capitolo 6 esperimento # 4 fluorescenza xlunardi/laboratorio_magistrale... · terminale...
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6.1 Introduzione
Si chiamano Raggi X i fotoni emessi dagli atomi a causa del riarrangiamento degli elettroni nella
struttura a shell degli orbitali atomici. I raggi X atomici hanno energie che vanno da alcuni keV a un
centinaio di keV, e queste dipendono dal numero atomico e dall’orbitale coinvolto. Viene
classificata (impropriamente) come Raggi X anche la radiazione elettromagnetica emessa nei
processi di frenamento di un fascio accelerato di elettroni in un metallo pesante. Questo tipo di
emissione è quella che viene utilizzata nei generatori comunemente utilizzati per imaging
radiografico in diversi campi di applicazione (medico, industriale, ecc…).
L’emissione di Raggi X di tipo atomico stimolata tramite il bombardamento di un materiale con
radiazione ionizzante si chiama Fluorescenza X e viene comunemente utilizzata per eseguire
analisi non distruttive multi-elementali di un campione.
In Fig.6.1 viene illustrato lo schema generale della tecnica Ion Beam Analysis (IBA), cioè l’ analisi
di materiali ottenuta attraverso il bombardamento del campione con fasci ionici. In particolare, lo
studio della fluorescenza X da un campione bombardato con fasci di particelle prende il nome di
Particle Induced X-ray Emission (PIXE).
Fig.6.1: Schema generale della tecnica Ion Beam Analysis (IBA).
Nella Ion Beam Analysis, un fascio di particelle incide sul campione da analizzare. L’interazione
delle particelle con gli atomi del campione provoca la ionizzazione e quindi la seguente emissione
di radiazione X di fluorescenza. L’energia dei raggi X è funzione del numero atomico Z del
particolare atomo presente nel materiale per cui, se esso è multi-elementale (cioè contiene atomi di
più elementi chimici), verranno emessi raggi X con energia corrispondente agli elementi presenti.
La radiazione X di fluorescenza è opportunamente rivelata e l’analisi quantitativa dello spettro di
energia permette di risalire al numero dei raggi X emessi per ogni elemento presente nel campione e
quindi, tramite opportune normalizzazioni, al numero di atomi di un determinato elemento nello
strato analizzato.
Come esempio, nel seguito di questo paragrafo è descritta brevemente un’applicazione di queste
tecniche nel campo dei Beni Culturali che documenta la potenza di questo metodo di analisi.
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Fig. 6.2: Il fascio di protoni in aria utilizzato presso il Dipartimento di Fisica di Firenze per
attività IBA.
La Fig.6.2 riporta il sistema di “fascio in aria” utilizzato negli anni passati presso il Dipartimento di
Fisica di Firenze per analisi di Fluorescenza X di antichi manoscritti ed in generale di opere d’arte.
Un fascio di protoni, prodotto da un acceleratore elettrostatico tipo Van de Graaff, viene estratto in
aria, in modo da farlo incidere direttamente sul campione che viene posto nelle vicinanze del
terminale dell’acceleratore. Rivelatori per radiazione X di tipo Si(Li) guardano il punto in cui il
fascio di protoni (radiazione primaria) colpisce l’oggetto da analizzare per poter registrare la
radiazione elettromagnetica secondaria (cioè i raggi X) emessa.
Fig. 6.3: Dettaglio dell’apparato per l’analisi IBA dei Manoscritti Galileiani.
La Fig.6.3 illustra un particolare del sistema utilizzato per studiare gli inchiostri dei manoscritti di
Galileo Galilei. L’analisi di Fluorescenza X permette di caratterizzare i diversi tipi d’inchiostro
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utilizzati osservando i determinati elementi chimici che lo compongono. Poiché alcuni manoscritti
Galileiani sono datati, è possibile classificare i tipi d’inchiostro utilizzati dallo scienziato nei diversi
periodi della sua attivita’. In questo modo, una volta costruita la scala temporale di riferimento, è
possibile classificare anche i documenti non datati, contribuendo alla ricostruzione cronologica
delle opere Galileiane.
Un esempio di come gli inchiostri utilizzati da Galileo appaiano realmente diversi nell’analisi di
fluorescenza X è riportato in Fig.6.4 dove sono mostrati 3 esempi di spettri di energia ottenuti
bombardando righe di differenti manoscritti. E’ particolarmente evidente la differenza tra inchiostri
ad alto o basso tenore di piombo utilizzati per esempio rispettivamente nel primo o nel secondo e
terzo caso.
Fig. 6.4: Spettri PIXE ottenuti bombardando gli inchiostri dei manoscritti Galileiani.
E’ importante sottolineare come il bombardamento con fasci di protoni dei manoscritti non produca
alcun danneggiamento del campione in quanto il rilascio energetico nel materiale è minimo, grazie
alla ridottissima intensità del fascio primario. Inoltre anche l’area bombardata è molto piccola,
poiché le dimensioni del fascio di protoni può essere facilmente contenuto in 1 - 2 mm di diametro.
In questo modo è possibile ottenere anche analisi di Fluorescenza X in funzione della posizione del
fascio sul campione, costruendo una distribuzione bidimensionale per ciascun elemento presente.
Per poter valutare in concreto le potenzialità della tecnica di Fluorescenza X, occorre considerare i
vantaggi e gli svantaggi che essa comporta, tenendo in opportuno conto che quando si parla di
Fluorescenza X si intendono sia le tecniche che utilizzano come radiazione primaria particelle
cariche (PIXE) che la fluorescenza indotta da radiazione elettromagnetica (raggi gamma, radiazione
X ….). L’utilizzo dei diversi sistemi di radiazione primaria determina non solo le condizioni di
utilizzo della tecnica (sistemi fissi da laboratorio o sistemi portatili) ma anche il tipo di sensibilità
ottenibile, cioè la quantità minima di elementi in traccia che possono essere misurati.
Dal punto di vista dei vantaggi, è generalmente accettato che:
1) Gli spettri di Fluorescenza X sono semplici, anche quando sono analizzati campioni multi-
elementali. Questo dipende dal fatto che i raggi X dipendono solamente dallo Z degli atomi
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presenti, mentre sono indipendenti dall’isotopo dell’elemento presente, al contrario di
quanto avviene per altri tipi di analisi con tecniche nucleari (ad esempio nella tecnica PIGE,
Particle Induced Gamma Ray Emission). Per ogni elemento chimico si hanno poche
transizioni X a seconda degli orbitali coinvolti. Le rese di Fluorescenza X e quindi gli spettri
ottenuti possono essere considerati, in prima approssimazione, indipendenti dallo stato
chimico del campione. Ciò semplifica l’analisi degli spettri e permette di utilizzare campioni
di taratura aventi diversa natura.
