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Children’s Nurses - Italian Journal of Pediatric Nursing Sciences 2012; 4 (3) Anno 4, numero 3, Autunno 2012 Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - CB FIRENZE Prezzo: Italia 12,50. Estero 15 ISSN: 2036-2218 SOCIETA’ SOCIETA’ SOCIETA’ ITALIANA ITALIANA ITALIANA di SCIENZE di SCIENZE di SCIENZE INFERMIERISTICHE INFERMIERISTICHE INFERMIERISTICHE PEDIATRICHE PEDIATRICHE PEDIATRICHE Children’s Nurses Children’s Nurses Children’s Nurses Children’s Nurses The Italian Journal of Pediatric Nursing Sciences The Italian Journal of Pediatric Nursing Sciences The Italian Journal of Pediatric Nursing Sciences The Italian Journal of Pediatric Nursing Sciences Children’s Nurses Children’s Nurses Children’s Nurses Children’s Nurses Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche Gli Infermieri dei Bambini Gli Infermieri dei Bambini Gli Infermieri dei Bambini Gli Infermieri dei Bambini Gli Infermieri dei Bambini Gli Infermieri dei Bambini Gli Infermieri dei Bambini Gli Infermieri dei Bambini

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Children’s Nurses - Italian Journal of Pediatric Nursing Sciences 2012; 4 (3)

Anno 4, numero 3, Autunno 2012 Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - CB FIRENZE Prezzo: Italia € 12,50. Estero € 15

ISSN: 2036-2218

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Children’s Nurses - Italian Journal of Pediatric Nursing Sciences 2012; 4 (3)

Gli Infermieri dei BambiniGli Infermieri dei BambiniGli Infermieri dei BambiniGli Infermieri dei Bambini Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche PediatricheGiornale Italiano di Scienze Infermieristiche PediatricheGiornale Italiano di Scienze Infermieristiche PediatricheGiornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche

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Editor in Chief: Filippo Festini (University of Florence)

Scientific Committe:

− Pierluigi Badon (University of Padua)

− Elena Bernabei (Aversa, Italy)

− Elena Bezze (University of Milan)

− Sofia Bisogni (University of Florence)

− Teresa Bordone (University of Eastern Piedmont, Novara)

− Rosamaria Bortoluzzi (Burlo Garofolo Children Hospital, Trieste)

− Hicran Cavusoglu (Hace+epe University, Ankara)

− Franca Creva-n (Burlo Garofolo Children Hospital, Trieste)

− Philip Darbyshire (Adelaide, Australia)

− Giuliana D'Elpidio (University of Rome “Tor Vergata”, Bambino Gesù Children Hospital)

− Laura Fornoni (University of Genoa, Gaslini Hospital for Sick Children)

− Susan Gennaro (Boston College)

− Edward Alan Glasper (University of Suthampton)

− Mariagrazia Greco (University of Naples “Federico II”)

− Susan Madge (Royal Brompton Hospital, London)

− Anna Persico (University of Turin)

− Denis Pisano (Cagliari)

− Simona Pizzi (Milan)

− Jim Richardson (University of Glamorgan, Wales)

− Mariangela Roccu (University of Rome “La Sapienza”)

− Loredana Sasso (University of Genoa)

− Fiona Smith (Royal College of Nursing, London)

− Karen Spowart (London)

− Alessandra Zampieron (University of Padua)

ISSN 2036-2218

Direttore Responsabile: Filippo Festini Redazione: Sofia Bisogni, Maria Francesca Reali, Daniele Ciofi Società Italiana di Scienze Infermieristiche Pediatriche Via Borgognoni 7/C, 51100 Pistoia email: [email protected] Registrazione Tribunale di Firenze n. 5619 del 20/12/2007 Finito di stampare nel mese di Novembre 2012

Gli Infermieri dei Bambini Gli Infermieri dei Bambini Gli Infermieri dei Bambini Gli Infermieri dei Bambini ---- Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche ---- TrimestraleTrimestraleTrimestraleTrimestrale

Stampa: Pignani Printing VT Printed on acid-free paper © Copyright Società Italiana di Scienze Infermieristiche Pediatriche. Testi, fotografie, disegni: riproduzione vietata I dati personali forniti per l’indirizzario sono usati esclusivamente per l’invio della pubblicazione e non vengono ceduti a terzi per nessun motivo (DLgs 196/2003) Copertina: Shutterstock

Children’s Nurses. Italian Journal of Pediatric Nursing Science Children’s Nurses. Italian Journal of Pediatric Nursing Science Children’s Nurses. Italian Journal of Pediatric Nursing Science Children’s Nurses. Italian Journal of Pediatric Nursing Science is indexed by the following bibliographic databases:

Cumulative Index to Nursing and Allied Health Literature - CINAHL

EMCare - Elsevier

Indice della Letteratura Infermieristica Scientifica Italiana - ILISI

EBSCO Host

Children’s Nurses - Italian Journal of Pediatric Nursing Sciences 2012; 4 (3)

Editoriale

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E' successo di nuovo. Ancora una volta c'è stato qualcuno, in qualche ministero o assessorato regionale, che ha tentato di cancellare con un tra+o di penna la figura professionale dell'Infermiere Pediatrico. Ovviamente, in piena estate e ovviamente senza alcuna discussione con gli stakeholders e con i professionis-. Di nascosto, in silenzio, senza trasparenza, e senza condivisione. Come del resto era successo le altre volte. E' successo che nel luglio scorso una "manina" -sempre la stessa da anni- ha inserito una frase in mezzo ai commi di una bozza di un accordo Stato-Regioni riguardante la revisione delle competenze professionali dell'Infermiere; una frase di o+o parole -inserita in un testo con il quale non aveva nulla a che fare- che per incanto faceva sparire una professione sanitaria aAva e vitale, come se non fosse mai esis-ta. Per fortuna, la "manina" è stata scoperta anche stavolta e la sua manovra è stata stoppata grazie alla pronta reazione della SISIP, delle altre associazioni infermieris-che, di tuA gli Infermieri Pediatrici e di tuA coloro che conoscono il significato del termine "assistenza pediatrica di qualità". Anche stavolta quindi, per fortuna, la manovra è fallita. Già, perchè quella "manina" ci aveva già provato a sopprimere l'Infermieris-ca Pediatrica qualche anno fa e ancora prima e tante altre volte in precedenza, andando indietro fino al 1994, quando con il DM739 era quasi riuscita a cancellare decenni di storia professionale nell'area pediatrica con un tra+o di penna.

Ma a chi appar-ene questa "manina" che da anni cerca di eliminare l'Infermiere Pediatrico ma non ha mai il coraggio di farsi vedere e di dire chi è e chi rappresenta ? Chi è che ha così tanta paura dell'Infermiere Pediatrico ? Ma forse la domanda più importante è: PERCHE' c'è chi ha così tanto accanimento contro gli Infermieri Pediatrici ? Qual'è il mo-vo ?

Di certo non può essere per mo-vi di economia sanitaria. E' chiaro infaA che al Sistema Sanitario ed alla Nazione costa meno una formazione specialis-ca o+enuta in 3 anni di laurea di base rispe+o ad una o+enuta in 3 anni + 1 anno di Master. Un risparmio del 25% delle spese. Ed è chiaro anche che a qualsiasi ospedale pediatrico (ma anche agli ospedali generali con un reparto pediatrico) conviene molto di più assumere un professionista come l'Infermiere Pediatrico che è già specializzato nell'assistenza pediatrica ed è pronto anche per gli ambi- ultraspecialis-ci come la TIN, piu+osto di un Infermiere neolaureato che ha fa+o solo 20-30 ore di Infermieris-ca pediatrica (tante sono le ore previste nei corsi di laurea) e magari non ha fa+o neanche un -rocinio in area pediatrica (dato che in mol- corsi di laurea non è obbligatorio). InfaA, l'ospedale pediatrico che assume il neolaureato in Infermieris-ca dovrà organizzare per lui dei percorsi forma-vi aggiun-vi ed un lungo inserimento (con cos- aggiun-vi per il SSN); oppure potrà fare niente di tu+o ciò, aumentando però il rischio di inciden- ed errori ed i contenziosi con l'utenza (con cos- aggiun-vi per il SSN). No, certo non può essere per mo-vi di economia sanitaria, come è facile comprendere con il buon senso di chiunque deve ges-re le entrate e le uscite del proprio bilancio familiare.

Allora, forse la "manina" ha paura degli Infermieri Pediatrici perchè me+ono in discussione l'unità della Famiglia professionale e, dividendola, la rendono più debole? Se guardiamo alla nazione in cui l'Infermieris-ca moderna è

nata e che da sempre è il punto di riferimento per tuA gli Infermieri anche dal punto di vista scien-fico, il Regno Unito, parrebbe proprio di no: lì gli Infermieri Pediatrici esistono da ormai quasi 100 anni e non solo nessuno teme la disgregazione della Famiglia professionale ma addiri+ura dal 1997 sono sta- previs- qua+ro dis-n- profili professionali infermieris-ci: Infermiere dell'adulto, Infermiere del bambino, Infermiere di salute mentale, Infermiere della disabilità. E non si può neanche dire "però noi abbiamo un'organizzazione sanitaria diversa", perchè in Europa non esistono due sistemi sanitari più simili di quello Italiano e quello Inglese.

Allora forse la "manina" teme che l'esistenza di un corso di laurea in Infermieris-ca Pediatrica so+ragga giovani leve alla professione di Infermiere di cure generali ? Ma anche questo non può essere, considerando che vari studi (e le sta-s-che dei concorsi per l'accesso alle lauree delle professioni sanitarie) dimostrano che circa il 50% di coloro che scelgono il CdL in Infermieris-ca Pediatrica in nessun caso sceglierebbe come ripiego il CdL in Infermieris-ca. Si può anzi dire che l'esistenza di un corso di laurea in Infermieris-ca Pediatrica a+rae nella Famiglia professionale dei giovani che altrimen- non ci entrerebbero.

Altra ipotesi; forse la "manina" che cerca periodicamente di cancellare gli Infermieri Pediatrici lo fa perchè pensa che i laurea- in Infermieris-ca Pediatrica siano des-na- alla disoccupazione. Ma questo è in parte vero e in parte falso. In parte vero, perchè i da- disponibili dimostrano che gli Infermieri Pediatrici trovano lavoro con circa 8 mesi di ritardo rispe+o alla media dei laurea- in Infermieris-ca, ma comunque -secondo i da- AlmaLaurea- sono occupa- all'89-90 % a un anno dalla Laurea. E' falso perchè a determinare questa disparità è solo ed esclusivamente l'inosservanza della Legge da parte di numerose Direzioni Ospedaliere (anche di Ospedali Pediatrici, purtroppo). La Legge 1098/1940 infaA, all'ar-colo 9 stabilisce che il -tolo di Vigilatrice d'Infanzia (e quindi quello di Infermiere Pediatrico per l'equipollenza stabilita con DM 27/7/2000) cos-tuisce -tolo di preferenza per l'assegnazione a pos- di assistenza all'infanzia presso ospedali, o repar- ospedalieri infan-li e presso ogni altra is-tuzione di assistenza all'infanzia. In altre parole, ogni Ospedale deve me+ere ad assistere i bambini gli Infermieri Pediatrici e, solo se ques- non sono disponibili, può u-lizzare Infermieri di cure generali.

Ma se questa "paranoia" an--pediatrica non è determinata da mo-vi concretamente fonda- quali il contenimento dei cos-, l'unità professionale, la disoccupazione, allora, da cosa è causata ? Potrebbe essere per mo-vi ideologici. Ma, di fronte al fa+o che le grandi ideologie del passato si sono tu+e rivelate fallimentari alla prova della storia o quanto meno an-economiche ed inefficaci a raggiungere gli obieAvi che si ponevano, ha ancora senso oggi affrontare i problemi reali delle persone reali con schemi astraA ? Probabilmente no.

Allora non resta che una risposta, alla nostra domanda: la "manina" segreta ed anonima che ogni tanto riprova a cancellare di nascosto il profilo di Infermiere Pediatrico lo fa per interesse, per la convenienza di qualcuno.

Dobbiamo quindi chiederci: chi è che ha interesse a non avere gli Infermieri Pediatrici ?

Le persone che non vogliono l'Infermiere Pediatrico sono le stesse che -all'interno delle direzioni ospedaliere- hanno fa+o

Chi ha paura dell’Infermiere Pediatrico ?Chi ha paura dell’Infermiere Pediatrico ?Chi ha paura dell’Infermiere Pediatrico ?Chi ha paura dell’Infermiere Pediatrico ? Who is afraid of Pediatric Nurses ?Who is afraid of Pediatric Nurses ?Who is afraid of Pediatric Nurses ?Who is afraid of Pediatric Nurses ?

Filippo Fesni Presidente della SISIP [email protected]

Editorial

Children’s Nurses - Italian Journal of Pediatric Nursing Sciences 2012; 4 (3)

Editoriale

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F. Festini. Chi ha paura dell’Infermiere Pediatrico ? 75

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V. Ferreri. Family-Centered Care in Terapia Intensiva Neonatale: un beneficio per il neonato pretermine e i suoi genitori

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Cure neonataliCure neonataliCure neonataliCure neonatali

S. Val. Lo sviluppo della relazione primaria tra neonato prematuro e genitori in Terapia Intensi- va Neonatale

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IgieneIgieneIgieneIgiene

P.Piccini et al. La corretta gestione della pediculosi del capo 86

Esperienze professionaliEsperienze professionaliEsperienze professionaliEsperienze professionali

T.Gnudi. I bambini vittime delle mine antiuomo In Afghanistan 91

EmergenzaEmergenzaEmergenzaEmergenza----urgenzaurgenzaurgenzaurgenza

B.M. Cantoni et al. Triage pediatrico nel neonato: analisi di una realtà milanese 93

Malattie infettiveMalattie infettiveMalattie infettiveMalattie infettive

S.Audi Grivetta et al. HIV positive youth’s healthcare transition from pediatric to adult service: nursing implications

98

Sicurezza dei pazientiSicurezza dei pazientiSicurezza dei pazientiSicurezza dei pazienti

L. Maniscalco. L’errore nella preparazione e somministrazione dei farmaci: un’indagine sui fattori di rischio percepiti dagli infermieri

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fallire sistema-camente i Master clinici, nonostante la Legge 43/2006, non riconoscendo loro alcuna valenza; queste persone sono le stesse per le quali un Infermiere molto specializzato non è da considerare una risorsa ma come un problema, perchè è più difficile (secondo il loro punto di vista) da collocare nei repar- e quindi ignorano le specializzazioni; queste persone sono quelle che preferiscono avere un Infermiere poco preparato in tu+o e specializzato in nulla perchè è più facile da spostare come una pedina da un reparto all'altro "tanto l'assistenza è la stessa"; queste persone sono quelle che ignorano la Legge 1098/1940 perchè se assumi un Infermiere Pediatrico "lo posso me�ere solo in pediatria". Si tra+a dunque di persone che, solo ed esclusivamente per facilitare il PROPRIO lavoro (che consiste nel ges-re le risorse umane infermieris-che), caricano il sistema sanitario (cioè noi contribuen-) di cos- aggiun-vi per la formazione ulteriore degli infermieri e/o di cos- aggiun-vi per la ges-one del rischio clinico e per i contenziosi con l'utenza, sacrificando la qualità assistenziale e la sicurezza, sulla pelle (e talora sulla fedina penale) degli Infermieri.

La "manina", dunque, si muove non per far risparmiare il Sistema Sanitario, nè per salvaguardare l'unità della Professione, nè per evitare che ci siano giovani disoccupa-, nè tantomeno per mo-vi ideologici: lo fa solo per rendere più semplice la vita di coloro che devono ges-re le risorse umane negli ospedali. Punto.

Ora la domanda è: è giusto che un interesse privato -perchè di questo si tra+a-, anzi un interesse privato che contrasta con il superiore diri+o della Comunità a ricevere cure di qualità ed a cos- inferiori, trovi sempre in qualche Ministero una "manina" segreta che l'aiuta a sostenere i propri interessi e i propri comodi ? Secondo noi della SISIP no, non è giusto.

Ora però, c'è un problema. Il problema è che purtroppo -come ci tes-moniano i tan- Infermieri Pediatrici che ci chiamano- accade talora che quelle persone incaricate di ges-re il personale infermieris-co e che muovono la "manina" al ministero o all'assessorato regionale, siedano anche in organismi rappresenta-vi della Professione ai vari livelli e -parlando a nome di tuA i professionis- Infermieri-

presen-no nelle diverse sedi is-tuzionali il loro interesse personale spacciandolo come se fosse il punto di vista della Professione. E questo è molto bru+o: si chiama confli+o di interessi. Intendiamoci: si tra+a, per fortuna, di pochi casi, che vengono compensa- da tante figure di dire+ori infermieris-ci illumina-, consapevoli dei veri valori della Famiglia professionale e dell'importanza di avere Infermieri Pediatrici ed Infermieri specializza- nei loro Ospedali, che ne valorizzano da sempre il ruolo e che contrastano da sempre la tendenza ad appiaAre verso il basso le competenze dei Professionis- della Famiglia Infermieris-ca.

Come abbiamo de+o, la SISIP si è fermamente opposta a questo ennesimo tenta-vo dell'anonima "manina". Ma stavolta è importante registrare un fa+o nuovo: il Comitato Centrale della Federazione IPASVI, in un incontro con la SISIP tenutosi a Roma il 6 giugno scorso, ha espressamente dichiarato -se mai ce ne fosse stato bisogno- che la Federazione Ipasvi non ha alcuna intenzione di favorire la cancellazione del profilo dell'Infermiere Pediatrico e che si sarebbe impegnata a far togliere dalla bozza del Documento Stato-Regioni sulle competenze infermieris-che il riferimento alla cancellazione dell'Infermiere Pediatrico. Impegno che la Federazione ha mantenuto, facendo stralciare dal documento ciò che riguarda l'Infermiere Pediatrico. Quindi da adesso in poi tuA sappiamo che se ci saranno altri tenta-vi di affossare l'Infermiere Pediatrico non solo non potranno essere faA a nome dell'IPASVI ma l'IPASVI stessa vi si opporrà.

Da parte nostra, come SISIP, siamo e con-nuiamo ad essere fermamente convin- del valore e dell'importanza clinica, disciplinare e scien-fica di avere delle figure d'Infermiere specializzate -si traA di una specializzazione o+enuta con un corso di base o con un corso post-base- in tu+e le aree cliniche ma in par-colar modo nell'area Pediatrica e quindi difenderemo sempre la figura dell'Infermiere Pediatrico.

E' tu+avia di fondamentale importanza che alla difesa della figura professionale corrisponda anche una difesa del diri+o degli Infermieri Pediatrici a vedere applicato in tuA gli Ospedali l'art. 9 della Legge 1098/1940. E su questo la SISIP ha intenzione di ba+ersi con decisione.

Children’s Nurses - Italian Journal of Pediatric Nursing Sciences 2012; 4 (3)

Family-centred care

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Evento ECM 25443 Provider: SEEd srl n. 655

Percorso formativo E

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Vanessa Ferreri Infermiera Pediatrica [email protected]

FamilyFamilyFamilyFamily----Centered Care in Terapia Intensiva Centered Care in Terapia Intensiva Centered Care in Terapia Intensiva Centered Care in Terapia Intensiva Neonatale: un beneficio per il neonato Neonatale: un beneficio per il neonato Neonatale: un beneficio per il neonato Neonatale: un beneficio per il neonato

pretermine e i suoi genitoripretermine e i suoi genitoripretermine e i suoi genitoripretermine e i suoi genitori

Abstract Il libero accesso dei genitori in terapia intensiva neonatale è uno dei temi più a�uali a livello europeo. Tale ques%one tu�avia è stata affrontata sopra�u�o dal punto di vista dei possibili rischi infe(vi correla% alla presenza dei genitori in reparto, mentre poca a�enzione viene posta sui possibili benefici derivan% dalla presenza dei caregivers naturali accanto al neonato. Obie(vo: analizzare i benefici introdo( dal libero ingresso dei genitori all’interno delle TIN. Materiali e metodi: Lo studio è stato condo�o a�raverso un’osservazione clinica e comportamentale compara%va di due campioni omogenei di neona% pretermine in cura presso tre TIN, una spagnola e due italiane, con l’u%lizzo di una scheda osservazionale. I parametri neonatali osserva% sono rappresenta% dall’aumento del peso, dall’alimentazione, dalla stabilità motoria e dalla stabilità degli sta% comportamentali. Il campione è rappresentato da 32 neona% pretermine con età gestazionale tra la 31ª e 35ª se(mana, senza eviden% segni clinici di deficit a livello neurologico. Risulta%: I neona% osserva% a Spagna, cioè nel reparto in cui vi è la libera entrata dei genitori, hanno raggiunto un miglioramento clinico e una stabilità maggiore rispe�o ai neona% osserva% in Italia, dove i genitori sono ammessi solo nelle ore pomeridiane.

propos- da altre teorie, hanno spinto a un cambiamento nella ges-one del bambino ospedalizzato, introducendo a par-re dagli anni o+anta, la famiglia all’interno della vita ospedaliera, inizialmente con tempis-che ristre+e, successivamente ampliate vis- i benefici prodoA, e oggi obbligatoria in tuA i repar- pediatrici. Questo percorso ha seguito, però, una traie+oria differente per quanto riguarda le terapie intensive, in par-colar modo quelle neonatali, nelle quali l’ingresso dei familiari ha incontrato più difficoltà ed è tu+ora ogge+o di dibaAto nonostante alcune evidenze scien-fiche provino l’importanza della vicinanza dei genitori al neonato prematuro (2-7). Storicamente le terapie intensive neonatali (TIN) hanno operato in una condizione di totale isolamento. Erano, infaA, interamente inaccessibili ai genitori ai quali era permesso di osservare i propri figli solo a+raverso i vetri dei corridoi esterni al reparto in orari stabili-. Questa esclusione del caregiver naturale del bambino dal contesto di cura si basava su una regola sanitaria, tesa ad evitare l’insorgenza di infezioni che sarebbero risultate fatali per i neona-. Tu+avia vari autori (8-10) hanno dimostrato che l’aumento delle infezioni non è a+ribuibile all’ingresso dei genitori e hanno mostrato che ado+ando norme igieniche elementari durante le visite ai neona-, come indossare un camice ed eseguire corre+amente il lavaggio delle mani prima dell’ingresso nell’unità opera-va, non si assisteva ad un aumento del tasso di infezioni (8). Ques- da-, uni- a nuovi approcci assistenzali

Original research

Introduzione

La seconda metà del XX secolo è cara+erizzata da una maggiore consapevolezza dell’importanza degli aspeA e dei bisogni psicologici dell’essere umano. In questo contesto si è sviluppata un'importante visione dell'assistenza volta a soddisfare i bisogni del bambino ospedalizzato e che riconosce il ruolo fondamentale della famiglia nella promozione della salute e del benessere del proprio figlio. Questo nuovo approccio, denominato Pa-ent- and Family- Centered Care, consiste nell’iden-ficazione di una nuova pra-ca assistenziale che riconosce l’inscindibilità del bambino dalla sua famiglia, concentrandosi sull’importanza del coinvolgimento della famiglia e del paziente nella stesura del piano assistenziale promuovendone, nel contempo, la reciproca vicinanza. La Family-Centered Care riconosce, infaA, la famiglia come fonte primaria di forza e di supporto per il bambino e sos-ene la collaborazione tra la famiglia e il personale sanitario, essenziale al fine di creare un piano assistenziale personalizzato basato sui pun- di vista e sulle informazioni fornite sia dal bambino che dalla sua famiglia. Questa modalità di assistenza si definisce come un modello di assistenza dinamico, nel quale ogni bambino/famiglia deve essere assis-to secondo le sue necessità. L’obieAvo è dunque quello di mantenere e rinforzare i ruoli all’interno della famiglia e i legami tra di essa e il bambino ricoverato al fine di promuovere l’integrità del nucleo famigliare in una realtà percepita os-le (1) I principi della Family-Centered Care, insieme a quelli

FamilyFamilyFamilyFamily----Centered Care in NICU: beneficial effects for preterm newborns and their parents Centered Care in NICU: beneficial effects for preterm newborns and their parents Centered Care in NICU: beneficial effects for preterm newborns and their parents Centered Care in NICU: beneficial effects for preterm newborns and their parents Parents' free access to neonatal intensive care units (NICU) is has been an object of debate for long. This issue has been dealt with mainly from the point of view of possible risks of infec%on related to the presence of non-healthcare professionals in the unit, but li�le a�en%on has been given to the possible benefits for the newborns of having their mothers close to them. Goal. To analyze the benefits on preterm newborns' clinical and developmental outcomes of a NICU parents' free access policy. Materials and methods. The study was carried out using compara%ve, clinical and behavioral observa%on of two homogeneous samples of preterm infants, admi�ed to three NICUs, one in Spain and two in Italy, through an observa%onal form. The outcomes were represented by weight gain, nutri%on, motor stability and behavioral stability. The popula%on consisted in 32 preterm infants with gesta%onal ages between 31st and 35th week, with no clinical signs of neurological deficits. Results. Preterms observed in Spanish NICU, where parents have free access 24 hours a day showed a be�er clinical improvement and be�er stability than preterms observed in Italian NICUs, where parents were allowed to see their child only a few hours in the a@ernoon.

