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Libretto pastorale/Numero Due della Parrocchia di Ognissanti - Pasqua Aprile 2014. Ognissanti FEDE COMUNITA’ RUBRICHE Aprile 2014 www.ognissanti.org CATECUMENATO Pg.6 BATTESIMO Pg.8 UN PELLEGRINO IN TERRASANTA Pg.18 RELIGIOSITA' POPOLARE Pg.22 IL MATTARELLO ATTENDE UNA NUOVA PRIMAVERA Pg.10 SETTIMO: NON AZZARDARE Pg.12 OGNISSANTI Pg.14 XXII GIORNATA DEL il ritorno alla guerra civile in SUD SUDAN Pg.26 MALATO Pg.28 IL TRITTICO DI

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gnissanti - Pasqua Aprile 2014.

O g n i s s a n t i

FEDECOMUNITA’ RUBRICHE

Aprile 2014

www.ognissanti.org

CATECUMENATO Pg.6BATTESIMO Pg.8

UN PELLEGRINO IN TERRASANTA Pg.18

RELIGIOSITA' POPOLARE Pg.22

IL MATTARELLO ATTENDE UNA NUOVA

PRIMAVERA Pg.10SETTIMO: NON

AZZARDARE Pg.12

OGNISSANTI Pg.14

XXII GIORNATA DEL

il ritorno alla guerra civile in SUD SUDAN Pg.26

MALATO Pg.28

IL TRITTICO DI

Don M

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Abbiamo già fatto un po’ di strada…………..molta ne resta da fare…………

Siamo già alla terza pubblicazione e si stanno delineando i contorni di questo no-stro lavoro di informazione e formazione della comunità di Ognissanti. La redazione auspica un coinvolgimento sempre più am-pio di persone che si rendano disponibili a dare il proprio contributo. Ci rendiamo sem-pre più conto che la comunità si arricchisce di attività e di idee che però rischiano di re-stare lettera morta e infruttuose se non tro-vano chi dà loro fiato.

Il Bollettino parrocchiale “Ognissanti” de-sidera farsi cassa di risonanza di queste voci diverse, dei progetti e dei bisogni emergenti in questa società che si dice “Della Comuni-cazione”, “del web”, ma che, in effetti, rischia di diventare una società di entità, neanche persone, sole isolate che si nascondono nel-la privacy, che però serve spesso a chiudere l’individuo in un proprio guscio impenetra-bile.

Quindi nei programmi di questa redazione c’è l’intendimento di dare spazio, nelle pro-prie rubriche, ai giovani ma anche a chi non è più giovane, ai singoli che desiderano es-sere partecipi della vita della comunità, ma anche, e soprattutto, ai gruppi parrocchia-li che nella nostra realtà parrocchiale sono molti, e, sono convinto, tutti hanno delle ric-chezze da condividere, hanno esperienze e progetti di cui fare partecipi anche altri. La “ giornata della prossimità” di Domenica 23 Marzo u.s. ha visto impegnatii molti gruppi e le molte Associazioni ecclesiali nel far co-noscere e nel sollecitare l’attenzione verso i bisogni emergenti indicando vie e strumenti per dare spazio alla prossimità e capirne il

senso.Nel prossimo futuro la redazione ha inseri-

to nella propria programmazione la defini-zione e stabilizzazione di alcune “rubriche”, quali : a) la vita e i programmi dei gruppi e delle Associazioni; b) il “Mattarello” e le sue attività; c) i lavori del CPP; d) la vita della chiesa; e) storia e arte di “Ognissanti” e della Città di “Arzignano”; f) progetti e programmi futuri nella vita delle strutture parrocchia-li; g) la Commissione Caritas parrocchiale e la risposta ai bisogni di oggi; h) le iniziative e le strutture culturali che rendono viva la

sponibilità a coltivare una piccola parte di esso. Chi desidera prendere parte alla corda-ta di collaboratori si faccia avanti scrivendo

nuovo sito della parrocchia di Ognissanti www.ognissanti.org

In questo numero il bollettino inserisce un interessante articolo sul trittico che domi-na l’abside del nostro Duomo, un’immagine e una didascalia, riferita all’opera, da parte del Dr. A. Lora che ci aiuta ad interpretare e conoscere più da vicino le opere d’arte che, in questo luogo sacro, ispirano la mente e lo spirito.

La redazione

DALLA REDAZIONE

Libretto pastorale/Numero Due della Parrocchia di Ognissanti - Pasqua Aprile 2014. Redazione in Via Cavour 2 Arzignano (Vi-cenza). Direttore: Mons. Mariano Lovato. Coordinatore respon-sabile di redazione: Nicodemo Gasparotto. Componenti della redazione: G. Corato, D. Concato, M. Pegoraro, L. De Marzi, E. Motterle, R. Conzato, E. Roviaro, MR. Scolari. Questa pubblicazione è disponibile in www.ognissanti.org

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d’azione è vasto, attendiamo da tutti una di-

alla redazione redazioneognissanti@gmail.

comunità di Ognissanti; ……………… Il campo

com oppure segua il nostro bollettino dal

Don Mariano Lovato incontra Papa Francesco.

Non posso non condividere la gioia dell’espe-rienza vissuta lunedì tre marzo quando a Roma ho avuto la grazia e la gioia di incontrare Papa Fran-cesco. L’occasione è stata l’udienza che il Papa ha concesso ai rappresentanti nazionali della FIES Federazione Italiana Esercizi Spirituali in occasio-ne del 50º anniversario della fondazione di questa federazione. La FIES riunisce tutti i direttori delle case degli esercizi spirituali d’Italia. Quale rappre-sentante del Triveneto anche se da diversi anni non più direttamente coinvolto nelle case degli esercizi

spirituali (ma mi sono preso una piccola rivincita con gli esercizi spirituali in parrocchia), ho avu-to il privilegio (e tale lo riconosco) di poter essere in prima fila all’udienza. Quando mi è stato detto che i delegati regionali avrebbero avuto anche la grazia di stringere la mano personalmente al Papa potete pensare anche voi quale tumulto di pensieri e di ragionamenti mi sono passati per il cervello. Mi è tornato alla mente quando da ragazzo ho let-to il libro dei promessi sposi e quel benedetto sar-to di Milano che aveva passato la notte a pensare

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Assemblea FIES in udianza da Papa Francesco