2) La preparazione dei campioni non richiede particolari procedure.
3) L’analisi di Fluorescenza X può essere eseguita in modo che essa sia non-distruttiva. Come
mostrato nel caso illustrato in precedenza, è possibile irradiare con fasci in aria direttamente
i manufatti di interesse storico-archeologico senza danneggiarli.
4) La tecnica della Fluorescenza X può essere applicata in un vasto intervallo di
concentrazioni. In pratica, può essere utilizzata per caratterizzare la composizione di un
determinato campione o anche per studiare elementi in traccia in concentrazione minima
(ppm (parti per milione) o ppb (parti per miliardo)).
5) E’ possibile ottenere analisi con buona accuratezza sia per la buona statistica degli spettri
che per la buona conoscenza di tutte le quantità fisiche che devono essere considerate
nell’estrarre informazioni quantitative.
Bisogna però anche considerare gli svantaggi associati a questa tecnica:
1) I raggi X sono una radiazione scarsamente penetrante. Ciò significa che basta un piccolo
spessore di materiale per impedirne la fuoriuscita dal campione. Quindi anche nell’ipotesi
che la radiazione primaria possa penetrare in profondità nel campione, i raggi X che
arrivano al rivelatore sono quelli emessi nei primi strati del campione stesso (0.01-0.1 mm).
Quelli prodotti più in profondità non sono registrati in quanto auto-assorbiti dal materiale
stesso.
2) L’energia dei raggi-X è funzione crescente del numero atomico (Z) dell’elemento (vedi la
Fig.6.32 ed la tabella dell’ Appendice 6.1 di questo Capitolo). Gli elementi leggeri
(normalmente sotto l’Argon (Z=18)) hanno energie troppo basse per essere rivelati in molti
sistemi di analisi.
3) Alcune transizioni X di alcuni elementi possono avere la stessa energia (nel caso di serie
diverse: per esempio le righe K di un elemento e le righe L di un’altro). Questo implica che
a volte l’analisi degli spettri richiederà l’utilizzo di software evoluti che risolvano i casi d’
interferenza inter-elementale.
4) Gli apparati per studi di Fluorescenza X possono essere costosi ed includere l’utilizzo di
sistemi di laboratorio non trasportabili (ad esempio acceleratori di particelle). Nella maggior
parte dei casi però, tali attività utilizzano sistemi strumentali in comune con molte altre
applicazioni.
6.1 Apparato sperimentale
Scopo di questa esperienza è lo studio delle caratteristiche di un sistema portatile di
Fluorescenza X costituito da un generatore a stato solido e da un rivelatore a fotodiodo Si-PIN
raffreddato tramite un sistema termoelettrico. Nella fase iniziale dell’esperimento saranno
studiate le caratteristiche generali del rivelatore e del generatore. Si verificherà quindi il limite della
tecnica di fluorescenza X dovuto alla attenuazione dei raggi X nella materia che limita l’uso di tale
tecnica all’analisi della superficie dei materiali. Come parte conclusiva dell’esperimento si
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realizzeranno misure di campioni metallici multi-elementali per determinare la composizione delle
leghe utilizzate.
L’ apparato sperimentale utilizzato per questa esperienza è mostrato in Fig. 6.5
Fig.6.5: Apparato sperimentale per lo studio della Fluorescenza X.
Fig. 6.6: Schema di un generatore di raggi X a stato solido COOL X.
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6.2 Il generatore di Raggi X a cristallo piroelettrico COOL-X
Fin dai tempi degli antichi Greci era noto che alcuni cristalli (come la tormalina) mostrano cariche
di polarizzazione superficiale quando erano riscaldati. I materiali che presentano questa proprietà
prendono l’appellativo di piroelettrici. Un cristallo piroelettrico ha quindi la proprietà di generare
una differenza di potenziale quando sottoposto ad un ciclo termico.
Questa proprietà trova numerose applicazioni pratiche, una delle quali è la realizzazione di
generatori di raggi X miniaturizzati, come quello mostrato in Fig. 6.6.
Per una specifica orientazione del cristallo, la superficie esterna è carica negativamente quando
sottoposta ad un raffreddamento. Se il cristallo piroelettrico è immerso in un’atmosfera di gas a
bassa pressione, la differenza di potenziale accelererà gli elettroni liberi presenti nel gas che
andranno a colpire un anodo metallico di rame posto a massa, producendo raggi X di fluorescenza e
fotoni per frenamento, il cui spettro è mostrato in Fig. 6.7.
Fig. 6.7: Spettro di emissione di un generatore a stato solido COOL-X con un anodo di rame.
Si nota in Fig. 6.7 come il raffreddamento produca una differenza di potenziale di circa 35 kV nel
sistema COOL X, come evidenziato dall’energia massima della radiazione elettromagnetica di
frenamento prodotta. Inoltre si notano le righe corrispondenti alle transizioni K della targhetta di Cu
prodotte per fluorescenza.
Dopo la fase di raffreddamento, una volta arrivati alla temperatura minima raggiungibile dal cooler
utilizzato, il ciclo termico è invertito ed il cristallo viene riscaldato. In questo caso, sulla superficie
apparirà un eccesso di carica positiva, che genererà una differenza di potenziale accelerante gli
elettroni verso il cristallo stesso. Poiché il cristallo piroelettrico utilizzato è Tantalato di Litio
(LiTaO3), il bombardamento del cristallo con elettroni produrrà lo spettro continuo di frenamento e
le transizioni X (righe L) caratteristiche del Ta, come mostrato in Fig. 6.8 (NB. Le transizioni X del
Li e O sono di bassa energia e non fuoriescono dal generatore, le righe K del Ta hanno energia
troppo elevata per essere prodotte).
Lo spettro ottenuto sommando 300 cicli termici è mostrato sempre in Fig.6.8 (in basso a sinistra).
Notiamo come la scelta dell’anodo di rame e del cristalli di tantalato di litio, unitamente al valore
della differenza di potenziale generata, provochi emissione di X caratteristici di energia di circa 8
keV che si sommano producendo un picco ben definito nello spettro integrato temporalmente che
corrispondente ai suddetti 300 cicli termici. E’ da notare che la durata di un ciclo termico è di circa
2-5 minuti e durante il ciclo il sistema non produce un flusso costante di raggi X. Inoltre il
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costruttore sottolinea come la resa dei raggi X prodotti nei diversi cicli può anche essere diversa.
