conversazione cezanne - gasquet

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Cézanne conversazioni con Joachim Gasquet (Les éditions Bernheim-Jeune) Film di Danièle Huillet e Jean-Marie Straub Fotografia Henri Alekan Luci Louis Cochet Assistente Hopi Lebel Operatore Stefan Zimmer Michael Esser MOVIECAM di CINECAM, Argenteuil Suono Louis Hochet Georges Vaglio si ringraziano le edizioni Gallimard per l'estratto dal film di Jean Renoir MADAME BOVARY Antoine Salomon per le fotografie di Paul Cézanne e Virginie Herbin per aver provocato questo film Le opere di Cézanne che abbiamo filmato si trovano nei seguenti musei: NATIONAL GALLERY, London MUSEE D'ORSAY, Paris NATIONAL GALLERY OF SCOTLAND, Edinburgh KUNSTMUSEUM, Basel PETIT PALAIS, Paris COURTAULD INSTITUTE GALLERIES TATE GALLERY, London CABINET DES DESSINS del Museo del Louvre Produzione/Copyright 1989 MUSEE D'ORSAY S.E.P.T. DIAGONALE Straub-Huillet Se sto troppo alto o troppo basso, va tutto in fumo. Non dev'esserci un solo anello troppo lento, un foro dal quale l'emozione, la luce, la verità possa fuggire. Io faccio avanzare, vedete di capire, la mia tela tutta ad un tempo, nel suo insieme. Accosto in uno stesso slancio, in una stessa fede, tutto ciò che si sparpaglia... Tutto quello che vediamo, vero, si disperde, se ne va. La natura è sempre la stessa, ma niente rimane di lei, di ciò che ci appare.

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Page 1: Conversazione Cezanne - Gasquet

Cézanne

conversazioni con Joachim Gasquet(Les éditions Bernheim-Jeune)

Film di Danièle Huillet e Jean-Marie Straub

FotografiaHenri Alekan

LuciLouis CochetAssistenteHopi Lebel

OperatoreStefan ZimmerMichael EsserMOVIECAMdi CINECAM, Argenteuil

SuonoLouis HochetGeorges Vaglio

si ringrazianole edizioni Gallimardper l'estratto dalfilm di Jean RenoirMADAME BOVARY

Antoine Salomon per le fotografiedi Paul Cézanne

e Virginie Herbinper aver provocatoquesto film

Le opere di Cézanne che abbiamo filmato si trovano nei seguenti musei:NATIONAL GALLERY, LondonMUSEE D'ORSAY, ParisNATIONAL GALLERY OF SCOTLAND, EdinburghKUNSTMUSEUM, BaselPETIT PALAIS, ParisCOURTAULD INSTITUTE GALLERIESTATE GALLERY, LondonCABINET DES DESSINSdel Museo del Louvre

Produzione/Copyright 1989MUSEE D'ORSAYS.E.P.T.DIAGONALEStraub-Huillet

Se sto troppo alto o troppo basso, va tutto in fumo.Non dev'esserci un solo anello troppo lento,un foro dal quale l'emozione, la luce, la verità possa fuggire.Io faccio avanzare, vedete di capire, la mia tela tutta ad un tempo,nel suo insieme. Accosto in uno stesso slancio, in una stessa fede, tutto ciò che si sparpaglia...Tutto quello che vediamo, vero, si disperde, se ne va. La natura è sempre la stessa, ma niente rimane di lei, di ciò che ci appare.La nostra arte deve, lei, dare il fremito della sua duratainsieme agli elementi, all'apparenza di tutti i suoi mutamenti. Deve farcela assaporare eterna.Che cosa c'èsotto di lei? Niente forse. Forse tutto.Tutto, capite? Allora congiungo le sue mani erranti...Prendo, a destra, a sinistra, qui, là, dappertutto,le sue tonalità, i suoi colori, le sue sfumature, li fisso, li avvicino...Questi formano linee.Diventano oggetti, rocce, alberi, senza che io ci pensi.Acquistano un volume. Hanno un valore.Se questi volumi, questi valori corrispondono sulla mia tela, nella mia sensibilità, alle superfici, alle macchie

