con o senza foglio…

5
| 80 | Cronaca Filatelica n.363 | luglio/agosto 2009 Con o senza foglio… Clemente Fedele servizi postali, a cavallo del 2000, sono stati in- vestiti da una rivoluzione che nessuno, in precedenza, avrebbe potuto neanche im- maginare. E a ben intende- re, il monopolio si è sbricio- lato tra le mani dei detentori nel momento in cui il foglio di carta da lettere ha per- so di valenza comunicazio- nale. Computer in ogni casa, e rete Internet che li collega, hanno infranto un baluar- do del vivere civile attestato- si per secoli intorno alla tra- smissione a distanza in tem- po reale di oggetti cartacei. Quelle strutture avevano re- sistito a lungo, governando e condizionando la comunica- zione scritta interpersonale. Noi in verità continuiamo Storia ed evoluzioni della carta da lettere, che sembra essere destinata ad essere sostituita dalle sempre più moderne scritture virtuali a ricevere messaggi trami- te portalettere, magari an- che con francobollo sopra, o per i quali ci tocca arriva- re all’ufficio postale, ma la maggior parte del traffico sembra destinata ad essere sostituita da forme di scrit- tura virtuali. Anche la noti- fica degli atti giudiziari, og- gi un business per Poste Ita- liane Spa, sarà sostituita da flussi di posta elettronica certificata. E proprio ora che carta e buste da lettere – come for- me comuni d’interazione – paiono avviarsi sulla via del tramonto è il momento di pensare ad un loro recupero in chiave storica e culturale, sia sotto forma di collezio- ne dei tanti tipi di suppor- to che hanno scandito la co- municazione epistolare, sia in termini di marketing da XXI secolo perché nicchie di clientela letterata, o di cir- costanze nelle quali il sup- porto cartaceo fa la differen- za, non verranno mai meno. Cronaca Filatelica, per co- minciare, ha pensato di of- frire ai lettori tre puntate di spunti storico postali: la pri- ma dedicata ai fogli di car- ta da lettera, la seconda in- centrata sulle buste e la ter- za per una passeggiata tra le regole del galateo epistolare. Finora i cultori di storia po- stale si sono dimostrati po- co attenti al valore dei sup- porti cartacei che danno vita ai “pezzi”, oggetto invece di molte voglie. Diversi motivi spiegano questo ritardo cul- turale ma non giustificano la perdurante mancanza di ri- gore nell’approccio a mate- riali senza i quali non esiste- rebbero né lettere né servizio postale. Purtroppo la lette- ratura filatelica continua ad usare l’espressione “lettera” nell’accezione risorgimen- tale, superatissima, per in- dicare sia la busta che il fo- glio con il testo, benché sia- no due generi distinti. E in più, nel caso delle buste, non tiene conto delle differenze tra busta e soprascritta. Ep- pure una disciplina specia- listica dovrebbe considerare un punto d’onore saper di- stinguere gli elementi ma- teriali che la caratterizzano, identificandoli con proprie- tà lessicali. In un panorama tanto tra- dizionalista, l’inizio di mil- lennio saluta con curiosità la pubblicazione di Giovanni Riggi di Numana, Il segre- to epistolare nel periodo del- la comunicazione della car- ta (Torino Cortina ed. 2008) che suggerisce al collezioni- sta percorsi nuovi. L’invito è a spostare l’attenzione dai francobolli, dai timbri, dai segni di tassa al sottostan- Evocativo ritratto, conservato al Louvre, di monsignor de la Marche, vescovo di Tarde, rifugiato in Inghilterra dopo il 1789 e ritratto dal Danloux vicino ad un tavolo letteralmente immerso nei fogli di carta da lettere

