cercapietre 1 e 2 del 2012

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Il Gruppo Mineralogico Romano (una Associazione culturale senza fini di lucro fondata nel 1972 che riunisce appassionati di mineralogia e paleontologia per promuovere lo studio, la ricerca, la raccolta e lo scambio di minerali e di fossili) pubblica dal 2001 una rivista semestrale nella quale sono riportati di volta in volta saggi, ricerche, studi italiani sull'interessante e sempre affascinante (ma anche sorprendente) mondo dei minerali.

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  • IL GRUPPO MINERALOGICO ROMANOAssociazione culturale senza fini di lucro

    riconosciuta ai sensi del D.P.R. n. 361/2000www.gminromano.it

    RIUNISCE cultori ed appassionati di mineralogia epaleontologia

    PUBBLICA il Notiziario IL CERCAPIETRE

    CURATORE dello storico Museo MineralogicoNaturalistico del Collegio Nazareno

    FAVORISCE rapporti con Enti Istituzionali di ricercascientifica e con Associazioni amatorialinazionali ed estere

    PROMUOVE studi, ricerche, scambi

    ORGANIZZA conferenze, mostre, attivit divulgative

    SEDE:Museo Mineralogico Naturalistico del Collegio NazarenoLargo del Nazareno, 25 00187 Roma Tel. 06 6790771Apertura sede: il sabato (non festivo) dalle ore 16 alle ore 19

    Per informazioni:Tel. 333 7964784 333 8201317 338 1540941E-mail: [email protected] / [email protected]

  • IL CERCAPIETRENOTIZIARIO DEL

    GRUPPO MINERALOGICO ROMANO

    N. 1-2 / 2012

  • Notiziario semestrale del G.M.R.N 1-2 / 2012Edizione fuori commercioAut. Trib. Roma n 490/2001 del 6/11/2001

    Direttore responsabile:FRANCO CALVARIO

    Stampa:DUEMME grafica - Via della Maglianella, 71-75 - 00166 RomaFinito di stampare nel marzo 2013

    Foto di copertinaTormalina policroma (4 mm) su quarzo, S. Piero in Campo, Is. dElba; coll. e foto R. Pucci

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    I L C E R C A P I E T R E

    Coordinatore del Comitato di Redazione:ROBERTO PUCCI

    Comitato di Redazione:VINCENZO NASTIMARCO CORSALETTISALVATORE FIORIGIANCARLO FRATANGELIFEDERICO LUCCIALBERTO MUSSINOEDGARDO SIGNORETTI

    Comitato scientifico:FABIO BELLATRECCIAITALO CAMPOSTRINIENRICO CAPRILLIGIANCARLO DELLA VENTURAFRANCESCO DEMARTINODINO GRUBESSIADRIANA MARASANNIBALE MOTTANAPAOLO ROSSIFABIO TAMAGNINI

  • Ad majora!Vincenzo Nasti Pag. 6

    Le cavit miarolitiche delle pegmatiti di Grotta dOggi(San Piero in Campo, Isola dElba). Alcuni esempi dellaassociazione feldspato-quarzo-tormalina-berillo-zircone-micaFederico Lucci e Roberto Pucci 9

    Peregrinazioni mineralogiche sulle orme di antichiNaturalisti a quattro passi dallUrbeMaurizio Burli 18

    Evoluzione geologica del Basamento Metamorfico ToscanoFederico Lucci e Valerio Masella 47

    La stibnite della Valle del Tafone (Manciano GR)Federico Lucci e Valerio Masella 56

    Norme per i collaboratoria cura del C.d.R. 64

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    S O M M A R I O

  • AD MAJORA!Vincenzo NastiPresidente del Gruppo Mineralogico Romano

    Le analogie, fatte le doverose propor-zioni, tra la storia del Gruppo Mineralogi-co Romano e quella di uno dei primi pro-tagonisti del Museo del Collegio Nazare-no sono straordinarie, ma, se vogliamo,possono essere lette come la conseguenzalogica dellimpegno di entrambi i soggettinellambito della storia della mineralogiaitaliana.

    Nel 1804 P. Carlo Giuseppe Gismondi,curatore del Museo Mineralogico del Col-legio Nazareno, dopo aver collaboratoper anni con P. Gianvincenzo Petrini, fon-datore del Museo, e aver contribuito conle sue ricerche mineralogiche alla crescitae allevoluzione della mineralogia laziale,su incarico di Pio VII, occupa la Cattedradi Storia Naturale e Mineralogia pressolArchiginnasio La Sapienza di Roma.

    Pio VII in quelloccasione mette a di-sposizione di P. Gismondi le risorse finan-ziarie necessarie a creare il Museo di Mi-neralogia del quale lo stesso diviene ilprimo Direttore.

    Dopo quasi un secolo, nel 1908 P.Adolfo Brattina, ultimo Direttore del Mu-seo, lascia il Collegio per ritornare al pae-se natio e i campioni del Museo da quelmomento, e per quasi novanta anni, sono

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    Gabinetto Mineralogico del Collegio Nazareno; dauna vecchia lastra fotografica.

    Paul M. Letarouilly, Collegio della Sapienza, in Edifi-ces de Rome Moderne, 1860. Sede, ai tempi di Gismon-di, dellArchiginnasio La Sapienza, oggi Complesso diS. Ivo alla Sapienza, sede dellArchivio di Stato.

  • custoditi, in modo caotico e disordinato,in armadi nei corridoi e negli scantinatidel Palazzo Nazareno.

    Il Gruppo Mineralogico Romano, chedal 1985 ospitato nel Collegio, nel 1997,dopo un lavoro decennale di riordino e dinuova catalogazione, riporta alla luce ilMuseo e i suoi tesori e ne diventa ufficial-mente, nel 2002, Curatore.

    Oggi la Fondazione Collegio Nazare-no, dopo aver visto linesorabile diminu-zione degli studenti, decide la chiusuradella Scuola, fondata da San GiuseppeCalasanzio nel 1597, e programma una ri-strutturazione dellintero storico Palazzoper trasformarlo in un albergo di lusso.

    In attesa di decidere la nuova destina-zione del Museo, tutti i reperti sarannoimballati e conservati (!) in un luogo cheancora non si conosce 1.

    Nel febbraio del 2013, dopo quasi ven-ticinque anni di attivit di Curatore delMuseo, il Gruppo Mineralogico Romanoviene gentilmente invitato a liberare i lo-cali del Museo dalle proprie cose.

    Il G.M.R. si mette alla ricerca di unluogo dove poter stabilire la propria nuovaSede e trova una meravigliosa disponibilitnelle persone responsabili del luogo che,storicamente, appare un naturale punto diarrivo di un percorso durato quaranta an-ni: il Dipartimento di Scienze della TerradellUniversit Sapienza di Roma.

    Allinterno del Dipartimento esiste ilMuseo di Mineralogia creato nel 1804 da

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    Uno scorcio del Museo Mineralogico del Collegio Na-zareno al momento della sua riapertura al pubblico nel1997 ad opera del G.M.R.

    Uno dei campioni della Donazione di Giuseppe IIesposto nel Museo Mineralogico del Collegio Nazare-no e particolare della sua etichetta.

    1 Nel Museo esistono, tra laltro, campioni di mi-nerali del Lazio (presumibilmente raccolti da Gismon-di e oggetto degli scambi con gli altri mineralogisti eu-ropei) e la raccolta dei campioni di minerali donati alMuseo nel 1784 da Giuseppe II, Imperatore dAustriae Re di Ungheria.

  • P. Gismondi, Scolopio e Direttore delMuseo Mineralogico del Collegio Nazare-no. Allingresso di uno dei saloni del Mu-seo un busto di Pio VII accoglie i visitato-ri e gli studenti.

    Nei prossimi mesi il Gruppo Mineralo-gico Romano avr una nuova Sede e daquesta potr sortire una nuova vita del-lAssociazione che avr la possibilit,sempre nellambito di quanto stabilito dalproprio Statuto, di integrare lattivit so-ciale con una maggiore e pi partecipatacollaborazione con il Museo di Mineralo-gia, con le altre Istituzioni sul territoriocome lUniversit RomaTre e con tutti gliIstituti scolastici di Roma.

    Il G.M.R., comunque, nel desiderio dinon abbandonare il Museo del CollegioNazareno, pur consapevole di non potersiopporre alle decisioni della Fondazione,ha dato, la propria disponibilit a conti-nuare, una volta trovata la nuova sede delMuseo (che si auspica ritorni ad esserequella dei tempi di P. Petrini), lattivit diCuratore del Museo, non pi per uso dellaGiovent che educhiamo 2, ma per mante-nere in vita quello che si pu ritenere non

    solo uno dei primi esempi di evoluzionemoderna in senso museale della Wun-derkammer del XVII secolo, ma, princi-palmente, il luogo di nascita dello studiosistematico della mineralogia laziale 3.

    Il Gruppo Mineralogico Romano daqueste pagine intende rivolgere un appel-lo ai Responsabili delle Istituzioni pubbli-che e private perch intervengano peraiutare il Collegio Nazareno a riuscire amantenere in vita il Museo Mineralogicoe con esso i segni della crescita culturalescientifica del nostro Paese.

    Queste righe vogliono essere un acco-rato e augurale ad majora alla DirezioneGenerale per la valorizzazione del patri-monio culturale del Ministero per i beniculturali, alla Direzione regionale per ibeni culturali e il paesaggio del Lazio, al-la Sovrintendenza ai Beni culturali di Ro-ma, ai Dipartimenti di Scienze della Terradi tutte le Universit, alla Pontificia Com-missione per i Beni Culturali della Chie-sa, al F.A.I. Fondo Ambiente per lItalia ea tutti gli Enti in grado di proteggere i se-gni della storia culturale italiana.

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    2 P. Giovanni Vincenzo PETRINI, Gabinetto Mine-ralogico del Collegio Nazareno, Roma, 1791-1792, To-mo I, p. XXIII.

    3 Si veda in questo numero larticolo di MaurizioBurli nel quale ben descritta la rilevanza dellesisten-za del Museo Mineralogico del Collegio Nazareno nelcontesto storico della mineralogia italiana.

  • LE CAVIT MIAROLITICHEDELLE PEGMATITI DI GROTTA DOGGI (SAN PIERO IN CAMPO, ISOLA DELBA). Alcuni esempi dellaassociazione feldspato-quarzo-tormalina-berillo-zircone-micaFederico Lucci 1, 2 e Roberto Pucci 21 Dip. di Scienze, Sezione di Scienze Geologiche, Uni-

    versit RomaTre2 Gruppo Mineralogico Romano

    Riassunto

    Le cavit miarolitiche rappresentanolevoluzione tardiva (da tardo-magmaticaa pneumatolitica) del processo di solidifi-cazione di corpi pegmatitici a composizio-ne granitoide, soprattutto se geochimica-mente evoluta (saturazione in SiO2, inAl2O3, saturazione in fluidi ed elementiincompatibili come Cs, Sr, Li, Be, Y,REE, Ti, Nb, Ta). Affinch una cavitmiarolitica si generi, necessario che unaporzione del fuso magmatico diventi su-persaturo in fluidi (in fase vapore) e chequesti non riescano a fuggire via nellerocce incassanti la pegmatite stessa. Lacavit miarolitica quindi rappresenta unafucina in cui lo spazio della cavit per-mette spesso, ai minerali, di sviluppare lapropria forma cristallina, e soprattutto diformare specie mineralogiche particolar-mente arricchite in elementi incompatibiliche viaggiano insieme ai fluidi magmatici.

    Grotta dOggi: un esempio dei filoni peg-matitici elbani

    Sebbene tanto sia gi stato scritto sullePegmatiti Elbane e sebbene la maggiorparte di esse siano state cavate ed estratteprima della Prima Guerra Mondiale (vediSinkankas, 1981), ancora possibile fareinteressanti ritrovamenti che permettonoallattento osservatore di studiare i pro-cessi che hanno portato alla genesi diqueste rocce.

    interessante per sottolineare, comeriporta il Pezzotta (2000), che negli ultimianni sono stati rinvenute, attraverso unapi attenta mappatura geologica dellareaorientale del Monte Capanne, almeno al-tre 45 strutture filoniane pegmatiticheprecedentemente non descritte.