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che ho, che sono lì sotto i miei occhi,ebbene! la mia tela congiunge le mani. Non vacilla.Ma se ho la minima distrazione,il minimo cedimento, soprattutto se un giorno interpreto troppo,se oggi mi conquista una teoria che contrasta quella di ieri, se penso mentre dipingo, se intervengo, patatrac! tutto si dilegua.- Come sarebbe, se intervenite?L'artistanon è che un ricettacolo di sensazioni, un cervello, un congegno registratore.Se interviene, se osa, lui, gracile, mescolarsi volontariamente a ciò che deve tradurre,vi infiltra la sua piccolezza. L'opera è inferiore.- L'artista, insomma, sarebbe dunque per voi inferiore alla natura.No, non ho detto questo. L'arteè un'armonia parallela alla natura. Se il pittorenon interviene volontariamente... intendetemi bene.Tutta la sua volontà dev'essere di silenzio. Deve far tacere in lui tutte le voci dei pregiudizi, dimenticare, dimenticare, fare silenzio, essere un'eco perfetta.Allora sulla sua tavola sensibile,tutto il paesaggio si inscriverà.Per fissarlo sulla tela, per esteriorizzarlo, interverrà in seguito il mestiere,ma il mestiere rispettoso che, anch'esso, è pronto solo ad ubbidire,a tradurre inconsciamente, tanto sa bene la sua lingua, il testo che decifra, i due testi paralleli, la natura vista, la natura sentita, che ambedue devono amalgamarsi...Il paesaggiosi riflette, si umanizza, si pensa in me. Io lo oggettivo, lo proietto, lo fisso sulla tela.D'altra parte,l'odore così blu dei pini, che è aspro al sole, deve sposarel'odore verde delle praterie che lì rinfrescano ogni mattina, insieme all'odore delle pietre,al profumo di marmo lontano della Sainte-Victoire.Bisogna renderlo.E nei colori, senza letteratura.Quando la sensazione è nella sua pienezza, si armonizza con tutto l'essere. Il vorticare del mondo, al fondo di un cervello, si risolve nello stesso movimento che percepiscono, ciascuno con un proprio lirismo, gli occhi, le orecchie, la bocca, il naso... Guardate, se chiudo gli occhi, ed evoco quelle colline di Saint-Marc, è l'odore della scabiosa che mi portano.

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Quando dipingevo la Vecchia con rosario, vedevo una tonalità Flaubert, un'atmosfera, qualcosa di indefinibile, un colore bluastro e rosseggiante che si sprigiona, a me sembra, da Madame Bovary.Avevo un bel leggere Apuleio,per scacciare quest'ossessione che ho creduto per un momento pericolosa, troppo letteraria.Niente da fare. Quel grande blu rosseggiante mi cadeva, mi cantava nell'anima. Vi ero immerso tutto intero.- Si frapponeva tra voi e la realtà, tra i vostri occhi e il modello?Niente affatto. Era sospeso,come altrove.Io scrutavo tutti i dettagli degli abiti, la cuffia, le pieghe del grembiule,decifravo il sornione volto. Solo molto più tardiho constatato che la faccia era rosseggiante, il grembiule bluastro,come se solo una volta terminato il quadro mi fossi ricordato della descrizionedella vecchia serva ai comizi agricoli.

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Estratto da Madame Bovary di Jean Renoir: dialoghi

I comizi agricoli luglio 1841

Mme B. ... decisamente non ero fatta per essere madre. Questa bambina mi esaspera.Félicité Eppure è proprio una bella bambina.A me, se fossi sposata, piacerebbe averne una così.Mme B. Berthe lasciami stare, vai a giocare.Ma cos'ha insomma da aggrapparsi così.E' strano, io la trovo brutta.Se avessi saputo l'avrei lasciata a balia.Félicité ma è una distrazione, signora, un bambino.Mme B. Lo credevo...Ma vedi, Félicité, io credo chenulla mi può distrarre.Mi annoio tanto, sai, è tutto così piatto, così banale.Ho voglia di imparare l'italiano e di scappare all'estero.Félicité Ma perché! Avete tutto quello che volete qui.

