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ARACNE C arbonio Breve storia di un materiale del futuro Francesco Neve

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ARACNE

CarbonioBreve storia di un materiale del futuro

Francesco Neve

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Copyright © MMVIIIARACNE editrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, 133 A/B00173 Roma

(06) 93781065

ISBN 978–88–548–1650–3

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: marzo 2008

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Contenuto Prefazione 7 Capitolo 1. L’era del carbonio 9 1.1 Una storia dei materiali 9 1.2 Allotropi e polimorfi del carbonio 11 1.3 Esistono altri allotropi del carbonio? 14 1.4 Carbonio amorfo (e impuro) 15 Bibliografia e webliografia 19 Capitolo 2. Il diamante 21 2.1 Struttura e disponibilità del diamante 21 2.2 Proprietà fisiche del diamante 26 2.3 Diamante CVD: un materiale per il XXI secolo 31 Bibliografia e webliografia 36 Capitolo 3. Grafite: carbonio a curvatura zero 39 3.1 Struttura della grafite 39 3.2 Proprietà fisiche della grafite 41 3.3 Struttura elettronica 42 3.4 Intercalati di grafite 45 Bibliografia e webliografia 52 Capitolo 4. Oltre la grafite 55 4.1 Strutture grafitiche a curvatura negativa 55 4.2 Proprietà di schwarziti 57 4.3 Carbonio spongiforme 60 Bibliografia e webliografia 62 Capitolo 5. Fullereni: la grafite nel pallone 65 5.1 La scoperta 65 5.2 Buckminsterfullerene: battesimo di un nuovo materiale 67 5.3 Previsioni di stabilità 70 5.4 Nascita e morte di un fullerene 74 5.5 Piramidalizzazione e coniugazione 77 5.6 C60: un superalchene elettrondeficiente 80 5.7 Fullerite 82 5.8 Fulleruri e altri materiali 85 5.9 Reattività di C60 (e altri fullereni) 91 Bibliografia e webliografia 95

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Capitolo 6. Nanotubi di carbonio: la grafite va a rotoli 105 6.1 Fibre di carbonio 105 6.2 La scoperta 107 6.3 Nanotubi di carbonio 108 6.4 Avvolgimento di grafene 110 6.5 Proprietà e struttura 114 6.6 Metodi di sintesi 117 6.7 Piramidalizzazione e reattività 120 6.8 Impieghi e prospettive 123 Bibliografia e webliografia 126 Capitolo 7. Carburi: solidi metallici duri e altro ancora 133 7.1 Carburi: tipi e classi 133 7.2 Carburi salini: struttura e proprietà 135 7.3 Carburi interstiziali 139 7.4 Carburi covalenti 143 Bibliografia e webliografia 147 Epilogo. L’invasione dei nanomondi 149 Bibliografia e webliografia 153

6 Contenuto

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Prefazione La prima volta che ho sentito parlare di fullereni è stato diversi anni fa negli Stati Uniti dove mi trovavo per ragioni di studio presso l’Università della California. Era il 1990, e la procedura sperimentale per la preparazione del C60 era stata appena pubblicata. Ancora oggi ricordo l’eccitazione di studenti e ricercatori che si apprestavano a lavorare su questa molecola così affascinante ed unica. La ricerca sui fullereni, e immediatamente dopo sui nanotubi di carbonio, si sviluppò subito in mille diverse direzioni, avendo come importante sottoprodot-to la rinascita di tutta la chimica del carbonio inteso come elemento. Il vaso di Pandora era stato riaperto.