Don M

che cosa avrebbe detto il giorno seguente quando avrebbe incontrato personalmente il cardinale Fe-derico Borromeo. Ho pensato anch’io a lungo che cosa avrei detto al Papa. Mi è sembrata la cosa più significativa, certo con un po’ di suggerimento del-lo Spirito Santo, di presentargli l’icona che avevo portato a Roma per farne dono a tutte le case de-gli esercizi spirituali d’Italia: è l’icona dell’Amicizia o l’icona di Gesù e il suo Amico. Così ho preso la decisione di farne un dono anche al Papa dicendo-gli come ho pregato per lui, certamente unito con tutta la comunità parrocchiale di Ognissanti, per-ché sia vero quanto è espresso da quell’icona: Gesù tiene una mano sulla spalla del suo amico e quell’a-mico, ho detto al Papa, è lei prima di tutto. Vi lascio poi andare nell’ultima pagina di copertina dove c’è l’immagine e nella pagina precedente dove c’è la spiegazione per capire tutto il significato e il senso

di questa icona di cui ho fatto dono al Papa. Per-ché la cosa più bella dell’icona sono certo gli occhi. Occhi che esprimono stupore ma che esprimono anche quello che si prova quando si è pervasi dalla grazia di Dio e sono quello che ho visto negli occhi di papà Francesco quando al termine gli ho chiesto una preghiera per la nostra comunità parrocchia-le, come per la nostra diocesi e gli ho assicurato la nostra vicinanza e la nostra fedele preghiera. E con gli occhi mi ha detto grazie.

Don Mariano

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Don Mariano Lovato consegna l’icona dell’Amicizia a Papa Francesco

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Catecumenato:L’avventura della Fede

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Basilica di San Pietro

È con grande gioia che vogliamo condivi-dere con tutta la comunità una bella notizia: il prossimo 19 aprile, durante le celebrazio-ni della veglia pasquale, Esmeralda Gjeko e Jurgina Bici albanesi, riceveranno il Batte-simo, la Confermazione e l’Eucaristia. Sono i Sacramenti dell’iniziazione cristiana che, per gli adulti, sono conferiti nella stessa ce-lebrazione.

Esmeralda e Jurgina, sono sorelle nate e cresciute in Albania. Sposate con rito civi-le, (in Albania, con il matrimonio, la moglie assume il cognome del marito) si sono poi trasferite con le loro famiglie in Italia. Sono mamme, rispettivamente di Endriy e Sara, due meravigliosi bambini che, sempre du-rante la veglia pasquale, insieme alle loro mamme, riceveranno il Battesimo.

Chi ha partecipato alla S. Messa delle 19,30 in Duomo domenica 1 dicembre (prima do-menica di Avvento) ha già avuto modo di in-contrare e conoscere Esmeralda e Jurgina. Quella domenica infatti abbiamo celebrato, il rito di ammissione al catecumenato e la consegna del Vangelo di Gesù Cristo. Era il primo dei due momenti celebrativi più si-gnificativi previsti dal cammino del catecu-menato per gli adulti. Nelle due domeniche successive è stato consegnato loro il Credo, il simbolo della nostra fede e il Padre No-stro, la preghiera del Signore.

Il secondo momento è il rito dell’Elezione, che comporta l’ammissione dei catecumeni al Battesimo ed è stato celebrato a Vicenza in Cattedrale dal Vescovo Beniamino Pizziol la prima domenica di Quaresima per tutti i catecumeni della diocesi. La domenica suc-cessiva ricevono l’unzione con l’olio dei ca-tecumeni.

Il Catecumenato, l’avventura della fede.Pare che a Roma, verso il 200 d. C. per ri-

cevere il Battesimo venissero richiesti cir-ca tre anni di preparazione. Durante questo tempo l’insegnamento base era, così come lo è oggi, la Parola di Dio e i contenuti del

Credo. Oggi il normale tempo di preparazio-ne è di un anno e mezzo circa. Dopo aver ricevuto il Battesimo, Jurgina ed Esmeralda completeranno il cammino dell’iniziazione

Pentecoste.

Molti di noi cristiani, più o meno pratican-ti, pur avendo una certa fede, non sempre abbiamo avuto modo di scoprire che la Pa-rola di Dio è veramente Parola di Dio e non degli uomini e che, proprio perché è Paro-la di Dio, è un dono fatto a tutti, è per noi. Abramo, Mosè, Davide, i Salmi, …. il Vangelo, sono parole di luce e di verità per ognuno di noi, anzi ognuno di noi, in qualche misura, vive nella sua storia, l’esperienza di Abramo, Mosè, Davide …

Un cammino che è anche iniziazione ec-clesiale, perché invita a prendere l’abitu-dine di vivere la propria ricerca di fede in comunità. Pver noi accompagnatori è stata una avventura spirituale che ci ha arricchi-to nella fede.

Un grazie al Signore che, in questo tempo, ci ha accompagnati con tanta amorevole vi-cinanza.

Un grazie a don Mariano, che ci ha dato la fiducia di essere “accompagnatori” in que-sta avventura di fede.

Ida e Bruno Finetti

ietro

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adulti che desiderano prepararsi a ricevere i sacramenti dell’iniziazione cristiana, ma che, in una società complessa come quella di oggi, può essere illuminante anche per

stessi.

cristiana, con un tempo di riflessioni fino a

la Parola di Dio”, che viene proposto agli

molti credenti in ricerca, per ritrovare se

Un cammino sulla Parola, per “fare propria

Foto “Battesimo” di Santino Mineo

Una data da ricordare:

quella del nostro battesimo

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anzi), per avviare insieme una riflessione sulla realtà del battesimo, con semplici-tà, con sincera disponibilità d’animo, con la gioiosa responsabilità che richiede un evento così importante. Ci si parla, ci si confronta, ci si regala un insieme vicen-devole di esperienze fatte di difficoltà, di momenti felici, di tante storie personali e di coppia. E soprattutto ci si accoglie partendo dalla meravigliosa esperienza di chi ha saputo e voluto accogliere anzi-tutto la vita, tutta la realtà della vita, per quanto dura e difficile possa essere. Ci si accoglie così in una accoglienza che si allarga nel segno della cordialità e del-la prossimità solidale che spesso poi si trasformano anche in sincera amicizia. E ci si interroga sul nostro essere cristiani nella comunità di Ognissanti : sulla tem-peratura, sulla dimensione della nostra fede, sulla modalità di come la viviamo, sulla testimonianza concreta che ne sap-

nel mistero vero e proprio del battesi-mo, nella natura simbolica dei suoi segni (l’acqua, l’olio, la candela, la veste bian-ca…), nella consapevolezza che ogni cri-

dall’acqua e dallo Spirito Santo. Ecco allora che se ricordiamo e festeg-

giamo la data della nostra nascita alla vita terrena, ricordiamoci anche di celebrare e festeggiare la data del nostro battesimo che è, in un certo senso, la carta d’iden-tità del cristiano, il suo atto di nascita, e l’atto di nascita alla Chiesa.

