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Comune di Caraffa di Catanzaro Provincia di Catanzaro Perché la presente rappresentazione teatrale, che esalta il martirio di questa Grande Santa nostra Protettrice e i valori cristiani e le virtù di ardente fede e di vita improntata alla Santità, possa suscitare nella nostra comunità un tripudio di sentimenti di amore e di generosità cristiana per una convivenza sempre più civile, di pace c di concordia umana e sociale. Il mio più vivo ringraziamento va al giornalista pubblicista, Saverino Maiorana che ha curato la presente opera e ha guidato il cast nell'interpretazione dei vari personaggi del dramma. Il Sindaco Avv. Giovanni Schinea Personaggi ed interpreti in ordine di apparizione: Voce fuori campo - Luigi Gregorio Comi Doroteo - Pasquale Peta Arsenia - Mariangela Notaro (coniugi) Domenica - Cristina Riga (loro figlia) Afro - Francesco Mascaro (loro servo) Crufus - Pietro Notaro (pretoriano) Crapio - Vincenzo Caliò (pretoriano) Teresa - Silvia De Lorenzis (amica di Domenica) Lorenzo - Luigi Gregorio Comi (precettore di Domenica) Quadrato - AngeloArcuri (amico famiglia Doroteo) Diocleziano - Giuseppe Trapasso (imperatore) Damigella - Rosa Puccio (donna di corte) Paggio - Alfonso Comi Paggio - Antonio Grcco Capitano - Lorenzo Simonetta Soldato - Gino Peta Soldato - Tomas Migliazza Soldato - Raffaele Fimiano Aureliano - Agostino Comi (proconsole in Campania) Leone - Luca Riga Lupo - Giorgia Trapasso Carnetice - Franco Ciancio Balletto - gruppo parrocchiale a cura delle suore dell'ordine di San Vincenzo De'Paoli collaborazione di Maria Sansalone. Musiche scelte da - Concetta lania Testo musicale del canto corale - Umberto Peta Angeli: Maria Sansalone Francesca Donato Angela Bubba Katia Sulla Nicoletta Pilò Felicia Mauro

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Page 1: Comune di Caraffa di Catanzaro Provincia di Catanzaro di S Domenica/02 Mart di... · Il copione, quindi, da una parte ... della casa di Doroteo e dell'edificio dove avviene il processo

Comune di Caraffa di Catanzaro

Provincia di Catanzaro Perché la presente rappresentazione teatrale, che esalta il martirio di questa Grande Santa nostra Protettrice e i valori cristiani e le virtù di ardente fede e di vita improntata alla Santità, possa suscitare nella nostra comunità un tripudio di sentimenti di amore e di generosità cristiana per una convivenza sempre più civile, di pace c di concordia umana e sociale. Il mio più vivo ringraziamento va al giornalista pubblicista, Saverino Maiorana che ha curato la presente opera e ha guidato il cast nell'interpretazione dei vari personaggi del dramma.

Il Sindaco Avv. Giovanni Schinea

Personaggi ed interpreti in ordine di apparizione: Voce fuori campo - Luigi Gregorio Comi Doroteo - Pasquale Peta Arsenia - Mariangela Notaro (coniugi) Domenica - Cristina Riga (loro figlia) Afro - Francesco Mascaro (loro servo) Crufus - Pietro Notaro (pretoriano) Crapio - Vincenzo Caliò (pretoriano) Teresa - Silvia De Lorenzis (amica di Domenica) Lorenzo - Luigi Gregorio Comi (precettore di Domenica) Quadrato - AngeloArcuri (amico famiglia Doroteo) Diocleziano - Giuseppe Trapasso (imperatore) Damigella - Rosa Puccio (donna di corte) Paggio - Alfonso Comi Paggio - Antonio Grcco Capitano - Lorenzo Simonetta Soldato - Gino Peta Soldato - Tomas Migliazza Soldato - Raffaele Fimiano Aureliano - Agostino Comi (proconsole in Campania) Leone - Luca Riga Lupo - Giorgia Trapasso Carnetice - Franco Ciancio Balletto - gruppo parrocchiale a cura delle suore dell'ordine di San Vincenzo De'Paoli collaborazione di Maria Sansalone. Musiche scelte da - Concetta lania Testo musicale del canto corale - Umberto Peta Angeli: Maria Sansalone Francesca Donato Angela Bubba Katia Sulla Nicoletta Pilò Felicia Mauro

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Alessia Fimiano Mafalda Petruzza Cristina Migliazza Rosa Petruzza Giusj Danieli Francesca Caccavari Raffaella Peta Domenica Donato Parrocchiana - Monia Barbieri Scenografia - Felicetta Mancuso Luci c audio - Rocco e Saverio Riccelli Montaggio proiezioni - Franco Ferraina Costumi - Forniti dalla Pro-Loco di Girifalco Confezione abito Santa Domenica- Angela Scicchitano Acconciatura e Trucchi - Tina Ferraina e Tony Galante Suggeritore - Giulio Peta Testo: - Saverino Maiorana con la collaborazione di Antonio Gentile

REGIA SAVERINO MAIORANA LA VITA DELLA SANTA PATRONA RACCONTATA DAL PALCOSCENICO Il Gruppo teatrale di Caraffa, su proposta del Consiglio Pastorale parrocchiale e da un'idea di Antonio Gentile, ha voluto arricchire, con una iniziativa culturale, i tradizionali festeggiamenti civili c religiosi che ogni anno si svolgono in paese in onore della protettrice santa Domenica v. m.. La manifestazione è stata realizzata con la messa in scena della vita della Martire perseguitata ed uccisa, come tanti altri cristiani, durante la dominazione dell'imperatore Diocleziano. Il cast chiamato ad interpretare i vari personaggi, costituito da giovani c meno giovani, si è impegnato nel lavoro teatrale con passione e in modo gioioso, ma anche con sacrificio perché quasi tutti hanno dovuto conciliare il lavoro o lo studio con le prove di recita. La prima messa in scena del dramma è avvenuta il due luglio 2004 e ha riscosso un successo inaspettato perché tutti gli attori e le attrici sono riusciti a coinvolgere emotivamente gli spettatori. Tutto il cast, a conclusione dello spettacolo, ha espresso soddisfazione sia per la partecipazione alla realizzazione dell'iniziativa, considerata un'esperienza senz'altro positiva, sia per gli apprezzamenti e i consensi ricevuti dal pubblico. Ci siamo cimentati insieme in un lavoro artistico, ma nessuno di noi ha avuto o ha la presunzione di essere un artista: siamo tutti dei dilettanti, anche se ritengo che nel gruppo ci siano soggetti che abbiano le potenzialità per diventare artisti. Anch'io mi sento soddisfatto per avere guidato questa prima performance di un'opera tutta nostra: scritta. interpretata e presentata da cittadini di Caraffa. È questo un segno che la cultura a Caraffa è viva perché le risorse ci sono. Bisogna andare avanti. Saverino Maiorana 03-07-2004 NOTE DI REGIA “Il Martirio di Santa Domenica” narra le vicende della vita di una giovane diciassettenne e dei suoi genitori perseguitati dall'imperatore Diocleziano perché di fede cristiana. L'opera, ambientata per costumi e scenografia nella Roma imperiale, è, invece, proposta con varietà di linguaggio che va dall'uso di poche parole latineggianti e di espressioni poetiche di fine mille ottocento, come nell'inno alla Santa del sacerdote Lorenzo Monteleone, alla lingua d'oggi. Il contenuto del dramma è stato tratto in prevalenza dai testi scritti dal gesuita Antonio Barone, dal vescovo di Tropea Taccone Gallucci, dal sacerdote Carrnelo Furchi e dal prof. Antonio De Luca, ma non ripropone fedelmente le loro narrazioni, frutto, queste ultime, certamente di un lavoro minuzioso ed accurato, di cui, però non si sa dove incomincia la storia e finisce la leggenda e dove incomincia la leggenda e finisce la storia. Il copione, quindi, da una parte si sfronda di certi contenuti

