elemento temporale, cioè la teoria del precedente,lo stare

decisis dall‟altro.

I giuristi, tuttavia, non possono raggiungere una certezza

assoluta, ma quantomeno limitare l‟arbitrio, infatti, solo

le scienze matematiche sono in grado di raggiungere

conclusioni indiscutibili.

Quando si decide, il futuro viene rappresentato come

differenza tra ciò che deve essere raggiunto attraverso la

decisione e ciò che si verificherebbe senza di essa: in questo

112 Cost. art. 111, comma 6: “Tutti i provvedimenti giurisdizionali

devono essere motivati”. L‟obbligo di decidere non comporta

automaticamente la libertà per l‟organo giudicante di adottare

una decisione arbitraria, infatti, in Italia l‟art. 111 Cost. sancisce

l‟obbligo per il giudice di motivare i propri provvedimenti, in

ossequio al principio di ragionevolezza.

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Conversazioni sul diritto

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contesto la decisione diviene la soluzione di un problema

che, con la sua comunicazione, si fa passato,

indipendentemente da ciò che accade inseguito.

16. Interpretazione giuridica

L‟interpretazione giuridica ha la funzione di attribuire

significato agli enunciati normativi, costituendo parte

importante del metodo giuridico, cioè del complesso di

operazioni svolte sulle norme da giuristi e giudici. Infatti,

senza il preliminare lavoro di attribuzione di significato

agli enunciati normativi non è possibile per il giurista

procedere al lavoro di ricostruzione dei vari istituti

giuridici né per il giudice applicare il diritto ai casi

concreti.

Nonostante l‟interpretazione giuridica sia considerata un

momento pregiudiziale, necessario per lo svolgimento di

pratiche ordinarie di giudici, non è oggetto di

particolare attenzione da parte dei teorici del diritto.

Infatti nelle teorie del diritto tradizionali

l‟interpretazione è considerata un argomento di settore

come dimostra la teoria di Hans Kelsen, teorico del secolo

scorso che, ne La dottrina pura del diritto del 1960, si

occupa dell‟interpretazione in uno dei capitoli finali dopo

aver affrontato e risolto problemi legati all‟esistenza del

diritto.

Carla Di Bernardo.

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È necessario analizzare, a questo proposito, le diverse

teorie sui metodi interpretativi a partire

dall‟orientamento illuministico e ottocentesco

storicamente più risalente, denominato “formalismo

interpretativo” che trova le sue origini, con il passaggio

dal particolarismo giuridico al diritto codificato, con la

scuola dell‟esegesi sebbene assuma rilievo anche la Scuola

storica che sfocia nella pandettistica in Germania.

In Francia, dopo la codificazione napoleonica nel 1804,

il problema dell‟interpretazione delle norme, generali ed

astratte viene risolto a partire dal materiale normativo

stesso, tendenzialmente completabile senza grossi

stravolgimenti da parte dell‟interprete chiamato a tirar

fuori dal testo quello già le norme contengono a partire

dalla volontà storica del legislatore.

Le concezioni formalistiche, infatti, si affidano ad

elementi intrinseci alla norma, trascurando fattori

storici, sociologici, di tipo estrinseco e concependo il

diritto come un‟entità autonoma rispetto ai contesti

storico\culturali.

Riprende, in parte, tale orientamento Luhmann che

distingue l‟interpretazione in due momenti: il primo,

finalizzato a cogliere il senso letterale del testo e il

secondo, definito razionalizzazione a posteriori che

indaga la volontà legislativa. Infatti, Luhmann non

discute di ratio iuris o ratio legis, cioè di ragioni del

diritto che renderebbe più complesso il rapporto tra

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Conversazioni sul diritto

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l‟osservatore e il testo ma opera alla stregua di una

ragione procedurale, annullando la quatripartizione

classica dell‟interpretazione, distinta tra “ermeneutica”,

“dialettica”, “dialogica” e “retorica”.

Il secondo gruppo di orientamenti è quello

“antiformalistico interpretativo”, definito anche con la

locuzione “scetticismo” che risale alla fine dell‟800 per l

quale l‟attività interpretativa crea il significato della

disposizione attraverso elementi estrinseci, ricavando

significato dalla realtà.

Nell‟ultimo decennio sembrano prevalere le “teorie miste”

che riconoscono all‟interpretazione giuridica una

funzione ricognitiva nei casi giudiziari facili, mentre nei

casi giudiziari difficili consentono al giudice di

avvallare nuovi significati attraverso una funzione

creativa.

A mio avviso la teoria mista perché reagisce agli effetti del

formalismo e permette all‟interpretazione giuridica di

diventare garanzia di libertà.

17. La monopolizzazione del diritto da parte del

legislatore nell‟esperienza Napoleonica e la visione del

legislatore nella teoria dei sistemi

“La mia gloria non è di aver

vinto qualche battaglia. Ciò

Niccolò Delli Colli

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che nulla potrà offuscare e che

vivrà in eterno è il mio Codice

Civile”. Napoleone113

a) Nel presente lavoro si vuole mettere in risalto, per

quanto possibile, un‟evoluzione tanto storica quanto

filosofica della figura del legislatore.

L‟indagine parte dalle teorie di Montesquieu e Beccaria e

si sofferma sulla figura di Napoleone per arrivare

direttamente alla teoria sistemica di Niklas Luhmann,

evidenziando alcune principali differenze tra queste

correnti filosofiche.

La tesi dell‟Illuminismo Giuridico Classico. La figura del

legislatore assoluto, monopolizzatore del diritto, trova

particolare riscontro nel periodo Illuminista.

Nell‟affermare che il Legislatore diviene unico ente in

grado di porre il diritto, questa teoria consolida due

concezioni che di volta in volta hanno trovato

accoglimento nelle diverse vicende della storia del diritto.

La teoria di cui si discute si fonda su due assiomi, uno di

carattere positivo, secondo il quale non vi devono essere

intermediari nella creazione del diritto, tra il cittadino e

il legislatore, unico depositario del potere di creare le

leggi mentre e uno di tipo spirituale.

Il primo principio è stato evidentemente accolto con favore

dai fautori dello stato liberale perché l‟eliminazione di

113 Cfr. http://www.parodos.it

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Conversazioni sul diritto

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intermediari tra diritto e cittadino, per la prima volta,

rendeva ogni singolo individuo uguale, almeno in

potenza, dinnanzi alla legge. La società, infatti, solo con

l‟accoglimento totale di tale visione poteva distaccarsi

dalle disparità tanto sociali che giuridiche proprie di

quelle di Antico Regime.

I principali filosofi del diritto che hanno avallato questa

teoria sono certamente stati Montesquieu e Beccaria114

, il

primo, in particolare, interessato a trasformare la

certezza del diritto nell‟asse portante dell‟ordinamento

giuridico e quella della separazione dei poteri. Questa

organizzazione, nel pensiero di Montesquieu, avrebbe

portato al riconoscimento formale dell‟uguaglianza del

cittadino e sottoposto ogni giudice ad una sola norma,

rendendo lo stesso di fatto impossibilitato a sovvertire tale

uguaglianza.

Beccaria, addirittura, arriva ad escludere la possibilità

di interpretazione della legge da parte del giudice115

come

risulta dalla sua opera “Dei delitti e delle pene”. Questo

pensiero è ancora più esasperato in Montesquieu dove

sconfina nell‟affermazione secondo la qualche

l‟applicazione del diritto deve tradursi in un sillogismo

tra norma e comportamento del soggetto inquisito.

Questo, infatti, sarebbe per Beccaria l‟unico sistema in

114cfr.http://www.uncongenial.com/eraclito_deploy/filosofia%20del

%20diritto/modulo_01/pdf_9/FD_01_08.pdf

115 Ibidem.

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grado di conservare l‟esclusiva potestà del legislatore.

L‟interpretazione stessa non sarebbe infatti il conformarsi

del diritto al caso concreto, in un‟ottica più alta di

giustizia, ma creazione del diritto ex novo, diritto non

voluto dal Sovrano Legislatore e, peggio ancora, non

sorretto dalla sua autorità.

Storicamente, la teoria nella sua forma iniziale e più

pura, ovvero nei due caratteri di unicità ed esclusività del

potere di porre le leggi da un lato e di giustezza

illuminata dall‟altro, trova la sua più grande e

dirompente manifestazione storica nella figura di

Napoleone e del Codice Civile Francese del 1804 poi seguito

negli anni dal codice di procedura civile nel 1806, da

quello commerciale nel 1807, da quello di procedura

penale nel 1808 e, in ultimo, da quello di diritto penale

nel 1810116

, che rappresenta non solo la prima e massima

espressione di un movimento di riforma di diritto positivo,

ma la conferma che un Impero in quanto tale, e ancora

di più un imperatore che fortemente aveva desiderato e

contribuito a creare questo impero, rivendicavano le

proprie prerogative come legislatore.

La continuità che, in materia di riforma giuridica, può

essere ravvisata in questo periodo grazie alla presenza di

Napoleone è infatti chiara e indiscutibile. Questi appare

allo stesso tempo come espressione della volontà

116 Cfr. http://www.francia.be/codice-napoleonico.html

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dell‟impero, in quanto guida dello stesso, e come

espressione dell‟assolutismo del legislatore come massima

autorità a spingere per la riforma giuridica completa

della Francia. Più propriamente possiamo dire che

Napoleone assume la forma del legislatore in senso

concreto divenendo il reale estensore della norma, basti

pensare che delle 102 sedute tenute dal Consiglio di Stato

al fine di creare il nuovo testo del Codice Civile Francese

ben 57 furono presiedute dallo stesso Napoleone117

.

Il codice in sé seguiva proprio la teoria monopolistica del

legislatore, secondo la quale il sovrano avrebbe posto tutti

i cittadini su un piano di uguaglianza davanti alla

legge. Esempi sono ad esempio l‟abolizione di diritti come

quelli della primogenitura e del maggiorascato,

l‟introduzione dei principi generali che avrebbero dovuto

reggere ogni negozio di diritto privato a prescindere da

titoli, posizioni e stato sociale dei cittadini coinvolti, e il

riconoscimento della sola famiglia come centro di

svolgimento della vita del cittadino, eliminando così

corporazioni, casati e altri enti simili.

Allo stesso tempo, però, è chiaro come il codice fosse la

propagazione di un potere assoluto che provava a porre

fine a tutta una serie di conflitti interni alla società

Francese, travolta nei pochi anni precedenti da

Rivoluzione e Controrivoluzione, nella quale le antiche

117www.historia.unimi.it/sezione/lezioni/corsodiritto1/a-d/27

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casate nobiliari perdevano terreno rispetto ai borghesi e

pian piano anche l‟economia si muoveva da un‟economia

prevalentemente agricola ad una industriale.

Proprio seguendo la teoria della monopolizzazione del

diritto da parte del legislatore, possiamo quindi dire che

Napoleone, o ancora meglio l‟Imperatore di Francia, da

un lato si innalzò al di sopra di tutto l‟impero in quanto

unico illuminato, e dall‟altro chiuse, almeno in potenza,

e ovviamente per rafforzare il suo stesso potere, tutta una

serie di conflitti interni proprio diffondendo un sentore di

uguaglianza giuridica mai introdotta prima in nessun

ordinamento europeo.

b) Il legislatore nelle teorie di Niklas Luhmann. Ben

differente dalla visione prospettata sino a questo punto,

invece, è la teoria che nelle opere di Luhmann

accompagna la figura del legislatore.

Chiaramente decade la visione del legislatore come

despota, e si introduce nei ragionamenti il principio

secondo il quale si tratta di organo collegiale eletto dal

popolo, ma subito emergono molteplici critiche da parte

del pensatore.

Il primo passo che Luhmann compie è quello di indagare

il modo nel quale il consesso rappresentativo del popolo si

forma. Già da questo punto abbiamo da una parte un

legislatore inteso come ente, come ci dice Montesquieu, e

dall‟altro un legislatore visto come composizione di

partiti politici.

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Conversazioni sul diritto

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Luhmann, nell‟indagare il fenomeno del consenso politico

ed elettorale dei partiti politici, afferma che i partiti sono

identici nella loro possibilità di apportare differenze

all‟interno del diritto e, quindi, sono nulle tutte le

distinzioni tra partiti conservatori e riformatori, di

destra o di sinistra118

.

La differenza tra i partiti si evidenzierebbe solamente in

una differente retorica e in una distinta scala di valori,

che non si deve comunque intendere come un decalogo di

principi da seguire, ma come impostazione retorica al

fine di ottenere consenso. L‟interesse dell‟elettore è quello

di avere un buon reddito e di poter consumare beni e, in

questa prospettiva, orienterà il suo voto119

.

Prima di giungere alle conseguenze finali, è chiara

un‟ulteriore differenza tra le impostazioni illuministe e

quelle sistemico-funzionali di Luhmann: da una parte il

potere politico è potere legislativo assoluto, dall‟altro è un

potere che è solo marginalmente legislativo, teso a

controllare il mercato locale dello stato, a anche in

questo aspetto ha poteri estremamente deboli.

Tornando alla situazione di conflitto tra politica ed

economia sul debito pubblico e sul mercato, Luhmann si

chiede quale sia la forza di controllo che il potere politico

ha su questi due aspetti. Come già detto, non vi sono

118 N. Luhmann, “Politics and Economy”, Thesis Eleven (number

53,1998) trans. by D. Robertson.

119 Ibidem.

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possibilità di riprendere il controllo dei debiti dello stato,

poiché ormai di competenza del sistema economia. Per

quanto riguarda il mercato, invece, il governo può

aspirare al massimo a controllare il mercato del proprio

stato, che in un mercato globalizzato si scontra

concretizza in una situazione di impotenza assoluta,

nella semplice e lineare visione secondo al quale il

mercato locale è di fatto controllato dal mercato

globale120

.

Fatte queste rapide considerazioni sui motivi che spingono

a votare, sui debiti pubblici e sui mercati dello stato, qual

è, quindi, il ruolo del legislatore?

Luhmann conclude molto chiaramente nel dirci che il

ruolo del legislatore è quello di adeguarsi al sistema

economia che ne controlla ogni aspetto. La funzione

immunitaria del diritto, come precedentemente delineata

nella teoria dei sistemi, diventerebbe un continuo mettersi

al passo al sistema economia che lo controlla, ponendo

come diritto quelle funzioni del sistema economia che di

volta in volta risultano più funzionali121

.

Questo lavoro inizierebbe già dai conflitti tra i partiti,

prima del formarsi dei parlamenti, e si trasformerebbe in

un procedimento burocratico dal momento in cui un

120 Ibidem.

121 L. Avitabile, La specificità del diritto e le questioni economiche,

Fides Humanitas Ius, Napoli MMIX, 9 maggio 2007.

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Conversazioni sul diritto

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partito piuttosto che un altro si trovasse a svolgere la

funzione legislativa.

Per completare il discorso, c‟è da dire che le ragioni del

mercato che incombono sullo stato da una parte, e le

ragioni elettorali che spingono un partito a conformarsi

al mercato, rendono del tutto indifferente quale risulti

vincitore poiché, distinguendosi solo in base alla retorica

che utilizza, non emerge alcuna differenza nell‟attività

di formalizzazione delle funzioni vincenti122

.

c) Conclusioni. Le differenze che intercorrono tra le due

visioni qui analizzate del legislatore sono nette.

Da una parte vi è un legislatore che detiene il potere di

porre il diritto, dall‟altro uno, quasi nullo, di

formalizzare le regole del mercato.

Da una parte vi è un ente supremo che si “spersonalizza”

in base alla propria posizione superiore a quella di ogni

singolo individuo a esso sottoposto, dall‟altra un organo

che non rappresenta minimamente ideali personali, ma

semplici funzioni del mercato.

Da ultimo, vi è la stessa visione del diritto. Da un lato il

diritto è terzo e supremo, dall‟altro è solo la

formalizzazione burocraticizzata di funzioni del sistema

economia che nulla hanno a che vedere con la terzietà e

con la giustizia.

122 N. Luhmann, “Politics and Economy”, Thesis Eleven (number

53,1998) trans. by D. Robertson

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Lezioni a.a. 2010-2011

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Ad avviso di chi scrive, se si provasse ad osservare queste

due teorie, e soprattutto se si provasse a trovarne le

intrinseche ragioni, si noterebbero molti punti critici,

difficili da superare.

Volendo iniziare dalle teorie di Beccaria e di

Montesquieu, occorre partire dal presupposto che il

principio di monopolizzazione del diritto è tuttora un

paradigma della democrazia e dello stato di diritto, non

ammettendosi in alcun modo che il cittadino possa essere

sottoposto ad altro se non alla legge. Ancora più giusto

risulta se a tale visione si accosta il principio della

rappresentatività del legislatore, che in un ordinamento

democratico è un organo collegiale costituito in modo da

poter rappresentare meglio la volontà dei cittadini che da

una parte lo creano e legittimano con il voto, ma che

dall‟altro sono sottoposti agli atti dello stesso, e

ovviamente riconoscendo il potere (e dovere) del giudice

di interpretare la norma per avvicinare nel fatto concreto

astrattezza ed impersonalità della norma alla giustizia.

In questo, però, resta da verificare se non posano esservi

abusi.

La contraddizione di fondo nasce nel momento in cui si

dà per scontato che riconoscere al legislatore il monopolio

del potere di fare le leggi assicura allo stesso tempo il

disinteresse dello stesso e la “giustezza” delle norme. Allo

stesso modo pensare che il legislatore sia illuminato

poiché legislatore o poiché eletto è più utopia che qualcosa

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Conversazioni sul diritto

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di verosimile, e altrettanto difficile da accettare è la

visione per la quale la libertà di interpretazione delle

norme sia di per se causa di assolute distorsioni come ci

dice il Beccaria o basti da sola a correggere qualsiasi

errore del legislatore.

La teoria di Niklas Luhmann, invece, è criticabile quando

descrive la funzione legislativa, nullificata

dall‟invadenza del sistema economia. Anzitutto la prima

contraddizione è posta dalla stessa teoria sistemico-

funzionale, ovvero è un controsenso dire che il sistema

economia influenza così tanto le norme di diritto quando

le leggi del mercato e le norme giuridiche sono tanto

differenti le une dalle altre. Come minimo si deve

riconoscere che le regole del mercato sono in continua

evoluzione e si modificano a grande velocità, mentre le

norme del diritto sono per definizione destinate a durare

a lungo e a modificarsi lentamente. Il sistema diritto,

quindi, non assolverebbe alla propria funzione

immunitaria, come disegnata da Luhmann, risultando

sempre in ritardo rispetto al sistema economia ed ai suoi

bisogni.

Soprattutto la visione di Luhmann non lascia nessuno

spazio alla volontà dell‟uomo, contraddicendo tutti i

momenti nei quali gli uomini, anche attraverso

rivoluzioni e non solo riforme legislative, hanno

modificato i mercati proprio tramite norme di diritto.

Nella visione di Luhmann non si spiegano momenti storici

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quali il New Deal, il Corporativismo di stampo fascista o i

Soviet di origine comunista.

Probabilmente, ad avviso di chi scrive, pur dovendo

ammettersi la validità di molti punti di entrambe le

teorie, ad esempio il principio della divisione dei poteri,

non si possono ignorare alcune derive “estremiste”.

Si deve riconoscere che comunque la funzione legislativa

deve essere assunta da persone in carne ed ossa, che la

norma creata è per sua natura sempre perfettibile e, in

casi più estremi, addirittura la si potrà, a seconda del

contesto storico, ritenere più o meno giusta. Questo,

tuttavia, non impedisce che sia possibile affermare una

funzione del diritto tesa a regolare la vita civile secondo

canoni di giustizia.

Anche se difficile nella pratica reale, mi permetto di

sostenere che, a poter portare il diritto positivo ad

un‟evoluzione reale, è solo l‟equilibrio tra almeno tre

fondamentali criteri. In primo luogo il riconoscimento

della norma come guida fondamentale e certa, orientata

alla giustizia anche se pensata e posta da uomini di per

se fallibili, in secondo luogo la presenza di una

interpretazione utilizzata come medium tra freddo

paradigma e persona umana, e infine una visione del

diritto nel suo complesso come un processo di

riconoscimento civile dell‟interesse e dell‟aspettativa

dell‟altro anche se in contrasto con la nostra, tanto in

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Conversazioni sul diritto

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una visione di interesse economico che di interesse morale

o giuridico.

18. Interpretazione giuridica

L‟interpretazione giuridica ha la funzione di attribuire

significato agli enunciati normativi, costituendo parte

importante del metodo giuridico, cioè del complesso di

operazioni svolte sulle norme da giuristi e giudici. Infatti,

senza il preliminare lavoro di attribuzione di significato

agli enunciati normativi non è possibile per il giurista

procedere al lavoro di ricostruzione dei vari istituti

giuridici né per il giudice applicare il diritto ai casi

concreti.

Nonostante l‟interpretazione giuridica sia considerata un

momento pregiudiziale, necessario per lo svolgimento di

pratiche ordinarie di giudici, non è oggetto di

particolare attenzione da parte dei teorici del diritto.

Infatti nelle teorie del diritto tradizionali

l‟interpretazione è considerata un argomento di settore

come dimostra la teoria di Hans Kelsen, teorico del secolo

scorso che, ne La dottrina pura del diritto del 1960, si

occupa dell‟interpretazione solo in uno dei capitoli finali

dopo aver affrontato e risolto problemi legati all‟esistenza

del diritto.

Carla Di Bernardo.

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È necessario analizzare, a questo proposito, le diverse

teorie sui metodi interpretativi a partire

dall‟orientamento illuministico e ottocentesco

storicamente più risalente, denominato “formalismo

interpretativo” che trova le sue origini, con il passaggio

dal particolarismo giuridico al diritto codificato, con la

scuola dell‟Esegesi sebbene assuma rilievo anche la Scuola

Storica che sfocia nella pandettistica in Germania.

In Francia, dopo la codificazione napoleonica nel 1804,

il problema dell‟interpretazione delle norme, generali ed

astratte viene risolto a partire dal materiale normativo

stesso, tendenzialmente completabile senza grossi

stravolgimenti da parte dell‟interprete chiamato a tirar

fuori dal testo quello già le norme contengono a partire

dalla volontà storica del legislatore.

Le concezioni formalistiche, infatti, si affidano ad

elementi intrinseci alla norma, trascurando fattori

storici, sociologici, di tipo estrinseco e concependo il

diritto come un‟entità autonoma rispetto ai contesti

storico\culturali.

Riprende, in parte, tale orientamento Luhmann che

distingue l‟interpretazione in due momenti: il primo,

finalizzato a cogliere il senso letterale del testo e il

secondo, definito razionalizzazione a posteriori che

indaga la volontà legislativa. Infatti, Luhmann non

discute di ratio iuris o ratio legis, cioè di ragioni del

diritto che renderebbe più complesso il rapporto tra

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Conversazioni sul diritto

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l‟osservatore e il testo ma opera alla stregua di una

ragione procedurale, annullando la quatripartizione

classica dell‟interpretazione, distinta tra “ermeneutica

dialettica”, “dialettica”, “dialogica” e “retorica”.

IL secondo gruppo di orientamenti è quello

“antiformalistico interpretativo”, definito anche con la

locuzione “scetticismo” che risale alla fine dell‟800 per l

quale l‟attività interpretativa crea il significato della

disposizione attraverso elementi estrinseci, ricavando

significato dalla realtà.

Nell‟ultimo decennio sembrano prevalere le “teorie miste”

che riconoscono all‟interpretazione giuridica una

funzione ricognitiva nei casi giudiziari facili, mentre nei

casi giudiziari difficili consentono al giudice di

avvallare nuovi significati attraverso una funzione

creativa.

A mio avviso la teoria mista perché reagisce agli effetti del

formalismo e permette all‟interpretazione giuridica di

diventare garanzia di libertà.

19. La ricerca della giustizia come ricerca sociale “oltre

l‟impossibilità di vivere in un vedersi vivere”

“Il singolo non può mai raggiungere la

felicità individuale perché l‟unica

Francesca Di Ruzza.

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felicità possibile è quella collettiva. La

felicità sociale si chiama giustizia, che

non è qualcosa di già dato, ma

qualcosa che bisogna costruire giorno

per giorno. Questa tensione verso la

giustizia caratterizza tutta la vicenda

umana senza questa idea di giustizia

non può esistere la libertà, non può

esistere la felicità, non può esistere il

progresso”. Hans Kelsen

L‟intera questione della giustizia ha origine con

l‟intervento dell‟uomo, punto di partenza e di arrivo nella

ricerca del giusto.

Le teorie sociologiche e giuridiche del fondamentalismo

sistemico – funzionale, tuttavia, tendono ad una visione

dell‟uomo come mera entità biologica e, in quanto tale, lo

incontrano come un “sistema tra altri”.

Nel mercato l‟uomo viene completamente archiviato

perchè, non lasciandosi spiegare in modo “tecnico-

scientifico” né permettendo la sua calcolabilità, diventa

un momento di disfunzione e causa dell‟inceppamento del

sistema123

. L‟emarginazione dell'io a fronte della teoria

dei sistemi sociali è generata dal prevalere della ragione

123 B. Romano, Arte e tecnica nel diritto. Riflessioni con Giuseppe

Benedetti, in RIFD, n°1 gennaio/marzo 2009.

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Conversazioni sul diritto

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numerica e mercantile del funzionalismo124

. In questo

contesto, l‟uomo è un‟entità desoggettivata che assiste

passivamente all‟evolversi di una realtà già data

proceduralmente e, soprattutto, insofferente a qualsiasi

intervento dell‟“Io” in quanto parlante ed interpretante.

Luhmann, infatti, descrive una realtà giuridica che non

lascia spazio né alla “creazione di senso” nè al “dirsi nel

dire” secondo una reciprocità incondizionata e gratuita.

In un sistema come quello luhmanniano il momento

dell‟incontro con l‟Altro è escluso e l‟intero sistema

funziona solo attraverso il transito di informazioni

impersonali che annichiliscono la dimensione giuridica,

sintesi di lex e ius125

.

Nelle contemporanee teorie del fondamentalismo

sistemico - funzionale, in particolare in Niklas Luhmann,

la realtà giuridica è determinata dall‟accadere

contingente, fissato nelle forme di una legalità, chiusa

alla tensione verso il giusto, divenendo il simbolo della

sua validità e della legittimità dell‟autorità

legislatrice126

. Attraverso i simboli, l‟ordinamento

giuridico stabilizza il sistema stesso, assumendo i

caratteri di un ordinamento normativo a prescindere

124 M. Heidegger, Logica e linguaggio, Milano, 2008, p. 25.

125Cfr.altervista.org/writings/Lobrano/cittaeildiritto.html , Il

sistema giuspubblicista romano della sovranità del popolo e le sue

deformazioni medievali e moderne.

126 Ibidem.

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dall‟esercizio del logos che si svolge nello spazio della

trialità dialogica che alimenta la ricerca della verità. Il

momento della fissazione e della stabilizzazione segnano

un allontanarsi dalla verità e dalla giustizia e

l‟affermazione della menzogna, ossia di tutto ciò che non

è realtà127

. Il concetto, ad esempio è una menzogna perché

non ha alcuna corrispondenza con il reale, in eterno

movimento come pure la verità di una sentenza passata

in giudicato nella misura in cui fissa irrevocabilmente

l‟uomo nell‟atto per il quale è stato giudicato128

. Il

giudicato, in questo senso, è un “vedersi vivere” che

equivale a morire in una fissità che elimina la vita,

intesa come continua ricerca del senso129

. Il “sentirsi

vivere”, infatti, non è altro che la ricerca della verità

attraverso l‟altro che accompagna l‟uomo dalla nascita

alla morte.

Quando la relazione si estingue, ciascun io si chiude

nella presunta sufficienza di un sapere totale ed entra in

lotta con l‟altro, avviando un conflitto che si traduce nel

mondo giuridico nell‟istituzione di una legalità priva del

senso di giustizia.

In questa prospettiva desoggettivata, il diritto positivo

coincide e si esaurisce in ciò che è legale, cioè le leggi

127 B. Romano, Due studi su forma e purezza del diritto, Torino,

2008, § La forma è la morte della vita?

128 Ivi, p. 1693.

129 Ivi, p. 1691.

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Conversazioni sul diritto

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create ad esempio da maggioranze solo numeriche pur

sempre distinte dalle leggi di natura in quanto istituite.

Il passaggio da uno stato di diritto naturale ad uno stato

di diritto civile si può discutere a partire da Hobbes che

parla di questo processo evolutivo a partire dal primario

bisogno dell‟uomo di associarsi, di incontrare gli altri

uomini attraverso due momenti: il Pactum Unionis ed il

pactum subiectionis130

. Nel primo passaggio gli uomini più

forti naturalisticamente ma anche i più astuti, si

uniscono per poter sopravvivere ad uno stato di guerra,

mentre nel secondo viene scelto un princeps, il sovrano che

è legibus solutus, deputato ad emanare le leggi.

Se, tuttavia, con il contratto ciascun io ha la possibilità di

emanciparsi dalle regole biologiche attraverso

l‟istituzione di regole giuridiche, nella prospettiva

luhmanniana il diritto non si radica nella parola, è solo

un dato formale, lontano, se non addirittura contrario,

da una visione di giustizia. Infatti, la possibilità di

rivendicare i diritti dell‟io passa attraverso il

riconoscimento del diritto alla parola e della persona.

Se i diritti fondamentali possono essere diversi da etnia a

etnia, da Stato a Stato, i diritti dell‟uomo appartengono

alla persona in modo universale e incondizionato, a

prescindere da qualsiasi riconoscimento istituzionale. I

diritti fondamentali, invece, sono sanciti nelle

130 Lezioni di Teoria dell‟interpretazione e informatica giuridica.

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Costituzioni e nelle Carte fondamentali e sono rimessi

alla disponibilità dei contraenti che possono decidere di

rispettarli o di violarli.

Con gli altri l‟uomo crea il suo “io” che è una forma

sempre in-formazione, alimentata de un‟insaziabile

bisogno di libertà che eccede ogni confine etnico e che

esercita attraverso il logos e la capacità di argomentare,

tant‟è che dove non c‟è logos non c‟è libertà. Nella

prospettiva luhmannniana dove potrebbero essere

collocati i due poli opposti della Libertà e il pole della

non-libertà? Considerando la deriva delle attuali

democrazie, si potrebbe considerare il binario

libertà/non-libertà vicino al sistema economico governato

dal codice binario capacità di pagare/ non-capacità di

pagare che oggi trova conferma nelle democrazie

lobbizzate, piegate al potere di chi, forte economicamente,

impone certi contenuti normativi.

In questo contesto si eclissa lo spazio della terzietà nel

quale ciascun “io” è portatore di un sapere parziale, in-

formazione nella ricerca della verità. L‟uomo, costretto

entro questi confini, tradisce la vita e il suo “io” per

trasformarsi in una mera entità biologica. Quando

l‟uomo è sgravato dal comunicare con l‟Altro, diventa

un‟isola, un sistema biologico sufficiente a sé stesso che

vive solo per sé stesso, senza possibilità di sviluppare, quello

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Conversazioni sul diritto

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che Nietzsche definisce il “superfluo”131

che lo distingue dal

non-umano e getta l‟uomo nell‟inquietudine di non essere

invaso dall‟accadere che lo imprigiona132

.

È proprio nel superfluo dell‟uomo che vanno rintracciati i

margini per la ricerca della giustizia133

che, posta in

questi termini, mi piace pensare come un‟opera sociale

nella quale ogni tappa è generata da una volontà

umana soggettiva e partecipante. L‟uomo accoglie in sé

l‟ansia della ricerca della verità e della giustizia e la

sviluppa quando rompe i confini della fissità data da

quegli elementi che stabilizzano la realtà e l‟uomo

incontra l‟altro in uno spazio terzo aperto alla creazione

di senso che Heidegger definisce “l‟inaggirabile”,

l‟inevitabile interrogarsi sull‟interezza dell‟io134

.

20. Relazione tra argomentazione giuridica e aspettative

secondo Niklas Luhmann

131 F. Nietzsche, Su verità e menzogna, Milano,2007, p. 79.

132 B. Romano, op. cit., p. 1694.

133 Ibidem. Questo “superfluo” distingue l‟uomo dal non-umano e

lo mostra nella sofferenza per l‟essere invaso dall‟accadere. Lo

mostra nel Pathos della sua insuperabile inquietudine, che

Boncinelli ricorda con i versi del Canto notturno di un pastore

errante dell‟Asia di Leopardi: “ Perché giacendo a bell‟agio ozioso,

s‟appaga ogni animale; ma, se io giaccio in riposo, il tedio

m‟assale?”

134 M. Heidegger, Saggi e discorsi, Milano, p. 39.

Antonia Di Sano.

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Lezioni a.a. 2010-2011

103

L‟argomentazione giuridica, nella prospettiva

luhmanniana consiste “nel raccomandare argomenti

adeguati per procedimenti adeguati”, infatti, l‟interprete,

dato un procedimento raccomanda l‟argomento che

consenta al sistema di funzionare a prescindere dalla sua

qualità.

Luhmann affronta il concetto di aspettativa prendendo le

mosse dall‟iter argomentativo seguito dal legislatore per

soddisfare le aspettative normative. Si può in merito citare

un esempio: “se Tizio è vittima di un reato si aspetta che

qualcuno intervenga per tutelarlo, ciò vuol dire che si

pone in una condizione di attesa normativa, cioè

“aspettative normativa”.

A questo proposito è opportuno richiamare l‟attenzione sul

concetto di aspettativa nel diritto positivo.

Aprendo un manuale di diritto l‟aspettativa viene

innanzitutto presentata come una situazione giuridica

soggettiva attiva ma di rango inferiore al diritto

soggettivo; si distingue poi tra aspettativa giuridica e di

fatto, intendendo con la prima una situazione di attesa

tutelata con misure giuridiche (es. A e B si fidanzano e

decidono di comprare di comune accordo un

appartamento da utilizzare dopo il matrimonio: A lo

paga con i suoi soldi e B lo arreda e lo cura. Entrambi

prima del matrimonio hanno partecipato alle spese e

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Conversazioni sul diritto

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hanno assunto obbligazioni firmando delle cambiali. Da

quel momento A è titolare di un‟aspettativa di diritto,

perché dalla data tot, in cui hanno comprato

l‟appartamento , alla data tot, in cui si sposano, A si trova

in una situazione di aspettativa giuridica rivolta alla

stipula con la celebrazione del matrimonio).

Diversa è la situazione rappresentata dall‟aspettativa di

fatto che si verifica quando si attende un evento però

manca la tutela giuridica, quindi la situazione non è

giuridicamente tutelata.

Luhmann, a questo proposito, distingue tra aspettative

cognitive, che si adattano alla realtà e le aspettative

normative, mantenute ferme anche in caso di delusione.

Le aspettative possono essere poi appagate o deluse: nel

primo caso vengono vissute come normali, nel secondo

come anormali.

Luhmann afferma che in caso di delusione il sistema

reagisce o adattando l‟aspettativa alla nuova situazione

(apprendimento) o confermando l‟aspettativa, insistendo

per un comportamento conforme. Il diritto è per Luhmann

in insieme di “aspettative normative di comportamento

generalizzate” che ogni uomo si aspetta dall‟altro in virtù

di una fissità normativa, infatti, affinchè possa parlarsi

di diritto è necessario che le norme vengano sottoposte ad

un processo di “stabilizzazione”. Ad esempio: “se Tizio

guida in stato di ebbrezza ad elevata velocità, dalla sua

condotta potranno scaturire solo determinate

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Lezioni a.a. 2010-2011

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conseguenze consacrate in una norma di diritto”,

viceversa, non potranno dirsi stabilizzate le aspettative di

un soggetto in relazione ai regali che si aspetta il giorno

del suo compleanno, si dice in questo caso che si ha un

elevato numero di aspettative cd. cognitive. Luhmann

precisa ancora che la scelta di alcune aspettative

cognitive e la loro stabilizzazione come normative

avviene attraverso le “comunicazioni”

cioè l‟esercizio linguaggio e in merito a tale

considerazione distingue tra aspettative del comunicare

(proprie dei soggetti parlanti, cd. Psicologiche) e

aspettative nel comunicare (volte alla continuazione del

sistema comunicazione, cd. Sistematiche). Il sistema

diritto sceglie e seleziona le aspettative meritevoli di

tutela, secondo Luhmann, trasforma le aspettative da

cognitive in normative attraverso un processo di

“giuridicizzazione” che può avvenire solo seguendo certe

procedure. L‟evento giuridicizzato è il risultato del volere

più forte tant‟è che i contenuti del sistema morale

rimangono estranei ad ogni processo di

normativizzazione fino a meno che non lo voglia il

diritto. In Luhmann aspettativa normativa è anche

quella collegata ad una legge di Stato che imponga la

discriminazione dell‟altro, infatti, in questo contesto

agiuridico perché contromano possono essere

normativizzati anche contenuti contrari ai diritti dell‟io

in violazione dei diritti universali e incondizionati che

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Conversazioni sul diritto

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impongono un trattamento paritario seppur nella

differenza.

21. La teoria dell‟argomentazione giuridica

Quando si discute di argomentazione si fa riferimento

all‟insieme di motivazioni attraverso le quali l‟interprete

applica una data norma di legge. È opportuno, sin da

ora, distinguere tra: interpretazione in senso specifico che

designa attribuzioni di significato a fatti o a testi e

interpretazione in senso generico che fa riferimento al

senso giuridico in generale come: dedurre, interpretare,

argomentare.

Nell‟esperienza quotidiana gli argomenti sono associati a

situazioni in cui si è chiamati a scegliere tra diverse

alternative, adducendo ragioni a sostegno del perché

quelle ragioni dovrebbero convincere o persuadere

l‟interlocutore. La validità di un argomento è

determinata dalla sua efficacia o dalla conformità di un

modello ideale di ragionamento? È possibile proporre una

teoria normativa del ragionamento senza assumere,

almeno come ideale regolativo, un qualche concetto di

razionalità argomentativa o un modello di

ragionamento che riteniamo preferibile? A chi spetta il

compito di giudicare se le ragioni che adduciamo a

sostegno della nostra tesi sono buone? A noi stessi, al

Cecilia Evangelista

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Lezioni a.a. 2010-2011

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nostro interlocutore, a una terza persona super partes, a

un esperto? Quando una tesi può essere considerata

sufficientemente forte? Quando è razionalmente

accettabile e quando è accettata di fatto?

La teoria dell‟argomentazione non si accontenta solo di

un approccio descrittivo, occupandosi anche di

analizzare determinate regole che i parlanti assumono e

seguono nel ragionamento, a questo proposito,

“chiamiamo normative le teorie che privilegiano questo

secondo aspetto assumendo come obiettivo primario la

determinazione di una serie di regole o norme generali

che caratterizzano l‟attività argomentativi”135

.

In ogni teoria normativa dell‟argomentazione la

validità delle norme è associata al concetto di

razionalità o ragionevolezza e i parlanti sono

considerati agenti razionali, capaci di rispettare le regole

comunicative e argomentative.

Luhmann parla di forme e formule, infatti, non discute di

argomenti buoni o cattivi ma solo convincenti o meno

convincenti al fine di dimostrare la validità del diritto

che, però, nessun argomento ha la possibilità di

modificare.

Quali sono gli elementi della argomentazione giuridica?

Uno è la validità perché simbolo della validità del diritto,

l‟altro è argomentare.

135 Possono servire per ricostruire argomenti, valutare la loro

adeguatezza, indicare nuove strategie di ragionamento.

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Conversazioni sul diritto

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Luhmann, a tal proposito, discute di “accoppiamenti

strutturali” ossia di testi e testualità giuridica. La

validità del sistema giuridico ed il procedere per

argomenti sono possibili e si collegano tra loro solo

attraverso “l‟accoppiamento strutturale” che avviene sui

testi prodotti all‟interno del sistema diritto.

Il sistema diritto comunica al suo interno

“giuridicamente” secondo la terminologia giuridica

attraverso i testi cioè attraverso materiale specialistico e

specializzato, ad esempio: il Parlamento di per sé è una

struttura ma se si pensa alla produzione di atti e di

documenti del Parlamento nelle commissioni

parlamentari o alle comunicazioni tra le camere si evince

che si tratta di un insieme di strutture che complessizzano

cioè rendono complesso l‟operare del Parlamento.

I testi realizzano il collegamento ma hanno anche una

funzione più rilevante: servono a formalizzare la

comunicazione, realizzano il collegamento fra le

strutture in modo formale ed in modo che se ne abbia

anche una traccia e mettono in comunicazione più

strutture che a livello pratico è il collegamento tra

argomentazione e validità del diritto.

I testi136

nell‟argomentazione giuridica servono a

coordinare le strutture, a far si che il sistema comunichi

con l‟esterno e che le sentenze passino da un sistema

136 Testi normali,testi legali e specializzati.

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109

all‟altro e, inoltre, rendono possibile l‟auto osservazione

semplificata del sistema.

Infatti, l‟argomentazione giuridica parte da testi

precostituiti e si avvia attraverso l‟interpretazione

letterale seguita da un processo di razionalizzazione a

posteriore, cioè di assimilazione che prepara

l‟interpretazione vera e propria.

Ogni sistema è dotato di una chiusura e di un‟apertura

informativa, necessaria ai fini del suo corretto

funzionamento, cioè dello svolgimento di procedure che

vengono dal passato e rappresentano il giusto binario per

arrivare alla destinazione.

In questo senso basterà scegliere l‟argomento e adeguarlo

al procedimento adeguato al funzionamento del sistema.

Secondo l‟analisi di Luhmann l‟argomento va de parte ad

partem perché l‟interprete deve servirsi degli exempla,

(l‟esempio) la cui costruzione necessita di regole che,

paradossalmente, sono il risultato di questo modo di

argomentare.

Il concetto di argomentazione è attraversato da tre

distinzioni :

- Operazione/osservazione

- Autosservazione/eterosservazione

- Controverso/incontroverso.

L‟argomentazione giuridica per Luhmann o è la

combinazione di ciascuna di queste distinzioni o non è

un‟argomentazione giuridica.

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Conversazioni sul diritto

110

22. Il giudice è interprete o creatore della legge?*

Il giudice è tenuto ad applicare la legge anche quando la stessa

contrasti i suoi convincimenti personali. Sovente il massimo

organo giurisdizionale è chiamato a pronunciarsi e a rivestire

la figura di interprete e, contestualmente, anche di un vero e

proprio creatore della legge stessa.

Non è sempre facile ricostruire il reale contenuto della

legge, anche perché la sua interpretazione ed

applicazione consiste spesso in un‟operazione complessa,

che implica inevitabilmente delle scelte di valore fra un

ventaglio che comprende ai due estremi il senso di

giustizia e, dall‟ altro, il tenore formale della norma.

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite si è pronunciata al

riguardo più volte, e recenti sentenze dimostrano gli

sforzi che la stessa tanto responsabilmente fa nello

stabilire quale sia il ruolo preminente che la figura del

magistrato è chiamata a rivestire137

.

Nello specifico, la Cassazione è stata chiamata a

pronunciarsi sul quesito se la condotta di chi coltiva

piante di cannabis integri o meno, qualora il raccolto sia

destinato all‟uso personale, gli estremi di un reato in

materia di stupefacenti ovvero un mero illecito

amministrativo, fermo restando che la legge prevede la

* Davide Carlesimo.

137 Il giudice è interprete o creatore della legge? Cfr.

www.ilsussidiario.net 19 luglio 2008.

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Lezioni a.a. 2010-2011

111

semplice sanzione amministrativa nel caso del suddetto

consumo personale. Accade spesso che il giudice debba

attenersi alla lettera della legge, in considerazione di

particolari materie nelle quali i giudizi di valore (di cui

parlavamo prima) non siano generalmente condivisi,

venendo così a mancare un vero e proprio spazio nel quale

il giudice possa argomentare le scelte prese, inserendovi

elementi riflessivi che non traggono spunto dall‟enunciato

normativo ma unicamente dalle sue considerazioni

personali.

Tornando alla sentenza delle Sezioni Unite in tema di

“droga e stupefacenti”, il giudice si è ben guardato

dall‟esercitare un‟attività di tipo creativo

nell‟elaborazione della sentenza, astenendosi così dal

rilasciare giudizi e limitandosi alla lettera del

legislatore: ne ha ricostruito la ratio, ha quindi indagato

sulla “mens legis” e ne ha tratto le sue conclusioni. Qui

l‟autorevole richiamo che la Corte fa ai principi

garantistici della riserva di legge e di tassatività

impongono una riflessione in ordine al ruolo che i giudici

ritengono di rivestire, non discostandosi da quello che la

legge stessa impone ai medesimi.

È necessario accennare necessariamente ai casi inversi in

cui il magistrato, sollecitato magari da una estenuante

campagna mediatica smisurata e tendenziosa, si trova

ad innovare il diritto, e tale creatività giudiziaria viene

presentata come scelta di una magistratura

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Conversazioni sul diritto

112

“indipendente”, che invece ha smarrito il valore della

propria responsabilità, non avvertendo più il rispetto delle

scelte espresse nella legge come un dato realmente

vincolante. Sintomatici i casi Welby ed Englaro. È chiaro

che in questi due casi, vista oltretutto la carenza della

casistica legislativa al riguardo, i giudici hanno dovuto

esercitare un‟attività ben più pregnante, portando il

vessillo di veri e propri innovatori del diritto e facendo

così luce su ampi orizzonti fino a quel momento non

ancora esplorati. Il tutto andrebbe rielaborato alla luce

della “fondamentale distinzione dei modelli di civil law e

common law138

. Il sistema del common law è un modello di

ordinamento giuridico, di matrice anglosassone, basato

sulle decisioni giurisprudenziali più che sui codici e sui

decreti governativi. Viceversa nei sistemi di civil law le

decisioni giurisprudenziali non hanno un valore

vincolante: in questi sistemi il giudice dovrebbe attenersi,

per quanto possibile, alla lettera della legge ed allo spirito

del legislatore. Ma la “ratio” sottesa è sempre la stessa: la

“ratio decidendi”. Nel common law ciò che rileva è la

ratio decidendi del caso precedente (cosa ha deciso il

giudice prima di me? in base a quale ratio?). Il giudice

del civil law non è limitato in tal senso e comunque dovrà

decidere distinguendo fra il caso precedente e la ratio di

quello successivo. Tali precisazioni si rendono necessarie

138 Cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Common_law

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113

poiché solo in questo modo è possibile comprendere quali e

quanto variegate siano le differenze sistematico-

consequenziali dei due modelli, ed alla luce di ciò

riadattare questo ragionamento e queste conoscenze

all‟ambito funzionale che caratterizza l‟ordine

giurisdizionale.

A tal proposito secondo il filosofo tedesco Luhmann gli

ordinamenti di common law si strutturano sulle decisioni

precedenti ed il giudice prima di applicare una regola

normativa deve procedere ad una distinzione tra caso

precedente e caso presente mentre nel civil law è un lettore

ed interprete che si limita ad applicare una regola già

„osservata‟ da un “osservatore di primo grado” (ovvero il

legislatore). Ora, il problema dei giudici è quello di

riuscire a dare un significato proprio al ruolo di autorità,

che lo distingua da quello degli altri soggetti politici.

Tomeo139

distingue due momenti importanti: quello del

giudice interprete della legge e quello del giudice

interprete “del conflitto” (ovvero consapevole dello stesso).

La funzione del giudice è quella di sottrarsi il più possibile

ai condizionamenti sociali, al fine di garantire giustizia

ed equidistanza, obiettivo raggiungibile solo stazionando

sul concetto di giudice in quanto interprete “del

conflitto”, consapevole di essere un soggetto “a-parte”,

“imparziale”, “super partes”. Tralasciando la nozione di

139 V. Tomeo, Governo dei giudici: la magistratura tra diritto e

politica, a cura di Edmondo Bruti Liberati, 1996.

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Conversazioni sul diritto

114

“argomentazione”, sulla quale sarà opportuno soffermarsi

più analiticamente in un secondo momento, è necessario

specificare il pensiero di Vincenzo Tomeo sul tema del

“giudice interprete”, deputato a “dire la giustizia” (non a

caso i giudici sono la bocca della legge…) sebbene, in

quanto membro di un apparato istituzionale, che è parte

essenziale del sistema politico, difficilmente riesca ad

adempiere sempre a questo compito. Eppure la richiesta di

giustizia è costante, così come la riflessione sul ruolo stesso

del giudice e sulla sua autonomia. Tornando alle

considerazioni prima esposte, secondo Tomeo il “giudice

interprete della legge” deve lasciare il posto al “giudice

interprete del conflitto”, poiché corollario del compito

essenziale dello stesso è quello di sottrarsi ai

condizionamenti sociali, e tale incombenza è

raggiungibile esclusivamente tramite l‟interpretazione

non della legge, bensì del conflitto. Solo in questa

maniera la figura professionale del giudice può sottrarsi

dall‟archetipo dei funzionari esecutivi che amministrano

con una certa parzialità.

In questa prospettiva si colloca il concetto di

“argomentazione giuridica” di Niklas Luhmann,

funzionale alla conservazione dei sistemi e finalizzato ad

evitare dispendi di energie: per questo motivo i

procedimenti devono essere adeguati e altamente

professionalizzati. L‟argomentazione giuridica è infatti

un metodo attraverso cui si selezionano “argomenti per

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115

procedimenti adeguati” strumentali alla riduzione dei

costi sociali grazie all‟economizzazione dei tempi

necessari a compiere le operazioni. La dimensione

temporale acquista fondamentale importanza in quanto

le norme giuridiche sono destinate ad incidere sul

futuro140

.

L‟argomentazione giuridica quindi consiste nel costruire

argomenti per arrivare ad un dato risultato attraverso

l‟esposizione di ragioni che conferiscono ragionevolezza

al diritto, oggetto di attenzione da parte del giudice che,

incidendo sulle libertà del cittadino, espone “ragioni

buone e ragionate”. Gli argomenti dell‟attività

giurisdizionale vengono modificati di volta in volta in

base alla contingenza, cioè, ciò che accade qui ed ora.

L‟argomentazione ha la funzione di rendere valido il

diritto, avvalendosi di se stessa e incidendo sugli altri

sistemi sociali sottoforma di informazione.

Nella prospettiva sistemico-funzionale di Luhmann il

giudice non è creatore delle norme ma mero esecutore del

diritto, mentre alla fattispecie creativa è preposta la

figura del legislatore, il quale riprende fatti concreti del

passato e li rende casistica legislativa ovvero ipotesi

astratte che troveranno ambito applicativo nel futuro.

Infatti le varie fattispecie di colpa, responsabilità civile,

contratto, arricchimento ingiustificato, in quanto

140 N. Luhmann, Mercato e diritto, a cura di L. Avitabile, Torino,

2007.

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Conversazioni sul diritto

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concetti generali non hanno senso in mancanza

dell‟esperienza concreta. L‟argomentazione è un

procedimento che ha un inizio ed una fine e si avvale

della diversità dei casi, non dissolvendosi in principi

generali (come l‟equità, la giustizia…) dal momento che

gli stessi trovano riscontro solo nella concretezza di

fattispecie passate.

Ma la teoria dell‟argomentazione giuridica è inutile se

guardiamo al passato: il tutto va infatti

ricontestualizzato nel presente, nella contingenza. Ciò di

cui parla Luhmann a tal proposito è l‟ analogia, con la

quale si risolvono casi o si colmano vuoti di alcune norme

(razionalizzando testi e risparmiando tempi e costi). A

tal proposito rilevano gli exempla, i casi ricorsivi, infatti,

poiché i sistemi sono eterarchici, l‟interprete dovrà

decidere basandosi sui casi risolti allo stesso modo in

precedenza attraverso l‟identificazione delle regole per

quel caso specifico e la successiva conferma e

condensazione di queste regole, partendo dall‟assunto che

le situazioni nel diritto si presentano come simili ma non

uguali e pertanto andranno trattate situazioni uguali in

maniera uguale e situazioni diverse in maniera diversa.

Da questo ultimo assunto muove le proprie ragioni il

principio dell‟analogia, deputata ad operare senza abusi

di discrezionalità.

L‟interpretazione verte sui testi frutto dell‟attività del

legislatore attraverso un processo di razionalizzazione a

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posteriori. Infatti, il sistema giuridico crea i testi e poi li

interpreta, li razionalizza, descrivendo se stesso e

inviando, successivamente, le informazioni agli altri

sistemi. Luhmann considera l‟interpretazione come

“un‟operazione intesa a rendere asciutto il testo”,

supportando così tutti gli argomenti, per far sì che il

diritto si presenti come valido nei confronti di tutti i

destinatari, chiamati solo ad adeguarvisi.

Infatti interpretare significa comunicare il risultato di

questa operazione di ermeneutica, dando autorevolezza

agli organi che lo hanno emanato: Luhmann stesso non si

interroga sulla dicotomia “giusto-non giusto” in quanto

l‟interpretazione stessa è garanzia di verità e d ove il

contenuto testuale fosse immediatamente recepibile in

modo uniforme dagli utenti, non vi sarebbe bisogno di

utilizzare tale tecnica.

Luhmann scinde tra argomentazione e interpretazione,

trattandoli alla stregua di momenti distinti, infatti, se

tutti sono in grado di leggere un testo, pochi sono in

grado di addentrarvisi. L‟interprete infatti ragiona sul

testo, si pone degli interrogativi, mette in connessione fra

loro più argomenti e comunica all‟esterno il risultato del

ragionamento.

Solo in passato l‟interprete era considerato un‟entità

segregata in una campana di vetro, inavvicinabile, ma

oggi questa realtà è radicalmente mutata, un magistrato

è facilmente avvicinabile, in primis con l‟ausilio della

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Conversazioni sul diritto

118

tecnologia in possesso dei mass media, come di ogni altro

cittadino pur continuando ad essere chiamato a

giudicare impersonalmente che, non significa, non tener

conto di chi ha di fronte, ma interpretare le intenzioni

delle parti, partendo dall‟assunto testuale della norma

attraverso quella che Luhmann definisce “un‟osservazione

di secondo grado”.

Una volta interpretato il testo, il giudice lo adatta al caso

concreto tanto che potremmo definirlo una figura

mediana che emette una decisione contingente,

svincolata dal passato.

23. Il ruolo del magistrato nel sistema diritto*

Se comunemente parlare del giudice significa rinviare ad

una persona fisica in carne ed ossa che emette una

sentenza, Luhmann tralascia la dimensione umana per

discutere dei tribunali che meglio si prestano a descrivere

internamente le funzioni del sistema diritto.

Differenziando Tribunali (giurisdizione) e Parlamenti

(legislazione) va considerato come ciascuno di essi agisce

nel sistema giuridico attraverso il legislatore e il giudice,

deputato ad

applicare la norma. Luhmann colloca tribunali e

parlamenti in una relazione di tipo eterarchico, infatti,

* Giulio Corrente.

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119

ciascuno di essi è dotato di competenze specifiche che gli

altri non possono invadere.

Il compito del giudice è, innanzitutto, quello di osservare,

nella veste di “osservatore di secondo grado”, materiali

già vagliati dal legislatore, “osservatore di primo grado”,

che crea fattispecie astratte sulle quali opera il giudice per

risolvere i casi concreti.

Il giudice non può fare a meno del legislatore per

compiere la sua osservazione, così come il legislatore non

potrebbe operare senza il giudice del quale Luhmann

tiene in considerazione solo la funzionalità rispetto al

sistema stesso. Se poi ci si sposta sull‟attività del giudice

nel giudizio, assistiamo all‟emissione di una decisione

che non è frutto di una convenzione tra le parti, ma la

sintesi meccanica tra fattispecie astratta e fattispecie

concreta, applicando la norma così com‟è a prescindere

da ogni conseguente questione sul giusto o non giusto e

sui relativi valori sociali. Il magistrato, infatti, non

ricerca una giustizia o una verità attraverso il dialogo

nel dibattimento, avendo esclusivo riguardo all‟utilità

contingente di quella decisione.

24. Divieto di rifiuto di giustizia e „hard cases‟*

Negli ordinamenti giuridici moderni vige la regola

secondo la quale il giudice non può rifiutarsi di

*

Sara Falcone.

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Conversazioni sul diritto

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giudicare una controversia, asserendo di non riuscire a

rinvenire nelle leggi le norme da applicare al caso

concreto.

Il giudice, infatti, è sempre tenuto a pervenire a una

conclusione. A testimonianza di ciò la dottrina

maggioritaria, a differenza di quanti sostengono che il

diritto presenti necessariamente delle lacune e pertanto

una controversia non prevista dal diritto possa essere

risolta mediante la creazione di una norma ad hoc da

parte del giudice, sostiene che gli ordinamenti statali

sono necessariamente completi.

La completezza è stata argomentata in modo diverso:

secondo alcuni ogni comportamento deve essere

qualificato come lecito o come illecito poiché „tertium non

datur‟; secondo altri in ogni ordinamento giuridico è

implicita una norma di chiusura, che costituisce il c.d.

„principio della libertà‟, in base al quale deve ritenersi

consentito tutto ciò che non sia giuridicamente vietato

cosicché un qualsiasi comportamento o ricade sotto il

dominio di una norma particolare che lo vieta oppure

sotto il dominio di una norma di chiusura che lo

permette. In entrambi i casi, dunque, il comportamento è

qualificato. Per completezza è necessario ricordare come

altri abbiano sostenuto che il diritto, anche se non

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121

completo, è completabile dall‟interno e, pertanto, ogni

controversia ammette una soluzione corretta141

.

Il completamento delle lacune del diritto può avvenire

mediante „analogia legis‟, estendendo a una controversia

non espressamente prevista una norma che disciplina un

caso simile oppure facendo riferimento ai principi

generali dell‟ordinamento, che il giudice può ricostruire

attraverso il procedimento di interpretazione analogica,

la c.d. „analogia juris‟142

.

In questa direzione, nel nostro ordinamento l‟art. 12 delle

disposizioni sulla legge in generale stabilisce: “Se una

controversia non puó essere decisa con una precisa

disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano

casi simili o materie analoghe; se il caso rimane ancora

dubbio, si decide secondo i principi generali

dell‟ordinamento giuridico dello Stato”. Ne deriva che è

proprio il testo giuridico a prevedere che oltre ad una

prima lettura sia necessaria un‟interpretazione: tale

attività è comune a tutti gli uomini e nel diritto è attuata

da specialisti su testi specifici.

Interpretando la teoria del filosofo e sociologo tedesco

Niklas Luhmann si riscontra in essa l‟importanza della

forma scritta del testo, che costituisce un mezzo di

garanzia per una determinata interpretazione. Solo il

testo scritto, infatti, può far capire da dove arriva il testo,

141

R. Dworkin, Taking Rights Seriously, Harvard, 1977.

142

Cfr. Enciclopedia Treccani delle Scienze sociali, vol. III.

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Conversazioni sul diritto

122

a chi esso è destinato, e soprattutto la situazione che

ruota intorno alla testualità in oggetto.

A questo punto, è importante precisare che per testualità

giuridica si intende quell‟insieme di disposizioni legali,

quali leggi, ordinanze, decreti sentenze (intese queste

ultime come decisioni).

Per Luhmann la decisione costituisce l‟essenza del sistema,

ritenendo che l‟organizzazione dei sistemi sia mossa

dalla decisione. Per il sistema giuridico si pone il

problema della necessità della sentenza e ci si chiede se il

giudice o in generale i tribunali possano rifiutarsi di

amministrare la giustizia e quindi di decidere

emanando una sentenza. Certamente il magistrato non

potrà rifiutarsi di emettere una sentenza, intesa come

testualità e avente la forma della decisione.

In questa direzione argomentativa, il divieto di rifiuto di

giustizia è come un divieto di rifiuto di decisione e nel

sistema di Luhmann nessuno può permettersi di non

decidere poiché anche la non decisione è una decisione. Il

tribunale, pertanto, non può decidere di aderire o meno

al vincolo che la legge gli impone e deve risolvere anche i

c.d. hard cases (i casi più difficili)143

.

L‟interpretazione viene definita come quell‟attività

razionale presupposta da ogni applicazione di una

norma ad un caso giuridico. L‟orizzonte incerto di ogni

143

L. Avitabile, Appunti a.a. 2010/2011.

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123

discorso, che ha come oggetto l‟interpretazione testuale, è

dato dall‟alternativa che l‟attività interpretativa sia un

semplice accertamento oppure sia una decisione creativa

concernente il significato di un testo144

. Nello studio

dell‟interpretazione rilevante è la contrapposizione tra la

teoria del formalismo e quella del realismo. Nel primo

l‟interpretazione è un‟attività di accertamento di tipo

conoscitivo in quanto i documenti normativi sono dotati

di un significato proprio, antecedente all‟interpretazione;

il compito del giudice consiste nell‟accertare, dichiarare

ed applicare fedelmente queste norme ed il discorso

interpretativo può risultare vero o falso. Nel realismo,

invece, l‟interpretazione è un‟attività di decisione, non

sussistendo un significato proprio delle parole; i

documenti normativi non hanno altro significato se non

quello deciso, di volta in volta, dall‟uno o dall‟altro

giudice, discrezionalmente Secondo tale impostazione,

dunque, l‟interpretazione è un atto di volontà e non di

conoscenza ed i discorsi interpretativi non sono né veri né

falsi. I giudici, lungi dall‟accertare, dichiarare ed

applicare norme già date, creano essi stessi il diritto145

.

144

A. Dolcetti, www. Giuri.unige.it, Dottorato in „Filosofia del diritto

e Bioetica giuridica‟ (XXI ciclo).

145

Cfr. Enciclopedia Treccani delle Scienze sociali, vol. III.

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Conversazioni sul diritto

124

È opportuno distinguere tra casi facili-certi, „easy cases‟, e

casi difficili-dubbi, „hard cases‟146

:

l‟„easy case‟ è un caso per il quale l‟ordinamento giuridico

contiene una norma atta alla sua disciplina;

l‟„hard case‟ è un caso per il quale l‟ ordinamento non

contiene una norma atta alla sua disciplina.

H. L. A. Hart ha elaborato una teoria, che si pone in una

posizione intermedia tra formalismo e realismo,

concependo il diritto come un „open texture‟, una trama

aperta in cui si può distinguere una zona di luce, dove

l‟interpretazione è semplice e vincolata, e una zona di

penombra, dove il senso è poco chiaro e l‟interpretazione è

difficile: gli „hard cases‟ portano ad un‟incertezza

interpretativa nella quale il giudice ha piena

discrezionalità come il legislatore.

La tesi di Hart è criticata dal suo allievo, ora professore

alla New York University, Ronald Dworkin e considerata

discutibile a causa del troppo potere spettante ai giudici.

In una situazione di pluralismo i casi facili diminuiscono

e gli „hard cases‟ aumentano cosicché l‟attività legislativa

del giudice diventa principale.

Dworkin, rielaborando la teoria del diritto di Hart,

attribuisce al positivismo giuridico alcune tesi secondo le

quali :

146

A. Dolcetti, www.Giuri.unige.it, Dottorato in „Filosofia del diritto

e Bioetica giuridica‟ (XXI ciclo).

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Lezioni a.a. 2010-2011

125

esistono casi difficili ai quali si collegano formulazioni

vaghe e lacune;

Per i casi difficili non esiste nessuna soluzione giuridica

univoca. Il diritto cioè non prevede nessuna risposta

corretta per decidere tali casi;

la soluzione di un caso difficile non può essere trovata

all‟interno dell‟ordinamento giuridico di riferimento ma

sta al di fuori di esso quindi nei casi difficili il giudice ha

discrezionalità e con la sua attività decisionale crea

nuovo diritto;

il giudice per decidere un caso difficile non ha altra

possibilità che scegliere la soluzione che assicura nel

modo migliore il benessere collettivo.

Dworkin critica tali tesi risolvendo il problema della

discrezionalità del giudice, sostenendo la tesi dell‟unica

risposta corretta.

Ricostruendo la teoria di Dworkin, parla di potere

discrezionale in tre sensi147

:

in senso debole (accezione n. 1): la “discrezionalitá”

denota la situazione di chi deve usare discernimento

nell‟applicare criteri di decisione predeterminati ;

in senso debole (accezione n. 2): in questo senso, ha potere

discrezionale chi puó prendere una decisione di ultima

istanza, una decisione inappellabile;

147

R. Guastini, Dworkin rivisitato, in R. Guastini, Distinguendo.

Studi di teoria e metateoria del diritto, Torino, 1996.

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Conversazioni sul diritto

126

in senso forte: si tratta della discrezionalitá di chi può

decidere arbitrariamente, in quanto non vincolato da un

giudizio preesistente.

Secondo Dworkin il giudice sicuramente ha

discrezionalità nel primo senso (debole, accezione n. 1) e,

talvolta, nel secondo senso (debole, accezione n. 2), ma

non ha mi discrezionalitá in senso forte, pertanto

l‟impossibilità di una decisione arbitraria è dovuta alla

presenza nell‟ordinamento giuridico di principi che sono

criteri di giudizio vincolanti per i giudici.

Questa base teorica permette a Dworkin di parlare

dell‟esistenza di un‟unica risposta corretta e giusta intesa

come la soluzione piú coerente con la filosofia politica e

tale da giustificare l‟intero sistema giuridico.

Dworkin è noto per aver elaborato la tesi della „Right One

Answer‟, secondo la quale in tutti i casi giudiziari, anche

quelli in cui la decisione risulti incerta, puó essere

individuata un‟unica decisione corretta148

, anche se poi

successivamente affermerá che la tesi dell‟unica risposta

corretta non significa che per ogni caso esista una sola

risposta possibile, ma che per chi prende una decisione

questa è l‟unica risposta corretta per il caso in questione149

.

Dworkin per elaborare la sua teoria nega che il diritto sia

costituito esclusivamente da un insieme di regole e

148

R. Dworkin, Taking Rights Seriously, cit., capp. 2-3-4.

149

Id., L‟impero del diritto, trad. it. di Lorenza Caracciolo, Milano,

1986.

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127

sostiene che il diritto sia composto anche da principi e da

policies.

Le regole hanno la forma del tutto-o-niente; in pratica se

si verificano i fatti stabiliti dalla regola e la regola è

valida, questa deve essere applicata, altrimenti, se la

regola è invalida, non deve essere utilizzata ai fini della

decisione150

.

Con il termine policy indica gli scopi collettivi che il corpo

sociale persegue perché meritevoli d‟attuazione e tali scopi

collettivi coincidono, per certi versi, con i diritti

retrostanti di cui gli individui sono titolari. Un esempio

di policy è la tutela dell‟ambiente cui corrisponde un

diritto retrostante dell‟individuo a vivere in un ambiente

sano.

I principi invece riguardano i diritti individuali dei

cittadini, membri di una determinata comunità politica.

Le regole, come precisato, hanno la forma del tutto-o-

niente mentre i principi, a differenza di queste, hanno la

dimensione del peso o dell‟importanza, per cui, qualora

due principi contrastanti tra loro vengano in rilievo in

una controversia giudiziale, dovranno essere bilanciati e

si dovrà stabilire quale di questi abbia un peso maggiore.

Gli „hard cases‟, in cui si pongono dei problemi

d‟interpretazione delle norme che non possono essere

risolti sulla base di una semplice applicazione di una

150

Id., I diritti presi sul serio, trad. it. di F. Oriana, Bologna, 1982,

cit., pp. 90-93.

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Conversazioni sul diritto

128

regola, per Dworkin devono essere risolti utilizzando

argomenti basati su principi e non su „policies‟, poiché se i

giudici decidessero in base ad una „policy‟ svolgerebbero

un‟attività di carattere politico ma questo non è possibile

in quanto, non essendo eletti, non sono rappresentanti dei

cittadini ed inoltre creerebbero nuovo diritto.

L‟attivitá giurisdizionale deve essere collocata, per

Dworkin, all‟interno di una precisa teoria della morale

istituzionale. I magistrati, pubblici ufficiali dello Stato,

devono svolgere la loro attivitá di decisione non come dei

semplici arbitri ma tenendo in considerazione i diritti

istituzionali che spettano ai cittadini come membri

dell‟istituzione151

.

Dworkin a riguardo scrive: “Ogni adeguata teoria

distinguerá fra i diritti retrostanti, che sono i diritti che

forniscono una giustificazione alle decisioni politiche da

parte della societá in astratto, e i diritti istituzionali, che

forniscono una giustificazione per una decisione da parte

di qualche specifica istituzione politica”152

.

Nella teoria del filosofo statunitense emerge un punto

debole consistente nella determinazione dei diritti

istituzionali delle parti perché altrimenti si conferirebbe

ai giudici, contrariamente a quanto stabilisce la teoria

della „Right One Answer‟, elevati margini di

discrezionalitá. Dworkin per risolvere questo problema

151

P. M. Gangi, www.Dialettico.it

152

R. Dworkin, I diritti presi sul serio, cit., p. 187.

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Lezioni a.a. 2010-2011

129

immagina un giudice superiore, da lui denominato

Ercole, capace di ricostruire, in ogni caso giudiziario, i

diritti istituzionali delle parti, interpretando

correttamente la legislazione ed i precedenti giudiziari

alla luce della storia istituzionale.

Il giudice Ercole elabora così uno schema coerente di

principi che gli permetterá di emettere una sentenza su

ogni caso giudiziario che gli sarà sottoposto. Ercole non

decide sulla base delle proprie opinioni personali, né

sceglie arbitrariamente tra le varie soluzioni diffuse nella

società, identifica i diritti delle parti attraverso una

ricerca dei presupposti morali esistenti nell‟ordinamento

giuridico153

.

Luhmann, a differenza di Dworkin, non ha interesse per

la qualitá della decisione dei giudici e per la sua

incidenza positiva o negativa sulla condotta dei soggetti

e non pone al giudice quale orientamento debba avere la

sua decisione, l‟unico compito dei tribunali è decidere. Il

giudice decide con gli strumenti offertigli dal sistema,

mutuati dal sistema generale diritto, che deve

accontentare l‟intero arco della costellazione dei sistemi

sociali. Ne deriva che – riferisce Luhmann – un sistema

diritto chiuso ed indifferente alle istanze economiche

sarebbe destinato al fallimento; al contrario, risulterebbe

valido nel momento in cui decidesse di operare

153

P. M. Gangi, www.Dialettico.it

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Conversazioni sul diritto

130

contemporaneamente ad altri sistemi. Il sistema diritto,

dunque, deve porsi in un ascolto funzionale agli altri

sistemi.

Anche nei casi difficili il tribunale decide limitandosi a

quanto necessario, che conviene decidere in quel

momento, tralasciando gli „obiter dicta‟, ossia le

chiacchiere, e le esternazioni occasionali. Il giudice

gestisce gli „hard cases‟ avvalendosi della forza giuridica,

che sopraggiunge in un determinato momento temporale,

il presente, inteso come spartiacque tra passato e futuro154

.

25. L‟interpretazione del diritto*

“L‟opera non vive se non nelle proprie esecuzioni”155

. Niente

meglio di questa metafora, utilizzata da Pareyson,

potrebbe così efficacemente sintetizzare l‟essenzialità

dell‟opera interpretativa rispetto alla vita della norma

giuridica. Analogamente a quanto avviene per l‟opera

d‟arte, che vive attraverso la sua esecuzione, la norma

giuridica esiste attraverso la sua interpretazione. Prima

di addentrarmi nella trattazione della nozione

d‟interpretazione e delle problematiche di natura

filosofica generate da un concetto così complesso, è

154

L. Avitabile, Appunti a.a. 2010/2011.

*

Maria Folcarelli.

155

L. Pareyson, Estetica. Teoria della formatività, Milano, 2002, p.

232.

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131

opportuno soffermarsi sul “presupposto”

dell‟interpretazione stessa , ovvero il fenomeno diritto.

Secondo una comune definizione, il diritto è il complesso

sistematico delle norme giuridiche che regolano la vita

dei membri di una collettività in un determinato

momento storico.156

Esso costituisce un fenomeno

prettamente umano, caratteristico dei soggetti parlanti e

del tutto estraneo, quindi, al mondo non umano, dei

sistemi biologici, dei soggetti non parlanti, la cui vita è

basata sulla mera esecuzione di un programma già dato,

di un codice biologico. Gli esseri non umani, infatti, sono

soggetti esclusivamente a leggi “trovate”, che derivano

direttamente dalla natura e non da leggi da essi istituite.

Ogni loro comportamento è frutto di un istinto, qualcosa

d‟innato e perfettamente prevedibile. Esattamente opposta

appare, quindi, la situazione in cui versa l‟essere umano,

dotato della libertà, del “libero arbitrio”, che gli consente

di adottare delle condotte che non sono il frutto di un

semplice istinto animale, ma derivano da una vera e

propria affermazione di volontà. In proposito, Scheler

osserva che la differenza specifica dell‟uomo “consiste

nella sua emancipazione esistenziale da ciò che è

organico”157

: l‟uomo esiste eccedendo la semplice

condizione di un “centro biologico”. Diversamente

156

http://it.wikipedia.org/wiki/Diritto

157

M. Scheler, La posizione dell‟uomo nel cosmo, Milano, 2004, p.

144.

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Conversazioni sul diritto

132

dall‟animale, l‟uomo prende distanza dall‟ambiente che

circonda la sua vita; non coincide con il funzionamento

dei suoi organi e delle corrispettive operazioni biologiche,

eseguite nel ripetere le memorie asoggettive dei sistemi

vitali.158

Mentre, dunque, nel mondo animale o più in

generale degli esseri non umani (non regolato da leggi

istituite) eventuali conflitti sono “risolti” con

l‟affermazione della forza vitale più forte, nel mondo

umano eventuali controversie sono risolte proprio sulla

base delle norme giuridiche che riconoscono in capo ai

soggetti, il cui interesse viene ritenuto meritevole di

tutela, delle situazioni giuridiche attive, cui

corrispondono situazioni giuridiche passive di altri

soggetti, costretti a non impedire o addirittura a rendere

possibile la realizzazione di quel dato interesse. Ed è

questa la fondamentale funzione del diritto: quella di

regolare la vita dei consociati, la loro coesistenza, anche

limitandone la libertà. In ogni tipo di coesistenza,

infatti, la condizione di “penuria”159

rende impossibile il

realizzarsi di tutte le eventuali “esperienze di libertà” e,

pertanto, si presenta l‟esigenza di istituire una disciplina

giuridica, che, nel garantire alcune “esperienze” e non

altre, non coincide però con le leggi biologiche dei

158

Cfr. B. Romano, Scienza giuridica senza giurista, Torino, 2005, p.

77.

159

Cfr. J. P. Sartre, Critica della ragione dialettica, 2, Milano, 1962,

pp. 259-260.

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133

viventi.160

Il diritto istituito, quindi, regola la coesistenza

tra soggetti, regolando eventuali conflitti generati dalla

condizione di penuria, che non consente l‟esercizio senza

limiti della libertà. Ma in che modo? Attraverso l‟opera

d‟arte della formatività delle relazioni giuridiche. Il

diritto conferisce una forma alle relazioni dei parlanti, le

toglie dall‟in-forme, situandole in determinati modelli di

condotte, garantisce la certezza delle relazioni nel

futuro, liberando dall‟angoscia davanti alla volontà

mutevole e arbitraria di una parte rispetto al volere di

un‟altra. In questo modo, il diritto garantisce che le

relazioni non siano abbandonate al fatto-più, alla

violenza controgiuridica della forza-più-forte161

, propria

del mondo animale.

Prima di procedere all‟analisi dell‟attività interpretativa

è necessario soffermarsi sul nucleo del diritto, quello della

terzietà, nelle forme del terzo-legislatore, che istituisce le

norme, del terzo-giudice, che le concretizza

nell‟imparzialità del giudizio e del terzo-polizia. Si tratta

di tre figure fondamentali del fenomeno diritto, dal

momento ne consentono l‟istituzione e la concreta

applicazione. In particolar modo, il terzo legislatore pone

gli enunciati normativi adottando specifiche procedure.

Il terzo giudice, invece, provvede a una loro applicazione,

fa sì che quegli astratti enunciati operino in modo

160

Cfr. B. Romano, Scienza giuridica senza giurista, cit., p. 6.

161

Ivi, p. 44.

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Conversazioni sul diritto

134

concreto ed ogni controversia sia risolta in base al diritto.

Il contenuto del suo giudizio, infatti, è detto giuridico

perché non è lasciato né al gioco del pari o dispari162

, né

alla forza del più forte, ma viene pronunciato da un terzo

imparziale e disinteressato, che esercita l‟arte della

ragione del diritto nella sua specifica qualificazione163

.

Ma come può una norma posta dal legislatore all‟insegna

della genericità e dell‟astrattezza operare concretamente

ovvero essere applicabile a una situazione concreta? È a

questo punto che appare nella sua piena evidenza

l‟importanza dell‟attività interpretativa, che si pone

all‟origine dell‟attività giudiziaria svolta dal terzo-

giudice.

L‟interpretazione (o ermeneutica giuridica, termine caro

ai filosofi del diritto) può essere definita come

quell‟attività volta a chiarire e stabilire il significato

delle disposizioni, ossia degli enunciati nei quali si

articola il testo di un atto normativo, in vista

dell‟applicazione nei casi concreti164

. Esistono vari criteri

d‟interpretazione. Si parla d‟interpretazione letterale

quando, alla lettura della norma, si attribuisce a ogni

parola il significato preciso che scaturisce dalla presenza

di quella parola in tale contesto, giungendo quindi alla

162

Id., Filosofia del diritto, Roma-Bari, 2002, p. 48 e ss.

163

Id., Note sulla terzietà giuridica, in Rivista internazionale di

Filosofia del diritto, gennaio/marzo n. 1, 2006.

164

http://it.wikipedia.org/wiki/Interpretazione_giuridica

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135

comprensione letterale della norma giuridica. Un

significato più ampio si può avere quando l'interprete

della disposizione normativa provvede all‟interpretazione

logica, all'analisi della disposizione in base alla ratio (la

ragione pratica) da cui tale norma è scaturita: si guarda

al risultato pratico della norma, che in contesti differenti

ha ragioni differenti. L‟interpretazione, quindi,

costituisce il presupposto necessario ai fini del giudizio da

parte del giudice in quanto gli consente di applicare la

norma generale ed astratta al caso concreto. “Compito del

giudice è di far passare l‟enunciato normativo dal livello

necessariamente astratto della legge al livello

necessariamente concreto della sentenza”165

. Ovviamente

la sua interpretazione, proprio perché compiuta in

funzione di un giudizio, che è per sua natura imparziale,

non potrà che essere un‟interpretazione il più possibile

oggettiva. Il terzo giudice orienta la sua opera

d‟interpretazione mediante la ripresa della terzietà del

legislatore, assunta come criterio di selezione nel leggere-

interpretare le norme istituite e vigenti; nell‟ermeneutica

delle norme, coglie e privilegia gli elementi sostanziali e

formali che affermano l‟imparzialità ed il disinteresse

costitutivi dell‟opera del terzo-legislatore, tralasciando

invece quegli elementi che svuotano e negano la pienezza

165

P. Barcellona, Diritto senza società: dal disincanto

all‟indifferenza, Bari, 2003, p. 162.

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Conversazioni sul diritto

136

della terzietà legiferante166

. L‟interpretazione deve essere,

dunque, imparziale e tale imparzialità è garantita oltre

che dalla terzietà del soggetto che la compie anche da

specifici criteri stabiliti dallo stesso legislatore che pone in

essere le norme e ai quali l‟interprete deve attenersi. Non si

deve, però, in tal modo, svuotare di significato un‟attività

fondamentale per il diritto che non può ricondursi a una

mera attività tecnica. Si tratta di una vera e propria

attività creativa . “Nell‟esperienza artistica la struttura

del concetto di interpretazione appare con particolare

evidenza”167

. In una descrizione esemplificativa, si può

dire con Pareyson, che “l‟esistenza dell‟opera musicale

non è quella inerte e muta dello spartito, ma quella viva e

sonora dell‟esecuzione, la quale tuttavia, per il suo

carattere necessariamente personale e quindi

interpretativo, è sempre nuova e diversa, cioè

molteplice”168

. Analogamente, nell‟esperienza giuridica si

coglie che “il diritto non consiste nella fissità morta degli

enunciati normativi ... non è la presenza desoggettivata

della nuda norma, ma la vita dell‟opera dell‟interprete”.

L‟interpretazione è una vera e propria attività creativa

perché il giurista che la compie va oltre lo stretto

significato delle parole che compongono l‟enunciato

normativo. Il giurista si apre al “silenzio creativo”,

166

Cfr. B.Romano, Scienza giuridica senza giurista, cit., p. 49.

167

L. Pareyson, Verità e interpretazione, Milano, 1991, p. 66.

168

Ivi, pp. 68-69.

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137

andando al di là del detto delle norme, attraverso il

potere rinviante della parola, che, a differenza del

linguaggio numerico, dice oltre quel che dice. Non

bisogna dimenticare che il nucleo del diritto è proprio il

linguaggio, o meglio la parola. Gli enunciati normativi

non sono altro che un insieme di parole, per loro natura

polisense. Per quanto una disposizione possa essere scritta

chiaramente e con precisione, il suo significato non è mai

scontato. Il mito delle disposizioni chiare ed univoche è

solo un mito. Non è colpa del legislatore ma del

linguaggio. Una stessa parola può avere diversi significati

e compete all‟interprete attribuire ad essa il significato

più consono, in relazione all‟intero contesto giuridico di

cui la norma fa parte e sulla base di determinati criteri.

Dunque, così come “l‟opera non vive se non nelle sue

proprie esecuzioni”169

, la vita delle norme è nella loro

interpretazione. Senza l‟attività dell‟interprete, non

anticipabile perché ogni volta unica nei distinti gradi del

giudizio giuridico sui singoli casi, le norme non

avrebbero alcuna vita reale nell‟esperienza giuridica,

sarebbero come un morto spartito musicale, mancante

della vita che può venire solo dall‟esecuzione170

, che

l‟interpreta.

A questo punto, però, è opportuno prendere in

considerazione un importante aspetto. Pareyson sostiene

169

Id., Estetica. Teoria della formatività, cit., p. 234.

170

Cfr. Id., Verità e interpretazione, cit., pp. 68-69.

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Conversazioni sul diritto

138

che l‟opera d‟arte “suscita, desta, stimola, infinite

interpretazioni”. Lo stesso vale ovviamente per il testo di

una norma, che, come ogni altra opera che ha i tratti

dell‟arte, attende che l‟interprete ne dia la sua lettura,

che non è l‟unica possibile, permanendo “la necessaria

consapevolezza delle molteplicità delle interpretazioni”171

.

Si tratta di un‟idea non universalmente condivisa.

Diverse sono, a riguardo, le scuole filosofiche che si sono

sviluppate nel corso del tempo. Secondo la dottrina

tradizionale dell‟interpretazione, le leggi hanno un

significato univoco poiché quando un legislatore emana

una norma, questa ha un significato che deve essere

capito da tutti. Quindi, secondo una dottrina

tradizionale, le norme hanno un senso univoco che non

varia a seconda di chi le interpreta. Questa impostazione

è stata messa in crisi da una corrente filosofica che si è

manifestata in modo influente, soprattutto in Europa e

negli USA, nel XX secolo: l‟ermeneutica. In senso

originario per ermeneutica giuridica si intendeva una

riflessione sulla metodologia dell'interpretazione della

norma giuridica, ma successivamente, sotto l'influenza di

Hans Georg Gadamer, l'ermeneutica da tecnica

dell'interpretazione dei testi diventava una corrente

filosofica con interessi più generali, che, oltre al

tradizionale campo dell'ermeneutica biblica, trovava nel

171

Ivi, p. 232.

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139

diritto un importante campo di applicazione. Questa

scuola di pensiero si è resa conto dell‟insussistenza di

univocità nell‟interpretazione d‟una norma. Per gli

ermeneuti, infatti, una stessa norma può avere diversi

significati, a seconda di chi la interpreta. Pertanto non

può dirsi che una norma abbia carattere univoco perché

il suo significato non viene colto da tutti allo stesso modo.

Pertanto, per cogliere il significato delle norme

giuridiche, c‟è bisogno di un‟interpretazione, di un lavoro

di ermeneutica. La nuova coscienza ermeneutica ha,

naturalmente, messo in crisi una serie di credenze, in

particolar modo quelle proprie di una tradizione

interpretativa che prende il nome di “ logicismo

giuridico”. Il logicismo è quella corrente filosofica

contemporanea che si basa sulla convinzione che la

realtà può essere ricondotta a un sistema logico per cui è

possibile matematizzare ogni suo aspetto attraverso una

riduzione simbolico-matematica degli eventi, la quale

rispecchia la stessa realtà autentica delle cose. Il

logicismo giuridico, in particolar modo, riconduce il

diritto a una scienza positiva basata su criteri logici e si

basa su alcune certezze:

possibile esistenza una sola interpretazione vera ed esatta;

sussistenza di interpretazioni, che non mettono in gioco

la personalità dell‟interprete (quindi non è possibile

attribuire ad una stessa norma più significati).

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Conversazioni sul diritto

140

Queste certezze del logicismo giuridico sono state messe in

crisi da questa interpretazione ermeneutica, che vede

nell‟attività del giurista-interprete l‟individuazione di

più significati ricavabili da una stessa norma e tale

individuazione implica un atteggiamento d‟intervento

attivo sul testo da interpretare, come emerge da un

epigramma goethiano, molto amato dai cultori di

ermeneutica: “nell‟interpretazione, siate inventivi e vivaci

... anche se non tirate nulla dal testo, attribuitegli un

senso!”. Quindi, l‟attività del giurista-interprete non può

che essere creativa oltre ad essere normativa, perché il

giurista non è chiamato a chiarificare il significato

implicito delle norme, ma opera attribuendo loro un

significato. Pertanto sarà impossibile non ammettere che

il giurista-interprete produce norme valide a risolvere

controversie.

Il logicismo giuridico appare, quindi, su più fronti poco

convincente. Esso si basa sull‟idea che sia sufficiente

applicare la logica alla legge per giungere a

interpretazioni e modi di applicazione della legge non

viziati da interventi di tipo soggettivo, ma l‟attività del

giurista non può essere configurata come pura logica

applicata alla legge, senza l‟intervento di valutazioni.

Per contestare la tesi secondo cui la legge non ha bisogno

di alcun elemento integrativo, tranne che della logica

rigorosa del giurista, Lombardi Vallauri osserva che nella

legge sono presenti indeterminatezze, antinomie e vere e

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Lezioni a.a. 2010-2011

141

proprie lacune, che difficilmente possono essere colmate

dalla cosiddetta logica. Frequenti sono nel linguaggio

giuridico termini e concetti piuttosto vaghi introdotti

spesso dal legislatore che, consapevole dei propri limiti,

intende consentire all‟interprete una certa libertà di

movimento. Si pensi a termini come buona fede, buon

costume, stato di necessità. Le lacune sono inevitabili

perché costituiscono una diretta conseguenza

dell‟inevitabile limitatezza con cui il legislatore si

rappresenta i fatti sociali su cui intende intervenire.

Inoltre, difficilmente il legislatore conosce integralmente

il „corpus‟ legale preesistente. Nasce così il problema delle

antinomie, ossia delle varie forme d‟incompatibilità

logica tra norme legali. Esistono, com‟è noto, diversi

criteri per risolvere il problema delle antinomie, come

quello che la legge superiore prevale su quella inferiore

(ad esempio la Costituzione prevale sulla legge

ordinaria), la legge successiva su quella antica, la legge

speciale sulla legge generale. Questi criteri, però, non

sempre riescono a risolvere tutti i problemi. Può avvenire,

infatti, che una norma sia, rispetto a un‟altra, successiva

ma più generica, oppure successiva ma inferiore etc.

Quindi, le antinomie non possono essere sempre

facilmente superate dalla legge o sulla base della legge.

Inoltre il legislatore è sempre limitato nella capacità di

formulare adeguatamente e univocamente un proprio

volere. Troppi fattori impediscono che il dettato della

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Conversazioni sul diritto

142

legge esca dal conflitto di intenzioni e di interessi

ideologici, politici, economici presenti al suo nascere. Così,

l‟insieme delle operazioni che possono indicarsi col

termine interpretazione non si risolve mai in un‟attività

di natura logico-filologica o meramente tecnica. Del

resto, se così non fosse, non si capirebbe come mai una

proposizione normativa sia suscettibile di essere

interpretata in molti modi diversi, fra i quali nessuno può

considerarsi in assoluto il migliore. Naturalmente questi

diversi modi di interpretare una norma conducono a

risultati spesso assai diversi. In primo luogo è possibile

un‟interpretazione oggettiva ed una soggettiva. La prima

si propone di accertare il significato della legge, la

seconda, invece, di stabilire ciò che ha voluto dire il

legislatore. È chiaro che i risultati e le procedure di

applicazione della legge possono non coincidere nel caso

si scelga l‟una o l‟altra interpretazione. Una seconda

alternativa è quella che si pone fra interpretazione storica

e interpretazione evolutiva. L‟interpretazione storica è

volta ad accettare il significato della legge al tempo della

sua entrata in vigore. L‟interpretazione evolutiva cerca,

invece, di stabilire il significato della legge nel tempo

della sua interpretazione. Vi è, poi, la scelta che si pone

per tutte le diverse tipologie di interpretazione

individuate finora (per la oggettiva-storica, oggettiva

evolutiva, soggettiva-storica): è l‟alternativa fra

interpretazione letterale e interpretazione fondamentale

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Lezioni a.a. 2010-2011

143

(vale a dire secondo la ratio ovvero lo “spirito” della

legge). Mentre nell‟interpretazione letterale ci si limita ad

accertare il significato delle parole e si compie

un‟operazione di carattere essenzialmente semantico;

nell‟interpretazione fondamentale, cerca di enuclearne lo

spirito o il fondamento del testo. Questo fondamento

dovrebbe poi essere accertato secondo due possibili

modalità principali, dell‟interpretazione teleologica e

dell‟interpretazione concettuale. Nel primo caso, il

fondamento di una norma è una norma di grado

superiore sul piano concettuale. Nel secondo caso, il

fondamento della norma è il fine per cui essa è stata

posta.

Inoltre, non si può prescindere dall‟alternativa fra

interpretazione settoriale e interpretazione sistematica.

La prima si limita a interpretare la norma con se stessa;

la seconda interpreta quella stessa norma estendendosi

alla considerazione di altre norme.

In conclusione: ogni proposizione normativa può essere

interpretata in una molteplicità di modi e non appare

probabile che i risultati di queste diverse interpretazioni

siano convergenti. Infine, un altro elemento da

considerare per intendere il senso di una norma

giuridica è il contesto. In una società relativamente

omogenea solo una parte dei significati logicamente

possibili di una norma sono anche giuridicamente validi.

Basterebbe che cambiasse la situazione politica o che

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Conversazioni sul diritto

144

quella norma fosse applicata in una società diversa per

provocare un allargamento o un restringimento dei

confini di ciò che diviene giuridicamente possibile. Basti

pensare che alcuni fondamentali diritti di libertà sono

sanciti – più o meno negli stessi termini – in quasi tutte le

costituzioni del mondo e ciò nonostante il grado di

libertà di cui si può godere nei diversi paesi è tutt‟altro

che il medesimo. Risulta evidente che parlare di libertà di

manifestazione del pensiero in Italia, Cina, Iraq o Gana

significa dire con gli stessi termini cose molto diverse. Non

è possibile stabilire, per ragioni logicamente stringenti,

quale dei vari tipi di interpretazione elencati sia in

assoluto il migliore. Ebbene, forse l‟argomento più forte

contro il logicismo è costituito proprio dalla fattualità

della prassi giudiziaria. Se il diritto fosse tutto logico e

certo, non ci sarebbe bisogno di avere un numero dispari

di giudici nei processi, come non c‟è bisogno di un

numero dispari di scienziati per accertare la validità di

una legge fisica. Le motivazioni delle sentenze non

presenterebbero alcun interesse per i giuristi, come non le

presentano le operazioni di una calcolatrice per i

matematici. Non vi sarebbe bisogno delle raccolte di

sentenze. Ebbene, se tutto fosse logico, forse non ci

sarebbero neppure gli avvocati, che dagli stessi fatti

devono saper trarre tesi opposte a quelle della pubblica

accusa. Non vi sarebbe l‟esigenza di istituire organi

d‟interpretazione autentica della legge.

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Lezioni a.a. 2010-2011

145

Quello dell‟interpretazione è un bisogno che emerge fin

dal secolo dei lumi, infatti, nonostante ci si ribelli

all‟idea di condannare qualcuno in assenza di

granitiche certezze, non in base alla legge, ma solo in

base ad una delle sue possibili interpretazioni, è

necessario, tuttavia, chiedersi se i processi non siano in

realtà una grande macchina per trasformare il probabile

in certo. Una macchina necessaria, senza dubbio, in

assenza della quale nessuna società potrebbe conservarsi,

ma nei confronti della quale è sempre salutare mantenere

qualche riserva critica come nei confronti di tutti i

tentativi umani di accedere a verità definitive172

.

26. Teoria dell‟argomentazione in Luhmann*

La teoria dell'argomentazione permette di interrogarsi su

come presentare “ragioni” a sostegno delle proprie tesi e

sul perché tali ragioni dovrebbero convincere o interessare

l'interlocutore. Secondo tale teoria, affinché gli

argomenti possano funzionare, è imprescindibile una

volontà di forma. Pertanto, diventa necessario trattare

delle linee dottrinali su come si argomenta un testo

giuridico. In questa direzione, la teoria

dell‟argomentazione consente, inoltre, di domandarsi se

vi siano ragioni migliori di altre, in base a quali principi

172

http://www.criminologia.it/Filosofia_Scienze_Criminali/logicismo_

giuridico.htm

*

Rosaria Fresta.

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Conversazioni sul diritto

146

alcune ragioni dovrebbero essere considerate preferibili e

gli argomenti che le contengono giudicati validi o

migliori.

L‟argomentazione consiste in un insieme di argomenti,

che permettono di arrivare a un risultato finale. A loro

volta, gli argomenti devono essere selezionati attraverso

dei procedimenti adeguati, e saranno consoni solo

quando professionalizzati e organizzati; devono

contenere un‟argomentazione giuridica. Si possono

utilizzare solo i concetti che hanno rilevanza all‟interno

dell‟esperienza giuridica in quanto sono dotati dei

caratteri della generalità, dell‟astrattezza e

dell‟obbligatorietà, permettono, cioè, di determinare, in

maniera tendenzialmente stabile, il diritto oggettivo.

Ecco perché la teoria risponderà non solo a un aspetto

descrittivo, quale l‟analisi delle argomentazioni della

vita quotidiana, ma anche ad un aspetto normativo,

come l‟indicazione di regole da seguire per condurre

un‟argomentazione razionale.

In questo contesto può accadere che vengano posti in

essere argomenti simili a quelli già trattati nel passato.

Tale situazione è chiarita da Luhmann in base a due

teorie: quella dell‟analogia e quella della distinzione.

La teoria della distinzione tratta i casi uguali in

maniera uguale, e casi differenti in maniera diversa.

L‟altra teoria, dell‟analogia, afferma che i casi che sono

avvenuti nel passato devono essere risolti nel presente,

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Lezioni a.a. 2010-2011

147

attraverso un procedimento logico di carattere

interpretativo, applicando, quindi, quei paradigmi a

quella situazione e commutando le aspettative cognitive

in stabilità. Ebbene, la teoria dell‟argomentazione –

chiarisce Luhmann – non è efficiente qualora, applicando

l‟analogia, si ritorni al passato. Il sistema sarà in grado

di funzionare al presente solo se verrà operata una

ricontestualizzazione alla realtà del passato. È questo il

motivo principale per cui Luhmann afferma che la

retorica dell‟ermeneutica e la dialettica sono antiche,

fondate sul passato, e poste in essere oralmente.