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Alzi la mano chi ricorda la data del pro-prio battesimo. Presi così alla sprovvista, credo siamo in pochi a rispondere “ sì, io la ricordo”.E’ stata più o meno di questo tenore la

domanda che papa Francesco ha posto ai tanti fedeli riuniti in piazza San Pie-tro domenica 12 gennaio, aggiungendo poi con il sorriso sulle labbra “…e non lo chiedo ai nostri vescovi qui presenti per non far loro provare vergogna...” Al di là delle battute una cosa è certa:

la risposta a questa domanda non è tan-to appagare una curiosità. E’ qualcosa di più grande e importante: è andare alla radice del nostro essere cristiani. E’ an-dare alla fonte, o più propriamente, al “sacro fonte” dal quale discende il nostro essere membri del Corpo di Cristo e del popolo di Dio.Per questo, da anni, nella parrocchia

di Ognissanti vengono dati spazio e at-tenzione particolare al sacramento del Battesimo che apre alla iniziazione cri-stiana i bimbi di tante giovani coppie (e non solo) che vogliono trasmettere ai propri figli , attraverso la “rinascita” del fonte battesimale, la grazia di Dio perchè possano vivere la fede dei genitori, ora insieme a loro e poi, una volta adulti, da protagonisti.E così, nell’ambito della pastorale, si è

dato vita ad una catechesi pre-battesi-male (che sarà prossimamente seguita da una catechesi del “dopo battesimo”) che dona alcuni momenti preziosi capaci di far sì che il battesimo non sia percepito solo come la festa di un giorno ma come una festa che inizia quel giorno per cam-minare, passo dopo passo, nel solco della fede e durare…tutta la vita. Si tratta di una serie di incontri che le coppie accompa-gnatrici e il sacerdote propongono ai ge-nitori (e se la mamma è ancora nel pe-riodo della gravidanza va bene lo stesso,

Le coppie accompagnatrici

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piamo dare. Un po’ alla volta si entra

stiano, per essere tale, deve “rinascere”

Partecipanti al Laboratorio di pittura 2013 - Pegoraro.JPGPartecipanti al Laboratorio di pittura 2013

IL MATTARELLO ATTENDECe ne siamo accorti un poco tutti: il

“Mattarello” attende una nuova prima-vera.Non quella meteorologica, la quale im-

mancabilmente è arrivata, ma una nuova stagione per farlo rifiorire, per un suo ri-lancio educativo e funzionale quale “spa-zio” d’aggregazione e sperimentazione di varia umanità, come “tempo” propizio d’annuncio del Vangelo della speranza e della vita piena.Nel corso degli anni, tutto è progressi-

vamente entrato in crisi, a cominciare dalla funzione del Centro Giovanile.Non ci sono più i ragazzi della Garcia

Moreno, che una diversa scelta da parte della Società sportiva ha fatto emigrare in altre strutture; mancano perfino gli adulti e gli anziani che ora frequentano

l’Università alla Scuola “Fogazzaro”.Nel corso dei lustri, è venuta a mancare

quella sua preziosa funzione di Oratorio, spazio d’aggregazione e crescita cristia-na, che in un passato neanche troppo lontano ha richiamato migliaia di bam-bini e ragazzi.Restano, per fortuna, alcune attività

come il doposcuola Karibuni ed il Cate-chismo. Ma mancano i ragazzi ed i giovani oppu-

re, quando si vedono, sono abbandonati a loro stessi perché nessuno li segue. Negli impianti sportivi, in particolare

nel campo da calcio, pur lodevolmente sistemato dall’Associazione Noi, non gio-ca quasi più nessuno.L’oratorio è dunque in piena crisi e que-

sto ha avuto delle conseguenze.

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ura 2013

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Michele Cisco ha gettato la spugna e lascerà il Bar Mattarello dopo 9 anni; si tratta dunque di identificare un nuovo ti-tolare che possa svolgere anche un ruolo educativo.Nel contempo é scaduto il contratto con

Federico Fracasso, l’affittuario del Teatro, che, non dimentichiamolo, è l’unico in tutta la Vallata del Chiampo ed è quindi patrimonio importante per il territorio.La struttura andrebbe sistemata e ri-

messa a norma ma le spese sono tante ed impossibili da sostenere senza il coin-volgimento ed il sostegno economico di enti o istituzioni.La Parrocchia desidera esprimere ap-

prezzamento e gratitudine per l’opera svolta da Michele e Federico.E’ quindi tempo di scelte ed investimen-

ti importanti, insomma di rimboccarsi le maniche.La nostra Comunità deve compiere uno

sforzo straordinario per trovare idee, proposte, risorse umane ed economiche da investire in questo bene prezioso che è appunto il Mattarello. Va sottolineato che in Italia la funzio-

ne dell’oratorio non è in crisi, oggi anzi l’Oratorio vive una stagione di effettivo e largo consenso ecclesiale e civile. Anzi attraversa un tempo di rinnovata sim-patia e di ripresa, rispondendo positiva-mente alle nuove condizioni sociali e al rilancio della coscienza educativa della Chiesa.

Daniele Concato

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“….Pochi giorni dopo il figlio più gio-vane, raccolta ogni cosa, se ne andò in un paese lontano e là dissipò le sue so-stanze ….. Ma quando ebbe speso tutto, in quel paese sopraggiunse una grave carestia, ed egli cominciò ad essere nel bisogno….”.Oggi, “ il figliol prodigo!, ovvero la per-

sona che sperpera e dissipa i propri ave-ri assume altri volti. Assume, ad esem-pio, il volto del…giocatore d’azzardo , di colui, cioè, che spende tutto ciò che ha nel tentare la fortuna. Sono ricorrenti gli articoli di giornali,

anche per casi accaduti nella nostra Ar-zignano, che parlano di persone rovina-te dal gioco, che consumano in un sol giorno al videopoker o alle slot machine tutto lo stipendio inventandosi poi mille scuse per giustificarsi, sopraffatti dalla

la vergogna che talvolta li spinge a com-piere , nella crisi più profonda, anche a folli gesti. Sono persone “normali”, che un po’ alla

volta cedono alle lusinghe del “possibi-le” guadagno facile, del colpo di fortuna che “ …sistema per tutta la vita…”, non accorgendosi di sperimentare una di-pendenza sempre più imprigionante. E così “rubano” a se stessi, privandosi dei soldi necessari al proprio vivere ( finen-do magari con l’indebitarsi o cadendo nelle mani degli usurai) e privandosi so-prattutto della dignità di persone libe-re. E rubano anche alla propria famiglia là dove dissipano le risorse risparmiate magari in anni di duro lavoro. Come società civile e come comunità

