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Comunità dell’Isolotto Domenica 21 ottobre 2012 LA MEMORIA , IL CERCHIO DELLA COMUNITA’, L’OLTRE nomi pensieri riflessioni immagini Riflessioni di Tina, Paola, Adriana, Luciana, Carmen a un anno dalla morte di Enzo

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Page 1: Comunità dell’Isolotto Domenica 21 ottobre 2012 - 21...2 Trovarono la pietra rotolata via dal sepolcro; 3 ma, entrate, non trovarono il corpo di Gesù. 4 Mentre erano ancora incerte,

Comunità dell’Isolotto Domenica 21 ottobre 2012

LA MEMORIA , IL CERCHIO DELLA COMUNITA’,

L’OLTRE

nomi – pensieri – riflessioni – immagini

Riflessioni di Tina, Paola, Adriana, Luciana, Carmen

a un anno dalla morte di Enzo

Page 2: Comunità dell’Isolotto Domenica 21 ottobre 2012 - 21...2 Trovarono la pietra rotolata via dal sepolcro; 3 ma, entrate, non trovarono il corpo di Gesù. 4 Mentre erano ancora incerte,

Dal vangelo di Luca

1 Il primo giorno dopo il sabato, di buon mattino,alcune donne si recarono alla

tomba, portando con sé gli aromi che avevano preparato. 2 Trovarono la pietra

rotolata via dal sepolcro; 3 ma, entrate, non trovarono il corpo di Gesù. 4 Mentre

erano ancora incerte, ecco due uomini apparire vicino a loro in vesti sfolgoranti. 5

Essendosi le donne impaurite e avendo chinato il volto a terra, essi dissero loro:

“Perché cercate tra i morti colui che è vivo? 6 Non è qui, è risuscitato. Ricordatevi

come vi parlò quando era ancora in Galilea, 7 dicendo che bisognava che il Figlio dell’uomo fosse consegnato in mano ai peccatori, che fosse crocifisso e risuscitasse

il terzo giorno”. 8 Ed esse si ricordarono delle sue parole.

Tornate dal sepolcro, annunziarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri. 10 Erano Maria di Màgdala, Giovanna e Maria di Giacomo. Anche le altre che erano insieme lo

raccontarono agli apostoli. 11 Quelle parole parvero loro come un vaneggiamento e non credettero ad esse. Pietro tuttavia corse al sepolcro e chinatosi vide solo le bende. E tornò a casa pieno di stupore per l’accaduto. Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio

distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, 14 e conversavano di

tutto quello che era accaduto. 15 Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù

in persona si accostò e camminava con loro. 16 Ma i loro occhi erano incapaci di

riconoscerlo. 17 Ed egli disse loro: “Che sono questi discorsi che state facendo fra

voi durante il cammino? ”. Si fermarono, col volto triste; 18 uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: “Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che

vi è accaduto in questi giorni? ”. 19 Domandò: “Che cosa? ”. Gli risposero: “Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a

Dio e a tutto il popolo; 20 come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato

per farlo condannare a morte e poi l’hanno crocifisso. 21 Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono

accadute. 22 Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al

sepolcro 23 e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche

una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. 24 Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l’hanno visto”. ……………. Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse

andare più lontano. 29 Ma essi insistettero: “Resta con noi perché si fa sera e il

giorno già volge al declino”. Egli entrò per rimanere con loro. 30 Quando fu a tavola

con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 31 Allora si

aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. 32 Ed essi si dissero l’un l’altro: “Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi

lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture? ”. 33 E partirono senz’indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano

con loro, 34 i quali dicevano: “Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone”. 35 Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

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"LA SOPPRESSIONE DELLA MORTE" NEL CANONE BUDDISTA. (not. 224,225,226 pag.8 Cercando ancora ed ancora l'esistenza,* gli esseri tornano e ritornano nella matrice; Gli esseri vanno e vengono, *ad una tappa dell'esistenza ne succede un'altra. Il saggio con la vigilanza, la virtù e la purezza costruisce un'isola,* nessuna marea può sommergerla. Alzati, comincia una nuova vita, segui la Dottrina,* calpesta gli eserciti del Signore della Morte, come un elefante che danza su una capanna di fango. La vera saggezza pone fine alla nascita e alla morte,* e raggiunge la liberazione dal mondo. Come le acque del Gange vanno veloci a perdersi nel mare,* così il pellegrino del giusto sentiero arriverà alla soppressione della morte. Chi ha la mente incerta non comprende la santa Legge,* chi è incostante nella fede non raggiunge la sapienza. Il saggio che possiede la perfetta memoria, la diligenza, il discernimento e la comprensione,* libera la sua mente da ogni errore.