Upload: others

Post on 23-Nov-2021

4 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

| 80 |

C ro na ca Fi l at e l i c a n . 3 6 3 | l u g l i o / ag o sto 2 0 0 9

Con o senza foglio…

Clemente Fedele

servizi postali, a cavallo del 2000, sono stati in-vestiti da una rivoluzione

che nessuno, in precedenza, avrebbe potuto neanche im-maginare. E a ben intende-re, il monopolio si è sbricio-lato tra le mani dei detentori nel momento in cui il foglio di carta da lettere ha per-so di valenza comunicazio-nale. Computer in ogni casa, e rete Internet che li collega, hanno infranto un baluar-do del vivere civile attestato-si per secoli intorno alla tra-smissione a distanza in tem-po reale di oggetti cartacei. Quelle strutture avevano re-sistito a lungo, governando e condizionando la comunica-zione scritta interpersonale.Noi in verità continuiamo

Storia ed evoluzioni della carta da lettere, che sembra essere destinata ad essere sostituitadalle sempre più moderne scritture virtuali

a ricevere messaggi trami-te portalettere, magari an-che con francobollo sopra, o per i quali ci tocca arriva-re all’uffi cio postale, ma la maggior parte del traffi co sembra destinata ad essere sostituita da forme di scrit-tura virtuali. Anche la noti-fi ca degli atti giudiziari, og-gi un business per Poste Ita-liane Spa, sarà sostituita da fl ussi di posta elettronica certifi cata.E proprio ora che carta e buste da lettere – come for-me comuni d’interazione – paiono avviarsi sulla via del tramonto è il momento di pensare ad un loro recupero in chiave storica e culturale, sia sotto forma di collezio-ne dei tanti tipi di suppor-

to che hanno scandito la co-municazione epistolare, sia in termini di marketing da XXI secolo perché nicchie di clientela letterata, o di cir-costanze nelle quali il sup-porto cartaceo fa la differen-za, non verranno mai meno. Cronaca Filatelica, per co-minciare, ha pensato di of-frire ai lettori tre puntate di spunti storico postali: la pri-ma dedicata ai fogli di car-ta da lettera, la seconda in-centrata sulle buste e la ter-za per una passeggiata tra le regole del galateo epistolare.Finora i cultori di storia po-stale si sono dimostrati po-co attenti al valore dei sup-porti cartacei che danno vita ai “pezzi”, oggetto invece di molte voglie. Diversi motivi spiegano questo ritardo cul-turale ma non giustifi cano la perdurante mancanza di ri-gore nell’approccio a mate-riali senza i quali non esiste-rebbero né lettere né servizio postale. Purtroppo la lette-

ratura fi latelica continua ad usare l’espressione “lettera” nell’accezione risorgimen-tale, superatissima, per in-dicare sia la busta che il fo-glio con il testo, benché sia-no due generi distinti. E in più, nel caso delle buste, non tiene conto delle differenze tra busta e soprascritta. Ep-pure una disciplina specia-listica dovrebbe considerare un punto d’onore saper di-stinguere gli elementi ma-teriali che la caratterizzano, identifi candoli con proprie-tà lessicali.In un panorama tanto tra-dizionalista, l’inizio di mil-lennio saluta con curiosità la pubblicazione di Giovanni Riggi di Numana, Il segre-to epistolare nel periodo del-la comunicazione della car-ta (Torino Cortina ed. 2008) che suggerisce al collezioni-sta percorsi nuovi. L’invito è a spostare l’attenzione dai francobolli, dai timbri, dai segni di tassa al sottostan-

Evocativo ritratto, conservato al Louvre, di monsignor de la Marche, vescovo di Tarde, rifugiato in Inghilterra dopo il 1789 e ritratto dal Danloux vicino ad un tavolo letteralmente immerso nei fogli di carta da lettere