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bibliografici, dall'altra si arricchisce di altri episodi che evidenziano la fragilità di alcuni personaggi il cui comportamento è condizionato dall'ingenuità o dalla minaccia. Il servo Afro, infatti, svela ai pretoriani che i suoi padroni sono cristiani perché viene carpita la sua buona fede e il carnefice decapita Domenica perché minacciato di morte dai soldati. Ma l'elemento che caratterizza l'opera è la presentazione di un martirio avvenuto circa 1700 anni fa, un martirio ben diverso dal sacrificio luttuoso di alcuni esaltati che oggi, per volontà propria o per plagio, immolano la propria vita distruggendo quella di tanti innocenti. Altri temi vengono proposti alla riflessione degli spettatori: sono i temi oggetto della cronaca quotidiana e che preoccupano tutti; sono i temi di cui abbiamo voluto parlare anche noi attraverso il palcoscenico col presentarvi la drammatica storia di una martire della Chiesa, rapportando la alle altrettante storie drammatiche di tanti singoli uomini, ma anche di interi popoli, vittime del terrore, della guerra, delle violenze, delle aggressioni ingiustificate e pretestuose, della insensibilità umana. Sono le storie che spingono la parrocchiana a gridare: "Fermiamo questi morbi, flagello dell'umanità"; un grido angoscioso che viene fuori disperatamente dal profondo del cuore della gente, rappresentata da una credente che prega Santa Domenica perché interceda presso Dio per fermare i grandi mali che affliggono la società nei vari angoli della terra e portarvi la pace e la serenità. È con un inno alla Santa, infatti, che si conclude lo spettacolo, un inno che fa da ponte tra il passato e il presente, tra l'umano e il divino, e il cui contenuto trova testimonianza in delle proiezioni di immagini sulle inquietanti ed angosciose situazioni che oggi esistono nel mondo e sulle quali ognuno di noi dovrebbe rif1ettere. Saverino Maiorana Nel 1994 ha collaborato, come consulente, con una troupe della televisione albanese per la realizzazione di un cortometraggio sulle tradizioni, la cultura popolare e la storia di Caraffa; nel 1996 ha guidato i docenti della scuola elementare di Caraffa nella realizzazione del video; "Viaggio nella storia del nostro paese"; nel 1997 ha scritto e presentato, prima nella sala polivalente della scuola elementari di Caraffa e poi nel cinema di Girifalco, la commedia "Comu cangiare i tempi" interpretata dai ragazzi della stessa scuola; nel 1998 ha diretto, ancora con la collaborazione dei docenti della scuola elementare un altro video documentario "La natura da salvare"; Nel 1979, 84, 98 ha presentato e commentato la "Pigghiata", dramma in cinque atti sulla Passione e Morte di Gesù Cristo. NOTE DI SCENOGRAFIA Nell'opera - "Il MARTIRIO DI SANTA DOMENICA" si è voluto congiungere, come un filo di Arianna, un'ambientazione realistica ad una evocativa, in modo da presentarsi come un involucro che contiene la drammaturgia dell'opera e che muta sottolineandone, dove richiesto, alcuni momenti. "L'idea" dell'interno della casa di Doroteo e dell'edificio dove avviene il processo alla giovane Domenica o dell'arena dove giungono le belve feroci si ha senza stilare un elenco puntuale su questo o quell'arredamento o suppellettile, ma mantenendo nel contempo l'ombra stilistica del periodo". Felicetta Mancuso ha conseguito il diploma di laurea in scenografia presso l'accademia Belle Arti di Catanzaro con 110 e lode. È abilitata all'insegnamento di "disegno e storia dell'arte e di educazione artistica". Ha frequentato il corso di orientamento per direttori e assistenti all'allestimento scenico presso l'Accademia Galli Bibbiena di Arezzo. Anche se molto giovane, (28 anni) conta un nutrito bagaglio di esperienze di lavoro nel suo settore: ha lavorato per alcune scuole di danza di Catanzaro; per il gruppo folklorico "I Strinari", nella presentazione della commedia "Na vrascia"; per Telespazio Calabria, come aiuto scenografa, nelle trasmissioni "Candid Camera Showe" e, come scenografa, in varie edizioni di "Scopri il Mondo"; ha realizzato e montato la scenografia del "La Lecon" di E. Ionesco, teatro Masciari Catanzaro, Politeama Siracusa, Reggio Calabria. Ha curato la progettazione dell'allestimento dello stand "Colavolpe" al Cibusfood di Parma. Sempre come scenografa ha collaborato con Enti e scuole. PROLOGO (Voce fuori campo di Gino Comi)

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Era l'anno 303 dopo Cristo quando l'imperatore di Roma, Diocleziano, con un proprio editto dispose di perseguitare i cristiani. Tra i perseguitati vi fu una famiglia di Tropea, composta dai coniugi Doroteo e Arsenia e dalla figlia Domenica. Tutti e tre erano stati denunciati da Marco, un giovane pretendente di Domenica. Su disposizione dell'imperatore, infatti, la famiglia di Doroteo fu imprigionata e portata davanti a lui per essere giudicata. Diocleziano tentò in tutti i modi di convincere i tre cristiani ad abbandonare la propria fede e venerare gli dei, ma non essendo riuscito, dispose che fossero percossi con la frusta. Fu però fermato dalla damigella di corte che gli chiese d'intervenire su Domenica con la speranza di poterla persuadere ad abbandonare il suo Dio. L'imperatore accolse la proposta della damigella, ma ordinò di portare via i suoi genitori. La donna circuì in tutti i modi la diciassettenne ragazza, ma non riuscì a piegarla ai suoi voleri. Dispose, quindi, di frustarla a sangue. Intanto Doroteo e Arsenia, approfittando di un attimo di distrazione dei loro carcerieri, ritornarono dalla figlia: fu un incontro brevissimo, perché arrivarono subito le guardie e ripresero la coppia. Domenica rimase sola a pregare fino a quando giunse il proconsole della Campania, Ilariano che usò ogni mezzo per farle negare la sua fede. Domenica rimase inflessibile e, per questo, il proconsole ordinò che fosse data in pasto alle belve: un lupo e un leone. Ma gli animali feroci, davanti al corpo di Domenica, divennero mansueti. A questo punto Ilariano, preso dall'ira, ordinò alle guardie di bruciarla viva dentro una fornace. Ma le fiamme non la sfiorarono nemmeno e la ragazza usci incolume anche dal fuoco. Mori, poi, colpita dalla spada del boia. Il seguito lo vedrete in scena.

PRIMO ATTO I SCENA AMBIENTAZIONE - CASA DI DOROTEO (Interno della casa: muri affrescati con motivi geometrici tipici del periodo. Atrio arredato con due panche, un tavolo e una sedia; sul tavolo fogli di papiro, tavolette di cera, uno stilo e una piccola croce con piedistallo. Ai lati dell'atrio due aperture che portano ad altri locali; infondo un porticato da dove si accede nel tablino). (Prima dell'apertura del sipario: musiche ispirate ai martiri della Chiesa. In scena Doroteo, Arsenia e Domenica; i tre personaggi per pochi minuti pregano in silenzio e in ginocchio. Entra il servo, Afro). Afro Signori, chiedo venia, è venuto il maestro. Sta aspettando all'ingresso. (Rientra nel suo stanzino) Domenica Madre, padre, io vado a lezione. (Prende il necessario e si dirige verso l'uscita) Arsenia Aspetta, Domenica, ti accompagno. Doroteo (Si alza, si siede dietro al tavolo e su un foglio di papiro legge). "L'imperatore Diocleziano non permette ai cristiani di professare la loro religione e sta preparando delle leggi che gli consentono di perseguitarli". (Pausa. Si alza) Ah! L'imperatore ci vuole distruggere. Ma la sua sarà una persecuzione inutile. La fede cristiana è come una punta di diamante che non sarà facilmente scalfita. È come un albero grande che ha radici profonde e solide e non si piegherà a nessuna tempesta. (Pausa) Ci manderà in prigione? Ci torturerà? Ci farà soffrire dolori e pene? Ma noi siamo pronti pure al martirio. Bisogna, in ogni modo, stare vigili e attenti. Doroteo (Chiama Afro) Afro... Afro Signore, mi hai chiamato? Doroteo Si! Io vado nel tablino perché ho da fare. Tu resterai qui e, appena Domenica sarà libera dalla lezione, vieni ad avvisarmi, oppure mandala da me: ho da parlarle di cose importanti. Afro Si, signore. (Fa un profondo inchino) Doroteo Ti raccomando. (Esce di scena) Afro Mettiamo un po' d'ordine (Pulisce la casa) II SCENA (Entrano Crufus e Crapio, due pretoriani a servizio dell'imperatore Diocleziano)

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Crufus (Entra senza chiedere permesso; si ferma e batte lo mano sulla spalla di Afro chiedendogli sotto voce) Afro, sei solo? Afro (Fa un sussulto. Guarda stupito gli inaspettati ospiti. Fa una smorfia di disprezzo. Brontola sotto voce) Ma che vogliono questi! Crufus Ripeto, sei solo? Afro Ma che diamine! Mi hai fatto spaventare! Che vuoi sapere? Se sono solo? Si, sono solo. Crufus Doroteo, il tuo signore è in casa? Afro Si, è nella sua stanza. Vuoi che te lo chiami? Crufus No! Anzi, non deve sapere che io sono qui. Voglio solo alcune informazioni da te. In poche parole... ci sbrighiamo subito. Ma dammi la mano che non dirai niente. Afro - La mano non te la do. Crufus - Allora aprila. Stendila. Porgimela un momento. (Afro allunga la mano lentamente e con timidezza). Crufus (Posa nella mano di Afro una moneta d'oro). Chiudi la mano. Stringila forte. Ancora più forte! Che cosa senti di stringere? Afro - Le dita della mia mano Crufus - Volevo dirti, cosa stringi dentro la mano. Afro - Ah, si! Cosa stringo? Crufus - Stringi una moneta d'oro. Afro - (tra il diffidente e il soddisfatto) Noooo... Non è vero. Tu scherzi.