Lascia che il tuo pensiero carico di benevolenza percorra l'universo,* diffondendo ovunque pensieri d'amore; *UNDANAVARGA. Testo del Canone buddhista, facente parte del

Sutta Piyaka. Scritto in prosa ed in versi, contiene una col- lezzione dei detti del Buddha.

dal liro "La Preghiera Universale di p. Giovanni Vannucci.

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CHIAMATI PER NOME Il ricordo e l’intreccio dei vissuti Nella città, nel quartiere, nella piazza e qui in queste baracche abbiamo unito mani e piedi ed abbiamo camminato insieme a tanti/e, donne e uomini di buona volontà. Ogni persona ha arricchito ciascuna/o di noi con la sua identità,i suoi pregi ed i suoi limiti e ciò ha creato affettività, relazioni, comunità- Ci piace oggi ricordare le/gli assenti a partire proprio dalle relazioni e dagli affetti : abbiamo pensato che un modo per farlo è chiamarle/i per nome Chiamare per nome per dare significato alle identità e specificità personali, per mantenere una comunicazione di affetti e sentimenti che ci hanno accompagnato e che vogliamo rendere vivi e presenti questa mattina

Oda (Mazzocchi)– Meo( Bellosi) – Anita – Renato( Macinai) –

Giselda( Ughi) – Nunzia (Belli) – Enzo ( Mazzi) - Mariapia( Chegia) –

Vittorio ( Tabacchini) – Benedetta( Liberio) – Michele ( Della corte)

Assuntina – Orlando( Rocchi) – Marta ( Leoni)– Gianpaolo ( Taurini)

Giuseppina ( Fallai) – Angiolina ( Pistolesi) – Raffaello –

Sergio ( Prati) – Sergio ( Rusich) –Mario (Vezzani)

Pasca….Amelia ( Vichi) – Clara ( Pistolesi) –Maria ( Ricciardi)

Nella ( Ristori) – Umberto ( Ristori) – Rina – Tosca (Magni) –

Lucia ( Giannoni) - Piero – Luigi ( Cipani) – Elettra - Questi sono alcuni dei nomi che ricordiamo, ciascuno può aggiungere ed arricchire la lista dei ricordi

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LE IMMAGINI Vogliamo ricordare le persone con le loro caratteristiche ed identità, ma non vogliamo fare una memoria come celebrazione e culto della personalità: dunque la memoria di Enzo e di ciascuno ha secondo noi un significato se collocata in questo contesto di relazioni, affetti, ricerca e impegno comune Abbiamo scelto delle immagini che ci accompagnino in questo ricordo e che ci permettano di riconoscere la singola persona come presenza viva nel cerchio della comunità

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COLTIVARE IL SOGNO, L’UTOPIA LE PAROLE, I MESSAGGI EMMA Ho imparato nella comunità a leggere la Bibbia. La lettura apre gli occhi ai ciechi. Oggi, quando io parlo, faccio continui riferimenti ai passi della Bibbia. È l'effetto della lettura che si è fatta e si fa in comune qui all' Isolotto. Una volta io potevo anche andare in chiesa. Il parroco ci invitava alla lettura e al commento della Bibbia. Leggeva e commentava lui. Io pensavo: ma noi dobbiamo andare in chiesa solo per ascoltare? Ma i preti e i vescovi la gente non l'ascoltano mai? Io voglio citare un esempio: so che il vescovo di Firenze si è incontrato con quattro giovani venuti dall'America centrale. Volevano parlare con lui della situazione dei loro paesi. In quattro e quattr'otto li congedò senza farli neppure parlare. Disse loro: "So tutto, sono informato". Io avrei voluto dirgli che la realtà di quei paesi lui l'avrà sentita dalle relazioni del clero e dei vescovi. Ma corrisponderà veramente a quella popolare? NUNZIA Io non so leggere e scrivere. Parlo come so parlare. Mi vengono in mente tante cose. Anche sui vescovi che invece di insegnare la verità della vita vogliono tenere il popolo nell'ignoranza. A me non tornano i paroloni. Io cerco le parole semplici: sincerità, amore reciproco, rispetto della natura, umanità, essere vicino a chi soffre e ha grandi problemi a tirar su la famiglia. Io ho Cristo in me e ci parlo, me lo vedo , non sul seggiolone, ma in un prato, in un luogo qualsiasi alla pari di noi………. Col vescovo Piovanelli, quando venne alle baracche, ho ragionato volentieri di cose passate che servono per il presente e anche per il futuro. Gli ho parlato di mio padre. Ho riflettuto sulla mia vita. Era genitore di nove figlioli. L'hanno tenuto nell'ignoranza. Si credeva, frequentando la chiesa, di conoscere di più. Abbiamo patito la fame, la miseria e mio padre quei due soldi che aveva li dava al prete per le messe. Egli sentiva la voce del prete cadere dall'alto. Ma la provvidenza non è nei miracoli: è ne lavoro. Il prete non ci insegnava nulla, non ci aiutava ad aprire gli occhi. Il prete ci ha tenuti nel buio e la nostra vita è stata buio. Anche mio padre avrebbe avuto bisogno di una comunità...Io ho capito di più in questi ultimi vent'anni che in tutta la mia vita passata.

