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Collana diretta da Bruno Maria Bilotta

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Direttore

Bruno Maria BUniversità “Magna Græcia” di Catanzaro

Comitato scientifico

Felice Maria BUniversità e–Campus di Novedrate

Valerio MUniversità di Bari

Francisco Javier A RUniversidad “Carlos III” de Madrid

Paolo Aldo RUniversità di Genova

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Collana diretta da Bruno Maria Bilotta

La sociologia dei conflitti e dei mutamenti sociali studia i rapporti trala società e le sue trasformazioni osservate attraverso le dinamiche dellestrutture, degli attori e delle istituzioni sociali, che si sviluppano in un arcotemporale di lungo, medio o breve periodo. Vengono, inoltre, analizzati ilegami che intercorrono tra le diverse società in un costante rapporto diinterconnessione, di scambio, di scontro.

Studiare le trasformazioni sociali, selezionarne i micro e i macro seg-menti di mutamento in atto o già definiti nelle differenti pieghe della società,evidenziandone le criticità e interrogandosi sulle modalità di cambiamentosignifica andare al cuore stesso dell’analisi sociale, e di questo la collanaintende farsi portavoce.

Il concetto di conflitto, pur centrale nelle questioni sociologiche, fi-losofiche, giuridiche, antropologiche, perde frequentemente, come assaispesso accade per i termini di uso comune, il nesso con il significato, lastoria e le diverse interpretazioni del termine stesso. La collana si proponedi recuperare e offrire nuove prospettive all’analisi del conflitto sociale, conriferimento al suo significato più neutro che la dottrina classica ci tramanda,in considerazione della molteplicità di tematiche e problematiche che questoci propone.

Per prendere in esame i temi in questione saranno impiegati tutti iprincipali strumenti di cui la scienza sociologica dispone, con un occhioprivilegiato, ma non esclusivo, al diritto e alle sue declinazioni teoriche epratiche.

La collana ospiterà studi teorici e ricerche empiriche, opere italiane estraniere, provenienti dalle più diverse estrazioni di pensiero e ideologia.Limite invalicabile sarà il rispetto assoluto dello spirito critico che ha animatoe anima la sociologia sin dai primordi, e che sin da questi l’ha resa una scienzaantidogmatica per elezione e definizione.

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La pubblicazione è stata realizzata con il contributo dell’Auserdi Catanzaro e del Centro Servizi al Volontariato.

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Anzianità e rischio sociale

a cura di

Bruno Maria Bilotta

Contributi diFelice Maria Barlassina

Bruno Maria BilottaCarlo Bonifati

Gennaro CiccheseSanto Delfino

Alberto DonesSimona GugliottaGiovanni MinnitiSimona Raffaele

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Copyright © MMXVAracne editrice int.le S.r.l.

[email protected]

via Quarto Negroni, Ariccia (RM)

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I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: luglio

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Indice

Presentazione

IntroduzioneBruno Maria Bilotta

Anzianità e rischio socialeBruno Maria Bilotta

Anzianità, libertà e regoleFelice Maria Barlassina

Anzianità: riflessioni antropologicheGennaro Cicchese

Età, Stato, amministrazioni locali e societàGiovanni Minniti

L’anziano giuridicamente tutelatoSanto Delfino

La tutela penale degli anzianiSimona Raffaele

L’anzianità come risorsa socialeSimona Gugliotta

Stato sociale e terza etàCarlo Bonifati

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Indice

Vulnerabilità e tutele nella tradizione penaleAlberto Dones

Gli autori

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Presentazione

Il volume nasce sulla scia di un convegno proposto dal CircoloAuser di Catanzaro, e per esso dal suo presidente Carlo Bo-nifati, che ha coinvolto il titolare delle Cattedre di SociologiaGiuridica, di Sociologia della Devianza e di Sociologia del Mu-tamento Sociale dell’Università “Magna Græcia” di Catanzaro,che con entusiasmo ha accolto la proposta di partecipazione el’ha ampliata ed estesa sino a farla diventare una proposta diun contributo al dibattito scientifico attuale sul tema e sui temidella anzianità, cui ha invitato studiosi di diversa estrazione eformazione culturale, sociologica, antropologica, economica egiuridica.