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Non c'è settimana in cui Monsieur Lheureux non vi porti qualcosa.Volete una sciarpa?Mme B. Sì. Quella dicachemir blu.Oh dio mio dio miodio mio cos'ho fatto?Amore mio, angelo mio.Ti amo tanto.Sei così bella!

Homais Credetemi, caro miodatevi alla chirurgia.Avete un'occasione magnificacon Hippolyte lo zoppo.Successo quasi certo.Sollievo e miglioramento estetico del malato.Rapida notorietà per il chirurgo.Cosa che d'altrondeaumenterebbe le vostre risorsee vi permetterebbe di portare madame Bovaryin un ambiente più raffinato.Perché lo dico ovunquee a tutti quanti:quella donna è degna di una sottoprefettura.Ah ma ecco qui monsieur Boulanger,buongiorno mio caro.Rodolphe Buongiorno.Homais Non conoscete il nostro dottoreMonsieur Bovary.M. Rodolphe Boulanger, proprietario del castello della Huchette.Rodolphe Onoratissimo signore.Non andate ai comizi ?E' ora, le tribune sono piene.M. B. Vorrei prima passare a prendere mia moglie.M. B. Ti presento Monsieur Rodolphe Boulanger,della Huchette.Emma Bovary,mia moglie.Rodolphe Onoratissimo, signora.Mme B. Signore. Mi scuserete,ma non sono pronta,vi raggiungerò più tardi.Homais Per me farei volentieri a menodi assistere a discorsiche non sono affatto conformialle mie opinioni politiche.Rodolphe Andate avanti con M. BovarySe Mme Bovary permette, l'aspetteròe verrò con lei.M. B. Sbrigati.Mme B. Siete troppo gentile, signore.Se volete sedervi un minuto.

Donna Hippolyte!M. Homais ti chiama.Homais Non saresti contento se ti facessimoun bel piede nuovo nuovoinvece di trascinare le scarpe chiodatecon questo rumor di ferraglia?Hippolyte Ma a me non dà affatto fastidio, anzi.Son così abituato che mi sembra ancora più solida dell'altra.E poi, un'operazione...Uh, deve far male;e non ci tengo ad essere scannatocome un porco.Homais Non siamo più ai tempi del Medioevo;nel nostro secolo si operano benissimo i piedi torti,perlomeno nel caso di valgus vulgaris.A malapena sentiresti un leggero dolore comese ti estirpassimo un callo.Monsieur Bovary te lo farebbe con gran delicatezza,non ti costerebbe un centesimo,e dopo saresti bello come un Adone.Hippolyte Bah... vedrò.Non dico di no.Ahah, servono sedie da queste parti,le vado subito a prendere in chiesa. Ecco il signor prefetto,ho giusto il tempo.Homais Un semplice valgus.

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Rodolphe ... sentire ciò che è grandedi amare ciò che è bello,e non certo di accettare tutte le convenzioni della societàcon le ignominie che essa impone.Mme B. Bisogna pur seguire un po' l'opinione del mondoe obbedire alla sua morale.Rodolphe Io non credo alla morale del mondoCredo all'altra,quella eterna,che ci ordina di proscrivere la menzogna.Mme B. Davvero?Alloravoi non mentite mai?Rodolphe Mai.

Oratore "Catherine Niquaise Elisabeth Lerouxa servizio per 54 anni nella stessa fattoria,una medaglia d'argento del valore di 25 Franchi."Dov'è madame Leroux?Contadino Ma vai... visto che te la danno, la medaglia, avanti.Oratore Prendete, è per voi.Mme Leroux La darò al curato là da noiperché mi dica una messa.Homais Che fanatismo!