Children’s Nurses - Italian Journal of Pediatric Nursing Sciences 2012; 4 (3)

Family-centred care di loro, ma il caso spagnolo si presenta come un “reparto a porte aperte”, vale a dire accesso ai familiari senza limi- temporali, mentre quello italiano perme+e l’ingresso ai genitori in un intervallo di tempo stabilito. Lo studio è stato condo+o a+raverso un’osservazione clinica e comportamentale compara-va di due campioni omogenei di neona- pretermine in cura presso tre terapie intensive neonatali. I criteri di inclusione ed esclusione stabili- per creare un campione omogeneo che potesse rispondere ai quesi- dello studio riguardavano i neona- con età gestazionale (E.G.) maggiore a 30 seAmane e senza eviden- segni clinici di deficit neurologici. Ogni neonato pretermine incluso nello studio è stato so+oposto a una osservazione clinica e comportamentale per una durata di due seAmane. Le osservazioni sono state condo+e dalla ricercatrice dopo l’approvazione dello strumento dalla direzione sanitaria degli ospedali in ogge+o e dalle coordinatrici infermieris-che delle unità opera-ve. La prima fase di osservazione è avvenuta in Spagna, dove sono sta- ammessi tuA i neona- aven- i criteri di inclusione dello studio. La seconda fase, invece, è stata svolta in Italia, dove i criteri di inclusione presentavano una variante supplementare, ovvero sono sta- ricerca- neona- con la stessa età gestazionale dei neona- precedentemente osserva- in Spagna, al fine di confrontare i due campioni con le medesime cara+eris-che. Per ogni neonato incluso nello studio, sono sta- valuta- inizialmente: i segnali di stabilità/instabilità dello sviluppo comportamentale e l’eventuale necessità di facilitazioni alla stabilità del sogge+o secondo la teoria sinaAva dell’organizzazione comportamentale proposta da Als (2). In seguito, a distanza di 14 giorni, il neonato è stato so+oposto a una nuova rivalutazione dei segnali di stabilità/instabilità per poter determinare i miglioramen- nell’arco di un tempo stabilito. Inoltre al termine di ogni seAmana sono sta- raccol- i da- della cartella clinica rela-vi ai restan- parametri clinici del neonato, risulta- da una raccolta da- quo-diana. Nel contempo venivano osserva- gli a+eggiamen- e i comportamen- dei genitori, quando presen-. Lo strumento u-lizzato nella ricerca è una scheda osservazionale la cui stesura deriva dall’analisi di dei lavori di Als, la scheda di “Valoracion inicial de enfermeria: neonatologia” dell’ospedale universitario Virgen Del Rocio di Siviglia e la revisione dei bisogni primari del neonato pretermine (12). La scheda osservazionale è stata reda+a al fine di valutare il percorso clinico e la stabilità raggiunta dal neonato e allo stesso tempo valutare la relazione genitore-neonato. La scheda, suddivisa in qua+ro par-, raccoglie informazioni riguardan-: − i parametri al momento della nascita del neonato: sesso,

E.G., Apgar, parametri vitali, misure auxologiche; − i da- descriAvi dei genitori: età, altri figli, abor-; − i parametri clinici del neonato rileva- durante il periodo

osservazionale: l’aumento del peso, il -po di alimentazione, la le+ura dei segnali di stabilità/instabilità del neonato secondo la teoria sinaAva dell’organizzazione comportamentale proposta da Als;

− gli elemen- per poter oggeAvare la relazione genitore-neonato: chi visita più frequentemente il bambino, per quanto tempo, la loro aAtudine nei confron- dell’ospedalizzazione, se viene pra-cata la Kangaroo Mother Care e infine se vi è un’aAva collaborazione con il personale infermieris-co.

quali la Family-Centered Care, diedero il giusto impulso per sostenere uno dei cambiamen- più difficili da acce+are dal personale sanitario, ovvero l’apertura delle TIN ai genitori dei pazien-, da alcune ore al giorno fino a una permanenza illimitata in molte realtà ospedaliere. Un ar-colo del 2010 (6) me+e a confronto il nuovo modello di Family Care, che prevede la presenza dei genitori dal ricovero alla dimissione, con il modello di Standard Care, nel quale vi sono orari ristreA di visita, all’interno di due terapie intensive neonatali. Lo studio analizza il nuovo approccio di coinvolgimento dei genitori all’interno delle TIN, andando a valutare i suoi effeA sulla durata del ricovero e sulle morbilità dei neona- pretermine. I risulta- mostrano che il tempo di ospedalizzazione si riduce di cinque giorni nel campione con i genitori sempre al fianco del neonato rispe+o al campione in cui ques- sono presen- ad orari, inoltre descrive come i genitori inclusi nel modello di assistenza Family Care diven-no rapidamente i principali caregivers del neonato e contribuiscano alla realizzazione di un’assistenza individualizzata efficiente. Italia e Spagna, nazioni prese in analisi nel seguente studio, ebbero e hanno tu+’oggi un diverso ada+amento ai cambiamen- che stanno rivoluzionando l’assistenza del bambino ospedalizzato in tu+a Europa. Negli anni o+anta, quando nel resto del con-nente l’accessibilità dei genitori nei repar- ospedalieri includeva anche quella alle TIN, sebbene con tempis-che molto ristre+e, Italia e Spagna rimanevano ancorate alla poli-ca dell’isolamento per quanto concerne le terapie intensive. Uno studio condo+o nel 1999 (4), dimostra infaA che Italia e Spagna presentavano a livello europeo le percentuali più basse di TIN a porte aperte, rispeAvamente il 18% e il 10%, al contrario di paesi quali Gran Bretagna, Lussemburgo e Svizzera in cui il 100% di TIN favoriva l’ingresso di visita illimitato per i genitori, mentre Francia, Germania e Olanda, erano colloca- tra ques- due estremi. Il già citato studio del 2010 riconferma tali da- senza cambiamen- rilevan-. Le basse percentuali di TIN con accesso illimitato presen- in Italia e Spagna indicano un estremo a+accamento a un approccio puramente conserva-vo. La paura del cambiamento, la riorganizzazione degli spazi, delle stru+ure, ma anche gli a+eggiamen- e le convinzioni del personale ospedaliero, frenano notevolmente l’aumento delle TIN a porte aperte, nonostante le evidenze scien-fiche provino che questa trasformazione, se acce+ata e condivisa da tuA i soggeA coinvol-, può solo giovare al neonato, alla sua famiglia e persino al personale di assistenza (1,9,11). Obie�vi

Al fine di analizzare i benefici introdoA grazie al maggiore accesso dei genitori all’interno delle terapie intensive neonatali, è stato condo+o uno studio il cui obieAvo è quello di valutare il ruolo dei genitori nel percorso clinico del neonato pretermine durante l’ospedalizzazione ed evidenziarne i benefici prodoA sul neonato. Materiali e metodi

Lo studio è stato realizzato a+raverso un paragone di due realtà simili ma con una peculiare differenza: l’ingresso dei genitori in reparto. Sono sta- messi a confronto due contes- geograficamente differen-, il primo situato nel nord della Spagna, nell’Hospital Universitario Marqués de Valdecilla (HUMDV) di Santander, e il secondo sito in Italia, all’interno dell’Is-tuto Giannina Gaslini e dell’Azienda Ospedaliera Universitaria San Mar-no di Genova tra i mesi di Maggio e O+obre dell’anno 2011. I repar- sono terapie intensive neonatali di terzo e secondo livello che presentano una stru+ura organizza-va e lavora-va quasi sovrapponibile tra

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Più precisamente per ogni item riguardante i parametri clinici del neonato, sono state stabilite dalle due alle qua+ro possibili valutazioni. InfaA per il parametro aumento del peso, ad esempio, sono state stabilite qua+ro diverse misurazioni, vale a dire un aumento del peso seAmanale maggiore di 160 grammi, pari a 140 grammi, uguale a 120 grammi o minore di 80 grammi, tenendo conto che fisiologicamente per ques- pazien- il peso dovrebbe aumentare di 20 grammi al giorno. Per quanto riguarda l’alimentazione, nella scheda si indicava sia il -po che la modalità; pertanto le variabili correlate al -po erano rappresentate da alimentazione esclusiva con la+e materno, esclusiva con la+e ar-ficiale o alimentazione mista, vale a dire la+e materno e ar-ficiale. Per quanto concerne la modalità di alimentazione si valutava l’alimentazione al seno, con biberon o con sondino oro/naso gastrico, in modo esclusivo o parziale. Inoltre uno degli aspeA più importan- dello studio corrente è rappresentato dalla valutazione dei segnali di stabilità/instabilità valuta- secondo la teoria sinaAva di Als, la quale iden-fica cinque so+osistemi: neurovegeta-vo, motorio, degli sta- comportamentali, dell’a+enzione-relazione e dell’auto-regolazione (2). Senza l’uso di strumentazioni tecnologiche è possibile valutare, in modo affidabile, il funzionamento di ques- sistemi tramite l’osservazione comportamentale e la le+ura dei segnali di stabilità/instabilità. A tal proposito, sono sta- inseri- nello strumento tali segnali con lo scopo di valutare il grado di stabilità di ogni neonato pretermine. Ai fini dello studio corrente, però, saranno presi in ogge+o solo due so+osistemi, quello motorio e degli sta- comportamentali, poiché il sistema neurovegeta-vo era stabile per l’intero campione, mentre quelli dell’a+enzione-relazione e autoregolazione risultavano ancora instabili date le età gestazionali dei soggeA.

Grafico 1: distribuzione degli aumen di peso

dei neona italiani e spagnoli al termine della 1°

se�mana

Grafico 2: distribuzione degli aumen di peso

dei neona italiani e spagnoli al termine della 2°

se�mana

esclusivamente per sondino oro/naso gastrico nel 56,4%. Diversamente, in Spagna si nota che il 6,3% si alimenta al seno e biberon, il 31,3% esclusiva-mente con biberon, il 50% con biberon e sondino oro/naso gastrico e il 12,6% solo tramite sondino oro/naso gastrico. Al termine della seconda seAmana l’alimentazione esclu-siva con la+e materno aumenta in entrambi i casi, con il 18,8% per i neona- italiani e il 25% per quelli spagnoli, riducendo dunque le percentuali di alimentazione con formula ar-ficiale con un 12,5% per gli italiani e un 18,8% per i neona- spagnoli. Facendo riferimento alla modalità di nutrizione, vi è un incremento dell’alimenta-zione al seno, sebbene solo in modo parziale, con una percentuale tra gli italiani del 18,8% e tra gli spagnoli del 37,5%. Inoltre al termine delle osservazioni risulta che il 60% dei neona- italiani e circa l’80% di quelli spagnoli si alimentava, esclusivamente o parzialmente,

Risulta

Sono sta- recluta- per lo studio 32 neona- pretermine, di cui 16 osserva- in Spagna e 16 in Italia, 17 femmine e 15 maschi con età gestazionale tra la 31ª e 35ª seAmana e senza eviden- segni clinici di deficit a livello neurologico. Dall’analisi dei da- raccol-, risultano qua+ro i parametri più rilevan-: L’aumento del peso, L’alimentazione, La stabilità motoria La stabilità degli sta- comportamentali L’aumento del peso: nel gruppo di neona- italiani, nella prima seAmana il peso aumentava più di 160 grammi nel 25% dei neona-, percentuale che raggiungeva il 62,5% nella seconda seAmana. Il campione spagnolo inizialmente presentava una percentuale molto bassa di neona- che acquisiscono più di 160 grammi a seAmana (pari al 18,8%), mentre al termine del periodo l’osservazione questa percentuale ha raggiunto un valore notevolmente alto, pari all’87,5%. I grafici 1 e 2 mostrano la distribuzione degli aumen- di peso dei neona- italiani e spagnoli al termine, rispeAvamente, della 1° e della 2° seAmana. Alimentazione: per quel che concerne il -po di alimentazione, nella prima seAmana osservazionale, tra gli italiani il 6,3% di neona- si alimenta esclusivamente con la+e materno, il 25% con la+e ar-ficiale e il 68,8% che necessita di un’alimentazione mista. Nel campione spagnolo, invece, il 18,8% dei neona- ha alimentazione esclusiva con la+e materno, il 50% con formula ar-ficiale e il restante 31,3% con un’alimentazione mista. Con riguardo alla modalità, si osserva che nel campione italiano l’alimentazione al seno è presente nel 18,8%, quella con biberon e sondino oro/naso gastrico nel 25% e quella

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Family-centred care Grafico 3: distribuzione dei pi e delle modalità di alimentazione dei neona italiani e spagnoli al termine della 1° se�mana.

per via orale. I grafici 3 e 4 mostrano la distribuzione dei -pi e delle modalità di alimentazione dei neona- italiani e spagnoli al termine, rispeAvamente, della 1° e della 2° seAmana. La stabilità motoria nella prima seAmana si evidenzia nel 75% dei neona- italiani e nel 68,8% di quelli spagnoli. Nella seconda seAmana entrambi i campioni hanno raggiunto la stabilità motoria al 100%. Per la stabilità degli sta- comportamentali, l’analisi alla prima seAmana ha registrato che i neona- italiani presentavano una stabilità al 37,5%, rispe+o al campione spagnolo che vedeva stabili solo il 25% dei neona-. Al termine della seconda seAmana si nota che i soggeA italiani raggiungevano una stabilità all’87,5 %, mentre i casi spagnoli risultavano stabili al 93,8%. Per quanto riguarda, invece, le osservazioni a cui sono sta- so+opos- i genitori, i da- raccol- mostrano che inizialmente, in entrambi i campioni, gran parte dei genitori sia impaurita o bloccata nei confron- del neonato e che non collabori nella sua assistenza. Nel campione spagnolo solo il 50% dei genitori collaborava entro la prima seAmana, mentre al termine delle osservazioni quasi l’intero campione dei genitori (93,8%) diventava collabora-vo e abba+eva quelle barriere emo-ve che li ostacolavano dal divenire i veri promotori dello sviluppo del proprio figlio, diversamente dal campione italiano che risultava collabora-vo già al 75% nella prima seAmana ma che al termine raggiunge solo l’81,3%. Discussione

I da- raccol- in questo studio evidenziano che i soggeA del campione spagnolo raggiungono risulta- più soddisfacen- rispe+o al campione italiano nello stesso intervallo temporale. Dai risulta- o+enu- si può constatare che, per la variabile riguardante l’aumento del peso, i neona- osserva- in Spagna hanno una crescita seAmanale maggiore rispe+o al campione italiano al termine delle osservazioni, nonostante che nella prima seAmana si evidenziasse una maggiore crescita in Italia piu+osto che in Spagna. I neona- spagnoli hanno dunque avuto un aumento del peso maggiore rispe+o al campione. Per quanto concerne l’alimentazione, nella prima seAmana si riscontra che in Italia vi è una bassa percentuale di neona- che si alimentano esclusivamente con la+e materno, mentre in Spagna tale percentuale è tre volte maggiore. Facendo riferimento alla modalità, nello stesso arco temporale, si

al seno, sebbene solo in parte, con una percentuale spagnola doppia (37,5%), rispe+o a quella italiana (18,8%) e una riduzione dei soggeA che necessitano esclusivamente dell’alimentazione per sondino oro/naso gastrico, con un rapporto, in questo caso inverso, Spagna – Italia di 1:2. Infine sono state valutate le stabilità motoria e degli sta- comportamentali: nel campione spagnolo entrambe risultano avere percentuali più basse, nella prima seAmana, rispe+o a quello italiano. Tu+avia nella seconda seAmana, per quanto concerne la stabilità motoria, questa viene raggiunta da tuA i soggeA dello studio nella seconda seAmana; mentre a proposito della stabilità degli sta- comportamentali, i neona- spagnoli raggiungono una percentuale maggiore di stabilità nella seconda seAmana rispe+o ai neona- italiani. Si può quindi notare che in entrambi i casi il campione spagnolo raggiunga una stabilità maggiore e più rapida nei confron- dei soggeA osserva- in Italia e in relazione ai da- raccol- nella prima osservazione. I nostri da- sembrano suggerire che la maggiore vicinanza dei caregivers al neonato pretermine abbia un doppio beneficio, sia per il paziente che per i suoi genitori, i quali contribuiscono a promuovere lo sviluppo neuro-comportamentale del neonato, che raggiunge una stabilità e un miglioramento clinico più rapidamente grazie all’assistenza basata su cure individualizzate che possono essere applicate solo a+raverso una stre+a collaborazione genitori – infermieri. Conclusioni

I da- o+enu- da questa ricerca concordano con quelli espressi nella le+eratura scien-fica nel sostenere l’efficacia della presenza dei genitori all’interno delle terapie intensive neonatali, tu+avia ancora oggi questo conce+o si trova al suo esordio, sopra+u+o negli sta- inclusi nella ricerca, Italia e Spagna. I risulta- raggiun- mostrano come i neona- osserva- a Santander, vale a dire nel reparto in cui vi è la libera entrata dei genitori, raggiungano un miglioramento clinico e una stabilità maggiore rispe+o ai neona- osserva- a Genova, dove i genitori sono ammessi solo nelle ore pomeridiane. L’esempio più tangibile è dato dall’aumento del peso dei piccoli pazien-: risulta molto evidente infaA il notevole incremento nei neona- spagnoli che nella seconda seAmana avevano una crescita maggiore rispe+o alla prima osservazione. I da- o+enu- da questo studio, nonostante il rido+o campionamento e il breve tempo di osservazione,

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evidenzia che, anche in questo caso, il campione spagnolo ha una percen-tuale maggiore di neona- con alimentazione per via orale rispe+o a quello italiano (rispeAvamente l’87,5% e il 44%). Nella seconda seAmana vi è un alto incremento dell’alimen-tazione con la+e materno, esclusivo o parziale, in entrambe le nazioni, con un 87% in Italia e un 81% in Spagna. Si può ipo-zzare che la maggiore vicinanza della madre, unita alle capacità acquisite dal neonato, por- ad un incremento del numero dei soggeA che si alimentano

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Il materiale dida�ico e il questionario di apprendimento sono accessibili tramite il sito www.edizioniseed.it nell’area Formazione, previa registrazione anagrafica. La registrazione è necessaria per l’o�enimento dei crediti ECM. Si ricorda che il questionario di valutazione dell’apprendimento è obbligatorio. Il questionario è costituito da un test con risposte a scelta multipla (di cui una sola corre�a) con randomizzazione sistematica dell’ordine di presentazione delle domande e delle risposte. Il superamento del test è vincolante per l’acquisizione dei crediti formativi ECM: è richiesto almeno il 75% di risposte corre�e. La valutazione della qualità percepita avviene tramite questionario di gradimento da compilarsi obbligatoriamente alla fine del corso e misura qualità, efficacia e utilità dell’a�ività formativa conclusa. I dati del questionario di gradimento rimarranno comunque anonimi. Il rilascio dell’a�estato relativo ai crediti ECM o�enuti sarà effe�uato dopo le dovute verifiche del Provider in relazione alla soddisfazione dei requisiti di partecipazione, valutazione della formazione, compilazione della scheda della qualità percepita e rilevazione della ricaduta della formazione. Per qualsiasi informazione, difficoltà riscontrata o problemi tecnici, è possibile conta�are il Provider dell’Evento ECM SEEd srl: via e-mail: [email protected] indicando nell’ogge�o il titolo del corso via telefono: 011.566.02.58 via fax: 011.518.68.92

Grafico 4: distribuzione dei pi e delle modalità di alimentazione dei neona italiani e spagnoli al termine della 2° se�mana.

sono coeren- con i da- delle ricerche analizzate durante la revisione della le+eratura. Tu+avia è necessario evidenziare che nella ricerca non è stato preso in considerazione il punto di vista degli infermieri per quanto riguarda la presenza costante dei genitori sul loro posto di lavoro. InfaA, se da un lato i genitori possono essere vis- come una risorsa nell’assistenza del neonato ricoverato, dall’altro lato ques- modificano l’ambiente del reparto, interferiscono nelle dinamiche lavora-ve e possono creare insicurezza negli operatori in quanto sempre so+o osservazione. Questo studio, pertanto, può essere considerato come un punto di partenza per uno studio più approfondito e completo, che indaghi, oltre allo stato di salute dei neona- pretermine e l’a+eggiamento dei genitori, anche la percezione dell’équipe che opera all’interno delle TIN, al fine di valutare a 360 gradi i reali benefici introdoA dall’ingresso dei genitori nelle terapie intensive neonatali. È d’obbligo aggiungere che al fine di estendere questa nuova filosofia è fondamentale sviluppare un pensiero volto al cambiamento, a par-re dai professionis- sanitari, in quanto

Bibliografia 1) Neff JM., Family-Centered Care and the Pediatrician’s Role, Pediatrics, 2003, 201; 129; 394-397 2) Als H., La teoria sina(va dell’organizzazione comportamentale neonatale:un modello per la valutazione dello sviluppo neuro comportamentale nel nato pretermine e per l’assistenza al bambino e ai genitori in terapia intensiva; The high Risk Neonate: Developmental Therapy Perspec%ves, Haeorth Press, 1986: 3-55 3) Colombo G., Siliprandi N., La <<care>> dei genitori in terapia intensiva neonatale, Neonatologia, 1998; 3: 173-177 4) Cu(ni M., Rebagliato M., Bortoli P., Hansen G., De Leeuw R., Lenoir S., et all., Parental visi%ng, communica%on, and par%cipa%on in ethical decisions: a comparison of neonatal unit policies in Europe, Arch Dis Child Fetal Neonatal Ed 1999;81:F84–F91 5) List L., L’assistenza infermieris%ca al neonato prematuro all’ingresso, Professione Infermiere, Bologna, Federazione Nazionale Collegi IPASVI,2007: 36-42 6) Örtenstrand A., Westrup B., Broström E. B., Sarman I., Åkerström S., Brune T., et all., The Stockholm Neonatal Family Centered Care Stay: Effects on Length of Study and Infant Morbidity, PEDIATRICS, Vol. 125, N. 2 , 2010: 278 -285 7) Smith K.M., Butler S., Als H., Il Newborn Individualized Developmental Care and Assessment Program (NIDCAP): un programma di cura e valutazione personalizzata dello sviluppo del neonate in terapia intensiva, ITAL J PEDRIATR 2007: 33; 79-91 8) Dell’Antonio A., Palude�o R., Il bambino pretermine. Cara�eris%che, evoluzione, superamento di una crisi di sviluppo, Roma, Armando Editore, 1987 :109-119 9) Gallegos MarVnez J., Mon% Fonseca L. M., Silvan Scochi C. G., The par%cipa%on of parents in the care of premature children in a neonatal unit: meanings a�ributed by health team, La%no-am Enfermagem, n.15, 2007: 239-246 10) Giannini A., Open intensive care units: the case in favour ,Milano, Minerva Anestesiol 2007;73:299-306 11) Sannino P., De Bon G., Arenga I., Mosca M., NIDCAP tra utopia e realtà:esperienze a confronto, L’infermiere, Roma, Federazione Nazionale Collegi IPASVI, 2010: 41-45 12) Ortelli S., Metodologia infermieris%ca applicata, Masson, Milano, 1997

protagonis- di tale pensiero.

Ringraziamen�

Si ringraziano la Do�oressa Laura Fornoni e la Do�oressa Daniela Spina per i loro consigli, aiu% e incoraggiamen% durante la stesura di quest’ar%colo nonché per la loro disponibilità e costanza, senza le quali non sarebbe stata possibile la realizzazione dello studio. Si ringraziano inoltre tu�e le persone che hanno collaborato durante le fasi della ricerca.

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Cure neonatali

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Introduzione

Il ricovero di un figlio minaccia fortemente l'equilibrio della famiglia, in quanto non sempre essa ha a disposizione risorse sufficien- per affrontare questa difficoltà. Entrambi i genitori risultano in stato di shock e di sfiducia, e possono nutrire sen-men- nega-vi e pessimis-ci, tanto da esitare a vedere il proprio bambino, quasi preparandosi alla sicura perdita. Se i loro sen-men- non vengono riconosciu-, accol- ed ascolta- da parte del personale, si possono generare distorsioni nel rapporto con il bambino di cui si potranno osservare segni persisten- anche a distanza di tempo. È necessario perciò che gli infermieri in terapia intensiva neonatale (TIN) includano i familiari nel piano di cura del loro bambino condividendo informazioni complete, oneste e imparziali, sapendo stabilire con loro un conta+o umano e rispe+oso. Quando il ricovero si protrae i genitori a+raversano fasi di shock, rifiuto, panico, protesta, regressione, opposizione, tristezza e riada+amento. Bisogna pertanto riconoscere queste fasi, così da facilitare il processo di comunicazione, e promuovere un rapporto di solidarietà, s-ma e interazione, rendendo i genitori il più possibile partecipi alle cure del loro piccolo e rafforzando l’a+accamento con quest’ul-mo. I genitori devono essere aiuta- a convincersi che con un po' di pra-ca arriveranno a conoscere il proprio bambino meglio di chiunque altro e faranno il meglio per lui, più di chiunque altro. Sebbene il bimbo sia il punto focale del tra+amento, è importante arrivare ad una comunicazione oAmale ed avere un buon rapporto con la famiglia. La realtà è che tu+a la famiglia è il vero paziente. (1-3) Anche il neonato si trova ad affrontare una situazione di forte stress e vari autori hanno effe+uato studi sul suo stato psicologico.

Sara Val Infermiera [email protected]

Lo sviluppo della relazione primaria tra Lo sviluppo della relazione primaria tra Lo sviluppo della relazione primaria tra Lo sviluppo della relazione primaria tra neonato prematuro e genitori in Terapia neonato prematuro e genitori in Terapia neonato prematuro e genitori in Terapia neonato prematuro e genitori in Terapia

Intensiva NeonataleIntensiva NeonataleIntensiva NeonataleIntensiva Neonatale Abstract Il ricovero in terapia intensiva neonatale (TIN) di un bambino è un evento che andrà ad influenzare il reciproco rapporto futuro tra genitori e figlio. A causa dei ritmi intensi delle a(vità delle TIN e della gravità delle condizioni dei piccoli pazien% i genitori possono non avere sufficien% opportunità per instaurare e sviluppare la reazione primaria con il loro figlio nelle prime se(mane della sua vita. Obie(vo dello studio è stato quello di conoscere le percezioni dei genitori di prematuri ricovera% in TIN al fine di proporre migliorie e suggerimen% da apportare all’organizzazione di questo %po di repar% così da favorire la relazione primaria genitore-neonato. Materiali e metodi. E' stato somministrato ai genitori un ques%onario ad hoc cos%tuito da 13 domande. I da% raccol% sono sta% stra%fica% e analizza% in base ad alcune cara�eris%che dei genitori stessi. Risulta%. Dai ques%onari emerge principalmente la volontà dei genitori di trascorrere il maggior tempo possibile con il loro figlio e la necessità di una maggiore assistenza psicologica; si nota altresì il bisogno di avere un maggiore affiancamento da parte del personale ospedaliero, a causa della scarsa conoscenza delle procedure assistenziali per la ges%one del neonato.