Il tema dell’anzianità, e dell’universo di interpretazioni chequesta condizione sociale circonda, è tema per certi versi assaidibattuto e per molti altri quasi inesplorato, è questa la ragioneper cui si è scelto un approccio pluridisciplinare, per tentare dicomprendere la vastità del tema e i suoi riflessi, o almeno talunidi questi, prima, e più ancora, che tentare di fornire una qualcheminima e parziale risposta, che ovviamente non è possibileneanche azzardare in un volume singolo, ma prima di tuttoper responsabilizzare noi stessi, gli autori dei contributi checompongono il volume, della vastità del compito e prenderecoscienza e contezza che, comunque e in qualsiasi modo lo siaffronti, si tratta di un semplice sguardo, attento finché si vuole,volto all’immensità dell’oceano.

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Anzianità e rischio socialeISBN 978-88-548-5292-1DOI 10.4399/97888548529211pag. 11–20 (luglio 2015)

Introduzione

B M B

Se l’anzianità è un dato certo cioè una convenzione biologicasicura nel senso che interviene normalmente a una data, piùo meno precisa, della vita di ciascuno di noi, tale, quindi, dapoter essere considerata una convenzione biologica collettivalegata a un mutamento della condizione biologica di ciascunoin riferimento a un’età in cui tale mutamento non si è ancoraregistrato, il concetto di vecchiaia è un concetto più impalpabile,più labile in quanto meno databile biologicamente.

Si può essere vecchi in molti modi e con molteplici aspetticosì come si può essere vecchi in molte circostanze differenti,in molte situazioni differenti, in molte condizioni differenti;perché sì, è vero, la vecchiaia è una condizione biologica maprima che questa è una condizione mentale, una condizionefisica, un atteggiamento verso se stessi, verso la vita, verso glialtri, verso il mondo. Ecco perché se si è anziani per convenzio-ne e per condizione biologica si è vecchi per convenzione e percondizione sociale: cosa differenzia le due condizioni? Forsel’età? Non lo crediamo, il crinale tra anzianità e vecchiaia puòessere in taluni casi assai ridotto, addirittura nullo, può essereestremamente dilatato, tal che tra l’una e l’altra condizione esi-ste quasi un abisso d’età e di condizione biologica, può esseremediamente ravvicinato ed è in questa situazione che rientrala gran parte della condizione umana: con l’arguzia che gli èconsueta Marcello Marchesi descrive proprio questa situazione:

Cinquantenni in slip. Come palpebre pesanti, i seni danno al toracenudo un aspetto pensoso, mentre la boccuccia dell’ombelico, nelbel mezzo del ventre gonfiotto, aggiunge una certa espressione di

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Introduzione

perplessità. Il viso non conta più. La vera faccia comincia da lì. Efinisce all’inizio delle gambe. Sembrano tutti maschere del carnevaledi Viareggio. Quelle maschere tutta testa e tutte gambe. Quanto poialla testa vera, assume l’aspetto d’una escrescenza occasionale.

Paradossale? Forse. Cinica? Certamente. Verosimile? Ahimèsì. Realistica? Sicuramente. La descrizione di Marcello Marchesiè un po’ tutto questo e forse altro. Ma è la mezza età o èvecchiezza? lo scrittore la riferisce alla mezz’età, potrebbe forseessere un ponte gettato fra queste due condizioni ma forse sifarebbe torto allo scrittore e forse anche molto di più all’una eall’altra condizione sovrapponendo le caratteristiche dell’unaall’altra. Ciò che Marchesi chiama escrescenza occasionale, conespressione sicuramente cinica e decisamente forte, ossia latesta, in fondo nasconde una verità, difficile da accettare mavera come tutte le verità ossia che la condizione dell’anzianitàfinisce per scolorire i tratti individuali per identificarli in unasorta di rappresentazione collettiva e abbastanza omogenea.Certo, tutto questo non agli occhi di ciascuno di noi bensìagli occhi di chi ancora questa condizione non vive e che vedel’anziano, appunto, come una sorta di mondo globalizzato etotalizzato nei tratti, nelle espressioni, nelle fattezze, oltre chenella condizione.