Rodolphe Non lasciatevi andare alla tristezza.In fondo, se si è ben decisi,si trova sempre di che distrarsi.Mme B. A Joinville!Rodolphe Sìanche solo le passeggiate a cavallo.Al mattino nella rugiada.Ecco qualcosa che ridarebbe dei bei colori alle vostre gote.Mme B. Ah il cavallo!una volta mi piaceva,ma tanto tempo fa.Rodolphe Tanto tempo fa! Mi fate ridere.Guardate!ho appuntouna piccola giumentadocile come un agnellinoe che si annoia a non far niente. Vi propongo di montarla.Vedrete come riprenderete gusto alla vita galoppando nei boschi.Mme B. Ma - non ho nemmeno l'amazzone.Rodolphe Oh non ci vuole molto a farla fare.Mme B. No davvero non... non bisogna pensarci.Rodolphe E perché?Mme B. Ma andiamo, i commenti!il "cosa dirà la gente"!Rodolphe Oh! E' una cosa che non mi turberebbe se fossi in voi.Del resto cosa si può trovare da ridireal fatto che la moglie di un medicovada a cavallo per mantenersi in buona salute?Mme Ah... voi avete davvero un modo di girare le cose...Rodolphe Allora... allora è sì?Mme B. Ma quanta precipitazione.Lasciatemi riflettere.

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Vi dicevo poc'anzi che il cervello,libero,dell'artista dev'essere come una tavola sensibile, un congegno registratore, semplicemente,nel momento in cui opera. Ma questa tavola sensibile,immersioni sapienti l'hanno condotta al punto di ricettività in cui puòimpregnarsi dell'immagine coscienziosa delle cose.Un lungo lavoro,la meditazione, lo studio, sofferenze e gioie,la vita l'hanno preparata.Una meditazione costante dei procedimenti dei maestri. E poi,l'ambiente in cui ci muoviamo abitualmente... Questo sole,ascoltate un po'...La casualità dei raggi, il cammino, l'infiltrazione, l'incarnazione del sole attraverso il mondo,chi dipingerà mai questo?chi lo racconterà? Sarebbe la storia fisica, la psicologia della terra.

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5(Empedocle 1)

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Tutti più o meno, esseri e cose,non siamo che un poco di calore immagazzinato, organizzato,un ricordo di sole,un po' di fosforo che brucia nelle meningi del mondo.La morale sparsa del mondoè lo sforzo che fa forse per ridiventare sole.E' qui la sua nozione, il suo sentimento, il suo sogno di Dio.In ogni luogo un raggiobussa ad una porta oscura. Una linea in ogni luogo contorna,tiene una tonalità prigioniera. Io voglio liberarle.La delicatezza della nostra atmosferaè legata alla delicatezza del nostro spirito. Sono l'una nell'alltra.Il coloreè il luogo in cui il nostro cervello e l'universo si incontrano.Quardate questa Sainte-Victoire..Che slancio, che sete imperiosa del sole, e che malinconia, la sera, quando tutta quella pesantezza ricade.Questi blocchi erano fuoco.C'è fuoco ancora in essi. L'ombra,il giorno, sembra indietreggiare tremando, aver paura di loro;quando passano grandi nuvole, l'ombra che ne cadefreme sulle rocce, come bruciata,bevuta all'istante da una bocca di fuoco.Per molto temposono rimasto senza potere, senza saper dipingere la Sainte-Victoire, perchéimmaginavo l'ombra concava,come gli altri che non guardano,mentre, ecco, guardate, è convessa, fugge dal suo centro.Al posto di accalcarsi, evapora, si fluidifica. Partecipa tutta azzurrata alla respirazione circostante.Come là, a destra, sul Pilon du Roi, vedete al contrarioche il chiarore si culla, umido, scintillante. E' il mare.Ecco cosa bisogna rendere.