L‟argomentazione a differenza dell‟analogia, che non

tiene conto della totalità dell‟argomento, utilizza gli

„exempla‟. Questi sono rilevanti nel livello funzionale

perché sono degli accorgimenti che funzionano e si

possono utilizzare sempre, sono composti da due elementi:

la ricorsività e la ripetizione. Questo non significa

copiatura, perché essi non saranno mai uguali,

trattandosi di situazioni distinte. Si parla di casi

ricorsivi. Le situazioni sono distinte e collegate.

Il motto della Teoria Sistematica Funzionale è che casi

uguali vengono trattati ugualmente, tutto quello che è

diverso deve essere trattato in maniera diversa. Le

situazioni sono sempre diverse e distinte anche se

appaiono uguali, sono comparabili.

La ripetizione esige la condensazione, cioè che questi

argomenti siano resi solidi, validi e confermati. Questa

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Conversazioni sul diritto

148

tecnica permette che le situazioni siano e diventino

concrete.

Il testo deve essere asciutto ed esaustivo affinché queste

ragioni elaborate possano convincere e interessare

l'interlocutore o chi ne viene a conoscenza. Il risultato

dell‟argomentazione si raggiunge attraverso tre momenti:

1) operazione, intesa come osservazione;

2) autoosservazione;

3) elementi controversi contro elementi incontroversi.

Quando si argomenta si deve osservare ciò da cui si parte

per argomentare e tale osservazione è l‟operazione. Il

sistema però compie un lavoro di autoosservazione, infatti

osserva non solo se stesso ma anche gli altri sistemi esterni

in maniera costante. Questo permette lo scambio di

conoscenze tra i vari sistemi e, quindi, un loro

arricchimento all‟interno. L‟argomentazione, quindi, ha

il compito di invitare le persone o l‟interlocutore a una

riflessione sulle norme di razionalità. Emerge da qui la

possibile funzione critica della teoria

dell‟argomentazione, che può muoversi tra diversi modelli

di razionalità, mettendo in questione ora l‟uno ora

l‟altro, distinguendo in questa maniera la funzione

critica con quella normativa. Infatti, quest‟ultima è

interna al diritto scritto e da esso deve trarre spunto e

rispettarlo. L‟interesse della teoria dell‟argomentazione

risponde anche alle esigenze sociali di accertare,

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Lezioni a.a. 2010-2011

149

giustificare, assicurare ed estendere le conoscenze ai

cittadini, in modo da arricchire la loro conoscenza.

27. Il diritto in Nietzsche e Pirandello*

Quando si discute di diritto in Nietzsche e Pirandello non

si può prescindere dal concetto di nichilismo.

Il nichilismo è una concezione delle cose, in base alla

quale, la realtà sarebbe inesorabilmente destinata a

declinare nel nulla ovvero, dal punto di vista etico,

sarebbe indeterminabile o assente, una finalità ultima

che orienti il corso delle cose e la vita dell‟uomo. Dato che

l‟uomo è limitato e, dunque, sperimenta ogni giorno

questo limite nella morte e nelle sue dolorose

anticipazioni, allora può essere spinto a considerare, al

di là da quanto ne sia cosciente, che il niente sia il vero

*

Alessandra Gargano.

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Conversazioni sul diritto

150

essere. L‟affermazione nichilista esclude che l‟uomo possa

fare esperienza della verità in quanto tale, oggettiva e

universale. Ebbene, in Nietzsche e Pirandello si riscontra

questo nichilismo di fondo, filosofico nel primo e letterario

nel secondo.

In Nietzsche, il nichilismo designa l‟essenza della crisi,

che ha investito la civiltà europea moderna; è un evento

che porta con sé decadenza e spaesamento tanto da

costituire una sorta di malattia da cui il mondo moderno

è affetto e che porterebbe alla disgregazione del soggetto

morale, alla debilitazione della volontà e alla perdita

del fine ultimo dell‟esistenza (cosiddetto nichilismo

passivo). A tale condizione seguirebbe un risorgimento

della volontà legislatrice umana e un superamento della

condizione di malattia attraverso una multiforme

rivalutazione dell‟esistenza (cd. nichilismo attivo),

liberando ogni pretesa di verità assoluta. Fondamento

ontologico del nichilismo è la “morte di Dio”, simbolo

della perdita di ogni punto di riferimento, a massima

rivelazione del nulla universale. A questa proclamazione

di morte contrappone, con un autentico rovesciamento

dei valori, lo spirito dionisiaco che, invece, è l‟esaltazione

entusiastica e orgiastica della vita. Dionisio, nel mondo

greco era, infatti, simbolo di ebbrezza e gioia di vivere;

un dio che amava cantare, ridere e danzare nelle feste

primaverili, una forza prorompente e feconda nella sua

inconsulta frenesia vitale.

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Lezioni a.a. 2010-2011

151

Di contro all‟esaltazione dello spirito, Nietzsche esalta il

terrestre ed il corporeo, di contro alla rinuncia promuove

le virtù della vita: la fierezza, la gioia, la salute, l‟amore

sessuale, l‟inimicizia e la guerra, la venerazione, la

volontà di potenza …

In Nietzsche, e nel nichilismo giuridico che vi si alimenta,

si afferma che nei concetti elaborati dagli uomini non vi

è nulla della ricerca della verità, così come

nell‟istituzione di norme giuridiche non vi è nulla della

ricerca della giustizia.

Nella fase più tarda del pensiero nietzschiano emerge la

figura del superuomo, espressione ed incarnazione della

volontà di potenza. Superuomo è chi vince in sé tutte le

repressioni morali e sociali, tentando di superare le

angosce esistenziali, le contraddizioni e le lacerazioni, in

cui è costretto da tutta una tradizione di pensiero

idealistico e cristiano; per superare tali lacerazioni, il

superuomo si radica nella terra, rifiutando ogni

giustificazione della vita che non venga dalla vita stessa.

La sua comparsa è contemporanea all‟annuncio della

morte di Dio. Questa morte lo libera da una presenza

invadente e ossessiva. La vita deve essere vissuta come se

fosse immune dalla minaccia della morte.

Negli anni tra Otto e Novecento si assiste ad una

straordinaria diffusione in tutti i campi della cultura –

in quello filosofico, ma soprattutto in quello letterario e

politico – di temi ricavati dall‟opera di Nietzsche. Le tesi

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Conversazioni sul diritto

152

nietzschiane vengono semplificate e deformate; il mito del

superuomo che, nella violenta e radicale critica

nietzschiana ai vari aspetti della civiltà moderna,

rappresenta una sorta di utopia, in Italia viene

interpretato come esaltazione dell‟individuo superiore,

che vive nella storia, capace di liberarsi dalle catene

della morale convenzionale, elevandosi sulla folla dei

mediocri. Il superuomo deformato è strumentalizzato a

fini scopertamente politici, servendo anche da sostegno

ideologico al totalitarismo nazista e fascista.

In Nietzsche si riscontrano inoltre, le manifestazioni

dell‟atteggiamento irrazionalistico ed il rifiuto del

diritto, il superamento di una realtà che non è quella

autentica ed il principio secondo il quale l‟uomo, per

affermare la propria vera essenza, deve ignorare. Il

pensiero del filosofo si configura, quindi, come una

filosofia dell‟arbitrio, intendendo con questo termine ciò

che si afferma senza alcun bisogno delle leggi, che

s‟impone senza alcun diritto.

Il sistema di Nietzsche è, dunque, un sistema chiuso, non

perché immobile nella sua evidenza, ma nella sua

obbligata inconcludenza. Il diritto viene visto come una

forma, quindi menzogna, che serve agli uomini solo per

difendersi, per non accettare la forza altrui. La questione

della forma apre sia alla dimensione giuridica, che al

problema coscienziale dell‟essere individuo. Ebbene,

proprio in Pirandello è possibile discutere su un piano

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Lezioni a.a. 2010-2011

153

diverso delle stesse questioni. “Io non saprei proprio dire

ch‟io mi sia” è la battuta finale della famosa opera di

Pirandello “Il fu Mattia Pascal” (1904), in cui il

personaggio si sdoppia continuamente, alla ricerca di

una identità perduta che, gli consente di vedere i

meccanismi della società borghese, l‟assurdità della vita,

la crisi dei rapporti sociali, divenendo un giudice

implacabile delle menzogne sociali e creando una

dialettica continua tra sé e la società. La vita liberata

dalle convenzioni porta il personaggio alla ricerca

ossessiva di una propria identità, di una propria

consistenza, a ridare un volto nuovo alla vecchia

coscienza sconfitta e frantumata. Ma, riguardato un

presente vergine, sottratto al quotidiano dominio

dell‟alienazione, il nuovo Adriano Meis deve constatare

l‟ineluttabilità e l‟irreversibilità delle convenzioni sociali,

che stringono le fila attorno a lui. Il nuovo status si

rivela, ben presto, una trappola che non gli consente

alcuna realizzazione, alcuna possibilità di esistenza

fuori dalle convenzioni: “fuori della legge e fuori di quelle

particolarità, liete o tristi che siano per cui noi siamo noi

… non è possibile vivere” . Si avrà così la verifica ironica

della propria sconfitta ed il ritorno allo stato di partenza,

ma degradato. Nel momento in cui Mattia Pascal è

divenuto narratore di se stesso ha rinunciato a cercare

una realizzazione di sé nella vita, accettando di

rimanere sospeso in attesa della morte; la sua condizione

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Conversazioni sul diritto

154

rappresenta quella dello scrittore nel mondo

contemporaneo, estraniato e sospeso, fuori da ogni

riconoscimento di valori e ruoli sociali. Il personaggio

pirandelliano rappresenta la coscienza della finzione e

del fallimento, l‟aspirazione a un‟impossibile estraneità

alla società, la scomparsa di ogni sicurezza e di ogni

valore definitivo173

. I diritti alla formazione dell‟identità

esistenziale dei singoli sarebbero solo delle funzioni della

bio-economia, attivate per mantenere in vita “uno, che è

nessuno e centomila”: la soggettività giuridica viene qui

intesa come una finzione, un‟operazione impersonale

dell‟utile biologico. I giuristi non avrebbero nulla da

dire; non vi sarebbero diritti incondizionati dell‟uomo,

ma ordinamenti giuridici condizionati dal comporsi

della necessità e della contingenza, secondo lo scorrere di

una vita che “non conclude”, perché non ha senso.

Pirandello è il testimone e la coscienza della crisi

dell‟intellettuale, che ha perduto la capacità di elaborare

valori, forme e modelli di vita, e anche dell‟uomo

moderno che, nei panni del personaggio pirandelliano,

vive una “condizione anarchica”, di sconfitta,

d‟impotenza, proprio perché a lui manca una realtà

stabile, definita e leggibile174

. Dopo essere passato

dall‟oggettivismo positivista al soggettivismo e

173

G. Ferroni, Profilo storico della letteratura italiana, Torino,

2000, p. 926.

174

Ibidem.

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Lezioni a.a. 2010-2011

155

successivamente alle letture di Nietzsche, raggiunge la

sua maturità filosofico-letteraria: da un lato vede un

limite ontologico dell‟uomo, che da sempre vive in un

mondo privo di senso, preso di continuo nella dialettica

realtà/illusione, vita/forma, e ripete e raddoppia se stesso

alla ricerca di una consistenza, di un “altro” che mai

riesce a raggiungere e che si crea una serie di

autoinganni e di illusioni, attraverso i quali cerca di

dare significato all‟esistenza; dall‟altro lato individua

nella caduta dell‟antropocentrismo tolomaico, la nascita

del malessere, che induce alla percezione della relatività

di ogni fede, di ogni valore e all‟intuizione che queste

sono solo autoinganni, utili per sopravvivere, ma del tutto

mistificatori. Gli autoinganni individuali e sociali

costituiscono la forma dell‟esistenza: essa è data dagli

ideali che ci poniamo, dalle leggi civili, dal meccanismo

stesso della vita associata. La forma blocca la spinta

anarchica delle pulsioni vitali, la tendenza a vivere

momento per momento al di fuori di ogni scopo ideale e

di ogni legge civile: essa cristallizza e paralizza la vita. Il

contrasto tra vita e forma è costitutivo dell‟arte

pirandelliana e della stessa poetica dell‟umorismo, che

sottolinea ironicamente i modi con cui la forma reprime

la vita e rivela gli autoinganni con cui il soggetto si

difende dalla forza sconvolgente dei bisogni vitali. Il

soggetto, costretto a vivere nella forma, non è più una

persona integra, coerente e compatta, fondata sulla

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Conversazioni sul diritto

156

corrispondenza armonica fra desideri e realizzazione,

passione e ragione, ma si riduce a un passaggio che recita

la parte che la società esige da lui e che egli stesso si

impone attraverso i propri ideali morali. Nel caso in cui il

soggetto diventi consapevole delle contraddizioni, delle

ipocrisie e degli autoinganni a cui si deve sottoporre,

allora sceglierà di vivere la propria vita non più soggetto

alla forma, ma vivrà amaramente i autoironicamente la

scissione tra essa e la vita.

Pirandello scrive: “le forme in cui cerchiamo d‟arrestare,

di fissare in noi questo flusso continuo, sono i concetti …

ma dentro di noi, in ciò che comunemente chiamiamo

anima e che è la vita in noi, il flusso continua, indistinto,

sotto gli argini, oltre i limiti che noi imponiamo, per

comporci una coscienza, per costruirci una personalità”

ovvero per trovarci con un io, un nome, e, dunque, con

una soggettività anche giuridica. In questo flusso, “il

giusto e l‟ingiusto … tutti vi trovano la stessa fine, e

nessuno trionfa tranne il caso”175

.

In Pirandello non si riscontra un “io”, un “uno”, un

soggetto giuridicamente responsabile, imputabile, ma un

risultato del diverso comporsi degli elementi che formano

un‟unità e che sono un flusso senza volto personale.

175

L. Pirandello, Uno, nessuno e centomila, Torino, 1994, pp. 200-

202. Cfr. R. Bodei, Uscite di sicurezza, in L. Pirandello, Uno,

nessuno e centomila, Introduzione, Milano, 2007, pp. VII – XXX.

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157

Nella prospettiva della “legge come forma” è ritenuto

giusto ciò che è imposto come legale, ovvero ciò che nello

scontro tra le forze si afferma perché più forte; ne consegue

che il male consiste nel non osservare ed eseguire i fatti

che vincono affermandosi come legge, che esso opera come

tale perché ha la forma della legge nel suo imporsi,

pretendere e ricevere obbedienza, indipendentemente dai

suoi contenuti. Paradossalmente il bene nomina ciò che

non contrasta il male176

, inteso pertanto come il sottrarsi

all‟essere plasmati dagli accadimenti dei fatti che

risultano vincenti.

Il male è descrivibile solo come una patologia

naturalistica, che consiste nell‟eseguire la legge come

forma non misurata nel bene177

. Il personaggio “si

guarda vivere” e si pone fuori dall‟esperienza vitale,

condannato all‟estraneità, guarda al di fuori e

compatisce non solo gli altri, ma anche se stesso. Essendo

l‟io “nessuno e centomila”, non risponde delle sue “azioni”

e delle “conseguenze di esse”178

; è sempre innocente, mai

imputabile giuridicamente, confermando che senza la

soggettività dell‟io il diritto non ha alcun senso ed il male

e l‟ingiusto accadono in quel “nessuno che è centomila”.

La verità della “sentenza passata in giudicato” sarebbe,

dunque, l‟esemplificazione di una verità che, per

176

Cfr. G. Deleuze, Il freddo e il crudele, Milano, 1996, pp. 91-92.

177

Ivi, p. 96.

178

L. Pirandello, Uno, nessuno e centomila, cit., p. 559.

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Conversazioni sul diritto

158

struttura, è una finzione menzognera, è, secondo le

descrizioni di Pirandello, un “vedersi vivere”, un

conoscersi nel “giudicato”, trovando in esso lo

spegnimento della vita.

La forma è fissità, il diritto si pone nell‟ottica della forma

e non la fa concludere, perché la tiene ferma, è una

finzione; si può dire, in una sorta di gioco di parole, che

“la funzione è la finzione e la finzione è la funzione”. La

forma e la qualità del relazionarsi umano non si

identificano l‟una nell‟altra, anzi si divaricano aprendo

gli interrogativi sul rapporto tra la forma ed il diritto.

Riletti con l‟intenzione di mettere in questione il destino

del soggetto del diritto come forma, Nietzsche e Pirandello

si rivelano accomunati nel sostenere che nomi e concetti

sono forme che fissano e tradiscono la vita, nel suo fluire

in uno scorrimento senza senso, senza scopo alcuno.

La forma è ritenuta la fissità=morte della vita, capace di

rivivere nel vincere le forme, iniziando di nuovo il suo

fluire che si forma, luogo eterno e ritorno dal nulla.

Quanto al diritto, si annuncia che il suo darsi nelle forme

fisse delle norme segnerebbe la morte della vita,

decretando la morte stessa del diritto, enunciata nella

tesi del nichilismo giuridico, che oggi vede nel diritto solo

una funzione strumentale al funzionamento del mercato,

l‟unica realtà che conta nel linguaggio dei prezzi,

dominante come il linguaggio del fondamentalismo

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Lezioni a.a. 2010-2011

159

funzionale179

. Ciò che si riferisce all‟istituzione di norme

giuridiche e, dunque, alla quotidianità dell‟esperienza

del giurista appartiene, secondo Nietzsche e Pirandello,

alla menzogna della fissità “fissazione” dei concetti, che

manifestano la rinuncia alla vita ed al suo fluire negli

uomini, lungo il loro impulso alla formazione di

metafore, di combinatorie linguistiche, che

manifesterebbero il gioco vitale del “benessere artistico”, il

gioco proprio del lasciarsi essere nello scorrere della vita

che “non conclude”, così da non essere chiusi e spenti

nella morta monumentalità delle istituzioni giuridiche e

politiche.

Avviando una lettura critica del nichilismo giuridico, si

deve ricordare che Pirandello scrive: “gli uomini hanno

in sé un superfluo che di continuo inutilmente li

tormenta, non facendoli mai paghi di nessuna

condizione e sempre lasciandoli incerti del loro

destino”180

.

Questo “superfluo” distingue l‟uomo dal non-umano e lo

mostra nella sofferenza per l‟essere invaso dall‟accadere.

Il “superfluo”, nominato da Pirandello, si manifesta nel

diritto primo: dirsi nel dire agli altri, secondo una

179

B. Romano, La forma e la morte della vita? Il destino del diritto

in Nietzsche e Pirandello, in Studi in onore di Giuseppe Benedetti,

Napoli, 2008, pp. 1675-1682.

180

L. Pirandello, Quaderni di Serafino Gubbio operatore, Milano,

2006, p. 12.

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Conversazioni sul diritto

160

reciprocità incondizionata ed universale della

comunicazione, garantita dal diritto (nomos) nel

custodire il linguaggio discorso (logos), che non ha il suo

modello nella vista che fissa una forma, ma nello sguardo

che sollecita la formatività nella trialità del dialogo.

La tesi sulla “forma come morte della vita” ed il suo

“diritto concepito solo come forma”, si chiariscono

reciprocamente e trovano il loro compimento nel

nichilismo giuridico, che tratta un uomo divenuto un

“nessuno”, un “senza diritti”, universali ed

incondizionati.

Il nichilismo giuridico coerente, descritto come la morte

del diritto, può essere pensato in una discussione

sufficiente riprendendo una lettura dell‟Apologia di

Socrate, che esige di chiarire il nesso tra il vero ed il

giusto, tra la vista, che si svolge alla fissità della forma, e

lo sguardo, capace di cogliere la formatività, sempre in

formazione181

nell‟opera d‟arte dell‟ermeneutica182

.

In questa opera, la forma delle norme e la formatività

della giustizia sono l‟una all‟altra essenziali

nell‟illuminare il senso esistenziale del diritto dell‟uomo,

io soggetto, “uno” e non “nessuno e centomila”.

In tale prospettiva si pone il senso del confronto tra verità

e menzogna. Si legge “… il mondo ha sempre bisogno della

181

Cfr. L. Pareyson, Estetica. Teoria della formatività, Milano, 2002,

p. 295.

182

Cfr. Id., Verità e interpretazione, Milano, 2005, p. 149.

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Lezioni a.a. 2010-2011

161

verità, perché in essa riscontra le linee generali della

morale … agli uomini non importa nulla della verità”.

Infatti, “… gli uomini hanno in sé un superfluo, che di

continuo inutilmente li tormenta, non facendoli mai

paghi di nessuna condizione e sempre lasciandoli incerti

del loro destino …”.

Nella filosofia di Nietzsche e nel pensiero di Pirandello

sono molto importanti le questioni sulla verità e sulla

menzogna. La tesi principale del primo è che la vita

individuale si regge sulla menzogna, considerata un

artificio che consente all‟uomo di vivere. Il carattere di

menzogna può entrare in conflitto con gli altri e, quindi,

il problema diventa quello di conciliazione per trovare

una finzione condivisa; diventano realtà quelle finzioni

che sembrano funzionali alla collettività, poiché l‟uomo,

per necessità e per noia, vuole vivere in società. Se la

menzogna e la noia possono essere risolutive, questo è un

aspetto da perseguire per la pace, o per meglio dire, per

l‟assenza di guerra.

Pirandello, a sua volta, ritiene che la menzogna è

conservatrice della vita: si devono dire menzogne per

sopravvivere. La menzogna si prospetta dunque, come il

credere che, dando il nome ad una cosa, questa sia solo il

nome, quindi non si dà un senso profondo alla cosa; per

Pirandello non è così: la cosa non esiste e può prendere

qualsiasi nome. Il credere di Pirandello è una metafora

relativa, un oggettivismo, una costruzione illusoria, che

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Conversazioni sul diritto

162

“si pensa che quello è un monte perché è l‟uomo a dire che

quello è un monte”.

Nel libro “Due studi su forma e purezza del diritto”, Bruno

Romano sostiene che manca la questione stessa della

verità poiché, riducendola ai soli nomi, viene proposta

come verità=qualità di una relazione di rispetto dell‟altro

o di violenza sull‟altro.

Rapportando la verità e la menzogna col diritto, si può

far riferimento al “diritto propriamente legale”, che non

s‟interroga sulla verità, ma la costruisce e la usa come

una finzione, quindi come un mezzo funzionale della

forza ed al “diritto d‟umanità”, che invece riapre la

questione della verità con la priorità del bene e del male.

Nel libro “Su menzogna e verità”, il concetto che “sorge

dall‟uguagliare il non uguale”, viene identificato come

finzione-menzogna, che serve a semplificare quella

complessità di rapporti tra gli uomini e le cose.

In Pirandello, poiché la “forma è morte”, perché fissa la

vita che invece è “flusso continuo”, il diritto solo come

forma è la morte del diritto, segnata dall‟indifferenza

verso i contenuti delle norme che decidono della qualità

dell‟esistenza e della coesistenza.

Oggi si può dire che la verità è soltanto la “continua

trasformazioni delle menti” nell‟adattarsi a tutti i

passaggi delle informazioni che avvengono quando

diverse menti umane si scambiano informazioni

sull‟ambiente, che è condiviso in una fase delle operazioni

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Lezioni a.a. 2010-2011

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bio-economiche, e nel quale il problema della verità è

legato a quello del diritto, preso in considerazione nella

sfera extragiuridica. Verità e norme giuridiche sono

ritenute strumenti menzogneri, che servono agli uomini.

Nietzsche e Pirandello muovono verso un nichilismo

compiutisi nel concepire la “forma come morte della vita”

e “il diritto come forme menzognere”. In contrapposizione

a questi due pensieri, Romano afferma che il diritto è solo

uguaglianza ed il suo compito non è produrre terzietà,

ma la norma giuridica viene considerata verità, che ha a

che fare con la giustizia, problema che non si pone affatto

Nietzsche per il quale il fine di un processo è quello di dare

una sentenza e la fissità si costruisce in un giudicato, che

non ha qualità e che è l‟esatta costituzione della

menzogna. Il giudicato è lo spegnimento della menzogna

perché è la fine e l‟inizio, perché il giudicato spegne la

voglia di pathos, che si configura nell‟aprirsi agli altri. La

verità non è soggettiva e valida per tutti, essa è singolare,

vale per se stessi, è assoluta nella propria singolarità. Ci

sono tante verità perché le relazioni sono infinite, non

esiste il vero, ma le cose sono vere, né il buono perché le

cose sono buone, perché sono tutte in relazione.

Menzogna e verità s‟intrecciano nelle relazioni con gli

altri, ma nel rapporto con se stessi nella forma della

maschera di Pirandello. Secondo Romano, il terzo-

giudice viene ritenuto, attualmente, prodotto di una

menzogna contro-vitale e gli stessi tribunali

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Conversazioni sul diritto

164

inscenerebbero false rappresentazioni di una sola legge:

l‟utile biologico della “vita che non conclude”.

Gli uomini mentono continuamente tra loro e questo li

costringe in una contraddizione menzognera che usa la

fissità dei concetti per semplificare il rischio della vita, che

viene tradita e finisce per spegnersi. Per Romano il

giurista nichilista celebra e si compiace di questo rito

cimiteriale che può solo condurre ad un nulla di senso.

Secondo la “dottrina del Nulla”, attraverso un‟inversione

dei valori, “il male diviene la parola che nomina la

ricerca della verità nella qualità delle relazioni umane”,

il raggiungimento della giustizia oltre la legalità, la

riaffermazione della forza non del fatto. Il male diviene,

dunque, il garantire quei diritti sacri, inalienabili,

imprescrittibili che appartengono all‟uomo in quanto

tale? Per il nichilismo coerente, la risposta non può che

risolversi in senso positivo.

Ogni uomo è soggetto di diritti universali ed attraverso

l‟estrinsecazione di tali diritti può e vuole proteggere “il

suo dire” e il suo “io” da quello degli altri e, con l‟ausilio

degli atti e delle manifestazioni di senso, si allontana

dall‟essere cancellato dai centomila eventi del nulla.

È il „nomos‟ a garantire il diritto primo dell‟uomo e la

giustizia del relazionarsi giuridico, il rispetto

dell‟alterità non fissabile in nessuna forma. La forma

comporta la morte del diritto, cancellando la struttura

controfattuale della terzietà, nella quale l‟uomo più

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Lezioni a.a. 2010-2011

165

debole non viene emarginato, anzi, diviene il primo

soggetto di diritto.

Il giurista – dice Romano – “sta a vedere” tutto ciò non ha

importanza, perché, secondo lo svolgimento del nichilismo

giuridico, l‟importante è registrare i fatti “nei gradi della

loro potenza”, ponendoli nelle forme della loro

giuridicità, con impassibilità macchinale.

I sistemi giuridici sarebbero destinati, quindi, solo

all‟aspetto materiale della bio-economia, le norme

costringerebbero la vita in una “fissità/fissazione” vuota,

perché priva della volontà e partecipazione degli uomini.

Per Romano, i giuristi sarebbero considerati così dei

“giocatori dell‟accadere innocente del nulla”, dove non ci

s‟interroga sul senso del funzionamento del gioco e tutto

scorre senza definizione, senza una ragione d‟essere.

Per questa ragione, Bruno Romano affronta il tema del

diritto inteso come forma e diritto puro, ovvero

incontaminato dalla fallace realtà.

Nel libro “Due studi su forma e purezza del diritto” dice

che “la forma è ritenuta la fissità=morte della vita,

capace di rivivere nel vincere le forme, iniziando il suo

fluire che si s-forma, lungo l‟eterno ritorno del nulla”.

L‟uomo di Nietzsche non è guidato dalla responsabilità

che discende dal compiere atti, ma vive nell‟innocenza di

fatti vitali mai significati dalla sua libera scelta di

un‟iscrizione di senso nella realtà dialogica. Il giurista

nichilista si fa ragioniere del fatto-più, configurandosi in

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Conversazioni sul diritto

166

quel diritto inteso solo come forma che „giuridifica‟ il fatto

vincente. In tale pensiero si percepiscono i germi della

concezione di un diritto puro che Kelsen propone. “Nel

volere puro è messo tra parentesi il volersi, il volere il se

stesso, che non è mai un qualcosa di già dato (…), ma vi è

un processo incarnato e personalizzato di continua

formazione della soggettività del singolo”. Su questa

affermazione, Romano fonda la sua critica

all‟andamento kelseniano che fa disperdere l‟io in una

purezza con la sua conseguente neutralizzazione. In

realtà, l‟io vive nella contemporaneità doppia e conferisce

un senso alla sua libera volontà nello scegliere.

Dalla concezione di forma=morte parte anche Pirandello.

Lo scrittore tenta di superare il nichilismo, proponendo

uno spiraglio di salvezza riservato a coloro che si rendono

conto della cruda realtà che li attanaglia che provoca in

loro una profonda angoscia, perché si rendono conto che

la realtà è solo un momento destinato a cambiare un

attimo dopo.

Essa è pura illusione perché non si identifica in nessuna

forma.

Possiamo conoscere solo ciò che di noi è morto, come

accade al protagonista della novella “La carriola”,

secondo il quale “conoscersi è morire”, pertanto, in una

tale prospettiva, vive solo la vita, non esiste l‟io del vivere,

l‟uomo nientificato dal fluire della vita, nei centomila,

che in sintesi sono nessuno.

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Lezioni a.a. 2010-2011

167

Pirandello avverte così il dramma che lacera l‟animo

umano con il nominare “il diritto ha la giusta sepoltura”.

“La vita è il vento, la vita è il mare, la vita è il fuoco; non

la terra che si incrosta assume forma. Ogni forma è la

morte. Tutto ciò che si toglie dallo stato di fusione e si

rapprende, in questo flusso continuo, incandescente e

indistinto, è la morte”183

.

Ogni condizione individuale è una trappola che ci

imprigiona e che, staccandoci dal movimento vitale,

costruisce una forma, la stessa forma che annichilisce

l‟individuo il quale non si riconosce più in “uno”, ma si

smarrisce in quei “centomila” che lo riducono ad un

“nessuno”.

Con la sua arte narrativa, Pirandello sostiene le

argomentazioni filosofiche di Nietzsche, che reputa

l‟uomo un “animale metaforizzante”, che cerca di non

sprofondare nella “sofferenza”, di ricominciare ogni

giorno attraverso la fissazione di concetti e parole

costitutive di quel linguaggio che, per il filosofo, è solo

una ragnatela di metafore.

La metafora è, quindi, una farsa, ossia una costruita

rappresentazione della realtà, una “produzione fonetica

causata da uno stimolo nervoso” per innescare il

linguaggio che, sostiene Romano, costituirebbe solo una

convenzione condivisa dagli uomini davanti ai rischi ed

183

L. Pirandello, La trappola, Milano, 1985.

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Conversazioni sul diritto

168

alle urgenze vitali: quelle dell‟utile biologico. Romano

osserva che, se per Nietzsche la parola è menzogna, questa

costituisce un fatto, solo un‟urgenza biologica, e non un

atto; si riduce a fatto anche la terzietà del legislatore

nell‟istituire le norme, poiché questo fatto diviene quello

vincente, il “fatto più”.

A tal proposito ricordiamo la teoria del diritto di Kelsen,

che vede come pilastro di ogni sistema di norme

giuridiche la cosiddetta „Norma fondamentale‟, che

costituisce strutturalmente un fatto, quello vincente.

Tale Norma non appartiene né all‟ordine del bene

(giusto), né all‟ordine del male (ingiusto) e, quindi, come

dice Romano, “la Norma fondamentale è Fatto

fondamentale” perché, come i fatti, non deriva da

un‟iscrizione di senso mediante il libero esercizio della

libertà da parte degli uomini, ma essenzialmente si

impone.

Kelsen, nonostante la sua origine ebraica, riconosceva

nell‟ordinamento tedesco, malgrado la “propagazione” di

leggi razziali discriminatorie e persecutrici, il “fatto più”

e quindi la sua validità d‟essere. Dalle argomentazioni

proposte da Romano, si evince che, attraverso la riduzione

degli atti nei fatti, le parole ed i concetti vengono ad

essere considerati elementi fattuali, propri della bio-

economia. L‟uomo è diviso tra l‟idea di diritto inteso in

senso esistenziale (giustizia) e quella di diritto inteso

come forma delle norme (legalità), si interroga se

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Lezioni a.a. 2010-2011

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assumere una forma o lasciarsi fluire nel non senso

dell‟esistenza.

Pirandello afferma: “L‟uomo ha in sé un superfluo che di

continuo inutilmente lo tormenta, non facendolo mai

pago di nessuna condizione e sempre lasciandolo incerto

del suo destino”.

Questo superfluo che spinge l‟io a cercarsi come “uno” trae

vita dal darsi nel dire agli altri, nella comunicazione,

garantito dal diritto che trae spunto non dalla spenta

vista che fissa in una forma, ma dallo sguardo che apre la

formatività nella trialità del logos.

Romano su questo punto critica Pirandello, poiché vede

quel “superfluo” essenziale ai fini della formazione della

vita dell‟io. L‟uomo vive la propria esistenza soddisfacendo

le esigenze biologiche (contemporaneità semplice), ma

non vi rimane perennemente impigliato perché cerca di

superare tale stadio primitivo per rischiare la propria

libertà. Istituisce un mondo a sé, compiendo atti che

diano un senso alla sua esistenza interagendo con

l‟alterità (contemporaneità doppia).

L‟io, che Romano propone, pertanto, si distacca dalla

forma fissa per abbracciare una formatività del sapere

sempre „in formazione‟, la cui conoscenza si ha nel non

discostarsi dal mondo coesistito per paura di cadere nel

monologo che è incapace di illuminare l‟umile

consapevolezza del mancare entrambi di un sapere totale

e di essere responsabili nell‟esercizio della propria libertà.

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Conversazioni sul diritto

170

Solo il „logos‟ sposta l‟uomo nell‟ottica della forma in

formazione che apre le porte del futuro perché – afferma

Romano – “...il senso esistenziale eccede la fisionomia

della vita”. Nel cammino verso un senso concreto del

diritto dell‟uomo il coesistere della forma delle norme e

della formatività, sempre in formazione, della giustizia,

sono l‟una essenziale all‟altra. Ebbene, oggi – critica

Romano – l‟uomo è ridotto ad un io monetizzabile dal

dominio della forza-più: il mercato dell‟economia.

Nichilismo giuridico e fondamentalismo funzionale tra

complessità e semplificazione.

Nel mondo del monetizzabile vige, da quanto sinora

affermato, il dominio del „bios‟ (bio-economia, che usa il

diritto come uno strumento da modellare a suo

piacimento) sul logos (discorso che nasce dall‟io

consapevole di vivere una vita coesistita). Lo scenario in

cui questo si manifesta è quello della complessità. In

questa direzione, gli strumenti per affrontare le sfide

della modernità, nel ricordare che l‟etimologia del

termine complesso va ricercata nel latino „complexus‟,

ovvero ciò che è “tessuto insieme”, descrive la complessità

come “... tessuto di eventi, azioni, interazioni,

retroazioni, determinazioni, rischi, che costituiscono il

nostro mondo fenomenico ... la complessità si presenta con

i tratti inquietanti dell‟inestricabile, del disordine,

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171

dell‟ambiguità, dell‟incertezza ...”184

. Dunque, la

complessità “a prima vista è un fenomeno quantitativo,

una quantità estrema di interazioni, interferenze tra un

grande numero di unità ... però la complessità non

comprende solamente quantità di unità ed interazioni

che sconfiggono la nostra possibilità di calcolo;

comprende anche incertezze, indeterminazioni, fenomeni

aleatori”. La cibernetica – chiarifica Morin – ha posto

quelle incertezze ed indeterminazioni tra parentesi,

ricorrendo al paradosso della cd. „black box‟ per

analizzare il funzionamento di un certo sistema: il

compito del teorico della complessità sta, appunto, nel

penetrare quella scatole nera. Morin, considerato il padre

della teoria della complessità, ha dato vita ad una

produzione scientifica poderosa, nonché a progressive

specificazioni del proprio pensiero, culminate

nell‟elaborazione del “Metodo”185

, ispirato al principio

organizzatorio del pensiero cd. di complessità –

integrante superamento del principio della

semplificazione – consistente “nel mantenere intatto

l‟intreccio degli oggetti ma tenendoli insieme”. Scrive

Romano in proposito che “nella situazione

contemporanea, qualificata dalla complessità non

184

E. Morin, Introduzione al pensiero complesso, Milano, 1993, p.

32.

185

L‟opera in questione, di vastissimo respiro, è articolata in sei

volumi.

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Conversazioni sul diritto

172

agevolmente trattabile dai processi di semplificazione, ci

si distanzia da quell‟itinerario della modernità, che vede

nel pensiero ... come annota Arendt, l‟ancella della

scienza, della conoscenza organizzata”186

. La complessità,

quindi, è caratterizzata dall‟imprevedibilità e dalla

contraddizione, esprimendo un‟opposizione reale tra gli

eventi. A tal proposito Luhmann scrive: “Tralascio qui di

iniziare a discutere del diritto parlando di questioni del

soggetto, per me il diritto non ha nulla a che vedere né

con il soggetto, né con il movimento psichico del soggetto,

né con la funzione affettiva del soggetto”. In Luhmann il

diritto è osservato in una prospettiva evolutiva, che nega

l‟uomo ed il suo mondo, ponendo al centro della

discussione la funzione, che si articola fino ad arrivare al

diritto. Per il sociologo, il diritto è un sistema, cioè una

convergenza di elementi, quali gli enunciati normativi (i

testi, le leggi e i codici) e gli altri elementi architettonici

intesi nell‟architettura del diritto (tribunale e prefetture),

che convergono verso il centro del sistema che ha una

funzione. L‟io nel sistema luhmanniano, non ha una

funzione e pensare alla questione dell‟io, quindi della

giuridicità, del diritto dell‟uomo, significa pensare

disfunzionalmente. Luhmann riprende la sua teoria da

Kelsen, secondo il quale il sistema diritto, definito

“sistema piramidale”, esiste a prescindere dai soggetti, è

186

Cfr. B. Romano, Diritti dell‟uomo e diritti fondamentali. Vie

alternative: Buber e Sartre, Torino, 2009, p. 15.

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emanato dai soggetti, sopravvive a questi ultimi ed è

autoreferenziale. Rispetto a Kelsen, Luhmann risulta

maggiormente funzionalista nell‟affermazione che il

soggetto non esiste. Il sistema diritto deve garantire

l‟immunità degli altri sistemi sociali (religioso,

economico, etc...). Tutto il mondo si presenta ordinato in

maniera sistemico-funzionale, come emerge nelle cd.

„società complesse‟, divenute tali a causa della

globalizzazione e, pertanto, bisognose di una

semplificazione, che avviene attraverso la selezione degli

elementi. Il diritto è un sistema che nasce ed emerge,

come tutti i sistemi, per differenziazione funzionale187

. Il

sistema diritto trova la sua genesi nell‟osservazione da

parte di altri sistemi. Le operazioni del sistema diritto

saranno sempre vincenti, se più forti di altre, e

predominerà quella parola capace di imporsi su quella

degli altri.

In conclusione appare condivisibile la critica a Luhmann,

dal momento in cui quest‟ultimo afferma che, una volta

entrato nel sistema giuridico, il legislatore assuma su di

sé i connotati della funzione di tale sistema, ma non si

preoccupi di parlare di terzietà (il modello luhmanniano

187

Ogni sistema ha la sua funzione ed ogni funzione fa parte di un

sistema. Sussiste, pertanto, una simbiosi stretta tra il sistema e la

funzione. In tale contesto il diritto ha la sua funzione, che

appartiene solo ad esso.

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Conversazioni sul diritto

174

è basato sull‟osservazione quotidiana nel diritto)188

. Si

potrà asserire, al contrario, che alle norme andranno

riferiti i principi nel segno dei diritti umani, strutturati

“... come l‟io, non si concretizzano in una presunta

autosufficienza del singolo, ma esigono una crescita

dell‟io-persona, che può avvenire esclusivamente nelle

relazioni interpersonali e nelle istituzioni giuridiche che

le disciplinano”189

.

188

Per Romano il problema non è semplificare la complessità, ma

incontrarla come un evento in cui l‟incontrante (la persona) e

l‟incontrata (la complessità) sono entrambe profonde nella

possibilità di una narrazione.

189

B. Romano, Diritti dell‟uomo e diritti fondamentali. Vie

alternativa: Buber e Sartre, pp. 16 – 17.

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175

8. L‟argomentazione e l‟interpretazione in Luhmann

Il procedimento argomentativo rappresenta un itinerario

e consente di selezionare argomenti adatti a

procedimenti adeguati. Nasce, così, all‟interno

dell‟argomentazione, come riferito da Luhmann, la

procedimentalizzazione affinché la prima possa

raggiungere un risultato.

I principi giuridici, in tale contesto, giocano un ruolo

fondamentale. Si tratta di norme generiche, che possono

essere applicate in modi diversi. Infatti, l‟argomentazione

si nutre della diversità dei casi. Grazie a questa diversità

si ha un‟alta specificità, che non si dissolve nei principi

generali (quali quelli di uguaglianza, di giustizia, di

equità). In Luhmann, infatti, questi principi non hanno

spazio, predominando nella sua concezione la correttezza

interna del sistema. Il sociologo tedesco afferma che

cercando il senso delle cose si corre il rischio di permanere

nel procedimento e di perdere tempo. È la selezione dei

dati reali che porta alla formazione del diritto. Quindi, il

sistema funziona per funzionare e non occorrono tutti

questi principi (se funziona il diritto funzionano gli atri

sistemi). Gli unici criteri utilizzati da Luhmann sono

quelli dell‟analogia e della distinzione, sebbene entrambi

non tengano conto della totalità del sistema. Appare

Adelina Giangrande.

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Conversazioni sul diritto

176

evidente, quindi, che le norme vadano considerate in

maniera oggettiva.

Per quanto riguarda gli argomenti che arrivano

all‟interno del sistema giuridico, essi possono arrivare da

ogni ambito, essendo sufficiente siano idonei a far

funzionare il sistema. Possono arrivare sia dal passato (i

quali funzionano solo se vengono applicati per analogia)

sia dal presente. Il concetto di argomentazione è

attraversato da tre elementi:

operazione;

autoosservazione ed eteroosservazione;

elementi controversi e/o incontroversi.

L‟operazione può essere equiparata all‟osservazione.

Quando si argomenta si osserva ciò da cui si parte per

argomentare.

Il secondo elemento indica che il sistema osserva se stesso e

tutti gli altri sistemi, poiché se ci fosse solo

un‟autoosservazione, allora ci sarebbe un‟implosione.

Terzo ed ultimo punto riguarda gli elementi che fanno

parte del sistema. L‟argomento non è né buono né cattivo,

ma deve essere controverso e incontroverso, occorre che si

autoosservi e che si eteroosservi.

Se questi tre elementi non vanno insieme non c‟è

argomentazione giuridica. Per quanto riguarda, invece,

l‟interpretazione, questa rappresenta comportamento

sociale.

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Per Luhmann, l‟interpretazione è la preparazione di

un‟argomentazione dopo l‟osservazione. Infatti, in un

primo momento, il giurista si limita a un‟interpretazione

fatta di lettura e attribuzione di senso, per poi esternarla

ad opera di un‟argomentazione preparata e comunicata

in modo articolato e convincente, in modo da

determinare che l‟argomento supportato sia valido.

L‟interpretazione può essere letterale o logica. Si ha la

prima quando, alla lettura della norma, si attribuisce a

ogni parola il significato preciso che scaturisce dalla

presenza di quella parola in tale contesto, giungendo alla

comprensione letterale della norma giuridica. Si ha,

invece, interpretazione logica con l‟analisi della

disposizione in base alla ratio da cui tale norma è

scaturita, guardando al risultato pratico della norma.

L‟interpretazione si distingue anche in base a chi la

compie in:

a) autentica, compiuta dal potere legislativo;

b) giudiziale, posta in essere dal giudice in un caso

concreto;

c) dottrinale, propria dei giuristi;

d) ufficiale, effettuata da pubblici ufficiali nello

svolgimento delle proprie funzioni.

Concludendo, si può affermare che la differenza

sostanziale tra argomentazione ed interpretazione trova

fondamento nella circostanza per la quale

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Conversazioni sul diritto

178

l‟argomentazione consiste nella preparazione di

argomenti, mentre l‟interpretazione consente di

addentrarsi e ragionare sul testo. Inoltre,

l‟interpretazione viene considerata, da Luhmann, come

una lettura propria della realtà ed è propria di chiunque.

29. Riflessioni sull‟argomentazione giuridica

L‟argomentazione è quel ragionamento che consiste nel

ricavare un enunciato, che rappresenta una conclusione,

partendo da enunciati che fanno da premessa. Tale

ragionamento può essere qualificato come „situato‟,

essendo argomentato esclusivamente entro un

determinato contesto, e si caratterizza perché, nel

ragionamento argomentativo, le premesse non sono vere,

a differenza della logica formale.

Il valore della verità di quanto è affermato nelle premesse

dipende dal livello di credenza, sia di chi enuncia sia di

chi ascolta, e valuta l‟argomentazione.

In questo senso, argomentare non è solo un procedimento

razionale per stabilire delle conclusioni in situazioni

d‟incertezza, ma è il modo stesso in cui agisce la filosofia

in una discussione razionale sui fondamentali. Luhmann

parla di argomenti funzionali al sistema, in quanto gli

argomenti devono far funzionare il sistema attraverso

una riduzione della realtà ad un complesso sistemico-

Stefania Gneo.

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179

funzionale. Luhmann chiarifica che per il funzionamento

delle argomentazioni giuridiche non è necessario

comparare l‟argomento più convincente con l‟argomento

meno convincente, poiché l‟argomento può essere solo più

o meno funzionale. Quindi, secondo il pensiero di

Luhmann, l‟argomento più convincente non è quello che

va dal particolare al totale o viceversa, ma l‟argomento si

sviluppa „de parte ad partem‟. Si tratta di un argomento

evanescente, che deve incidere soltanto seguendo la scia

del funzionamento. Allora, se l‟argomento va „de parte ad

partem‟, chi deve argomentare si servirà degli „exempla‟,

elementi paradigmatici, che possono anche essere un

precedente, e la loro costruzione presenta la stessa

struttura dell‟argomento. Argomentazione giuridica

significa che all‟interno della „ratio iuris‟ deve esserci una

coerenza ragionevolmente sensata. L‟argomento giuridico

nel diritto rappresenta il simbolo della validità del

diritto. L‟argomento serve a provare tale validità, ma non

a modificare il diritto. Difatti, per modificare il diritto, si

possono usare solo delle forme giuridiche, e, quindi,

l‟argomento non ha un‟autonomia tale da modificare il

diritto vigente.

L‟argomentazione si sgrava di un potere, che porterebbe

ad una complessità disorganizzata e soprattutto non

controllabile, nella prospettiva di Luhmann. Il diritto, al

contrario, stabilizza, assorbe le incertezze ed ha una

funzione immunitaria. Tutto questo significa che

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Conversazioni sul diritto

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l‟argomentazione non è un procedimento normativo, ma

consente di spiegare le norme. Gli elementi

dell‟argomentazione giuridica sono:

la validità: in quanto l‟argomentazione è il simbolo della

validità del diritto;

l‟argomentare: dal momento che l‟argomentazione

giuridica si avvale dell‟attività argomentativa.

La validità è intesa come rappresentazione della stabilità

del sistema giuridico; mentre il procedere per argomenti,

evidenzia come questi si collegano tra loro soltanto

attraverso l‟accoppiamento strutturale, che avviene

attraverso i testi. I testi sono tutto ciò che produce il

sistema giuridico. La ragione delineata da Luhmann è

una ragione procedurale, finalizzata al funzionamento

del sistema. Da qui la teoria dell‟argomentazione

consiste, per il sociologo tedesco, nell‟attività

dell‟interprete di raccomandare e suggerire argomenti

per procedimenti adeguati. Secondo Luhmann, chi compie

l‟argomentazione fonda il suo convincimento su di un

nocciolo duro, determinato dal fatto che si

raccomandano argomenti per procedimenti adeguati.

Strettamente connesso all‟argomentazione, è il tema

dell‟ermeneutica, laddove per questa si intende la

“tecnica dell‟interpretazione” di un testo. In età

medievale, l‟ermeneutica era la disciplina che

interpretava il testo biblico. L‟ermeneutica

contemporanea, invece, consiste in un metodo per il quale

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Lezioni a.a. 2010-2011

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ogni aspetto della realtà presente e passata è

interpretabile a partire dalla conoscenza del suo

carattere storico, legato ad una particolare tradizione

culturale. Secondo il pensiero di Luhmann, non è più

proponibile un‟ermeneutica nella società moderna, perché

riduttiva e anacronistica, soprattutto nel settore

scientifico (dagli anni 60‟).

Luhmann specifica di non servirsi dell‟ermeneutica, nella

sua teoria, preferendo lasciarla a margine

dell‟interpretazione giuridica.

L‟argomentazione è, spesso, tecnica ed è contestualizzata

perché ha come obiettivo quello di provare la validità del

diritto. Essa si avvale delle operazioni del sistema

giuridico, operando con i programmi dello stesso. Nello

specifico, l‟argomentazione giuridica ha fra i suoi

principali centri di sviluppo l‟idea che tutto il discorso

normativo giuridico contenga un‟ampia componente

entimematica, destinata ad essere espressa dai suoi

interpreti.

Il lavoro di esplicitazione non è tanto frutto della

spontanea iniziativa degli interpreti, quanto

conseguenza della necessità di rispondere alle svariate

questioni che i casi della vita pongono al diritto. Gli

argomenti sono frammenti del sistema stesso, attraverso i

quali il sistema giuridico evita di “inficiare” la sua

validità (nel diritto sono solo argomenti giuridici) ed,

allo stesso tempo, il legislatore, quale camera di

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Conversazioni sul diritto

182

commutazione, svolge una funzione di “sorveglianza

automatica” selezionando gli argomenti provenienti da

altri sistemi. L‟argomentazione, specificamente giuridica,

si nutre di categorie, di presupposti e di forme espressive

che trapassano „naturaliter‟ dai modi seguiti dalle

tecniche legislative a quelli adottati delle tecniche

interpretative, attraverso i ragionamenti di chi intende

ricercare il corretto significato da attribuire ai dati

normativi oppure semplicemente difenderne una sua

lettura contrastante con quella di altri.

La tecnica dell‟argomentazione individua il giusto

metodo di argomentare, non garantisce la vittoria, ma

evita gli errori. Infatti, nessun discorso di diritto è

corretto se non è adeguatamente argomentato. Ma

l‟argomentazione giuridica necessita della testualità

giuridica. Dunque, come si argomenta? Attraversi i

materiali provenienti dai testi giuridici, poiché nelle

forme dei testi il sistema ha la possibilità di coordinarsi

mediante strutture. La testualità giuridica non è

racchiusa nel testo della sentenza e nei suoi elementi; essa

è tutto ciò che è presente nel cosiddetto “shopping

normativo”.

Chi argomenta, allora, deve farlo in modo da convincere

gli altri di aver individuato la realtà giuridica, quale è

forgiata dalla volontà del legislatore, perché, solo così,

agli occhi dei più farà apparire dimostrata la sua tesi. Si

ricorda, a tal proposito, come in Habermas argomentare

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Lezioni a.a. 2010-2011

183

il diritto significa giustificare un‟artificialità, che si

stacca nettamente da “forme di vita abitudinarie e

tradizionali” per descrivere una fattualità che è „artificio‟

e si configura nella minaccia di sanzioni, che

attualizzano una pretesa giurisdizionale dei diritti190

. Ne

deriva che il diritto positivo non è altro che

un‟artificialità revocabile, emendabile, abrogabile,

fondato su pratiche funzionali ad assicurare il consenso.

Ed è proprio l‟eventualità di essere modificato o abrogato

a permettere di affermare che la validità del diritto

positivo è rappresentata dall‟esternazione di una volontà

con capacità di durata nel tempo, generata dalla

trasformazione degli interessi che orientano il consenso.

Luhmann ha costruito una teoria dei sistemi sociali in

cui il diritto è uno dei sottosistemi del sistema sociale in

generale e la svolge a suo modo attraverso criteri binari

(lecito/illecito). Il sistema è autoreferenziale perché

“produce”i testi ed allo stesso tempo li interpreta. Essi sono

utili al sistema affinché esso possa descrivere se stesso:

infatti la sicurezza normativa libera dall‟arbitrio e

garantisce sicurezza affinché si possa decidere sui casi191

.

Come si procede a un‟interpretazione? Attraverso la

lettura dei testi, cogliendone il senso letterale, che funge

190

J. Habermas, Fatti e norme, Milano, 1996, p. 40.

191

Cfr. L. Avitabile, Le forme del funzionalismo giuridico, in

Interpretazioni del funzionalismo giuridico, Napoli, 2010.

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Conversazioni sul diritto

184

da “chiave” per la cognizione degli aspetti specifici dello

stesso.

L‟interpretazione è una razionalizzazione posteriore del

testo come parte della “promessa del legislatore”, oppure

può essere intrinseca al testo. Per Luhmann il testo deve

“essere asciutto”. A tal proposito, il sociologo tedesco ha

costruito una teoria dei sistemi sociali in cui il diritto è

uno dei sottosistemi del sistema sociale in generale ed

interpreta attraverso criteri binari (lecito/illecito). I

destinatari della norma sono tutti.

Luhmann compie un‟osservazione di tipo specialistica

perché avviene all‟interno del sistema diritto ed è

razionalizzazione perché post-diritto. Inoltre è

un‟osservazione di tipo funzionale di secondo grado

giacché rinvia alla validità del diritto e inizia laddove

sono già presenti i testi del diritto. A sua volta, il diritto è

contro fattuale perché oggetto di osservazione.

Sostanzialmente per argomentazione giuridica s‟intende

raccomandazione di argomenti per procedimenti

adeguati per cui un procedimento è adeguato perché

professionalizzato al suo interno. Ed è proprio da qui che

si può parlare di procedimentalizzazione192

.

L‟argomentazione costituisce una forma per logica

binaria. Sono presenti due poli perché se non ci fosse

192

La procedimentalizzazione è un evento, un artificio, si nutre

della diversità dei casi.

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Lezioni a.a. 2010-2011

185

pluripossibilità, tutto risulterebbe semplificato. Due sono i

tipi di argomentazione proposti da Luhmann:

analogia: casi ripetuti nel passato; distinzione: casi

uguali trattati in modo uguale e casi diversi siano

trattati in modo diverso.

L‟argomentazione, a differenza della procedura, non è

istituita dal legislatore, esiste liberamente per far si che si

raggiunga un convincimento su di una determinata

situazione. Gli argomenti possono giungere dall‟universo

giuridico ma anche da anche da altri ambiti, sia dal

passato che dal presente. In particolare, gli argomenti del

passato altro sono una serie di idee decostituzionalizzate

e possono funzionare solo se si applicano per analogia e se

si tratta di un passato recente. Infatti, il passato

immediatamente funzionale è quello assorbito dalla

contingenza del presente. Poiché il tempo ha dei costi

sociali, l‟analogia è un valido strumento per eliminare

simili costi, ed è, quindi, utilizzata per l‟argomentazione.

Il concetto di argomentazione è attraversato da tre

momenti diversi:

operazione intesa come osservazione;

autoosservazione come immediata eteroosservazione;

elementi controversi e/o incontroversi .

Quando si argomenta si deve osservare ciò da cui si parte

per argomentare. L‟argomentazione giuridica necessita,

infatti, della testualità giuridica.

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Conversazioni sul diritto

186

Luhmann parla di argomentazione poiché solo questa può

avere una sistemazione logica formale, mentre

l‟interpretazione è un comportamento sociale che pone

delle domande, come: “cos‟è l‟ermeneutica?”.

L‟interpretazione, per Luhmann, è un comportamento

sociale nel senso che ognuno lo compie, dando una sua

lettura attraverso delle questioni che pone a se stesso. È

una lettura propria e personale della realtà, è

comunicazione ed è determinata da ciò che si può dire in

modo convincente, dunque la forma prevale sul

contenuto. Non è per se stesso/i, ma per gli altri, si tratta

di un comportamento sociale.

L‟argomentazione è dimostrazione perché gli argomenti

funzionano in modo formale. Deve fondare una decisione

riguardo ciò che è conforme o meno al diritto, essendo

una ratio-decidendi.

Negli ordinamenti di common-law tutto avviene sulla

base del „dictum‟, del precedente. Ciò che deve essere

incontrato prima è la ratio decidendi del caso

antecedentemente deciso, che ha mosso l‟applicazione

della norma.

Il giudice di civil-law, osserva le regola in secondo grado

e la applica, al contrario di quello di common-law, che

deve, comunque, effettuare una ricerca tra i casi decisi

precedentemente, tramite l‟interpretazione.

Mentre nel civil-law l‟argomento è una motivazione con

l‟esigenza di fondere decisioni su casi sempre nuovi e

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Lezioni a.a. 2010-2011

187

differenti, invece la regola per decidere nel common-law,

segue una „ratio decidendi‟, per cui essa sarà applicabile

a tutti i casi di un determinato tipo. Sia negli

ordinamenti common-law che in quelli di civil-law, le

interpretazioni sono argomenti che ricorrono in modo

ricorsivo e ciò è simbolo di validità del diritto.

Nel civil-law c‟è una sorta di doppia interpretazione: in

primo grado con il legislatore, in seconda cura per mano

del giudice. Il punto comune è il rinvio all‟autorità che

ha istituito il testo.

L‟argomentazione non è un procedimento normativo, né

può modificare il diritto. L‟argomentazione giuridica è

una procedura non normativa e si compone di elementi

argomentativi il cui prodotto finale è costituito dalle

regole normative o principi. L‟argomentazione giuridica

espone le ragioni, procede per argomenti e apporta delle

motivazioni che attribuiscono preferenza ad alcune di

esse piuttosto che ad altre.

Per Luhmann deve trattarsi di ragioni ragionevoli, ossia

„rationes‟, che conducano ad un‟argomentazione

ragionevole.

L‟esposizione delle ragioni deve essere basica, professionale

ed elegante nella forma, che, a sua volta, non deve

presentarsi come prolissa, ripetitiva, retorica, bensì

razionale. Tali sono le caratteristiche

dell‟argomentazione giuridica.

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Conversazioni sul diritto

188

30. Tecniche dell‟interpretazione: l‟argomento giuridico

L‟argomentazione giuridica è simbolo di validità del

diritto e si concreta nel momento in cui si dà esecuzione

al diritto stesso. Nel corso degli anni si sono susseguite

molte teorie con l‟intento di chiarificare questo concetto

posto alla base dell‟interpretazione di testi normativi.

Lo scopo dell‟utente che utilizza l‟argomento giuridico è

quello di convincere qualcuno della bontà delle proprie

posizioni. Una tesi ha sostenuto che lo scopo primario non

è uscire vittoriosi dal dibattito con l‟interlocutore, bensì

la ricerca compiuta congiuntamente da più interlocutori

di una soluzione che è già stata determinata in premesse

condivise193

.

Altra teoria non si chiede se l‟argomentazione sia giusta

oppure sbagliata perché ogni interpretazione deve essere

data al solo scopo di far funzionare la norma all‟interno

dell‟ordinamento giuridico. Secondo questa tesi sarebbe

irrilevante l‟attendibilità dell‟argomento giuridico, e

sarebbe sufficiente che la struttura di questo sia espressa in

modo convincente per ottemperare al suo scopo. Secondo

l‟opinione di chi scrive bisogna capire quali siano le

esigenze degli utenti del diritto, dei destinatari delle

norme per poi valutare al meglio quale sia la teoria più

convincente.

Salvatore Oliva

193

Cfr. il contributo di G. Damele, Dialettica, retorica e

argomentazione giuridica su www.giuri.unige.it

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189

È pacifico sostenere che l‟interpretazione è quell‟attività

intesa come razionalizzazione posteriore del testo che

non può mai essere di più ampia portata rispetto a

quest‟ultimo. L‟interpretazione è un‟attività di secondo

grado perché l‟interprete non osserva il materiale in

prima battuta, ma in un secondo momento, quando il

testo è già stato prodotto. La razionalizzazione, che è alla

base dell‟interpretazione deve essere il più chiarificatrice

possibile perché bisogna considerare che per le più svariate

motivazioni non tutti i destinatari della norma sono in

grado di comprenderne a pieno la portata e dunque per

ottenere un maggiore adeguamento ad essa da parte

della massa, l‟interpretazione deve essere in grado di

eliminare tutti i dubbi esegetici che possono sorgere. A mio

avviso la tesi secondo la quale l‟interpretazione è data per

far funzionare la norma può essere parzialmente accolta

in quanto risponderebbe sicuramente alle esigenze di

efficienza e rapidità che impone il sistema giuridico, ma

allo stesso tempo questa frenesia di raggiungere lo scopo

potrebbe anche sfociare in interpretazioni frettolose e

lacunose.

Sarebbe invece da accogliere, sempre secondo chi scrive, la

tesi formulata dalla pragma-dialettica secondo la quale

l‟argomento giuridico nasce e acquisisce forza dal

confronto costruttivo di più interlocutori. Tale

ricostruzione vede nell‟argomentazione giuridica una

forma istituzionalizzata di discussione critica mirata

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Conversazioni sul diritto

190

alla risoluzione delle dispute e il comportamento degli

attori dell‟interpretazione è finalizzato alla risoluzione

di una differenza di opinioni.

Un carattere dell‟argomentazione è quello di essere

“presuntiva”, in quanto ogni posizione assunta può essere

sempre rivedibile. Questa teoria espressa da un autorevole

docente universitario canadese, Douglas Walton194

e detta

“new dialectic” va a specificare quella finora esposta e

criticata, in quanto questi non prende in considerazione

un modello privilegiato di dialogo, bensì tutti i diversi

tipi di interazione dialettica. Walton sostiene che ogni

dialogo deve poter raggiungere un obiettivo e dunque

scompone l‟interazione dialettica in una situazione

iniziale che consiste in un “goal” (obiettivo) di ognuno

dei partecipanti al dialogo. Per Walton un argomento

corretto è valutato secondo la sua capacità di contribuire

al raggiungimento dell‟obiettivo principale della

discussione. Tutto questo è perfettamente condivisibile dal

sottoscritto, in quanto il confronto ed il dialogo

permettono agli utenti del diritto di esprimere la loro

opinione, valutare quelle degli altri e raggiungere infine

il libero convincimento sulla base di ciò che è emerso

dalla discussione. Walton prende in considerazione tutti i

punti di vista e le esigenze dei partecipanti, mettendole in

correlazione tra di loro e aprendo la strada alla

194

Ibidem.

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Lezioni a.a. 2010-2011

191

formazione di una decisione che sia idonea a

raggiungere l‟obiettivo.

Come si è già specificato, l‟argomentazione, ricostruita

alla luce di un approccio „paragma-dialettico‟,

costituirebbe una forma istituzionalizzata di discussione

critica mirata alla risoluzione delle dispute, nella quale

operano le parti e il giudice. L‟opera di argomentazione

potrà essere esplicata anche in un processo giudiziario tra

le parti ed il giudice, che tenteranno di risolvere o

superare una differenza di opinione. L‟argomentazione

sarà intesa come un momento dello svolgimento di una

discussione, nella quale le parti interagiscono mettendo

in dubbio le proposte avanzate dalla loro controparte195

.

Oltre a questa discussione tra le parti, nel processo si

assiste anche ad una discussione tra le parti ed il giudice,

“osservatore indiretto”. Egli valuta le richieste del

proponente alla luce delle critiche della controparte e

delle regole del processo giudiziario.

L‟argomento giuridico è, dunque ,il frutto di

quell‟interazione dialettica che prende vita tra più

interlocutori e sarà utilizzato per interpretare i testi

normativi dati.

L‟argomento è valutato e codificato di volta in volta a

seconda delle esigenze del sistema e dei mutamenti della

società. È importante sottolineare che lesso non ha

195

Ibidem.

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Conversazioni sul diritto

192

funzione modificatrice del diritto vigente; nessun

argomento darà validità a nuovi diritti, né darà vita a

nuove obbligazioni. Condivido tale concezione, in

quanto, pur volendo, l‟interpretazione non avrebbe la

forza necessaria per modificare il diritto vigente. Essa può

sicuramente definirlo, colorarlo di significati,

chiarificarlo, ma non può modificarlo, né crearlo da

zero. Luhmann definisce tutto questo il “non potere”

dell‟argomentazione.

Luhmann inoltre elabora una teoria, esposta a molto

successo ma anche a molte critiche nel mondo giuridico.

Il sociologo in questione vede nell‟argomentazione

giuridica non una tecnica di normazione, bensì un

aggiustamento sistemico-funzionale, una comunicazione

completa all‟interno del sistema. Con l‟argomentazione

giuridica si da vita a una discussione, si afferma la

libertà di esprimere le opinioni, che saranno

necessariamente divergenti. Come si è già detto,

l‟interpretazione è un‟attività di secondo grado che spetta

a chiunque e non solo ai giudici o al legislatore. Ognuno

può esporre le proprie ragioni, definite da Luhmann

“qualcosa di più alto rispetto ai punti di vista” e che

hanno la forza di essere riutilizzate poiché tutto rientra

nel sistema. Luhmann opera una distinzione tra ragione,

che conferisce un senso funzionale all‟argomentazione e i

principi giuridici intesi come chiacchiere o buone idee,

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193

utilizzate per abbellire l‟argomentazione, ma comunque

poco utili allo scopo dell‟argomentazione stessa.

Argomentare per Luhmann vuol dire “rendere complesso il

sistema”, il quale osserva la testualità giuridica e,

attraverso l‟applicazione delle ragioni, trae delle

motivazioni per esercitare una funzione.

Il sistema giuridico si serve dell‟argomentazione per

ricercare una stabilità tale da far fronte a un futuro

ignoto. Deve, inoltre, vigilare sull‟argomentazione allo

scopo di impedire che altri sistemi possano creare

argomenti in grado di invadere il sistema stesso andando

a intaccare la sua validità. È in virtù di questo rischio che

il sistema giuridico si vede costretto a selezionare gli

argomenti che arrivano da altri sistemi. A mio parere

questa è un‟operazione necessaria per far sì che il sistema

diritto, il quale è un sistema autoreferenziale che si auto

osserva e si auto descrive, possa controllare le immissioni

di argomenti al suo interno evitando l‟invasione di

argomenti esterni inutili che andrebbero solamente a

creare caos e incertezza.

Il sistema giuridico è dunque in grado di accogliere

argomenti provenienti da altri sistemi, che rispettino

determinati criteri imposti da quest‟ultimo. Gli argomenti

giuridici possono provenire sia dal passato che dal

presente. Per quanto riguarda il passato è opportuno

specificare che si tratta del passato immediatamente

utilizzabile e non di quel passato lontano dove

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Conversazioni sul diritto

194

l‟esperienza è incompatibile con le esigenze

contemporanee. Gli elementi del passato funzionano

quando sono applicati per analogia allo scopo di colmare

vuoti, oppure quando entrano nel sistema giuridico come

“exempla”. Questi ultimi sono rilevanti sotto il profilo

funzionale perché costituiscono accorgimenti che hanno

già funzionato e possono essere utilizzati ripetutamente.

L‟utilizzazione di ogni elemento giudicato utile e

funzionale al raggiungimento dello scopo è, a mio avviso,

una scelta vincente perché l‟interpretazione di un testo è

un‟attività che vede in tutti il proprio destinatario e,

dunque, rappresenta un‟attività delicata perché in grado

di formare il convincimento dei destinatari della norma

in un senso piuttosto che in un altro. Secondo il parere di

chi scrive, il legislatore non può prescindere dalla

valutazione di ogni elemento, dal confronto con altri

soggetti al fine di interpretare e specificare al meglio i

testi dati, e consentire alla massa di comprendere il testo

e di conformarvisi.

31. Il rapporto tra ragionamento giuridico e

argomentazione

Secondo la concezione del positivismo giuridico il compito

dell‟interprete, ed in particolare quello del giudice, si

esauriscono nella meccanica applicazione della legge

Sofia Pasquarelli.

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Lezioni a.a. 2010-2011

195

scritta, espressione della volontà del potere sovrano, ai

casi concreti. L‟interpretazione è attività tecnica di

accertamento della norma e perlustrazione acritica della

volontà del legislatore.

Da tempo è ormai abbandonata l‟illusione illuministica

del giudice “bocca della legge”, la rassicurante

identificazione del diritto con la legge scritta, e con essa

l‟utopia ottocentesca di una legge che non necessiti di

essere interpretata. È questa una visione che esprime la

volontà politica di concentrare il potere normativo nelle

sole mani del sovrano, e ciò spiega il favore incontrato

non solo nei regimi assoluti, ma negli stessi Stati liberali.

Questa impostazione, che ha tanto influenzato la

formazione della cultura giuridica dello scorso secolo, è

tuttavia superata, essendo ormai generalmente

riconosciuto il ruolo necessariamente “creativo”

dell‟attività d‟interpretazione.

Si è assunta, nel tempo, piena consapevolezza della

distinzione concettuale tra la “disposizione”, intesa come

il testo scritto della legge e la “norma”, come significato

che, attraverso l‟interpretazione, viene attribuito al testo.

La norma cioè non è data dal legislatore, né trovata

dall‟interprete, ma costantemente ricreata nel momento

applicativo.

Luhmann privilegia nell‟interpretazione

l‟argomentazione, che consiste nel tracciare linee

dottrinali su come segnalare, significare, sottolineare,

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Conversazioni sul diritto

196

selezionare argomenti per procedimenti adeguati (cioè

professionalizzati al loro interno), organizzarli in modo

tale che funzionino: da una serie di argomenti si

selezionano quelli adatti al caso specifico. In Luhmann

non si parla di argomento giusto o sbagliato, non ci si

interroga sulla giuridicità dell‟argomento, che non va

oltre il dato normativo (cd. trascendimento).

Tra gli antichi criteri (ermeneutica, retorica, etc.)

Luhmann utilizza, per l‟interpretazione, quello

analogico: casi già discussi, quindi risolti, possono essere

analogamente trattati, applicati. Si conserva l‟esperienza

dei casi, ciò che è stato fatto attraverso le aspettative già

fissate, rese stabili quindi. Se si guarda al passato questa

teoria è inutile perché bisogna tener conto che sono

mutati gli orientamenti giuridici: è necessario, secondo

Luhmann, ricontestualizzarla, tenendo conto della

totalità del sistema. Proseguendo nella sua analisi,

Luhmann rileva che la procedura si differenzia

dall‟argomentazione: mentre la prima è istituita dal

legislatore, che si trova a seguire le procedure;

l‟argomentazione non è istituita ma viene cercata

all‟interno del sistema giuridico (complesso di norme),

che non coincide con l‟ordinamento giuridico (norme,

operatori delle norme e istituzioni).

L‟argomento, in Luhmann, non si sviluppa dal tutto alla

singola parte ma „de parte ad partem‟: per far questo

l‟operatore giuridico si serve degli „exempla‟ (precedenti),

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Lezioni a.a. 2010-2011

197

che fungono da criteri di riferimento, trattandosi di

accorgimenti che hanno già funzionato in passato (si

parla però di un passato recente, contingente,

immediatamente consumabile). Si cerca tra i casi che

sono già stati decisi, per poi effettuare un adeguamento,

aiutati dalla circostanza che non ci sono deduzioni

sistematiche. Gli „exempla‟ implicano due elementi

importanti: la ripetizione di alcuni elementi meramente

astratti e la ricorsività; elementi che non vogliono portare

alla copiatura. Tutte le situazioni – infatti – sono distinte

e i casi si costituiscono sempre come comparabili ma mai

uguali (“trattare uguale quello che è uguale e trattare

diseguale quello che è diseguale”): ogni situazione

concreta è diversa!

Quando si parla d‟interpretazione in Luhmann si parla

di “comportamento sociale (lettura di una realtà visibile

a tutti) di un lettore che si concentra su un testo”, e tale

interpretazione necessita di un‟apertura agli altri

membri della societas. L‟interpretazione è una

comunicazione che va fatta agli altri e per questo è un

comportamento sociale nel quale includiamo la

dimostrazione logica (i suoi elementi devono funzionare

in modo logico formale).

Gli argomenti per Luhmann non devono essere

convincenti, ma essere esposti in modo convincente: la

forma quindi prevale sul contenuto; ciò che viene detto

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Conversazioni sul diritto

198

non necessariamente deve corrispondere al convincimento

di chi lo dice o del destinatario ma deve essere captivo.

In Luhmann l‟interpretazione è necessaria quasi in modo

gerarchico da parte di chi sa (giurista) e lo comunica a

chi non sa (destinatari della norma); non è fatta per

autoilluminarsi, ma per dare autorevolezza a chi ha

istituito la legge.

Tarello consigliava come terapia linguistica di evitare

tutte le locuzioni, come “legge chiara”, “interpretazione

dichiarativa”, “interpretazione restrittiva”,

“interpretazione estensiva”, “interpretazione creativa”,

“interpretazione abrogante”, allusive di un concetto di

discorso legislativo come discorso “con un significato

proprio e principale, indipendente dalle attività

interpretative degli utenti” e di un concetto di norma

giuridica come entità precostituita all‟attività di ricerca,

individuazione e interpretazione. Così verrebbe occultato

il fatto che le norme sono da considerarsi il risultato

piuttosto che il presupposto delle attività in senso lato

interpretative.

Per esprimere il ruolo dell‟interpretazione nella

conoscenza delle scienze dello spirito un filosofo dello

scorso secolo, Hans Georg Gadamer, si serve di una

metafora molto efficace: quella dell‟arte. Comprendere

un‟opera d‟arte non vuol dire cogliere l‟intenzione del suo

autore, né collocarla nel suo contesto originario, né

tantomeno affermare che è lo spettatore ad attribuirle un

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Lezioni a.a. 2010-2011

199

significato, ma partecipare all‟evento della sua

rappresentazione. L‟incontro con l‟opera d‟arte si traduce

in esperienza vera nel momento in cui essa coinvolge lo

spettatore. Come nell‟arte, l‟essenza del diritto è nella sua

rappresentazione.

La norma è dunque fenomeno del pensiero che si forma

nell‟attività di comprensione del destinatario e che

dipende dal contesto storico, sociale e circostanziale nel

quale viene di volta in volta applicata. Posto che il

ragionamento che viene seguito per l‟applicazione del

diritto non è riconducibile alla sola logica formale, ma è

scelta da parte del giudice di una tra le varie soluzioni

possibili, posto ancora che il diritto non è l‟insieme delle

norme date dal sovrano, né l‟insieme delle decisioni dei

tribunali, la questione che si pone è quella di individuare

il reale fondamento della decisione del giudice.

La questione è dunque comprendere se il ragionamento

dell‟interprete sia razionale o se piuttosto si determini

secondo scelte legate all‟opportunità del caso. La sentenza

esprime una scelta politica del giudice? La decisione

dipende da un sistema di norme predefinito o è soluzione

di giustizia individuata in base ai pregiudizi dei soggetti

chiamati a decidere?

Il ruolo politico dell‟attività del giudice è stato

enfatizzato da alcune correnti filosofiche, quali la „Scuola

del libero diritto‟, affermatasi nei primi decenni del secolo

scorso, in contrapposizione agli orientamenti del

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Conversazioni sul diritto

200

positivismo giuridico. La prima si limita a constatare

come l‟interprete crea diritto per ciascun caso, offrendo

successivamente una motivazione del tutto artificiosa. Già

a partire dalla seconda metà del Novecento, la scienza

giuridica ha tuttavia chiarito come l‟impossibilità di

individuare con certezza una sola, “vera” noma per

ciascun caso, l‟impossibilità di ridurre l‟attività del

giurista a mere operazioni logico-formali, non siano

ragioni sufficienti ad escludere il carattere razionale,

non arbitrario del fenomeno giuridico.

Negli ordinamenti democratici di civil law, come il

nostro, le regole finalizzate a vincolare l‟attività del

giudice, e quindi a dare ordine e razionalità al

fenomeno giuridico trovano fondamento innanzitutto

nella organizzazione delle istituzioni giudiziarie e nei

principi del giusto processo: l‟ordine giudiziario

garantisce indipendenza al giudice, come istituzione e

come persona; il processo è pubblico; il giudice decide su

istanza di parte nei limiti delle domande e garantisce, in

ogni fase del procedimento, la regolarità del

contraddittorio; ha l‟obbligo di motivare la sentenza; etc.

La presenza di tali condizioni costringe a sviluppare

razionalmente il ragionamento nel corso del processo: il

processo giurisdizionale costringe le parti e il giudice ad

argomentare le proprie tesi.

Negli ordinamenti di „common law‟, invece, ciò che deve

chiedersi il giudice è la ratio decidendi del caso

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Lezioni a.a. 2010-2011

201

anteriormente deciso (ricorso di previsione), poi decidere

e contestualmente fondere argomentativamente e

valutare gli elementi differenti con il caso anteriormente

deciso, non dovendo dunque semplicemente applicare

una regola già studiata dal legislatore (cd. osservatore di

primo grado).

L‟argomentazione non determina in Luhmann la

validità del diritto (“il diritto si modifica solo col

diritto”), è una procedura, ma non normativa, cioè non

composta da norme; il suo prodotto finale si può

solidificare in regole normative o principi laddove non

sono avvolti su stessi; si tratta di un procedere per

argomenti e di un esporre motivazioni, ossia le ragioni

che danno la preferenza ad un‟interpretazione piuttosto

che ad un‟altra (ragioni ragionevoli).

Tali motivazioni devono avere particolari caratteristiche

in modo da limitare la creatività-discrezionalità del

giudice: non essere ridicole, ma eleganti, non avere una

forma stilistica rigida, ma avere il dono dell‟economia,

avere un testo razionalizzato, mai prolisso e retorico.

Alla luce delle argomentazioni proposte,

l‟argomentazione giuridica viene a coincidere con

un‟esposizione di motivazioni giuridiche.

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Conversazioni sul diritto

202

32. L‟argomentazione giuridica

Quando ci si riferisce all‟argomentazione, si deve

intendere quella particolare procedura che si avvale di

argomenti per supportare una tesi. In Luhmann

l‟argomentazione giuridica utilizza argomenti giuridici

(cioè normativi) per raggiungere un risultato.

In tale direzione argomentare sta a significare

raccomandare, sottolineare, evidenziare e significare

argomenti; si opera, dunque, una vera e propria selezione

degli argomenti per procedimenti adeguati196

. É quindi

necessario selezionare gli argomenti più adatti al caso

concreto, procedendo attraverso un itinerario

„professionalizzato‟. Quello che incide

sull‟argomentazione è la „professionalizzazione‟ e

l‟organizzazione degli argomenti. Ulteriore aspetto nella

teoria dell‟argomentazione è la „procedimentalizzazione‟,

ossia il considerare la diversità dei casi (ogni volta che

viene commesso un reato, anche se la fattispecie sarà la

medesima, ci troveremo sempre di fronte a diverse ipotesi)

come sinonimo di specificità. Secondo Luhmann, concetti

come quello di colpa, responsabilità, contratto ecc.

possono essere utilizzati nell‟argomentazione giuridica

solo se sono stati oggetto di un‟esperienza concreta, cioè

non sono rimasti nella categoria dell‟astrattezza, in

quanto i concetti generali, che esistono solo sul piano

Antonella Pirolli.

196

Lezioni prof. Avitabile a.a. 2010/2011.

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Lezioni a.a. 2010-2011

203

dell‟astrattezza, non hanno senso. Per la teoria sistemico-

funzionale di Luhmann un‟ipotesi di reato prevista in

una norma giuridica può essere utilizzata

nell‟argomentazione giuridica solo se qualche soggetto

abbia concretamente avuto quella determinata condotta

ed abbia arrecato danno, attraverso questa, ad un altro

soggetto. Senza l‟immediata esperienza concreta,

un‟ipotesi prevista astrattamente non può essere utilizzata

nell‟argomentazione giuridica.

Secondo Luhmann lo stesso concetto di colpa, senza un

immediato riscontro nella realtà dell‟esperienza

giuridica, non può essere utilizzato, pertanto viene

applicato il procedimento per analogia, in cui

l‟esperienza dei casi già accaduti, discussi e risolti, viene

impiegata per risolverne analoghi. L‟analogia è l‟unico

„metodo antico‟ che Luhmann utilizza, perché bisogna

portare l‟argomento alla realtà concreta e mantenere di

esso ciò che è già accaduto in modo da farne un

„precedente‟ per la risoluzione del caso in esame. In tal

modo, si conserverà non solo l‟esperienza dei casi, ma

anche ciò che è stato fatto attraverso le aspettative fissate

(aspettative normative), stabilizzate.

Risulterà quindi una „chiusura operativa‟, operazione

mediante la quale il sistema si chiude operativamente

attraverso „argomenti adeguati per procedimenti

adeguati‟. La chiusura operativa diventa, dunque, il

perno centrale dell‟argomentazione giuridica perché solo

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Conversazioni sul diritto

204

attraverso questa il sistema giuridico si chiude ed agisce

al suo interno.

All‟interno dell‟argomentazione giuridica Luhmann

utilizza le procedure dell‟analogia (considerare casi

avvenuti nel passato per discutere e giudicare

analogamente ciò che accade nel presente) e la

distinzione (operare una distinzione in modo che casi

uguali siano trattati in maniera uguale e casi diseguali

siano trattati in maniera diseguale). Sebbene Luhmann

prediliga questi due criteri, egli ritiene comunque che

non raccolgano la totalità del sistema, andando ad

incidere solo su un segmento di questo. Risulta necessario

individuare il discrimine che c‟è tra procedura e

argomento: la procedura è istituita dal legislatore che, a

sua volta, si trova a dover seguire procedure istituite da

un precedente legislatore; l‟argomentazione non è

istituita, vive liberamente per far si che si raggiunga il

convincimento su una determinata situazione, attraverso

l‟impiego di argomenti che vanno cercati e costruiti

all‟interno dello stesso sistema giuridico (per sistema

giuridico intendiamo le norme, gli operatori delle norme

e le istituzioni). L‟argomentazione giuridica è, quindi,

l‟utilizzo di argomenti che derivano dallo stesso sistema

giuridico. Gli argomenti provengono sia dal passato che

dal presente: secondo Luhmann, quelli che provengono

dal passato possono essere utilizzati solo se si utilizza

l‟analogia. Quando Luhmann parla di passato si riferisce

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Lezioni a.a. 2010-2011

205

sempre ad un passato recente, ad un passato contingente,

immediatamente consumabile. Inoltre, per Luhmann,

nell‟argomentazione è inevitabile l‟utilizzo degli

exempla, che rappresentano dei veri e propri criteri di

riferimento, essendo accorgimenti che si sono già

condensati in quanto hanno già funzionato. Gli exempla

devono essere ricercati tra i casi decisi in precedenza, ed

essere utilizzati per le decisioni di casi futuri, ovviamente

passando attraverso un‟opera di adeguamento. Questa

opera di adattamento deve essere compiuta valutando il

caso individuale. Gli exempla constano di due elementi:

la ricorsività, ovvero l‟essere ripetuti per casi simili e la

ripetizione cioè il fatto che si ripetono solo alcuni degli

elementi del caso specifico. Ricorsività e ripetizione non

significano esatta riproduzione, perché si deve tenere

conto di una certa discrezionalità su ciò che si deve

argomentare. Quando si fa riferimento agli exempla si

deve tener presente che si tratta di situazioni tra loro

comparabili ma mai uguali ed identiche.

33. Le decisioni nel sistema giuridico

Nel campo giuridico la motivazione è la parte del

provvedimento del giudice (sentenza o ordinanza) in cui

si illustrano le ragioni di fatto e di diritto che

giustificano la decisione adottata dal magistrato.

Ettore Quadrini .

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Conversazioni sul diritto

206

La sentenza è il provvedimento del giudice con il quale

viene definita una controversia tra due o più parti

processuali

La motivazione dei provvedimenti giurisdizionali

costituisce una fondamentale garanzia e un importante

ideale politico perseguito dallo Stato di diritto e dalle

moderne teorie liberali in quanto risponde all‟esigenza

democratica di dare conto delle ragioni per cui un potere

è stato esercitato.

La distinzione tra ragioni e motivi psicologici viene

tuttavia negata dagli esponenti della nuova retorica e da

alcuni giusrealisti, i quali affermano che gli enunciati

normativi non sono idonei a predeterminare le decisioni

giudiziarie, che invece sono determinate da fattori

psicologici e sociali.

Secondo il realismo giuridico (o Giusrealismo) si deve

attribuire particolare attenzione all‟effettiva operatività

del diritto nella società e alla sua pratica applicazione

da parte dei giudici nei tribunali, in contrasto al

formalismo giuridico e al legalismo tipici del positivismo

giuridico. In particolare la “giurisprudenza sociologica”

determina una valutazione etico-politica differente del

diritto, dando maggiore importanza ai fatti, ai concreti

rapporti sociali e, di conseguenza, alle norme in vigore.

La maggior parte dei giusrealisti, infatti, ritiene che le

norme giuridiche generali e astratte hanno scarso peso

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207

sul comportamento dei giudici, che sarebbero più

influenzati dalla giurisprudenza.

Il fondamento di tale corrente realista è prevalentemente

filosofico e metodologico, e si pone come obiettivo quello di

emendare il discorso dei giuristi da qualsiasi

implicazione ideologica e metafisica. In particolare,

rivolge accuse ai giuspositivisti, i quali, limitandosi a

descrivere le norme per come devono essere applicate e non

per come sono di fatto, finiscono col confondere tra

descrizione dei fatti e valutazione degli stessi, compiendo

un‟opera ideologica.

34. Filosofia ermeneutica del diritto

L‟ermeneutica è “l‟arte dell‟interpretazione” che nasce

essenzialmente per l‟interpretazione dei testi sacri al fine

di comprenderne il significato ultimo (unico).

Successivamente il termine ebbe portata più ampia.

L‟universalità dell‟ „ars interpretandi‟ comprende anche

l‟ambito giuridico. Pacifico è che qualunque norma,

disposizione, sentenza deve essere, anche solo

fugacemente, interpretata.

l‟Igtihad197

(interpretazione) corrisponde ad una fase del

diritto musulmano in cui i giuristi sfruttano

l‟interpretazione per arrivare ad una corretta

padronanza di ogni istituto giuridico.

Tommaso Alessio Salemme.

197

http://it.wikipedia.org/wiki/Igtihad

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Conversazioni sul diritto

208

Una corrente dell‟ermeneutica, che fa capo a Emilio Betti

e alla sua “Teoria generale dell‟interpretazione” del 1955,

prosegue il lavoro dell‟ermeneutica filosofica di Hans-

Georg Gadamer (1900-2002), il cui testo fondamentale è

“Verità e metodo”, del 1960, che ha sinora influito sulla

giurisprudenza, in particolare tedesca, non meno di

quanto abbia influito sulla filosofia del diritto in senso

stretto.

Ciò è potuto avvenire soprattutto grazie all‟elaborazione

di due nozioni, che negli ultimi anni hanno attirato

l‟attenzione spasmodica di giuristi e filosofi: le nozioni di

“precomprensione” e “circolo ermeneutico”.

Analizzando più ampiamente tali nozioni, diciamo che

per “precomprensione” (tedesco vorverstandnis) si intende

la tesi secondo la quale la comprensione di oggetti

culturali in genere e l‟interpretazione di testi giuridici in

specie, sarebbe orientata da una sorta di

rappresentazione anticipata del risultato, determinata

dalla appartenenza dell‟interprete ad un siffatto contesto

vitale e discorsivo. La comprensione, in altri termini,

nascerebbe da una pre-compresione, fondata sui pre-

concetti e i pre-giudizi dell‟interprete.

Per “circolo ermeneutico” (tedesco hermeneutischer

Zirkel), invece, s‟intende anzitutto la vecchia regola

interpretativa, per la quale, nell‟attività di

interpretazione di un testo, il risultato

dell‟interpretazione di una parte va sempre confrontato

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209

all‟interpretazione del tutto e viceversa: e questo fino a

che le due non finiscano per corrispondere.

Anche Jacques Derrida (1930-2004) rispondendo alla

domanda “come giudicare?” osserva: “se i criteri fossero

semplicemente disponibili, se la legge fosse presente, là,

davanti a noi, non ci sarebbe un giudizio. Ci sarebbe

tutt‟al più sapere, tecnica, applicazione di un codice,

apparenza di decisione, falso processo, o ancora racconto,

simulacro narrativo a proposito del giudizio. Non ci

sarebbe più da chiedersi: „come giudicare?‟”198

.

L‟arte dell‟interpretazione non si può riassumere con un

mero “spiegare” piuttosto deve essere orientata verso il

“comprendere”, in quanto le parole, ontologicamente, se

inserite in un contesto hanno un significato plurivoco

non riconducibile al linguaggio univoco dei numeri;

occorre tuttavia sottolineare che l‟interpretazione non

solo custodisce la fedeltà verso la genesi del testo

interpretato ma altresì l‟originalità richiesta dal dovere

incontrare il destinatario dell‟interpretazione.

Nel diritto l‟ermeneutica giuridica non riguarda solo i

giudici ma tutti gli operatori giuridici

La tesi sin qui esposta è condivisa solo in parte anche da

Giuseppe Benedetti secondo cui l‟applicazione delle leggi

non si compie in un sapere già posseduto ma in un sapere

in formazione che chiede l‟opera dell‟arte

198

J. Derrida, Pre-giudicati davanti alla legge, Catanzaro, 1996.

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Conversazioni sul diritto

210

dell‟ermeneutica. Esiste quindi una dicotomia tra “diritto

alle leggi spicciole” e “diritto”. Il primo consiste

essenzialmente in atti di amministrazione che si

accavallano quotidianamente per i quali è sufficiente

l‟intervento di un tecnico delle norme che non è un

giurista “artista della ragione” il quale non si interroga

su un “come” ma su di un “perché” e la cui risposta

richiede un diverso sforzo che si traduce nell‟“arte

dell‟interpretazione”. La differenza tra tecnico delle

norme e giurista interprete del diritto, si ha perché il

tecnico non coinvolge se stesso nelle sue operazioni,

mentre l‟interprete impegna l‟“avere a che fare con il suo

io” e solo così può compiere quello che appartiene tout

court all‟arte dell‟ermeneutica199

.

Questa impostazione trova delle tesi contrarie. Secondo la

concezione del positivismo giuridico (Kelsen, Bobbio) il

compito dell‟interprete, e specificamente la missione del

giudice, si esauriscono nella meccanica applicazione

della legge scritta, espressione della volontà del potere

sovrano ai casi concreti. L‟interpretazione è attività

tecnica di accertamento della norma e ricognizione

acritica della volontà del legislatore.

Questa impostazione trova espressione nello stesso stile di

esposizione della sentenza, che riflette la logica del

199

Cfr. G. Benedetti, La contemporaneità del civilista, in V. Scalisi (a

cura di), Scienze e insegnamento del diritto civile in Italia,

Milano, 2004.

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211

processo giurisdizionale, e che viene strutturata come

sillogismo (giudiziario). La premessa maggiore è la

norma (fattispecie astratta), la premessa minore è il fatto

(fattispecie concreta), la conclusione è formulata nel

dispositivo. La soluzione della controversia segue il

ragionamento di ricondurre il fatto (come fattispecie

concreta) alla norma (fattispecie astratta). Il

ragionamento è deduttivo: la norma è dedotta dalla

legge200

.

L‟illusione illuministica del giudice “bocca della legge” è

in crisi ormai da tempo: è la mera utopia ottocentesca di

una legge che non necessiti di essere interpretata. È una

visione che esprime la volontà politica di concentrare il

potere normativo nelle sole mani del sovrano, e ciò spiega

il favore incontrato non solo nei regimi assoluti, ma negli

stessi Stati liberali, in cui, in virtù del principio della

tripartizione dei poteri, è il Parlamento, eletto dal popolo

sovrano, ad assumere il monopolio delle decisioni

politiche.

Secondo Luhmann invece, l‟ermeneutica è un concetto

ormai arcaico, obsoleto, prediligendo concetti come

l‟analogia e la distinzione.

200

Cfr. P. Calamandrei, La genesi logica della sentenza civile, in

Riv. crit. delle scienze sociali, 1914, ripubblicato nella raccolta

Letture per un corso di metodologia dell‟analisi casistica, Roma,

1988.

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Conversazioni sul diritto

212

La prima consiste in un‟interpretazione che non tiene

conto della totalità del sistema ma solo di un

“frammento” di esso, in quanto attraverso l‟analogia si

può colmare qualunque lacuna, ma diviene uno

strumento pericoloso perché potrebbe causare delle

situazioni inique.

La distinzione consiste invece in una mera

diversificazione, affinché situazioni uguali vengano

trattate in modo uguale e per converso situazioni diverse

vengano trattate in modo diverso.

Luhmann ha iniziato la sua indagine da un concetto

eccessivamente astratto, non ha valutato la realtà dei

casi: “ogni situazione è implicitamente diversa, quindi

come ci si dovrà comportare di fronte a situazioni

simili?”.

Nella prospettiva di Luhmann il fulcro del diritto non è

l‟interpretazione ma l‟argomentazione, che non deve

essere considerata come una tecnica di normazione ma

come un vero e proprio „aggiustamento tecnico-formale‟,

una comunicazione completa all‟interno del sistema.

Nella sua più stretta accezione, argomentare significa

quindi “sistemare gli argomenti”, mentre

l‟interpretazione consiste nella lettura della realtà,

tramite il comportamento sociale di un lettore che si

concentra sul testo.

Luhmann vede l‟ermeneutica come una fase

dell‟argomentazione: quando si inizia a interpretare un

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Lezioni a.a. 2010-2011

213

testo ci si prepara all‟argomentazione. Gli “argomenti” di

Luhmann possono provenire sia dal passato che dal

presente. Particolare importanza rivestono i primi, gli

exempla, cioè degli accorgimenti che hanno gia

funzionato e sono in grado di essere utilizzati

ripetutamente al fine di colmare dei vuoti legislativi.

L‟interpretazione, essendo un‟attività di secondo grado,

determina il fatto che l‟interprete non osserva il materiale

in „prima battuta‟, ma in un secondo momento, quando il

testo è stato gia prodotto, conformandosi a due criteri:

innanzitutto non deve essere volta ad una funzione

distruttiva, in secondo luogo (e tale principio non è che

un corollario del precedente) deve perseguire una

funzione costitutiva, attenendosi il più possibile al testo

originale. Pertanto, l‟operazione dell‟interprete consiste in

un “commento” al fine di garantire la migliore

applicazione del testo sia da un punto di vista sostanziale

(sussumibilità del fatto concreto alla fattispecie astratta)

sia formale (applicazione della medesima disciplina per

fatti che richiedono la medesima regolamentazione) che

però non deve risolversi in una applicazione meccanica e

statica, ma in un comprendere in fieri suscettibile di

essere confutato in qualunque momento e modellato alla

stregua di eventuali esigenze interpretative.