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RENATO È, a nostro avviso, fuori dubbio la buona riuscita del Seminario delle Cdb a Livorno dell' 11/13 novembre di quest'anno……… C’è stata la possibilità di interventi improntati alla semplicità, alla varietà e senza il consueto affanno. La discussione è risultata così più ricca e partecipata. La ricerca di contenuti adatti ad affrontare i problemi di una società come quella attuale, scadente in fatto di prospettive, soprattutto schiacciata e soffocata da intransigenti sistemi di potere, nazionali e mondiali, ha trovato largo interesse nei partecipanti ed ha appassionato la discussione, così pure nella ricerca del modo di come comportarci con tutta quella parte del mondo cristiano, specie quello non inglobato nelle certezze istituzionali. Non è scaturito un progetto di Chiesa e di società tutto nostro, ma piuttosto la necessità proprio di non avere tale progetto. Non sono scaturite direttive precise su ciò che si deve fare; non c'è stata enunciazione di schemi rigidi e programmati. Tutto ciò, a nostro avviso, è stato altamente positivo. Altrettanto positivo l'esigenza di avere e di dare solo degli orientamenti, la necessità di scoprire e di cogliere alcuni segni per la ricerca di un bene comune e il bisogno di un'attenta vigilanza nel ricercare la strada da percorrere. ANNITA Volevo dire una cosa. Noi si è parlato troppo poco del nostro passato. Perché i fascisti sono venuti con le catene a mandarci via dalla chiesa nel 1968? È vero! Buttati fuori dalla chiesa con le catene dai fascisti e poi portati in tribunale dal vescovo. Erano proprio qualche decina di fascisti, una squadraccia ben riconoscibile e organizzata, volti noti, con catene e spranghe, che proteggevano il prete mandato dal vescovo a dire la messa al posto dei nostri preti. Una firma, una presenza per non consegnare la chiesa ai fascisti che si stavano riorganizzando, in quel tempo poco prima delle bombe di Piazza fontana, e ci hanno portato in tribunale. Quasi mille persone in tribunale: gente umile, la più umile. Come facciamo ad avere fiducia nella Chiesa? Per me la Chiesa è finita. Si parla di riconciliazione? Con una Chiesa che usa i fascisti per provocare il popolo cristiano e mandarlo in tribunale? Cose passate? No affatto! Prima ci scomunicano perché siamo comunisti; poi finalmente si trova ora la parrocchia che ci accoglie senza guardare in faccia alla tessera del partito e allora ci buttano fuori insieme al parroco e ci mandano in tribunale! Da 15 anni nessuno è venuto qui, in questa piazza, a dirci parole di riconciliazione. Nessuno ci ha cercato. E allora?