La vecchiaia, a ben guardare, recupera i tratti distintivi dellasingolarità individuale: ecco perché dicevamo che si è vecchiin molti modi e con molteplici aspetti. L’arguzia di MarcelloMarchesi si spinge ancora oltre:

A una festa L. mi presenta sua figlia. Non c’era ancora quandoci conoscemmo. Adesso è quasi una donna. Gli anni della nostraamicizia sono dunque alti un metro e settanta, sono biondi e hannogli occhi celesti, balliamo. La ragazzina è fresca, graziosa, sorridente.Mi diverto proprio, specialmente durante il charleston. Sono unasso. Alla fine del ballo, mi dispiace che sia finito e dispiace anche a

. M. M, Diario Futile di un signore di mezza età, Bompiani, Milano ,p. (ediz. ).

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Introduzione

lei. Poco dopo, al buffet, oltre una tenda, sento la sua voce mentreparla con un’amica.

“Ho dovuto ballare con un vecchio di quarant’anni, che mi hadato tanti di quei pestoni tanti di quei pestoni! E così. . . vecchioche era, quarant’anni che aveva, i piedi che mi pestava, figurati chedivertimento.”

Non riesco a soffrirne. Mi ha dato solo quarant’anni. Per lei lavecchiaia comincia a ventotto.

Se ci si immerge nel ricordo dei nostri anni giovanili credoche in ciascuno di noi il ricordo più forte sia proprio quello dellanon esistenza dell’anzianità, men che meno della vecchiezza,nessuno di noi credo, neppure per gioco, abbia mai provato aimmaginarsi da anziano o da vecchio, non perché questo nonsia possibile ma proprio perché queste due età sono indefinibiliin termini di percezione in età giovanile. Certo in età giovanilel’anziano o il vecchio è riferibile a un soggetto particolare,specifico, identificato, il nonno o la nonna, il parente anziano,il vicino di casa anziano, l’amico anziano; ma la percezione èsoggettivizzata da un volto più che da una condizione d’età, daun sentimento più che da un riferimento biologico.

È un refrain sociale che la vita si sia allungata, e ciò statistica-mente ha una sua innegabile verità ma il punto che ci interessanon è certo quello statistico, cioè quello di stabilire se effetti-vamente si sono aggiunti anni alla vita individuale; il punto èesattamente invertito e cioè se si è aggiunta vita agli anni. Daquesto punto di vista si ha la percezione che le singole età sidilatino nel tempo; forse questo è vero o forse è solo suggestio-ne collettiva, forse ancora questa suggestione collettiva, comespesso avviene, si trasforma in realtà sociale in una corsa circo-lare in cui diventa difficile e persino impossibile riconoscere chiinsegue e chi è inseguito.

E le età, a prescindere dalla suggestione singola o collettiva,si dilatano realmente nel tempo, proprio per effetto dell’allun-gamento matematico della vita individuale.

. Ivi, p. .

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Introduzione

È che la vita si allunghi realmente?Non bisogna avere la memoria corta e dimenticare che gli

anni sessanta del secolo scorso si distanziano di poco più diun decennio o di un ventennio dalla fine di una guerra deva-stante che segue di un altro ventennio una guerra altrettantodevastante in cui più di una generazione non ha conosciuto iltrascorrere dell’età né i sottili distinguo delle demarcazioni trale diverse età ma l’esperienza di un’età, quale che fosse, buia eassai spesso mortale.

È dagli anni ’ del secolo scorso che ricomincia il conteggioe con questo la voglia di moltiplicare le età della vita e da partedi ciascuno di noi la voglia di moltiplicarsi gli anni nelle singoleetà della vita.

Mano a mano che si è proceduto nel tempo questa ope-razione di chimica sociale, di molecolare età in età, dilatarnei contorni e i contenuti, differenziarne le caratteristiche, si èfatta sempre più parossistica, persino morbosa, sicuramenteossessiva: dopo la mezz’età siamo costretti a contare non solola terza età ma la quarta, la quinta, la sesta, forse anche qualcheetà ulteriore.