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Conversazioni sul diritto

214

35. Argomentazione giuridica di una sentenza

La sentenza, come espressione della terzietà del giudice, si

basa sul concetto di dialettica e di retorica giuridica

come derivata dalla civiltà greca. La dialettica,

nell‟accezione classica, è il tipo di ragionamento logico

ancora utilizzato nelle aule di tribunale e consiste

nell‟“l‟arte di unire due termini diversi (tesi e antitesi)

per giungere alla formulazione di una sintesi”. Già dai

tempi di Aristotele, la forma tipica di un ragionamento

dialettico era il sillogismo, caratterizzato da una

premessa maggiore, una premessa minore e una

conclusione. Nel corso dei secoli il sillogismo è stato

oggetto di varie critiche da parte dei teorici delle diverse

scuole di pensiero filosofiche. Secondo gli Stoici il

sillogismo consiste in una “affermazione dialettica” da

dove non si deduce il “processo mentale” del giudice-terzo

che lo ha portato a quella decisione, per cui la sua

conclusione è solo “plausibile” e non “vera”. Nel pensiero

illuminista le sentenze dei tribunali si consideravano

come mere applicazioni della legge, mentre i Logici

hanno affermato che è possibile applicare il sillogismo solo

agli easy case, cioè ai casi che non richiedono una

particolare difficoltà nell‟applicazione delle norme e

nella catalogazione delle fattispecie. Ad oggi, quindi, la

sentenza, non è solo frutto di una deduzione sillogistica,

Cinzia Saturnino.

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Lezioni a.a. 2010-2011

215

ma si basa anche sul potere discrezionale del giudice. In

tale condizione interviene la retorica, già considerata da

Aristotele come “facoltà di scoprire in ogni argomento ciò

che è in grado di persuadere”; da ciò l‟argomentazione

consente di affermare le proprie ragioni a sostegno della

decisione presa su base discrezionale al di là di opinioni

personali e pregiudizi. La retorica giuridica consente di

argomentare attraverso delle affermazioni che il

magistrato ha applicato sulla base del suo libero

convincimento alla controversia. La terzietà della

magistratura fa sì che essa sia sempre imparziale (super

partes) e disinteressata, senza alcun legame con la

politica. Per questo motivo Luhmann asserisce che vi sia

sempre una differenziazione tra il politico e il magistrato,

altrimenti ci sarebbe una perdita dell‟autonomia della

giurisdizione.

Nell‟argomentazione giuridica, per Luhmann, possono

inserirsi solo modelli di argomenti che siano formalistici e

sensibili alla decisione. Nel sistema di civil law il giudice

rappresenta un osservatore di secondo grado, mentre il

legislatore quello di primo grado. L‟argomentare deve far

sì che le “buone ragioni” debbano anche essere

“ragionevoli”. L‟argomentazione giuridica non è un

procedimento esclusivamente normativo, ma si forma

attraverso degli elementi argomentativi che portano, nel

caso della sentenza, alla elaborazione del principio di

diritto, cioè la massima.

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Conversazioni sul diritto

216

36. Teoria del procedimento

Il procedimento può essere definito come una serie di atti

giuridici, posti in essere da uno o più soggetti, necessario

per la validità e l‟efficacia dell‟atto finale dello stesso,

vale a dire il provvedimento, attraverso il quale viene

esercitata una pubblica potestà; il concetto di

procedimento si distingue da quello di procedura, anche

se nel linguaggio corrente vengono, non di rado, confusi.

La procedura, infatti, è il complesso di norme che

disciplina un procedimento201

.

Il tema di cui si tratta non rileva per la sua importanza

solo all‟interno della funzione pubblica (per

l‟espletamento dei pubblici poteri), ma riscuote anche

grande considerazione nello studio della filosofia del

Enrico Simone

201

Di regola, il procedimento è il meccanismo mediante il quale

vengono esercitate la funzioni pubbliche, che possono essere

amministrative, giurisdizionali o legislative: quindi si possono

avere procedimenti amministrativi (emanazione di provvedimenti

amministrativi), giurisdizionali (i processi) e legislativi

(formazione delle norme).

Solo l‟atto terminale del procedimento produce gli effetti propri

dell‟esercizio del potere; gli altri atti, chiamati

endoprocedimentali, sono tuttavia necessari per la sua validità o

efficacia, nel senso che la mancanza o invalidità di tali atti si

ripercuote sull‟atto finale rendendolo invalido o impedendo di

produrre i suoi effetti.

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217

diritto e in particolar modo nel circolo ermeneutico nel

quale, il procedimento, è definito “procedimento circolare

che fonda ogni atto interpretativo”. Questa espressione fa

riferimento all‟ermeneutica che in filosofia tratta della

teoria dell‟interpretazione.

Tra i massimi esponenti della materia in questione, si

ricorda, per il suo apprezzabile contributo, Niklas

Luhmann che, in una delle sue opere più interessanti,

Legitimation durch Verfahren, parla proprio della “Teoria

del Procedimento”202

.

Tale teoria rappresenta uno dei limiti dell‟applicazione

del modello di Stato di diritto alla realtà sociale.

Sviluppando la concezione di democrazia di Luhmann

(mantenimento della possibilità di recidere

continuamente le decisioni già prese mantenendo così un

campo di selezione non meno ampio di quello iniziale), la

partecipazione del popolo, la limitatezza del tempo e delle

competenze tecniche (tramite ceti professionali chiusi e

organi appositi che impediscono ai consociati di prendere

direttamente conoscenza delle questioni sul

funzionamento dello Stato e delegano funzioni di

controllo e di decisioni a de-terminati organi)

conducono ad uno dei risultati caratterizzato dalla

“Teoria del procedimento”. Per il sociologo tedesco il

procedimento, inteso come una serie ordinata di atti il

202

N. Luhmann, Stato di diritto e sistema sociale, Napoli, 1984, pp.

22 ss.

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Conversazioni sul diritto

218

cui esito è incerto, viene considerato come un “sistema”

che legittima se stesso attraverso una serie di meccanismi

psicologici di identificazione di ruoli e di assorbimento

dei conflitti che riducono la probabilità di dissenso e

privano di risonanza sociale l‟eventuale assenza di

accettazione.

In questa prospettiva, necessariamente, si deve far cenno

al fatto che anche il voto, che risulta essere uno dei

momenti qualificanti della partecipazione democratica, è

fortemente ridimensionato; la sua funzione, infatti, non è

quella di mettere nelle mani del cittadino uno strumento

per realizzare interessi personali, ma quello di garantire

ad esso un ruolo di membro del sistema politico “che è

strutturalmente importante per il mantenimento di certi

processi internamente differenziati di elaborazioni di

informazioni”203

.

Da ciò si evince che il procedimento non svolge solo la

funzione stabilizzatrice del sistema ma ha anche

funzioni equitative. Luhmann mette in evidenza la

prospettiva dell‟efficacia dei procedimenti, senza tener

conto della giustizia, inducendo alla supposizione che

possa esistere un limite oltre il quale la giustizia (o

l‟ingiustizia) del procedimento retroagisca sull‟efficacia

dell‟esito finale del procedimento stesso.

203

Ibidem.

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Lezioni a.a. 2010-2011

219

Discutendo sul concetto di procedimento, si deve tener

conto della trattazione del problema della

proceduralizzazione: “per proceduralizzazione del diritto

– scrive Wiethölter204

– si può intendere la trasformazione

di un contesto sociale di libertà giuridica in un sistema

di giustificazione dei rispettivi nuovi contesti sociali di

idee e interessi”205

.

Il diritto procedurale è una sorta di compromesso tra il

tradizionale diritto formale dello Stato liberale e le

esigenze sociali espresse con strumenti autogestionali.

Wiethölter conclude la sua trattazione affermando che la

proceduralizzazione del diritto potrebbe essere la

manifestazione attuale di una società borghese la quale

non abbandona le sue speranze istituzionali e non

inizia a seguire vie diverse da quella della

istituzionalizzazione; “la proceduralizzazione dunque

mira non tanto alle garanzie di condotte sociali e

nemmeno a concessioni, bensì a condizioni per la

204

Rudolf Wiethölter nato il 17 luglio 1929 (e tutt‟ora in vita) in

Solihull è un tedesco giurista e professore emerito presso la Johann

Wolfgang Goethe-Universitat Frankfurt am Main; è noto, tra l‟altro

per le sue importantissime pubblicazioni come Norme di conflitto

unilaterale come base del diritto internazionale privato, Berlino,

1956; La giustificazione del comportamento diritto di traffico,

Karlsruhe, 1960.

205

R. Wiethölter, Materialition and Proceduralization in Modern

Law, in Dilemmas of Law in the Welfare State, a cura di G. Teubner,

Berlin, 1986, p. 246.

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Conversazioni sul diritto

220

possibilità di tali garanzie e concessioni di

riconciliazioni integrali di interessi mediante

regolazioni giuridiche di condotta”206

.

Alla proposta di Wiethölter si riallaccia J. Habermas207

che,

nel suo concetto di proceduralizzazione, ha cercato di

inglobare il diritto all‟interno di una teoria della

comunicazione, nella speranza di trovare nello sviluppo

di procedure discorsive, una risposta al fallimento tedesco

dell‟idea hegeliana di Stato e un mezzo per conciliare la

democrazia con la razionalità tecnico-scientifica208

.

Una speranza che non si ravvisa nell‟opera di Niklas

Luhmann, il quale, applicando al diritto la teoria dei

sistemi, vede nella proceduralizzazione la dimostrazione

della conferma del carattere autoreferenziale e

autopoietico dei sistemi stessi.

Le tesi di Habermas e Luhmann hanno il merito di

mettere in luce il fenomeno di proceduralizzazione in

tutti gli ambiti del diritto (ad esempio, il diritto del

lavoro non sfugge a questo fenomeno ed è proprio nella

suddetta disciplina che si è potuto osservare il diffondersi

206

Id., Proceduralization of de Catogory of Law, in Critical Legal

Thougbt. An American-German Debate, a cura di Ch. Jeorges e D. M.

Trubek, Baden-Baden, 1989, pp.509-510.

207

Jurgen Habermas è un filosofo, storico e sociologo tedesco nella

tradizione della “Teoria critica” della scuola di Francoforte.

208

A. Supiot, Homo juridicus. Saggio sulla funzione antropologica

del Diritto, Milano, 2006.

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Lezioni a.a. 2010-2011

221

delle procedure soprattutto in materia di licenziamento a

partire dal 1973).

37. Il principio di eguaglianza: correnti di pensiero e sue

formule

Le teorie dell‟eguaglianza si dividono in due grandi

gruppi: rientrano nel primo quelle che non riconoscono la

possibilità di una fondazione del principio di

eguaglianza, mentre fanno parte del secondo tutte quelle

teorie che, pur basandosi su presupposti diversi,

propongono una fondazione del principio stesso. Si parla

di teorie decisionistiche e di teorie razionalistiche.

Le prime sostengono l‟impossibilità di fondare il

normativo secondo gli strumenti della ragione ritenendo

la scelta dei principi etici arbitraria. Nelle teorie

decisionistiche i giudizi di valore sono del tutto arbitrari

ed il principio di eguaglianza viene considerato come un

principio vuoto di significato, poiché non può trovare

giustificazione se non sulla base di altri principi etici i

quali a loro volta sono legati a scelte di carattere

soggettivo. In questo caso, l‟eguaglianza consiste in un

uguale trattamento che può essere determinato solo in

modo normativo attraverso delle prescrizioni di carattere

generale, poiché il concetto di uguale è relativo e viene in

considerazione solo quando c‟è un confronto tra

Roberto Sorace.

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Conversazioni sul diritto

222

fattispecie determinate prioritarmente. Ne consegue che

eguaglianza altro non è che trovarsi dinanzi a membri

della medesima categoria trattati allo stesso modo; agire

secondo la norma significa applicare uno stesso

trattamento a tutti coloro che la norma non differenzia

l‟uno dall‟altro.

Le teorie razionalistiche tendono ad evidenziare come il

principio di eguaglianza sia suscettibile di fondazione e

si pongono l‟obiettivo di dimostrare l‟esigenza che non si

discrimini nessuno su basi che non siano razionalmente

giustificabili.

Pertanto, nelle teorie decisionistiche il principio di

eguaglianza assume dei caratteri che discendono da una

concezione „formale‟ della giustizia. A mettere in

evidenza il formalismo etico è Ross, il quale specifica che

l‟esigenza formale di eguaglianza non impedisce una

differenziazione tra persone che si trovano in circostanze

diverse; la differenza deve soltanto essere giustificata

mettendo gli individui in classi diverse. In tale prospettiva

si richiede soltanto che la differenza venga giustificata

collocando le persone in classi diverse. Il principio di

eguaglianza in se stesso però non dice quali criteri sono

rilevanti; tacendo su questo punto, l‟esigenza di

eguaglianza si trasforma semplicemente nell‟esigenza che

qualsiasi differenziazione sia giustificata da criteri

generali, qualunque essi siano. Ma ciò riduce il

significato del principio di eguaglianza al bisogno che

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Lezioni a.a. 2010-2011

223

qualunque trattamento avvenga nel rispetto

dell‟applicazione di una norma che abbia il carattere di

una disposizione di tipo generale. I concetti generali, le

caratteristiche impiegate nella norma, definiscono una

certa classe di persone o situazioni in rapporto alla quale

avrà luogo un certo trattamento. L‟eguale trattamento di

tutti quelli che appartengono alla stessa classe è allora

semplicemente la conseguenza necessaria della corretta

applicazione della norma.

Un‟altra impostazione del principio di eguaglianza è

data da Hare che attraverso il suo metodo, propone di

studiare il nostro linguaggio ed i nostri concetti morali;

infatti le due caratteristiche logiche che caratterizzano i

giudizi sono la prescrittività e la universalizzabilità che

giustificano il principio di eguaglianza. È proprio

dall‟universalizzabilità che consegue il determinarsi di

uno status di eguaglianza garantito attraverso

l‟assoggettamento alle medesime prescrizioni. Il

comportamento doveroso presuppone l‟impegno di

sottoporsi all‟identico trattamento che si intende dover

riservare ad altri. Si giunge a considerare che se chiunque

deve, allora quella prescrizione è valida senza

distinzioni, riconoscendo totale eguaglianza tra tutti

coloro che si troveranno nella situazione oggetto della

prescrizione; l‟applicabilità del principio nei confronti di

tutti coloro che si trovano in condizioni simili costituisce

l‟elemento determinante affinché tale principio possa

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Conversazioni sul diritto

224

essere considerato moralmente valido e razionalmente

fondato.

Il principio di eguaglianza è espresso in una quantità di

formule verbalmente diverse; si distingue un‟eguaglianza

ontologica espressa nella formulazione „tutti gli uomini

sono uguali‟, da una eguaglianza deontologica intesa

nella formulazione „tutti devono essere trattati allo stesso

modo‟. Nel primo caso la formulazione più che esprimere

un principio descrive una realtà209

.

Nel secondo caso la formulazione prevede un trattamento

eguale sul presupposto che esistano delle differenze che

distinguono fra loro gli uomini, dalla cui esistenza sorge

il bisogno di sancire espressamente un trattamento eguale

per tutti.

38. Teoria dell‟argomentazione giuridica

La sentenza del giudice – elemento essenziale del giudizio

giuridico – è strutturata come il sillogismo giudiziario

nel quale la premessa maggiore è la norma (fattispecie

astratta), la premessa minore è il fatto (fattispecie

209

Ma la descrive in un modo non corretto, perché disconosce o

comunque non considera quelle differenze fondamentali che

caratterizzano ciascun uomo rispetto agli altri. Tale affermazione

non dice che tutti sono totalmente uguali ma soltanto che tutti gli

uomini in quanto tali, presentano determinate caratteristiche

comuni, che realizzano fra di essi una parità deontologica.

Giovanna Stellato.

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Lezioni a.a. 2010-2011

225

concreta), mentre la conclusione è formulata nel

dispositivo.

L‟illusione illuministica del giudice “bocca della legge” è

in crisi ormai da tempo: è abbandonata la rassicurante

identificazione del diritto positivo con la legge scritta;

ciascuna disposizione, anche quella in apparenza più

chiara, è suscettibile di essere variamente letta. La norma

è dunque la volontà della legge come pensata da colui

che in concreto decide, influenzato dal contesto sociale e

giuridico in cui si trova. Le norme scritte dipendono dal

contesto storico, sociale e circostanziale nel quale

vengono di volta in volta applicate.

Il giudice ha l‟obbligo di motivare la sentenza, dando

così risposta alle parti e rendendo noto l‟iter logico che lo

ha portato a decidere nel rispetto dei criteri di

imparzialità e terzietà.

Nella filosofia di Luhmann, in particolare, la teoria

dell‟argomentazione giuridica consiste nella

raccomandazione da parte dell‟interprete, di

procedimenti adeguati al caso preso in esame210

. Un

argomento può essere inteso come una serie di asserzioni,

alcune delle quali valgono come ragioni delle altre e

proprio su questo si fonda la teoria dell‟argomentazione

giuridica, ossia addurre ragioni a sostegno delle proprie

210

Dato un procedimento, si selezionano gli argomenti che devono

essere utilizzati per quel determinato procedimento cioè nel caso di

specie.

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Conversazioni sul diritto

226

tesi tali da convincere l‟interlocutore. Un argomento, per

Luhmann, è tanto migliore quanto più è basato su

ragioni che siano in grado di convincere l‟interlocutore.

Argomentare significa pertanto portare avanti delle

motivazioni per arrivare ad un risultato.

Dell‟argomentazione giuridica si è occupato Perelman,

secondo il quale l‟argomentazione non ha lo scopo di

avviare la pratica della persuasione ma piuttosto quello

di comprendere il meccanismo del pensiero. Perelman non

individua un ideale unico di razionalità alternativo a

quello logico-deduttivo. Il suo approccio è essenzialmente

descrittivo: anziché stabilire preliminarmente quali forme

argomentative siano valide analizza come le diverse

scuole filosofiche abbiano di fatto argomentato sui valori

e cerca di descrivere la struttura di tali argomenti.

Perelman non ha quale scopo quello di descrivere e

classificare i vari argomenti ma di individuare forme di

razionalità diverse da quelle espresse negli argomenti

logicamente validi e ciò si realizza nel tentativo di

costruire un quadro generale nel quale confluiscono tutte

le ipotesi di ragionamento.

L‟argomentazione non è un fatto istituito in quanto gli

argomenti possono arrivare da qualsiasi ambito purché

siano convincenti. Non si tratta di argomenti buoni o

cattivi, ma di argomenti funzionali al sistema. In tale

direzione, la qualità dell‟argomento non interessa perchè

è funzionale solo l‟argomento che deve essere utilizzato

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Lezioni a.a. 2010-2011

227

per giungere all‟obiettivo finale. Gli argomenti giuridici

sono “il simbolo della validità del diritto”211

: il fatto stesso

che il diritto utilizzi argomenti significa che è cogente e

valido.

L‟argomento nasce all‟interno del sistema giuridico e

utilizza gli elementi del sistema stesso per produrre

argomenti che simboleggino la validità del diritto

vigente. La norma ha una funzione simbolica, è imposta,

immediatamente obbligatoria ed imponibile.

I testi giuridici realizzano il collegamento tra

argomentazione e validità del diritto, pertanto senza

testi non ci sarebbe argomentazione.

49. L‟argomentazione giuridica

L‟argomentazione è un ragionamento che permette di

ottenere da un enunciato-premessa un enunciato-

risultato; è caratterizzata dal fatto che le sue premesse

non sono vere, ma assunte come tali da colui che sviluppa

l‟argomento e da colui che lo ascolta. Argomentare non

vuol dire utilizzare una procedura razionale per

giungere a delle conclusioni altrettanto razionali, ma e‟

anche un metodo di persuasione dell‟ascoltatore. Secondo

il pensiero di Luhmann l‟argomento giuridico è il simbolo

della validita‟ del diritto, ma non ha il potere di

modificare il diritto vigente.

211

Lezioni prof. Avitabile, a.a. 2010/2011.

Simona Valente.

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Conversazioni sul diritto

228

L‟argomentazione non è un procedimento normativo, ma

consente di spiegare le norme ed è caratterizzata da due

elementi: la validità e l‟argomentare, poiché si avvale

dell‟attività argomentativa, elementi entrambi del

sistema giuridico che si collegano attraverso i testi (leggi,

ordinanze, etc.) prodotti dal sistema giuridico. Questi

testi devono essere interpretati e ciò avviene innanzitutto

attribuendo un senso letterale alla testualità

precostituita; in un secondo momento si ha

l‟interpretazione vera e propria, l‟assimilazione del testo,

la sua razionalizzazione posteriore, il ragionamento sul

testo, l‟osservazione di secondo grado di un testo che è già

stato osservato precedentemente attraverso la lettura del

legislatore, la sua interpretazione letterale. Interpretando

il testo, il lettore, ed in particolare il giurista, prepara

l‟argomentazione e comprende la ratio che ha spinto il

legislatore a legiferare in quel modo. La teoria

dell‟argomentazione consiste per Luhmann nel suggerire,

nel raccomandare, da parte dell‟interprete, argomenti

adeguati per procedimenti adeguati212

, argomenti che

sorreggono una determinata interpretazione e senza i

quali non può pertanto esserci quell‟interpretazione. Per

Luhmann „procedimentalizzare‟ consiste proprio nel

raccomandare argomenti per procedimenti adeguati e la

finalità del procedere consiste nella stessa

212

Lezioni prof. Avitabile, a. a. 2010/2011.

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Lezioni a.a. 2010-2011

229

procedimentalizzazione, ossia nella funzionalità del

procedere.

L‟interpretazione non è caratterizzata dalla specificità;

essa attinge alla diversità dei casi e non si serve di

principi generali quali uguaglianza, giustizia, colpa,

responsabilità civile, arricchimento illecito, perchè va ad

interpretare il singolo caso, il caso specifico.

Questi principi possono essere utilizzati solo se hanno una

particolare incidenza specifica sul caso concreto da

interpretare. Secondo l‟autore al momento

dell‟argomentazione il sistema giuridico si chiude

operativamente nella sua organizzazione interna (ad

esempio la chiusura in Camera di Consiglio) e

contemporaneamente si apre informativamente, entrando

a contatto con altri sistemi. Per Luhmann l‟argomento

deve essere comunicabile, immediato, deve condurre al

funzionamento del sistema, deve avere un fondamento ed

una soluzione, il testo non deve essere incoerente,

l‟argomento deve essere mediatore tra le premesse e le

conclusioni. Luhmann parla di argomenti funzionali al

sistema, non di argomenti convincenti; gli argomenti

devono far funzionare il sistema, altrimenti il sistema si

„inceppa‟.

L‟argomentazione è una „forma a due versanti‟ perché se

fosse monolitica, non si evolverebbe. I due versanti sono

rispettivamente controverso-non controverso; il non

controverso deve essere la forma prevalente per far

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Conversazioni sul diritto

230

funzionare il sistema, per evitare che ci siano questioni

che mettano in discussione il sistema stesso213

.

Le tre caratteristiche dell‟argomentazione giuridica sono:

argomentazione in quanto operazione, autosservazione-

eterossevazione (l‟autosservazione costante produce altre

operazioni,facendole proliferare;l‟eterosservazione fa si

che ci sia uno scambio di osservazioni con gli altri

sistemi.), codice controverso-incontroverso; l‟argomento è

quindi la combinazione di questi tre elementi. Secondo

Luhmann l‟argomento funzionale non è quello che va

dal particolare al totale o dal totale al particolare, ma

quello che va di parte in parte: ciò vuol dire che si deve

argomentare utilizzando gli exempla, veri e propri

paradigmi di argomenti costruiti sulla struttura stessa

dell‟argomento e che possono, ma non necessariamente,

devono aver costituito un precedente214

.

40. La figura del “magistrato”

Il termine magistrato ha la sua origine dal latino

magistratus, riconducibile a sua volta al magister

“maestro”.

213

Cosa che avviene nell‟interpretazione, perché quest‟ultima e‟

innanzitutto lettura e poi dibattito, discussione per mettere in

questione ciò che si dice, mettere in discussione l‟operato dei

giudici e l‟intenzionalità del legislatore.

214

Lezioni prof. Luisa Avitabile, a. a. 2010/2011.

Ilenia Violante.

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Lezioni a.a. 2010-2011

231

Nella teoria sistemico-funzionale, di Niklas Luhmann si

afferma la necessità del sistema diritto nell‟ambito della

costellazione dei sistemi sociali.

Nel sistema diritto il magistrato, inteso come complesso

degli autori della decisione, deve emettere un giudizio

giuridico interpretando le intenzioni del legislatore

confluite nella legge e creando, successivamente il

collegamento al caso concreto.

In questa tendenza di equilibrio si trova sia di fronte alla

forma generale della norma giuridica e sia di fronte alla

condotta del singolo.

Il magistrato quando argomenta le sue decisioni fa luce

sul singolo uomo ed emette il giudizio in nome del popolo,

ma ciò non significa che è un giudizio del popolo, poiché

egli ha a che fare con la propria coscienza giuridica e

con l‟io delle parti; per questo si interroga sulla sentenza

da emettere perché se il diritto fosse ridotto in situazioni

causa-effetto non ci sarebbero le declinazioni della pena

(anche se per Luhmann sarebbe ottimale avere tale

automatismo).

È noto come nella teoria sistemico-funzionale la decisione

sia fondamentale poiché costituisce l‟anima del sistema

giuridico ed inoltre vi è proprio un divieto del rifiuto di

giustizia215

poiché il magistrato non può non decidere.

215

Lezioni prof. Luisa Avitabile, a. a. 2010/2011.

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Conversazioni sul diritto

232

La proceduralità significa pertanto maggiore esposizione

del processo ai contributi ed agli impulsi delle parti,

proprio perché l‟“incertezza dell‟esito” è al contempo forza

motrice e fattore legittimante del procedimento. Il giudice

deve essere ritenuto imparziale fino al punto da osservare

la regola secondo cui egli si presenti al giudizio del tutto

ignaro e impreparato sul caso in discussione per questo “il

contenuto di un giudizio è detto giuridico perché viene

pronunciato da un terzo imparziale e disinteressato , che

esercita l‟arte della ragione del diritto nella sua specifica

qualificazione”216

, invece “per la teoria generale dei

sistemi, il giudizio emesso dal terzo viene ritenuto

consistente se è omogeneo al sistema diritto, considerato

uno dei sistemi di funzione, specificatamente quello che

opera come “apparato immunitario” della vita e del

funzionamento “fisiologico” degli altri sistemi: il mercato,

la politica, etc..”217

.

Nella teoria sistemico-funzionale il sistema giuridico e

quello politico sono due sistemi autonomi ma per la loro

contiguità sono dipendenti: (però se manca uno non vuol

dire che viene meno anche l‟altro) la politica presta

alcuni elementi al diritto; mentre per potersi imporre il

diritto dipende dalla politica perché per Luhmann senza

imposizione il diritto non ha stabilità.

216

B. Romano, Note sulla terzietà giuridica, RIFD, 2006, p. 1

217

Ivi, p. 3.

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Lezioni a.a. 2010-2011

233

È significativo come il sistema politico, caratterizzato

dalla politicizzazione, sia ormai entrato a far parte della

magistratura.

Di tale fenomeno Luhmann non riesce a dare una

spiegazione, anzi egli nega la possibilità che si argomenti

in modo non formalistico poiché così facendo la

giurisdizione perderebbe la sua autonomia e quindi il

magistrato sarebbe responsabile anche politicamente delle

sue decisioni e dovrebbe far uso sia di programmi

condizionali (propri del diritto) ma anche di programmi

di scopo che richiedono un orientamento di tipo

sociologico.

“Secondo Luhmann, persino il giudice, nell‟ambito del

sistema complessivo svolge una funzione sostanzialmente

politica anche se la posizione del potere giudiziario si

caratterizza – ed è qui il paradosso –proprio per la sua

neutralizzazione politica” 218

.

La professionalità del magistrato è intesa come

autonomia di giudizio fondato su regole stabilite dal

legislatore e quindi comuni a tutti gli operatori

giudiziari per questo controllabili da parte della

collettività. È quindi necessaria un‟educazione e

preparazione finalizzata all‟esercizio della sua

professione in modo tale da consentirgli di assolvere ai

compiti che gli sono stati affidati in piena autonomia e

218

N. Luhmann, Stato di diritto e sistema sociale, cit. p .58 e ss.

(http://www.bibliojuridica.org/libros/2/643/22.pdf)

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Conversazioni sul diritto

234

indipendenza affinché possa decidere in modo da usare

argomenti adeguati per procedimenti adeguati, come

sostiene Luhmann. Ci si deve chiedere fino a che punto

questo particolare complesso di caratteristiche della

figura del magistrato sia ancora oggi in grado di

risolvere i problemi derivanti dalla società complessa.

41. Il magistrato: compiti e forme del giudizio

1)Il rapporto fra il giudice e la legge

Non v‟è dubbio che uno dei dibattiti che più hanno

interessato la dottrina giuridica, specie quella

costituzionale219

degli ultimi decenni e non solo, è stato

quello relativo alle funzioni e al ruolo del magistrato,

dove per magistrato si intende genericamente il complesso

degli organi deputati alla decisione.

In particolare, ci si è interrogati sul giusto rapporto di

autonomia ovvero di subordinazione, che deve sussistere

fra il giudice e la legge che egli è chiamato ad applicare.

Si tratta invero di un tema discusso in ogni epoca da

qualsiasi civiltà giuridica.

Antonio Visocchi.

219

Nella letteratura manualistica vedi: Barile–Cheli–Grassi,

Istituzioni di diritto pubblico, Cedam, 2009; Bin-Pitruzzella,

Diritto costituzionale, Torino, 2006; T. MARTINES, Diritto

costituzionale, Milano, 2010.

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Lezioni a.a. 2010-2011

235

L‟esperienza giuridica romana conobbe varie fasi di

questo rapporto. In un primo momento220

i suoi magistrati,

fra i quali in particolar modo i pretori, vennero investiti,

in virtù del loro potere di imperium, della facoltà di dare

ordini alle parti del processo al fine di modificare la

circostanza di fatto così da escludere l‟applicazione di

una norma indesiderata, o, viceversa, in maniera tale da

rendere possibile l‟applicazione di un‟altra norma più

adatta alla giustizia materiale del caso. Venne così a

delinearsi un diritto propriamente magistratuale, noto

come ius pretorium o ius honorarium221

. Successivamente,

con il progressivo affermarsi del Principato prima e del

Dominato poi, viene annullato il potere dei magistrati di

iura condere, e si assiste alla conseguente concentrazione

della potestà normativa in capo all‟imperatore, di cui i

magistrati sono meri esecutori della volontà222

.

Lo scenario muta nuovamente con il passaggio alla realtà

medievale. Parallelamente alla nascita del diritto

canonico, viene infatti elaborato il concetto di aequitas,

che la Chiesa additerà quale “fonte formale del diritto

nella sua veste di strumento colmatore delle eventuali

220

Cioè a partire dal II – I secolo a.C.

221

W. Kunkel, Linee di storia giuridica romana, Napoli, 1973, p. 115

ss.

222

D.1.1.4 Ulp. 1 institutionum: Quod principi placuit legis habet

vigorem.

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Conversazioni sul diritto

236

lacune della legge positiva”223

. In tal modo l‟equità, che è

fons et origo iustitiae224

, “diventa principio generale e

istituto cardine di un ordine giuridico, diventa

addirittura fonte formale di diritto”225

. E‟ abbastanza

facile comprendere dunque che, viste le caratteristiche

dell‟aequitas, diventa determinante il ruolo di chi è

chiamato ad applicare il diritto in rapporto al caso

concreto, cioè appunto il magistrato. Egli infatti non deve

intervenire solo in funzione integrativa, nel caso in cui vi

sia una lacuna nel diritto positivo, ma, “se aequitas

suadet, ha anche il potere-dovere di non applicare la

legge se, nel caso specifico che gli è sottoposto, la ritenga

peccati enutritiva, ossia motivo di rischio o di un

nocumento spirituale per i soggetti che ha di fronte”226

.

L‟aequitas canonica non limitò la sua influenza sul

diritto della Chiesa ma, con la formazione degli Stati

nazionali, venne ripresa dai Tribunali laici e trasformata

in arbitrio. Questo termine, oggi comunemente inteso in

una accezione negativa, come ingiustizia,

prevaricazione, nella società di Antico Regime indicava

un modo di governare in maniera razionale una

pluralità contraddittoria e spesso confliggente di poteri.

Data infatti l‟assenza di leggi che regolassero casi

223

P. Grossi, L‟ordine giuridico medievale, Roma-Bari, 1995, p. 210.

224

Corpus iuris canonici, cap. 11, X, I, 36.

225

P. Grossi, L‟ordine giuridico medievale, cit., p. 213.

226

Ibidem.

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Lezioni a.a. 2010-2011

237

specifici, furono i Tribunali che fecero della loro

giurisprudenza una fonte normativa di portata generale.

Contraddittoria è in quest‟epoca l‟azione dei giudici: da

un lato infatti essi sono coerenti con l‟opera accentratrice

del Sovrano, fino a creare in alcuni casi il diritto di una

Nazione227

, dall‟altro però sono i principali protagonisti

della resistenza al programma di unificazione, vista la

loro possibilità di creare diritto in concorrenza con quello

di provenienza reale.

Inevitabile fu dunque che con il trionfo definitivo della

causa dell‟Assolutismo statale, unificante ed accentratore,

l‟autonomia del giudice rispetto allo ius positum, come

pure la sua facoltà di produrre ex se diritto fossero

seriamente messe in discussione. Fondamentale fu in

questo processo il ruolo giocato dall‟Illuminismo

giuridico, specie a partire dalla metà del XVIII secolo.

Grande ideologo di questo mutamento fu Montesquieu228

il

quale, teorizzando il principio della separazione dei

227

È il caso ad esempio dei Parlements francesi, fra i quali, in

particolare, spicca quello i Parigi. Basti pensare che la prima

cattedra universitaria di droit francaise, creata dal Re Sole Luigi

XIV nel 1679, aveva come contenuto non solo lo studio dei decreti

del Re ma anche quello della giurisprudenza dei Parlamenti.

228

Charles de Secondat de la Brède, barone di Montesquieu, nacque

nel gennaio 1689 a la Brède, vicino Bordeaux. Nel 1714 divenne

Conseiller del Parlement di Bordeaux e nel 1716 President à

mortier. La sua opera più famosa è indubbiamente L‟esprit de loix

del 1748. Morì nel 1755.

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Conversazioni sul diritto

238

poteri, definisce “il potere di giudicare”229

come

“un‟attività puramente intellettuale e non realmente

produttiva di diritto nuovo essendo da un lato limitata

dalla legislazione che concettualmente la precede, e

dall‟altra dall‟attività di esecuzione che, procurando la

sicurezza pubblica, include anche l‟attività di esecuzione

materiale dei giudizi che costituiscono il contenuto del

potere di giudicare”230

. Per queste ragioni Montesquieu

giunge alla considerazione che il potere giudiziario è “in

qualche modo un potere nullo”231

; per cui, dovendo

limitarsi al campo suo proprio che è quello dell‟esecuzione

della legge civile, il giudice non può che essere che “la

bocca della legge”232

.

Tale impostazione sarebbe stata accolta dalla Rivoluzione

francese233

per poi passare, attraverso l‟esperienza della

codificazione napoleonica234

, alle dottrine liberali

229

Montesquieu definisce il poter di giudicare come “puissance

exècutive de celles qui dependent du droit civil”, ossia, “il potere

esecutivo delle cose che dipendono dal diritto civile”: vedi

Montesquieu, L‟esprit de loix, L. XI, cap. 6.

230

G. Tarello, Storia della cultura giuridica moderna, Bologna,,

1976, pp. 288-289.

231

Montesquieu, L‟ esprit de loix, L. XI, cap. 6.

232

Ibidem.

233

Constituion francaise del 1795, art. 6: “ La legge è l‟espressione

della volontà generale”.

234

Code civil del 1804, art. 5: “I giudici non possono pronunciare

statuizioni legislative o generali nelle cause sottopostegli”.

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Lezioni a.a. 2010-2011

239

ottocentesche dell‟onnipotenza della legge e trovare

tragico epilogo nelle ideologie giuridiche e politiche

totalitarie del primo Novecento secondo le quali la norma

non ha altro contenuto che quello che coincide con la

volontà del legislatore. “Prende – così – avvio il legalismo

… Di più: prende avvio la legolatria, giacché la legge,

circondata da una impenetrabile corazza mitologica,

non sarà più meritevole di rispetto per i suoi contenuti di

giustizia ma perché è legge, è cioè un atto che proviene

dal titolare del potere supremo”235

.

In risposta a queste devianze, a partire dalla metà del

Novecento, si assiste ad un processo inverso, volto ad

emancipare il giudice dall‟osservanza rigorosa e

irrazionale della legge. Di qui, lo sviluppo, anche in

Europa236

, addirittura negli Stati di più forte tradizione

illuministica, come la Francia237

, dei sistemi di giustizia

costituzionale, mediante i quali i magistrati, attraverso

modalità diverse Paese per Paese, hanno la possibilità di

sanzionare il legislatore ordinario che travalichi i

principi fissati dalle Costituzioni. Non che il principio

della soggezione del giudice rispetto alla legge sia stato

235

P. Grossi, L‟Europa del diritto, cit., p. 134.

236

Negli Stati Uniti d‟America il controllo di legittimità

costituzionale delle leggi venne introdotto già nel 1803 a seguito

del caso Marbury vs. Madison: vedi R. Bin–S. Pitruzzella, Diritto

costituzionale, Torino, 2006, pp. 402–403.

237

È del 1958 l‟istituzione del Conseil constitutionnel.

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Conversazioni sul diritto

240

sic et simpliciter abbandonato. Anzi, esso, nel nostro

ordinamento, si ritrova consacrato nella previsione

dell‟art. 101 comma 2 della Cost., dove si afferma che “i

giudici sono soggetti soltanto alla legge”. Ciò nonostante,

la soggezione del giudice alla legge non va comunque

vista in modo troppo rigido: del resto, di fronte ad una

produzione di leggi tumultuosa e spesso confusa, il

giudice si trova ad essere ancor prima garante dei diritti

del cittadino che non della mera osservanza della legge.

La necessità poi di interpretare attentamente ed applicare

la legge non sempre allo stesso modo, ma tenendo presente

(sia pure in minima parte) la realtà alla quale essa si

riferisce, ha attribuito spesso e volentieri all‟attività

giurisdizionale i caratteri della politicità e della

creatività. In altri termini “il giudice non è la bocca

della legge ma, per usare un‟espressione di Norberto

Bobbio, un suo più o meno cosciente manipolatore – cioè

un soggetto che, sempre nel rispetto dei valori posti a base

dell‟ordinamento (anzitutto il principio di uguaglianza

sostanziale)238

– deve tenere presente il continuo evolversi

della società, e ricercare, nell‟applicazione della legge, il

nuovo e giusto equilibrio tra la legalità ed il fatto

concreto portato al suo esame”239

. Oggi pertanto sarà

238

Art. 3 comma 2 Cost.

239

R. Marino, La formazione professionale dei magistrati nella

prospettiva europea, ripreso da

http://appinter.csm.it/incontri/relaz/16249.pdf

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Lezioni a.a. 2010-2011

241

compito del magistrato non solo di limitarsi ad applicare

il diritto fissato dal legislatore ma, piuttosto, partendo da

quest‟ultimo creare egli stesso il diritto.

In tale contesto si inserisce il contributo e la riflessione di

Niklas Luhmann. Anche lo studioso tedesco ha infatti

affrontato il tema della dipendenza fra il giudice e la

legge (e, quindi, fra giurisdizione e legislazione). A

questo proposito, egli ha dapprima notato come un tempo

siffatta relazione fosse rigidamente gerarchizzata 240

.

Come abbiamo visto infatti, a partire dall‟ultimo scorcio

del XVIII secolo, si era affermato, almeno nell‟Europa

continentale, un sistema per il quale il Tribunale si

riduceva a mero organo d‟esecuzione del poter legislativo

(il c. d. braccio esecutivo). Viceversa, secondo Luhmann,

la logica funzionale vuole che i rapporti tra questi due

poteri non siano di semplice esecutività; la stessa realtà

ha difatti smentito questa impostazione, rompendo la

concezione monistica della differenziazione, per la quale

il legislatore è a capo del sistema e differenzia tutto il

resto. A Luhmann si deve inoltre anche la ripartizione del

mondo del diritto in due distinte sfere: la prima, di più

ampio respiro, sarebbe quella della giuridicità. Con essa,

il sociologo del diritto vuole indicare la possibilità del

diritto, ossia l‟insieme di quelle regole che pur non

essendo presenti, hic et nunc, nella realtà testuale del

240

Per “gerarchia” Luhmann intendeva diseguaglianza nei gradi

di libertà di soggetti diversi.

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Conversazioni sul diritto

242

diritto così come codificato dagli organi competenti a

produrlo, sono tuttavia esistenti come possibilità futura,

come diritto in formazione, in fieri. Alla giuridicità si

contrapporrebbe la cosiddetta normatività che invece

starebbe ad indicare il diritto nella sua estrinsecazione

attuale, ossia la realtà effettiva del diritto. In questo

dualismo il giudice funge dunque da trasformatore di

pretese “solo” giuridiche in pretese cogenti, normative. Del

resto, lo stesso concetto di norma contiene già in sé la

necessità di un distacco dal dato storico in cui nasce. Essa

infatti non va identificata pedissequamente con l‟atto da

cui scaturisce, di cui costituisce piuttosto l‟effetto. E

neppure va confusa con le “disposizioni” che invece

indicano il contenuto precettivo dell‟atto, il “voluto” in

esso manifestato. Piuttosto le norme sono qualificabili

come “entità astratte con un significato che può in varia

misura divergere, tanto più con l‟andare del tempo, da

quello originariamente espresso nelle rispettive

disposizioni singolarmente considerate, poiché esso si

desume in funzione dell‟ordinamento complessivo, e su di

esso perciò si riflettono altre norme a questo

appartenenti”241

. In un certo senso quindi le norme sono la

giuridicità considerata in un determinato momento

storico, ma la norma stessa è in se portatrice di sviluppo

futuro. Protagonista di questo processo non può che essere

241

V. Crisafulli, Lezioni di diritto costituzionale, II, 1, Cedam, 1993,

p. 46.

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Lezioni a.a. 2010-2011

243

proprio il magistrato il quale quindi è l‟interprete della

giuridicità e il trasformatore di quest‟ultima in

normatività.

2) Il terzo giudice e la sentenza

Per poter giungere a tali conseguenze il giudice è prima

chiamato ad emettere una sentenza, ossia a prendere una

decisione. Sotto questo profilo la lettura del diritto positivo

potrebbe però fuorviare. In base infatti ai codici delle

varie procedure (civile, penale, amministrativa, ecc.)

potrebbe sembrare che questa decisione venga adottata

dal giudice in solitudine, ovvero nel segreto, “in camera

di consiglio”. In realtà il giudice, anche nell‟atto che gli è

più proprio, ossia quello del giudicare, non può essere

inteso come una monade che statuisce senza alcuna

contaminazione con la realtà. La decisione

magistratuale infatti trova la sua origine e quindi

scaturisce dal dialogo fra le parti. Tale considerazione è

ormai talmente avvertita che anche il legislatore

costituzionale ha trovato opportuno stabilire, a seguito

della legge costituzionale 2/1999, che “il processo si svolge

nel contraddittorio fra le parti, in condizioni di

parità”242

.

Il dialogo, nel rispetto del contraddittorio paritario fra le

parti, impone che il giudice sia “terzo e imparziale”243

. La

decisione magistratuale potrà cioè essere accettata dalle

242

Art. 111 comma 2 Cost.

243

Ibidem.

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Conversazioni sul diritto

244

parti e dalla società solo in quanto provenga da un

soggetto competente ad applicare e interpretare il diritto

in modo imparziale e quindi autonomo rispetto agli

opposti interessi delle parti che affrontano la contesa

giudiziaria. La terzietà è dunque caratteristica

ontologica essenziale del giudice, dal momento che il suo

“giudizio per potersi dire realmente giuridico non può

essere lasciato né al gioco del pari o del dispari, né alla

forza del più forte; è … giuridico solo perché viene

pronunciato da un terzo imparziale e disinteressato, che

esercita l‟arte della ragione del diritto nella sua specifica

qualificazione”244

. Diversa è invece la prospettiva di

Luhmann. Per la sua Teoria generale dei sistemi, il

giudizio emesso dal terzo viene ritenuto consistente solo se

omogeneo al sistema diritto, la cui funzione è quella di

agire come apparato immunitario della vita e del

funzionamento fisiologico degli altri sistemi. Nel riferirsi

alla terzietà Luhmann quindi non si chiede se essa debba

essere “giuridica perché prioritariamente giusta oppure se

sia giuridica solo perché legale, ovvero omogenea al

potere attualmente legiferante e funzionalmente

efficace”245

. Conseguenza di ciò è l‟eclissarsi della

consapevolezza che “il terzo giudice è tale – solo – perché

non persegue un avvantaggiarsi suo o di altri, ma,

mettendo in parole l‟interpretazione, riapre le domande

244

B. Romano, Note sulla terzietà giuridica, in RIFD, I, 2006.

245

Ibidem.

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Lezioni a.a. 2010-2011

245

sull‟universalità del giusto che eccede la particolarità del

legale”246

. Nel Sistema del fondamentalismo funzionale la

figura del giudice si riduce così a soggetto che pronuncia

la decisione operando però con “una coscienza

spettatrice”247

, che sta a vedere ed esegue quelle operazioni

che hanno una maggiore consistenza sistemica in quanto

atte a perseguire quella semplificazione della complessità

che serve al successo dei sistemi. Si profila in sostanza una

desoggettivazione del magistrato, che si rivela del resto

perfettamente funzionale alla rimozione delle domande

sulla differenza tra legale (norme) e giusto (diritto).

Nonostante l‟unitarietà complessiva della procedura

processuale è tuttavia necessario differenziare le posizioni

dei soggetti che ad essa partecipano. Da una parte infatti

il magistrato non agisce per suo conto ma nel rispetto

della testualità giuridica, senza però abdicare alle sue

convinzioni. A tal proposito possiamo perciò parlare di

forma formata248

. A loro volta le parti con le loro

osservazioni, memorie, eccezioni, ossia con gli strumenti

che la disciplina processuale fornisce, cercano di portare

elementi per orientare la decisione del giudice verso il

loro interesse. Sono pertanto forme in formazione249

. In

questo contesto si inserisce da ultimo la sentenza, che può

246

Ibidem.

247

Ibidem.

248

L. Avitabile, Lezione del 10 novembre 2010.

249

Ibidem.

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Conversazioni sul diritto

246

essere considerata al contempo forma formata e forma in

formazione250

. In tal modo si può dire che ogni soggetto

coinvolto porta in giudizio la sua forma, mentre la

differenza fra forma formata e forma in formazione si

definisce anche differenza formologica251

. Tale distinzione

è però assente in Luhmann, con riferimento al quale

perciò si parla di immobilismo differenziante252

.

È da rilevare che la sentenza non può essere vista come il

compromesso fra due posizioni: essa non può essere intesa

come una convenzione o una transazione fra le parti.

Non si tratta cioè di un atto con il quale si raggiunge

una composizione pacifica e incontroversa della lite e

nemmeno uno strumento con il quale i soggetti interessati

superano i loro contrasti facendosi concessioni reciproche.

Ciò detto, è pur vero che la decisione si configura sempre

come il prodotto finale di una serie di fasi successive, tutte

connesse proprio dal fine di ottenere la sentenza

risolutrice del giudice.

In questo quadro emerge chiaramente che la norma sulla

base della quale il magistrato risolve la lite non è fatta

per dare coerenza al sistema (come vorrebbero Kelsen e gli

altri esponenti della Teoria pura del diritto), ma è

elaborata da uomini “in carne ed ossa” per altri uomini

250

Ibidem.

251

Ibidem

252

Ibidem.

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Lezioni a.a. 2010-2011

247

“in carne ed ossa”253

. Sotto questo profilo dunque le norme

mutano necessariamente nel tempo per soddisfare le

mutate esigenze degli uomini. Il sistema si riforma, non

in peius o in melius, nella teoria di Luhmann, ma cambia

in rapporto alla contingenza. Ancora una volta si

ripropone quindi il paradigma tautologico luhmanniano

per il quale “il sistema funziona per funzionare”254

.

Resta invero da comprendere in che modo viene emessa la

sentenza. A tal proposito, stando al diritto positivo e a

partire dalla lettera della Costituzione, “la giustizia è

amministrata in nome del popolo”255

. Il che però non

significa che la sentenza sia emessa dal popolo. Il popolo

infatti non ha un “io”, piuttosto è formato da una

molteplicità differenziata e spesso discordante di “io”256

.

Decidere significa innanzitutto applicare il diritto. In

quest‟operazione si può dire che il giudice compie

un‟osservazione di secondo grado giacché egli emette il

suo giudizio dopo avere trattato testi già adoperati una

prima volta dal legislatore257

. Proprio per questo è

necessario affermare che l‟attuazione del diritto consista

nella semplice applicazione di una norma generale ed

253

Ibidem.

254

N. Luhmann, Die Gesellschaft der Gesellschaft, Frankfurt a. M.,

1997, p. 1125.

255

Art. 101 comma 1 Cost.

256

L. Avitabile, Lezione del 10 novembre 2010.

257

Ibidem.

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Conversazioni sul diritto

248

astratta ad un caso particolare e concreto. Lo schema

dunque è quello tipico del sillogismo, un sillogismo, in

questo caso, giudiziale: abbiamo infatti una premessa

maggiore, la norma, una premessa minore, il fatto

concreto, e una conclusione, l‟applicazione della norma

al fatto. Come è stato già chiarito in precedenza, la

norma, come pure i fatti, non sono per se stessi

autoevidenti. La norma è infatti il frutto

dell‟interpretazione delle disposizioni; parimenti, anche il

fatto è frutto di interpretazione, va cioè costruito

qualificando i singoli eventi e comportamenti secondo le

categorie normative258

.

Decidere allora non significa solo applicare il diritto, ma

anche interpretarlo259

.

258

R. Bin-S. Pitruzzella, Diritto costituzionale, cit., p. 291.

259

Il diritto all‟interpretazione della legge da parte dei magistrati

è stato anch‟esso messo in discussione in alcune fasi storiche.

Presente, sotto certi aspetti, già in epoca romana, il principio è

stato compendiato in età medievale e moderna nel celebre

brocardo per cui “in claris non fit interpretatio”: per le cui origini

si veda S. Masulli, In claris non fit interpretatio. Alle origini del

brocardo, Rivista di diritto romano, II, 2002, p. 401 ss. In maniera

ancora più radicale lo ius interpretandi dei magistrati è stato

contestato dal pensiero illuminista. Si pensi a Voltaire per il quale

“interpretare una legge è, quasi sempre, corromperla”: cfr.

Dictionnaire philosophique, voce Lois civile et ecclèsiastiques.

Oppure al “nostro” Ludovico Muratori il quale fa notare come il

potere di interpretare fa sì che “sarà nelle mani dei giudici il

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Lezioni a.a. 2010-2011

249

A tal proposito, per Luhmann l‟interpretazione può essere

intesa come “la preparazione di un‟argomentazione dopo

aver svolto l‟osservazione”260

. In tal senso cioè, il giudice

dapprima si limita ad una lettura materiale della norma

e all‟attribuzione di un senso alla stessa, successivamente

prepara un‟argomentazione atta a convincere della

giustezza della decisione presa. In riferimento al concetto

di argomentazione, essa può essere controversa o

incontroversa. E‟ controversa quando verte su un

argomento suscettibile di una pluralità di

interpretazioni. In questo caso sarà vincente, sia pure non

in senso assoluto, quella ricostruzione che si avvarrà degli

elementi argomentativi più forti. La sentenza che decide

il giudizio è quindi un tipico caso di argomentazione

risolutrice di un fatto di interpretazione controversa.

L‟interpretazione è invero arte complessa, che non può

essere esercitata riduttivamente su un solo piano. Consci

delle sue potenzialità, i giuristi e, fra questi, soprattutto

quelli in primo luogo responsabili dell‟attuazione delle

leggi, ossia proprio i magistrati, hanno individuato

diversi livelli d‟interpretazione. Il criterio principale

favorir chi vogliono nelle liti”, per cui “quanto meno si lascerà loro

d'arbitrio nel giudicare, tanto più sarà da sperare, che giuste

riescano le loro decisioni”: vedi L. Muratori, I difetti della

giurisprudenza da

http://it.wikisource.org/wiki/Dei_difetti_della_giurisprudenza .

260

L. Avitabile, Lezione del 10 novembre 2010.

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Conversazioni sul diritto

250

d‟interpretazione va individuato senz‟altro nella

cosiddetta “interpretazione letterale”, in virtù della quale

“non si deve attribuire alla legge altro senso che quello

fatto proprio dal significato delle parole secondo la

connessione di esse”261

. Accanto ad esso ne debbono se ne

debbono però annoverare altri. Fra questi, va ricordata la

cosiddetta “interpretazione teleologica”, in base alla

quale le norme vanno interpretate anche secondo il loro

scopo, cioè “secondo le intenzioni del legislatore”262

.

Peraltro, nemmeno si può tacere il fatto che

l‟interpretazione ha storicamente assunto vesti differenti

nei due grandi sistemi giuridici del mondo occidentale.

Nei sistemi di civil law il giurista è infatti lettore e

interprete di una volontà che deve trovare in ogni caso

fondamento, sia pure con modalità che si sono vieppiù

affinate nel tempo, nella testualità normativa, benché

essa, come abbiamo avuto modo di vedere, non rimane

cristallizzata al momento storico della sua produzione,

ma si evolve nel tempo assieme all‟ordinamento di cui fa

parte. Al contrario, nei sistemi di diritto anglosassone,

cioè di common law, più che la norma, che, non di rado,

non è facilmente individuabile se non del tutto assente,

bisogna indagare la ratio decidendi delle sentenze che,

su quel tema medesimo o comunque similare, sono state

emesse in passato da altri tribunali. Vale dunque il

261

Art. 12 comma 1 disp. prelim. cod. civ.

262

Ibidem.

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Lezioni a.a. 2010-2011

251

principio del precedente che si fonda sul cosiddetto „stare

decisis‟.

Da ultimo, una volta chiarita la portata dei compiti che

spettano al giudice, non bisogna tralasciare che quello

giudiziario costituisce solo uno dei tre momenti dello

Stato di diritto. Possiamo perciò dire in definitiva che

affinché uno Stato possa propriamente dirsi „di diritto‟ è

indispensabile che le caratteristiche del magistrato siano

proprie anche degli altri due poteri: quello legislativo e

quello esecutivo.

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Conversazioni sul diritto

252

II. Il sistema diritto e la questione della

funzione in Niklas Luhmann

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Lezioni a.a. 2010-2011

253

1. La teoria dei sistemi in Niklas Luhmann

Niklas Luhmann – come non si è mancato di ricordare – è

uno dei rappresentanti più autorevoli e originali del

pensiero sociologico tedesco contemporaneo. Si è occupato

di sociologia del diritto, teoria politica, sociologia della

religione, semantica storica, etica ed ecologia, prestando

particolare attenzione ai problemi teorico-epistemologici

come emerge in molte delle le sue opere (tra le quali,

“Stato di diritto e sistema sociale”, “Sociologia del

diritto”, “Potere e complessità sociale”, “Illuminismo

sociologico,” “Struttura della società e semantica”).

È Luhmann a definire la sua teoria un "funzionalismo

strutturale", sottolineandone la differenza rispetto allo

"strutturalismo funzionale" di Talcott Parsons del quale,

tuttavia, può essere considerata in larga misura uno

sviluppo.

Per Luhmann, infatti, il compito centrale della sociologia

è quello di elaborare una teoria generale della società in

grado di pensare quest'ultima in rapporto a precisi

fondamenti unitari, cercando di capire quali sono le

funzioni svolte da determinate strutture (o sistemi) nel

tentativo di mantenersi in equilibrio con l'ambiente che

costantemente minaccia la sopravvivenza dei sistemi

sociali. Mutuando le nozioni elaborate dalla "teoria

Maria Chiara Aceti.

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Conversazioni sul diritto

254

generale dei sistemi" (Bertalanffy), Luhmann sostiene che

i sistemi sociali sono tanto più in grado di stabilizzarsi

quanto più sono capaci di reagire alle sfide provenienti

dall'ambiente: quanto più l‟organizzazione interna è

complessa, tanto più è in grado di tener testa alla

crescente complessità e mobilità ambientale. In un

contesto così delineato l‟agire umano si struttura secondo

sistemi che emergono attraverso azioni concertate per

mezzo di codici simbolici (il linguaggio, i gesti, etc.).

Tutti i sistemi sociali sono situati in un “ambiente”

(Umwelt) multidimensionale, variabile e imprevedibile

dal quale si differenziano operativamente, sviluppando

strategie per ridurne la complessità; si pensi, ad esempio,

ad una famiglia in cui i coniugi non si amino più, ma

continuino a stare insieme per poter dare un‟educazione

completa ai propri figli.

Ma che cos‟è un sistema? Il sistema è una combinazione di

elementi accomunati dal raggiungimento di una

specifica funzione, caratterizzati da un‟uniformità

necessaria ai fini del raggiungimento del medesimo

scopo.

I sistemi sono eterarchici e si riproducono in maniera

seriale a partire da un codice binario: per il sistema

giuridico diritto\non diritto, per il sistema scientifico

vero/falso, per quello politico potere/non-potere etc.

In concreto i sistemi sociali nascono quando azioni

umane vengono connesse tra loro in un insieme dotato di

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Lezioni a.a. 2010-2011

255

significato. A a tal proposito, Luhmann distingue tre

diversi tipi ciascuno dei quali mira a ridurre la

complessità ambientale nei suoi tre aspetti (materiale,

temporale e simbolico).

Se l‟interazione concerne il contatto tra due sconosciuti

che ad esempio si incrociano per strada o in ascensore e

poi, dopo pochi minuti, procedono ognuno per la propria

via, l‟organizzazione ha come obiettivo la stabilizzazione

nel tempo di comportamenti artificiali (si pensi alla

scuola o all‟esercito).

2. I sistemi sociali

Luhmann è il teorico di un funzionalismo giuridico263

in

cui la società è concepita come un insieme di parti

interconnesse tra di loro nessuna delle quali può essere

compresa se non in relazione alle altre. Si tratta di

interazioni di tipo funzionale, infatti, ogni elemento

svolge un particolare compito che, unito a tutti gli altri,

concorre a creare e mantenere funzionante

quell‟apparato che noi chiamiamo „società‟. Esiste dunque,

per il funzionalismo, uno stato di equilibrio quando ogni

parte svolge correttamente il proprio compito all‟interno

di ogni sistema in cui, per il soddisfacimento di

un‟esigenza, possono darsi diverse soluzioni. Si discute a

Pellegrino Barone.

263Cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Funzionalismo (sociologia).

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Conversazioni sul diritto

256

questo proposito di “equivalenza funzionale”264

. Assunta

come problema di riferimento una determinata causa,

l'analisi delle equivalenze funzionali ordina un certo

campo di effetti, funzionalmente equivalenti rispetto alla

stessa. L'attenzione scientifica risulta così rivolta alla

descrizione di fenomeni in grado di produrre l‟uno

indipendentemente dall‟altro il medesimo effetto. Il

concetto di sistema è inteso come capacità di contrapporsi

all‟ambiente, che ne minaccia la stabilità attraverso

l‟operare di un codice binario265

che seleziona il materiale

proveniente dall‟esterno e ne riduce la complessità (ad

esempio oggi il diritto, la morale sono sistemi autonomi

nell‟ambito della stessa società al contrario del passato).

Il compito di operare scelte, al momento della selezione,

non spetta agli individui ma al sistema attraverso

sanzioni e vincoli tant‟è che la validità del diritto

dipende dalla decisioni e la sua legittimazione dalla

correttezza delle procedure attraverso le quali svolge la

“funzione immunitaria”. Il diritto orienta le condotte

perché tutela le aspettative, dirime e produce i conflitti,

recependo dal sistema economico contenuti. La

differenziazione comporta la creazione di altri sotto

264 Con tale termine si intende la possibilità di fenomeni diversi di

realizzare funzioni relativamente simili. Cfr.

http://www.filosofico.net/luhmann.htm .

265 Si deve ricordare che il sistema giuridico funziona attraverso

la dicotomia legale/non legale.

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Lezioni a.a. 2010-2011

257

sistemi che comunicano tra loro attraverso un flusso

condizionale di informazioni266

come ad esempio la

politica che usa il potere e la forza.

Ogni sistema riflette su se stesso, si autoosserva, (cd.

autoreferenzialità), avviando una distinzione che

prescinde dall‟operare di una coscienza, infatti, la teoria

sistemica di Luhmann si struttura sulla base dei modelli

biologici.

In questa direzione, i sistemi organizzativi non hanno

bisogno di consenso, la loro funzione viene assicurata

dall‟uso di simboli, che rinviano a qualcosa di invisibile

attraverso i quali il sistema giuridico genera stabilità. I

sistemi hanno la capacità di organizzarsi e di

autocrearsi in rapporto alle proprie esigenze (autopoiesi)

e nello svolgimento di questa operazione si rapportano

con la complessità ambientale.

3. Teoria sistemico-funzionale*

Luhmann nelle opere, “Illuminismo sociologico” e “Sistemi

Sociali”. Fondamenti di una teoria generale, non pone

l‟attenzione sull‟individuo quanto sui sistemi sociali,

ognuno dei quali ha una funzione che consente di

distinguerlo dagli altri. Tra le caratteristiche comuni

invece va annoverato: il carattere autopoiedico poiché

266 I sistemi si aprono alle informazioni e si chiudono per operare

al loro interno.

* Valentina Caldaroni.

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Conversazioni sul diritto

258

ciascuno produce elementi (ad esempio il sistema diritto

produce da se le norme attraverso le procedure) e

l‟autoreferenzialità.

Nella teoria sistemico funzionale di Luhmann ogni

sistema nasce per osservazione diretta e una volta

costituitosi osserva gli altri comunicando con questi

mediante un flusso di operazioni che trasmettono

informazioni funzionali sebbene poi ciascuno decida cosa

recepire o meno attraverso la “chiusura operativa” (per le

operazioni che avvengono al loro interno) e “l‟apertura

informativa” (l‟informazione esce dal sistema e solo in

questo caso avviene lo scambio delle informazioni).

Luhmann pone maggiormente attenzione sul sistema

economia e diritto.

Quest‟ultimo è caratterizzato dal polo legale\non legale,

diritto\non diritto attraverso il quale espleta la funzione

immunitaria e trasforma le aspettative cognitive in

aspettative normative, creando stabilità, mentre il sistema

economia si struttura sul codice binario capacità di

pagare\non capacità di pagare.

4. Teoria sistemico funzionale in Luhmann. La funzione

stabilizzatrice del diritto. La globalizzazione come

prospettiva di crisi dell‟uomo*

* Valerio Carlesimo.

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Lezioni a.a. 2010-2011

259

Nella prospettiva di Niklas Luhmann il sistema sociale è

un insieme di operazioni sistemiche che si concatenano

tra loro in maniera meccanica, senza lasciare spazio al

concetto di persona. In Luhmann l‟uomo, autore del

diritto, viene archiviato e sostituito dalle funzioni tipiche

del sistema biologico, il cui unico scopo è la

sopravvivenza.

In tutti i sistemi sociali, come: il diritto, la religione, la

scienza, l‟economia, la famiglia, l‟uomo viene trattato

alla stregua di un‟entità macchinica, necessaria allo

svOlgimento delle funzioni che garantiscono la vita del

sistema autopoieticamente chiuso e, allo stesso tempo,

aperto quando scambia informazioni con l‟ambiente. Le

comunicazioni tra i vari sistemi avvengono mediante un

flusso di «programmi condizionali» filtrati dal codice

binario: diritto\non diritto, grazie al quale si differenzia,

non invecchia, ma soprattutto garantisce la funzione

immunitaria, eliminando ciò che potrebbe essere

disfunzionale e provocare un blocco nel funzionamento

del sistema come ad esempio l‟ermeneutica. Infatti, le

parole, essendo soggette ad interpretazione,

appesantiscono il sistema, causando una perdita di tempo

ed energie che distoglie dalla funzione principale:

stabilizzare il diritto, rendendo certo ciò che è incerto

attraverso la trasformazione, ad opera del legislatore,

delle aspettative cognitive, ovvero, l‟attesa di giustizia,

nelle aspettative normative.

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Conversazioni sul diritto

260

In tutta la teoria sistemico funzionale di Luhmann è

irrilevante il fattore temporale poiché la contingenza,

ossia ciò che accade nel presente qui ed ora, assorbe sia la

dimensione del passato che quella del futuro tant‟è che

anche l‟uomo è trattato alla stregua di un‟entità

radicata solo nel presente in cui è privato della possibilità

di effettuare scelte oltre il mero funzionare di un diritto

ridotto in una serie di procedure autoreferenziali, ovvero,

funzionali a se medesime.

In una prospettiva che si limita a prospettare fattispecie

astratte per la risoluzione dei conflitti, il diritto può solo

registrare le sollecitazioni del sistema economico e del

mercato attraverso l‟opera del giudice, divenuto il tecnico

delle norme. Infatti, la ricerca del senso delle cose e il

logos, il significato della vita e delle azioni dell‟uomo,

non trovano spazio in una società sistemica dove tutto

funziona per funzionare, dove l‟uomo esiste perche esiste.

Nella società postmoderna il sistema mercato gerarchizza

gli altri e detta le „regole del gioco‟, ovvero i contenuti del

diritto, divenuto un „vuoto esercizio normativo‟,

sostituendo alle relazioni umane, le interazioni

economiche in cui l‟io è solo una macchina.

La crisi dell‟uomo in Luhmann è legata al rifiuto dei

valori sociali e della «ricerca del senso» che eccede la

funzionalità propria dei sistemi biologici ed orientata

alla ricerca della verità e al significato esistenziale

dell‟uomo, soggetto e non solo oggetto. Come afferma

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Lezioni a.a. 2010-2011

261

Bruno Romano, in Globalizzazione e spazio nel diritto, la

globalizzazione è uno dei fenomeni che determina la

crisi di identità dell‟uomo, generata da una

antropologia giuridica dove il diritto si interessa meno

del singolo unico e della sua soggettività e più del singolo

generico, ridotto in un ruolo funzionale alle reti dei

grandi spazi, i mercati globali.

“Perduta la struttura dialogica del domandare e

rispondere, il linguaggio si trasforma in attività segnica e

cresce la dimensione del vedere e del volgersi

segnicamente alla merce, dove si consuma dualmente

quel che residua del relazionarsi discorsivo dei parlanti

nella «trialità del logos». Il diritto non si dispiega nella

comunicazione tra i soggetti della domanda e della

risposta, ma serve l‟informazione prodotta dalle

tecnologie costitutive del mercato”.

“Il linguaggio evocante, proprio della creazione di senso,

è sostituito dal linguaggio numerico dei prezzi del

mercato, spazio globale in cui si afferma e dura la

priorità del rapporto duale uomo-merce sulla qualità

triale della relazione discorsiva uomo-altro-uomo”.

“Quando l‟io viene privato della parola, perde anche la

propria identità storica che si forma a partire dalla

relazione discorsiva nel medio del terzo- Altro, non

disponibile. Il rapporto uomo-merci, invece, si compie ed è

deciso dal fatto più, coincidente con l‟avere più ed il

sapere più di una parte, che fattualmente esclude l‟altra,

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Conversazioni sul diritto

262

in un rapporto che sorge e si consuma nella dualità, priva

di una giuridicità terza, imparziale e disinteressata”.

5. La terzietà della magistratura*

a) Dall‟assolutismo alla separazione dei poteri.

Ogni Stato è sovrano ed esercita i propri poteri, legislativo,

esecutivo e giurisdizionale su un determinato territorio e

sui soggetti ad esso appartenenti. Lo jus majestatis dello

Stato che si estende «usque ad inferos, usque ad sidera»,

cioè a tutto quello che è sotto e sopra la terra, incontra dei

limiti di fatto, nell‟impossibilità da parte dello Stato di

controllare in modo capillare tutto il territorio, e limiti di

diritto, determinati dall‟ordinamento internazionale per

il quale molti Stati hanno limitato la propria sovranità.

Stabilire i rapporti tra governanti e governati e come deve

distribuirsi il potere nel territorio è utile per individuare

quale forma di Stato regga quell‟ordinamento. Dal punto

di vista storico si individuano diverse forme di Stato, in

quello assoluto i poteri sono concentrati nelle mani di un

solo soggetto (princeps legibus solutus est, brocardo

risalente al giureconsulto romano Ulpiano che indica

come il sovrano crea ed è svincolato dalle leggi). Al fine

di riuscire a sottomettere tutti al suo volere, il sovrano

doveva legarsi alla classe nobile, concedendo ad essa

* Alessandro Catracchia.

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Lezioni a.a. 2010-2011

263

favori per evitare opposizioni e rivolte, ed in più

abbisognava di un‟organizzazione stabile che dipendesse

direttamente da lui in modo da poter esercitare il potere

in modo permanente: un esercito, un apparato

burocratico, un corpo di diplomatici che lo

rappresentassero presso gli altri sovrani, istituire tributi. I

cittadini non godevano di alcun diritto e perciò erano

chiamati “sudditi”.

Al contrario, l‟affermazione dei principi di libertà e di

uguaglianza tra i cittadini segnano, durante l‟Ottocento

l‟affermarsi dello Stato liberale che, nato sulla scia

dell‟illuminismo, dalla rivoluzione francese e

dall‟affermazione politico-economica della borghesia

segna, tra il XVIII ed il XIX secolo, il tramonto

dell‟assolutismo e la proclamazione dello stato di diritto

dal quale deriva la consacrazione del principio di

legalità secondo cui tutti sono soggetti alla legge. Altre

caratteristiche dello Stato liberale sono: il riconoscimento

di una giurisdizione ordinaria ed amministrativa e

l‟esistenza di una legge superiore che detta i principi

fondanti e l‟organizzazione dei poteri dello Stato (le

moderne costituzioni).

Lo Stato liberale può definirsi „il padre‟ dello Stato

democratico.

“Nella democrazia, (termine che deriva dal greco démos:

popolo e cràtos: potere), il potere appartiene al popolo che

lo esercita o direttamente, come nelle agorà (piazze)

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Conversazioni sul diritto

264

dell‟antica Grecia dove vi si riunivano i cittadini per

decidere le sorti del Paese (democrazia diretta), oppure

indirettamente, cioè attraverso rappresentanti eletti dal

popolo, come ad esempio avviene oggi in Italia con le

elezioni del Parlamento (democrazia indiretta). Sulla

concezione moderna di democrazia hanno avuto grande

influenza le idee illuministe e le rivoluzioni

dell‟Ottocento in particolare la rivoluzione francese con il

suo motto libertè, egalitè, fraternitè. Sia la costituzione

americana del 1787 che quella francese del 1791 vertono

sul principio della separazione dei poteri”267

che trova nel

filosofo francese Montesquieu, il suo fondatore. Nell‟opera

“De l‟esprit de lois” (Lo spirito delle leggi) del 1748, il

filosofo parte dal presupposto che “chiunque abbia potere è

portato ad abusarne; egli arriva sin dove non trova

limiti. Perché non si possa abusare del potere occorre che il

potere arresti il potere”.

Da ciò deriva che il potere di „fare‟ le leggi deve essere

affidato ai nobili, quello esecutivo deve nelle mani di un

monarca in quanto, secondo Montesquieu, governa

meglio uno solo che parecchi e, infine, il potere

giurisdizionale che il filosofo definisce „nullo‟, neutrale o

meglio ancora “terzo” a magistrati eletti dal popolo.

b) La magistratura nel nostro ordinamento.

267 Cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Democrazia.

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265

Il nostro ordinamento è retto da una forma di Stato

democratica e da una forma di governo repubblicana.

L‟espressione forma di governo sta ad indicare il rapporto

che intercorre tra gli organi che detengono il potere tra i

quali, nostro ordinamento, va menzionato il Parlamento,

cui è affidato il potere legislativo, il Governo cui spetta il

potere di applicare le leggi e la magistratura che ha il

potere di far rispettare le norme, irrogando sanzioni.

Tra i principi fondamentali sanciti dalla nostra

Costituzione in tema di giurisdizione emerge il principio

del giudice naturale ex.art. 25 comma 1: nessuno può

essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge.

Questa norma, in combinato con l‟art. 102 Cost. che vieta

l‟istituzione di giudici straordinari e speciali, garantisce

la terzietà e l‟imparzialità dei giudici. Il costituente ha

voluto così proteggere il cittadino dal pericolo di essere

sottoposto al giudizio di un tribunale istituito ad hoc. È

quindi la legge e solo la legge a determinare i criteri in

base ai quali „scegliere ‟ il giudice che dovrà dirimere

quella controversia ed assicurare che questo sia super

partes, cioè al di sopra delle parti, o meglio al di sopra

degli interessi che sono in gioco tra le due parti.

Il fatto che la giustizia sia amministrata in nome del

popolo, e che i giudici siano soggetti soltanto alla legge

(art. 101 cost.) non significa che devono eseguire la

volontà del popolo ma che la giustizia deve essere

amministrata nel nome di tutti i cittadini. Ci sono stati

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Conversazioni sul diritto

266

ordinamenti giuridici nei quali il giudice non doveva

applicare la legge, ma lo spirito del popolo: ne è un

esempio quello nazista tedesco dove un „capo‟ si faceva

interprete della volontà della moltitudine tanto che i

giudici applicavano la legge tramite la parola del fuhrer.

c) Giurisdizione civile, penale ed amministrativa. La

decisione del giudice.

I soggetti, persone fisiche e persone giuridiche, vengono

tutelati dalle norme giuridiche, generali e astratte

attraverso l‟operare degli organi pubblici legittimati a

realizzare l‟interesse. Infatti l‟uso della forza per

l‟effettiva tutela dei singoli spetta solo allo Stato che

provvede a tutelare i cittadini con appositi organi dopo

che l‟esistenza effettiva delle situazioni giuridiche

soggettive è stata accertata da quelli che svolgono la

funzione giurisdizionale.

La giurisdizione civile è l‟attività pubblica con cui i

giudici civili, terzi ed imparziali, accertano e rendono

concrete le possibilità di realizzare i diritti soggettivi

anche contro la volontà di chi sarebbe tenuto a

soddisfarli spontaneamente.

Con la giurisdizione penale invece si accerta e si rende

esecutiva la sanzione prevista dalle norme di diritto

penale per chi si è reso colpevole di un reato.

I giudici amministrativi, i TAR (Tribunali Amministrativi

Regionali), ed il Consiglio di Stato invece tutelano gli

interessi legittimi dei consociati di fronte alla pubblica

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Lezioni a.a. 2010-2011

267

amministrazione. L‟elemento che accomuna tutte le

categorie di giudice è la decisione che sono chiamati ad

emettere seguendo l‟iter imposto dalla legge che

culminerà in una pronuncia, c.d. sentenza motivata a

pena di nullità nella quale indica le ragioni di fatto

(cioè quali fatti ha preso come criteri per la decisione) e

di diritto (cioè quali norme ha utilizzato per la decisone)

che lo hanno spinto a decidere in un modo piuttosto che

in un altro. Ogni giudice quindi dovrà compiere

un‟interpretazione del diritto, più specificamente delle

norme che servono per risolvere il caso concreto.

Interpretazione che, nella sua opera “Das Recht der

Gesellshaft” del 1993 il filosofo e sociologo tedesco Niklas

Luhmann definisce argomentazione giuridica.

d) Il giudice terzo nel sistema-diritto di Niklas Luhmann.

Nella già citata opera “Das Recht der Gesellshaft” – Il

diritto della Società – Luhmann si occupa del diritto come

sistema sociale autopoietico capace di formarsi e di

rigenerarsi da solo in una società complessa268

grazie

all‟argomentazione, cioè alla comunicazione.

Tornando in seguito sul concetto di complessità, è

opportuno chiarire come Luhmann cerchi di spiegare

perchè il terzo nel diritto usi le norme per motivare le sue

argomentazioni e non altri fattori e perché venga

definito un “osservatore di secondo grado”.

268 N. Luhmann, Struttura della società e semantica, in L.

Avitabile, Forme del terzo nel diritto, p. 96, v. nota 14.

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Conversazioni sul diritto

268

Secondo il filosofo il sistema-diritto utilizza un codice

binario: diritto- non diritto e nel primo polo confluiscono

tutti i fattori c.d. legali: un contratto, un principio, un

obbligo, un diritto, mentre nel secondo convergono tutti

fattori non legali: una autobus, una macchina. Il giudice

terzo dovrà quindi utilizzare a base della sua

argomentazione del materiale legale, ma ciò non

significa che il risultato sia giusto, infatti può essere

legalizzato anche un fattore ingiusto (si pensi

all‟olocausto).

L‟obbiettivo è quello di semplificare la „società complessa‟

in cui i rapporti sono articolati tanto che per collegare un

punto ad un altro non è possibile tracciare una retta.

Ridurre la complessità, secondo il filosofo, significa

selezionare gli elementi immunitari che accomunano un

determinato sistema, ad esempio, per quello giuridico le

norme giuridiche: obblighi, diritti, divieti. Il soggetto a

ciò preposto è il legislatore, mentre colui al quale spetta

argomentare in base alle leggi già vigenti nel sistema, al

fine di risolvere le controversie è “l‟osservatore di secondo

grado”269

, cioè il giudice, chiamato a decidere

sull‟indecidibile270

perchè la soluzione della controversia

è già data dal sistema. A questo proposito Luhmann

definisce come paradossale l‟operare del terzo nel

269 Ivi, p. 116, v. nota 54.

270 Ivi, p. 118.

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269

diritto271

, essendo la controversia il frutto di una

disfunzione del sistema e la soluzione fornita dal sistema

stesso (autopoiesi).

6. Il ruolo del giudice*

L‟argomento è di così ampio respiro che si corre il rischio

di perdere il filo del discorso non appena ci si accinge a

trattarlo. Per questo è opportuno stabilire da subito quali

siano i temi fondamentali da prendere in considerazione.

Le questioni da tenere a mente sono sostanzialmente due:

- l‟imparzialità e le terzietà del giudice nonché la sua

indipendenza dal potere politico.

- la questione della funzione interpretativa del giudice.

È possibile sostenere, con la convinzione di trovare

consensi anche nell‟uomo della strada, che il giudice sia

un soggetto terzo ed imparziale, un organo super partes,

come si suole normalmente definirlo.

Prima di addentrarci nella spiegazione di questi concetti

è opportuno sottolineare che tali caratteristiche

appartengono, o almeno dovrebbero appartenere, anche

al legislatore e alla forza pubblica a garanzia della

terzietà dell‟ordinamento giuridico e del diritto stesso,

anche e soprattutto nell‟ottica di quel giusto processo

previsto dalla nostra Costituzione all‟art. 111.

271 Ibidem.

* Raffaella Cipolloni.

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Conversazioni sul diritto

270

Quest‟ultimo è un principio di importanza focale che

nasce nell‟ordinamento comunitario e per molto tempo è

rimasto non scritto sebbene applicato e rispettato fino alla

costituzionalizzazione nel 1999.

Secondo la definizione de Il Nuovo Dizionario

l‟imparzialità o terzietà (i due termini sono

evidentemente sinonimici) è “la capacità di mantenersi

estraneo agli interessi di parte e di valutare le cose con

equanimità”, dunque, il magistrato potrà dirsi

imparziale quando è privo di interessi in causa che lo

facciano propendere per una soluzione della vicenda,

sottoposta.

Come già accennato il giudice all‟interno del processo è

super partes ed ha il compito di cercare la verità (verità

giudiziaria ovviamente, che non sempre rispecchierà in

modo pedissequo la realtà ma che pure è l‟unica che egli

ha il potere di penetrare ed è l‟unica che ha la forza di

affermarsi e di far stato tra le parti ) e per farlo dovrà

valutare fatti e prove imparzialmente.

Una volta affrontato il discorso della terzietà fuori da

Luhmann è interessante verificare il ruolo e i caratteri

della stessa nella teoria di questo autore.

Secondo Luhmann nella società complessa viene meno

l‟esigenza di un principio di giustizia mediante l‟operare

di un terzo272

, il problema, infatti, non è più rappresentato

272 L. Avitabile, Forme del terzo nel diritto, passim.

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271

dall‟esigenza di una ragione giuridica dotata dei

caratteri della terzietà (nel senso classico del termine)

ma piuttosto quello di emettere una decisione che possa

avere una sua ricorsività nel sistema, garantendo il

perpetuarsi dello stesso273

.

Infatti, nella teoria sistemico funzionale è superfluo

affrontare il problema della coscienza dal momento che

anche l‟uomo viene concepito alla stregua di un

sistema.274

La società complessa, dunque, rifugge dai tradizionali

valori della filosofia europea, è estranea al principio di

uguaglianza, inteso nel senso tradizionale del termine,

considerato da Luhmann solo un mezzo di riduzione

della complessità. Se per Romano, infatti, costituisce un

compito e un impegno in Luhamn invece, l‟uomo è un

mero osservatore per il quale l‟uguaglianza è solo uno

schema di osservazione mirante alla semplificazione

della complessità sociale, una forma a due versanti:

“uguale\non-uguale”, assunti per assegnare situazioni

rispettivamente all‟uno o all‟altro versante secondo la

classica selezione funzionale275

.

Relativamente all‟idea di uomo in Luhmann è

interessante quanto afferma Pietro Barcellona secondo il

quale il sociologo tedesco realizza una "desoggettivazione

273 Ibidem.

274 Ibidem.

275 Ibidem.

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Conversazioni sul diritto

272

del sistema", ovvero una liberalizzazione della teoria

sociale da ogni impaccio soggettivistico o antropologico

in cui l‟uomo non più considerato parte del sistema

sociale ma semplicemente un ambiente problematico del

sistema stesso. L‟uomo, per usare le parole dell‟autore “è

ridotto a galleggiare in un sistema capitalistico

trasformato in una connessione rapsodica di funzioni

equivalenti”276

.

Secondo Luhmann il raggiungimento dell‟ordine è

possibile soltanto attraverso il “meccanismo” della

connessione a due versanti e pensando ad un futuro

aperto inteso come alternanza tra complessità e

semplificazione277

, infatti, tanto più la società si fa

complessa quanto più è destinata a trasformarsi in una

entità sistemico-funzionale destinata a svilupparsi

secondo i due poli opposti del codice binario, attivato dai

programmi di altri sistemi.

Ritornando alla questione principale, ovvero “il terzo” in

Luhmann si tratta di un elemento escluso-incluso poicjè,

stante la natura binaria del sistema diritto (diritto-non

diritto), non può essere un elemento operativo del codice

ma vi è “incluso” attiva uno dei due poli del codice stesso

a garanzia della dinamicità sistemica (diversamente da

quello che sostenevano altri ritenendo necessaria al fine

di tale dinamicità la binarietà classica della logica del

276 Cfr. M. Barcellona, Diritto, sistema e senso, Torino, 1996.

277 L. Avitabile, Forme del terzo nel diritto, passim.

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Lezioni a.a. 2010-2011

273

terzo escluso). È però importante sottolineare che, nella

concezione sistemico-funzionale di Luhmann, la terzietà

garantisce l‟esistenza del sistema, è un salvatore del

sistema278

.

Il carattere della terzietà o imparzialità di cui si è detto è

cosa diversa da quello di indipendenza dal potere

secondo la definizione dell‟indipendenza dal potere come

“libertà di agire secondo il proprio giudizio e la propria

volontà senza subire l'altrui condizionamento”.

L‟indipendenza del giudice è garantita quando non

subisce la soggezione del potere esecutivo o più

direttamente del mondo politico che gli ruota attorno ma

riesce ad addivenire alla decisione finale semplicemente

basandosi sulle risultanze processuali, forte del principio

del libero convincimento senza che gli uomini politici

possano in qualche modo condizionarne l‟esito279

.

È l‟ordinamento giuridico a dover assicurare la terzietà

delle forme storiche del diritto ma disciplinando

accuratamente lo status dei magistrati e attuando un

sistema, come quello oggi vigente nel nostro Paese, che

garantisca l‟estraneità del giudice rispetto agli interessi

in causa grazie al principio del giudice naturale

precostituito per legge e ad altri istituti come quello della

ricusazione e della astensione.

278 Ibidem.

279 Montesquieu, Lo spirito delle leggi, Ginevra, 1748, passim.

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Conversazioni sul diritto

274

Ovviamente questi caratteri di cui discutiamo, ovvero

terzietà-imparzialità ed indipendenza, si trovano in un

rapporto strettissimo tra loro, sono, per usare un termine

caro ai giuristi, interdipendenti280

.

Il giudice è considerato l‟interprete per eccellenza, anche

se non è l‟unico, infatti, se si prende atto che il diritto

esiste nella testualità giuridica e che la stessa è oggetto,

anche inconsapevolmente ad interpretazione, si può

affermare che questa attività è nella disponibilità di

chiunque. Tuttavia, l‟attività interpretativa acquisisce

una dimensione giuridica se è fatta da un tecnico come il

giudice ma anche il legislatore che, per richiamare gli

studi di Luhmann, si deve ricordare è un‟interpretazione

di primo grado.

Nella logica luhmanniana il giudice interviene in un

momento successivo rispetto al legislatore che ha il

compito fondamentale di creare le norme e nel farlo si fa

interprete dei fatti e delle relazioni sociali che scatenano

l‟esigenza di normazione.

Con l‟instaurazione del processo il giudice è chiamato ad

intervenire su un caso concreto e a valutare la

corrispondenza dello stesso rispetto ad una determinata

norma.

Al giudice si richiede di tentare quel riconoscimento di

tipo differenziante consistente nell‟individuazione dei

280 Cfr. www.giustiziaamministrativa.it.

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Lezioni a.a. 2010-2011

275

motivi per i quali il legislatore ha emanato una certa

norma, (in questo senso l‟interprete è anche colui che fa

in modo che una volta che la legge è uscita dal

Parlamento ci sia comunicazione della e sulla legge) e di

analizzare la fattispecie concreta.

Luhmann non discute propriamente di interprete ma di

osservatore, infatti, non si occupa molto

dell‟interpretazione che si limita a definire un

comportamento sociale quando viene esternata agli altri

ma di argomentazioni giuridiche, procedure volte a

raggiungere un certo risultato senza che sia rilevante la

qualità dello stesso.

La funzione dell‟argomentazione è di fondare e orientare

la decisione, avvalendosi della diversità dei casi che

possono arrivare da qualunque ambito, anche dal passato

purchè sia immediatamente consumabile e funzionale,

insomma contingente.

In effetti chi usa le argomentazioni giuridiche si serve

degli "exempla" che fungono da paradigma di

riferimento, destinati ad essere utilizzati ripetutamente.

Anche se Luhmann discute di argomenti giuridici, spoglia

il termine „giuridico‟ da qualsiasi riferimento di carattere

etico e morale, infatti, non discute della bontà degli

argomenti o della loro giustezza, non c‟è alcun

trascendimento oltre il dato normativo, ciò che conta è la

funzionalità degli argomenti attraverso il combinato

disposto di tre momenti:

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Conversazioni sul diritto

276

- operazione intesa come osservazione perché quando si

argomenta qualcosa bisogna osservare la testualità

giuridica

- autosservazione (ciò che consente al sistema di

accogliere al suo interno i casi del passato)

accompagnata dall‟immediata eterosservazione. Infatti

ogni sistema osserva se stesso e gli altri sistemi

- elementi controversi e incontroversi tenendo presente che

l‟argomento non è né buono né cattivo

In conclusione si può affermare che la finalità

dell‟interpretazione giuridica è quella di garantire il

riconoscimento della validità del diritto.

7. Il «mondo-sistema» nell‟opera di Niklas Luhmann

Secondo Luhmann la realtà sociale è suddivisa in una

moltitudine di sistemi: giuridico (che nel nostro percorso

di studio rileva particolarmente), religioso, sportivo,

scientifico ed economico (che risulta essere il sistema più

forte poiché utilizza un linguaggio più immediato del

denaro).

Il nucleo centrale di ciascuno di essi non è l‟uomo ma le

comunicazioni che, a loro volta, producono altra

comunicazione senza la quale nessun sistema avrebbe

ragione di esistere281

.

Sara Cedrone.

281 Cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Niklas_Luhmann .

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Lezioni a.a. 2010-2011

277

L‟uomo non può essere considerato un sistema così come

inteso da Luhmann a causa della ineliminabilità di

quella dimensione spirituale per mezzo della quale pensa

e ragiona. I sistemi luhmanniani, invece, sono soltanto in

grado di organizzarsi al loro interno senza mai accedere

alla questione del senso, tipica di ogni coscienza libera282

.

Il termine coscienza deriva dal latino „cum-scire‟ cioè

sapere insieme, ed indicava nel mondo classico, un

particolare stato interiore, sebbene, nell‟antichità alcuni

dividevano l‟uomo in corpo e mente e altri riconoscevano

l‟esserci di tre funzioni: intellettiva, istintiva ed

emozionale e la coscienza il punto di equilibrio tra

queste.

In una accezione più moderna, la coscienza è invece

considerata una modalità con cui viene assimilata la

conoscenza; accade infatti che, di fronte ad ogni

informazione, l‟uomo esegue un procedimento di

constatazione e solo quando viene assimilata e diviene

parte integrante «delle vecchie conoscenze», allora si può

discutere di coscienza283

.

Numerosi ed illustri studiosi si sono occupati della

tematica della coscienza umana nelle diverse epoche

durante il corso della storia tra questi Sigmund Freud che

rivoluziona la convinzione secondo la quale la psiche,

ossia il sistema psicologico, si identifica con la coscienza,

282 Cfr. http://www.filosofico.net/luhmann.htm.

283 Cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Coscienza.

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Conversazioni sul diritto

278

affermando, invece, che la vita mentale si svolge al di

fuori di essa, in quella parte denominata incoscienza, di

cui il conscio non è che la manifestazione visibile284

.

Freud rifiuta la visione dell‟io come unità semplice e

riconosce la grande complessità del “sistema-uomo” come

Luhmann che, infatti, ne tralascia l‟analisi, irriducibile

ai canoni della teoria sistemico funzionale.

Freud riconosce la psiche, allo stesso modo di Luhmann,

come una unità molto complessa costituita da un certo

numero di sistemi: il conscio, il preconscio e l‟inconscio

che successivamente diverranno es, io e super-io285

.

L‟es, la parte più profonda della psiche, obbedisce solo

all‟impulso del piacere ed è ambientata al di là degli

elementi spazio-temporali. Esiste e „funziona‟ a

prescindere dal tempo, proprio come nel pensiero di

Luhmann in cui l‟aspetto temporale è irrilevante, infatti,

la contingenza cioè qui ed ora, assorbe sia la dimensione

del passato che la dimensione del futuro.

Se l‟io è la parte organizzata della personalità che ha il

compito di mediare tra l‟es, l‟io ed il super-io, il super-io è

l‟insieme delle proibizioni con cui l‟uomo viene a contatto

nei primi anni di vita e che, anche inconsapevolmente, lo

influenzano nel corso della esistenza286

.

284http://www.7doc.it/filosofia/8639-la-psicologia-e-la

psicoanalisi-di-s-freud:-appunto-di-filosofia.html

285 http://ifior.forumfree.it/?t=53633414

286 http://it.wikipedia.org/wiki/Superego

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Lezioni a.a. 2010-2011

279

La conclusione che si può trarre dal pensiero

luhmanniano è che la società è funzionale: infatti,

mentre nella società pre-complessa è possibile evitare tutta

una seria di operazioni per arrivare ad un determinato

risultato, queste sono indispensabili in una società

complessa che Luhmann scandisce e seleziona in una

sorta di „contenitore‟ con una propria funzione.

8. I sistemi sociali. Il codice binario diritto/non diritto*

Luhmann è uno dei maggiori esponenti della sociologia

tedesca che ha discusso dei sistemi sociali287

come entità

dinamiche e in cui gli individui sono legati da complesse

e intense relazioni. All‟interno di ciascun sistema sociale

esistono numerosi sotto-sistemi organizzati da una

autonoma inter-attività soggetta a vincoli (confini,

regole, norme, leggi, istituzioni ...), che si intersecano e

interagicono secondo percorsi e dinamiche non lineari e

polidimensionali.

La complessità, dunque, impone selezione, contingenza,

rischio... 288

. Partendo dalla premessa secondo cui gli

elementi primari ed unici di un qualsiasi sistema sociale

non sono gli uomini, quali agenti principali, ma gli

effetti della comunicazione, “quali comunicazioni che

producono altra comunicazione”, si può concludere che

* Luciana Chierchia.

287 http:// it.wikipedia.org/wiki/Niklas Luhmann.

288 Cfr. www google.it/http:// www. filosofo. net/luhmann.htm.

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Conversazioni sul diritto

280

senza comunicazione non vi alcun sistema289

. In concreto,

c‟è comunicazione, per Luhmann, quando si produce un

evento in cui si compiono i tre momenti della selezione:

emissione, informazione e comprensione290

. Ciascun

sistema sociale in quanto chiuso è autoreferenziale, ossia

in grado di costituirsi, ricostituirsi, ma soprattutto di

autogestirsi291

ma, non essendo predisposto al pensiero,

rimane qualitativamente inferiore all‟uomo292

.

Diversamente dai sistemi biologici quelli sociali fondano

la loro organizzazione nella „comunicazione, basata sul

senso‟293

e la usano secondo tre selezioni: informazione,

enunciazione e comprensione294

. Infatti, Luhmann

289 Cfr. http:// it.wikipedia.org/wiki/Niklas Luhmann.

290 “La sintesi informazione, enunciazione e comprensione viene

continuamente ricreata al variare delle situazioni e in riferimento

a comunicazioni passate o a venire, condizionate dall‟attualità

dell‟evento”, http:// www. filosofo. net/luhmann.htm.

291 “Ciò che differenzia un sistema sociale da altri sistemi è

sicuramente nella prospettiva Luhmann la natura delle operazioni

che riproducono il sistema”, N. Luhmann, L‟autopoiesi dei sistemi

sociali. Modi di attribuzione, Filosofia e teoria dei sistemi, Liquori

editore, Napoli, 1996.

292 Cfr. http:// it.wikipedia.org/wiki/Niklas Luhmann.

293 “Come un sistema vivente in senso proprio, se cosciente, può

scegliere di vivere o non vivere, così un sistema sociale può scegliere

di comunicare o non comunicare”, www. filosofo.

net/luhmann.htm.

294 Cfr. www. google.it/http://www.filosofo. net/luhmann.htm.

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Lezioni a.a. 2010-2011

281

sostiene che i sistemi sociali sono tanto più in grado di

„stabilizzarsi‟ quanto più sono capaci di resistere alla

pressione dell‟ambiente295

, cioè, quanto più la propria

organizzazione interna è complessa tanto più essa è in

grado di tener testa alla crescente mobilità ambientale.

“Secondo Luhmann, l‟agire umano si struttura secondo

sistemi, i quali sorgono tutte le volte in cui si hanno

azioni concertate. Queste azioni si verificano sempre

attraverso codici simbolici, ossia il linguaggio, i gesti e

così via. In concreto un sistema sociale nasce quando

azioni umane vengono connesse tra loro in un insieme

dotato di significato”296

.

Tutti i sistemi sociali sono situati in un „ambiente‟, ovvero

tutto ciò che non fa parte del sistema preso in

considerazione ad esempio, per il sistema gli altri sistemi

come quello religioso, economico.