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VITTORIO A me fa piacere questo incontro anche perché sono uno dei cosiddetti "vecchi". Frequento anche altre esperienze poiché sono un individuo sempre irrequieto alla ricerca della verità. Nella mia esperienza ho assistito a tante contraddizioni. Ho dovuto fare la guerra voluta dal fascismo. Ho visto tante tragedie avallate da una Chiesa istituzionale che oggi rappresentano la vergogna dell'umanità. Mi sono sentito in dovere di riscattare questo nome: "cattolico", perché cattolicesimo vuol dire universalità, uguaglianza, amore. Questi sono gli stessi contenuti che Cristo ci ha insegnato. Si dice che la Chiesa è un mistero. Logicamente noi dobbiamo sapere che il nostro concetto della Chiesa "popolo di Dio" non deve essere un mistero. Quando si parla di mistero vuol dire che sotto c'è una fregatura. Il Popolo di Dio non è una fregatura, è una realtà; non è quello che dice Signore Signore, ma quello che fa la volontà, quello che dà dei risultati positivi e dà la testimonianza pratica della fede. In questi valori mi riconosco attraverso la mia esperienza a tutti i livelli, anche nell'impegno politico, come operaio, comunista (nel senso del dividere con gli altri). L'autorità, che ha tutto il potere nella Chiesa, ha creato la politica del dualismo, della non compatibilità fra queste componenti della persona: l'esperienza di cristiano e l'esperienza di comunista. Invece, la vera incompatibilità credo sia fra il riempirsi la bocca di belle parole di amore e il praticare l'amore nella realtà. Credo che la Chiesa che noi vogliamo debba andare verso questo tipo di ricerca: andare incontro a Cristo con i fatti, non con le parole. MICHELE DALLACORTE Sono un docente universitario, ho passato la mia vita attiva nella ricerca. Mi occupo di fisica nucleare. Sono cattolico, di quel cattolicesimo imposto. All'età della ragione, però, la scienza e quel tipo di religione non andavano d'accordo, quindi per me il fatto di fede divenne un fatto chiuso. Restava nel mio intimo il mistero della figura di Cristo. Questo mi ha sempre affascinato, ma ho passato degli anni rimuginando in me queste cose senza nessun tipo di comunicazione con il prossimo. Finalmente un giorno uno dei miei figli mi disse: "Babbo, perché non vai all'Isolotto?. Eravamo nel 68 e da allora io ho seguito la Comunità. Ho capito che l'amore cristiano può essere praticato tutti i giorni, che non è una norma astratta, è una cosa concreta. Ho sentito il caldo della collettività. In genere parlo poco, mi sento un ultimo; ho soprattutto da imparare dal popolo. Ho vissuto in un ambiente che era lontano dalla vita pratica: si legge il giornale, si commentano i fatti, però il pensiero della gente non si conosce: non c'è comunicazione con la gente. Qui l'ho imparato, ho fatto veramente una esperienza di fede, ho ritrovato una mia fede, che è fede in Cristo visto negli occhi del prossimo. Per me questo è importante.

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RINA E' molto poco che faccio parte della Comunità. In questa grande famiglia, io l'ho definita proprio così, ho trovato una grande pace. Sono stata a Torino al Convegno delle Comunità di base. Là sì chi era meraviglioso. Tutto ciò che ho visto e sentito mi ha attratto fortemente, e vorrei avvicinare tutte le comunità di base che ancora non conosco. MARIA PIA Da quando abbiamo saputo l'argomento del prossimo Convegno delle CDB, …….abbiamo cominciato a cercare di capire le diverse applicazioni alle quali si presta, nel linguaggio di oggi, la parola "laicità". Non è facile, dopo una vita durante la quale hai dato alla parola laicità un certo significato, tutto a un tratto abituarti a pensare "laicità" in termini diversi, più ampi e complessi. Io, per esempio, ho sempre creduto di essere una persona abbastanza libera, democratica, critica e contraria ai dogmatismi. Sapevo di essere laica perché non mi uniformavo alla Chiesa cattolica. Oggi, invece, scopro che sono laica perché ho un atteggiamento critico e distaccato non solo verso il cattolicesimo ma verso molti altri aspetti della vita come il consumismo,la moda,i mass-media,i partiti, ecc. ODA Per me la vita nella comunità e l'impegno sociale sono come una cosa sola. Forse perché sono una donna molto semplice. Io non ho fatto che poco, ma ho ricevuto tanto. Tanto di che cosa? Tanta di quella forza! Vivo per sempre e in condizioni di emarginazione. Ma da quando ho conosciuto la comunità ho ritrovato la mia dignità. La forza della comunità che io ho avuto intorno a me mi ha sorretto. Quest'anno, in agosto e settembre, ho fatto un'esperienza che mi ha fatto capire quanta forza ho ricevuto. Sono stata a due mesi in un pensionato per anziani . Tutti bacchettoni. "Ma come - mi dissero subito - lei non va alla messa?". "Sì che vado alla messa - risposi - ma in una piazza, in piazza dell' Isolotto". Rimasero tutti sbalorditi e vollero sapere la mia storia. Poi, col passare dei giorni, incominciarono ad aver fiducia in me e mi cercavano per affidarmi le loro pene, le sofferenze, la solitudine. Cinquecento persone, cinquecento storie. E io facevo del mio meglio. Tutti mi volevano raccontare. Ma non avevo il tempo. Una volta venne fuori il problema dei gabinetti. Ce n'erano sei per ventiquattro camere. Ma cinque erano guasti ed erano rimasti chiusi. Ne restava uno solo. Chi si raccomandava al direttore e chi all'assistente sociale. Ma nulla, solo promesse. Allora io dissi: "bisogna fare una petizione firmata da tutti". L'assistente sociale e il direttore hanno fatto il viso bianco quando abbiamo consegnato loro i fogli: sembrava chissà quale atto rivoluzionario: chiedere un gabinetto, mica la luna! Insomma tutti a dirmi: "ritorna, ritorna", a me che ero una "miscredenti" perché non andavo nella loro chiesa!