Fantasia dei numeri!Ma a prescindere da questi suggestivi rincorrersi di numeri

la verità è una e una soltanto: che non siamo riusciti ad aggiun-gere vita all’età, anzi al contrario l’allungamento della vita ècoinciso col peggioramento qualitativo della vita stessa, tanto intermini economici quanto in termini di benessere fisico tantoin termini di benessere sociale.

Non è certo casuale che la società, tutte le società, in qual-siasi latitudine e di qualsiasi latitudine, si rappresenta solo edesclusivamente a dimensione giovanile: la rincorsa al giova-nilismo a tutti i costi è stata l’ossessione più vera del vecchiomillennio che ha lasciato in eredità al nuovo millennio, e diquesta ossessione se ne è fatto una bandiera. Non c’è angolocomunicativo proposto da qualsiasi mass media che non rap-presenti la società in termini giovani o giovanili, la dimensionedella media età e più ancora quella della tarda età è rappresen-

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Introduzione

tata perlopiù solo in termini problematici e al più come serenosuperamento delle difficoltà che queste età presentano.

Per far fronte a questa rappresentazione problematica siè stati costretti a ricorrere a belletti linguistici, la terza età, laquarta età, come si diceva prima, che al di là che fornire unarappresentazione linguistica e concettuale tranquillizzante hafinito, semmai, per evidenziarne gli effetti negativi, esattamen-te come in talune, e purtroppo assai frequenti, operazioni dibelletto chirurgico che riescono a ottenere l’effetto esattamenteopposto a quello che si sono prefisse.

Il problema si sposta allora, e in maniera drammatica, dallarappresentazione collettiva dell’anzianità e della vecchiaia aquello della rappresentazione individuale di questa e di quella,in cui l’accettazione individuale della propria immagine è filtratada ciò che ciascuno, individualmente, propone all’accettazionedegli altri. Il filtro sociale all’immagine dell’anzianità e dellavecchiaia finisce per essere dato da noi stessi in riferimento allarappresentazione che si vuole dare agli altri o che si pretendeche gli altri diano di noi e quindi finisce per essere una sorta dirappresentazione autoreferenziale o una autorappresentazione.

La verità per noi è una sola: che le età si scandiscono nonper autorappresentazione individuale o collettiva ma semplice-mente per il passar del tempo, che può essere rapido, lento ocostante nella rappresentazione individuale ma che comunqueha una sua oggettività innegabile, al di la delle rappresentazioniche ciascuno di noi può avere o pretende di avere.

Ecco allora che la moltiplicazione delle età dell’uomo finisceper essere una sorta di alchimia sociale in cui ciascuno di noisi trasforma, per noi stessi, in apprendista stregone con i risul-tati magistralmente descritti da Goethe e rappresentati nellostraordinario film di Disney Fantasia, con l’altrettanto straordi-naria musica di Paul Dukas. Un’alchimia sociale che non può

. Il riferimento è alla ballata di Wolfgang Goethe del dal titolo DerZauberlehrling.

. Il film dal titolo Fantasia, del , è della Walt Disney Productions.

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Introduzione

reggere i risultati ottenuti perché le età, lo si riconosca o no,sono scandite dall’età, che è una chimica numerica e non unachimica sociale.

A ben guardare questa chimica sociale ha cominciato a in-nescare la sua reazione a far data dalla fine degli anni ’ delsecolo scorso, in cui le età dell’uomo hanno cominciato “im-provvisamente” a moltiplicarsi. Fino ad allora vi erano statisulla scena sociale i giovani e i vecchi, i “giovani” di età definita,i “vecchi” di età, curiosamente, indefinita. Si era vecchi in moltimodi e per molte situazioni: per aspetto, condizione sociale,soprattutto per convenzione sociale, meno di tutto si era vecchiper vecchiezza d’età. E di questa realtà e di queste situazioni viè traccia per esempio nella agiografia delle canzoni dell’epoca,in cui i “vecchi” sono i genitori tout court a prescindere dallaloro età reale e per il solo fatto di esserlo, o nella agiografiacinematografica di quegli anni in cui splendidi ultra trentenni oquarantenni, i “vecchi” appunto, seducono o vengono sedottida radiose ventenni.