Pur non avendo mai svolto attività di ricerca nel campo dei mate-riali a base di carbonio, molti anni dopo ho avuto l’occasione di defi-nire, e poi insegnare, un corso su materiali inorganici. In quel momen-to, e considerato il piccolo spazio dedicato al corso, ho colto l’opportunità di concentrare l’attenzione sullo studio del carbonio e-lementare, e di introdurre questo argomento nel curriculum del corso di laurea in Chimica in una forma molto più estesa di qualche lezione sugli allotropi del carbonio. Il breve corso è stato quindi dedicato per intero al carbonio, ai suoi allotropi, ed alle loro applicazioni. L’impostazione del corso si è però subito scontrata con la mancanza di materiale di studio organizzato in un volume unico e di livello adegua-to a studenti di primo ciclo, per non parlare della quasi generale as-senza di testi e riferimenti in italiano. Questa esperienza mi ha portato quindi a pensare un testo che spero possa tornare utile a studenti di Chimica, di Scienza dei Materiali, o di altri ambiti disciplinari e inter-disciplinari. L’intenzione non era certamente quella di scrivere qual-cosa di definitivo ed onnicomprensivo (esistono molti ottimi testi su tutti gli argomenti trattati – primo tra tutti Science of Fullerenes and Carbon Nanotubes di Dresselhaus, Dresselhaus, Eklund – e molti so-no stati indicati tra i suggerimenti di lettura per i diversi capitoli), quanto di indicare gli aspetti principali dell’argomento alla luce sia di

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quanto era noto prima del 1990 e sia di ciò che di importante è inter-venuto successivamente. Il tutto senza entrare troppo nel merito degli aspetti più tecnologici. Il volume contiene sette capitoli (di cui uno dedicato ai carburi) con alcuni elementi che ritengo distintivi. In parti-colare, per non appesantire la lettura ed il livello generale della pre-sentazione, l’uso di riquadri e di una bibliografia specializzata sono stati lo stratagemma (forse non particolarmente originale) per fare in modo che lettori di diversa estrazione, formazione e livello potessero trovare ciascuno il proprio interesse nella lettura. Il volume è tutt’altro che perfetto e, per quanto la perfezione sia un traguardo auspicabile, niente è più interessante della ricerca dei difetti. Quindi buona lettura e buona ricerca.

Desidero ringraziare il Dr. Steffen Weber dello staff di JCrystalSoft (www.jcrystal.com) per avermi concesso di utilizzare alcune figure tratte da PictureBooks on Fullerenes and Nanotubes&Nanocones.

Arcavacata di Rende, 30 gennaio 2008 Francesco Neve

8 Prefazione

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Capitolo 1

L’era del carbonio

Parlare di materiali significa parlare di storia della civilizzazione. Le epoche storiche e preistoriche sono state caratterizzate dal prevalere di una tecnologia sulle precedenti. Così la pietra ha lasciato il posto all’ossidiana e alla selce, la terracotta alla ceramica e al vetro, il bron-zo al ferro e così via fino all’era moderna in cui il numero di materiali è diventato molto ampio ed è in continua crescita. Tuttavia, l'accelera-zione prodigiosa degli ultimi 80-100 anni – che si è accompagnata ai progressi nel campo della fisica, della chimica e dell'ingegneria – po-trebbe essere letta come il tentativo di migliorare materiali già esisten-ti se non di progettarne di nuovi per nuovi usi e nuove esigenze (spes-so assolutamente superflue). 1.1 Una storia dei materiali Dunque, vecchi e nuovi materiali. Ci sono materiali che comunemente riteniamo il prodotto di studi recenti ma che in realtà sono presenti e in uso da migliaia di anni. Quando ad esempio parliamo di materiali compositi la mente va a certe plastiche rinforzate con fibre di carbonio che trovano impiego in campo aeronautico o sportivo. Ma cosa c’è di più antico di materiali compositi come l’osso, il legno, la stessa carta? Ciò che nel tempo è cresciuto esponenzialmente è la diversificazione degli impieghi, degli usi speciali, nonché l’esigenza di far fronte a risorse naturali spesso limitate. L’affermarsi di un materiale può esse-re immediato o può richiedere un tempo piuttosto lungo che spesso dipende dalla mancanza di una tecnologia di produzione semplice ed economica. Se prendiamo la plastica (ma sarebbe più corretto parlare di plastiche) la prima impressione è di avere a che fare con un mate-riale molto recente. In realtà, i primi polimeri naturali sono stati indi-

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Capitolo 1

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viduati all’inizio del XIX° secolo e le prime plastiche sono state commercializzate a partire dalla seconda metà del secolo (la celluloide è prodotta dal 1872 e la bachelite dal 1907). Bisogna però arrivare agli anni cinquanta del XX° secolo per fissare l’inizio di quella che po-tremmo chiamare l’era della plastica, cioè quella rivoluzione indu-striale della chimica che ha visto la progressiva e parziale sostituzione di materiali quali il vetro, il legno, le leghe ferrose e molti altri mate-riali strutturali e non con una serie molto grande di polimeri di origine sintetica.