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Non pensate che questo sia un fatto politico? Far prendere coscienza alla gente, aiutarla ad unirsi per risolvere insieme i problemi. Tutto questo l'ho imparato qui,nella comunità. ODA Laggiù nel meridione, come da noi, si è visto nascere un'erbolina: sarà stato qualche filo d'erba, leggero, leggero. Come una donna che deve partorire: ci metterà 9 mesi, 9 anni, 90 anni... In certi momenti questo filo d'erba sembrerà appassito, sconfitto. Ma poi qualche cosa dovrà partorire. …….L' Isolotto è una comunità in cammino. Ci siamo spogliati del sacro e di una certa ritualità nella celebrazione dei sacramenti. Ci si sente disintossicati. Il vescovo Piovanelli non si era chiamato noi, ma quando venne alle baracche tutti lo accettammo. Nessuno voleva parlare per primo. Invece dobbiamo parlare. Non si deve aver paura. Anche se si fa un discorso strampalato poi c'è sempre qualcuno nella comunità che lo riordina e lo mette insieme. Se non sappiamo esprimerci in modo corretto siamo qui per accettare la correzione degli altri. ………gli dissi, signor vescovo, se lei è venuto qui da pastore dobbiamo precisarle che non siamo pecore. Io nella mia vita, prima di venire qui, avevo poco frequentato la chiesa, tolto da bambina al tempo della dottrina; non avevo mai letto molto il Vangelo. Il Vangelo l'ho scoperto qui. …. Per me Gesù è laico. Non lo vedo appiccicato sulla croce. Lo vedo a tavola con me, insieme agli altri. Se vedo la mia famiglia a tavola, tra i commensali ci metto anche lui. Secondo me Dio, la religione sono valori presenti nella vita e nella storia di tutti i popoli, dell'umanità. A farne un oppio per il popolo sono i preti. DONNA...!!! Da poco tempo è sfornata la legge sull'aborto: per l'obbiettore è ancora scottante, l'episcopato è indignato e contorto, per la donna è legge liberante. L'uomo ti cerca, ti vuole, ti brama, con desiderio, tu gioia infinita. Non è di ferro ma taglia la sua lama: suo possesso lui ti ha concepita. Sei madre, moglie, sorella e figlia. Attorno a te s'è ordito un gran filato: come a baco da seta si assomiglia... Non sia più adesso come nel passato!