Una finestra sottile di Be posta nelle vicinanze dell’anodo di rame (vedi Fig. 6.6) permette la
fuoruscita degli X prodotti in aria minimizzandone l’attenuazione.
Fig. 6.8: Spettri di energia dei raggi X prodotti da un cristallo piroelettrico: da sinistra in alto in
senso orario, fase di riscaldamento, fase di raffreddamento, flussi corrispondenti ai vari cicli
termici e spettro somma.
Questo particolare generatore X ha inoltre la particolarità, per le sue caratteristiche costruttive, di
avere una emissione focalizzata spazialmente, come mostrato in Fig. 6.9. Notiamo infatti come la
resa di raggi X si annulli per angoli intorno a 90, minimizzando il rischio da radiazione per
l’operatore che normalmente siede alle spalle della sorgente e facilitando l’ utilizzo anche in
sistemi portatili.
La resa di una sorgente di questo tipo è di circa 108
fotoni al secondo ed il tempo di vita della
sorgente è di circa 2000 ore di funzionamento quando non utilizzata in modo continuo.
Inoltre, come mostrato in Fig.6.10, le dimensioni reali della parte attiva della sorgente piroelettrica
sono 15 mm di diametro e 10 mm di spessore: corrispondono cioè a quelle delle comuni
componenti elettroniche. Questo permette la realizzazione di sistemi di fluorescenza X
miniaturizzati, come quello mostrato in Fig.6. 11 che trovano impiego in numerosi campi di
applicazione sia nella ricerca che nei processi industriali .
Da un punto di vista pratico, il generatore piroelettrico è mostrato nel suo insieme in Fig.6.12. Il
sistema compatto utilizza solo una pila da 9 Volt o un alimentatore esterno. Un interruttore serve
per accendere il generatore ed un LED bicolore mostra la fase del ciclo termico (Rosso
riscaldamento/ Verde raffreddamento)
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Fig. 6.9: Tipica distribuzione angolare dei raggi X prodotti dalla sorgente piroelettrica COOL-X.
Fig. 6.10: Dimensioni reali della parte attiva della sorgente piroelettrica.
Fig. 6.11: Sistema di fluorescenza X miniaturizzato che viene utilizzato in Laboratorio.
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Fig. 6.12: Particolari funzionali del sistema.
Un punto molto importante è che la probabilità di indurre l’effetto fotoelettrico (e quindi la
fluorescenza X ) in un determinato materiale ha una distribuzione che è fortemente piccata al
valore dell’ energia di legame dell’elettrone, come mostrato in Fig. 6.13
Fig. 6.13: Sezione d’urto per effetto fotoelettrico per 12 elementi in funzione dell’energia
della radiazione incidente.
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Risulta chiaro dalla Fig. 6.13 che, per produrre per esempio le transizioni K del Ferro,
occorrono fotoni di energia E>7.1 keV, energia di legame degli elettroni della shell K. La
probabilità di emissione decresce rapidamente all’aumentare dell’ energia. In conclusione, la
parte dello spettro X utile per eccitare la fluorescenza nel Fe è compresa tra 7 e circa 10 keV,
valore oltre il quale la probabilità decresce di quasi un ordine di grandezza.
In Fig. 6.14 i massimi della probabilità per la fluorescenza di Fe, Rb, Mo ed Ag sono riportati
sullo spettro del generatore, in modo da verificare in maniera diretta anche se solo qualitativa,
gli elementi che possono essere studiati con la sorgente COOL-X.
Fig. 6.14: Spettro di raggi X prodotti da sistema COOL-X con un target di rame.
Il Servizio di Radioprotezione dell’Università di Padova ha posto delle condizioni
sull’utilizzo del generatore. In pratica, quando il generatore è spento agendo sull’apposito
pulsante, viene disconnessa l’alimentazione del cooler ma questo non implica che il
generatore non produca più raggi X a causa del tempo necessario per il ripristino
dell’equilibrio termico. E’ stato infatti misurato che occorre attendere circa 30 minuti
prima di poter intervenire manualmente nelle vicinanze del generatore.
Per questo motivo:
1) Il box contenente il generatore deve essere tenuto chiuso durante gli irraggiamenti e
bisogna attendere 30 minuti dallo spegnimento del generatore prima di riaprire il box;
2) Il porta-campioni può essere manovrato tramite un’asta sia per cambiare il campione
irradiato sia per estrarre fuori dal box il porta-campioni per sostituirlo.
Prima di far partire il generatore si raccomanda di verificare insieme al docente del
laboratorio che tutte le condizioni su esposte siano state soddisfatte.
6.3 Rivelatore per raggi X
E’ noto come in tutti i materiali gli elettroni possono occupare solo livelli discreti di energia. In
particolare nella struttura cristallina gli elettroni si posizionano all’interno di due bande di energia
possibili. La banda più bassa è chiamata banda di valenza, quella più alta banda di conduzione.
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Quest'ultima contiene gli elettroni che sono capaci di interagire con altri atomi ed è responsabile
delle proprietà chimiche dell'atomo. In particolare, essa determina se il materiale è un conduttore,
un isolante o un semiconduttore. Come mostrato in Fig.6.15 tra le due bande esiste una zona
intermedia, che in condizioni normali risulta inaccessibile agli elettroni: il gap proibito di energia.
Fig. 6.15: Struttura a bande nei diversi tipi di materiali.
Quando il valore del gap proibito è tale che le fluttuazioni termiche che avvengono a temperatura
ambiente riescono a far transitare un elettrone dalla banda di valenza alla banda di conduzione si
parla di un conduttore, in caso contrario di un isolante. Un semiconduttore ha invece un gap proibito
intermedio fra i due casi precedenti. In un semiconduttore la banda di valenza allo zero assoluto è
completamente piena mentre a temperatura ambiente esistono alcuni elettroni che per la
distribuzione delle energie possono superare il gap e sono liberi di muoversi nella banda di
conduzione.
Quando la radiazione ionizzante entra nel cristallo nel corso delle collisioni che determinano la
perdita di energia essa può ionizzare il cristallo eccitando un certo numero di elettroni dalla banda
di valenza alla banda di conduzione e creando quindi un numero di coppie elettrone-lacuna.
