catalogo resistenza 2005 · tisti, «la scelta del nome ricade sulla famiglia di farfalle nottur-ne...
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42 libero per tuttia cura di Francesca Giovanelli
Fosdinovo, Torre Malaspiniana
21-25 aprile 2005
Le Falene
Fabio Maestrelli
Ciro Formisano
Ashenafi Frasinelli Birku
Teatro dei Disincanti
Claudio Maestrelli
Antonino Pieretti
Carlo Sergiampietri
Libero per Tutti rappresenta il
primo tentativo di esporre, all’in-
terno dell’iniziativa Fino al cuo-
re della rivolta, una serie di opere
di giovani artisti attivi sul ter-
ritorio, ispirate al tema generale
della Resistenza ed ospitate nella
Torre Malaspiniana di Fosdinovo.
Il titolo scelto deriva da una delle
opere esposte, caratterizzata
dall’interazione di testo ed imma-
gini ed ispirata alla storia del
partigiano «Carlin».
La mostra è il frutto della sinergia
tra due gruppi di artisti forte-
mente sensibili alla tematica pro-
posta.
Le Falene nasce dalla collabora-
zione tra un poeta campano (Ciro
Formisano) e un pittore genovese
(Roberto Chiabrera), cui si aggiun-
gono poco dopo altri due artisti
(Ashenafi Frassinelli Birku e Fa-
bio Maestrelli).
Secondo quanto riferiscono gli ar-
tisti, «la scelta del nome ricade
sulla famiglia di farfalle nottur-
ne perché l’artista vive soprat-
tutto di notte ed è attratto dalla
luce della verità».
Il Teatro dei Disincanti si costi-
tuisce per iniziativa di Antonino
Pieretti e Claudio Maestrelli che
«in una mattina scivolosa per er-
rore umano» si sono «umana-mente
ricompensati dando origine al grup-
po», il quale ha come motto «paro-
le e fatti non sono atti».
I due artisti iniziano ad esporre
opere prevalentemente nel territo-
rio massese, allargando gradual-
mente il gruppo fino a comprendere
anche Carlo Sergiampietri e sal-
tuariamente Fabio Maestrelli.
Al di là dell’appartenenza degli
artisti a due gruppi ben
individualizzati, la mostra pre-
senta un carattere fortemente ete-
rogeneo, perché ciascuno esprime
in modo autonomo e personale il
proprio modo di sentire l’evento
rappresentato, calandolo in una
realtà soggettiva.
L’unico elemento conduttore è un
filo rosso a cui è appesa una mol-
letta di legno da cui pende il ti-
tolo di ciascuna opera, scritto su
un ritaglio di carta.
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acrilico su tavola
Le FaleneFabio Maestrelli
Passaggio cromatico a venti.
Venti tavole con passaggio graduale di rosso
si stagliano su una parete bianca come infi-
nite sfumature nella condivisione di uno stesso
ideale.
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Le FaleneFabio Maestrelli
Ce la faranno i nostri eroi?
Il recupero della memoria trasforma immagina-
ri supereroi in uomini reali e insinua il
dubbio dei limiti umani.
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assemblaggio di mate-
riali e oggetti diver-
si
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Le FaleneFabio Maestrelli
Mi sono alzato troppo in fretta
assemblaggio di mate-
riali e oggetti diver-
si
Un reticolo imprevisto ed irregolare di fili
rossi cristallizza l’istante del conflitto
tra immobilità ed azione.
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Le FaleneCiro Formisano
Urlo di libertà 1
tecnica mista su tela,
100 x 100
Un grido di figure umane dalle identità non
definite squarcia il rosso sangue per contem-
plare i colori della libertà.
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Le FaleneCiro Formisano
Urlo di libertà 2
tecnica mista su tela
80 x 60
Un uomo, avvinto dal dolore, rivolge
all’esterno un grido disperato che si
propaga nello spazio e che è ancora
capace, forse, di abbattere le barriere
che ostacolano la sua libertà.