cristiana dobbiamo incalzare le Istitu-zioni e far pressione sul Legislatore af-

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finché intervengano al riguardo metten-do un freno al consumo esasperato del gioco d’azzardo.Bene ha fatto, ad esempio, la Provincia

di Trento deliberando che i contributi per la ristrutturazione dei pubblici locali “…siano concessi ai titolari di locali, ne-gozi, bar che si impegnano a rinunciare alla installazione di macchinette da gio-co..”.Bene ha fatto il Comune di Arzignano,

il cui Consiglio Comunale ha approva-to uno specifico regolamento per con-dizionare l’apertura e l’esercizio delle “sale giochi” a precisi vincoli limitativi. Del resto, da tempo, da quando anco-

ra questa piaga sociale non aveva rag-giunto l’intensa drammaticità attuale, la dottrina cattolica si era pronunciata sul

l’argomento, sottolineando ( vedi Cate-chismo della Chiesa cattolica al n. 2413) come il gioco d’azzardo o le scommesse “diventano moralmente inaccettabili al-lorché privano la persona di ciò che le è necessario per far fronte ai bisogni pro-pri e altrui”.Chissà che con l’impegno di tutti non si

riesca a far sì che questi giocatori d’az-zardo riescano a tornare ad una sobria e responsabile modalità di vita. Chissà che, come nella parabola evangelica, questo nuovo modello di “figliol prodi-go” sappia ravvedersi e tornare a casa per ritrovare la serenità dentro se se stesso e con gli altri.

Egidio Motterle

Il gioco d’azzardo è “rubare” a se stessi e ...alla propria famiglia.

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Il Trittico di Ognissanti

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PREMESSANel 2007, don Lucio Mozzo, parroco per

10 anni di Ognissanti, lasciava l’incarico per trasferimento ad altra sede. Nel cor-so della sua permanenza più volte aveva espresso il desiderio di vedere una Gui-da organica che servisse a meglio illu-strare la storia e le opere d’arte presenti nel Duomo e nelle altre chiese della Par-rocchia.Ho raccolto l’invito nel momento del-

la sua partenza e in quello dell’arrivo di don Franco Romere in quella “Breve gui-da illustrata “ (1), un libretto di 36 pagine in cui, oltre alle notizie essenziali dispo-ste in forma di visita turistica, sono state pubblicate alcune delle più significative immagini sia del Duomo che dell’ora-torio di San Gaetano. In questa rubrica cercherò di aggiungere qualche nuova notizia, emersa da studi più recenti, e anche alcune descrizioni inerenti altri edifici religiosi della nostra Parrocchia. I motivi per cui la documentazione

riguardante la chiesa di Ognissanti e le

opere d’arte e devozionali quivi conser-vate è così scarsa può essere attribuita al fatto che l’archivio parrocchiale non è mai stato conservato in un locale speci-fico e protetto, quanto piuttosto disper-so in sedi diverse talora coincidenti con l’abitazione del capo della fabbriceria. Non si ha memoria infatti di incendi o di altre accidentali distruzioni che abbiano portato a questa lacuna. Se ciò fosse, si può forse coltivare una sia pur minima speranza che, prima o poi, alcuni docu-menti possano tornare ad essere consul-tabili. Per ora dobbiamo accontentarci di sporadici e casuali ritrovamenti come è avvenuto con il bozzetto del Trittico, scoperto dallo studioso Mario Repele presso l’Archivio di Stato di Vicenza (2) E’ noto che i tre grandi quadri erano

stati commissionati al pittore di Schio Valentino Pupin (1830-1885), già grande decoratore di Ognissanti, il quale, tutta-via, venne a morte prima di poterli ter-minare. Venne allora chiamato Lorenzo Rizzi (1830-1893), un artista nato ad Udi-

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uomo

ne, ma in quel periodo residente a Ve-rona, il quale, non solo portò a termine il delicato lavoro, ma anche si fece ar-tisticamente apprezzare tanto da essere incaricato di altri dipinti. Di questi e di qualche altra notizia su di lui parlerò in un successivo articolo. Quello che interessa dire in questa oc-

casione è che il bozzetto ritrovato (una piccola tela ad olio cm 40x60 circa, ese-guito dal Pupin e consegnato nel 1886 al notaio Romolo Ghirardini)(3) documenta in modo preciso in qual punto era giun-to il lavoro. Infatti una linea rossa ondu-lata, tracciata orizzontalmente lungo le tre composizioni, divide pressa poco a metà la parte superiore (già dipinta da Pupin) da quella inferiore che sarà ese-guita da Rizzi. In conclusione quindi si può stabilire con precisione quali sono stati i personali interventi dei due auto-ri. L’ideazione generale del trittico resta comunque opera di Valentino Pupin ma il Rizzi dovette anche ritoccare l’opera in vari punti per armonizzare il risultato finale. Resterebbe ora da descrivere in modo

critico ed articolato la grande scena e magari identificare con precisione alme-no una parte dei numerosi personaggi raffigurati, ma questo richiederebbe un ulteriore spazio che di certo troveremo in futuri interventi, possibilmente aiutati dal nostro parroco don Mariano, che è particolarmente appassionato e compe-tente in questa ricerca. A proposito dei dipinti di Pupin, si

deve aggiungere che non molto tem-po fa è stato trovato un altro bozzet-to preparatorio di una scena affresca-ta nell’abside destro di Ognissanti(4). E’ conservato nella sagrestia del Duomo di

Schio ed è datato 1875. Raffigura uno dei più famosi miracoli di Cristo, noto come “La piscina probatica”. La scena è piena di infermi che aspettano l’arrivo dell’An-gelo che portava la guarigione al primo che entrava dopo che egli, nel suo volo aveva agitato l’acqua. Non appare quindi del tutto impro-

babile che, proprio in questo settore, si possano effettuare altri interessanti ri-trovamenti.

Antonio Lora

NOTE

1. LORA A., Il Duomo di Ognissanti e l’Oratorio di San

Gaetano di Arzignano. Breve guida illustrata, Comu-

nità Parrocchiale di Ognissanti, 2.a ediz., pp. 36, 2007.

2. Ringraziamo questo attento studioso delle infor-

mazioni che ci ha gentilmente fornito compresa l’im-

magine del bozzetto, peraltro già pubblicata dal Cor-

riere Vicentino, a cura di E. Corato, nel febbraio 2011.

3. La collocazione del documento è la seguente: Ad-

svi, Atti dei Notai secondo nuovo versamento, busta

838. Atto Ghirardini Romolo 22 giugno 1886, reper-

torio 573. Il permesso di pubblicazione è il seguente:

“Concessione Archivio di Stato n. 1 del 14 marzo 2014

prot. n. 972/28.13.07.17.1”.