Come non far ricorso ancora una volta alla penna frizzantedi Marcello Marchesi?

A quarant’anni l’uomo fa il punto. A cinquant’anni fa la virgola,e con il punto e virgola può continuare, seppure faticosamente, ilperiodo delle sue riflessioni.

Norbert Elias fa una riflessione che ci sentiamo di condivi-dere interamente e di far nostra quando afferma che i progressidella scienza biologica hanno allungato considerevolmente lavita media dell’individuo ma che per quanto si cerchi con l’aiu-to dei progressi in campo medico, e delle maggiori possibilitàdi controllo che essi offrono, di allungare la vita umana e dialleviare le pene della vecchiaia l’estensione del controllo uma-no ha dei limiti. Indubbiamente lo spazio d’azione di questoampliamento è incalcolabile in numerosi ambiti. Ma ciò nonsignifica che non esistano limiti all’agire umano a livello di

. M. M, op.cit., p. .

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Introduzione

eventi naturali. Per quanto è dato vedere, ciò non è applicabileal livello sociale della vita umana. Qui non si riscontrano limitiassoluti all’azione dell’uomo ed è anche probabile che non sene incontreranno in seguito. Estendendo il loro campo di co-noscenze e di controllo gli uomini incontrano continuamentedifficoltà e barriere, che magari non riescono a superare persecoli o per un millennio, benché non siano assolutamenteinsormontabili per il controllo umano; queste barriere si pre-sentano tanto ai livelli di integrazione preumani dell’universoche noi chiamiamo «natura», che a quelli socio–umani relativia concetti quali «società» e «individuo»

Come esempio di queste barriere che attualmente ostacolanol’orientamento umano e il controllo sulla propria vita Elias citala natura stessa che gode di una valutazione ben più elevata dellacultura o della società. Si ammira — afferma Elias — l’eternoordine della natura a confronto con il disordine e l’instabilità delmondo umano. Ci sono adulti che, al pari dei bambini, cercanoqualcuno che li tenga per mano, una figura materna o paterna,che indichi loro la via da seguire. La natura è una di queste. Nonè neppure molto sensato dire che gli eventi naturali siano unbene per l’umanità, O, a seconda del caso, un male. La naturanon conosce intenzioni né finalità, essa è totalmente priva discopi. Le uniche creature che in questo universo si pongonomete in grado di creare un senso sono gli esseri umani. Il se-condo ostacolo che porto qui ad esempio è connesso all’attualeincapacità di riconoscere che nella sfera del reale, che gli uominicreano o formano, si compiono trasformazioni a lungo terminee non pianificate ma che non posseggono una struttura in una di-rezione specifica che essi indirizzano involontariamente nell’unao nell’altra direzione come fossero processi naturali incontrollati.Poiché non riconoscono come tali quei processi sociali non pia-nificati, e non riescono quindi neppure a spiegarli, non hannoalcun appropriato mezzo per influenzarli o controllarli.

. N. E, La solitudine del morente, il Mulino , pp. – (ed.).. Ivi, pp. –.

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Introduzione

Comunque, a un certo punto della vita, si è anziani e poivecchi e poi ancora più vecchi se si ha la fortuna, per chi laconsidera una fortuna averla, di superare questa soglia.

A questo punto la differenziazione si fa sempre più marcatae definita, l’anzianità e la vecchiaia non sono condizioni egualiper tutti, al punto da poter affermare che proprio l’anzianitàe la vecchiaia determinano e segnano più di ogni altra età piùgiovane il livello più alto di discriminazione sociale.