I rivelatori a semiconduttore sono quindi essenzialmente delle camere a ionizzazione in cui il gas è
sostituito con un mezzo solido di bassa conducibilità. Se una particella ionizzante attraversa questo
mezzo, essa crea delle coppie elettrone-lacuna, che sono separate dal campo elettrico e raccolte agli
elettrodi. I valori del gap proibito per alcuni materiali utilizzati come rivelatori a semiconduttore
sono mostrati nella tabella 6.1.
Tab. 6.1: Energia del “band gap” proibito per alcuni materiali semiconduttori.
Mentre in un contatore a gas sono necessari circa 30 eV per creare una coppia elettrone-lacuna, nei
rivelatori a semiconduttore ne bastano solo 1-2 eV. Quindi a parità di altre condizioni, il segnale di
uscita è in questi ultimi circa 15-30 volte maggiore rispetto a quello prodotto in un contatore a gas.
Come ulteriore confronto, ricordiamo che nel caso di rivelatori a scintillazione tipo NaI(Tl) un
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fotone da un MeV produce circa 8000 elettroni al fotocatodo del fotomoltiplicatore e quindi ogni
fotoelettrone costa in media circa 125 eV.
Il silicio è il più diffuso dei semiconduttori e viene massicciamente impiegato nell’industria
elettronica. Come rivelatore di radiazione ha il valore del gap proibito leggermente più elevato del
germanio. A temperatura ambiente è possibile utilizzare i rivelatori al silicio per rivelare
direttamente radiazione ionizzante carica (elettroni, protoni, alfa) con buona risoluzione. Un tipico
spettro alfa rivelato con un semiconduttore al Si a temperatura ambiente è mostrato in Fig. 6.16.
Dallo spettro in Fig. 6.16, si ha una larghezza di 25 keV [FWHM] per il picco alfa di energia 4.77
MeV per cui la risoluzione risulta R=5 %.
In Fig.6.17 sono mostrati alcuni tipi di rivelatori al Silicio disponibili in commercio. Le dimensioni
fisiche dei cristalli sono di alcuni centimetri di diametro.
Fig. 6.16: Tipico spettro di energia di particelle alfa dal decadimento del 234
U in un rivelatore al
silicio.
Fig. 6.17: Alcuni tipi di rivelatori al silicio per la rivelazione di radiazione ionizzante.
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Quando il silicio è raffreddato, è possibile migliorare notevolmente la risoluzione energetica, poiché
si riduce il rumore del rivelatore dovuto all’agitazione termica. Un tipico spettro ottenuto da un
rivelatore Si(Li) specifico per raggi X raffreddato alla temperatura dell’azoto liquido è mostrato in
Fig. 6.18.
Fig.6.18: Raggi X K e K da una rorgente di 55
Fe misurati in un rivelatore Si(Li) raffreddato a
77 K.
Per il picco a 5.9 keV dovuto ai raggi X della serie K del Mn si misura una larghezza di 148 eV
[FWHM], per cui la risoluzione in energia è R=2.5 %.
Anche nel caso dei rivelatori a semiconduttore la tecnologia moderna ha ricercato soluzioni per
evitare di utilizzare gas liquefatti per il raffreddamento. Per quello che riguarda la rivelazione di
raggi X con silicio, sono disponibili oggi rivelatori che raffreddano un wafer di silicio a temperatura
di -30° C tramite celle ad effetto termoelettrico. Questo è il caso del rivelatore XR100-CR
utilizzato in questa esperienza. Questo rivelatore è mostrato in Fig.6.19.
In particolare il XR100-CR disponibile in laboratorio ha una superficie di 7 mm2
e spessore di
300 m.
In questo caso il semiconduttore è montato direttamente sull’elettronica di lettura ed il tutto è posto
sulla cella ad effetto termoelettrico usata per il raffreddamento. Le dimensioni della parte attiva
sono minime e l’ingresso dei raggi X è ottenuto attraverso un foglio sottile (25 micron) di Berillio
che minimizza l’assorbimento della radiazione elettromagnetica nella finestra di ingresso del
rivelatore, come mostrato in Fig. 6.20 (sinistra).
Fig. 6.19: Rivelatore XR100-CR per raggi X.
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Fig. 6.20: Trasmissione dei raggi X attraverso finestre sottili di Berillio (sinistra) ed efficienza
intrinseca di rivelazione per X in Silicio di spessore 200, 300 e 500 micron (destra).
In queste condizioni l’efficienza intrinseca di rivelazione per un rivelatore di Si di spessore 200, 300
o 500 micron è mostrata in Fig.6.20 (destra).
Una tipica risoluzione ottenibile con il rivelatore XR100-CR è riportata in Fig. 6.21. La larghezza
del picco è di 186 eV [FWHM] a 5.9 keV per cui R=3.1%. Notiamo che, come atteso, la risoluzione
ottenibile sia funzione della temperatura del semiconduttore ed il valore ottenuto sia inferiore a
quanto riportato precedentemente per il sistema raffreddato ad azoto liquido.
Fig. 6.21: Spettro di raggi X da sorgente di 55
Fe.
6.3.1 Elettronica per spettrometria X
Per ottenere uno spettro di ampiezze da un rivelatore a silicio occorre realizzare il sistema
spettrometrico mostrato in Fig. 3.10 della dispensa relativa allo Scattering Compton.
Nel caso specifico della spettroscopia X, il rivelatore XR100-CR è controllato tramite un sistema
integrato fornito dalla ditta costruttrice chiamato PX2CR: Power Supply & Shaping Amplifier for
the XR-100CR, che è mostrato in Fig. 6.22.
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Fig. 6.22: Power Supply & Shaping Amplifier per il rivelatore XR-100CR.
Il sistema integrato fornisce:
a) Le basse tensioni per alimentare il preamplificatore del rivelatore XR100-CR
b) L’alta tensione per polarizzare il silicio
c) L’alimentazione del cooler che raffredda il silicio
d) Un amplificatore per formare il segnale del silicio: lo shaping time di questo amplificatore è
fisso a ST=12 s mentre è possibile controllare il guadagno dell’amplificatore attraverso un
potenziometro esterno che normalmente è settato ai valori ottimali che non devono essere
modificati.
In Fig. 6.23 è mostrata la forma del segnale in uscita dall’amplificatore osservabile all’oscilloscopio
ed una tabella di correlazione tra valore dello shaping time e larghezza del segnale.
Shaping Time Constant Pulse Width
Standard 12 µs 22 µs FWHM
Optional 6 µs 15 µs FWHM
Optional 20 µs 54 µs FWHM
Fig. 6.23: Uscita dell’amplificatore PX2CR (12 s ST) e correlazione tra valore dello shaping
time e risoluzione.