    Il perch di cos tanti filoni non cono-sciuti in unarea cos piccola presto det-to: quasi tutte le esplorazioni e gli assag-gi compiuti nel XVIII secolo e gli scavisuccessivi, sono stati prodotti sui filonimaggiori in spessore e quindi ben visibili.Osservando con attenzione la Carta Geo-logica (Fig. 1) e il particolare del margineorientale del Monte Capanne (Fig. 2) chiaramente percepibile che le localit fi-loniane pi famose (La Speranza, MassoForesi, Fonte del Prete, Facciatoia, FossoBovalico, Grotta dOggi, Fosso S. France-sco, Catri, Ca Mastaglino, Fosso dei For-cioni) costituiscono gli affioramenti mag-giori di ununica grande fascia pegmatiti-ca che costeggia tutto il massiccio graniti-co del plutone monzogranitico del Mt.Capanne, e che quindi sarebbe stato mol-to probabile rintracciare, ad una pi at-tenta esplorazione, molte altre strutturepegmatitiche a diversa scala di grandezza!

    Il Cercapietre 1-2/2012, 9-17 Lucci F. e Pucci R.: Le cavit miarolitiche delle pegmatiti

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  • Il Cercapietre 1-2/2012, 9-17 Lucci F. e Pucci R.: Le cavit miarolitiche delle pegmatiti

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    Fig. 1. Carta geologica dellIsola dElba, da un rilevamento di Bernardino Lotti del 1884. Nel riquadro tratteggiato indicato il particolare illustrato nella Fig. 2.

    Fig. 2. (nella pagina accanto, particolare della Fig. 1) Carta Geologica Schematica del margine orientale del Mt. Ca-panne (modificata da: Pezzotta, 2000). Q = sedimenti quaternari; C = Calcari e arenarie del Complesso V; Sc =Hornfels a precursore pelitico del Complesso IV; S = Metabasiti del Complesso IV. In grigio chiaro indicatoil monzogranito del M.te Capanne; in grigio scuro sono indicati i filoni e le masse leucogranitiche ed aplitiche. Ledue linee rosse delimitano larea continua in cui si riconoscono i pi famosi affioramenti di pegmatiti elbane.

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  • Come si pu osservare, ancora dalla cartageologica, i filoni pegmatitici elbani sonoconvenzionalmente suddivisi in due tipo-logie principali: i) filoni e dicchi senza mi-nerali litiferi, in carta indicati con un cer-chio verde; ii) filoni e dicchi con mineralilitiferi, in carta indicati con cerchi rosso,blu e viola (la suddivisione in sottocate-gorie stata proposta basandosi sullageometria e sulla zonatura della distribu-zione delle fasi litifere allinterno dellecavit stesse).

    A questa seconda tipologia di dicchiappartengono le pi famose localit peg-matitiche de La Speranza, Fonte delPrete e anche Grotta dOggi (Millose-vich, 1914; Pezzotta, 2000), caratterizzateda una forte variabilit delle dimensionicristalline dei singoli minerali e dalla nonomogenea distribuzione dei minerali ric-chi in elementi incompatibili (tormaline,berilli, lepidoliti). Questi filoni sono

    principalmente incassati nella parte mar-ginale del monzogranito del Monte Ca-panne e solo in alcuni casi sono stati rin-venuti anche allinterno delle rocce meta-morfiche (hornfels) costituenti la aureoladi contatto del plutone. In realt, se vo-lessimo realmente entrare nel merito del-la classificazione delle cavit pegmatitiche(non esclusivamente elbane), dovremmonon solo considerare la dimensione spa-ziale e la distribuzione in esse dei minera-li interessanti [tormalina, berillo, monazi-te, zircone (Fig. 3), lepidolite (Figg. 10 e12), pollucite, ecc.], bens dovremmo ini-ziare a considerare la variabilit volume-trica laterale della cavit, la sua intercon-nessione con altre cavit vicine e prossi-mali, e soprattutto la variabilit composi-zionale delle pareti stesse della cavit. Unlavoro che va ben oltre linteresse di que-sto articolo e che non aggiungerebbe nul-la in pi al piacere di trovare una cavitmiarolitica (o i suoi frammenti) ed osser-varne tutte le sue parti!

    Paragenesi di una Cavit Miarolitica

    La paragenesi di una cavit miaroliticapu essere suddivisa in tre successivi as-semblaggi mineralogici (Cerny, 2000).

    Fase 1 - minerali di prima cristallizzazionecostituenti le pareti della cavit (550C perpegmatiti geochimicamente primitive,450C per Li-Cs-Ta-pegmatiti): solitamen-te le pareti della cavit sono costituite dal-le stesse fasi cristallizzanti nel fuso grani-toide di origine, come K-feldspato, albite,quarzo, tormalina, muscovite (e a volte le-pidolite). I minerali tendono a cresceredalla pegmatite massiva verso lo spazio

    Il Cercapietre 1-2/2012, 9-17 Lucci F. e Pucci R.: Le cavit miarolitiche delle pegmatiti

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    Fig. 3. Zircone, cristallo di 0,35 mm; Grotta dOggi,S. Piero in Campo, Is. dElba. Coll. F. Lucci, foto R.Pucci.

  • vuoto della cavit pegmatitica sviluppandoterminazioni euedrali (Fig. 4). La tessituracristallina varia quindi da isotropa casualea concentrica radiale rispetto alla cavitstessa. La dimensione cristallina tende acrescere progressivamente verso la stessadirezione (cio verso la cavit). Intercre-scite grafiche (dette cos perch, quandoben sviluppate possono evolvere da ango-lari a cuneiformi, come antiche forme discrittura) di tipo feldspato+quarzo e tor-malina+quarzo sono tipiche nellarea piesterna della cavit. Se queste intercrescitesi estendono oltre la zona massiva spessotendono a terminare in aggregati di indivi-dui cristallini perfettamente orientati (Fer-sman, 1960; Cerny, 2000) (Fig. 5).

    Fase 2 - copertura delle pareti della cavitdalla cristallizzazione delle fasi tardo-magmatiche pegmatitiche (450-200C,

    soluzioni idrotermali di alta temperatura):se la pegmatite presenta un carattere geo-chimicamente evoluto, la prima cristalliz-zazione viene ricoperta da minerali arric-chiti in componenti volatili e rari [berillo(Fig. 6), elbaite, topazio, lepidolite, albite,adularia, quarzo, e moltissime altre fasiaccessorie minori]. Questi minerali posso-no svilupparsi sia come semplice copertu-ra della precedente indisturbata faciesquarzo-feldspatica, sia interagire con lefasi tardive di cristallizzazione di questa eparteciparne ai fenomeni di intercrescita.

    Fase 3 - formazione di un assemblaggiotardivo a carattere pneumatolitico idro-termale (soluzioni idrotermali di bassatemperatura 250-150C) che ricopre le fa-si precedenti (vug-coating) e colma gli in-terspazi (vug-filling): associazione solita-mente caratterizzata da boromuscovite,

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    Fig. 4. Quarzo fum, cristallo di 5 mm. Grotta dOggi,S. Piero in Campo, Is. dElba. Coll. F. Lucci, foto R.Pucci.

    Fig. 5. Terminazione euedrale di K-feldspato graficocon intercrescite di cristalli di quarzo (modificato da:Cerny, 2000).

  • cookeite, apatite, fosfati secondari, zeo-liti, minerali argillosi, goethite e in alcunicasi anche carbonati. Queste ultime fasi,spesso, possono crescere a spese dei mi-nerali magmatici formatisi durante le Fasi1 e 2, soprattutto nella parte inferiore del-la cavit (in Cerny, 2000).

    Il modello di cristallizzazione di una ca-vit miarolitica, qui sopra descritto, per-mette alcuni spunti di riflessione. Se il pro-cesso di solidificazione della pegmatite av-viene simultaneamente ad un progressivoarricchimento di fluidi (H2O + F, B, Li, P)ed elementi incompatibili, allora si pusperare che i processi di cristallizzazionepossano produrre progressivamente la for-mazione di specie minerali interessanti.

    Se il raffreddamento del magma avvie-ne in condizioni lente ed opportune e lacristallizzazione stessa della parete quar-

    zo-felsica riesce a diventare ulteriore bar-riera alla fuga dei fluidi, allora possibileche si inneschi il processo di chemical-quenching, ovvero una massiva cristalliz-zazione-precipitazione di minerali ricchiin elementi quali B, Be, F, Li.

    Sebbene le Fasi 1 e 2 vengano distintenel modello proposto da Cerny, nellarealt rappresentano due momenti di ununico processo continuo e che quindi pos-sono anche sovrapporsi, generando unacerta continuit tra le fasi quarzo-feldspa-tiche e le cristallizzazioni di tormalina,berillo e di altre fasi accessorie.

    Tale continuit facilmente osservabi-le nei processi di intercrescita che a voltecaratterizzano minerali della prima fasecome quarzo e feldspato e minerali dellaseconda fase come tormalina e berillo:

    i) cristalli di tormalina, berillo e quar-zo (ialino e fum) che attraversano o in-

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    Fig. 6. Berillo, cristallino di 2 mm. Grotta dOggi, S. Pie-ro in Campo, Is. dElba. Coll. F. Lucci, foto R. Pucci.

    Fig. 7. Berillo (2 mm) in intercrescita con K-feldspato.Grotta dOggi, S. Piero in Campo, Is. dElba. Coll. F.Lucci, foto R. Pucci.

  • tercrescono con feldspati e quarzi mag-giori (Figg. 7 e 8);

    ii) variazione composizionale dei mi-nerali, come per esempio avviene per letormaline: schorl nella massa pegmatiticainiziale che possono evolvere a elbaitimulticolori attraverso il progressivo arric-chimento di costituenti incompatibili assi-milati dai fluidi (Figg. 9 e 10).

    Infine, osservando una cavit pegmati-tica si sar sicuramente notato quanto siadifficile rinvenire un cristallo perfetta-mente terminato. La risposta tutta neiprocessi della Fase 3:

    i) la sovrappressione dei fluidi pu su-perare i valori di confinamento della ca-vit, ci spesso produce una fuoriuscita diquesti, tuttaltro che indolore, e la conse-guente rottura e frattura degli esemplaripi fragili che sporgono dalle pareti dellacavit (Figg. 11 e 12); ii) i processi tardivi di soluzione-disso-

    luzione (leaching) legati ai fluidi finali chepermangono nella cavit, generano uncontinuo e progressivo cambiamento del-le condizioni chimiche che possono pro-durre corrosione e alterazione di mineraliprecedentemente formatisi.

    Lambiente fortemente acido solita-mente indicato dalla formazione progres-siva di albite+muscovite su K-feldsdpatopertitico e poi precipitazione di zeoliti(Fig. 13) e minerali argillosi.

    Considerazioni finali

    Una passeggiata di poco meno di dueore a Grotta dOggi ha fornito parte delmateriale e lo spunto per scrivere questobreve articolo. Siamo certi che lavorandocon pazienza nella grossa pietraia sotto lo

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    Fig. 8. Berillo (1 mm) in intercrescita con quarzo.Grotta dOggi, S. Piero in Campo, Is. dElba. Coll. F.Lucci, foto R. Pucci.

    Fig. 9. Tormalina policroma (4 mm) su quarzo. S. Pie-ro in Campo, Is. dElba. Coll. e foto R. Pucci.

  • Il Cercapietre 1-2/2012, 9-17 Lucci F. e Pucci R.: Le cavit miarolitiche delle pegmatiti

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    Fig. 10. Tormaline policrome (4 e 2 mm) e lepidolite in aggregati submillimetrici. S. Piero in Campo, Is. dElba. Coll.e foto R. Pucci.

    Fig. 11. Tormalina policroma (8 mm) su quarzo e K-feldspato; sia la tormalina che il K-feldspato mostrano segni pio meno profondi di corrosione. S. Piero in Campo, Is. dElba. Coll. e foto R. Pucci.

  • sperone monzogranitico sia possibile tro-vare ancora qualche esemplare degno dinota e attenzione. E forse anche lo stessoTorrente Bovalico nel suo letto nascondequalche tesoro da riscoprire. Tuttavia loscopo di questo articolo, non era quello diraccontare di inenarrabili tesori da millee una notte, ma discutere insieme su co-me un magma in determinate condizionigeologiche sia in grado di produrre quellespecie cristalline che ci spingono a cari-carci lo zaino di martello, buste, acqua ecibo e partire alla ricerca di un nuovopezzo per la nostra vetrina.

