cent'anni con gratitudine - ii capitolo

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Silvio Conforti con la moglie Maria nel giorno del loro matrimonio il 26 Aprile 1922 1912 2012 11 1912 2012 IL GENIO DELLA CASSAFORTE Io vi dico: rendete perfetta la vostra volontà. T. S. Eliot Coro de La Rocca La terza delle Mille e una notte narra la storia di uno dei Geni eretici ribellatisi a Salomone. Sconfitto, il Genio rifiuta di abbracciare la fede di Dio e di obbedire ai suoi ordini. Il Re allora lo chiude in un recipiente di rame e imprime sul tappo l’Altissimo Nome. Ordina poi ai Geni sottomessi di gettarlo nel centro del mare. Qui inizia la sequenza dei giuramenti e delle attese, l’elenco degli anni e dei voti che il Genio formula nella speranza che qualcuno venga a restituirgli la libertà. Il Genio dice in cuor suo che ricoprirebbe il liberatore di ogni ricchezza, ma dopo un secolo intero nessuno ancora è giunto. Allora giura di rivelare tutte le arti ma- giche in suo possesso a chi lo libererà. Passano altri quattrocento anni senza che nulla cambi e il ribelle si ripromette di esaudire tre desideri a chi lo farà uscire di lì. Dopo altri novecento anni, l’impazienza diventa furia e il Genio decide che ucci- derà il disgraziato che accidentalmente aprirà il recipiente rendendolo libero. L’impazienza del Genio prigioniero in questa parabola orientale ben rappresenta, in direzione opposta, l’impazienza dello scassinatore di fronte a un contenitore impossibile da aprire. Il Genio spasima per uscire dal forziere, lo scassinatore si ar- rovella per entrare. In entrambe le direzioni, la difficoltà centrale è l’inviolabilità. La cassaforte è il simbolo della sicurezza, il baluardo che si erge contro l’aggressio- ne illegittima, è la difesa dagli attacchi, la forza ferma della solidità contro l’offesa insinuante del malintenzionato, del predatore. È anche custodia dei valori, rifugio delle preziosità, deposito di ricchezza accessibile unicamente a chi ne ha diritto. È una sfida che prevede e risponde a una sfida contraria non ancora lanciata.

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Il secondo capitolo del libro “Cent’anni con gratitudine” di Marco Ongaro, che la Conforti spa di Verona ha stampato per celebrare il suo primo secolo di vita.

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Silvio Conforti con la moglie Maria nel giorno del loro matrimonio il 26 Aprile 1922

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IL GENIO DELLA CASSAFORTE

Io vi dico: rendete perfetta la vostra volontà.T. S. Eliot

Coro de La Rocca

La terza delle Mille e una notte narra la storia di uno dei Geni eretici ribellatisi a Salomone. Sconfitto, il Genio rifiuta di abbracciare la fede di Dio e di obbedire ai suoi ordini. Il Re allora lo chiude in un recipiente di rame e imprime sul tappo l’Altissimo Nome. Ordina poi ai Geni sottomessi di gettarlo nel centro del mare.Qui inizia la sequenza dei giuramenti e delle attese, l’elenco degli anni e dei voti che il Genio formula nella speranza che qualcuno venga a restituirgli la libertà. Il Genio dice in cuor suo che ricoprirebbe il liberatore di ogni ricchezza, ma dopo un secolo intero nessuno ancora è giunto. Allora giura di rivelare tutte le arti ma-giche in suo possesso a chi lo libererà. Passano altri quattrocento anni senza che nulla cambi e il ribelle si ripromette di esaudire tre desideri a chi lo farà uscire di lì. Dopo altri novecento anni, l’impazienza diventa furia e il Genio decide che ucci-derà il disgraziato che accidentalmente aprirà il recipiente rendendolo libero.L’impazienza del Genio prigioniero in questa parabola orientale ben rappresenta, in direzione opposta, l’impazienza dello scassinatore di fronte a un contenitore impossibile da aprire. Il Genio spasima per uscire dal forziere, lo scassinatore si ar-rovella per entrare. In entrambe le direzioni, la difficoltà centrale è l’inviolabilità.La cassaforte è il simbolo della sicurezza, il baluardo che si erge contro l’aggressio-ne illegittima, è la difesa dagli attacchi, la forza ferma della solidità contro l’offesa insinuante del malintenzionato, del predatore. È anche custodia dei valori, rifugio delle preziosità, deposito di ricchezza accessibile unicamente a chi ne ha diritto. È una sfida che prevede e risponde a una sfida contraria non ancora lanciata.