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Eri chiamata l'angelo della casa: senza le ali e nella gabbia d'oro: lavorar, servire i troppi figli, invasa, senza rispetto, senza alcun decoro. Rompi quel filo, esci di dentro, sii gentile, guardinga e preparata, spezza quel cerchio, entra in parlamento! Il sesso non è pane e marmellata: non essere passiva, non fare la nidiata. Per liberarti esponi il tuo bel corpo: non è peccato se sciogli quella vita come nave che si allontana dal suo porto. Abortir non è cosa gradita: ma meglio un figlio in meno che un genitore morto! (composta nel gennaio 1979 per i gruppo femminista della Comunità) BENEDETTA Ero andata a Verona con una precisa riserva: mi sarei confrontata come femminista, membro di un collettivo che fa riferimento alla Comunità dell'Isolotto, con le altre donne che da tutta Italia avrebbero portato le loro esperienze; ma senza farmi coinvolge, io non credente, dalle tematiche che ritienenevo specifiche ad un convegno di comunità cristiane. Il coinvolgimento, invece, c'è stato quello vissuto come un grosso momento di crescita intellettuale, emotiva, esistenziale. Ho trovato a Verona la continuità, ideale e concreta, con il patrimonio di protagonismo e di lotte degli ultimi dodici anni ed insieme il coraggio di ripensarvi criticamente, rinunziando alle "certezze" dell'ideologia per privilegiare la ricerca e l'analisi nel vivo della società attuale; una pratica quotidiana di intervento fra le masse più sfruttate e subalterne, affrontando con loro la repressione del potere politico e religioso; lo sforzo di darsi strumenti per capire e non giudicare o esorcizzare la realtà di cui siamo partecipi, con le sue contraddizioni e i suoi fermenti. Esemplare ha trovato a questo proposito a relazione di Giulio Girardi sull'atoanalisi di classe, frutto di quattordici mesi di ricerca con i lavoratori della FIAT, relazione chi mi ha fornito indicazioni preziose per la mia attività complessiva di delegata, di operatrice sindacale e di madre di un operaio giovane. Ho verificato- arricchendo la mia visione del mondo e la mia comprensione degli altri - che anche lo sforzo di demistificare il linguaggio evangelico traendone l'autentico significato "rivoluzionario" è lavorare per la liberazione degli oppressi, se si accompagna alla lotta sul terreno dei loro bisogni.

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Lavorare con le donne, infine, è stato bellissimo. Nelle differenze delle nostre storie personali, di collettivi, di gruppi, di situazioni territoriali, ci siamo scoperte un tessuto comune di rabbia e di determinazione a decidere della nostra vita, a riprenderci la nostra identità globale, i nostri spazi di libertà e di felicità che il potere ci ha sempre negato. Un'ultima osservazione sulla preghiera collettiva che ha concluso il convegno. Credevo che mi sarei trovata a disagio, in una dimensione "non mia", invece l'ho vissuta con profonda emozione e partecipazioni. Se quel canto dell'Alleluja esprimeva una gioia di essere insieme in tanti a testimoniare l'impegno e la volontà di adoperarci a costruire una nuova qualità della vista, se questo è preghiera, sono ben felice di avere pregato. GISELDA Può essere utile accostare il ricordo dell'alluvione con la memoria mitica che i popoli hanno a proposito di grandi inondazioni... Il mito più conosciuto, su questo argomento, è indubbiamente quello del diluvio universale descritto dalla Bibbia, ma fra altri antichi popoli si narrano storie di immense inondazioni... che convergono tutte su una stessa morale: da una catastrofe può nascere un uomo nuovo con una nuova coscienza, che riflettendo su i propri errori, dà vita ad una nuova società... Molto poetica e significativa, nella sua semplicità, è la leggenda della "Grande inondazione" che si racconta fra i popoli indiani d'America e della quale vi leggo il brano conclusivo: ... L' inondazione si propagò ovunque e solo le cime più alti emergevano ormai alla superficie. Gli animali cominciarono a discutere sul da farsi. Speravano che piano piano l'acqua si sarebbe ritirata, ma le loro speranze furono deluse. - Mi tufferò e cercherò la terra - disse un giorno la lontra. Altrimenti moriremo tutti qui. Respirò profondamente e disparve nell'acqua. E tornò a gialla se non dopo tanto tempo. Quando infine riemerse, sputando e farfugliando disse: - Mi dispiace, ma non sono riuscita a toccare il fondo. Il luccio si offrì come volontario e parti; rimase a lungo sotto l'acqua ma non ebbe maggior successo della lontra. Poi fu il turno dell'anitra. Essa si tuffò e andò giù come una pietra. Il viaggio sembrava interminabile, e stava per tornare indietro scoraggiata quando improvvisamente toccò il fondo. Raccolse allora quanta terra poteva e tornò rapidamente in superficie. A dire il vero non poté portare molta terra con le sue zampe palmate, ma almeno ora conosceva la strada e poteva fare da guida agli altri. Così, ben presto, lavorando duramente, gli animali recuperarono zolla per zolla l'intero paese degli indiani sommerso dall'acqua e tornarono finalmente alle loro case.