Original research

Tra ques- Bowlby ha evidenziato che i bambini che facevano esperienza di separazione o di privazione dalla figura materna provavano intense emozioni di dolore, rabbia, disperazione e ri-ro in se stessi. Aveva dimostrato l'esistenza di effeA a lungo termine di queste separazioni che potevano portare in età adulta alla depressione, a nevrosi, a malaAa mentale. Secondo Bowlby l’a+accamento tra madre-bambino è un sistema mo-vazionale primario che opera con altri sistemi mo-vazionali primari; egli afferma infaA: ”la fame del bambino piccolo per l'amore e la presenza della madre è grande quanto la fame per il cibo”. Bowlby si sofferma sugli effeA che la separazione precoce provoca, consigliando alle madri di visitare i propri bambini ospedalizza- il più possibile. (4-6). Secondo Ainsworth i bambini che ricevono delle cure adeguate, per sensibilità e per disponibilità emo-va, sviluppano un modello degli altri come affidabili e disponibili e un modello di se stessi come degni delle cure che vengono loro rivolte. Al contrario bambini a cui non vengono date cure adeguate, sviluppano sen-men- di rabbia e di angoscia nei confron- degli altri e di insicurezza nei confron- di se stessi. (7) Il bambino ospedalizzato vive una situazione di profondo stress che ha delle ripercussioni nega-ve sui sistemi omeosta-ci deputa- al controllo dell'aAvità respiratoria e cardiaca: da qui fenomeni vegeta-vi, segno di disequilibrio ed esaurimento delle risorse quali le apnee, le desaturazioni, le bradicardie, le crisi di pallore, i tremori, i sussul-, le mioclonie. Accanto ai segni fisici si osservano spesso i segni comportamentali dello stress: torpore, ipotonia, apa-a, rifiuto, iporeaAvità agli s-moli. (8,9) Il legame di a+accamento e di amore che viene a crearsi nei primi giorni di vita tra madre-bambino viene tra+ato dalla “teoria del bonding” che è la premessa per una relazione genitori-bambino oAmale. Questo legame diventa sempre

The development of primary relationship between premature newborns and their parents in NICUThe development of primary relationship between premature newborns and their parents in NICUThe development of primary relationship between premature newborns and their parents in NICUThe development of primary relationship between premature newborns and their parents in NICU The admission of newborns to a NICU may have nega%ve consequences on the building of a rela%onship with their parents. Due to the intense ac%vi%es carried out by the NICU staff and to newborns' clinical condi%ons, mothers may not have the opportunity to develop a primary rela%onship with their children during the first weeks of life, Goal. To understand he percep%ons and feelings of NICU-admi�ed prematures' parents, in order to find areas of possible improvement in the organiza%on of NICUs to promote the development of a newborn-mother primary rela%onship Materials and methods. A 13-ques%on ad hoc was administered to parents of premature children admi�ed to an Italian NICU. Results. Parents are willing to stay with their children as long as possible. They reported a need for psychological support. Also they expressed the need to be supervised and trained by nurses in order to become autonomous in taking care of the child.

Evento ECM 25443 Provider: SEEd srl n. 655

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più forte laddove i genitori passino più tempo col neonato già nei primi istan- di vita. La separazione può recare un danno immediato e talora permanente sulla relazione genitori-neonato, tanto che si riscontrano, altresì, livelli al- di cor-solo e di alfa amilasi, in rapporto alla separazione madre-bambino. In genere la concentrazione di queste sostanze si innalza in situazioni di stress. (10) Il nato pretermine ha bisogno di un'assistenza “coccolata”, a+enta ai bisogni elementari. A questo bisogno risponde il metodo Nidcap (Neonatal Individualized Developmental Care Assessment Programme), ideato da Als nel 1986. Il metodo Nidcap perme+e di valutare i compi- facilmente ges--, quelli che stressano il bambino e che non sono ancora adegua-, nonché le modalità di accudimento fornite al bambino; in tal modo si promuove lo stato di salute del neonato, si facilita l'organizzazione e l'integrazione dei comportamen- di questo nel tempo, si favorisce lo sviluppo del sistema nervoso centrale e la relazione neonato-genitore, inoltre si aiutano i genitori a comprendere i comportamen- del piccolo, facilitando così l'apprendimento. Il metodo Nidcap è uno strumento per realizzare un programma di cura individualizzata al neonato prematuro e ai suoi genitori; include l'uso in TIN di luci a+enuate, l'abbaAmento dei rumori e degli allarmi, l'impiego di materiali fonoassorben- all'interno delle incubatrici. L'equipe infermieris-ca in TIN ha il ruolo di garan-re al neonato il massimo comfort e la normale progressione dello sviluppo neuroevolu-vo, a+raverso le strategie della care neonatale. (11-13) Agevolare la relazione ed il conta+o tra genitori e neonato favorisce quindi le condizioni psicofisiche, affeAvo-relazionali e la stabilizzazione dei parametri vitali del neonato ma anche allevia la sofferenza psicologica dei genitori. Obie�vo

Scopo della ricerca è descrivere le percezioni dei genitori di neona- prematuri ricovera- in una TIN rela-ve all'organizzazione dell'unità opera-va di neonatologia e comprendere come quest'ul-ma influenzi lo sviluppo della relazione “primaria”, intesa come prima relazione che va ad instaurarsi con il loro bambino. I da- raccol- saranno u-li al fine di proporre migliorie e suggerimen- da apportare all’organizzazione di questo -po di repar- così da favorire la relazione primaria genitore-neonato Materiali e metodi

Lo studio, trasversale descriAvo, mira a conoscere le percezioni dei genitori riguardo alcuni aspeA della costruzione del rapporto di accudimento con il loro bambino e la permanenza del loro bambino in TIN. Esso è stato condo+o somministrando a genitori di neona- prematuri ricovera- in TIN un ques-onario ad hoc composto da 13 domande di cui 12 a risposta chiusa, con le quali si raccolgono informazioni sul campione e sui loro pun- di vista, ed una a risposta aperta nella quale vengono chieste opinioni su come o+enere miglioramen- nell'organizzazione della TIN in modo da favorire il legame dei genitori con il loro bambino. Il test è stato somministrato in forma anonima ad entrambi i genitori di tuA i bambini ricovera- in un’unità opera-va TIN in un periodo di tempo di due mesi senza escludere nessun genitore. I da- raccol- sono sta- successivamente analizza- stra-ficando i genitori in base al sesso dell'intervistato e al tempo di degenza al momento della somministrazione. I risulta- rela-vi a ciascuna domanda sono presenta- in base a tale stra-ficazione ed illustra- singolarmente. Risulta

Hanno partecipato allo studio 70 genitori, 35 mamme e 35 papà. Di essi, il 50% aveva il figlio degente da più di un mese, il 28% da un tempo compreso tra una seAmana e un mese, il 24% da meno di una seAmana. Per quanto riguarda la frequenza giornaliera di visite al figlio,

Genitori Tempo di degenza

mamme papà meno di 1

se�mana

da 1 mese a

1 se�mana

più di 1

mese

Meno di un'ora

3% 5% 1% 3% 4%

Più di un'ora 11% 14% 8% 7% 10%

Quanto tempo vogliono

37% 30% 13% 20% 34%

Tabella 2 Distribuzione della durata delle visite secondo il sesso del genitore e la lunghezza della degenza

Genitori Tempo di degenza

mamme papà

meno di 1

se�mana

da 1 mese a

1 se�mana

più di 1

mese

Si 42% 30% 16% 22% 34%

No 8% 20% 7% 7% 14%

Tabella 3 Distribuzione dei genitori che vorrebbero trascorrere tu.o il giorno col figlio secondo il sesso del genitore e la lunghezza della degenza

il 56% del campione, sceglie di visitare i propri figli ogniqualvolta lo desidera, il 29% lo visitano solo una volta al giorno ed il 15% lo visitano più di una volta al giorno. La tabella 1 mostra la stra-ficazione delle risposte secondo il sesso del genitore e la lunghezza della degenza. Per quanto riguarda la durata delle visite al bambino, La grande maggioranza dei genitori (poco meno del 70%) dedica al proprio neonato un tempo non fisso, ma solitamente legato alla propria disponibilità. In tal modo si massimizza il tempo trascorso insieme. Più nel de+aglio le mamme appartenen- a tale categoria sono circa il 10% in più dei rispeAvi papà (7% sul totale). I genitori tendono a dedicare quanto più tempo possibile (che equivale a più ore al giorno suddivise in base alle possibilità) ai propri figli con l'aumentare del tempo di ricovero di ques- ul-mi. La tabella 2 mostra la distribuzione della durata delle visite secondo il sesso del genitore e la lunghezza della degenza. I genitori che vorrebbero trascorrere l'intera giornata con il proprio figlio sono circa il 72%. Tale rapporto è mantenuto per ciascuno degli intervalli temporali rela-vi al ricovero dei neona- (rispeAvamente il 69.5%, 76% e 71%). La tabella 3

mostra la distribuzione dei genitori che vorrebbero trascorrere l'intera giornata col bambino, secondo il sesso del genitore e la lunghezza della degenza. L'82% dei genitori si sente capace di ges-re il proprio bambino autonomamente. La percentuale dei genitori che si sente capace aumenta al crescere del tempo di ricovero del proprio figlio passando dal 41% per i neona- ricovera- da meno di una seAmana, all'84% per quelli ricovera- da più di un mese. La tabella 4 mostra la distribuzione delle risposte riguardan- la percezione di adeguatezza, secondo il sesso del genitore e la lunghezza della degenza. La tabella 5 descrive la distribuzione delle mo-vazioni dei genitori che hanno risposto "non mi sento pronto" alla domanda precedente (18% dei genitori). La maggior parte dei genitori intervista- (76%) ha ricondo+o le proprie insicurezze nella ges-one del bambino alla paura di fargli del male, il 16% invece alla scarse informazioni sulla ges-one ed l’8% a problemi psicologici. Nonostante la gran parte dei genitori intervista- si senta pronta a ges-re il proprio bambino, il 62%

Genitori Tempo di degenza

mamme papà meno di 1

se�mana

da 1 mese a

1 se�mana

più di 1

mese

Una volta al giorno

12% 17% 9% 3% 17%

Più di una volta al giorno

10% 5% 5% 7% 3%

Quando lo desiderano

28% 28% 8% 20% 28%

Tabella 1 Distribuzione della frequenza giornaliera di visite secondo il sesso del genitore e la lunghezza della degenza

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Children’s Nurses - Italian Journal of Pediatric Nursing Sciences 2012; 4 (3)

del campione asserisce di non conoscere le procedure assistenziali per la ges-one del bambino in fase neonatale in quanto non sono loro state spiegate da parte del personale infermieris-co. La tabella 6 mostra la distribuzione delle risposte alla domanda "Vi sono state spiegate le procedure assistenziali per la ges-one del bambino nella fase neonatale dagli infermieri". Nella tabella 7 sono invece riportate le risposte delle sole mamme Il 74% delle mamme affermano di essere state istruite su come effe+uare un alla+amento efficace. Con l'allungarsi della degenza del bambino, la percentuale tende ad aumentare. La maggioranza dei genitori che ha u-lizzato un supporto psicologico è rappresentata dai papà (55% dei genitori che ne hanno fruito, pari al 16% di tuA i genitori). La tabella 8

descrive la distribuzione delle risposte alla domanda riguardante il supporto psicologico ricevuto. La tabella 9 descrive la distribuzione delle risposte dei genitori che non ha usufruito del supporto psicologico alla domanda se ne sen-ssero il bisogno. Il 52% dei genitori che non hanno usufruito del supporto psicologico ritengono di non averne bisogno. Tra le ragioni espresse da coloro che hanno scelto "altro" vi sono: la necessità di rimuovere l'insicurezza e le paure, la scarsa pazienza e il limite di sopportazione superato, la convinzione che un supporto psicologico faccia bene alla coppia ed alla sua integrità. Una cospicua parte dei genitori ri-ene che il supporto psicologico sarebbe per loro necessario anche a distanza di molto tempo dal parto. Per quanto riguarda la possibilità per i genitori di dormire accanto al proprio figlio durante la degenza in TIN, il 62% delle mamme ed il 60% dei papà intervista- sono favorevoli mentre il 38% del campione resta indifferente a tale idea. Tra i genitori il cui figlio è ricoverato da meno di una seAmana, il 70% è propenso al servizio il 30% è contrario. Tra coloro i cui figli sono in reparto da più di un mese i favorevoli sono solo il 55%. Infine, riguardo alla domanda se l'assistenza degli operatori rispondesse ai bisogni del neonato ed ai loto, il 76% ha risposto in modo afferma-vo. Tale percentuale è uguale tra le mamme ed i papà ma passa dal 95.4% dei genitori con bambino ricoverato da meno di una seAmana al 75.5% dei genitori con bambini ricovera- da più di un mese. Numerosi sono i consigli espressi dai genitori nella domanda aperta del ques-onario. Essi sono sinte-zza- nella figura 10. Discussione

Dall’analisi dei risulta- si nota come, per la maggior parte delle risposte, si abbia una maggioranza dei genitori con pareri concordi; ciò accade, nonostante il campione analizzato sia abbastanza rido+o. Con l’ampliamento del campione e con l’aumento delle domande proposte si potrebbero o+enere suggerimen- ancor più specifici. Acclarata l’efficacia della metodologia di indagine u-lizzata, lo studio potrebbe essere “base” per analisi future in cui ciascuna delle domande riportate in tale indagine diven- argomento principale di una nuova tra+azione. Dai nostri da- si rileva un marcato desiderio da parte dei genitori di stare tu+o il giorno con il proprio bambino; inoltre l'affiancamento da parte del personale infermieris-co durante la ges-one del proprio figlio, sopra+u+o nelle prime seAmane di permanenza nella stru+ura è avver-to come un'importante esigenza. Una quota minoritaria ri-ene di non essere in grado di ges-re il proprio neonato neanche se affiancato da adeguato personale; tale insicurezza è da ricondursi principalmente al -more di fare del male al bambino, all'insufficienza d'informazioni ed all'insufficiente preparazione psicologica. Emerge anche una scarsa conoscenza delle procedure

Cure neonatali

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Genitori Tempo di degenza

mamme papà meno di 1

se�mana

da 1 mese a

1 se�mana

più di 1

mese

Si, mi sento pronto

36% 27% 9% 14% 40%

Mi sento pronto ma con l'infer-miere accanto

7% 12% 9% 4% 6%

Non mi sento ancora pronto

7% 11% 4% 11% 3%

Tabella 4 distribuzione delle risposte riguardan la percezione di adegua-tezza, secondo il sesso del genitore e la lunghezza della degenza

Genitori Tempo di degenza

mamme papà meno di 1

se�mana

da 1 mese a

1 se�mana

più di 1

mese

Non ho avuto informazioni a sufficienza

0 16% 8% 8% 0

Ho paura di fargli del male e di sbagliare

30% 46% 8% 53% 15%

Non mi sento preparato psico-logicamente

8% 0 8% 0 0

Tabella 5 distribuzione delle movazioni dei genitori che hanno risposto "non mi sento pronto" alla domanda precedente

Genitori Tempo di degenza

mamme papà meno di 1

se�mana

da 1 mese a

1 se�mana

più di 1

mese

Si, mi sono state spiegate delle procedure ma non saprei descriverle

12% 12% 4% 2% 18%

Si, so descriverle ed effe+uarle

11% 3% 2% 4% 8%

No 27% 35% 17% 25% 20%

Tabella 6 distribuzione delle risposte alla domanda "Vi sono state spiegate le procedure assistenziali per la gesone del bambino nella fase neonatale dagli infermieri ?"

Tempo di degenza

mamme meno di 1

se�mana

da 1 mese a

1 se�mana

più di 1

mese Si, mi sono state spiegate delle procedure ma non saprei descriverle

40% 8% 8% 24%

Si, so descriverle ed effe+uarle

34% 8% 8% 18%

No 26% 8% 13% 5%

Tabella 7 Distribuzione delle risposte delle sole mamme alla domanda precedente.

Genitori Tempo di degenza

mamme papà meno di 1

se�mana

da 1 mese a

1 se�mana

più di 1

mese

L’ho ricevuto, prima del parto

0 0 0 0 0

L’ho ricevuto, prima e dopo il parto

4% 3% 4% 0 3%

L’ho ricevuto, solo dopo il parto

9% 13% 6% 4% 12%

Non l’ho ricevuto

37% 34% 12% 25% 34%

Tabella 8 Distribuzione delle risposte alla domanda riguardante il supporto psicologico ricevuto

assistenziali da parte dei genitori per la ges-one del neonato, in par-colare tra i papà. La grande maggioranza dei genitori non ha usufruito di un supporto psicologico e, tra ques-, una buona metà ri-ene di averne bisogno per vari mo-vi. La maggioranza dei genitori, inoltre, vede con favore la possibilità di dormire accanto al proprio bambino. Conclusioni

I da- del nostro studio suggeriscono l'opportunità di

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Children’s Nurses - Italian Journal of Pediatric Nursing Sciences 2012; 4 (3)

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aumentare il tempo di permanenza dei genitori nel reparto TIN, ad esempio predisponendo dei pos- le+o per i genitori o prolungando l'orario di visita. Per quanto riguarda l’incapacità dei genitori di ges-re il proprio bambino in completa autonomia essenzialmente a causa della paura di fargli del male, e la scarsa conoscenza delle procedure assistenziali, il personale infermieris-co dovrebbe fornire ai genitori un'adeguata istruzione rela-va alle procedure assistenziali, facendo loro dei corsi di preparazione sull'assistenza al proprio bambino, facendo sì che essi si sentano pron- alla ges-one ed avvertano il ruolo genitoriale. La paura di far del male al proprio bambino si potrebbe ridurre aumentando il tempo in cui ques- sono affianca-, a par-re dal primo giorno di ricovero. Si dovrebbero anche affidare loro quante più aAvità possibili, tra quelle delegabili, in modo da farli sen-re più u-li e produAvi per il neonato. Conoscere e saper applicare le procedure assistenziali specifiche aumenta infaA la sicurezza dei genitori e giova allo sviluppo del bambino. Ai genitori

deve poi essere fornita un'adeguata assistenza psicologica Per quanto riguarda la possibilità di dormire in stanza con il proprio bambino, l’ospedale Cabell Hun-ngton di Hun-ngton del West Virginia (USA) offre un esempio eccellente di accoglienza della famiglia. L'unità opera-va di Neonatologia si estende su 1302 m2 per 36 pazien-, è stru+urata in 20 stanze singole per neonato e 8 stanze doppie o triple in caso di parto gemellare. (14) Un altro oAmo esempio è l’ospedale Women & Infants del Rhode Island dove ogni stanza singola è di 16,25 m2, ed è stru+urata in tre zone (figura 11): zona adibita al personale; zona adibita al paziente; zona adibita ai familiari.(15) Bibliografia 1. Smith L, Bradshaw M, Coleman V. Family-centered care. 2002, Palgrave, New York. 2. Crisci L et al. Comunicare con amore. A( Convegno Regionale Aniar% Liguria, 1994,

Ospedale Gaslini, Genova,. 3. Razè A., La relazione difficile: esperienza di un genitore di un neonato cri%co, A( del

V congresso regionale Aniar% Veneto, 1998, Padova. 4. Bowlby J. Una base sicura. Applicazioni cliniche della teoria dell'a�accamento. 1989,

Raffaello Cor%na Editore, Milano. 5. Bowlby J. A�accamento e perdita. 1999, Bolla% Boringhieri, Torino. 6. Holmes J. La teoria dell'a�accamento. John Bowlby e la sua scuola. 1994, Raffaello

Cor%na Editore, Milano. 7. Ainsworth Mary D. Modelli di a�accamento e sviluppo della personalità. 1996,

Raffaello Cor%na Editore, Milano. 8. Ferrari F, Bertelli N, Roversi MF, Lugli L, Pugliese Ma, Berardi A, Gallo C. Il nido

migliora il movimento del neonato pretermine. Medico e Bambino 2009;28:27-33. 9. Field T. Allevia%ng stress in newborn infants in the intensive care unit.Clin Perinatol.

1990;17(1):1-9. 10. Ferrari F, Roversi MF, Biagioni O, Berardi A, Gargano G, Ca�ani S, Sturloni N,

Cavazzu% GB. La care del neonato prematuro in terapia intensiva neonatale. Rivista neonatologica 1999; 13 (4); 167-169.

11. Als H. Manuale per l'osservazione del comportamento del neonato. 2006, Nidcap Federa%on Interna%onal.

12. Di Corrado V, Ferrari F. Prematuri. Rivoluzione nell'incubatrice, il metodo Nidcap verrà usato, solo centro in Italia,al Policlinico. Gazze�a di Modena 2008.

13. Sannino P, De Bon G, San%no G. Programma di cura e di sviluppo individualizzato a neonato prematuro (Nidcap): un nuovo modello assistenziale. Agorà 2008; 39: 47-50.

14. Domanico R, Davis DK, Coleman F, Davis BO. Documen%ng the Nicu design dilemma: parent and staff percepi%ons and open ward versus single family room units. J Perinatol. 2010; 30(5): 343–351.

15. Padbury JF, Lester BM. Millenium Neonatology: Bulding for the future, Neonatolgy Today 2001; 5 (2): 1-7.

Cure neonatali

Genitori Tempo di degenza

mamme papà

meno di 1

se�mana

da 1 mese a

1 se�mana

più di 1

mese

Si, perché ho cambiamen- d'umore improvvisi

7% 13% 6% 6% 8%

Si, perché ho bisogno di parlare con qualcuno

11% 7% 4% 6% 8%

Si , per altro mo-vo (specificare)

4% 6% 2% 1% 7%

No 30% 22% 7% 23% 22%

Tabella 9 Distribuzione delle risposte dei genitori che non ha usufruito del supporto psicologico alla domanda se ne senssero il bisogno

− tu( gli infermieri dovrebbero spiegare cosa si può fare con il proprio bambino e s%molarci a farlo;

− maggiore dialogo con la famiglia; − aumentare la comunicazione con la famiglia per aumentare sostegno e

comprensione; − maggiore accortezza nel monitorare i genitori sulle tecniche e pra%che

assistenziali; − aumentare la possibilità di permanenza dei genitori con il proprio bambi-

no, magari in una stanza così da poter sen%re maggiormente il ruolo genitoriale;

− perme�ere anche ad altri paren% l'ingresso al reparto in modo mirato e sele(vo per non intralciare il lavoro di nessuno;

− maggiore a�enzione verso i genitori e stesso tra�amento da parte di tu(;

− il personale dovrebbe avere una linea più uniforme e non sogge(va nel proporre ed applicare le procedure assistenziali;

− poter stare maggiormente soli con il proprio bambino; − dedicare più tempo alla famiglia.

Figura 10 Suggerimen da dai genitori

Figura 11 Le stanze della TIN dell’ospedale Women & Infants del Rhode Island (da 15)

Percorso formativo E

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4

Il materiale dida�ico e il questionario di apprendimento sono accessibili tramite il sito www.edizioniseed.it nell’area Formazione, previa registrazione anagrafica. La registrazione è necessaria per l’o�enimento dei crediti ECM. Si ricorda che il questionario di valutazione dell’apprendimento è obbligatorio. Il questionario è costituito da un test con risposte a scelta multipla (di cui una sola corre�a) con randomizzazione sistematica dell’ordine di presentazione delle domande e delle risposte. Il superamento del test è vincolante per l’acquisizione dei crediti formativi ECM: è richiesto almeno il 75% di risposte corre�e. La valutazione della qualità percepita avviene tramite questionario di gradimento da compilarsi obbligatoriamente alla fine del corso e misura qualità, efficacia e utilità dell’a�ività formativa conclusa. I dati del questionario di gradimento rimarranno comunque anonimi. Il rilascio dell’a�estato relativo ai crediti ECM o�enuti sarà effe�uato dopo le dovute verifiche del Provider in relazione alla soddisfazione dei requisiti di partecipazione, valutazione della formazione, compilazione della scheda della qualità percepita e rilevazione della ricaduta della formazione. Per qualsiasi informazione, difficoltà riscontrata o problemi tecnici, è possibile conta�are il Provider dell’Evento ECM SEEd srl: via e-mail: [email protected] indicando nell’ogge�o il titolo del corso via telefono: 011.566.02.58 via fax: 011.518.68.92

Children’s Nurses - Italian Journal of Pediatric Nursing Sciences 2012; 4 (3)

infondato (2). Anche il clima rappresenta un fa+ore di rischio per la pediculosi, che è più frequente nei mesi caldi, in quanto il P. humanus capi-s vive meglio alla temperatura di 29-30°C, mentre non depone le uova a temperature inferiori ai 25°C (5, 6). Il ciclo vitale del pidocchio

Il P. humanus capi-s fa parte della famiglia dei Pediculocidae ed è molto simile al P. humanus corporis, anche se più piccolo (1-2 mm). E’ un ectoparassita obbligato stre+amente specie-specifico che infesta il capo, con predilezione per le zone retroauricolari ed occipitali. Il pidocchio adulto presenta 6 ar- con estremità ad uncino, che gli consentono di a+accarsi al capello. La femmina adulta può deporre più di 10 uova (o lendini) al giorno, cementandole alla base dei capelli, vicino al cuoio capelluto. Le lendini sono visibili ad occhio nudo, avendo una lunghezza di 0,5-1 mm e una larghezza di 0,3 mm e rimangono a+accate al capello spostandosi verso l’esterno seguendo la crescita del capello (1 mm al giorno). E’ -pica la loro disposizione in numero di 2-3 in fila indiana o a grani di rosario. Dopo circa 7-12 giorni le lendini si schiudono, diventano ninfe e vanno incontro a maturazione, fino a raggiungere l’età adulta. Le lendini vuote sono più facilmente visibili ad occhio nudo perché più chiare e quindi facilmente evidenziabili sul capello scuro. La femmina inizia a deporre le lendini dopo circa 1,5 giorni da quando è diventata adulta. Questo ciclo, se la pediculosi del capo non viene adeguatamente tra+ata, si ripete ogni 3 seAmane. Il P. humanus capi-s è ematofago e per sopravvivere succhia il sangue ogni 2-3 ore. Al di fuori dell’ospite non è in grado di sopravvivere per più di un giorno (7).