Crufus Conservala e ascoltami. (Afro in atteggiamento confuso, quasi tremante, tra il sorriso e la paura. conserva la moneta). Crufus (rivolgendosi a Crapio) Avvicinati a me e scrivi le risposte che Afro darà alle mie domande. (Poi rivolgendosi ad Afro e guardando intorno) Perchè qui non vedo nessuna statua di Apollo, di Venere, di Giove? Non ci sono idoli di sorta! Afro - Perchè Doroteo non li vuole. Crufus Cioè... non li vuole il tuo signore? Egli appartiene forse all'infame setta dei cristiani?

Afro Infame? Che significa? Forse vuoi affermare che il mio signore non ha fame? Oh... no! Anche i cristiani hanno fame. E quanto mangiano! Crufus Lo so che mangiano. Divorano anche le carni tenere dei fanciulli che uccidono. Afro - Sciocchezze! Calunnie, le tue. Crufus Anzi, ti aggiungo che non solo mangiano, ma bevono anche misteriose bevande insanguinate. Afro - Ancora sciocchezze! Fantasie pretestuose le tue. Crufus E adorano pure una testa d'asino. Afro Smisurate scemenze stai dicendo, Crufus. Ma da dove ti vengono in mente queste stupidaggini? Carni di bambini! Bevande insanguinate! Dai cristiani non le ho mai viste né mangiare, né bere. Crufus - Eppure è vero. E tu, hai banchettato con loro. Afro - Il nostro non è banchettare, ma pregare. Crufus - Tu pregavi con loro? E non ti davano da mangiare la carne di un bambino e il suo sangue da bere? Afro Calunnie! Orrende calunnie stai dicendo! Crufus - Eppure io so che i sacerdoti cristiani spezzano il corpo di una vittima umana e ne distribuiscono le membra per alimento e il sangue per bevanda.

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Afro Ah, tu vuoi affem1are che distribuiscono del pane e del vino consacrati? Ma questi sono i misteri della fede. Crufus - Vedi allora che c'è qualcosa di vero. Bravo! Tieni un'altra moneta. Afro - Oh Si, me la prendo. (La prende e la mette assieme all'altra) Crufus - E dimmi ancora: questi sacerdoti professano i misteri in casa di Doroteo? Afro - Si, io sistemo l'altare. Crufus - (sottovoce a Crapio) Hai scritto tutto? Crapio Si, tutto. Crufus - Va bene, Afro. Quello che ci hai detto è più che sufficiente. Andiamo, Crapio. (Escono) III SCENA (Entrano in scena Domenica e Teresa) Domenica - Ho finito, Afro. (Consegna il materiale scolastico ad Afro) Portalo nell'altra stanza. Afro Subito, Domenica (Va via) (Si sente bussare ed entra Teresa, amica di Domenica) Teresa Ave, Domenica. Sono venuta a scambiare due parole con te. Domenica Con tanto piacere, Teresa. Teresa Domenica, mi avevi accennato che tu lascerai il nostro comune maestro. Sono venuta a parlare con te della dottrina pagana che lui ci ha insegnato e che tu, in altre occasioni, mi hai detto di non condividere. Ho trovato interessanti i tuoi discorsi sulla fede cristiana. Avrei piacere continuare a sentirti su quest'argomento. Domenica Ho cominciato a parlarne con te perché ti ho trovata interessata all'argomento, molto disponibile. Non ne ho fatto parola alle amiche comuni, perché sono diverse da te. Ma stai tranquilla che troveremo il tempo per ritornare a discutere dei cristiani. Teresa Però, con massima sincerità, ti debbo dire che ci sono vari punti della dottrina cristiana che io non riesco a capire e a cui non so se riuscirò mai a credere. Per esempio, non riesco a spiegarmi dove i cristiani trovino tanta forza e coraggio a resistere alle insidie delle passioni umane; a rifiutare le ricchezze e i beni terreni; a non piegarsi ai voleri dell'imperatore; a sopportare torture e supplizi; ad affrontare le aggressioni delle bestie feroci. Poi, in confidenza, se mi permetti, ti vorrei chiedere perché hai rifiutato come sposo, Marco, un giovane bello, ricco, nobile, che so avere chiesto la tua mano ai tuoi genitori. Domenica Cara Teresa, io già da tempo mi sono consacrata a Gesù, che è l'unico vero amore che mi guida alla gioia e alla felicità eterna; per questo ho fatto sapere a Marco che per me non ci saranno né altri sposi, né altre nozze. Teresa - Purtroppo questo tuo rifiuto ti danneggerà, perché Marco è molto indignato e ha giurato vendetta sulla tua vita e su quella di tuo padre e tua madre. Vi ha già accusati presso l'imperatore Diocleziano di essere cristiani. Domenica - Ti assicuro che, per questo suo atto, Marco non odio, ma perdono avrà da noi. "Noi saremo fieri di testimoniare, col nostro sangue, la fede in Cristo e affronteremo l'eventuale persecuzione con la forza e il coraggio che scaturiscono dalla convinzione della verità e dal contatto reale del nostro essere con l'Autore stesso della forza, nascosto nel Velo Eucaristico. (Pausa) Ma questo non lo puoi comprendere adesso, cara Teresa. Te ne parlerò in altre occasioni". Ed allora... allora crederai anche tu, ne sono sicura. Teresa Da quanto ho capito, quindi, voi cristiani alla vendetta contrapponete il perdono, all'odio l'amore, ai beni temporali della terra i beni eterni del cielo. Perché?

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Domenica "Perché l'amore del Padre celeste, che abbraccia tutto e tutti, esorta all'amore reciproco, cosicché amore di Dio e amore per il prossimo sono indissolubilmente legati tra loro. E l'amore per il prossimo riguarda chiunque abbia bisogno di aiuto": il nobile, il patrizio, il plebeo, lo schiavo, il liberto, il nemico. Teresa Grazie Domenica. Mi hai insegnato tante cose; aspetto con ansia di sapere ancora di più. Non puoi immaginare quanto interesse suscitino in me le tue parole. Spero di rivederti domani. Adesso io vado, perché mi aspettano i miei genitori. Domenica - Hai detto domani? Mi dispiace, domani non mi è possibile. Però, te lo prometto: ci rivedremo al più presto. Teresa - Vado, Domenica. (Teresa esce e Domenica l'accompagna con lo sguardo mentre si allontana) IV SCENA (Entra Afro e poi Doroteo) Afro (rivolgendosi a Domenica) Domenica, ho sentito che cambierai maestro. Come mai questa decisone? Domenica Voglio sapere di più sui misteri della fede cristiana. E il nuovo maestro me li saprà bene spiegare. (Entra Doroteo). Doroteo (ad Afro. severo) Ti avevo raccomandato di dire a Domenica di venire da me appena finita la lezione; invece hai fatto l'orecchio del mercante. Afro (tremante) Signore! Signore! Mi è passato dalla testa... Domenica - Volevi parlarmi, padre? Doroteo - (rivolgendosi ad Afro) Tu ritirati nel tuo stanzino e bada che nessuno ci disturbi. Afro - Agli ordini, signore. (Va via) Domenica (dopo un momento di silenzio) Allora dimmi, padre. Doroteo Si! Ho una cosa importante da dirti. Domenica Anch'io. Doroteo - Di che si tratta? Domenica - Caro padre, è giunto il momento in cui è necessario che io faccia quanto tu mi avevi accennato tempo fa, cioè di non continuare a ricevere le lezioni scolastiche da un maestro pagano che istruisce anche tanti altri ragazzi e ragazze pagani. Doroteo Appunto, Domenica, come già ti avevo detto, devi cambiare maestro, perché non puoi continuare a subire un'educazione pagana; non risponde a quella della nostra famiglia. Come hai detto tu, è giunto il momento che ti istruisca un maestro che professa la nostra stessa fede. Domenica Senz'altro, padre... E ho anche trovato il nuovo maestro. Doroteo Chi sarebbe? Domenica L'arcidiacono Lorenzo. Mi vuole molto bene, ed è disposto ad istruirmi sulle discipline ecclesiastiche nelle ore libere dai suoi impegni apostolici. Doroteo - Pienamente d'accordo. Lorenzo è una persona piena di zelo, dal sangue spagnolo tutto in fervore e arde dal desiderio di fare del bene. Sono sicuro che egli riuscirà a formarti molto bene. Questo è il mio augurio, specialmente in questi tempi così burrascosi per noi cristiani. Domenica Tempi burrascosi, dici? A me non pare. Scomparso Decio imperatore, che tanto male arrecò ai cristiani, da cinque anni, con Diocleziano al governo, siamo abbastanza tranquilli. Doroteo È una calma foriera di tempesta, mia cara figlia. Domenica Possibile? Diocleziano è lontano da Roma. Doroteo Ma sa tutto di noi. Marco ci ha denunciati e la denuncia ce l'ha il prefetto Macriano, nemico acerrimo dei cristiani. "Ecco, appunto... volevo dirti, mia cara Domenica dobbiamo essere preparati a tutto, anche ad una improvvisa recrudescenza di odio contro di noi. Ho avuto sentore che il prefetto sta tramando qualche cosa di losco ai danni di tutti i seguaci di Cristo, e va spargendo emissari in mezzo al popolo per incitarlo contro di noi".