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Pensate che la storia del mondo data dal giorno in cui due atomi si sono incontrati, in cui due vortici, due danze chimiche si sono combinate.Quei grandi arcobaleni, quei prismi conici, quell'alba di noi stessi al di sopra del vuoto,li vedo salire, me ne saturo leggendo Lucrezio. Sotto quella fine pioggia respiro la verginità del mondo. Un senso acuto delle sfumature mi lavora. Mi sento colorato da tutte le sfumature dell'infinito. In quel momentoformo una cosa sola col mio quadro. Siamo un caos iridato. Il sole mi penetra sordo, come un amico lontano, che riscalda la mia pigrizia, la feconda. Germogliamo.Mi sembra, quando la notte torna a scendere, che non dipingerò e che non ho mai dipinto.Ci vuole la notte perché io riesca a staccare gli occhi dalla terra, da quell'angolo di terra in cui mi sono fuso.Un bel mattino, l'indomani, lentamentele assise geologiche mi appaiono,si stabiliscono strati, i grandi piani della mia tela,ne disegno mentalmente lo scheletro pietroso.Vedo affiorare le rocce sotto l'acqua, pesare il cielo. Tutto precipita e si combina.Una pallida palpitazione avvolge gli aspetti lineari. Le terre rosse escono da un abisso.Incomincio a separami dal paesaggio,a vederlo.Una tenera emozione mi prende. Dalle radici di quell'emozione sale la linfa, i colori.Una sorta di parto.Una logica aerea, colorata, sostituisce bruscamente la scura, ostinata geometria. Tutto si organizza, gli alberi, i campi, le case. Io vedo.A macchie.L'assisa geologica, il lavoro preparatorio, il mondo del disegno sprofonda,è crollato come in una catastrofe. Un cataclisma l'ha trascinato, rigenerato.Una nuova era vive. Quella vera! Quella in cui nulla mi sfugge,in cui tutto è denso e fluido ad un tempo,naturale.Non c'è più altro che colori,e in essi del chiarore, l'essere che li pensa, quest'ascesa della terra verso il sole, questa esalazione dal profondo verso l'amore.Il genio sarebbeimmobilizzare questa ascensionein un minuto di equilibriosuggerendo tuttavia il suo slancio.Mi voglio impadronire di questa idea, di questo getto di emozionedi questo fumo di essere sopra all'universale braciere.La mia tela pesa, un peso grava sui miei pennelli.Tutto cade. Tutto cade sotto l'orizzonte.Dal mio cervello sulla tela, dalla mia tela verso la terra.Grevemente.

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Dov'è l'aria, la leggerezza densa?C'è un minuto del mondo che passa.Dipingerlo nella sua realtà!E per questo dimenticare tutto. Diventare lui stesso. Essere allora la tavola sensibile.Dare l'immagine di ciò che vediamo, dimenticando tutto ciò che si è mostrato prima di noi.- E' possibile?

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Io l'ho tentato.Non è ancora stato scopertoche la naturaè più in profondità che in superficie. Si può modificare, adornare, agghindare la superficie,non si puòtoccare la profondità senza toccare la verità. Un bisogno salubre di essere veri vi prende. Sbattereste giù la tela piuttosto cheinventare, immaginare un dettaglio.Si vuole sapere.- Sapere?Sì, io voglio sapere. Sapere per meglio sentire, sentire per meglio sapere. Pur essendo il primo nel mio mestiere, voglio essere semplice. Coloro che sanno sono semplici.La semplicità, l'immediatezza.Tutto il resto non è che un fanfaronare, un montarsi la testa.