| 81 |

C ro na ca Fi l at e l i c a n . 3 6 3 | l u g l i o / ag o sto 2 0 0 9

te supporto che li veicola, facendo caso alle modali-tà grazie alle qua-li un semplice pez-zo di carta si è tra-sformato in lettera o in biglietto o in cartolina, tutti og-getti “potenti” dal punto di vista psi-cologico e sociale, letterario e politico che la legge non ha mancato di disci-plinare.Per secoli le ta-riffe postali si so-no basate sull’uni-tà di misura del fo-glio di carta essen-do impossibile, an-che a causa del-le diversità di for-mato e di gramma-tura, far conto sul peso esatto. Il siste-ma tariffario a fo-glio, o a volume, in Italia è cessato dopo il 1860, ma basta alzare lo sguardo per riscontrarlo ancora og-gi in nazioni evolute come gli Stati Uniti d’America. E dunque chi fa storia posta-le, e ama star dietro a tante minuzie, non consuma male il suo tempo ogni volta che si ferma ad osservare l’evo-luzione dei rapporti tra fogli di carta da scrivere e servi-zio postale.Ogni foglio, per il solo fat-to di starci davanti, è un elemento che ci attira per-ché come dice Marina Mes-sineo, “la carta da lettere è invitante al colloquio con gli altri, o anche solo con noi stessi, è come uno spec-chio che attende il rifl esso di un’immagine, quella della nostra calligrafi a”.Per secoli ogni foglio è sta-to fabbricato artigianalmen-te con tecniche che prevede-vano l’utilizzo di una forma di legno con incassato un se-taccio piano che il mastro cartaio immergeva nel tino

contenente la pasta di strac-ci macerati ed estraeva scuo-tendola in modo da span-dere un velo uniforme di fi -bre sul piano della forma. Assestandosi, le fi bre si uni-vano, l’acqua scolava, e na-sceva il foglio. Poi pressato e appeso al fi lo ad asciuga-re. Basta aprire uno dei no-stri fogli protocollo, o uso bollo, per ritrovare nella pie-ga il segno del fi lo degli anti-chi stenditoi e avere davan-ti agli occhi il foglio di car-ta da lettere della tradizione. Dopo il 1800 nel processo di fabbricazione entreranno le macchine a ci-lindro conti-nuo, dalle qua-li la carta esce in bobina. An-che l’adozione della busta, do-po il 1860, in-ciderà sul mo-dello comune di carta da let-tere fi no al fo-glio unico ver-ticale, non pie-

gato, di oggi.In materia di scrittura po-stale un certo gusto per l’an-tico si è co-munque sedi-mentato. Per questo si ven-dono anco-ra fogli di car-ta da lettere (e buste) uso ma-no, cioè fab-bricati a mac-china ma con impasto anti-chizzato e fal-si segni di te-laio. E in città occhieggiano le vetrine del-le cartolerie di lusso con ma-teriali per scri-vere di gusto rétro.Peculiarità dei fogli fatti a mano, che an-cor si fabbri-cano, è la trac-cia visibile dei segni di tela-

io, cioè i fi li del setaccio, sia quelli funzionali, le cosid-dette vergelle, sia quelli ag-giunti a scopo d’identifi ca-zione o di garanzia, vale a dire le fi ligrane. Esistevano comunque anche fogli fab-bricati a mano il cui telaio, grazie ad un reticolo parti-colare, non lasciava traccia.Le forme usate in cartiera hanno condizionato il for-mato dei materiali postali. Pure lo spessore poteva va-riare, anche se quelli episto-lari erano comunque pro-dotti sottili. Gli scriventi let-