    Ringraziamenti

    A Giorgia che ha trovato nella pietraiadi Grotta dOggi lesemplare con il picco-lo quarzo fum.

    BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

    CERNY P., (2000) - Constitution, petrology, affilia-tions and categories of miarolitic pegmatites -Memorie della Societ Italiana di Scienze Natu-rali e del Museo Civico di Storia Naturale di Mi-lano, Vol. XXX (1), 5-12.

    FERSMAN A.E., (1960) - Graphic Structure of grani-tic pegmatites - In: Selected Works VI. Academyof Sciences of the USSR, Moscow, 645-659 (inRusso).

    MILLOSEVICH F. (1914) - I 5000 Elbani del Museo diFirenze. Contributo alla conoscenza della mine-ralogia dellIsola dElba - Studio Editoriale In-subria, Reprint Milano 1978, 96.

    PEZZOTTA F. (2000) Internal structures, paragene-ses and classification of the miarolitic Li-bea-ring complex pegmatites of Elba Island (Italy) -Memorie della Societ Italiana di Scienze Natu-rali e del Museo Civico di Storia Naturale di Mi-lano, Vol. XXX (1), 29-43.

    SINKANKAS J., (1981) - Emerald and Other Beryls -Chilton Book Co. Nelson Canada, Radnor Pa-Scarborough, Ontario, 255.

    Il Cercapietre 1-2/2012, 9-17 Lucci F. e Pucci R.: Le cavit miarolitiche delle pegmatiti

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    Fig. 12. Lepidolite in pacchetti di laminette di 2 mm ein aggregati submillimetrici cristallizzatisi intorno e al-linterno del cristallo fratturato e corroso di tormalina.S. Piero in Campo, Is. dElba. Coll. e foto R. Pucci.

    Fig. 13. Berillo (2 mm) e cristallini di cabasite (0,2-0,6 mm). S. Piero in Campo, Is. dElba. Coll. e foto R.Pucci.

  • PEREGRINAZIONIMINERALOGICHE SULLEORME DI ANTICHINATURALISTI A QUATTROPASSI DALLURBEMaurizio BurliGruppo Mineralogico Romano

    Dedicato agli odierni seguaci di San Josde Calasanz 1

    Imperrocch la fama di questa colle-zione mineralogica, facendo che gli stra-nieri amatori e cultori delle scienze si re-cassero a dovere in passando per Roma divisitarla, ne nasceva quel cambio di cogni-zioni e di oggetti, per cui i prodotti delsuolo romano erano ricercati e contrac-cambiati con quelli delle regioni straniere.

    (Dalla necrologia di padre Carlo Giuseppe Gismondi2in Giornale araldico delle Scienze, Lettere ed Arti, TomoXXVII pp. 293-301, Luglio, Agosto, Settembre 1825).

    Premessa

    Dopo aver letto Il Cercapietre delloscorso anno, il socio Giancarlo Fratangelimi fece notare che la rivista, oltre che

    presentare articoli di natura esclusiva-mente mineralogica, dedicava alcune pa-gine al ricordo di amici soci scomparsi.Losservazione, che forse aveva uno sco-po scaramantico, determin delle rifles-sioni inducendomi al proposito di lasciareuna qualche traccia dei tanti amici adsaxa che con me hanno dedicato moltotempo a questo hobby, contribuendo auna maggiore conoscenza dei minerali edei luoghi di rinvenimento, in particolare,quelli del Vulcano Laziale.

    Quando iniziai a buttar gi qualche ri-ga, volli dare un qualche blasone a questariesumazione mnemonica e ulteriore si-

    Il Cercapietre 1-2/2012, 18-46 Burli M.: Peregrinazioni mineralogiche sulle orme di antichi Naturalisti

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    1 Jos de Calasanz, da lui italianizzato in Calasan-zio Giuseppe della Madre di Dio (Peralta del Sal, 1557- Roma, 1648), fu il fondatore dei Chierici RegolariPoveri della Madre di Dio delle Scuole Pie (detti Sco-lopi o Piaristi) ed stato proclamato santo da papaClemente XIII nel 1767.

    2 Gismondi Carlo Giuseppe (1762-1824), Padre sco-lopio docente al Collegio Nazareno in Roma, stretto col-laboratore di G. V. Petrini nella costituzione del MuseoMineralogico del Collegio Nazareno, Direttore del Mu-seo di Mineralogia dellUniversit La Sapienza di Romaprima, poi di quello di Napoli e poi ancora di Roma.

    Francisco Goya Lultima comunione di San GiuseppeCalasanzio Les Escuelas Pias de San Antn, Madridanno 1819.

  • gnificato alle biografie ad futuram reimemoriam, andando ancor pi nel pas-sato a cercare i padri nobili della mine-ralogia laziale e i suoi inizi. Non senzameraviglia lindagine mi ha portato a risa-lire controcorrente londa del tempo diquasi tre secoli e a scoprire che i primi in-teressati a questa scienza naturale ebberouna passione per la ricerca e la collezionedi fossili simile a quella dei nostri socidel Gruppo Mineralogico Romano.

    Lapprofondito lavoro di ricerca bi-bliografica effettuato, mi ha portato adacquisire unampia documentazione chemi sembrava interessante proporre al let-tore, ma che, anche se ridotta allessen-ziale, per la sua mole avrebbe reso ecces-sivamente frammentaria la lettura se inse-rita nel testo stesso. La soluzione adottataprevede richiami a una serie di note eampie Appendici documentarie che forni-scono notizie ed approfondimenti, chepossono essere di volta in volta lette omeno, senza che sia pregiudicata la conti-nuit della trattazione.

    La nascita di sodalizi in ambito regio-nale, anche se solo formati da lites, il for-marsi di grandi collezioni, poi disperse e inparte ritrovate, lo scambio dinformazionia livello europeo, hanno rappresentato labase della mineralogia italiana moderna.

    Infatti, proprio tra le mura del Colle-gio Nazareno labate Petrini 3 illustrava,con la pubblicazione del Gabinetto Mi-neralogico, luso delle prime analisi chi-miche per determinare, oltre allesame

    autoptico, la natura delle specie minerali,spesso provenienti dai dintorni di Roma 4.

    Ancor oggi, nonostante lurbanizzazio-ne provocata dallespandersi dellareametropolitana, i Castelli Romani oColli Albani, meglio ancora il VulcanoLaziale per i collezionisti e raccoglitoridi minerali, riservano angoli di intatta na-tura che aggiungono suggestioni profondea una passeggiata con scopo naturalistico.La stessa sensazione la ritroviamo ammi-rando certe stampe depoca e nelle de-scrizioni degli stessi luoghi date dai picolti viaggiatori del Gran Tour 5.

    Gi prima dellondata illuministica,che avrebbe svelato gli orizzonti dellascienza moderna, il gesuita AthanasiusKircher6, nel suo Latium Vetus et No-vum (1671) descrisse la particolarit diquesti luoghi anche da un punto di vista

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    3 Petrini Gian Vincenzo (1725-1814), fondatoredel Museo Mineralogico del Collegio Nazareno, autorede Il Gabinetto del Collegio Nazareno descritto secon-do li caratteri esterni, 1791-1792.

    4 Vedi Appendice 4, 7 e 8.5 J. W. Goethe, Viaggio in Italia, Oscar Mondatori,

    Milano 1993. Vedi Appendice 2.6 Kircher Athanasius (Geisa, 1602 - Roma, 1680)

    stato un gesuita, filosofo e storico tedesco.

    Foto aerea degli anni 60, scattata da quota 3000 m,dove si vedono gli abitati di Albano (sin. in basso) eAriccia (poco sopra a destra) mentre il quadrilateroscuro il Parco Chigi.

  • naturalistico, seguito da Pier Maria Cer-melli con le sue Carte corografiche delLazio (1782). Seguirono infine i nu-merosi viaggiatori del Gran Tour a caval-lo tra settecento e ottocento. JohannWolfgang Goethe7, che visit questi luo-ghi e collezioni (gi esistenti in quel pe-riodo), ricorda nel suo Viaggio in Italiala duplice visita al Cardinal Stefano Bor-gia di Velletri (22 febbraio e 10 luglio1787) per ammirare le sue collezioni diantichit, di naturalia e fossili, citandoespressamente il Casino Borgia posto, ex-tra moenia veliternae, alluscita di PortaNapoletana sul lato destro della via Appiaandando verso Napoli 8. La stessa collezio-ne esposta nel casino Borgia fu sicura-mente e ripetutamente visitata dal Petrini.Labate, rettore per parecchi anni del Col-legio Nazareno e tra i primi interpreti ita-liani di una moderna mineralogia scienti-fica, cita ripetutamente nella sua operasingoli esemplari di minerali e rocce os-servati tra i reperti di quella collezione9.Cosa possibile, poich ogni anno convitto-ri e docenti del Collegio Nazareno soleva-no trascorrere ad Albano, presso un edifi-cio di propriet degli Scolopi, la villeggia-tura, che a quei tempi iniziava alla fine disettembre e finiva coi primi di novembre.

    La distanza tra Albano e Velletri si po-teva percorrere anche a piedi, di buonpasso, in meno di tre ore. Gli stretti rap-porti tra il Borgia e il Petrini sono testi-moniati ancor oggi dalla esistenza pressoil Collegio Nazareno del busto di questul-

    timo dedicatogli, ancor vivente, da varistudiosi suoi amici, compreso il Cardinale,che fu eseguito, quasi sicuramente, dalloscultore romano Domenico Cardelli 10.

    Altro legame che univa questi due pre-lati, oltre allamore e alla curiosit per lescienze naturali, era la comunione per uni-deologia politica moderna e progressista,non tanto come retaggio derivato dalla Ri-voluzione francese, quanto come evoluzio-ne delle idee nate con lIlluminismo. Infat-ti poco dopo la restaurazione, seguita allaprima Repubblica Romana11, i due cadde-ro in disgrazia per aver occupato posti diprestigio nel nuovo assetto amministrativorepubblicano. Il Cardinale fu spedito a Ve-nezia, mentre il Petrini fu allontanato dallasua amatissima cattedra al Collegio Naza-reno e mandato in pensione nella sua nataLucca, ove termin i suoi giorni.

    Uno dei meriti principali del Petrini fula costituzione di una prima raccolta12 di

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    7 Vedi Appendice 2.8 Attualmente il Casino Borgia in viale Oberdan

    allaltezza del civico n. 49 a Velletri. Vedi Appendici 2,3 e 6.

    9 Vedi Appendice 3 e 7.

    10 Vedi Appendice 1.11 Petrini fu Tribuno per il Dipartimento del Teve-

    re e membro dellIstituto Nazionale nella sezione diStoria Naturale (Marina Caffiero, La repubblica nellacitt del papa, Ed. Donzelli, 2005).

    12 Vedi Appendice 4.

    Albano, Casa di villeggiatura del Nobile Collegio Naza-reno. Cartolina depoca.

  • mostre di minerali, successivamente arric-chita dalla cospicua donazione, nel 1785,da parte di Giuseppe II, ImperatoredAustria e Re di Ungheria, di campioniprovenienti dai territori asburgici 13.

    Successore alla cura del Museo delCollegio Nazareno fu padre Giuseppe Gi-smondi, che in una delle visite a Nemi,ospite del Duca omonimo, durante le suericerche mineralogiche intorno al sotto-stante lago 14, rinvenne gli azzurri campio-ni di un minerale che chiam lazialite eche, in seguito, fu definito come nuovaspecie con il nome di hayna 15.

    Nel periodo fin qui esposto, la raccoltadi mostre di fossili (campioni di minerali,rocce o fossili) avveniva quasi sempre du-rante escursioni organizzate ad hoc, op-pure durante attivit peripatetiche dove,quasi sicuramente, si discuteva di filosofianaturale.

    La raccolta di campioni avveniva lun-go le strade ed i sentieri non lastricati dif-fusissimi fino a pochi decenni fa per que-ste nostre colline16.

    I banchi di peperino potevano avereuna potenza da quaranta metri fino a po-chi decimetri, spesso alternati a banchi,pi o meno spessi di pozzolana grigia (la-pillo incoerente) anche questi potenzial-mente ricchi di inclusi di interesse scienti-fico-collezionistico.