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Vi spalmo, non so perché.In fondo, non penso a niente, quando dipingo. Vedo dei colori. Soffro, gioisco a trasportarlicosì come li vedosulla mia tela. Si sistemano come capita, come vogliono.C'è una logica colorata, perbacco.Il pittore non deve obbedienza che ad essa.Mai alla logica del cervello: se vi si abbandona, è perduto.Sempre a quella degli occhi.Se sente giusto, penserà giusto, andiamo. La natura si arrangia sempre, quando la si rispetta,per dire cosa significa.La natura, io ho voluto copiarla,non riuscivo. Avevo un bel cercare, girare, prenderla in tutte le direzioni.Irriducibile.Da ogni lato.Ma sono stato contento di me quando ho scoperto che il sole, per esempio, non poteva essere riprodotto, ma che bisognava rappresentarlo tramite altro...tramite il colore.Tutto il resto, le teorie, il disegno, le idee, le sensazioni stessenon sono che deviazioni. Si crede a volte di prendere delle scorciatoie, si allunga. Non c'è che una strada che può rendere tutto, tradurre tutto:il colore.I contadini sentono spontaneamente, di fronte a un giallo, il gesto del raccolto da iniziare,come io dovrei, davanti alla stessa sfumatura in maturazione, saper porre per istinto sulla tela la tonalità che corrisponde e che farebbe ondeggiare un quadrato di grano.Di pennellata in pennellata così la terra rivivrebbe. A forza di lavorare il mio campo vi crescerebbe un bel paesaggio.

10(Empedocle 2)

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Avere quegli occhi da pittore che,nel solo colore, vedono l'oggetto, se ne impossessano, lo legano in sé ad altri oggetti.Non si è mainé troppo scrupolosi, né troppo sinceri, né troppo sottomessi alla natura; ma si è più o menopadroni dei propri mezzi espressivi.Bisogna adeguarli al modello. Non piegarlo a sé, ma chinarsi verso di lui. Dipingere ciò che si ha davanti e perseverare.Voi non immaginate le scoperte che vi attendono allora. Andiamo, per i progressi da realizzare, non c'è che la natura,e l'occhio si educa al suo contatto. Diventa concentrico a forza di guardare e di lavorare.- Come concentrico?Voglio dire che in un'arancia,in una mela, una palla, una testa,c'è un punto culminante, e quel punto è sempremalgrado il terribile effetto: luce, ombra, sensazioni coloranti,è sempre il più vicino al nostro occhio.I bordi degli oggetti fuggono verso un centro,posto sul nostro orizzonte.Ho scritto ad un pittore che era venuto a trovarmie che ne fa, lui, di teorie.Gli dissi,

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gli ho scritto, riassumendo:"Trattare la natura attraverso il cilindro, la sfera, il cono,il tutto messo in prospettiva, ossiache ogni lato di un oggetto, di una superficie,si diriga verso un punto centrale.Le linee parallele all'orizzontedanno l'estensione,ossia una sezione della natura o, se preferite,dello spettacolo che il Pater omnipotens aeterne Deus sciorina sotto i nostri occhi.Le linee perpendicolari a questo orizzontedanno la profondità.Ora, la natura,per noi,uomini,è più in profondità che in superficie, donde la necessità di introdurre nelle nostre vibrazioni di luce,rappresentate dai rossi e dai gialli,una somma sufficiente di azzurrati,per far sentire l'aria."Era un giorno di pioggia quando ho scritto questo. E' impossibile con un tempo piovosopraticare all'aria apertaquste teorie che in fondo io so essere giuste.Ma la perseveranzaci porta a comprenderegli internicome tutto il resto.Sole, le vecchie presunzioniostruiscono la nostra intelligenza, che ha bisogno di essere frustata... Tutto ciò che vi racconto, la sfera, il cono, il cilindro, l'ombra concava, tutte le mie personali presunzioni,nelle mattinate di stanchezza, mi mettono in vena, in una eccitazione straordinaria.Le dimentico presto, non appena vedo.

12I colori sono l'espressione,in superficie,della profondità. Salgono dalle radici del mondo. Sono la vita, la vita delle idee.Il disegno, lui,è tutto astrazione.Quindi non bisogna mai separarlo dal colore.Non appena gli arriva la vita, non appena esprime delle sensazioni,si colora.Alla pienezza del colore corrisponde semprela pienezza del disegno. In fondo,mostratemi qualcosadi disegnatonella natura. Dove? Dove?Avevo ancora annotato questo:"Le sensazioni coloranti che danno la lucesono cause di astrazioni, che non mi permettono di coprire la mia tela,né di procedere nella delimitazione degli oggetti, quando i punti di contatto sono tenui, delicati;dal che emerge che la mia immagine (o quadro) è incompleta.Su altro versante i piani cadono gli uni sugli altri,donde l'incastonatura neo-impressionista che circoscrive i contornicon una linea nera, difetto che occorre combattere con tutte le forze.Ora, la naturaconsultataci dà i mezzi per raggiungere questo obiettivo.- Sarebbe?