L’ultima parte del secolo scorso è stata caratterizzata da un’altra importante rivoluzione nel campo dei materiali. La scoperta dei semi-conduttori ha dato il via alla tumultuosa crescita dell’elettronica che ha trasformato la nostra esistenza in maniera profonda e irreversibile (il primo chip della Intel è apparso nel 1971). Ebbene, senza il silicio e le sue straordinarie proprietà non ci sarebbe stata rivoluzione informa-tica ed era digitale. Si potrebbe certamente dire che quella che abbia-mo appena vissuto, e che ancora viviamo, è stata l’era del silicio [1, 2].

Da quando l’esistenza di nuove forme allotropiche del carbonio è uscita dall’ambito speculativo ed è andata ad occupare la ribalta me-diatica oltre che scientifica all’inizio degli anni ’90 del XX° secolo, una nuova prospettiva si è aperta per l’elettronica e la scienza dei ma-teriali. Da questo rinascimento di interesse per la chimica del carbonio è derivata presto la convinzione di essere sull’orlo di una nuova rivo-luzione, questa volta nel campo delle dimensioni infinitesimali [3]. Parole come nanotecnologia (o tutto ciò che contiene la voce “nano”) hanno cominciato a circolare con il senso di “quasi miracoloso” e molte aspettative di progressi rapidi e imminenti si sono affermate, sebbene non tutte giustificate da dati di fatto. Schematizzando ancora una volta, qualcuno si è subito spinto a prevedere che il XXI° secolo sarà il secolo del carbonio. E non certo e soltanto per il problema del riscaldamento globale del pianeta.

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Il diamante

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1.2 Allotropi e polimorfi del carbonio Ma cosa rende il carbonio un elemento straordinario? È certamente nota a tutti l’importanza del carbonio nella materia organica (è un co-stituente essenziale del DNA ed è il secondo elemento più abbondante nel nostro corpo), ed i composti del carbonio sono decine di milioni. Meno conosciuta è l’abbondanza naturale dell’elemento. Il carbonio è il quarto elemento più abbondante nel sistema solare (dopo H, He ed O), ma non è compreso tra i primi dieci elementi più diffusi nella cro-sta terrestre. Grandi quantità di carbonio si trovano in depositi di car-bone, ma anche sotto forma di idrocarburi, di rocce (soprattutto calca-ree), di materia vegetale o di biossido di carbonio.

Tabella 1.1. Polimorfi del carbonio

Dimensione 0-D 1-D 1-D 2-D 3-D Polimorfo Fullerene

(C60) Carbino (Chaoite,..) Nanotubi

Grafite Diamante

Ibridizzazione sp2 sp sp2 sp2 sp3

Densità (g cm-3)

1.72

2.68–3.43

1.2–2.0

2.26

3.52

Dist. C–C (pm)

1.40 1.46

1.19 1.30

1.44

1.42

1.54

Eg (eV) 1.9 -0.04 5.45

Durezza (Mohs) < 1 10

ΔH°f (kJ mol-1) 0 1.9

Ma ancora non è chiaro in cosa consista la sua presunta straordina-

rietà. La nostra personale opinione, condivisa sicuramente dai più, è che la sua straordinarietà sia associata alla sua molteplice natura allo

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stato elementare (allotropi e polimorfi) ed alla sua notevole varietà di proprietà chimiche, fisiche, meccaniche ed elettriche delle sue forme, in ciascuna delle quali tali caratteristiche sono esaltate (rispetto a ma-teriali analoghi) e raggiungono vette spesso insuperate.

La chimica del carbonio è dominata dalla capacità di avere numeri di coordinazione (e quindi ibridizzazione) diversi. Questa proprietà si manifesta già a livello elementare contribuendo alla formazione di diversi polimorfi stabili o metastabili (Tab. 1.1).