tere costituivano un pubbli-co esigente sempre in cer-ca di carta di miglior quali-tà, cioè fabbricata con mate-rie prime scelte, rifi nita con cura. La penna d’oca su una carta a mano non sempre scorreva bene e la qualità del supporto faceva la diffe-renza. Per questo i fogli su-bivano azioni di pressatura, incollaggio, lisciatura. Il pia-cere della buona carta si tra-smetteva sia alla mano che all’occhio e le sfumature di un tempo non sfuggono alla lente del collezionista.Nel 1809 il Foscolo appe-na giunto a Pavia per inse-gnarvi all’università, volen-dosi far sentire con gli amici e i benefattori di Milano, si trovò in imbarazzo per non avere carta da lettere giu-sta. Pur dovendo ringrazia-re il conte Giovio, si limi-tò a scrivere al fi glio, il con-tino Paolo, col quale era più in confi denza, perché i fogli non erano suffi cientemen-te da rispetto. “Paolo mio, io voleva rispondere a tuo pa-dre, ma io non aveva che di questa cartaccia in cui ti re-galo l’edizione della mia let-tera fraterna; ho mandato a cercare e ricercare per car-ta, oggi è festa, e noi siamo poco pratici di Pavia. Co-sì ho temporeggiato sino ad ora, cinque e tre quarti, e mi sento già intorno all’orec-chio le campane dell’avema-ria, e il corriere parte alle sette. Mando dunque a te la cartaccia che io non ardisco presentare al Conte, tanto più che l’ultima sua lettera è in foglio nitido”. E solo una settimana più tardi avreb-be scritto al capo di casa, la-mentandosi anche delle pen-ne “ch’io non ne trovo alcu-na che secondi la mia fretto-losissima mano, e che com-pensi chi leggerà questo ca-rattere a geroglifi ci” e spie-gando che “il puntiglio del-la carta triviale mi fè scri-vere più di un’ora a Paoli-

Immagine del mastro cartaio all’opera, dal

libro Book of trade del 1698

Forma per la fabbricazione dei fogli di carta da lettere con i segni per la fi ligrana da un libro inglese del ‘700

| 82 |

C ro na ca Fi l at e l i c a n . 3 6 3 | l u g l i o / ag o sto 2 0 0 9

no, mentre io dovea pure ri-spondere al Conte... E si ve-de anche che io, dilettante di carta linda, ne cerco invano in questa città letterata, e ne compro a quinternetti della cattiva aspettando a risme la buona da Milano”.È una pista storiografi ca inusuale quella che rileva il rango di Milano, capitale di stato, dalla qualità della car-ta. Anche da questi partico-lari comunque si distingue-va il potere. Il viceré princi-pe Eugenio aveva condotto con sé lo stile di Napoleone imperatore e re, che amava fogli di piccolo formato, pie-gati in due, di ottimo impa-sto, semplici ma impreziositi dal taglio dorato. Anche dal-le parole del Foscolo trapela l’attenzione dei mittenti per la scelta del supporto. E non solo tra chi era in alto nella scala gerarchica. Un motivo frequente di scuse, in umili mittenti, era di scrivere ben-ché privi della carta giusta. Ed è facile in archivio, o in giro per mercatini, osservare carte e buste la cui adozione non era frutto di scelte ca-suali ma rispondeva a regole di appartenenza sociale, in un mondo di gesti epistola-ri in perenne oscillazione tra il fattore norma, per natura conservativo, e il cangiante effetto moda.Nel 1835 Giacomo Leopar-di, da Napoli, rispondeva al-la sorella leggendo da alcu-ni particolari estrinseci del-le sue lettere i segni della so-cietà che cambia: “Cara Pil-la, io sapeva che Recanati aveva le strade lastricate, e rifatte le facciate de’ mona-ci e del palazzo Luciani, ma anche la carta di Bath, e le ostie da suggellare stampa-

te? Si vede che la civiltà fa progres-si grandi da per tutto”.La sorpresa del poeta per la nuo-va carta da let-tere inglese usa-ta a Recanati, pa-ese che lui giudi-cava una tomba, anche postalmen-te, si collega alle novità dell’indu-stria che riforniva il mercato di fogli più leggeri, uni-formi, scorrevo-li: la celebre “car-ta velina” in gra-do di aumenta-re il piacere del-lo scrivere. Produ-zione estera era si-nonimo di raffi na-tezza. Le cartiere dello Stato ponti-fi cio, ed italiane in generale, non era-no ancora in gra-do di soddisfa-re questo gusto. Anche qui comunque si cominceranno a produrre fogli di carta da lettere senza più segni di te-laio, cioè tipo velina, pur se fabbricati a mano e in segui-to arriveranno le macchine della continua.Nell’Italia nell’Ottocento la “carta da lettere” la trovia-mo sempre chiamata co-sì, magari con l’avvertenza dei pedanti che non andava bene dire “carta da scrive-re”. In Inghilterra nel corso