Luhmann distingue tra:

1)”l‟interazione quando, ad esempio, due sconosciuti si

incrociano per strada o in un ascensore e poi, dopo pochi

minuti, procedono ognuno per la propria via”;

2)l‟organizzazione quando si forma un sistema sociale

più stabile, regolato dalla legge dell‟entrata e dell‟uscita

nel gruppo, e avente come obiettivo la stabilizzazione nel

tempo di comportamenti artificiali (pensiamo alla scuola

295 Cfr. http:// it.wikipedia.org/wiki/Niklas Luhmann.

296 Ibidem.

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Conversazioni sul diritto

282

o all‟esercito). Anche l‟organizzazione cerca di ridurre le

complessità ambientali temporalmente (quando si entra

nell‟organizzazione? Quando se ne esce?), materialmente

(con la divisione del lavoro) e simbolicamente (tramite la

definizione di regole e di tipi comunicativi). In

opposizione a Parsons, Luhmann non crede che i sistemi

organizzativi richiedano consenso su valori o norme: la

loro funzione può venire assicurata dall‟uso di media

simbolici generalizzati (denaro, potere, verità)”;

3) sistemi di società quando ci si muove sul piano

societario: e Luhmann ha soprattutto in mente la società

globalizzata, che comprende tutti i sistemi di

comunicazione e di organizzazione. Egli parla

espressamente di “società mondiale”. Quest‟ultima è

costituita da una serie di sistemi e sottosistemi

"autoreferenziali" (cioè fondati autonomamente su297

.

Inoltre ciascun sistema funziona con un codice binario,

sicchè il sistema giuridico funziona con la dicotomia

giusto/non giusto, quello politico con la dicotomia

potere/non potere e così via298

.

È necessario un codice binario, composto da due poli

estremi in opposizione (diritto/non diritto) in quanto

l‟unità forma, nel linguaggio di Luhmann, il paradosso.

297 Cfr. www. google.it/http:// www. filosofo. net/luhmann.htm.

298 “Non devono verificarsi interferenze o ingerenze di sistemi,

pena l‟estinzione di alcuni sistemi”, http://

it.wikipedia.org/wiki/Niklas Luhmann.

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283

La formulazione del binomio diritto/non diritto è una

sostantivizzazione assente per gli altri ad esempio

nell‟economia vi è la capacità economica o non capacità

economica299

. Seguendo l‟impostazione della binarietà,

estranea all‟esercizio della terzietà, il giudice, quale

interprete, diventa un mero tecnico, inserito all‟interno di

una proceduralizzazione che riduce le norme ad un iter

di operazioni favorite dalla continua reiterazione di fasi:

l‟apertura verso l‟esterno, così detta comunicazione

„eteroreferenziale‟, che consiste nella ricezione di

programmi e la chiusura, così detta comunicazione

„autoreferenziale‟, necessaria ai fini della elaborazione

dei dati acquisiti300

. La funzione immunitaria del diritto

garantisce, attraverso il funzionamento del codice

binario l‟operatività funzionale della terzietà giuridica

(legislatore) – e la concretizzazione di programmi

condizionali, prodotti da altri sistemi. Diversamente da

Kojève, per il quale il terzo è imparziale e disinteressato in

Luhmann è una funzione al servizio del più forte che dà

„forma‟ ai cui contenuti dei programmi condizionali di

altri sistemi e alla giustizia, intesa come „formula di

contingenza‟301

.

299 Lezione del 13 ottobre 2010.

300 L. Avitabile, Interpretazioni del funzionalismo giuridico, cit.,

p. 144.

301 In particolare, il giudice, terzo-funzionario, decide solo perché

si trova davanti ad un paradosso non superabile. In Luhmann c‟è

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Conversazioni sul diritto

284

Luhmann si fa dunque sostenitore di una teoria sistemica

in cui il terzo è solo un elemento escluso-incluso e “ciò

rende possibile la differenziazione dei sistemi funzionali

con la regola del terzo escluso e con la riserva della

reintroduzione del terzo escluso nel campo delle

operazioni del codice nella forma non del codificare, ma

del programmare”302

.

Se nella teoria sistemico-funzionale, infatti, si registra il

totale rifiuto di tutte le domande sul “senso”, tuttavia,

Luhmann ha il merito di aver individuato in modo

chiaro alcune delle problematiche presenti nella società

moderna303

.

In questo senso, Romano individua nel sistema

luhmanniano i tratti della società attuale ma se ne

distanzia quando afferma che solo la parola consente lo

sviluppo delle relazioni giuridiche interpersonali: “… il

diritto è strutturato come il linguaggio, perché la

terzietà del „nomos‟ (diritto) è radicata nella trialità del

„logos‟ (linguaggio), garantita dal terzo-Altro, il

„giuridico‟, in una condizione di coalescenza che

una decisione quando si dà qualcosa di principalmente non

decidibile.

302 N. Luhmann, Arsp, pp.138-139. ID., Mercato e diritto, p. 207.

303 L. Avitabile, Interpretazioni del funzionalismo giuridico, cit.,

p. 145.

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Lezioni a.a. 2010-2011

285

connette soggettività giuridica e soggettività

discorsiva”304

.

Pierre Legendre, invece, sostiene che il linguaggio del

testo giuridico non ha una “funzione prescrittiva” e la

logica dell‟interpretazione deve essere esterna alla

norma305

come pure significativa è la tesi di Buber306

secondo la quale “all‟inizio vi è la relazione”, unico

principio che porta alla risoluzione delle controversie

facendo incontrare dialetticamente le parti.

9. La teoria sistemico-funzionale di Luhumann*

Luhmann ha studiato, tra l‟altro, presso l‟ateneo di

Harvard dove è stato allievo di Talcott Parsons, il più

eminente teorico dei sistemi sociali307

.

Presto Luhmann critica Parsons per aver dato grande

importanza alla “struttura” mettendo, invece, in secondo

piano il concetto di “funzione” poiché il problema

centrale della ricerca sociologica deve essere quello di

capire quali sono le funzioni svolte da ciascun sistema nel

tentativo di mantenersi in equilibrio con l‟ambiente.

304 Ivi, pp. 33.

305 Ivi, pp. 153.

306 M. Buber, Il principio dialogico e altri saggi, Milano, 1973, p.

72.

* Francesco Corradini.

307 Ibidem.

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Conversazioni sul diritto

286

Un sistema è composto da elementi uniformi, in grado di

garantire una funzionalità vincente, ossia, convergenti

verso la stessa fuzione ma non necessariamente omogenei.

Il problema sta nel capire fino a quando un elemento

non-omogeneo è funzionale al sistema, fino a che punto

la disogeneità può essere tollerata: Luhmann ritiene che

un elemento, seppur non omogeneo, è in grado di

garantire la funzionalità del sistema finchè rimane

asservito agli elementi (omogenei) più forti. Il sistema si

trova in continuo contatto con l‟ambiente (Umwelt,

definito da Luhmann “mondo intorno”) dal quale riceve

continui attacchi, come esempio può essere riproposto

quanto detto a lezione in riferimento al sistema

immunitario che si compone di elementi omogenei che

hanno la funzione di garantire la sopravvivenza.

La complessità e l‟imprevedibilità dell‟ambiente rendono

necessario, per il sistema, lo sviluppo delle complessità al

fine di ridurre quella ambientale308

. “Complessità”

significa impossibilità di arrivare da un punto x ad un

punto y attraverso una linea retta che ciascun sistema

riduce e riproduce continuamente.

La teoria dei sistemi di Luhmann è incentrata su tre

elementi:

1) teoria dei sistemi come teoria sociale;

2) teoria della comunicazione;

308 Ibidem.

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Lezioni a.a. 2010-2011

287

3) teoria dell‟evoluzione.

Ciascun sistema è circoscritto da un confine che lo

enuclea dal suo ambiente con il quale tuttavia mantiene

contatti attraverso il reperimento di informazioni che poi

seleziona ed elabora. Infatti, un sistema opera finché è in

grado di svolgere quelle funzioni necessarie al sistema

stesso. Quando non è più in grado di realizzare il suo

scopo, il sistema implode e gli elementi che lo compongono

entrano a far parte di altri309

.

Il merito di Luhmann sta nell‟aver applicato la teoria dei

sistemi alla sociologia; infatti punto di partenza della

ricerca luhmanniana è sempre stato quello di trovare una

teoria generale per spiegare i fondamenti che discplinano

la società310

.

Luhmann svuota l'uomo della soggettività, trattandolo

alla stregua di un sistema biologico\funzionale, come gli

altri, autoreferenziale e autopoietico che attraverso la

comunicazione tra le parti che lo compongono si

costituisce e autogestisce in due momenti: apertura-

informativa e chiusura-operativa311

.

Luhmann paragona l‟autopoiesi ad un programma che

funziona sulla base di un sistema binario, ma l‟autopoiesi

non si fonda su stringhe di zero e di uno, necessarie per

309 Cfr. http://en.wikipedia.org/wiki/Niklas_Luhmann.

310Cfr.http://www.recensionifilosofiche.it/swirt/democrazia%20e%20

giustizia/luhmann.htm.

311 Cfr. http://en.wikipedia.org/wiki/Niklas_Luhmann.

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Conversazioni sul diritto

288

“spaccare il paradosso” che nel sistema diritto equivale ai

poli diritto/non-diritto proprio perché, al fine di capire

ciò che è diritto, è necessario tenere in considerazione ciò

che non lo è312

.

Luhmann applica la teoria dei sistemi alla sociologia:

l'intera società è formata da sistemi (sistema diritto,

sistema economi, sistema religione ecc.) e l'uomo ne è

parte integrante insieme ad altri elementi uniformi che

ne garantiscono il funzionamento tra i quali spiccano il

legislatore e i tribunali (Luhmann preferisce usare il

termine “tribunale” e non “giudice”). Il legislatore è un

“osservatore di primo grado” mentre il giudice è un

“osservatore di secondo grado” perché opera servendo i

materiali prodotti dal legislatore.

Luhmann è anti-umanista e anti-storicista, infatti, per il

sociologo tedesco a muovere la storia non sono i valori o

le idee dell‟uomo, nessuna “mano invisibile” ma

semplicemente il contatto tra sistemi e ambiente313

.

Prima di Luhmann Bertalaffy314

aveva parlato di teoria

dei sistemi ma la sua grande innovazione sta nell‟aver

applicato la teoria sistemico-funzionale alla sociologia315

.

312 Ibidem.

313 Ibidem.

314 Cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_dei_sistemi.

315 Luhmann era proprietario di un pub, chiamato “pons”, il locale

si trovava nella sua città natale ed era ubicato al piano terra

della casa della sua famiglia.

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Lezioni a.a. 2010-2011

289

10. La figura del magistrato e sua terzietà*

Oggetto di questa relazione è la terzietà della figura del

magistrato che insieme alla sua indipendenza316

, è uno

dei due principi dell‟articolo 111, comma II della Carta

Costituzionale: “Ogni processo si svolge nel contradditorio

tra le parti, in condizioni di parità, davanti al giudice

terzo e imparziale …”.

La lettera della norma fa menzione dell‟imparzialità,

cioè la capacità di mantenersi estraneo agli interessi di

parte e di valutare le circostanze con equanimità.

La stessa Corte Costituzionale ha dato una definizione di

terzietà con una datata ma importante sentenza del 31

marzo 1965, n.17 dove si discute di terzietà come “la

condizione di assoluta estraneità ed indifferenza perciò

di neutralità del giudice rispetto gli interessi in causa”.

Da un lato si pone il legislatore che crea e dispone le

fattispecie astratte ispirate alle mutevoli esigenze dei

singoli soggetti di diritto, dall‟altro vi è il giudice,

inserito all‟interno dell‟ordinamento giuridico che per

http://en.wikipedia.org/wiki/Niklas_Luhmann

* Roberta De Feo.

316 Esempio valido su tutti la tanto dibattuta riforma della

giustizia che richiede un‟importante modifica alla nostra Carta

Costituzionale di cui il Parlamento dovrà discutere e che riguarda

non solo l‟azione penale, ma anche la responsabilità civile dei

magistrati, e l‟autonomia degli stessi.

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Conversazioni sul diritto

290

poter funzionare ha bisogno di tre momenti costitutivi:

legislativo, giudiziario ed esecutivo.

Il diritto all‟interno dell‟ordinamento, infatti, si pone

come garante della formazione dell‟identità personale317

nella consapevolezza che quando le condotte del singolo

incidono sull‟esistenza degli altri consociati, assumono

rilevanza giuridica.

La tutela del diritto è subordinata all‟esercizio della

pretesa di fronte al terzo-Altro che ha il compito di

garantire il processo di differenziazione attraverso

l‟istituzione del diritto (terzo legislatore),

l‟amministrazione del giudizio giuridico (terzo giudice)

e la relativa esecuzione(terzo polizia).

In particolare, il giudizio giuridico rappresenta il

momento centrale della giuridicità318

, assumendo grande

rilievo nei diversi dibattiti giusfilosofici svoltisi nel tempo

tra alcuni grandi pensatori a partire dal maggiore

esponente della sociologia tedesca del XX secolo Niklas

Luhmann che applica alla società la teoria dei sistemi

sociali, ponendo al centro di essi, come elementi

317 L‟articolo 2, comma I, Costituzione recita: “La Repubblica

riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell‟uomo, sia come

singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua

personalità”.

318 A. Cavallaro, Terzietà del giudice e creatività della

giurisprudenza: il valore del precedente, in Rivista quadrimestrale

on-line: www.i-lex.it dicembre 2010 numero 11.

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Lezioni a.a. 2010-2011

291

costitutivi principali, non gli uomini, ma le operazioni

sistemiche, cioè gli strumenti di riduzione della

complessità sociale.

L‟uomo è infatti considerato aprioristicamente come mero

ente biologico, un sistema scevro da ogni tipo di

valutazione etico-morale, infatti si può parlare di

un‟indifferenza del sociologo intorno ai temi di giustizia,

bene\male.

La specificità del fenomeno diritto e la terzietà non è

analizzata come accessorio di una realtà più complessa

ma acquista i caratteri di un fenomeno specifico pervaso

da contraddizioni che diventano più stridenti laddove il

terzo assurge a garante di un‟idea o ideale di giustizia

con riferimento non solo alla difesa dell‟ordine costituito

e costruito da pratiche sociali ma anche alla differenza

dell‟intersoggettività319

.

Compito affidato al giudice è, infatti, proprio quello di

stabilizzare i conflitti attraverso l‟applicazione e

l‟interpretazione del diritto, garantendo lo scopo ultimo

interpretativo della sua funzione attraverso però

l‟osservazione delle linee guida tracciate nel testo

giuridico dal legislatore; l‟interpretazione è considerata

come “razionalizzazione a posteriori” del testo tesa alla

comprensione delle premesse che hanno mosso il

legislatore in una direzione piuttosto che in un‟altra.

319 L. Avitabile, Il terzo giudice tra gratuità e funzione, Torino,

1999, p. 1-2.

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Conversazioni sul diritto

292

Si parla di un osservatore terzo poiché Luhmann nella

teorizzazione dei sistemi opta per l‟uso del codice binario

che consente una scelta solo tra due opzioni “diritto/non

diritto” che il giudice, inteso come ente deputato alla

programmazione, è deputato ad attivare sebbene

permanga funzionalmente escluso-incluso non detentore

di alcuna verità.

Il magistrato terzo è chiamato ad un‟opera di

interpretazione asettica, vale a dire, a spogliarsi delle

proprie idee e convinzioni per decidere in modo

impersonale e indipendente.

Secondo Luhmann l‟intero sistema giuridico si basa in

maniera determinante sul giudizio, cioè sull‟emissione di

una sentenza, espressione dell‟attività decisionale

attraverso la quale è possibile fenomenologizzare la

paradossalità dell‟intero sistema diritto, portato ad

esprimersi su qualcosa di non decidibile320

in quanto la

controversia rappresenta una disfunzione nella rete dei

sistemi che è decisa nella e dalla contingenza.

Infatti, la decisione-sentenza intesa da Luhmann non va

intesa nella sua accezione classica ma come una

“decisione sistemica” già decisa che il giudice

funzionalmente si limita a rendere nota321

, prescindendo

dalle motivazioni322

.

320 Id., Forme del terzo nel diritto. Interpretazione e testi di

Kojève-Sartre-Luhmann, Torino, 1998, p. 114.

321 Ivi, p. 118.

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Lezioni a.a. 2010-2011

293

In questa procedura il giudice si limita a trattare per la

seconda volta argomenti già precedentemente

maneggiati dal legislatore, ossia, esegue quelle fattispecie

astratte poste dall‟operatore di primo grado cercando

però di interpretarne l‟intenzione, vale a dire, la ratio

che ha mosso il legislatore.

L‟interpretazione è, difatti, un‟operazione comunicativa

di secondo grado volta sia alla comprensione di intenti

precedentemente posti sia alla creazione di collegamenti

tra il comportamento ossia la forma individuale del

singolo atto che si ci trova di fronte ed il contenuto

normativo da applicare all‟interno della ritualità del

processo.

Qui si inserisce la rinuncia a quell‟imparzialità e quel

disinteresse propri dell‟operatore di secondo grado che,

così, declinando il suo ruolo giuridico permette al sistema

stesso, sotto forma di procedura, di decidere attraverso il

ripristino di una funzione che altrimenti si disperderebbe

nell‟ambiente.

Il procedimento giudiziario descritto da Luhmann è,

inoltre, privo di legami con il concetto di temporalità

322 Obbligo della motivazione, previsto invece dalla nostra

Costituzione ex articolo 111, perciò ben conosciuto nel nostro

attuale ordinamento giuridico che garantisce la ponderazione

della decisione rispetto agli interessi delle parti e che permette di

ricostruire l‟iter logico che il giudice ha seguito nell‟applicare la

legge.

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Conversazioni sul diritto

294

tradizionale, infatti, il giudice svolge la sua funzione

interpretativa in una dimensione contingente, scissa da

qualsivoglia collegamento con il passato e con il futuro.

Si discute di contingenza per indicare l‟assorbimento nel

presente delle dimensioni del passato e del futuro, un

presente assoluto in cui il “qui ed ora” assorbe tutte le

altre dimensioni.

Questo significa che il giudizio è autofondantesi

coerentemente con la stessa premessa temporale di

contingenza323

e le stesse norme giuridiche che rimangono

valide solo fino a quando il sistema le individua come

funzionalmente vincenti324

.

11. Il sistema diritto e la sua funzione

Per Luhmann il problema centrale della ricerca

sociologica non è cogliere le condizioni di sussistenza dei

sistemi sociali, ma comprenderne il funzionamento,

partendo dalla premessa che gli elementi principali non

sono gli uomini ma la comunicazione, senza la quale

nessuna sistema sociale è dato.

323 Ivi, p.122-123.

324 A. Zaccagnini, Antropologia giuridica e antropologia

funzionale, i-lex. Scienze Giuridiche, scienze cognitive e

intelligenza artificiale, Rivista quadrimestrale on-line: www.i-

lex.it, Agosto 2010, n. 9.

Cinzia De Lellis.

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Lezioni a.a. 2010-2011

295

Ogni sistema sociale è autoreferenziale ed autopoietico ed

è tanto più stabile quanto più è capace di replicare alle

sfide provenienti dall‟ambiente.

Ogni sistema funziona attraverso un codice binario,

quello giuridico secondo la dicotomia diritto\non diritto

che selezione i materiali provenienti dall‟ambiente, anche

dal sistema economico che, essendo dotato di un

linguaggio numerico non soggetto ad interpretazione,

risulta più veloce e quindi vincente.

Il sistema diritto, tuttavia, garantisce l‟esserci degli altri

sistemi sociali attraverso il suo stesso funzionamento,

rendendo irrilevante la figura del soggetto e dei diritti

dell‟uomo, completamente ridefiniti dalla teoria sistemico

funzionale di Luhmann dove vigono i „diritti della

senzienza‟ e l‟uomo può essere spiegato alla stregua di

qualsiasi altra entità biologica ambientata nel presente,

contingente.

In questa prospettiva il sistema diritto svolge la funzione

immunitaria degli altri sistemi sociali e la pretesa

giuridica, esercitata dall‟uomo viene spersonalizzata,

procedendo non più dall‟io ma da un funzionario di

funzioni privo di qualsiasi responsabilità.

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Conversazioni sul diritto

296

12. Teoria dei sistemi sociali in Luhmann

Il “sistema” per Luhmann è un complesso di elementi

ascrivibili in una stessa dimensione che, relativamente al

sistema giuridico, collaborano alla funzione

immunitaria, finalizzata a proteggere gli altri sistemi

che possono diventare più forti e sconfinare nel giuridico.

Il mondo giuridico di Luhmann è formato solo da norme,

quindi un sistema normativo (non giuridico), mentre il

sistema sociale, è un‟entità di azioni che si mantiene

costante in un ambiente complesso e mutevole attraverso

la stabilizzazione di confini interno-esterno. Secondo il

pensiero di Luhmann il diritto c‟è dove esiste un sistema

che garantisca stabilità. La sua creazione intellettuale-

filosofica maggiormente significativa sta nell‟aver

applicato alla società la “teoria generale dei sistemi” la

teoria dell'evoluzione biologica, partendo dalla premessa

secondo la quale gli elementi primari ed unici di un

qualsiasi sistema sociale non sono gli uomini, ma gli

effetti della comunicazione senza la quale non esisterebbe

nessuna forma di sistema sociale. Infatti, un sistema

sociale è in grado di costituirsi, ricostituirsi, ma

soprattutto di autogestirsi attraverso la

autoreferenzialità, possibile solo mediante una costante

comunicazione. Luhmann precisa che l‟uomo non può

essere considerato un sistema di questo tipo a causa

Andrea Della Torre.

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297

dell‟elemento psicologico detto anche coscienza. Infatti, è

proprio il “funzionamento del senso” a garantire la

riduzione della complessità e soprattutto

l‟autoriferimento attraverso la chiusura dei sistemi. Solo

attraverso una comprensione dell'ambiente e del mondo

nelle tre dimensioni materiale, temporale e sociale, è

pensabile l'autonomia della dimensione sociale, a partire

dalle metafore interno/esterno (materiale),

reversibilità/irreversibilità (temporale) ego/alter

(sociale). Ulteriore elemento di desoggettivazione, che

differenzia Luhmann dalla tradizione metafisica è

l‟individuazione di una procedura di ricombinazione

alla base dei processi sociali, centrata sulla

comunicazione che, all‟interno di ciascun sistema

seleziona una parte delle informazioni provenienti

dall‟esterno, avviando la “riduzione della complessità”. Il

test di verifica secondo cui le informazioni sono

selezionate è il significato, comune sia ai sistemi sociali

che ai sistemi personali. Si tratta di un‟identità

distintiva, riprodotta costantemente nella comunicazione

che impedisce al sistema stesso di dissolversi nell‟ambiente.

Secondo Luhmann i fenomeni delle società complesse di

tipo industriale non possono essere ricondotti a cause

singole o leggi necessarie e, trattando il rapporto tra

sistema sociale (norme e valori) e agire individuale,

concepisce la società come un processo di "comunicazione"

tra il "sistema" e l'ambiente esterno, infatti, “la teoria

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Conversazioni sul diritto

298

sistemica si rivela di fatto una strategia di

neutralizzazione della conflittualità sociale, perché pone

le basi per la scissione del tessuto dinamico della società,

aggiungendo agli individui privati una ricchezza

intrinseca data dell‟uguaglianza”325

.

13. Il concetto di sistema in Luhmann

Luhmann definisce la sua teoria un “funzionalismo

strutturale” il cui compito primario è dare vita ad una

teoria generale della società basata su fondamenti

unitari. In questa prospettiva critica le scienze sociali

moderne che non svolgono un lavoro di generale

comprensione del fenomeno sociale, proponendo nuovi

concetti e metodi.

Nella ricerca sociologica Luhmann non dà rilevanza alla

“struttura” ma alle funzioni svolte dalle strutture (o

sistemi) nel tentativo di mantenersi in equilibrio con

l'ambiente, ponendo al centro le azioni concertate che si

svolgono secondo codici simbolici (il linguaggio, i gesti,

etc). A sua volta, ogni sistema ha un ambiente e deve

differenziarsene attraverso strategie in grado di far

fronte ad esse. Secondo Luhmann l‟ambiente si compone

di tre dimensioni: temporale, simbolica, materiale.

Considerando questi tre profili il sistema deve creare

325http://www.recensionifilosofiche.it/crono/200709/luhmann.

Benedetta Delle Cese.

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299

rimedi finalizzati alla riduzione della complessità

ambientale .

Ciascun sistema funziona con un codice binario :

1)Sistema giuridico giusto/ingiusto

2)Sistema scientifico vero/falso

3)Sistema politico potere/non-potere

I sistemi non possono interferire l‟uno con l‟altro oppure

l‟uno sopraffare l‟altro perché questo determinerebbe la

scomparsa di alcuni di essi. Luhmann definisce ciascun

individuo un sistema autopoietico, cioè chiuso in se stesso,

tuttavia, se fossimo realmente dei sistemi chiusi, come

potremmo “comunicare” con gli altri? Luhmann risponde

affermando la sufficienza di un “collegamento” tra

sistemi (es. : io parlo, tu annuisci, e allora, capendo che il

messaggio è giunto a destinazione, io proseguo nel mio

discorso. Manca, tuttavia, la garanzia che l‟altro capisca

effettivamente le cose come io le intendo).

Ma quali sono i sistemi sociali? Ciascun sistema deriva

dalla connessione di azioni umane dotate di significato

a tal proposito, il teorico tedesco distingue tre diversi tipi

di sistemi sociali:

a)l‟interazione: prevede la mediazione tra sistemi (es.

due sconosciuti si incrociano per strada o in un

ascensore e poi, dopo pochi minuti, procedono ognuno per

la propria via);

b)l‟organizzazione: si tratta di una sistema finalizzato a

creare stabilità nei comportamenti artificiali. Anche

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Conversazioni sul diritto

300

questo tipo di sistema cerca di ridurre le complessità di

cui sopra abbiamo parlato e lo fa: temporalmente

(quando si entra nell‟organizzazione? quando se ne

esce?) materialmente (con la divisione del lavoro)

simbolicamente (definendo le regole e i tipi

comunicativi);

Luhmann sostiene che la funzione dei sistemi

organizzativi può venire salvaguardata dall‟impiego di

media simbolici generalizzati (denaro, potere);

c)società: vi si ricorre a questa tipologia quanto ci

troviamo nell‟ambito societario e la prima cosa che è

affiorata nella mente di Luhmann è il concetto di società

globalizzata che annovera tutti i sistemi di

comunicazione e organizzazione, parlando

espressamente di “società mondiale”.

14. Il rischio in Luhmann*

a) Rischio e diritto. Se la società moderna è

caratterizzata da una spiccata complessità, causata dalle

numerose procedure, Luhmann la osserva e individua,

all‟interno dei vari sistemi che la compongono gli

strumenti attraverso i quali ridurre la complessità e far

fronte al rischio che, al pari della scarsità, viene definito

“equivalente funzionale”. Luhmann distingue tra

pericolo, ovvero, la possibilità di un‟entità di creare un

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Lezioni a.a. 2010-2011

301

danno con riferimento ad una fonte e il rischio326

, inteso

come la probabilità del verificarsi di un evento dannoso e

delle sue conseguenze che possono essere contenute

adottando misure di prevenzione e di precauzione327

. La

definizione di pericolo può essere presa in esame sotto due

diversi punti di vista: possibilità e probabilità. La

possibilità si ottiene confrontando numericamente le

chances di verificarsi e quelle di non verificarsi, mentre la

probabilità altro non che la possibilità numerica del

verificarsi dell‟evento superiore alla metà. Il pericolo,

inoltre, può essere visto da un punto di vista oggettivo o

soggettivo ma nella teoria di Luhmann quest‟ultima non

trova spazio poiché riduce l‟uomo in un ente biologico la

cui unica funzione è sopravvivere.

Si tratta di una visione cinica dell‟essere umano, dotato

di libero arbitrio, infatti, se non avesse la possibilità di

scegliere che senso avrebbe parlare di rischio? Se tutto

funzionasse per funzionare quale sarebbe il rischio che si

corre? Il black-out dei sistemi? Luhmann afferma, infatti,

che si può parlare di rischio solo quando si prendono delle

decisioni tra cui quella di scegliere tra diverse

alternative328

. Nessun comportamento è esente da rischi,

ogni decisione comporta una conseguenza che coinvolge

* Antonella Delle Donne.

326 N. Luhmann, Sociologia del rischio, Milano, 1991, pp. 24-39.

327 Ivi, p. 40.

328Cfr. www.docente.unicas.it/luisa_avitabile/ricerca, p. 183.

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Conversazioni sul diritto

302

colui che si assume la responsabilità di decidere e chi ne

subisce gli effetti pur non avendo agito329

. Tra i due

soggetti vi è asimmetria, perché il decisore è padrone

della situazione mentre colui che è coinvolto dipende dal

primo a cui lo lega un rapporto di fiducia330

. I rischi sono

insiti nella decisione medesima e diventano pericoli per il

soggetto coinvolto, infatti, provengono dall‟esterno.

Il rischio in sostanza è un incidente e la responsabilità

diventa per Luhmann un errore commesso da chi, avendo

agito in modo maldestro, si è lasciato scoprire,

diventando centro d‟imputazione. Il sociologo tedesco si

domanda in che modo sia possibile risolvere il problema

legato al rischio, infatti, se è possibile intervenire sulla

decisione non lo è altrettanto farlo sui soggetti coinvolti,

né è possibile evitare di decidere perché anche questo

implicherebbe una scelta. Un antidoto potrebbe essere

considerato la memoria che permette di riconoscere le

decisioni del sistema diventando una collaboratrice di

questo331

. In particolare la funzione immunitaria332

del

sistema diritto permette di sedare e diagnosticare i rischi,

329 Ibidem.

330 Ivi, p. 187.

331 Ibidem.

332 Ogni sistema si caratterizza per una specifica funzione, quella

immunitaria è propria del sistema diritto e si attiva ogni volta che

c‟è il pericolo che gli altri sistemi diventino più forti ed invadano il

sistema diritto.

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303

trasformando le aspettative da cognitive, caratterizzate

da variabili e possibili delusioni, in normative

caratterizzate da un numero di variabili determinato e

dunque da maggiore certezza333

. Questo processo è messo

in atto dal legislatore che funge da selettore e da

produttore di rischi in quanto decisore. Il diritto diviene,

così, garante dell‟immunità dei sistemi sociali perchè

stabilizzare le aspettative significa stabilizzazione del

rischio. La trasformazione delle aspettative comporta la

creazione di fattispecie astratte che contemplano ipotesi

di conflitti disciplinati giuridicamente, a partire dalle

sollecitazioni che provengono da altri sistemi. Un esempio

è rappresentato dall‟istituto dell‟arbitrato ove si concorda

di affidare la risoluzione della controversia ad un terzo,

scelto convenzionalmente, che decide sulla base di calcoli

economici riducendo al minimo eventuali rischi334

.

b) Le assicurazioni. L‟origine della parola rischio è

incerta. Alcuni studiosi la riconducono agli arabi, altri

pensano che anticamente indicasse lo scoglio su cui si

imbattevano le navi. Cosa certa è che il rischio si connette

all‟incertezza del futuro. I popoli primitivi, per combattere

333 Ivi, p. 193.

334 L‟istituto è previsto dall‟art. 808-bis cpc: “Le parti possono

stabilire, con apposita convenzione, che siano decise da arbitri le

controversie future relative a uno o più rapporti non contrattuali

determinati. La convenzione deve risultare da atto avente la forma

richiesta per il compromesso dall‟art. 807”.

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Conversazioni sul diritto

304

questa paura, si affidavano alla benevolenza degli dei

ma nel corso dei secoli si è cercato di affiancare il rischio

alla numerazione cercando di renderlo calcolabile. Allo

scopo di alleggerire il sistema diritto è stata istituita

l‟assicurazione, totalmente dipendente dalle statistiche,

dalle probabilità e dall‟osservazione delle medie in cui c‟è

un “an” dato e certo sempre e un “quantum” da stabilire.

In sostanza con l‟assicurazione la controversia tra privati

è risolta in base ad un accordo privato davanti un

assicuratore al quale l‟assicurato versa un premio

commisurato alla probabilità di verificarsi del danno.

Dal momento che l‟assicuratore non è esente da rischi in

quanto potrebbero verificarsi sinistri e danni che

superano le sue previsioni, generalmente si sottrae da

rischi di difficile previsione.

Nella società globalizzata ogni rischio è assicurato e lo

sviluppo tecnologico ha reso possibile l‟implementazione di

alcune tecniche di gestione. Storicamente l‟assicurazione

nasce con la proliferazione delle attività di produzione e

di scambio. Claudio, imperatore romano, aveva coperto

gli agricoltori dai rischi legati alle intemperie

metereologiche ma è nel mondo anglosassone che si

sviluppano molte compagnie assicurative soprattutto in

ambito marittimo. I mercanti, dovendo fare lunghi

viaggi in mare, assicuravano navi e merci e favoriscono

la nascita delle cd. polizze di carico che si perfezionano

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305

con la firma del sottoscrittore dopo aver concordato un

premio.

La mancanza di una regolamentazione giuridica

sollecita Giorgio I a rendere esecutiva la Bubble Act con

cui si sottrae il monopolio ai Lloyd per creare una sorta di

oligopolio a favore di un ristretto numero di compagnie

assicurative che crea grande confusione tant‟è che gli

armatori cominceranno, da allora, ad assicurarsi tra di

loro con le Mutual Hull Underwriting Associations.

Durante la metà del XIX sec. si comincia a discutere della

responsabilità degli armatori verso terzi tanto nel

trasporto di merci che di persone. Prima del 1846 se un

passeggero moriva sulla nave non c‟erano possibilità di

risarcimento del danno ma successivamente, con

l‟introduzione del Lord Campbell‟s Act si riconosce un

diritto di risarcimento in capo agli eredi. Nel codice della

navigazione, attualmente in vigore, è prevista una

responsabilità oggettiva in capo al vettore marittimo per

sinistri che colpiscono il passeggero o per perdita o avaria

delle merci sebbene possa discolparsi dimostrando

l‟estraneità all‟evento335

. In Italia la prima istituzione

335 Art. 408 cod. della navigazione: “il vettore è responsabile dei

danni derivati al passeggero da ritardo o da mancata esecuzione

del trasporto, se non prova che l‟evento è derivato da causa a lui

non imputabile”. Art. 409 cod. della navigazione: “il vettore è

responsabile dei sinistri che colpiscono la persona del passeggero,

dipendenti da fatti verificatisi dall‟inizio dell‟imbarco sino al

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Conversazioni sul diritto

306

assicurativa Monte dei Paschi, nel 1473, era una sorta di

mutuo soccorso, infatti, gli agricoltori non colpiti da

intemperie aiutavano quelli delle zone colpite. Nel codice

civile l‟assicurazione ha la forma di un contratto ove

l‟inesistenza del rischio è causa di nullità dello stesso e la

cessazione di scioglimento336

. Alla base dell‟assicurazione

vi è un tentativo di misurazione del rischio. Fibonacci337

scollega il rischio dal potere della natura o degli dei e lo

ricollega alle azioni umane. Pascal338

è noto per il calcolo

delle probabilità e delle possibilità che ha un determinato

evento di verificarsi nel futuro. Galileo339

e Cordano

studiano il rischio nel gioco d‟azzardo per verificarne la

possibilità di calcolo e la gestibilità degli eventi. Oltre alle

analisi delle probabilità un ruolo fondamentale è svolto

dalla campionatura, cioè dalla media e dalla statistica.

compimento dello sbarco, se non prova che l‟evento è derivato da

causa a lui non imputabile”.

336 Art. 1882 c.c. “L‟assicurazione è il contratto col quale

l‟assicuratore, verso il pagamento di un premio, si obbliga a

rivalere l‟assicurato, entro i limiti convenuti, del danno ad esso

prodotto da un sinistro ovvero a pagare un capitale o una rendita

al verificarsi di un evento attinente alla vita umana ”.

337 Matematicoitaliano nato a Pisa nel 1170 e morto nel 1240.

338 Blaise Pascal, matematico, fisico, filosofo e teologo francese,

nato a Clermont-Ferrand nel 1623 e morto a Parigi nel 1662.

339 Galileo Galilei è stato un fisico, filosofo, astronomo e

matematico. È nato a Pisa nel 1564 e morto ad Arceti nel 1642.

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307

Bernoulli340

cioè sulle modalità attraverso cui l‟uomo

decide. Bentham341

formula un‟algebra morale cioè un

calcolo quantitativo che permette di conoscere le

conseguenze dell‟agire quantificando la felicità prodotta

poiché l‟uomo si dirige verso azioni che massimizzano il

piacere riducendo al minimo il dolore342

. Successivamente

la psicologia emotiva affermerà che le emozioni portano

l‟uomo a riflettere maggiormente sui rischi minimi,

tralasciando quelli seri e reali. Rendere il rischio

calcolabile e circoscrivibile significa anche dare

maggiore libertà all‟uomo che può decidere senza paura

del futuro. Jaspers343

afferma che l‟incertezza è irrisolvibile

ed è il modo di comunicazione che da qualità alle

relazioni intersoggettive. Ad esempio il medico non può

dare certezze al malato, ma può relazionarsi con lo stesso.

Luhmann, per combattere l‟incertezza a cui il rischio si

connette, utilizza il codice ignoranza-sapere, infatti, se il

decisore non sa a quali esiti può portare la sua scelta

continua a correre i rischi ad essa connessi ma

inconsapevolmente. Questo punto è molto criticabile,

340 Jakob Bernoulli è stato un matematico svizzero. È nato a

Basilea nel 1654 e lì è morto nel 1705.

341 J. Bentham, filosofo e giurista inglese, è nato a Spitalfirlds nel

1748 e morto a Londra nel 1832.

342 J. Bentham, in www.wikipidia.org.

343 Karl Theodor Jaspers, nato a Oldenburg nel 1883 e morto a

Basilea nel 1969.

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Conversazioni sul diritto

308

perché bisogna studiare per trovare soluzioni al problema

del rischio e non barricarsi dietro una non conoscenza.

Inoltre il danno comunque si verificherebbe e dunque non

serve a niente non porsi domande preventivamente. Anche

se oggi il rischio è maggiormente calcolabile e prevedibile

rispetto al passato pone comunque l‟uomo dinanzi

all‟impossibilità di vincolare il futuro, perché, come

afferma Luhmann, è la forma stessa della decisione.

c) Il rischio nella società moderna. La lotta tra uomo e

rischio è impari perché più l‟uomo si evolve creando nuove

tecnologie più i rischi aumentano. Possiamo affermare

che tecnologia e rischio sono legati da un rapporto

indirettamente proporzionale. Basti pensare alle tante

scoperte che hanno portato ad un aumento

dell‟inquinamento e quindi ad un rischio per l‟ambiente e

le generazioni future. Se è vero che le assicurazioni hanno

cercato di coprire queste possibilità344

, bisogna riconoscere

che queste non possono cancellare i danni che ha

344 Ci si riferisce alla Convenzione CLC, siglata a Bruxelles nel

1698, che prevede un fondo per risarcire le vittime di danni

ambientali. Questo è alimentato dagli armatori navali e viene

utilizzato quando si superano gli ultramassimali assicurativi o in

caso di ipotesi di esonero di responsabilità del proprietario della

nave.

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Lezioni a.a. 2010-2011

309

provocato il disastro del Torrey Canyon345

o quelli causati

dalla British Petrolium. Il continuo sviluppo tecnologico e

biochimico ha esposto a rischio anche elementi destinati a

soddisfare bisogni primari dell‟uomo come l‟aria o

l‟acqua, Luhmann stesso afferma che l‟alta tecnologia

produce dei rischi, lo sviluppo della cibernetica comporta

un grande numero di licenziamenti e nuove strategie

militari che prevedono l‟utilizzo di armi più potenti e

distruttive. Luhmann definisce il rischio come una forma

che forma altre forme utilizzando il codice probabile-

improbabile che, quindi, ha due versanti: presente e

futuro. Luhmann afferma che il futuro è indeterminabile

poiché ciò che accadrà dipende da fattori sconosciuti e

dalle decisioni del presente. La domanda sul rischio è

un‟osservazione di secondo grado che si avvia da uno

stato di penuria che nasce nel sistema economico ed è

mantenuta nella misura in cui non c‟è n‟è abbastanza

per tutti.

La globalizzazione ha comportato una crescita di scambi

che ha moltiplicato ad esempio la possibilità di un

attacco nucleare e, in generale, l‟estensione dei rischi a

macchia d‟olio.

Anche l‟alterità diventa un rischio, infatti, l‟altro che può

assumere le vesti di uno straniero etc., diventa

345 La Torrey Canyon era la prima petroliera capace di trasportare

120.000 tonnellate di petrolio greggio. Si arenò al largo della

Cornovaglia nel 1967.

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Conversazioni sul diritto

310

l‟incarnazione di una possibile minaccia all‟economia

del proprio Paese, al proprio posto di lavoro o alla propria

vita. La globalizzazione ha trasformato il mondo in una

sorta di giungla primitiva dove vince il più forte e la

legge suprema è homo homini lupus, cancellando il

processo di evoluzione dell‟uomo. Afferma Luhmann:

“Viviamo in una giungla dove tutto funziona per

funzionare”. Ma cosa significa? Siamo davvero solo enti

biologici destinati ad annaspare nel recinto proprio del

nostro ruolo? A mio avviso no, perché siamo esseri

pensanti, dotati di emozioni e di sensibilità. Già

Aristotele346

affermava che l‟uomo è un animale politico

cioè in grado di dialogare e fornito di uno spirito critico

che deve utilizzare per migliorare se stesso e la società. È

proprio sfruttando la sua intelligenza e la sua interiorità

che l‟uomo,inteso come persona e non come ente biologico,

può prendere le decisioni più giuste fronteggiando anche

gli eventuali rischi. Il rischio non può essere eliminato

dalla vita dell‟uomo, perché non si può non decidere o

conoscere il futuro a priori. La non conoscenza del

domani, del cosa accadrà se o cosa sarebbe accaduto se,

costituiscono momenti inevitabili della vita e forse

contribuiscono a renderla più bella e meno noiosa.

346 Aristotele è stato un filosofo greco nato a Stagira nel 384 a. C. e

morto a Calcide nel 322 a. C.

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Lezioni a.a. 2010-2011

311

15. Sistemi sociali

Secondo la teoria di Luhmann gli elementi primari ed

unici di qualsiasi sistema sociale non sono gli

agenti,ovvero gli uomini, ma gli effetti della

comunicazione, senza la quale non esisterebbe alcuna

forma sistemica. Infatti, ogni sistema sociale è in grado

di costituirsi, ricostituirsi e di autogestirsi attraverso

l‟autoreferenzialità e l‟autopoiesi.

Luhmann non si sofferma sulle condizioni di sussistenza

delle strutture sociali, ma indaga le funzioni svolte da

determinati sistemi nel tentativo di mantenersi in

equilibrio con l‟ambiente da cui arrivano, costantemente,

minacce. In questo senso, quanto più l‟organizzazione

interna è complessa, tanto più il sistema è in grado di

tener testa alla crescente complessità e mobilità

ambientale. Infatti, tutti i sistemi sociali sono situati in

un “ambiente” complesso ed operano, al fine di ridurre

detta complessità, attraverso un codice binario che per il

sistema giuridico è la dicotomia giusto/ingiusto, per

quello scientifico vero/falso, per quello politico potere/non

potere. Secondo Luhmann anche l‟uomo è un mini sistema

autopoietico cioè chiuso che, tuttavia, attraverso la

comunicazione crea un collegamento con gli altri sistemi

dando vita alla realtà sociale, intesa come intreccio di

relazioni tra sistema e ambiente. In questa architettura,

Carlo Di Caprio.

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Conversazioni sul diritto

312

l‟evoluzione dei sistemi è affidata all‟intervento di fattori

casualmente indeterminati e in larga misura sottratti

alla possibilità di controllo dell‟uomo.

16. Sistema Diritto

Nella teoria generale dei sistemi di Luhmann sia

l‟individuo che il diritto hanno una funzione

immunitaria diretta a tutelare il funzionamento degli

altri sistemi attraverso strategie funzionali

Il sistema economico, oggi, gerarchizza gli altri,

fornendo i materiali che il sistema giuridico si limita a

codificare.

In questo processo, il legislatore è un “osservatore di primo

grado” perché produce norme, mentre il giudice è un

“osservatore di secondo grado” perché tratta i materiali

già elaborati dal legislatore.

Come fanno ad emergere le regole giuridiche nella società

complessa? I sistemi si osservano vicendevolmente ma

soltanto il diritto è in grado di attuare la codificazione

attraverso i materiali comunicati, cioè provenienti da

altri sistemi.

La comunicazione avviene attraverso programmi

condizionali che mettono in circolo una pluralità di

informazioni e vanno ad incidere sul codice diritto:

Carmen Di Silvestro.

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313

diritto\non diritto attraverso il quale l‟aspettativa (le

leggi) da cognitiva diventa normativa.

Il compito del sistema diritto è quello di stabilizzare le

aspettative attraverso l‟intervento del legislatore che opera

nel passato ma, vive nel presente grazie all‟intervento del

giudice che le adatta al caso concreto e al terzo polizia

che opera nel futuro. Le norme giuridiche, infatti,

rinviano temporalmente al futuro e presentano almeno

due componenti essenziali: il tempo e la società.

Se il diritto funziona per far funzionare la costellazione

sistemica, la qualità degli argomenti dipende

strettamente dal tipo di esigenze sociali, intese, nella

prospettiva luhmanniana, come le necessità del gruppo

più forte che, attraverso il codice diritto\non diritto

vengono normativizzate.

17. Teoria dei sistemi e complessità sociale

Luhmann è uno dei rappresentanti più autorevoli e

originali del pensiero sociologico tedesco contemporaneo.

La sua produzione scientifica è imponente: si è occupato

di sociologia generale, di sociologia del diritto, di teoria

politica, di sociologia della religione, di semantica

storica, di etica e di ecologia. Ha sempre prestato una

particolare attenzione ai problemi teorico-epistemologici,

attenzione che emerge da tutte le sue opere: “Stato di

diritto e sistema sociale” 1971, “Potere e complessità

Ramona Fabrizi.

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Conversazioni sul diritto

314

sociale”, “Illuminismo sociologico”. Nella seconda metà

del Novecento, lo studioso tedesco organizzare la sua

teoria nel lungo trattato Sistemi sociali. Lineamenti di

una teoria generale (1984). Rispetto alla prevalente

sociologia contemporanea che pone l‟individuo al centro

del problema sociologico, Luhmann riporta l‟attenzione e

focalizza la sua teoria attorno al sistema sociale.

Luhmann, pur ammettendo che i fenomeni sociali vanno

studiati in rapporto con la funzione che essi svolgono per

il mantenimento del sistema, critica le teorie

funzionaliste, e Parsons in particolare, che non sono

riuscite a distinguere il concetto di causa da quella di

funzione. Luhmann definisce il Sistema non tanto con

riferimento alle sue stesse forze interne che ne

garantiscono la continuità quanto nella sua capacità di

contrapporsi all‟ambiente che ne minaccia la stabilità.

Mutuando nozioni elaborate dalla "teoria generale dei

sistemi" Luhmann sostiene che “i sistemi sociali sono tanto

più in grado di stabilizzarsi quanto più sono capaci di

replicare in modo pertinente alla sfide provenienti

dall'ambiente”. Luhmann attraverso la metodologia del

funzionalismo sistemico si ripropone di rinnovare

l‟approccio teorico allo studio delle società: le interazioni

sociali vanno studiate per Luhmann come interazioni tra

sistemi, i concetti di uomo, popolazione vanno

abbandonati per assumere una sociologia basata sul

rapporto sistema- ambiente. “Il sistema per Luhmann è

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315

un‟entità di azioni che si mantiene costante in un

ambiente mutevole e complesso attraverso la

stabilizzazione di confini interno-esterno. Invece della

razionalità puramente interna di un ordinamento privo

di contraddizioni, scrive Luhmann “la problematica è

quella di un mantenimento di un sistema in un ambiente

complesso. I sistemi sono unità operative sensibili nei

confronti dell‟ambiente”. Nei sistemi aperti la dinamica

dell‟evoluzione verrebbe ancora determinata dalla

differenza di complessità tra sistemi; la complessità

continuamente in aumento spinge all‟approfondimento

della differenziazione funzionale, tutti i sistemi vengono

sottoposti a un continuo adattamento e adeguamento a

livelli superiori di complessità. In questa teoria

sociologica dei sistemi aperti, il singolo individuo,Per

Luhmann dato che non è parte del sistema(sistema di

azioni) è suo ambiente. Essendo un sistema di azioni il

sistema sociale non comprende il singolo individuo:

Individuo e società sono portatori di complessità. In una

teoria che dichiara di avere come oggetto della propria

analisi i sistemi,l‟individuo assume ruoli all‟interno di

determinate unità di azioni: le procedure. L‟approccio

sociologico sistemico muove dalla rilevanza

dell‟insicurezza che nasce dalla complessità sociale; i

sistemi devono rispondere per luhmann al bisogno di

ordine di prevedibilità funzionale. La contrapposizione

sistema-ambiente, la problematica della complessità

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Conversazioni sul diritto

316

sociale in Luhmann rimandano alla contrapposizione

secolare nella storia della cultura tedesca tra Kultur,

intesa come sfera sociale, e Natur intesa come suo

ambiente. La teoria sistemica di Luhmann è riconducibile

quindi ad un ipotesi di sviluppo di un processo di

razionalizzazione della società in uno stato di crisi: il

senso sistemico è il riconoscimento teorico della

condizione di crisi”347

.

18. I „sistemi sociali‟ in Niklas Luhmann*

Niklas Luhmann è stato, per l‟applicazione alla società

della „teoria dei sistemi sociali‟, uno degli esponenti di

spicco della sociologia tedesca. In base alla teoria

luhmanniana, gli elementi primari ed unici di una

società, non sono i soggetti, gli uomini, quanto piuttosto

le comunicazioni ed i loro effetti. L‟uomo è inteso da

Luhmann come “ente biologico”, appartenente a un

sistema più complesso, quello psicologico, in quanto essere

pensante. Le comunicazioni producono ulteriori

comunicazioni, dando vita ad una serie di operazioni,

procedure complesse attraverso le quali una società è in

grado di raggiungere degli obiettivi ( politici, economici,

etc). Dalla considerazione secondo cui la procedura è

un‟operazione volta alla produzione, si evince come la

347 Cfr. www.paoloborsoni.net/complessita.htm.

*

Filomena Falduto.

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317

stessa presenti la caratteristica dell‟autoreferenzialità. Il

sistema, dunque, è in grado di ridefinire continuamente

se stesso e di riprodursi autonomamente; esso nasce

mediante un‟osservazione diretta di ciò che viene

descritto, e la relativa comunicazione è intesa come la

sintesi di tre momenti fondamentali:

emissione; informazione; comprensione.

Di conseguenza, i sistemi si presentano chiusi

operativamente, perché incentrati solo sulle

comunicazioni, ma aperti informativamente, in quanto

solo l‟apertura a molteplici direzione permette uno

scambio informativo. L‟informazione stessa poi, è in grado

di incidere sulla scelta dell‟operatore giuridico di

ascrivere l‟informazione stessa in uno dei due poli

“diritto-non diritto”. Ogni sistema, infatti, funziona in

base ad un codice binario che consente di superare una

situazione di unità paradossale e creare movimento o –

usando le parole di Luhmann – “unità del molteplice”.

Il sistema giuridico, pertanto, funzionerà in base ai poli

del giusto/non giusto, quello scientifico sul binario del

vero/falso e così via. A questo punto diventa necessario che

non vi siano interferenze tra i diversi sistemi, poiché ciò

comporterebbe il venir meno di uno di essi. In concreto, i

sistemi sociali si hanno quando singole azioni umane si

collegano tra loro, acquistando un dato significato.

Luhmann, precisaa che i sistemi sociali sono tre:

interazione, organizzazione e società. Essi sono tutti

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Conversazioni sul diritto

318

diretti alla riduzione della complessità ambientale nei

suoi tre aspetti: materiale, temporale e simbolico.

19. La „Teoria dei sistemi sociali‟ nell‟opera di Luhmann*

Niklas Luhman, con la propria concezione del

“funzionalismo strutturale” ritiene che il problema

centrale della ricerca sociologica non consista nel

cogliere le condizioni di sussistenza delle strutture sociali,

bensì nel capire quali siano le funzioni svolte da

determinate strutture (sistemi) nel tentativo di

mantenersi in equilibrio con l'ambiente. Luhmann

argomenta che i sistemi sociali sono tanto più in grado di

stabilizzarsi quanto più capaci di replicare in modo

pertinente alle sfide provenienti dall'ambiente. Sulla base

di tali affermazioni, un sistema sarà in grado di resistere

alla pressione dell'ambiente quanto più la propria

organizzazione interna sarà complessa.

Nella teoria luhmanniana, l‟agire umano si struttura

secondo sistemi, che sorgono ogni qual volta si abbiano

azioni concertate: queste ultime si verificano sempre

attraverso codici simbolici.

Il sistema riduce e seleziona in sé più elementi che hanno

un comun denominatore e li ascrive in una situazione

(ad esempio quella giuridica). Tutti i sistemi sociali si

situano, pertanto, in un “ambiente” complesso e

*

Sara Federici.

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319

multidimensionale, con il quale debbono rapportarsi per

sopravvivere. È ambiente tutto ciò che non fa parte del

sistema.

L‟ambiente – riferisce Luhmann – impone esigenze e il

sistema deve sviluppare strategie per far fronte ad esse. Le

tre dimensioni che caratterizzano l‟ambiente sono: quella

“temporale”, “materiale”, “simbolica”. Pertanto, il sistema

deve elaborare strategie per ridurre la complessità

ambientale sotto questi tre profili.

Ogni sistema, inoltre, funziona con un codice binario: il

codice del sistema diritto è quello del legale/non legale e

del diritto/non diritto; mentre per il sistema economia

capacità vale quello del pagare/non pagare. A cosa serve

tale codice binario? Secondo Luhmann, se ci fosse un

unico polo tutto sarebbe fermo, immobile, l‟unità

porterebbe al paradosso, tutto sarebbe il contrario di

tutto. Ebbene, proprio per rompere questo paradosso, si crea

l‟altro polo e ciò permette al sistema di funzionare,

muoversi e creare operazioni funzionali.

Dopo essersi costituito, il sistema osserva gli altri sistemi e

comunica con essi. Questa comunicazione, sempre

autoreferenziale, serve a produrre operazioni, che

verranno portate fuori dal sistema stesso in modo

eteroreferenziale, mediante il flusso di programmi

condizionali, contenente tutte le informazioni che,

secondo una selezione interna , il sistema ritiene di dover

esportare all‟esterno, verso un altro sistema. Se ne deduce

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Conversazioni sul diritto

320

che ogni sistema sarà operativamente chiuso, ma anche

aperto e multidirezionale nel realizzare lo scambio

informativo (per esempio il sistema giuridico potrà

emettere una sentenza). Non dovranno, però, verificarsi

interferenze o ingerenze di sistemi, pena l‟estinzione di

uno o alcuni di essi.

Nella fase matura del suo pensiero, Luhmann si spinge

addirittura a sostenere che ciascuno di noi è un sistema

autopoietico, chiuso in se stesso. A tal proposito si ricorda

che i sistemi – nella prospettiva luhmanniana –

comunicano tra loro sulla base di un mero

“collegamento”. Ogni sistema si apre e chiude all‟esterno

continuamente348

attraverso un flusso di programmi

condizionali, contenente informazioni, che si dirige da

un sistema verso tutti gli altri. Questi, a loro volta,

selezioneranno la parte di flusso che interessa349

loro. Tale

flusso di programmi andrà a incidere sugli altri sistemi

non in maniera disordinata, ma entrando in uno dei

due poli del codice binario del sistema. Si pensi al sistema

348

Per quanto concerne il sistema diritto, ed in particolar modo il

momento in cui viene emanata una sentenza, ci si riunisce in

camera di consiglio per decidere e si chiude il sistema perché si

valorizzano, visualizzano e selezionano le operazioni prodotte per

poterle comunicare ed esternare al sistema.

349

Ad esempio se la sentenza riguarda il mondo economico, sarà il

sistema economia a selezionare la parte del flusso d‟interesse.

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321

diritto, in cui tutto ciò che arriva sarà selezionato in base

al polo diritto/non diritto.

Per quanto riguarda il rapporto tra questi sistemi,

sicuramente non si tratta di un rapporto gerarchico ma

eterarchico, poiché essi sono posti tutti sullo stesso piano

per esigenze di funzionalità. Se così non fosse, non ci

sarebbe una comunicazione diretta tra sistemi e

servirebbe un‟intermediazione, non funzionale alla

celerità della comunicazione stessa.

In sintesi, le comunicazioni avvengono attraverso i flussi

di programmi condizionali (condizionali perché

condizionano gli altri sistemi), selezionando le

informazioni sulla base dei due poli del codice di un

sistema. Ogni sistema seleziona la parte del flusso di

programma che gli interessa. I sistemi sono in una

condizione di eterarchia, che favorisce il flusso dei

programmi condizionali. Ogni sistema al proprio interno

produce operazioni autoreferenziali, che devono essere

esternate attraverso la cd. eteroreferenza. I sistemi non

sono in posizione gerarchica ma eterarchica, per

agevolare la comunicazione, il cd. flusso di programma

condizionali350

.

350

Luhmann parla di „programmi‟ perché le informazioni vanno a

incidere programmaticamente su altri sistemi (ad esempio una

sentenza che esce dal sistema diritto e incide sul sistema

economico, lo programma, conferendogli una direttiva di

comportamento).

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Conversazioni sul diritto

322

20. Il rischio*

La parola rischio deriva dall‟antico italiano “risicare”,

che significa osare: in questo senso il rischio è una scelta

più che un destino351

.

Il concetto di rischio è accompagnato dalla

rappresentazione dell‟incidente, inteso come rischio che

diventa realtà.

Nelle società moderne il rischio è sempre più presente,

infatti, la complessità di tecniche ed idee impone la

possibilità di una pluralità di scelte e ciò implica la

possibilità di sbagliare. Ebbene, il rischio di errare va

accettato perché legato alla decisione, posto che solo chi

evita di decidere si sottrae automaticamente allo sbaglio,

senza rischiare.

Il rischio è legato all‟incertezza del futuro ed incide sulle

relazioni interpersonali dal momento che la vita

dell‟uomo è caratterizzata dal rischio, essendo legata alle

decisioni che il soggetto compie. Tale concetto è stato

analizzato da numerosi studiosi, tra cui Niklas

Luhmann, che dedica a tale argomento un‟intera

opera352

, cercando di chiarire i motivi per cui il concetto

*

Sabrina Filona.

351

P. L. Bernstein, Più forti degli dei. La straordinaria storia del

rischio, Milano, 2002.

352

N. Luhmann, Sociologia del rischio, Milano, 1996.

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323

di rischio sia rilevante nella descrizione della società

moderna. Luhmann parte dal presupposto che la

modernità abbia segnato il passaggio da una situazione

naturale, in cui erano il fato, la divinità, l‟entità

trascendentale353

a determinare il futuro, ad una

situazione in cui sono le singole decisioni prese nel

presente a determinare il futuro.

In merito al problema della determinazione del futuro è

riscontarbile, pertanto, un‟evoluzione perché se, in

passato, il compito di descrivere le trame degli

accadimenti futuri era lasciato alla divinità, oggi, nelle

società moderne, questo compito è affidato al concetto di

rischio, cui è collegato quello di probabilità. Ad esempio

per decidere se intraprendere o meno un‟azione rischiosa

ci si può affidare a dei modelli matematici di calcolo del

rischio, che supportino la decisione. Questi calcoli possono

mostrare la probabilità che sopraggiunga un danno e

quindi possono o meno legittimare l‟azione rischiosa a

prescindere dal risultato.

Inoltre, prova di questa evoluzione tra civiltà del passato

e del presente è l‟istituzione delle assicurazioni, che

trasformano i pericoli in rischi e creano un filtro di

sicurezza per affrontare il futuro. L‟assicurazione,

dunque, permette la copertura del rischio, oltre ad evitare

di andare davanti ad un giudice terzo.

353

http://www.docente.unicas.it/luisa_avitabile

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Conversazioni sul diritto

324

Per Luhmann il rischio è riferito a decisioni, che

accettano la possibilità che si abbiano conseguenze

negative sotto forma di danni. Difatti, per attribuire il

rischio alla decisione è necessaria la possibilità di

scegliere tra diverse alternative, ciascuna delle quali deve

essere riferita alla possibilità di eventuali danni. In

questo modo gli eventuali danni che si potrebbero

verificare in futuro possono essere attribuiti alla decisione

e visti come sua conseguenza. Il rischio non dipende solo

dal tipo di decisione o dal tipo di danno che ne può

derivare, ma anche da costruzioni sociali legate ad

influenze temporali, come l‟ammontare del danno.

Il concetto di rischio, quindi, è importante per osservare i

rapporti sociali e il loro mutamento storico. Nelle società

moderne – riferisce Luhmann – ogni decisione si

costituisce sulla base del rischio, non esistendo

comportamenti tali da poterlo escludere. In questa

direzione si può parlare di rischio soltanto se si suppone

che colui che lo percepisce tracci delle distinzioni tra

risultati buoni e cattivi, tra vantaggi e svantaggi, tra

accettabile ed inaccettabile e tra probabilità e

improbabilità del loro manifestarsi.

Il rischio è legato all‟incertezza di un evento e

all‟evoluzione di una società che diventa sempre più

complessa ed in cui lo sviluppo delle tecnologie aumenta il

rischio, creando la possibilità di prendere decisioni non

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Lezioni a.a. 2010-2011

325

ipotizzabili nel passato. Il processo decisionale, in

Luhmann, si compone di due categorie:

i decisori, ossia coloro che decidono;

i coinvolti, che sopportano gli effetti della decisione.

Le due categorie di soggetti non sono differenti dal punto

di vista fisico, ma per le conseguenze che nei loro

confronti assume la decisione; difatti i rischi che un

decisore corre diventano pericoli per coloro che ne sono

coinvolti.

La forma del rischio viene definita da Luhmann

attraverso la distinzione tra pericolo e rischio. Entrambi i

concetti si riferiscono alla possibilità del sopraggiungere

di un danno ma mentre il pericolo riguarda il

sopraggiungere di danni legati a fatti esterni, il rischio

invece è relativo al sopraggiungere di danni dovuti ad un

errata decisione. Tale distinzione se da una parte

presuppone che ci sia un interesse a cercare la sicurezza,

dall‟altra evidenzia che mentre nelle società antiche era

posto l‟accento sul pericolo, invece, in quelle moderne, se

ne evidenzia il rischio. Ebbene, l‟analisi del rischio ha lo

scopo di assumere un insieme d‟informazioni per

consentire atti efficienti di riduzione del rischio,

effettuati mediante interventi di prevenzione e di

protezione.354

Inoltre, la disponibilità a correre dei rischi

354

N. Luhmann, Sociologia del rischio, cit., passim.

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Conversazioni sul diritto

326

dipende da quanto si è certi di tenere sotto controllo

situazioni precarie, anche con l‟aiuto delle assicurazioni.

21. I sistemi autoreferenziali*

Il concetto di sistema autoreferenziale afferma che lo

sviluppo di sistemi, attraverso differenziazione, trova il

suo nucleo nell‟autoriferimento, cioè nel fatto che i sistemi

fanno riferimento solo a loro stessi. La teoria generale dei

sistemi, elaborata da Luhmann, necessita di essere

confermata attraverso il confronto con materiali

sociologici. Occorre elaborare innanzitutto una teoria

sistemica riferita direttamente alla realtà nel tentativo di

spiegare, interpretare e conoscere la realtà sociale in cui

viviamo. La teoria sistemica può essere riferita a sistemi

molto diversi ed avanza la pretesa di comprendere

l'insieme degli oggetti della sociologia, di essere una

teoria sociologica universale. Concentrando l'attenzione

sul funzionamento interno di un sistema, emerge il

problema del rapporto tra sistema e ambiente circostante.

In particolare, la differenza tra sistema e ambiente è da

intendersi nel senso che i sistemi si orientano rispetto al

loro ambiente ad un livello strutturale; un sistema non

potrebbe sussistere senza l'ambiente. Questa differenza è

regolata utilizzando i confini del sistema; dunque la

conservazione del confine coincide con la sopravvivenza

*

Luca Forte.

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Lezioni a.a. 2010-2011

327

del sistema. Esiste inoltre un‟ulteriore integrazione

nell'illustrazione del preciso compito che svolgono i

confini: svolgono la duplice funzione di separare e

collegare fra loro il sistema e l'ambiente. Il confine del

resto separa gli elementi ma lascia passare le relazioni,

separa gli eventi ma non anche gli effetti causali. Per

svolgere questa speciale funzione, i confini possono essere

differenziati fino a costituire istituzioni specifiche,

attraverso determinate prestazioni selettive. Ciò comporta

che i sistemi diventino indefinibili gli uni per gli altri e

che sorgano nuovi sistemi (i sistemi di comunicazione)

preposti alla regolazione di questa indefinibilità. I

requisiti dei confini variano, però, nel caso in cui il

sistema sia obbligato a distinguere nel proprio ambiente

dei diversi altri sistemi (con i loro rispettivi ambienti). In

quest'ultimo caso, i confini dovranno essere disposti

tenendo conto di tale distinzione fatta dal sistema

globale.

Altro aspetto importante da illustrare è che vi sono

ambienti particolari e sistemi altrettanto particolari.

L'ambiente è diverso per ogni sistema, poiché quest‟ultimo

isola solo se stesso dal proprio ambiente. Il riferimento

all'ambiente costituisce una strategia del sistema: i

sistemi entro l'ambiente del sistema globale (dunque i

sotto-sistemi) sono orientati, a loro volta, verso i propri

ambienti; a ogni sistema appartiene il proprio ambiente

come unità caratterizzata da una sconcertante

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Conversazioni sul diritto

328

complessità. Il sistema complessivo acquisisce la funzione

specifica di “ambiente interno” per i suoi sotto-sistemi. La

differenziazione sistemica, dunque, costituisce un

procedimento, che aumenta la complessità, con delle

conseguenze notevoli.

Da tali considerazioni si evince che l'unità del sistema

può essere colta solo grazie al principio costruttivo che

caratterizza la sua differenziazione. Grazie a

quest'ultima, il sistema acquisisce così la sua identità.

I sistemi “non sono illimitati spazialmente, ma

astrattamente delimitati da un confine particolare”.

Quest‟ultimo separa il sistema dal suo ambiente e può

essere concepito come divisione che passa all'interno dei

nessi causali. Alcune cause, necessarie per l'ottenimento di

determinati effetti, possono essere impiegate in modo

controllato da un sistema e proprio grazie alla sua

evoluzione (e anche tramite la programmazione) risulta

possibile che si verifichi un complesso di cause produttive

concomitanti, in grado di aggregare attorno a sé le

appropriate cause ambientali. A questo punto diventa

necessario evidenziare come il sistema abbia bisogno per

sopravvivere degli elementi che consentano le relazioni.

La differenza tra sistema e ambiente deve essere, quindi,

distinta da quella fra elemento e relazione. Non vi sono

elementi privi di un nesso relazionale o relazioni senza

elementi. Vi sono quindi due diverse possibilità di

considerare il modo in cui si scompone un sistema: la

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Lezioni a.a. 2010-2011

329

prima possibilità mira alla creazione di sotto-sistemi

entro il sistema; la seconda scompone il sistema in

elementi e relazioni.

22. L‟influenza politica sul sistema diritto*

Niklas Luhmann ha il merito di aver fornito il più denso e

originale contributo apparso in Europa in ordine ad una

radicale trasformazione della sociologia.

Luhmann analizza i sistemi valutandoli in base alla loro

funzionalità all‟interno della società. Il fine ultimo del

sistema può essere modificato dalle scelte dalle società ed

è proprio attraverso questo moto che se ne mantiene la

funzionalità .

Rispetto alla prevalente sociologia contemporanea, che

pone l‟individuo al centro del problema sociologico,

Luhmann focalizza la sua teoria sul sistema sociale, che

considera non tanto con riferimento alle forze interne che

ne garantiscono la continuità, quanto alla sua “capacità

di contrapporsi all‟ambiente cui appartiene,

minacciandone la stabilità” 355

. Assumono, dunque,

rilevanza i concetti di mondo e ambiente: il primo inteso

come infinita molteplicità e complessità del reale; il

secondo come delimitazione delle possibilità

concretizzabili, che si danno in una particolare

*

Daniele Fusaro.

355

N. Luhmann, Stato di diritto e sistema Sociale, Napoli, 1984, p. 63

e ss.

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Conversazioni sul diritto

330

situazione. Il sistema rappresenta l‟effettiva selezione e

realizzazione di determinate possibilità offerte

dall‟ambiente (se l‟individuo è il sistema, l‟ambiente è

dato dal suo contesto sociale, se il sistema è la società

l‟individuo rappresenta il suo ambiente).

Poiché il mondo è infinita complessità è impossibile

orientarsi al suo interno senza una riduzione di tale

complessità356

. Ebbene, il problema della riduzione della

complessità non è solo un problema teorico ma anche un

pratico, poiché l‟uomo, allo stesso tempo, è costretto a

ridurre la complessità per sopravvivere.

Oltre a quello della riduzione della complessità emerge,

in Luhmann, il problema della contingenza, nel senso che

nel processo di riduzione della complessità si presenta

sempre una scelta tra le diverse possibilità offerte dal

sistema. Inoltre, aggiunge Luhmann, non solo vi è il

rischio che si attuino possibilità diverse dalle proprie

aspettative ma, quando le azioni di un soggetto sono

dirette a un altro soggetto, occorre che il primo tenga

presente di avere a che fare con le proprie aspettative ma

anche con le aspettative dell‟altro (doppia contingenza).

Emerge chiaramente come questa teoria rispecchi lo stato

attuale delle vicende politico-culturali del nostro Stato,

inteso come istituzione. Il rischio del fallimento della

356

Id., Sistemi sociali. Fondamenti di una teoria generale,

Bologna, 2001, p. 761.

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Lezioni a.a. 2010-2011

331

propria azione dipende anche dalla scelta dell‟altro, che

può anche essere diversa da quello dell‟io.

A mio avviso, la doppia contingenza, oggi come non mai,

rientra tra i principi cardine del nostro ordinamento, dal

momento che le proprie aspettative dipendono dalle

aspettative dell‟altro e la complessità della condizione

contemporanea registra una trasmutazione sempre più

rapida degli elementi costitutivi del coesistere. I modelli

dominanti nei sistemi dell'economia e del mercato,

infatti, privilegiano la trasformazione continua delle

merci, perché proprio sulla innovazione dei beni

commercializzati si costruisce l'accelerazione e la

potenza del mercato, che ha come suo primo prodotto la

manipolazione costante dell'uomo, trattato solamente

come una entità destinata a consumare. L'applicazione

ovvero l'imposizione degli schemi mercantili alle

strutture giuridiche delle relazioni intersoggettive esige

che l'io delle parti si renda funzionale all'efficienza ed

al successo delle operazioni economico-finanziarie357

.

Nell‟analisi dei sistemi Luhmann si sofferma sul sistema

diritto e la domanda che ci si pone è quella relativa

all‟influenza politica sul sistema diritto. Il sistema diritto,

che norma se stesso, pone delle normative su come

produrre le norme, assorbendo i rischi e limitando le

incertezze del futuro. Questo sistema, a difformità di altri,

3 Cfr. B Romano, in Il Filosofo del diritto davanti alla crisi della

complessità (a cura di L. Avitabile), Napoli, 2010, p. 19.

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Conversazioni sul diritto

332

pone delle differenze tra aspettative sociali in generale ed

aspettative normative, creando una differenza fuori da se

stesso e, quindi, nell‟ambiente. Analizzando gli effetti

interni del sistema e della sua autoregolamentazione

risulta che il diritto non è quello che la politica dice essere

diritto ma ciò che si aspetta da un determinato diritto.

Viene a crearsi dunque un‟aspettativa da parte dell‟uomo

verso il diritto. Quest‟ultimo, infatti, è un sistema che

appartiene all‟uomo e non ricade nella sfera degli

animali. Inoltre, il linguaggio del diritto è polisemico,

empatico: “vivere accanto ad un soggetto significa

relazionarsi in modo empatico ... in una dimensione di

ascolto nella convivenza intersoggettiva e nella influenza

reciproca”358

.

Luhmann pone come premessa alle sue argomentazioni

quella secondo la quale gli elementi primari ed unici di

un qualsiasi sistema sociale non siano gli agenti

principali, ovvero gli uomini, ma gli effetti della

comunicazione, che produce altra comunicazione. Senza

quest‟ultima non esiste nessuna forma di sistema sociale,

anzi la chiusura operativa del sistema sociale è operata

proprio sul concetto di comunicazione. Tutto ciò che è

presente nel sistema sociale è solo ed esclusivamente

comunicazione. Un sistema sociale (sistema chiuso) è in

grado di costituirsi, ricostituirsi, ed autogestirsi

358

L. Avitabile, G. Bartoli, D. M. Cananzi, A. Punzi, Percorsi di

Fenomenologia del diritto, Torino, 2007, p. 44.

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333

(autoreferenzialità e autopoiesi). Questo è possibile solo

mediante una continua comunicazione. Luhmann

precisa che l'uomo non può essere considerato un sistema

di questo tipo, perché in realtà rappresenta un altro tipo

di sistema più complesso, il sistema psicologico

(coscienza), che a differenza del primo è in grado di

pensare. Secondo Luhmann l'osservazione sociologica

contiene un elemento problematico, infatti essa compie ciò

che viene descritto (la stessa osservazione è parte

dell'oggetto che intende descrivere). Come parte della

società, l'osservazione deve contenere una componente

autologica (deve descrivere anche se stessa nella forma

dell'autoosservazione)359

.

23. La comunicazione nel pensiero di Niklas Luhmann*

Nella prospettiva della teoria sistemico-funzionale di

Niklas Luhmann360

il sistema si pone come combinazione

359

Da Wikipedia, Encicopedia Libera.

*

Teodora Gabrieli.

360

Si ricorda qui che Luhmann è autore di più di 40 opere e 350 tra

articoli e saggi su riviste e giornali, è considerato lo studioso più

consapevole (e criticato) del pensiero sociologico postmoderno.

Negli anni Sessanta segue ad Harward i corsi di Talcott Parsons e

dal 1968 insegna Sociologia all' Università di Bielefeld. Tra le sue

opere: anche “Teoria della società o tecnologia sociale” (con

Habermas), “Sociologia del diritto”, “Potere e complessità sociale”,

“Illuminismo sociologico”, “Struttura della società e semantica”,

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Conversazioni sul diritto

334

di elementi uniformi, che convergono verso la medesima

funzione. I sistemi nascono dall‟esigenza di semplificare

la realtà complessa ed emergono attraverso la

differenziazione funzionale (ogni sistema ha la propria

funzione, nello specifico, il sistema diritto svolge una

funzione immunitaria), devono, inoltre, comunicare tra

loro e, pertanto, essere informativamente aperti. Infatti, le

comunicazioni contengono delle informazioni ed è il

sistema che sceglie cosa recepire all‟interno del flusso di

programmi condizionali.

Il processo comunicativo viene sottoposto ad una sorta di

inversione dell‟ordine sequenziale e valutativo del

messaggio; quindi chi riceve l‟informazione deve

detenerne la chiave di interpretazione ed esercitare un

controllo valutativo sulle intenzioni e sui contenuti che

hanno guidato l‟emittente nella fase di codifica e lancio

dell‟informazione. Scrive, infatti, Luhmann: “la

comunicazione non deve essere vista come un processo

selettivo bipolare, bensì tripolare. Non si tratta soltanto

dell‟emissione e della ricezione, attuate con una

reciproca attenzione selettiva. Proprio il carattere selettivo

dell‟informazione è invece un fattore del processo di

“Teoria politica nello stato del benessere”, “La differenziazione del

diritto”, “Sociologia del rischio”, “La realtà dei mass media”.

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Lezioni a.a. 2010-2011

335

comunicazione perché l‟attenzione selettiva può essere

attivata solo in relazione ad esso”361

.

Se ne deduce che, in Luhmann, la “comunicazione” non si

sostanzia in un mero trasferimento d‟informazioni e di

dati tra due centri di elaborazione, ma viene intesa come

padronanza e comunanza di conoscenze preliminari che

consentono la selezione e la circolazione del messaggio.

Comunicare implica, pertanto, il profilarsi e attivarsi di

un circuito informativo interpersonale, nel cui raggio di

azione si combina ed opera un coacervo di processi

interpretativi finalizzato al riconoscimento ed

accettazione delle proposte di senso e contenuto ovvero al

loro rifiuto.

Le comunicazioni, che avvengono tra i sistemi, non sono

qualitativamente alte, nel senso che non c‟è una ricerca

della qualità della comunicazione, ma un semplice

passaggio d‟informazioni da un sistema all‟altro, che

servono per la sopravvivenza del sistema.

La comunicazione permette a tutti i sistemi di avere

un‟eteroreferenza, cioè la capacità di rapportarsi all‟altro

sistema, ed un‟autoreferenza. Per autoreferenza si

intende che ogni sistema prima di passare informazioni

all‟esterno seleziona le varie informazioni che sono al suo

361

Cfr. N. Luhmann, Soziale Systeme. Grundriß einer allgemeinen

Theorie, Frankfurt am Main, 1984, p. 254, (trad. it di A. Febbraio e

di R. Schmidt, Sistemi sociali. Fondamenti di una teoria generale,

Bologna, 1990).

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Conversazioni sul diritto

336

interno, quindi controlla e compie un monitoraggio

analitico delle informazioni che sono al suo interno.

L‟autoreferenza è una chiusura circolare e ricorsiva ma

allo stesso tempo è condizione per l‟apertura.

La comunicazione potrà essere definita come l'interfaccia

tra il sistema e l'ambiente. Per interfaccia s‟intende uno

specifico passaggio controllato e regolato, che permette al

sistema di “filtrare” delle informazioni, trasmessegli al

fine di poter selezionare delle sequenze, che

permetteranno al sistema, in modalità di “chiusura

operativa”, di mantenere al minimo l'entropia, cioè di

conservare la capacità autopoietica del sistema stesso.

Secondo Luhmann la comunicazione rappresenta il più

importante, pilastro della Teoria Dei Sistemi Sociali: è il

flusso continuo e fluido delle informazioni e alimenta

l'autopoiesi del sistema sociale.

24. Luhmann e i sistemi*

Il sociologo tedesco contemporaneo Niclas Luhmann può

essere considerato il più grande teorico dei sistemi.

Luhmann ha attribuito alla propria concezione filosofica

la denominazione di funzionalismo funzionale,

criticando quegli indirizzi sociologici, che si appagano di

una mera rilevazione empirico-particolare di singoli

eventi e processi, e rilevando che ciò che manca alle

*

Maria Galasso.

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Lezioni a.a. 2010-2011

337

scienze sociali moderne è, anzitutto, la comprensione del

fenomeno sociale nelle sue determinazioni più generali.

L‟itinerario luhmanniano consente di aprire prospettive

metodologiche nuove, per far corrispondere alla crescente

complessità e variabilità delle società moderne, teorie

altrettanto complesse e sofisticate.

Secondo le teorie di Luhmann il problema centrale della

ricerca sociologica è quello di capire quali siano le

funzioni svolte da determinati sistemi, nel tentativo di

mantenersi in equilibrio con l‟ambiente, che, a causa

della sua elevata e crescente complessità, rappresenta una

minaccia per la sopravvivenza dei sistemi sociali. Questi

ultimi sono tanto più in grado di stabilizzarsi, quanto

più sono capaci di replicare in modo pertinente alle sfide

provenienti dall‟ambiente, infatti, quanto più

l‟organizzazione interna di un sistema sarà complessa,

tanto più esso sarà in grado di resistere alla crescente

complessità e mobilità ambientale.

Tutti i sistemi sociali si situano in un ambiente complesso

e multidimensionale, con il quale „devono fare i conti per

sopravvivere‟; l‟ambiente, dunque, impone esigenze ed il

sistema deve sviluppare strategie per farvi fronte. Come

l‟ambiente costituisce l‟essere insieme di tutti i sistemi,

allo stesso modo per ogni sistema l‟ambiente è costituito

da tutti gli altri sistemi. Luhmann determina che il

sistema si adatta all‟ambiente (cioè agli altri sistemi),

asservendosi agli elementi più forti. Ogni sistema produce

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Conversazioni sul diritto

338

ogni singolo elemento con l‟ambiente e quindi in

connessione programmatica con gli altri sistemi.

Il nucleo costitutivo e fondamentale della teoria

sistemico-funzionale poggia sull‟argomentazione per cui

sia l‟individuo che la società vengono osservati da

Luhmann come sistemi. La società contemporanea si

differenzia dalle società del passato stratificate e

gerarchiche, perché vive ed opera come società complessa,

differenziata attraverso l‟emersione di una pluralità di

sistemi sociali interconnessi, esclusivamente grazie al

successo delle loro operazioni, in un rapporto di reciproca

funzionalità. La complessità sta a significare che per

raggiungere un obbiettivo non si adottano procedure

elementari ma, vi è una complessità di procedure che

portano in sé delle microprocedure. La riduzione della

complessità avviene con l‟inscatolamento di sistemi che

hanno elementi in comune; il sistema è, dunque, frutto di

una semplificazione della complessità, che mira a sua

volta a creare un‟ulteriore complessità, ipercomplessità,

da sanare mediante successive ed ulteriori

differenziazioni. Ogni qualvolta c‟è la complessità vi è un

sistema, essendo quest‟ultimo un complesso empirico, che

emerge attraverso l‟osservazione. Il singolo sistema emerge

dall‟atto cognitivo, che costituisce l‟osservatore che osserva

se stesso e gli altri sistemi e attualizza una

differenziazione, che emerge secondo una procedura

sistemica: gli elementi si osservano e diventano sistema,

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Lezioni a.a. 2010-2011

339

ma oltre all‟osservazione è necessario avere anche la

distinzione e la designazione.

I sistemi devono comunicare tra loro. Le comunicazioni

contengono informazioni, che, a loro volta, devono essere

immesse in un flusso (un insieme). Nella selezione delle

informazioni il sistema accoglie quelle ad esso più

funzionali, quindi, ogni sistema è chiuso operativamente,

ma aperto informativamente.

Il flusso delle informazioni è basato su un codice binario,

formato da due poli contrapposti (per esempio diritto/non

diritto), e necessario perché l‟unità forma il paradosso

bloccando il sistema, con un processo di differenziazione

che permette le interconnessioni.

Tutti i sistemi sono eterarchici e non gerarchici: sono posti

tutti sullo stesso piano e ognuno di essi trova un inizio

nell‟altro, ossia è interconnesso con la globalità degli

altri sistemi in modo tale che ciascun sistema costituisca

la ragion d‟essere di ogni altro perché si riflette nell‟altro,

ma ognuno possiede e si evolve secondo caratteristiche

proprie, svolgendo una propria funzione, ed in base a

questa funzione si distingue dagli altri sistemi. Dalle

opere di Luhmann si evince che i sistemi sono autopoietici,

autoreferenti ed eteroreferenti.

Il sistema concepito dal sociologo tedesco non è

autopoieticamente chiuso, ma autopoieticamente aperto,

poiché teso all‟organizzazione programmatica.

L‟autopoiesi è determinata dalla ricorsività nella

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Conversazioni sul diritto

340

produzione di operazioni, tramite elementi che lo stesso

sistema produce in interconnessione con altre operazioni

sistemico-funzionali, secondo l‟apertura informativa verso

il suo esterno, che il sistema traduce in chiusura

operativa. Si può affermare che il sistema produce da solo

gli elementi al suo interno. L‟autoreferenza e

l‟eteroreferenza costituiscono una chiusura e un‟apertura

ricorsiva (la chiusura è „condicio‟ di apertura poiché

senza la chiusura non ci sarebbe l‟apertura). Il sistema

così come nasce ed emerge può anche scomparire, vivendo

sotto la minaccia dell‟ambiente, che può reinglobarlo,

qualora sussista una convergenza verso l‟unità. Sul punto

è utile precisare che la minaccia che sovrasta un sistema è

la confusione con gli altri sistemi. Per evitare tale rischio

il sistema economico, ad esempio, coordinerà, attraverso

le attività del mercato, le sue funzioni, in modo tale da

farle corrispondere alla funzione dell‟economia,

rappresentata dal costante equilibrio tra abbondanza e

penuria e fondata autopoieticamente sul pagamento. Il

sistema diritto, invece, emetterà sentenze, che saranno in

armonia con la funzione immunologica del diritto nei

confronti degli altri sistemi sociali.

Dalla prospettiva avanzata da Luhmann emerge che la

società è intesa come sistema globale, al contrario dell‟

economia, della religione, del diritto, sistemi parziali,

segmenti analizzati come sistemi, che in coordinazione

con l‟intero arco sistemico offrono un panorama di

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Lezioni a.a. 2010-2011

341

equilibrio funzionalista. Attualmente l‟interesse degli

studiosi è concentrato su due sistemi della vita sociale, il

diritto e l‟economia. Irti362

descrive e interpreta la

condizione contemporanea dell‟esistenza, che si svolge nei

grandi spazi, quelli dei mercati e delle reti informatiche.

Questa relazione antropologica qualifica una profonda

trasformazione del diritto, sempre più influenzato

dall‟economia, che invece esiste a prescindere dal diritto e

se ne serve per essere normativizzata. Anche dalla

lettura di “Die Wirtschaft der Gasellschaft”363

traspare

l‟invadenza di tale sistema parziale e risulta che si tratta

di un sistema di incidenza globale. È proprio questo il

motivo che porta Luhmann a chiedersi quali siano gli

effetti dell‟economia e della polimorfia dei mercati sul

diritto, giungendo alla conclusione che il diritto è l‟eco

del mercato, della sua fattualità. Il sistema economico e

quello diritto hanno un proprio linguaggio attivabile

tramite un proprio codice, che rende possibile l‟attuazione

di eventi economici nel primo e di eventi giuridici nel

secondo. Il linguaggio economico è quello numerico, cioè

quello dei prezzi, mentre il linguaggio giuridico si muove

sulla produzione seriale del mercato. Ne deriva che il

sistema giuridico si adatta a quello economico proprio

362

N. Irti, Norma e luoghi: problemi di geo-diritto, Roma-Bari,

2001, p. 7.

363

N. Luhmann, Die Wirtschaft der Gasellschaft, Frankfurt a. M.,

1994.

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Conversazioni sul diritto

342

sulla base del linguaggio numerico, che non ha bisogno

di argomentazione, poiché i sistemi economici per

investire non hanno bisogno della motivazione ma del

profitto. L‟opera di istituire il diritto nella società

contemporanea, come sottolineato da Bruno Romano364

,

corrisponde sempre più ad un diritto senza legami

naturalistici con il territorio, influenzato dalla

globalizzazione e dall‟economia.

25. La figura del magistrato in Niklas Luhmann e nella

teoria classica

Nel comune sentire, la figura del magistrato viene

usualmente in rilievo in una fase dei rapporti umani, che

si potrebbe definire patologica, e che, per essere composta e

superata, abbisogna di un elemento estraneo-equidistante

rispetto alle opposte esigenze, che rilevano nel rapporto

stesso.

Per sanare questa impostazione pratica, che pone in

rilievo, soprattutto, il “quando” del giudice, non nel senso

della dimensione spazio-temporale indicata da Di

Santo365

, ma in quello più semplice di un‟operatività che

364

B. Romano, Globalizzazione e spazio nel diritto, in Rivista

Internazionale di Filosofia del diritto, anno LXXVIII, p. 12.

Gabriele Giarrusso.

365

L. Di Santo, Il processo nella sua dimensione spazio temporale

come forma formata e forma, in

http://www.docente.unicas.it/luisa_avitabile/Bacheca/raccolta-atti

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Lezioni a.a. 2010-2011

343

trova origine dalla disarmonia tra le parti, occorre

concentrarsi sull‟attività del magistrato: emettere una

sentenza. Questa non nasce dal nulla nel momento

conclusivo del procedimento, ma si forma e diviene

decisione del caso concreto in un dialogo costante tra le

parti ed il giudice. Consiste in un‟interazione che passa

attraverso la rappresentazione dei fatti, la valutazione e

l‟ascolto delle istanze dell‟una e dell‟altra parte. Tale

rapporto, che vede come protagonisti le parti ed il giudice

fa sì che la sentenza non sia un accordo tra gli stessi, ma

la definizione netta del rapporto ad opera del giudice.

Ciò permette di cogliere una differenza formologica tra il

testo della sentenza e la forma delle parti, poiché, mentre

il primo si pone come una forma formata, la seconda

rappresenta una „forma in formazione‟. Sul punto è utile

precisare – seguendo le parole di Bruno Romano – che la

persona è sempre „in bilico‟ tra una „forma formata‟ e una

„forma in formazione‟, è la sua identità ad essere in

continua formazione e la forma formata non può che

essere un involucro fisico, diverso dall‟identità stessa.

Luhmann, al contrario di Romano, non opera tale

distinzione, ma riconduce tutto ad un sistema, in cui

anche il concetto di terzietà ne esce trasformato. Per la

teoria dei sistemi, infatti, ciascun sistema sociale acquista

la sua fisionomia, la sua forma, secondo la funzione che

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Conversazioni sul diritto

344

lo specifica, analogamente al modo in cui le funzioni

specificano i molteplici e diversi sistemi biologici366

.La tesi

che ambienta tale concezione è “la funzione della

funzione è la funzione”, riferita a tutti i sistemi sociali,

che, come quelli biologici, sono ritenuti „sistemi di

funzione‟, ovvero, centrati su una specifica, diversificata

funzione367

. Il dato che fonda qualsiasi sistema non è,

quindi, la "cosa in sé", l'ente o il soggetto (non esiste un

sistema senza un ambiente), bensì la loro relazione, che si

riproduce in sottosistemi e ambienti relativi, in

un‟attività autoproduttiva368

. Quanto al sistema

normativo, esso, per Luhmann, ha una funzione

immunitaria, quella di far funzionare, immunizzandola,

la costellazione degli altri sistemi, quali i mercati, la

366

N. Luhmann, Sistemi sociali. Fondamenti di una teoria generale,

Bologna, 1991 citato in B. Romano, Il testo e la legge, su i-lex.

Scienze Giuridiche, Scienze Cognitive e Intelligenza artificiale

Rivista quadrimestrale on-line: www.i-lex.it Agosto 2010, numero 9.

367

B. Romano, Note sulla terzietà giuridica, in Rivista

internazionale di Filosofia del diritto, 2006, pp. 2-3. Il testo viene

citato in Interpretazioni del funzionalismo giuridico (a cura di L.

Avitabile), p. 118. Per maggiori approfondimenti consultare il sito

www.docente.unicas.it/luisa_avitabile/Blog/interpretazioni-del-

funzionalismo-giuridico-pubblicazione-degli-studiosi-e-degli-

studentidelluniversitadegli-studi-di-cassino

368

P. B. Vernaglione, recensione a N. Luhmann, Sistemisociali.

Fondamenti di una teoria generale, in www.recensionifilosofiche.it

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Lezioni a.a. 2010-2011

345

politica, la religione, l‟economia, etc.369

. In una tale

architettura non ha più senso porsi il quesito del „giusto‟,

in riferimento al diritto, poiché questo sistema opera in

modo che gli altri sistemi funzionino adeguatamente, in

un‟ottica nella quale “la funzione della funzione è la

funzione”.

Vi è da chiedersi cosa il diritto, inteso come complesso di

norme e non in quanto sistema immunitario, sia

chiamato a fare. La norma, per Luhmann, non

corrisponde ad un ideale di giustizia ma a delle

possibilità: il sistema, una volta calato nella realtà, può

funzionare tanto per delinquere quanto per compiere atti

giusti. Il diritto quindi si adegua, si modifica

continuamente secondo le contingenze ma, a ben vedere,

e tornando alla domanda su cosa il diritto sia chiamato

a fare, “questo non è il ruolo del diritto, esso viene

istituito di volta in volta con il compito prioritario di

tutelare la libera formazione dell‟identità personale”370

;

volendo fare un esempio, si può dire che il diritto dei

369

A. Casinelli, La trasformazione della terzietà giuridica e la

„funzione immunitaria‟, in Interpretazioni del funzionalismo

giuridico, p. 123, in

http://www.docente.unicas.it/luisa_avitabile/Blog/interpretazioni-

del-funzionalismo-giuridico-pubblicazione-degli-studiosi-e-degli-

studenti-delluniversita-degli-studi-di-cassino

370

L. Avitabile, Lezione di Teoria dell‟Interpretazione e

dell‟Informatica giudica del 10/11/2010.

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Conversazioni sul diritto

346

minori è finalizzato alla tutela degli stessi, alla libera

formazione dell‟identità personale dei minori.

26. La concezione luhmanniana dei sistemi sociali

Niklas Luhmann, sociologo tedesco, è definito il più

grande “teorico dei sistemi”. Quando parliamo di sistema

facciamo riferimento ad una combinazione di elementi

che in un qual modo sono uniformi, cioè hanno una

funzione, sono finalizzati ad un unico obiettivo. Il

concetto di “funzione” non è nuovo, ma veniva utilizzato

già in precedenza da alcuni giuristi italiani, che

guardavano ad un “funzionalismo del diritto”.

Gli elementi primari di qualunque sistema sociale non

sono gli uomini, intesi come agenti principali, poiché

Luhmann archivia l‟uomo per far spazio a un sistema

biologico.

Nella teoria di Luhmann è proprio l‟agire umano a

strutturarsi mediante sistemi, che sorgono nel momento in

cui si realizzano azioni concertate: queste ultime si

verificano attraverso codici simbolici come il linguaggio

ed i gesti.

Ciascun sistema sociale si pone in un “ambiente”

complesso e pluridimensionale, quindi viene a crearsi un

rapporto di interazione per cui l‟ipotesi di sopravvivenza

del sistema è determinata dalla capacità dello stesso di

adeguarsi alle sollecitazioni provenienti dall‟ambiente e

Stefania Giuliano

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Lezioni a.a. 2010-2011

347

dalla modulazione delle interferenze che vi si insinuano

con finalità distruttive e destabilizzanti, quindi il sistema

dovrà sviluppare una complessità sua per ridurre quelle

dell‟ambiente. Tutti i sistemi sono “ambiente” (eccetto il

sistema giuridico) ed assolvono a due funzioni: la

funzione “sistema” e la funzione “ambiente”.

Sarà necessaria, quindi, una codificazione binaria del

sistema affinché il sistema non diventi immobile

(Luhmann lo definisce “un paradosso”) e tutto non

rientri in un‟unità (diritto). Ad esempio, nel sistema

economico la “capacità di pagare” non ci sarebbe senza il

suo opposto, “l‟incapacità di pagare”. Si tratta della cd.

“unità del molteplice”.

Quando parliamo di sistema sociale facciamo riferimento

ai concetti di autoreferenzialità e di autopoiesi, che,

imputati al sistema stesso, lo definiscono “sistema chiuso”,

in grado di costituirsi, ricostruirsi e soprattutto di

autogestirsi. Tutto ciò è reso possibile solo attraverso lo

strumento della “comunicazione”. Luhmann attribuisce

al termine “comunicazione” un significato che va al di là

del semplice trasferimento di informazioni e di dati tra

due centri di elaborazione. Il processo comunicativo

tradizionale viene arricchito di senso e significato,

attribuendo maggiore importanza al contenuto della

comunicazione ed ai suoi destinatari. La comunicazione

sarà quindi possibile solo attraverso un collegamento tra

sistemi. Possiamo dire, quindi, che il sistema nasce per

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Conversazioni sul diritto

348

osservazione diretta degli altri sistemi e lo scambio

d‟informazioni avviene tramite un flusso di programmi

convenzionali.