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I piani nel colore,i piani! Il luogo colorato in cui l'anima dei piani si fonde,il calore prismatico conquistato, l'incontro dei piani nel sole.Io costruisco i piani con le mie tonalitàsulla tavolozza, capite...Bisogna vedere i piani...Nettamente.Ma strutturarli, fonderli. Devono girare e al tempo stesso interporsi.I volumi soltanto importano.Ariatra gli oggetti per dipingere bene.Come sensazione tra le ideeper pensare bene.Il bitume è piatto. La logica è corta. Si dipinge in cantine dove non ci sono più piani. Ci si garrota nei sillogismi dove non c'è più intuizione. Cartone.Si deve rigonfiare. Capite? Bisogna apparentare i contrastinella giusta apposizione

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delle tonalità.Il minimo mancamento dell'occhiofa crollare tutto.

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E io... è tremendo,il mio occhio si incolla al tronco,alla zolla.Soffro a strapparvelo,tanto qualcosa mi trattiene.Gli occhi,me lo dice mia moglie, mi escono dalla testa, tutti iniettati di sangue... Una specie di ebbrezza, di estasi mi fa vacillare come in una nebbia,quando mi alzo dalla tela...Voglio perdermi nella natura, rispuntare con lei,come lei avere le tonalità testarde delle rocce,l'ostinazione razionale del monte, la fluidità dell'aria, il calore del sole.In un verdeil mio cervello intero scorrerà con il fiume di linfa dell'albero.

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La cosa insensata, è avere una mitologia preformata, idee precostituite di oggetti,e copiare questeal posto del reale, quelle immaginazioni al posto di questa terra.I falsi pittorinon vedonoquest'albero, il vostro viso, quel cane,ma l'albero, il viso, il cane. Non vedono niente.Niente è mai uguale.Loro,una specie di tipo fisso, annebbiato, che si passano dall'uno all'altro,galleggia sempre sospeso tra i loro occhi - hanno degli occhi? - e il loro modello.Il galantuomo ha il suo codice nel sangue.Il geniosi forma vivendoil suo proprio codice. Sì, sì, il genio, che non ignora nulla degli altri,si forma il proprio metodo.- Un metodo?Il mio,vedete, io non ne ho mai avuto altri,è l'odio per l'immaginativo.Il mio metodo, il mio codice, è il realismo... L'immensità, il torrente del mondoin un mignolo di materia.Credete che sia impossibile? La perpetuità colorata del sangue.La sera del mondo cade.La pittura, insieme a tutto, se ne va.Felice se mi lasciano in pace, a crepare nel mio angolo lavorando.

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Io dipingo le mie nature morteper il mio cocchiere che non ne vuole sapere,le dipingo perché i bambini in braccio ai nonnile guardino mentre mangiano e parlottano.Non le dipingo per l'orgoglio dell'imperatore di Germania e la vanità dei commercianti di petrolio di Chicago.

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Sarebbe meglio che mi dessero un muro di chiesa, una stanza di ospedaleo del municipio,e mi dicessero: "Statevene lì... Dipingeteci un matrimonio, una convalescenza, un bel raccolto..."Allora, forse, tirerei fuori quel che ho nella pancia, quello che mi porto dentro da quando sono nato, e sarebbe della pittura.

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La pittura, è maledettamente difficile. Crediamo sempre di averla in mano,non ci siamo mai. Non si sa mai il proprio mestiere. Potrei dipingere cent'anni, mille anni senza fermarmi, e mi sembra che non saprei niente.Io mi divoro, mi ammazzo, a coprire cinquanta centimetri di tela...Non fa niente... E' la vita.

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E' terribile,la vita!