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Avevano vinto la grande inondazione... Questo racconto mette in evidenza come si possa affrontare le più drammatiche situazioni quando, superando le differenze culturali e ideologiche che ci dividono, ci uniamo in uno sforzo comune, mettendo insieme le nostre esperienze e capacità, sviluppando idee e concetti nuovi per un nuovo domani, per il bene di tutti SERGIO P. .......... Approdai a questa piazza in un periodo in cui la comunità si interrogava se doveva continuare le sue riunioni o riconoscersi esaurita con il superamento definitivo, da parte di alcuni suoi membri, dal religioso per il politico e il sociale: l'unico campo in cui, per loro, si può fare qualcosa di veramente positivo per i poveri e con i poveri. Fra religioso e politico parve proporsi una alternativa che si risolveva tutta in favore di quest'ultima. Ma il maggior numero fu per la continuazione di questa esperienza e per il mantenimento di questo intreccio fra ispirazione evangelica e impegno nell'umano. Avevo perduto la fede cattolica tradizionale già prima di vent'anni. Ma il puro e semplice agnosticismo spesso non è che un vuoto amaro e disperante....... Nella comunità non ho ritrovato la fede ma un senso più motivato e meno individualistico del mio non credere che prima mi mancava e che forse andavo cercando: una religione povera di trascendenza, un cristianesimo laico. Oggi io potrei intitolare una mia personale confessione: La mia fede di non credente. Se fede non è appartatarsi nella propria razionalità ma scoprire una ragione per essere con gli altri e condividere una sorte comune, la mia è fede………... Di fatto non ce la sentiamo di vedere nella nostra fede un fatto inamovibile e teorizzato per sempre o di farcelo insegnare dai pulpiti. Dobbiamo trovarla perché in effetti ne siamo alla ricerca. Il problema è di cercarla nel luogo giusto, sapendo scegliere i compagni di strada…… Le poche chiarezze che ci uniscono ci provengono da questa crescita e capacità maturata nell'aiuto reciproco, nel lungo limaggio delle singole intransigenze realizzato attraverso un confronto che ci porta in qualche caso a parlare con una voce collettiva, nell'aver diviso per anni in parti uguali questo pane liberatorio ….. NELLA Io ho partecipato al Convegno dall'esterno. Intendo dire: poco, perché ero malata. Mi sarebbe piaciuto come si fece a Napoli, mi pare nel 75: essere presente nelle commissioni soprattutto per ascoltare, sentire a che punto

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siamo arrivati noi dell' Isolotto al confronto con gli altri e gli altri a confronto con noi. Non è che all' Isolotto siamo stati più bravi. L' ascoltare le relazioni finali mi ha ricordato che esistono, nel movimento delle comunità, esperienze altrettanto valide della nostra. Riguardo al discorso della laicità io debbo dire chi mi sono sempre sentita libera. Cioè mi è sempre piaciuto parlare e agire in libertà, farmi le mie ragioni. Mi sono trovata bene all' Isolotto, prima in chiesa e poi in comunità. Perché la Chiesa deve essere democratica e i laici devono contare ed essere interpellati. AMEDEO BELLOSI Amici, quello che ci hanno detto gli operai dell'Amiata ora ci deve fare veramente vergognare, vergognare a noi italiani ma soprattutto cristiani dell'Isolotto. E' qualcosa che non so neppure come classificarlo. Fa male, fa male al cuore. Alla gente onesta fa male. Sapere che degli operai che lavorano nelle condizioni in cui lavorano gli operai dell'Amiata ad un certo punto son buttati fuori, non hanno nessuna possibilità, nessuna prospettiva per l'avvenire delle loro famiglie. E a noi ci hanno chiuso questa chiesa perché volevamo discutere questi problemi. Io dico questo, anziché andare alla messa come stamattina don Alba ha fatto, noi siamo ben felici di rimanere in questa Piazza e non andare alla messa quando non si vuole discutere i problemi degli operai dell'Amiata e di tutti gli operai d'Italia. Noi siamo ben felici di rimanere qui. Vadano pure gli altri alla messa. La nostra coscienza è più a posto della loro coscienza. GIAMPAOLO T ........................l’incontro di stasera è derivato dalla constatazione di una certa stanchezza che è stata rilevata nella vita della Comunità dalla chiusura del processo del giugno scorso fino a ora...... molti hanno rilevato che vi era una mancanza di partecipazione e soprattutto vi era una assenza abbastanza massiccia di tutte le persone che negli anni passati avevano più attivamente, con maggiore costanza, seguito tutta la vita della Comunità....dunque, qual è il discorso, secondo me? Il discorso è questo: che nella vita della parrocchia, cioè prima del ’68 tanto per intendersi, la riflessione, il modo di andare avanti, il modo di lavorare all’interno della parrocchia era quello di trovare….. il passaggio dal Vangelo alla vita, dalla vita al Vangelo, però la vita era il centro motore di tutta la nostra problematica. E quindi lo stimolo che veniva dato era quello di riuscire a trovare all’esterno della vita della parrocchia, della vita della stessa Chiesa, tutta una serie di strumenti per riuscire a mettere in pratica un ideale al quale noi evidentemente credevamo, noi questo ideale lo abbiamo messo in pratica in maniera molto precisa. Tanto è vero che negli ultimi tre anni nel quartiere sono nati tutta una serie di organismi ……il terreno della scuola, il terreno dell’intervento sul territorio a vari livelli e via