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Il genio non è solo uno spirito magico, fantastico, un essere immaginario cui si attribuisce la facoltà d’influenzare gli eventi della vita umana, sia esso benefico o maligno. È anche l’inclinazione, il talento, la predisposi-zione per qualcosa. È intelligenza vivace e profonda, intuizione brillante. È dote eccezionale, creatività, sinonimo d’ingegno, di acutezza.Se esiste un Genio della Cassaforte, un intelletto appassionato di congegni e serrature, di metalli e segreti, uno spirito inventore dedicato agli enig-mi di previsione degli attacchi criminosi, si può pensare che questo genio brillasse nella mente del giovane che nel 1912 forzò il proprio destino co-struendo un forziere. Silvio Conforti nasce da famiglia operaia, inizia a lavorare a tredici anni come apprendista fabbro meccanico frequentando contemporaneamen-te le scuole serali d’arte applicata all’industria fino all’età di vent’anni. Si distingue tra tutti meritando ogni anno il massimo premio di corso. È un giovane dotato e fortemente determinato. Uno spirito che riconosce il proprio talento e lo vuole coltivare, con im-pegno, sacrificio, volontà inflessibile. L’elemento artistico si combina con quello industriale e gli indica la vocazione. Non si arriva primi per caso, non si vince nel lavoro come alla lotteria. La fortuna si manifesta nelle opportunità, ma l’abilità di cercarle e coglierle è rintracciabile soprattutto nella decisione profonda di essere e fare, nella consapevolezza di ciò che si vuole e nella risolutezza con cui si persegue l’obiettivo individuato.Il Genio della Cassaforte animava da tempo l’indole di Silvio Conforti. Dif-ficile stabilirne la data precisa, difficile immaginare in quale punto del tra-gitto il ragazzo abbia formato la chiarezza del proprio proposito. Forse nella prima lezione di scuola serale, o nella prima ora di apprendistato. In qualunque momento ciò sia avvenuto, una cosa è certa: da lì in poi il genio non l’ha mai più abbandonato.

In Conforti esiste la forza dei forzieri, il suono finale delle casseforti, la Forziere rinascimentale del XVI secolo,

Collezione Clavis Conforti

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lavorare sul proprio, per tener viva la propria attività artigianale.Il tempo trascorso alla Pistono di Torino vale l’impegno profuso. Al ritorno il giovane può aprire ufficialmente la sua attività, in vicolo San Faustino a Verona, in zona Teatro Romano. Assume due giovani apprendisti che lo aiutano, due allievi che confidano in lui per imparare il mestiere. A ven-titré anni è già un maestro. Sa già che non è da soli che si vince, e non gli manca il coraggio di confidare nell’aggregazione.

Il laboratorio è in un buon punto della città, ma è orientato a nord e la luce del sole non entra quanto sarebbe necessario per lavorare agevolmente alle minuzie dei congegni. Non può cambiare adesso, non può cercare un locale più illuminato e traslocare. Al momento deve fare con quello che ha a disposizione. La collaborazione implica anche la responsabilità di occu-parsi del sostentamento di chi collabora. È bene concepire un progresso per l’avvenire, senza allungare però troppo il passo oltre la misura della gamba. E non si può nemmeno lavorare con la luce accesa tutto il giorno.La soluzione gli balena nella mente come un “lampo di genio”. Il giovane chiede a chi abita di fronte alla bottega il permesso di piazzare sulla loro casa uno specchio abbastanza grande da riflettere la luce del sole e illu-minare il laboratorio nelle principali ore di lavoro. Permesso accordato e soluzione realizzata. Da Archimede in poi, l’uomo d’ingegno ha fatto di necessità virtù moltiplicando le opportunità delle forme e della luce gra-zie alla meraviglia dello specchio. La riflessione intellettuale dell’artigiano conduce a una riflessione più concreta ed efficace.Ora c’è luce, la bottega è potenziata, ha due apprendisti e il lavoro può procedere a pieno ritmo. La Cassa di Risparmio di Verona gli affida com-piti di manutenzione generale e gli commissiona la produzione di mobili d’archiviazione delle schede elaborate dalle macchine contabili dell’epoca. Grandi mobili protetti da un coperchio molto pesante, sotto cui custodire, in numerosi cassettini, i delicati documenti concernenti la strumentazione

rima fatta dai due nomi, ma si ravvisa pure il conforto offerto dalla prote-zione e dalla difesa che tali mezzi forniscono. Conforti e Casseforti, come avrà a dichiarare nel 2011 il figlio di Silvio, Leopoldo, ha spesso funzionato a scuola come un sinonimo, un’omonimia fissata ormai dalla sorte, im-pressa nel destino di una dinastia iniziata sotto l’illuminazione di un genio.