Il valore dello shaping time determina il tempo morto del sistema, cioè il tempo necessario per
processare un evento durante il quale il sistema non accetta nessun altro evento, come mostrato in
Fig. 6.24.
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Fig.6.24: Rapporto tra conteggio in uscita e conteggio in entrata per costanti di shaping
time diversi.
Infine, segnaliamo come esista per questo sistema una correlazione tra la posizione del picco, la sua
larghezza (e quindi risoluzione) e la frequenza di conteggio, come mostrato in Fig. 6.25. Occorre
quindi sempre tenere sotto controllo la velocità di acquisizione per controllare di non lavorare in
zone critiche.
Fig. 6.25: Risoluzione e spostamento del picco in funzione del ritmo di conteggio.
Il segnale in uscita dall’amplificatore è mandato direttamente al sistema di acquisizione descritto
alla fine di questo capitolo.
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4. Protocollo Sperimentale
Scopo dell’esperimento di Fluorescenza X è:
a) Verificare la legge di attenuazione della radiazione elettromagnetica nei materiali,
determinando il coefficiente di attenuazione di massa corrispondente.
b) Verificare la legge di Mooseley, cioè la dipendenza dell’ energia dei Raggi X dal tipo di
materiale (numero atomico).
c) Realizzare analisi multi-elementali (qualitative e quantitative) di campioni metallici
(monete, pigmenti) o campioni a scelta degli studenti.
Per il punto a) si utilizzerà soltanto il rivelatore con una sorgente di 241
Am, mentre per i punti b) e c)
si utilizzerà anche il generatore di Raggi X.
Il protocollo sperimentale è direttamente ripartito tra le tre sessioni a disposizione per
l’esperimento. La struttura temporale dell’esperimento è solo una guida per l’attività e può essere
variata dagli studenti.
Prima sessione: calibrazione del rivelatore XR100-CR,
misure di attenuazione
1) Aprite il box dell’esperimento. Estraete il coperchio di piombo. Troverete già disconnesso
l’alimentazione del generatore X in modo da lavorare in completa sicurezza (vedi Fig. 6.26).
Fig. 6.26: Interno del box dell’ esperimento. La freccia blu indica il generatore di raggi X
mentre la freccia rossa indica il porta campione.
Troverete già posizionata a circa 2 cm dal collimatore in piombo del rivelatore XR100-CR il porta
sorgente/collimatore in ferro con la sorgente di 241
Am.
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2) Osservate la calibrazione volt/temperatura del rivelatore e mettete in funzione il multimetro
collegato alle boccole per il controllo della temperatura. Accendete l’elettronica del
rivelatore (l’interruttore ON/OFF è posizionato sul retro del modulo). Il potenziometro che
controlla il GAIN dell’amplificatore è settato al valore ottimale e non deve essere
modificato. Osservate tramite il tester la variazione della temperatura del cooler del
rivelatore.
3) Troverete gia’ collegata l’uscita dell’amplificatore all’ingresso del sistema di acquisizione
multicanale mediante l’apposito cavo BNC.
4) Calibrazione in energia. Lo spettro della sorgente di 241
Am presenterà (vedi Fig.6.27) le
due transizioni X più intense a 13.95 keV e 17.74 keV dovute al 237
Np popolato tramite
decadimento alfa ed il gamma da 59.54 keV (vedere lo schema di decadimento del 241
Am
riportato nel Capitolo 2 di queste dispense).
Fig. 6.27: Tipico spettro della sorgente di 241
Am come presentato dalla ditta Amptek (sinistra) e
quello misurato in laboratorio (destra).
Acquisite uno spettro per circa 5 minuti. Operate una prima calibrazione dello spettro utilizzando le
due righe X a 13.95 e 17.74 keV e controllate che l’energia risultante per la riga a 59.54 keV sia
corretta: controllate cioè che non vi siano saturazioni nello spettro che state registrando.
Dopo questo controllo registrate uno spettro per 10 minuti e ricalibratelo utilizzando questa volta
tutte e tre le righe a 13.95, 17.74 e 59.54 keV. Riportate i valori sul log file e salvate lo spettro.
Verificate che le risoluzioni in energia ottenute [FWHM] siano comparabili con quelle riportate in
Figura 6.27. Nello spettro compaiono altre transizioni. Sulla base della calibrazione ricavate le
energie corrispondenti. Utilizzando la tabella delle energie dei raggi X in Appendice 6.1
e lo schema di decadimento del 241
Am interpretate lo spettro e riportate quanto determinato sul log
file.
5) Misura di attenuazione. Scopo di questa parte dell’esperienza è di verificare la legge di
attenuazione della radiazione elettromagnetica utilizzando assorbitori di Allumino (densità 2.7
g/cm3) per i raggi X da 13.95 e 17.74 keV emessi dalla sorgente di
241Am. Il coefficiente di
attenuazione è definito dalla relazione
dove Io ed I(x) sono rispettivamente l' intensità della radiazione misurata senza e con lo spessore x
di materiale. Poiché i raggi X sono scarsamente penetranti, essi saranno attenuati fortemente anche
xeIxI 0)(
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da minimi spessori di alluminio. Un millimetro di alluminio dovrebbe attenuare di un ordine di
grandezza i raggi X di circa 15 keV. E’ quindi necessario preparare assorbitori aventi spessore nel
range 0.1-1 mm. A tale scopo è disponibile un foglio di alluminio di spessore 0.2 mm che è stato
utilizzato per preparare cinque assorbitori di spessore crescente nel range di interesse 0.2-1-0 mm e
passo 0.2 mm. Controllate lo spessore del foglio pesando un campione di 5 x 5 cm2. Una volta
preparati gli assorbitori rimisurate (e registrate ) lo spettro della sorgente senza attenuatore e poi con
spessore crescente, registrando il tempo di misura nel log file. Il tempo di misura deve essere tale
che l’errore statistico sull’area dei picchi sia dell’ordine di qualche per cento. Una volta completata
la misura, potete ricavare l’integrale dei picchi. Il valore del coefficiente di attenuazione si può
ricavare da un fit esponenziale o dalla relazione lineare:
Stimate l' errore sul valore misurato di e confrontate il valore ottenuto con quelli tabulati (vedi i
dati disponibili nel sito: http://physics.nist.gov/PhysRefData/XrayMassCoef/cover.html). I valori di
per alluminio in funzione dell’ energia del fotone sono riportati in Fig. 6.28.