del XIX secolo si introdus-se il termine Bath Post che il Nuovo dizionario inglese ita-liano del Melzi spiegava es-sere una “specie di carta da lettere”. Bath Post era l’evo-luzione di Post Paper che identifi cava i fogli da lettere. Si usava comunque anche Letter Paper, specialmen-te negli Usa. Mentre la Post Paper era prodotta con ab-bondante collatura, la Bath Post era ancora più ricca e lucida. Il Michelsen nel suo

The merchant’s poly-glot manual (1860) da-va conto in nove lingue nazionali (dal tedesco al portoghese) dell’espres-sione “Post-paper (let-ter-paper): Post-papier, Post papper, Post papi-ir, Papier à lettres, Car-ta da lettere, Papel pa-ra cartes, Papel de corre-io”. E un dizionario te-desco-latino defi niva la Post-papier “carta tenu-ice elegantiorque”, sotti-le e di buon gusto. L’uni-ca eccezione italiana, che comunque conferma la regola (linguistica), fu

la “carta posta-le bollata” fat-ta fabbricare dal governo sabaudo nel 1818 (atten-zione!) per assog-gettare alla leg-ge gli invii fuori posta.È interessante il legame identita-rio presente nel-la maggior par-te delle lingue tra supporto cartaceo e servizio pub-blico destinato a veicolarlo. Del re-

sto era proprio la posta il motivo di queste produzioni. Alcuni autori fanno risalire il legame fi no alla fi ligrana con il corno che caratteriz-za i fogli italiani fi n dal XIV secolo, anche se in effetti fu-rono gli olandesi, dal 1600, ad applicare un più moder-no signifi cato al segno anti-co e a chiamare carta posta-le dei fogli più sottili di buo-na qualità, scorrevoli. Il di-zionario fi ammingo-francese del Mellema (1612) intende Postpampier come “Papier de poste, ou fi n et délié”. In fi ligrana, alla fi gura del cor-no di posta (con fregi) si af-fi ancherà anche l’immagi-ne del postiglione. In Italia, “carta d’Olanda” era sinoni-mo di qualità. I francesi, più precisamente, la chiamava-no “papier au cornet d’Hol-lande”.Pare che la fortuna inizia-le della carta di Bath sia col-legata agli altolocati ospiti in città per la stagione terma-le che per primi l’adottarono facendola diventare moda. In seguito lo smercio diven-terà massiccio. Pure l’Italia

A sinistra: fi ligrana di carta da lettere italiana con la fi gura del corno, XIV secolo (dal Briquet).Sopra: fi ligrana con corno postale su carta da lettere olandese del XIX secolo commercializzata in Italia (coll. Poggiali, Ravenna)

Marketing postale della cartotecnica bolognese Stiassi che offre confezioni di “Posta Aerea Carta speciale leggera. Un foglio una busta grammi 5, affrancazione minima” (1938) (coll. Ajolfi , Domodossola)

| 83 |

C ro na ca Fi l at e l i c a n . 3 6 3 | l u g l i o / ag o sto 2 0 0 9

ne assorbiva parecchia e non è diffi cile trovarla nei car-teggi privati (e commerciali) del XIX secolo. Senza scor-darci, da bravi fi latelici, del ruolo avuto nella stampa dei francobolli pontifi ci. Come tutte le cose del mondo an-che la carta di Bath visse la sua parabola. Un listino del-la ditta Smith del 1881 ci-ta questo celebre prodotto come ormai in disuso. Van-to della carta inglese, e della Bath Post in particolare, era la lucentezza del bianco. Ma piaceva molto anche la car-ta da lettere azzurra, fabbri-cata mischiando del cobal-to all’impasto. Tipico dei fo-gli il contrassegno a secco a rilievo con epigrafe BATH nell’angolo in alto a sinistra della prima facciata. Non tutti in verità gradivano la presenza del marchio di fab-brica.Le vicende della Post Paper anticipano un altro bel capi-