Collegato al concetto di “comunicazione” è il concetto di

“complessità”, che, per Luhmann, rappresenta un

indispensabile strumento di conoscenza delle varianti

strutturali dei sistemi. La comunicazione integra la

possibilità di intervenire attraverso la manipolazione di

dati disponibili, in modo da tracciare i limiti sistemico-

funzionali ad alto tasso autopoietico nei sistemi sociali,

in cui si è venuta manifestando una progressiva

evoluzione dalla società stratificata a quella a struttura

lineare, che richiede una differenziazione funzionale e

segmentata.

27. I sistemi in Luhmann, un‟ulteriore specificazione

Il corso di “Teoria dell‟interpretazione ed Informatica

giuridica” (a.a. 2010/2011) permette di interrogarci su

alcune questioni, partendo dallo schema sottostante:

“Le considerazioni che svolgeremo partono dal presupposto

che i sistemi esistono. Esse non si aprono, quindi con un

dubbio gnoseologico, né fanno propria la posizione

difensiva di chi attribuisce alla teoria sistemica una

„rilevanza puramente analitica‟. A maggior ragione

eviteremo di interpretare la teoria dei sistemi in modo

Assunta Goglia.

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Lezioni a.a. 2010-2011

349

limitativo quale puro e semplice metodo di analisi della

realtà. Un enunciato non va, ovviamente, confuso con i

propri oggetti; occorre essere consapevoli del fatto che un

enunciato è solamente un enunciato e che gli enunciati

scientifici altro non sono che enunciati scientifici. Ma essi

si riferiscono, almeno nel caso della teoria sistemica, al

mondo reale. Il concetto di sistema denota quindi

qualcosa che è realmente un sistema e si assume con ciò la

responsabilità di vedere confermati dalla realtà gli

enunciati che formula” 371

.

Per inciso, la produzione scientifica di Luhmann

comprende vari ambiti: sociologia generale, sociologia

del diritto, sociologia della religione, teoria politica,

semantica storica e di etica. Per orientarsi, seppur

grossolanamente, nella massa delle pubblicazioni di tale

autore occorre distinguere almeno due fasi del suo

pensiero, individuando l‟elemento discriminante

principalmente nel passaggio da un modello di

argomentazione tendenzialmente iterativo ad un

modello tendenzialmente autoreferenziale. In altri

termini, a differenza del “primo Luhmann”, che sviluppa

il proprio pensiero „in verticale‟ così da guadagnare

sempre di più in astrazione, il “secondo Luhmann” esce

dalla spirale dell‟astrazione crescente, di principio

371

Niklas Luhmann,„Sistemi sociali. Fondamenti di una teoria

generale‟, Bologna, 1984.

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Conversazioni sul diritto

350

prolungabile all‟infinito, e, pur non rinnegandola

apertamente, la corregge in una rotta circolare o

autoreferenziale che, muovendo da un oggetto visto da

un osservatore, ritorna all‟oggetto visto dall‟oggetto stesso.

Per la comprensione di questo – secondo Luhmann –

l‟opera “Sistemi sociali. Fondamenti di una teoria

generale” (1984) costituisce un punto di riferimento

essenziale, che raccoglie come in una „summa‟ i principali

fondamenti teorici e concettuali di un approccio

autoreferenziale alla „Teoria dei sistemi‟.

Già nel Luhmann dei primissimi lavori, di impostazione

prevalentemente giuridica e, dopo il soggiorno ad

Harvard e l‟incontro con Talcott Parsons, sempre meno

timidamente sociologica, come pure nel Luhmann

chiamato nel 1968 alla erigenda Università di Bielefeld,

affiorano già alcuni degli elementi che sorreggeranno le

più complesse impalcature messe a punto, successivamente,

in „Sistemi sociali‟. Uno dei principali limiti della

sociologia di Parsons sta, per Luhmann, nell‟aver

privilegiato il concetto di „struttura‟ rispetto a quello di

„funzione‟. Invertendo l‟ordine dei concetti parsoniani,

Luhmann sostiene che il problema centrale della ricerca

sociologica non è quello di cogliere le condizioni di

sussistenza delle strutture sociali, ma di capire quali sono

le funzioni svolte da determinate strutture, i sistemi, nel

tentativo di mantenersi in equilibrio con l‟ambiente.

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Lezioni a.a. 2010-2011

351

In effetti, l‟intero pensiero di Luhmann sembra dipendere,

fin dalle sue prime espressioni, da alcune matrici

culturali, che ne assicurano la continuità e che, proprio

negli anni Sessanta, verranno rielaborate in modo

decisivo. Esse, lasciando da parte la fondamentale

matrice della grande tradizione filosofica tedesca, sono

principalmente:

Proprio la teoria dell‟argomentazione ha suggerito a

Luhmann di occuparsi di un concetto solo

apparentemente residuale, quello della complessità, che

egli definisce come eccesso delle possibilità di esperienza e

di azione del mondo rispetto ad un sistema che, al pari di

ogni organizzazione di tipo burocratico, non è in grado

di rispondere con esperienze adeguate. In una situazione

di questo tipo il sistema non ha che due strade, non

necessariamente alternative: aumentare la propria

capacità d‟esperienza e d‟azione; ridurre la complessità

dell‟ambiente in modo da renderla sopportabile.

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Conversazioni sul diritto

352

Alla soluzione del problema su come sia possibile

percorrere assieme queste due strade, Luhmann riesce a

dare un importante contributo, avvalendosi di un

ulteriore e fondamentale matrice del suo pensiero, la

cultura giuridica, la quale ha fatto della riflessione sui

rapporti tra strutture (in senso normativo-formale) e

istituzioni (in senso empirico-realistico), protette da tali

strutture, uno dei suoi temi specifici. Luhmann sviluppa

così un concetto di struttura visto come quel meccanismo,

che serva a selezionare un ristretto campo di alternative

di comportamento tra tutte quelle possibili, allo scopo di

consentire delle aspettative che, a loro volta, vengono

distinte in:

Aspettative cognitive suscettibili di correzioni e

capaci di imparare dalle delusioni;

Aspettative normative (o di senso) resistenti ai

fatti ed incapaci di imparare dalle delusioni alle quali

reagiscono con una sanzione.

Al metodo funzionalistico, infine, si deve la capacità di

Luhmann di collegare tutti questi elementi in un quadro

generale che sfocia in un comprensivo detto sistema,

inteso come selezione di più elementi uniformi (aventi

cioè un comune denominatore) accomunati dal

raggiungimento di una specifica funzione, di un

medesimo scopo.

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Lezioni a.a. 2010-2011

353

Luhmann afferma come, rispetto al resto dell‟ambiente

(definito come delimitazione delle possibilità

concretizzabili in una particolare situazione, le cui tre

dimensioni sono quella temporale, materiale e simbolica)

il sistema (effettiva selezione e realizzazione di tali

possibilità offerte dall‟ambiente) sia delimitato mediante

„strutture‟ in grado di mantenere un ordine dell‟agire

relativamente stabile e costante in un mondo (infinita

molteplicità del reale) estremamente complesso,

incontrollabile, variamente fluttuante. Tale situazione

mette in moto un processo di adeguamento della

complessità interna alla complessità esterna che è

comunque destinato a rimanere senza fine, in quanto

strutture più potenti sono anche in grado di percepire

maggiore complessità ambientale e tale percezione

costringe le strutture ad ulteriori potenziamenti che,

generalmente, avvengono mediante duplicazioni

strutturali consistenti nello svolgimento iterato della

stessa funzione (si insegna ad insegnare attraverso la

pedagogia ad esempio). Il “primo Luhmann”, dunque,

perviene alla conclusione che ogni sistema sociale risulta

qualificato da una certa funzione, la quale si inquadra

in altre funzioni sovraordinate rispetto alle quali essa è a

sua volta funzione.

Di un diverso approccio si serve invece il “secondo

Luhmann”, degli anni 80‟. La più evidente innovazione è

costituita dal concetto, mutuato dalla biologia, di

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Conversazioni sul diritto

354

autopoiesi, che serve a designare i sistemi in grado di

generare i propri processi di riproduzione. Tale concetto

richiama, nello specifico, le capacità interne del sistema

di auto-crearsi, di organizzarsi in rapporto alle esigenze

che possono sorgere al suo interno e di riflettere sui propri

scopi ed eventualmente modificarli.

Così il concetto di complessità, che nel “primo Luhmann”

era collocato prevalentemente all‟esterno del sistema e

collegato quasi ossessivamente all‟esigenza della sua

riduzione, sposta nettamente il baricentro dall‟esterno

all‟interno di un sistema, che diventa ipercomplesso, con

riferimento non tanto alla complessità dell‟ambiente

quanto alla propria.

In questo ambito si può avere la possibilità di scomporre il

sistema in elementi e relazioni; ne consegue che la

garanzia di stabilità delle strutture risiede nella

capacità di queste ultime di costruire i propri elementi e le

proprie relazioni in modo da poter tollerare, senza subire

modifiche, la loro eventuale sostituzione. Pertanto, un

sistema può definirsi autoreferenziale se costituisce in

proprio, quali unità funzionali, gli elementi di cui è

composto e se attiva in tutte le relazioni fra questi

elementi un rinvio a tale auto-costituzione, che viene, in

tal modo, continuamente riprodotta.

Un sistema nasce per osservazione reciproca tra sistemi

sociali (che sia un‟osservazione finalizzata alla

designazione o alla distinzione) e osserva a sua volta

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Lezioni a.a. 2010-2011

355

altri sistemi. I sistemi, infatti, comunicano tra loro per

mezzo di informazioni ma sono liberi di attivare una

selezione delle stesse, poiché scelgono cosa recepire.

In sintesi i sistemi sono:

Solo così si realizza lo scambio informativo.

Il concetto che gioca un ruolo decisivo circa la

connotazione e identificazione dei sistemi sociali è quello

di senso, definito da Luhmann come lo strumento che

serve a distribuire i rinvii del sistema all‟area dei

significati possibili, attualizzandoli in modo selettivo di

volta in volta. Il senso è dunque la continua

attualizzazione delle possibilità.

Tutto ciò vale anche per il sistema giuridico, definito da

Luhmann, al pari di altri sistemi, come un sistema

complesso che produce al suo interno una serie di

operazioni tali da renderlo empirico. Il sistema giuridico

si avvale di un codice binario, che consta di due soli poli

opposti tra loro, diritto/non diritto.

Ciascun sistema funziona con un codice binario:

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Conversazioni sul diritto

356

Colui che opera nel sistema giuridico, quindi, potrà

ascrivere le informazioni che riceve esclusivamente al polo

diritto/non diritto. Si ricorre alla codificazione binaria

poiché l‟unità forma il paradosso; se il sistema, infatti,

non fosse codificato in modo binario resterebbe fermo

(cioè, se esistesse il solo polo diritto sarebbe tutto il

contrario di tutto).

La funzione del diritto è quella di protezione dei sistemi

sociali, compreso il sistema diritto stesso, che adempie,

dunque, ad una funzione immunitaria (quando c‟è un

conflitto tra sistemi sociali interviene la barriera del

sistema giuridico). Il sistema diritto, al suo interno, è

composto da elementi eterogenei che accomunano il

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Lezioni a.a. 2010-2011

357

mondo diritto e che vanno dal basso verso l‟alto,

collocando al centro il sistema dei tribunali.

In Luhmann, poi, si legge che “la funzione della funzione

è la funzione”. Si tratta della tesi riferita a tutti i sistemi

sociali che, come i sistemi biologici, sono ritenuti “sistemi

di funzione”, incentrati su una specifica, diversificata

funzione, che si forma ed incide con l‟emergere di fini.

L‟affermazione del Sistema del fondamentalismo

funzionale, infine, fa poi registrare una trasformazione

del concetto di terzo, omogenea ad un nuovo concetto di

giustizia, che non nomina ciò che si deve ad „ogni uomo

in quanto uomo‟. La giustizia diviene, infatti, la

consistenza del giudizio nel suo successo funzionale,

coincide con l‟affermarsi della nuda legalità.

28. Dalla società complessa al sistema diritto

Prima dell‟età moderna la società era costituta da realtà

più semplici, a partire dalla microrealtà domestica,

caratterizzata dalla famiglia patriarcale, che seguiva

schemi precostituiti, alla macrorealtà governativa, che

vedeva un monoblocco gerarchico, per il quale chi aveva

il potere promulgava leggi, le applicava ovvero

sanzionava il soggetto che andava ad infrangerle. Con il

passare del tempo, complici la scienza e la tecnologia,

questa realtà semplice si è evoluta e differenziata.

Giuseppina Iannattone.

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Conversazioni sul diritto

358

Tra le mura domestiche è sorta la questione della donna,

al contempo madre e lavoratrice, che andava a

configgere con la mentalità dell‟uomo, ma che

necessitava anche di nuove tutele. La crescita economica e

culturale della famiglia-tipo ha portato alla creazione di

tante realtà nuove, più scuole per i ragazzi, i sindacati

per i lavoratori, le banche che crescevano in numero e,

ultimo ma non meno importante, coronamento di questo

percorso di crescita, sviluppo e consapevolezza

dell‟individuo, la Costituzione Italiana del 1948, la

quale, già dalla lettura dei principi fondamentali

delinea i caratteri di una nuova società, variegata,

numerosa, in componenti e situazioni: ka società

complessa.

Nella società complessa vi è una distinzione di funzioni,

varietà di possibilità e decisioni. Non è più la società

semplice e lineare, che muoveva dal punto d‟inizio a

quello di arrivo in maniera lineare, lo fa bensì in

maniera reticolare, come reticolare è il maggiore mezzo

di comunicazione odierno, internet.

La società complessa appare disorganizzata, disordinata,

con movimento alternato e discontinuo. Nel mondo

animale è paragonabile al movimento delle formiche

dopo che un umano, o un oggetto, calpestandole, ha

turbato il loro proseguire secondo uno schema definito e

precostituito. Nella realtà non è così poiché le formiche

hanno delle leggi connaturate, trovate, per le quali anche

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Lezioni a.a. 2010-2011

359

quel vagare senza meta (apparente) ha un senso. Allo

stesso modo, la società complessa, che come

precedentemente scritto, appare disorganizzata è invece

funzionante ed in costante movimento. Il mondo degli

umani, a differenza di quello degli animali, non ha delle

leggi precostituite, trovate, bensì le istituisce attraverso il

sistema diritto. Ma cos‟è questo “sistema diritto”? E prima

ancora, cos‟è il sistema? Esistono altri sistemi? Come

interagiscono con esso?

Si può rispondere a tali quesiti attraverso la “Teoria

sistemico-funzionale”.

La realtà che ci circonda fa parte,

infatti, di una società complessa, laddove intendiamo

come complessità l‟opposto della semplicità. Nella

complessità il raggiungimento di un risultato si ottiene

mediante un “percorso labirintato”, che rappresenta una

procedura complessa poiché sistematicamente non è

funzionale.

Questa società complessa, nella quale, come sopra scritto, è

calata la nostra realtà “funziona”, non è mai ferma,

entra ed esce continuamente da situazioni. Il diritto fa

parte di una situazione della società complessa. Volendo

ricostruire il pensiero luhmanniano avremo quindi:

la società viene definita complessa da Luhmann

per la totalità degli eventi possibili al suo interno;

in tale società i risultati si raggiungono con

percorsi labirintati definiti “procedure”;

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Conversazioni sul diritto

360

questa società complessa “funziona”, non è ferma,

si muove tra varie situazioni;

il diritto fa parte di una situazione.

Per analizzare il sistema di Luhmann bisogna chiarire il

concetto di “funzione”, “uno schema regolativo dotato di

senso che organizza un ambito comparativo fra

prestazioni equivalenti”372

.

Nozione centrale della teoria luhmanniana è anche

quella di “senso”, concetto plurisemico, attraverso il quale

si attua una riduzione e comprensione della complessità,

“ridurre la complessità comporta darle un senso”373

.

Attraverso la funzione si passa dalla concezione

struttural-funzionalistica (che aveva un ordine interno

di volta in volta predisegnato) a quella funzional-

strutturalistica, al centro della quale è posta la “funzione

specifica dei sistemi: cogliere e ridurre la complessità del

mondo”374

.

La nostra realtà è complessa, lo è l‟ambiente che ci

circonda nel quale prendono vita i sistemi, “in quella

prospettiva che registra l‟emergere contingente ed a-

soggettivo, delle forme dei singoli sistemi sociali

372

N. Luhmann, Illuminismo sociologico, Milano, 1983, p. 14.

373

L. Avitabile, Lezioni Teoria dell‟Interpretazione ed Informatica

giuridica, a.a. 2010-2011.

374

Ivi, pp. 86-87.

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Lezioni a.a. 2010-2011

361

dall‟ambiente in-forme”375

. Poiché la complessità

rappresenta una variegata possibilità di situazioni ed

opportunità, queste hanno bisogno di un senso attraverso

il quale vengono inscatolate, ridotte, portate verso quello

schema che è la funzione. Si creano, quindi, i sistemi:

economia, religione, diritto, etc.

Ogni sistema ha la sua funzione, pertanto tale teoria è

denominata “sistemico funzionale”. È necessario chiedersi

come si collochino al suo interno il diritto ed i soggetti di

diritto.

Caratteristiche del sistema e sistema diritto.

Come esposto nel precedente paragrafo, il sistema è il

risultato dell‟inscatolamento e della riduzione, attraverso

la ricerca del senso, della società complessa. I sistemi, a

loro volta, sono calati nell‟ambiente, che continua ad

evolversi e devono adattarsi a tale evoluzione, pur

mantenendo la loro caratteristica di sistema con una

propria stabilità.

Ciò porta una minore rigidità di un‟analisi sistemica

avente una maggiore apertura ai problemi del

mutamento. Nella società complessa, tali sistemi si

osservano, compiono comunicazione e sono posti tutti solo

stesso piano, essendo eterarchici, e non vi è una

375

B.Romano, Il giurista è uno „zoologo metropolitano‟? A partire

da una tesi di Derrida, Torino, 2007, p. 19.

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Conversazioni sul diritto

362

gerarchia, né un sistema su tutti che funge da

„Grundnorm‟.

Ogni sistema prevede l‟autoreferenza, l‟eteroreferenza e

l‟autopoiesi: “la prima è l‟operare del sistema all‟interno

della sua specifica funzione; la seconda rappresenta

l‟aprirsi all‟esterno per acquisire i materiali, i dati, da

trattare”376

. Per quanto concerne l‟ultimo concetto, si

precisa che “il sistema concepito da Luhmann non è

autopoieticamente chiuso, anzi le sue possibilità sono

nell‟essere autopoieticamente aperto, perché teso

all‟organizzazione programmatica con riferimento

informativo agli altri sistemi”377

.

All‟interno di questo reticolo di sistemi si colloca il sistema

diritto, avente una “... specifica funzione immunologica,

che gli permette di ergersi a sentinella dei sistemi sociali,

seguendo delle modalità di intervento che sono

necessariamente anticipatorie di fattispecie concrete”378

.

Perché il diritto c‟è laddove c‟è il sistema, trasformazione

del più antico brocardo “ubi societas ibi ius”. Con questa

frase e la sua trasposizione capiamo come per Luhmann il

centro non sia il soggetto, bensì il sistema di cui il

376

Ivi, p. 25.

377

Per approfondimenti cfr. L. Avitabile, Sistemi e diritto, p. 21,

reperibile al sito seguente: www.docente.unicas.it.

378

Ibidem.

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Lezioni a.a. 2010-2011

363

soggetto è parte379

: la persona si riduce ad essere un ente

biologico dello stesso.

Tutto l‟operare della persona è per la sopravvivenza, che

non lascia spazio alla relazione empatica fra soggetti. Il

sistema diritto si erge vedendo l‟individuo come ente

biologico volto alla sopravvivenza, non tenendo conto

delle qualità psicologiche e antropologiche delle persone,

si compone solo di norme giuridiche. È un sistema positivo.

Ciò lo rende un sistema complesso poiché la complessità

non è stata completamente eliminata con la riduzione

sistemico-funzionale.

Questo sistema ha al suo interno una produzione di

operazioni (empiriche e contingenti). Una volta

costituitosi, il sistema diritto osserva gli altri e avvengono

comunicazioni attraverso flussi di programmi

condizionali, ossia di comunicazioni che si possono porre

in essere quando si conosce come procedere. Ogni sistema

destinatario seleziona cosa recepire a seconda delle

proprie esigenze.

I sistemi sono chiusi per le operazioni interne e aperti per

quanto riguarda le operazioni informative, altrimenti

non ci sarebbe scambio d‟informazioni con flussi

bidirezionali o multidirezionali. Il sistema diritto è

379

Un esempio può essere l‟individuo di una classe sociale.

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Conversazioni sul diritto

364

aperto informativamente e riesce ad incidere su altri

sistemi380

.

Ma in cosa incidono le comunicazioni? Ogni sistema ha

un codice binario, composto da poli opposti (diritto-non

diritto si-no, vero-falso, etc.). Colui che opera nel sistema

giuridico ascrive al polo diritto ovvero non diritto tutte le

informazioni che riceve. Il mondo in cui ci troviamo è già

regolato da norme prestabilite dal sistema giuridico, che

ha un modello comunicazionale che invade gli altri

sistemi e s‟impone su essi. Per il sistema diritto gli altri

sistemi costituiscono l‟ambiente in cui esercita la sua

coercizione.

Ma per quale motivo i sistemi necessitano di codici binari?

L‟unità genera quello che Luhmann definisce paradosso:

se in un sistema ci fosse un codice unitario si creerebbe

l‟immobilismo del sistema; in presenza di un codice

binario, invece, il sistema si muove e diviene operativo. La

rottura del paradosso – deparadossizzazione – deriva

dall‟unità del molteplice. Luhmann, negando la persona,

esclude anche la possibilità di scelta, ma ciò non significa

che non ci sia possibilità di prendere decisioni, dalle

quali scaturisce una iperstabilità.

380

La sentenza, che incide in un sistema che non è quello giuridico

se è diretta a soggetti non facenti parte di quel particolare sistema,

ne è un esempio. Una sentenza di condanna per il reato di

pedofilia emessa nei confronti di un prete incide nel sistema

religioso.

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Lezioni a.a. 2010-2011

365

A questo punto bisogna delineare i caratteri della

stabilità. Essa è sinonimo di certezza e la ricerca di questa

avviene attraverso la logica formale, che risponde alle

nostre incertezze indicando la strada della certezza.

I

sistemi vivono una situazione di incertezza perenne

perché sono eterarchici. In particolare, nel sistema

giuridico si attiva la funzione immunitaria, che ha il

compito di stabilizzare ciò che potrebbe essere

disfunzionale non alla funzione immunitaria, bensì alla

costellazione dei sistemi sociali. A questo punto dobbiamo

interrogarci su cosa possa essere disfunzionale. Per

Habermass, ad esempio, può considerarsi disfunzionale

l‟ermeneutica. Ma disfunzionale è anche il sottrarsi a una

determinata procedura (una negazione compiuta).

Il

„logos‟ diventa, in Luhmann, disfunzionale, infatti prima

che la norma si imponga è necessaria una discussione che

appesantisca il diritto (da alcuni è definita “zavorra”).

Quindi, per Luhmann, il sistema giuridico è necessario al

fine di creare stabilità, e, in quanto dato, non necessita

di volta in volta di una verifica, ma la sua imposizione

deriva dall‟imporsi su altre operazioni.

Per arrivare a

stabilizzare, il diritto deve risolvere una problematica,

quella dell‟aspettativa381

.

Quest‟ultima può essere di senso o

cognitiva. La prima è propria di colui che attende

381

Un esempio di aspettativa nel sistema giuridico, ove è qualcosa

di diverso può essere identificato nell‟attesa, nell‟aspettativa della

decisione della Corte, da parte di un soggetto che ha denunciato

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Conversazioni sul diritto

366

giustizia; la seconda, quella cognitiva, per Luhmann è da

considerarsi esterna al sistema diritto, caratterizzata

dalla possibilità della delusione. Altra caratteristica

propria della seconda categoria è la variabilità382

, che

non è propria delle aspettative normative, di senso, poiché

non soggette ad un numero indefinito, di variabili.

Esistono, pertanto, delle possibilità predefinite,

precostituite: è necessario solo attendere che si verifichi

l‟una o l‟altra. Può accadere, però, che un‟aspettativa

cognitiva si tramuti in aspettativa di senso-normativa.

Questo accade quando la prima passa per una camera di

commutazione ovvero il parlamento e quindi il legislatore

decide di renderla di senso.

Si precisa che mentre in un

ordinamento giuridico democratico il legislatore ha una

responsabilità, può commutare un‟aspettativa cognitiva

in giuridica solo se è orientata al giusto; in Luhmann, il

legislatore non ha alcuna responsabilità.

Altra caratteristica dell‟aspettativa luhmanniana è la

temporalità: tutto si risolve nella contingenza che assorbe

il passato, il presente ed il futuro383

. Luhmann, infatti,

parla di presente attuale, negando il passato ed il futuro:

382

L‟esempio che meglio rispecchia tale aspettativa è una persona in

attesa dei regali per il compleanno: “riceverò questa cosa o quella?”

383

Nella concezione non luhmanniana la temporalità è distinta in

tre dimensioni quella del passato, che non c‟è più, quella del

futuro, che deve ancora arrivare, quella del presente,

dell‟immediato, dato dallo scorrere inesorabile del tempo.

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Lezioni a.a. 2010-2011

367

è la contingenza ad assumere la dimensione dell‟ uno e

dell‟altro, oltre che del futuro. Tutto risulta sempre

concentrato in un aspetto temporale puntistico. Il tempo

del „qui ed ora‟. Il tempo è regolato normativamente,

scandendo i termini, ne deriva che il diritto ha un suo

tempo.

Ma il sistema diritto ha anche una funzione

sociale, oltre che immunitaria? Luhmann risponde con un

secco “no!”, poiché la funzione immunitaria esclude

quella sociale, non prevedendo un diritto con delle

proprie peculiarità.

Le aspettative sono rese stabili nel tempo in relazione alle

loro incertezze384

ed hanno delle conseguenze sociali. Il

diritto si fonda, infatti, sull‟aspettativa di una decisione

del legislatore, che implica una scelta. Il diritto

attraverso le aspettative discrimina, decide una cosa

piuttosto che un‟altra.

Le funzioni del sistema diritto,

intese come „equivalenti funzionali‟, poiché gli elementi

che ne fanno parte presentano la caratteristica della

„sostituibilità‟, potendo “adempiere alla medesima

funzione”385

, si rivolgono sempre al futuro.

Luhmann,

quindi, chiarifica che la dimensione del diritto è il futuro

ed introduce il concetto di “simbolo” : qualcosa di

immediatamente visibile, che rimanda a qualcosa di non

384

Questa è la relazione tra diritto e tempo. La certezza

dell‟aspettativa risiede nel tempo.

385

www.sociologia.uniroma1.it/users/studenti.

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Conversazioni sul diritto

368

immediatamente percepibile.

Anche la norma giuridica è

un simbolo e

lo si può dimostrare affermando che:

la norma ha la struttura di un‟aspettativa;

essa rinvia a fattispecie astratte che non sono

immediatamente percepibili o visibili o

necessariamente da realizzarsi allo stesso modo

dell‟aspettativa;

la norma e l‟aspettativa hanno una struttura

identica, poiché sono entrambe legate al tempo e

riferite al futuro;

la norma è un‟aspettativa “generalizzata

simbolicamente”.

Con il simbolo è generata la stabilità, che permette a

Luhmann di considerare il tempo in riferimento al

diritto, che cerca di adattarsi ad un futuro sconosciuto,

all‟incertezza. La norma controlla il futuro e ciò

presuppone che il diritto abbia una forma che

comprensiva sia del concetto di “tempo” che di “società”.

Tale analisi ha avuto il fine di esporre il pensiero di

Niklas Luhmann e la sua teoria sistemico-funzionale, a

partire dalla società complessa, alla quale si applica e

dalla quale prende vita, sino al sistema diritto, punto di

arrivo di queste pagine con la delineazione dei caratteri

generali dello stesso.

Rappresenta il frutto di un lavoro

condotto durante il corso di Teoria dell‟interpretazione

ed Informatica giuridica, tenuto dalla prof.ssa Luisa

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Lezioni a.a. 2010-2011

369

Avitabile nell‟a. a. 2010/2011, presso l‟ Università degli

Studi di Cassino.

29. I sistemi sociali di Luhmann

L‟opera “Sistemi sociali. Fondamenti di una teoria” di

Niklas Luhmann (1927-1998), rappresentante autorevole

del pensiero sociologico tedesco contemporaneo386

, si

caratterizza per la specificità della teoria sistemico-

funzionale ivi proposta, idonea a creare una rete

concettuale in grado di chiarire la natura di tutti i

fenomeni sociali, ricorrendo al metodo dell‟analisi

funzionale.

Luhmann applica alla società la teoria generale dei

sistemi, considerata uno sviluppo di quella di Talcott

Parsons (di cui fu studente ad Harvard.) ed è lui stesso ad

attribuire alla propria concezione la denominazione di

“funzionalismo strutturale”, per sottolinearne la

differenza rispetto allo “strutturalismo funzionale” di

Parsons. In realtà, la sua opera può essere considerata in

larga misura uno sviluppo di quella di Parsons,

soprattutto se si tiene presente che anche per Luhmann il

compito centrale della sociologia è quello di elaborare

una teoria generale della società387

. Il discorso teorico di

Angela Immediata.

386

Cfr. www.wikipedia.org

387

N. Abbagnano, Storia della filosofia. Il pensiero contemporaneo:

il dibattito attuale, Novara, 2006, p. 32.

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Conversazioni sul diritto

370

Luhmann su un duplice livello: da un lato viene

sviluppato a livello macrosociologico, focalizzandosi sulla

società e sui suoi meccanismi di sopravvivenza; dall‟altro

viene sviluppato ad un livello microsociologico,

concentrandosi sull‟agire sociale del singolo e sui

meccanismi di adattamento. Le due prospettive si

uniscono in una concezione teorica, in cui sia il singolo

che la società vengono visti come “sistemi”, entità dotate

di senso e funzionanti secondo criteri diretti a mantenere

l‟equilibrio interno dei vari elementi che le compongono.

È Luhmann stesso a distinguere la propria concezione

sistemica da altre analoghe, ma più rudimentali, come

quelle organicistiche e meccaniche. A differenza del

concetto di “organismo” e di “macchina”, che pure hanno

giocato un ruolo importantissimo nella storia del pensiero

sociologico, quello di “sistema” presenta la “caratteristica

di non designare relazioni intercorrenti tra le varie parti

di un certo insieme, ma di designare le relazioni che un

certo insieme intrattiene con il proprio ambiente. La

definizione del sistema, insomma, non è incentrata sulla

contrapposizione di un tutto alle sue parti, ma sulla

contrapposizione di un tutto al suo ambiente388

.

Muovendo da tale concetto di sistema, Luhmann elabora

delle ipotesi teoriche relative sia al sistema sociale nella

sua totalità- sistema globale sia ai sistemi parziali.

388

N. Luhmann, Stato di diritto e sistema sociale, Napoli, 1978, p. 7.

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Lezioni a.a. 2010-2011

371

Relativamente ai sistemi sociali, l‟ipotesi chiave è quella

della crescente differenziazione di tali sistemi; ciò

comporta una progressiva autonomizzazione, al loro

interno, di sotto-sistemi (e sotto-sotto-sistemi) dotati di

competenze specifiche rispetto all‟originaria area di

competenza dei sistemi sociali indifferenziati, e quindi un

aumento della complessità interna con la quale i sistemi

sociali possono bilanciare la crescente complessità esterna

del loro ambiente. Un risultato di questo processo di

differenziazione è costituito dall‟articolazione interna

del sistema politico; che, oltre ad essere un prodotto della

differenziazione del comprensivo sistema sociale, risulta a

sua volta ulteriormente differenziato in due grandi sotto-

sotto-sistemi: da un lato quello della pubblica

amministrazione, che comprende l‟apparato legislativo,

esecutivo e giudiziario, dall‟altro quello dei partiti

politici, la cui funzione specifica consiste nel predisporre le

misure atte ad assicurare la normale legittimazione delle

decisioni vincolanti prodotte dalla pubblica

amministrazione389

. I rapporti tra questi due sotto-sotto-

sistemi del sotto-sistema politico costituiscono l‟elemento

qualificante dello stato di diritto e della positivizzazione

del diritto stesso.

A livello dell‟agire individuale, l‟ipotesi chiave è la

ridotta capacità dei singoli sistemi di recepire ed

389

Ivi, p. 8.

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Conversazioni sul diritto

372

elaborare le informazioni provenienti dall‟ambiente

sociale; ciò comporta lo sviluppo, da parte dei sistemi

individuali, di appositi meccanismi di riduzione,

selezione ed indifferenza390

.

Nella costellazione dei sistemi sociali non esiste una

gerarchia: il sistema è eterargerarchico in quanto si apre

e si rivolge agli altri sistemi, considerati uguali. Senza

tale serialità il sistema e l‟organizzazione sistemico-

funzionale sarebbero più complessi, laddove l‟elemento

prioritario in Luhmann è quello di semplificare al

massimo la complessità, rendendo omogeneo il

funzionamento delle funzioni. Quel che distingue un

sistema da tutti gli altri sistemi, consiste nella natura

delle operazioni che riproducono il sistema, inteso come

insieme di operazioni o elementi collegati tra loro, in

base a criteri stabiliti da strutture dotate di autonomia.

Tutti i sistemi mantengono una certa distanza

dall‟ambiente e dagli altri sistemi ivi situati; in tal senso

sono autonomi sia per quanto riguarda gli elementi che

per le strutture e autoorganizzati ovvero autopoietici391

.

390

La differenziazione dei sistemi nasce dall‟esigenza di equiparare

la complessità dell‟ambiente e complessità delle strutture,

aumentando appunto la complessità interna delle strutture del

sistema e riducendo così il divario tra complessità interna ed

sterna del sistema. Ivi, p. 10.

391

N. Luhmann, Sistemi sociali: fondamenti di una teoria generale,

Bologna, 1990.

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Lezioni a.a. 2010-2011

373

Nella fase matura del suo pensiero, Luhmann si spinge a

sostenere che ciascuno di noi è un sistema autopoietico,

cioè chiuso in se stesso; tuttavia per evitare che tale

chiusura impedisca ai vari sistemi di comunicare è

sufficiente che ci sia “un collegamento”. Un sistema

sociale (sistema chiuso) è in grado di costituirsi,

ricostituirsi, ma soprattutto di autogestirsi

(autoreferenzialità e autopoiesi)392

mediante una perenne

comunicazione, altrimenti non esisterebbe alcuna forma

di sistema sociale. Luhmann precisa che l‟uomo non può

essere considerato un sistema di questo tipo, perché in

realtà rappresenta un sistema più complesso: quello

psicologico (coscienza), che a differenza del primo è in

grado di pensare.

Nel contesto delineato, l‟ambiente non è qualcosa di

totalmente esterno o neutrale rispetto ai sistemi: a

causa della sua elevata e crescente complessità

rappresenta una costante minaccia per la

sopravvivenza dei sistemi sociali e va pensato in una

prospettiva che lo collega organicamente ad essi.

392

Ibidem. L‟autopoiesi è la proprietà attribuita da un osservatore

ad un sistema e consiste nella sua capacità di produrre da sé sia

gli elementi di cui è costituito sia la rete di relazioni che lega

quegli elementi. Anche l‟autoreferenzialità è una proprietà

attribuita da un osservatore ad un sistema, quando questo sia

dotato di uno specifico circuito operativo, sulla basse del quale si

conferisce la proprietà dell‟autopoiesi.

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Conversazioni sul diritto

374

L‟ambiente è tutto ciò che non fa parte del sistema, è

semplicemente “tutto il resto”. Luhmann sostiene che

quanto più l‟organizzazione interna dei sistemi è

complessa, tanto più questi sono in grado di

sopravvivere alla complessità e mobilità ambientale;

tuttavia l‟ambiente è notevolmente più variabile e

imprevedibile del sistema stesso. Quest‟ultimo, per

sopravvivere, deve sviluppare delle sue complessità e

delle strategie (si pensi, ad esempio, alla famiglia in

cui i due coniugi non si amano più, ma continuano a

stare insieme per dare un‟educazione completa ai

propri figli)393

. La tensione fra sistema e ambiente è il

perno della sociologia funzional-strutturalista,

elaborata da Luhmann, e consente di stabilizzare un

dislivello di complessità394

.

La riduzione della complessità è solo una

semplificazione della realtà complessa: la minaccia che

sovrasta un sistema non è la scomparsa dell‟ambiente,

ma la confusione e l‟assimilazione agli altri sistemi. La

complessità non è un‟operazione che un sistema effettua

393

Il che è vero per tutti i sistemi, e quindi anche per la società;

basti, infatti, pensare che essa è composta solo di comunicazioni, e

per quanto siano complesse le sue potenzialità linguistiche non può

mai consentire la comunicazione su tutto ciò che sussiste, nel suo

ambiente, a tutti i livelli di formazione sistemica e in tutti i suoi

sistemi.

394

N. Luhmann – R. De Giorgi, Teoria della società, Milano, 2003.

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Lezioni a.a. 2010-2011

375

o che in esso si verifica: si tratta dell‟osservazione e

della descrizione (compresa l‟autoosservazione e

l‟autodescrizione), di un concetto, a sua volta,

complesso. La distinzione che costituisce la complessità

ha la forma di un paradosso: complessità è l‟unità di

una molteplicità. Uno stato di fatto viene espresso in

due diverse versioni: come unità e come molteplicità.

Così elaborato, il concetto di complessità diviene anche

multidimensionale395

. In tale ambito la società

costituisce un caso estremo, non perché sia più

complessa di altri sistemi, ma perché le sue operazioni

elementari, cioè le comunicazioni, la pongono sotto

notevoli restrizioni. La società, unico sistema totale,

integra le comunicazioni e può costituirsi come unità;

ciò significa che i sistemi parziali della società non

hanno la forza di attualizzare le intercomunicazioni,

operando nell‟ambiente interno alla società stessa e

limitandosi a comunicare soltanto con i sistemi, nel

loro ambiente.

La comunicazione non è un tipo di azione, in quanto

contiene un senso sempre più ricco dell‟enunciazione o

della semplice trasmissione del messaggio; implica,

infatti, la comprensione, la quale non è mai attività

imputabile a chi comunica. I sistemi sociali sono perciò

processi di comunicazioni: tutto ciò che è

395

Ivi, p. 41.

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Conversazioni sul diritto

376

comunicazione è società, il resto è ambiente della

società.

Deve essere sottolineato che parallelamente ad una

differenziazione rispetto all‟ambiente, tutti i sistemi

sociali hanno sviluppato anche una differenziazione

interna396

. Con la modernità si è affermata la

differenziazione funzionale, grazie alla quale una

pluralità di settori della società – i c.d. sottosistemi

funzionali - riescono ad imporre, nel proprio settore di

comunicazione, specifici criteri contro le resistenze

esercitate dalle differenziazioni “centro-periferia”397

.

Tali sottosistemi sono il diritto, l‟economia, la scienza,

l‟arte, la politica, il sistema educativo e la religione.

Affinché ogni sottosistema si consolidi è necessaria una

c.d. specificazione funzionale: ognuno di essi si

specializza nello svolgimento di una funzione sociale.

Infatti, ciò cui Luhmann da più risalto non è tanto il

concetto di sistema, quanto il concetto di funzione del

sistema, definita in maniera indipendente dal vecchio

concetto di cause, ma comprensiva di quest‟ultimo. A

questo fine egli elabora la categoria della “equivalenza

396

N. Luhmann – R. De Giorgi, Teoria della società, cit., cap. IV.

397

Storicamente vi sono state altre tre forme di differenziazione: la

differenziazione segmentaria tipica delle società antiche; la

differenziazione tra centro e periferia, tipica dell‟epoca dei grandi

regni; differenziazione per strati, durante medioevo e prima

modernità.

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Lezioni a.a. 2010-2011

377

funzionale”, con la quale intende indicare la facoltà di

fenomeni diversi di realizzare funzioni relativamente

simili. Nello specifico, dire che un sistema non ha una

funzione equivale a dire che il sistema è

indifferenziato, ma la differenziazione è di per sé

necessaria e contingente. La contingenza va collegata

al principio di temporalità: è contingente ciò che è “qui

ed adesso”, e solo in tale modo la funzione può essere

funzionale.

In questa direzione la funzione specifica del sistema

diritto è quella immunitaria, consiste nel far

funzionare e proteggere gli altri sistemi (politica,

religione, economia, etc.), ma per comprendere tale

funzione occorre distinguere tra aspettative cognitive e

normative. Quando alcuni eventi deludono le

aspettative si può reagire in due modi: il primo è di tipo

cognitivo e consiste nel comunicare il cambiamento

delle azioni in relazione a quegli eventi, modificando

così le aspettative future; il secondo è di tipo normativo

e si ha qualora venga comunicata la persistenza delle

azioni e delle aspettative. Quest‟ultimo assunto si pone

alla base della funzione del diritto, che s‟incarica di

difendere determinate aspettative contro quelle azioni

che le disattendono. Ne consegue che lo sviluppo e il

mantenimento di un certo ordine sociale sarà tanto più

probabile, quanto più consistenti saranno le decisioni

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Conversazioni sul diritto

378

fornite dal diritto, e maggiore la difesa delle norme398

.

Non tutte le aspettative possono, però, essere elevate a

rango di norme, dovendo presentare specifici requisiti:

essere dotate di contenuti di senso ovvero comprensivi di

una certa intersoggettività, ed, altresì, essere

compatibili con il sistema giuridico, in cui si

troverebbero a convivere. Se vengono soddisfatti tali

criteri, si sarà individuato un contenuto di senso

generalizzabile, che potrà essere tradotto in una

norma. È necessario, inoltre, che la società sia

legittimata alla loro applicazione, e che, quindi, si

superi il dissenso dovuto al fatto che qualcuno dovrà

pagarne i costi (si pensi ad es. alla responsabilità

oggettiva che comporta il risarcimento anche in

assenza di colpa). Sarà, inoltre, necessario che l‟attività

di un Terzo, giudice o arbitro rispetto alla disputa tra

„ego‟ ed „alter‟, possa contare su un consenso

generalizzato (istituzionalizzazione). Se sussiste

sicurezza di aspettative e ci si può fidare del diritto, ciò

consentirà di poter vivere in una società più complessa.

Il secondo requisito per il consolidamento di un

sottosistema funzionale differenziato come il diritto, è

l‟impiego di un codice binario: esso serve a far si che il

sistema, una volta emerso attraverso la sua funzione e

con essa differenziato, non si blocchi e che ogni

398

D. Tosini, Un concetto di movimento sociale, in “Studi di

Sociologia”, pp. 241-262.

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Lezioni a.a. 2010-2011

379

operazione possa essere ascritta all‟uno o all‟altro

blocco; non devono verificarsi interferenze o ingerenze,

pena l‟estinzione di alcuni sistemi. La scienza utilizza

il codice vero/falso, la politica funziona con la

dicotomia potere/non potere, il diritto con i poli

diritto/non diritto, e cosi via399

. Tuttavia il codice da

solo non è in grado di decidere a favore dell‟uno o

dell‟altro, ma dovrà fare riferimento a conoscenze

scientifiche pre-esistenti ritenute vere; il sistema

giuridico farà così riferimento ai propri programmi

tutte le volte che sia necessario applicare il suo codice

(pensiamo alle norme costituzionali, alle leggi

ordinarie, alle sentenze). I programmi servono, infatti,

a vincolare tutto il processo decisionale in modo che sia

conforme al diritto. In questo senso il sistema giuridico

399

Cfr. B. Romano, Filosofia del diritto, Roma-Bari, 2002, p. 68.

Bisogna precisare che se il fatto in sé, sia giusto o non giusto, è

del tutto irrilevante per la funzione del sistema diritto di

mantenersi e funzionare secondo la logica diritto/non diritto.

Luhmann non mostra interessa per l‟elemento psicologico del

soggetto, in quanto l‟uomo è sconsiderato solo un‟entità

funzionale, un “guscio vuoto” attraverso il quale passano tutti i

programmi. Il sociologo tedesco, a tal proposito, scrive:

“tralascio qui di iniziare a discutere del diritto parlando di

questioni del soggetto, per me non ha nulla a che vedere né con

il soggetto, né con il movimento psichico del soggetto, né con la

funzione effettiva del soggetto”.

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Conversazioni sul diritto

380

è autonomo ed opera in modo autopoietico ed

autoreferenziale.

Gli elementi che compongono il sistema non sono

semplicemente la somma che costituiscono il tutto, ma

sono accumunati dal raggiungimento di una specifica

funzione, di uno scopo, che acquista importanza nel

momento in cui è coordinata con gli altri sistemi. Tali

elementi sono uniformi. L‟uniformità è intesa come

stessa funzionalità ed è cosa diversa dall‟omogeneità:

vi possono benissimo essere elementi eterogenei, a

condizione che tutti perseguano la funzione del

sistema. Al contrario, se la disomogeneità portasse alla

disfunzionalità del sistema, esso attiverebbe tutte le

procedure necessarie per “difendersi”.

Luhmann parte dalla premessa che gli elementi primari

ed unici di un qualsiasi sistema sociale non siano gli

uomini, ma gli effetti delle comunicazioni, che

producono altra comunicazione. Senza comunicazione

non esiste alcuna forma di sistema sociale, anzi la

chiusura operativa del sistema sociale è operata proprio

sul concetto di comunicazione400

. Essa, all‟interno del

sistema, funziona selezionando solo una quantità

400

Luhmann definisce la comunicazione come sintesi di tre

selezioni: emissione, informazione e comprensione. Per maggiori

approfondimenti consultare il sito:

www.fscpo.unict.it/didattica/avvisi_allegati/lenormenellaprospettiv

asociologica.it .

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Lezioni a.a. 2010-2011

381

limitata di tutta la parte esterna disponibile delle

informazioni; tale processo è denominato “riduzione di

complessità”, “ossia la risposta delle organizzazioni e

dei sistemi agli elementi di contingenza e di

imprevedibilità che ogni ambiente introduce nei

sistemi401

”.

I sistemi sociali normalmente si scambiano delle

informazioni, permettendo a tutti i sistemi, anche a

quello giuridico, di avere un‟eteroreferenza, cioè di

rapportarsi all‟altro, e un‟autorefenza, definita come

autoosservazione.

Grazie all‟autoreferenzialità autopoietica un sistema

può aprirsi all‟ambiente ed interagire con esso

(eteroreferenzialità). Luhmann ritiene, dunque, che i

sistemi emergano attraverso l‟osservazione: essi sono in

continua osservazione reciproca ed ogni sistema è un

sistema per sé, ma per gli altri è ambiente (mondo

intorno). Sulla base di questi principi, il sociologo

tedesco distingue tre sistemi autopoietici ed

autoreferenziali:

- sistemi organici: corpo e cervello di animali, uomini e

strutture vegetali. Si basano su una autoreferenzialità

organica, che consente loro di riprodurre le cellule

autopoieticamente;

401

Cfr. www.i-lex.it, Rivista quadrimestrale on-line, dicembre 2010,

n. 11.

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Conversazioni sul diritto

382

- sistemi psichici: il loro principio autoreferenziale è il

pensiero;

- sistemi sociali: il loro principio è la comunicazione,

dalla quale si originano altre comunicazioni in

relazione tra loro.

L‟evoluzione dei sistemi e la loro crescente complessità, è

sottratta alla possibilità di controllo da parte dei

soggetti umani. Pertanto, anche sotto questo profilo,

l‟opera di Luhmann costituisce una sfida molto

innovativa nei confronti di una precisa concezione del

mondo sociale, che vede nell‟uomo il principale “attore”

dei fenomeni sociali. Al contrario, nelle moderne

società, differenziali e complesse – specifica Luhmann –

protagonisti sono i ruoli, le funzioni, gli ambienti ed i

sistemi; la realtà sociale non è, infatti, costituita da

individui, ma da concatenate operazioni, non

riconducibili a qualità psichiche o biologiche, con la

conseguenza che tutti i discorsi relativi all‟uomo sono

discorsi su una realtà esterna ai sistemi402

.

402

Tra le varie critiche mosse a Luhmann, quella forse più diffusa

sostiene che le sue teorie si limitano ad esporre concetti risaputi

ma con un gergo assai difficile; tuttavia il suo pensiero ha avuto

enorme successo soprattutto presso giuristi e sociologi, e viene

considerata da più parti il contributo forse più denso e

originale apparso in Europa, in relazione ad una radicale

trasformazione della sociologia.

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Lezioni a.a. 2010-2011

383

30. Aspettative cognitive ed aspettative cognitive

L‟aspettativa si concretizza in un‟attesa, espressione del

bisogno di essere riconosciuto, insito nei rapporti con gli

altri. Le forme fondamentali delle aspettative sono tre:

cognitive, quando ci si aspetta un cambiamento

nelle aspettative generalizzate; nella teoria dei sistemi

di Luhmann stanno al di fuori del sistema giuridico;

normative, quando ci si aspetta che le aspettative

generalizzate rimangano stabili nella società

attraverso l‟intervento del legislatore;

affettive, quando ci si aspetta che le aspettative

siano espresse in modo specifico ed unico, cioè ci si

aspetta come risultato della comunicazione

l‟autoespressione da parte dei partecipanti, anziché

l‟espressione di aspettative generalizzate nella società.

Il soggetto nutre aspettative non solamente verso l'altrui

comportamento ma anche verso le altrui aspettative,

anzitutto quelle rivolte verso lui stesso. A differenza di

quanto avviene nei confronti della natura, l'adattamento

tra gli uomini è raggiunto non soltanto mediante

l'apprendimento di aspettative di comportamento ma

anche attraverso l‟aspettativa dell‟aspettativa, necessaria

per mantenere gli ordinamenti così come per distruggerli,

per la cooperazione così come per il conflitto. È alla base

anche della formazione di norme.

Manuela Ingrao.

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Conversazioni sul diritto

384

La condivisione di aspettative altrui consente all'agente

di adattarsi reagendo nei confronti di proprie

condizioni, cioè in modo più semplice e rapido. Questo

vantaggio si fonda sull'inserimento di aspettative altrui

nella propria struttura di aspettative, sulla prepotente

condivisione di aspettative altrui in modo congruente con

le proprie aspettative. Il campo delle aspettative, pur

comprendendo aspettative altrui, viene armonizzato sulla

base delle proprie. Dagli altri non si pretende soltanto il

comportamento atteso, ma al tempo stesso anche il

congruente atteggiamento circa le aspettative.

L'altro non solo deve comportarsi in maniera

complementare, ma deve anche nutrire le proprie

aspettative in tal modo. Solo questo inserimento di

aspettative altrui garantisce infatti la certezza delle

aspettative, giacché esso solamente postula l'altro come un

uomo dal quale si pretende l'adempimento delle

aspettative.

In quanto una separazione tra le aspettative cognitive e

quelle normative può essere istituzionalizzata, in tanto vi

si collegano specializzazioni funzionali di sistemi e di

processi. A garanzia delle aspettative normative vengono

in essere ben presto ruoli speciali, quelli dei giudici. Creati

per i casi di delusione servono ad integrare nella società

il mantenimento ed il perseguimento di aspettative deluse

con le possibilità di consenso. Nel caso di aspettative

cognitive si attribuisce la delusione della stessa

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Lezioni a.a. 2010-2011

385

aspettativa, la quale viene perciò soppressa o modificata.

Inoltre vi è una sorta di preferenza naturale per le

aspettative normative e per la riduzione della delusione.

Soltanto allorché si rende possibile che processi adattativi

di apprendimento si organizzino indipendentemente dal

caso della delusione, le aspettative cognitive si dotano,

nella stessa misura di quelle normative, di ruoli

differenziati

allo specifico scopo. Solo così la ricerca scientifica acquista

una grande importanza e solo in tal modo la

differenziazione tra le aspettative normative e quelle

cognitive diviene uno dei principi strutturali

fondamentali della costruzione sociale. La reazione ad

una aspettativa normativa sta nella conferma della

validità delle norme.

Le norme sono aspettative stabilizzate per contraffazione.

Il caso di delusione viene previsto da Luhmann come

possibile ma preventivamente dichiarato irrilevante per

l'aspettativa. Quest‟ultima (così si compendia la

concezione dell'agente) si motiva e si giustifica da sola

tramite il suo diritto di essere nutrita come aspettativa.

Con tale diritto si sostiene la conservazione

dell'aspettativa in caso di delusione403

.

403

Non è possibile rivelare le cose per come stanno ed argomentare:

un soggetto non può apprendere quando l‟altro deve fare ovvero

omettere di fare, giacché l'alternativa dell'apprendimento,

nonostante tutto, sarebbe troppo evidente. La pretesa deve piuttosto

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Conversazioni sul diritto

386

Come nota Niklas Luhmann, “un‟aspettativa normativa

vincola colui che la formula più di una proiezione

cognitiva ... È maggiore la pressione a mantenerla in

seguito, vincendo ogni resistenza; di riflesso è anche

maggiore la cautela nell‟impegnarsi subito

normativamente in un quadro incerto”. Tutto questo

sarebbe vero solo se ogni infrazione fosse sempre seguita

dalla sanzione, cioè se il dominante mettesse sempre in

atto il comportamento, cui si è impegnato con la

minaccia. Nella realtà, invece, non sempre le sanzioni

vengono comminate.

31. La funzione immunitaria nel sistema giuridico

Quando si discute dei sistemi e delle relative funzioni cui

essi assolvono, è inevitabile pensare a Niklas Luhmann ed

all‟elaborazione della teoria sistemico-funzionale. Il

sociologo tedesco sostiene che la società complessa si

compone di numerosi “contenitori” – i sistemi – e ciascuno

di essi, per far si che la complessità della società sia

ridotta e che i sistemi siano in equilibrio tra di loro, deve

avere una funzione ben precisa.

trovare un fondamento in sé stessa o essere dedotta da norme più

elevate, e, in ogni caso, dunque, venir rappresentata come

immanentemente dovuta. La decisione di non apprendere non può

manifestarsi come tale.

Federica La Porta.

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Lezioni a.a. 2010-2011

387

Il sistema diritto, che in questa sede è ciò che

maggiormente interessa, ha come funzione quella

d‟immunizzazione. Essenzialmente, il sistema giuridico

ha la funzione di difendere i soggetti cui è destinato e al

contempo se stesso perché i sistemi sono eterarchici (posti

tutti sullo stesso piano) ed autopoietici (producono le loro

condizioni di funzionamento): si osservano tra di loro e

osservano se stessi. Rigettando le teorie che vogliono il

sistema giuridico come sistema “ordinatore” degli altri,

Luhmann sostiene che esso funziona come anticipazione

di conflitti che potrebbero sorgere. Ciò che accade, in

buona sostanza, è che nel momento in cui, nella

complessità della società, la globalizzazione porta a

pensare che tutto sia già risolto e ordinato, sorgono dei

conflitti: ebbene il sistema diritto ha la funzione di

prevenire questi ultimi.

Applicando la teoria di Luhmann, trova spazio la

concezione del sistema giuridico come riduttore della

complessità dell‟ambiente sociale, in base al codice

binario del giusto/non giusto, lecito/non lecito: il sistema

giuridico è in definitiva il “riduttore” degli altri sistemi.

Questo ruolo dato al sistema diritto risolve non solo un

problema teorico, ma anche pratico, posto che l‟uomo –

inteso come mero sistema biologico – necessita di ridurre

la complessità per sopravvivere.

Luhmann, spiegando la funzione cui aspira il sistema

diritto, critica la teoria giusnaturalistica, poiché

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Conversazioni sul diritto

388

quest‟ultima dimentica che la complessità del mondo

sociale ha bisogno di essere ridotta e al contrario, sostiene

che ogni norma deve essere ricondotta a principi etici

universali. Questo arduo compito per Luhmann spetta

proprio al diritto positivo, che deve porre dei limiti alle

infinite scelte, che possono essere realizzate dagli

individui all‟interno della società. Ecco perché la

funzione immunitaria, per realizzarsi in pieno, riduce in

modo vincolante e sanzionatorio la complessità sociale

dal punto di vista delle aspettative dei singoli individui

presenti nella società.

Secondo Luhmann il diritto positivo, mentre opera,

ponendo dei limiti per fungere da “immunizzatore” per

gli altri sistemi oltre che per se stesso, deve rappresentare se

stesso e a se stesso, per rendere le sue operazioni possibili.

Attraverso questo procedimento d‟immunizzazione e, al

contempo, di rappresentazione di se stesso, il diritto si

pone come diverso da tutto il resto e cosi facendo

s‟immunizza rispetto alla realtà che lo circonda e quindi

dagli altri sistemi. Ciò non vuol dire che

tra il sistema diritto e gli altri sistemi non ci sia un

rapporto, poiché questi, autosservandosi, comunicano tra

di loro. Deve, poi, essere sottolineato che il diritto non si

applica, ma si deve interpretare, questo perché ogni

norma è scritta quindi si viene a delineare una sorta di

scissione tra testualità e senso.

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Lezioni a.a. 2010-2011

389

Per comprendere meglio la teoria di Luhmann e quindi,

nello specifico, come si pone il sistema giuridico

all‟interno della società complessa, è utile ricorrere ad un

paragone: i sistemi intesi come macchine perfette che

operano in base ad una memoria. La macchina diritto

produce in continuazione la differenza tra se e

l‟ambiente, che lo circonda tramite una serie di

operazioni. Esemplificando, se il sistema diritto non si

cura di alcuni fatti, ritenendoli irrilevanti per il suo

funzionamento, allora significa che all‟interno di ciò che

il diritto costruisce come la sua realtà, quel fatto è

irrilevante.

Data la contingenza in cui tutti i sistemi si ritrovano ad

operare (non rilevando per Luhmann ciò che non è

presente), la funzione cui deve assolvere il diritto per

definirsi un sistema funzionale, è quella di ripristinare le

interruzioni che si sono create nell‟ordine delle

reciprocità: quando l‟ordine si interrompe, il sistema

diritto attiva delle tecniche per ripristinarlo.

Nel contesto del diritto cd. immunitario, la qualità della

norma non è legata a quella dei rapporti che va a

regolare, ma è riferibile soltanto al diritto vigente in

quanto funzionale agli altri sistemi.

Riassumendo, Luhmann, nella sua teoria sui sistemi, si

pone come un osservatore esterno dei sistemi, strutturati

come autopoietici e come meccanismi volti alla mera

sopravvivenza.

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Conversazioni sul diritto

390

Studiare il sistema diritto è molto importante anche per

gli altri sistemi, compreso l‟uomo, perché sono proprio i

sistemi a porsi come base e giustificazione dell‟esistenza

del sistema diritto. Come anticipato, l„uomo per Luhmann

è esso stesso un „sistema biologico‟ che è al contempo base e

destinatario delle norme e non ha capacità di

autodeterminarsi: la sua funzione è quella di sopravvivere

nella società complessa. Quanto alla funzione dei sistemi,

sebbene ciascuno di essi abbia una o più funzioni proprie,

quella per eccellenza resta sempre quella di ridurre la

complessità. La funzione che Luhmann attribuisce al

diritto è strettamente legata alle norme: proprio tramite

queste, infatti, il diritto trasforma le aspettative cognitive

in aspettative normative ed è in grado sia di proteggere se

stesso da “attacchi” di altri sistemi, sia di tutelare gli altri

sistemi.

Altro passaggio importante è quello in cui Luhmann

specifica che il diritto deve essere interpretato ed adattato

alle varie situazioni che si presentano di volta in volta:

trattare in modo uguale situazioni uguali ed in modo

diverso situazioni diverse404

.

Dunque, il sistema diritto in una società complessa ha la

funzione di immunizzare se stesso e gli altri sistemi: dove

404

Deve essere sottolineata la posizione di Luhmann riguardo ai

principi fondamentali, che non possono considerarsi alla base del

diritto perché l‟attività di tale sistema parte sempre e comunque

dalla differenziazione.

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Lezioni a.a. 2010-2011

391

si contravviene a quanto previsto dalle norme, allora il

diritto si attiva per essere funzionale e quindi per

proteggere se stesso e gli altri sistemi. Ma come svolge tale

funzione? Può seguire alternativamente due strade:

trasformare le aspettative cognitive in aspettative

normative e, nel caso di comportamenti contrari a

quanto stabilito dagli enunciati normativi, attivare il suo

potere coercitivo, con lo scopo di ripristinare la situazione

iniziale.

32. Differenza formologica: „forma formata‟ e „forma in

formazione‟ nella particolarità della celebrazione di un

processo

La differenza formologica405

è una differenza tra forme:

una formata e una in formazione. Anche nel diritto,

„differenza formologica‟ sta a significare esattamente una

differenza tra forme. Quella formata, che si ravvisa

all‟interno del sistema diritto, può avere l‟aspetto di un

enunciato normativo, di una legge, di un testo giuridico,

di una sentenza.

Per attivare una differenza è necessario che la forma

formata abbia un rinvio ad un‟altra forma, nel senso che

per parlare di una differenza è necessaria la presenza di

Francesca Lorini.

405

B. Romano, Filosofia della forma. Relazioni e regole, Torino,

2010.

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Conversazioni sul diritto

392

due elementi suscettibili di essere messi a confronto tra

loro.

La forma formata non è l‟equivalente di un qualcosa di

perfetto ma sta a significare, invece, „definita in qualche

modo‟. La forma formata corrisponde all‟uomo, inteso

come un essere, che viene preso in considerazione sotto

l‟aspetto della propria natura biologica. Gli uomini,

infatti, sono forma formata se si ha riguardo

all‟involucro fisico, ma una forma formata che presenta

una particolarità, non essendo mai formata

definitivamente. La forma di un adulto non si intende

formata in quanto „adulto‟, poiché sotto l‟aspetto

dell‟involucro fisico, l‟uomo è continuamente in

formazione come forma. L‟entità biologica „uomo‟ è una

forma formata. Ogni individuo ha, infatti, la sua forma

che può essere rispettivamente la forma di una donna o

quella di un uomo; la forma dell‟individuo è appunto

quella di un essere umano e non quella animale o

vegetale.

La forma formata non può essere scelta dagli individui

perché il modo in cui si viene ad esistenza non è possibile

da definire. Si nasce in un modo piuttosto che in un altro,

con la forma di un essere umano piuttosto che con quella

di un vegetale.

La „forma formata‟, secondo il lessico usato da Bruno

Romano, “si attualizza completamente solo quando svolge

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Lezioni a.a. 2010-2011

393

la sua funzione … è soltanto un assemblaggio di

materiali in cui non c‟è creazione”406

.

Convive nell‟uomo un‟altra tipologica di forma: la forma

in formazione.

La forma in formazione è quella dell‟identità esistenziale

di ogni singolo soggetto e caratterizza in modo esclusivo

l‟io. Da ciò può desumersi che l‟io ha una sua forma

creativa, personale e responsabile, che costituisce il

presupposto necessario per poter essere chiamati, davanti

ad un giudice terzo, a rispondere del complesso di tutte le

scelte compiute nel perseguire una forma in formazione,

che nell‟uomo corrisponde a “qualcosa in più che non è il

corpo, qualcosa che si definisce anima”407

. Pertanto,

l‟identità degli uomini è rilevante per il diritto perché lo

stare nella condizione di una forma in formazione è

indice di essere alla ricerca della propria identità.

Il diritto, in quanto tale, e non in qualità di semplice

enunciato normativo, ha un ruolo fondamentale per la

tutela per la libera formazione di ogni identità. È, infatti,

fondamentale che in ogni ordinamento venga garantita

la libertà di scelta, la libertà per ogni individuo di

formare la propria identità secondo quanto ritenga più

406

Cfr. M. Polselli, Tra essere e forma. Riflessioni sul diritto, in

Portale docente L. Avitabile, www.unicas.it. Inoltre, cfr. J. Hersch,

Essere e forma, Milano, 2006.

407

Ivi, p. 33.

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Conversazioni sul diritto

394

opportuno, in un senso di rispetto delle proprie

convinzioni.

La peculiarità di ogni singolo uomo è quella di scegliere

in libertà. La libertà di scegliere passa attraverso una

libertà essenziale, quella di parola, che non può essere

completamente formalizzata perché sfugge ad una

configurazione univoca; può essere, infatti, rappresentata

sotto la forma di un diritto di cronaca oppure può

assumere le sembianze della libertà di religione. Il

diritto, dunque, deve ergersi a garanzia di questo genere

di libertà.

In Luhmann la libera formazione dell‟identità dell‟io è

negata in quanto la libertà viene determinata secondo il

ruolo che ognuno ha. Il diritto, infatti, secondo

Luhmann, non tutela l‟io, cioè la persona, ma gli altri

sistemi e, nel momento in cui la persona è stata ridotta a

sistema (sistema psichico o ente biologico), si possono

addirittura pronosticare le azioni che compierà, essendo

diventata, ormai, osservabile.

Nessuno può essere libero se costretto ad essere simile agli

altri. È necessario somigliarsi in minima parte per

comprendersi ed è altrettanto necessario arricchirsi delle

reciproche differenze, sempre nel rispetto della possibilità

di scegliere liberamente e di sottrarsi alla ripetitività di

una forma già formata.

Il processo istituisce una forma da accertare: il fatto è

incerto e dunque in formazione. Nel processo convivono

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Lezioni a.a. 2010-2011

395

una forma in formazione, che è il fatto da accertare e su

cui bisogna decidere, ed una forma formata costituita da

tutto il complesso delle regole processuali. È nelle aule dei

tribunali che si cerca la verità e nel processo incide

l‟applicazione del diritto attraverso un richiamo alle

dimensioni temporali: il ritorno del passato al presente

con il fatto che si propone al giudice, e questi, mettendo in

connessione il passato del diritto con il fatto che gli viene

proposto, arriverà a produrre una realtà, che andrà oltre

il momento del giudizio e produrrà effetti nel futuro. Nel

processo, pertanto, si verifica l‟incontro dell‟umano con il

giuridico. Le parti del processo sono portatrici del proprio

io, l‟io di ogni uomo. Ogni singolo io è autore della

propria formazione e questo in particolare è possibile

nell‟incontro con l‟altro, che può avvenire in uno spazio

terzo, come quello di un processo, in cui “l‟uomo è di

fronte all‟altro”408

. “La forma già formata presenta

nell‟uomo il concetto generale di imputabilità. La forma

in formazione presenta l‟uomo nella concretezza del suo

poter essere imputato per atti pensati e voluti nelle sue

scelte, formative delle sue condotte”409.

. Il compito di

qualunque magistrato, laddove per magistrato bisogna

intendere il „congresso‟ degli autori della 2decisione posta

a conclusione del processo, ossia una sentenza, è quello di

408

J. Hersch, Essere e forma, cit., p. 89.

409

B. Romano, Filosofia della forma. Relazioni e regole, cit., p. 85.

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Conversazioni sul diritto

396

accogliere l‟io delle parti. La sentenza, quale decisione

finale del processo, si forma durante tutto lo svolgimento

dello stesso e non solo nel momento finale. Il magistrato

deve formare un giudizio giuridico attraverso il

cosiddetto „dialogo delle parti‟. Nel dialogo c‟è chi ascolta

e fa silenzio, c‟è chi parla e contraddice. Il magistrato,

nel suo essere imparziale, accoglie ed ascolta le parti. L‟io

delle parti appartiene ad ognuna di esse e non alla

relazione che le parti hanno tra di loro. Le relazioni

esistenti tra le parti non sono dotate di propria identità.

L‟io delle parti è sempre una forma in formazione e si

forma attraverso la comparazione con le identità degli

altri soggetti in relazione410

. Ogni io è in attesa di un

altro io per potersi sviluppare, ampliare e di conseguenza

anche continuare a formare; aspetta dunque una

relazione dialogica.

Una forma in formazione è costituita da due distinte

qualificazioni:

- l‟io delle parti;

- la relazione.

L‟io ha una struttura individuale-singolare, dunque

personale e non una struttura di tipo plurale-collettiva e

410

L‟identità di una singola parte non procede con la sua abituale

natura di forma in formazione se non ha contatti con le identità

delle altre parti, con l‟io delle altre parti. La forma dell‟io cresce, si

sviluppa nella relazione. L‟io esiste nell‟ascolto e nel confronto con

l‟altro, nella relazione di dialogo.

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Lezioni a.a. 2010-2011

397

impersonale. Al contrario, la relazione non ha

un‟interiorità propria, che si manifesta in un‟intenzione.

La partecipazione della forma di ogni singolo io alla

formazione di un „noi‟ resta sempre un qualcosa di

differenziato. La forma delle norme giuridiche non è la

forma delle leggi dei sistemi biologici, cioè non è una

forma già data ma è una forma in formazione, che si

istituisce attraverso il pensiero, la volontà, l‟elaborazione

ed il lavoro degli uomini, che nell‟attività legislativa

selezionano dei contenuti e li fissano nella forma di un

enunciato normativo. Ebbene, nello svolgimento del

processo si ravvisa la differenza formologica perché il

magistrato, agendo nel rispetto della testualità giuridica

per formalizzare una decisione, si trova ad avere a che

fare con una forma formata, ravvisabile nei testi. Allo

stesso tempo però nel giudizio troviamo anche forme in

formazione che sono i soggetti, le parti. L‟io delle parti,

cioè la persona, rappresenta sé stessa nel processo. La

sentenza, nel suo risultato finale che è un testo, è una

forma formata, ma allo stesso tempo, anche una forma in

formazione, in quanto si potrebbe verificare un

ribaltamento della stessa nell‟eventuale secondo grado di

giudizio. La particolarità della celebrazione del processo

risiede nel fatto che nel corso dello svolgimento dello

stesso, ogni parte si presenta con la propria identità.

Nessuno mai, entrando in giudizio, può spogliarsi di essa.

Le parti del processo, nel loro essere soggetti, uomini sono

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Conversazioni sul diritto

398

contemporaneamente forma formata e forma in

formazione. Il fatto stesso che siano stati

costituzionalizzati diritti quali la libertà di opinione, di

stampa di parola411

, non rappresenta altro che una forma

di tutela della formazione dell‟identità personale. La

libertà di manifestazione del pensiero costituisce il

fondamento di un ordinamento democratico, fondato sul

pluralismo ideologico. Il riconoscimento di questa, infatti,

consente a qualsiasi soggetto di esprimere le proprie

411

Così recita l‟art. 21 della Costituzione italiana: “Tutti hanno

diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la

parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non

può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Si può procedere a

sequestro soltanto per atto motivato dell‟autorità giudiziaria nel

caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo

autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa

prescriva per l‟indicazione dei responsabili. In tali casi, quando vi

sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento

dell‟autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può

essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono

immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denuncia

all‟autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle

ventiquattro ore successive, il sequestro si intende revocato e privo

d‟ogni effetto. La legge può stabilire, con norme di carattere

generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della

stampa periodica. Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli

spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume.

La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a

reprimere le violazioni”.

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Lezioni a.a. 2010-2011

399

opinioni, diffonderle e farne propaganda. Soltanto in

questo modo si può realizzare quel confronto dialettico

tra rappresentanti di posizioni diverse attraverso il quale

si concreta la dimensione veramente democratica di un

Paese. Anche il magistrato entra nell‟aula di giudizio con

la propria identità; anche volendo non può spogliarsi del

proprio io ma ciò non toglie che nel momento in cui deve

giudicare, deve farlo in modo neutrale, imparziale e

disinteressato. Il magistrato diventa impersonale quando

svolge il suo ruolo in modo da garantire il disinteresse e

l‟imparzialità; allo stesso tempo è una „persona‟ con una

propria identità personale in formazione ed in quanto

tale non deve personalizzare la situazione. In altre parole

il magistrato, ascoltata quella che è la realtà dei fatti che

gli viene presentata dalle parti in giudizio, deve

interpretare la stessa per poter applicare una testualità

giuridica che è già stata codificata: si tratta dunque di

una forma formata. Luhmann, a tal proposito, afferma

che il magistrato, nello svolgimento del proprio ruolo,

compie un‟osservazione di secondo grado, trovandosi a

trattare per la seconda volta materiali che sono stati

trattati in primis dal legislatore. In realtà, è logico

pensare che il compito del magistrato sia di più larga

portata in quanto è suo compito interpretare le intenzioni

del legislatore, confluite nelle leggi. Alla luce delle

argomentazioni proposte si può affermare che la questione

della differenza formologica rispetto al diritto si ravvisa

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Conversazioni sul diritto

400

nel fatto che il diritto, in quanto testualità giuridica (la

stessa testualità che si trova ad analizzare ed utilizzare

un magistrato per formare un giudizio giuridico),

costituisce una forma formata, ma al contempo, essendo

proiettato al futuro, è sempre emendabile e perciò

rappresenta anche una forma in formazione.

33. L‟argomentazione giuridica quale interpretazione della

validità della norma giuridica e contestualizzazione della stessa

nell‟ambito giuridico e nei principi generali.

Nell‟opera di Luhmann, l‟argomentazione viene discussa come una

“forma” e l‟argomento rappresenta il simbolo della validità del

diritto, „invisibile‟ ma allo stesso tempo presente. Nell‟ambito della

teoria sistemico-funzionale, l‟interpretazione è data per

confermare la validità della norma e contestualizzarla nei

principi generali del diritto. Nesssuna interpretazione può

modificare il diritto vigente perché ciò è possibile solo attraverso

procedure specifiche; la funzione dell‟argomento non attribuisce

validità a nuovi diritti, né a nuove obbligazioni. Il contratto

sociale non è modificabile per argomentazione (es. Hobbes,

Rosseau). A questo proposito è utile definire, utilizzando il lessico

di Benedetti, l‟opera dell‟interpretazione come “sfondamento

dell‟esperienza verso il futuro”412.

Alessandra Lucciola.

412 G. Benedetti, La contemporaneità del civilista, in V.Scalisi(a cura

di),scienza e insegnamento del diritto civile in Italia, Milano, 2004, p.1232

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Lezioni a.a. 2010-2011

401

Secondo queste argomentazioni, l‟interpretazione non è uno

spiegare413, ma un comprendere che consiste in un dire

altrimenti, custodendo:

1- La fedeltà verso la genesi del testo (legalità);

2- L‟originalità richiesta dal dover incontrare il destinatario

dell‟interpretazione (giustizia).

L‟argomentazione, nell‟era della globalizzazione, è spesso legata

al concetto di tecnica normativa ed è contestualizzata perché ha

come obiettivo quello di provare la validità del diritto, avvalendosi

delle operazioni del sistema giuridico ed operando con i

programmi dello stesso. Gli argomenti sono frammenti del sistema

giuridico, attraverso i quali si evita di “inficiare” la validità del

sistema stesso (nel diritto sono solo argomenti giuridici).

Il legislatore, quale camera di commutazione414, svolge una

funzione di “sorveglianza automatica” selezionando gli

argomenti provenienti da altri sistemi. L‟argomentazione

giuridica si nutre di categorie, di presupposti e di forme espressive

che trapassano le tecniche legislative.

La tecnica dell‟argomentazione giuridica, secondo Luhmann,

necessita della testualità giuridica infatti, nelle forme dei testi, il

sistema ha la possibilità di coordinarsi mediante strutture. La

testualità giuridica non è racchiusa nel testo della sentenza e nei

413 Id., La terra, il cuore, la memoria, il mestiere di giudice, in Arte e

prudenza del giudicare, “Rivista internazionale di filosofia del diritto”, 2,

2005, p. 293 ss.

414 Lezioni prof. Avitabile a.a. 2010/2011.

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Conversazioni sul diritto

402

suoi elementi, ma è tutto ciò che è presente nel cosiddetto “shopping

normativo”415.

In Habermas argomentare il diritto significa giustificare

un‟artificialità che si stacca nettamente da “forme di vita

abitudinarie e tradizionali” per descrivere una fattualità che è

„artificio‟ e in quanto tale si configura nella minaccia di sanzioni

che attualizzano una pretesa giurisdizionale dei diritti416.

Quindi, il diritto positivo non è altro che un‟artificialità

revocabile, emendabile, abrogabile, fondato su pratiche funzionali

ad assicurare il consenso. È in questo tipo di posizione, vale a dire

nell‟eventualità di essere modificato o abrogato, che la validità

del diritto positivo è rappresentata dall‟esternazione di una

volontà con capacità di durata nel tempo, generata dalla

trasformazione degli interessi che orientano il consenso (Le forme

del funzionalismo giuridico di Luisa Avitabile). Luhmann ha

costruito una teoria dei sistemi sociali in cui il diritto è uno dei

sottosistemi del sistema sociale in generale. Il sistema diritto, come

tutti gli altri sistemi, è autoreferenziale perché “produce” i suoi

testi ed allo stesso tempo li interpreta.

Nello specifico, per argomentazione giuridica si intende una

„raccomandazione di argomenti per procedimenti adeguati‟: un

procedimento è adeguato perché è professionalizzato al suo

interno. È proprio da qui che si può parlare di

procedimentalizzazione.

415 Cfr. P. Legendre, Il giurista artista della ragione, Torino, 2001, passim.

416 J. Habermas, Fatti e norme, Milano, 1996, p. 40.

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Lezioni a.a. 2010-2011

403

Luhmann ripropone una sorta di modello biologico che deve

“adeguarsi” all‟ambiente. Ciò comporta inevitabilmente la

selezione naturale; raffina il concetto di uomo biologico attraverso

un‟operazione che consegue un certo grado di successo.

In Luhmann si hanno due tipi di argomentazioni: analogia: casi

ripetuti nel passato; distinzione: procedimento per il quale casi

uguali sono trattati in modo uguale e casi diversi sono trattati in

modo diverso.

In Luhmann si argomenta per conseguire un risultato attraverso

gli argomenti giuridici. L‟argomentazione, a differenza della

procedura, non è istituita dal legislatore, ma esiste liberamente per

far si che si raggiunga un convincimento su di una determinata

situazione.

Gli argomenti possono giungere dall‟universo giuridico ma anche

da altri ambiti, inoltre possono provenire sia dal passato che da

presente e quelli del passato sono una serie di idee

decostituzionalizzate.

Il „passato immediatamente funzionale‟ è quello assorbito dalla

contingenza del presente, che nell‟argomentazione si sostanzia in

tre momenti diversi: operazione, autoosservazione, elementi

controversi e/o incontroversi.

Luhmann parla di argomentazione poiché solo questa può avere

una sistemazione logico-formale, mentre l‟interpretazione è una

lettura propria e personale della realtà, è una comunicazione

determinata da ciò che si può dire in modo convincente, dunque

la forma prevale sul contenuto. L‟interpretazione non è per se

stesso/i, ma per gli altri e si sostanzia nella comunicazione,

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Conversazioni sul diritto

404

divenendo un comportamento sociale, mentre l‟argomentazione

deve fondare una decisione riguardo ciò che è conforme o meno al

diritto, dovendo orientare la decisione: è sempre una ratio-

decidendi.

Negli ordinamenti di common-law tutto avviene sulla base del

precedente.

Nel civil-law l‟argomento è una motivazione con l‟esigenza di

fondere decisioni su casi sempre nuovi e differenti.

Sia negli ordinamenti di common-law che in quelli di civil-law, le

interpretazioni sono argomenti che ricorrono in modo ricosivo e

ciò è simbolo di validità del diritto.

L‟argomentazione non è un procedimento normativo, in quanto

non può modificare il diritto, perché non è una procedura

normativa, ma è composta da elementi argomentativi ed il

prodotto finale è costituito da regole normative o principi.

L‟argomentazione giuridica espone le ragioni, è un procedere per

argomenti ed espone delle motivazioni che attribuiscono

preferenza ad alcune di esse piuttosto che ad altre.

Per Luhmann deve trattarsi di ragioni ragionevoli , di „buone

ragioni‟, intese come „ragioni funzionali‟ all‟interno

dell‟argomentazione.

L‟esposizione delle ragioni deve essere basica; è necessario che vi sia

professionalità, eleganza nella forma che deve avere il dono

dell‟economia, cioè deve essere una forma non prolissa, non

ripetitiva, non retorica ma razionale.

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Lezioni a.a. 2010-2011

405

34. La complessità del sistema giuridico in Luhmann

Luhmann affronta e risolve il problema della complessità del

mondo e del sistema giuridico. Nel suo iter filosofico si riferisce

non solo alle categorie della Teoria dei sistemi, ma anche

all‟analisi del funzionalismo, la teoria da cui Luhmann

avvia i suoi studi. La stessa categoria della „complessità‟, che

costituisce l‟emblema della sua teoria, viene utilizzata in

termini non riconducibili ad un approccio scientifico-

sistemico: Luhmann parla dell‟aumento della complessità

interna al sistema come indicatore evolutivo necessario a

fronteggiare l‟aumento della complessità del suo ambiente;

ma l‟evoluzione di un sistema non può identificarsi „tout

court‟ con un aumento di complessità, ma deve collocarsi

nell‟ambito dell‟aumento di complessità con precise

caratteristiche qualitative, con definiti limiti funzionali

relativi alle situazioni che si determinano: un aumento

qualsiasi di complessità interna al sistema può determinare

un sovraccarico di complessità e un indebolimento

dell‟efficienza del sistema fino ad un suo possibile blocco.

Luhmann si propone di rinnovare l‟approccio teorico allo

studio delle società: le interazioni sociali vanno studiate

come interazione tra sistemi. Pertanto, i concetti di specie,

popolazione, totalità e uomo vanno definitivamente

Nadia Lullo.

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Conversazioni sul diritto

406

abbandonati per riferirsi ad una sociologia basata sul

rapporto sistema-ambiente.

Il sistema – nella prospettiva luhmanniana – è un‟entità

di azioni, che si mantiene costante in un ambiente

complesso e mutevole attraverso la stabilizzazione dei

confini interno-esterno; a differenza delle strutture, i

sistemi autogenerano i propri confini e sono indipendenti

dall‟osservazione altrui.

“Invece della razionalità puramente interna di un

ordinamento privo di contraddizioni” – scrive Luhmann –

la problematica è quella del mantenimento di un sistema

nell‟ambiente complesso ... I sistemi sono unità operative

sensibili nei confronti dell‟ambiente, in grado di

elaborare e di compensare gli stimoli che a essi

provengono dall‟ambiente”417

.

Nei sistemi aperti, cioè che permettono lo scambio delle

informazioni, la dinamica dell‟evoluzione verrebbe

allora determinata dalla differenza di complessità tra

sistemi; la complessità continuamente in aumento spinge

all‟approfondimento della differenziazione funzionale e

tutti i sistemi vengono sottoposti ad un continuo

adattamento e adeguamento a livelli superiori di

complessità.

Il senso è il fattore che dà luogo alla riduzione della

complessità e soprattutto all‟autoriferimento, che consente

417

Cfr. N. Luhmann, Organizzazione e decisione, Milano, 2005.

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407

la chiusura dei sistemi. Luhmann dimostra che alla

chiusura autopoietica corrisponda un‟estesa apertura

verso l‟esterno e che solo i sistemi complessi, „chiusi‟ e

autoreferenziali possono „aprirsi‟. Solo attraverso una

comprensione dell‟ambiente e del mondo, nella triplice

dimensione materiale, temporale e sociale è pensabile

l‟autonomia della dimensione sociale418

.

Infine, bisogna aggiungere che la contrapposizione tra

sistema-ambiente e la problematica della complessità

richiama il problema della sicurezza. Di contro,

l‟insicurezza motiva la regolazione necessaria e continua

della complessità, ne regola tempi ed obiettivi. La

situazione nella quale si trova ad agire il sistema, che è

obbligato a diventare sempre più complesso è simile ad

uno stato di necessità in un ambiente ostile che non

permette un agire libero ed efficiente.

La teoria sistemica di Luhmann è riconducibile, quindi,

ad un‟ipotesi di sviluppo in un processo di

razionalizzazione della società in uno stato di crisi: il

senso sistemico diventa riconoscimento teorico della

condizione di crisi. Tale teoria è coerente con una

configurazione sociale in cui si realizzino necessità

considerate oggettive, di controllo, sugli spazi e sui

418

L‟autonomia si chiarifica, infatti, attraverso le metafore interno-

esterno (materiale), reversibilità- irreversibilità (temporale), ego-

alter (sociale).

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Conversazioni sul diritto

408

modelli di comportamento. I sistemi funzionano da

unione tra crisi e bisogno di sicurezza: di fronte alla crisi,

la sicurezza viene massimamente garantita da

un‟organizzazione sistemica, che impone comportamenti

e strutture stabilmente costituite di azione e di esistenza.

35. Il concetto di rischio in Niklas Luhmann

Niklas Luhmann dedica un‟intera opera419

all‟analisi del

concetto di rischio, che si sviluppa all‟interno della società

moderna. Tale concetto s‟inserisce all‟interno delle sue

osservazioni sul “moderno” e sull‟irrisolto problema della

sua identità storica. Mediante quest‟analisi l‟autore cerca

di chiarire i motivi per cui il concetto diventa rilevante

nella descrizione dello sviluppo della società moderna.

Luhmann parte dal presupposto che la società moderna

abbia segnato il passaggio da una situazione data,

naturale, in cui erano le “forme dell‟essere” a determinare

il futuro ad una situazione in cui sono le singole

decisioni a determinare lo sviluppo: il futuro non è più un

disegno divino, un destino da compiersi, ma dipende da

decisioni da prendere nel presente420

. Il rischio diventa,

quindi, un modello di riferimento per la descrizione della

Emiliano Lunghi.

419

N. Luhmann, Sociologia del rischio, Milano, 1996.

420

Cfr. F. Chicchi, Derive Sociali. Precarizzazione del lavoro, crisi

del legame sociale ed egemonia culturale del rischio, Milano, 2001,

p. 87 e ss.

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409

società attuale; la gestione del rischio, nel suo complesso,

necessita di una corretta impostazione metodologica, che

comporta, però, la formulazione di concetti, terminologie

e strumenti appropriati421

.

La definizione di rischio è proposta da Luhmann in

relazione al concetto di pericolo; egli sostiene, infatti, che

non è possibile definire un concetto per se stesso, ma solo

in relazione con altri concetti. Ma anche tali concetti di

rischio e pericolo, se non correttamente formulati, possono

generare informazioni errate con conseguente inefficacia

dal punto di vista metodologico e operativo422

.

Evidenziando le caratteristiche di tali concetti va,

innanzitutto, considerato che entrambi si riferiscono alla

possibilità del sopraggiungere di un danno; in

particolare, se l‟eventualità del danno viene visto come

derivante dall‟errata decisione presa tra una moltitudine

possibile, allora si tratta di rischio, se al contrario, il

danno è conseguenza di fatti esterni non dovuti a scelte,

allora, si è in presenza di pericolo423

.

Il pericolo dipende da fattori che sono esterni, o

comunque percepiti come tali, rispetto al sistema o al

campo di possibilità definite, ma anche dall‟ambiente

421

Cfr. L. Napoli, La società dopo-moderna: dal rischio

all‟emergenza, Perugia, 2007, p. 55.

422

Ibidem.

423

Cfr. F. Chicchi, Derive Sociali. Precarizzazione del lavoro, crisi

del legame sociale ed egemonia culturale del rischio, cit., p. 88.

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Conversazioni sul diritto

410

esterno, poiché sorge esternamente al sistema ed in modo

imprevedibile prima di ogni osservazione.

Il rischio, invece, è dipendente dalla decisione stessa del

sistema e quindi è congenito al suo funzionamento. Nel

rischio entrano in gioco la decisione e la contingenza,

pertanto esso si palesa legato all‟incertezza del futuro

oltre ad incidere sulle relazioni interpersonali. L‟evento

rischioso non è qualcosa di puramente possibile, ma

sempre contingente e quindi concreto, appartenente alla

categoria logica della determinatezza; l‟evento

pericoloso, invece, è percepito come distante ed astratto e

può essere ricondotto alla categoria logica

dell‟indeterminazione.

Invero, si potrebbe obiettare che anche il pericolo può

essere concreto, perché dall‟esteriorità del sistema può

provenire una situazione attuale di minaccia. È agevole

rispondere che mentre il pericolo rappresenta solo una

possibilità attuale, il rischio pur non essendo imminente è

sempre presente.

Il rischio è un concetto legato alla realtà contingente,

mentre il pericolo esprime una situazione attuale di fatto.

La distinzione rischio-pericolo presuppone comunque che

vi sia un interesse di fondo a cercare la sicurezza, ma se

nelle società più antiche, di fronte ad una minaccia,

veniva prevalentemente sottolineato il pericolo, in quelle

moderne è evidenziato il lato del rischio. Questo perché

marcare il lato della forma del rischio significa aprirsi

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Lezioni a.a. 2010-2011

411

ad un possibile incremento di opportunità, mentre

soffermarsi sul pericolo porta a dimenticare i profitti, cui

si potrebbe mirare con delle decisioni rischiose424

.

Il concetto di rischio è utilizzato da Luhmann nelle sue

osservazioni sul mondo moderno costantemente segnato

da tale fattore. Ciò è dovuto al fatto che la complessità di

tecniche ed idee impone l‟alternativa di una pluralità di

scelte, e quest‟ultima implica la possibilità di sbagliare. Il

rischio presuppone sempre una decisione da assumere per

il futuro: solo chi rischia decide e anche il „se rischiare‟ è

pur sempre una decisione.

Dalle argomentazioni proposte si rinviene che la società

contemporanea si può costituire solo nella fattispecie del

rischio e ciò è motivato dal fatto che il futuro è sempre più

incerto a causa della crescente complessità del sistema; a

tal proposito Luhmann afferma che “non esiste nessun

comportamento esente da rischi”425

. Questo, da un lato

significa che non esiste la sicurezza assoluta, dall‟altro

che se si prendono delle decisioni nel mondo moderno,

anche una non decisione è una decisione426

. Ne segue che

da qualsiasi decisione derivano conseguenze per il futuro,

che risulterà costruito nella contingenza, perché

dipendente totalmente dalle decisioni prese nel passato. Il

424

Ibidem.

425

N. Luhmann, Sociologia del rischio, cit., p. 38.

426

L. Napoli, La società dopo-moderna: dal rischio all‟emergenza,

cit., p. 58.

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Conversazioni sul diritto

412

rischio, inoltre, non è strettamente individuale, perché la

scelta fatta da un soggetto può comportare conseguenze

anche per altri, i quali si troveranno esposti agli stessi

pericoli del soggetto decisore, senza che ciò sia dipeso

dalla propria volontà.

All‟interno della teoria sistemica Luhmann individua la

necessità di riduzione della complessità quale fonte del

rischio. Dal momento che l‟uomo, per sopravvivere, ha

bisogno di orientarsi all‟interno della complessità del

mondo, deve necessariamente ridurre tale complessità e

all‟interno di questo processo di riduzione viene a trovarsi

nella contingenza di compiere delle scelte tra le varie

possibilità offerte dal sistema, che non possono essere esenti

dal rischio. Inoltre, non solo c‟è il rischio che si attuino

possibilità diverse dalle proprie aspettative ma, quando le

azioni di un soggetto sono dirette a un altro soggetto,

occorre che il primo tenga presente che ha a che fare non

solo con le proprie aspettative ma anche con le aspettative

dell‟altro: è questa la situazione di doppia contingenza,

poiché il realizzarsi di una propria aspettativa dipende

anche da scelte che non sono proprie. Il rischio di

fallimento della propria azione dipende, quindi, anche

dal fatto che alter scelga a sua volta e può anche scegliere

in modo diverso da quello di ego427

.

427

Cfr. www.sociologia.uniroma1.it, Niklas Luhmann, cap. 26.

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413

La distinzione luhmanniana tra rischio e pericolo è insita

nei vari sistemi funzionali. Se, ad esempio, si prende in

considerazione l‟economia, viene in evidenza maggiore il

concetto di rischio, piuttosto che quello di pericolo: il

rischio è, infatti, istituito dal sistema economico ed è

fondamentale per l‟autosussistenza del sistema stesso. Per

questo motivo in economia si parla solitamente di rischio

economico428

e non di pericolo. In particolare gli

economisti ritengono che il rischio rappresenti un danno

eventuale, dal quale ci si può cautelare,

contrapponendolo all‟incertezza economica, definita

come ciò che è talmente incerto ed indicibile da non

permettere nessuna formula di prevenzione.

Nel sistema giuridico, invece, si è soliti parlare di pericolo.

In particolare, nel diritto penale sono codificate come

ipotesi di reato specifiche condotte che mettono in pericolo

un determinato bene giuridico: “al diritto penale,

interessato alla tutela di interessi importanti, interessano

rischi innescati da comportamenti criminali, ma anche

rischi legati ad attività lecite necessarie. La società

industriale moderna è, secondo una fortunata

definizione429

, una società del rischio”430

.

428

Si tratta di un “tipo di rischio che incide sui risultati reddituali

delle imprese ... legato all‟equilibrio tra costi e ricavi”. Cfr. la

definizione di rischio economico su www.wikipedia.org.

429

U. Beck, La società del rischio, Roma, 2000.

430

Cfr. D. Pulitanò, Diritto Penale, Torino, 2007, pp. 216 e 217.

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Conversazioni sul diritto

414

Nell‟ordinamento penale il concetto di pericolo è

genericamente inteso come potenzialità di danno e viene

in rilievo in vario modo: “nella costruzione della

fattispecie di reato, il problema del pericolo è un problema

di modi e limiti … di una possibile anticipazione

dell‟intervento penale, rispetto al verificarsi del danno. Il

pericolo può essere un aspetto caratterizzante d‟un evento

naturalistico. Può consistere nella potenzialità di una

condotta a produrre eventi d‟un dato tipo ... può essere un

presupposto del reato, cioè di doveri di fare o non fare

qualcosa per neutralizzare il pericolo”431

. Infatti, nel

sistema diritto ciò che è considerato come pericolo non

nasce al suo interno, ma deriva dalla decisione presa da

altri sistemi, ed essendo il fatto di reato un fatto umano,

soprattutto dal sistema psicologico, a cui appartiene

l‟uomo in quanto essere pensante. Il rischio invece origina

dalla scarsità e dalla necessità di scegliere e ciò va a

incidere sulle relazioni interpersonali poiché la scelta del

decisore può danneggiare, o comunque condizionare,

colui che viene coinvolto dalla decisione.

Il sistema economico è solito proporre un calcolo del

livello del rischio dato dalla moltiplicazione della

consistenza del danno per la probabilità che esso accada:

“il calcolo del rischio è profondamente radicato nella

scienza e nella produzione, e costituisce una base teorica

431

Ivi, p. 218.

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Lezioni a.a. 2010-2011

415

per prendere decisioni”432

. Luhmann aggiunge che,

tuttavia, il rischio “si può calcolare come si vuole e si può

giungere in molti casi a dei risultati chiari, ma questi

sono solamente degli aiuti decisionali e non comportano

la possibilità di evitare i rischi, una volta che si prendono

delle decisioni”433

.

È importante, in conclusione, ribadire come per Luhmann

la società moderna percepisca il suo futuro sotto forma di

rischio presente e come questo dipenda sostanzialmente

dall‟emergenza continuamente rinnovata della necessità

della decisione434

. Al contempo, la decisione è un fattore di

rischio per chi la assume, cioè per il decisore, e fattore di

pericolo per coloro che sono coinvolti da tale decisione,

cioè subiscono le conseguenze, positive o dannose, senza

che ciò sia da loro dipeso. Questo conferma quanto finora

esposto: la circostanza per la quale il rischio è interno al

sistema, mentre il pericolo deriva dall‟esterno.