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Le FaleneAshenafi Frasinelli Birku
Fa male
Si impone drammaticamente il tema del dolore
attraverso la rappresentazione di una scena
cruenta, senza tempo e senza spazio, dominata
dal colore rosso delle vittime inermi (due
animali da macello) e dal verde dei tre
soldati-carnefici il cui volto sta subendo un
processo di metamorfosi verso qualcosa di non
umano.
tecnica mista su tela
200 x 180
la
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Teatro dei DisincantiClaudio Maestrelli
Panneggio Rosso
Un ritaglio di stoffa appesa ad uno spago in
un angolo della Torretta Malaspiniana produce
un articolato panneggio su un lato, mentre
quello opposto con un lembo cade morbidamente
sul pavimento.
Ideali e realtà concreta convivono nel colore
rosso della bandiera.
tessuto di cotone,
spago
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Teatro dei DisincantiClaudio Maestrelli
Il Ribelle Carlin
Nell’opera di Claudio Maesterelli colore ed
immagine diventano tutt’uno con la parola
scritta, traendo ispirazione da una storia
vera: quella del partigiano «Carlin».
Libero per tutti
Prova non sono capace ruba non sono capace
Respiro Profondo
Libero per tutti
Radicalmente antifascista contro regime
Respiro Profondo
Libero per tutti
La Resistenza inizia in famiglia
Respiro Profondo
Libero per tutti
Avevano i loro 20 anni oppure no!
Respiro Profondo
Libero per tutti
Pedala dai pedala dai più forte pedala cazzo
preso
Respiro Profondo
Libero per tutti
Su su dai lascia i cenci al mulino di Pippo
Respiro Profondo
Libero per tutti
Cannonate Dio sa quante?
Respiro Profondo
7 fogli di carta di-
pinta (3 fondo rosso,
1 nero, 3 marrone) e
incisa
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Teatro dei DisincantiAntonino Pieretti
M6W
assemblaggio
assemblaggio di
materiali diversi
(vetro, filo di
rame, corda, colore
rosso)
Assemblando materiali diversi, Pieretti
reinventa un inquietante ordigno
esplosivo che si materializza
attraverso la sua personale creazione
artistica.
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Teatro dei DisincantiAntonino Pieretti
Aiu.o
Un ritaglio irregolare di tela dagli
orli sfrangiati, da cui fuoriescono a
tratti frammenti di metallo e brandelli
di filo rosso, è metafora di una
richiesta estrema di aiuto.
assemblaggio di
materiali
diversi(lamina di
metallo, cotone
rosso, tela)
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Teatro dei DisincantiAntonino Pieretti
Le bottiglie di vetro non hanno ancora impa-
rato a volare
La sagoma di un un uomo, solo in apparenza in
grado di muoversi, rimane imprigionata tra le
pareti di una scatola e legata a fili mossi da
un immaginario burattinaio.
Lo scontro tra realtà e illusione non impedi-
sce all’uomo di continuare a credere.
assemblaggio di mate-
riali diversi (carta,
cartone, vetro, spa-
go)
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Teatro dei DisincantiCarlo Sergianpietri
Fischia il vento
Il punto di partenza della complessa instal-
lazione è rappresentato da molle di ferro (la
freddezza della morte) accatastate sopra un
sacco di iuta (il calore della vita) su cui è
posto uno straccio (la fuga dai Nazifascisti).
Seguono una fila di scarpe (il popolo in fuga),
altre molle (la Resistenza dei partigiani ai
carnefici), una sedia (il riposo, una volta
conquistata la libertà), una lampada (la luce
della sopraggiunta primavera), una serie di
accendini (la luce che il presente ha il do-
vere di fare sul passato).
Completa l’opera un filo rosso, il colore del
sangue versato per la speranza nel futuro.
assemblaggio di mate-
riali e oggetti diver-
si
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Fino al cuore della rivolta.
Breve storia del partigiano
«Carlin».
Ci fu un tempo| in cui non potem-
mo esser gentili| per preparare
il terreno alla gentilezza.
Bertold Brecht
BRUNO BRIZZI: Io e Nello eravamo
sempre assieme perché eravamo... i
più attaccati alla guerriglia ecco.