4. Questo bozzetto è descritto in scheda da T. Putin,

Historia Christi. Arte e fede nella Chiesa Vicentina,

pp.62/63, Ed. Terra Ferma, 2008.

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Gerusalemme

IL DESERTO

Giunti a Mashabei la sera del 28 dicem-bre 2013, con Don Giacomo Viali, abile e preparato accompagnatore, abbiamo potuto addentrarci subito nel silenzio del deserto del Negev, dove ho vissuto le sensazioni dei Patriarchi che percorre-vano quella terra di nessuno, in cerca di qualche tratto d’erba per le loro bestie. “Ma non poteva Dio, dare qualcosa di

meglio al popolo che si era scelto per manifestarsi?” – mi chiedevo, in mezzo a quelle brulle colline piene di sassi – e la risposta non tardava a farsi sentire: “E’ proprio là, dove non c’è quasi nulla, che i miei figli alzeranno la testa per invocar-mi…”.

E allora trovavo belli, quei posti che rin-verdivano dove passava qualche rigolo d’acqua. Che racchiudevano città splen-dide, sepolte dalla sabbia e ridonate a noi dagli archeologi. Tutte di pietra, per-ché là non c’era né legno, né ferro, quat-tromila anni fa. Mi ronzava nell’orecchio il salmo 113 che cantavamo ai vesperi la domenica pomeriggio: “In exitu Israel de Aegypto…” e pensavo alla felicità degli Ebrei liberati dalla schiavitù che riceve-vano una terra tutta loro, dove avrebbe-ro vissuto liberi. I figli di Dio non si ar-rendono mai e lo manifestano con la loro intraprendenza e la loro voglia di gran-dezza! Anche oggi, con quell’immensa superstrada, tutta illuminata, nel deserto di Giuda.

GER

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SENSAZIONI, EMOZIONI, PENSIERI...

- 18 -

e Giuseppe Corato presso il muro del pianto

e rin-golo en-e a

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esperi la srael de

cità degli ve-

ebbe-on si ar-

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ensa deserto

GERUSALEMME

L’emozione più forte è stata, ovviamen-te, alla vista di Gerusalemme. Dopo aver recitato per decine d’anni i salmi delle ascensioni, ecco realizzarsi, anche per me, l’arrivo alla Città Santa. Un nodo alla gola m’è venuto vedendo le mura di So-limano il Magnifico, e più ancora quelle fissate chissà quante volte da Gesù, dal pinnacolo del Tempio. Gerusalemme, città salda e compatta: là

son salite le tribù del Signore, tra i suoi baluardi, dove ci sono sicurezza e pace, ma soprattutto acqua, e la presenza dell’Altissimo nel suo Luogo Santo!Che bella città, vecchia di oltre tremi-

la anni, più volte distrutta e sempre ri-

costruita, circondata da verdi monti e da storiche valli, come quella di Giosafat, con le migliaia di tombe, tutte uguali e ben allineate, in attesa di aprirsi al Giu-dizio finale che in quella valle si svolgerà, quando gli Angeli peseranno le anime sulle bilance appese alle poche arcate su-perstiti alla furia dei Romani! Ho pianto anch’io, davanti alla chiesetta del Domi-nus Flevit osservando la distesa di con-domini su tutte le colline circostanti, i cosiddetti insediamenti ebraici. Che non sono male, ma costruiti sulla terra dei Palestinesi, confinati entro piccole isole – un arcipelago! – chiuse con 750 Km di muro di 8 metri d’altezza. Che fatica im-parare la lezione, anche oggi, dopo tan-te drammatiche batoste! “Gerusalemme,

.....DI UN PELLEGRINO IN

TERRA SANTA

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che uccidi i profeti!... di te non rimarrà che pietra su pietra…”, diceva Gesù. E quaranta anni dopo fu proprio così. Oggi qualcuno vorrebbe fare altrettanto, non solo gli Iraniani. Rimane il monito: pietra su pietra, in altre parole la necessità di tornare a quel deserto pietroso, vuoto di vita, dove gli uomini di Dio hanno incon-trato la Vita e hanno seguito i suoi det-tami, lasciando perdere la falsa religione che alimentava la superbia e la voglia di possesso.

IL LAGO

Fa impressione scendere dal deserto del Negev, con le sue ondulate alture, verso il Mar Morto, al centro di un’enorme spac-catura, frutto di scontri tra placche ter-restri, milioni d’anni fa. Pensavo al Figlio di Dio che scende nella sua terra, proprio nei luoghi dove si vede – col Giordano che la accentua, – questa valle che lo in-

ghiotte e lo fa suo, seppellendolo dentro, addirittura.Ma la terra di Gesù è la Galilea. E’ lì che

s’è illuso di salvare il mondo con i suoi miracoli. E ne ha fatti tanti, soprattutto nelle cittadine attorno al lago di Gene-zaret, che anche noi abbiamo traversato, provando i brividi della tempesta seda-ta, con un barcone preso a noleggio al kibbutz di Ein Gev, che vibrava tremen-damente mentre il vento ci ricacciava in gola ogni lamento.Bello, dalle sue rive, il lago che dà tran-

quillità! Favorisce la conversazione, ac-centua il verde che lo circonda e mette in risalto i monti che lo racchiudono, come quello delle Beatitudini. Dà lassù sentiamo quanto siano vere quelle otto espressioni che invitano a desiderare i valori veri che molti hanno accantona-to o rinnegato: la mitezza, la purezza, la misericordia, la pazienza, la fiducia in Dio… e dopo la messa, un tramonto di

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sogno che dipinge d’arancio gli uomini e d’argento le acque tremule del lago, ci ricorda che davvero abbiamo ricevu-to il Regno di Dio: lo stiamo già gustan-do, quassù, da dove non vorremmo più scendere, come ieri, sul Tabor, da cui si contemplava la verde pianura e i villaggi armoniosamente arroccati sulle colline circostanti.