    In tempi non recenti ad Albano, lau-tore unitamente ad altri sei appassionatiha cercato di ricalcare le orme di questi

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    13 Giuseppe II, dopo una sua visita al Collegio Na-zareno nel 1769, avendo visitato il nucleo originariodella collezione mineralogica allestita dal Petrini, deci-se di donare al Gabinetto Mineralogico unampia rac-

    colta di campioni provenienti dai giacimenti mineraridei territori asburgici. Ancor oggi su alcuni esemplarisi pu osservare loriginaria etichetta a testimonianzadi quella donazione.

    14 Speculum Dianae per gli antichi Latini e teatrodegli eventi cos ben descritti dal Fresier nella primaparte del suo famosissimo Ramo dOro.

    15 Nasti V., Lolotipo della Hayna, Il CercapietreN 1-2-2009, Roma. Vedi Appendici 4 e 5.

    16 Ultimamente lautore ha tentato di ripercorrerealcune di quelle stradine, ancor libere dal cemento edallasfalto, per effettuare una raccolta di campioni mail successo stato minimo.

    JOANNI PETRINIO SCHOL. PIARUMLITOPHILACII AVCTORI ET

    MINERALOGIAE IN VRBE RESTITUTORIMINERALOGI AMICI POSVERUNT

    A. MDCCLXXXXIVCVRANTE VIRO E. STEPHANO BORGIA

    CARDINALI

    Busto del Petrini e dedica. Collegio Nazareno in Roma.

  • antichi naturalisti. Lautore ricorda connostalgia lallegra e giovane brigata (sia-mo alla met degli anni sessanta), compo-sta da Giancarlo Fratangeli, tuttora sociodel G.M.R. e che trascin il resto delgruppo ad appassionarsi alle meravigliemineralogiche della zona, Marcello Zam-petti (divenuto poi noto entomologo),Claudio Vella, Roberto Indiati, GiorgioSilvestri e Bruno Sebastiani.

    Un grande aiuto ci venne poi dal caris-simo e mai abbastanza rimpianto Ing.Ambrogio Del Caldo cui dovemmo la co-noscenza di molte altre specie mineralogi-che, nascoste nei proietti inclusi nel pepe-rino, oltre a quelle che si potevano trova-re nelle lave leucititiche del Vulcano La-ziale: Capo di Bove, Osa, Acqua Cetosa,Laghetto, ecc. Altro merito di zio Am-brogio, cos voleva essere chiamato ilbuon Del Caldo, fu di averci fatto cono-scere Ezio Curti 17 a cui, tutti noi che stu-diamo, raccogliamo e collezioniamo mi-nerali laziali, siamo debitori.

    Le escursioni, quasi sempre a piedi (achi mancava la patente, a chi un mezzoproprio di trasporto) non raggiungevanopi di qualche chilometro dal centro abi-tato di Albano. Le mete preferite eranola cava di Ariccia da poco chiusa; il Roc-colo, i Cappuccini e i Tufetti nel comunedi Albano e i cantieri edilizi aperti traAriccia e Albano. Gran messe di esem-plari fu raccolta durante i lavori per la-pertura della variante della provincialeAlbano Rocca di Papa allaltezza diMonte Gentile.

    Successivamente, su indicazioni delcompianto Prof. Mario Fornaseri 18, la ri-cerca si spost a Colle Cimino sotto Mari-no. doveroso sottolineare la ecceziona-le disponibilit del Fornaseri a consentiree ad agevolare la partecipazione dei ricer-catori non istituzionali (e cio dei colle-zionisti privati) ai progetti universitari distudio e di ricerca. Ancora oggi, per for-tuna, esistono, nei Dipartimenti universi-tari di scienze della terra, personaggi diquesto tipo che rendono ancora pi grati-ficante la fatica e limpegno di chi dedicatempo alla ricerca mineralogica.

    Altri luoghi interessanti hanno contri-buito ad arricchire varie collezioni. Tra ipi importanti ricordiamo la zona dellosbancamento adiacente al distributore dibenzina allaltezza del km 24 della via Ap-pia allingresso di Albano, dove nel 1973si rinvennero specie minerali rare, comeharkerite e monticellite; in questo periodocominciarono assidue frequentazioni conAlvaro DAmico e Luciano Liotti 19.

    In seguito si estesero le ricerche ancheai campi dietro il cimitero di Marino, chehanno dato bellissimi campioni di vesu-vianite, per non parlare poi del piccolo li-vello a proietti sulla parete settentrionaleinterna del cratere di Albano dove, permerito di Dario Di Domenico, nel 1989

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    17 Ezio Curti stato coautore dellunico libro di-vulgativo sui minerali del Lazio: Stoppani F.S., CurtiE., (1982), I minerali del Lazio, Ed. Olimpia S.p.A., Fi,pp. 291.

    18 Mario Fornaseri (San Massimo allAdige, Vero-na, 1913 - Roma 2009), mineralista e geochimico, pro-fessore universitario dal 1951, ha insegnato geochimicanellUniversit Sapienza di Roma. Autore con U. Ven-triglia e A. Scherillo di La Regione Vulcanica dei ColliAlbani (Ed. Bardi, Roma 1963) ancora oggi considera-ta esempio di opera esaustiva e fondamentale per in-traprendere uno studio sul Vulcano Laziale.

    19 Liotti L. (1994), I minerali del complesso vulca-nico dei Colli Albani (1 parte), Riv. Miner. Ital., 1, 9-32.Liotti L. (1995), I minerali del complesso vulcanico deiColli Albani (2 parte), Riv. Miner. Ital., 1, 55-70.

  • vennero alla luce, per la prima volta nellezone del Vulcano Laziale, numerosi cam-pioni mineralogici ricchi in Uranio, Torioe REE 20. Per ultimo il pi recente cantie-re della TA.CA.RO. (Tangenziale Castel-li Romani), che ha fatto apprezzare ai

    collezionisti laziali labbondanza della rac-colta come non avveniva da tempo 21.

    Di recente con altri amici del G.M.R.,per gentile concessione del ConservatoreArch. Francesco Petrucci, abbiamo avutoil permesso di visitare linterno della Te-nuta Chigi e il Barco (riserva di caccia),annesso al palazzo del principe, da pocoacquisito dal Comune di Ariccia. Esso oc-cupa una stretta valle che partendo daMonte Gentile sfocia sotto il monumenta-le Ponte e quindi nella Valle Aricina,cratere di esplosione freatomagmatica egi sede di un antico lago, oggi detta Val-lericcia. Un alto muro recinge tutta lapropriet, interessata da molte piccole ca-ve antiche, che si possono ritrovare ancheal di fuori di essa: a valle sulla parete difronte allabitato Ariccino, mentre a mon-te, si trova quella pi grande e famosa,denominata, nelle etichette dei campioni

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    20 Burli M., Di Domenico D., (1988), Ritrovamen-to di minerali di Torio, Uranio e Re nelle Sanidiniti delVulcano Laziale, Documenta Albana, II Serie n. 10,Museo Civico di Albano, pp. 7-8.

    21 Caponera I., Fiori S., Pucci R., Signoretti E.,(2007), I minerali dei Colli Albani, un aggiornamentosugli ultimi dieci anni di ricerche, Riv. Miner. Ital., 2,74-91.

    Parete con inclusi messa in evidenza dopo lultimo am-pliamento della strada che rasenta Colle Cimino a Ma-rino.

    Discarica con blocchi di peperino provenienti dalloscavo della III galleria della TA.CA.RO. in localit Va-scarelle di Albano.

    Lavori di escavazione dellultimo tratto della tangen-ziale dei castelli romani.

  • esposti in tutti i musei dEuropa, comeCava di Ariccia o Cava di Parco Chigi.

    Di altre due cavette vogliamo accen-nare le particolarit: la prima, denomina-ta della Cupetta, dopo essere statasfruttata per lestrazione del tufo, fu re-cintata, provvista di portale e usata perlallevamento di conigli destinati al ripo-polamento del Barco; le pareti e il suolodi peperino impedivano a quei roditori discavare gallerie e fuggire.

    Laltra cava in localit Roccolo

    nella propriet privata della Prof.ssaEleonora Paris, nota mineralista albanen-se, ora ordinaria della cattedra di minera-logia allUniversit di Camerino e unadelle migliori allieve del Prof. AnnibaleMottana.

    Da considerare anche le grandi cave diMarino sfruttate in epoca recente e quel-le di Pantano sempre nello stesso comu-ne, che per hanno dato pochi campioni

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    Uno dei nostri soci, Igino Caponera, alla ricerca dicampioni allinterno del Parco Chigi.

    Parete dellantica cava di Parco Chigi. Vecchia cava di peperino in localit Vallericcia, usatafin dai tempi degli ultimi Savelli (principi di Aricciaprima dei Chigi, fino alla II met del 600) per lalleva-mento dei conigli, ormai invasa dalla vegetazione.

    Antica cava di peperino in localit Roccolo di Albano,ora invasa dalla vegetazione, come tutte le altre di anticadata di dimensioni modeste, qualche centinaio di mq.

  • interessanti a parte qualche esemplare dilegno inglobato nel tufo che tramite data-zioni al Carbonio hanno consentito di de-terminare let della colata piroclastica acirca 32.000 anni fa ( 500 anni).

    doveroso poi dedicare qualche paro-la a quella che la roccia ospite di questipiccoli e rari tesori mineralogici: il peperi-no. Unitamente alle altre rocce pi o me-no coerenti, formatesi grazie allattivitdel Vulcano Laziale 22 (leucitite, traverti-no e pozzolana), questo tufo stato il ma-teriale usato per costruire gran parte del-

    la Roma Repubblicana. Ma anche succes-sivamente, fino al primo dopoguerra, iconci di questa roccia erano i costituentiprincipali di case, muri, chiese, edificipubblici e di lastricati interni. Quindi per-correndo le strade dei paesi dei CastelliRomani, locchio del mineralogista nonpu esimersi dal puntare lo sguardo sugliinnumerevoli blocchi e blocchetti di pepe-rino che sono il modulo fondamentale dimoltissime opere edilizie23.

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    22 Vedi Appendice 9.

    23 Per quanto riguarda luso e il degrado del Pe-perino, vedi Burli M., (2007), Il Lapis Albanus: usoantico e conservazione, Documenta Albana, N 29, Al-bano L.

    Pianta delle antiche cave di Ariccia. Sono indicate tutte le cave di peperino e di pozzolana che si trovavano sui ter-reni del principe Chigi posti a valle del ponte monumentale nella seconda met dellOttocento. (Dalla biblioteca del-la fondazione di Palazzo Chigi di Ariccia, per gentile concessione del curatore Arch. F. Petrucci.

  • Ancora oggi possiamo osservare in lo-calit I Tufetti, Pietrara e Cappucci-ni nel comune di Albano i luoghi diestrazione che furono sfruttati durantelepoca severiana (da fine II sec. a oltre lamet del III sec. d.C.) per la costruzionedei castra della Legio II Parthica, delletermae (dovute a Caracalla) e della este-sissima necropoli, i cui sarcofagi eranofatti tutti in pietra Albana di cui si posso-no rivedere le fosse di estrazione.

    Recentemente, con lo scopo di procu-rare le immagini con cui corredare questoarticolo, camminando lungo le vie del cen-tro storico di Ariccia e osservando i nume-

    rosi inclusi inglobati nel lapis Albanus,(come veniva chiamato dai latini, che tan-to uso ne fecero nellantichit), lAutorenotava un fatto singolare nelle emergenzevenute alla luce dopo recenti scavi dellaSoprintendenza laziale, nei resti di un tem-pio di et repubblicana, di cui non si cono-sce la dedica. La base del podio, interratoda tempo immemore e conservato perfet-tamente, era composto da conci di peperi-no in opus quadrata, sulle cui facce a vistaemergevano dei proietti vulcanici. I concierano lavorati per tutta la superficie a vistain broccellato tranne che intorno ai margi-ni che sono spianati per una larghezza di

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    Cava di Parco Chigi. Foto degli anni trenta in cui, oltre ai cavatori e il capo cava, si intravede la parete di scavo diquella che fu una delle pi prolifiche localit, relative alla raccolta di specie mineralogiche, di tutto il Vulcano La-ziale. I reperti qui rinvenuti fanno bella mostra di s nelle vetrine dei pi importanti musei di storia naturale delmondo. I nomi dei cavatori sono, da sinisttra: (?), Caietto Indiati, Pietro Toti, Ing. Luigi Cosimi, Ettore Lanzi, UgoIndiati, Ettore Indiati, (?), Rodolfo Luigi Menicocci. Foto di Romeo Alisi nella cava detta la pietrara sopra ParcoChigi. Da Le famiglie storiche ariccine, a cura di Francesco Petrucci, Ariccia 1993.