Ma io e Nello alla notte eravamo
sempre in giro eh, almeno venti
volte ci siamo vestiti anche da
tedeschi e siamo venuti anche
sull’Aurelia... roba da... da far-
si ammazzare.
Si lavorava tutti e due assieme a
caricare i cami di carbone alla
miniera, praticamente siamo cre-
sciuti assieme. Lui aveva un anno
più di me. Nello era del ‘24 io
sono del ‘25. D’estate eravamo sempre
nel canale a pescare, da ragazzi
ecco. Noi eravamo proprio famiglie
di contadini bisognosi, ci si ar-
rangiava come si poteva, ecco.
TURIDDO TUSINI: La vita nostra di
ragazzi così è stata dura, capito?
Quando... tu devi pensare che quando
te vedevi arrivare un cittadino a
casa nostra se potevi te ne andavi
se no ti sedevi nel focolare per-
ché era uno stato di inferiorità,
ma tanto è vero, ad esempio, che io
quando è iniziata la lotta di Li-
berazione, che non ero ancora in
formazione ma che si sentiva, si
partecipava e si pensava che il
mondo dovesse essere guidato dai
contadini, da questi diseredati e
poveri, che la riscossa... e che
quindi, che so dire, il gagliardetto
del divenire fosse in mano a ‘sta
gente, no? ma non conoscevamo co-
m’era organizzata la borghesia,
capito? era solo una pia illusio-
ne, sincera, ma fu una pia illu-
sione.
LIDO GALLETTO: Questo messaggio pre
resistenza e quindi dell’
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antifascismo radicato anche in noi
giovani sia per le origini
famigliari, sia per la componente
umana e sociale del territorio, era
penetrato profondamente dentro di
noi. Non s’improvvisa un ribelle,
o un libertario, non s’improvvisa
mai, c’è dietro una radice che lo
genera e questa radice era dietro
di noi. Particolarmente specifica
poi era proprio in Nello Masetti,
sia da parte della mamma che anche
dal babbo, che aveva bevuto insie-
me al latte anche i concetti della
moralità, dell’umanità e della sto-
ria antifascista.
RENATO ROSSI: Nello l’ho conosciu-
to da più ragazzo e su, fino a che
poi ha fatto il militare e poi l’ho
riconosciuto dopo perché, combina-
zione, ho conosciuto sua sorella e
siamo diventati come di casa. Era
un bravissimo ragazzo, un ragazzo
volenteroso attaccato alla fami-
glia, al suo lavoro e anche insom-
ma proprio... dopo che è andato al
militare è ritornato a casa che è
venuto lo sbandamento e lui ha ti-
rato la corda come hanno fatto tutti,
è venuto a casa. E’ venuto a casa
ma lo cercavano i carabinieri, ve-
nivano i "mai morti", le camicie
nere cos’erano...
LIDO GALLETTO: Al punto che si crea
una specie di capanna personale
dentro il bosco della Trina al di
fuori della sua casa, che era la
sua capanna segreta dove si rifu-
gia, dove dorme e dove vive in qual-
che maniera nella zona della bassa
Lunigiana.
TURIDDO TUSINI: Quando loro, Bruno
e Nello, venivano giù sulla via
Aurelia e così via, e loro andava-
no in mezzo ai tedeschi come se
fossero tedeschi perché erano una
coppia affiatata e armati di un
coraggio unico. Erano freddi, era-
no ragionatori nel fare
l’azione,mentre io ricordo ad esem-
pio, una volta ci hanno avvertiti
che stavano arrivando i tedeschi
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nella strada che dalla Spolverina
conduce a Marciaso e ci siamo schie-
rati per affrontare questa gente e
con noi c’era anche «Carlin» quel-
la volta lì. Ecco che sentiamo cam-
minare, arriva, arriva, arriva, ad
un certo momento tutto in silen-
zio, erano le tre, le quattro del
mattino quando questa gente è ar-
rivata vicina qualcuno stava...,
il comandante della squadra stava
per dare l’ordine di sparare, e fu
proprio «Carlin» a dire: «Fermi!».