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Epidemiologia

La pediculosi del capo rappresenta un problema rilevante in ambito socio-sanitario a causa dell’elevato rischio di trasmissione dell’infestazione e del suo importante impa+o sulla vita sociale e scolas-ca dei bambini, spesso emargina- e costreA ad assenze a scuola eccessive ed ingius-ficate. Sebbene il P. humanus capi-s non sia un ve+ore di malaAe per l’uomo, la pediculosi del capo può generare ansia nei genitori e forte imbarazzo nei bambini con conseguente alterazione dei rappor- interpersonali (1). La pediculosi del capo è endemica in tu+o il mondo, ma non sono disponibili da- precisi sulla sua prevalenza poiché le pediculosi non sono sogge+e all’obbligo di denuncia. I Center for Disease Control and Preven-on (CDC) riportano che ogni anno negli Sta- Uni- sono infestate da 6 a 12 milioni di persone, in par-colare bambini tra 3 e 11 anni di età, sopra+u+o di sesso femminile (2). In Europa studi recen- hanno riportato una prevalenza della pediculosi del capo nei bambini in età scolare tra 0,8% e 9,9% (3). Anche nei Paesi con scarse risorse economiche la prevalenza della pediculosi del capo è s-mata intorno al 10% (3). In Italia non sono disponibili da- recen- sulla prevalenza della pediculosi del capo in quanto l’obbligatorietà della denuncia è cessata nel 1991, quando i casi denuncia- erano poche migliaia l’anno. E’ tu+avia possibile o+enere una s-ma indire+a valutando il numero di confezioni di prodoA pediculocidi vendu- in un anno e questo porta a un’incidenza nella popolazione generale del 2,5% (4). Fa+ori proteAvi nei confron- della pediculosi del capo sembrano essere l’etnia africana e i capelli ricci (2). Nessuna relazione è invece riportata tra la pediculosi del capo e la scarsa igiene personale, confermando che tale pregiudizio è del tu+o

Igiene Percorso formativo E

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odulo 4

Paola Piccini, Simona Montano, Franco Ricci, Claudia Fancelli, Manuela Prato, Luisa Galli Dipar%mento di Scienze della Salute, Università degli Studi di Firenze [email protected]

La corretta gestione della pediculosi La corretta gestione della pediculosi La corretta gestione della pediculosi La corretta gestione della pediculosi del capodel capodel capodel capo

Abstract La pediculosi del capo è ancora oggi un importante problema dal punto di vista socio-sanitario, a causa della sua incidenza, s%mata intorno al 2,5% in Italia, e all’elevato rischio di trasmissione dell’infestazione. La fascia di età maggiormente colpita è quella dei bambini in età scolare, tra 3 e 11 anni di età. Lo scopo della presente revisione è fornire un quadro generale sulla pediculosi del capo, focalizzando l’a�enzione sulle opzioni terapeu%che raccomandate dalle a�uali linee guida italiane ed internazionali. Il tra�amento della pediculosi del capo prevede due possibili opzioni terapeu%che: la rimozione meccanica e l’uso di prodo( pediculocidi topici. In le�eratura è inoltre riportato l’uso di prodo( sistemici, da u%lizzare in caso di resistenza ai tra�amen% topici. La terapia della pediculosi del capo è infa( complicata dall’insorgenza di resistenze ai principali farmaci pediculocidi. In par%colare, la resistenza alle permetrina negli Sta% Uni% è stata s%mata intorno al 50% e anche quella al mala%on è in aumento. Inoltre i piretroidi e il mala%on sono raccomanda% rispe(vamente nei bambini al di sopra di 2 e 6 anni di età, quindi nei bambini più piccoli l’eradicazione dell’infestazione dovrebbe essere effe�uata con la sola rimozione meccanica (“combing”). In commercio sono disponibili anche prodo( pediculocidi non neurotossici, quali il benzil benzoato o il dime%cone, ma i da% sulla loro efficacia e sicurezza sono ancora pochi e il loro u%lizzo di rou%ne non è quindi raccomandato. Sono inoltre da sconsigliare i prodo( naturali e i rimedi “casalinghi”, sui quali non esistono da% di provata efficacia.

Review

Evento ECM 25443 Provider: SEEd srl n. 655

Nursing management of head lice in childrenNursing management of head lice in childrenNursing management of head lice in childrenNursing management of head lice in children Head lice infesta%on is an important public health problem, because of its incidence, es%mated at 2,5% in Italy, and its high transmission rate. Head lice infesta%on especially occurs in school-age children, between 3 and 11 years of age. The purpose of this review is to provide an overview on head lice infesta%on, focusing on the treatments which are now recommended by Italian and interna%onal guidelines. Two main treatment op%ons are currently recommended: mechanical removal and the use of topic agents. The use of systemic agents is also reported in literature, but it is recommended only in case of resistance to topical agents. Treatment of head lice may be complicated by the emergence of resistance to the major topical agents. In par%cular, resistance to permethrin in the United States has been es%mated around 50% and also resistance to malathion is increasing. Moreover, pyrethroids and malathion are respec%vely recommended in children above 2 and 6 years of age. Therefore, in children under the age of 2, the only recommended treatment is mechanical removal. Other topic agents (such as benzyl benzoate or dimethicone) are commercially available, but there is insufficient informa%on on their safety in children. So their rou%ne use is not recommended. The use of natural products and “home-made” products should be also discouraged because no data on their efficacy are available.

Children’s Nurses - Italian Journal of Pediatric Nursing Sciences 2012; 4 (3)

Clinica

Il sintomo più frequente nei bambini con pediculosi del capo è il prurito ma, sopra+u+o nella fase iniziale, questo può mancare e i soggeA infesta- possono essere del tu+o asintoma-ci (8). Il prurito è infaA dovuto allo sviluppo di una reazione da ipersensibilità ritardata alla saliva del pidocchio, che si verifica dopo 2-6 seAmane dall’infestazione, ma che può verificarsi nel giro di 1-2 giorni in caso di reinfestazione (3). Tipica è la presenza di lesioni da gra+amento, che possono andare in contro ad infezioni secondarie, occasionalmente accompagnate da linfadenopa-a a livello retroauricolare e/o occipitale (1,3). Il patogeno maggiormente implicato nelle infezioni secondarie è lo S. aureus, che può causare impe-gini, celluli- e, più raramente, ascessi (3). Diagnosi

La diagnosi della pediculosi del capo richiede l’ispezione a+enta dei capelli e del cuoio capelluto. Secondo le a+uali linee guida italiane ed internazionali, il gold standard per la diagnosi della pediculosi del capo è il riscontro di almeno un pidocchio vivo sul cuoio capelluto (9, 10, 11). L’osservazione dei pidocchi vivi non è però sempre facile perché i pidocchi evitano la luce e sono in grado di spostarsi velocemente (fino a 23 cm/min) (1, 7). Può essere u-le l’u-lizzo di una lente di ingrandimento o di un peAne a den- streA (distanza tra i den- minore di 0,3 mm) con cui separare i capelli (“combing”). L’u-lizzo del peAne a den- streA aumenta infaA di qua+ro volte l’accuratezza diagnos-ca e dimezza il tempo necessario per visualizzare i pidocchi (13). Nei bambini con capelli lunghi e spessi può inoltre essere u-le bagnare i capelli prima di spazzolarli (12). I pun- del cuoio capelluto da ispezionare con maggiore a+enzione sono la regione retroauricolare e nucale, poiché sono quelli in cui più frequentemente si osservano i pidocchi. Il riscontro delle sole lendini aderen- al capello non perme+e invece di fare diagnosi certa di pediculosi del capo, perché in due terzi dei casi non corrisponde ad un’infestazione in a+o (12). In uno studio di Williams et al. è stato infaA riportato che solo il 18% dei bambini che presentano lendini sviluppano un’infestazione aAva (14). Tu+avia, secondo i CDC il riscontro di numerose lendini aderen- al capello entro 6,5 mm dall’os-o follicolare è indice di probabile infestazione (12). Le lendini inoltre possono essere confuse con la forfora o con residui cosme-ci, che però al contrario delle lendini sono rimossi facilmente con scosse trasversali all’asse longitudinali del capello e non scoppie+ano se strizzate tra le dita (9). Prevenzione della trasmissione dell’infestazione

La trasmissione dell’infestazione è nella maggioranza dei casi di -po dire+o tra soggeA che vivono nella stessa famiglia o che frequentano le stesse comunità (asili, scuole o palestre). Data la breve sopravvivenza del P. humanus capi-s al di fuori, solo eccezionalmente la trasmissione può avvenire a+raverso oggeA, quali cappelli, peAni, spazzole, cuffie, cuscini o

asciugamani (2, 5). Ne deriva che il controllo della pediculosi del capo si basa sopra+u+o sulla diagnosi precoce e sull’impiego di un tra+amento tempes-vo ed efficace. Importante è quindi la sensibilizzazione delle famiglie al problema da parte del personale sanitario e scolas-co. In caso di diagnosi di pediculosi del capo è necessario effe+uare controlli nei contaA streA (sia familiari che scolas-ci) e in caso si riscontrino pidocchi vivi o lendini a meno di 1 cm dall’os-o follicolare è necessario intraprendere la terapia topica (9, 12). E’ inoltre consigliato il tra+amento nei familiari che condividono il le+o con il paziente infestato (12). Nonostante il rischio di trasmissione dell’infestazione mediante oggeA sia basso, è comunque raccomandato il lavaggio ad alte temperature (50-60° C) di spazzole e altri oggeA per la cura dei capelli usa- dai soggeA infesta- e il cambio della federa del cuscino (12). Non è invece necessario tagliare i capelli, né disinfestare gli ambien-, né allontanare da scuola il bambino che abbia completato il tra+amento (9). Anche l’u-lizzo dei pediculocidi a scopo preven-vo è inefficace (9). Tra.amento

Il tra+amento della pediculosi del capo prevede due possibili opzioni terapeu-che: la rimozione meccanica (“combing”) e l’uso di prodoA topici. In caso di fallimento della terapia per presenza di resistenze ai prodoA topici, in le+eratura è riportato l’u-lizzo di prodoA sistemici. La modalità con cui applicare i farmaci topici e la frequenza del tra+amento dipendono stre+amente dal ciclo vitale del P. humanus capi-s. Il tra+amento con un farmaco pediculocida e ovocida deve essere sempre ripetuto una seconda volta a distanza di circa 7 giorni. Il primo tra+amento infaA uccide i pidocchi e le loro uova, ma non le uova che non hanno ancora sviluppato il sistema nervoso. Il secondo tra+amento ucciderà anche le ul-me uova rimaste, in quanto il sistema nervoso si sviluppa entro 7 giorni. Il tra+amento con un farmaco solo pediculocida deve invece essere ripetuto per tre volte, a distanza di 7 giorni. Al primo tra+amento sono uccisi tuA i pidocchi ma non le loro uova. Il secondo tra+amento ucciderà le ninfe, che non hanno avuto il tempo di maturare e deporre le uova. Un terzo tra+amento, a circa 14 giorni dal primo, ucciderà le ninfe derivan- dalle ul-me uova che ancora non si erano schiuse, impedendo nuovamente lo sviluppo di pidocchi adul- (15). Rimozione meccanica o “combing”

La rimozione meccanica è l’unico tra+amento raccomandato nei bambini al di so+o dei 2 anni di età, in quanto non sono disponibili in le+eratura da- sull’efficacia e sicurezza dei prodoA pediculocidi in questa classe di età. Il “combing” va effe+uato sui capelli umidi dopo l’applicazione del balsamo e va con-nuato fino a quando non siano state eliminate tu+e le lendini. La procedura necessita di almeno 15-30 minu-, a seconda della lunghezza del capello. Il “combing” dovrebbe essere ripetuto ogni 2-3 giorni e con-nuato per almeno 2 seAmane in caso sia riscontrata la presenza di un pidocchio adulto (1). La sua efficacia dipende dal fa+o che le uova si schiudono in una seAmana, che i pidocchi non sono in grado di spostarsi da una testa all’altra nei primi 7 giorni e che non possono riprodursi nei primi 10 giorni (1). In un recente studio randomizzato condo+o in Inghilterra è infaA stata riportata un’efficacia del “combing” del 57% u-lizzando kit (peAne a den- streA e lozione) per la rimozione dei pidocchi, disponibili anche in Italia (16). La procedura corre+a per eseguire il “combing” è riportato nella tabella 1. Prodo� topici di prima scelta 1) Piretrine naturali e piretroidi Le piretrine naturali e i piretroidi sinte-ci sono i farmaci di prima scelta per la terapia della pediculosi del capo, ma non sono raccomanda- nei bambini di età inferiore ai 2 anni (17). Le piretrine naturali sono sostanze contenute nel piretro, un estra+o di fiori di Chrysanthemum cinerariaefolium (9). La

Igiene

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1. Inumidire i capelli

2. Applicare un balsamo, allo scopo di rendere più difficili gli spostamen- dei pidocchi tra i capelli e di rendere più semplice il passaggio del peAne tra i capelli 3. Passare un peAne a den- streA dalla radice dei capelli fino alla punta

4. Controllare il peAne ad ogni passata per vedere se ci sono lendini o pidocchi

5. Ripetere tale procedimento fino ad aver peAnato tuA i capelli

6. Pulire il peAne se si trovano lendini o pidocchi sciacquandolo o passandolo su un tessuto 7. Risciacquare il balsamo e ripetere nuovamente la ricerca sui capelli sciacqua-

Tabella 1 Procedura per la visualizzazione e la rimozione meccanica delle lendini e dei pidocchi (combing)

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Igiene termosensibile, da applicare per 10 minu- sui capelli lava- e asciuga-. Le piretrine naturali sono instabili a luce e calore e questa formulazione ne aumenta l’efficacia. Il tra+amento deve essere ripetuto dopo 7 giorni dalla prima applicazione.

3) Mala-on Il mala-on è raccomandato nella terapia della pediculosi del capo nei bambini al di sopra dei 6 anni di età, in quanto non sono disponibili studi in le+eratura sulla sua sicurezza in bambini di età prescolare (9, 12). E’ un organofosfato che, inibendo l’aAvità della colinesterasi, ha aAvità pediculocida e ovocida, in quanto causa un accumulo di ace-lcolina a livello rece+oriale e la paralisi respiratoria del pidocchio (9). Come le piretrine e i piretroidi, il mala-on deve la sua sicurezza al fa+o che nei mammiferi è idrolizzato velocemente dalla carbossilesterasi (9). Gli effeA collaterali più comuni sono dovu- ad un eccessivo assorbimento transcutaneo, da cui deriva un aumento dell’aAvità colinergica: sudorazione, secrezione salivare e gastrica, bradicardia, aumento della peristalsi intes-nale. Nonostante non sia stato riportato nessun caso, se ingerito accidentalmente, può però causare paralisi respiratoria grave. Questo, in aggiunta alla sua facile infiammabilità (dovuta al solvente che lo veicola), lo rende un farmaco di seconda scelta nella terapia della pediculosi del capo (7, 9). Date le sue cara+eris-che, i pazien- e i suoi familiari dovrebbero quindi essere istrui- riguardo l’uso del mala-on, ad esempio informandoli di non usare l’asciugacapelli o fumare vicino al bambino che sta effe+uando il tra+amento (12). A causa dell’insorgenza di resistenze alla permetrina, il mala-on è sempre più u-lizzato e rimane spesso l’unico farmaco ovocida disponibile (21). Formulazioni disponibili e modalità d’uso: il mala-on è disponibile in commercio allo 0,5% come crema da applicare sui capelli lava- e asciuga- per 10 minu-, prima di risciacquare. Il tra+amento deve essere ripetuto a distanza di 8 giorni.

Altri prodo� pediculocidi topici

In commercio sono disponibili anche altri prodoA pediculocidi topici, di seguito elenca-, che non dovrebbero essere u-lizzate come farmaci di prima scelta nella pediculosi del capo, in quanto in le+eratura sono disponibili ancora pochi da- riguardo la loro efficacia e sicurezza. 1) Lindano. Il lindano all’1% in lozione o crema è un an-parassitario che è stato u-lizzato molto in passato, ma che è stato in seguito ri-rato dal commercio in Italia, come in mol- altri Paesi, a causa della sua neurotossicità. Dove è disponibile, il suo uso è raccomandato solo in caso di pediculosi del capo resisten- ai tra+amen- precedentemente menziona-. E’ inoltre controindicato nei bambini di peso inferiore ai 50 Kg (12). 2) Benzil benzoate. Il Benzil benzoato al 5% è un prodo+o pediculocida non neurotossico, che uccide i pidocchi per

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Principio a�vo Formulazioni

disponibili Modalità d’uso Frequenza del tra.amento

Permetrina crema 1% Applicare sui capelli per 10 minu- e risciacquare

Ripetere dopo 7 giorni

Piretroidi

- shampoo Frizionare il cuoio capelluto per 3-5 minu- e risciacquare

Ripetere dopo 7 giorni

- lozione Applicare frizionando e lasciare agire per alcuni minu- e risciacquare

- gel Applicare sui capelli asciuA per 10-15 min e poi risciacquare

Ripetere dopo 8 giorni

- polveri Cospargere uniformemente e rimuovere dopo 3-6 ore

Ripetere dopo 7 giorni

Piretrine naturali sinergizzate

Mousse Applicare sui capelli per 10 minu- e risciacquare

Ripetere dopo 7 giorni

Malaon gel 0,5% Applicare sui capelli asciuA per 10 minu- e risciacquare

Ripetere dopo 8 giorni

Tabella 2 ProdoA pediculocidi topici raccomanda- dalle a+uali linee guida italiane ed internazionali nel tra+amento della pediculosi del capo (9)

permetrina è una combinazione di isomeri delle piretrine naturali modificate chimicamente e, come le piretrine naturali, agisce a livello dei canali del sodio, provocando una depolarizzazione delle membrane cellulari e un’alterazione delle sinapsi, con conseguente azione di blocco a livello del sistema nervoso centrale e periferico del pidocchio (4, 9). Il P. humanus capi-s viene infaA inizialmente immobilizzato (fenomeno “knock down”) e quindi ucciso. La permetrina è letale sia per il pidocchio adulto che per le lendini (9). La sua scarsa neurotossicità nei mammiferi è dovuta al loro più efficiente meccanismo di detossificazione a livello del sistema microsomiale epa-co (18). Gli effeA collaterali dei piretroidi sono rari, ma sono possibili alterazioni della sensibilità dopo esposizione cutanea o orale, che generalmente regrediscono entro 24 ore dall’esposizione. EffeA collaterale più rari sono la nausea, il vomito, il dolore addominale. In caso di intossicazione acuta, segni e sintomi -pici sono l’astenia, la cefalea, la visione offuscata, le palpitazioni, la sudorazione e il senso di costrizione toracica (9). Formulazioni disponibili e modalità d’uso: La permetrina è disponibile all’1% come crema risciacquabile da applicare sui capelli lava- ed asciuga- e da tenere in sede per 10 minu-, prima di risciacquarli. L’applicazione va ripetuta dopo 7 giorni. Una terza applicazione in caso di insuccesso delle preceden- non è invece raccomandata perché non aumenta l’efficacia, ma aumenta solo il rischio di resistenze (9). Gli altri piretroidi sono disponibili in diverse formulazioni (shampoo, lozione, gel, polveri), come indicato nella tabella 2. Gli shampoo dovrebbero essere evita- , poiché il tempo di conta+o con i pidocchi è breve e la concentrazione del principio aAvo è troppo bassa a causa dell’idrofilia; inoltre la rido+a concentrazione del farmaco potrebbe indurre l’insorgenza di resistenze (9). Numerosi studi hanno riportato la presenza di resistenze del P. humanus capi-s alla permetrina, ma la sua prevalenza non è nota (12, 19, 20). Negli Sta- Uni- tale resistenza è stata s-mata intorno al 50% (10). Anche le polveri sono da sconsigliare a causa dell’alto rischio di inalazione (9).

2) Piretrine naturali sinergizzate L’aggiunta di peperonil butossido alle piretrine naturali ne potenzia l’effe+o pediculocida e riduce il rischio di sviluppare resistenze, in quanto inibisce la detossificazione del pediculocida da parte del Cit P450 del pidocchio e ne perme+e anche dosaggi inferiori. Le piretrine naturali sinergizzate sembrano inoltre essere più efficaci della permetrina sulle lendini (9). Vista la loro origine, le piretrine sinergizzate non dovrebbero essere usate nei pazien- allergici ai crisantemi, e inoltre sono raccomandate solo nei bambini al di sopra dei 2 anni di età (12). I principali effeA collaterali delle piretrine naturali sinergizzate sono le reazioni allergiche, quali asma, rinite e derma-te da conta+o (9). Le piretrine sinergizzate sono disponibili in commercio come mousse

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Igiene

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muscolare del P. humanus capi-s. E’ sufficiente un’unica dose di 200 μg/Kg per causare la morte di pidocchi, ma non delle lendini. Una seconda dose deve quindi essere somministrata dopo 10 giorni. Non è raccomandata nei bambini di peso inferiore ai 15 kg e dovrebbe essere u-lizzata solo in caso di infestazioni gravi, resisten- ai tra+amen- topici (9, 12). In un recente studio randomizzato è stata riportata un’efficacia di due somministrazioni di ivermec-na nella pediculosi del capo superiore al 95%, rendendola una possibile opzione terapeu-ca nelle pediculosi che non abbiano risposto alla terapia topica (26). Conclusioni

Vista la sua incidenza e l’alto rischio di trasmissione dell’infestazione, la pediculosi del capo è ancora oggi un problema rilevante in ambito socio-sanitario. In Italia si s-ma che ogni anno il 2,5% della popolazione sia affe+a da pediculosi del capo. I bambini in età scolare, in par-colare tra 3 e 11 anni, rappresentano la fascia di età maggiormente colpita. Essenziale è quindi la sensibilizzazione dei familiari e del personale scolas-co al problema da parte degli operatori sanitari. Nonostante i pidocchi non siano ve+ori di malaAa, l’infestazione può infaA causare ansia nei genitori e nei bambini che, a causa di pregiudizi infonda-, sono spesso discrimina- nei rappor- sociali e costreA ad assenze scolas-che ingius-ficate. Non esistono mezzi di provata efficacia per la prevenzione della pediculosi del capo e il rischio d’infestazione non dipende dalla scarsa igiene personale. L’unico meccanismo efficace di controllo della diffusione dell’infestazione è la diagnosi precoce e il tra+amento tempes-vo dei bambini con pediculosi del capo; anche la disinfestazione degli ambien- non è infaA necessaria. Numerosi sono i farmaci topici e sistemici disponibili per il tra+amento della pediculosi, ma nessun farmaco è raccomandato nei bambini al di so+o dei 2 anni di età, in cui l’unico tra+amento consigliato è il “combing”. Secondo le linee guida italiane ed internazionali il farmaco di prima scelta è rappresentato dalla permetrina, la cui applicazione va sempre ripetuta dopo 7 giorni. Un’alterna-va alla permetrina, alla quale il P. humanus capi-s è spesso resistente, è rappresentata dal mala-on (raccomandato solo nei bambini di età superiore ai 6 anni), ma anche verso di esso sono in aumento i casi di resistenza riporta- in le+eratura. Solo nei casi di inefficacia dei preceden- farmaci è riportato il le+eratura l’u-lizzo della terapia sistemica. In commercio sono disponibili anche altri prodoA pediculocidi topici, sui quali da- cer- di sicurezza ed efficacia non sono però disponibili e che non sono ancora raccomanda- per la terapia di rou-ne della pediculosi del capo dalle a+uali linee guida italiane ed internazionali. E’ inoltre da sconsigliare l’uso dei prodoA naturali o casalinghi, in quanto non esistono studi che ne confermino l’efficacia. Essendo la pediculosi del capo considerata spesso una malaAa di scarsa importanza, la terapia viene frequentemente effe+uata sulla base di “passaparola” di amici o paren-, piu+osto che sulla base di consigli offer- da operatori sanitari esper-. L’infermiere riveste pertanto un ruolo chiave nella sensibilizzazione delle famiglie all’importanza socio-sanitaria del problema e nella loro educazione ad una corre+a prevenzione e terapia della pediculosi del capo. Bibliografia 1. Nutanson I, Steen CJ, Schwartz RA, et al. Pediculosis humanus capi%s: an update. Acta Dermatovenerol Alp Panoramica Adriat. 2008; 17:147-54, 156-7; 159. 2. www.cdc.gov/parasites/lice/head/epi.html 3. Tebruegge M, Pantazidou A, Cur%s N. What’s bugging you? An update on the treatment of head lice infesta%on. Arch Dis Child Edic Pract Ed. 2011; 29:2-8. 4. Gelme( C, Veraldi S, Scanni G. Pediculosi del capo: proposte di linee guida terapeu%che. Giornale italiano di Dermatologia e Venerealogia. 2004; 139:1-4. 5. Hansen RC. Overview: the state of head lice management and control. Am J Manag Care. 2004; 10:S260-3. 6. Ko CJ, Elston MD. Pediculosis. J Am Acad Dermatol. 2004; 50:1-12; quiz 13-4. 7. Frankowski BL, Bocchini JA and Council on School health and Commi�ee on Infec%ous Diseases. Head Lice. Pediatrics. 2010; 126:392-403.