Fig.6.28: Coefficiente di attenuazione per Al in funzione dell’energia.
0)(ln IxxI
21
ESPERIMENTO FLUORESCENZA X
SET UP E CALIBRAZIONE DEL RIVELATORE
XR100-CR
Gruppo........... Padova..........................
V(Monitor temperatura)=………….mV Temperatura=……………oC
Sorgente 241
Am
Caratteristiche segnale Amplificatore
Forma Segnale Vmax t@Vmax
(s)
Livello Rumore
(mV)
Anodo
Guadagno Amplificatore: ......................
SPETTRO DI CALIBRAZIONE CON 241
Am
Tempo di misura………..s
Spettro salvato come…………………………………………………
Analisi spettro
Picco
#
Energia
(keV)
Risoluzione Integrale Origine del Picco
1 13.95 Raggi X L Np
2 17.74 Raggi X L Np
3 59.54 Transizione E1 nel 237
Np
4
5
6
7
8
9
Calibrazione: E (keV) = A x Canale – B
A= …………..keV/Canale
B=…………... keV
22
ESPERIMENTO FLUORESCENZA X
MISURA DELLA ATTENUAZIONE
RIVELATORE XR100-CR
Gruppo........... Padova..........................
Sorgente 241
Am
Attenuatori Alluminio (densità =2.7 g/cm3 )
Guadagno Amplificatore: ......................
Spessore
(mm)
Tempo misura
(secondi)
Conteggi
@13.95 keV
Conteggi
@17.74 keV
File
23
Seconda sessione: uso del generatore COOL-X e verifica
della legge di Moseley.
1) Rimettete in funzione il rivelatore e calibratelo con la sorgente di 241
Am. Riportate i dati nel
log file e salvate lo spettro.
2) Ricollegate l’alimentazione del generatore COOL-X e chiedete all’assistente di laboratorio
di rimuovere la sorgente di 241
Am. Montate un porta-campioni di plexiglas vuoto e
posizionatelo sulla posizione di irraggiamento. Chiudete il box con la fodera di piombo e
con il coperchio. Ricordate che occorre attendere 30 minuti dallo spegnimento del
generatore per riaprire il box. E’ comunque possibile sostituire il porta-campione tramite
l’apertura laterale spingendo l’asta graduata verso destra. Fate partire il generatore operando
sull’apposito pulsante. Osservate il led che vi indica la fase di riscaldamento o di
raffreddamento del generatore. Aspettate circa 30 secondi dallo start e fate partire il sistema
di acquisizione. Registrate uno spettro di fondo di circa 10 minuti. Interpretate lo spettro
ottenuto.
Fig. 6.29: Esempio di spettro di fondo registrato in laboratorio.
3) Sostituite il porta-campioni di plexiglas vuoto con quelli contenenti i campioni mono-
elementali di Fe, Ni, Cu. Acquisite e registrate gli spettri dei campioni di Fe, Ni, Cu per
circa 10 minuti, identificando le righe K del Fe e del Cu. Salvate sempre gli spettri e
riportate nel log file i valori ottenuti per le righe Ke Kdei nuclei studiati. Confrontateli
con i valori tabulati.
24
Fig. 6.30: Esempio di spettro di fluorescenza di un campione di Fe registrato in laboratorio.
In rosso lo spettro di fondo.
4) A seconda del tempo che vi e’ rimasto, continuate a misurare gli spettri relativi agli altri
campioni mono-elementali a vostra disposizione ed interpretate gli spettri ottenuti.
5) Verificate la legge di Moseley sulla dipendenza dell’energia dei raggi X dal numero
atomico:
per le transizioni K, K, L, L misurate.
2)1( ZkE
25
ESPERIMENTO FLUORESCENZA X
SET UP E CALIBRAZIONE DEL RIVELATORE
XR100-CR
Gruppo........... Padova..........................
V(Monitor temperatura)=………….mV Temperatura=……………oC
Sorgente 241
Am
SPETTRO DI CALIBRAZIONE CON 241
Am
Tempo di misura………..s
Spettro salvato come…………………………………………………
Analisi spettro
Picco
#
Energia
(keV)
Risoluzione Integrale Origine del Picco
1 13.95 Raggi X L Np
2 17.74 Raggi X L Np
3 59.54 E1 237Np
Calibrazione: E (keV) = A x Canale – B
A= …………..keV/Canale
B=…………... keV
26
ESPERIMENTO FLUORESCENZA X
RIVELATORE XR100-CR
Gruppo........... Padova..........................
Spettro di fondo del generatore COOL-X
Porta Campioni alluminio inserito nella posizione #.........
Tempo di misura……………s
Nome File…………………………..
Picco
#
Energia
(keV)
Risoluzione Integrale Origine del Picco
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
27
ESPERIMENTO FLUORESCENZA X
RIVELATORE XR100-CR
Gruppo........... Padova..........................
Campione di……………
Tempo di misura……………s Nome File…………………………..
Picco
#
Energia
(keV)
Risoluzione Integrale Conteggi
Spettro
fondo
Origine del Picco
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
Campione di……………
Tempo di misura……………s Nome File…………………………..
Picco
#
Energia
(keV)
Risoluzione Integrale Conteggi
Spettro
fondo
Origine del Picco
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
28
ESPERIMENTO FLUORESCENZA X
RIVELATORE XR100-CR
Gruppo........... Padova..........................
Campione di……………
Tempo di misura……………s Nome File…………………………..
Picco
#
Energia
(keV)
Risoluzione Integrale Conteggi
Spettro
fondo
Origine del Picco
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
Campione di……………
Tempo di misura……………s Nome File…………………………..
Picco
#
Energia
(keV)
Risoluzione Integrale Conteggi
Spettro
fondo
Origine del Picco
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
29
ESPERIMENTO FLUORESCENZA X
RIVELATORE XR100-CR
Gruppo........... Padova..........................
Campione di……………
Tempo di misura……………s Nome File…………………………..
Picco
#
Energia
(keV)
Risoluzione Integrale Conteggi
Spettro
fondo
Origine del Picco
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
Campione di……………
Tempo di misura……………s Nome File…………………………..
Picco
#
Energia
(keV)
Risoluzione Integrale Conteggi
Spettro
fondo
Origine del Picco
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
30
Terza sessione: misure di fluorescenza di campioni multi-
elementali.
1) Rimettete in funzione il rivelatore e calibratelo con la sorgente di 241
Am. Riportate i dati nel
log file e salvate lo spettro.