tolo di storia delle carte po-stali: quello dei fogli per via aerea. Dopo il 1930 l’esten-sione dell’aviazione civile si scontrò con il tema della li-mitata capienza delle sti-ve e gli alti costi del traspor-to, sacchi di posta inclusi. In Italia i supplementi di tariffa per via aerea in diverse trat-te erano modulati su scaglio-ni di 5 grammi (rispetto ai 20 della via di superfi cie), li-mite ben severo. Per diffon-dere comunque l’uso del ser-vizio si sviluppò la produ-zione di carta da lettere leg-gerissima, un nuovo tipo di “velina”, grazie alla qua-le foglio e busta non oltre-passavano il tetto postale. A parte le città però non era facile acquistarla e un’azio-ne mirata di marketing coin-volse l’amministrazione delle poste che la vendeva, in sim-patiche confezioni dedicate, anche nei piccoli uffi ci.Per l’Italia acquistare fogli

di carta da lettere allo spor-tello era una novità. Tra le particolarità di Londra nella seconda metà dell’Ottocento i nostri connazionali segna-lavano uffi ci postali con as-sortimenti di cancelleria, e carta da lettere adatta anche come regalo. Due testimo-nianze sulle quali si potreb-be innestare il tema del mar-keting di oggi, osservando la cartoleria Posteshop (ma non solo) nella dimensione di lungo periodo.Una carta da lettere sotti-le costituiva un pregio, ma in posta contava anche la fi -nezza. Ridiamo la parola al Foscolo che nel 1807 tene-va una lezioncina all’ami-co abate Bottelli: “Tu hai scritto sopra carta sottilis-sima che, bevendo l’inchio-stro fa trapassare in una pa-gina le linee e gli scaraboc-chi dell’altra, e fa un chia-roscuro che gli è un piace-re a fi ccare gli occhi e gli oc-chiali sopra senza poter sa-pere se tu hai scritto sottile o sublime, e via discorrendo. Non vedi tu in che carta io ti scrivo per compensare il mio brutto carattere con la bel-la membrana? Imitami dun-que, e mandami le tue lette-re in migliori edizioni”.È bello, e pertinente, il col-legamento tra estetica del-la posta ed estetica del libro. Che torna nel 1836 quando Giuseppe Mazzini pubblicò un’opera esplosiva delle sue facendola stampare anche in edizione “a due colonne in carta da lettere fi nissima, senza data di stamperia... da inviarsi per lettera, median-te la posta”. Questa secon-da provvista teneva in con-to sia la forza del nostro ca-nale sia il carattere mime-tico dei supporti epistolari. Una pubblicazione rivolu-zionaria sotto apparenze di lettera d’affari poteva elude-re meglio i controlli. Anche giornali e periodici sono stati stampati su carta india per viaggiare in aereo. Fino a non molti anni fa, all’estero,

le edicole vendevano un cu-rioso Corriere della Sera edi-zione posta aerea.Ritornando alla carta a ma-no, il telaio per fabbricarla comprende una trama di fi -li metallici, verticali e oriz-zontali, che lasciano il se-gno in chiaroscuro sul foglio. Per identifi care il prodot-to, sfruttando questo princi-pio, si aggiungevano fi li sa-gomati che indicavano la ti-pologia di carta e la contro-marca con le iniziali o il lo-go del produttore. La tradi-zione della fi ligrana sui fogli di carta da lettera si è con-servata fi no a noi con le di-citure Extra Strong o altre. Se però osserviamo l’ultima risma di carta che abbiamo acquistato noteremo delle novità. A parte la differen-te grammatura e consisten-za rispetto all’Extra Strong, i fogli ora sono meno lisci e la fi ligrana non c’è più. Nel XXI secolo sono le stampan-ti collegate ai computer a guidare le danze della comu-nicazione scritta e i fogli, da bravi ballerini, seguono i rit-mi moderni.L’accenno alle stampanti va-le di memento per un ogget-to ormai messo in un ango-lo o peggio: la macchina da scrivere, strumento che più di ogni altro caratterizza la comunicazione amministra-tiva e commerciale del XX secolo. E a chi ha superato i cinquanta evoca certi tic-chettii.La penna d’oca, il penni-no d’acciaio, la macchina da scrivere, la stampante, mar-cano quattro diverse ere del-la scrittura postale. Ed è sot-to la loro egida che possia-mo cogliere segni dalle mille sfumature, dal “toccalapis” alla matita copiativa, dalla stilografi ca alla macchina da scrivere elettrica, dalla biro al pennarello, dal torchietto copialettere al ciclostile.A cavallo del 1800 l’ulte-riore aumento di domanda di carta da lettere si scon-trò con una minor disponi-