Erano donne di Carrara che andava-
no a cercare farina di castagne,
cose del genere.
LIDO GALLETTO: «Carlin» non sareb-
be mai potuto diventare comandante
di una squadra perché non avrebbe
mai assimilato gli altri a sé, non
era possibile, mi segui? cioè vo-
leva che tutti fossero come lui o
quasi come lui e nessuno lo poteva
essere.
TURIDDO TUSINI: Io so che, ad esem-
pio, lui da solo affrontò i tede-
schi nell’Isolone quando scendeva-
no da Caprognano e venivano giù
verso l’Aurelia. Dal terreno, dal-
l’orto mio che è di qua
dall’Isolone, lui ha rafficato i
tedeschi, una colonna che scende-
vano coi muli dall’altra parte, da
solo. E’ successo l’ira di Dio.
LIDO GALLETTO: Questi qui transi-
tavano lungo il greto dell’Isolone
e li attacca col suo mitra insepa-
rabile e a colpi di bombe a mano
"pigna". Gli altri erano trenta,
trentacinque, lui era solo però dal
sangue e dalla roba lasciata lì si
capisce quanti ne ha colpiti. Que-
sto succede poco prima dell’inizio
dell’attacco. Questo plotone anda-
va già a prendere posizione in punti
prestabiliti della difesa tedesca
delle colline prospicienti
Castelnuovo e Fosdinovo.
TURIDDO TUSINI: Sono azioni che non
sono per uomini comuni, quindi noi
parliamo di uomini, di giovani, che
avevano delle qualità particolari,
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particolarissime.
LIDO GALLETTO: A volte avevo la
percezione che lui avrebbe combi-
nato qualcosa e non volevo che lui
uccidesse tedeschi lungo l’Aurelia
o dintorni, cosa che avrebbe fatto
per naturale istinto e allora dico:
«Vai via!».
TURIDDO TUSINI: In formazione, den-
tro al gruppo te lo vedevi poco,
era sempre fuori a risolvere pro-
blemi che altri non avrebbero ri-
solto e dei problemi che lui ri-
solveva non è che tu avevi notizie
e così via. Lui realizzava senza
commenti, magari d’accordo con Lido
Galletto, col commissario politico
no? ma lui era uno positivo.
LIDO GALLETTO: Quando io affidavo
un incarico a lui ero sicuro in
maniera totale che sarebbe stato
esaurito e risolto, anche le cose
più scabrose, perché aveva una gran-
de capacità di intuito e di intel-
ligenza, era molto duttile e sen-
sibile.
TURIDDO TUSINI: Aveva un sesto senso
delle cose, no? fate conto della
volpe che ha l’odorato del pollame
e lui aveva questo senso, questo
modo di avvicinarsi all’obiettivo.
LIDO GALLETTO: E aveva questo pre-
sentimento nelle cose che succede-
vano e poi nel punto estremo aveva
una reazione così veloce, così vio-
lenta che era assolutamente deter-
minato fino alla distruzione del
nemico.
TURIDDO TUSINI: Io sono convinto
che anche la sua morte è legata a
questo ardore, a questo modo di
essere nella lotta, nella batta-
glia perché lui è morto qualche
giorno prima della Liberazione.
BRUNO BRIZZI: «Carlin» è morto per-
ché non era insieme a me, se era
insieme con me non moriva perché
quando abbiamo accompagnato giù i
tedeschi la sera prima, abbiamo
portato i tedeschi lì vicino alla
Colombiera; che abbiamo preso 9 o
10 tedeschi che venivano giù dal
fronte li abbiamo portati là no? e
lui voleva tornare indietro a cer-
care altri tedeschi e io ho detto:
«No! Andiamo a casa, stiamo fermi
lì nascosti e domani poi vediamo».
NELLA LAZZINI: E’ passato di qua,
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c’era mia suocera qui... e lui era
qui e ha cercato mio marito e dice:
«Adesso andiamo a vedere se ce ne
sono ancora», questo ragazzo.