2) Ricollegate l’alimentazione del generatore COOL-X e chiedete all’assistente di laboratorio
di rimuovere la sorgente di 241
Am. Montate i porta-campioni contenenti le altre serie di
campioni multi-elementali e/o campioni di vostro interesse (concordati preventivamente
con l’assistente di laboratorio) e completate l’ esperienza.
Fig. 6.31: Esempio di spettro di fluorescenza di una moneta da 50 Lire. Il fondo
strumentale è stato sottratto.
31
ESPERIMENTO FLUORESCENZA X
SET UP E CALIBRAZIONE DEL RIVELATORE
XR100-CR
Gruppo........... Padova..........................
V(Monitor temperatura)=………….mV Temperatura=……………oC
Sorgente 241
Am
SPETTRO DI CALIBRAZIONE CON 241
Am
Tempo di misura………..s
Spettro salvato come…………………………………………………
Analisi spettro
Picco
#
Energia
(keV)
Risoluzione Integrale Origine del Picco
1 13.95 Raggi X L Np
2 17.74 Raggi X L Np
3 59.54 E1 237Np
Calibrazione: E (keV) = A x Canale – B
A= …………..keV/Canale
B=…………... keV
32
ESPERIMENTO FLUORESCENZA X
RIVELATORE XR100-CR
Gruppo........... Padova..........................
Spettro di fondo del generatore COOL-X
Porta Campioni alluminio inserito nella posizione #.........
Tempo di misura……………s
Nome File…………………………..
Picco
#
Energia
(keV)
Risoluzione Integrale Origine del Picco
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
33
ESPERIMENTO FLUORESCENZA X
RIVELATORE XR100-CR
Gruppo........... Padova..........................
Campione di……………
Tempo di misura……………s Nome File…………………………..
Picco
#
Energia
(keV)
Risoluzione Integrale Conteggi
Spettro
fondo
Origine del Picco
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
Campione di……………
Tempo di misura……………s Nome File…………………………..
Picco
#
Energia
(keV)
Risoluzione Integrale Conteggi
Spettro
fondo
Origine del Picco
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
34
ESPERIMENTO FLUORESCENZA X
RIVELATORE XR100-CR
Gruppo........... Padova..........................
Campione di……………
Tempo di misura……………s Nome File…………………………..
Picco
#
Energia
(keV)
Risoluzione Integrale Conteggi
Spettro
fondo
Origine del Picco
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
Campione di……………
Tempo di misura……………s Nome File…………………………..
Picco
#
Energia
(keV)
Risoluzione Integrale Conteggi
Spettro
fondo
Origine del Picco
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
35
ESPERIMENTO FLUORESCENZA X
RIVELATORE XR100-CR
Gruppo........... Padova..........................
Campione di……………
Tempo di misura……………s Nome File…………………………..
Picco
#
Energia
(keV)
Risoluzione Integrale Conteggi
Spettro
fondo
Origine del Picco
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
Campione di……………
Tempo di misura……………s Nome File…………………………..
Picco
#
Energia
(keV)
Risoluzione Integrale Conteggi
Spettro
fondo
Origine del Picco
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
36
APPENDICE 6.1
Fig. 6.32:Relazione tra il numero atomico di un elemento e l’energia delle sue righe spettrali
(legge di Moseley)
Tab. 6.2: Energie delle principali righe di emissione dei Raggi X (in keV)
No. Elemento K1 K2 K1 L1 L2 L1 L2 L1
3 Li 0.0543
4 Be 0.1085
S B 0.1833
6 C 0.277
7 N 0.3924
8 O 0.5249
9 F 0.6768
10 Ne 0.8486 0.8486
11 Na 1.04098 1.04098 1.0711
12 Mg 1.25360 1.25360 1.3022
13 Al 1.48670 1.48627 1.55745
14 Si 1.73998 1.73938 1.83594
15 P 2.0137 2.0127 2.1391
16 S 2.30784 2.30664 2.46404
17 Cl 2.62239 2.62078 2.8156
18 Ar 2.95770 2.95563 3.1905
19 K 3.3138 3.3111 3.5896
20 Ca 3.69168 3.68809 4.0127 0.3413 0.3413 0.3449
21 Sc 4.0906 4.0861 4.4605 0.3954 0.3954 0.3996
22 Ti 4.51084 4.50486 4.93181 0.4522 0.4522 0.4584
23 V 4.95220 4.94464 5.42729 0.5113 0.5113 0.5192
24 Cr 5.41472 5.405509 5.94671 0.5728 0.5728 0.5828
25 Mn 5.89875 5.88765 6.49045 0.6374 0.6374 0.6488
26 Fe 6.40384 6.39084 7.05798 0.7050 0.7050 0.7185
27 Co 6.93032 6.91530 7.64943 0.7762 0.7762 0.7914
28 Ni 7.47815 7.46089 8.26466 0.8515 0.8515 0.8688
29 Cu 8.04778 8.02783 8.90529 0.9297 0.9297 0.9498
30 Zn 8.63886 8.61578 9.5720 1.0117 1.0117 1.0347
31 Ga 9.25174 9.22482 10.2642 1.09792 1.09792 1.1248
37
32 Ge 9.88642 9.85532 10.9821 1.18800 1.18800 1.2185
33 As 10.54372 10.50799 11.7262 1.2820 1.2820 1.3170
34 Se 11.2224 11.1814 12.4959 1.37910 1.37910 1.41923
35 Br 11.9242 11.8776 13.2914 1.48043 1.48043 1.52590
36 Kr 12.649 12.598 14.112 1.5860 1.5860 1.6366
37 Rb 13.3953 13.3358 14.9613 1.69413 1.69256 1.75217
38 Sr 14.1650 14.0979 15.8357 1.80656 1.80474 1.87172
39 Y 14.9584 14.8829 16.7378 1.92256 1.92047 1.99584
40 Zr 15.7751 15.6909 17.6678 2.04236 2.0399 2.1244 2.2194 2.3027