  • un paio di centimetri e ben combacianticon quelli del blocco confinante.

    Questo tipo di finitura presupponevaun tipo di opera a vista senza far uso dimarmi di rivestimento o di spessi intona-ci, che avrebbero dovuto richiedere sulpeperino un diverso tipo di preparazione.Al massimo le pietre potevano essere og-getto di scialbatura allo scopo di dipinger-le con vari colori. Ha colpito lattenzionedel mineralogista il fatto che alcuniconci conservano quei proietti sporgenti,

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    Il Portale che fino a qualche anno fa costituiva lin-gresso della conigliera fu smontato e rimontato allen-trata dei giardini pubblici di Ariccia prima del pontemonumentale che si trovano appena a destra di questovenendo da Roma. Sotto, la targa sul portale.

    Muri in blocchi di peperino ricchi di inclusi.

    Particolare di un muro nel centro storico di Aricciacon inclusi messi in rilievo dallazione degli agenti me-teorici.

  • che sono stati graziati perch lanticoscalpellino ha evitato con cura di romper-li, anzi, girando intorno con lo strumentosembra abbia voluto metterli in evidenza.Considerato quanto gli antichi tenesseroin conto le cose che la natura dispensavaloro, possiamo presumere che questi cal-coli del peperino furono risparmiati perqualche oscura e magica ragione!

    Conclusioni

    Le conclusioni del presente articolo vo-gliono essere una riflessione sul futuro del-

    la ricerca mineralogica laziale e nazionale.I protagonisti della mineralogia nei secoliscorsi, dei quali lAutore ha voluto evi-denziare limpegno e i rilevanti risultatiscientifici, devono rappresentare un esem-pio stimolante per i giovani che manife-stano interesse per le scienze naturali.

    Vogliamo auspicare con forza e deter-minazione che il Gruppo MineralogicoRomano, affiancato alle istituzioni uni-versitarie, possa rappresentare la conti-nuit con il passato nella ricerca scientifi-ca e, in particolare, nella mineralogia delterritorio laziale.

    Ringraziamenti

    LAutore grato per il fattivo aiuto e isuggerimenti dati per la stesura di questoarticolo allamico Vincenzo Nasti e alla-mico Roberto Pucci per lapporto consul-tivo riguardante laspetto grafico e icono-grafico. Un grazie speciale ad memo-riam allIng. Ambrogio Del Caldo, senzala generosit, passione e cultura del qualemai avrebbe acquisito quella passione perle scienze naturali e per la conoscenza ingenerale che ora fanno parte del suo mo-desto bagaglio personale.

    Di quanto ha ereditato da questulti-mo collezionista di altri tempi ha trovatomoltissime corrispondenze negli amici delG.M.R., sodalizio del quale si pregia difar parte.

    Le fotografie, se non diversamente in-dicato, sono dellAutore.

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    Particolare del Podio del tempio repubblicano, recen-temente scoperto, sito a destra dellingresso delledifi-cio del nuovo Comune di Ariccia. Si notano perfetta-mente i noduli risparmiati formati da proietti inclusinel tufo vulcanico.

  • APPENDICI DOCUMENTARIE

    APPENDICE N 1Domenico Cardelli di Lorenzo inta-

    gliatore di marmi e Annunziata Borgheseromana. Fratello maggiore dello scultorePietro. Allievo del pittore G. Cades. Stu-di archeologia sotto la guida di EnnioQuirino Visconti e del Card. Stefano Bor-gia del quale frequent assiduamente ilmuseo, nel quale si applic al restauro eallintegrazione di molti marmi antichi.Lattribuzione alla scuola del Canova delbusto del Petrini, posto al Collegio Naza-reno, giustificata dal fatto che il Cardelli,gi a quei tempi, godeva di considerazione:Canova attualmente senza emulo in Ro-ma. Allinfuori di lui non vi conosco nessu-no che seriamente si applichi a creare qual-cosa di buono nellarte plastica, tranne lin-glese Flaxmann e il giovane romano Car-delli (Georgio Zoega24, Minerva, 1793).

    APPENDICE N 2Da Viaggio in Italia di Wolfgang Goethe:

    Velletri 22 febbraio 1787Assai amena la posizione di Velletri,

    su una collina vulcanica che solo versonord si congiunge con altre, mentre versotre punti cardinali la vista sconfinata.

    Quivi ammirammo la collezione delcavalier Borgia, che, favorito dalla paren-tela col cardinale e dai rapporti con prop-aganda Fide, ha potuto radunare mirabilioggetti antichi e altre cose preziose: idoli

    egiziani scolpiti in pietra durissima, figuri-ne di metallo depoche pi o meno remote,e bassorilievi in terracotta che, essendo sta-ti scavati nelle vicinanze, han fatto attribui-re agli antichi Volsci uno stile proprio.

    Il museo ricco di molte altre raritdogni genere. ... davvero da irresponsa-bili che un simile tesoro, a due passi daRoma, non venga visitato pi di frequente;lo si pu scusare pensando alla scomoditdi qualsiasi escursione in questi luoghi ealla magica attrazione esercitata da Roma.Mentre, scesi di carrozza, andavamo allalocanda, alcune donne sedute davanti alleporte di casa ci gridarono se non avevamovoglia di comprare anche noi qualche an-tichit, e poich rispondemmo che nonchiedevamo di meglio, ci portarono vecchipaioli, molle da focolare e altre misere ca-rabattole; e ridevano di gran gusto peraverci giocato quel tiro. Noi reagimmo in-dignati, ma il conduttore aggiust tutto as-sicurandoci che si trattava di un vecchioscherzo, al quale tutti i forestieri dovevanopagar tributo 25.

    Napoli 10 luglio 1787Il nostro viaggio da Roma a Capua fu

    molto propizio e piacevole. Ad Albano ciraggiunse Hackert 26; pranzammo a Velletridal cardinale Borgia e visitammo il suomuseo, cosa che mi rallegr particolar-mente, perch potei osservare alcuni ogget-ti su cui avevo sorvolato la prima volta.

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    24 Georgio (Jrgen) Zoega (Daler, 1755-Roma1809), danese, stato archeologo e numismatico. ARoma dal 1783 stabil stretti e duraturi rapporti con ilCardinale Borgia. Dal 1790 membro Accademia delleArti di Copenaghen.

    25 Si di proposito prolungato il brano fino ad an-nettervi questo aneddoto che sembra parallelo a quan-to fanno i venditori di minerali sul Vesuvio o ai CampiFlegrei (NdA).

    26 Jacob Phillip Hackert (1737-1807), paesaggistatedesco. Autore di Lago di Nemi, olio su tela,153197,5 cm, 1784, Museo delle Belle Arti di Buda-pest.

  • APPENDICE N 3Dovendo, dunque, ricomporre gli even-

    ti del Museo Suburbano, subito apparsacoinvolgente, per lindividuazione del mu-seo extraurbano, la testimonianza di unodei visitatori del museo, Etienne Borson,il quale lo descrive in Lettre a monsieur lemedicin Allioni, sur le cabinet dantiqu etdhistoire naturelle de S.E. Le CardinalBorgia a Velletri, Roma 1796.

    Nella prima parte di questa lettera si facenno per lo pi a marmi della litologiacome: Porfido verde, graniti vari, basalti,scisti micacei, brecce, varie pietre silicee,cristalli di quarzo, ametista, topazio, calce-donio, silex corneus, corniole, eliotropo,lapislazzuli, ossidiane, diaspri, feldspati,cloriti, talco, nefrite, serpentini, pietre olla-ri, marne, gessi, ematite, amianto e pirite.

    Nellultima invece sono citati: legnopietrificato dei Carpazi, tre vasi di fluori-te del Derbyshire, cristallo di rocca delMadagascar, moltissimi prodotti vulcanici,agate e diaspri siciliani, un grandissimo

    topazio ellittico di quattro pollici e mezzooltre a una pietra flessibile27 del Brasile.

    Stefano Borson, Accademico dellescienze di Torino, naturalista sabaudo alservizio dei Savoia nel 1795 a Roma,entra in amicizia con il Cardinale StefanoBorgia che gli affida lincarico di adunareil suo museo di Velletri, lavoro che fu il-lustrato nella gi citata lettera.

    Nel suo scritto, prima di illustrare lacollezione di storia naturale del cardinale,afferma: la collezione di storia naturale sitrova in una piccola casa di campagna si-tuata a cento passi dalla citt, dove si pugodere della pi bella vista di una pianuraimmensa che arriva fino al mare dove loc-chio si perde; non c luogo pi adatto perle opere della natura che la natura stessa.

    Il cardinal Borgia, capo della congre-gazione di Propaganda Fide, aveva istitui-to in Velletri, sua citt natale, un MuseoArcheologico ed Etnografico di notevoleimportanza per lepoca e probabilmenteuno dei primi al mondo. Tra i reperti fi-guravano numerosi minerali provenientianche dal vulcano Laziale.

    Il casino extra moenia gi citato avevaallingresso una lapide con la seguenteiscrizione:

    Il Cercapietre 1-2/2012, 18-46 Burli M.: Peregrinazioni mineralogiche sulle orme di antichi Naturalisti

    30

    27 Quasi certamente si tratta di itacolumite, arena-ria costituita per pi del 90% da granuli di quarzo; setagliata in strisce mostra grande flessibilit. Rinvenutain abbondanza a Itacolumi, Minas Gerais, Brasile.

    Hackert J.P., Lago di Nemi, olio su tela (Foto V. Nasti).

    STEPHANUS BORGIA S.R.E.PRES. CARD.

    EX MULTUS ORBIS PARTIBUSCOLLEGIT

    ANNO MDCCXCVAUGUSTUM CIVES SUUM

    IMITATUSQUI REBUS VETUSTATE AC

    RARITATENOTABILIBUS

    SUA PRAETORIA ORNAVIT

  • APPENDICE N 4Leopoldo Pilla (Venafro 1805 - Curta-

    tone 1848), geologo, professore di mine-ralogia a Napoli e a Pisa, nella sua operaCenno Storico sui progressi della Oritto-gnosia e della Geognosia in Italia (Vol. II,Napoli 1832) scrisse:

    pp. 55-56Petrini pubblic la descrizione del ga-

    binetto mineralogico del collegio Nazare-no in Roma, la sola ricca e numerosa col-lezione che questa citt possedea in queltempo, e sopra tutto la sola perfettamenteclassificata: in questopera lautore ac-cenn il primo lesistenza della melilitenella lava di Capo di Bove, di cui poiFleuriau de Bellevue esamin i caratteri ediede una compiuta descrizione: compilancora un corso di storia naturale, nelquale tratt la parte mineralogica con mol-ta dottrina e profitto della scienza.

    pp. 58-59Secolo XIX. Nel principiar di questo

    secolo labate Gismondi occupandosi a vi-sitare le importanti adiacenze di Roma,adocchi vicino al lago di Nemi un mine-rale non conosciuto, a cui dalla localit oveavealo rinvenuto diede il nome di lazialite,e che poscia il signor Neergard 28 tramutin quello di hayna per onorare il nomedellillustre cristallografo di Francia 29: IlGismondi diede unesatta descrizione di

    questo minerale in una memoria che lessenel 1803 nellAccademia dei Lincei a Ro-ma, e che mai non ha veduto la luce 30. Po-steriormente questo mineralogista destinatoad occupare la cattedra di mineralogia del-la nostra Universit, ebbe campo di poterstudiare i prodotti del Vesuvio, e ritornatodopo non lungo tempo alle sue antiche oc-cupazioni in Roma, scopri nella lava diCapo di Bove unaltra nuova specie chechiam abrazite, e che poscia in suo onoreLeonhard 31 nomin gismondina; la descri-zione di questa sostanza fu dallautore as-sociata ad importanti notizie circa alcunialtri fossili nelle vicinanze di Roma.