36. Niklas Luhmann: sistemi sociali e diritto

Nell‟analisi della teoria sociologica di Niklas Luhmann, a

432

M. Douglas, Come percepiamo il pericolo. Antropologia del

rischio, Milano, 1991, p. 198.

433

N. Luhmann, Sociologia del Rischio, cit., pp. 38-39.

434

Cfr. F. Chicchi, Derive Sociali. Precarizzazione del lavoro, crisi

del legame sociale ed egemonia culturale del rischio, cit., p. 88.

Regina Manfuso.

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Conversazioni sul diritto

416

dispetto di quanto operato dalle correnti sociologiche del

Novecento che ponevano al centro del loro studio la figura

dell‟individuo, viene focalizzata l‟attenzione sul sistema

sociale. Sistema per Luhmann significa entità di azioni

che si mantiene costante in un ambiente complesso e

mutevole attraverso la stabilizzazione di confini interno-

esterno.

Ogni ambito della sfera sociale e politica (diritto,

religione, amministrazione, politica, sociologia), infatti,

è riconducibile ad un sistema autonomo dotato di una

certa complessità interna. L‟aumento della complessità è

un indicatore evolutivo necessario per fronteggiare

l‟aumento della complessità del suo ambiente.

A tal proposito, Luhmann pensa che il problema centrale

della ricerca sociologica non è cogliere le condizioni di

sussistenza delle strutture sociali, ma capire quali siano le

funzioni svolte da determinati sistemi nel tentativo di

mantenersi in equilibrio con l'ambiente. Quest'ultimo non

è qualcosa di totalmente esterno o neutrale rispetto alle

strutture, poiché, a causa della sua elevata e crescente

complessità rappresenta una costante minaccia per la

sopravvivenza dei sistemi sociali.

Luhmann sostiene che i sistemi sociali sono tanto più in

grado di stabilizzarsi quanto più capaci di replicare in

modo pertinente alle sfide provenienti dall'ambiente. In

un sistema, quanto più l‟organizzazione interna è

complessa, tanto più essa è in grado di tener testa alla

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Lezioni a.a. 2010-2011

417

crescente complessità e mobilità ambientale. Invero, tutti i

sistemi sociali si situano in un “ambiente”

multidimensionale, che, essendo caratterizzato da una

ben più evidente complessità rispetto al sistema, è dotato

di maggiori variabili e dunque è imprevedibile. In tale

ottica, il sistema, per poter sopravvivere, deve sviluppare

complessità sue al fine di ridurre quelle dell‟ambiente.

Oltre a sviluppare complessità, ogni sistema funziona con

un codice binario: il sistema giuridico funziona con la

dicotomia giusto/ingiusto, quello scientifico con la

dicotomia vero/falso, quello politico con la dicotomia

potere/non-potere, e così via.

Non devono verificarsi interferenze o ingerenze di sistemi,

pena l‟estinzione di alcuni di essi. Dato che, secondo

Luhmann, ciascuno di noi è un sistema autopoietico, cioè

chiuso in se stesso ed autoproducentesi, ci si chiede come

sia possibile una forma di comunicazione con gli altri

sistemi. Secondo il sociologo, perché ciò sia possibile è

sufficiente che ci sia un “collegamento” tra sistemi. Manca

tuttavia la garanzia che l‟altro capisca effettivamente le

cose come effettivamente si intendono.

Per chiarificare cosa s‟intenda per collegamento

Luhmann afferma che i sistemi sociali non sono riducibili

ad interazione: anche la società mondiale (il più grande

tra di essi) ha alla base l‟interazione ma la società ne

trascende e diventa qualcosa di autonomo rispetto ad

essa. Di fatto il sistema sociale non è necessariamente

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Conversazioni sul diritto

418

legato al soggetto e le funzioni compiute dal sistema sono

funzioni latenti. Si ha, dunque, desoggettivizzazione e ciò

consente a Luhmann di estendere la sua teoria anche ai

sistemi biologici. La razionalità coincide, quindi, con la

funzionalità del sistema e non sarebbe altro che la

riflessione dei sistemi su se stessi: in tal modo è preclusa

ogni possibilità di porsi criticamente dinanzi alla realtà

data.

Con particolare riferimento al diritto, Luhmann ne

esamina il mutamento che lo coinvolge tramite la

legislazione del Novecento. È l‟epoca del diritto positivo, il

quale si confronta con un‟elevata complessità e

variabilità sociale e muta al fine di essere compatibile con

un numero sempre maggiore di situazioni ed eventi. In

tal senso Luhmann indica, come precondizioni sociali

della completa positivizzazione del diritto, il primato

dell‟economia sul sistema politico e lo sviluppo del

concetto di democrazia. Per quanto riguarda il primo

aspetto, il primato del sistema economico alla guida della

società, il sociologo tedesco mostra come il meccanismo

monetario del sistema economico sia in grado di

garantire un livello di complessità infinitamente più

elevato di quanto non possa il meccanismo di potere del

sistema politico. Tale supremazia dell‟economico consente

di riscattare il diritto dai vincoli immanenti e invariabili

che lo legano a strutture sociali già esistenti: attraverso il

riconoscimento della libertà contrattuale e della capacità

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Lezioni a.a. 2010-2011

419

giuridica a tutti i cittadini vengono eliminati i limiti

impliciti nei vecchi ordinamenti di status.

Con riferimento al secondo aspetto, il concetto di

democrazia è funzionale ad un maggiore adeguamento e

variabilità, in quanto il sostegno politico, non più

ancorato a principi etici universali e ordinamenti di

status, può essere tematizzato caso per caso, adattandosi

alle esigenze della società.

Si evince che Luhmann critica fortemente la teoria

giusnaturalistica del diritto, secondo cui ogni norma è

riportabile a principi etici universali poiché questa non fa

i conti con la complessità del mondo sociale, che a sua

volta deve essere ridotta. Ad avere tale compito di imporre

limitazioni all‟infinità delle scelte possibili da parte degli

individui in società è invece il diritto positivo. A tal punto

la funzione del diritto positivo andrebbe intesa come una

riduzione della complessità sociale nella sfera delle

aspettative interpersonali di comportamento. Inoltre,

poiché la validità del diritto non dipende da principi

etici ma da decisioni che lo rendono positivo, sembra

esserci un nesso tra teoria giuridica e scienza delle

decisioni. Pertanto – riferisce Luhmann – con una

completa „positivizzazione‟ del diritto, la fissità tipica

delle norme di diritto naturale lascia il posto alla

predisposizione di una variabilità controllata

proceduralmente.

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Conversazioni sul diritto

420

37. La Teoria sociologica in Luhmann

Rispetto alla sociologia contemporanea, che pone

l‟individuo al centro del problema sociologico,

Luhmann riporta l‟attenzione e focalizza la sua teoria

attorno al sistema sociale. Pur ammettendo che i

fenomeni sociali vanno studiati in rapporto con la

funzione che essi svolgono per il mantenimento del

sistema, critica le teorie funzionaliste perché non sono

riuscite a distinguere il concetto di causa da quello di

funzione: alla stessa esigenza nell‟ambito di un sistema

possono esserci diverse soluzioni per cui il rapporto tra la

presenza di una determinata esigenza e il suo

soddisfacimento non è un rapporto causale. Luhmann

considera il sistema non tanto con riferimento alle sue

stesse forze interne, che ne garantiscono la continuità

quanto nella sua capacità di contrapporsi all‟ambiente

cui esso appartiene e che ne minaccia la stabilità.

Assumono, pertanto, rilevanza i concetti di mondo ed

ambiente: il primo inteso come infinita molteplicità e

complessità del reale, il secondo come l‟essere insieme di

tutti i sistemi per ogni sistema. Poiché il mondo è infinita

complessità – afferma Luhmann – è impossibile orientarsi

in esso senza operare una riduzione della complessità. Il

problema della riduzione della complessità costituisce

Marco Marcelli.

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Lezioni a.a. 2010-2011

421

anche un problema pratico poiché l‟uomo è costretto a tale

riduzione per sopravvivere.

Il concetto di riduzione di complessità è usato da

Luhmann anche per spiegare l‟evoluzione storico-sociale e

i tratti caratteristici delle attuali società, che presentano

un grado di complessità superiore alle precedenti

implicante la formazione di sistemi differenziati al loro

interno.

Inoltre, non si può prescindere dal problema della

contingenza giacché nel processo di riduzione della

complessità c‟è sempre una possibilità di scelta tra le

diverse possibilità offerte dal sistema. In questo senso, non

solo c‟è il rischio che si attuino possibilità diverse dalle

proprie aspettative ma, quando le azioni di un soggetto

sono dirette a un altro soggetto, occorre che il primo

tenga presente di relazionarsi non solo con le proprie

aspettative ma anche con quelle altrui (doppia

contingenza).

Il concetto di senso è strettamente legato a quello di

selezione necessaria per ridurre la complessità: per

costruire il senso è necessario selezionare dalle infinite

possibilità offerte dal mondo alcune di esse e attuarle.

Tale attuazione non è mai definitiva, implicando sempre

il porsi di nuove possibilità da selezionare. L‟ordine

sociale, dunque, secondo Luhmann è possibile mediante il

senso, tramite la formazione di sistemi sociali che possano

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Conversazioni sul diritto

422

mantenersi entro confini definiti nei confronti di un

ambiente sovracomplesso.

Nel suo percorso argomentativo Luhmann affronta,

inoltre, il problema della legittimità, costatando che nelle

moderne società il mondo giuridico si è fatto molto

complesso. Diventa impensabile che i cittadini si

conformino alle norme valutando effettivamente i loro

contenuti: la legittimità è garantita dal rispetto di

determinate procedure. In conformità a procedure

differenti all‟interno del sistema società si formano alcuni

fondamentali sottosistemi: l‟economia, la famiglia, la

scienza, la politica.

Se nella prima fase del suo pensiero Luhmann definisce il

sistema come capacità di rimanere tale in

contrapposizione all‟ambiente, in un secondo tempo sposta

l‟accento sulle capacità interne del sistema di auto-

crearsi, organizzare se stesso in rapporto a esigenze che

sorgono al suo interno e, servendosi del concetto di

autopoiesi.

Nello specifico, il sistema diritto è autopoietico, poiché

osservandosi, provoca delle distinzioni; chiuso, fungendo

da osservatore interno e osservatore esterno; presenta una

forma determinata dal tempo e dalla società (nel secondo

caso ci troviamo di fronte ad una determinazione

sistemica funzionale); simbolico poiché stabilizzando le

attese, dirime i conflitti e li produce.

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Lezioni a.a. 2010-2011

423

38. Il sistema, il mondo e l‟ambiente nell‟opera di N.

Luhmann

La teoria sociologica di Niklas Luhman presenta un alto

grado di complessità e presenta il suo nucleo principale

nel sistema sociale.

Il sociologo tedesco, pur ammettendo che i fenomeni

sociali devono essere studiati in rapporto con la funzione

che essi svolgono per il mantenimento del sistema, critica

le teorie funzionaliste, poiché queste non si soffermano

sulla distinzione tra il concetto di causa e quello di

funzione: alla stessa esigenza nell‟ambito di un sistema

possono esserci diverse soluzioni, quindi il rapporto tra la

presenza di una determinata esigenza ed il suo

soddisfacimento non è un rapporto causale.

Il concetto di sistema – rileva Luhmann – è considerato

nella sua capacità di contrapporsi all‟ambiente cui esso

appartiene e ne minaccia la stabilità. Assumono, quindi,

rilevanza anche i concetti di mondo ed ambiente. Il

mondo s‟identifica con l‟infinita molteplicità e

complessità del reale; l‟ambiente rappresenta la

delimitazione delle possibilità concretizzabili, che si

danno in una particolare situazione; infine, il sistema

coincide con l‟effettiva selezione e realizzazione di

determinate possibilità offerte dall‟ambiente. Ebbene,

posto che il mondo è infinita complessità, risulta

Anastasia Marsella.

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Conversazioni sul diritto

424

impossibile orientarsi in essa senza una sua ed è questo il

concetto fondamentale della teoria di Luhmann. Quella

della riduzione della complessità si presenta come

problematica sia teorica che pratica, incidendo

direttamente sulla sopravvivenza dell‟uomo.

Oltretutto, al problema della riduzione della complessità,

si aggiunge quello della contingenza, giacché nel

processo di riduzione della complessità c‟è sempre una

possibilità di scelta tra le diverse possibilità offerte dal

sistema e – aggiunge Luhmann – non solo c‟è il rischio che

si attuino possibilità diverse dalle proprie aspettative ma,

quando le azioni di un soggetto sono dirette a un altro

soggetto, occorre che il primo tenga presente di

rapportarsi anche con le aspettative dell‟altro (doppia

contingenza).

Nella sua analisi, Luhmann differenzia i sistemi biologici,

che hanno dei confini fisici e temporali (nascita e morte)

dai sistemi sociali, che, invece, si definiscono solamente in

base al senso. Questi ultimi sono complessi di azioni

intrecciate che creano una certa stabilità in seguito

all‟instaurarsi di reciproche aspettative. In tale

situazione la stessa individuazione del soggetto implica

di per sé il concetto di senso, infatti, si può parlare di

soggetto solo in base ad un precostituito concetto di senso.

Quest‟ultimo è strettamente legato a quello di selezione

necessaria per ridurre la complessità: per costruire il senso

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Lezioni a.a. 2010-2011

425

è necessario selezionare alcune specifiche possibilità

offerte dal mondo ed attuarle.

Proseguendo in tale direzione argomentativa, Luhmann

si addentra nella questione del diritto, criticando la

teoria giusnaturalistica del diritto secondo cui ogni

norma è riportabile a principi etici universali, e

rimproverando a questa di non porre attenzione alla

complessità del mondo sociale che, al contrario, richiede

essere ridotta. È il diritto positivo ad avere questo compito

di imporre limitazioni all‟infinità delle scelte possibili da

parte degli individui in società. Ne deriva che la funzione

del diritto positivo andrebbe intesa come una riduzione

della complessità sociale nella sfera delle aspettative di

comportamento.

39. Autoreferenzialità e autopoiesi nell‟opera di

Luhmann

Niklas Luhmann, tra i maggiori esponenti della

sociologia tedesca del XX secolo, viene influenzato,

nell‟elaborazione delle sue teorie sulla società, da

numerosi filosofi, con le opere dei quali entra in contatto

negli anni successivi alla laurea in Giurisprudenza,

conseguita nel 1949 presso l‟università di Freiburg435

. In

particolare mi riferisco ai testi di Cartesio, Kant ed alle

Miriam Miele.

435

Cfr. www.wikipedia.org.

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Conversazioni sul diritto

426

teorie funzionalistiche di Humberto Maturana, il primo a

coniare il termine di autopoiesi, che si ritrova in

Luhmann.

Luhmann applica alla società la „teoria generale dei

sistemi‟, che necessita di essere distinta da quella di

Talcott Parsons, suo compagno di studi ad Harvard.

Luhmann parte dall‟assunto che senza comunicazione

non può esservi sistema sociale, infatti, gli elementi

primari dello stesso non sono gli uomini ma gli effetti

della comunicazione, “ovvero comunicazioni che

producono altre comunicazioni”.

La comunicazione permette di riscontrare due

caratteristiche fondamentali di un sistema chiuso quali

l‟autopoiesi e l‟autoreferenzialità. Prima di passare ad

analizzare nel dettaglio queste due componenti, bisogna

definire il concetto di sistema chiuso in Luhmann. Esso è

un sistema che si autogestisce e si autoproduce. Per questo

motivo il sistema è autopoietico. Il termine autopoietico è

risultato di due matrici : “auto” ossia se stesso, e “poiesis”

ovvero creazione. Quindi un sistema autopoietico è un

sistema che ridefinisce continuamente se stesso ed al suo

interno “si sostiene e si riproduce”436

. Il sistema

autopoietico per eccellenza è quello biologico, infatti il

criterio distintivo della vita è il mantenimento della sua

stessa organizzazione. In un‟organizzazione statale,

436

Ibidem.

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427

invece, si può dire che il sistema giudiziario sia un

sistema autopoietico quando determina il proprio

dominio di competenza e si “automantiene” attraverso

l‟autocontrollo. Da tali affermazioni, tuttavia, si potrebbe

arrivare a soluzioni equivoche ritenendo che il sistema

autopoietico sia un sistema chiuso in se stesso e isolato da

altri sistemi. In realtà le teorie di Luhmann sostengono

tutt‟altro, e difatti, sempre prendendo come riferimento il

sistema giudiziario, si può dire che esso si riproduce in

base al diritto, e che il diritto, inteso come insieme di

norme giuridiche, si crea in parlamento, in cui si trova il

sistema “politica”. Il sistema giudiziario entra, quindi, in

contatto con il sistema politico.

I sistemi sociali quindi utilizzano come forma di

continua autoriproduzione, la comunicazione con altri

sistemi attraverso informazione, enunciazione e

comprensione. La sintesi tra queste tre selezioni non viene

programmata dal linguaggio ma ricreata al variare

delle situazioni, implicando autoreferenzialità.

Quest‟ultima, in filosofia, si riferisce alla capacità di un

soggetto di parlare e riferirsi a se stesso. Il sistema,

pertanto, non solo osserva gli altri sistemi, ma deve

„autoosservarsi‟ e riferire, poi, all‟esterno le sue

informazioni. L‟autoosservazione porta il sistema a

reagire rispetto ai casi passati e l‟osservatore è

doppiamente incluso nel campo d‟osservazione in quanto

osservatore ed in quanto osservato. Luhmann ritiene che il

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Conversazioni sul diritto

428

nostro sistema sociale funzioni perché basato sulla

differenziazione che si realizza con l‟autoreferenza,

attraverso il riferirsi a se stessi del sistema stesso, ed alle

operazioni. Ne deriva che conseguenza

dell‟autoreferenzialità del sistema è l‟impossibilità di

controlli unilaterali, poiché nessuna parte del sistema

potrà controllare altre parti senza subire a sua volta il

controllo.

40. Diritto e giustizia

Nella realtà contemporanea tutto si svolge tramite

procedimenti complessi, a più livelli, dal momento in cui

la società stessa sembra aver perso, con il passare del

tempo, quella caratteristica della linearità e della

semplicità delle operazioni, che invece era alla base delle

società passate.

Il sociologo tedesco Nicklas Luhmann, nella sua teoria

“Sistemico-funzionale”, riduce la complessità del reale, a

partire dall‟osservazione della complessità della

modernità, e tenta di semplificarla, ritenendo che la

società moderna sia costituita da un insieme di sistemi,

aventi i caratteri dell‟autopoiesi e dell‟autoreferenzialità.

I sistemi luhmanniani sono “chiusi”, nel senso che

producono operazioni che riferiscono ad essi stessi, ma

allo stesso tempo sono eteroreferenziali, essendo in grado

Riccardo Mignanelli.

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429

di comunicare con gli altri sistemi ed ascrivere le

informazioni, che ricevono, al polo di appartenenza del

codice binario che usano per funzionare.

I sistemi funzionano mediante operazioni complesse che

avvengono nella contingenza: non rilevano le dimensioni

temporali del passato, né quelle del futuro.

Una funzione importantissima secondo Luhmann è quella

svolta dal sistema giuridico. Esso, che funziona con il

codice binario diritto-non diritto, ha il compito di

selezionare le infinite aspettative degli individui e di

generalizzarle mediante le norme generali ed astratte. Il

diritto, però, non è ancorato ai principi etici della

società, né alla giustizia, avendo il sistema-diritto l‟unico

fine di funzionare. Ne deriva che non ha alcun valore il

giudizio “morale” dei consociati su una determinata

norma; ciò che conta è che quella norma sia stata

emanata nella legalità, nel rispetto di procedure

predeterminate da altre norme (ritorna qui l‟autopoiesi e

l‟autoreferenzialità dei sistemi: il sistema-diritto produce

da se le norme procedurali ed a se le riferisce).

È, quindi, diritto tutto ciò che è legale, che è stato

adottato in conformità delle procedure imposte dal

legislatore; il resto viene ascritto al polo non-diritto

poiché estraneo ad esso.

La concezione luhmanniana del diritto è stata da molti

criticata perché considerata contraria ai principi su cui

ogni stato di diritto attualmente è fondato, non

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Conversazioni sul diritto

430

ritenendo rilevanti ai fini del diritto positivo né i cd. “a

priori” del diritto che preesistono alle norme istituite dai

legislatori, né la tradizionale tripartizione dei poteri

dello Stato: legislativo, giudiziario, esecutivo.

Luhmann, in sintesi, nella sua teoria ritiene che un

diritto, completamente autonomo, sciolto rispetto ai

principi morali ed etici della società cui è destinato, sia

una grande conquista dello stato di diritto, risultando

libero da sottosistemi ideologici, come quelli propri del

sistema religioso, morale, economico, che spesso hanno

caratterizzato il sistema giuridico.

41. Sistemi sociali come strutture di aspettative

Niklas Luhmann, sociologo tedesco contemporaneo,

analizza i sistemi sociali come strutture costituite da

aspettative. Secondo la teoria dei sistemi sociali, la realtà

sociale non è costituita da individui o da uomini, bensì

da distinte concatenazioni di operazioni dotate di

qualità e dinamiche specifiche, non riducibili a qualità

psichiche o biologiche437; tutto ciò conduce a parlare di

entità a se stanti (i sistemi sociali, per l‟appunto), oggetto

di una specifica analisi funzionale. Tutta l‟architettura

concettuale di seguito illustrata è, infatti, riferita

Mara Minchella.

437

N. Luhmann, Sistemi sociali: Fondamenti di una teoria generale,

cit., p. 65 e ss.; N. Luhmann – R. De Giorgi, Teoria della società,

Milano, 2003, cap. 1.

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431

esclusivamente ai sistemi sociali. Il diritto è studiato come

un‟istituzione la cui natura, struttura e funzione sono

poste in relazione con la riproduzione, differenziazione

ed evoluzione della società, non tralasciando

l‟importanza di affrontare l‟indagine del diritto con uno

sguardo rivolto alle dinamiche ed ai problemi psicologici.

Ciò equivarrebbe ad occuparsi di un‟altra referenza di

sistema, quella psichica. Al contrario, per una sociologia

del diritto basata sulla teoria dei sistemi sociali, tutti i

discorsi sull‟individuo, ancorché scientificamente

rilevanti, riguardano una realtà esterna a questi sistemi,

trattata come loro ambiente. Solo se si tiene conto di

questa differenza tra sistemi (sociali) ed ambiente

(psichico, biologico e inorganico), si potrà nello stesso

tempo distinguere un‟analisi propriamente sociologica del

diritto, inteso come istituzione sociale.

Nella teoria generale dei sistemi adottata da Luhmann,

tutti i sistemi conservano una distanza sia dall‟ambiente

che dagli altri sistemi situati nell‟ambiente, e ciò dipende

dal fatto che tanto la scelta dei criteri (strutture) che

stabiliscono le relazioni tra gli elementi, quanto la

produzione di questi ultimi, vengono realizzati in modo

autonomo dal sistema. In altre parole, i sistemi sono

autonomi non solo sul piano delle strutture, ma anche a

livello degli elementi. Si dice, allora, che, oltre ad essere

auto-organizzati, i sistemi di questo genere sono anche

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Conversazioni sul diritto

432

autopoietici438. Una caratteristica importante, di alcuni

sistemi autopoietici (come ad esempio quelli psichici e

sociali) consiste nel segnalare a se stessi la differenza tra i

propri elementi e strutture, cui riferirsi per le proprie

operazioni, e ciò che non fa parte del sistema (ambiente).

Per evidenziare questo ulteriore tratto, si usa l‟espressione

sistemi autoreferenziali.

Secondo Luhmann l‟operazione alla base dei sistemi

sociali è la comunicazione439, che nella teoria dei

sistemi sociali è definita come una sintesi di tre selezioni:

1) un atto comunicativo da parte di ego; 2) l‟osservazione

(detta, da Luhmann, comprensione) da parte di alter di

questo atto, dal quale viene distinta, ed al quale viene

associata, da alter; 3) un‟informazione riguardante un

contenuto di senso che, secondo l‟interpretazione di alter,

l‟atto comunicativo di ego avrebbe intenzionalmente

riferito ad alter. In questo concetto di comunicazione,

l‟azione (indicata come atto comunicativo) è soltanto

una delle tre componenti di una realtà sui generis

rispetto alle prestazioni dei singoli individui che vi

prendono parte. Detto in altri termini: è la

438

N. Luhmann, Sistemi sociali: Fondamenti di una teoria generale,

cit., p. 65 e ss.; N. Luhmann – R. De Giorgi, Teoria della società, cit.,

cap. 1.

439

Cfr. Id., Sistemi sociali. Fondamenti di una teoria generale, cit.,

p. 65 e ss. e cap. 4.

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Lezioni a.a. 2010-2011

433

comunicazione e solo essa, intesa come realtà emergente,

che comunica.

I sistemi sociali sono catene, reti o, in altri termini,

processi di comunicazioni, la loro realizzazione dipende,

anzitutto, dalla soluzione di due problemi. Si tratta della

stessa possibilità che si attui la sintesi della

comunicazione. In tal caso, il problema è l‟improbabilità

che l‟atto comunicativo di ego sia osservato come tale,

piuttosto che come un suono o un segno non comunicativo

– un braccio levato, per esempio, può essere osservato come

un saluto, ma anche come il movimento di qualcuno che

si stira. Il fatto di assegnargli il significato di un saluto

dipende dalla conoscenza di un complesso di segni dotati

di specifici significati. Ciò è chiaramente la prestazione

del linguaggio440. Il secondo problema attiene

all‟improbabilità che l‟atto comunicativo sia osservato da

alter. Si tratta di un fatto elementare ma decisivo: la

comunicazione richiede che il messaggio raggiunga il

destinatario. La compresenza fisica, tipica

dell‟interazione, risolve facilmente il problema. D‟altra

parte, il fatto di contare sulla sola compresenza limita

fortemente lo sviluppo dei sistemi sociali.

L‟evoluzione sociale ha conosciuto l‟invenzione di

numerosi dispositivi che consentono di separare (sia sul

440

N. Luhmann, Sistemi sociali: Fondamenti di una teoria generale,

cit., cap. 3; N. Luhmann – R. De Giorgi, Teoria della società, cit., pp.

68-76.

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Conversazioni sul diritto

434

piano spaziale sia temporale) l‟atto comunicativo dalla

comprensione. Infatti, la scrittura, la stampa, il telefono,

la televisione, internet, sono tutti esempi di mezzi di

diffusione, cui i sistemi sociali riescono a sviluppare nuove

dinamiche prima inimmaginabili. In questo modo, la

società, senz‟altro come noi oggi la conosciamo, è un

sofisticato sistema di comunicazioni nel quale le

interazioni figurano come semplici episodi, accanto ai

quali e oltre i quali si producono altre e complesse reti

comunicative, come la trasmissione delle decisioni nelle

organizzazioni e la circolazione del sapere scientifico e

giuridico o dei prodotti cinematografici.

Tutto ciò che è comunicazione è società e viceversa, il resto

è ambiente della società. Il conseguimento

dell‟autonomia dei sistemi sociali sul piano strutturale

(auto-organizzazione) e sul piano operativo (autopoiesi)

coincide con la loro delimitazione o chiusura nei

confronti della realtà circostante formata da altre entità.

È importante osservare come, entro i propri confini

operativi, i sistemi sociali generino nuove differenze

sistema/ambiente, il cui risultato è la differenziazione di

diversi sottosistemi, ognuno ambiente per l‟altro.

Parallelamente alla differenziazione rispetto

all‟ambiente esterno, tutte le società di cui conosciamo la

storia hanno sviluppato processi di differenziazione

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435

interna441, la differenziazione funzionale, che si afferma

con la modernità e che, ancora oggi, costituisce la

struttura portante della nostra società. Nella società

moderna, le altre forme non scompaiono – per esempio, il

sistema politico è ancora oggi segmentato in una

moltitudine di Stati nazionali; ancora oggi la

comunicazione ripropone distinzioni tra un centro e una

periferia dell‟economia mondiale; così com‟è evidente la

presenza di una gerarchia di classi sociali. Ciò è

innegabile. Qui, una pluralità di settori della società, che

chiamiamo sottosistemi funzionali, riescono con un certo

successo a imporre, ognuno entro un proprio settore della

comunicazione, specifici criteri contro le resistenze

esercitate dalla segmentazione e dalle differenziazioni

centro/periferia o per strati. Il diritto è uno di questi

sottosistemi, accanto all‟economia, alla scienza, all‟arte,

alla politica, alla religione e al sistema educativo. Per la

differenziazione funzionale, tutte le altre differenze – che

comportano segmentazione, la presenza di centri e

periferie o ordinamenti di tipo gerarchico – possono essere

tollerate solo se non interferiscono con l‟autonomia dei

sottosistemi.

La differenziazione del diritto denota allora il fatto che il

diritto moderno, diversamente da quello pre-moderno, è

441

N. Luhmann, Sistemi sociali: Fondamenti di una teoria

generale, cit., cap. 4; N. Luhmann – R. De Giorgi, Teoria della

società, cit., cap. 4.

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Conversazioni sul diritto

436

un insieme di processi decisionali fondati su una pretesa

di autonomia decisionale, originata dal tentativo di

sostituire al condizionamento di determinati vincoli

normativi (per esempio, di tipo religioso) procedure e

principi di nuova fattura, ai quali affidare in modo

esclusivo la realizzazione di una specifica funzione

sociale442. In altre parole, la differenziazione del diritto,

come ogni altra differenziazione responsabile dello

sviluppo degli altri sottosistemi funzionali della società

moderna, potrebbe essere intesa come il tentativo di

espropriare competenze, al fine di assicurarsene il

monopolio. Ma il diritto moderno è tale anche per

un'altra proprietà correlata ad una caratteristica

cruciale della società moderna. Sintetizziamo questa

caratteristica con l‟espressione variabilità o contingenza

strutturale443. sotto la spinta di alcuni sistemi trainanti

l‟evoluzione della società (in particolare, l‟economia),

tutti i sottosistemi della società sono continuamente

assoggettati all‟esigenza di individuare strutture in

grado di assolvere le rispettive funzioni in modo sempre

più efficiente e, nel contempo, più congruente con il livello

di complessità di volta in volta generato da tale

evoluzione. Com‟è evidente, questa perenne ricerca

comporta un‟apertura al futuro, ossia l‟assunzione della

442

N. Luhmann, Sistemi sociali: Fondamenti di una teoria generale,

cit., cap. 3.

443

Ibidem.

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Lezioni a.a. 2010-2011

437

provvisorietà delle strutture esistenti nel presente: di esse si

sa solo che funzionano finché determinate decisioni, non

imporranno di sostituirle con altre, per rispondere in

modo più efficiente alla funzione cui sono destinate e in

modo più congruente con la complessità richiesta dallo

sviluppo sociale. Ne consegue che tutto ciò che esiste, è

mutabile e sostituibile – in una parola, è contingente: vale

ora, ma non necessariamente per sempre, esattamente

come molte idee, valori e norme della società precedenti

non sono più validi per il presente444. Per il diritto

moderno, questo tratto della società moderna comporta

l‟idea (e la sua operatività nella forma di appositi

procedimenti) che il diritto è mutabile: che ciò che, in

determinate circostanze, è diritto valido viene assunto

come tale in base ad una qualche decisione contingente e

per ragioni contingenti; e, nel contempo, che un tale

diritto, in seguito all‟avverarsi di nuove circostanze,

potrebbe essere cambiato, qualora non risponda più alle

esigenze che l‟evoluzione della società ha prodotto. In

definitiva, tutto il diritto è deciso e su di esso si può sempre

decidere, tutto ciò viene sintetizzato con l‟espressione

positivizzazione del diritto. La differenziazione di ogni

sottosistema funzionale della società moderna ha due

presupposti. Ci sono cioè due requisiti che devono essere

soddisfatti affinché si consolidi un sottosistema.

444

Ivi, capp. 3-4.

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Conversazioni sul diritto

438

Ci chiediamo pertanto qual è esattamente la funzione del

sistema giuridico. Per rispondere a questa domanda, va

introdotta la distinzione tra aspettative cognitive e

normative445. Quando ci rapportiamo a quegli eventi che

deludono le nostre aspettative, possiamo reagire in due

modi. Il primo è di tipo cognitivo e consiste nel

comunicare l‟adeguamento delle nostre azioni a questi

eventi, con l‟effetto di modificare le nostre future

aspettative rispetto alla realtà. L‟altra modalità di

reazione alle delusione è di tipo normativo e si verifica

quando viene comunicata la persistenza delle nostre

azioni e la conservazione delle nostre aspettative. A bene

vedere, queste due disposizioni sono tipiche di due

sottosistemi. La prima è assunta, come da nessun altro

sottosistema, dalla scienza moderna, la cui funzione è

confutare e rifiutare quelle descrizioni che non sono

conformi alla realtà descritta. La seconda disposizione,

quella normativa, è alla base della funzione del diritto, il

quale s‟incarica di difendere un certo insieme di

aspettative contro quelle azioni che le disattendono. Si

capisce allora che la funzione del sistema giuridico

riguarda anzitutto un problema temporale446. Difatti,

quanto più numerose e imprevedibili sono le reazioni

(future) di alter che le azioni di ego (dirette al

raggiungimento di un certo obiettivo) devono

445

Ibidem.

446

Ibidem.

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Lezioni a.a. 2010-2011

439

fronteggiare, tanto più diventa decisivo per ego conoscere

quali sono le aspettative e le azioni che possono contare su

un sostegno sociale e, pertanto, essere difese in caso di

delusione e quali, invece, sono prive di sostegno, di difesa

e, in alcuni casi, persino soggette a sanzioni. Si tratta di

un‟informazione importante, in grado di neutralizzare

uno stato d‟incertezza tipico di tutti i sistemi sociali. Nello

stesso tempo, è chiaro che affidarsi alle une o alle altre

aspettative o azioni comporta la differenza decisiva tra,

da un lato, il vantaggio di poter conseguire i propri

obiettivi (grazie al sostegno riservato al proprio agire) e,

dall‟altro, il costo di subire una delusione senza difese o,

addirittura, d‟incorrere in una sanzione contro le proprie

azioni. Il meccanismo che offre questo tipo di

informazioni (e di difese) è il diritto. Si vede, dunque che,

sul piano temporale, il diritto assume il compito di

garantire che una serie di aspettative saranno

ripetutamente confermate e difese ogniqualvolta verranno

disattese. In questo senso, un elemento fondamentale

della funzione del diritto consiste nella stabilizzazione o

generalizzazione temporale di aspettative normative di

comportamento. Ne consegue che lo sviluppo e il

mantenimento di un certo ordine sociale sarà tanto più

probabile quanto più consistenti saranno le informazioni

(decisioni) fornite dal diritto e più effettiva la difesa delle

norme.

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Conversazioni sul diritto

440

Per completare l‟illustrazione della funzione del diritto,

bisogna considerare altri due elementi. Se si vuole elevare

un‟aspettativa al rango di norma giuridica – se si ha cioè

l‟obiettivo di conseguirne la stabilizzazione operata dal

diritto – l‟aspettativa dovrà attraversare due processi

selettivi. Il primo concerne il contenuto dell‟aspettativa –

la sua dimensione materiale. Quali richieste possono

essere trasformate in norme giuridiche? Si deve anzitutto

trattare di contenuti di senso dotati di una certa

intersoggettività – che può essere tale solo riguardo certi

contesti sociali. L‟aspettativa di avvalersi del test del DNA

per provare l‟infedeltà del coniuge e disconoscere la

paternità, per esempio, ha una qualche probabilità di

essere soddisfatta se ci troviamo in una società che sa cosa

è il DNA e che normalmente conferisce valore di verità alle

operazioni di certi ruoli, come un esperto di genetica.

Nello stesso tempo, sarà necessario che una tale

aspettativa sia in qualche modo compatibile con altre

norme del sistema giuridico nel quale potrebbe essere

collocata. Nel nostro esempio, l‟aspettativa di avvalersi del

test del DNA presupporrà, tra le altre cose, che esista un

sistema giuridico disposto ad assegnare valore di prova

giuridica alle perizie che ricorrono alle conoscenze della

genetica. Nel momento in cui questi due requisiti –

l‟intersoggettività e compatibilità con l‟ordinamento –

saranno soddisfatti, vorrà dire che sarà stato individuato

un contenuto di senso in qualche modo generalizzabile

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Lezioni a.a. 2010-2011

441

sul piano materiale – un contenuto che può, in altri

termini, essere applicato in più circostanze e, quindi,

essere tradotto in una norma, piuttosto che ridursi a

un‟estemporanea ed eccentrica pretesa. La selezione delle

aspettative (per essere o meno trasformate in norme

giuridiche) tiene sempre conto in qualche misura della

legittimità dell‟aspettativa. Sarà anzitutto necessario che

l‟attività di un Terzo, arbitro o giudice rispetto alla

disputa tra ego e alter – sia esso un organo per la

produzione delle norme giuridiche o un ruolo preposto

alla loro applicazione – possa contare su un consenso

generalizzato. Tale consenso generalizzato, chiamato

istituzionalizzazione, dovrà essere comunque soddisfatto

in qualche misura anche dalla specifica aspettativa che

pretende di essere trattata come norma giuridica. Il

secondo requisito che deve essere soddisfatto affinché si

consolidi un sottosistema funzionale differenziato come il

diritto è l‟impiego di un (ed un solo) codice binario447.

Analogamente all‟uso da parte della scienza del codice

vero/falso, anche il sistema giuridico è un ambito di

comunicazione che si differenzia sulla base dell‟impiego

costante della distinzione lecito/illecito.

In altri termini, la prima caratteristica fondamentale di

un‟operazione propriamente giuridica è di essere una

comunicazione che, come avviene ad esempio nel corso di

447

Ibidem.

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Conversazioni sul diritto

442

un procedimento giudiziario, qualifica un‟azione o

un‟aspettativa come lecita o illecita. Nel corso del

medesimo procedimento, il riferimento ad altre

distinzioni – come per esempio a quella economica tra

avere/non avere (denaro) – è sempre possibile, ma

comporta, di fatto, lo spostamento su un altro piano

comunicativo. Nei confronti di altri codici, come quello

economico, il sistema giuridico resta in linea di principio

indifferente. L‟applicazione di una sanzione, come ad

esempio la reclusione, dipenderà dall‟appurare, secondo

criteri giuridici, che qualcuno ha commesso un‟azione

illecita. Il fatto che si constati che uno dispone o meno di

denaro (o di tanto o poco denaro) potrà eventualmente

concedere il vantaggio di pagarsi la cauzione e/o un

buon avvocato. Ma l‟applicazione del codice avere/non

avere (denaro) non potrà sostituirsi sic et simpliciter a

quella tra lecito/illecito, così trasformando un problema

giuridico in un problema economico. Che la

differenziazione del diritto moderno sia correlata al

riferimento esclusivo a un codice specifico, è dimostrato

dal fatto che i tentativi di subordinare la codificazione

del sistema a quella di altri ambiti di comunicazione

come l‟economia o la politica sono normalmente

registrati, ad esempio, come corruzione o abuso del

diritto.

Posta l‟assunzione esclusiva di un codice binario, va però

rilevato che quest‟ultimo non è in grado di decidere a

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Lezioni a.a. 2010-2011

443

favore dell‟uno o dell‟altro lato della distinzione. Questo

problema è condiviso dagli altri sottosistemi della società.

Anche il codice scientifico vero/falso non comprende in sé i

criteri per stabilire la verità o meno di una teoria. Questo

è possibile solo con l‟impiego dei metodi e con il costante

riferimento alle conoscenze scientifiche pre-esistenti

ritenute vere. Allo stesso modo, il sistema giuridico ricorre

a propri programmi tutte le volte che si tratta di applicare

il proprio codice. Ne sono esempi tutti quegli elementi

presenti nelle norme costituzionali, nelle leggi ordinarie,

nei codici e nelle sentenze delle corti superiori che fissano

i criteri per pervenire alla decisione se una certa azione o

aspettativa – come ad esempio la richiesta di risarcimento

sulla base di un presunto diritto alla salute – possa

ritenersi lecita o illecita. L‟obiettivo dei programmi non è

semplicemente prendere una qualche decisione, ma di

vincolare tutto il processo decisionale in modo tale che sia

conforme al diritto, che sia cioè un prodotto giuridico,

piuttosto che l‟espressione di altri valori o interessi

estranei al sistema giuridico, come ad esempio i valori

religiosi del giudice o gli interessi economici di una delle

parti. Ogniqualvolta questo tentativo di vincolare le

decisioni ha successo, saremo alla presenza di ciò che

nella teoria dei sistemi è solitamente indicato come

„determinazione strutturale‟.

La teoria di Luhmann è un esempio, forse uno dei pochi

rimasti, di analisi a trecentosessanta gradi della realtà

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Conversazioni sul diritto

444

sociale. La sua ricerca comprende, infatti, una teoria

generale dei sistemi sociali, una teoria generale della

società ed, infine, una collezione di studi sui principali

sottosistemi della società, tra i quali il diritto. La

specificità della teoria di Luhmann sta nel tentativo di

costruire una rete concettuale coerente in grado di

chiarire la natura di tutti i fenomeni sociali, ricorrendo

al metodo dell‟analisi funzionale ed agli strumenti di

quel paradigma interdisciplinare noto come teoria dei

sistemi.

42. Norma e simbolo

L‟originalità dell‟opera di Luhmann si riscontra

nell‟applicazione alla società della teoria generale dei

sistemi, attraverso un approccio metodologico di tipo

funzionalista.

I sistemi sono delle unità dinamiche composte da

individui, caratterizzate da autoreferenza ed

eteroreferenza, funzioni che consentono le comunicazioni

all‟interno del sistema e tra sistemi differenti. La

comunicazione in particolare, consente un‟interazione,

un rapporto tra sistema sociale e agire individuale. In

virtù di questa comunicazione con i suoi individui, il

sistema sociale si dà delle norme riferite alla contingenza

dell‟agire soggettivo.

Francesca Nobile.

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Lezioni a.a. 2010-2011

445

Il diritto, in tale quadro filosofico, ha come primaria

funzione l‟integrazione del sistema. È volto a coordinare e

regolare le relazioni tra i vari attori e le varie unità del

sistema al fine di garantirne il buon funzionamento e

mantenerne l‟equilibrio: istituzioni legali e tribunali

soddisfano questa esigenza rendendo effettive le norme e

intervenendo, in caso di devianza, per riportare i

comportamenti in linea con le aspettative e ristabilire

l‟equilibrio sociale.

Per Kelsen, il punto più alto della coscienza positivista del

diritto moderno, l‟autonomizzazione del diritto rispetto

ad altri ambiti della società, consente una conquista

teorica molto importante: costruire un diritto che sia

essenzialmente istanza formale; positività ed astrazione

sono i due caratteri che deve avere il diritto moderno, il

quale si fonda su una norma fondamentale ed elude

problema dell‟istanza materiale. Se ne deduce che mentre

Kelsen si occupa solo dello studio del dover essere, della

struttura del diritto; Luhmann, al contrario, usa la teoria

dei sistemi ritenendo che con essa si possa ridurre la

complessità del mondo. Al centro dell‟analisi

luhmanniana si pone la positività del diritto, che

caratterizza la moderna società industriale, in altre

parole la possibilità del „tutto nuovo‟, poiché a partire dal

XIX secolo, si assiste ad una trasmutazione del diritto

attraverso la legislazione, ed alla concezione di un

diritto mutabile. Diritto positivo significa, infatti,

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Conversazioni sul diritto

446

autoresponsabile riduzione della complessità sociale

attraverso il suo sottosistema politico. Con la

positivizzazione del diritto lo stato moderno si è liberato

da ogni vincolo proveniente da altri sottosistemi

ideologico-sociali come la morale, la religione, il denaro-

proprietà, i vincoli dinastici. Ciò permette al diritto, che si

confronta con un‟elevata complessità e variabilità sociale,

di essere compatibile con un numero sempre maggiore di

situazioni ed eventi. Luhmann indica quali

precondizioni sociali della completa positivizzazione del

diritto, il primato dell‟economia sul sottosistema politico e

lo sviluppo del concetto di democrazia. La

positivizzazione è però una prerogativa delle società

complesse, articolate in una molteplicità di sistemi. È

proprio l‟accrescimento della complessità sociale a rendere

necessari questi passaggi. Gli altri sistemi costituiscono

l‟ambiente del diritto: ogni sistema è, infatti, sistema e

ambiente per ogni altro. Le tre dimensioni che

caratterizzano l‟ambiente sono, secondo Luhmann, quella

“temporale”, “materiale”, e “simbolica”. Pertanto, il

sistema deve elaborare strategie per ridurre la complessità

ambientale sotto questi tre profili. Il simbolo, in generale,

è un elemento della comunicazione, che esprime

contenuti di significato ideale, di cui esso diventa il

significante. Come sostiene lo scrittore francese René

Alleau, la funzione simbolica è un modo di stabilire una

relazione tra il sensibile e il sovrasensibile, difatti,

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Lezioni a.a. 2010-2011

447

sull‟interpretazione dei simboli e sul loro impiego da

sempre gli uomini sono divisi. Importante diventa la

capacità del simbolo di sensibilizzare, generare

appartenenza e stabilità, frenare le insicurezze che

l‟uomo esistenzialmente possiede nei confronti del futuro.

In contrasto rispetto al pensiero di Parsons, Luhmann non

crede che i sistemi organizzativi richiedano consenso su

valori o norme: la loro funzione può venire assicurata

dall‟uso di mass-media simbolici generalizzati (denaro,

potere, verità, etc.). Per Luhmann, il simbolo è presente in

ogni ordinamento giuridico e consiste in un qualcosa di

visibile che rinvia a concetti e valori non visibili. Si pensi

alla bandiera, che rinvia al valore della patria, ma

anche e soprattutto alle norme giuridiche. Il „dictat‟

normativo è, difatti, immediatamente tangibile, ma

contiene in esso la simbolizzazione dell‟ordinamento

giuridico.

Anche l‟argomentazione è un simbolo della validità del

diritto, essa è presente, ma invisibile. Il simbolo, dunque,

si relaziona con il tempo: la norma (diritto) consiste in

una aspettativa generalizzata proiettata verso il futuro,

ha la funzione si stabilizzare le aspettative da collettive a

normative. Simbolo è, inoltre, nell‟opera di Luhmann, il

potere, concepito come comunicazione sociale, codice di

simboli generalizzati, attraverso i quali i comportamenti

scelti da un soggetto sono fatti rientrare nella situazione

sociale di un altro soggetto il quale, nella scelta del suo

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Conversazioni sul diritto

448

comportamento, sarà costretto a tenere conto di essi come

“dati”.

43. Sociologia del rischio

Il futuro delle moderne civiltà dipende sempre di più da

decisioni prese nel passato o di recente da altri. Il futuro

però può essere descritto con il concetto di rischio. Ciò ha

conseguenze molto diverse per i singoli sistemi funzionali

(come la politica, il diritto, la scienza o l'economia).

Niklas Luhmann ritiene che si sia creata una spaccatura

tale tra le decisioni prese di volta in volta all'interno dei

singoli sottosistemi, che è assai difficile basare su tali

decisioni la politica.

Il rischio viene utilizzato dal filosofo tedesco come

modello di descrizione della società contemporanea.

Infatti, nella sua opera “Sociologia del rischio” cerca di

chiarire i motivi per cui il concetto di rischio diventa

rilevante nella descrizione del recente sviluppo della

società moderna. Nell‟opera citata Luhmann parte dal

presupposto che la modernità abbia segnato il passaggio

da una situazione data, naturale, in cui erano le forme

dell‟essere a determinare il futuro, ad una situazione in

cui sono le singole decisioni a determinare il futuro. “La

tecnica e la consapevolezza delle proprie possibilità ad

essa connessa fanno pensare che ciò può accadere più

Arianna Olivella.

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Lezioni a.a. 2010-2011

449

facilmente in maniera distruttiva che in maniera

costruttiva”.

Le differenze tra rischio e pericolo sono differenze relative

a un osservatore. Quello che per un osservatore è un

rischio, può essere considerato un pericolo per un altro. Ne

deriva che il concetto di rischio è collegato a quello di

probabilità. Ad esempio per decidere se intraprendere o

meno un‟azione rischiosa ci si può affidare a dei modelli

matematici del calcolo del rischio che supportino la

decisione. In particolare, il sistema giuridico non è in

grado di assorbire i conflitti sorti dal rischio: si crea

allora un diritto parallelo, quello delle assicurazioni.

L‟assicurazione trasforma i pericoli in rischi e crea un

filtro „securizzante‟ per affrontare le incertezze del futuro.

Seguendo la legge delle forme di Brown, Luhmann

definisce la forma del rischio attraverso la distinzione tra

rischio e pericolo. Secondo lo studioso, infatti, non è

possibile definire un concetto per se stesso, ma solo in

relazione ad altri concetti.

Entrambi i concetti della forma si riferiscono alla

possibilità del sopraggiungere di un danno. Se

l‟eventualità del danno viene vista come possibile

conseguenza di una decisione errata presa tra diverse

alternative di scelta, ci si troverà di fronte ad un rischio;

se invece sopraggiungono fatti esterni e non vincolabili

da decisioni, si dovrà parlare di pericolo. “Marcare i

rischi fa dunque dimenticare i pericoli; marcare i

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Conversazioni sul diritto

450

pericoli, invece, fa dimenticare i profitti ai quali si

potrebbe mirare con delle decisioni rischiose”. Il rischio

viene, dunque, a essere una modalità di trattamento del

futuro che si fa sempre più incerto a causa della crescente

complessità del sistema. Secondo Luhmann ogni decisione

si costituisce nella fattispecie del rischio, non esiste nessun

comportamento esente da esso. A questa regola non sfugge

neanche il decidere di non decidere, perché la società

moderna offre una complessità e una ricchezza

d‟alternative di scelta impensabili, che rendono

impossibile la raccolta delle analisi e delle informazioni

per valutare con precisione l‟esatto decorso dei fatti. Il

problema risiede nel fatto che i rischi corsi da qualcuno

possano trasformarsi in pericolo per altri e quindi,

secondo il punto di osservazione, un rischio può apparire

in parte giustificato.

Il futuro diventa contingente in quanto dipendente da

decisioni da prendere nel presente, decisioni che con

l‟eccezionale sviluppo della tecnologia assumono sempre

più rilevanza sociale. La risposta potrebbe risiedere nel

nesso di due concetti, rischio-globalizzazione, tracciato

nel lontano passato dall‟antica saggezza dei Cinesi. Nella

loro lingua la parola corrispondente a quella di rischio è

“crisi” e si compone di due ideogrammi, l‟uno equivalente

al concetto di pericolo e l‟altro di opportunità. Le

opportunità della globalizzazione possono, infatti,

indurre rischi, ma anche correndo rischi si possono

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Lezioni a.a. 2010-2011

451

ottenere benefici. È proprio quest‟interdipendenza,

omogeneità, ad unire le società in un mercato globale, a

suscitare quel senso più comune di rischio che molti

sociologi hanno individuato nell‟innata propensione a

sfidare l‟ignoto, nonostante le possibili conseguenze

negative; un tratto che attraversa la storia delle vicende

umane dalle più antiche forme di civiltà a quelle evolute.

Il rischio è un modo sistematico di far fronte ai pericoli e

alle insicurezze indotte dalla modernizzazione ed è una

razionalizzazione della paura che l‟uomo

contemporaneo sceglie deliberatamente di assumere nella

posta in gioco per il progresso, rispetto al rischio

premoderno dell‟ineluttabile fato.

Tali osservazioni mi portano a condividere quanto

sostenuto da Luhmann: che esiste un effettivo stato

d‟incertezza complessiva della società contemporanea, ma

allo stesso tempo è una necessità con cui convivere,

finalizzata alla creazione necessaria di ordini

emergenti.

44. L‟ “homo juridicus” e la teoria sistemico-funzionale

Nelle ipotesi di un io senza relazione con gli altri

parlanti oppure chiuso nell‟eseguire le funzioni dei diversi

sistemi sociali, il diritto non avrebbe significato, perché

nessuna pretesa giuridica potrebbe essere rivolta da un

Federica Petronio

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Conversazioni sul diritto

452

singolo a se stesso, né al sistema che lo usa come supporto

impersonale del suo funzionamento448

.

Fin dalle origini, in ogni cultura e civiltà, l‟uomo ha

sempre sentito il bisogno di conferire un significato alla

propria esistenza attraverso la scrittura, la legge e

l‟organizzazione sociale449

. Proprio questo bisogno di

conferire significato alla propria esistenza si manifesta

nel sistema giuridico, in cui l‟uomo svolge una funzione

importante, essendo il punto d‟inizio e di fine di uno

stesso procedimento, che lo vede protagonista due volte:

non solo come fautore delle proprie leggi, ma nel

contempo anche come destinatario. Prima di iniziare a

trattare dell‟uomo, mi sembra doveroso illustrare a-priori

e per sommi capi, la teoria sistemico-funzionale di

Luhmann, così da conferire all‟uomo una collocazione

precisa. La teoria sistemico-funzionale di Luhmann450

consiste nell‟applicare alla società la teoria dei sistemi

sociali.

Luhmann parte dalla premessa che gli elementi primari e

unici di un qualsiasi sistema sociale, non siano gli

uomini, ma gli effetti della comunicazione, ovvero

comunicazioni che producono altra comunicazione.

448

Cfr. B. Romano, Male ingiusto: riflessioni con Luhmann e

Boncinelli, Torino, 2009.

449

A. Supiot, Saggio sulla funzione antropologica del diritto,

Milano, 2006.

450

www.wikipedia.org.

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Lezioni a.a. 2010-2011

453

Senza comunicazione non esiste nessuna forma di sistema

sociale, anzi la chiusura operativa del sistema è operata

proprio sul concetto di comunicazione. Tutto ciò che c‟è

nel sistema sociale è solo ed esclusivamente

comunicazione. Un sistema sociale (sistema chiuso) è in

grado di costituirsi, ricostituirsi ma soprattutto di

autogestirsi (autoreferenzialità edautopoiesi). Inoltre,

questi sistemi sono tra loro eterarchici. Tutto ciò è possibile

solo attraverso una perenne comunicazione.

Luhmann precisa che l‟uomo non può essere considerato

un sistema di questo tipo, perché rappresenta un sistema

più complesso, quello psicologico (coscienza), che a

differenza del primo è in grado di pensare. I sistemi

sociali, invece, non pensano. Luhmann non pone, dunque,

l‟uomo al centro della sua analisi ma si concentra

sull‟intera costellazione dei sistemi sociali, nei quali vede

la riduzione della complessità, che consente all‟uomo di

sopravvivere. L‟uomo è un mero osservatore della realtà,

che diviene esso stesso oggetto della sua indagine, ma nel

contempo è disfunzionale al sistema. Un altro sistema, in

Luhmann è il diritto. La funzione propria del sistema

giuridico e, dunque del diritto, è una funzione

immunitaria per esso e per tutti gli altri sistemi, di modo

che, gli altri sistemi funzionino senza incepparsi, per cui

quando uno dei sistemi viene attaccato si erge il sistema

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Conversazioni sul diritto

454

per proteggerli451

. Il diritto ha anche tanti equivalenti

funzionali, ossia tante micro-funzioni, che si equivalgono

alla principale, per questo si dice che il diritto ha una

sua rilevanza sociale e quindi non solo una rilevanza

sistemico-funzionale. La peculiarità è data dalla

temporalità, che in Luhmann si chiama contingenza, che

è l‟assorbimento del passato e del futuro nel presente.

Questa temporalità consente la stabilizzazione delle

aspettative da cognitive in normative. Questi sistemi,

come prima ho affermato, sono tra loro eterarchici e

autopoietici sono chiusi operativamente e aperti

informativamente. Ogni sistema ha una propria funzione

e se questa viene meno, cade nell‟informe, perché

l‟osservazione è una differenziazione funzionale.

Per Luhmann nulla ha senso perché tutto ha una

funzione, infatti, i sistemi funzionano per funzionare e

non si tratta di una funzione esistenziale. Ma la funzione

per eccellenza del sistema, come prima affermato, è la

comunicazione e senza di essa non esisterebbe nessuna

forma di sistema sociale. Chi compie la comunicazione

nel sistema? Si tratta dell‟uomo, che da ente biologico

trova la sua massima espressione con il diritto primo: la

parola. È con la parola che l‟uomo comunica ed

interpreta. Infatti, Buber452

sostiene che il proprium

451

L. Avitabile, Appunti del corso di Teoria dell‟Interpretazione, a.

a. 2010/2011.

452

M. Buber, Il problema dell‟uomo, Genova, 2004, p. 71.

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Lezioni a.a. 2010-2011

455

dell‟uomo consiste nella dimensione dialogica, dunque

“nel rapporto con un altro sé”, che “può essere limitato,

condizionato come egli stesso”. In Buber lo spazio

dialogico viene descritto come lo spazio del “tra”, che

costituisce la genesi teorico-esistenziale dell‟ermeneutica,

anche giuridica perché nessuno interpreta il suo stesso

dire, chiuso nell‟ascoltare l‟altro nel luogo della trialità

comunicativa, dell‟interrelazione, che “sebbene ….

realizzata a livelli molto diversi, è una categoria

primordiale della realtà umana”. Si mostra che una

dimensione fondamentale “nell‟esistenza umana è l‟uomo

con l‟uomo”, ovvero lo spazio non padroneggiabile, né

dall‟io né dal tu , perché consiste in un luogo terzo, quello

della trialità discorsiva che libera entrambi dal perdersi

nella presunzione di possedere un sapere compiuto.

Dunque, la relazione tra uomo e diritto, in Luhmann, si

realizza solo quando l‟uomo non si riduce a un sistema

biologico per essere al contrario considerato soggetto

parlante ed interpretante. Dello stesso parere è anche

Bruno Romano453

, il quale sostiene che l‟uomo si libera da

questo sistema de-soggettivante, solo quando incontra

l‟altro in uno spazio terzo, dove ognuno è portatore di un

sapere parziale. Ma chi è l‟uomo? È colui che, ancor prima

di essere cittadino, è una persona, ovvero un uomo nel

453

B. Romano, Due studi su forma e purezza del diritto, Torino,

2008.

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Conversazioni sul diritto

456

senso di „humanitas‟454

e non nel senso del genere uomo-

donna, e in quanto tale è titolare di diritti.

Il soggetto di diritto può essere qualunque persona a

prescindere dalla collocazione sul pianeta. La “persona”

secondo Benhabib455

definisce un agente morale che ha

interessi, mentre Buber456

spiega che essere persona

significa esistere a partire da “se essi”, essere il principio

del proprio agire e non lo strumento degli eventi; avere il

controllo su di sé e non essere un mezzo in mano agli

altri; assumere la propria responsabilità e non essere sotto

quella altrui. Tutto questo però dipende dalla capacità

del sé di entrare in un‟autentica relazione con l‟altro e di

rendergli giustizia. Dunque, tutti per il semplice fatto di

essere persona sono titolari dei diritti umani, come il

diritto alla libertà, che passa attraverso il diritto primo

della parola. Se l‟uomo non ha il diritto alla parola non

ha libertà. Il logos consente all‟uomo di dire che è un

soggetto esistente e in quanto tale in grado di

rivendicare i propri diritti. I diritti dell‟uomo sono

incondizionati e universali e non negoziabili. Questi

diritti non collimano con quelli fondamentali, che

454

www.unicas.it.

455

S. Benhabib, Teoria dell‟agire comunicativo, Bologna, 1997, pp.

19- 20.

456

M. Buber, Il principio dialogico e altri saggi, Cinisello Balsamo,

1993, p. 260.

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Lezioni a.a. 2010-2011

457

diversamente dal loro aggettivo “fondamentali” non

sono universali, ma convenzionali. Essi sono sanciti in

ogni Carta Fondamentale e Costituzione (difatti, la

nostra Costituzione ha tra i diritti fondamentali l‟art. 3).

Si dicono tali, non perché essenziali alla vita dell‟uomo,

ma al contrario, perché si trovano nella “Carta

costituzionale”, la quale non fa altro che selezionare i

principi fondamentali, ritenuti più opportuni,

positivizzandoli, e ciò comporta l‟esistenza di diritti

fondamentali completamente differenti da etnia a etnia.

Bruno Romano, attraverso le pagine di “Diritti dell‟uomo

e diritti fondamentali” pone in risalto il forte contributo

che essi nella storia hanno offerto al cammino esistenziale

dell‟io, del soggetto, della persona. Bruno Romano pone

subito dei paletti quando afferma a chiare lettere che

l‟espressione “diritti dell‟uomo” si riferisce all‟io457

.

Romano immagina un io proprio ed esclusivo del singolo

uomo, che compare nel compito della formazione della

sua identità sostanziale, nucleo dei diritti dell‟uomo, di

cui il soggetto non è altro che un frammento funzionale

secondo i diversi sistemi sociali, dell‟economia, della

politica. I diritti dell‟uomo appartengono alla sfera

dell‟io-persona e sono universali, incondizionati,

profondamente diversi dai diritti fondamentali che,

contenuti nelle Leggi fondamentali e nelle Costituzioni

457

B. Romano, Diritti dell‟uomo e diritti fondamentali. Vie

alternative: Buber e Sartre, Torino, 2009.

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Conversazioni sul diritto

458

sono particolari e condizionati da un territorio e da un

tempo, in quanto positivizzati in un sistema giuridico di

cui rappresentano la contingenza. Interpretati come

frutto dei condizionamenti della contingenza storica, che

registra i fatti vincenti, non costituiscono certo la genesi

dei diritti dell‟uomo universali ed incondizionati. Infatti,

Romano, riprendendo Luhmann, afferma che i diritti

fondamentali, “... enunciati e positivizzati in una

Costituzione possono esaurirsi nel riguardare il

camminare di soggetti senza io, resi funzionali ai fatti

vincenti nel funzionamento impersonale dei sistemi

sociali che, per mantenere e accrescere il loro successo

violano anche i diritti dell‟uomo”. È per opera dell‟uomo

che il diritto si manifesta con la forma dell‟enunciato

normativo, quindi sottoposto ad interpretazione; per cui

ciò che si è formato non dipende né dalla natura, né

dalla divinità. Esso è istituito dall‟uomo e per l‟uomo. Si

presume che l‟istituzione del diritto risalga al Digesto ed

ancor prima ad Aristotele, che parlava di “vitam

instituere”, in quanto l‟uomo istituisce il diritto, la

regola. Poiché il diritto è istituito dall‟uomo e proprio

perché l‟uomo istituisce la regola diventa soggetto

imputabile. L‟imputabilità del soggetto è la connessione

tra la libertà e la responsabilità, perché in realtà la

libertà del soggetto, quindi della persona, dell‟uomo, è

una libertà temperata, cioè non si è liberi in assoluto,

perché se si esercitasse la libertà in assoluto si

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Lezioni a.a. 2010-2011

459

annienterebbe tutto, dal momento che essa non è

nemmeno relativa. La libertà dell‟uomo è una libertà

giuridica, e quest‟ultima è responsabilità. Questo consente

di distinguere l‟uomo dagli animali. Nietzsche458

,

muovendo da una bio-economia della vita condivisa in

un mondo, sostiene che “tutto ciò che distingue l‟uomo

dagli animali, dipende da questa sua capacità, di

volatilizzare le metafore intuitive in uno schema, dunque

di dissolvere un‟immagine in un concetto”. Infatti,

l‟uomo istituisce il diritto, quindi le leggi sono istituite,

mentre gli animali hanno leggi trovate. Qualunque

persona che ha un io non identificabile né con gli enti

fisici, né vegetali è un soggetto di diritto è proprio perché

soggetto di diritto, innesca quella convivenza umana,

civile e pacifica, dove il rispetto dell‟altro diventa la

regola ed il diritto scaturisce da questo rispetto attraverso

l‟uso del „logos‟. Dunque, l‟uomo è una mera entità, che si

trova a vivere una seconda vita, la prima è quella

biologica che l‟uomo ha in quanto tale, poiché ente

biologico insieme ad altri enti. La seconda vita, invece, è

quella di soggetto di diritto459

.

Nella società moderna l‟uomo si trova a confrontarsi con

una realtà complessa, in i rapporti si sviluppano in

458

Cfr. B. Romano, Nietzsche e Pirandello. Il nichilismo mistifica gli

atti nei fatti, Torino, 2008, p. 95.

459

L. Avitabile, Appunti del corso di Teoria dell‟Interpretazione, a.

a. 2010/2011.

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Conversazioni sul diritto

460

maniera articolata, e ciò implica il seguire delle

procedure complesse, entrando nel mondo del diritto

diversamente da come accadeva nella società pre-

complessa, che era basica, perché prevedeva un rapporto

diretto (ad esempio, il pagamento delle tasse

universitarie, che nella società pre-complessa, in virtù di

un rapporto diretto con il rettore, dovevano essere pagate

a quest‟ultimo, mentre nella società complessa vengono

pagate ai funzionari addetti.) La realtà complessa è,

inoltre, contrassegnata da uno sviluppo, che interessa in

primo luogo il mercato globale. Pertanto, il sistema

economico subisce una profonda trasformazione,

mutando il concetto stesso di economia ed esercitando

una forte influenza sulla società, l‟uomo e il diritto.

Luhmann460

, nell‟ ambito della teoria sistemico-

funzionale, sostiene che la funzione della complessità è

quella di rendere se stessa sempre più complessa e per

semplificarla bisognerebbe ridurre la complessità,

selezionando semplicemente gli elementi uguali che

Luhmann qualifica come immunitari. Essi sono i divieti,

gli obblighi, quindi il darsi una regola è l‟elemento in

comune del sistema giuridico. Luhmann sostiene che

460

Niklas Luhmann, sociologo e filosofo tedesco, maggiore esponente

della sociologia tedesca del XX secolo, applicò alla società la teoria

dei sistemi sociali con grande riscontro anche nell‟ambito della

filosofia. L. Avitabile, Appunti del corso di Teoria

dell‟Interpretazione a. a. 2010/2011.

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Lezioni a.a. 2010-2011

461

questa selezione avviene mediante l‟osservazione, che

consiste nella designazione di un oggetto da osservare,

poi l‟oggetto designato viene distinto da altri soggetti,

facendo così delle differenziazioni. In questa società

complessa e cosmopolita, Romano denuncia il rischio di

vedere i diritti dell‟uomo, dell‟io-persona, ridotti a scatole

vuote, se si conformano ai tratti qualificativi delle

condotte ripetute senza riflessione, in quei processi

d‟imitazione dove ogni singolo si conforma all‟altro e ne

riproduce i gesti quotidiani, quasi un semplice contagio

involontario461

. Così anche l‟uomo moderno delineato da

Romano, assume i tratti dell‟ „homo consumens‟. L‟ „homo

consumens‟ di Bauman462

è „in primis‟ un uomo moderno,

passato dalla società capitalistica dei produttori, che

spingeva al consumo materiale, alla società capitalistica

dei consumatori, che vuole anche il consumo immateriale

e di status, e ricerca la felicità infinita così come

suggerita dalla pubblicità e dalla massa di

informazioni. Così facendo, gli uomini diventano esseri

viventi, prosciugati da vite frenetiche e vuote, costretti a

prendere parte a una competizione grottesca per la

visibilità e lo „status‟. La condizione umana diventa

sempre più simile a un tipo di prodotto: “Nella società dei

consumatori nessuno può diventare soggetto senza prima

461

B. Romano, Diritti dell‟uomo e diritti fondamentali. Vie

alternative: Buber e Sartre, cit., p. 138.

462

Z. Bauman, Consumo, dunque sono, Bari, 2008, p. 125.

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Conversazioni sul diritto

462

trasformarsi in merce, e nessuno può tenere al sicuro la

propria soggettività senza riportare in vita, risuscitare e

reintegrare costantemente le capacità, che vengono

attribuite e richieste ad una merce vendibile”.

A quanto pare, oggi, il mondo in cui si vive, pone il

soggetto di fronte ad un evidente paradosso: come osserva

Bobbio463

, il rapporto fra la nascita e la crescita dei diritti

sociali da un lato, e la trasformazione della società

dall‟altro, è evidentissimo. Ne deriva che le richieste dei

diritti sociali sono diventate tanto più numerose quanto

più rapida e profonda è stata la trasformazione della

società. L‟avvento dello sviluppo tecnologico mette l‟uomo

di fronte alla nascita di movimenti internazionali che

esprimono a gran voce il disagio di quanti risultano

esclusi dalla crescita sociale, tecnologica, politica ed

economica, e questo si riflette sulla disparità di

condizione degli uomini nel mondo, e aggiungerei sulla

nascita della non naturalità dei diritti, segno del non

adeguamento dell‟uomo al diritto naturale. In

conclusione, in questo evidente paradosso, che ogni uomo

si accinge a vivere, diventa basilare l‟esigenza, sempre

nuova, dell‟uomo, di affermare il proprio io-persona e il

proprio bisogno di vivere in un adeguato contesto sociale

per evitare di diventare “un clandestino, vivente”464

senza

463

N. Bobbio, L‟età dei diritti, Torino, 2005, p. 78.

464

J. P. Sartre, La trascendenza dell‟Ego. Una descrizione

fenomenologica, Milano, 1992, p. 24.

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Lezioni a.a. 2010-2011

463

una legittimazione tra i diversi ordini di norme. Tale

condizione di “vuoto”, che l‟uomo, ormai privo di una

coscienza, cerca erroneamente di colmare con l‟impegno

politico, emargina la peculiarità dell‟opera del diritto,

compiuta dal terzo imparziale e disinteressato.

45. La Teoria dei sistemi sociali

La teoria dei sistemi sociali mira alla comprensione della

natura e del funzionamento della realtà sociale e nasce

con l'intento di superare i limiti delle teorie della

sociologia classica, sviluppate a partire dal XIX secolo fino

alla prima metà del XX secolo. Importantissima, in questo

senso, l‟opera scritta da Niklas Luhmann “Fondamenti di

una teoria generale”, che a partire dalla metà degli anni

Ottanta suscita un acceso dibattito tra sociologi e filosofi

del diritto. Quest‟opera forse costituisce il contributo più

forte che sia mai apparso in Europa in ordine ad una

radicale trasformazione della sociologia. Il punto di

partenza della teoria di Luhmann è lo stato di crisi della

dottrina, che, dopo Talcott Parson e Weber, perde i propri

paradigmi o li converte in un pensiero settoriale, che

risente dell‟accesso dello specialismo. Proprio questa crisi

apre, in alcune discipline come la filosofia politica e la

teoria del diritto, un‟orizzonte di contaminazione

sociologica che in alcuni casi si converte in scuola di

Lorenzo Perrino.

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Conversazioni sul diritto

464

pensiero mediante l‟incentivazione della

multidisciplinarietà della scienza politica. La sociologia

acquisita dalle scienze tecnicamente più avanzate, come

la biologia e l‟informatica, il quadro di riferimento della

sua attività volta più all‟individuazione di modelli

funzionali che a descrizioni fenomenologiche ovvero a

indagini strutturali più che a risposte critiche ai problemi

posti dalle società.

Luhmann parte dalla premessa che gli elementi unici di

un qualsiasi sistema sociale sono gli effetti della

comunicazione, ovvero comunicazioni che producono

altre comunicazioni. Senza comunicazione non

esisterebbe nessuna forma di sistema sociale, anzi la

chiusura operativa di esso è operata proprio sul concetto

di comunicazione. Un sistema sociale chiuso è in grado

costituirsi, ricostituirsi ma soprattutto di autogestirsi

(autoreferenzialità). Questo però è possibile solo

attraverso una perenne comunicazione. Luhmann

afferma che l‟uomo non può essere considerato un sistema

di questo tipo, perché rappresenta un sistema più

complesso, definito psicologico, che a differenza del primo

è in grado di pensare. I sistemi sociali invece non pensano

ma agiscono sotto forma di interazione, organizzazione,

società.

Secondo Luhmann l‟osservazione sociologica contiene un

elemento problematico. Essa, infatti, compie ciò che viene

descritto in quanto la stessa osservazione è parte

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Lezioni a.a. 2010-2011

465

dell‟oggetto che intende descrivere. Essendo parte della

società, deve contenere una componente autologica,

dovendo descrivere anche se stessa nella forma

dell‟autoosservazione.

Luhmann radicalizza il concetto di comunicazione e lo

definisce come unità o sintesi di tre selezioni: emissione,

informazione e comprensione. La metodologia di ricerca

propria della teoria di Luhmann viene criticata dalla

scuola di Mannheim, fondata sul relativismo razionale e

critico di Hans Albert; ma anche dai sostenitori della

critica sociale di derivazione marxista, che al pari dei

filosofi dell‟agire comunicativo tendono a soggettivizzare

il concetto di sistema.

Luhmann giunge alla definizione di sistema come entità

autoreferenziale, in un‟potesi non dialettica basata sulla

differenza tra sistema e ambiente. Da qui giunge al

“passaggio dalla teoria incentrata sul binomio

sistema/ambiente alla teoria dei sistemi autoreferenziali

... Non è il sistema in sé o l'ambiente in sé a costituire

l'orizzonte di svolgimento della teoria, bensì la

considerazione dell'insieme differenziale”. Il dato, che

fonda qualsiasi sistema, non è quindi la “cosa in sé”,

l'ente o il soggetto (non esiste un sistema senza un

ambiente), bensì la loro relazione, che si riproduce in

sottosistemi e ambienti relativi, in un‟incessante attività

autoproduttiva. Lo sconvolgimento delle tradizionali

categorie sociologiche è il frutto dell'approccio

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Conversazioni sul diritto

466

linguistico-funzionalistico, che deve esser considerato

come il punto di svolta di ogni indagine sulla complessità

delle civiltà e dei sistemi sociali pluridifferenziati.

A differenza delle strutture, i sistemi autogenerano i

propri confini e sono indipendenti dall'osservazione

altrui. Essi inoltre sono soggetti a una costituzione

multipla ed alla compenetrabilità, cioè all'intreccio di

relazioni intra ed extrasistemiche che denotano il

rapporto con gli ambienti relativi, nonché quello dei

singoli individui nella relazione sociale, detta

interpretazione.

Tra i fondamenti di una teoria sociologica, che pone in

primo piano l'autoproduzione, il rapporto con il tempo

svolge una funzione essenziale, permettendo di

distinguere la teoria luhmanniana dalle precedenti

acquisizioni della sociologia, da Durkeim a Weber.

Il tema del tempo determina il rapporto tra selezione e

complessità, essendo la prima il parametro in base a cui il

sistema comunica e riduce ad azione la comunicazione.

Il tempo si colloca, pertanto, tra sistema e ambiente, e

proprio tale non corrispondenza crea sia il sistema che

l'ambiente. Dunque anche il tempo è da considerare un

differenziale. Inoltre, esso può essere gestito dai sistemi,

secondo alcune metafore produttive utili a temporalizzare

la complessità. In questo quadro è utile chiarire che il

senso è il fattore che permette la riduzione della

complessità e soprattutto l'autoriferimento, che consente

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Lezioni a.a. 2010-2011

467

la chiusura dei sistemi. Infatti, solo attraverso una

comprensione dell'ambiente e del mondo nelle tre

dimensioni, materiale, temporale e sociale, è pensabile

l'autonomia della dimensione sociale.

Ulteriore elemento di desoggettivazione, che differenzia

Luhmann dalla tradizione metafisica, consiste nel fatto

che egli individua una procedura di ricombinazione

(non leggi di natura), alla base dei processi sociali; delle

generalizzazioni simboliche (non dei segni) alla base dei

processi di autocostruzione del senso.

Contrastano con la concezione luhmaniana da un lato le

tendenze a concepire le società ed i sistemi politici come

entificazioni, in una prospettiva sostanzialistica (siano

esse teorie postweberiane, soggettivistiche o dell'agire

comunicativo); dall'altro le tendenze analitiche

oggettualizzanti e riduzioniste, che declinano la teoria

sociale in termini di struttura e funzione. In questo senso

il superamento dell'ipotesi di Talcott Parsons, che ha

comunque costituito, a lungo, il riferimento obbligato per

l'autore di “Potere e complessità sociale” avviene

reinterpretando il concetto di “doppia contingenza” da

cui non può discendere alcuna azione sociale in senso

specifico; per Parsons, infatti, il tipo specifico di agire che

s‟incontra nella società è il frutto di un tacito consenso

che crea un orientamento normativo, mentre Luhmann

afferma che proprio dalla particolare situazione di una

relazione cieca tra due o più attori sociali proviene

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Conversazioni sul diritto

468

l'agire, come dinamica di interrelazione, creazione e

distruzione di legame. La critica alla soggettivazione

delle categorie di ego e alter come poli della relazione

sociale e quella della comunicazione, come situazione

oggettiva in cui un mittente e un destinatario risultano

personificati, si rivelano produttive al punto da affermare,

contro tutte le rassicuranti teorie della società come

bisogno di ordine e necessità di controllo, che dalla

“cecità”, quindi dall‟indeterminatezza della situazione

nell'incontro tra un ego e un alter e dall'opacità e

inaffidabilità reciproca iniziale, si costruisce il sitema

sociale, tramite concessioni di libertà. Il contrario del

calcolo, dice Luhmann, per cui “l'interesse egoistico nasce

solo in un secondo momento".

I sistemi sono impenetrabili e ciò spinge all'azione. Essi

sono creati nell'instabilità. La teoria luhmanniana

descrive una realtà sospesa nel vuoto, una costruzione che

si fonda da sola. Non potendo fondare la stabilità

dell'ordine sociale né sulla natura, né su norme, né su

valori validi a priori, la teoria deve individuare nuovi

riferimenti. Questa novità è rintracciata nell'orizzonte

comune di ricerca che Luhmann ha condiviso con

Habermas nel dualismo comunicazione/azione e nelle

rispettive motivazioni come fondamenti dei sistemi

sociali. La critica fatta a Weber si lega a quella fatta a

Parsons perché se una qualche intenzionalità a priori

dell'agire è smentita dalla configurazione stessa del

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Lezioni a.a. 2010-2011

469

sistema, anche la modalità analitica dell'azione, in

quanto tale, è revocata in dubbio, non essendo essa a

creare i sistemi ma questi ultimi a produrre azione. Il

passaggio decisivo ad un nuovo paradigma è costituito

dal considerare la comunicazione come elaborazione

della selezione; in tal caso si avranno tre termini più un

quarto, necessario, che delinea l'unità dei sistemi:

comunicazione, informazione, aspettativa di successo e

codifica.

46. Il sistema giuridico e quello politico: analogie e

differenze

Luhmann definisce il sistema sociale come un sistema

chiuso in grado di autogestirsi. Da tale assunto si evince

che l‟uomo – nella prospettiva luhmanniana – non può

rientrare in questo tipo di categoria, appartenendo,

invece, ad un sistema più complesso, quello psicologico.

Prima di argomentare circa la differenzazione effettuata

dal sociologo tedesco tra sistema giuridico e il sistema

politico è importante precisare che, in riferimento ai

sistemi sociali, in generale, opera una triplice distinzione:

l‟interazione, che consiste nell‟incontro tra

soggetti;

Daria Pica.

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Conversazioni sul diritto

470

l‟organizzazione, che si ha quando si forma un

sistema sociale duraturo ed avente come obiettivo la

stabilizzazione nel tempo di comportamenti;

la società: quando ci si muove sul piano di una

società globalizzata, che comprende tutti i sistemi di

comunicazione e di organizzazione.

Ogni sistema funziona, inoltre, come un doppio binario.

Si pensi, ad esempio, al sistema giuridico, in cui tutto

verte sulla dicotomia giusto/ingiusto, oppure al sistema

scientifico, che trova il suo perno nella dicotomia

vero/falso, o ancora al sistema politico, che si muove tra i

poli del potere/non-potere.

Continuando la sua analisi Luhmann sostiene che

ciascuno di noi è un sistema autopoietico, cioè chiuso in

se stesso. In tal senso, è necessario chiedersi come sia

possibile conciliare l‟idea di un sistema chiuso e

l‟esistenza di forme di comunicazioni.

Ebbene, proprio per comprendere meglio a che tipo di

comunicazione il sociologo tedesco si riferisca, bisogna

distinguere tra sistema giuridico e politico.

Il primo, considerato nel suo valore comunicativo, più che

essere l‟elemento ordinatore del sistema sociale è il suo

sistema immunitario, funzionando come anticipazione di

possibili conflitti; non può essere, quindi, inteso come

essenza dell‟agire bensì rappresenta una modalità di

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Lezioni a.a. 2010-2011

471

trattamento delle informazioni in grado di prevenire o

dirimere i conflitti nella società.

Nello specifico, le tre condizioni di conflitto dei sistemi

sociali illustrate da Luhmann sono:

l‟allontanamento dei legami interni,

la specializzazione;

la cumulazione di effetti di rifiuto.

Il sistema politico è l‟oggetto di studio dell‟approccio

sistemico alla politica e si differenzia dall‟apparato

statale perché, in tal senso, lo Stato non si pone come

soggetto della politica, ma è la stessa politica a porsi nei

rapporti e relazioni con lo Stato.

Il sistema politico si fonda sul concetto di potere, che

rappresenta il codice di comunicazione del sistema

politico ed è finalizzato alla trasmissione di decisioni

vincolanti. Il potere implica contingenza ovvero

incertezza sia per chi lo esercita sia per chi lo subisce.

Luhmann considera il potere politico come un

sottosistema dell‟intera società, diviso in un sottosistema

politico in senso stretto, composto da gruppi di interessi e

dai partiti politici ed in un sottosistema della pubblica

amministrazione, suddiviso in potere legislativo, esecutivo

e giudiziario.

Luhmann afferma, inoltre, che il potere è un mezzo di

comunicazione e definisce quest‟ultima come unità o

sintesi di tre selezioni: emissione, informazione e

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Conversazioni sul diritto

472

comprensione. Nello specifico,„alter‟ emette l‟informazione

selezionata, „ego‟ comprende la differenza tra

informazione ed emissione e conseguentemente si prepara

a rispondere proprio ad alter: si ha, così, un‟azione

comunicativa di un soggetto verso un altro.

Comunicazione e coscienza si alimentano

reciprocamente, ma non devono essere confuse. Infatti,

mentre la coscienza percepisce la comunicazione ma non

è istruita da essa; la coscienza è necessaria perché la

comunicazione possa sostituirsi ai pensieri, e proprio per

questo motivo ego ed alter possono riferirsi a strutture

sociali per coordinare i propri comportamenti.

In conclusione la distinzione operata da Luhmann tra i

due poteri, quello giuridico e quello politico, dimostra

come sia possibile affermare che la politica non ha come

riferimento quello della terzietà, al contrario del sistema

giuridico che deve rappresentare per essa il primo

garante.

47. Il funzionalismo

La teoria del funzionalismo, in ambito sociologico, si

diffonde a partire dagli anni 1950 – 1960, grazie agli

studi del sociologo americano Talcott Parsons465

e può

Maurizio Pisano.

465

Talcott Parsons si può dire ideatore della teoria struttural-

funzionalista, nella quale sono evidenti i richiami a Weber,

Durkheim, all‟antropologia culturale nonché all‟etnologia. Il suo

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Lezioni a.a. 2010-2011

473

essere interpretata come un sottotipo della teoria dei

sistemi: il funzionalismo, infatti, viene considerato alla

stregua di un‟analisi di relazione intercorrente tra un

qualcosa di intero e le sue parti.

Pearson si proponeva di descrivere il funzionalismo di

ogni società, individualizzando le funzioni che qualsiasi

sistema sociale deve svolgere; il suo studio, definito

“struttural-funzionalismo”, si riallaccia al funzionalismo

di Durkheim il quale riconduce ogni fenomeno alla

funzione che esso ha all‟interno dell‟insieme di cui è

parte: la società. Punto fondamentale nella teoria di

Parsons è integrare l‟approccio tra il ruolo dell‟individuo

e quello della società466

.

Bisogna tener presente che al di là del pensiero sociologico

dei vari studiosi o autori, i principi cardini della teoria

del funzionalismo possono essere riassunti anzitutto dal

fatto di partire dal presupposto che una società è vista

come un sistema di parti tra loro correlate, che i sistemi

sociali sono stabili, in quanto dotati di controllo, e che

tra loro vi è integrazione sociale.

Quindi nel funzionalismo la società è considerata come

un insieme di parti le quali non possono essere isolate le

lavoro ha avuto grande influenza in America proponendo una

visione delle scienze sociali più raffinate ed è grazie al sociologo

Jeffrey Alexander che si è fatto rivivere il pensiero „parsoniano‟ con

gli studi della teoria del Neofunzionalismo.

466

http: //it.wikipedia.org/wki/Talcott_Parsons.

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Conversazioni sul diritto

474

une dalle altre e le relazioni che intercorrono tra esse

sono di tipo funzionale.

Lo studio svolto da Parsons fu proprio quello di sviluppare

una teoria che potesse prevedere il primato del sistema

sull‟individuo.

Da questi sviluppi della dottrina parsoniana prende avvio

il lavoro svolto dal sociologo tedesco Niklas Luhmann

(allievo di Parsons) che considera la società moderna

come un sistema complesso.

Luhmann definisce la sua concezione come un

“funzionalismo strutturale” per cogliere quei tratti

differenziali rispetto alla teoria dello “strutturalismo

funzionale” di cui è rappresentante Parsons467

.

L‟opera di Luhmann si basa sullo sviluppo degli studi di

Parsons, che si coglie in pieno nel momento in cui sostiene

che il compito della sociologia è quello di creare una

teoria sulla società che sia in grado di pensarla in

rapporto a fondamenti unitari; inoltre va a respingere

tutti gli indirizzi che si accontentano di una rilevazione

empirico-particolare di eventi e processi.

Tuttavia egli non condivide né l‟enfasi tipicamente

parsoniana sul “sistema di valori” come meccanismo

regolativo della società, né la concezione che ruota

intorno ai problemi dell‟equilibrio del sistema sociale. Per

il sociologo tedesco il meccanismo fondamentale della

467

http://www.i-lex.it/articles/volume5/issue11/maione.pdf.

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Lezioni a.a. 2010-2011

475

società è quello relativo alla coppia “sistema-ambiente”:

ecco perché i fenomeni sociali non si basano su scelte

universalistiche di valore ma su risposte selettive e

convincenti e perché l‟oggetto primario delle scienze

sociali è la riduzione della complessità (attraverso i

sistemi). La “complessità”468

(opposto di semplificazione),

che costituisce l‟emblema della teoria di Luhmann, viene

utilizzata in termini non riconducibili ad un approccio

scientifico-sistemico: si parla, infatti, di aumento della

complessità interna al sistema per indicare l‟evoluzione

atta a far fronte all‟aumento della complessità del suo

ambiente.

Proprio nella differenza tra sistema e ambiente, vi è il

punto di partenza della teoria luhmanniana: il “sistema”

può essere definito un‟entità formata da elementi tra loro

correlati e in rapporto con l‟ambiente ad esso esterno;

nessun sistema può operare al di fuori di esso: le sue

operazioni (cioè la riproduzione di un elemento del

sistema autopoietico), infatti, sono sempre interne ad esso,

468

La realtà che ci circonda è una società complessa: il termine

“complessità” è l‟opposto di semplicità. Ad esempio, in una

procedura non si arriva da A a Z facendo dei passaggi basici, ma

attraverso un‟ipotesi reticolare. Se navigando in internet si volesse

arrivare ad un risultato, non ci si arriva mai con un solo clic ma

attraverso varie procedure.

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Conversazioni sul diritto

476

ma con l‟osservazione, è possibile oltrepassare i propri

confini469

.

In Luhmann i diversi sistemi sociali agiscono secondo un

codice binario, attraverso due poli selettivi, l‟uno opposto

all‟altro, come ad esempio nel sistema diritto vi è il codice

binario “diritto/non diritto” che sta a significare che tutte

le comunicazioni o informazioni che vengono

dall‟esterno vengono selezionate per essere ascritte ad un

polo; e, ancora, all‟interno del “diritto” vi è il polo

“legale/non legale”470

.

Secondo Luhmann sia le variabili biologiche che quelle

sociologiche devono, per sopravvivere, obbligatoriamente

cercare e trovare il giusto punto di equilibrio. Se si

spingessero queste variabili, compresa la complessità, oltre

l‟equilibrio, ciò sarebbe dannoso per qualsiasi sistema.

Una possibile soluzione per superare questa condizione,

può essere l‟introduzione del concetto di “mappa” e dell‟

“intensità di informazione” come presenza relativa di

informazione nei simboli e nei messaggi comunicativi.

Ecco perchè Luhmann vede la società come sistema

complessivo (autoreferenziale ed autopoietico) della

comunicazione. In particolare, il termine

autoreferenzialità, nel lessico di Luhmann, sta a

469

http://www.i-lex.it/articles/volume5/issue11/maione.pdf.

470

Cfr. B. Romano, Sulla visione procedurale del diritto. Saggio sul

fondamentalismo funzionale, Torino, 2001. Si veda anche B.

Romano, Filosofia del diritto, Roma-Bari, 2002.

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Lezioni a.a. 2010-2011

477

significare una proprietà attribuita da un osservatore ad

un sistema, quando questo sia dotato di uno specifico

circuito operativo sulla base del quale si ha autopoiesi,

cioè quella capacità del sistema di produrre da solo i

propri elementi.

L‟autopoiesi è la proprietà attribuita da un osservatore ad

un sistema e consiste nella sua capacità di produrre da sé

sia gli elementi di cui è costituito, sia la rete di relazioni

che lega quegli elementi e che riproduce gli elementi stessi

e le loro relazioni.

Solo grazie a questa „autoreferenzialità autopoietica‟ vi è

la possibilità di apertura di un sistema ad un ambiente e

di interagire con esso (eterorefenzialità).

Sulla base di questi principi, l‟autore tedesco distingue tre

tipi di sistemi autopoietici e autoreferenziali: i sistemi

organici, quelli psichici, il cui principio autoreferenziale è

il pensiero e i sistemi sociali, il cui principio

autoreferenziale è la comunicazione, considerata come

un insieme di tre selezioni: atto del comunicare, ovvero

trasmissione pratica di materiale informativo;

problematizzazione di nozioni in informazione; atto

della comprensione, quando il ricevente decodifica.

Ciascuno di questi tre sistemi è ambiente per l‟altro, ed

esercita nei confronti dell‟altro una perturbazione471

.

471

http://www.filippobuccarelli.org/Allegato.aspx?iddoc=18.

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Conversazioni sul diritto

478

48. Il concetto di tempo tra Luhmann e S. Agostino

“Che cos'è dunque il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo so;

se voglio spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so più.”

(S. Agostino, “Le Confessioni”)

Il concetto del tempo è da sempre oggetto di studio e

riflessione nell‟ambito della filosofia.

Si può dire che il tempo è “la dimensione nella quale si

concepisce e si misura il trascorrere degli eventi” e dunque

un parametro per catalogare, classificare ed organizzare

i singoli eventi che si verificano nella realtà.

Il tempo è solitamente strutturato in tre dimensioni:

passato – ciò che è già accaduto –; presente – ciò che

accade qui ed ora – e futuro – ciò che deve ancora

accadere.

Già Aristotele nel IV libro della Fisica, tratta della

problematica della temporalità e rifiuta la concezione

che il tempo non esiste. Ma è Agostino colui che in modo

più attento si è occupato del concetto di tempo. Per capire

l‟opera di Agostino è necessario conoscere le vicende

fondamentali della sua vita e la storia dell‟evoluzione

della sua anima, che culmina nella conversione al

cristianesimo. Aurelio Agostino nasce in una cittadina

dell‟Africa del nord appartenente all‟impero Romano,

Tagaste, oggi Souk Ahras, in Algeria, nel 354 d.C. La

Donato Polidoro.

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Lezioni a.a. 2010-2011

479

prima formazione di Agostino è tutta incentrata sullo

studio della retorica, di cui diviene professore a Cartagine

e a Roma. Già in questi anni nutre una fede spontanea

nel Cristianesimo, di cui conosce la dottrina, seppure in

modo superficiale. Dopo aver aderito, per qualche anno,

al manicheismo, nel 386 Agostino lascia l‟insegnamento

di retorica e si dedica alla meditazione. Nelle Confessioni

il filosofo descrive il tormento interiore che lo porterà a

ricevere il battesimo e quindi a convertirsi al

Cristianesimo.

Il momento della conversione è fondamentale per capire

la filosofia di Agostino, in quanto ha inevitabilmente

condizionato il suo modo di pensare e quindi la sua

concezione del tempo. Infatti, come gli altri filosofi

cristiani, Agostino professa la dottrina della creazione

dal nulla, ad opera di Dio, di tutte le cose, sia materiali

che spirituali: Dio ha creato ogni cosa presente

nell‟universo.

A questo tema è collegato quello dell‟eternità di Dio stesso.

Per capire questo concetto, però, non si può prescindere da

quello di tempo.

Agostino, comprendendo la finitudine umana, non riesce

a dare una spiegazione di cosa sia la temporalità. Egli

parte dall‟assunto che il tempo esiste realmente. Il

problema è che solo il presente, il qui ed ora, la

contingenza, effettivamente esiste nella realtà. Non si può

dire la stessa cosa del passato e del futuro. Il passato

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Conversazioni sul diritto

480

consiste in un qualcosa che si è già verificato e ora non

esiste più, non c‟è più in questo momento. Allo stesso modo,

il futuro deve ancora realizzarsi, consiste in un qualcosa

che deve ancora accadere, ma adesso non c‟è. Dunque il

presente è l‟unica dimensione temporale che possiamo dire

che esista, in quanto caratterizza l‟accadere degli eventi

di cui siamo testimoni diretti.

Agostino riesce a superare l‟ostacolo del tempo affermando

che il passato ed il futuro esistono solo come presente. Il

passato può essere pensato solo se si fa riferimento al

ricordo, alla memoria: ogni evento rivive nel presente solo

ed esclusivamente in quanto vive nella memoria. Stesso

discorso vale per il futuro, il quale vive nel presente solo

grazie all‟attesa che il soggetto ripone nella verificazione

di un determinato evento. La memoria e l‟attesa sono,

dunque, gli elementi attraverso cui è possibile affermare

che il passato ed il futuro esistono realmente allo stesso

modo del presente. Agostino, infatti, nelle Confessioni

scrive: «Il presente delle cose passate è la memoria; il

presente delle cose presenti è la vista; e il presente delle

cose future è l‟attesa»472

.

Agostino afferma che il tempo è soggettivo: esiste solo in

quanto esiste l‟uomo, la persona. Non può esistere il tempo

senza un uomo che attende, ricorda e considera la

possibilità del verificarsi degli eventi.

472

Agostino, Le Confessioni, Libro XI, cap. XX.

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Lezioni a.a. 2010-2011

481

Ne consegue che il tempo risiede nella mente umana e si

può parlare della temporalità solo se si ha come punto di

riferimento un „essere creato‟. Il tempo non ha una

consistenza oggettiva, fuori dall‟uomo, ma è un fenomeno

mentale: noi lo misuriamo nella nostra interiorità e come

tale può essere considerato un‟ „estensione dell‟anima‟. In

tale direzione è evidente che Agostino pone al centro del

suo pensiero la persona, elemento indispensabile affinché

si possa dare una spiegazione alla questione della

temporalità. Questo tratto è ciò che più lo differenzia da

Niklas Luhmann473

, il quale è lontano dalla

considerazione dell‟essenzialità dell‟anima nel „sistema-

uomo‟.