Sandro Tiberi, artigiano di Fabriano, rievoca a Romafi l 2007, come nasce dal tino un foglio di carta a mano

| 84 |

C ro na ca Fi l at e l i c a n . 3 6 3 | l u g l i o / ag o sto 2 0 0 9

bilità di materie prime. Nel-la pasta cartacea entravano stracci di cotone, lino, o ca-napa, selezionati e spappo-lati per estrarne le fi bre. Per incrementare la produzio-ne si cercarono alternative, magari utilizzando prodot-ti dei campi, fi no a quando non arriverà la cellulosa da legno, economica e disponi-bile. In seguito però ci si re-se conto che le carte con pa-sta di legno subiscono for-ti processi d’invecchiamento, anche i fogli da lettera ben-ché in percentuale minore rispetto ai prodotti per l’edi-toria. Già nel XVII secolo si era osservato che il passag-gio dai cenci di lino a quel-li in cotone, per fabbricare carta, era andato a discapito della qualità.La grande varietà di suppor-ti cartacei che caratterizza il XIX secolo lo rende invi-tante dal punto di vista col-lezionistico. Ma anche l’An-cien régime conserva raffi -natezze postali tipo la carta da lettere dorata al taglio in uso tra i grandi. Il manuale di Isidoro Nardi, Segretario principiante (1717) ricorda-va all’aspirante segretario di

cardinale che “scrivendosi a teste coronate, si fa loro la sua coperta in carta dorata”, e il Foscolo nel 1823 svelava ad un’amica di aver ricevu-to “come dono di gratitudi-ne tanta carta dorata quanta potrà occorrermene per scri-vere in un anno mie lunghe lettere alle signore. E la car-ta su cui vi scrivo, Milady, è di quella”. Il Manuale di conversazione in inglese ed italiano ad uso delle scuo-le e dei viaggiatori di Ja-mes Connor (1903) suggeri-va ai signorini cosa chiedere: “Mi occorre della carta, delle penne, dell’inchiostro, della ceralacca, della carta col ta-glio dorato, della carta bor-data di nero”.Anche l’abitudine di mani-festare il lutto adottando fo-gli (e buste) di carta abbru-nata, cioè con bordi anneriti, più o meno marcati, o forme particolari di sigillatura, ha radici che si incuneano nel passato. Oggi come pratica postale questa è quasi scom-parsa ma basta alzare gli oc-chi agli avvisi mortuari per vederla rievocata.Il periodo rivoluzionario francese, oltre che da nuovi

stili democratici di etichetta epi-stolare, è carat-terizzato dalla moda dei fogli decorati en tête con immagini che davano for-ma visuale po-stale ai concet-ti ideologici del momento, re-pubblica, liber-tà, uguaglianza. Anche l’Italia ebbe una pro-duzione vasta e bellissima di fo-gli di carta da lettere intestati con fi gure. Pas-sato l’intermez-zo giacobino, il gusto per il fo-