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Domenica - Ah, padre! Non dubitare di me; qualunque cosa avvenga, io sarò forte e non tradirò la nostra fede. Ora che mi sono consacrata al nostro dolce Redentore Gesù, sento in me ancora di più il coraggio di sfidare qualunque tormento. Doroteo (abbracciandola commosso) Cosi devi parlare, Domenica! Sii degna di tuo padre e di tua madre, forte nella fede. V SCENA (Afro, Doroteo, Domenica, Lorenzo) Afro (affacciandosi) Signore. chiedo venia se disturbo, sta venendo l'arcidiacono Lorenzo. Deve entrare? Doroteo Certo! Fallo accomodare. Domenica Il mio nuovo maestro! Afro Mi pare affannato e frettoloso. Doroteo - Ma fallo entrare.... Afro - Si, Signore. (Ritorna nel suo stanzino) Doroteo - Scommetto che Diocleziano avrà messo in atto i suoi cattivi propositi. Domenica - Ora sentiremo il maestro Lorenzo. Lorenzo (entra svelto un po' affannato) La pace di Cristo sia con voi. Ho fatto una corsa e dovrò correre ancora. Doroteo Perché? Lorenzo Per avvertire i fratelli... Io sono venuto da voi per darvi, purtroppo, una brutta notizia. Doroteo Domenica - Che cosa? Dì. Subito. Ti prego! Lorenzo È stato emanato l'editto imperiale per una nuova persecuzione dei cristiani. Doroteo Editto imperiale? Si, avevo letto qualcosa in merito. E allora.... Lorenzo - Allora è proprio Diocleziano che l'ha emanato. Un messaggero l'ha portato da Roma in Calabria dove il prefetto da tempo meditava questo colpo. Da quanto ho sentito, pare che l'editto si riferisca in modo particolare agli ecclesiastici. Capisci: colpire i pastori per disperdere il gregge. Ecco lo scopo dei persecutori. Ma i pastori dell'ovile di Cristo non sono dei prezzolati mercenari e sapranno difendere le pecorelle affidate a loro da Dio, e daranno la vita, se sarà necessario, per la loro salvezza. VI SCENA (Lorenzo, Domenica, Doroteo in conversazione in casa di quest'ultimo. Arriva Quadrato. Arsenia dall'interno). Quadrato Chiedo venia se sono entrato senza farmi annunciare. Tutti O Quadrato! Non te ne fare una colpa. Doroteo Sei il benvenuto. (Breve pausa) Ma anche tu sembri preoccupato e frettoloso... Lorenzo Lo pensavo io, che non tardavi a venire. Domenica Ma perché tanta preoccupazione? Quadrato L'editto contro i cristiani é stato affisso in pubblico. Vado a leggerlo per conoscere le nuove disposizioni. Una copia è nel foro. Si dice che ordina di ricercare i cristiani e i diaconi. Domenica Lorenzo, mi preoccupo di te. Sei in pericolo. Lorenzo Ma tu credi che io abbia paura di loro? Io li sfido quei tiranni, quei persecutori, quei carnefici. Anche se mi prenderanno, anche se mi trafiggeranno, anche se mi metteranno sul fuoco, io saprò resistere e beffarmi di loro.

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Doroteo Il prefetto Nacriano è capace di usare le più spietate torture. Quadrato Conosco anch'io il suo odio verso i cristiani. Ora, però, lasciatemi correre per prendere visione dell'editto. Ritornerò a riferirvi su ciò che avrò letto. (Va via) Arnesia (dall'interno) Domenica, vieni a mangiare, è pronto. Domenica - Permettete, mi chiama la mamma. Vado. Doroteo - (rivolgendosi a Lorenzo) Tristi giorni si presentano! Cattivi presentimenti mi passano per la mente! Ho l'impressione che il sangue dei cristiani scorrerà a rivoli sul suolo dell'impero romano. Lorenzo Ma no... Sono invece giorni di gloria. Giorni di trionfo della fede e dell'amore per Cristo. (Pausa) Ah! Eccolo! Quadrato è già di ritorno. Doroteo Come mai così presto? Quadrato Ho trovato l'editto affisso non lontano da qui. È un editto infame, un editto dal quale emergono odio implacabile e spietata crudeltà. Lorenzo - Ti prego, Quadrato, per favore, parla a bassa voce. Qualcuno ci potrebbe ascoltare. Ormai bisogna temere di tutto e guardarsi da tutti. Allora, dimmi, che cosa hai letto? Quadrato - Ho qui il dispositivo: (lo sfoglia e ne dà lettura) “Io Diocleziano, imperatore di Roma, prescrivo e ordino, a tutela dell'impero e della nostra religione, lo scioglimento delle comunità cristiane, la confisca dei loro beni e l'esclusione dalle cariche pubbliche; ordino altresì di cercare i sacerdoti e i diaconi della setta religiosa, di processarli immediatamente e di giustiziarli. Si cerchino inoltre i Senatori, i cavalieri e i nobili appartenenti alla medesima religione e siano privati tutti della loro dignità e dei loro averi; se essi persisteranno nell'esercizio della loro fede, saranno condannati alla pena capitale. Inoltre ufficiali e capi delle

legioni, se cristiani, saranno degradati e condannati ai lavori forzati. Ma chiunque si dichiarerà seguace di Cristo o sarà sentito predicare per le vie del territorio dell'impero romano la religione cristiana, sarà perseguitato e morirà sottoposto a martiri atroci”. Lorenzo - Non c'è scampo per nessuno. Quadrato - Per me si, ma per te, caro Lorenzo, e per te Doroteo la cosa è preoccupante. Stanno

arrestando tutti. Doroteo - Su di me c'è Dio. Sono sotto la sua protezione e sia fatta la sua volontà. Lorenzo - Allora gli eventi precipitano. Bisogna, quindi, avvertire il maggior numero possibile di cristiani. A te, Quadrato, questo compito. Quadrato - Va bene, allora vado via. Ci rivedremo domani. Doroteo - Cosi sia, in nomine Dei. Quadrato - Amen (Va via) Lorenzo - Vado via anch'io. Vado a svolgere la mia missione. Lode a Cristo. VII SCENA (Arsenia, Domenica, Afro) Arsenia - Doroteo, come vanno le cose. Doroteo - C'è pericolo per noi. Domenica - Padre, che ci succede?

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Doroteo - Cara figliuola, qualunque cosa accadrà, rafforzerà la nostra fede. Dobbiamo comunque evitare di essere scoperti. Arsenia - "Devi essere forte, figlia mia. Sappi custodire la tua castità; come vergine consacrata a Cristo, conserva illibato il tuo corpo; tieni sempre alta e accesa la lampada della fede; quando andrai incontro al tuo sposo immortale, Cristo, che ti chiama, allora sarai accettata come offerta, per la salvezza eterna dei tuoi genitori. Quale colomba senza macchia intercederai presso Dio, tuo padre e Maria, tua madre, affinché, per i tuoi meriti, concedano a noi la