Mia suocera gli ha detto: «Ma vai a
casa, vai a casa, tuo padre...» sa
come succede «No, no andiamo a ve-
dere»... e mio marito a casa non
c’era. E allora è partito, l’ho
visto come vi vedo voi adesso sal-
tare lì. E’ saltato quel muro lì
che non c’era la scala come un ...,
veloce così. E dopo poco tempo si
sono sentiti questi spari.
BRUNO BRIZZI: Mentre è andato giù
ha trovato i partigiani che veni-
vano su col fronte, che erano i
partigiani che erano con noi, al-
lora lui si è infilato in mezzo ai
partigiani e è andato a Paterna. A
Paterna c’era, sotto Paterna, ma
lì loro lo sapevano già, perché la
gente del posto ce l’hanno detto:
«Guardate che c’è una postazione
di tedeschi lì sotto». Ma lui eh...
sembrava che a lui non lo dovesse-
ro prendere e invece si è fatto
prendere.
ELIA MASETTI: Quando non è più tor-
nato mia mamma ha cominciato a cer-
carlo. Ha cominciato a cercarlo e
il giorno dopo eravamo tutti lì e
si pensava male perché non è mai
stato tanto senza tornare a casa,
poi magari... E ho visto che viene
uno a chiamare Renato e ci ha det-
to: «Vieni un po’ via con me» ed è
andato via. Io dopo un attimo ri-
penso e ho pensato è successo qual-
cosa e son partita e sono andata là
in fondo al campo, c’è un mulino
vecchio e c’erano tutti i parti-
giani e mi sono messa a urlare:
«Mio fratello è morto, mio fratel-
lo è morto!» Tutto lì... Quando
poi sono entrata a casa che lui non
ha voluto venire, mi ha accompa-
gnata a casa un partigiano e sono
andata in cantina perché c’era un
po’ di rifugio insomma e ho chie-
sto: «Dov’è mia mamma?», «Non c’è»
mi hanno detto «qua non c’è» e io
ho capito che non c’era e io ci
ho detto: «Mio fratello è morto»
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invece mia mamma era lì vicino.
BRUNO BRIZZI: Si è trovato lì in
mezzo a loro e gli è venuto quel
momento di entusiasmo, dovevano
andare a liberare Sarzana, perché
eravamo a tre chilometri da Sarzana.
LIDO GALLETTO: Io arrivo il primo
maggio qui, tornando dalla Toscana
con la mia famiglia, caricati su
un camion di farina che da Livorno
andava verso Spezia. Naturalmente
incontriamo la gente, baci e ab-
bracci ma io sentivo che c’era qual-
cosa... no? che era morto «Carlin».
E arrivo a Caniparola e la sera
stessa salgo su alla sua casa e c’è
la mamma, mi ricordo, che fa le
tagliatelle su una mastra, sapete
come erano fatte allora? E il bab-
bo che attizzava il fuoco e questa
mamma che mi invoca e dice: «Alme-
no la salma, almeno il corpo...».
Ecco perché il giorno dopo partia-
mo e andiamo a cercare il corpo di
«Carlin».
BRUNO BRIZZI: Quando ho saputo che
l’hanno ammazzato siamo andati a
cercarlo, ma ci abbiamo messo cin-
que o sei giorni a trovarlo morto
eh! Siamo andati fino a Firenze,
al cimitero di Firenze, siamo an-
dati fino là perché non si sapeva
dove l’avevano portato no?
LIDO GALLETTO: Pensate come com’ è
strane le circostanze, dopo quat-
tro giorni, eran tre giorni ma era
diventato il quarto giorno, non
avevamo ancora trovato niente e
sgomenti stavamo ritornando perché
avevamo dissepolto tutti coloro che
avevano sepolto senza nome, quindi
parliamo da Montignoso in poi, tutte
le salme che avevano congelate nei
frigo eccetera e «Carlin» non si
trova, Firenze il cimitero milita-
re alleato non si trova.
BRUNO BRIZZI: Poi fatalità, fata-
lità ritorno da Massa e ci siamo
fermati lì sulla strada che c’era
un bar e abbiamo chiesto se sape-
vano qualcosa di questo ragazzo.