100

200

300

400

0

P/ kbar

1000 2000 3000 4000T/ °C

liquidodiamante

diamante+ grafitemetastabile

grafite+ diamante metastabile

Figura 1.1 Diagramma di fase semplificato del carbonio.

Se si guarda al diagramma di fase del carbonio (Fig.1.1) si ha im-mediata conferma del fatto che in condizioni normali la forma più sta-bile di carbonio elementare è quella che conosciamo con il nome di grafite, e che per avere un’altra forma pura bisogna raggiungere pres-sione e temperatura molto elevate. Il diamante infatti è un carbonio un po’ meno stabile (ΔH°f = 1.9 kJ mol-1), e la sua formazione in ambien-te naturale richiede condizioni geologiche adatte. La maggior parte del carbonio elementare è pertanto rinvenuto nella forma grafitica a strati,

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Il diamante

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nera e tenera con una purezza del 25–60%. Il diamante, duro e traspa-rente, occorre naturalmente in poche aree all’interno di speciali for-mazioni geologiche di origine vulcanica o alluvionale. L’esistenza di altre forme elementari (allotropi) di carbonio è stata prevista da tempo ma solo di recente sono arrivate prove sperimentali certe. In aggiunta alla forma bidimensionale (grafite) e tridimensionale (diamante), le altre due principali forme di carbonio non sono solidi reticolari ma si possono considerare varianti topologiche della forma grafitica.

La prima ad essere scoperta (ed anche quella più evocativa) è quel-la sferoidale nota come fullerene (o fullerite se si considera il materia-le). I fullereni sono forme di carbonio zero-dimensionali (0-D), e con-tengono un numero di atomi di carbonio variabile ma finito.

Viceversa, la quarta forma di carbonio, i nanotubi di carbonio, ha una analogia più marcata con la grafite ma presenta monodimensiona-lità (1-D), simmetria cilindrica, ed alto rapporto d’aspetto (aspect ratio) (Fig. 1.2).

Figura 1.2 Allotropi più noti del carbonio: (a) diamante, (b) grafite, (c) fulle-rene, (d) nanotubo.

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1.3 Esistono altri allotropi del carbonio?

A questa domanda si cerca di rispondere da circa quaranta anni, cioè da quando una nuova forma cristallina di carbonio è stata rinvenuta in uno gneiss nel cratere Ries in Baviera [4]. A questa forma minerale, di colore grigio-bianco, è stato dato il nome di chaoite ed è stato possibi-le riprodurre la sua formazione in laboratorio solo attraverso sublima-zione di grafite in condizioni di alta temperatura (> 2200 K) e bassa pressione. La chaoite cristallizza nel sistema esagonale con parametri a0 = 895 pm e c0 = 1407 pm e dcal = 3.43 g cm-3. È stato suggerito che la chaoite abbia una struttura carbinica [5] ma questa identificazione è stata messa in discussione [6–8].

L’esistenza di forme carbiniche di carbonio elementare è stata suc-cessivamente proposta da molti studi di ricercatori sovietici ed ameri-cani [9, 10], ed oggi è accettata l’idea di una sesta forma di carbonio, il cosiddetto carbonio carbinico. La regione di esistenza del carbonio carbinico si collocherebbe tra la grafite ed il carbonio liquido a valori di temperatura compresi tra 2600 e 3800 K (al di sopra di 2600 K la grafite è instabile qualsiasi sia il valore di pressione). La struttura di una forma di carbonio carbinico (il cosiddetto carbonio(VI)) è esago-nale con parametri a0 = 923 pm e c0 = 1224 pm, e con una densità cal-colata inferiore a quella della chaoite (2.9 g cm-3) [11]. A livello ato-mico è stato proposto che il carbonio abbia configurazione sp e sia presente all’interno di catene di atomi di carbonio parallele all’asse c e contenenti sia legami tripli C–C coniugati che doppi legami cumulati. Tali catene presenterebbero una distanza intercatena di circa 300 pm e sarebbe comune la presenza di vacanze e di gradini (kinks). In realtà, questo carbonio lineare esisterebbe in molti politipi la cui classifica-zione è stata anche proposta [12]. Queste forme carbiniche si suppone siano presenti in polveri interstellari ma possono essere ottenute dal trattamento di carbonio grafitico ad alte temperature.