41 Nb 16.6151 16.5210 18.6225 2.16589 2.1630 2.2574 2.3670 2.4618
42 Mo 17.47934 17.3743 19.6083 2.29316 2.28985 2.39481 2.5183 2.6235
43 Tc 18.3671 18.2508 20.619 2.4240 - 2.5368 - -
44 Ru 19.2792 19.1504 21.6568 2.55855 2.55431 2.68323 2.8360 2.9645
45 Rh 20.2161 20.0737 22.7236 2.69674 2.69205 2.83441 3.0013 3.1438
46 Pd 21.1771 21.0201 23.8187 2.83861 2.83325 2.99022 3.17179 3.3287
47 Ag 22.16292 21.9903 24.9424 2.98431 2.97821 3.15094 3.34781 3.51959
48 Cd 23.1736 22.9841 26.0955 3.13373 3.12691 3.31657 3.52812 3.71686
49 In 24.2097 24.0020 27.2759 3.28694 3.27929 3.48721 3.71381 3.92081
50 Sn 25.2713 25.0440 28.4860 3.44398 3.43542 3.66280 3.90486 4.13112
51 Sb 26.3591 26.1108 29.7256 3.60472 3.59532 3.84357 4.10078 4.34779
52 Te 27.4723 27.2017 30.9957 3.76933 3.7588 4.02958 4.3017 4.5709
53 I 28.6120 28.3172 32.2947 3.93765 3.92604 4.22072 4.5075 4.8009
54 Xe 29.779 29.458 33.624 4.1099 - - - -
55 Cs 30.9728 30.6251 34.9869 4.2865 4.2722 4.6198 4.9359 5.2804
56 Ba 32.1936 31.8171 36.3782 4.46626 4.45090 4.82753 5.1565 5.5311
57 La 33.4418 33.0341 37.8010 4.65097 4.63423 5.0421 5.3835 5.7885
58 Ce 34.7197 34.2789 39.2573 4.8402 4.8230 5.2622 5.6134 6.052
59 Pr 36.0263 35.5502 40.7482 5.0337 5.0135 5.4889 5.850 6.3221
60 Nd 37.3610 36.8474 42.2713 5.2304 5.2077 5.7216 6.0894 6.6021
61 Pm 38.7247 38.1712 43.826 5.4325 5.4078 5.961 6.339 6.892
62 Sm 40.1181 39.5224 45.413 5.6361 5.6090 6.2051 6.586 7.178
63 Eu 41.5422 40.9019 47.0379 5.8457 5.8166 6.4564 6.8432 7.4803
64 Gd 42.9962 42.3089 48.697 6.0572 6.0250 6.7132 7.1028 7.7858
65 Tb 44.4816 43.7441 50.382 6.2728 6.2380 6.978 7.3667 8.102
66 Dy 45.9984 45.2078 52.119 6.4952 6.4577 7.2477 7.6357 8.4188
67 Ho 47.5467 46.6997 53.877 6.7198 6.6795 7.5253 7.911 8.747
68 Er 49.1277 48.2211 55.681 6.9487 6.9050 7.8109 8.1890 9.089
69 Tm 50.7416 49.7726 57.517 7.1799 7.1331 8.101 8.468 9.426
70 Yb 52.3889 51.3540 59.37 7.4156 7.3673 8.4018 8.7S88 9.7801
71 Lu 54.0698 52.9650 61.283 7.6555 7.6049 8.7090 9.0489 10.1434
72 Hf 55.7902 54.6114 63.234 7.8990 7.8446 9.0227 9.3473 10.5158
73 Ta 57.532 56.277 65.223 8.1461 8.0879 9.3431 9.6518 10.8952
74 W 59.31824 57.9817 67.2443 8.3976 8.3352 9.67235 9.9615 11.2859
75 Re 61.1403 59.7179 69.310 8.6525 8.5862 10.0100 10.2752 11.6854
76 Os 63.0005 61.4867 71.413 8.9117 8.8410 10.3553 10.5985 12.0953
77 Ir 64.8956 63.2867 73.5608 9.1751 9.0995 10.7083 10.9203 12.5126
78 Pt 66.832 65.112 75.748 9.4423 9.3618 11.0707 11.2505 12.9420
79 Au 68.8037 66.9895 77.984 9.7133 9.6280 11.4423 11.5847 13.3817
80 Hg 70.819 68.895 80.253 9.9888 9.8976 11.8226 11.9241 13.8301
81 Tl 72.8715 70.8319 82.576 10.2685 10.1728 12.2133 12.2715 14.2915
82 Pb 74.9694 72.8042 84.936 10.5515 10.4495 12.6137 12.6226 14.7644
83 Bi 77.1079 74.8148 87.343 10.8388 10.73091 13.0235 12.9799 15.2477
84 Po 79.290 76.862 89.80 11.1308 11.0158 13.447 13.3404 15.744
8S At 81.52 78.95 92.30 11.4268 11.3048 13.876 - 16.251
86 Rn 83.78 81.07 94.87 11.7270 11.5979 14.316 - 16.770
87 Fr 86.10 83.23 97.47 12.0313 11.8950 14.770 14.45 17.303
88 Ra 88.47 85.43 100.13 12.3397 12.1962 15.2358 14.8414 17.849
89 Ac 90.884 87.67 102.85 12.6520 12.5008 15.713 - 18.408
90 Th 93.350 89.953 105.609 12.9687 12.8096 16.2022 15.6237 18.9825
91 Pa 95.868 92.287 108.427 13.2907 13.1222 16.702 16.024 19.568
92 U 98.439 94.665 111.300 13.6147 13.4388 17.2200 16.4283 20.1671
93 Np - - - 13.9441 13.7597 17.7502 16.8400 20.7848
94 Pu - - - 14.2786 14.0842 18.2937 17.2553 21.4173
95 Am - - - 14.6172 14.4119 18.8520 17.6765 22.0652
Valori estratti da J. A. Bearden, "X-Ray Wavelengths", Review of Modern Physics, (Gennaio 1967) pp. 86-99.
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APPENDICE 6.2
Il multicanale SpectLab
Nel presente esperimento vien utilizzato il sistema ADC-Multicanale SpectLab. Lanciate il
programma cliccando sull’icona “SpectLab” sul desktop. Aspettare che il sistema dia “ready”
segnalando che il collegamento tra PC e sistema ADC-MCA è pronto e quindi connettere il MCA.
I parametri di funzionamento del sistema sono già impostati e non vi è necessità di modificarli. Il
manuale d’uso del ADC-MCA è vicino all’apparato sperimentale ed e’ a disposizione degli
studenti. Le funzioni d’interesse sono ovviamente quelle di start-stop dell’acquisizione, del
salvataggio dei files, dell’inserimento delle ROI (Region-of-Interest), cioè l’ identificazione dei
picchi di interesse e la calibrazione del sistema. Questo ADC-MCA è dotato di una libreria delle
transizioni X dei diversi elementi che permettono l’ interpretazione immediata degli spettri.