Il punto di partenza di Luhmann è l‟analisi della società,

una società che diviene sempre più complessa e che

necessita costante semplificazione.

Tutti i sistemi sociali si situano in un “ambiente”

complesso, con cui devono fare i conti per poter

sopravvivere. Infatti, l‟ambiente è decisamente più

complesso del sistema, ha più variabili, è imprevedibile: in

definitiva, è ambiente tutto ciò che non fa parte del

sistema. Quest‟ultimo, per poter sopravvivere, deve

sviluppare dei meccanismi al fine di “organizzare la

complessità” e ridurla.

473

Vedere in www.filosofico.net/luhmann.htm.

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Conversazioni sul diritto

482

La realtà è caratterizzata dall‟esistenza di tutta una

serie di sistemi, come per esempio il sistema diritto, il

sistema economia, ecc., i quali, a loro volta, sono

contraddistinti dall‟avere una funzione. Ciò vuol dire che

ogni sistema, attraverso il compimento di una serie di

procedure più o meno complesse, cerca di raggiungere il

proprio obiettivo adempiendo la propria funzione.

In questo contesto non sono importanti le problematiche

etiche, morali o soggettivistiche, ma solo l‟oggettiva

„operazionalità funzionale‟ di ogni singolo sistema. Il

diritto per Luhmann è un sistema che non ha una

funzione sociale, cioè non ha il compito di tutelare la

libera formazione dell‟identità personale dei singoli

individui. È privo di senso avere come punto di riferimento

la persona, in quanto anche l‟uomo è ricondotto ad essere

un sistema biologico. Quindi tutto è chiuso in una mera

oggettività: i sistemi adottano una serie di meccanismi al

fine di funzionare, essendo questo l‟unico obiettivo che essi

hanno.

In questa particolare riflessione e nel tentativo di

individuare meccanismi idonei a ridurre la complessità,

Luhmann affronta anche la tematica della temporalità.

Infatti il filosofo tedesco, parlando del tempo, arriva a

sostenere, anch‟egli, che il passato ed il futuro sono due

dimensioni temporali che, in realtà, non esistono.

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Lezioni a.a. 2010-2011

483

Ciò che è rilevante è la contingenza definita come

«l‟assorbimento nel presente delle dimensioni del passato

e del futuro»474

.

Al contrario di ciò che sostiene Agostino, Luhmann non

può affermare che il passato ed il futuro possano esistere

in riferimento alla persona, in quanto nella teoria

sistemico–funzionale non c‟è spazio per l‟uomo in quanto

tale. Per questo motivo sostenere che il ricordo e l‟attesa

siano indispensabili affinché si possa dire che il passato ed

il futuro esistono realmente, vorrebbe dire considerare la

persona, cosa che per Luhmann, è del tutto privo di

significato. Infatti, rispetto alla prevalente sociologia

contemporanea, che pone l‟individuo al centro del

problema sociologico, Luhmann riporta l‟attenzione e

focalizza la sua teoria attorno al sistema sociale. Non

esiste l‟uomo in sé; esiste il sistema-uomo, o meglio, il

„sistema biologico uomo‟.

Non hanno, quindi, più valore i ricordi e le aspettative,

perché l‟uomo è relegato a essere un sistema, con

determinate particolarità, al pari degli altri sistemi

sociali. Il sistema biologico svolge una propria funzione,

che è quella della sopravvivenza, e in relazione ad essa,

rende possibile le proprie azioni. Al sistema interessa la

momentaneità, l‟istante e non cosa accadrà.

474

A. Barletta, in AA. VV., Interpretazioni del funzionalismo

giuridico, Napoli, 2010, p. 158.

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Conversazioni sul diritto

484

Per Luhmann il mondo consiste nell‟infinita molteplicità

e complessità del reale; l‟ambiente, invece, è la

delimitazione delle possibilità concretizzabili che si

danno in una particolare situazione. Il sistema viene

considerato dal filosofo nella sua capacità di contrapporsi

all‟ambiente cui esso appartiene: il suo compito è quello di

selezionare e scegliere determinate possibilità offerte

dall‟ambiente. Questa sproporzione tra infinite possibilità

che l‟ambiente offre al sistema genera complessità che

deve essere ridotta attraverso la scelta e la realizzazione

di un numero limitato di queste possibilità.

Luhmann definisce questa situazione “contingenza”.

Anche il diritto si basa sulla contingenza, in quanto le

aspettative normative sono attraversate dalla

contingenza.

Gli uomini si relazionano con la politica nel momento in

cui riversano su questa determinate esigenze, bisogni, che

il legislatore deve essere in grado di carpire e porre come

oggetto di una legge, che li tuteli. Le aspettative

“cognitive” sono proprio delle attese che l‟uomo avverte. In

questo ambito il legislatore interviene trasformando le

attese „cognitive‟ dei soggetti in normative: il legislatore,

mediante il Parlamento (che diventa la camera di

commutazione) consegna la forma della legge a quelle

che sono le aspettative degli uomini.

Per Luhmann un sistema sociale è chiuso, autopoietico ed

autoreferenziale, in quanto è in grado di costituirsi,

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Lezioni a.a. 2010-2011

485

ricostituirsi, ma soprattutto di autogestirsi. In realtà,

però, il sistema entra in relazione con gli altri sistemi e

ciò comporta un bisogno di confronto con

l‟autoreferenzialità dell‟altro sistema. Ogni sistema

osserva se stesso e seleziona le proprie aspettative. Nel

momento in cui i sistemi entrano in comunicazione tra

loro, osservandosi reciprocamente, si deve tener conto non

più soltanto delle proprie contingenti selezioni, ma anche

quelle dell‟altro. In questo senso la contingenza diventa

doppia: un sistema si relaziona non solo con se stesso ma

anche con gli altri sistemi. Emerge, di conseguenza, un

problema di coordinamento tra le selezioni, che potrebbe

anche sfociare in un conflitto.

Il concetto luhmanniano di contingenza è stato criticato

da autori come Bruno Romano, Antonio Punzi e Luisa

Avitabile, i quali preferiscono parlare di

“contemporaneità doppia”, non condividendo

l‟eliminazione dell‟identità esistenziale dell‟uomo,

relegato ad essere un mero sistema. Questi filosofi del

diritto esaltano „l‟io della parola‟ rispetto al „me delle

funzioni‟475

sostenendo che: «riducendo l‟autocoscienza

ad un film dentro un altro film, si dimentica che l‟uomo è

il solo ente che nel rapportarsi alle cose e ai processi vitali

che abitano il suo orizzonte, non vi è mai interamente

risolto, perché si rapporta a questi rapporti, prende

475

B. Romano, Male ed ingiusto Riflessioni con Luhmann e

Boncinelli, Torino, 2009, passim

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Conversazioni sul diritto

486

distanza da questi esistendo nel linguaggio. Solo

nell‟uomo si apre lo spazio della contemporaneità doppia,

in cui egli afferma il se stesso nell‟eccedere il

funzionamento dei sistemi vitali. [...] La contemporaneità

doppia non è un‟operazione riducibile a connessioni

sinaptiche di neuroni, ma è l‟affermazione di sé e della

propria autocoscienza secondo una modalità esistenziale

che sfugge ad ogni possibile spiegazione scientifica. Il se

stesso non è l‟esito di una combinatoria

bioinformazionale, ma un compito, un dovere di essere,

diceva Sergio Cotta, attraverso e al di là della relazione.

La formazione del sé ha vitale bisogno proprio di

quell‟altro da cui l‟io dovrà differenziarsi»476

.

4. La teoria sistemico-funzionale

Niklas Luhmann (1927-1998) è unanimemente

considerato il più eminente sociologo che abbia „abitato‟

la seconda metà del XX secolo. Autore di più di 40 opere e

350 tra articoli e saggi su riviste e giornali, è considerato

lo studioso più consapevole (e criticato) del pensiero

sociologico „postmoderno‟. Negli anni Sessanta segue ad

476

A. Punzi, Dialogo di un guardiano e di un filosofo, p. 262 vd.

anche B. Romano, Fondamentalismo funzionale e nichilismo

giuridico. Postumanesimo “noia” globalizzazione, Torino, 2004.

Antonella Proia.

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Lezioni a.a. 2010-2011

487

Harward i corsi di Talcott Parsons e dal 1968 insegna

Sociologia all‟Università di Bielefeld. Tra le sue opere si

ricordano Teoria della società o tecnologia sociale (con

Habermas), Sociologia del diritto, Potere e complessità

sociale, Illuminismo sociologico, Struttura della società e

semantica, Teoria politica nello stato del benessere, La

differenziazione del diritto, Sociologia del rischio, La

realtà dei mass media. Fondamenti di una teoria

generale. L‟opera di Luhmann è quella che dalla metà

degli scorsi anni Ottanta ha suscitato un intenso

dibattito tra sociologi, filosofi politici e del diritto in

quanto rappresenta il contributo più denso e originale

apparso in Europa in ordine ad una radicale

trasformazione della sociologia. Il pensiero di Luhmann,

dopo aver speso una folgorante carriera di studioso dei

sistemi sociali e del diritto, ha influenzato i successivi

studi di teoria sociale e di filosofia politica proprio per il

carattere puro della sua ricerca, volta a scoprire i

fondamenti e le condizioni di possibilità e pensabilità

della scienza sociologica nel XXI secolo. Si discute nello

specifico della teoria sistemica, in cui vanno annoverate

tutte quelle teorie che nel tempo, soprattutto nell‟ambito

biologico, hanno cercato di studiare il “sistema”477

, nella

sua complessità, nella sua organizzazione interna.

Luhmann ha cercato di elaborare una teoria

477

Teoria dei sistemi Wikipedia.

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Conversazioni sul diritto

488

caratterizzata da una elevata organicità in ogni ambito

della sfera sociale e politica. Egli giunge ad una

definizione di sistema come entità autoreferenziale

basando tutta la sua teoria sul binomio

sistema/ambiente478

, sulla loro relazione e su

un‟incessante attività autoproduttiva. Altro elemento

fondamentale della teoria sistemico-funzionale è

costituito dalla complessità e dalla sua riduzione. La

complessità per Luhmann genera uno stato di disordine

determinato da una mancanza di sicurezza sociale,

mentre i sistemi rispondono al bisogno di ordine, di

prevedibilità funzionale e di sicurezza. Per Luhmann

nella realtà si possono trovare svariati sistemi, quello

giuridico, quello economico, quello biologico, ecc, i quali

si rapportano tra loro attraverso l‟ “osservazione”. Il

sistema, infatti, nasce per osservazione attuando delle

distinzioni e designazioni attraverso un flusso di

operazioni funzionali. I sistemi comunicano tra loro ma

sono chiusi operativamente (es. camera di consiglio) ed

aperti informativamente, in quanto le informazioni

prodotte vengono messe a disposizione anche degli altri

sistemi. La razionalità sistemica è volta alla riduzione

della complessità e alla neutralizzazione del conflitto

478

N. Luhmann, Sistemi sociali. Fondamenti di una teoria generale,

Bologna, 2001.

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Lezioni a.a. 2010-2011

489

sociale479

. L‟individuo in questa situazione viene relegato

a semplice organismo biologico, senza tenere in

considerazione la sua libertà di parola, di scelta e la sua

volontà.

49. La funzione del diritto nella società

Obiettivo primario di una società civile è quello di

ottenere un sistema di diritto che si fondi sulla certezza

dell‟assetto normativo nonché sulla stabilità delle

decisioni che vengono prese.

Il sociologo Niklas Luhmann risponde a tale esigenza

enunciando una teoria complessa in cui trovano rilievo i

concetti di sistema, mondo e ambiente. Il mondo è

caratterizzato da un‟infinita complessità la quale

necessita di essere ridotta. L‟ambiente può essere inteso,

invece, come quella porzione in cui si collocano tutte le

possibili alternative scelte rispetto ad una particolare

situazione.

Il sistema, infine, rappresenta la specifica, singola risposta

data al problema in base alla funzione che lo

caratterizza.

I sistemi vivono una situazione di instabilità perenne

perché sono tra loro in una posizione eterarchica e non di

479

“Conflitto sociale” di Paolo Borsoni, in

www.paoloborsoni.net/complessita.htm.

Myriam Quattrociocchi.

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Conversazioni sul diritto

490

gerarchia. Ciò è quanto più evidente nella società

odierna dove si assurge ad un grado di complessità

estrema e si collocano, all‟interno dello stesso sistema

sociale, più sistemi differenziati: il diritto, la morale, la

religione che costituiscono sistemi autonomi nell‟ambito

della stessa società mentre nei corpi sociali arcaici era

quasi impossibile distinguere tra i diversi aspetti della

società.

La funzione del sistema diritto è quella immunitaria

rispetto agli altri sistemi e questo si attiva per stabilizzare

ciò che potrebbe essere disfunzionale evitando che tutto il

meccanismo si „inceppi‟, rompendo l‟equilibrio480

.

Per Luhmann ciò che impoverisce la stabilità del diritto è,

per esempio, l‟ermeneutica poiché essa non è

immediatamente esecutiva ma trova la sua essenza nel

“mettersi e mettere tutto in discussione”. In tale ottica si

colloca l‟esercizio del diritto di parola, il dissentire, in

particolare, da una decisione presa dalla maggioranza e

quindi di per sé già atta ad essere eseguita.

Tutti questi elementi, che per Luhmann sono disfunzionali

ed appesantiscono il sistema, per chi agisce

disfunzionalmente sono una ricchezza perché

allontanano dal mero positivismo e spronano alla

discussione evitando che l‟uomo perda la sua natura

riducendosi ad un automa. Per Luhmann tutto ciò è

480

Lezioni prof. Avitabile, a.a. 2010/2011.

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Lezioni a.a. 2010-2011

491

inconcepibile, lo stesso logos è un pericolo perché oggetto

di interpretazione. Il diritto non va verificato ma solo

dato anche se frutto della ingiustizia o della prepotenza.

Tutto ciò si spiega nel quadro tracciato dallo studioso il

quale afferma che la teoria giusnaturalistica del diritto –

secondo cui ogni norma va riportata ai principi etici

universali – è del tutto anacronistica poiché affonda nella

complessità del mondo sociale che deve, invece, essere

ridotta. Solo il diritto positivo – nell‟accezione più rigida

del termine – può riuscire ad imporre limitazioni alla

miriade di scelte possibili da parte degli individui nella

società. La funzione del diritto positivo si configura come

una riduzione imposta e sanzionata della complessità

sociale che incide nella sfera delle aspettative

interpersonali di comportamento. Anche la validità del

diritto non dipende da principi etici ma da decisioni

positive.

Così, in antitesi rispetto alla teoria sistemica di Luhmann,

la democrazia deve essere basata sulle capacità di

decisione dei cittadini, sull‟esercizio del logos che è

quanto di più connaturato alla natura dell‟uomo e

carattere distintivo rispetto all‟animale.

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Conversazioni sul diritto

492

50. Il principio di sussidiarietà

Il principio di sussidiarietà riguarda i rapporti tra Stato e

società ed implica una discussione del giuridico e

dell‟amministrazione in una dimensione che è quella

della globalizzazione. Si tratta di fattori che fanno da

corollario alla specificità del principio di sussidiarietà,

discusso con attenzione alla tutela dei principi giuridici,

in particolare a quello dell‟imparzialità.

L‟amministrazione pubblica – intesa come apparato

burocratico – nell‟ambito della globalizzazione diventa

un sistema autopoietico, che produce se stesso come

organizzazione481

.

Marco Ragusa.

481

La pubblica amministrazione si fonda sugli stessi principi dello

Stato di diritto, in quanto deve essere inserita in un contesto

gerarchico e decisionale in cui devono considerarsi i fini

istituzionali che l‟amministrazione dà a se stessa. La stessa

amministrazione pubblica è terza nell‟espressione concreta della

sua funzione di imparzialità e disinteresse. Diverso è il contesto nei

tribunali dove la sentenza è parte della chiusura operativa dei

sistemi che senza decisione non esistono. L‟imparzialità è la

qualità che pone l‟amministrazione sempre al di sopra di quanti le

si rivolgono, è un atteggiamento giuridico che la obbliga, per sua

funzione, a non prendere parte, a non assumere un atteggiamento

a favore o contro, ma ad essere giusta. Disinteresse riguarda

l‟interesse in causa per cui non vi è una modificazione della sua

posizione per effetto del suo intervento, anzi l‟interesse in causa

determina il fallimento della sua funzione. Lo Stato rappresenta e

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Lezioni a.a. 2010-2011

493

I funzionari pubblici hanno quindi a che fare con le

leggi, con i regolamenti, con i decreti e la loro relativa

applicazione: la svolta interpretativa del diritto li

coinvolge in situazioni differenti, essi devono attuare

quella relazione tra il testo e la sua interpretazione.

L‟amministrazione pubblica si trova dunque a far parlare

la legge e non certo ad eseguire acriticamente le norme.

Con il principio di sussidiarietà sono poste in discussione

le modalità dell‟ordinamento giuridico; lo Stato di

diritto non si sostituisce ai consociati ma li orienta nelle

loro condotte e nelle loro iniziative attuando così la sua

funzione di terzietà (imparzialità e disinteresse).

51. Luhmann tra diritto e politica

Il potere politico nella civiltà premoderna aveva una

struttura gerarchica e non permetteva alla politica di

inserirsi nel diritto: quest‟ultimo veniva costruito dai

giuristi in occasione di procedure che il potere politico

stesso elaborava per la risoluzione di controversie. Tale

organizzazione venne meno con il passaggio dal

medioevo all‟evo moderno, poiché la società divenuta

sempre più complessa, aveva la necessità di creare un

diritto più autonomo e più efficiente. Tutto ciò era

mette in scena, attraverso il disinteresse dell‟amministrazione

pubblica, l‟interesse di ogni cittadino, quindi di ogni consociato

Mariangela Raimo.

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Conversazioni sul diritto

494

possibile solo attraverso il sistema di suddivisione dei

poteri dando vita così ad una struttura antigerarchica,

caratterizzata dalla presenza di più forze parallele che

creavano per il cittadino più rapporti di comunicazione

con le forze politiche anziché un unico rapporto tra

autorità e suddito.

Da questo schema di suddivisone di poteri la dottrina

liberale dello stato e della forma di governo concepisce la

funzione politica della giurisdizione, che ha il compito di

attuare la legge nella singola controversia e di

controllare l‟amministrazione. La dottrina della

divisione dei poteri è tuttavia insufficiente poiché essa fa

luce solo su una parte della realtà politica, su una parte

dei processi che selezionano le decisioni. Il suo orizzonte

rimane vincolato a quell‟ambito del sistema politico che si

definisce government, a quelle cariche che assumono la

competenza di produrre decisioni vincolanti482

.

482

L‟influsso della politica dei partiti sul legislativo è legittimo,

sull‟esecutivo si fonda con più difficoltà visti i limiti imposti dal

principio di conformità alla legge dell‟esecutivo stesso, sulla

giurisdizione è vietato poiché quest‟ultima sorveglia l‟operato dei

politici di professione rendendo accettabili delle formazioni come

quelle dei partiti la cui attività è spesso deviante rispetto ai canoni

della morale corrente. La giurisdizione ha la possibilità di subire

influenze da parte della politica e l‟autonomia nella produzione

di decisioni vincolanti per questo si parla di una combinazione di

dipendenza e indipendenza nella quale risiede una generale

esigenza dei sistemi differenziati.

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Lezioni a.a. 2010-2011

495

I problemi decisionali possono essere politicizzati o

depoliticizzati, possono scivolare dall‟ambito politico dei

partiti al legislativo, all‟esecutivo fino al giudiziario, a

seconda di dove si trovino le migliori soluzioni.

L‟apparato amministrativo, e persino quello giudiziario,

possono compensare parzialmente il cattivo

funzionamento del sistema politico. La funzione politica

della giurisdizione, nell‟ambito della differenziazione

del sistema politico, è direttamente vista come

mantenimento di questo sistema differenziato di selezione

e attività sociale.

Il diritto è tutelato in due diversi modi dal pericolo di

un‟eccessiva ingerenza politica: dalla scarsa capacità

decisionale del legislatore, la quale esclude che ogni

influenza politica sia facilmente inserita nel diritto

vigente, e dalla neutralità politica del sistema

giudiziario. Nel sistema politico non c‟è come ideale la

terzietà. In questo modo la certezza del diritto è

direttamente collegata non al contenuto variabile delle

leggi ma ai modi di produzione di tali leggi e cioè a

procedimenti che tengono sotto controllo l‟influenza della

politica dei partiti.

Il diritto c‟è laddove si situa un sistema societario a

carattere biologico (considerando l‟uomo come ente

biologico). L‟individuo è sostituito dai sistemi che

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Conversazioni sul diritto

496

favoriscono la globalizzazione e l‟informazione

omologata. In questa prospettiva si afferma che sia

l‟individuo sia la società vengono visti come sistemi, cioè

come entità e funzionanti.

Relativamente ai sistemi sociali si parla di

differenziazione. La differenziazione di diritto e politica

ha due presupposti fondamentali: da una parte,

l‟assunzione di una funzione sociale, dall‟altra la

specificazione di un codice centrale. Nel caso del sistema

giuridico la sua funzione è quella di stabilizzare le

aspettative normative di comportamento sovraordinate e

collettivamente vincolanti; e la sua statizzazione è

subordinata a una verifica della sua consistenza con il

diritto vigente e della sua legittimazione. Il sistema

politico ha una funzione caratterizzata dalla

predisposizione della capacità di decidere in modo

collettivamente vincolante. Il secondo presupposto, riferito

alla presenza di un codice centrale, indica la presenza di

una distinzione binaria che viene applicata come

principale schema di osservazione in tutte le operazioni

del proprio sistema; e quindi si ha differenziazione

quando tutte le operazioni di un sistema assumono come

quesito decisivo l‟indicazione dell‟uno o dell‟altro lato

della stessa distinzione.

Per il sistema giuridico il codice centrale è dato dalla

distinzione tra lecito-illecito; mentre nel sistema politico

dalla distinzione tra supeririorità-inferiorità di potere,

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Lezioni a.a. 2010-2011

497

pur essendo codici centrali sono pur sempre codici di

preferenza.

Questa norma di differenziazione della società moderna

è il risultato di un‟evoluzione. Le società arcaiche erano

sedimentarie, composte da tanti segmenti uguali tra loro,

la comunicazione era sempre uguale in ogni famiglia,

società semplici nel loro funzionamento. L‟evoluzione da

questa forma più arcaica ha portato ad una

differenziazione secondo lo schema centro-periferia. Si

pensi agli imperi dell‟antichità. La capitale aveva intorno

a sé un‟enorme periferia. La comunicazione al centro

avveniva in forme diverse rispetto a quelle della periferia.

La successiva stratificazione si differenziava per ceti. La

comunicazione all‟interno di ciascun ceto avveniva in

forme diverse. Si trattava di strati/sistemi altamente

chiusi, con una impossibilità di passare da un ceto ad un

altro. La struttura stratificata venne meno per l‟ascesa

della borghesia, in quanto la ricchezza ormai non

risultava prodotta solo dalla proprietà terriera, dalla

nobiltà.

Luhmann intende i sistemi come operativamente chiusi,

così come il diritto che è un sistema autopoieticamente

chiuso, si autoosserva e si organizza al suo interno

agendo operativamente, ma allo stesso tempo è aperto

informativamente. Ciascun sistema per poter sopravvivere

deve adattarsi continuamente alla complessità

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Conversazioni sul diritto

498

dell‟ambente in cui vive e opera tramite un‟apertura

cognitiva.

Un risultato del processo di differenziazione è costituito

dall‟articolazione interna del sistema politico suddiviso

in due grandi sotto-sotto-sistemi: da un lato quello della

pubblica amministrazione, che comprende l‟apparato

legislativo, esecutivo e giudiziario, dall‟altro quello dei

partiti politici, la cui funzione consiste nel predisporre le

misure atte ad assicurare la normale legittimazione delle

decisioni vincolanti prodotte dalla pubblica

amministrazione. Per Luhmann quindi il sotto-sistema

politico dei partiti opera ad un livello di complessità

superiore realizzando una prima riduzione della

complessità e mobilitando le risorse per un potenziale di

decisione non del tutto determinato, mentre

l‟amministrazione pubblica precisa gli scopi dei partiti

politici producendo decisioni vincolanti. Sono proprio

questi due sotto-sistemi del sistema politico, l‟elemento

essenziale per qualificare uno Stato di diritto. La politica

non è espressione generale della vita sociale, è un

sottosistema specificato funzionalmente483

che si produce e

auto riproduce tramite proprie componenti interne, è un

sistema autonomo che definisce i propri limiti, perciò i

mutamenti riguardano solo il mondo dell‟osservazione e

non quello dell‟organizzazione.

483

N. Luhmann, Potere e complessità sociale, Milano, 2010, pp. xv e

ss.

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Lezioni a.a. 2010-2011

499

Il sistema politico ha una propria autoreferenzialità

basale e un‟ autoreferenzialità intenzionale. La prima

rappresenta una rete di auto contatti, la seconda è la

riflessione che il sistema compie su se stesso e sui propri

limiti. La politica è fornita di autodeterminazione in

quanto fissa i criteri selettivi nei rapporti con l‟ambiente e

nella formazione della classe politica dirigente,

modificandoli in caso di necessità. L‟autonomia del

sistema dipende dalla possibilità di usufruire del tempo

necessario ad agire sugli impulsi derivanti dall‟esterno.

Per usufruire di tale autonomia il sistema politico deve

possedere un‟ampia riconoscibilità nel proprio ambiente

sociale che permetta al potere di trattare, bilanciandole,

le diverse parti sociali.

È necessario quindi che venga fatta una sintesi della

forza del diritto e degli strumenti della politica in modo

tale che ognuno abbia la propria funzione.

Lo Stato determina le regole necessarie per il suo

funzionamento, cercando di arginare il fenomeno di una

vanificazione della partecipazione democratica

autentica dei cittadini alla vita politica, resa difficile

soprattutto nei paesi industrializzati per la difficoltà di

reperire e selezionare quella massa di informazioni

necessarie per operare delle scelte consapevoli484

.

484

Da ciò si evince che Luhmann archivia la giuridicità.

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Conversazioni sul diritto

500

Il sistema diritto, all‟interno dei sistemi sociali, non solo

dirime conflitti, stabilizzando le aspettative, ma li

produce anche, diventando così necessariamente

autoreferenziale, così come produce le norme mettendole

in circolo e influenzando gli altri sistemi (economico,

religioso e politico) pur rimanendo distinto da loro. Il

diritto non è la politica. Con questa affermazione si vuole

intendere che sono due sistemi autonomi, specifici e

reciprocamente “dipendenti” (cioè si prestano

reciprocamente alcuni elementi anche se è la politica più

che altro che presta elementi al diritto). La politica porta

nel diritto l‟autorità. Il potere giuridico sotto la forma di

coercizione fa si che il diritto non sia politicizzato.

Il rapporto tra Stato di diritto e politica è molto stretto,

quindi differenziarli, delimitare i loro ambiti, capire

dove finisce il legislatore e dove inizia il politico è

difficile. La politica ha una forza che il diritto non ha: è

capace di creare consenso. Luhmann si occupa sia dei

rapporti che vanno dal cittadino allo Stato di diritto

attraverso la mediazione delle istituzioni politiche che

producono consenso (prospettiva della sociologia della

politica) e sia dei rapporti che vanno dallo stato di diritto

al cittadino attraverso la mediazione delle istituzioni

giuridiche che, per regolare la società, utilizzano il

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Lezioni a.a. 2010-2011

501

consenso prodotto a livello politico (prospettiva propria

della sociologia del diritto)485

.

In questo modo intende dimostrare come la distinzione

tra sociologia del diritto e sociologia della politica non

debba intendersi in maniera rigida in quanto riguarda

due aspetti complementari di uno stesso oggetto di

ricerca.

Una delle prestazioni funzionali della politica è la

mediazione. Essa infatti guida le condotte e risolve i

conflitti. I diritti civili sono direttamente imposti dalla

politica proprio perché il diritto non ne ha la forza. Ogni

sottosistema ha un suo particolare strumento di

comunicazione: quello dell‟economia è il denaro, quello

della famiglia è l‟amore, quello della scienza è la verità,

la politica ha come mezzo di comunicazione il potere486

.

Il potere è un mezzo di comunicazione sociale, e cioè un

codice di simboli generalizzati, che rende possibile la

trasmissione di prestazioni selettive da un soggetto ad un

altro487

.

Attraverso la “comunicazione” la decisione di un soggetto

viene trasferita nella situazione sociale di un altro

soggetto di modo che quest‟ultimo, nel prendere ulteriori

decisioni, terrà conto della decisione precedente come se

fosse un presupposto necessario per la sua azione. Fra la

485

N. Luhmann, Stato di diritto e sistema sociale, Napoli, 1990, p. 7.

486

www.sociologia.uniroma1.it.

487

N. Luhmann, Potere e complessità sociale, cit., pp. xv e ss.

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Conversazioni sul diritto

502

prima e la seconda prestazione selettiva non intercorre

nessun nesso di causalità perché il secondo soggetto è

libero di decidere se uniformarsi o meno alla precedente

decisione. Questa libertà costituisce una sorta di „quota di

potere‟ che non può essere ignorata. Il potere è una

categoria politica e la politica usa il diritto. Vi è un

rapporto diretto tra complessità e potere: questo non è

altro che la possibilità di ridurre la complessità altrui

selezionandone le alternative possibili, controllando la

selettività del sistema. Il potere viene ad essere influenzato

da azioni esterne anche se questo ottiene obbedienza solo

se vi è una constatazione generale. Vi è una riduzione

delle alternative che sarebbero scelte in modo spontaneo

dall‟interessato.

Un potere è tanto più forte quanto più riesce a far

escludere da chi vi è soggetto alternative di

comportamento che altrimenti sarebbero „attraenti‟,

operando una rinuncia pacifica. Il potere, per quanto

forte sia, non esclude la possibilità di sottrarsi ad esso,

eccetto il potere di coercizione. Il rapporto di potere si

differenzia dalla coercizione e dalla violenza fisica

perché la volontà del subordinato non viene sostituita o

distorta ma motivata. Il potere politico trova un suo

limite nel fatto che nelle società moderne si formano altri

sistemi di potere ad esso alternativi (per es. potere

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Lezioni a.a. 2010-2011

503

economico)488

. Da ciò si evince che Luhmann considera la

democrazia come il mantenimento delle possibilità di

decidere continuamente le decisioni già prese

mantenendo così, nonostante il lavoro decisionale

compiuto, un campo di selezione non meno ampio di

quello iniziale.

52. Niklas Luhmann e il sistema diritto in particolare

Nella teoria sistemico-funzionale di Luhmann il sistema

diritto, come ogni altro sistema, si situa in un ambiente

caratterizzato da tre dimensioni: temporale, materiale e

simbolica. Pertanto il sistema deve elaborare strategie per

ridurre la complessità ambientale sotto questi profili. Ogni

sistema ha un codice: il sistema giuridico ha un codice

binario e funziona con la dicotomia giusto/ingiusto, il

sistema scientifico con la dicotomia vero/falso, quello

politico con la dicotomia potere/non potere, e così via. Gli

operatori del sistema giuridico ascrivono le informazioni

al polo diritto/non diritto. Il diritto si impone agli altri

sistemi che a loro volta costituiscono il suo ambiente.

Nella fase matura del suo pensiero, Luhmann si spinge a

sostenere che ciascun soggetto è un sistema autopoietico,

488

Il potere non è un fenomeno univocamente collocabile in un

certo settore della società in quanto detentori del potere risultano

a loro volta dipendenti da altri soggetti che hanno potere su di essi

essendo in grado di motivarli ad esercitare il potere.

Elena Riccio.

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Conversazioni sul diritto

504

cioè chiuso in se stesso. Affinché sia possibile la

comunicazione è sufficiente che ci sia un collegamento

tra sistemi, quindi uno scambio di informazioni. Un

sistema sociale nasce quando azioni umane vengono

connesse tra loro in un insieme dotato di significato: a tal

proposito Luhmann distingue tre diversi tipi di sistemi

sociali, ciascuno dei quali mira a produrre la complessità

ambientale nei suoi tre aspetti (materiale, temporale e

simbolico) prima descritti.

I tre sistemi sociali individuati da Luhmann sono:

1. L‟ interazione, che si ha quando due o più sconosciuti si

incrociano per strada o in un ascensore e poi, dopo pochi

minuti, procedono ognuno per la propria via;

2. L‟organizzazione, che si ha quando si forma un sistema

sociale più stabile, regolato dalla legge dell‟entrata e

dell‟uscita nel gruppo e avente come obiettivo la

stabilizzazione nel tempo di comportamenti artificiali

(scuola o esercito). Anche l‟organizzazione cerca di

ridurre le complessità ambientali temporalmente,

materialmente e simbolicamente;

3. Si hanno sistemi di società quando ci si muove sul piano

societario come la società globalizzata, che comprende

tutti i sistemi di comunicazione e di organizzazione, la

cosiddetta „società mondiale‟ nel lessico di Luhmann.

In Luhmann è centrale la tensione fra sistema e

ambiente, che diventa il nucleo generativo della

sociologia funzional-strutturalista. Il sistema giuridico,

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Lezioni a.a. 2010-2011

505

in particolare, non tiene conto delle caratteristiche

biologiche, degli aspetti di coscienza e psicologici. La

persona è un sistema biologico come tutti gli altri

sistemi489

.

53. Ambiente e complessità

Scopo di questa indagine è comprendere cosa intendesse

Luhmann490

per ambiente ed accostare questo significato

all‟elaborazione della teoria dei sistemi, intendendo per

ambiente tutto ciò che non fa parte dei sistemi.

Luhmann parte dalla premessa che gli elementi primari

ed unici di un qualsiasi sistema sociale non siano gli

uomini, ma gli effetti della comunicazione, intesa come

unità di sintesi di tre sezioni: emissione, informazione e

comprensione; ovvero comunicazioni che producono altra

comunicazione. Senza comunicazione non esiste nessuna

forma di sistema sociale, anzi la chiusura operativa del

sistema sociale è operata proprio sul concetto di

489

Secondo Luhmann è indispensabile utilizzare il codice binario

perché se il sistema giuridico avesse soltanto un codice tutto ridotto

ad unità e si entrerebbe nel paradosso: così Luhmann, per rompere

il paradosso, crea il sistema binario. Il sistema diritto ha una

funzione di difesa che si attiva nei confronti degli altri sistemi

quando essi minacciano la funzione e verso gli stessi, il sistema

diritto esercita la sua coercibilità.

Valentina Romano.

490

http://www.filosofico.net/luhmann.htm.

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Conversazioni sul diritto

506

comunicazione. Tutto ciò che c‟è nel sistema sociale è solo

ed esclusivamente comunicazione.

Un sistema sociale (sistema chiuso) è in grado di

costituirsi, ricostituirsi, ma soprattutto di autogestirsi

(autoreferenzialità e autopoiesi). Questo è possibile solo

mediante una perenne comunicazione. I sistemi sociali

agiscono sotto forma di interazione, organizzazione e

nella società. Secondo Luhmann l‟osservazione sociologica

è parte dell‟oggetto che intende descrivere. In quanto

parte della società, l‟osservazione deve contenere una

componente autologica491

(deve descrivere anche se stessa

nella forma dell‟autosservazione).

Luhmann chiarisce il concetto di sistema che egli

considera non tanto con riferimento alle sue stesse forze

interne che ne garantiscono la continuità, quanto nella

sua capacità di contrapporsi all‟ambiente cui esso

appartiene e ne minaccia la stabilità. Assumono così

rilevanza anche i concetti di mondo ed ambiente: mondo

è l‟infinita molteplicità e complessità del reale; ambiente è

la delimitazione delle possibilità concretizzabili che si

danno in una particolare situazione; sistema è l‟effettiva

selezione e realizzazione di determinate possibilità offerte

dall‟ambiente (se l‟individuo è il sistema, l‟ambiente è

dato dal suo contesto sociale; se il sistema è la società,

l‟individuo è il suo ambiente). Poiché il mondo è infinita

491

http://it.wikipedia.org/wiki/Niklas_Luhmann.

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Lezioni a.a. 2010-2011

507

complessità, è impossibile orientarsi in essa senza una

riduzione di complessità. Il problema della riduzione

della complessità è un problema pratico perché il sistema è

costretto a ridurre la sua complessità per sopravvivere; per

arrivare a ciò Luhmann elabora il concetto di “senso” per

costruire il quale è necessario selezionare dalle infinite

possibilità offerte dal mondo alcune specifiche possibilità e

attuarle, ma l‟attuazione non è mai definitiva in quanto

implica sempre il porsi di nuove possibilità da cui è

possibile effettuare nuove selezioni. L‟ordine sociale,

dunque, è possibile mediante il senso, inteso come la

formazione di sistemi che possano mantenersi, anche

temporalmente, entro i confini definiti nei confronti di

un ambiente sovracomplesso.

Il tema della complessità ridonda sempre nella filosofia di

Luhmann, già nel definire i tratti caratteristici delle

attuali società, le quali hanno un grado di complessità

superiore alle precedenti: è la società nella sua totalità a

diventare, con l‟evoluzione, più complessa e proprio questa

maggiore complessità forma più sistemi differenziati al

suo interno (il diritto, la morale, la religione,

costituiscono sistemi autonomi nell‟ambito della stessa

società, mentre nelle società arcaiche non era possibile

distinguere tra i diversi aspetti della società stessa).

L‟attitudine della complessità ad “attuarsi”, ad essere

costantemente sensibile alla variazione implicata dal

fluire del tempo, diventa spunto di riflessione per

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Conversazioni sul diritto

508

Luhmann: così, ad esempio, con il moltiplicarsi delle

possibilità delle relazioni umane nell‟ambito della

società, l‟amore viene interpretato come passione492

.

L‟ambiente, quindi, è sempre più complesso del sistema,

pertanto il sistema deve elaborare delle autodifese per

ridurre la complessità; così facendo, il sistema, anche se in

continua tensione con l‟ambiente, è in grado di resistere.

L‟ambiente non è qualcosa di completamente esterno e

neutrale ai sistemi ma va visto organicamente legato a

questi; gli stessi sistemi sono collocati all‟interno

dell‟ambiente e in continua tensione e conflitto con esso.

Luhmann giunge alla definizione di sistema come entità

autoreferenziale, in una ipotesi basata sulla differenza

tra sistema e ambiente.

Da qui giunge al passaggio dalla teoria incentrata sul

binomio sistema/ambiente alla teoria dei sistemi

autoreferenziali. Non è il sistema in sé o l‟ambiente in sé a

costituire l‟orizzonte di svolgimento della teoria, bensì la

492

N. Luhmann, Amore come passione, Milano, 2008, p. 2, ove

l‟autore chiarisce: “si può parlare di incremento delle possibilità di

relazioni impersonali dal momento che, in ambiti diversi, è

possibile che si realizzi una comunicazione anche se non si

conoscono affatto personalmente i partner e li si valuta solo

attraverso poche caratteristiche di ruolo, che si possono cogliere

rapidamente […] E inoltre perché ogni singola operazione dipende

da innumerevoli altre che non hanno le loro garanzie funzionali

in caratteristiche personali che possono essere note a colui che su di

esse fa assegnamento”.

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Lezioni a.a. 2010-2011

509

considerazione dell‟insieme differenziale. Il dato che

fonda qualsiasi sistema non è quindi la „cosa in sé‟, l‟ente

o il soggetto493

(non esiste un sistema senza un ambiente),

bensì la loro relazione, che si riproduce in sottosistemi e

ambienti relativi, in un‟incessante attività

autoproduttiva.

L‟evoluzione di un sistema, per contrastare l‟ambiente,

non può identificarsi del tutto con un aumento di

complessità: un aumento di complessità interna al sistema

potrebbe portare a un sovraccarico di complessità e

all‟indebolimento dell‟efficienza del sistema fino a un suo

possibile blocco. E‟ sempre necessario un valore ottimale al

di là del quale tutto diviene superfluo e inefficiente anche

la complessità. C‟è sempre bisogno di equilibrio tra i

parametri ambientali e quelli dei sistemi. Spingere tali

variabili, compresa la complessità, oltre l‟equilibrio è

deleterio per il sistema. Un possibile sbocco per evitare

questo sovraccarico di complessità, oltre al concetto di

“senso” già analizzato precedentemente, è “l‟intensità di

informazione” inesa come presenza di informazione nei

simboli e nei messaggi comunicativi. Sotto questa

prospettiva diventa rilevante per l‟evoluzione positiva di

un sistema non una maggiore complessità ma una

semplificazione: la capacità di interpretare e di

fronteggiare la complessità di un ambiente non passa solo

493

M. Heidegger, Essere e tempo, Milano, 2007.

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Conversazioni sul diritto

510

attraverso un aumento di complessità, ma attraverso un

aumento dell‟intensità di informazione e di conoscenza,

tale da fornire migliori strategie di sopravvivenza e di

modifica dell‟ambiente. La riduzione della complessità

sostanzialmente si inquadra in tre soluzioni alle quali il

sistema può mirare:

1. Aumentare la complessità interna: differenziazione.

Con la differenziazione l‟ambiente può semplificarsi in

due modi:

a) la differenziazione segmentaria : tanti

sottosistemi uguali

b) la differenziazione funzionale: tanti sottosistemi

diversi.

2.Delimitazione e stabilizzazione dei confini:

elaborazione di strategie selettive che filtrino le

informazioni da immettere nel sistema sulla base del

dislivello di complessità tra ambiente e sistema (senso).

2. Generalizzazione delle aspettative di comportamento:

indifferenza nei confronti delle differenze, aspettative

sempre più indeterminate e meno vincolanti.

In definitiva nell‟interazione sistema/ambiente, il

problema principale diventa la sopravvivenza del sistema

in un ambiente difficile, dove la difficoltà è data dalla

sproporzione tra le illimitate possibilità di esperienza e di

azione, e la ridotta capacità effettiva di gestire

informazioni ed agire. Il sistema deve quindi funzionare

come riduttore di complessità, selezionando gli elementi

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Lezioni a.a. 2010-2011

511

rilevanti ai propri fini. Una prospettiva in cui l‟evoluzione

dei sistemi rispetto all‟ambiente resta aperta a possibilità

infinite494

.

54. La teoria sistemico funzionale

Niklas Luhmann495

è il più grande “teorico dei sistemi”. Il

punto di partenza della sua teoria, denominata

“funzionalismo strutturale”496

, è condensato nella ricerca

di una global theory, una “teoria universale”497

, capace di

dar conto non del singolo evento sul piano della

composizione articolata della società, bensì dei

fondamenti della disciplina. Luhmann giunge alla

definizione di sistema come entità autoreferenziale, in

una ipotesi basata sulla differenza tra sistema e

494

N. Luhmann, Sistemi sociali. Fondamenti di una teoria generale,

cit.

Alessia Roscia.

495

http://it.wikipedia.org/wiki/Niklas_Luhmann.

496

Romano sul „funzionalismo‟ luhmanniano sostiene che “la

struttura dei „sistemi di funzione‟ ha il suo compimento del

coappartenersi del fondamentalismo funzionale e del nichilismo

giuridico, perché il loro funzionare è radicato nella „funzione‟, che

per Luhmann è tale in quanto la funzione della funzione è la

funzione”, cfr. B. Romano, Fondamentalismo funzionale e

nichilismo giuridico. Postumanesimo „noia‟ globalizzazione,

Torino, 2004, pp. 122-123, pp. 391-392, p. 496.

497

N. Luhmann, Sistemi sociali. Fondamenti di una teoria generale,

Bologna, 2001, p. 59.

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Conversazioni sul diritto

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ambiente; l‟ambiente è caratterizzato da complessità e

contingenza: nel caso della complessità vi è un eccesso

delle possibilità rispetto a quelle concretamente attuabili;

nel caso della contingenza, l‟ambiente è sottoposto,

tramite accadimenti naturali e decisioni umane, ad

eventi incerti, mutevoli ed imprevedibili. I sistemi quando

intervengono nell‟ambiente sottostante, riducono la

complessità e rendono stabili, quindi meno contingenti, le

aspettative498

; da qui si giunge al “passaggio dalla teoria

incentrata sul binomio sistema/ambiente alla teoria dei

sistemi autoreferenziali”499

. Non è il sistema in sé o

l‟ambiente in sé a costituire l‟orizzonte di svolgimento

della teoria, ma la considerazione dell‟insieme

differenziale. Il dato che fonda qualsiasi sistema non è

quindi la “cosa in sé”, l‟ente o il soggetto (non esiste un

sistema senza un ambiente), ma la loro relazione, che si

riproduce in sottosistemi e ambienti relativi, in un‟

incessante attività auto produttiva. A causa della sua

elevata e crescente complessità, l‟ambiente rappresenta

una costante minaccia per la sopravvivenza dei sistemi

sociali; un sistema, però, è in grado di resistere alla

pressione dell‟ambiente in stretto rapporto all‟indice della

sua complessità interna: quanto più la propria

498

V. Ferrari, Diritto e società. Elementi di sociologia del diritto,

Roma-Bari, 2004, p. 12.

499

N. Luhmann, Sistemi sociali. Fondamenti di una teoria generale,

cit., p.713.

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513

organizzazione interna è complessa, tanto più essa è in

grado di tener testa alla crescente complessità e mobilità

ambientale. Per Luhmann l‟agire umano si struttura

secondo sistemi, i quali sorgono ogni qual volta si hanno

azioni concertate: queste ultime si verificano sempre

attraverso codici simbolici (il linguaggio, i gesti, ecc).

Tutti i sistemi sociali si situano in un “ambiente”

complesso e multidimensionale; esso è decisamente più

complesso del sistema, ha più variabili ed è imprevedibile

(è ambiente tutto ciò che non fa parte del sistema).

Quest‟ultimo, per poter sopravvivere, deve sviluppare

complessità sue al fine di ridurre quelle dell‟ambiente. Le

tre dimensioni che caratterizzano l‟ambiente sono:

“temporale”, “materiale” e “sociale”; pertanto, il sistema

deve elaborare strategie per ridurre la complessità

ambientale sotto questi tre profili. Ogni sistema, inoltre,

funziona con un codice binario: così, il sistema giuridico

funziona con la dicotomia diritto/non diritto500

, il sistema

scientifico con la dicotomia vero/falso, quello politico con

la dicotomia potere/non-potere, e così via. Non devono

verificarsi interferenze o ingerenze di sistemi, pena

l‟estinzione di alcuni di essi.

Nella fase matura del suo pensiero, Luhmann si spinge a

sostenere che ciascuno di noi è un sistema autopoietico,

cioè chiuso in se stesso, autoriproducentesi. Nei sistemi

500

B. Romano, Filosofia e diritto dopo Luhmann, Roma, 1996, p.

184.

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Conversazioni sul diritto

514

chiusi, la comunicazione è possibile tramite un

“collegamento” tra sistemi. La complessità è l‟altro

fondamento di una teoria non ontologica, pensabile a

partire dal carattere differenziale di ogni operazione dei

sistemi, essendo essa “informazione che manca al sistema

per poter cogliere e descrivere compiutamente il proprio

ambiente”501

. L‟ambiente è una “complessità presupposta”,

non è una categoria residuale: è specifico di ciascun

sistema nonché contemporaneamente più complesso502

.

Questo rapporto sistema/ambiente è equiparato ad uno

schema “dentro-fuori”. La distinzione tra sistema e

ambiente determina il carattere essenziale del mondo,

ossia la sua complessità. È importante il fatto che

l‟autopoiesi, e in genere le operazioni sistemiche,

suppongono una desoggettivazione: gli elementi

dinamici, le società, i loro confini e l‟autoriferimento

fondante ogni sistema. A differenza delle strutture, i

sistemi autogenerano i propri confini (“self generated

boundaries”503

) e sono indipendenti dall‟osservazione

altrui.

501

N. Luhmann, Sistemi sociali. Fondamenti di una teoria generale,

cit., p. 99.

502

V. De Angelis, La logica della complessità. Introduzione alla

teoria dei sistemi, Milano, 1996, p. 70.

503

N. Luhmann, Sistemi sociali. Fondamenti di una teoria generale,

cit., p. 101.

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Lezioni a.a. 2010-2011

515

Tra i fondamenti di una teoria sociologica che pone in

primo piano l‟autoproduzione, il rapporto al tempo svolge

una funzione essenziale; il tema del tempo, infatti,

determina il rapporto tra complessità e selezione,

quest‟ultima essendo il parametro in base a cui il sistema

comunica e riduce ad azione la comunicazione. Il tempo

è da presupporre anzitutto per il fatto che non può mai

esserci corrispondenza tra sistema e ambiente (e anzi la

non corrispondenza crea sia il sistema che l‟ambiente);

dunque anche il tempo è da considerare un differenziale.

Luhmann afferma che i sistemi biologici hanno dei

confini fisici e temporali (nascita e morte), i sistemi

sociali, invece, si definiscono solamente in base al senso e

ciò che li costituisce è l‟azione: essi sono complessi di

azioni intrecciate che creano una certa stabilità in

seguito all‟instaurarsi di reciproche aspettative. Il

concetto di senso, inoltre, è strettamente legato a quello di

selezione necessaria per ridurre la complessità: per

costruire il senso è necessario selezionare dalle infinite

possibilità offerte dal mondo alcune specifiche possibilità e

attuarle, ma l‟attuazione non è mai definitiva in quanto

essa implica sempre il porsi di nuove possibilità da cui

selezionare.

Il senso è il fattore che dà luogo, oltre alla riduzione

della complessità, all‟autoriferimento, che consente la

chiusura dei sistemi (ed è essenziale che Luhmann abbia

dimostrato come alla chiusura autopoietica corrisponda

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Conversazioni sul diritto

516

un‟ estesa apertura verso l‟“esterno” e che anzi solo sistemi

chiusi complessi e autoreferenziali possono “aprirsi”).

Infatti solo attraverso una comprensione dell‟ambiente e

del mondo nelle tre dimensioni materiale, temporale e

sociale, è pensabile l‟autonomia della dimensione sociale,

a partire dalle metafore interno/esterno (materiale),

reversibilità/irreversibilità (temporale), ego/alter

(sociale). Nel processo di riduzione della complessità c‟è

sempre una possibilità di scelta tra le diverse possibilità

offerte dal sistema (contingenza). Inoltre, aggiunge

Luhmann, non solo c‟è il rischio che si attuino possibilità

diverse dalle proprie aspettative ma, quando le azioni di

un soggetto sono dirette a un altro soggetto, occorre che il

primo tenga presente che ha a che fare non solo con le

proprie aspettative ma anche con le aspettative dell‟altro

(“doppia contingenza”504

). Per far si che ci sia

compatibilità tra il sistema e l‟ambiente bisogna, quindi,

da un lato ridurre la complessità, mantenendo un ambito

di possibilità su basi strutturali, e dall‟altro, mantenere

una complessità interna, determinata da strutture, che

creano e tollerano un sistema. Sono proprio le strutture

che mantengono le relazioni fra gli elementi del sistema.

In sintesi un sistema riesce a realizzare l‟obiettivo di

sopravvivere quanto più è in grado di rispondere

504

Ivi, p. 205.

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Lezioni a.a. 2010-2011

517

l‟aumento della complessità dell‟ambiente con una

propria accresciuta complessità505

.

Luhmann si serve del concetto di riduzione di complessità

anche per spiegare l‟evoluzione storico-sociale e i tratti

caratteristici delle attuali società, le quali hanno un

grado di complessità superiore alle precedenti: è la società

nella sua totalità a diventare, con l‟evoluzione, più

complessa (crescono cioè le quantità e le specie dell‟agire e

dell‟esperire vivente possibili) e proprio questa maggiore

complessità implica la formazione di sistemi differenziati

al suo interno (es: nelle società di oggi il diritto, la

morale, la religione costituiscono sistemi autonomi

nell‟ambito della stessa società mentre nelle società

arcaiche era pressoché impossibile non era possibile

distinguere tra i diversi aspetti della società stessa).

In Luhmann è centrale la tensione fra sistema e ambiente:

essa è il nucleo generativo della sociologia funzional-

strutturalista che ha elaborato nel corso degli anni

settanta. Oltre al già notato particolarismo empiristico,

un altro limite teorico di una parte della sociologia

tradizionale era il determinismo, o almeno il suo uso

meccanico e riduttivo della nozione di causa: Luhmann,

pur ammettendo che i fenomeni sociali vanno studiati in

rapporto con la funzione che essi svolgono per il

505

N. Luhmann, Potere e Complessità sociale, trad. a cura si R.

Schmidt e D. Zolo, Note Lessicali, voce Ashby (Teorema di), Milano,

1979, p. 173.

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Conversazioni sul diritto

518

mantenimento del sistema, critica le teorie funzionaliste,

perché esse non sono riuscite a distinguere il concetto di

causa da quello di funzione: alla stessa esigenza

nell‟ambito di un sistema possono esserci diverse soluzioni

per cui il rapporto tra la presenza di una determinata

esigenza ed il suo soddisfacimento non è un rapporto

causale. È questa una critica in termini di “equivalenze

funzionali”506

, con la quale si intende denotare la facoltà

di fenomeni diversi di realizzare funzioni relativamente

simili. Assunta come problema di riferimento una

determinata causa, l‟analisi delle equivalenze funzionali

ordina un certo campo di effetti funzionalmente

equivalenti rispetto a quella causa. L‟attenzione

scientifica risulta così rivolta alla descrizione di

fenomeni la cui caratteristica è quella di poter produrre

l‟uno indipendentemente dall‟altro il medesimo effetto.

L‟analisi dei fenomeni viventi (fenomeni sociali inclusi)

offre un vasto campo di applicazione ad una ricerca così

impostata; per Luhmann, come l‟individuo adulto di

numerose specie biologiche può svilupparsi a partire da

strutture embrionali diverse, lo stesso avviene per i

fenomeni sociali: essi non dipendono da processi

monocasuali o da precondizioni necessarie, ma da una

pluralità di circostanze funzionalmente orientate verso

una certa gamma di esiti possibili.

506

Lezioni a.a. 2010/2011.

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Lezioni a.a. 2010-2011

519

Luhmann sostiene che nelle moderne società differenziali

e complesse i veri protagonisti di tali eventi e processi non

sono più gli uomini o i gruppi con i loro bisogni materiali

e i loro “valori”, ma i ruoli e le funzioni, i sistemi e gli

ambienti: tutto un mondo di „datità‟ e relazioni in

qualche modo oggettive, in cui gli individui operano

come meri elementi interscambiabili e perfettamente

fungibili.

Il pensiero luhmanniano ha avuto particolare successo

presso i giuristi e i sociologi della politica. Tale successo è

dovuto all‟eversiva concezione che esso delinea dello Stato

di diritto o della democrazia. Per Luhmann lo Stato di

diritto (e con esso il sistema democratico) è la forma più

sviluppata dell‟autonomia, anzi dell‟assolutezza. In

effetti, attraverso la positivizzazione del diritto lo Stato

moderno si è liberato da ogni vincolo proveniente da altri

sottosistemi: l‟economia, la famiglia, la scienza, la

politica, ecc. (ogni sottosistema ha un suo particolare

strumento di comunicazione: quello dell‟economia è il

denaro, quello della famiglia è l‟amore, quello della

scienza è la verità, la politica ha come mezzo di

comunicazione il potere507

). A questo punto esso appare in

507

Il potere è definito da Luhmann come un rapporto sociale

asimmetrico che riesce a mantenersi in vita senza l‟uso della forza:

si ha potere quando una parte seleziona le possibilità a

disposizione di un‟altra parte in misura superiore a quanto questa

non possa fare nei confronti della prima. Il potere politico trova un

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Conversazioni sul diritto

520

grado di autolegittimarsi da sé solo, senza più alcuna

necessità di far passare il riconoscimento del proprio

essere attraverso l‟effettivo consenso dei cittadini. Per

Luhmann lo Stato moderno può anzi operare

presupponendo a priori il passivo consenso di questi

ultimi, i quali si dispongono ad ubbidire senza

particolari motivazioni. Del resto l‟imponente aumento

della complessità sociale, dei flussi di informazione e

dunque delle competenze che sarebbero indispensabili per

sorvegliare la gestione della cosa pubblica, pone il

cittadino nell‟impossibilità di seguire attivamente tale

gestione. Data questa situazione, considerata più o meno

implicitamente immodificabile, non sorprende la presa di

distanza critica di Luhmann dalla concezione classica

della democrazia, intesa come responsabile

partecipazione (diretta o indiretta) dell‟individuo alla

vita della società. Nei suoi saggi sociologici più recenti

Luhmann ha insistito nel denunciare la distanza che

separa la tradizione dell‟umanesimo “vetero europeo”

dalla realtà sociale dei paesi industrializzati: una realtà

sociale che la rivoluzione informatica contribuisce oggi a

rendere sempre più complessa, dinamica e differenziata.

In alcuni scritti lo studioso arriva a sostenere che la

differenziazione dei sottosistemi primari delle società

suo limite nel fatto che nelle moderne società si formano altri

sistemi di potere ad esso alternativi (es. il potere economico).

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Lezioni a.a. 2010-2011

521

complesse è così avanzata che ciascun sottosistema

interpreta ogni altro, e interagisce con esso,

esclusivamente dal suo specifico punto di vista. Ciò che

viene a mancare è uno „sguardo‟, una prospettiva in

qualche modo unificante: anche la politica (che dovrebbe

in certa misura essere questa prospettiva) si configura

oggi semplicemente come un certo sottosistema, il quale

opera senza sapere esattamente con che tipo di società ha

a che fare.

Con il già ricordato scritto Sistemi sociali, Luhmann ha

ulteriormente dilatato le ambizioni teoriche della propria

sociologia. Già nel corso della sua precedente produzione

egli aveva polemizzato sia contro lo speculativismo delle

sociologie teoriche-novecentesche (dal nazionalismo

critico alla sociologia di ispirazione fenomenologica, dal

marxismo ortodosso al neo-marxismo della scuola

francofortese) sia contro la pretesa delle sociologie di

ispirazione più empirico-scientifica di potersi avvalere di

criteri epistemologici certi. Nel suo lavoro egli pare voler

accentuare ancora più la distanza della propria

riflessione da qualsiasi precedente teorico: il rifiuto dei

presupposti fondazionali della “vecchia” sociologia si fa

radicale non meno forte quello delle procedure

argomentative canoniche del pensiero sociologico. Una

sociologia davvero seria deve, a suo avviso, costruire un

linguaggio concettuale rigorosamente nuovo ed

autonomo, capace di tematizzare in modo adeguato

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Conversazioni sul diritto

522

l‟irriducibile “complessità” dell‟universo sociale e di

analizzare l‟oggettivo funzionamento di quella serie di

sistemi e sottosistemi “autoreferenziali” (cioè fondati

autonomamente su se medesimi, e indipendenti da

soggetti, fini e valori esterni ai sistemi stessi) in cui

consiste ciò che solitamente chiamiamo la società.

L‟autoreferenzialità è definita come autoosservazione508

.

La società moderna è costituita da sistemi differenziati

che si rapportano alla differenza, all‟altro da sé, che ne è

l‟ambiente. La stessa distinzione tra un sistema e il suo

ambiente e la definizione del sistema rispetto all‟altro da

sé, va inquadrato da Luhamnn nel problema

dell‟autoriferimento. Egli distingue:

l‟autoriferimento di base: che non è il sistema ma un

elemento essenziale al sistema, senza il quale quest‟ultimo

non potrebbe sussistere (es. la comunicazione non è un

sistema sociale ma senza di essa tale sistema non può

darsi);

la riflessività: che si ha quando si riflette sulla propria

specificità;

la riflessione: che si ha quando è posta la differenza tra

sistema e ambiente.

508

Ciò che si definisce in quanto diverso rispetto a qualche cosa

d‟altro senza specificare differenze all‟interno di questa diversità .

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Lezioni a.a. 2010-2011

523

55.L‟autopoiesi

La parola autopoiesi deriva dal greco e si compone del

termine “auto”, ovvero se stesso, e del termine “poiesis”,

ovvero creazione, creazione di se stesso. Il termine

autopoiesi è stato coniato per la prima volta nel 1972 dal

biologo e filosofo cileno Humberto Maturana, per cercare

di dare risposta alla necessità di una definizione di

sistema vivente indipendente da proprie caratteristiche

funzionali come mobilità, capacità di rigenerarsi etc.,

ma si basasse solo sul sistema in sé. Ogni sistema

autopoietico mantiene la sua stessa organizzazione

originaria509

. Ciò che differenza l‟autopoiesi è la

produzione dei suoi elementi di base che, a loro volta,

riproducono gli elementi che li producono.

Il sistema produce continuamente se stesso e una tale

“chiusura operativa”, è totalmente determinata dalle sue

stesse strutture. In senso più ampio si parla di sistema

autopoietico quando il sistema determina il proprio

regime di competenza e si mantiene attraverso

meccanismi di autocontrollo ed autoalimentazione.

Quando questa „indipendenza‟ supera una certa soglia, il

sistema può entrare in conflitto con i principi

uniformatori della democrazia, che non tollera

Maria Giuseppina Rossi.

509

In realtà il mantenimento della propria organizzazione non è

di per sé criterio sufficiente per considerare un sistema come

autopoietico.

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Conversazioni sul diritto

524

sottosistemi statali totalmente autocontrollati e

autogestiti, prevedendo invece un sistema di controlli

incrociati, volti a evitare degenerazioni di qualsiasi

genere. Il sistema giudiziario è dunque un sistema

autopoietico, ma non per questo contrario alla

democrazia, anzi, esso si autoproduce in base al diritto

(naturalmente anche in base alla Costituzione cui fa

diretto riferimento). Anche Luhmann ha utilizzato il

concetto di autopoiesi nella elaborazione della sua Teoria

dei Sistemi Sociali, applicando la teoria generale dei

sistemi alle società.

La sua teoria va tenuta ben distinta dalla Teoria dei

Sistemi Sociali che fa capo a Talcott Parsons. Luhmann,

infatti, parte dal presupposto che gli elementi primari di

ogni sistema sociale non siano gli uomini, bensì gli effetti

della comunicazione, ossia comunicazioni che a catena

producono altra comunicazione. La comunicazione

costituisce l‟essenza di ogni sistema sociale. È proprio

grazie ad una perenne comunicazione che il sistema

sociale (sistema chiuso) è in grado di crearsi. Luhmann

precisa che l‟uomo non può essere considerato un sistema

di questo tipo, perché è un sistema complesso (un sistema

psicologico), è un essere pensante mentre un sistema

sociale agisce senza porsi questioni. In questo processo di

creazione e ri-creazione è necessario che il sistema sociale

preservi i propri confini, differenziandosi sia dagli altri

sistemi che dal proprio ambiente,convertendo il „rumore

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Lezioni a.a. 2010-2011

525

ambientale‟ e gli altri fenomeni di disturbo in risorse

sistemiche.

56. Teoria sociologica dei sistemi sociali

La teoria generale dei sistemi, elaborata

dall‟epistemologo Ludwig von Bertalanffy è stato oggetto

di studio da parte di Niklas Luhmann, il quale ricorre al

concetto matematico di funzione (relazione di

interdipendenza tra variabili diverse) sulla base del

quale essa esamina i rapporti che vengono a stabilirsi di

fatto tra gli elementi diversi del sistema considerato. Col

termine sistema si intende una realtà complessa i cui

elementi interagiscono reciprocamente, secondo un

modello di circolarità in base al quale ogni elemento

condiziona l‟altro ed è da esso a sua volta condizionato.

Il significato di ogni singolo elemento non va pertanto

ricercato nell‟elemento stesso, quanto nel sistema di

relazioni in cui esso è inserito. Va inoltre notato che,

diversamente dalla prospettiva funzionalista, che

considerava il sistema sociale come unità già data, nella

teoria dei sistemi si ritiene che il sistema derivi da un

processo di selezione messo in atto dall‟osservatore che, in

base ai propri interessi scientifici, prende in

considerazione determinati elementi e non altri. Il

Agnese Salomone

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Conversazioni sul diritto

526

sistema non va pertanto inteso come qualcosa che esiste

nella realtà, quanto piuttosto come un‟elaborazione

teorica, sulla cui base è possibile rendere ragione di

determinati fenomeni. La considerazione dei fenomeni

nel loro reciproco rapportarsi fa sì che i sistemi non siano

qualcosa di statico, ma in costante evoluzione (o

involuzione) dinamica. Va notato che tale dinamica è

particolarmente presente nei sistemi in cui sono più

frequenti le relazioni con l‟ambiente circostante (sistemi

aperti). Le nuove istanze che via via si presentano

nell‟ambiente danno origine a variazioni dinamiche che

tendono a riportare l‟insieme a una situazione di nuovo

equilibrio. Secondo Luhmann sia il sistema, sia

l‟ambiente, vanno intesi come parte determinata di una

complessità indeterminabile: il mondo. Il sistema sociale

serve a mediare il rapporto uomo-mondo, altrimenti reso

estremamente difficoltoso dalla complessità del mondo

stesso. Il sistema sociale infatti semplifica la complessità,

innanzitutto stabilendo una differenza tra un dentro e

un fuori, e quindi strutturando il proprio ambito di senso.

Si formano così, all‟interno del mondo, i sistemi sociali, il

cui grado di complessità varia secondo lo sviluppo e la

capacità di selezione e di organizzazione strutturale dei

sistemi stessi. Dato che i sistemi sociali si costituiscono in

base a un senso condiviso, l‟analisi dei processi

comunicativi si pone come essenziale all‟interno della

stessa ricerca sociale.

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Lezioni a.a. 2010-2011

527

Luhmann ritiene che il problema centrale della ricerca

sociologica non è di cogliere le condizioni di sussistenza

delle strutture sociali, ma di capire quali siano le

funzioni svolte dai sistemi nel tentativo di mantenersi in

equilibrio con l‟ambiente che non è qualcosa di

totalmente esterno o neutrale rispetto alle strutture: a

causa della sua elevata e crescente complessità esso

rappresenta una costante minaccia per la sopravvivenza

dei sistemi sociali e va pensato in una prospettiva che lo

collega organicamente ad essi. Mutuando nozioni

elaborate dalla “teoria generale dei sistemi”

(Bertalanffy), Luhmann sostiene che i sistemi sociali sono

tanto più in grado di stabilizzarsi quanto più sono capaci

di replicare in modo pertinente alla sfide provenienti

dall‟ambiente. Inoltre un sistema è in grado di resistere

alla pressione dell‟ambiente in stretto rapporto all‟indice

della sua complessità interna: quanto più la propria

organizzazione interna è complessa, tanto più essa è in

grado di tener testa alla crescente complessità e mobilità

ambientale. Secondo Luhmann, l‟agire umano si

struttura secondo sistemi, i quali sorgono ogni qual volta

si hanno azioni concertate: queste ultime si verificano

sempre attraverso codici simbolici (il linguaggio, i gesti,

ecc). Tutti i sistemi sociali si situano in un “ambiente”

complesso e multidimensionale, con il quale devono fare i

conti per poter sopravvivere. Infatti, l‟ambiente è

decisamente più complesso del sistema, ha più variabili, è

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Conversazioni sul diritto

528

imprevedibile: in definitiva, è ambiente tutto ciò che non

fa parte del sistema. Quest‟ultimo, per poter sopravvivere,

deve sviluppare complessità sue al fine di ridurre quelle

dell‟ambiente. Secondo Luhmann, l‟ambiente impone

esigenze e il sistema deve sviluppare strategie per far

fronte ad esse. Le tre dimensioni che caratterizzano

l‟ambiente sono, secondo Luhmann, quella “temporale”,

quella “materiale” (sachlichen) e quella “simbolica”.

Pertanto, il sistema deve elaborare strategie per ridurre la

complessità ambientale sotto questi tre profili. Ogni

sistema, inoltre, funziona con un codice binario: così, il

sistema giuridico funziona con la dicotomia

giusto/ingiusto, il sistema scientifico con la dicotomia

vero/falso, quello politico con la dicotomia potere/non-

potere, e così via. Non devono verificarsi interferenze o

ingerenze di sistemi, pena l‟estinzione di alcuni di questi.

Luhmann si spinge a sostenere che ciascuno di noi è un

sistema autopoietico, cioè chiuso in se stesso,

autoproducentesi: perché ciò sia possibile è sufficiente che

ci sia un “collegamento” tra sistemi. Luhmann distingue

tre diversi tipi di sistemi sociali, ciascuno dei quali mira a

ridurre la complessità ambientale nei suoi tre aspetti

(materiale, temporale e simbolico). 1) Si ha interazione

quando due sconosciuti si incrociano per strada o in un

ascensore e poi, dopo pochi minuti, procedono ognuno per

la propria via. 2) Si ha organizzazione quando si forma

un sistema sociale più stabile, regolato dalla legge

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Lezioni a.a. 2010-2011

529

dell‟entrata e dell‟uscita nel gruppo e avente come

obiettivo la stabilizzazione nel tempo di comportamenti

artificiali (pensiamo alla scuola o all‟esercito). Anche

l‟organizzazione cerca di ridurre le complessità

ambientali temporalmente (quando si entra

nell‟organizzazione? Quando se ne esce?), materialmente

(con la divisione del lavoro) e simbolicamente (tramite la

definizione di regole e di tipi comunicativi). La funzione

dei sistemi organizzativi può venire assicurata dall‟uso

di media simbolici generalizzati (denaro, potere, verità,

ecc). 3) Si hanno sistemi di società quando ci si muove sul

piano societario: e Luhmann ha soprattutto in mente la

società globalizzata, che comprende tutti i sistemi di

comunicazione e di organizzazione. Egli parla

espressamente di “società mondiale” . Per Luhmann il

diritto è un sistema, che esercita la funzione immunitaria

per tutti gli altri sistemi: quando tali sistemi vengono

attaccati (da tutte le controversie che possono portare

all‟estinzione di qualunque sistema sociale) si erge il

sistema diritto per proteggerli. Tutto ciò che avviene in un

sistema deve essere il più veloce possibile, funzionale e deve

avere successo.

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Conversazioni sul diritto

530

57. Luhmann: Teoria generale dei sistemi e società

La produzione filosofica di Niklas Luhmann è incentrata

sulla teoria dei sistemi sociali.

Il pensiero di Luhmann si distingue dalla teoria dei

sistemi sociali di Parsons dal quale però attinge

l'approccio sistemico. Uno dei limiti principali della

sociologia di Parsons risiede nell'aver privilegiato il

concetto di 'struttura' rispetto a quello di funzione.

Luhmann concepisce come questione centrale della sua

ricerca sociologica non la comprensione delle condizioni

di sussistenza delle strutture sociali, ma l'elaborazione di

concetti che espongono le funzioni svolte da determinate

strutture nel tentativo di mantenersi in equilibrio con

l'ambiente, caratterizzato da tutto ciò che non fa parte

del sistema. L'ambiente si esplica attraverso tre

dimensioni: quella temporale, quella materiale e quella

simbolica510

. Ogni sistema deve attivarsi per ridurre la

complessità dell'ambiente nell'ambito di queste tre

dimensioni. Luhmann definisce il concetto di sistema

come la selezione e la realizzazione di possibilità offerte

dall'ambiente, per giungere ad una riduzione della

complessità511

.

Ogni sistema, inoltre, funziona mediante un codice

binario: così, il sistema giuridico funziona con la

Giacomo Salvati.

510

www.wikipedia.it.

511

Lezioni a.a. 2010/2011.

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Lezioni a.a. 2010-2011

531

dicotomia diritto/non diritto, il sistema scientifico con la

dicotomia vero/non vero, quello politico con la dicotomia

potere/non-potere. I codici binari sono forme a due poli

che presentano valori distinti ed opposti, ossia includono

un valore ed il correlato negativo. Ciò richiede regole

decisionali che fissino a quali condizioni un valore o il

valore opposto è associato in maniera corretta o errata.

Luhmann differenzia i sistemi biologici dai sistemi sociali

poiché i primi hanno limiti fisici e temporali, quali la

nascita e la morte, mentre i secondi si definiscono in base

al senso e all'azione: i sistemi sociali sono complessi di

azioni che creano una certa stabilità in seguito

all'instaurarsi di reciproche aspettative512

.

L'ordine sociale è attuabile per Luhmann attraverso il

senso, cioè mediante la costituzione di sistemi sociali,

differenziati all'interno della società, come conseguenza

della sua crescente complessità. Il significato di senso,

lontano dall‟etimologia classica, è dunque strettamente

collegato alla riduzione della complessità.

Un sistema sociale trae origine dalla connessione di

azioni umane in un insieme dotato di significato, di

senso: attraverso tale insieme si esplica la funzione

propria di ogni sistema.

512

N. Luhmann, Sistemi sociali. Fondamenti di una teoria generale,

Bologna, 1984.

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Conversazioni sul diritto

532

L'uomo deve delimitare un ambito definito di conoscenze

attraverso determinate leggi entro le quali muovere il

proprio agire513

.

La complessità deve essere riportata all‟interno di una

dimensione che possa essere vissuta come espressione di un

determinato senso514

.

Per quanto concerne il diritto, Luhmann afferma che il

giusnaturalismo, con i suoi principi etici universali, poco

si concilia con la complessità della società: è compito del

diritto positivo stabilire e delimitare le scelte possibili

degli individui nella società stessa.

Data la complessità della società, è fisiologico che si

formino, attraverso la differenziazione, dei microsistemi,

ognuno con un suo strumento di comunicazione: il

sistema economico comunica attraverso il denaro, il

sistema familiare attraverso l'amore, il sistema scientifico

attraverso la verità, il sistema politico attraverso il potere.

513

In tale direzione Morin sostiene che “la complessità a prima vista

è un fenomeno quantitativo, una quantità estrema di interazioni,

interferenze tra un grande numero di unità […] però la

complessità non comprende solamente quantità di unità ed

interazioni che sconfiggono la nostra possibilità di calcolo;

comprende anche incertezze, indeterminazioni, fenomeni

aleatori”. E. Morin, Introduzione al pensiero complesso. Gli

strumenti per affrontare le sfide della modernità, Milano, 1993.

514

N. Luhmann, Illuminismo sociologico, Milano, 1983.

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Lezioni a.a. 2010-2011

533

Il potere è definito da Luhmann come un rapporto sociale

asimmetrico esercitato senza l'uso della forza.

Il sistema di Luhmann è autoreferenziale, caratterizzato

dall'auto-osservazione: i sistemi fanno riferimento a loro

stessi. La differenza tra sistema e ambiente è da intendersi

nel senso che i sistemi si orientano rispetto al loro

ambiente ad un livello strutturale in quanto un sistema

non potrebbe sussistere senza l'ambiente. Il sistema è

altresì autopoietico, nel senso che è capace di auto-

crearsi, di organizzare se stesso in relazione alle esigenze

che sorgono al suo interno; ridefinisce continuamente se

stesso ed al proprio interno si sostiene e si riproduce. I

sistemi non producono solo le loro strutture, ma anche gli

elementi dei quali sono composti - operazioni ed

informazioni - che, atteggiandosi a distinzioni, segnano

il confine del sistema ed, in virtù dell'autopoiesi,

stabiliscono cosa è del e nel sistema e cosa , invece,

appartiene all'ambiente.

La società è un sistema chiuso per necessità : la sua

organizzazione ed il suo rinnovarsi sono riferiti

esclusivamente a se stesso, a differenza di altri sistemi che

invece hanno un ambiente e che possono essere

condizionati da forze esterne. Luhmann sostiene che i

sistemi sociali sono tanto più capaci di stabilizzarsi

quanto più sono in grado di replicare efficacemente alle

sfide provenienti dall'ambiente. L'elemento primario di un

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Conversazioni sul diritto

534

sistema sociale, afferma Luhmann, non è l'uomo, ma la

comunicazione ed i suoi effetti.

L'autopoiesi e l'autoreferenzialità, il crearsi, organizzarsi

e gestirsi del sistema sociale, sussistono in quanto sussiste

comunicazione.

I sistemi sociali non riflettono, ma agiscono, attraverso

tre percorsi che puntano a ridurre la complessità

dell'ambiente nelle sue tre dimensioni (temporale,

materiale, simbolico): interazione, organizzazione,

società.

Si ha l‟interazione quando, ad esempio, due sconosciuti si

incontrano per strada e poco dopo procedono ognuno per

la propria via. Si ha l‟organizzazione quando si forma un

sistema sociale più stabile e duraturo, disciplinato da

regole di entrata e uscita da un gruppo, e avente come

fine la stabilizzazione nel tempo di comportamenti

razionali (pensiamo ad una istituzione o ad un ente).

Anche l‟organizzazione cerca di ridurre la complessità

ambientale temporalmente (quando si entra

nell‟organizzazione e quando se ne esce), materialmente

(con la divisione dei compiti e delle mansioni) e

simbolicamente (tramite la definizione di una disciplina

e di tipi comunicativi). Si hanno sistemi di società

quando ci si muove sul piano sociale e Luhmann, nella

sua analisi, ha in mente la società globalizzata, definita

dal filosofo “società mondiale”.

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Lezioni a.a. 2010-2011

535

Secondo Luhmann l‟agire umano si compie mediante

sistemi, che sorgono nel momento in cui si hanno azioni

concertate: queste ultime si verificano sempre attraverso

simboli (il linguaggio, i gesti, ecc). Il ruolo fondamentale

è svolto proprio dalla comunicazione che consente

l'interazione tra sistema sociale ed agire individuale.

Essendo dunque necessaria una differenziazione

funzionale515

all‟interno del sistema sociale, la

comunicazione interviene prodromicamente nella scelta

dei dati disponibili. Luhmann definisce il concetto di

comunicazione come unità o sintesi di tre selezioni:

emissione, informazione e comprensione (quest'ultima

intesa come osservazione della differenza delle due

precedenti selezioni).

In un sistema complesso è necessario garantire il

funzionamento attraverso operazioni o procedimenti che

evitino un dispendio, in virtù della centralità del sistema

economico che impone un costante risparmio: per questo i

procedimenti devono essere adeguati e altamente

professionalizzati affinché funzionino. L‟argomentazione

515

“Differenziazione funzionale significa che il punto di vista di un

sistema, secondo il quale si profila una differenza tra sistema e

ambiente, sta nella funzione che il sistema che si è differenziato

svolge per l'intero sistema”. N. Luhmann, Teoria della società, a

cura di R. De Giorgi, Milano 2003.

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Conversazioni sul diritto

536

giuridica è infatti un metodo attraverso cui si

selezionano argomenti per procedimenti adeguati516

.

La riduzione dei costi sociali esige una economizzazione

dei tempi necessari a compiere le operazioni. La

dimensione temporale acquista fondamentale importanza

in quanto le norme giuridiche sono destinate ad incidere

sul futuro.

In tale prospettiva, il riferimento temporale del diritto

non si accosta alla sola durata della validità delle

norme, distinte in modificabili/immodificabili, ma si

riferisce piuttosto alla funzione delle norme, vale a dire

ad un futuro ancora sconosciuto, genuinamente insicuro.

Di conseguenza, con le norme varia anche la proporzione

con cui la società stessa produce un futuro insicuro517

.

In tale contesto il diritto ha una funzione immunitaria:

interviene per ristabilire l'equilibrio alterato tra i sistemi

e nei sistemi518

e trova la sua ratio nell'aspettativa,

nell'attesa cioè di una decisione da parte del legislatore .

516

Lezioni a.a. 2010/2011.

517

N. Luhmann, Mercato e diritto, a cura di L. Avitabile, Torino,

2007.

518

“Il sistema diritto emerge, in virtù di osservazione

differenziante, ma con una sua specifica funzione immunologica,

che gli permette di ergersi a sentinella dei sistemi sociali, seguendo

modalità (auto ed eteropoietiche) di intervento che sono

necessariamente anticipatorie di fattispecie concrete”. L. Avitabile,

Atti del convegno internazionale “Vie della Fenomenologia nella

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Lezioni a.a. 2010-2011

537

All'inizio della sua Rechtssoziologie Luhmann distingue

tra due tipi di aspettative: aspettative cognitive, che in

caso di delusione sono adattate alla realtà e aspettative

normative che sono mantenute e stabilizzate. La

distinzione è riferita alla soluzione di un problema, cioè

quello di evitare danni che possano essere cagionati al

sistema da una realtà che dovesse rivelarsi deludente

rispetto al sistema. Le aspettative cognitive vengono

inquadrate come quelle aspettative che in caso di

delusione si dispongono ad apprendere e ad adattarsi

alla realtà. Quelle normative invece sono aspettative che,

in caso di delusione, vengono mantenute come valide ed

efficaci e la difformità è imputata a chi ha agito in modo

discordante 519

.

Attraverso le aspettative il diritto è legato alla questione

del tempo che, per Luhmann, acquista la dimensione

della contingenza (qui ed ora) in grado di assorbire sia

la dimensione passata che quella futura.

Il legislatore agisce come „camera di commutazione‟

trasformando le aspettative da cognitive in normative520

.

Le norme giuridiche hanno la struttura di aspettative

generalizzate simbolicamente.

„post-modernità‟. Confronto con la fenomenologia della vita di

Anna-Teresa Tymieniecka”(Roma, 14 Gennaio 2011).

519

N. Luhmann, Potere e complessità sociale, Milano 2010. V. Anche

F.Cassano, La Certezza infondata, Bari 1983.

520

Lezioni a.a. 2010/2011.

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Conversazioni sul diritto

538

Luhmann definisce il simbolo521

come qualcosa di visibile

che rinvia a qualcosa che visibile non è.

521

www.riflessioni.it. “Nell'uso filosofico il simbolo ha trovato una

sua rilevante funzione nel neoplatonismo e nel cristianesimo,

secondo le prospettive della teologia mistica. Ogni grado

dell'emanatismo plotiniano è infatti immagine simbolica del

grado superiore. Entro tale contesto si pone anche la differenza

capitale tra simbolo e allegoria, differenza che ha influenzato la

storia del concetto sino a oggi. Mentre l'allegoria appartiene alla

sfera del dire (Lògos) e abbisogna pertanto della convenzionalità

linguistica, nel simbolo il significato è già contenuto nella sua

mera immediatezza sensibile. Nella dimensione del simbolo è

pertanto racchiuso uno sfondo metafisico che presuppone segrete

affinità, quasi una mistica compenetrazione reciproca, tra il

mondo visibile e il divino invisibile. Nella tradizione cristiana il

rapporto del simbolo con l'allegoria è cosi determinato dal peso

volta a volta assunto nella coscienza teologica dall'esperienza

della storia. Là dove più forte è stata la sua influenza, sia come

urgenza della realizzazione messianica (cristianesimo delle

origini), sia come coscienza di un'abissale frattura tra l'umano e il

divino (mondo barocco, età moderna), il simbolo ha generalmente

lasciato il posto all'allegoria, come nell'esegesi biblica «figurale»

(H. de Lubac, Esegesi medioevale, 1959) oppure nell'arbitrarietà del

significato allegorico barocco (Walter Benjamin, Origine del

dramma barocco tedesco, 1928). La differenza tra simbolo e

allegoria rispecchia la differenza tra estetiche di impostazione

classicistica (da Hegel a Lukacs), che nel simbolo vedono

realizzata la conchiusa organicità dell'opera, ed estetiche di

derivazione romantica (da F. von Schlegel a Benjamin), che

riscoprono l'allegoria, non come freddo e intellettualistico

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Lezioni a.a. 2010-2011

539

Le norme rinviano a qualcosa di invisibile, cioè la

fattispecie astratta, che è simbolizzata e, tramite

l‟argomentazione, costituiscono simboli propri

dell'ordinamento giuridico.

strumento retorico, ma come espressione dell'inconciliabile frattura

tra forma e contenuto, arte e realtà: tensione che rimanda, come

già nel barocco, a una persistente e non redenta scissione tra storia

ed eternità. Alla radice di tale impostazione estetica sta peraltro

anche la scoperta vichiana del simbolismo delle umanità primitive,

che ha poi trovato ampi sviluppi nell'antropologia moderna (per

esempio nella «simbolica naturale» di M. Douglas), nello studio

romantico del mito (J.J Bachofen) e infine nella psicoanalisi di

Freud, e nella psicologia del profondo di Jung, in relazione al

simbolismo onirico. L'analisi filosofica più generale del problema

del simbolo, anche in relazione ai campi sopra ricordati, è stata

elaborata da E. Cassirer mediante il concetto di «funzione

simbolica». Lo spirito umano si caratterizza infatti per la sua

capacità di unificare e dar senso al molteplice sensibile in virtù di

funzioni simboliche originarie quali il linguaggio, il mito, la

conoscenza concettuale (Filosofia delle forme simboliche, 1923-29).

Più direttamente riferita all'ambito della logica e del linguaggio

comune è l'analisi fenomenologica e poi ermeneutica del simbolo,

inteso come segno speciale, pluristratificato, contraddistinto cioè

da un «più di senso» rispetto al nudo segno e quindi da una sua

irriducibilità alle regole formali e astratte della logica (H. Corbin,

M. Eliade, P. Ricoeur, H.G. Gadamer). Si vd. tra le Rubriche d'Autore:

Riflessioni sulla Simbologia di Sebastiano B. Brocchi. Link suggeriti:

simbolismo - arte – simbolo nell‟arte”.

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Conversazioni sul diritto

540

58. La teoria dei sistemi sociali: il sistema diritto

Uno dei rappresentanti più autorevoli ed originali della

teoria sistemico-funzionale è senza dubbio il sociologo

tedesco contemporaneo Niklas Luhmann (1927-1998), che

dopo aver insegnato Sociologia all‟Università di Bielefeld,

ha influenzato in maniera determinante tutti gli studi di

teoria sociale e di filosofia politica proprio per il carattere

puro della sua ricerca, tesa a scoprire gli aspetti

fondamentali della scienza sociologica del XX secolo.

Nella seconda metà del novecento, Luhmannn ha cercato

di organizzare i propri principi generali in un‟ambiziosa

concezione d‟assieme della società e dello studio che ne

deriva come emerge dal testo Sistemi sociali. Lineamenti

di una teoria generale (1984). Luhmann inizia così ad

elaborare la sua teoria, dato lo stato di crisi della

dottrina che, dopo Parsons e Weber, ha perso

inesorabilmente i propri paradigmi o in taluni casi li ha

convertiti in un pensiero debole che risente dell‟eccessivo

specialismo.

Conseguentemente la sociologia ha dovuto acquisire delle

scienze strutturate e tecnicamente più avanzate, quali

l‟informatica, la matematica e la biologia; e quindi il

quadro di riferimento della sua attività è rivolto più

all‟individuazione dei cosiddetti “modelli funzionali” che

a descrizioni fenomenologiche poste dalle società

Gianluca Saravo.

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Lezioni a.a. 2010-2011

541

complesse, rappresentate in larga parte dalle società

occidentali. È stato proprio Luhmann ad attribuire alla

propria concezione la denominazione di “funzionalismo

strutturale” per sottolinearne la differenza dallo

“strutturalismo funzionale” del filosofo Talcott Parsons.

Infatti l‟opera luhmanniana può essere considerata una

elaborazione di quella di Parsons, soprattutto se si tiene

conto che anche per Luhmannn il compito principale

della sociologia è quello di elaborare una Teoria Generale

della Società, in grado di pensare quest‟ultima in

rapporto a precisi fondamenti unitari.

Nella descrizione dei raggruppamenti sociali ed umani,

al concetto di forma, alla scoperta della differenza tra

sistema ed ambiente, la teoria sociologica è riconducibile

ad una successione di fondamenti che hanno lasciato ai

margini il dato più evidente e complicato

dell‟imprevedibilità dei sistemi sociali. Di conseguenza,

Luhmann giunge alla fine degli anni Ottanta alla

definizione di sistema come “entità autoreferenziale”, in

una ipotesi non dialettica basata sulla differenza tra

sistema e ambiente. Il dato che fonda qualsiasi sistema

non è quindi la cosa in sé, bensì la loro relazione, che si

riproduce in sottosistemi ed ambienti relativi, in una

continua attività “autoproduttiva”. L‟approccio

linguistico-funzionale quindi, deve essere considerato il

vero punto di svolta di tutte le indagini sulla complessità

delle civiltà e dei sistemi sociali pluridifferenziati.

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Conversazioni sul diritto

542

Le strutture politiche, ad esempio, sono fra le più antiche

differenziazioni di ruoli dell‟ordinamento sociale. Nel

momento in cui la società non può più essere identificata

con il nucleo familiare tradizionale, e non appena si

rende quindi necessario ordinare la convivenza di più

famiglie, nasce il bisogno di decisioni collettivamente

vincolanti, che non possono più venir prese sulla base

dell‟ordinamento familiare522

.

La complessità che caratterizza il sistema sociale in

quanto tale, infatti, è l‟altro fondamento di una teoria

non ontologica, pensabile a partire dal carattere

differenziale di ogni operazione dei sistemi, essendo essa

informazione che manca al sistema per poter cogliere e

descrivere compiutamente il proprio ambiente. Luhmann,

infatti, definisce la complessità come un insieme di

elementi fra loro connessi che a causa di limitazioni

intrinseche nella capacità di collegamento fra di loro,

risulta impossibile mettere in comunicazione in qualsiasi

momento con ciascuno degli altri elementi. La

complessità, nell‟accezione indicata, implica necessità di

selezione, che significa contingenza, e contingenza

significa rischio523

.

522

N. Luhmann, Stato di diritto e sistema sociale, Napoli, 1978, p.

31.

523

A. Marinelli, Seminario: Il concetto di complessità nella Teoria

dei sistemi, Roma, 16 giugno 2010.

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Lezioni a.a. 2010-2011

543

Nel sistema giuridico si è soliti parlare di pericolo; in

particolare nel diritto penale sono codificate come ipotesi

di reato specifiche condotte che mettono in pericolo un

determinato bene giuridico: «al diritto penale,

interessato alla tutela di interessi importanti, interessano

rischi innescati da comportamenti criminali, ma anche

rischi legati ad attività lecite necessarie. La società

industriale moderna è, secondo una fortunata

definizione, una società del rischio»524

. Nell‟ordinamento

penale il concetto di pericolo è genericamente inteso come

potenzialità di danno e viene in rilievo in vario modo:

«nella costruzione della fattispecie di reato, il problema

del pericolo è un problema di modi e limiti […] di una

possibile anticipazione dell‟intervento penale, rispetto al

verificarsi del danno. Il pericolo può essere un aspetto

caratterizzante d‟un evento naturalistico. Può consistere

nella potenzialità di una condotta a produrre eventi d‟un

dato tipo [...] può essere un presupposto del reato, cioè di

doveri di fare o non fare qualcosa per neutralizzare il

pericolo».

Infatti, nel sistema diritto ciò che è considerato come

pericolo non nasce al suo interno, ma deriva dalla

decisione presa da altri sistemi, soprattutto dal sistema

524

U. Beck, La società del rischio, trad. it., Roma, 2000. Cfr. D.

Pulitanò, Diritto Penale, Torino, 2007, pp. 216 e 217.

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Conversazioni sul diritto

544

psicologico, a cui appartiene l‟uomo in quanto essere

pensante.

Il rischio invece ha origine dalla scarsità e dalla

necessità di scegliere e ciò va a incidere sulle relazioni

interpersonali proprio perché la scelta del decisore può

danneggiare, o comunque condizionare, il coinvolto

dalla decisione. Il sistema economico è solito proporre un

calcolo del livello del rischio dato dalla moltiplicazione

della consistenza del danno per la probabilità che esso

accada: «Il calcolo del rischio è profondamente radicato

nella scienza e nella produzione, e costituisce una base

teorica per prendere decisioni»13

. Luhmann aggiunge che,

tuttavia, il rischio «si può calcolare come si vuole e si può

giungere in molti casi a dei risultati chiari, ma questi

sono solamente degli aiuti decisionali e non comportano

la possibilità di evitare i rischi, una volta che prendono

delle decisioni»525

.

È importante rilevare come per Luhmann la società

moderna percepisca il suo futuro sotto forma di rischio

presente e come questo dipenda sostanzialmente

dall‟emergenza continuamente rinnovata della necessità

della decisione. La decisione contemporaneamente è un

fattore di rischio per chi la assume, cioè per il decisore, ed

è un fattore di pericolo per i coinvolti da tale decisione,

cioè per coloro subiscono le conseguenze, positive o

525

Ivi, p. 218 M. Douglas, Come percepiamo il pericolo. Antropologia

del rischio, Milano, 1991, p. 198.

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Lezioni a.a. 2010-2011

545

dannose, senza che ciò sia da loro dipeso. Questo è

confermato dal fatto che il rischio è interno al sistema,

mentre il pericolo deriva dall‟esterno.

Inoltre le operazioni sistemiche suppongono una

desoggettivazione in cui tutto si svolga nell‟orizzonte di

relazioni differenziali: le società, i loro confini e

l‟autoriferimento fondante ogni sistema. A differenza

delle strutture, i sistemi autogenerano i propri confini e

sono indipendenti dall‟osservazione altrui. Essi inoltre

sono soggetti all‟intreccio di relazioni intra ed extra-

sistemiche che denotano il rapporto con gli ambienti

relativi, nonché quello dei singoli individui nella

relazione sociale, definita interpenetrazione.

In tutto ciò, la funzione del diritto ha a che fare con le

aspettative526

. Con il termine aspettativa si intende far

riferimento ad un aspetto temporale del senso delle

comunicazioni.

In realtà l‟opera di Luhmann può essere considerata in

larga parte uno sviluppo della teoria di Parsons,

soprattutto se si tiene presente che anche per Luhmann il

compito centrale della sociologia è quello di elaborare

una teoria generale della società, in grado di pensare

quest‟ultima in rapporto a precisi fondamenti unitari.

526

Nelle prospettive individualistiche (e dunque: utilitaristiche)

l‟autore più importante per tale questione è Jeremy Bentham. Vedi,

per il tema della sicurezza dell‟aspettativa, B.G. J. Postema,

Bentham and the Common Law Tradition, Oxford 1986, p. 159 ss.

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Conversazioni sul diritto

546

La funzione del diritto, invece, è altamente valutata a

livello gerarchico, in quanto garantisce il governo e

l‟inclusione degli individui nella società attraverso la

norma dell‟uguaglianza.

Habermas, ad esempio, attribuisce un grande rilievo alla

capacità del sistema giuridico nel rappresentare

un‟adeguata modalità di regolazione sociale, efficace e

vincolante tanto quanto i mezzi di integrazione

sistemica. Il diritto viene descritto da Habermas come quel

medium linguistificato, accanto ai media funzionali del

denaro e del potere, che connette i sistemi al mondo della

vita, fungendo da tramite tra mondi comunicativamente

strutturati e sistemi de-linguistificati. Il sistema

giuridico, quindi, risulta essenziale per la riproduzione e

la conservazione del mondo della vita, ed indispensabile

alla riproduzione economico-burocratica, in quanto

garantisce quel quadro di certezza delle aspettative

individuali e di libertà dell‟azione soggettiva essenziale

alle società complesse tutelando la debole forza di

motivazione che appartiene alla sfera comunicativa sulla

quale poggia l‟integrazione sociale del mondo della vita.