asfissia e non ha azione ovocida. E’ stato approvato dalla Food and Drug Administra-on (FDA) nel 2009 nei bambini di età superiore ai 6 mesi (19). In una recente pubblicazione sono state riassunte le prove disponibili in le+eratura sulla sua efficacia e sicurezza (22). Nonostante ciò, l’uso del benzil benzoato non è raccomandato dalle a+uali linee guida italiane (9). I più comuni effeA collaterali di questo farmaco sono l’eritema e il prurito (21). 3) Dime-cone. Il dime-cone al 4% in lozione è un prodo+o in grado di uccidere i pidocchi per soffocamento. Non è ancora raccomandato dalle a+uali linee guida italiane ed internazionali, ma che si è recentemente dimostrato efficace nel tra+amento della pediculosi del capo in uno studio clinico randomizzato (23). 4) Spinosad. Lo Spinosad al 0,9% è un nuovo farmaco pediculocida e ovocida che è stato approvato dalla FDA all’inizio del 2011 per i pazien- di età superiore ai 4 anni. Il suo meccanismo d’azione non è chiaro ma sembra agire indire+amente sui rece+ori nico-nici dell’ace-lcolina, inducendo la paralisi del pidocchio. Numerosi studi sono sta- recentemente condoA per valutare la sua efficacia, risultata essere maggiore di quella della permetrina (24). Nonostante ciò, l’uso dello spinosad non è a+ualmente raccomandato dalle linee guida italiane (9). Anche sull’efficacia dei prodoA naturali (Echinacea Purpurea, Adhatoda vasica, olio di geranio, olio di -mo, olio di citronella e succo di limone) e dei prodoA casalinghi (olio d’oliva, aceto, o maionese) non sono disponibili sufficien- studi in le+eratura e il loro u-lizzo, ancora molto diffuso, deve essere fortemente sconsigliato (9, 21). Essendo la pediculosi del capo spesso considerata una malaAa di scarsa importanza, la terapia viene infaA frequentemente effe+uata sulla base di “passaparola” di amici o paren-, piu+osto che sulla base di consigli offer- da operatori sanitari esper-. L’infermiere riveste un ruolo chiave nella sensibilizzazione delle famiglie all’importanza socio-sanitaria del problema e nell’educazione ad una corre+a terapia. Il fallimento della terapia della pediculosi del capo è infaA un evento frequente e le principali cause, oltre all’insorgenza delle resistenze del P. humanus capi-s ai pediculocidi, sono l’u-lizzo di prodoA non adegua- e con modalità errate e, sopra+u+o, la mancata ripe-zione di un secondo ciclo a distanza di una seAmana. Altra causa importante di fallimento della terapia è inoltre la reinfestazione, che avviene principalmente negli ambien- scolas-ci, ed è pertanto importante che l’operatore sanitario sia in grado di dare ai familiari e al bambino informazioni precise riguardo le precauzioni da a+uare per ridurre il rischio di reinfestazione (12). Prodo� sistemici

L’u-lizzo dei prodoA sistemici, di seguito menziona-, dovrebbe essere riservato solo a casi estremamente seleziona-, in cui la terapia con i prodoA topici adeguatamente applica- non sia stata efficace a causa di resistenze del P. humus capi-s ai farmaci di prima scelta. Nessun farmaco sistemico è infaA approvato dalla FDA come pediculocida, nonostante in le+eratura siano disponibili studi che ne documentano l’efficacia (9, 25, 26). 1) Trimetoprim-sulfametossazolo . Alcuni studi riportano una buona efficacia della terapia sistemica con trimetoprim-sulfametossazolo, somministrato per 10 giorni (9). Il meccanismo d’azione è probabilmente il seguente: dopo essere stato ingerito dal pidocchio con il pasto ema-co, elimina la flora ba+erica dell’intes-no del pidocchio, con conseguente deficit di vitamina B e morte del pidocchio. Il trimetoprim-sulfametossazolo può essere u-lizzato in associazione alla permetrina all’1%, aumentandone l’efficacia (25, 9). 2) Ivermec-na L’ivermec-na è un an-parassitario orale che agisce come antagonista del GABA, inducendo la paralisi

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Mina. Mina an-carro, mina an-uomo, ogge+o bellico solitamente so+errato o rasente il suolo, tarato per innescarsi al passaggio di una cosa, un animale, una persona, a+o a uccidere o mu-lare. Vari -pi di mine, di forma-, di colori. Questo quello che sapevo prima di decidere di andare a svolgere una missione come infermiera in una zona di guerra come Kabul, in Afghanistan. Col senno di poi posso dire che forse ci sarebbe voluta più esperienza, più consapevolezza e sicuramente più pelo sullo stomaco di quanto non ne avessi avuto io. Ma col senno di poi, posso anche dire che mai libro o immagine sarebbe arrivato a spiegare l’atrocità e la crudeltà del meccanismo di azione della mina, come invece è stato vederne di persona i danni prodoA. La maggior parte dei pazien- con traumi da mina sono bambini. Difficile fare una media dell’età, diciamo dal momento in cui iniziano a ga+onare, finchè non diventano anziani. Questo perchè nei paesi poveri e in guerra, tu+o quello che può essere considerato fonte di guadagno o di scambio si raccoglie da terra, lo si rende piacente e lo si rivende. E tu+o quello che si raccoglie da terra può potenzialmente essere una mina. E se a questo si aggiunge che l’ogge+o che si raccoglie da terra è colorato, morbido e affascinante, il gioco è fa+o. I bambini sono le prime viAme. (Figura 1) Ci si chiede perchè le mine sono sopra+u+o dire+e ai bambini? Perchè lo scopo della mina non è tanto uccidere ma produrre individui invalidi. E i bambini, gli adul- di domani, sono i preferi-. Questa generazione di invalidi diventerà dire+amente dipendente dai paesi che gli forniranno protesi e sostegno e che produrranno per loro ciò che loro non sono più in grado di produrre autonomamente. La mina è stata costruita per rendere povere intere famiglie: si pensi a quando le mine scoppiano durante il lavoro nei campi mu-lando il membro della famiglia più forte e robusto e riducendo a zero la possibilità di quella famiglia di avere un

reddito. La mina generalmente non si vede, agisce in maniera improvvisa, agisce a distanza di tempo (l’Afghanistan è uno dei paesi più mina- al mondo da più di 40 anni), e al momento dello scoppio, crea schegge di ferro, sassi, terra, in grado di ferire a loro volta. Gli accordi internazionali, come le Convenzioni di Ginevra e O+awa (1), proibiscono l’uso delle armi che causano una mu-lazione indiscriminata ed inu-le. Malgrado ciò, esse sono impiegate in tu+o il mondo e ancora creano viAme dopo lungo tempo dalla firma degli accordi di pace. Ogni anno vengono ancora prodo+e nel mondo da 5 a 10 milioni di mine an-uomo (2). Molte delle mine an-uomo oggi ancora aAve sono state fabbricate in Italia (figura 2) L'onda d'urto prodo+a durante lo scoppio della mina è di circa seimila metri al secondo. La temperatura al momento dello scoppio arriva a qua+romila gradi e il rumore è molto superiore al limite di sopportazione dell'orecchio umano (2-4). Quando un bambino giocando innesca la mina, l'onda d'urto risale dal piede alla gamba e all'anca, le ossa del piede e della gamba si sgretolano, mentre il piede, la gamba e la coscia oppos-, il basso ventre, talvolta il volto e gli occhi, rimangono lesi dalle schegge di ferro, sassi e sabbia proie+a- dallo scoppio. Quando la viAma cade al suolo, se non finisce su una seconda mina, si trova in un grave stato di shock, con abbondante perdita di sangue. La ferita da mina è una ferita devastante, sporca, frammentata, con perdita di sostanza importante o amputazione. Vi sono varie classificazioni per le ferite da mina an-uomo. Se la classificazione viene fa+a in base alla dinamica della bomba e ai danni provoca- avremmo le tre dis-nte classi: I° classe (circa il 30% dei casi) sono causa- dal passaggio su di una mina interrata. Le viAme subiscono l’amputazione trauma-ca dell’arto inferiore e, talvolta, anche lesioni all’altro arto inferiore o ai genitali. II° classe (circa il 50% dei casi) sono provoca- dalle mine a

Esperienze professionali

Tania Gnudi Ospedale Maggiore di Bologna [email protected]

I bambini vittime delle mine antiuomoI bambini vittime delle mine antiuomoI bambini vittime delle mine antiuomoI bambini vittime delle mine antiuomo In AfghanistanIn AfghanistanIn AfghanistanIn Afghanistan

Abstract Nonostante siano state messe fuorilegge ormai da mol% anni, le mine an%uomo con%nuano a mietere vi(me nelle aree del nostro pianeta interessate da even% bellici. La maggior parte di queste vi(me sono state e sono tu�ora rappresentate da bambini. Questo ar%colo riporta l’esperienza di una collega infermiera alle prese con le piccole vi(me di quest’arma disumana.

Children injured by antiChildren injured by antiChildren injured by antiChildren injured by anti----personnel land mines in Afghanistanpersonnel land mines in Afghanistanpersonnel land mines in Afghanistanpersonnel land mines in Afghanistan Notwithstanding a worldwide ban, an%-personnel landmines con%nue killing people in war areas of our planet. Most of the vic%ms of landmines have been and s%ll are children. This paper reports the experience of a Nurse who worked in a Hospital in Afghanistan, taking care of young children seriously injured by this inhuman kind of weapon.

Professional experiences

Figura 1: alcune mine colorate de.e “pappagallo” che a.raggono i bambini

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pericolo di vita dato dal sanguinamento e dalla probabile lesione di organi importan- da parte delle schegge prodo+e. Quando ci si trova a tra+are un bambino viAma di mina ci sorprenderà scoprire che il bambino, essendo in stato di shock, non piange. L’intervento principale sarà quello di sostenere le funzioni vitali, somministrare an-bio-co e an-dolorifico e correre in sala operatoria per risolvere il sanguinamento e la perdita di sostanza. La lesione da mina andrà tra+ata in modalità “scoop and run”. In base alle condizioni generali del bambino, questo potrà essere ricoverato in un reparto post intensivo o in un normale reparto di degenza pediatrica. Solo le medicazioni dei giorni successivi potranno dire quale sarà la prognosi. Dopo che la ferita sarà rimarginata, ci si dovrà occupare del bendaggio precursore della protesi. Ma il problema non sarà solo fisico, chi si prenderà cura delle ferite psicologiche e delle paure che svilupperà per anni e anni la mente di queste piccole viAme? .... Giornata on call all’ospedale di Kabul, quella che in Italia si direbbe reperibilità. Io sono reperibile assieme ad un giovane medico afghano e ad un'altro medico afghano più anziano ed esperto. Chiamano dal Pronto soccorso "Two pa%ents: the first one, mine injury, 5 years old, the second one, mine injury, 8 years old". "Ok I'm coming". Vista la gravità della situazione corro in Pronto Soccorso. Il medico più giovane era già li. Mi dice che è scoppiata una mina a circa un'ora di macchina dall’ospedale e che aveva coinvolto tre bambini, uno morto sul colpo e gli altri due erano quelli arriva- da noi. Il medico aveva le mani appoggiate sull'addome di quello più grande. Non lo stava visitando quindi non capivo come mai lui stesse fermo mentre gli infermieri si davano da fare tu+’a+orno. Mi dirigo verso il più piccolo che con-nua a piangere, lo “visito”, niente di grave..schegge sul viso ma superficiali. Poi mi volto guardo nuovamente il medico con aria interroga-va. Lui si rende conto che non ho capito cosa sta succedendo; alza le mani dall'addome del bambino per farmi rendere conto della gravità della lesione. Il bambino, Shamshire, aveva la pancia completamente aperta e tu+o quello che fisiologicamente dovrebbe essere all’interno era fuori. Prendo la radio e chiamo rinforzi. Il bambino dall'esplosione della mina aveva perso una mano, un occhio ed era arrivato all'ospedale dopo un'ora di macchina con tuA i visceri espos- (figura 3). Lo por-amo immediatamente in sala operatoria. Dopo ore di intervento i chirurghi escono dalla sala e il piccolo viene ricoverato in Terapia Intensiva.Ci rimarrà qualche giorno. Durante l'intervento dentro la pancia hanno trovato le sue dita. Questo bellissimo bimbo rimarrà ricoverato qualche seAmana. Una mina. Una mina gli ha portato via un amico, una mano, un occhio. E l’infanzia. Bibliografia 1- www.icbl.com 2- Demagistris A. Mine an%uomo. BFS edizioni, 2003, Pisa 3- Ferguson AD, Richie BS, Gomez MJ. Psychological factors a@er trauma%c amputa%on in landmine survivors: the bridge between physical healing and full recovery. Disabil Rehabil. 2004 Jul 22-Aug 5;26(14-15):931-8. 4- Wiffen P, Meynadier J, Dubois M, Thurel C, deSmet J, Harden RN. Diagnos%c and treatment issues in postamputa%on pain a@er landmine injury. Pain Med. 2006 Nov-Dec;7 Suppl 2:S209-12.

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Esperienze professionali

frammentazione, che esplodono all’altezza dell’addome. Essi sono mortali nel raggio di 25 m e causano lesioni entro 200 m. Le lesioni a testa, collo, torace o addome sono spesso fatali. III° classe (circa il 5% dei casi) sono determina- dal maneggiamento di una mina. La viAma, spesso un bambino, subisce gravi danni agli ar- superiori associa- a lesioni della faccia. (2) Il rimanente 15% non rientra in uno dei suddeA gruppi. Le lesioni croniche conseguen- possono riguardare gli occhi e i nervi periferici. Le viAme da mina hanno in comune l’estensione delle lesioni, la devastazione dei tessu-, la difficoltà di focalizzare la propria a+enzione in un unico punto. Spesso le lesioni sono accompagnate da us-oni o ferite minori. Il bambino viAma di ferita da mina si trova in immediato

Figura 2 mina anuomo di fabbricazione italiana

Figura 3 Conseguenze dello scoppio di una mina anuomo su un

bambino afghano di 8 anni.

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Emergenza-urgenza

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non è considerata una evenienza frequente ed è idea comune che gli accessi dei neona- al Pronto Soccorso siano prevalentemente rela-vi a problemi che potrebbero trovare soluzione presso i pediatri di base a livello territoriale (10). Il neonato, tu+avia, ha cara+eris-che par-colari dovute a vari fa+ori come ad esempio l’immaturità del sistema termoregolatore e di quello immunitario o la sostanziale “aspecificità” dei segni presenta- in caso di patologia. Pertanto non si può escludere che un infermiere triagista, anche con buone competenze, possa non riconoscere o non interpretare segni e manifestazioni in ambito neonatale che depongono per problema-che anche gravi, con la conseguenza di non ges-rle con la dovuta celerità e perizia. Una delle cause che spinge i neo-genitori a richiedere una consulenza sanitaria presso un servizio di emergenza urgenza, può essere rappresentata dalla riduzione nella degenza delle puerpere. Il proge+o di dimissione precoce della Fondazione IRCCS Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, che prevede la dimissione della mamma e del suo bambino non oltre le 48 ore dalla nascita in assenza di complicanze reali o potenziali, da un lato ha permesso un rientro a casa della donna ed una ges-one migliore della degenza post-partum ma dall’altro l’inesperienza e la non conoscenza delle manifestazioni ritenute anormali del neonato concorrono all’aumento del rischio di misconoscimento di segni allarman- che possono comparire dopo la dimissione in terza giornata, come ad esempio l’i+ero o la disidratazione, nonché tu+e le difficoltà legate all’alimentazione ed al corre+o alla+amento. (11, 12) Il neonato, pertanto, è un paziente che necessita di una a+enzione molto par-colare: l’infermiere formato in triage deve possedere delle ulteriori competenze specifiche che gli perme+ano una interpretazione corre+a dell’oggeAvità clinica tale da garan-re efficacia, efficienza ed eventualmente celerità nelle prestazioni sanitarie. Il primo approccio al neonato ed ai suoi genitori, presso un servizio di Emergenza Pediatrica, consta nell’osservazione

Introduzione

Il sistema di “Triage” è uno strumento organizza-vo rivolto al governo degli accessi non programma- ad un servizio per acu- (1); obieAvo del triage all’interno di un Dipar-mento di Emergenza e Acce+azione (DEA) è quello di regolamentare gli accessi assegnando, a ciascun paziente, un codice di priorità basato su reali bisogni di assistenza, dis-nguendo i soggeA a rischio da coloro che possono a+endere, per un tempo superiore, la visita medica. (2,3) La Società Italiana di Medicina d’Emergenza e Urgenza Pediatrica (SIMEUP) ha is-tuito, da oltre 10 anni, una commissione (4) composta da pediatri e da infermieri operan- presso le maggiori stru+ure italiane, che, oltre ad occuparsi di ricerca e formazione, ha elaborato delle Linee Guida basate sulle a+uali evidenze scien-fiche, che mirano alla ges-one efficace ed efficiente della procedura di triage all’interno delle Pediatrie d’Emergenza e nei Pronto Soccorso Pediatrici/Generali. Uno dei risulta- del lavoro della commissione, è stato quello di concre-zzare un Manuale Forma-vo in Triage Pediatrico (5) nel quale sono contenu- 68 protocolli ufficialmente condivisi e u-lizzabili dai triagis- nell’assegnazione dei codici di priorità in ambito pediatrico. La scelta della commissione è stata quella di effe+uare una stesura di Linee Guida che mirassero all’iden-ficazione immediata dell’emergenza-urgenza (codice Rosso, codice Giallo), lasciando libertà alle organizzazioni sanitarie di s-lare linee guida interne basate su valutazioni condivise rela-ve ai codici minori, tenendo conto non solo delle manifestazioni cliniche presentate dal bambino (5,6) ma anche l’aspe+o organizza-vo dei flussi e delle risorse dell’azienda dove si opera. Che il bambino non sia un “piccolo adulto” è un conce+o ormai pienamente condiviso, ma bisogna considerare che anche in pediatria, come per i pazien- adul-, vi è la presenza di fasce d’età par-colarmente “sensibili” quali l’utente neonato (7,8) o i pazien- portatori di patologie croniche invalidan- o rare (9). L’accesso di un neonato al servizio di emergenza pediatrica

Triage pediatrico nel neonato: Triage pediatrico nel neonato: Triage pediatrico nel neonato: Triage pediatrico nel neonato: analisi di una realtà milanese analisi di una realtà milanese analisi di una realtà milanese analisi di una realtà milanese

Barbara Maria Cantoni1, Stefano Maiandi

2, Federica Casa

1, Alessia Rocchi

1, Laura Dell’Era

1

1 IRCCS Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano 2 Azienda Ospedaliera della Provincia di Lodi [email protected]

Abstract Il triage pediatrico è un processo che mira al governo degli accessi non programma% ad un servizio per acu% ed è l’espressione dell’efficacia ed efficienza del servizio di Pronto Soccorso. All’interno della popolazione pediatrica, ci sono pazien% par%colarmente sensibili e meritevoli di a�enzioni speciali: i neona%. Obie(vo. Questa ricerca epidemiologica ha voluto valutare la frequenza degli accessi di neona% pervenu% nel periodo e valutare il processo di triage applicato al fine di s%marne l'accuratezza. Materiali e metodi. Sono sta% estrapola% tu( i casi di bambini di età da 0 a 28gg pervenu% presso il servizio di Pronto Soccorso Pediatrico, valutate le causali di accesso, le codifiche assegnate e la congruenza ai criteri propos% dalla Società Italiana di Medicina Emergenza Urgenza Pediatrica (Simeup). E' stata inoltre considerata la congruenza tra codice di priorità e gravità valutata ex post, nonché il tasso di ricovero in Osservazione Breve Intensiva. Si è voluto inoltre valutare l’applicazione del Percorso Fast-Track denominato “proge�o chiocciolina @” che mira ad una valutazione più celere rispe�o a par%colari classi di pazien%. Risulta%. Nel periodo esaminato sono arriva% al PS pediatrico 219 neona% pari a meno dell’1% degli accessi. Un aspe�o interessante ricavato è rela%vo alla distribuzione dei sintomi al momento del triage: la prevalenza di una causale generica, ovvero sintomi non ben specifica%, si ripropone nella distribuzione delle diagnosi mediche. Questo dato rispecchia la specificità del periodo neonatale nel quale anche dopo vista accurata e l’esecuzione di eventuali esami diagnos%co strumentali, è possibile che non si riesca a definire la causa del sintomo riferito dai genitori. Il codice triage assegnato è risultato appropriato secondo le Linee Guida Simeup nell'82.2% dei casi (100% dei codici rossi e 93.3% dei codici gialli). Il codice triage assegnato è risultato congruo rispe�o alla gravità determinata ex post nel 71.1% dei codici rossi, gialli e verdi. Il tasso di ricovero in OBI è risultato essere del 78,9%, con un tasso di rientro degli ospedalizza% pari al’ 1,4%. Discussione. Il punto di forza del processo di triage applicato al neonato è rappresentato da una buona adesione ai protocolli e alle linee guida condivise. Il proge�o “chiocciolina @” ha determinato un mantenimento o(male del percorso garantendo la riduzione dei tempi di a�esa nei neona%.

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Emergenza-urgenza primaria del bambino (esecuzione del CABD – circula-on, airways, breathing, disability) e nella formulazione di domande chiave che riguardano la “normale” aAvità di un bambino appena nato: mangia?, dorme?, evacua?, piange? Normalmente è proprio il riscontro di una qualsivoglia anormalità in una di queste aAvità di vita che spinge i genitori a condurre il proprio bambino presso un DEA. Le domande poste ai genitori devono risultare complete e devono prevedere risposte chiuse legate alle cara+eris-che delle azioni: − Come mangia, cosa mangia, cosa succede quando mangia − Come dorme, quanto dorme, cosa succede quando non

dorme − Come evacua, quanto evacua, cosa succede quando evacua − Piange, quanto piange, come piange, cosa succede quando

piange A+raverso queste semplici domande, l’infermiere è in grado di raccogliere numerosissime informazioni che possono orientarlo verso l’eziologia del segno anomalo riscontrato dai genitori e focalizzare le ulteriori domande per completare la raccolta anamnes-ca. Non di rado accade che proprio a+raverso questo -po di domande si riscontrino problemi diversi, che definiscono una priorità di accesso alla visita sostanzialmente diversa dai segni denuncia- all’arrivo al Pronto Soccorso da parte dei genitori. Rela-vamente a quanto sopra descri+o, il Pronto Soccorso Pediatrico della Clinica De Marchi di Milano, ha voluto valutare le cara+eris-che dei neona- che si sono presenta- presso la nostra stru+ura, al fine di effe+uare un’indagine epidemiologica e comprendere se il processo di triage effe+uato è risultato essere sensibile e specifico. Obie�vo

L’obieAvo primario è stato quello di effe+uare una indagine epidemiologica quali-quan-ta-va, mirata alla valutazione della sensibilità e della specificità del processo di triage in tuA gli accessi neonatali (età 0-28gg) presso l’U.O di Pediatria ad orientamento Emergenza Urgenza- Pronto Soccorso Pediatrico, della Clinica Pediatrica de Marchi, Fondazione IRCCS Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano durante l’anno 2011. Materiali e Metodi

Analisi retrospeAva degli accessi neonatali a+raverso database informa-zzato di acce+azione pazien-. Sono sta- calcola-:

− Frequenza assoluta del numero degli accessi neonatali − Valutazione della causa di accesso − Codice colore assegnato − Tasso di ricovero in degenza ordinaria − Tasso di ricovero in Osservazione breve intensiva

Inoltre, è stata analizzata l'appropriatezza del codice di priorità assegnato dall'Infermiere triagista e la sua congruenza con il codice di gravità assegnato dal medico. La valutazione di appropriatezza e congruenza è stata effe+uata da una commissione di esper- composta da infermieri triagis- e da medici pediatri appartenen- alla commissione SIMEUP sul triage pediatrico. Risulta

Epidemiologia della popolazione neonatale al PS Pediatrico

Il numero degli accessi pediatrici nell’anno 2011 presso il servizio di Pronto Soccorso Pediatrico della Clinica de Marchi, è stato di 24765. Di ques- 2456 sono sta- gli accessi di bambini entro l’anno di età e di ques- ul-mi 219 sono risulta- essere neona-, ovvero lo 0,88%. Il numero degli accessi neonatali è stato sostanzialmente invariato se si confronta il dato con quello dell’anno 2010 Il mo-vo che ha determinato la richiesta di prestazione sanitaria e di conseguenza la causale evidenziata dal triagista è stata per il 51,1% dei casi (n=112) una manifestazione non facilmente descrivibile che il triagista ha raggruppato all’interno di una generica “altra sintomatologia pediatrica”. Valutando le schede di triage con questa causale sono descriA segni e sintomi aspecifici, che hanno impedito di classificare in modo certo il “sintomo principale” e di conseguenza u-lizzare il corre+o algoritmo di triage. (Figura

1). Nelle schede analizzate emerge la descrizione di segni “fisiologici” o “para-fisiologici” oppure di rilevazioni valutate dai genitori ma non emerse durante la valutazione da parte del triagista, come ad esempio: movimen- anomali degli occhi, delle mani, smorfie, presenza di ura- sul pannolino, valutazione di ecchimosi che sono però risultate essere chiazze mongoliche ectopiche, rigurgi-, confusi con vomito, caput succedaneum, presenza di ghiandole salivari secondarie, noduli di Bohn o Perle di Epstein. Le causali maggiori individuate a+raverso l’iden-ficazione del sintomo principale, sono di cara+ere respiratorio con 36 casi (dispnea-tosse-apnea pregressa) pari al 16,4% dei casi, seguono i problemi lega- al “pianto del bambino” con il 10% dei casi ed i problemi gastrointes-nali con il 6,5% dei casi. La piressia, che per un neonato depone sempre per un quadro molto grave, è stata rilevata nel 4,1% dei casi. Nel neonato, lo strato del derma è più soAle rispe+o al la+ante ed al bambino, pertanto non è infrequente l’accesso ad un servizio di emergenza pediatrica da parte di genitori che conducono il proprio figlio per problema-che ineren- presunte patologie cutanee o affezioni dermatologiche. Nella determinazione delle causali di accesso, “eruzione cutanea” è stata indicata nel 2,2% dei neona-, anche se analizzando le schede riportan- “altra sintomatologia pediatrica” questa è risultata essere ben l’11% dei casi ovvero 24 neona-, ponendola come problema principale immediatamente dopo le manifestazioni di cara+ere respiratorio. Tali problemi cutanei (rossore al volto, lesioni da gra+amento al volto, eruzione/arrossamento ai genitali, foruncoli sul nasino, arrossamento alle mani, rash cutaneo total body) al triage sono sta- classifica- come codici bianchi nel 62% dei casi, codici verdi nel 37% e codici gialli nello 0.8%. I codici di priorità. Come abbiamo so+olineato precedente-mente, il neonato è da considerarsi una fascia di età par-colarmente sensibile e pertanto meritevole di un’a+enzione par-colare. Il processo di triage pediatrico prevede il momento definito della “rivalutazione” che viene effe+uato dopo la prima assegnazione di Codice Colore, ed eseguito sicuramente nelle codifiche in Emergenza differibile (codice Giallo) ogni 5 minu-, e nelle Urgenza differibile (codice Verde) ogni 30 minu-.