pace perenne. lo e tuo padre abbiamo implorato e supplicato con tutte le forze la bontà divina che ti concedesse a noi come dono, e noi ti abbiamo offerto a Cristo, come primizia della carne, perché tu pregassi per noi nella casa del Signore. Come i tuoi genitori, cadrai nelle mani dell'empio Diocleziano e ti attenderanno vari supplizi. Ma tu porterai a termine la tua battaglia, sorridente piegherai il capo al ferro tagliente, e il tuo sacrificio non sarà vano e la tua, la nostra fede trionferanno". Doroteo - Afro.. Afro - Si, Signore. Doroteo - (rivolgendosi al servo) Afro, il momento è molto delicato. Ti raccomando, Afro, vigila bene e non lasciare entrare nessuna persona poco conosciuta senza il mio permesso. Tieni gli occhi aperti e la bocca chiusa. Attraversiamo momenti difficili. Una sola parola imprudente potrebbe recare gravi danni a tutta la casa. Mi hai capito? Afro - Si, signore. VIII SCENA (Crufus, Crapio e il capitano). Crufus - (entra senza chiedere permesso. Fatto un passo avanti, si rivolge ai due soldati che sono in posizione arretrata e comanda loro): Venite pure. Doroteo e la sua famiglia sono in casa.. Arsenia - Doroteo, che vogliono costoro? Domenica - Padre, chi li manda qui? Doroteo - (rivolgendosi a Crufus) Con quale autorità si violano le soglie di casa di un privato cittadino? Crufus - Con l'autorità del prefetto, che mi manda, e che io rappresento. (Si fa ancora avanti seguito dai due soldati) Crufus - (a Doroteo) Sei tu Doroteo, padre di Domenica? Doroteo - Si, sono proprio io. Crufus - Tu e la tua famiglia siete accusati di essere cristiani. Perciò, secondo l'editto imperiale testè pubblicato, in nome dell'imperatore Diocleziano, vi dichiaro tutti in arresto. (Poi rivolgendosi ai soldati) Legateli! (I soldati provvedono a legarli) Arsenia - No! Non siamo dei criminali. Non meritiamo la galera. Liberateci! Liberateci! Domenica - No! Lasciateci! Lasciateci! (Con lo sguardo in alto prega): "O Dio, signore della terra e conoscitore delle speranze e delle sofferenze degli uomini, accogli il nostro grido e abbracciaci a Te con l'amore del padre e prendi l'intera nostra famiglia sotto la tua protezione. Si avvicina per noi il momento della persecuzione; accogli il nostro sacrificio come pegno del nostro amore; illumina i nostri persecutori e liberali dal male che ha profonde radici nei loro cuori;

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guidaci sulla via della fede, della speranza, della carità; aiutaci, nella nostra azione di consacrazione a Te e a tuo figlio, nostro redentore, Gesù Cristo". Crufus - (rivolgendosi a Domenica) Ma con chi parli? Domenica - Con Dio, Signore del cielo e della terra. Crufus - Siete quindi veramente cristiani? Doroteo - Chi ci accusa? Crufus - Io. Doroteo - Tu? E con quali prove? Con quali testimoni? Crufus - Più prova della preghiera che avete recitato poco fa! E poi ci sono le affermazioni di questo tuo familiare (indica Afro). Afro - (stravolto, incomincia a tremare) Io? Ah, signore, è stato lui! È stato lui il corruttore. Crufus - (ad Afro) Non mi hai forse confessato che il tuo signore e la sua famiglia sono cristiani? Che in casa loro si celebrano i nefandi misteri? Che con loro banchettano anche i servi? Ma c'è di più. (rivolgendosi a Crapio) Caprio, confermi o smentisci l'accusa fatta da costui (indica Afro) a Doroteo e famiglia? Crapio - Lo confermo. L'ha detto veramente. Lo giuro, l'ho sentito con le mie orecchie. Afro - (si prostra in ginocchio davanti a Doroteo) Pietà, signore! Non ho detto niente io! È lui (indica Crufus) che l'ha voluto sapere. (Afro è disperato) Ah, misero me! Che vigliacco sono stato! Traditore! Uomo ignobile, scellerato io sono. Si! Io. Proprio io. Doroteo - Alzati, e Dio ti perdoni. (Afro si alza) Si, è vero, siamo cristiani, e ce ne gloriamo. Conduceteci pure davanti al prefetto. Afro - (si pone di nuovo in ginocchio, piange e abbraccia i piedi di Doroteo) Ah, signore! Non andare via! No, non mi lasciare! Crufus - (con una spinta lo getta a terra) Sgombra il passaggio, vile schiavo, o ti farò frustare a sangue! Afro - (si alza di scatto. prende le monete e le scaglia addosso a Crufus) Tieni! Tieni! Traditore! Prendilo! Questo è il tuo denaro. Crufus - Adesso ti do io una lezione (fa l'atto di lanciarsi addosso a lui, ma è trattenuto da Crapio) Crapio - Non insudiciarti le mani con uno schiavo, o nobile Crufus. Crufus - (rivolgendosi ai soldati) - Portateli subito al palazzo del prefetto a da li proseguirete poi per Nola dove ci sarà l'imperatore Diocleziano che li giudicherà. Io vado a scrivere la nota informativa. (Va via) Doroteo - Signore, mio Dio, accompagnaci tu. Arsenia Domenica - Amen (I pretoriani portano via Doroteo Domenica ed Arsenia) Afro - (si gira, si volta, guarda smarrito in alto) Ahimè, signor padrone/, del tuo male, anch'io son la cagione/. Come un Giuda ti ho tradito/, da due denari mi sentia arricchito/. Ma oggi ho acquisito la consapevolezza/ che dell'uomo il denaro non è ricchezza/. Ricchi sono costoro, io ho capito/, che doni a Dio hanno elargito. E tu, signore, Domenica e Arsenia, con amore/ la vita state dando al vostro Signore/. Ricchi voi sarete eternamente/ perché la grazia di Dio vivrete felicemente/. Io invece resto qua solo, triste e sconsolato/, e con l'animo roso/, pel danno che vi ho arrecato/. Sono morto vivo prima che vera morte venga/ e, quand'essa verrà/, tra i demoni certamente mi porterà. Ora disperato sono/. Non mi consola, o signore, il tuo perdono/. (Gridando) Mi succhi un lampo e mi colpisca un tuono.! Sono disperato. Grido! Grido! Piango! Piango! (Incomincia a piangere disperatamente). Ma no.... Non piango, signore, il tuo soffrire non è invano/, dà gloria a te e al mondo cristiano/. Ed anch'io, mi inginocchio e prego/ per i miei signori che, forse, più non vedo/. (Cade in ginocchio, le mani giunte e il capo chino). Cala il sipario

SECONDO ATTO I SCENA AMBIENTAZIONE: (Sala giudiziaria con pitture geometriche sulle pareti. In fondo un porticato dietro al quale un corridoio attraversa la scena. In sala quattro bracieri. A sinistra il trono di Diocleziano con ai lati due panche su una delle quali si siede la damigella). (Damigella, capitano, soldati e i tre prigionieri sono in attesa dell'imperatore)

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Capitano - (all'arrivo dell'imperatore) Imperatore, ho portato davanti al tuo cospetto i tre cristiani denunciati da Marco, il giovane pretendente di Domenica. Siamo riusciti a scovarli e scoprire che, in verità, professano e diffondono la fede cristiana. È una famiglia nobile di Tropea. Diocleziano - (Rivolgendosi a Domenica) "Ah, che bella ragazza! Accostati a me. Senti figliola: come mai tu, di si nobili natali, di tanto

ingegno e di sì tanta beltà, ti sei lasciata indurre a farti cristiana, seguace di quel povero Galileo appartenente ad un popolo spregiato ed ormai disperso c che fu fatto morire in pena della sua ribellione a Cesare sopra una croce! A lui si contrappone la maestà degli dei, dinanzi ai quali anche questa mia destra, che fa tremare il mondo, si piega (brucia l'incenso nel braciere). Smetti, dunque, Domenica queste tue superstizioni nocive all'Impero ed io ti accetterò come figliola e penserò a darti un degno sposo e a prepararti ad una vita felice .Se invece vuoi proprio ostinarti nella tua stolta religione, dovrai provare la tremenda ira di Cesare. Scegli tu la saggia prudenza". Domenica - "Non accadrà mai, o imperatore, che tu mi persuada a rinnegare la tède nel mio Dio e nel suo figlio Gesù Cristo Redentore del mondo; non avverrà mai che io abbandoni il mio amato Signore, che é il solo vero Dio, per bruciare gli incensi agli dei falsi e bugiardi. Dello sposo non mi do più pensiero, perché l'ho già scelto nel cielo, capace di rendermi felice in eterno. La tua adozione non mi occorre, perché ho per padre il mio Dio, che mi dà forza, coraggio e serenità di farmi stare così calma e tranquilla davanti alle tue minacce che mai potranno separarmi da lui, che mi aspetta con i miei genitori al premio eterno". Diocleziano - O mia cara figliuola, ti ripeto, non ostinarti nelle tue convinzioni religiose. Ancora sei molto giovane e forse non riesci a razionalizzare certe situazioni. Tu stai rinunciando ad un avvenire prospero e felice accanto ad un giovane di tuo gradimento. Vivrai nella ricchezza e nella nobiltà e matrone e principi faranno omaggio alla tua beltà. Domenica - Non ricchezze ed onori io vo cercando. o imperator di Roma, né temporaneo amore o vano omaggio alla mia beltà. Ma io ho già lo sposo mio, ed è Gesù, Signore Iddio, che tutto mi darà: eterno amore e tanta felicità. Diocleziano - O bella fanciulla, la tua ostinazione ti costerà cara. Col tuo dire calpesti il prestigio e l'onorabilità dell'imperatore contrapponendo alla sua autorità quella di Cristo. Tu, i tuoi genitori e tutti i cristiani volete distruggere il potere di Cesare, ma non ve lo consentirò, anzi sarò io a distruggere voi. Doroteo - Imperatore, sappi che noi, nel corso delle tue persecuzioni non saremo soli; il nostro Dio ci aiuterà a sopportare con gioia le vostre violenze e torture che accetteremo come grazie offerteci dal nostro Signore Gesù Cristo per provare ciò che lui provò nel morire in croce. Diocleziano - Vi ordino di venerare gli dei e di abbandonare Cristo, quel falso incantatore che, per le sue malefatte, finì crocifisso assieme a due ladroni. Arsenia - Noi non riconosciamo i tuoi idoli, o imperatore. Non ci pieghiamo al tuo volere, ma con orgoglio affronteremo il martirio. Diocleziano - Basta! Non voglio sentire altro. La vostra ostinazione vi costerà cara. (sdegnato e furioso, ordina ai soldati) Guardie! Prendeteli! Portate li per le vie della città e frustateli in mezzo alla gente. Poi consegnateli ai carcerieri. Damigella - (interrompendolo) Aspetta, mio imperatore. Consentimi di parlare io a questa fanciulla; vediamo se, con i miei mezzi, riuscirò a piegarla. Finora ho superato tutti gli ostacoli e vincerò anche questo. Affida Domenica alle mie grinfie, la domerò come un cagnolino. Diocleziano - Va bene, damigella, a te il compito di piegare la sua caparbietà. Ma voi, soldati, portate via i suoi genitori, perché così soffriranno la separazione e ciò potrebbe essere motivo di far cambiare idea a tutti e tre. Doroteo - La distanza tra i luoghi ci separa si, imperatore, ma i corpi, non le anime che resteranno sempre congiunte nella fede.