I CREDENTI

In programma c’erano anche degli in-contri che apparentemente non c’en-travano con un pellegrinaggio: la visita all’istituto Effetah e all’Ospedale Pedia-trico di Betlemme. Poi ho capito che chi vede la terra di Gesù, non può più far fin-ta di niente e tornarsene a casa soddi-sfatto della bella gita. Come Gesù, le no-stre Suore Dorotee aprono la bocca e gli orecchi ai bimbi sordomuti e guarisco-no i piccoli palestinesi che non possono

permettersi le spese dell’ospedale civile.Queste suore hanno anche una scuola

in un villaggio tra i monti dell’alta Galilea, a Tarsihia. Ci accolgono nella loro bella chiesa nuova, piena di coloratissime ico-ne. Ci dicono tante cose, ma ci rimane impresso quello che lasciano trapelare: “siamo noi a far funzionare la comunità e a diffonderla tra la gente, col nostro te-stimoniare, donare, insegnare gratuita-mente”. Sappiamo, infatti, che il parroco è un ortodosso melchita, sposato, con quattro figli. “Lo si vede poco! – ci dice una suora originaria di Nogarole, seduta vicino a noi, – e spesso è assente anche in momenti importanti…” Ci lascia così capire il valore aggiunto del celibato dei preti cattolici, anche se è considerevole pure la famiglia, con tutti i suoi impegni, come insegna il parroco di Tarsihia.

Giuseppe Corato

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La religiosità popolare o pietà popolare, cioè la pratica di forme di devozione popo-lari come il culto dei Santi, i pellegrinaggi, le processioni, le visite ai santuari, il rosa-rio, le medaglie, la venerazione delle reli-quie è spesso intesa come fede dei semplici e dei poveri di fronte alla fede dei teologi o, addirittura, come forma di paganesimo.In realtà, per certi aspetti, nel passato, le

manifestazioni di fede, espresse con la re-ligiosità popolare, hanno sostituito il vuoto lasciato dalla liturgia ufficiale, a volte “lon-tana” dalla gente e incomprensibile al po-polo che ha sviluppato un proprio modo di vivere la fede.Nel mondo contadino il sacro abitava con

gli uomini, in casa, lungo le strade, nei cam-pi, custoditi dai capitelli. Il divino e i santi potevano adoperarsi in ogni momento della vita dell’uomo per dare un aiuto nei bisogni e nelle disgrazie.

I genitori, perché i loro bambini, fin dalla nascita, crescessero buoni e sani, teneva-no a fianco della culla, appeso al muro, un contenitore per l’acqua benedetta dal quale attingere per segnarli con la croce, sera e mattina, finché, cresciuti, non imparassero a farlo da soli. In questo modo “si metteva in fuga l’Angelo cattivo e si accattivava l’ami-cizia dell’Angelo buono”. Ancora, alla cami-ciola, sotto il vestito, la mamma appendeva la medaglietta della Madonna miracolosa, perché “ti aiuterà per la salute del corpo e dell’anima”Il Battesimo veniva celebrato entro po-

chissimi giorni dalla nascita, alla presenza del papà, dei padrini e di pochissime altre persone; qualunque fosse il tempo ed il loro stato di salute. Era più importante la salute spirituale del neonato e, perciò, doveva su-bito diventare figlio di Dio, dopo essere di-ventato figlio degli uomini.

RELIGIOSITA’ POPOLARE: In r

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E: In realtà, si temeva che i bambini moris-

sero prima di venire battezzati e, così, fos-sero destinati al limbo, luogo in cui “non si stava né bene né male”. La mamma non c’e-ra, perché, dopo aver partorito, era ritenuta impura e prima di essere ammessa in chiesa doveva presentarsi al sacerdote che, con un rito tutto particolare, la benediva per “pu-rificarla”.Ai bambini venivano dedicate speciali at-

tenzioni anche in occasioni di alcune ricor-renze. Il 3 febbraio, giorno di San Biagio, protettore contro il mal di gola, le mamme facevano benedire dal parroco della frutta (mele castagne ecc.), che poi distribuivano ai figli per prevenire il mal di gola. Per lo stesso motivo, quel mattino, quando i bam-bini erano ancora a letto, ne approfittavano per portar loro la benedizione del parroco: incrociando alternativamente le candele benedette sotto il mento di ogni figlio, reci-

tavano delle preghiere particolari.Talora i ricordi legati alla religiosità sfuma-

no in particolari che il tempo colorisce di folklore e ce li fa giungere, di bocca in boc-ca, coperti di un velo di leggenda.E’ il caso di alcune pratiche, quasi magiche,

come la recita dei sequeri (Si quaeris), rigo-rosamente in un latino storpiato, per aver la certezza di ritrovare ciò che si era perduto;o l’usanza di ricorrere alle benedizioni

contro le invasioni di animali nocivi o con-tro le malattie. Infine, per scongiurare il cattivo tempo, in particolare la grandine, (a quel tempo, grandine voleva dire fame) si aspettava con ansia che il parroco suonas-se le campane, affinché con il loro suono melodioso, intercedessero presso Dio per allontanare questo flagello. Nel frattempo, com’era d’uso in Alta Valle, la donna di casa raccoglieva i bambini dinnanzi a un’imma-gine sacra per pregare e contemporanea-

TRA FEDE E MAGIA

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Processione votiva di S.Agata

mente poneva fuori dalla porta di casa la paletta del focolare o qualcosa di analogo, piena di brace con sopra dei rametti di ulivo benedetto la domenica delle Palme

Se la vita quotidiana era intessuta di sem-plici aspetti devozionali, le forme di affida-mento a Dio e alla Provvidenza si facevano più evidenti nei momenti di maggior peri-colo.Nella prima metà del ‘900, vi furono tem-

pi tristi per la nostra comunità, come, del resto, per tutta la nazione, a causa, special-mente, della crisi economica e delle due guerre mondiali che misero in ginocchio l’ Italia.In una società preminentemente contadi-

na, questi eventi catastrofici avevano scon-volto la produzione agricola, causando fame e miseria.Ecco, quindi, il riemergere di vecchie e

nuove devozioni popolari per scongiurare il ripetersi di tali situazioni. Nelle famiglie accanto alla recita del rosario si moltiplica-vano le devozioni al Sacro Cuore di Gesù e di Maria, nonché ai Santi protettori da ma-lanni di ogni genere, come S.Antonio da Pa-dova e San Rocco, al quale, in Arzignano, fu eretta una chiesetta, come si fece per San Gaetano e San Girolamo.Le immagini dei santi prescelti, con il san-

tino o un quadretto, erano presenti in molte case, custoditi in altarini improvvisati e vi-vacizzati con qualche fiorellino e una can-dela.Dopo la prima guerra mondiale sorsero

inoltre numerosi capitelli e nicchie votive. Essi esprimevano la riconoscenza di una singola persona o di più famiglie verso la Vergine e i Santi per i pericoli scampati e, insieme, la consapevolezza di essere crea-ture bisognose di aiuto, da parte di un in-

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Benedizione di S.Biagio

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termediario, presso Dio.Da maggio a settembre, infine, era tutto un

susseguirsi di processioni che avevano lo scopo di impetrare non tanto la salute fisi-ca, quanto la conservazione delle messi.Era il tempo delle Rogazioni: processioni

attraverso itinerari campestri, per invocare la divinità per il buon raccolto, per la buona salute, per stare in pace con tutti.Si facevano in primavera, prima del gior-

no dell’Ascensione. Si partiva dalla Chiesa dopo la messa delle 7.00, accompagnati da una gran folla. A piedi si andava per quat-tro giorni nelle zone di campagna fuori dal paese; ci si fermava davanti a un capitello, il sacerdote benediva la campagna , mentre i fedeli intonavano “A fulgura et tempestate libera nos Domine”Era, inoltre, ricorrente il tema della “sal-

vezza dell’anima” con il Perdon d’Assisi, con la devozione ai primi 9 venerdì del mese

consecutivi, dedicati al Sacro Cuore di Gesù, con le prime domeniche del mese a Monte Berico: tutte forme che facevano molta pre-sa nell’animo popolare.