Analysis of triage activity on newborns at a Pediatric Emergency Department in MilanAnalysis of triage activity on newborns at a Pediatric Emergency Department in MilanAnalysis of triage activity on newborns at a Pediatric Emergency Department in MilanAnalysis of triage activity on newborns at a Pediatric Emergency Department in Milan Pediatric triage aims at managing unplanned access to Emergency Departments (ED). Due to their par%cular characteris%cs, newborns accessing an ED are at risk of being underevaluated during triage procedures. Goal. Epidemiological study about newborn’s pediatric triage, in a pediatric ED in Milan, Italy. Materials and Methods. Retrospec%ve analysis of neonatal accesses with regards to rela%ve frequency, assessment of the reason for access, color code assigned, adequacy of color code according to exis%ng guidelines, consistency between priority code and severity code assigned. Results. Results. 219 newborns were admi�ed to the ED in study period (1% of total). Triage color code was adequate according to Italian guidelines in 82.2% of cases (100% of red codes and 93.3% of yellow codes). Triage color codes resulted consistent to sverity codes assigned ex post in 71% of red, yellow and green codes. The rate of hospitaliza%on was 78.9%, with a re-admission rate of 1.4% Discussion. A good triage process requires good adherence to guidelines. Our data show an acceptable level of performance at the ED of study

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La codifica in codice Rosso e quella in codice Bianco, non prevedono solitamente la pianificazione da parte dell’infermiere triagista o flussista della rivalutazione in quanto, nel primo caso il paziente accede immediatamente alla visita medica, e nel secondo la sintomatologia non riveste cara+ere di urgenza e le manifestazioni sono riconducibili a problemi non urgen- che possono trovare soluzione in percorsi alterna-vi (6,5). Ma proprio come definito precedentemente, SIMEUP indica algoritmi di tra+amento condivisi che mirano all’iden-ficazione dei codici ad alta priorità, lasciano la possibilità alle singole organizzazioni di definire i percorsi oAmali per i codici minori. Solitamente per tutelare il neonato cha accede alla stru+ura di un DEA, difficilmente ed anche in caso di manifestazioni “fisiologiche” ed in presenza di una sola “urgenza soggeAva parentale” viene assegnata la codifica non urgente in Codice Bianco. Nella nostra organizzazione è stato deciso di u-lizzare un fast-track descri+o nella procedura di triage pediatrico aziendale, rela-vo all’accesso dei pazien- “sensibili”, ovvero pazien- cronici, portatori di patologie rare o pazien- in età neonatale: l’urgenza “chiocciolina @”. Il triagista, qualora si trovi a valutare ques- par-colari pazien- e nel caso debba assegnare una codifica in codice Verde o Bianco, inserisce anche il simbolo “@”. Questa simbologia inserita nella scheda di triage, compare accanto al codice colore, nella schermata riassun-va del pediatra, perme+endogli di visualizzare immediatamente la “sensibilità” del paziente che, a parità di codifica, è meritevole di una chiamata rela-vamente più sollecita. Questa determinazione di percorso breve, ha permesso alla nostra U.O di poter lasciar assegnare al triagista tuA i codici di priorità defini- dalla norma-va (1), indicando unicamente al pediatra la necessità di una par-colare

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Emergenza-urgenza

a+enzione a ques- “bambini speciali”. La figura 2 mostra la distribuzione di codifiche “chiocciolina @” nei qua+ro codici colore nel periodo considerato. Appropriatezza di assegnazione del codice colore di priorità.

La valutazione dell’appropriatezza della codifica di priorità, è stata o+enuta valutando le schede di triage dei pazien- e ponendole in confronto con l’adesione ai protocolli in a+o ed alle manifestazioni descri+e dal triagista (14). La commissione degli esper- composta da infermieri triagis- e da medici pediatri appartenen- alla commissione SIMEUP sul triage pediatrico, ha dato i risulta- riporta- nella tabella 3. La percentuale di “non appropriatezza” del codice colore, è risultata pari al 17,8% delle schede, con una sovras-ma nelle codifiche in codice Verde in 33 casi ed una so+os-ma di codice da Verde a Giallo di 3 e di un codice Giallo a Rosso dovuto agli over range di parametri vitali. Congruenza tra codice di priorità e codice di gravità

assegnato. Uno dei processi di verifica lega- alla qualità del percorso di triage è svolto anche a+raverso la congruenza che esiste tra la codifica di triage assegnata dal triagista e quella di gravità determinata a termine visita dal medico. I da- di confronto sono rappresenta- nella tabella 4. Analizzando i da- di quest’ul-mo grafico, si può notare che esiste congruenza tra “codice di priorità” infermieris-co assegnato in triage ed i “codici di gravità” assegna- al termine della visita dal medico pediatra che aveva in carico il paziente. Valutando le schede di dimissione ospedaliera si nota che in ben 28 occasioni il pediatra ha indicato come diagnosi “visita di controllo in neonato”; ciò porta a ritenere che l’emergenza primaria non fosse clinico-oggeAva bensì soggeAva genitoriale. A completamento del quadro, sono state analizzate anche le schede di dimissione medica. La figura 5

Figura 1: distribuzione delle causali di accesso dei neopna nelle schede di triage

Figura 2: distribuzione di codifiche “chiocciolina @” nei qua.ro codici colore riporta la distribuzione delle diagnosi indicate nelle schede di dimissione medica dei neona-. Tasso di ricovero. Presso i Pronto Soccorso (PS) Pediatrici, sono presen- le aAvità denominate Osservazione Breve Intensiva (OBI). Iniziata negli anni '70 nei dipar-men- d'emergenza degli Sta- Uni-, l'OBI si è poi diffusa rapidamente negli altri paesi occidentali, fra cui l'Italia, per rendere il lavoro più efficace e sopra+u+o performante e sicuro per il paziente. Il ricovero in OBI, a seguito dell’accesso al Pronto Soccorso, perme+e di osservare e monitorare il paziente nonché di procedere al tra+amento di quadri clinici di moderata

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Emergenza-urgenza tra+amento terapeu-co. TuA i bambini che hanno effe+uato un reingresso al PS, erano sta- so+opos- ad un periodo di OBI. Il “follow up” effe+uato a ques- neona-, ha evitato un ricovero presso le stru+ure pediatriche ed ha potuto perme+ere la valutazione dell’andamento clinico della patologia ed in tuA i casi di reingresso si è assis-to ad un miglioramento del quadro clinico. Pertanto, Il tasso di reingresso -calcolato sul numero di neona- che hanno effe+uato una visita in regime di pronto soccorso decurtato dai follow-up conseguen- all’OBI e dei ricoveri- è risultato essere 1.36%. Discussione

I risulta- emersi da questa ricerca non sono sicuramente generalizzabili ed esportabili a tu+e le realtà pediatriche italiane; il duplice obieAvo era da un lato puramente epidemiologico, dall’altro voleva evidenziare come sia possibile effe+uare una poli-ca di valutazione della qualità erogata, a+raverso l’analisi di par-colari classi di pazien-. Il neonato nella nostra realtà incide per poco meno dell’1% sul totale degli accessi nonostante che la presenza della Clinica Mangiagalli nella stessa stru+ura ospedaliera, con circa 7000 par-/anno, determini una sorta di “affiliazione”. L’aspe+o interessante emerso è rela-vo alla distribuzione dei sintomi al momento del triage: la prevalenza di una causale generica, ovvero sintomi non ben specifica-, si ripropone nella distribuzione delle diagnosi mediche. Questo dato rispecchia proprio la specificità del periodo neonatale nel quale anche dopo vista accurata e l’esecuzione di eventuali esami diagnos-co strumentali, può accadere che non si riesca con precisione a definire la causa del sintomo riferito dai genitori. I nostri da- suggeriscono che il processo di triage sul neonato ha come pun- di forza una buona adesione ai protocolli. Per quanto riguarda il tasso di ospedalizzazione, questo ha garan-to un’assistenza oAmale del bambino con un ricorso all’osservazione breve al 78,9% dei casi ed un tasso di rientro degli ospedalizza- pari al’ 1,36% determinando un buon indicatore di efficacia. Un aspe+o cri-co, riguarda l’“undertriage” ovvero la so+os-ma di codice di priorità assegnato al neonato. La so+os-ma evidenziata riguardava 1,87% dei neona- valuta-. Il gruppo di lavoro ri-ene che questa cri-cità potrebbe essere risolta apportando alcune modifiche sulla scheda di triage informa-zzata, inserendo key-word strategiche che indirizzino il triagista non solo alla corre+a individuazione della causale di accesso ma anche ad una determinazione di codice colore più appropriata.

Codice

Colore Appropriato

Non

appropriato

%

appropriatezza

Rosso 2 0 100.0

Giallo 14 1 93.3

Verde 140 33 80.9

Bianco 24 5 82.8

Tabella 3: appropriatezza dei codici di priorità assegna ai neona

Codice

Colore Triage Gravità

%

congruità

Rosso 29 77 37.6

Giallo 121 173 69.9

Verde 15 18 83.3

Bianco 2 3 66.7

Tabella 4: congruità tra codice triage e gravità

Figura 5: distribuzione delle diagnosi indicate nelle schede di dimissione medica

complessità, per tempi non superiori alle 24 ore e con cara+eris-che di intensità di u-lizzo delle risorse diagnos-che e terapeu-che analoghe a quelle del PS, al fine di evitare ricoveri non necessari e dimissioni improprie, assicurando condizioni di sicurezza per il paziente. A+raverso l’OBI, infaA, possono essere a+ua- rapidi percorsi diagnos-ci e terapeu-ci, con risulta- apprezzabili per il paziente e con il vantaggio di un risparmio economico rispe+o ad un pari risultato o+enuto mediante un ricovero. L’aAvità di OBI è regolamentata in base a una serie di criteri che determinano quali pazien- si possono avvalere di questo -po di ges-one, quali sono le terapie e gli iter diagnos-ci da me+ere in a+o, quali sono i termini che regolano la dimissione del paziente dall’OBI verso il domicilio o verso un ricovero più prolungato: uno dei criteri di appropriatezza al ricovero in OBI riguarda dire+amente il neonato. (15,16). Nel periodo di studio, su 219 neona- giun- al PS pediatrico, 173 sono sta- ricovera- in OBI, con un tasso di ricovero del 78.9%. Questa ospedalizzazione così frequente è legata principalmente al tempo necessario ad osservare il neonato per giungere ad una diagnosi corre+a. Anche in questo caso sono state rispe+ate le linee guida definite dalla Società Italiana di Pediatria che suggerisce un ricovero precauzionale in OBI per questa par-colare e sensibile fascia di età (16). A seguito del ricovero in OBI, solo 12 neona- su 219 hanno

dovuto essere ricovera- per un periodo superiore alle 48 ore al fine di valutare la sintomatologia ed iniziare le procedure terapeu-che del caso. I ricoveri sono avvenu- in Pediatria d'urgenza (n=4), Patologia Intermedia (n=1), Terapia intensiva (n=1) e Patologia neonatale (n=6). Un ulteriore dato che valuta l’efficacia del processo clinico assistenziale, è rappresentato dai tassi di rientro, ovvero i pazien- che entro le 24 ore o 7 giorni dalla dimissione, riaccedono al servizio DEA. Essi sono considera- indicatori specifici di efficacia. (17) Nella popolazione studiata, il numero dei pazien- che si sono ripresenta- al servizio di Emergenza pediatrica è stato di 11. Per 8 di ques- si tra+ava di un “rientro programmato” richiesto dallo stesso pediatra di guardia per valutare l’andamento del bambino ed un controllo sull’efficacia del

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Ringraziamen un sen%to e par%colare ringraziamento a due pediatri straordinari: al Dr. Ba(sta Guidi, Responsabile del Gruppo Triage Pediatrico della SIMEUP, responsabile della Pediatria dell’ospedale di Pavullo (Modena), ed alla D.ssa Emanuela Picco(, pediatra del Pronto Soccorso Pediatrico IRCCS Giannina Gaslini di Genova, anch’essa componente del Gruppo Triage Pediatrico SIMEUP.

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Emergenza-urgenza

La rivista "CHILDREN’S NURSES - Italian Journal of Pediatric Nursing Science" prende in considerazione per la pubblicazione contributi originali in italiano ed in inglese su argomenti di infermieristica pediatrica e neonatologica. I lavori possono essere sotto forma di articoli di ricerca originale, revisioni della letteratura, esperienze professionali, lettere alla redazione ed ogni altro tipo di lavoro originale che fornisca un contributo significativo ed utile per la pratica clinica degli Infermieri di area pediatrica. I manoscritti devono essere preparati seguendo le norme per gli Autori pubblicate di seguito, che sono conformi agli Uniform Requirements for Manuscripts Submitted to Biomedical Editors editi a cura dell’International Committee of Medical Journal Editors (Ann Intern Med 1997;126:36-47). La redazione mette a disposizione il proprio supporto per la corretta preparazione dei manoscritti. Per contattare la redazione e ricevere informazioni al riguardo, inviare una email a [email protected] o chiamare il 366 1776066. I lavori devono essere preparati in italiano ed inviati per posta elettronica all'indirizzo email

[email protected] Il testo dovrà essere preparato in formato .doc o .rtf. I lavori sottoposti a "Infermieri dei Bambini -GISIP" verranno inviati per la valutazione ad esperti esterni. Gli autori riceveranno una notifica di ricevimento dell'articolo e, non appena disponibile, il giudizio dei revisori e la decisione dell'editore. I manoscritti sottoposti a "Infermieri dei Bambini -GISIP" non devono essere già stati pubblicati e, se accettati, non dovranno essere pubblicati altrove né integralmente né in parte. Tutto il materiale iconografico deve essere originale. L’iconografia tratta da altre pubblicazioni deve essere corredata dal permesso dell’editore. La rivista recepisce i principi della Dichiarazione di Helsinki e tutte le ricerche sottoposte alla redazione che coinvolgano esseri umani devono essere state condotte in conformità ad essi. Dopo l'accettazione tutti gli autori dovranno inviare alla redazione la seguente dichiarazione: "I sottoscritti autori trasferiscono la proprietà dei diritti di autore alla rivista Infermieri dei Bambini -GISIP, nella eventualità che il loro lavoro sia pubblicato sulla stessa rivista. Essi dichiarano che l’articolo è originale, non è stato inviato per la pubblicazione ad altra rivista, e non è stato già pubblicato. Essi dichiarano di essere responsabili della ricerca, che hanno progettato e condotto e di aver partecipato alla stesura e alla revisione del manoscritto presentato, di cui approvano i contenuti. Dichiarano inoltre che la ricerca riportata nel loro lavoro è stata eseguita nel rispetto della Dichiarazione di Helsinki". L’invio di un manoscritto per la pubblicazione comporta, in caso di accettazione, l’automatica autorizzazione all’utilizzo dell’articolo per gli eventi formativi ECM della SISIP. I manoscritti dovranno essere redatti con spaziatura doppia in carattere 12, non dovrà superare le 20 cartelle e non dovrà contenere più di 60 citazioni bibliografiche. L’articolo di ricerca deve essere di norma suddiviso nelle sezioni: introduzione, materiali e metodi, risultati, discussione, conclusioni. Nell’introduzione sintetizzare chiaramente lo scopo dello studio. Nella sezione dei materiali e metodi descrivere in sequenza logica come è stato impostato e portato avanti lo studio. Nella sezione dei risultati dare le risposte alle domande poste nell’introduzione. I risultati devono essere presentati in modo completo, chiaro, conciso eventualmente correlati di figure, grafici e tabelle. Nella sezione discussione riassumere i risultati principali, analizzare criticamente i metodi utilizzati, confrontare i risultati ottenuti con gli altri dati della letteratura, discutere le implicazioni dei risultati. Le revisioni devono trattare un argomento di attualità ed interesse, presentare lo stato delle conoscenze sull’argomento, analizzare le differenti opinioni sul problema trattato, essere aggiornato con gli ultimi dati della letteratura. Ogni manoscritto dovrà includere, nella pagina iniziale, l'indicazione del nome e cognome di tutti gli autori, dell'istituzione di appartenenza, il nome, indirizzo, numero telefonico e e-mail dell’autore al quale dovranno essere inviate la corrispondenza, riferimenti di eventuali Congressi ai quali il lavoro sia già stato presentato, menzione di eventuali finanziamenti ricevuti, ringraziamenti. Dovrà essere anche preparato un riassunto (abstract) di circa 200 parole contenente gli elementi più importanti del lavoro presentato. La bibliografia deve comprendere i soli lavori citati nel testo. La bibliografia va numerata con numeri arabi in ordine consecutivo di prima citazione nel testo. Il richiamo delle voci bibliografiche nel testo deve essere fatto con numeri arabi posti tra parentesi. La bibliografia deve essere citata nello stile standardizzato approvato dall’International Committee of Medical Journals Editors. Per ogni voce bibliografica si devono riportare il cognome e l’iniziale del nome degli Autori (elencare tutti gli Autori fino a sei, se sette o più elencare solo i primi sei nomi seguiti da: et al.), il titolo originale dell’articolo, il titolo della rivista (attenendosi alle abbreviazioni usate dall’Index Medicus), l’anno di pubblicazione, il numero del volume, il numero di pagina iniziale e finale. Nelle citazioni bibliografiche seguire attentamente la punteggiatura standard internazionale come esemplificato di seguito: Esempio di articolo: Palese A, Lamanna F, Di Monte C, Calligaris S, Doretto M, Criveller M. Quality of life in patients with right- or left-sided brain tumours: literature review. J Clin Nurs 2008;17:1403-10. Esempio di libro: de Martino M. Pediatria. 2012, Edises, Napoli

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Children’s Nurses - Italian Journal of Pediatric Nursing Sciences 2012; 4 (3)

Malattie infettive

Silvia Audi Grive.a1-2

, Chiara Boggio Gilot1-2

, Marisa Coggiola1-2

, Federica Mignone3, Erika Silvestro

3,

Giancarlo Orofino4-5

, Pietro Alni5-6

, Caterina Di Chio5, Clara Gabiano

3

1- School of Nursing, Catholic University of the Sacred Heart, Rome, Italy 2- Co�olengo Hospital, Li�le House of Divine Providence, Turin, Italy 3- Department of Paediatrics, University of Turin, Turin, Ital. 4 -Department of Infec%ous Diseases, Amedeo di Savoia Hospital, Turin, Italy 5- Arcobaleno AIDS, Volunteer Associa%on, Turin, Italy 6- School of Nursing, University of Turin, Turin, Italy [email protected]

HIV positive youth’s healthcare transition HIV positive youth’s healthcare transition HIV positive youth’s healthcare transition HIV positive youth’s healthcare transition from pediatric to adult service: from pediatric to adult service: from pediatric to adult service: from pediatric to adult service:

nursing implications nursing implications nursing implications nursing implications Abstract

Progress in medicine and pharmacology improved the prognosis of children affected by a chronic disease. An increasing number of children born with HIV are living into adulthood. The change of needs care during adolescence leads to the need of healthcare transi%on to adult care for HIV posi%ve adolescents. This transfer is o@en ineffec%ve and problema%c. Goal. The aim of this study was to iden%fy obstacles and possible areas of improvement in HIV posi%ve pa%ents’ healthcare transi%on and nursing implica%ons in this process. Methods. The study explored personal percep%ons and experiences of young people transi%oned from pediatric to adult care. A semi-structured interview was administered to seven HIV posi%ve pa%ents who transi%oned from a pediatric to an adult service. Results. Transi%on was posi%ve for four young people and nega%ve for three. The perceived difficul%es were: different kind of care, rela%onship with a different pa%ents’ type, organiza%onal difficul%es, reluctance of leaving the pediatric team. Pediatric nurses were considered a help in transi%on by four pa%ents. Young adults iden%fied the need of improving the process leading to pa%ents' preparedness, rela%onship with doctors and nurses, healthcare con%nuity, organiza%onal and structural care system. Clinical, rela%onal and social complexity of HIV posi%ve adolescents and young adults needs require the presence of a nurse helping the pa%ent to reach a condi%on of more autonomy and responsibility.

and access to services (2). A compromised healthcare transi-on may lead to care interrup-on and poor adherence to therapies. The transi-on process for youths with a chronic illness or a disability must face a number of barriers to transi-on success. Some of these obstacles to transi-on may be par-cularly relevant for HIV posi-ve adolescents. Social discrimina-on, possible loss of parents with acquired immunodeficiency syndrome (AIDS), awareness of being vehicle of infec-on, psychological problems may make the transi-on process for this kind of pa-ents par-cularly complex (3-5). The main obstacles and changes related to the healthcare transi-on of adolescents and young adults with HIV disease, highlighted by current literature may be summarized in different care models and structural differences, different kind of pa-ents, transi-on hesitance, lack of communica-on,

Introducon

Advances in medical care, technological progress and a be+er training of pediatric healthcare providers have improved the prognosis of children living with chronic illness and disabili-es. It is es-mated that more than 90% of children with chronic healthcare problems survive beyond their 20th birthday (1). The advent of highly ac-ve an--retroviral therapy (HAART) in the treatment of human immunodeficiency virus (HIV) infec-on has significantly improved the prognosis of HIV-posi-ve subjects, also in pediatric age. Children who acquired HIV in the 1980s and 1990s are now adolescents or are living into adulthood with a chronic disease. Adolescence is a phase of profound psychological and social change for all young people and their families. For young people with a chronic illness or a disability this period of life is par-cularly difficult also due to changes in their care needs

La transizione dei giovani HIV positivi dalle cure pediatriche a quelle adulte: implicazioni infermieristiche I progressi medici e farmacologici in tema di HIV/AIDS hanno migliorato le aspe�a%ve di vita di bambini e adolescen% infe(. Il cambiamento dei bisogni di cura nel periodo adolescenziale determina la necessità della transizione dell’adolescente HIV posi%vo alle cure adulte, “passaggio” spesso difficoltoso e inefficacie. Obie(vo. L'intento di questo studio è stato quello di iden%ficare gli ostacoli e le possibili aree di miglioramento nella transizione dei pazien% HIV dalle cure pediatriche a quelle adulte e di esaminare le implicazioni infermieris%che di questo processo. Sogge( e metodi. Lo studio, qualita%vo, ha esplorato le percezioni e le esperienze personali di giovani adul% che sono transita% dalle cure pediatriche a quelle per adul%. Se�e giovani HIV-posi%vi sono sta% so�opos% ad un'intervista semistru�urata. Risulta%. La transizione è stata un'esperienza posi%va per qua�ro sogge( e nega%va per tre.Le difficolta percepite nella transizione sono state: diverso %po di assistenza ricevuta, rappor% con un diverso %po di pazien%, difficoltà organizza%ve, rilu�anza a lasciare l'équipe di cura pediatrica. I giovani intervista% hanno espresso la necessità di migliorare il processo di transizione con riguardo alla preparazione dei pazien%, alla relazione con medici e infermieri, alla con%nuità delle cure, all'organizzazione e alle stru�ure. La complessità clinica, relazionale e sociale dei bisogni degli adolescen% e dei giovani adul% HIV posi%vi richiede la presenza di infermieri che aiu%no il paziente a raggiungere un maggiore autonomia ed una maggiore responsabilità

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Original research

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Malattie infettive

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and, in case of one boy, the lack of parents’ consent. Mean age of par-cipants was 22,7 years: four ranged from 19 to 22 years and three from 23 to 27 years of age. The majority of them were female (4/7). The principal mode of HIV acquisi-on was ver-cal (5/7), but two Romanian pa-ents acquired the virus through health care malprac-ces. Four subjects were of Italian origin. Nobody was studying and the majority (5/7) had an employment. Only one pa-ent, an Italian girl, had a university degree. The majority (4/7) had finished high school. Four par-cipants lived with their biological father or mother; one had been adopted. Only one had a child. Other demographic characteris-cs of enrolled subjects are summarized in table 1. The majority of pa-ents defined their transi-on experience as posi-ve. The process was “easy” for three and “very easy” for one. These four adolescents were all accompanied during the passage by some important person: one pa-ent by his HIV-posi-ve mother who presented him to her personal adult healthcare provider, two by “Arcobaleno AIDS” associa-on’s volunteers, one by a known person who worked in the adult hospital. Three pa-ents lived the transi-on nega-vely: it was “very difficult” for two and “difficult” for one. They all had in common the difficulty in rela-ng both with the adult team and with HIV posi-ve adult pa-ents. The majority (4/7) said that transi-on was “as they expected it to be”. All of them judged the changeover posi-vely except one who defined it “very difficult”. All responses to the ques-onnaire are summarized in the following thema-c areas, according to the fields examined in current literature. A) Healthcare transi-on difficul-es Care differences between pediatric and adult services (4/7): “… pediatricians follow you up perfectly. If you don’t go to a visit, they call you. In adult service you have to manage on your own. Obviously at the beginning it’s strange. It’s really a new thing”. Difficul-es in rela-ng with a different type of pa-ents in adult service (3/7): “… in the transi%on from the pediatric hospital to the adult one I also felt the difference...having to deal with a certain type of persons, against whom, oh God, I have nothing … ”.