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Han detto, un partigiano l’hanno
portato al cimitero di Massa.
RENATO ROSSI: A Massa han detto:
«Sì, qui c’è un partigiano che non
c’ha nome, ma se non c’ha nome non
so chi è». E allora ho detto «’i
sarà... sarà - a go ito ... se
permetté lo tiran fuori e miran...».
BRUNO BRIZZI: Poi siamo andati al
cimitero di Massa e abbiamo preso
il becchino.
LIDO GALLETTO: Dice: «Sì, sì, è
qui però io non ci sto, io non lo
faccio, non torno a scoprire quel-
la salma», capito? E allora nien-
te, viene fuori... io Bruno, Ros-
si, Fernando e «Raul», un po’ per
uno scaviamo fino ad arrivare a
questa cassa.
BRUNO BRIZZI: L’abbiamo fatto ti-
rare fuori dalla cassa dove l’avevan
messo e fatalità era proprio Nello.
LIDO GALLETTO: A questo punto na-
sce il problema di portarlo e di
disseppellirlo e quindi mi preci-
pito nella chiesa di Mirteto allo-
ra mezza diroccata e al prete dico:
«Mi ci vogliono questi stendardi».
Erano stendardi rossi, sai attac-
cati alle finestre. La chiesa mez-
za diroccata però c’erano rimasti
questi stendardi e le strappo con
fatica, quasi con rabbia quasi, e
il prete dice: «Va bene, va bene» e
l’abbiamo avvolto così e ancora è
sepolto così. Poi Bruno Brizzi e
l’altro che era Fernando Marchini
dico: «Andate a Massa e cercate
uno stagnino a tutti i costi e por-
tatelo subito» e trovano lo sta-
gnino. Questo pover’ uomo che ar-
riva su col suo stagno e il suo...
attrezzatura quando vede la scena
sviene, casca per terra e lui non
aveva più la capacità di farlo,
quindi la buona parte l’ho fat-
ta... anche Fernando Marchini, l’ho
saldato io e poi mi ha aiutato
«Raul».
ELIA MASETTI: Io mi alzo e vado giù
a Caniparola a aspettar che arriva
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perché non avrei voluto anche per-
ché quando arrivava un morto spa-
ravano e io non volevo che mia mam-
ma sentisse sparare, hai capito? E
c’era Vilmo, perché c’erano i par-
tigiani lì, e ce l’ho detto: «Mi
raccomando non sparate se arriva
perché non voglio che mia mamma
senta» e allora io ero sempre lag-
giù insieme a loro a aspettare.
E dopo pranzo invece è arrivato un
altro partigiano con una moto e ha
detto: «L’abbiamo trovato, è lui
domani mattina siamo qua» e ci siamo
dati da fare a tirarlo fuori, a
cercare la bara, a cercare tutto
quello che dovevano fare e sono
arrivati proprio alle undici pre-
cise, sì...
LIDO GALLETTO: Alla mattina poi
partiamo e veniamo a Caniparola,
sapevamo che c’erano i funerali ma
c’era già in corso la celebrazio-
ne. Noi arriviamo da ponte Isolone
che c’era già la preparazione del-
le salme da portare... i funerali
li avrebbero fatti e quindi in que-
sta visione delle foto c’è anche
la salma di «Carlin»... arrivata
proprio all’ora precisa che parti-
va questo funerale.
Eppure, è questo
un giorno di vittoria.
Pier Paolo Pasolini
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Fino al cuore dela rivolta.
Breve storia del partigiano «Carlin».
Anno: 2005
Durata: 18’
Regia: Andrea Castagna
Sceneggiatura: Alessio Giannanti, Luca Madrignani, Simona Mussini,
Roberta Petacco
Montaggio: Andrea Castagna
Musiche: Yo Yo Mundi
Interviste: Alessio Giannanti, Luca Madrignani, Simona Mussini
Protagonisti (in ordine di apparizione)
Bruno Brizzi
Turiddo Tusini
Lido Galletto
Renato Rossi
Nella Lazzini
Elia Masetti
Produzione: Archivi della Resistenza.
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