Un genio in nuce, un’energia intellettuale perfezionabile con lo studio, una predisposizione a trarre frutto dall’ingegno e dall’iniziativa: le 450 lire, come pure la lusinga del primo posto conseguito nel concorso per artigiani, sono un gruzzolo da mettere in cassaforte ma anche da usa-re al più presto. È venuto il momento di rischiare davvero, di prendere l’esistenza tra le mani e lasciare che il coraggio la guidi. Questa somma di danaro serve a intraprendere il viaggio della vita, quello che merita a un uomo il nome d’imprenditore.La bottega c’è, ma la perizia va affinata. Il premio è un incentivo a lavorare più sodo, a studiare, non certo a montarsi la testa. Deciso a incrementare l’attività del proprio laboratorio, Silvio Conforti si licenzia dalle Ferrovie dello Stato e si trasferisce a Torino, dove lavora presso una ditta produt-trice di casseforti, la Pistono. Lo stage gli serve a imparare i segreti di un mestiere il cui obiettivo è ben definito ma le cui abilità sono ancora da perfezionare.Il capolavoro era un oggetto d’arte, ora si tratta di entrare nella funzio-nalità con finalità produttive in scala più ampia. I metalli, le macchine, le teorie che stanno alla base della costruzione dei forzieri vanno apprese con l’esperienza. Non è più una semplice questione di applicazione artistica, ma di studio programmatico dei mezzi forti di difesa e custodia dei valori. Resta a Torino per quasi due anni. Torna a casa nei fine settimana e soddi-sfa le richieste raccolte nel frattempo dal padre Leopoldo, rimasto a tenere aperta la bottega come agente commerciale estemporaneo. Il tempo libe-ro di Silvio Conforti, come quando era dipendente in ferrovia, è usato per

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contabile meccanica. Strutture refrattarie al calore, aventi il doppio scopo di proteggere la riservatezza dei dati contenuti e di resistere al calore di eventuali incendi.Nel 1914, una ditta di Verona gli commissiona la costruzione della prima cassaforte vera e propria. Il forziere, come si usava dalla seconda metà dell’Ottocento, è interamente dipinto in finto legno, quasi a voler masche-rare la resistenza del mobile ingentilendone il materiale costitutivo.

La costanza continua e rafforza. L’iniziativa dà avvio a imprese che con-ducono molti verso una maggiore prosperità. È questo lo spirito su cui contava il signor Weil Weiss mettendo a disposizione il danaro per il con-corso riservato agli artigiani. Incrementare e premiare l’iniziativa. Dare inizio è creare. Continuare in un’impresa è tenere in vita la creazione. Ci sono purtroppo uomini che, per meccanismi deteriori insiti nella società, talvolta spingono la vita in direzioni avverse alla creatività e alla vita stes-sa, costringendo anche i loro simili benintenzionati a puntare su obiettivi di distruzione. Nascono così le guerre che sospendono i sogni, interrom-pono l’orbita dei desideri, congelano l’inventiva finalizzata alla prosperità di tutti.Il 28 luglio 1914 l’Austria dichiara guerra alla Serbia a seguito dell’assas-sinio dell’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono austriaco. Il 23 maggio del 1915 l’Italia entra nel conflitto ormai mondiale sul fronte op-posto, a fianco delle potenze dell’Intesa (Francia, Gran Bretagna e Russia) contro gli Imperi Centrali.Chiamato a prestare servizio militare, Silvio Conforti è destinato a Milano alle officine Nicola Romeo, che si sarebbero evolute in seguito nell’Alfa Romeo, dove svolge funzioni di capo-calibrista presso il reparto produzio-ne spolette. Gli inneschi per proiettili da cannone sono materiale di preci-sione che richiede genio meccanico e attitudine all’accuratezza, è così che Silvio partecipa allo sforzo bellico del Paese.Il primo laboratorio della F.lli Conforti in Via San Faustino a Verona

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Nel tempo libero non rinuncia all’attività di artigiano, sempre grazie alla collaborazione del padre pensionato, Leopoldo. La vita va tenuta in con-to anche in mezzo alla carneficina. Non bisogna smettere di pensare al futuro, tantomeno quando il mondo va in fiamme. Nel bel mezzo della distruzione la costruzione è ancora più necessaria. A ogni licenza, torna e cerca di soddisfare le richieste che i clienti hanno nel frattempo sottopo-sto all’attenzione del padre.Quando la guerra finisce, si contano i caduti a milioni. Il sogno nella mente dei sopravvissuti, nel novembre 1918, è che non ci debbano essere mai più conflitti, che questo sia ragionevolmente l’ultimo. Il regista Jean Renoir, due decenni più tardi, dedicherà a questo sogno il titolo di un suo film ca-polavoro: La grande illusione.Silvio Conforti alla fine della Grande Guerra ha 27 anni. Era già un uomo quando ne aveva ventuno. Ora, tra le macerie concrete e morali che afflig-gono le esauste nazioni, è pronto a riprendere le redini della sua vita da un punto di vista ancora più maturo e determinato. Questi quattro anni hanno affilato la sua intenzione, la voglia di rimettersi a lavorare in proprio a pieno regime è tanta. La bottega è ancora in piedi, lo specchio sulla casa di fronte è intatto. La luce del sole filtra nuovamente nel laboratorio. Non si tratta di tre semplici desideri, ma della realizzazio-ne del progetto di una vita. L’idea di creare un giorno un’azienda come quella presso cui ha lavorato a Torino, o anche più grande, si è fatta strada nella sua mente da un bel po’ di tempo.Silvio Conforti si rimbocca le maniche. Il Genio della Cassaforte è pronto a mostrare le sue potenzialità.

Schedario ignifugo da un catalogo del 1935