Organiza-onal differences between the two services (2/7): “It’s difficult to book an appointment with the adult clinic and for clinical exams. There (in the pediatric hospital) they used to do everything on the same appointment: clinical exams, medical visit and even gave you medica%ons”.

poor evalua-on of transi-on readiness (1-3,5,6).

Goal

The aim of our study was to iden-fy the healthcare barriers and the possible area of improvement in transi-on for HIV posi-ve adolescents, through pa-ents’ personal percep-on. Second, we tried to define the nursing implica-ons in providing care to HIV-posi-ve young adults transi-oning to adult care.

Methods

The study addressed 12 HIV-posi-ve adolescents and young adults who lived the transi-on from a pediatric infec-ous disease department to an adult infec-ous disease service in Turin during the period 2006-2010. Each one of the 12 selected pa-ents was contacted by phone by the adult infec-ous diseases personal healthcare provider and was asked whether he/she would be interested in par-cipa-ng in a study designed to analyze the subjec-ve percep-on of the personal transi-on experience to adult care. The young people who agreed were informed by the interviewer that the study consisted of a semi-structured interview during which they would have to answer a number of ques-ons, concerning their personal percep-on of healthcare transi-on, personal rela-onship with pediatric providers and nurses and with adult ones, social and family rela-onships, school, civil and working state. The transi-on semi-structured interview was designed by inves-gators to analyze factors iden-fied in literature as obstacles to a successful transi-on, to determine the fields for improvement and to define the nursing role in the HIV posi-ve adolescents’ healthcare transi-on. The strategy used was the analysis of the pa-ents’ personal percep-on about their transi-on experience. The semi-structured interview was prepared referring to a telephone transi-on follow up interview designed by Wiener (3). The interview was composed by 34 ques-ons. Some ques-ons concerned personal percep-on of transi-on to adult care, rela-onship with family, with pediatric and adult healthcare providers and nurses, communica-on with doctors and nurses, medical visits in the two services, personal interest about own health’s problem. The last four ques-ons were formulated using the narra-ve technique. This strategy aimed to evoke emo-ons, to recall events, facts and personal experiences and give them a meaning. Demographic informa-on was asked, including age, gender, admission’s date to adult service, educa-on, academic and working status, living arrangement and whether the pa-ent had children. An informed consent form was also prepared, which was read and completed by pa-ents before the interview and afer the oral informa-on. Interviews lasted approximately 30 minutes and were hand- and sound-recorded. The recorded material was transcribed and then destroyed afer each mee-ng. The pa-ent’s emo-onal reac-ons and the interviewer’s percep-ons were wri+en down. The quan-ta-ve data were reported in tables and graphs using Excel spreadsheet. The qualita-ve analysis was conducted in the following way: repeated reading of interviews, answers classifica-on into thema-c fields according to current literature, iden-fica-on within the answers of fragments related to the iden-fied thema-c fields. Confiden-ality in data collec-on and elabora-on was granted.

Results

Seven out of twelve ini-ally iden-fied HIV-posi-ve young people joined the study. Principal causes of five pa-ents’ non involvement in the study were the lack of telephone contacts

Employment status n

Job 5 School 0 Unemployed 2

Marital status Single 4 Engaged 3

Living arrangement Biological father 1 Biological mother 2 Grandmother 1 Biological mother and grandmother 1 Partner 1 Adop-ve parents 1

Time in adult service Mean years 2,7

Table 1: Demographic characteriscs of study parcipants

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100

Malattie infettive adult’s one. Three of them perceived a change in communica-on with adult’s doctors: “… they (adults’ doctors) don’t ask me anything more than if I take precau%ons (during sexual ac%vity)”; “they (pediatric providers) talk in an easier language for children, with words like...., while here (adults’ center) they tell you things directly and bluntly”.

E) Time dedicated to the clinical visit Underlined clinical visit differences between pediatric and adults’ services were both in terms of length and method. The medical visit in the pediatric center lasted an average of 30 minutes. Four pa-ents reported that medical visit, clinical exams and choice of therapy took place on the same day. The majority of pa-ents reported a feeling of reassurance at the end of the visit in pediatric center, whereas in the adults's center it was of indifference. Two said that clinical visits in the adults’ center only consisted of a dialogue with the doctor. Two pa-ents underlined they had to address themselves to their general prac--oner for problems other than HIV and an--retroviral therapy.

F) Rela-onship with the HIV-posi-ve adults of the service The inevitable confronta-on with HIV posi-ve adult pa-ents caused worry, anger, resentment, incapability to accept own health problem, reluctance, projec-on of own parents in HIV posi-ve pa-ents of the center: “here (adults’ service) you see people who belong to the same category as the persons (parents) who gave you this thing … This thing (HIV), given to you by your own mother, has too many complica%ons. This is what gives you resentment and anger … Every %me that I have to come here (adult service) I get anxious for having these people around me … I really feel racist against them because a person like them has destroyed my life …”, “when you come here, you confront yourself with a reality of people who in a way asked for it (HIV), they just plainly asked for it because, in any case, you know how you can take it (HIV) and pass it on…”; indifference: “… indifferent because here (adult service) there are a lot of different pa%ents and diseases. I expected it because I had already come here with my mom … If I know them (pa%ents), I don’t know, (I think) that I’m not the only one having to come here, not the only one who did the passage (transi%on)”; sorrow: “let’s say I’m sorry for the lot of people who are here (adult service) …”.

G) Healthcare transi-on’s improvement Readiness for transi-oning: “… being prepared before … should do 3 months here (adult hospital) and 3 months there (pediatric hospital) …”, “… they (the providers) should have a mee%ng before … they should do a step at a %me, that’s maybe you pass to this ward, maybe they should assigned two special doctors or nurses for people who transi%on from a reality like that (pediatric service) to this (adult service) and then, a@er a while, you come here …”; rela-onship with doctors; con-nuity of care: “maybe follow you up more at the beginning … Pediatricians should really be present at first three or four visits, not much, … they should listen to the pa%ent, con%nue to listen to him even only sporadically, but con%nue to listen to him”; structure and organiza-on: “since there are too many wards here, I would suggest to organize a separated wai%ng room, to divide the doctors’ offices …”, “I would suggest this hospital to make a division, that is, a separa%on of persons who have a certain type of things from those who have different ones …”.

Discussion

This analysis of the transi-on process gives word to young seroposi-ve subjects who lived this experience. During their

In-mate and personalized rela-onship lived with pediatric team (2/7): “… I was very close to pediatrician and everyone, while here (adult center) I don’t know anyone”.

A young woman said that for her it was very difficult to go in a hospital which, in common opinion, is associated with AIDS and drug addic-on: “… because, anyway, AIDS (the adult hospital) is associated with HIV and drug addic%on. Let’s talk frankly: only few people know that here (in the adult service) also diseases other than drug addic%on and HIV are treated. But the structure itself, perhaps for its name, perhaps for the place or perhaps for some other reason it’s known for that”. B) Support to healthcare transi-on Five pa-ents, all living with one of their parents or both, felt the family was a helping subject during the transi-on process. Six felt the pediatric provider was of help, while only one underlined the support of the adult one. Two pa-ents declared having been helped by the “Arcobaleno AIDS” associa-on’s volunteers. The nurse was considered of help during transi-on by four respondents; of these, only one designed as helpful the support of adults’ nurses while the other three exclusively iden-fied as helpful the pediatric ones. C) Rela-onship with pediatric and adult teams For all subjects the rela-onship with pediatric healthcare providers and nurses was based on “mutual trust” and “respect”. The atmosphere in the pediatric seAng was described as “familiar”: “… a good rela%onship, honest and open (silence) … I always said everything, whether I took or not the treatments”; “It was very good … that is, for every problem you had they (the pediatric team) immediately gave you something. Here (in adult service) it is not so, here we only talk of the disease and nothing else”. For the majority of pa-ents, the rela-onship with adult provider was based on “mutual trust” (6/7) and on “mutual respect” (5/7). In spite of that, young people perceived a change in rela-onship with the new team. The recurrent words concerning the rela-onship with adult provider were “doctor-pa-ent rela-onship”, “less individual rela-onship”. Two people said that dialogue with their pediatric provider went beyond disease and therapy, while with the adult ones it concerns the disease only. One reported “detachment” and “lack of trust” with the new provider. The atmosphere of care was also described different, not as “familiar” as that of the pediatric seAng (5/7). Rela-onship with pediatric nurses was posi-ve for all the sample pa-ents. The bond with pediatric nurses was associated to concepts as “home”, “family”, “maternal link”. The main aspects of the respondents’ rela-onship with adult service nurses were described as: “lack of trust”, “lack of rela-onship and acquaintance”, “nurse-pa-ent rela-onship ”, “rela-onship limited to the blood sampling”. Four pa-ents (4/7) showed uncertain about “trust” in the rela-onship with nurses in the adult service, but for the majority (5/7) the rela-onship with them was based on “mutual respect”. D) Communica-on All members of the considered sample did not find difficul-es in understanding pediatric providers’ language. For all the interviewed subjects the dialogue with the pediatric team covered a wider range of subjects, not only the disease. The majority (4/7) did not find par-cular communica-ve gaps between pediatric healthcare providers’ language and the

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adolescence some pa-ents are not ready for transi-on. Feeling of omnipotence and desire of autonomy typical of this age have to come up against physical disease, HIV social s-gma, transmissibility of virus, familiar and social problems, parents’ loss, therapeu-c adherence. These conflicts make the process of disease awareness difficult. In spite of the fact that the adolescent shows himself very strong and ready to handle the adult world, difficul-es to acquire autonomy and responsibility in managing the disease, associated some-mes to a feeling of fear, worry and anger, arise. Difficul-es in accep-ng and giving a sense to the disease become evident when par-cipants talk about disclosure of their status as compared with seroposi-ve adults. Adherence to therapy is difficult for youths in this frail phase of life when they haven’t a real vision of their own health status. Pa-ents who disclose their non adherence to therapy share the percep-on of HIV social s-gma. This agrees with literature (7), which explains that some psychosocial and contextual factors (HIV s-gma, depression) are associated with poor medica-on adherence. A low self-sufficiency is also considered, in young people, a primary driver of non adherence to HIV medica-ons. Pa-ents’ adherence is not only associated with knowledge, but also with outcome and effec-veness expecta-ons (benefits taking the therapy and expecta-ons of physical symptoms). Poor adherence to tretment may happen when youth prematurely assumes responsibility of his/her own care (7). Using instruments for an objec-ve evalua-on of HIV posi-ve youth’s readiness in self-management and self-advocacy is necessary in order to plan a personalized care and transi-on process. It is really important to implement the use of reliable measures for assessing the young pa-ents acquired skills, such as the Transi-onal Readiness Assessment Ques-onnaire (TRAQ) (6).

Healthcare transi-on barriers iden-fied by the study sample agree with those underlined in current literature for young people with chronic illnesses, but are increased by psychosocial implica-ons of HIV. The most important barrier is the rela-onal one. Par-cipants express the need of developing rela-onship and trust with doctors and nurses in adult service. The miss of the deep and close rela-onship with pediatric providers and nurses and the percep-on of an adult service focused exclusively on clinical visit, blood samples and therapy delivery represent the young pa-ents' implicit request for a rela-onal improvement. Young adults, underlining a change in communica-on with the adult team, par-cularly in contents, express their need of being listened to and of improving communica-on and rela-onship with adult doctors and nurses. Clinical visit differences between pediatric and adult service disclose pa-ents’ request of being considered, on the whole, as a unique person with all his problems.

Declaring that improvement of healthcare transi-on should concern rela-onship, communica-on, care con-nuity and personal preparedness, pa-ents ask to become the real protagonists of the whole care process. The family, which may be a crucial support during transi-on, must be considered, together with the pa-ent, at the center of the process. Implemen-ng communica-on and collabora-on between pa-ent and his family, pediatric and adult teams should be a support for care process. In adolescents, above all in HIV-posi-ve ones, the outward strength of character could hide a frail personality that in a changing phase like care transi-on needs the help of a trusted person who can

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guide them. Nurses of adult services aren’t considered a help by young pa-ents. On one hand we may find the lack of nurse figure in transi-on process, on the other hand young pa-ents express their need of developing a deeper rela-onship with nurses. Nursing implica-ons in adolescents’ and young adults’ transi-on seAng are supported not only by professional competences, but also by literature. The Crea-ng Healthy Futures (CHF) is a nurse-managed service model that gives comprehensive transi-on services to youngsters with special healthcare needs. This service model is totally coordinated by a family nurse who works in close collabora-on with an interagency team of pediatric and adult service providers, in research and educa-onal field (8). Nursing profession nature (intellectual, technical-scien-fic, managerial, educa-onal and rela-onal) is closely linked to the nature of HIV-posi-ve adolescents’ needs in this phase of transi-on (essen-ally educa-ve and rela-onal needs). Nurse is an important figure for HIV posi-ve adolescents in transi-oning from pediatric to adult care, in helping them to become a responsible and self sufficient adult in managing their chronic health problem. Although the results underline important aspect in HIV transi-on care, it is impossible to generalize beyond our study, due to the small number of par-cipants involved and the only one transi-on reality examined. In order to make a comparison, it would be interes-ng to analyze adolescents’ percep-ons of pediatric care before transi-on and their expecta-ons of adult care. Our study emphasizes the need for more a+en-on and support during the HIV posi-ve adolescents’ transi-on from pediatric to adult service. A coordinated support of the professional teams of both services along with the help of the youth’s familiar members could improve care con-nuity, consciousness of own health condi-on and, last but not least, medica-on adherence. Acknowledgments We sincerely thank the pa-ents who par-cipated in this project. We are grateful to Mrs. Maria Ghelia for ar-cle’s scien-fic review and to “Arcobaleno AIDS” volunteer associa-on of Turin who financed the project. We thank Marino Bonasso, M.D., Bernardino Salassa, M.D., and Laura Tren-ni, M.D., for their kindness in reaching pa-ents. This study was also carried out thanks to the support of the School of Nursing at Catholic University of the Sacred Heart, Rome, Italy-Co+olengo Hospital, Li+le House of Divine Providence, Turin, Italy. References 1- Peter NG, Forke CM, Ginsburg KR, Schwarz DF. Transi%on from pediatric to adult care: internists’ perspec%ves. Pediatrics 2009;123:417-423. 2- While A, Forbes A, Ullman R, Lewis S, Mathes L, Griffiths P. Good prac%ces that address con%nuity during transi%on from child to adult care: synthesis of the evidence. Child: Care Health Dev 2004;30(5):439-452. 3- Wiener LS, Kohrt BA, Ba�les HB, Pao M. The HIV experience: youth iden%fied barriers for transi%oning from pediatric to adult care. J Pediatr Psichol 2009;1-14. 4- Miles K, Edwards S, Clapson M. Transi%on from pediatric to adult services: experiences of HIV posi%ve adolescents. AIDS Care 2004;16(3):305-314. 5- Fielden SJ, Sheckter L, Chapman GE, Alimen% A, Forbes JC, Sheps S et al. Growing up: perspec%ves of children, families and service providers regarding the needs of older children with perinatally-acquired HIV. AIDS Care 2006;18(8):1050-1053. 6- Sawicki GS, Lukens Bull K, Yin X, Demars N, Huang IC, Livingood W et al. Measuring the transi%on readiness of youth with special healthcare needs: valida%on of the TRAQ-Transi%on readiness assessment. J Pediatr Psichol 2009;1-12. 7- MacDonell KE, Naar-King S, Murphy DA, Parsons JT, Husz% H. Situa%onal tempta%on for HIV medica%on adherence in high-risk youth. AIDS Pa%ent Care and STDs 2011;25(1):47-52. 8- Betz CL, Redcay G. Crea%ng healthy futures: an innova%ve nurse-managed transi%on clinic for adolescents and young adults with special health care needs. Pediatr Nurs 2003;29(1):25-30.

Malattie infettive

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Sicurezza dei pazienti

Introduzione L’errore di terapia viene definito dal Na-onal Coordina-ng Council for Medica-on Error Repor-ng and Preven-ng come ogni evento prevedibile che può causare o portare a un uso inappropriato del farmaco o a un pericolo per l’assis-to. Tale episodio può essere conseguente a errori di prescrizione, trasmissione delle prescrizioni, e-che+atura, confeziona-mento, alles-mento, dispensazione, distribuzione, sommini-strazione, educazione, monitoraggio e uso (1). Secondo uno studio americano, gli errori di terapia più frequentemente riporta- sono errato dosaggio del farmaco (28%), errata scelta del farmaco (9%), errato farmaco (9%), allergia sconosciuta (8%) o mancata somministrazione (7%) somministrazione ad orario sbagliato (6%) e frequenza errata(6%).(2) In Italia alcuni studi affermano che il 42,2% delle prescrizioni non sono leggibili (3); il 30,2% delle prescrizioni sono incomplete (3); il rischio di comme+ere errori durante la trascrizione della terapia va dal 12 al 32% (4). Dalla le+eratura emergono diversi fa+ori di rischio che, a seconda della situazione o del contesto possono essere maggiormente lega- all’operatore o al paziente. Solo circa il 15% degli even- indesidera- conosce come suo unico fa+ore scatenante un’inadeguatezza dell’operatore - per imperizia, negligenza o imprudenza; mentre per la restante parte sussiste un contributo da parte di fa+ori lega- al “sistema”, ovvero all’organizzazione, all’ambiente di lavoro nel suo complesso (5). Gli errori più comunemente riporta- lega- alle aAvità degli infermieri si rilevano nella fase di preparazione dei farmaci, in par-colare l’u-lizzo di un farmaco diverso da quello prescri+o, la preparazione di una dose o di una diluizione diversa da quella prescri+a, la diluizione dei farmaci molto tempo prima della somministrazione, vie di somministrazione diverse da quelle previste. L’errore di terapia può avvenire in una fase qualsiasi del processo di somministrazione dei farmaci ed esistono quindi cinque principali categorie di errori: di prescrizione, di trascrizione/interpretazione, di distribuzione, di preparazione,

di somministrazione. Per somministrare un farmaco è necessario che l’infermiere possegga adeguate conoscenze scien-fiche; per questo mo-vo durante la formazione, l’infermiere acquisisce conoscenze di farmacologia e nello specifico sui principi aAvi, le preparazioni farmacologiche e le vie di somministrazione. Il processo di somministrazione dei farmaci è un processo complesso sul quale influiscono componen- organizza-ve, umane e materiali e che vede coinvol- il medico, l’infermiere e in alcuni casi l’operatore socio sanitario. Il medico è il responsabile della prescrizione terapeu-ca, mentre l’infermiere ges-sce la corre+a applicazione delle prescrizioni diagnos-che-terapeu-che. L’infermiere, oltre a essere il responsabile della preparazione e somministrazione del farmaco, è anche responsabile della modalità di approvigionamento, conservazione e controllo dei farmaci. Obie�vo L’obieAvo di questo studio è quello di raccogliere da- e opinioni sulla percezione dei fa+ori di rischio e degli errori lega- alla ges-one della terapia da parte degli infermieri che prestano servizio in diverse unità opera-ve di un’azienda ospedaliera sul territorio lombardo. Materiali e metodi È stata condo+a un’iniziale revisione della le+eratura, finalizzata ad approfondire la tema-ca con par-colare a+enzione ai fa+ori di rischio e alle strategie di intervento dimostrate più efficaci nella prevenzione degli errori. È stato poi condo+o uno studio esplora-vo di -po descriAvo. Il campione è stato scelto in modo accidentale. Esso è formato dagli infermieri presen- in servizio nei mesi di agosto e se+embre in alcune giornate indice. La raccolta dei da- è stata effe+uata a+raverso la somministrazione di un ques-onario costruito ad hoc a par-re dall’analisi della le+eratura e del contesto di indagine. Il ques-onario, anonimo, è composto in totale da 16 domande. Lo strumento mira, in par-colare ad indagare le seguen-

Loredana Maniscalco [email protected]

Abstract Il problema dell’errore di terapia in sanità è rilevante, tu�avia la frequenza degli errori lega% ai farmaci è probabilmente so�os%mata in Italia. Indagare i fa�ori di rischio che possono portare all’errore in uno specifico contesto opera%vo può avere l’effe�o di mantenere alta l’a�enzione degli Infermieri verso quest’argomento. Obie�vo. Valutare le percezione che gli Infermieri hanno riguardo al problema degli errori di terapia. Materiali e metodi. Un ques%onario ad hoc di 16 domande è stato somministrato agli infermieri di un reparto di un ospedale del nord Italia. Risulta�. Le fasi del processo di terapia che gli infermieri considerano come maggiormente a rischio di errore sono l'interpretazione e la trascrizione anche se il rischio percepito è per la maggior parte lieve o moderato. Il 71% degli infermieri riferisce di avere commesso errori o near-miss almeno una volta nell'interpretazione delle prescrizioni. Solo l’8% dichiara di eseguire prescrizioni scri�e in modo chiaro e completo. Le interruzioni sono ritenute il fa�ore di rischio per errori più importante durante la preparazione e la somministrazione della terapia. Scheda unica di terapia e bracciale iden%fica%vo del paziente sono ritenu% validi strumen% di prevenzione degli errori.

L’errore nella preparazione e L’errore nella preparazione e L’errore nella preparazione e L’errore nella preparazione e somministrazione dei farmaci: un’indagine somministrazione dei farmaci: un’indagine somministrazione dei farmaci: un’indagine somministrazione dei farmaci: un’indagine sui fattori di rischio percepiti dagli infermierisui fattori di rischio percepiti dagli infermierisui fattori di rischio percepiti dagli infermierisui fattori di rischio percepiti dagli infermieri

Original research

Errors in drug preparation and administration: a survey about Nurses' perceptionsErrors in drug preparation and administration: a survey about Nurses' perceptionsErrors in drug preparation and administration: a survey about Nurses' perceptionsErrors in drug preparation and administration: a survey about Nurses' perceptions The issue of medica%on errors is relevant, however the incidence of drug prepara%on and administar%on errors is probably undervalued in Italy. Inves%ga%ng about risk factors for errors in a specific se(ng may have the effect of rising the level of Nurses' a�en%on on this issue. Goal: To evaluate Nurses' percep%ons about the issue of medica%on errors Materials and methods. A 16-item ad hoc ques%onnaire was administered to the Nurses of a department of a northern-Italy hospital. Results. The phases of the medica%on process Nurses consider at higher risk for errors are interpreta%on and transcrip%on of prescrip%ons, although such risk is perceived as low or moderate. 71% of Nurses report to have made errors or near-miss at least once while interpre%ng prescrip%ons. Only 8% of Nurses report not having problems with interpreta%on of handwri�en prescrip%ons. Interrup%ons of Nurses are considered the most relevant risk factor for errors during prepara%on and administra%on phases. ID wristband and prescrip%ons' single chart are considered by Nurses effec%ve methods to prevent errors.

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Sicurezza dei pazienti

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aree: percezione del problema in relazione alla ges-one della terapia prescri+a in forma scri+a, ges-one della terapia prescri+a in forma orale o telefonica; percezione dei fa+ori di rischio (individuali e organizza-vi) durante le fasi di interpretazione della prescrizione, preparazione e sommi-nistrazione del farmaco; vantaggi/svantaggi e modalità d’u-lizzo dello strumento scheda unica di terapia o altri strumen- opera-vi; strategie di prevenzione dell’errore u-lizzate o proposte. In alcune domande è stato richiesto ai soggeA di esprimere la propria opinione in merito al livello di rischio percepito per mezzo di una scala da 1 a 6; in altre è stato richiesto di esprimere un'opinione in merito all'u-lità percepita, con una scala da 1 a 6. Al fine dell’analisi dei da- i risulta- saranno presenta- accorpando i livelli di rischio e di u-lità percepi- dagli infermieri come negli esempi che seguono: Rischio: 1= nessun rischio, 2 e 3=rischio lieve, 4 e 5=rischio moderato, 6=rischio elevato. U-lità: 1=u-lissimo, 2 e 3=u-le, 4 e 5 poco u-le, 6=per niente u-le, ecc. Risulta Hanno partecipato allo studio 49 infermieri presen- nelle UU. OO. prescelte nelle giornate indice individuate per l’indagine. La prima domanda chiedeva quale fosse, nella realtà lavora-va del rispondente, il rischio di comme+ere errori durante le diverse fasi legate alla ges-one della terapia prescri+a in forma scri+a. Solo il 4% degli infermieri ri-ene di percepire un rischio elevato e solo durante le fase di trascrizione. Un rischio moderato viene invece dichiarato dal campione in modo trasversale alle fasi di interpretazione (31%), trascrizione (29%), preparazione (10%), somministrazione (16%) e registrazione (8%). Le risposte “nessun rischio” oAene percentuali comprese fra il 24% (durante la fase di somministrazione) e il 49% (durante la registrazione). L’opzione “nessun rischio” non viene indicata da nessun infermiere nelle fasi di interpretazione e trascrizione. Un rischio lieve viene percepito in ordine dal 69% durante la fase di interpretazione della prescrizione, del 67% durante la trascrizione, del 57% durante la fase di preparazione, del 60% durante la somministrazione e del 43% infine durante la registrazione. Per quanto riguarda la frequenza di prescrizioni fa+e verbalmente o telefonicamente, la maggioranza del campione (43%) riferisce di riceve prescrizioni verbali o telefoniche "qualche volta", il 29% abbastanza", il 20% "spesso" e solo l’8% non riceve mai prescrizioni verbali o telefoniche nell’U. O. in cui lavora. Secondo la maggior parte degli infermieri (61%) il rischio di comme+ere errori durante l’interpretazione della prescrizione telefonica o verbale è "lieve". Solo per il 33% del campione il rischio è "moderato", mentre secondo il 6% dello stesso non c’è nessun rischio. Nessun infermiere ri-ene il rischio "elevato" E' stato chiesto agli infermieri quali fossero secondo loro i 3 più importan- fa+ori di rischio per possibili errori nell’interpretazione della prescrizione scri+a. La tabella 1 riporta i risulta-. La tabella 2, invece, riporta la distribuzione dei fa+ori di rischio percepi- dagli infermieri per possibili errori nella fase di preparazione del farmaco. Infine la tabella 3 riporta la distribuzione dei fa+ori di rischio percepi- dagli infermieri per possibili errori nella fase della somministrazione del farmaco. Circa la metà del campione dichiara di ges-re prescrizioni "sempre" (8%) o "spesso" complete (51%); mentre il restante (41%) sos-ene che le prescrizioni che deve eseguire

Calligrafia non chiara 67%

Difficoltà di concentrazione dell’operatore dovuta a con-nue interruzioni 45%

Prescrizione incompleta 45%

Stanchezza dell’operatore 27%

Frequen- modifiche giornaliere della prescrizione 22%

Trascrizione errata della prescrizione dalla cartella clinica al modulo della terapia u-lizzata dall’infermiere

18%

Necessità di somministrare farmaci “velocemente” per potersi dedicare ad altre aAvità da svolgere

16%

Automa-smo nell’interpretazione di terapie somministrate nei giorni preceden- e conosciute

14%

Fraintendimento o incomprensione di una prescrizione fornita verbalmente in modo fre+oloso

12%

Presenza di farmaci con nomi simili o confezioni simili 12%

Assenza del medico di reparto da consultare in caso di dubbio durante la terapia

10%

Stanchezza legata al carico eccessivo di farmaci da somministrare ai pazien- 10%

Distrazione temporanea 8%

Presenza di farmaci non conosciu- 8%

Presenza di sigle o abbreviazioni non conosciute o fraintendibili 6%

Assenza di prontuari medici da consultare durante la terapia 0%

Tabella 1 Fa.ori di rischio percepi per errori nell'interpretazione di prescrizioni scri.e

Frequen- interruzioni (telefono, medico, etc) durante la scelta del farmaco, il calcolo del dosaggio, la diluizione, etc.