Eppure l’anzianità non rappresenta oggi, più di ieri, unafascia sociale dimessa e trascurata, emarginata, malata, ma unacategoria che, in generale ed escludendo le specifiche situazionidi pesante indigenza socio–economica o di sofferenza fisica omentale, è in grado di sfruttare appieno le opportunità che lavita le offre, di vivere ancora attivamente, di prendersi cura disé, del proprio benessere fisico e psichico, di stringere relazionisignificative, di dedicarsi ai propri interessi e intraprenderenuove attività, spesso in forma volontaria, che siano di utilitàsociale, di ricoprire nuovi ruoli nella famiglia e nella società.

È proprio questa nuova tipologia di anziani che contribuiscee potrebbe ulteriormente contribuire a invertire, o quantomenoa rinnovare, la tradizionale concezione di anzianità.

Se questo è certamente vero, è vero anche che la terza età e lavecchiaia in genere scontano una situazione di estrema disparitànell’ambito di questa fascia d’età rispetto a fasce d’età inferiori.Perché, quand’anche si sia ammesso, e non v’è ragione per nonammetterlo, che la vita umana si è dilatata nel tempo, bisognapur riconoscere che proprio questo ulteriore segmento dedicatoalla vita rischia di essere, e assai spesso finisce per essere, unambito di grande disparità sociale, in cui la differenziazionesociale, in termini di qualità della vita stessa in generale, èquantomai diversificata.

In questa situazione le problematiche che stanno a monte diquesta larga parte della popolazione, che sempre più si accresce,e in percentuale sempre più elevata nel nostro paese, finisco-no per omologarsi, salvo, ovviamente il ricorso alle differentipossibilità che ciascuno ha di affrontare concretamente queste

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Introduzione

situazioni: la vecchiaia comincia per la più parte ad essere unasituazione senza un volto definito, senza una specificità definitanella condizione di salute, senza una specificità definita nellagran parte delle manifestazioni di vita.

È il momento in cui, come affermava spesso Enzo Biagi“vecchio”, si è vecchi quando i ricordi prendono il sopravventosulle speranze.

Il poeta Dario Bellezza, in una sua straordinaria poesia, lapi-dariamente scrive: «fugace è la giovinezza, un soffio la maturità,avanza tremenda la vecchiaia e dura un’eternità».

Sì la vecchiaia dura comunque un’eternità anche quandonon dura realmente un’eternità, proprio perché scansiona iltempo dei ricordi e non più quello delle speranze, quello dellecose già fatte e non già quello delle cose da fare.

Ricordi!, parliamo di ricordi non di rimpianti che sono com-pletamente diversi e in sé negativi; i ricordi invece sono i trattidi vita già vissuta, quali che siano, senza un segno positivo onegativo che li connoti e li qualifichi; solo un segno neutro inquesta “eternità” della vecchiaia ove anche un giorno e talora,persino, un’ora può essere o diventare un’eternità.

Una della più belli canzoni di sempre di Claudio Baglioni,non a caso un Baglioni recente dai capelli completamente “gri-gi”, lui che è stato il cantante, e il cantore, dell’età giovane perantonomasia, e per lunghi decenni, reca un titolo inequivoca-bile Gli anni della gioventù i cui versi scolpiscono la realtà piùdi mille discorsi e di mille parole ed è capace di condensare inpoche strofe un universo intero di emozioni e di suggestioni:

Ah, l’esistenza che ci ammalae poi non ci sana più,sono come un colpo d’alagli anni della gioventù.

. C. B, Gli anni della Gioventù, album “Gli anni della Gioventù”, anno.

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Introduzione

Ah, questo tempo ci confondee ci sbatte su e giùsono forti come ondegli anni della gioventù.

Ah, com’è bella questa nottequella che non dormi maiche di tutto se ne fottedel futuro che non sai.

Ah, quanto mondo c’è per stradaquante stelle a naso in susono tagli sulla spadagli anni della gioventù.

Ah, questo vento ci trascinae ci butta a testa in giùsono come una slavinagli anni della gioventù.

Ci piace chiudere queste note introduttive con la citazionedi un frammento di una poesia di Omar Khayyam: l’ala deltempo batte troppo in fretta, la guardi è già lontana.

Resta la vecchiaia. Sì, proprio un’eternità!

. O. K, poesie in I. Pizzi, Storia della poesia persiana, UTET, Torino, vol. .