    APPENDICE N 5 Da: Cenno storico sui Progressi della Orit-tognosia e della Geognosia in Italia in IlProgresso delle Scienze, delle Lettere eBelle Arti di Pilla Leopoldo, Vol. II, Na-poli, 1832).

    stato con molta ragione avvertito,sul proposito di diversi nomi che ha rice-vuti questa sostanza, essere un arbitrionon commendevole quello che si prendo-no taluni mineralogisti di alterare e can-giare i nomi assegnati alle specie mineralinuove dai loro scopritori, singolarmentequando nessuna possente ragione il ri-chiegga: in tal caso la nuova specie diGismondi. Certamente nessun mineralogi-sta avea maggior dritto dellHay a vedereil suo nome perpetuato nella scienza con

    Il Cercapietre 1-2/2012, 18-46 Burli M.: Peregrinazioni mineralogiche sulle orme di antichi Naturalisti

    31

    28 Bruun-Neergard Tnnes Christian (1776-1824),viaggiatore e scrittore danese, visse a Parigi intorno al1800 e divenne famoso per la sua ricca collezione di mi-nerali. Studi mineralogia allUniversit di Copenaghen.

    29 Hay Ren Just (1743-1822), mineralogistafrancese, fondatore della moderna mineralogia e cri-stallografia. La sua collezione di minerali, costituita da12000 esemplari, fu venduta nel 1823 al duca diBuckingham e poi nel 1848 acquisita dal Museo di Sto-ria Naturale di Parigi.

    30 La memoria ha per titolo Osservazioni Geogno-stiche sopra i contorni del lago di Nemi, 1803, pubblica-ta, dopo quasi due secoli, per iniziativa del G.M.R. neIl Cercapietre, Notiziario del G.M.R., 1998, n. 1/2.

    31 Leonhard K.C. (1779-1862), mineralogista e do-cente allUniversit di Heidelberg, fondatore del Ta-schenbuch fr die gesammte Mineralogie. La sua gran-de collezione di minerali allUniversit di Gttingen.

  • la dedica di una specie minerale novella;ma quando volea ci farsi conveniva sce-gliere una sostanza con forme cristallinedecise e variate allusive alla gloria princi-pale dellHay, anzich una sostanza, lecui forme cristalline si contano come raritorittologiche.

    APPENDICE N 6La collezione del cardinal Borgia 32 fu

    venduta dal nipote nel 1815 e a Napoli siconservano gran parte dei reperti.

    Elogio della memoria dellEm. eRev.mo Sig. Cardinale Stefano Borgiascritto in una Lettera del sig. abate Fran-cesco Cancellieri Roma, 1815:

    Alla morte don tutti i suoi beni aPropaganda Fide, tranne il Museo lasciatoalla famiglia.

    APPENDICE N 7Da: Gabinetto Mineralogico del CollegioNazareno di Gianvincenzo PETRINI C.R.delle SCUOLE PIE, presso i Lazzarini(Roma MDCCXCI-II).

    (Dedica dellopera, NdA) AllIllu-strissimo e Reverendissimo Monsignor DonFrancesco Fabian e Fuero, Arcivescovo diValenza del Consiglio di S.M.C. CavalierePrelato della Gran Croce dellInsigne R.Ordine di Carlo III.

    Tomo I pp. XXIV, 20-28:

    Tra i primi credo mio preciso dovereil nominare lEmo. Signor Cardinale Ste-

    fano Borgia, il quale al vivo amore e sin-cero, che nutre egli stesso per le pi sodeed utili cognizioni, accoppia una parzialdegnazione verso tutti coloro che si sforza-no in qualche modo di propagare lo stu-dio e di facilitarne lacquisto, ed una pre-mura magnanima di dar nuovi stimoli ailoro lodevoli tentativi.

    Tomo I pp. XXV, 10-16:

    Merita poi una special memoria la mu-nificenza di Giuseppe II. Imperadore perla ricchissima collezione di Minerali deisuoi Stati, che a istanza nostra si degnatodi trasmettere al Collegio Nazareno col

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    32 Per chi vuole approfondire gli studi sul Cardina-le si consiglia: Giuseppe Baraldi, Notizia biografica sulCardinale Stefano Borgia di Velletri, Modena 1830, De-dicato al Cardinal Bartolomeo Pacca Vescovo di Ostiae Velletri.

  • mezzo del celebre Barone di Born, il qualea maggior lustro e compimento del magni-fico dono, ne ha fatta la descrizione.

    Tomo I p. 20 cap. XIV c.v. 2 1-3:Similmente se si tratter de risultati

    dellanalisi chimica, fatta per esempio so-pra lo scorlo del Monte Albano. (Loscorlo o sciorlo un termine vagoche si riferiva a cristalli neri ricchi di fac-ce per lo pi allungati, tipo tormalina, au-gite, orneblenda e talvolta melanite. Nelnostro caso si fa riferimento allaugite oalla melanite, NdA).

    Tomo I pp. 138-139 cap. LXXXVIII:Il Travertino, Marmor Tiburtinum, ef-

    fervescente cogli acidi, di colore biancogiallino, e non riceve pulimento. Si trovasempre a strati orizzontali in vicinanze delLago della Solfatara di Tivoli, formatoviforse dalle deposizioni di acque di tal vo-ragine, e da quelle della vena, che sorgenel luogo detto Pantani distante due migliacirca dalla Solfatara, le quali dovevano co-prir anticamente quel piano, e che tengonoin soluzione molta terra calcaria, la qualedepongono a qualche distanza dalle lorosorgenti. Poich non par verisimile, che sianato dalle acque del Teverone, che inon-dassero anticamente il detto piano; poichtali acque depongono una sostanza affattodiversa nel tessuto, volgarmente nota sottoil nome di alabastro di Tivoli; quando nonvoglia fingersi che le deposizioni del Teve-rone siano in oggi diverse da quelle che sifacevano anticamente. Di tal pietra cottaper allaria aperta si fa anche la calce; masi adopera pi comunemente nelle fabbri-che s per la venust del suo colore, cheper la sua saldezza, capace di resistere lun-

    gamente allingiurie de secoli, come lomostra v.g. lAnfiteatro Flavio. M. de laCondamine, che chiam il travertino vul-canico, lo confuse sicuramente col peperi-no dAlbano, e di Marino. Gli Svedesi an-cora mal prendono quasi sinonimi peperi-no, e tiburtino. Allorch il travertino se-strae, non sembra molto duro; esposto al-laria pare che sindurisca, e acquista lacompattezza della pietra forte.

    Tomo I pp. 154-155 cap. LXXXIX c.v. 5:

    Gli spati fosforici semitrasparenti del-le miniere del Derbyshire s per la vaghez-za e vivezza de colori, come per il perfet-to pulimento che ricevono, formano lor-nato pi bello de Gabinetti Nobili. Inquello dellEmo. Borgia in Velletri, inmezzo alle tante rarit Cinesi e delle IndieOrientali e Occidentali, campeggiano peril risplendente color dametista tre vasi dispato fluore (fluorite massiva, NdA) deldivisato luogo di elegantissima forma. Isottilissimi screpoli essendo ben collegati esaldi non diminuiscono nulla la bellezzadi tale spato, e giungesi per mezzo del fo-co a far divenire bianco e cangiante il co-lore ametistino che aveva, per cui riescepoi graditissimo allocchio.

    Tomo I pp. 200-201 cap. CX c.v. 2, 15-21:

    La pietra forte de Toscani non vuolconfondersi con quella di Marittima eCampagna, n con quella di cui vengonoqu lastricate le strade, detta volgarmenteselce romano, la quale una lava vulcani-ca compatta e dura, che si estrae a capo diBove, ed altri luoghi del Monte Laziale.(Petrini ben distingue la differenza traunarenaria e una lava, NdA).

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  • Tomo I pp. 229-230 cap. CXVIII c.v. 13,17-32:

    Un raro saggio di pietra cornea spato-sa cristallizzata in lunghi filamenti nitidi ebrillanti, che da diversi centri si spandonoverso le rispettive circonferenze, si conservanel Museo dellEmo. Borgia in Velletri. Ildotto Porporato non ha voluto accoppiareun Museo Mineralogico ad un ricchissimoFilologico: si contentato semplicementedi conservar qualche fossile (tra i molti,che ci ha generosamente donati) a solo fi-ne di soddisfare al genio degli eruditiViaggiatori, che uniscono lo studio delleAntichit alla scienza della Natura (Qui sidimostra lesistenza di due sedi diverseuna a palazzo e una alloggiata nel casinoextra moenia, NdA). Un tal saggio costi-tuisce la matrice ad una galena, o piombomineralizzato dal solfo, della miniera diFahlun nella Svezia. (Il termine fossileindica oltre a quello da noi oggi intesoanche il minerale o la roccia, NdA).

    Tomo I p. 235 Cap. CXX c.v. 4 10-21:

    2. Talora lo scorlo dodecaedro, co-me il granato. 3. Se gli spigoli del dode-caedro siano tagliati, si ha il cristallo di 36faccette (combinazione di dodecaedro eicositetraedro, NdA), forma frequente neicristalli neri del Monte Laziale. Dallu-guaglianza o disuguaglianza dei pianiprovengono poi le forme regolari, o irre-golari dei poliedri. 4. Lo scorlo sovente decaedro, venendo il prisma esaedro ter-minato da diedri. Di tal forma, godono ta-lora gli scorli neri di Frascati, e del Mon-gibello rammentati dal Comm. Dolo-mieu. (La melanite viene classificata co-me variet di augite, quindi il termine

    sciorlo denomina sia laugite che lastessa melanite, NdA).

    Tomo I p. 236 Cap. CXX, c.v. 4 34-46:Finalmente abbiamo quelle variet, che

    i Francesi chiamano macles, o siano cri-stalli uniti a rovescio, ovvero due met ro-vesciate dello stesso cristallo, tanto delMongibello, che di Frascati. (Geminati ti-po Carlsbad, NdA).

    Il valente Dott. Thomson ci ha comuni-cata qualche scoperta fatta sopra alcunesostanze cristallizzate, che si rinvengononelle lave vulcaniche di Capo di Bove, edel Monte Albano, comunemente credutescorli. Noi ci riserbiamo di parlarne nellaseconda Appendice, allorch lAutore leavr rese pubbliche.

    Tomo I p. 244 Cap. CXXII c.v. 3, 9-11:(I granati, NdA) I rossi e i gialli del

    Vesuvio, e i neri di Frascati contengonoferro; ma i cos detti bianchi ne sono affat-to privi.

    Tomo I pp. 244-245 Cap. CXXIII c.v. 1 1-13:Bergman, Ferber ed altri Mineralogi

    hanno chiamato granati bianchi alcunepietre tonde, o poliedre, or dure, or fragili,or opache e semitrasparenti or trasparenti,che si rinvengono talora libere e sciolte, al-tre volte tenacemente impiantate in un sas-so che serve loro di base (leucite, NdA).Somiglianti corpi essendosi osservati perlo pi al Vesuvio, allEcla, al Monte Alba-no, a Caprarola, a Civita Castellana, e Ac-qua Pendente, luoghi tutti vulcanici, cre-dettero perci M. Sage e Faujas de SaintFond, che fossero granati rossi, alterati da-gli acidi, e dalle sostanze aeriformi che ab-bondano nei vulcani.

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  • Tomo I p. 246 Cap. CXXIII c.v. 1, 16-20:

    Abbiamo nella nostra raccolta somi-glianti cristalli di 24 facce trovati in Alba-no, che ad una grandezza non ordinariaaccoppiano una superficie nitida e brillan-te, e il cui tessuto a lamine. (Strati di ac-crescimento della leucite, NdA).

    Tomo I p. 270 Cap. CXXXII c.v. 5, 7-18:

    Sebbene lottaedro sia linverso del cu-bo, pure la zeolite ottaedra non era ancornota. Il primo a osservarla in mezzo alletante e s diverse cristallizzazioni, esistentinelle cavit delle lave di Capo di Bove, stato il Dot. Thomson. Che sia zeolite noncade dubbio; giacch ne ha tutti i caratterichimici. Rimettendone la prova al valenteAutore, mi contenter di accennare che so-migliante cristallo assai raro nel selce Ro-mano bianco, nitido, e somiglia il quar-zo cristallizzato. (Che sia il primo riferi-mento alla gismondina?, NdA).