In tal modo, il diritto, diretto alla giustificazione

razionale della prescrittività mediante procedure

giuridiche sostenute dall‟agire comunicativo, funge da

argine alla colonizzazione dei mondi vitali da parte

delle logiche sistemiche. Il diritto, infatti, possiede una

funzione di cerniera, o di trasformatore, di traduttore del

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Lezioni a.a. 2010-2011

547

linguaggio ordinario nei codici specialistici dei sistemi

sociali, necessario in quanto capace di influenzare le

attese comportamentali e di condizionare le azioni dei

destinatari della formazione. Habermas sottolinea

costantemente la funzione di mediazione tra sistema e

mondo della vita, tra linguaggio ordinario e linguaggio

dei saperi esperti, svolta dal diritto, attraverso il quale le

comunicazioni aventi ad oggetto l‟ordinamento

giuridico possono agevolmente circolare all‟interno del

tessuto sociale. Per un verso, nella sua dimensione

normativa ed universale, il diritto si ricollega alla

multifunzionalità del linguaggio ordinario, per l‟altro

verso, invece, nella sua dimensione istituzionale di

sistema coattivo sanzionato dallo Stato, il diritto si

aggancia dall‟interno ai codici del denaro e

dell‟amministrazione burocratica. Le comunicazioni sul

diritto, senza adeguata traduzione nel linguaggio

corrente che viene operata dal codice giuridico, sarebbero

destinate a naufragare nella sordità de-linguistificata

degli ambiti di azione posti sotto esclusivo controllo dei

media denaro e potere. Il sistema giuridico si pone quindi

in stretto legame con le forme dell‟agire comunicativo,

con il determinare una somiglianza strutturale tra

diritto e comunicazione. Il diritto appare in grado di

garantire che non si spezzi la rete della comunicazione

generale che tiene insieme tutta la società. Solo nel

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Conversazioni sul diritto

548

linguaggio del diritto possono circolare per tutto il corpo

sociale messaggi ricchi di contenuti normativi.

Nel diritto, quale tramite dell‟integrazione sociale,

scorrono le istanze socio-integrative del mondo della vita

e vengono tradotti i messaggi che provengono dallo stesso

mondo, in maniera da renderli comprensibili ai codici

specializzati di un‟amministrazione controllata dal

medium potere e di un‟economia guidata dal medium

denaro. Due appaiono, dunque, gli aspetti principali

della struttura giuridico-normativa: l‟attualità, che è

propria dell‟agire strumentale, e la normatività, che è

propria dell‟agire comunicativo. La forma giuridica

esprime, in altri termini, la tensione sempre irrisolta tra

strumentalità e indisponibilità del diritto, tra validità

della norma e attualità della coazione. Il paradosso del

sistema giuridico, spiega Habermas, consiste nel far

coesistere e nel conciliare, nella sua propria struttura

interna, la tensione irrisolta ed irrisolvibile tra attualità

e validità della normazione527

.

Un analogo atteggiamento oggettivante è assunto dalla

traduzione funzionalistica della problematica giuridico-

normativa, come bene illustrano le obiezioni mosse da

Habermas alla teoria dei sistemi di Luhmann, secondo le

quali la legittimità del sistema giuridico si identifica con

la capacità di autostabilizzazione che appartiene a

527

A. Maceratini, Discorso e norma, Profilo filosofico-giuridico di J.

Habermas, Torino, 2000, pp. 218-222.

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Lezioni a.a. 2010-2011

549

quest‟ultimo come ogni altro contesto funzionale di senso.

Dalla prospettiva luhmaniana, di conseguenza, le

aspettative normative perdono il proprio carattere

obbligatorio, ormai ridotto all‟attitudine di tali attese di

scongiurare la de-differenziazione funzionale del diritto.

In tal modo, tuttavia, Luhmann fa scomparire il

significato „illocutorio‟ di comandi, divieti, concessioni

ecc., cancellando così anche lo specifico effetto di

collegamento intersoggettivo che è tipico di questi atti

linguistici. Il diritto, secondo la teoria sistemica, si

autonomizza a tal punto dalla sfera morale e dall‟ambito

politico da esprimere la contingente autostabilizzazione

delle attese normative. Luhmann non fornisce alcun

criterio per distinguere la ragione sistemica dalla

ragione discorsiva che, al contrario, per Habermas

specifica il contesto giuridico-normativo.

Il sistema giuridico luhmanniano, infatti, è

essenzialmente nichilista (Luhmann infatti, non rinvia

mai agli ideali); si adatta all‟ambiente circostante che a

sua volta si rifà al sistema più forte, il sistema economico,

che utilizza un linguaggio numerico molto veloce, che si

misura attraverso il prezzo e non ha bisogno di

argomentare (giusto/non giusto, legale/non legale) ma

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Conversazioni sul diritto

550

persegue attraverso il denaro solo ed esclusivamente il

profitto528

.

59. I sistemi sociali e l‟argomentazione giuridica in

Luhmann

La teoria dei sistemi529

secondo Luhmann parte dalla

premessa che gli elementi primari di qualsiasi sistema

sociale non siano gli uomini ma gli effetti della

comunicazione ossia comunicazioni che producono altra

comunicazione. Senza comunicazione non esiste nessuna

forma di sistema sociale. Un sistema è in grado di resistere

alla pressione dell‟ambiente in stretto rapporto all‟indice

della sua complessità interna: quanto più la propria

organizzazione interna è complessa tanto più essa è in

grado di tenere testa alla complessità e mobilità

ambientale530

.

528

Lezione del 19.01.2011: “Il sistema diritto non è dotato di tutti

questi elementi, ma si avvale di motivazioni che ogni giurista pone

in essere (ratio iuris), appesantendolo”

July Sardellitti.

529

Il concetto di sistema rinvia a qualcosa che è realmente un

sistema e con questo si assume la responsabilità di vedere consentiti

dalla realtà gli enunciati che formula. Luhmann sostiene che i

sistemi sociali sono tanto più in grado di stabilizzarsi quanto più

sono capaci di replicare in modo pertinente alle sfide provenienti

dall‟ambiente.

530

Nell‟ambito della teoria sistemico-funzionale vi è la differenza

tra sistema ed ambiente: i sistemi si dirigono rispetto al proprio

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Lezioni a.a. 2010-2011

551

Ogni sistema funziona mediante un codice binario: il

sistema giuridico funziona con quello diritto/ non diritto;

il sistema politico con la dicotomia potere/non potere.

Luhmann sostiene che il sistema è autopoietico cioè chiuso

in se stesso ed autoproducentesi ma, nel contempo, è

aperto informativamente531

.

Il concetto di autoreferenzialità indica la circostanza

che i sistemi sono dotati della capacità di stabilire

relazioni con se stessi e di differenziare questo tipo di

relazioni rispetto a quelle con il proprio ambiente.

Inoltre l‟autoriferimento proprio dei sistemi richiama

l‟unità con cui un elemento, un processo, un sistema

rappresenta se stesso indipendentemente

dall‟impostazione data dall‟osservazione altrui; l‟unità

ambiente, si costituiscono e si mantengono attraverso la

produzione e la conservazione di una differenza rispetto

all‟ambiente ed impiegando i propri confini per regolare tale

differenza. Senza la differenza rispetto all‟ambiente non esisterebbe

neanche l‟autoriferimento poiché uno dei requisiti funzionali delle

operazioni è la differenza. L‟agire dell‟uomo si forma attraverso

sistemi, i quali nascono ogni volta che si hanno azioni concertate

manifestate mediante simboli come i gesti, il linguaggio. Tutti i

sistemi sociali si situano in un ambiente, con il quale devono fare i

conti per poter sopravvivere ed ambiente è tutto ciò che non fa parte

del sistema. Il sistema per poter vivere deve sviluppare complessità

sue al fine di ridurre quelle dell‟ambiente.

531

N. Luhmann, Sistemi sociali. Fondamenti di una teoria generale,

cit.

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Conversazioni sul diritto

552

può realizzarsi solo grazie ad un‟operazione che stabilisce

la relazione e che deve essere necessariamente effettuata.

I sistemi che operano in modo autoreferenziale possono

divenire complessi nel momento in cui perdono il loro

carattere „paradossale‟, per il quale s‟intende la perdita

della definibilità e della capacità di connessione con

altre operazioni.

La riproduzione autoreferenziale dei sistemi si

caratterizza come autopoietica532

al livello degli elementi

e deve rispettare la tipologia degli elementi definita dal

sistema.

Una conseguenza strutturale che risulta da una

configurazione autoreferenziale del sistema deve essere

indicata espressamente: si tratta della rinuncia alla

possibilità di controlli unilaterali533

.

532

L‟autopoiesi non ipotizza necessariamente che il tipo di

operazioni con le quali il sistema riproduce se stesso sia assente

dall‟ambiente del sistema: nell‟ambiente degli organismi viventi vi

sono altri organismi viventi e nell‟ambiente della coscienza esiste

altra coscienza; in entrambi i casi il processo di riproduzione, che è

proprio del sistema, può essere utilizzato soltanto internamente e

non allo scopo di congiungere fra loro il sistema e l‟ambiente.

533

La problematizzazione del controllo viene bilanciato

dall‟autoosservazione la quale consiste nell‟introduzione della

differenza fra sistema ed ambiente nel sistema che si forma con il

suo aiuto ed al contempo un fattore produttivo dell‟autopoiesi

perché nel corso della riproduzione degli elementi deve essere

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Lezioni a.a. 2010-2011

553

Se si collegano i concetti di osservazione e di

autoosservazione, nell‟ambito della teoria dei sistemi,

congiungendoli con il sistema di autopoiesi, allora

l‟autoosservazione diventa una componente necessaria

della riproduzione autopoietica.

In concreto un sistema sociale nasce quando azioni

umane vengono connesse tra loro: a tale scopo Luhmann

mira a ridurre la complessità ambientale attraverso tre

profili: materiale, simbolico, temporale.

I sistemi sociali definiti da Luhmann, pur avendo

caratteristiche comuni con i sistemi biologici, si

differenziano per alcune proprietà che li individuano

come tali. A tal proposito Luhmann sostiene che i sistemi

viventi sono peculiari: “se facciamo astrazione dalla vita

e definiamo l‟auto-poiesi come una forma generale di

costruzione sistematica, che fa uso della chiusura

autoreferenziale, allora dovremmo ammettere che ci sono

sistemi autopoietici non viventi, e quindi diversi modi di

riproduzione autopoietica, e principi generali di

organizzazione che si materializzano non solo come vita

ma anche in altri modi di circolarità e di

autoriproduzione”534

.

sicuro che essi vengano riprodotti come elementi del sistema; invece

l‟osservazione in questo ambito è l‟uso di distinzioni.

534

N. Luhmann, Sistemi sociali. Fondamenti di una teoria generale,

cit.

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Conversazioni sul diritto

554

Quindi i sistemi sociali sono auto-poietici ossia si

riproducono continuamente.

Il concetto di sistema secondo Luhmann ha la

caratteristica di non designare relazioni intercorrenti

tra le varie parti di un certo insieme ma di designare le

relazioni che un certo insieme intrattiene con il proprio

ambiente. L‟ambiente di un sistema è costituito da tutti

gli altri sistemi per cui ogni sistema svolge la doppia

funzione di essere sistema per se stesso ed ambiente per

tutti gli altri sistemi.

L‟ipotesi chiave dei sistemi sociali è quella della

differenziazione e questo comporta una crescente

autonomizzazione all‟interno dei sistemi sociali o di sotto

sistemi, dotati di competenze specifiche rispetto alla

precedente area di competenza dei sistemi sociali

indifferenziati e quindi un aumento della complessità

interna con la quale i sistemi sociali possono bilanciare la

progressiva complessità esterna del loro ambiente.

Un risultato di questo processo di differenziazione è

costituito dall‟articolazione interna del sistema politico e

questa differenziazione nasce dall‟esigenza, mai

realizzata completamente, di confrontare complessità

dell‟ambiente e complessità delle strutture aumentando,

mediante la differerenziazione, la complessità interna

del sistema e riducendo il distacco tra complessità esterna

e complessità interna del sistema.

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Lezioni a.a. 2010-2011

555

Si può iniziare un dibattito sull‟interpretazione

giuridica: con riferimento all‟opera di Luhmann in cui si

distingue tra una procedura di formazione posta in essere

dal legislatore, interprete delle aspettative cognitive e

normative, e una procedura della testualità giuridica.

Luhmann definisce il legislatore un osservatore di primo

grado che, attraverso l‟osservazione, designa l‟argomento

per procedere alla formazione della testualità legislativo-

normativa e lo seleziona in quanto conforme all‟intera

costellazione dei sistemi sociali, disposti secondo un

ordine funzionale per poi arrivare alla realizzazione del

testo.

In tale contesto l‟aspettativa cognitiva muta in

aspettativa normativa, procedendo attraverso una

camera di commutazione, dove l‟argomento utilizzato

acquista forma e l‟enunciato normativo si costituisce nel

testo535

.

Per Luhmann l‟interpretazione per argomenti consiste

nell‟adeguare la ragione funzionale alla procedura

finalizzata allo scopo dell‟interprete oppure al caso

concreto; per cui argomentare significa semplificare

funzionalmente ed adeguare l‟interpretazione a priori

alla procedura specifica, in modo che questa sia valida e

possa collocarsi in una determinata direzione, facendo

535

Lezioni a.a. 2010/2011.

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Conversazioni sul diritto

556

funzionare il sistema giuridico ossia orientare argomenti

per procedimenti adeguati536

.

In Luhmann l‟interpretazione è la preparazione di

un‟argomentazione dopo aver esaminato i materiali che

emergono all‟interno del sistema di funzioni; quindi

l‟interpretazione è un comportamento posto in essere da

un lettore di un testo che acquista valore di

comportamento sociale quando è comunicata e

trasformata in argomentazione.

L‟argomento usato nell‟interpretazione deve proporre una

decisione conforme al sistema diritto secondo il codice

binario diritto o non diritto: ne consegue che

l‟argomento e l‟interpretazione sono collegati alla

decisione ed acquistano omogeneità ed unisemia in

funzione della conservazione del sistema al quale

appartengono.

Nella teoria sistemico-funzionale la teoria

dell‟argomentazione giuridica consiste nel

raccomandare da parte dell‟interprete argomenti

adeguati per procedimenti adeguati e secondo Luhmann

ciò è necessario in quanto è funzionalmente utile ai fini

della conclusione del procedimento che si sostanzia in

una determinazione sistemico-funzionale che sostiene la

legge causa-effetto537

.

536

Ivi.

537

http://www.docente.unicas.it/luisa_avitabile/pubblicazioni.

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Lezioni a.a. 2010-2011

557

Nella trattazione dell‟argomentazione giuridica, ossia

nell‟opera della raccomandazione di argomenti per

procedimenti adeguati, a Luhmann interessa che essa sia

funzionale al sistema e che fornisca elementi attraverso

cui giungere ad una decisione che sia convincente.

Gli argomenti sono prodotti delle operazioni sistemico-

funzionali e simboleggiano, in quanto tali, la validità

del sistema-diritto oppure sono anche espressione

dell‟autoreferenza del sistema nel contempo autopoietico

ed autofondante: la fonte della validità del diritto è il

sistema stesso autoreferente e autolegittimante e diviene

l‟unità del sistema stesso che, attraverso le sue operazioni,

svolge una funzione operativa tale da permettere di

passare da un‟operazione ad un‟altra; essa è definita

simbolo poiché mantiene e riproduce l‟unità del sistema a

prescindere da qualunque tipo di principi.

L‟argomento e l‟argomentazione si sviluppano “de parte

ad partem”538

ossia con il metodo della eterarchia tra i

sistemi in modo tale da presentare un argomento

tempestivo e comunicabile immediatamente.

L‟argomentazione giuridica ha la forma di un

argomento che può essere distinto come funzionale o non

funzionale; ancorché l‟argomento giuridico sia il simbolo

della volontà e della validità del diritto, esso non ha la

538

Lezioni a.a. 2010/2011.

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Conversazioni sul diritto

558

capacità di modificare il diritto vigente né di dare

validità a nuovi diritti.

60. Sistema e Funzione: Il Sistema Diritto

Niklas Luhmann è il principale rappresentante del

pensiero sociologico tedesco. La sua indagine filosofica è

incentrata in particolare sul “funzionalismo strutturale”

che si contrappone allo “strutturalismo funzionale” di

Parsons.

Con la sua filosofia Luhmann cerca di elaborare una

teoria generale della società cercando di individuare le

funzioni svolte da determinate strutture o sistemi per

mantenere un equilibrio con l‟ambiente, che, per la sua

estrema complessità, costituisce un pericolo per i sistemi

sociali, anche se questi ultimi sono in grado di

stabilizzarsi e resistere alle pressioni dell‟ambiente.

Tanto più un sistema è complesso altrettanto esso riuscirà

a prevalere sull‟ambiente. Secondo la teoria “sistemico-

funzionale” nella nostra società esistono una pluralità di

sistemi, tra cui il sistema diritto.

Questo sistema ha proprie funzioni che vengono definite

“equivalenti funzionali”, è un sistema autopoietico,

autoreferente ed eteroreferente, con una funzione

immunitaria, con il compito cioè di stabilizzare quello

Erasmo Scipione.

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Lezioni a.a. 2010-2011

559

che può essere disfunzionale a tutti gli altri sistemi

sociali.

Uno degli elementi disfunzionali è per esempio

l‟ermeneutica cioè l‟interpretazione, dis-funzionale

appunto perché non è immediatamente applicativa del

diritto, ma tende ad interpretare le norme e le regole che

costituiscono il sistema.

Il diritto è un sistema fatto di regole che si impongono

agli altri sistemi, che costituiscono l‟ambiente del sistema

diritto, il cui centro vitale è costituito dalla decisione. Le

decisioni riguardano tutti i sistemi, e contribuiscono a

formare la complessità del sistema stesso.

Le leggi possono modificare il diritto, e sono costituite da

testualità. I testi hanno un importante significato per

l‟interpretazione, infatti tutte le operazioni effettuate dal

sistema danno una sicurezza che serve a decidere

correttamente sui casi e a dare uno spunto al legislatore

per formare correttamente testi specifici.

L‟interpretazione serve a razionalizzare correttamente il

testo a posteriori.

61. La complessità nella società e nel sistema giuridico

La società post-moderma, secondo Luhmann, è definita

complessa539

, cioè comprensiva della “totalità degli eventi

possibili”.

Gianluca Simeone.

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Conversazioni sul diritto

560

“Anche per il diritto, interpretato come sistema sociale

autopoietico, secondo il modello dei sistemi biologici,

infatti, si rivela probabilmente non sostenibile credere al

fatto che le proprie forme/strutture siano passibili di

trasmutazioni tanto veloci. Soprattutto, allorché gli stessi

sistemi dovrebbero mantenere, autopoieticamente e

funzionalmente, lo stesso livello

(quantitativo/qualitativo) di prestazioni operative”540

.

Il sistema diritto racchiude in sé questa complessità perché

ha bisogno di diverse procedure per arrivare ad un

risultato che, nel caso di specie, può essere la decisione di

un processo, cioè la sentenza.

539

Per complessità si intende che il raggiungimento di un

determinato risultato lo si consegue attraverso l‟utilizzo di più

strade e non vi è un collegamento diretto tra il punto di partenza e

il punto di arrivo. La complessità è l‟opposto di semplicità e

significa che ad esempio in una procedura non si passa da A a Z

con una linea retta ma ci si arriva attraverso un‟ipotesi reticolare.

Questa società è complessa perché sembrerebbe disorganizzata, nel

senso che non è sistematicamente organizzata ma è funzionale

poiché si muove costantemente. La complessità si ha quando non c‟è

più un discorso basico, si ha in tutte quelle società che per

raggiungere un obiettivo non adotta procedure elementari ciò

non significa che siano difficili ma sono complesse e cioè plurime.

540

R. Nocerino, Complessità e diritto, brevi riflessioni si Niklas

Luhmann e Bruno Romano, Rivista quadrimestrale on-line: www.i-

lex.it, dicembre 2010/11

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Lezioni a.a. 2010-2011

561

Un mondo complesso necessita di una riduzione della

complessità, per cui il sistema elabora strategie per ridurre

questa complessità. Ogni sistema ha in sé un codice

binario: il sistema scientifico si fonda sulla distinzione

tra vero e falso, il sistema politico tra potere e non potere e

il sistema giuridico sulla distinzione tra diritto e non

diritto.

Tutto ciò che viene dall‟esterno è selezionato per poi essere

inserito in uno dei due poli. Nel polo diritto è contemplato

tutto ciò che è ascrivibile alla condotta normativa ed in

questo polo rientra anche il legale e non legale. Il diritto

quando riceve le informazioni decide se inserirle nel polo

diritto o nel polo del non diritto. Il sistema giuridico si

muove nell‟ambiente attraverso questo modello binario in

cui ci sono solo due soluzioni e la terza soluzione non è

data. È necessaria una codificazione binaria (e non una

codificazione unitaria e monotematica) altrimenti si

genera un paradosso, che Luhmann cerca di

„deparadossizzare‟ tramite l‟istituzione dei due poli

all‟interno di ogni sistema.

Il sistema diritto è autopoietico, cioè chiuso in se stesso

poiché autoproduce le norme, autoreferenziale perché il

sistema nel momento in cui istituisce le procedure queste

ritornano al sistema stesso e quindi quando il sistema

giuridico produce elementi, questi elementi necessitano

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Conversazioni sul diritto

562

un ritorno iniziale ed eteroreferente perché il sistema

comunica con gli altri sistemi541

.

Secondo Luhmann il sistema deve esclusivamente

funzionare e tale non è una caratterizzazione etica né

giuridica. L‟essenziale per Luhmann è che un sistema

funzioni, come il sistema della criminalità organizzata,

come il sistema mafia, nel senso che hanno una loro

regola interna, senza tener conto della giuridicità intesa

come ricerca del giusto542

.

Il sistema giuridico è aperto, come tutti gli altri sistemi e

solo cosi vi può essere uno scambio di informazioni tra gli

stessi sistemi che tra loro comunicano attraverso “flusso di

programmi condizionali” che incidono sui codici binari.

La funzione immunitaria tipica del sistema diritto è

quella di stabilizzare ciò che potrebbe essere disfunzionale

all‟intera costellazione dei sistemi sociali.

Per creare stabilità è necessario il sistema giuridico

all‟interno della costellazione dei sistemi sociali.

541

Le norme sono prodotte dal sistema giuridico; bisogna

distinguere il diritto enunciato (che già c‟è), la legalità, dal

diritto non enunciato (che fa parte di un‟idea di giuridicità che

non è ancora realtà normativa) ossia la giustizia

542

L‟enunciato normativo può essere legale ma profondamente

ingiusto, come ad es. i giudici che hanno processato Socrate hanno

applicato una norma in forza di una legge ma era una legge non

giusta o come ad es. la costruzione parlamentare della legge

razziale voluta da Hitler è stata varata correttamente ma non

rispondeva ai canoni di giustizia.

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Lezioni a.a. 2010-2011

563

62. La teoria dei sistemi sociali in Luhmann

Niklas Luhmann è il più grande “teorico dei sistemi‟‟ ed è

egli stesso ad attribuire alla propria concezione la

denominazione di “funzionalismo strutturale” per

sottolinearne la differenza rispetto allo “strutturalismo

funzionale” del filosofo Talcott Parsons. La sua

produzione scientifica è imponente: si è occupato di

sociologia generale, di sociologia del diritto, di teoria

politica, di sociologia della religione, di semantica

storica, di etica e di ecologia.

Così come per Parsons anche per Luhmann il compito

centrale della sociologia è quello di elaborare una teoria

generale della società, ma a sua volta si è discostato da

Parsons e si è impegnato nella elaborazione di nuovi

concetti sociologici, nel tentativo di far corrispondere alla

complessità e variabilità delle società moderne teorie

complesse e sofisticate.

A differenza di Parsons, che privilegia il concetto di

struttura rispetto a quello di funzione, per Luhmann il

problema centrale è quello di capire quali sono le

funzioni svolte da determinate strutture nel sistema al

fine di rimanere in equilibrio con l‟ambiente, che

rappresenta una costante minaccia per la sopravvivenza

Federica Spalvieri.

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Conversazioni sul diritto

564

dei sistemi sociali, e va pensato in una prospettiva che lo

collega organicamente ad esso.

Luhmann sostiene che i sistemi sociali sono tanto più in

grado di stabilizzarsi quanto più sono capaci di replicare

in modo pertinente alla sfide provenienti dall‟ambiente.

Inoltre un sistema è in grado di resistere alla pressione

dell‟ambiente in relazione all‟indice della sua

complessità interna: quanto più la propria

organizzazione interna è complessa, tanto più essa è in

grado di tener testa alla crescente complessità e mobilità

ambientale.

Bisogna precisare che per ambiente si definisce tutto ciò

che non è sistema, infatti l‟ambiente è più complesso del

sistema, ha più variabili, è imprevedibile.

Le tre dimensioni che caratterizzano l‟ambiente sono

quella “temporale”, quella “materiale” e quella

“simbolica”. Pertanto, il sistema deve elaborare strategie

per ridurre la complessità ambientale sotto questi tre

profili.

Ogni sistema funziona con un codice binario: così, il

sistema giuridico (necessario per creare stabilità)

funziona con la dicotomia giusto/ingiusto, il sistema

scientifico con la dicotomia vero/falso, quello politico con

la dicotomia potere/non-potere, e così via. Non devono

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Lezioni a.a. 2010-2011

565

verificarsi interferenze o ingerenze di sistemi, pena

l‟estinzione di alcuni di essi543

.

I sistemi sono chiusi operativamente ed aperti

informativamente. Un sistema sociale nasce quando

azioni umane vengono connesse tra loro: Luhmann ne

distingue tre diversi tipi:

1. L‟interazione: quando due persone si incrociano e poi

ognuno procede per la propria via.

2. L‟organizzazione: quando si forma un sistema sociale

più stabile, avente come obiettivo la stabilizzazione nel

tempo di comportamenti artificiali.

3. Sistemi di società quando ci si muove sul piano

societario: Luhmann parla di “società mondiale‟‟, trattasi

di una società globalizzata.

Lo studioso elabora la categoria dell‟ “equivalenza

funzionale‟‟ con la quale intende denotare la facoltà di

fenomeni diversi in grado di realizzare funzioni

relativamente simili.

543

Bisogna precisare che Luhmann sostiene che ciascuno di noi è un

sistema autopoietico, chiuso in se stesso e la comunicazione è

possibile attraverso un collegamento tra i sistemi ma non c è mai

una totale comprensione ma un‟abitudine consolidata. Per tanto i

sistemi possono interagire tra di loro attraverso le comunicazioni

che devono avere informazioni, ma al loro volta devono essere

dirette alla funzionalità e devono presentare determinate

caratteristiche.

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Conversazioni sul diritto

566

Pertanto l‟attenzione scientifica risulta rivolta alla

descrizione di fenomeni la cui caratteristica è quella di

poter produrre l‟uno indipendentemente dall‟altro il

medesimo effetto.

Uno dei punti importanti del pensiero di Luhmann è

quello di concepire la realtà sociale come un intreccio di

mere correlazioni sistema-ambiente, il quale resta aperto

a possibilità infinite.

L‟evoluzione dei sistemi e la loro crescente complessità è

affidata all‟intervento di fattori non solo casualmente

indeterminati, ma sottratti alla possibilità di controllo

dei soggetti umani. Infatti Luhmann sostiene che i veri

protagonisti di eventi e processi non sono gli uomini e i

gruppi con i bisogni materiali e spirituali, ma i ruoli e le

funzioni, i sistemi e gli ambienti: un mondo fatto di

relazioni oggettive nel quale gli individui operano come

elementi fungibili.

Per quanto riguarda lo Stato di diritto, questo viene

considerato come la forma più sviluppata dell‟autonomia,

sciolto da ogni legame con il sistema politico moderno.

Per Luhmann lo Stato moderno può operare

presupponendo a priori dal consenso dei cittadini, i quali

si dispongono ad ubbidire, in quanto la continua

complessità sociale impedisce agli stessi di seguire

attivamente la gestione della cosa pubblica. In alcuni

scritti arriva a sostenere che la differenziazione dei

sottosistemi primari delle società complesse è così

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Lezioni a.a. 2010-2011

567

avanzata che ciascun sottosistema interpreta ogni altro, e

interagisce con esso, esclusivamente dal suo specifico

punto di vista.

Luhmann nel suo lavoro vuole accentuare ancora di più

la distanza da qualsiasi precedente teoria affermando

che una sociologia davvero seria deve costruire un

linguaggio concettuale nuovo ed autonomo, capace di

tematizzare l‟irriducibile “complessità” dell‟universo

sociale e di analizzare l‟oggettivo funzionamento di

quella serie di sistemi e sottosistemi “autoreferenziali”

(cioè fondati autonomamente su se medesimi, e

indipendenti da soggetti, fini e valori esterni ai sistemi

stessi). L‟autoreferenzialità è definita come

autoosservazione544

.

La società moderna è costituita da sistemi diversi che si

rapportano alla differenza, all‟altro da sé, che è

l‟ambiente. La stessa distinzione tra un sistema e il suo

ambiente e la definizione del sistema rispetto all‟altro da

sé, va in quadrato da Luhmann nel problema

dell‟autoriferimento, in cui consiste la società. Si può

affermare che per Parsons545

i sistemi non sono chiusi come

544

Ciò che si definisce si definisce in quanto diverso rispetto a

qualche cosa d‟altro senza specificare differenze all‟interno di

questa diversità.

545

Molti autori hanno messo in evidenza come Luhmann, pur

volendo svolgere un discorso sulla società nel suo insieme, quando

passa a trattare della differenziazione scompone il sistema in tanti

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Conversazioni sul diritto

568

per Luhmann: anzi, sono aperti e gerarchizzati (il

sistema normativo sta al vertice); Luhmann fa invece

valere l‟idea che i sistemi “non hanno né centro né

periferia”546

.

63. La comunicazione tra sistemi

Nell‟opera di Luhmann viene elaborata la teoria generale

dei sistemi partendo dalla premessa che gli elementi

primari ed unici di un qualsiasi sistema sociale siano le

„comunicazioni‟. Senza comunicazione non esiste nessuna

forma di sistema sociale. Luhmann precisa che l‟uomo è

esso stesso un sistema, che, come gli altri sistemi sociali,

agisce tramite l‟interazione547

, l‟organizzazione548

e nella

società549

. Secondo Luhmann, l‟agire umano si struttura

secondo i sistemi, i quali sorgono ogni qual volta si hanno

sottosistemi particolari trovandosi quindi in difficoltà dinanzi al

problema della società in generale.

546

Lezioni a.a. 2010/2011.

Amalia Tessitore.

547

L‟interazione sociale è una sequenza dinamica e mutevole di

atti sociali fra individui o gruppi che modificano le proprie azioni

e reazioni a seconda delle azioni dei soggetti con cui

interagiscono.

548

Gruppo di cose o persone formalmente unite per raggiungere uno

o più obbiettivi comuni.

549

Un insieme di individui che condividono fini e comportamenti, e

si relazionano continuamente per costituire un gruppo o una

comunità.

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Lezioni a.a. 2010-2011

569

azioni concertate: queste ultime si verificano sempre

attraverso codici simbolici ( il linguaggio, i gesti, ecc… ).

Tutti i sistemi sociali si situano in un “ambiente”

complesso che è multidimensionale, con il quale devono

fare i conti per sopravvivere. L‟ambiente è più complesso

del sistema, ha più variabili, è imprevedibile: in definitiva

è ambiente tutto ciò che non fa parte del sistema.

Quest‟ultimo, per poter sopravvivere, deve sviluppare

complessità sue al fine di ridurre quelle dell‟ambiente.

Secondo Luhmann, l‟ambiente impone esigenze ed il

sistema deve sviluppare strategie per far fronte ad esse. Le

tre dimensioni che caratterizzano l‟ambiente sono,

secondo Luhmann, quella “temporale”, quella “materiale”

e quella “simbolica”. Pertanto il sistema deve elaborare

strategie per ridurre la complessità ambientale sotto

questi tre profili.

Nella fase matura del suo pensiero, Luhmann sostiene che

ogni sistema è autopoietico550

, cioè chiuso in se stesso

(diversamente da Parsons)551

, nonostante abbia

interferenze con l‟ambiente esterno tramite la

comunicazione.

550

Un sistema che definisce continuamente se stesso ed al proprio

interno si sostiene e si riproduce.

551

Per Parsons invece i sistemi non sono chiusi ma bensì aperti e

gerarchizzati, dove il sistema normativo sta al vertice.

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Conversazioni sul diritto

570

Luhmann radicalizza il concetto di comunicazione e lo

chiarifica come sintesi di tre elementi: emissione o atto

del comunicare (il come), informazione (il cosa) e

comprensione (quest‟ultima intesa come osservazione

della differenza dei due precedenti elementi).

Un‟interpretazione approssimativa di tale definizione

potrebbe indurre a credere che, in questo modello

sistemico di comunicazione, una funzione determinante

sia svolta da colui che comprende. A svolgere una

funzione determinante, in tale contesto, non è colui che

comprende, perché non viene preso in considerazione

l‟uomo in quanto soggetto pensante nella teoria

luhmanniana, ma esclusivamente come sistema biologico.

Luhmann precisa che vi è comprensione quando viene

osservata una differenza tra l‟emissione, da un lato, e

l‟informazione dall‟altro. La grande rilevanza di questa

differenza sta nel fatto che l‟informazione (il cosa) arriva

all‟ego tramite l‟atto del comunicare (il come) dell‟alter

ego; è per questo che tra i due c‟è un rapporto

comunicativo, un‟esperienza sociale. Mentre l‟emissione

non può esistere se non all‟interno di determinate

condizioni di specificità, l‟informazione è indipendente

da qualunque forma specifica di emissione imputabile a

qualsiasi ego. In altre parole l‟informazione è svincolata

dall‟elaborazione specifica che ne fa il singolo individuo,

una volta emessa si emancipa da qualsiasi forma, esiste a

prescindere dal significato che il destinatario possa

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Lezioni a.a. 2010-2011

571

attribuirle, dall‟uso che ne possa fare. Se non si comprende

la differenza tra emissione e informazione non c‟è

comunicazione. La comunicazione è l‟elemento di base

dei sistemi sociali, più precisamente è la loro operazione

più elementare. Le comunicazioni producono e

riproducono ricorsivamente le comunicazioni del sistea552

.

La comunicazione diventa pertanto una concreta realtà

sociale poiché il vero ed unico protagonista è la

comunicazione stessa.

Comunicazione, evoluzione, informazione e complessità

sono i concetti chiave a cui Luhmann affida la

chiarificazione della sua teoria dei sistemi sociali.

64. I sistemi sociali in Luhmann

Il discorso teorico di Lumhann viene sviluppato su due

piani distinti, macrosociologico, incentrato sulla società e

microsociologico, caratterizzato dall‟agire sociale del

singolo. In ciascuna di queste due prospettive l‟“ambiente”

è ciò che nell‟altra appare come centro dell‟analisi: è

ambiente tutto ciò che non fa parte di un determinato

sistema.

Mentre nella prospettiva macrosociologica il centro

dell‟analisi è la società ed i singoli attori sono concepiti

come mondo o ambiente da cui provengono stimoli per un

552

N. Luhmann, Sistemi sociali. Lineamenti di una teoria generale,

cit.

Francesca Ticino.

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Conversazioni sul diritto

572

continuo adattamento delle strutture sociali, nella

prospettiva microsociologica, incentrata sull‟agire dei

singoli, sono le strutture che rappresentano l‟ambiente da

cui provengono gli stimoli per un adattamento di

comportamenti individuali.

Queste due prospettive si saldano in Lumhann in un‟unica

concezione teorica che può dirsi sistemica, in quanto sia

la società che il singolo individuo sono concepiti come

sistemi, entità funzionanti secondo criteri diretti a

mantenere, nelle diverse situazioni, l‟equilibrio interno

degli elementi che li compongono.

Il concetto di sistema in Luhmann ha la caratteristica di

designare le relazioni che un certo insieme assume con il

proprio ambiente.

Le tre dimensioni che caratterizzano l‟ambiente sono,

secondo Luhmann, quella “temporale”, quella “materiale”

e quella “simbolica”, pertanto, il sistema deve elaborare

strategie per ridurre la complessità ambientale sotto

questi tre profili. Ogni sistema, inoltre, funziona con un

codice binario553

e tende a non far verificare interferenze

o ingerenze di sistemi, pena la loro estinzione.

Relativamente ai sistemi sociali, l‟ipotesi teorica chiave è

quella della differenziazione di tali sistemi, che comporta

una progressiva autonomizzazione, all‟interno dei sistemi

553

Il sistema giuridico funziona con la dicotomia giusto/ingiusto,

il sistema scientifico con la dicotomia vero/falso, quello politico con

la dicotomia potere/non-potere, e così via

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Lezioni a.a. 2010-2011

573

sociali, di sotto-sistemi “autoreferenziali” cioè fondati

autonomamente su se medesimi e indipendenti da

soggetti, fini e valori esterni ai sistemi stessi, dotati di

competenze specifiche rispetto all‟originaria area di

indifferenziazione, costituita dall‟ ambiente.

Un risultato di questo processo di differenziazione è dato

dall‟articolazione interna del sistema sociale (sotto-

sistema politico), che, oltre ad essere prodotto dalla

differenziazione del sistema sociale è a sua volta

differenziato in due sotto-sotto-sistemi: quello della

pubblica amministrazione, che comprende l‟apparato

legislativo, esecutivo e giudiziario la cui funzione è

quella di produrre decisioni vincolanti, e quello dei

sistemi dei partiti politici, la cui funzione consiste nel

predisporre misure che assicurino la normale

legittimazione delle decisioni vincolanti prodotte dalla

pubblica amministrazione.

Sono proprio i rapporti tra questi due sotto-sotto-sistemi

del sistema politico l‟elemento qualificante dello Stato di

diritto. L‟influsso della politica e dei partiti sul legislativo

è legittimo, sull‟esecutivo trova i suoi limiti nel principio

della conformità alla legge, sulla giurisdizione è vietato

ed inammissibile.

Questa articolazione del sistema politico rende possibile la

positivizzazione del diritto, ovvero la liberazione della

produzione giuridica da vincoli verso la tradizione e il

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Conversazioni sul diritto

574

diritto naturale, con l‟assogettamento del diritto ad un

fattore sempre mutabile come la decisione.

Ciò spiega l‟utilizzo di strumenti, come quello dello Stato

di diritto, che servono a diminuire i rischi

dell‟accresciuta variabilità sia temporale che materiale

del diritto, ancorando la certezza del diritto non al

contenuto di leggi, che sono variabili in qualsiasi misura

e momento, ma ai modi di produzione di tali leggi,

procedimenti che filtrano e mantengono sotto controllo

l‟influenza della politica dei partiti.

A livello microsociologico dell‟agire individuale, l‟ipotesi

chiave è la ridotta capacità dei sistemi individuali di

recepire ed elaborare consapevolmente le informazioni

provenienti dall‟ambiente sociale: ciò comporta lo sviluppo

di meccanismi di riduzione, selezione ed indifferenza.

Questa ipotesi, che costituisce la proiezione a livello

microsociologico di quella più generale secondo cui vi è

un costante dislivello tra complessità dei sistemi e

complessità del loro ambiente, è connessa con una

crescente differenziazione dei sistemi sociali.

Tale differenziazione nasce dall‟esigenza di equiparare

complessità dell‟ambiente e delle strutture, aumentando,

mediante differenziazione, la complessità interna delle

strutture del sistema, riducendo così il divario tra

complessità interna ed esterna del sistema stesso.

L‟ipotesi della ridotta capacità di attenzione degli

individui rispetto al loro ambiente viene sviluppata da

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Lezioni a.a. 2010-2011

575

Luhmann quando tenta di ricostruire un concetto di

opinione pubblica adeguato all‟attuale realtà sociale.

L‟oggetto dell‟opinione pubblica, nei sistemi politici

complessi, deve essere articolato in due sensi: da un lato i

possibili temi di discussione politica, dall‟altro le possibili

opinioni relative a tali temi.

Tale separazione tra temi ed opinioni consente di

attenuare le difficoltà relative alla formazione di

un‟opinione pubblica nei sistemi politici complessi.

Le argomentazioni di Luhmann sfociano, anche se

implicitamente, nella distinzione tra un consenso forte,

relativo alla scelta dei temi della comunicazione politica

e delle opinioni ad esso correlate, un consenso debole,

relativo alla mera scelta dei temi di comunicazione

politica mentre le opinioni sono o divise (ad esempio, casi

che provocano contrapposizioni di fazioni ) o indistinte

(ad esempio, temi tecnici per i quali la formazione di

opinioni viene lasciata ad esperti) e un consenso

debolissimo, vertente su punti di vista astratti e generici.

65. La teoria sistemica di Luhmann ed il processo di

riduzione dell‟uomo a mero osservatore a-critico

Niklas Luhmann, sociologo e filosofo tedesco, è il

rappresentante più autorevole della teoria sistemica, che

egli definisce come una combinazione di elementi

Marzia Tomao.

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Conversazioni sul diritto

576

uniformi che convergono verso la medesima funzione.

Anche il diritto viene ridotto ad un sistema che, come i

sistemi biologici, è un insieme di elementi (testi, leggi,

codici), con una funzione immunitaria volta a garantire

il successo e la continuazione degli altri sistemi e dei

processi che li costituiscono. Nelle opere di Luhmann si

assiste alla trasposizione dei modelli della biologia nello

studio del diritto: il paradigma della natura diventa

paradigma di una spiegazione esclusivamente scientifica

dell‟uomo che perde la sua soggettività e diventa mero

osservatore dei sistemi sociali, accordandosi in tal modo

con le tesi nichiliste. Questa concezione si ripercuote sul

concetto di validità delle norme, che perdono il

riferimento al libero relazionarsi tra gli individui e

rimangono collegate al solo tempo della contingenza; il

diritto stesso è descritto come funzionale al successo degli

altri sistemi sociali, facendo venir meno anche qualsiasi

tipo di distinzione tra giusto e non-giusto. Lo stesso

concetto di imputabilità, tipico della tradizione

giuridica, viene a cadere come pure la figura del giudice

– inteso come terzo imparziale e disinteressato –, sostituto

ormai dal cosiddetto „tecnico delle norme‟.

Anche la differenziazione tra mondo non umano e uomo

non ha più ragione di esistere poiché l‟uomo vi si

differenzia solo perché sistema biologico più evoluto in

grado, ma non in qualità, ridotto ormai a solo supporto

impersonale al funzionamento stesso dell‟intero sistema.

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Lezioni a.a. 2010-2011

577

I sistemi, secondo la visione di Luhmann, sono equiparati

tra loro non esistendo una „logica di importanza‟ poiché

tutto è volto alla mera semplificazione e al

„funzionamento‟.

Proprio criticando la teoria sistemica bisogna cercare di

riaffermare la centralità dell‟io che non può essere ridotto

alla funzione di tecnico delle norme e assoggettato alle

leggi della scienza e dei processi della biologia umana,

ma portatore di una identità esistenziale, caratterizzato

dalle dimensioni della imputabilità e della

responsabilità.

66. La teoria dei sistemi

La teoria dei sistemi costituisce il fulcro del pensiero di

Luhmann tramite il quale attribuisce ad un sistema

sociale (sistema chiuso) la capacità di costituirsi,

ricostituirsi, ma soprattutto di autogestirsi

(autoreferenzialità e autopoiesi).

Luhmann precisa che sistemi sociali ma agiscono, sotto

forma di:

interazione;

organizzazione;

società.

1) Si ha l‟interazione quando, ad esempio, due sconosciuti

si incrociano per strada o in un ascensore e poi, dopo

Valentina Tucci.

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Conversazioni sul diritto

578

pochi minuti, procedono ognuno per la propria via. 2) Si

ha l‟organizzazione quando si forma un sistema sociale

più stabile avente come obiettivo la stabilizzazione nel

tempo di comportamenti artificiali (pensiamo alla scuola

o all‟esercito). 3) Si hanno sistemi di società quando ci si

muove sul piano societario: e Luhmann ha soprattutto in

mente la società globalizzata 554

.

La libera formazione dell‟identità dell‟io in Luhmann è

negata, la persona è un sistema biologico senza io che ha

come funzione quella di sopravvivere.

La realtà sistemica può essere definita „complessa‟555

,

caratterizzata da un insieme di procedure finalizzate al

conseguimento di risultati.

Ogni sistema ha una funzione e la funzione del sistema

diritto può essere definita immunitaria.

Ogni sistema ha una funzione ma anche delle

caratteristiche è: autopoietico (il sistema produce gli

elementi al suo interno), autoreferenziale (riflette su se

stesso) ed eteroreferenziale.

Il sistema giuridico ha la caratteristica specifica, per

Luhmann, di essere composto da enunciati normativi

(positivismo).

554

www.filosofico.net.

555

Il termine complessità significa ad esempio in una procedura

non si arriva da Aa Z passando per tutte le altre lettere secondo

una linea retta ma si arriva a Z attraverso un‟ipotesi reticolare.

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Lezioni a.a. 2010-2011

579

La complessità non si elimina nel momento in cui c‟è la

riduzione sistemico-funzionale ma si riproduce

all‟interno di ogni sistema specifico quindi ogni sistema

ha all‟interno una produzione di operazioni,

alimentando la complessità al suo interno.

Le operazioni vengono riprodotte al suo interno attraverso

l‟osservazione che consta di due gradi: la distinzione e la

designazione.

Le comunicazioni tra i vari sistemi avvengono attraverso

un flusso di programmi convenzionali: le operazioni,

comunicazioni tramite le quali ogni sistema interagisce

con gli altri.

Nel momento in cui il sistema giuridico produce al suo

interno gli argomenti, si rinvengono diversi tipi di

collegamenti, di referenze, instaurate dal sistema stesso

con l‟esterno ed al suo interno: in primo luogo,

dall‟ambiente esterno si assumono materiali e si

assimilano informazioni, cioè input (apertura

informativa/eteroreferenza); in secondo luogo, le

informazioni vengono analizzate ed elaborate dal codice

binario, riducendo in tal modo la complessità e rendendo

il sistema in grado di operare assegnando il materiale al

valore positivo o negativo del codice (chiusura

operativa/autoreferenza); infine, le informazioni

vengono reintrodotte nell‟ambiente sotto forma di

decisioni, ovvero output.

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Conversazioni sul diritto

580

Questo flusso di informazioni è organizzato perché ogni

sistema decide cosa recepire.

Ogni sistema funziona con un codice binario composto da

due poli, il sistema diritto, in particolare funziona sulla

base di due contrapposti: diritto/non diritto. Quando

arrivano le informazioni dagli altri sistemi o

dall‟ambiente, il sistema giuridico decide se inserirle nel

polo diritto o nel polo non diritto.

La binarietà del codice, per Luhmann serve ad eliminare

il paradosso, sinonimo di unità, perché, un sistema nel

momento in cui non viene codificato in maniera binaria

rimane fermo ed implode.

Gli altri sistemi costituiscono l‟ambiente del sistema

giuridico, così come il sistema giuridico per gli altri

sistemi è un ambiente.

Il diritto per trasformare le incertezze in certezze e dare

stabilità al sistema stesso, deve risolvere un problema

temporale, che si configura nell‟aspettativa. L‟aspettativa

è un‟attesa e può essere di diverso tipo e inoltre può essere

delusa o esaudita.

Le aspettative cognitive sono tutte quelle aspettative che

Luhmann colloca al di fuori del diritto: esse possono essere

trasformate dal legislatore in aspettative normative

quando hanno un contenuto orientabile.

Luhmann ha ridotto il Parlamento o comunque il

legislatore a mera camera di commutazione.

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Lezioni a.a. 2010-2011

581

Il momento tra la stabilità delle aspettative e l‟azione

successiva del legislatore è il momento dell‟incertezza e in

questo caso vige il diritto preesistente.

Le aspettative hanno conseguenze sociali e il diritto ha la

funzione di stabilizzarle, di trasformarle da aspettative

cognitive in aspettative normative.

Con la sua teoria Luhmann mette da parte l‟uomo in

quanto titolare di diritti e afferma la sua qualità di ente

biologico.

67. Le aspettative e la delusione con particolare

riferimento al concetto di delusione in Luhmann

La capacità di adattamento delle società umane è un

tema molto dibattuto, al quale fin dal passato sono state

date diverse spiegazioni. Secondo Luhmann l‟indagine

deve partire dalla capacità di coordinamento delle

azioni che sono tra loro tanto più conciliabili, quanto il

comportamento dalle quali derivano, sia frutto della

stabilizzazione delle aspettative.

La capacità di adattamento è un risultato evolutivo non

privo di rischi per i quali è necessario individuare delle

soluzioni. Gli avvenimenti effettuano dei rinvii a delle

possibilità definite aspettative. Questi rinvii presentano

due caratteri, quello della complessità e quello della

contingenza. Sono complessi perché le possibilità (le

Ilaria Tucciarone

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Conversazioni sul diritto

582

aspettative) accrescono sempre più, rispetto a quelle

attuali; sono contingenti in quanto può verificarsi il

rischio di rinvii a qualcosa che non c‟è più o che non è

raggiungibile. Complessità e contingenza sono rischi

ineliminabili e per questo devono essere mantenuti nelle

aspettative stesse. Questa situazione è risolta grazie

all‟aiuto della verificazione dell‟aspettativa, cioè la sua

storicità ovvero il dovere556

inteso quale equivalente

funzionale. Ciò che è verificato e ciò che è dovuto

consentono di svolgere una selezione tra possibilità

sconosciute. Nella maggior parte dei casi la scelta del

singolo viene prestabilita dal sistema sociale e quindi le

aspettative si nutrono normativamente. La certezza che ne

deriva è fondamentale in quanto dà la possibilità di

vivere nella certezza e di sopportare meglio una eventuale

incertezza. L‟utilizzo di tecniche di astrazione di regole

ripetutamente verificate e la selezione del comportamento

556 N. Luhmann, “Le norme nella prospettiva sociologica” in

http://www.fscpo.unict.it/S.S.S/DIDATTICA/Avvisi_allegati/Lenormene

llaprospettivasociologica.pdf, p. 2, “ Il dovere risolve i problemi

connessi col modo in cui gli uomini si riferiscono al mondo. Il

fondamento del dovere consiste nella sua insostituibilità

funzionale.” p. 1 “ Per il diritto naturale europeo classico il diritto

ha sempre fatto parte della natura degli uomini e delle loro

convivenza, non è una regola di comportamento necessaria per

determinate situazioni, esistendo sempre degli spazi non

giuridicizzati, ma è una condizione per del perfetto compiersi

dell‟umanità stessa”.

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Lezioni a.a. 2010-2011

583

corrispondente, consente di sostituire in parte la

verificazione immediata dell‟aspettativa e di assumere

comportamenti selettivi nei confronti dell‟ambiente557

.

Qualora le aspettative si consolidino, di fronte alla

delusione si possono scegliere due alternative: modificare

o no le aspettative. Questo ragionamento può essere

applicato soprattutto nei confronti delle aspettative degli

altri uomini. Nell‟ambiente c‟è sempre un aumento della

complessità che apre nuove occasioni, quali l‟accogliere le

prospettive altrui allargando il proprio orizzonte senza

perdita di tempo e senza il sostenimento di costi;

naturalmente un aumento della complessità sociale

determina l‟insorgere di nuovi rischi. Nel momento in cui

l‟alter ego vive nella sua libertà e decide di cambiare

comportamento, il comportamento di quest‟ultimo non

troverà corrispondenza nell‟aspettativa che era stata

realizzata in relazione al comportamento dell‟alter ego,

pertanto il rischio risiede nella non affidabilità. La

soluzione al problema può derivare dalla creazione

dell‟aspettativa in relazione all‟aspettativa altrui. Per

l‟adattamento degli uomini, non è sufficiente coordinare

le proprie aspettative con il comportamento altrui in

quanto la convivenza è semplificata. Bisogna accogliere

un ordine che Luhmann definisce di “triplo grado”, ossia

le aspettative di aspettative di aspettative, questo piano

557

Ivi, p. 4.

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Conversazioni sul diritto

584

consente una sintonia ancora maggiore e una

comunicazione interiore ancora più celere558

. La

comprensione delle aspettative altrui e la integrazione di

aspettative avviene attraverso una spersonalizzazione del

dovere che deve divenire oggettivo, deve essere

rappresentato da un precetto, in modo che di fronte ad

una norma non si creino aspettative multi-direzionali559

.

Nell‟integrazione delle aspettative non ci si può aspettare

qualcosa che l‟altro in concreto non si aspetta560

. La

558

Egli riporta un esempio, quello della casalinga che prepara la

cena secondo quanto lei si aspetta che il marito si aspetti da lei. In

questo modi la casalinga pone in essere un comportamento

conforme all‟aspettativa del marito e vivono una situazione di

sintonia. Il rischio che però si corre è legato alla possibilità che il

marito si aspetti dalla moglie una cena diversa da quella che la

moglie si aspettava che il marito si aspettasse. In questo caso non vi

sarà sintonia ma uno stato di insicurezza.

559

Ivi, p. 5: “Il dovere a differenza del comando deve essere

percepito come un precetto anonimo e oggettivo altrimenti

apparirebbe dall‟esterno e non come la debita aspettativa altrui.

Regole personalizzate e poste sotto forma di dovere, evitano che

nell‟esperienza vengano costruite concatenazioni concrete di

aspettative di aspettative di aspettative in ogni direzione e da

parte di tutti i conviventi che interagiscono con tutti i rischi di

errare. La validità delle norme consiste nell‟impossibilità di fare

ciò in qualsiasi momento rispetto a qualsiasi aspettative di

qualsiasi oggetto.”

560

Nell‟esempio riportato da Luhmann, non ci si può aspettare che ci

sposeremo se è in dubbio che il fidanzato voglia sposarsi.

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Lezioni a.a. 2010-2011

585

delusione diviene la conseguenza dell‟aspettativa non

verificatasi. Per superarla si deve adottare – secondo

Luhmann – la strategia dell‟apprendimento: sono i

contrari che possono svolgere la stessa funzione di

riduzione della delusione. Da questo punto di vista

l‟apprendimento e il non apprendimento sono equivalenti

funzionali. Pertanto, a seconda della verificabilità

dell‟aspettativa e della sua difficoltà di raggiungimento,

si può decidere se proseguire o meno. La scelta può essere

compiuta tenendo in considerazione la riflessività delle

aspettative. Le aspettative possono essere create in base

all‟aspettativa altrui e in base al significato che

quest‟ultime hanno per ogni soggetto nella propria

struttura delle aspettative. In pratica si possono costruire

le proprie aspettative in conformità alle aspettative altrui.

Secondo le proposte di Galtung561

, poi riprese da Luhmann,

le aspettative si suddividono in cognitive e normative. Le

prime sono quelle in cui si è disposti all‟apprendimento, le

seconde sono quelle in cui non vi è disponibilità

all‟apprendimento. La scelta tra l‟apprendimento e il non

apprendimento è anticipata in funzione della delusione,

pertanto questa scelta è insita nell‟aspettativa e quindi

sono pochi i casi in cui ci si imbatte casualmente nella

scelta. Viene prestabilito se in caso di delusione le

aspettative saranno riviste oppure no. Inoltre non c‟è una

561

(Oslo 24/ 10/ 1930)

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Conversazioni sul diritto

586

terza scelta, ma si tratterà sempre di una dicotomia che

può essere espressa anche con i concetti di essere e di

dovere. In realtà ci sono delle circstanze in cui le

aspettative non rientrano completamente in un caso o

nell‟altro ma lasciano sempre aperta una possibilità di

scelta tra l‟apprendimento e il non apprendimento.

Infatti, ogni delusione porta sempre alla modificazione

dell‟idea che si ha della realtà. La vita rappresenta una

continua modificazione del mondo.

Una differenziazione tra aspettative cognitive e

aspettative normative può essere istituzionalizzata,

attraverso la creazione di specializzazioni funzionali di

sistemi e processi. In questo modo alla delusione delle

aspettative normative si risponde attraverso l‟attività dei

giudici i quali mirano alla integrazione nella società

dell‟aspettativa delusa. Per le aspettative cognitive invece

non c‟è stata alcuna differenziazione dei ruoli sociali

fino a tempi recenti. In realtà si tende sempre a compiere

le scelte in funzione della delusione e ciò comporta la

circostanza del mantenimento quasi normativo delle

aspettative, quindi della preferenza per le aspettative

normative. Solo nel momento in cui le scelte saranno

compiute indipendentemente dalla delusione, anche le

aspettative cognitive si doteranno di strutture

differenziali562

. Quando l‟aspettativa viene tipizzata e

562

N. Luhmann, La sociologia del rischio, Milano, 1996, p. 66.

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Lezioni a.a. 2010-2011

587

diviene normativa, in essa si sceglie l‟equivalente

funzionale del non apprendere e quindi il ruolo

stabilizzante delle norme è dato per contraffazione, ossia

viene riconosciuta la possibilità della delusione ritenuta

irrilevante ai fini dell‟aspettativa.

L‟aspettativa deve essere giustificata nel senso del diritto a

nutrire l‟aspettativa (si motiva da sola), comportando

così il mantenimento dell‟aspettativa anche in caso di

delusione. È necessario costituire dei sussidi idonei a

fronteggiare la delusione per far si che un‟aspettativa si

rivolga a tali sussidi altrimenti non si potrebbe

fronteggiare la realtà. Esistono diversi gruppi di sussidi, vi

è innanzitutto la spiegazione e i comportamenti ovvero le

sanzioni che esprimono il mantenimento dell‟aspettativa

violata. Secondo Luhmann non è possibile uscire dalla

delusione senza alcuna reazione. Una delle possibili

reazioni è quella di conservare manifestamente la propria

aspettativa: in questo caso si rischia di avere altre

delusioni fino a giungere ad una fase di abitudine alla

delusione, che provoca il fatto di ricordare solo

occasionalmente quello che era l‟oggetto dell‟aspettativa.

Luhmann osserva che nella realtà esistono molte

spiegazioni della delusione e diversi modi per reagirvi e

che l‟istituto della sanzione è da riservarsi solo ai sistemi

più forti, in quanto non è utile sanzionare il

comportamento del violatore della norma. Per la

personalità umana è necessario che vi sia la

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Conversazioni sul diritto

588

stabilizzazione delle aspettative attraverso la creazione

di norme. Il problema sta nel fatto che non tutti i soggetti

avranno le stesse aspettative, pertanto la stabilizzazione

di alcune costituirà la delusione per altre, così che le

strutture normative entreranno in conflitto e vi sarà la

questione della doppia delusione. Il fenomeno della

delusione riguarda non solo l‟ordinamento dominante

ma anche i violatori dell‟aspettativa i quali, a loro volta,

avranno proprie aspettative. Il problema della doppia

delusione ha a che fare con l‟integrazione sociale che

viene risolta attraverso l‟applicazione di norme. Questo

fenomeno non sembra risolvibile con la sola applicazione

delle norme in quanto queste ultime – essendo norme –

provocheranno a loro volta delusione. Le norme sono

istituite in quanto stabilizzano le aspettative nel loro arco

temporale e non sociale ed è per questo che la semplice

applicazione delle norme stesse non consente

l‟integrazione sociale563

. Nell‟analisi compiuta da

Luhmann, l‟obiettivo è quello di utilizzare ai fini

dell‟integrazione sociale l‟istituzionalizzazione delle

aspettative di comportamento. Non è necessario che

l‟istituzionalizzazione delle aspettative di comportamento

563

L. Avitabile,

http://www.docente.unicas.it/luisa_avitabile/Bacheca/materiali-

didattici , p. 44, “Le regole giuridiche in senso stretto si riferiscono,

invece, all‟integrazione sociale che avviene col processo di

istituzionalizzazione”.

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Lezioni a.a. 2010-2011

589

abbia la struttura della norma e preveda una sanzione in

quanto colui che voglia opporsi alle aspettative di

comportamento si trova di fronte alla maggior parte degli

individui che accettano l‟aspettativa di comportamento

in virtù di un consenso anticipato nell‟aspettativa stessa.

In genere le aspettative di comportamento si

istituzionalizzano per mancanza di alternative. Colui

che intenda opporsi all‟aspettativa di comportamento

istituzionalizzata corre il rischio di non incontrare il

consenso e pertanto un mutamento avverrà solo nel caso

in cui ci sia una necessità di adattamento. Le aspettative

di comportamento non vengono create in funzione della

delusione perché quest‟ultima è inaspettata. In base a

degli studi compiuti dall‟etnologia, le aspettative

comportamentali vengono definite al pari degli usi,

costumi o consuetudini. Studi più recenti ritengono che le

aspettative comportamentali determinano una carente

preparazione alla delusione; a ciò consegue che i

comportamenti devianti non possono essere inseriti in

categorie giuridiche ben definite, non trattandosi di

aspettative normative564

. In questo tipo di società il

comportamento deviante viene trasformato a sua volta in

aspettativa, infatti la deviazione viene stabilizzata dal

punto di vista cognitivo. Questo strumento per combattere

la delusione può funzionare solo laddove il

564

È la tendenza a ritenere il comportamento deviante frutto di un

atto involontario, incosciente, non controllabile dall‟individuo.

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Conversazioni sul diritto

590

comportamento deviante sia raro e in società non

complesse.

La risoluzione della problematica della delusione può

avvenire attraverso la differenziazione dei ruoli. In

questo contesto la delusione viene vista come una nuova

possibilità di rappresentazione del proprio diritto nei

tribunali, laddove la decisione del giudice è norma la cui

sanzione è oggetto di aspettativa. Negli ordinamenti

giuridici moderni è necessario effettuare una spiegazione

della delusione in termini di colpevolezza. Secondo

Luhumann nelle società complesse l‟unica risoluzione al

problema della delusione è il diritto positivo. Quest‟ultimo

è costituito da un complesso di norme565

scelte dai

consociati secondo un meccanismo di apprendimento e

modificate in base allo sviluppo della società, determinate

da un prioritario apprendimento cognitivo così da creare

un‟elevata variabilità strutturale che è un elemento

essenziale per le società complesse. Il pericolo di delusione

viene risolto attraverso la creazione di norme e quindi

attraverso la differenziazione tra comportamento

conforme e comportamento deviante: le norme hanno una

funzione stabilizzatrice in quanto simboleggiano le

565

N. Luhmann, La sociologia del rischio, cit., p. 66: “Le norme sono

delle forme di vincolo temporale, che proiettano un‟aspettativa nel

futuro, un‟aspettativa non evidente (quindi contingente e che può

deludere)”.

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Lezioni a.a. 2010-2011

591

aspettative, effettuando un rinvio a qualcosa che non è

immediatamente visibile566

.

In questo percorso Luhmann effettua un‟analisi che ha ad

oggetto le interazioni tra l‟aspettativa e la delusione

della stessa, cercando criteri e strutture in base alle quali

sia possibile eliminare il fenomeno della delusione. Il

problema si pone in particolare per le società complesse

laddove è necessario ridurre la complessità e creare

norme stabilizzatrici. Secondo Luhmann la stabilità del

diritto positivo dovrebbe allontanare dalla delusione,

proponendo delle soluzioni e sostituendo il danno

ricevuto da un comportamento violatore della norma.

Inoltre, al fine del funzionamento dei sistemi, è

necessario che vi sia una produzione e uno scambio di

informazioni, queste ultime create solo nel momento in

cui ci sia una differenza che sarà oggetto di

informazione567

.

Residua che l‟unico modo per non avere delle delusioni è

quello di non avere aspettative, perché qualora un

566

Il ruolo dei simboli è proprio quello di dare certezza attraverso il

rinvio a qualcosa. Inoltre le norme hanno una funzione

stabilizzante in quanto vi è una prognosi circa gli eventuali

comportamenti devianti. Vi è l‟individuazione di tutte le possibili

deviazioni della norma fin dalla sua istituzione, pertanto vi sarà

maggiore certezza anche in ordine alla violazione della norma

stessa.

567

N. Luhmann, Organizzazione e decisione, Milano, 2005, p. 45.

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Conversazioni sul diritto

592

individuo violi una norma non riceverà alcuna delusione

se non ha nutrito aspettative circa la conformità del

comportamento del violatore dell‟aspettativa. Quando

un‟aspettativa cognitiva viene riconosciuta meritevole di

tutela e diviene aspettativa normativa, questa riceverà

maggiore protezione ma non sarà garantita la

conformità dei comportamenti all‟aspettativa normativa,

perché ciascuno nella sua libertà potrà sempre violare la

norma. In conseguenza di ciò subentrerà la procedura

volta alla reintegrazione del danno subito ma vi sarà pur

sempre una delusione. È indubitabile che la norma crei

stabilità determinando la certezza nei comportamenti

violatori i quali saranno numericamente limitati, ma

questa non garantirà in assoluto il rischio della

delusione perché quest‟ultima sarà sempre presente nel

momento della violazione della norma.

68. Sul diritto in Luhmann

La domanda “che cos‟è il diritto” ha impegnato gli

studiosi di tutte le epoche, e costituisce ancora un

problema aperto, la cui soluzione dipende in gran parte

dal quadro filosofico cui ogni studioso fa riferimento e

attraverso il quale affronta la questione. Una risposta che

possa definirsi esatta in assoluto non esiste anche perché il

Paolo Turcano.

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Lezioni a.a. 2010-2011

593

diritto ha differenti manifestazioni (basti pensare alla

distinzione tra il civil law e il common law anglosassone e

statunitense). Vi sono state varie definizioni del diritto, o

meglio, varie dottrine si sono occupate del diritto, ad

esempio il giusnaturalismo che considera il diritto come

fenomeno presente in natura. Tra coloro che hanno

ripreso e discusso questa teoria vi è Thomas Hobbes, filosofo

britannico del XVI secolo che descrive lo stato di natura in

cui l‟uomo si trova, ritenendo che la natura umana è

fondamentalmente egoistica e a determinare le azioni

dell‟uomo sono soltanto l‟istinto di sopravvivenza e di

sopraffazione. Egli nega che l‟uomo possa sentirsi spinto

ad avvicinarsi al suo simile in virtù di un amore

naturale. Se gli uomini si legano tra loro in amicizie o

società, regolando i loro rapporti con le leggi, ciò è dovuto

soltanto al timore reciproco. Nello stato di natura, cioè

uno stato in cui non esiste alcuna legge, ciascun

individuo, mosso dal suo più intimo istinto, cerca di

danneggiare gli altri e di eliminare chiunque sia di

ostacolo al soddisfacimento dei suoi desideri. In questo

stato vige quindi un diritto di natura, che secondo Hobbes

si deve intendere come la libertà di ciascuno di usare il

proprio potere per la conservazione della vita. Da ciò

deriva che un tale stato si trova in una perenne

conflittualità interna, in un continuo bellum omnium

contra omnes (letteralmente “guerra di tutti contro

tutti”), nel quale non esiste torto o ragione (che solo la

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Conversazioni sul diritto

594

legge può distinguere), ma solo il diritto di ciascuno su

ogni cosa (anche sulla vita altrui). Si tratta quindi di

un‟imposizione del diritto del più forte sul più debole.

Questa imposizione del soggetto forte sul soggetto debole

avviene attraverso l‟astuzia e l‟inganno, non tramite il

riconoscimento ed il rispetto dell‟altro. Hobbes ritiene che

si passi da uno stato di natura ad uno stato civile

attraverso dei „patti‟.

Si giunge alla formazione di un diritto positivo (cioè il

diritto effettivamente vigente) che, verso la fine

dell‟Ottocento, si afferma (e rimane a lungo

predominante) come positivismo giuridico o

giuspositivismo che si contrappone al giusnaturalismo in

cui il diritto è solo ed esclusivamente diritto

effettivamente posto, e non c‟è alcuno spazio per il diritto

naturale trascendente il diritto positivo. Secondo la gran

parte dei giuspositivisti, il diritto si identifica con la

norma giuridica (giuspositivismo normativistico), che

regola la vita dei membri di una società, allo scopo di

assicurarne la pacifica convivenza. Il diritto (e i principi

che ne stanno alla base) si sposta così dal campo del

trascendente a quello dell‟immanente, dal dominio della

natura a quello della cultura. Il metodo adottato dai

giuspositivisti è un metodo induttivo: non esistendo

principi universali ed eterni, i principi su cui si basa il

diritto vengono ricavati per induzione (cioè per

astrazione) dalle norme giuridiche particolari e

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Lezioni a.a. 2010-2011

595

contingenti568

. Ad oggi queste teorie risultano essere

superate da una nuova corrente di pensiero, che trova la

sua affermazione alla fine del XX secolo denominata

costruttivismo giuridico. Secondo i fautori di questa

teoria, il diritto non può essere considerato un mero

“dato”, un insieme fisso ed immutabile di norme

(giuspositivismo), o di principi eterni (giusnaturalismo).

I giudici ed i giuristi, cioè coloro che applicano il diritto e

coloro che lo studiano, non sono solo indagatori o

applicatori di una realtà già data, ma anche “creatori”.

Quindi il giurista non si limita solo ad interpretare o

creare perchè egli crea mentre interpreta, sempre tenendo

conto di alcuni fattori vincolanti, come ad esempio il

periodo storico, culturale e giuridico in cui si pone. Il

diritto, secondo il costruttivismo è un fatto dinamico, un

processo in cui norma giuridica e sua interpretazione

interagiscono costantemente.

Nella società contemporanea si è inserita nel panorama

sociologico-filosofico la teoria sistemico-funzionale ideata

dal filosofo tedesco Niklas Luhmann, che tratta il diritto

in modo funzionale. Luhmann mette al centro della sua

568

Il fatto storico che deriva da questa esposizione sarebbe che il

giuspositivismo, negli ultimi due secoli, sia succeduto al

giusnaturalismo; ma ciò può essere letto in due modi del tutto

diversi: da una parte il giuspositivismo potrebbe finire per

soppiantare il giusnaturalismo, dall‟altra potrebbe anche risultare

una mera parentesi nella storia millenaria del giusnaturalismo.

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Conversazioni sul diritto

596

trattazione il concetto di sistema, definendolo come un

insieme di elementi che hanno una esatta funzione

finalizzata a raggiungere un determinato obbiettivo. Il

diritto innanzitutto è un sistema, cioè una convergenza

di elementi costituiti dagli enunciati normativi, quindi

tutti i testi, le leggi, i codici. Il sistema di Luhmann

considera che tutti questi elementi convergono verso il

centro del sistema che ha una funzione, e all‟interno di

questo sistema l‟uomo o meglio il sistema uomo non vi

rientra. La ratio dell‟esposizione teorica di Luhmann è

quella di attribuire al sistema diritto una funzione

immunitaria di altri sistemi. Secondo Luhmann tutto il

mondo è suddiviso in sistemi di cui l‟uomo fa parte, ed in

cui il diritto o meglio il sistema diritto riveste una

posizione fondamentale e decisiva, volta a garantire e

tutelare l‟esistenza stessa degli altri sistemi.

69. Il complicato rapporto tra giurisdizione e

legislazione

La secolare relazione tra giurisdizione e legislazione si

riferisce all‟ambito del più esteso sistema giuridico.

Quest‟ultimo si compone, infatti, di due sub-sistemi o

anche detti sistemi parziali, rispettivamente rappresentati

dal Parlamento e dal Tribunale.

Amalia Valente.

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Lezioni a.a. 2010-2011

597

La conflittualità tra i due poteri dello Stato riflette la più

ampia relazione che intercorre tra il sistema giuridico e

il sistema politico.

Fa da sfondo la questione sempre aperta del rapporto tra

diritto e potere, che si dirama da un paradosso di cui

Noberto Bobbio ha dato una lucida sintesi: “solo il potere

può creare diritto e solo il diritto può limitare il potere”. Il

complesso rapporto tra legislazione e giurisdizione porta

con sé, infatti, tutta la problematica relativa al principio

della separazione dei poteri, enunciato da Montesquieu e

divenuto in seguito la pietra angolare dei sistemi

giuridici continentali di ispirazione liberale e del

costituzionalismo europeo del dopoguerra.

Le dottrine giuridiche tradizionali hanno però conciliato

con difficoltà la teoria della separazione dei poteri con i

problemi ermeneutici derivanti da pratiche interpretative

del diritto. Si è così verificata una contraddizione

consistente nel fatto che “ il giudice non deve creare

diritto, eppure non può non crearlo”. Bisogna infatti

essere consci del fatto che, se da un lato spetta al

legislatore creare il diritto, dall‟altro è innegabile che

l‟attività interpretativa svolta dal giudice spesso ne

contribuisce alla creazione. Luhmann ha aspramente

criticato l‟astrattezza di giuristi nell‟affrontare il tema

classico della separazione dei poteri. Nella teoria

sistemico-funzionale la giurisdizione diventa il punto

focale nella differenziazione del sistema, legandosi al

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Conversazioni sul diritto

598

sistema politico in un rapporto di dipendenza-

indipendenza, funzionale alla soddisfazione

dell‟esigenza dei sistemi sociali. La differenziazione tra

legislazione e giurisdizione fa parte, oltre che della

conservazione del sistema, anche della sua stessa auto-

osservazione, poiché proprio attraverso questi due ambiti

il sistema giuridico si descrive.

La conflittualità del rapporto tra giurisdizione e

legislazione affonda le sue radici già nella Grecia

classica. Secondo Aristotele, infatti, così come ripreso da

Luhmann, il magistrato doveva essere super partes. Il

filosofo greco risolveva tale questione, che noi oggi

chiameremo di “incompatibilità”, attraverso la

differenziazione dell‟amministrazione della giustizia in

legislazione e giurisdizione, utilizzando così una

terminologia specifica. Secondo il suo pensiero, dunque,

neanche il legislatore doveva avere riguardo per le parti,

cioè per i destinatari della norma.

È stato affermato che prima di Luhmann la relazione

Tribunale-Parlamento era di tipo gerarchico, poiché il

giudice era considerato mero braccio esecutivo del

legislatore. La logica funzionale è tale che i rapporti tra

questi non siano di mera esecutività perché il giudice,

nell‟applicare la legge, deve tentare di riconoscere come il

legislatore ha inteso la realtà.

Con Luhmann il modello gerarchico viene sostituito dal

“monismo della differenziazione”: Tribunale e

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Lezioni a.a. 2010-2011

599

Parlamento si trovano in una “posizione eterarchica”,

essendo realtà diseguali, ma contingenti. Ognuno dei

due sub-sistemi ha propria autonomia e competenze

differenziate, tanto che l‟uno non può entrare nelle

competenze dell‟altro. Essi, seppur appartenenti al

medesimo sistema giuridico ed entrambi aventi capacità

decisionale, sono sistemi contrapposti, essendo molte le

differenze che li contraddistinguono. Innanzitutto

diversa è la loro legittimazione ad agire, in quanto

mentre il Parlamento ha bisogno del consenso sociale per

produrre le norme, il giudice non ha bisogno di tale

consenso, perchè non viene eletto, ma nominato.

Il diritto contemporaneo va ricostruito abbandonando

l‟idea di una rimodulazione gerarchico-piramidale,

sostituendo ad essa una visione reticolare del diritto, che

possa evidenziare la perdita della centralità della legge

quale fonte privilegiata del graduale riconoscimento

dell‟importanza dell‟atto interpretativo, definitivamente

sottratto al monopolio del legislatore. Il giudice infatti

deve interpretare laddove la legge non dica alcunché. Nel

caso, dunque, di lacuna legislativa il giudice interpreta

la legge, ricorrendo se necessario all‟ “interpretazione

analogica”, o in alternativa, può suggerire al legislatore

le modifiche da apportare.

Alla luce di quanto detto il ruolo del giudice non può

essere ridotto a quello di mero esecutore della volontà

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Conversazioni sul diritto

600

legislativa, ma la sua attività è parimenti autonoma

rispetto a quella del legislatore e anch‟essa indefettibile.

70. Teoria dei sistemi sociali

Luhmann può essere considerato uno dei maggiori

esponenti della sociologia tedesca. Egli ha applicato alla

società la teoria dei sistemi sociali riscuotendo un forte

riscontro anche nel campo della filosofia.

La teoria dei sistemi sociali mira alla comprensione della

natura e del funzionamento delle realtà sociali. Essa

nasce con l‟intento di superare i limiti delle teorie della

sociologia classica che si sono sviluppate in epoca

precedente.

Luhmann parte dalla premessa che gli elementi primari

ed unici di un qualsiasi sistema sociale non siano gli

agenti principali, ovvero gli uomini, ma gli effetti della

comunicazione, cioè comunicazioni che producono altra

comunicazione. Senza comunicazione non esiste nessuna

forma di sistema sociale, anzi la chiusura operativa del

sistema sociale si basa proprio sul concetto di

comunicazione.

Un sistema sociale (sistema chiuso) è in grado di

costituirsi, ricostituirsi, ma soprattutto di autogestirsi

(autoreferenzialità). Questo è possibile solo mediante una

perenne comunicazione.

Alessandra Ventre.

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Lezioni a.a. 2010-2011

601

Luhmann sostiene che i sistemi sociali sono tanto più in

grado di stabilizzarsi quanto più sono capaci di replicare

in modo pertinente alla sfide provenienti dall‟ambiente.

Inoltre un sistema è in grado di resistere alla pressione

dell‟ambiente in stretto rapporto all‟indice della sua

complessità interna: quanto più la propria

organizzazione interna è complessa, tanto più essa è in

grado di tener testa alla crescente complessità e mobilità

ambientale. Tutti i sistemi sociali si situano in un

“ambiente” complesso e multidimensionale, con il quale

devono fare i conti per poter sopravvivere. Infatti,

l‟ambiente è decisamente più complesso del sistema, ha più

variabili, è imprevedibile: in definitiva, è ambiente tutto

ciò che non fa parte del sistema. Quest‟ultimo, per poter

sopravvivere, deve sviluppare complessità sue al fine di

ridurre quelle dell‟ambiente.

Le tre dimensioni che caratterizzano l‟ambiente sono,

secondo Luhmann, quella “temporale”, quella “materiale

e quella “simbolica”. Pertanto, il sistema deve elaborare

strategie per ridurre la complessità ambientale sotto

questi tre profili. Ogni sistema, inoltre, funziona con un

codice binario: così, il sistema giuridico funziona con la

dicotomia giusto/ingiusto, il sistema scientifico con la

dicotomia vero/falso, quello politico con la dicotomia

potere/non-potere. Non devono verificarsi interferenze o

ingerenze di sistemi, pena l‟estinzione di alcuni di essi.

Nella fase matura del suo pensiero, Luhmann si spinge a

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Conversazioni sul diritto

602

sostenere che ciascuno di noi è un sistema autopoietico,

cioè chiuso in se stesso, autoproducentesi. “Ma se ognuno è

un sistema chiuso in se stesso, com‟è possibile la

comunicazione?” Secondo Luhmann, perché ciò sia

possibile è sufficiente che ci sia un “collegamento” tra

sistemi.

In concreto, un sistema sociale nasce quando azioni

umane vengono connesse tra loro in un insieme dotato di

significato.

Per quanto riguarda il sistema diritto, Luhmann sostiene

che questo agisca allo stesso modo avendo una sua genesi

per osservazione da parte di altri sistemi (politico,

economico, morale, religioso), che sono l‟ambiente per il

sistema diritto. Il centro del sistema diritto è determinato

dai tribunali. In essi c‟è il maggior numero possibile di

argomentazioni giuridiche. Le operazioni del sistema

diritto, per Luhmann, sono sempre operazioni vincenti.

Vince l‟operazione più forte, la parola capace di imporsi

sugli altri e per quanto riguarda la teoria

dell‟interpretazione vince l‟argomentazione più

convincente.

Ritornando al concetto di comunicazione bisogna dire

che essa funziona da attrattore nei confronti degli altri

sistemi ed è proprio su questo che Luhmann introduce una

nuova prospettiva di indagine critica.

Per il sociologo la “comunicazione” non si sostanzia in un

mero trasferimento di informazioni e di dati tra due

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Lezioni a.a. 2010-2011

603

centri di elaborazione ma va intesa come una

padronanza e comunanza di conoscenza preliminare che

consente la selezione e circolazione del messaggio.

Comunicare implica pertanto l‟attivarsi di un sistema

interpersonale all‟interno del quale opera un processo

interpretativo finalizzato al riconoscimento ed

accettazione delle proposte di senso e contenuto, ovvero al

loro rifiuto.

Il concetto di complessità, al contrario, nella

teorizzazione luhmanniana, pur rappresentando un

momento di stretta connessione con la teoria della

comunicazione, profila una dimensione di significato che

la lega di più alle caratteristiche strutturali dei sistemi.

La complessità si presenta, infatti, per Luhmann, come

indispensabile strumento di conoscenza delle varianti

strutturali dei sistemi, mentre di converso, la

comunicazione integra l‟opportunità di un intervento

selettivo sull‟insieme dei dati disponibili.

Il problema della riduzione della complessità non è, però,

solo un problema teorico ma anche un problema pratico

perché l‟uomo è costretto a ridurre la complessità per

sopravvivere.

Luhmann afferma, infatti, che i sistemi biologici hanno

dei confini fisici e temporali (nascita e morte), i sistemi

sociali, invece, si definiscono solamente in base al senso e

ciò che li costituisce è l‟azione: essi sono complessi di

azioni intrecciate che creano una certa stabilità in

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Conversazioni sul diritto

604

seguito all‟instaurarsi di reciproche aspettative. Il

concetto di senso è strettamente legato a quello di

selezione necessaria per ridurre la complessità: per

costruire il senso è necessario selezionare dalle infinite

possibilità offerte dal mondo alcune specifiche possibilità e

attuarle, ma l‟attuazione non è mai definitiva in quanto

implica sempre il porsi di nuove possibilità da cui

selezionare. Il senso è il fattore che dà luogo alla

riduzione della complessità e soprattutto

all‟autoriferimento, che consente la chiusura dei

sistemi569

.

L‟ordine sociale, dunque, secondo Luhmann è possibile

mediante il senso, cioè mediante la formazione di sistemi

sociali che possano mantenersi per un po‟ di tempo entro

confini definiti nei confronti di un ambiente

sovracomplesso.

Luhmann si serve del concetto di riduzione di complessità

anche per spiegare l‟evoluzione storico-sociale e i tratti

caratteristici delle attuali società, le quali hanno un

grado di complessità superiore alle precedenti: è la società

nella sua totalità a diventare, con l‟evoluzione, più

complessa (crescono cioè le quantità e le specie dell‟agire e

dell‟esperire vivente possibili) e proprio questa maggiore

complessità implica la formazione di sistemi differenziati

569

N. Luhmann, Sistemi sociali. Fondamenti di una teoria generale,

cit., p. 761. Recensione di Paolo B. Vernaglione.

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Lezioni a.a. 2010-2011

605

al suo interno (es: nelle società di oggi il diritto, la

morale, la religione costituiscono sistemi autonomi

nell‟ambito della stessa società mentre nelle società

arcaiche era pressoché impossibile non era possibile

distinguere tra i diversi aspetti della società stessa).

71. La complessità in Luhmann

Per la teoria sistemica di Luhmann, non è accettabile né

condivisibile una visione della società moderna unitaria

e onnicomprensiva. Tale modo di indagare ed analizzare

la società risulta dal progresso che tutte le maggiori

scienze hanno avuto nell‟ultimo decennio: dalla fisica

alla scienza generale passando per la matematica si è

segnato uno sviluppo tale che oggi ci permette di

analizzare profondamente ogni aspetto della nostra

quotidianità (si pensi solo a tutti gli esperimenti del CERN

che tentano di riprodurre il big bang), pertanto, si può

dire che la nostra società è una società complessa e va

osservata tenendo conto di tutte le possibilità di analisi

che le „scienze moderne‟ ci offrono. Parlare di una società

complessa significa che per arrivare da un punto definito

genericamente A ad un punto genericamente chiamato B

occorre intraprendere una serie di passaggi. Molto spesso

questi passaggi possono generare confusione e complessità:

in quest‟ottica una società può definirsi organizzata in

Gionata Zaronni.

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Conversazioni sul diritto

606

quanto prevede una serie di procedure volte a ridurre la

complessità.

Parlare di complessità in Luhmann significa sottolineare

come ogni sistema è chiamato innanzitutto a regolare

tutti i propri aspetti al fine di permettere un‟operatività

del sistema stesso e allo stesso tempo portare il sistema a

relazionarsi con l‟ambiente e con tutti gli altri sistemi.

Infatti ogni sistema è inserito nell‟ambiente, complesso e

multidimensionale, con il quale deve sopravvivere perché

l‟ambiente è sicuramente più complesso e ricco di varianti

rispetto al sistema.

Ogni sistema dovrà elaborare una propria complessità per

combattere prima e ridurre poi quella dell‟ambiente. Per

fare una operazione del genere ogni sistema deve

comunicare, entrando cosi in gioco un altro concetto

fondamentale nelle costruzioni teoriche di Luhmann: la

comunicazione.

Luhmann rivaluta la portata della comunicazione

sottolineando come questa non sia semplicemente uno

scambio di informazioni tra due punti o soggetti

qualsiasi che assistono passivamente ma comporta uno

scambio di “contenuti” che dovranno essere selezionati ed

analizzati dai sistemi che li ricevono. I sistemi sono

chiamati a questa operazione perché ognuno di questi è

una struttura complessa chiamata ad organizzare il suo

funzionamento relazionandosi con l‟ambiente esterno che

emette una serie di informazioni che i sistemi devono

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Lezioni a.a. 2010-2011

607

selezionare per evitare la “paralisi funzionale”. Infatti

recepire indiscriminatamente ogni sorta di

“informazione” proveniente dal mondo esterno porterebbe

il sistema a cambiare la sua struttura con una

complessità così alta che il sistema non sarebbe in grado

di adeguarsi in tempo utile ai cambiamenti. Per questo

motivo il sistema seleziona solo ciò che può essere a lui

funzionale, cioè quello che propone esigenze di stabilità,

scartando invece tutto il resto delle comunicazioni.

Raggiunta una certa funzionalità il sistema resta in

equilibrio fino a quando un nuovo elemento esterno

necessario per far evolvere e sviluppare verso il futuro il

sistema, verrà recepito andando a generare una nuova

forma di equilibrio570

.

La comunicazione permette inoltre la vita di tutti i

sistemi. Infatti non permettere tale scambio di

informazioni significa essenzialmente chiudere il sistema

al proprio interno e verso l‟esterno. Interrompere tale

comunicazione comporta la perdita di informazioni verso

il sistema che così resterebbe sempre fermo su una certa

impostazione che non permetterà al sistema in un primo

presente di rispondere alle sue esigenze strutturali

creando caos e in un immediato futuro porterà ad una

570

Tutto ciò testimonia come la società è in continua evoluzione e

ciò che può essere funzionale oggi può diventare disfunzionale

domani perchè oggi si può aver bisogno di una certa procedura ma

domani quella procedura potrà già appartenere al passato.

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Conversazioni sul diritto

608

disfunzionalità che renderà il sistema incapace di

rispondere alle sue esigenze e di coloro che lo vivono

generando soltanto conseguenze negative.

72. La teoria dei sistemi di Luhmann

La teoria dei sistemi è nata come teoria biologica e ha

svolto un ruolo di grande rilievo in discipline come la

cibernetica, la psicologia, la teoria dell‟informazione.

Niklas Luhmann è uno dei rappresentanti più autorevoli

e originali del pensiero sociologico tedesco

contemporaneo: egli è considerato il più grande “teorico

dei sistemi”.

Luhmann parte dalla premessa, che gli elementi primari

ed unici di un qualsiasi sistema sociale non siano gli

uomini, ma gli effetti della comunicazione, ovvero

comunicazioni che producono altra comunicazione.

Senza comunicazione non esiste nessuna forma di sistema

sociale, anzi la chiusura operativa del sistema sociale è

operata proprio sul concetto di comunicazione. Un

sistema sociale (sistema chiuso) è in grado di costituirsi,

ricostituirsi, ma soprattutto di autogestirsi tramite

autoreferenzialità e autopoiesi. Questo è possibile solo

mediante una perenne comunicazione. I sistemi sociali

agiscono, sotto forma di interazione, organizzazione

nella società e sono tanto più in grado di stabilizzarsi

Adriano Zeppa.

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Lezioni a.a. 2010-2011

609

quanto più sono capaci di replicare in modo pertinente

alle sfide provenienti dall‟ambiente. Inoltre un sistema è

in grado di resistere alla pressione dell‟ambiente in stretto

rapporto all‟indice della sua complessità interna: quanto

più la propria organizzazione interna è complessa, tanto

più essa è in grado di tener testa alla crescente

complessità e mobilità ambientale.

L‟opera di Niklas Luhmann segna una svolta nella teoria

sistemica. Luhmann abbandona il «causalismo

ontologico». Se si pretende di spiegare un fenomeno sociale

in base a un rapporto lineare causa-effetto, egli sostiene, si

finisce per ricadere in una concezione deterministica e

ontologico-metafisica dell‟ordine sociale. Nei sistemi

sociali, invece, non solo nessuna causa è sufficiente a

produrre un determinato effetto, ma nessuna causa o

pluralità di cause produce un solo effetto.

Luhmann afferma che i sistemi biologici hanno dei

confini fisici e temporali (nascita e morte), i sistemi

sociali, invece, si definiscono solamente in base al senso e

ciò che li costituisce è l‟azione: essi sono complessi di

azioni intrecciate che creano una certa stabilità in

seguito all‟instaurarsi di reciproche aspettative.

L‟ordine sociale, dunque, secondo Luhmann è possibile

mediante il senso cioè mediante la formazione di sistemi

sociali che possano mantenersi per un po‟ di tempo entro

confini definiti nei confronti di un ambiente

sovracomplesso.

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Conversazioni sul diritto

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Queste innovazioni epistemologiche configurano quello

che Luhmann stesso definisce il passaggio «dalla teoria

sistemica di tipo struttural-funzionalistico a quella di

tipo funzional-strutturalistico». Nella teoria sistemica

tradizionale la struttura ha la preminenza sulla

funzione: dal punto di vista logico, l‟esistenza dei sistemi

sociali composti di determinate strutture precede il

problema delle prestazioni funzionali necessarie a

conservare la loro esistenza. Il sistema è visto come un

insieme, composto da «parti».

Il pensiero luhmanniano ha avuto particolare successo

presso i giuristi e i sociologi della politica. Tale successo è

dovuto alla concezione che esso delinea dello Stato di

diritto. In particolare, Luhamnn afferma che la teoria

giusnaturalistica del diritto, secondo cui ogni norma è

riportabile a principi etici universali, non fa i conti con la

complessità del mondo sociale che deve essere ridotta. E‟ il

diritto positivo ad avere questo compito di imporre

limitazioni all‟infinità delle scelte possibili da parte degli

individui in società. Poiché la validità del diritto non

dipende da principi etici ma da decisioni, Luhmann

afferma che la democrazia non è realmente basata sulle

capacità di decisione dei cittadini, sulle scelte politiche

da effettuare ma piuttosto sul loro rispetto di determinate

regole formali quali quelle del sistema elettorale.

Inoltre in alcune tesi elaborate da Luhmann sul sistema

politico egli sostiene che, in seguito all‟aumento delle

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Lezioni a.a. 2010-2011

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funzioni dello Stato derivante dalla domanda sociale di

benessere, i sistemi politici vengono sottoposti a un

sovraccarico normativo e perdono, con l‟autonomia

funzionale, la loro capacità autoregolativa. Per ovviare a

questi problemi, ritiene opportuno che la politica si

sottoponga a una «autolimitazione funzionale», si

concentri sulla soddisfazione del bisogno di decisioni

collettivamente vincolanti.

73. Teoria sistemico-funzionale di Luhmann e funzione

del diritto

Niklas Luhmann è considerato uno dei rappresentanti più

autorevoli ed originari del pensiero sociologico tedesco

contemporaneo. Nel trattato Sistemi sociali. Lineamenti di

una teoria generale del 1984 Luhmann ha cercato di

organizzare la società nella direzione del “funzionalismo

strutturale”. Ciò che contraddistingue l‟opera di

Luhmann è il tentativo di trasporre i modelli della

biologia e della scienza nella sociologia e nello studio del

diritto. La teoria sociologica di Luhmann è molto più

complessa rispetto alla prevalente sociologia

contemporanea che pone l‟individuo al centro del

problema sociologico.

Egli ammette che i fenomeni sociali vanno studiati in

rapporto con la funzione che essi svolgono per il

Alessandro Zonfrilli.

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Conversazioni sul diritto

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mantenimento del sistema ma critica le teorie

funzionaliste e Parsons in particolare, perchè queste non

distinguono tra causa e funzione. Luhmann descrive la

realtà attuale come complessa e globalizzata, nonché

formata da un insieme di sistemi. Particolare rilevanza

assumono in quest‟ottica i concetti di mondo e ambiente,

il primo è la complessità del reale, l‟ambiente è la

delimitazione delle possibilità che si danno in una

particolare situazione. Per orientarsi nell‟infinita

complessità del mondo, occorre necessariamente una

riduzione della complessità stessa. Luhmann afferma che

mentre i sistemi biologici hanno dei confini fisici e

biologici, i sistemi sociali si definiscono solamente in base

al senso e sono costituiti dall‟ azione, e il senso si

costruisce soltanto attraverso la selezione delle possibilità

offerte dal mondo. Con l‟evoluzione la società diviene

sempre più complessa e ciò rende la formazione di sistemi

differenziati all‟interno della società stessa, come il

diritto, la morale, la religione. In particolare occorre

soffermarsi sul sistema diritto nell‟ambito della teoria

sociologica di Luhmann. Per Luhmann il diritto è un

sistema che ha una sua funzione e nasce per osservazione

reciproca dei sistemi. Tale funzione è emersa nel tempo

nello stesso modo in cui si affermano i fenomeni della

natura: Luhmann sgombra il campo da tutti i riferimenti

ai diritti dell‟uomo e all‟io e afferma che la funzione del

diritto è meramente quella di protezione degli altri

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sistemi sociali. In altri termini dunque il sistema diritto,

come sistema immunitario degli altri sistemi sociali, è

volto a garantire il successo e la continuazione dei

processi che costituiscono ogni sistema. Questa definizione

del diritto finisce per ripercuotersi sulla validità delle

norme, infatti in tal modo si perde ogni riferimento al

libero relazionarsi intersoggettivo e la validità delle

norme rimane legata solo al concetto di contingenza, in

cui il diritto è strumentale al successo degli altri sistemi

sociali. Conseguentemente viene a mancare anche la

definizione di giusto/ingiusto e si compromette la

configurabilità del concetto di imputabilità. Partendo da

questa concezione del diritto si finisce inesorabilmente per

negare la visione dell‟uomo come soggetto di diritto e si

finisce per approdare ad una concezione di uomo come

osservatore-costruttore privo di propria soggettività.

Ancora Luhmann si spinge oltre arrivando a definire il

diritto come mezzo meccanico posto dai sistemi sociali a

garanzia del loro stesso funzionamento e quindi la

configurazione dei concetti di pretesa giuridica e norma

diventa del tutto svincolata da quella dell‟uomo dotato di

soggettività a favore di un uomo visto da una prospettiva

biologico-macchinale.

Questa definizione conduce alla frammentazione dell‟io,

che volta a volta assume una diversa funzione in accordo

con il sistema con cui entra in contatto.

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Conversazioni sul diritto

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Contemporaneamente alla negazione dell‟individualità,

si assiste all‟espandersi del concetto di globalizzazione e

all‟affermarsi della supremazia del sistema mercato.

Luhmann definisce il sistema giuridico partendo dal

codice binario diritto/non diritto e gli attribuisce una

struttura duale come quella dei sistemi biologici o

informatici. La persona viene definita alla stregua di un

sistema psichico e il diritto diventa sempre meno

espressione della morale e dell‟etica.

Concludendo emerge dal pensiero di Luhmann una sorta

di fondamentalismo funzionale in cui il referente

principale del diritto non è più l‟uomo inteso come

oggetto, ma come una delle tante operazioni sistemiche in

cui il relazionarsi degli individui dà vita ai differenti

sistemi sociali.