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discorrendo. Questo è un fatto essenzialmente positivo, un fatto per il quale noi ci siamo battuti, sul quale noi abbiamo riflettuto prima del ’68….. Ora però l’interrogativo che dobbiamo porci è questo: la Comunità, a questo punto, venendogli a mancare, come obbiettivamente sono venuti a mancare, tutta questa serie di terreni, tutta questa serie di possibilità di intervento, ha ancora possibilità, ha ancora un ruolo all’interno del quartiere, all’interno della Chiesa, all’interno del mondo cattolico?..... A mio avviso questo ruolo ce l’ha ancora………. il nostro ruolo di persone cioè che credono in certi ideali precisi, ideali che derivano dalla nostra lettura e dalla nostra meditazione del Vangelo…. E quindi noi dobbiamo riuscire a trovare una collocazione precisa e una serie di azioni precise per ricominciare quella battaglia contro la Chiesa istituzione che noi avevamo iniziato prima del ’68, che col ‘68-’69 abbiamo continuato a condurre ma che, in questi ultimi anni, in questi ultimi mesi, ripeto, si è venuta estremamente affievolendo, e così rinchiudendoci in una realtà nostra che poi rischia, se va avanti in questo modo, di morire per vecchiaia...... SERGIO S. Anch'io penso che non bisogna stancarsi mai di andare avanti. Le grandi trasformazioni storiche vengono dal basso, da gente come noi che sembra non valere nulla. Questo è il discorso di fondo delle due grandi ideologie che sono il vero cristianesimo e il vero socialismo. L'utopia non è un sogno irrealizzabile che ci allontana dalla realtà. Anzi, forse è la molla che ci spinge a cambiare, a migliorare la realtà. L'utopia ci spinge sulla strada della ricerca dei cambiamenti realizzabili. L'utopia ci spinge a fare politica in senso ampio. Se ho dentro un grande ideale, riesco anche a cercare la strada per arrivarci, ho anche la pazienza della tappa intermedia. Per me il Vangelo è questo: una grande utopia, un ideale sempre più grande di tutte le conquiste immaginabili, una molla che mi spinge a cercare con gli altri la strada del cambiamento. In questo modo io leggo lo spirito del Vangelo con la politica. Ma se il cristianesimo, se la religione cristiana diventa un dogma, se diventa una dottrina, una strada bell'e fatta, un insieme di principi assoluti da applicare, allora mi allontana dalla realtà della vita, mi separa dagli altri compagni che cercano, mi impedisce la fatica e il rischio degli altri mortali. Del resto la stessa cosa accade quando si interpreterà dogmaticamente il marxismo. La mia cultura operaia non lascia molto spazio ai problemi ecclesiali. La Chiesa ci ha rifiutato di combattuto. Anche oggi i suoi massimi rappresentanti legano il Vangelo all'interclassismo, cioè a una dottrina sociale che fa il gioco del più forte. Io credo, invece, che tra Vangelo e interclassismo c'è differenza come tra il bianco e il nero. E allora il Vangelo va liberato. Solo a questa condizione è possibile una riconciliazione tra la Chiesa e il mondo operaio…………