Insomma, erano tempi in cui le devozioni variamente articolate facevano sì che qua-si l’intera vita del territorio parrocchiale ruotasse attorno al rispettivo campanile, sia nelle frazioni che nel centro cittadino a Ognissanti.Oggi alle grandiose e rituali processio-

ni che si snodavano lungo le strade e sulle piazze del territorio, con lunghe cerimonie, caratterizzate da stendardi, làbari e accese omelie,è fortunatamente subentrata una forma di

pietà più personale, più genuina, in un rap-porto con il Divino più rispondente alla cul-tura e al costume attuali.

Mariuccia Pegoraro

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RITORNO ALLA GUERRA CIVILE IN

SUD SUDAN

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Il neonato paese, Sud Sudan, si trova di nuovo in una situazione di guerra civile. Il tutto è iniziato la notte del 15 dicembre scorso in seguito ad un conflitto all’inter-no dei membri della guardia presidenziale a Juba, la capitale. Gli scontri poi si sono rapidamente estesi in molte parti del pae-se, creando una guerra civile.Esistevano già dei sintomi che presagi-

vano l’attuale situazione: la lotta per il po-tere all’interno dei membri del partito di maggioranza SPLM, aveva raggiunto il li-mite dell’esplosione e il presidente, Salva Kiir dell’etnia Dinka aveva sciolto il gover-no e cacciato via il suo vice, Riek Machar dell’etnia Nuer. Questo gesto crea una for-te avversione, accentuando la spaccatura

all’interno del partito. L’ex-vicepresidente e l’etnia Nuer a questo punto accusavano il Presidente Salva Kiir di alcune tendenze e scelte dittatoriali e la violazione della co-stituzione. La tensione a questo punto era al massimo.Le due etnie, Dinka e Nuer, hanno una

lunga storia di tensione nel paese. Si sono combattuti e ammazzati tra di loro in di-verse occasioni e per vari motivi (sociali, politici e culturali ecc.). Il massimo dell’o-stilità si era raggiunto negli anni 1990 quando si è combattuto provocando la morte di 36.000 persone. Da quel momento odio e sentimenti di vendetta fomentavano tra di loro. Purtroppo niente è stato fatto per aiutare le due etnie per riconciliarsi e

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L’icne dripdifdi “QuMescrna aL’atMochisurall’leznelL’icunGestornograche cconsulsmviasigmadontre plibrIl d

riprendere la convivenza pacifica. Quelli dell’etnia Dinka hanno sempre detto aper-tamente che avrebbero rivendicato l’ucci-sione dei loro conterranei avvenuta negli anni ‘90. In vista di questo, il Presidente aveva costituito un esercito denominato “khoc beny” (che significa aiutate il vostro capo!) di 15.000 miliziani tutti provenienti dalla sua etnia (Dinka).La violenza fatta scoppiare dalle guardie

presidenziali, i membri del “Khoc beny” scatenati contro l’etnia Nuer il 16 e 18 di-cembre uccidendo migliaia di persone a Juba, ha fatto sì che il conflitto prendes-se una piega etnica, coinvolgendo le due etnie. Col tempo, tutto si è trasformato in una crisi nazionale diventando una ribel-lione contro il regime del Presidente Salva Kiir. Ora la guerra, dura ormai da qualche mese ed ha causato la morte di migliaia di vite, distruzioni di infrastrutture e una grave crisi umanitaria. L’ONU ha stimato in 930.000 le persone fuggite nei campi profu-ghi in Etiopia, Uganda, Kenya e Congo.

la situazione. L’intensità della devastazione

causata dalla guerra è impressionante. La gente nei campi profughi vive in condizio-ni di estrema miseria e povertà, manca di tutto il necessario. I bambini, gli amma-lati e gli anziani muoiono ogni giorno per mancanza di cibo, acqua e altre necessità. L’ONU non sta facendo niente per aiutare questa gente. Grazie alla continua solida-rietà di alcune persone di buona volontà, amici e parrocchiani di Arzignano, siamo riusciti a fare qualcosa per la gente. Abbia-mo comperato due cisterne per l’acqua, e viveri basilari per i bambini. E’ una goccia nell’oceano, ma molto importante! A tutte queste persone generose e al Parroco di Ognissanti don Mariano, va la mia since-ra gratitudine per la solidarietà dimostrata alla mia gente. Inoltre, grazie alle persone che hanno voluto promuovere e sostene-re l’iniziativa dell’associazione “Amici Don Mark”, che vuole essere un braccio di soli-darietà e fraternità verso chi soffre nel Sud Sudan.

Don Mark Opere OmolEmail: [email protected]

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Mi sono recato personalmente a vedere

Gruppo CUS a Roma per la beatificazione di Luigi Novarese

beato luigi novarese e il centro volontari

della sofferenzaUn’Associazione che annovera malati e ami-

ci sani i quali collaborano nella formazione

servizio ai fratelli e alla comunità, è il Cen-tro Volontari della Sofferenza che è presen-te anche nella nostra parrocchia con ca. 10 aderenti. Sono persone, per lo più ammalate o anziane che vivono il loro stato di soffe-renza in modo positivo, con l’intento di una

collaboratori sani. La loro missione e la loro azione apostolica è quella di promuovere e

malata e sofferente per renderla “soggetto di

sa e nella comunità parrocchiale. Si ispira-no al messaggio e al carisma associativo del Beato Luigi Novarese, salito agli onori degli

altari il 13 maggio 2013, il quale ha propu-gnato e divulgato un progetto di vita e di

apostolato”. Da questo progetto sono nati e

quali i malati fanno formazione e organizza-no il loro apostolato nelle comunità parroc-