Una curiosa conferma indiretta dell’esistenza del carbonio carbini-co è rappresentata dal Tetracarbon©, una forma polimerica di carbonio

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dalle mirabolanti proprietà riportata da ricercatori russi. Secondo gli scopritori il materiale è costituito da catene di atomi di carbonio per-pendicolari alla superficie su cui sono deposte e tenute insieme da de-boli interazioni di van der Waals (Fig. 1.3). Le distanze tra gli atomi di carbonio lungo le catene sono comprese tra 119 e 138 pm, la distanza intercatena è vicina a 500 pm, e la struttura cristallina è esagonale. Films di Tetracarbon© sono stati brevettati per applicazioni biomedi-che e biotecnologiche nel 2002 [13].

Figura 1.3. Struttura proposta per il Tetracarbon©.

1. 4 Carbonio amorfo (e impuro) Il carbonio è raramente rinvenuto in forma cristallina e spesso si pre-senta con grado di grafitizzazione variabile. Esiste cioè (o si prepara) carbonio cristallino, altamente grafitizzato (nanocristallino), scarsa-mente grafitizzato, e carbonio amorfo. Dal punto di vista pratico il carbonio utilizzato (tranne rare eccezioni) è in realtà quello che chia-miamo carbone e che in alcuni casi potremmo chiamare carbonio im-puro. Infatti, se analizziamo questo tipo di carbonio troviamo che il contenuto di materiale non carbonaceo presente può essere anche mol-to elevato.

Molte sono le forme di carbone che conosciamo e che utilizziamo (spesso anche senza conoscerle). Tra le più importanti troviamo il carbone vegetale (charcoal) ottenuto per combustione di materiale

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legnoso in difetto di ossigeno (Fig. 1.4a), ed il carbone minerale (co-al), cioè di natura fossile (Fig. 1.4b). Nel secondo caso, la forma più nobile è il carbon coke, una forma scarsamente grafitizzata di carbo-nio che si ottiene da carbonizzazione di carbone minerale ad alta tem-peratura. Tra i minerali di carbone (e con contenuto d’acqua crescen-te) troviamo l’antracite, il litantrace, la lignite e la torba.

Altre tipologie di carbone sono più propriamente forme di partico-lato carbonaceo. Tra queste troviamo la fuliggine (soot) o il nerofumo (lamp-black o carbon black). Altre denominazioni evidenziano soprat-tutto aspetti morfologici del carbonio o destinazioni commerciali sen-za necessariamente costituire nuove tipologie. Così il glassy carbon e l’hard carbon stanno ad indicare due forme porose, disordinate (glass-like), e quindi scarsamente grafitizzate, di carbonio ottenute in condi-zioni sperimentali diverse.

Una forma di carbonio commercialmente importante è il cosiddetto carbon black, un carbonio in polvere a grana molto fine (0.02–0.3 µ) che si ottiene essenzialmente attraverso combustione incompleta di idrocarburi o gas naturale e che è pesantemente impiegato nell’industria della gomma.

Altro tipo di carbonio commerciale è il carbone attivo o attivato (Fig. 1.5), un importante adsorbente carbonaceo dall’enorme area su-perficiale (300–2000 m2 g-1). È commercializzato in forma di polvere (1–150 µ) o granulare (0.5–4 mm). La presenza di macropori (> 500 Å), mesopori (20–500 Å) e micropori (0–20 Å) (Fig. 1.5b) permette l’adsorbimento di grandi quantità di gas, liquidi e solidi.

Il carbone attivo si ottiene attraverso attivazione chimica (ossida-zione e deidratazione) o attivazione mediante gas (aria, vapore/CO2, ecc.) di materia carbonacea grezza. Oltre al carbone fossile, le fonti principali di questo tipo di carbonio sono in genere rinnovabili e con-sistono di materiale grezzo (carbone vegetale, legno, gusci di cocco, bamboo) o di altri prodotti di scarto (segatura, ecc.). In molti usi, il carbone attivo può anche essere rigenerato dopo l’uso.

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Figura 1.4. (a) Carbone vegetale, (b) carbone minerale. Figura 1.5. (a) Carbone attivo in forma granulare. (b) Cartoon di struttura a pori e cavità del carbon black. L’adsorbato è rappresentato dal mate-riale colorato.