76%

Necessità di preparare farmaci “velocemente” per potersi dedicare ad altre aAvità da svolgere (giro visita, giro leA, medicazioni etc)

47%

Stanchezza dell’operatore 33%

Preparare farmaci con nomi simili o confezioni simili 24%

Assenza del medico da consultare in caso di dubbio durante la terapia 22%

U-lizzo di forma farmaceu-che diverse da quelle prescri+e perché non disponibili (gocce al posto di compresse, etc)

22%

Distrazione temporanea 16%

Non conoscenza della compa-bilità dei diversi farmaci u-lizza- fra loro 16%

Preparazione del farmaco molto tempo prima della somministrazione 16%

Preparazione di farmaci con nomi diversi da quelli prescriA perché non forni- dalla farmacia e/o presen- in reparto o sul carrello

16%

Difficoltà nel calcolo del dosaggio del farmaco da somministrare 14%

Preparazione di farmaci non conosciu- 6%

Assenza di prontuari medici da consultare durante la terapia 0%

Inadeguatezza del luogo in cui si preparano i farmaci 0%

Presenza di farmaci non conserva- corre+amente 0%

Tabella 2 Fa.ori di rischio percepi per errori nella preparazione della terapia

Con-nue interruzioni durante la distribuzione dei farmaci 47% Dare per scontata l’iden-tà del paziente e non iden-ficarlo prima di somministrare

29%

Necessità di preparare farmaci “velocemente” per potersi dedicare ad altre aAvità da svolgere (giro visita, giro leA, medicazioni etc)

29%

Stanchezza dell’operatore 29% Somministrazione del farmaco da parte di un operatore diverso da quello che l’ha preparato e/o distribuito

27%

Lasciare farmaci sul comodino del paziente in sua assenza 24% Somministrazione del farmaco senza effe+uare il controllo necessario sul paziente prima e dopo la somministrazione

22%

Dimen-canza (es.: somministrazione di terapie di pazien- temporaneamente fuori dal reparto)

20%

Presenza di pazien- con difficoltà di comprensione e/o di comunicazione 20%

Pazien- vicini di le+o con nomi o patologie simili 16% Necessità di distribuire un numero elevato di farmaci a mol- assis-- in un tempo limitato

14%

Presenza di pazien- con difficoltà di deglu-zione 14%

Presenza di pazien- con instabilità clinica 10%

Presenza di pazien- con elevato numero di farmaci da assumere 8%

Coinvolgimento dei paren- nella somministrazione dei farmaci 0%

Posizione non adeguata del paziente durante la somministrazione 0% U-lizzo di forma farmaceu-che diverse da quelle prescri+e perché non disponibili (gocce al posto di compresse, etc)

0%

Tabella 3 Fa.ori di rischio percepi per errori nella somministrazione della terapia

O�ma

6 Buona

5-4 Sufficiente

3-2 Pessima

1

U-lità 80% 20% 0

Facilità 14% 78% 8% 0

Completezza 6% 84% 10% 0

Sicurezza 14% 82% 4% 0

Tracciabilità 18% 82% 0 0

Tabella 4: distribuzione della valutazione della scheda di terapia secondo i cinque parametri

mai una sola volta qualche volta diverse volte

Interpretazione 29% 44% 27% 0

Calcolo dose 60% 22% 18% 0

Soluzioni /farmaci incompatobili 68% 24% 8% 0

Velocità somministrazione 56% 24% 20% 0

Via di somministrazione 86% 14% 0 0

Farmaco somministrato 66% 24% 10% 0

Tabella 5: distribuzione degli errori o dei quasi errori di terapia riferi dai partecipan, per frequenza e po

sono "raramente" chiare e complete. La pra-ca della trascrizione della terapia da un modulo ad un altro è presente nei repar- dell'80% dei risponden-. La trascrizione viene fa+a spesso nel 39% dei casi e sempre nell’8%. Le trascrizioni riferite riguardano: le terapie prescri+e da altri specialis- durante le consulenze svolte nelle UU. OO.; la trascrizione della terapia su una nuova scheda della

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Sicurezza dei pazienti verbali o telefoniche rispe+o a quelle scri+e, probabilmente perché nel caso in cui ci fosse un problema di incomprensione della prescrizione l’infermiere potrebbe chiedere immediatamente dei chiarimen- al medico. Per quanto riguarda invece la fase di preparazione del farmaco, i da- mostrano che essa è percepita con un rischio minore rispe+o a quella appena descri+a. Il campione a+ribuisce a fa+ori più lega- all’organizzazione le possibili cause che portano maggiormente all’errore in questa fase. Fra ques- spiccano le interruzioni durante la terapia e la necessità di somministrare farmaci velocemente per potersi dedicare ad altre aAvità. Durante questa fase, il 40% degli infermieri ha rischiato di comme+ere o ha commesso errori almeno una volta in par-colare durante il calcolo della dose del farmaco o nella preparazione di soluzioni o farmaci incompa-bili. Le interruzioni prodo+e da campanelli che suonano, i paren- che chiedono informazioni, i telefoni cui rispondere etc., associate ad un contesto di lavoro imprevedibile e cao-co per natura, aumentano il rischio di comme+ere errori. Nella fase di somministrazione tra i fa+ori di rischio iden-fica- si riconfermano la stanchezza dell’operatore, le interruzioni e la necessità di somministrare i farmaci velocemente; in aggiunta sono sta- iden-fica- dagli infermieri intervista- altri due aspeA: dare per scontata l’iden-tà del paziente e la somministrazione del farmaco fa+a da un operatore diverso da chi lo ha preparato. Comunque, solo un terzo del campione dichiara di aver commesso un errore o rischiato di comme+erlo durante la somministrazione dei farmaci. E’ necessario che l’infermiere coinvolga sempre il paziente nell’a+o della sua iden-ficazione prima della somministrazione del farmaco, chiamandolo per nome se cosciente o a+raverso l’u-lizzo del bracciale+o iden-fica-vo. Un'altra pra-ca che va disincen-vata e a cui a volte si assiste è quella di lasciare farmaci sul comodino del paziente. Il processo di somministrazione dei farmaci è un a+o unitario: la suddivisione delle varie fasi in compi- assegna- a diversi operatori (un infermiere prepara la terapia e un altro la somministra), può contribuire alla nascita di errori e minaccia la sicurezza per l’assis-to. Gli strumen- opera-vi u-lizza- nei contes- lavora-vi degli infermieri intervista- sono la scheda unica di terapia, il bracciale+o iden-fica-vo e il sistema di incident repor-ng. La scheda unica di terapia è valutata molto posi-vamente da parte degli operatori, così come l’introduzione del bracciale+o iden-fica-vo avvenuta recentemente. Certamente questo è un dato posi-vo: gli infermieri dimostrano di a+ribuire molta importanza alla corre+a iden-ficazione del paziente, per questo l’u-lizzo di questo strumento dovrebbe essere incen-vato tra gli operatori e fra gli studen- che si apprestano ad apprendere la ges-one della terapia. Oltre i tre quar- degli infermieri pensano che il sistema di incident repor-ng possa essere u-le nella riduzione degli errori. Per applicare al meglio questo strumento, è necessario formare il personale e favorire la creazione di una cultura sull’errore, che s-moli gli operatori a ricercare la sicurezza per se stessi e per i pazien-, è importante promuovere una cultura organizza-va basata sulla fiducia e su un reale apprendimento dagli errori fornendo feedback periodici e con-nui al personale, quindi invitare medici ed altri professionis- ad individuare aAvamente gli errori e ad u-lizzarli per migliorare le proprie conoscenze, in modo che l’errore possa diventare una risorsa. Tra le strategie proposte per prevenire gli errori vengono confermate l’u-lizzo della scheda unica di terapia e l’u-lizzo del bracciale iden-fica-vo. La metà degli infermieri propone che sia un singolo infermiere ad occuparsi del processo di preparazione/somministrazione della terapia, e il 41% propone l’introduzione di un sistema informa-zzato. L'uso di sistemi informa-zza- di prescrizione migliora la sicurezza nella somministrazione della terapia, ma qualora si volesse ado+are questo sistema, è u-le provvedere a un’a+enta valutazione di quali sono i bisogni forma-vi necessari alla diffusione della tecnologia, le caAve abitudini

terapia quando è esaurito lo spazio disponibile; la trascrizione della terapia dalla scheda anestesiologica. E' stato poi chiesto agli infermieri di valutare con una scala numerica da 1 (oAma) a 6 (pessima) la scheda unica di terapia in uso presso il loro ospedale rispe+o ai seguen- parametri: u-lità, facilità, completezza, sicurezza, tracciabilità. I risulta- sono riporta- nella tabella 4. La tabella 5 mostra la distribuzione delle risposte alla domanda se, durante la sua esperienza lavora-va fosse mai capitato al rispondente di rischiare di comme+ere e/o di comme+erne qualche errore legato alla ges-one della terapia. Nessuno degli infermieri ha lavorato in contes- in cui era presente un sistema informa-zzato di ges-one della terapia. L'8% degli infermieri intervista- non sa di cosa si traA. L'u-lizzo del bracciale iden-fica-vo come strumento per ridurre gli errori di iden-ficazione del paziente viene valutato come buono dalla maggior parte del campione intervistato (63%) e oAmo dal 35%. Il 78% degli infermieri pensa che la compilazione dell’incident repor-ng possa essere u-le per la riduzione degli errori, il 16% lo ri-ene poco u-le e il 6% u-lissimo. Da ul-mo, è stato chiesto agli infermieri di indicare quali a loro avviso sono le strategie più efficaci per prevenire e ridurre gli errori di terapia. La tabella 6 riporta i risulta-. Discussione Considerate tu+e le fasi che sono contenute nel processo di terapia il campione degli Infermieri intervista- dichiara di percepire con un rischio maggiore le fasi di interpretazione e trascrizione della prescrizione anche se il rischio dichiarato è per la maggior parte lieve o moderato. Nella fase di interpretazione, in par-colare, gli Infermieri percepiscono maggiormente come fa+ori di rischio quelli lega- alla calligrafia non chiara e all’incompletezza della prescrizione, iden-ficando quindi dei fa+ori lega- all’agire di altri professionis-. I risulta- o+enu-, sono in accordo con quelli presenta- da Giurdanella (3), che ha mostrato come il 42,2% delle prescrizioni riporta il farmaco in modo non leggibile o scarsamente leggibile aumentando così il rischio di errore durante l’interpretazione. Il 71% del campione riferisce di avere una volta o qualche volta commesso o rischiato di comme+ere errori nella fase di interpretazione della prescrizione. Se associamo questo dato al fa+o che solo l’8% del campione dichiara di ges-re prescrizioni scri+e in modo chiaro e completo si evidenzia quanto il problema della chiarezza grafica e della completezza della prescrizione meri- una riflessione, anche organizza-va. Più legata al proprio agire, gli Infermieri iden-ficano come fa+ore di rischio (seppur minore) durante la fase di interpretazione della prescrizione anche la stanchezza dell’operatore. E’ importante tu+avia osservare che quest’ul-ma è stata iden-ficata fra i tre principali fa+ori di rischio anche nella fase di preparazione e somministrazione del farmaco con percentuali simili. E’ un fa+ore di rischio che si manifesta con una certa costanza e che va quindi tenuto so+o controllo se si vuole garan-re sicurezza durante la ges-one delle procedure terapeu-che farmacologiche. Un altro aspe+o significa-vo legato all’interpretazione della prescrizione emerge dalle risposte fornite dagli infermieri sulla trascrizione delle terapie. Nell’azienda ospedaliera indagata, infaA, è in uso la scheda unica di terapia che quando fu introdo+a aveva come obieAvo la riduzione degli errori lega- alla trascrizione della terapia da un modulo all’altro. Gli infermieri intervista- percepiscono la trascrizione come la seconda fase più a rischio di errore dopo quella di interpretazione. La le+eratura ci mostra che nella pra-ca della trascrizione il rischio di comme+ere errori può variare dal 12 al 32% (4). Per quanto riguarda infine la prescrizione verbale di farmaci i da- rileva- sono in linea con lo studio di Ferraresi (6) che ri-ene che gli ordini verbali siano associa- a un livello di errore inferiore rispe+o a quelli scriA o registra- in un sistema informa-zzato. Gli infermieri intervista- dichiarano, infaA, di percepire un rischio minore durante l’interpretazione di prescrizioni

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Sicurezza dei pazienti pressione legata al carico di aAvità da portare a termine.

In relazione ai risulta- o+enu- si potrebbero pertanto suggerire alcune strategie volte a migliorare la pra-ca clinica: − garan-re una maggior qualità della prescrizione a+raverso la

diffusione di materiale illustra-vo riguardante i criteri di una buona prescrizione (presenza di check-list sulla scheda unica di terapia);

− interven- educa-vi basa- sull’iden-ficazione del bisogno forma-vo del medico;

− audit seriali sulla problema-ca stessa a par-re dal bisogno percepito di medici e infermieri a confronto;

− evitare le prescrizioni affre+ate durante il “giroleA” o modificare le prescrizioni più volte nell’arco della giornata. Si potrebbe suggerire a tal proposito l’adozione di un sistema più efficace di controllo della qualità e della sicurezza necessarie per ridurre le prescrizioni illeggibili come, ad esempio, la prescrizione informa-zzata. La le+eratura ne ha, infaA, messo chiaramente in evidenza i vantaggi. Certamente la prescrizione informa-zzata migliora la qualità prescriAva e la tracciabilità dell’intero processo, ma richiede un intervento stru+urale impegna-vo;

− evitare le trascrizioni, facendo in modo che i medici consulen- prescrivano dire+amente sulle scheda di terapia dopo aver concordato con il medico di reparto la terapia. E’ anche consigliabile che al termine della scheda di terapia sia il medico stesso a trascrivere la terapia su un nuovo modulo;

− individuare strategie ad hoc volte a ridurre i fa+ori di rischio: per la stanchezza dell’operatore, ad esempio si potrebbe evitare che la somministrazione della terapia sia pianificata a fine turno di lavoro perché l’operatore è più affa-cato e maggiormente esposto al rischio di comme+ere qualche errore;

− preparare la terapia in un ambiente possibilmente isolato da interruzioni lavora-ve;

− favorire l’u-lizzo di tabelle standard per le diluizioni al fine di ridurre i calcoli dell’operatore;

− posizionare sul carrello della terapia dell’operatore un cartello con la dicitura “per la sicurezza dei pazien- non disturbare l’operatore durante la distribuzione dei farmaci” e consegnare ai pazien- e ai paren- al momento del ricovero dei foglieA che mo-vino l’importanza di rimandare richieste dilazionabili all’operatore impegnato nella terapia;

− fare in modo che i colleghi e i medici rispeAno i tempi di lavoro dell’operatore dedicato alla terapia evitando di interromperlo e di esercitare fre+a.

− con-nuare a rinforzare la corre+a iden-ficazione del paziente durante la terapia a+raverso il coinvolgimento dello stesso prima della somministrazione del farmaco, chiamandolo per nome se cosciente o a+raverso l’u-lizzo del bracciale+o iden-fica-vo;

− non lasciare farmaci sul comodino durante l’assenza momentanea del paziente;

− evitare la suddivisione della terapia in fasi ges-te da operatori diversi (un infermiere prepara la terapia e un altro la somministra) individuando un singolo infermiere per turno che si occupi della preparazione e somministrazione dei farmaci;

− promuovere la fornitura individualizzata di farmaci al paziente o la presenza nei repar- di armadi automa-zza- o ancora la diffusione della dose unitaria per prevenire errori di preparazione e la somministrazione.

Bibliografia 1. Ledonne G, Tolomeo S. Calcoli e dosaggi farmacologici. La responsabilità

dell’infermiere. Milano: Casa editrice ambrosiana; 2009 2. Hodkinson B, Koch S, Nay R. Strategy to reduce medica%on errors with reference to

older adult. Int J Evid Based healthcare 2005;9(4): 1-6 3. Giurdanella P, Di Denia P. La ges%one informa%zzata delle prescrizioni terapeu%che

riduce gli errori di terapia? Confronto tra un sistema informa%zzato e il sistema tradizionale. Assist inferm ric, 2007;26(2):92-97

4. Camina% A, Di Denia P, Mazzoni R. Risk management Manuale teorico-pra%co per le professioni dell’assistenza. Roma: Carocci; 2007

5. Negrini G. Sicurezza clinica: riflessioni. Neu 2009; 28(1): 19-21 6. Ferraresi A, Casa% M, Maricchio R, Sco( V, De Silvestri A, Tinelli C. Qualità delle

prescrizioni farmacologiche mediche scri�e e orali e prevenzione degli errori: revisione della le�eratura. L’infermiere 2010; 47(1): 27-36

degli operatori e gli a+eggiamen- nega-vi che possono impedire la buona riuscita del proge+o. Inoltre sono necessarie strategie di -po mul-fa+oriale e mul-disciplinare, infaA, non è solo importante informa-zzare il processo, ma è necessario agire anche sulla componente umana, mediante la formazione, l’audit, la discussione dei problemi emergen- con l’obieAvo di modificare e migliorare i comportamen- dei professionis-. Molto semplicemente si possono me+ere in pra-ca delle azioni nelle UU. OO. che in associazione con le strategie già ado+ate riducono il rischio di errori, come per esempio evitare delle prescrizioni affre+ate durante il “giroleA” o modificare le prescrizioni più volte nell’arco della giornata; tenere separa- farmaci in confezioni simili ad altri farmaci e che possono essere pericolosi (esempio il cloruro di potassio); tenere sul carrello della terapia dei prontuari farmacologici in modo che nel caso di dubbio possono essere consultabili dall’infermiere; individuare un singolo infermiere per turno che si occupi della preparazione e somministrazione dei farmaci, cercare di indicare quest’ul-mo con un cartello da apporre sul carrello dei farmaci invitando i paren- a non disturbare durante la somministrazione dei farmaci. In ogni caso se ci sono dubbi sulla prescrizione prima di procedere è u-le chiedere dei chiarimen- al medico prescri+ore. Conclusioni Seppur con dei limi-, lega- al piccolo campione indagato, questo studio ha cercato di comprendere qual è la percezione che gli infermieri hanno di comme+ere errori e, sopra+u+o, quali sono i momen- più cri-ci in questo processo ar-colato che parte dalla prescrizione e arriva alla verifica degli effeA prodoA dai farmaci. Nella ges-one del processo di terapia lo studio ha messo in evidenza degli aspeA posi-vi o pun- di forza: Gli infermieri considerano posi-vamente l’uso della scheda unica di terapia e del bracciale+o di iden-ficazione in uso, per prevenire gli errori. Questo dato ci spinge a pensare che siano quo-dianamente u-lizza- in modo corre+o e che la poli-ca aziendale s-a andando nella direzione della sicurezza del paziente ma anche verso quella di facilitazione del lavoro ai professionis- della salute. Gli infermieri considerano posi-vamente anche l’incident repor-ng, questo ci fa pensare che essi vogliono “imparare dall’errore” a+raverso la discussione dei problemi emergen- con l’obieAvo di modificare e migliorare i comportamen- e/o sviluppare delle strategie di prevenzione. Gli aspeA che possiamo considerare invece più “cri-ci” emersi dallo studio sono: − la presenza di prescrizioni non chiare e incomplete e la

difficoltà nell’interpretazione delle stesse espresse dagli infermieri che contribuiscono ad aumentare il rischio di errore;

− la pra-ca della trascrizione delle prescrizioni ancora presente nella realtà indagata;

− la presenza di alcuni fa+ori di rischio più emergen- come la stanchezza dell’operatore, le con-nue interruzioni e la necessità di somministrare farmaci velocemente nelle fasi di preparazione e somministrazione dei farmaci per la

Scheda unica di terapia 49% Singolo infermiere che si occupa di tu+o il processo preparazione/somministrazione

47%

U-lizzo di bracciale iden-fica-vo 45%

Sistema di prescrizione informa-zzata 41%

AAvazione di un sistema di riflessioni sugli errori lega- alla somministrazione ed elaborazione di soluzioni per prevenirli

31%

Possibilità di consultare un medico o farmacista in reparto durante la somministrazione della terapia

29%

Sviluppo di un sistema di monitoraggio degli errori di prescrizione e di somministrazione

16%

Fornitura individualizzata del farmaco da parte della farmacia 14%

Doppio controllo da parte di due infermieri del processo preparazione/somministrazione

12%

Sviluppo di un sistema di monitoraggio e archiviazione delle reazioni avverse 12%

Altro 6%

Tabella 6 Strategie ritenute più efficaci per prevenire e ridurre gli errori di terapia

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Associazione

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Il nostro scopo è contribuire al miglioramento con-nuo delle cure infermieris-che prestate ai soggeA in età evolu-va e alla crescita dell’Infermieris-ca Pediatrica come disciplina assistenziale e scien-fica, a+raverso la diffusione delle migliori evidenze scien-fiche disponibili, la ricerca e lo scambio di esperienze tra professionis-.

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Soci ordinari: € 30 Soci studen-: € 15 L’iscrizione annua ha la durata di 365 giorni dalla data di acce+azione dell’iscrizione. NB: sono previste condizioni di iscrizione par-colari per gli iscriA ad alcune associazioni (consultare il sito www.sisip.it)

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Dalla SISIP

Scheda tecnica del percorso ECM

“Lʹinfermiere e il bambino malato. aggiornamenti su

aspe�i tecnici, relazionali ed educativi dellʹassistenza”

Modulo 3: La ricerca in infermieristica pediatrica

Risultati della ricerca più recente in tema di nursing del bambino con

problemi di salute complessi. Approccio assistenziale, relazionale ed

educativo delle due professioni infermieristiche alla luce della

atraumatic care e della family centered care.

Modulo 4: Lʹassistenza centrata sul bambino

Il bambino come centro della pratica assistenziale infermieristica in

pediatria. Presa in carico atraumatica e centrata sulla famiglia nelle

patologie di lunga durata o croniche nel rispe�o dei diri�i del bambino.

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Sistema operativo Windows o Mac OS

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una generica connessione ADSL)

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provider ECM è a disposizione ai seguenti conta�i:

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Data inizio: 20 gennaio 2012, data fine: 31 dicembre 2012

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1. infermieri

2. infermieri pediatrici

Durata prevista dell’a�ività formativa: 10 ore

Numero crediti ECM: 15

Codice evento: 25443

Provider: SEEd srl. N° Provider: 655

Responsabile Scientifico dell’evento: Prof. Filippo Festini

Tutor Scientifico: Prof. Filippo Festini

Sponsor commerciale: non presente

Prerequisiti richiesti per l’apprendimento: nessuno

L’a�ività formativa è suddivisa in 4 moduli trimestrali,

ciascuno di durata prevista pari a 2,5 ore.

Stru�ura del Corso

Modulo 1: Il nursing pediatrico e le cure avanzate

Sfide dellʹassistenza infermieristica pediatrica di fronte al bambino

con patologie che richiedono cure avanzate. Il ruolo dellʹinfermiere di

cure generali in un contesto informato allʹatraumatic care e alla

family centered care.

Modulo 2: Le novità nellʹassistenza al paziente pediatrico

Recenti avanzamenti relative a tecniche e procedure assistenziali in

ambito infermieristico pediatrico sia ospedaliero sia di comunità, con

particolare a�enzione alla prospe�iva dellʹinfermiere pediatrico e

allʹa�ualizzazione della cornice teorica di family centered care e di

atraumatic care.

Questo percorso formativo si basa sull'autoapprendimento: questo avviene attraverso lo studio autonomo dei contenuti di

alcuni articoli selezionati tra quelli pubblicati sui diversi numeri di GISIP in uscita nel 2012. Gli articoli oggetto

dell'autoapprendimento sono segnalati in ogni numero della rivista dal colore giallo del bordo della pagina.

Ciascun socio della SISIP o abbonato al GISIP ha ricevuto -a parte- un codice utente con cui potrà accedere gratuitamente al

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iscritti SISIP potranno accedere al programma online di valutazione dell'apprendimento, nel quale dovranno rispondere a

domande riguardanti gli articoli studiati. Un tasso di risposte esatte di almeno il 75% comporterà il superamento dell'esame e

l'ottenimento di 15 crediti ECM. La relativa attestazione verrà spedita a domicilio del partecipante.

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