Recoaro a Montecchio Maggiore e da Monte-bello ad Arzignano e Chiampo ci sono alcuni gruppi che annoverano una cinquantina di aderenti. Molte sono le attività di formazio-ne, di apostolato di categoria e di preghiera che sono presenti nel programma associati-vo diocesani e zonale/parrocchiale e inter-parrocchiale. Si è inaugurato l’anno associa-tivo 2013/14 con i seguenti appuntamenti:

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personale, nel mondo della sofferenza, e del

valorizzare le risorse presenti nella persona

valorizzazione piena, con l’apporto fattivo di

azione formativa e di apostolato”, nella chie-

apostolato, “il malato soggetto di azione e di

si sono divulgati i gruppi di avanguardia, nei

chiali e presso altri malati. Qui nella zona da

Gruppo CUS a Sacrofano

il centro volontari della

un’associazione che fa del malato

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Dom. 06 ott. 2013 AssembleA DiocesAnA

lA beAtificAzione Di l. novArese e il ns. cAmmino AssociAtivo

tà su cArismA A montichiAri (bs)

1° incontro

“beAti voi….AllA sequelA Di cristo”

27-29 Genn. 2014 conveGno lsm e Assi-stenti Dioc. “lA chiesA? un ospeDAle

14/02– 16/02/2014 GiornAte Di spirituA-lità su cArismA A montichiAri (bs)

2° incontro

Dell’ADesione

ADerire AD un proGetto Di sAntità

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Di inizio Anno AssociAtivo

sAb. 25 GennAio ‘14 villA s. cArlo

29/11– 01/12/’13 GiornAte Di spirituAli-

formAzione per vs e f/s

DA cAmpo… che curA le ferite”

Dom.16 mArzo 2014 “2^ GiornAtA DiformAzione per f/s il siGnificAto

Di unA ADesione responsAbileAl proGrAmmA Del cvs

A monte berico

sAb.01 mArzo 2014 GionAtA DiocesAnA

sofferenza del Beato luigi novarese

un protagonista del suo apostolato

Altri impegni formativi associativi attendo-no i nostri aderenti e i nostri gruppi. Per il mese di maggio 2014 il primo appuntamento

23/05– 25/05/ 14 GiornAte Di spirituAlità su cArismA A

montichiAri (bs) 3° incontro

Quindi ci attende un importante Convegno associativo quale momento di approfondi-mento di una delle affermazioni recenti di Papa Francesco

Dom. 01 Giu 2014 conveGno triveneto Del cvs “lA chiesA? un ospeDAle

cAmpo… che curA le ferite”

I giovani che aderiscono all’associazione, malati e sani hanno l’opportunità di vivere un’esperienza forte nella casa del Fondatore, il Beato Luigi Novarese a Casale Monferrato

31/05 – 02/06/’14 fine settimAnA A cAsAle monferrAto per i GiovAni cvs

Con il mese di maggio iniziano i tradiziona-li Corsi di Esercizi Spirituali per malati pres-so la Casa di Re, piccolo comune in provincia di Verbania, appositamente costruita a tale scopo dal Beato Luigi Novarese. Anche i no-stri malati e fratelli sani hanno l’opportunità di seguire almeno un Corso con le date qui di seguito riportate.

25/31 mAG. ‘14 corso es. A re per mAlAti psichici settimAnA Dell’AmiciziA

13-17 luG. 2014 corso Di esercizi sp. A re per bAmbini e ADolescenti

17-20 luG. 2014 corso Di esercizi sp. A re per fAmiGlie

27/7 – 01/08/’14 corso Di esercizi sp. A re per i GiovAni cvs

31/08 – 06/09/’14 corso esercizi sp. Dio-cesAno A re per lA Diocesi (vi – vr – Gr)

(100 posti)

nicodemo Gasparotto

InuIl tscno da JraseE

vatemmKno e cdete a

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ICONA DELL’AMICIZIA

L’icona è una personale e fedele riproduzio-ne di una antica icona copta del VII sec. La riproduzione di questa già negli anni 80 era diffusa dalla comunità di Taizé con il nome di “Gesù e il suo amico”.Qualcuno afferma che questi sia l’abate Menat (Miniato) perché tale nome appare scritto a fianco del personaggio che cammi-na accanto al Signore. L’atelier iconografico dell’Associazione Monastero di Bose ha scritto questa icona, chiamandola: “Icona dell’amicizia”. Essa mi-sura 60 x 60 ed è un’icona originale ispirata all’antica immagine; appartiene alla col-lezione Don Mariano Lovato e si conserva nella parrocchia di S. Pietro in VicenzaL’icona rappresenta Gesù che accompagna un discepolo.Gesù è ben riconoscibile dal nimbo che at-tornia il capo con all’interno la croce lumi-nosa. Questo nimbo (aureola) è segno della grazia divina che è comunicata al discepolo che cammina a fianco al suo Signore e dal contatto della mano destra che Gesù posa sulla spalla destra del discepolo. È la tra-smissione della vita divina a chi segue Gesù via, verità e vita. Gesù è il maestro e Signore significati dal libro chiuso che regge nella mano sinistra: è il Vangelo, la lieta notizia, il dono prezioso (la copertina è ricca di pie-tre preziose) ed è il messaggio misterioso, il libro sigillato. Il discepolo è guidato da Gesù che lo accom-

pagna con la sua mano posta sulla spalla. Essa è sicurezza, protezione e anche dono di grazia che è espressa dal nimbo simbolo del-la santità; grazia che il discepolo non tiene per sé ma che da in dono con il gesto della mano destra benedicente. Nella sinistra egli tiene il rotolo, che può significare che egli ha fatto sua la Parola del Signore oppure che egli è nel numero dei salvati dalla grazia del Signore. Meno probabilmente può significa-re la regola del monastero che egli guida.Le vesti sono di colori caldi che manifesta-no l’umanità e la povertà del Signore e del discepolo. Forse la veste scura di Gesù può significare l’abito monastico. I grandi occhi manifestano l’apertura del cuore (sono la finestra dell’anima), la di-sponibilità a lasciarsi leggere dentro, anzi il desiderio stesso di entrare in comunione con chi contempla l’icona.Il fedele infatti nella contemplazione viene come assunto dal mistero della grazia che è comunicata dalla presenza del Signore, dal camminare al suo fianco, dal sentire quella mano che non solo da sicurezza e conforto nel cammino ma sembra anche essere come di sostegno alla stesso Signore Gesù che, dato che l’usura del tempo ha consumato nell’icona il colore e ha fatto sparire i piedi stessi di Gesù, egli sembra ora camminare con i piedi del discepolo, sbigottito dall’espe-rienza stessa che sta vivendo.

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Libretto pastorale/Nu

mero D

ue della Parrocchia di O

gnissanti - Pasqua Aprile 2014.