    Tomo I p. 275 Cap. CXXXII c.v. 12, 22-29:

    La pianura, ove esistono le nostre lavedi Capo di Bove che includono la zeolite, dominata dalle non molto distanti collinedi Monte Mario e del Gianicolo, le qualiper mezzo delle conchiglie, marne, argille,ghiaje e pietre rotolate, che contengono, cimostrano ad evidenza essere stati simililuoghi interamente ricoperti una volta dal-le acque del mare.

    Tomo I pp. 286-287 Cap. CXXXVI c.v. 9,6-13:

    Il pi rinomato (quarzo, NdA) quel-lo del Madagascar, di cui avvene nel rino-mato Museo dellEmo. Borgia in Velletriun pezzo ben singolare tanto per la forma

    e mole, quanto per laquea sua trasparenzapriva di spine. una colonna quasi trigonaalquanto panciuta ed equilatera, dellaltez-za di un palmo, del perimetro di sei.

    Tomo I p. 292 Cap. CXXXVI c.v. 18, 18-20:

    (La sabbia, NdA) La Romana neravulcanica, ed composta di piccolissimiscorli, e di grani di ferro retrattorio.

    Tomo I p. 294 Cap. CXXXVII c.v. 3, 4-5:

    (agate, NdA) Tali sono le bellissimedella Moca, e di Camboja donateci dallE-mo. Borgia.

    Tomo I pp. 320-321 Cap. CLI c.v. 2, 26-37:

    Devo per avvertire, che in una quan-tit grande di felspati che vennero quesplorati alla Lampana da M. Bellevue 33 edal Comm. Dolomieu 34, non si pot maifondere col foco pi vivo un frammento dicristallo dun Idolo egizio, che nel MuseodellEmo. Borgia in Velletri al n. 334, ed un felspato di lamine grandi e rilucenti.

    La ridondanza dellargilla o del quarzopu averlo reso pertinace alla fusione, e for-se anche la dose minore della magnesia.

    Tomo I pp. 347-348 Cap. CLXI c.v. 1, 16-23:

    Bitumi solidi. ASFALTO O BITUMEGIUDAICO. Di tal bitume si servirono gliEgiziani per imbalsamare i cadaveri; e fe-cero uso specialmente del secondo perquelli de Re e Principi, come mostrano le

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    35

    33 Fleuriau De Bellevue Louis Benjamin (1761-1852), naturalista francese, ha descritto alcuni mineralidel Lazio, tra cui, per primo, la melilite.

    34 Dodat Guy Silvain Tancrde Gratet de Dolo-mieu (Dolomieu, 1750 - Chteauneuf, 1801), geologofrancese.

  • loro Mummie. Ce ne porge lesempio unaMummia grande interamente fasciata, cheabbiamo per la generosa liberalit dellE-mo. Borgia. (Di essa oggi per non si co-nosce lesatta ubicazione, NdA).

    Tomo II pp. XI-XII c.v. 17, 1-9:

    Ho scritto alla pag. 235 (Tomo I,NdA) che gli scorli neri del monte Lazialesovente sono decaedri; avendone esamina-te ora parecchie centinaja ho veduto chebene spesso si rinvengono dodecaedri, epoche volte decaedri; giacch il prismaesagono, essendo quasi sempre leggermen-te tagliato negli spigoli, forma un ottagonocui aggiunto ai diedri delle due estremitviene a formarsi il cristallo dodecaedro.(Petrini in questo caso confonde melanitee augite, NdA).

    Tomo II pp. XIV-XV, c.v. 22, 1-19:

    Il frammento di cristallo del Madaga-scar esistente nel Museo Borgia in Velletri,da me leggermente additato alla pag. 287(Tomo I, NdA), se ben si consideri nel suostato di frammento di colonna esaedra haun diametro visibile di pollici 131/2 di Pari-gi, e il suo peso ascende a libbre 89. Unadelle sei facce che si conservata intera, hala larghezza normale alla colonna di polli-ci 7 1/2 n questa sembra che fosse la mag-giore; imperocch laltra faccia contiguaha la stessa larghezza quantunque non siaintera. La sua frattura concoide, e tra-sparente. Nellinterno ha una congerie dicavit che contengono una dose non pic-cola dacqua con bollicelle daria galleg-gianti. Un tal saggio dimostra quanto fos-sero lontani dal vero quei Naturalisti iquali credettero che nella summentovata

    Isola vi fossero montagne intere dinformecristallo.

    Tomo II p. XVIII c.v. 29, 1-5:

    Un Litologo, che ha visitato attenta-mente in Velletri il Museo dellEmo. Bor-gia, assicura che il frammento dIdolo Egi-zio da me riportato alla pag. 320 (Tomo I,NdA) altro non che cristallo di monte.(Quarzo, NdA).

    Tomo II p. XXIII, ultima riga:

    Catalogo De Benemeriti del Gabinet-to Mineralogico del Collegio NazarenoBorgia (Emo. Sig. Card. Stefano.

    Tomo II pp. 83-84, Cap. CLXXXIV, notaXXXV:

    Larena nera retrattoria di Albano,Frascati e di tutto il Monte Laziale, comequella del Lago dellAnguillara sono tuttevulcaniche (magnetite e ilmenite, NdA).Sono composte di circa 3/4 di grani di fer-ro e 1/4 di scorli ambedue neri. Il ferro sisepara dagli scorli facilmente per mezzodella calamita. Simile alle anzidette quel-la che si raccoglie alla Torre del Greco, ealla Nunziata in vicinanza di Napoli ched circa 70. di ferro, da cui in quella Realfabbrica si ottiene un ottimo acciajo.

    Tomo II pp. 126-127, Cap. CLXXVI c.v.3, nota L

    Quanto a me sono divenuto anche piguardingo dopo aver veduti presso lEmi-nentissimo Borgia due saggi provenientidalla Svezia. Nel primo il piombo unitoad una galena tessulare; nellaltro il piom-bo semplice e il solforato sono frammessinelle fenditure delle lamine di un sasso

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  • composto di quarzo e mica che gli Svedesichiamano stellstein. Se da somiglianti sag-gi venisse tolta qualche parte in cui si scor-gono i caratteri della fusione della fornacedi Sahl, donde sono stati inviati allEmo.Porporato, potrebbero credersi miniere dipiombo solforato unite al metallo nativo.Il primo di tali saggi ora in possesso delSig. Thomson 35, il secondo nella nostraRaccolta unitamente ad una serie moltoistruttiva di altri saggi della stessa fornace,in cui si nota il metallo restituito nuova-mente allo stato di galena, o di miniera dipiombo piritosa per mezzo ora dei sassiinfocati, ora del ferro, ora del foco lunga-mente prolungato.

    Tomo II p. 251 Cap. CXCV c.v. 6, 1-9:Il granito prasino dovea esser molto

    scarso fra gli Egiziani; poich glintenden-ti di tali memorie attestano, che non vi disomigliante pietra che un solo scarabeolungo once 4, largo 3 scolpito con gerogli-fici eleganti e minuti esistente nel MuseoBorgia, in cui gli scelti monumenti giuntioggimai per le dotte cure dellEmo. Por-porato ai 410 formano una compita scuoladi Mineralogia Egiziana.

    Tomo II p. 268 Cap. CXCIX c.v. 1, 17-19:Se cessa totalmente, e per un tempo no-

    tabile ogni indizio di foco, dicesi spento:come il nostro vulcano di Monte Cavo.

    Tomo II p. 269 Cap. CXCIX c.v. 2, 15-21:

    Tutti questi caratteri, a riserva solo deibasalti, si osservano nel vulcano di Monte

    Cavo; non meritando il nome di basaltipoche pietre triangolari e quadrangolarisparse qua e la, da noi trovate allorloorientale del cratere di Nemi, ove la lavacompatta, che si alza a pi di centinaja dipiedi poggia sopra materie scorificate.

    Tomo II p. 277 Cap. CCII c.v. II:

    Lave a base di pietra cornea con fel-spati. Si trovano in quantit nelle Isole diPonza, e di Procida, e al Mongibello.Quelle di Capo di Bove, dAlbano, di Ne-mi, in una parola di tutto il Monte Laziale,oggid detto Monte Cavo non hanno fel-spati, se pure non fossero tali quei filamen-ti candidi e capillari, che si vedono talvoltanelle cavit della lava di Capo di Bove,volgarmente detta selce Romano; sonosembrati per a noi di natura quarzosa;poich sebbene sottilissimi non danno se-gno di fusione alla Lampana; mentre le so-stanze cristalline filiformi si sogliono cam-biare al primo colpo di foco, se non sianodi quarzo (Ca-apatite, NdA). Lasciati nel-lacido marino non vi si sciolgono punto.La rarit e delicatezza loro non ne ha fino-ra permessa lanalisi per la via umida.

    Tomo II p. 278 Cap. CCII c.v. 1 III:

    (Lave, NdA) Con cristalli di scorlo.Si trovano allEtna, al Vesuvio, Monte Ca-vo e sue adjacenze.

    Tomo II p. 278 Cap. CCII c.v. 1 V:

    (Lave, NdA) Con grani di ferro. Sfatti grani non sono il ferro, parte costituti-va della pietra cornea, ma grani di ferroocraceo, che formano quelle macchiettescure, rossicce, giallogne e talvolta di figuraquadrangolare, che si osservano nelle lave

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    35 Thomson William (1760-1806), fisico scozzese,esperto mineralogista del Vesuvio e della Sicilia. Lasua collezione al Royal Scottish Museum di Edim-burgo e al Natural History Museum di Londra.

  • dellEtna, del Vesuvio, e di Capo di Bove,ovvero grani di ferro grigio, che appena sivedono, se la lava non venga lustrata.

    Tomo II pp. 278-279 Cap. CCII c.v. 1 VI:

    (Lave, NdA) Con petroselce argillo-so. Una tal lava si trova in copia al Vesu-vio, e nei Vulcani estinti del Monte Cavo,di Caprarola, e manca affatto nel Mongi-bello. I cristalli del petroselce argilloso delVesuvio e di Albano talvolta rosseggiano.

    Tomo II p. 281 Cap. CCIII c.v. 2, 6-13:

    La lava di Capo di Bove contienequalche volta degli atomi di somiglianticristalli che non si distinguono senza lalente. I caratteri dei crisotili vulcanici cri-stallizzati (pirosseno verde, NdA) sonoglistessi dei primordiali; gli informi persembrano una materia silicea col coloredel crisotilo detta dai Sassoni olivino.

    Tomo II p. 292 Cap. CCIX, 12-16:

    I summentovati fenomeni si osservanosimilmente nelle sostanze calcarie, argilla-cee e silicee rimaste incluse entro le laveterrose che formano il cratere del lago Al-bano.

    Tomo II pp. 294-295 Cap. CCX c.v. 4, 11-18:

    Scorie dei crateri. Sono pi invetrate,scorificate e leggiere di quelle delle lave.Galleggerebbero nellacqua, se questa nonsinsinuasse ne loro pori. Sono nere, gros-se allincirca come avellane, e quando ilvulcano le ha rigettate di fresco, sembranoinzuppate dolio; untuosit che presto sidissipa, nascendo dal petrolio; prendonodopo un aspetto terreo. Al Vesuvio questescorie diconsi Rapillo nero per distinguer-

    lo dal bianco. Pu servire in mancanza dipozzolana per il cemento da fabbricare, ed una terra vegetabile fertilissima. Sor-prende il ritrovare somigliante rapillo benconservato a Monte Cavo al piede delmonticello conico, su cui fabbricata Roc-ca di Papa; poich rotta la prima scorzacomparisce fresco, rossigno, spugnoso, einvetrato; bench il vulcano sia estinto datanti secoli.

    Tomo II p. 296 Cap CCX c.v. 6, 11-14:

    (Pozzolane NdA) Tali sono quelledella Campagna Romana che quasi tutta vulcanica. Il loro colore rossastro, rossoscuro o bigio: quelle del Monte Albano so-no nere.

    Tomo II p. 299 Cap. CCXI c.v. 5, 9-19:

    Gli scorli neri del Monte Albano sonoopachi, duri, compatti, di frattura vitrea,nitidi, per lo pi cristallizzati in prismi ot-taedri terminati da diedri. Non si sogliontrovare che isolati, e una sol volta gli ab-biamo rinvenuti col sig. Thomson aderentia una base di petroselce argilloso impasta-to con mica di color nero e di laminegrandi. Il masso che li contiene si conservanella nostra raccolta.