Macropori

Micropori

Mesopori

a b

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Impieghi del carbone Nel 2006 è stato consumato carbone fossile per 3090 MTOE (MTOE = milioni di tonnellate petrolio-equivalenti) con un aumento del 4.5% rispetto al 2005. Il 58% è stato consumato nell’Asia del Pacifico [14]. Carbon coke Prevalentemente metallurgico. Carbon black Si produce in milioni di Ton. L’uso principale è come rinfor-zante nella gomma. Una gomma per auto impiega ca. 3 Kg di carbon black. Altri usi: come pigmento in inchiostri, vernici, materie plastiche. Carbone attivo Molte applicazioni su microscala e macroscala. Principalmente usato nella decolorazione di zuccheri, purificazione di gas e reagenti, trattamento di acque reflue. Purificazione di acquari, piscine, e per declorinazione. Trova impiego in medicina (avve-lenamento per via gastrica, diarrea, meteorismo) ed in proces-si chimici catalizzati.

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Bibliografia e webliografia (1) Pink, D. H. “The New Face of the Silicon Age” Wired, 12 febbraio

2004. (2) Siffert, P.; Krimmel, E. F. (Eds) Silicon: Evolution and Future of a Te-

chnology, Berlin: Springer-Verlag, 2004. (3) Foster, L. E. Nanotechnology, Upper Saddle River: Prentice Hall,

2005. (4) El Goresy, A.; Donnay, G. “A new allotropic form of carbon from

the Ries crater” Science 1968, 161, 363. (5) Whittaker, A. G.; Kintner, P. L. “Carbon: observations on the new

allotropic form “Science 1969, 165, 589. (6) Smith, P. P. K.; Busneck, P. R. “Carbyne forms of carbon: do they

exist?” Science 1982, 216, 984. (7) Whittaker, A. G. “Carbyne forms of carbon: evidence for their exi-

stence” Science 1985, 229, 485. (8) Smith, P. P. K.; Busneck, P. R. “Carbyne forms of carbon: evidence

for their existence” Science 1985, 229, 486. (9) Whittaker, A. G. “Carbon: a new view of its high-temperature be-

havior” Science 1978, 200, 763; “Carbon: occurrence of carbyne forms of carbon in natural graphite” Carbon 1979, 17, 21.

(10) Sladkov, A. M. “ Carbyne – a new allotropic form of carbon”

Sov. Sci. Rev., Sect. B 1981, 3, 75. (11) Whittaker, A. G. “Carbon: a suggested new hexagonal crystal

form,” Science 1972, 178, 54.

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(12) Heimann, R. B.; Kleiman, J.; Salansky, N. M. “A unified structural approach to linear carbon polytypes” Nature 1983, 306, 164.

(13) Guseva, M. B.; Novikov, N. D.; Babaev, V. G.; Adamyan, A. A.; La-

vygin, I. A.. US Patent 6454797. Approvata il 24 settembre 2002. (14) BP Statistical Review of World Energy 2007.

http://www.bp.com/productlanding.do?categoryId=6848&contentId=7033471

Per approfondire Cotton, F. A.; Wilkinson, G. Advanced Inorganic Chemistry, 5th ed., New York: J. Wiley, 1988, cap. 8. Dresselhaus, M. S.; Dresselhaus, G.; Eklund, P. C. Science of Fulle-renes and Carbon Nanotubes, New York: Academic Press, 1996, pp. 15–59. Greenwood, N. N., Earnshaw, A. Chemistry of the Elements, 2nd ed., Oxford:Butterworth-Heinemann, 1997, cap. 8. Kirk-Othmer Encyclopedia of Chemical Technology, 5th ed., New York: J. Wiley, 2001, vol. 4, pp. 733–761; vol. 6, pp. 761–803. King, R. B. (Ed.) Encyclopedia of Inorganic Chemistry, 2nd ed., Chi-chester: John Wiley & Sons, 2005, vol.2. Marsh, H.; Reinoso, F. R. Activated Carbon, Amsterdam: Elsevier Science &Technology, 2006. World Coal Institute – http:// www.worldcoal.org