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Diocleziano - Indomiti miei sudditi, nessuno premierà la vostra caparbietà.. Vicini o lontani avete ancora il tempo di riflettere. Spero in una vostra riconversione. (rivolgendosi alla damigella) Io vado. poi mi fai sapere. Capitano - (trascinando fuori Doroteo e Arsenia) Su, andiamo, maledetti cristiani. Domenica - Madre!... Madre!... padre!... non mi abbandonate. Capitano - Zitta tu! Doroteo e Arsenia - (mentre si allontanano trascinati a forza dai soldati) - Domenica! Mia dolce Domenica! Dio mio! Dio mio! Proteggila tu. (Scompaiono dietro le quinte da dove proviene ancora la loro voce) – Dio mio! Dio mio! Proteggila, tu! II SCENA Domenica - (ancora con un fil di voce) Madre! Padre! Chissà se ci rivedremo più su questa terra. Addio! Addio! Damigella - (alzandosi e rivolgendosi a Domenica) Adesso guarda me, dolce figliola, vienimi accanto. (La porta vicino a sé). Ascoltami. Tu sei la gioia e la bellezza di tutta la corte. Sei come fiore appena uscito dal bocciolo, come candido giglio solitario nel bosco. Per questo sei amata da tanti nobili giovani a cui devi ricambiare il tuo amore. Accostati ai piaceri della vita; sarai travolta dalla passione dei tuoi amanti; ti divertirai e sarai soddisfatta. La religione non ti dà gioia; al tuo fianco è necessario un bel principe e un regno. Tu sarai regina e tutti ti riveriranno. A proposito, ti proporrò io un compagno degno della tua nobiltà, cosi acquisti onore e gloria e puoi ricucire le ferite che hai aperto nel cuore di Diocleziano.

Domenica - "L'unica gloria a cui io aspiro è quella che mi può dare Dio. È Lui e solo Lui il padrone dei cuori. Io non rinuncerò mai al bene eterno per quello temporaneo della terra; professerò la mia fede in ogni tempo e in ogni luogo, perchè è essa la vera linfa della mia vita". Damigella - Persisti, quindi, nella tua fede? Sei tanto ostinata? Non vuoi abbandonare il tuo Dio? Non vuoi provare i piaceri della passione umana? Ma perchè, col tuo comportamento, mi costringi all'ira! Sei proprio indomabile? Se resterai tale, su di te cadrà la maledizione di Cesare. Domenica - Mia donna, non posso accettare le tue proposte. No! Non posso. È Dio che mi chiama e mi comanda. (Le prende la mano). Damigella - Non toccare questa mano, ingrata e indocile fanciulla, seguace di un uomo che predicava come un ciarlatano e si proclamava figlio di Dio. Donna lussuriosa e senza pudore, che hai venduto la tua carne ad un essere menzognero e falso. Ripudialo, se hai coraggio, e abbandonati tra le braccia di un uomo che ti travolge di amore vero. Domenica - (alzando lo sguardo in alto) Ah! Pietà, Signore; abbi pietà di lei. Dammi forza per resistere alle sue lusinghe e alle sue pressioni.

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Damigella - Ancora mi oltraggi? Ed osi, innanzi a me, chiamar quel tuo Signore che, per il mal che fece, fu crocifisso e condannato a morte? No! Non osare nemmeno sfiorarmi, ostinata fanciulla. Vanne lungi da me, vai dove più non ti veda; dì a tutti che hai distrutto il nostro impero. Domenica - Ah, donna! Sventurata donna! Quale angoscia nel mio cuore nel sentirti così tristi parole! Mi hai insultata, calunniata, denigrata. Ma io timor non ho del tuo linguaggio. Non mi piegherò al tuo volere, ma resterò

con la mia fede e non temo la maledizione di nessuno; anzi sappi che la maledizione di Cesare sarà mutata da Dio in benedizione celeste. Damigella - Scellerata ragazza, lussuriosa donna, non ti sei piegata con le parole, ma ti piegherai sotto i colpi della frusta. (La damigella chiama i soldati) Damigella - Soldati! (I soldati arrivano in tre) Capitano - Agli ordini, damigella. Damigella - Slegate questa ragazza, frustate il suo corpo e fermatevi solo quando vedrete il suo sangue scorrere a rivoli sulla terra. Capitano - Signorsì, damigella. Damigella - Vi raccomando. Io vado a riferire all'imperatore. (Va via) (I soldati sfilano le fruste e incominciano a battere sul corpo di Domenica) Domenica - (ad ogni frustata si contorce e grida) Ahi! Ahi! Mio Dio! Abbi pietà di loro. Ahi! Ahi! Mio Dio, accetta questo mio dolore come pegno del mio amore. Capitano - Domenica, credi ancora tu in Dio? Domenica - (sorridendo) Si, credo. Dio è l'amore, la verità, la vita. È l'Essere che mi dà forza e coraggio a sopportare il dolore corporale delle vostre frustate, ma sappiate che le sofferenze del corpo sono di gran lunga ricompensate dalla gioia dello spirito. Capitano - Se senti gioia, prendi ancora queste. (Frustate e grida di Domenica) Domenica - Ahi! Ahi! (Si accascia al suolo in un lago di sangue) Comandante - Gli ordini sono stati eseguiti, Andiamo (I soldati se ne vanno). Domenica - Esaudisci, secondo la tua misericordia, o Signore, la tua serva e accorri in mio aiuto, perché colpita a frustate da empi soldati. III SCENA Ambiente: (ancora sala giudiziaria. In scena Domenica, Doroteo, Arsenia, soldati) Doroteo e Arsenia - (entrano di corsa) Figlia! Figlia! Domenica - (sorridente, si alza e abbraccia i suoi genitori). Madre! Padre! Eccomi di nuovo tra le vostre braccia. Doroteo - I soldati ci avevano appena consegnato ai carcerieri non lontano da qui, abbiamo sentito le tue grida, siamo sfuggiti alla loro sorveglianza, ci siamo slegati e siamo di nuovo da te. (pausa) Perdonaci, mia Domenica, per quanto finora, io e tua madre, ti abbiamo fatto soffrire; purtroppo, nessuna protezione ti abbiamo potuto dare. Domenica - Lode a voi, amati genitori. Non perdonarvi, ma ringraziare vi devo. "Potesse il labbro mio esprimere la mia gioia e quanto sento nel mio cuore in questo istante! Non vi preoccupate per me, io sono ben protetta, e il Signore che mi custodisce sotto il suo manto. Le mie sofferenze, cari genitori, sono un atto d'amore per Dio e Dio, a sua volta, mi ama, dandomi serenità, gioia, felicità infinita".