    Tomo II p. 300 Cap. CCXI c.v. 7, 1-11:

    Il petroselce argilloso si trova benespesso tra le sostanze infrante dei nostriestinti vulcani: suol esser bianco o rossi-gno, opaco, semitrasparente e talora diafa-no qual cristallo, or informe, or rotondoe or perfettamente cristallizzato in poliedridi 24 faccette trapezoidali. Ne abbiamo de-gli ultimi, raccolti nel Monte Albano, dicandida nitidezza, che hanno il diametro

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  • di 9 linee di Parigi, e sono in essi impian-tati dei cristalli di scorlo nero. (Petrosel-ce = Minerale, pietra dura, la cui fratturanon lucida, squamosa, alcun poco cereae concoide; da: Diz. Lingua italiana Pa-squale Borrelli Vol II Napoli 1846; NdA).

    Tomo II p. 301 Cap. CCXI c.v. 9, 6-12:

    Le acque piovane, e dei laghi separa-no dalle lave infrante i grani del ferro, e gliscorli microscopici, che formano poi learene nere del monte Laziale, e della cam-pagna Romana, e le finissime del lago del-lAnguillara, adoprate per le scritture.

    Tomo II p. 307 Cap. CCXIII c.v. 1, 6-17:

    Il solo monte Vesuvio fra gli ardenti, eil Laziale fra gli estinti, si distinguono perla quantit de marmi, spati calcarj, pietrecornee, petroselci, scorli in massa , e grani-ti sortiti intatti dal cratere. Somiglianti pie-tre e sassi ora si trovano isolati, ora ade-renti alle materie vulcanizzate. Noi abbia-mo rinvenuti e raccolti nel monte Albano isaggi di tutte e singole le mentovate specie;e il Cav. Giorni ci ha dato il catalogo esat-to di quelle del Vesuvio.

    Tomo II p. 308 Cap. CCXIII c.v. 2, 17-22:

    Nelle lave terrose del Monte Albano sitrovano talora de gruppi di mica, e discorlo; e lo spato fluore turchino vi talo-ra mescolato con mica e scorli. (Questopasso mi sembra di rilevante importanzapoich fa sorgere il sospetto che il Petriniavesse individuato, prima di Gismondi,ma non esaminato a fondo, il mineraleche poi fu chiamato hayna. La deduzio-ne deriva da due elementi: il primo che laparagenesi descritta non solo probabile

    ma pi volte riscontrata in diversi cam-pioni, il secondo che sembra impossibileche nella grande massa raccolta dal Petri-ni non sia mai comparso questo mineralecos abbondante nel prodotti del VulcanoLaziale, NdA).

    Tomo II p. 309 Cap. CCXIII c.v. 4:

    Similmente per attestato dei due men-tovati Autori (Hamilton 36 e Gioeni, NdA)non si sono trovati finora al Vesuvio nserpentini, n pietre ollari, n altre terremagnesiache, eccettuato lasbesto. Non bi-sogna dunque fidarsi dei Venditori di pie-tre del Vesuvio, poich lavorano e vendo-no come prodotti di tal vulcano pietre fat-te venire in Napoli dalla Toscana, e Ger-mania. Le scatole nericce con semitraspa-renza verdina e macchiette nere, ovverocon granati rossi, vendute come lave delVesuvio, sono pseudo-nefritiche, gabbridellImpruneta e di Prato, e serpentini diZoelibtz o steatiti di Boemia con granati.

    Tomo II pp. 309-311 Cap CCXIV c.v. 1:

    Il cratere del lago di Albano, forma-to quasi interamente di lave terrose. Il co-lore cenerino o grigio; la consistenzadiversa, ma minore sempre che nelle lave abase di pietra cornea, e giungono benespesso a stritolarsi tra le dita. Hanno lafrattura irregolare, la grana ruvida e terro-sa, da cui hanno preso il nome; non fannoeffervescenza cogli acidi, n danno scintil-le allacciarino; e rifiatandovi sopra man-dano odore argilloso. Sono piene di mica,di scorli e di grani di ferro; vi si trovanosparsi dentro qua e l arnioni di varie

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    36 Hamilton William Douglas (1730-1803), archeo-logo, diplomatico, antiquario e vulcanologo britannico.

  • grandezze di mica nero, di scorlo, deiframmenti di pietra calcaria, di lava dura ecompatta, del petroselce argilloso or cri-stallizzato or informe; materie tutte dimaggior gravit specifica della base, e so-vente di volume notabile; in quelle dellA-riccia vi abbiamo rinvenuto talvolta del la-pis lazuli, specie non descritta nella Tavoladel Com. Dolomieu. Tali sostanze lascianospesso vedere gli strati distinti, e le surrife-rite pietre sono talora incastrate parte nelletto superiore e parte in quello di sotto,senzordine veruno. La mancanza di con-sistenza e la grana terrosa mostrano unasostanza non resa fluida dal foco; e la di-sposizione disordinata delle materie pesan-ti fa conoscere, che la base non e statanemmeno stemperata dallacqua; poich sefosse sortita dal cratere a guisa dun tor-rente fangoso, come scendono talvolta dal-le Alpi i torrenti dacqua, con tritumi diardesia, detti Nants Sauvages descritti daM. de Saussure, le sostanze pesanti sareb-bero per legge della grav. spec. calate alfondo. Dessa dunque altro non che unamateria formata dal tritume delle pietrecornee, calcarie, silicee rigettate dal vulca-no, dentro cui sono poscia caduti i sassi ele pietre espulse di mano in mano dalli-stesso cratere; le acque piovane cadendosuccessivamente sopra somigliante massa einfiltrandosi nella di lei sostanza, le hannodato i varj gradi di consistenza corrispon-denti alla diversa indole delle terre.

    Tomo II pp. 311-312 Cap. CCXIV c.v. 2:

    I Peperini riconoscono un origine si-mile a quella delle lave terrose; la diversitnasce solo dalla varia indole delle sostanzevulcaniche in essi racchiuse. Sono compo-sti di frammenti di scorlo, felspato, mica,

    pomici, di pietre calcarie, di lave compattee porose conglutinati da un cemento cene-rino o turchiniccio; per consueto non vi siveggono gli arnioni delle lave terrose; sonodi esse pi compatti, e prendono al focoun colore rossiccio; non fanno effervescen-za cogli acidi, non danno scintille allac-ciarino e sogliono essere retrattorj; somi-gliano certe pietre cornee bigie e tenere; sitagliano e si lavorano facilmente e posso-no aversene saldezze grandi. Resistono al-linterno delle fabbriche, e talvolta ancoraallesterno, come scorgesi v. gr. nei Sepol-cri antichi esistenti nella via Appia. Allevolte non hanno strati, come succede neglienormi massi di tal pietra esistenti nellecolline di Marino.

    APPENDICE N 8 Da: Storia DellUniversit di Roma dettacomunemente La Sapienza dellAvv. Filip-po Maria Renazzi, Vol IV, Roma 1806 37.

    Capitolo X Par. X pp. 297-298:

    Museo o Gabinetto Mineralogico nelCollegio Nazareno

    Luniversalit delle cognizioni scientifi-che, ed erudite, che tanti Giornali, Efeme-ridi, e periodiche opere letterarie, quantesinora state sono accennate, spargevanoampiamente per Roma, e diramavansiquasi in ogni classe di persone dalla metdel secolo XVIII sino al suo decadimento;non poteva non generarvi vasto fermento,non produrre pronti ed energici effetti amaggior espansione, e gloria della Lettera-

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    37 Renazzi Filippo Maria, (Roma 1742 - Roma1808). Giurista, Professore emerito dellArchiginnasiodella Sapienza in Roma.

  • tura Romana. Lo studio della Mineralogianon era in essa nuovo, ne nuova limpresadi formarvi un Museo Mineralogico. Que-sto stato sempre il destino di Roma mo-derna, che nel suo seno per lo pi germo-gliati siano i primi semi delle scienze sgravi, che amene dopo il faustissimo lororisorgimento nei secoli XIV, XV; (il termi-ne Rinascimento non era ancora statoconiato, infatti nasce col testo di JacobBurckardt La civilt del Rinascimento inItalia del 1860, NdA) sebbene poi le circo-stanze, gli eventi, il giro delle cose non ab-bian sempre permesso, o che vi crescesseroa maturit, ovvero che lieti vi producessero,e non manchevoli frutti. Vantava gi il Vati-cano alla met del Secolo XVI un insigneMuseo Mineralogico, di cui abbiamo Noiopportunit di far menzione nel Volume II

    di questa nostra Opera. Una scelta, e grancollezione aveva collocato nel suo Palazzoil celebre Naturalista Federico Principe Ce-si; (fondatore dellaccademia dei LinceiNdA) ne mancano mai eruditi Personaggi,che attendessero a riunire per privato lorostudio, e diletto i varj ogetti, che alla Mine-ralogia appartengono, tra i quali superior-mente si distinse il celebre Gesuita P.Kircker, primario Raccoglitore del Museodel Collegio Romano, in cui ne colloc unacospicua serie.

    Ma verso il declinare del trascorso Se-colo un Gabinetto, unicamente destinato acontenere le produzioni Mineralogiche,sintraprese a formare nel Nobile CollegioNazareno, gi fondato dallinsigne Cardi-nale Michelangiolo Tonti, e alla cura affi-dato dei Religiosi delle Scuole Pie, ad usospecialmente, e ad istruzione della Gio-vent, nella piet e nelle lettere in esso edu-cata. Da tenui principj presto crebbe il Ga-binetto Mineralogico del Collegio Nazare-no ad ampiezza, e grandiosit di oggettiivi raccolti, per cura specialmente, e per in-dustria del P. Gianvincenzo Petrini. Eglinon contento di averne assai procuratolaumento col mezzo di doni ricevuti damolti nostri ed esteri Letterati, e Personag-gi, e specialmente dallImperator GiuseppeII, che generosamente arricchillo di tutte lesingolarissime produzioni mineralogichede suoi vastissimi stati; in buon ordine lomise, distinse gli oggetti mineralogici, di-stribuendoli in diverse classi a norma deloro principj costitutivi. Finalmente il P.Petrini ne stese la descrizione secondo icaratteri esterni, premettendovi una dotta elunga Prefazione, nella quale d raggua-glio de pi accreditati sistemi di Mineralo-gia, e degli Scrittori, che sino a quel tempo

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  • trattata lavevano, e illustrata. Io per corte-sa del Ch. P. Bartolomeo Gandolfi Scolo-pio, attual Professore nellArchiginnasioRomano di Fisica sperimentale, ho potutoaverne sottocchi una copia, servitami diguida nello stendere questo articolo. Io hopersonalmente osservato il Muso o Gabi-netto suddetto, e debbo qu un special dilui pregio accennare, che cio veggonsi inesso pezzi di produzioni Mineralogiche dirara grandezza, quali difficilmente in altrisimili Gabinetti potrebbero ritrovarsi.

    APPENDICE N 9Da: Descrizione mineralogica dei VulcaniLaziali di Paolo Mantovani (Roma 1868).

    pp. 10-11:Discendendo da Albano per andare al-

    la stazione della ferrovia, ad un miglio in-circa dal paese, la strada per quel trattoscavata in un deposito vulcanico incoerentea stratificazione ondulata, consistente in unmiscuglio di ceneri e minerali. Per entro aquesto strato, del medio spessore di quattrometri, rinvenni alcuni ciottoli biancastri efarinosi che chimicamente esaminati, chiaromindicarono esser quella una roccia altera-ta dal fuoco. Era infatti unargilla bianca-stra, che per metamorfismo aveva preso icaratteri esterni di una dolomite decompo-sta. Spezzati diversi ciottoli, per osservarnela frattura concoide, vidi che erano in que-sti racchiusi dei fossili, che sebbene maleconservati non fu difficile per me il determi-narli, e riconobbi in essi la cleodora lan-ceolata Peron. La presenza di questo fossi-le gett una luce istantanea sullesame, cheio stava praticando, dacch quel pteropodomindic esser quella la solita marna argil-losa subappennina che forma la base delnostro pliocene. Il rinvenirsi adunque iframmenti di ta