glio decorato sopravvisse in ambiti o momenti particola-ri. Nel 1851, ad esempio, la polizia di Reggio Emilia sco-prì la presenza di fogli da lettera rivoluzionari in una bottega di Piazza Grande su segnalazione di un capora-le di cavalleria che ne aveva acquistato uno per 12 cen-tesimi. I gendarmi misero le mani su “33 fogli di car-ta da lettere con contorno a tre colori, 12 fogli coll’effi -gie di Lottario re d’Italia, un foglio coll’effi gie dell’Unione Italiana, ed altro con un effi -gie vestita all’antica italiana avente in mano una bandie-ra tricolorata, altro con fi let-ti rossi e verdi avanti l’iscri-zione Carlo Alberto - Ita-lia Libera”. Il negoziante di-chiarò che li aveva lasciati il precedente titolare ed erano solo fondi di magazzino, te-nuti in una scatola nel retro-bottega. La fornitura, mode-nese, risaliva al 1848 “per-ché in allora se ne faceva molto smercio”. Nonostante le spiegazioni, avendone ef-fettivamente venduto uno il cartolaio fu punito con mul-ta convertibile in 20 giorni di carcere.Al periodo napoleonico ri-sale lo stile burocratico con-temporaneo dei fogli di car-ta da lettere intestati senza fi gure. Dalla fi ne del XIX se-colo l’uso della carta intesta-ta, in forme anche piacevol-mente fi gurate, caratterizze-rà la corrispondenza com-merciale e industriale. Poi pure in questi ambiti ha fi ni-to per prevalere lo stile della pulizia. Il manualetto Gui-da pratica per l’esportatore di Luigi Lombardi del 2006 non manca di sottolineare la valenza comunicazionale dei fogli intestati. “L’aspetto esteriore della carta da lette-re ha pure la sua importan-za. La carta deve essere for-mato Uni (cm. 21x19,7), so-lida, di bella apparenza, con intestazioni tipografi che per-fette e semplici”.È soprattutto il carteggio amministrativo a rivelare la presenza di fogli di carta da lettere di diversi formati, per

i vari usi in cui la comuni-cazione si era andata strut-turando in tale ambito. Dal formato grande o “ministe-riale” fi no al piccolino, uso biglietto. In genere il carteg-gio degli uffi ci pubblici del-la prima parte del XIX seco-lo risulta su carta da lettere di modello diverso, anche in formato più ampio, rispetto a quello commerciale. In un contesto postale in cui le tas-se le pagavano solo i privati, e si gravavano gli invii pe-santi, chi sborsava cercava di contenere il volume carta-ceo della corrispondenza. In seguito questa preoccupazio-ne si allenterà; tra l’altro agli uffi ci pubblici sarà imposta la politica della lesina, e an-che la forma degli invii nel suo complesso muterà. Una prima spintarella ad appro-fondire la metrologia postale potrebbe venire dallo studio delle buche da lettere, osser-vando certe vecchie piastre d’impostazione in ghisa an-cora presenti su muri fuori mano, con una bocca tanto piccola che sembra non vo-ler inghiottire le nostre lun-ghe buste americane.Tra gli strumenti del lette-rato, il calamaio ha occupa-to a lungo un posto centrale. L’osservazione degli inchio-stri, con esami chimico este-tici, deve entrare a far par-te del nostro bagaglio di sen-sibilità. In Le virtù di Cec-china, romanzo di Matilde Serao (1883), la fi gura del marchese sciupafemmine è collegata al coinvolgente sti-le delle sue missive in uno speciale inchiostro azzurro “asciugato dall’arena d’oro”. Prima della carta asciugante si usava lo spolverino, vale a dire una spruzzatina di sab-bia, o polverina. Ancora og-gi su fogli di lettere d’archi-vio intonse si possono nota-re i residui delle antiche par-ticelle asciuganti. Attenzio-ne però, vanno solo guarda-te perché basta una carezza per farle scappare! Il com-mercio offriva tipi diversi di sabbia postale, colorata e persino dorata come quella del marchese napoletano.

Piccola buca da lettere a muro d’inizio Novecento