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Arsenia e Doroteo - (insieme) - Sia fatta la volontà divina, figliuola. (Si sente il calpestio dei soldati). Domenica - Stanno venendo i soldati; scappate. Arsenia - Resteremo qua, figliuola, accanto a te; subiremo i supplizi e le torture vicino a te, ci offriamo a Dio con te; moriremo insieme a te. (Arrivano i soldati, si lanciano su Doroteo e Arsenia e li trascinano via con la forza, mentre gli sguardi impietriti di questi ultimi restano fissi su Domenica). Domenica - (sola in scena) Addio madre! Addio padre! La nostra fede trionferà. Il crudele imperatore vi farà morire in terra lontana da qui, dopo avervi fatto subire torture e supplizi. Dio, però, vi dà coraggio e forza a sopportare sofferenze e dolori fino all'ultimo sospiro. Il Padre celeste vi accoglierà nella sua casa e lì ci ricongiungeremo e, insieme, vivremo l'eterna felicità. lo sono sfuggita alle lusinghe dell'imperatore Diocleziano, ho ingoiato gli insulti della damigella di corte, ho subito le frustate dei soldati, e ancora subirò pene e torture fino a quando il mio corpo, ormai esausto, cederà per sempre alla violenza umana. IV SCENA AMBIENTE: (Ancora sala giudiziario dove a destra c'è la seduta del proconsole Ilariano coperta da un drappo rosso) (In scena Domenica, soldati, proconsole) (Il monologo di Domenica viene interrotto dall'entrata del proconsole llariano per un nuovo processo) Ilariano - Ah, giovanetta, di beltà splendente, accostati a me. Tu, che vai diffondendo la religione cristiana con lo scopo di distruggere l'idolatria, sei tu disposta a rinunciare a seminare tale zizzania e continuare a vivere secondo le leggi dell'impero? Domenica - "Io credo in un solo Dio, creatore e signore dell'universo, credo in suo figlio Gesù Cristo, mio sposo e nello Spirito Santo. Godo del suo amore per me e, per questo, sarò eternamente felice in cielo. Non rinuncerò a questo amore, né alla mia fede; anzi, ne sono orgogliosa e, se necessario, li coltiverò col vomere della croce e li innaffierò con la pioggia del mio sangue. Non mi piegherò ai voleri di nessuno, se non a quelli del mio sposo Gesù". Ilariano - Persisti, quindi, a professare la tua fede e affermi pure di non volerti piegare alla volontà dei giudici. Ebbene, per queste tue affermazioni, morirai sbranata dai lupi e dai leoni. Il tuo corpo, ridotto a brandelli, sarà avido e tenero cibo delle belve feroci. Languirai tra le fauci degli animali selvatici senza possibilità di scampo; non avrai perdono da chicchessia del potere di Cesare, che è l'unico che regna sovrano in tutto il territorio dell'impero senza essere secondi a nessuno, se non agli dei. (Pausa) Soldati, predisponete tutto per liberare le belve: la preda è pronta.. V SCENA AMBIENTE: (Esterno con in fondo una grata da dove passano le belve, ai lati della scena delle transenne dietro le quali trovano protezione proconsole e soldati) Domenica - (si inginocchia e prega) O mio Dio, signore dell'universo, tu che finora mi hai dato la forza e il coraggio di resistere alle voglie umane; che mi hai aiutata a non cedere ad ogni tentazione terrena e alle persistenti sollecitazioni di chi volevasi del mio cuore impossessare; che mi hai sorretto nei momenti in cui ho subito supplizi e torture, aiutami ancora una volta ad affrontare la ferocia delle belve; e tutto sia fatto secondo la tua volontà. (Giungono le bestie, fanno un giro, si accostano a Domenica, la annusano, le girano intorno, la guardano. Il Proconsole segue con atteggiamento nervoso la scena. I soldati incitano le bestie ad avventarsi sul corpo di Domenica). Soldati - Dai! Aggreditela con le zampe! Prostratela per terra! Succhiate il suo sangue! Riducete il suo corpo a pezzi! (Ma le bestie anziché mordere, lambiscono il corpo di Domenica, la quale, sorridente e dolcemente, le accarezza ed esse si accovacciano ai suoi piedi). (Il Proconsole si agita, borbotta) (tra lo stupore e la rabbia, continuano ad incitare le belve contro Domenica) - Dai! Attaccate!. Mordete! Sbranatela! Fate a pezzi le sue membra e succhiate il suo sangue! (Tutti si guardano tra loro stupiti, mentre Domenica continua, sorridente, ad accarezzare le bestie che, mansuete, sono ai suoi piedi)

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Proconsole - Ma che strana donna è questa! Ha avuto il potere di rendere mansueti due animali feroci, È ella una fattucchiera? Una maga? E se tale è, a maggior ragione, deve morire, Soldati, mandate via quelle bestie. Adesso ci penso io a fare scomparire chi è riuscita ad infatuare anche due belve. (Le bestie vanno via e il proconsole chiama a sé Domenica). Donna, alzati e vieni davanti a me. Dimmi, quali magie hai tu adoperato per rendere così docili e mansuete quelle bestie. Cosa hai detto? Cosa hai fatto? Domenica - Ho pregato il padre mio ch'è nei cieli ed è stata fatta la sua volontà. Proconsole - Hai tu due padri? Domenica - Si, uno terreno e l'altro celeste. Quello celeste è anche padre tuo, è padre di tutti. Proconsole - Io sarei, quindi, secondo il tuo dire, figlio di due padri. Ma che sciocchezze sono le tue, fattucchiera e maga. Io ho un solo padre e mia madre un solo marito; e non ti azzardare a offendere l'onorabilità della mia famiglia. Non scamperai alla morte, e del tuo corpo resterà la cenere. Domenica - (con gli occhi rivolti al cielo) Padre mio, sia fatta la tua volontà. Proconsole - Soldati, raccogliete della legna, mettete la ad ardere dentro una fornace e, quando questa è bene infuocata, e le fiamme la lambiscono in ogni sua parte, buttate dentro il corpo di questa mistificatrice donna e fatela avvolgere in ogni parte dal fuoco in modo che del suo corpo non resti nessuna traccia. Capitano - Sarà tutto fatto, proconsole. VI SCENA AMBIENTE: (In fondo, al centro, una fornace in laterizi che si apre con un arco attraverso il quale si vede il riverbero del fuoco preparato dai soldati). Domenica - Mio signore, Gesù, offro a te il mio corpo che fra poco sarà arso dalle lingue di fuoco.

Accetta questo mio sacrificio in nome dell'amore che io ho per te e tu per me. "Ungi le mie ustioni con un tuo unguento e infondi in ogni piaga la fragranza della tua grazia". Quando poi del mio corpo tutto sarà arso, accogli la mia anima nel tuo regno ed io sarò tua sposa felice accanto a te. (I soldati pongono Domenica nella fornace, ma le fiamme nemmeno la sfiorano. Proconsole e soldati osservano sbigottiti). Proconsole - Stranezze di una maga! Anche il fuoco ha paura di

lei. Domenica - (esce dalla fornace, si inginocchia e sorridente prega) Grazie, o Signore, per avermi risparmiata dal fuoco e per avermi aiutata a superare quest'altro supplizio. Proconsole - (Rivolgendosi a Domenica) Alzati, donna dai mille misteri, non ti nascondo il mio stupore per il tuo comportamento. Ma dimmi: sei tu in possesso di forze soprannaturali? Non so cos'altro fare per distruggerti. Ma non mi arrendo. Domenica - Non sono io che sfuggo alla morte. Ma chi mi protegge e mi conserva ancora è colui che tutto può: in cielo, in terra e in ogni luogo. Ognuno di noi dovrebbe rimettersi alla sua volontà. Proconsole - Per la tua morte disporrò ancora io; e questa volta non sfuggirai. Scomparirai dalla terra per mano di un carnefice che farà sgorgare il tuo sangue come fiume da una sorgente e la tua testa, separata dal corpo, rotolerà sul suolo. Soldati, disponete il tutto perché questa infame dovrà essere decapitata. Dovrà morire ad ogni costo. Andate e provvedete. (Poi, rivolgendosi a Domenica) Tu aspetta qui la tua fine. (Va via) (Vanno via pure i soldati).

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VII SCENA AMBIENTE: (In scena un patibolo per lo decapitazione) (Domenica, in ginocchio, con lo sguardo verso il cielo, prega. Poi arrivano il carnefice e i soldati). Domenica "Mio Dio, vivo e vero, che sei fonte della vera vita, che hai tolto da me sin dai primi anni, ogni amore per i beni materiali, io ti ringrazio dei tuoi doni, di cui con larga mano hai arricchito il mio spirito. È per tua misericordia, se ho potuto vivere senza macchia fra tanti pericoli e resistere tanto ai gravi tormenti a cui sono stata sottoposta. Ecco che ora vengo a Te, ricevi il mio spirito e dammi forza di superare ancora quest'ultima prova. Gradisci, o Dio, quest'ultimo sacrificio in odore di soavità ed ascolta queste mie ultime suppliche accompagnate col mio sangue". (Arrivano i soldati e il carnefice). Domenica - Sono giunti, o mio

Signore, gli autori e i ministri dei miei supplizi e della mia morte. "Perdona il loro misfatto. Dai pace, o Signore, al tuo popolo fedele, dai forza e buon spirito ai ministri della tua Chiesa. A loro dai vittoria sui nemici e fai che senza contraddizione godano perpetua quiete e li serbi in perfezione di virtù e di santità". Carnefice - (rivolgendosi a Domenica) Sogni o favelli? Se parli, chi è il tuo interlocutore? Nessun essere di sembianze umane ved'io d'intorno. Dimmi, qual è il tuo dire e con chi parli? Domenica - Prego il Signore perché ti perdoni per quanto tu ti appresti a fare. Carnefice - (sbigottito) Io perdonato da te? Domenica - Si, da me e dal Signore. Carnefice - E chi è il Signore? Domenica - È il mio, il tuo padre celeste. È colui che mi dà forza e coraggio a porre il mio corpo sotto il tuo ferro tagliente. (Si accosta sorridente dinnanzi al carnefice, si mette in ginocchio e dispone il capo per essere reciso). Carnefice - (Dà un sussulto, dà segni di smarrimento, guarda sgomento lo sua vittima, sente un tremolio nel corpo e in particolare al braccio destro. Si appresta ad alzare la daga, ma la sua mano trema. Anche lui guarda in alto e ripete con voce tremolante) "Prego il Signore perché ti perdoni per quanto tu ti appresti a fare". (Lascia con disprezzo l'arma, si allontana un po’ e continua a ripetere sempre sotto voce) "Prego il Signore perché ti perdoni per quanto tu ti accingi a fare". Ma che donna è questa? E un essere umano o chi è? Io la uccido e lei mi perdona. No! Non la uccido io, questa creatura! Via questo tagliente ferro! Vado via! Vado via da qui! (Lunga pausa) Ma che sarà di me se non l'uccido? Che sarà di me se butto quest'arma bianca al suolo? Due sono le scelte che innanzi a me ci sono: far morir per mia mano questa creatura o morir io per lei. Capitano - Falla morir vil'uomo, non t'intenerir del suo linguaggio se tu sparir non vuoi col nostro ferro. (I soldati prendono con violenza Domenica e l'accostano ancora di più al patibolo). Domenica - Eccomi sul patibolo, Signore mio Iddio, ecco nel tuo seno il caldo sangue mio; perdona i miei carnefici; la Chiesa vincerà. Capitano - Su, miser'uomo, abbassa quel ferro e tutto finirà.

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Carnefice - A vile e miser'uom or mi sì addita, ed io son tale, è vero, per preservar la vita non di colei innocente e tersa, ma la mia vita, sozza e perversa. Non colpirete, o soldati, col brando vostro il corpo mio, perché la volontà di Cesare farò anch'io, ma tutti quanti un giorno ne pagheremo fio. (Il carnefice decapita Domenica; poi si inginocchia davanti al suo corpo) Il sacrificio è fatto. A te, fanciulla, la gloria del cielo, a me le pene dell'inferno. Perdonami! (Butta l'arma e va via) Soldati - Andiamo via anche noi a seguir quel carnefice. VIII SCENA (Entra Lorenzo, guarda in silenzio Domenica e poi recita) Salve, o invitta martire della Calabria onore, vincesti la tirannide, trionfo dell'amore. Il mondo al tuo martirio la croce salutò. Tua indomita costanza vinse il poter dei Cesari; precluse ogni speranza a chi ti offria sevizie e i doni di quaggiù. Ma tua bellezza angelica e tua possente fede, la vita, il sangue, l'anima e quanto Iddio ti diede offristi in olocausto al dolce tuo Gesù. L'esilio con le carceri, il ferro e l'onta atroce, e le percosse orribili, la scuola della croce ti rese inespugnabile prodigio di pietà. Nel grande tuo dolore canti di Cristo i doni: Intenerisci il reo. Tra lupi e tra leoni esposta, la loro rabbia depongono al tuo pie. E al colpo iniquo ed empio che a te il tiranno dà, confuso ei resta e attonito nella sua crudeltà. La fede, che il tuo spirito cotanto a Dio elevava, saggia ti rese a vincere chiunque ti tentava.

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Or vedo di te reciso il capo, nel sangue nuota qual fiore che al vomere tronca e in terra langue. Nel sangue tuo vergineo, versato per la fede, doppia corona splendida in cielo Iddio a te diede. Salve! o reina, il lauro cresciuto in Paradiso ti cingerà il crine, florida palma di fiordaliso ti dà in man la Triade, la madre di Gesù. Nel tempo sugli altari ti eleverà la Chiesa ed in Italia e al mondo ti venereranno in santità. Sac. Lorenzo Monteleone (1883) Ecco ch'entrano gli Angeli. (Lorenzo si ferma per pochi secondi per consentire agli angeli di prendere posizione sul palco, poi riprende a recitare,) Prendono il tuo corno. Lo portano al tuo loco prediletto. Tra il Poro e Vaticano che Tropea cingono al petto dalla collina al piano. (Lorenzo, con le mani incrociate sul petto. fa un inchino davanti al corpo di Domenica e va via. Gli angeli incominciano a danzare. Prima di concludere il ballo, quattro di loro portano via il corpo di Domenica. Gli altri angeli invece, restano in scena e continuano a ballare. Al riapparire di Domenica, come santa, danzano e Cantano il seguente inno. "Gesù corona a Vergini. vittrice palma a martiri. Tu il nostro onor Domenica d'entrambi i doni cumuli. l gigli ch'Ella vergine col voto mantenne candidi; né le percosse e il carcere, né a Lei le piaghe nocquero. Ivi tra Santi ed Angeli, di molta luce splendida; quel che i devoti chiedono: proteggi e salva i popoli. Al Padre e al Figlio Gloria perenne sia; e allo Spirito Santo, nei secoli dei secoli eterni. Amen. Autore anonimo

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(Un attimo prima di concludere il canto e la danza, si sente dalla platea la voce della parrocchiana che, recitando, sale sul palco, mentre gli angeli si dispongono ad ala ai fianchi di Domenica). Parrocchiana - (sale sul palco dalla parte del pubblico. Sullo schermo scorrono le immagini inerenti ai contenuti recitati dalla parrocchiana) La parrochiana Salve! Domenica santa. Sono una tua devota. A te mi prostro ai piedi e pregoti con umiltà. (Santa Domenica in processione ,negli anni sessanta) Violenze hai ricevuto da militi e regnanti; (Fustigazione) hai accolto il tuo martirio, con fede e dignità. Non danni di alcun genere hai fatto alle tue iene; perdono per loro hai chiesto e non vendette e pene; e a Dio ti sei immolata (Decapitazione) con fede e castità. Si addita oggi a martiri chi morte e orror diffonde. (Terrorismo provocato da Kamikaze) e i loro seguaci gridano: Resistenza! Libertà! (Folla di iracheni in piazza) Sono deboli kamikaze, micidiali bombe umane, che seminano sterminio e morte con grande crudeltà. (Ancora panico e morte provocati da Kamikaze) Ma il sovrano potente (Carri armati e materiale bellico) risponde con la guerra, pensando di placare gli animi (Iracheni che ascoltano il capo) con l'aggressività. I prigionieri di guerra e di comuni reati sono spesso torturati (Scene di torture) con cinica bestialità. La società è in fermento per fame e lotte armate; (Fame in Africa e guerre) fermiamo questi morbi flagello dell'umanità. (Manifestazioni di pace) Intercedi, o Domenica santa, presso il tuo sposo Cristo Gesù (Ancora manifestazioni di pace) perchè ovunque, nel mondo,

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prevalga l'umana virtù. Proteggici, sotto il tuo manto; (Paesaggio urbano) Proteggi i residenti, ma altresì gli assenti, che in USA come a Milano, (Gente che emigra) t'invocano col cuore in mano. Sono figli tuoi emigrati. Ma tanti son'oggi qui per la tua festa, e innanzi a te, in preghiera, (Immagini dei presenti in piazza) inchinano la testa. Sono tuoi devoti, Martire e vergine santa! (Processioni in onore di S. Domenica,) Tue grazie a loro dona, Pace e serenità. Esorta i sacerdoti (Il Papa tra la gente nel ed ogni loro collaboratore mondo e sacerdoti a predicare ovunque tra i fedeli fuori della chiesa) la civiltà dell'Amore; non solo in chiesa e durante l'Eucaristia, ma sempre e ovunque: in Calabria, in Italia, nel mondo. Così sia. Saverino Maiorana Canto con il coinvolgimento della platea O invitta verginella che sapesti trionfare, tu sei a noi l'amica stella e in ciel ti dobbiam portare. Tu per noi l'amica stella che nel ciel ci devi portare: siamo tuoi figli o protettrice e di noi non ti scordare. Nella patria tua felice noi vogliamo con te regnare. Nella patria tua felice noi vogliamo con te restare. Santa Domenica miracolosa Sii in cielo sempre gloriosa. Nella patria tua felice con te vogliam restare. Siam tuoi figli o protettrice e di noi non ti scordare.