capitolo 5 allestimenti dei gruppi elettrogeni · potenza necessaria per porre in rotazione il...

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91 Emilio Giomo Capitolo 5 Allestimenti dei gruppi elettrogeni 5.1 Introduzione Nel presente capitolo si prendono in esame gli allestimenti e le modalità di posa in opera dei gruppi elettrogeni. Infatti, il gruppo elettrogeno così come fornito dal costruttore, a meno delle macchine trasportabili e carrellabili, non è in grado di operare autonomamente, poiché necessita di una posa in opera per renderlo compatibile con il locale di ricovero e con le specifiche tecniche del committente. Nel capitolo, inoltre, si analizzano alcuni accessori ed impianti complementari fondamentali per il corretto funzionamento del gruppo elettrogeno, quali il sistema di avviamento, il sistema di alimentazione e l’eventuale insonorizzazione. In ogni paragrafo vengono introdotti ed illustrati i concetti fondamentali per il corretto approccio nella scelta e nel dimensionamento degli apparati ausiliari, fornendo parallelamente alcuni schemi di calcolo delle grandezze di interesse. L’esposizione è accompagnata da figure, disegni e tabelle che supportano il lettore nella comprensione di quanto descritto. 5.2 Sistemi di avviamento Il sistema di avviamento dei gruppi elettrogeni è, nella maggioranza dei casi, di tipo elettrico. Esso è costituito da un motorino in corrente continua, installato in prossimità del volano ed alimentato da batterie al piombo. Il motorino è dotato di ingranaggio avente lo stesso passo della corona dentata montata sulla periferia del volano, su cui si innesta per avviare il motore primo. L’accoppiamento tra motorino e corona dentata è effettuato mediante un elettromagnete a leva, che viene eccitato dal comando di avviamento. L’elettromagnete è dotato di molla di ritorno con lo scopo di effettuare il suo disaccoppiamento quando il motore primo ha raggiunto le condizioni di autosostentamento. Le batterie sono del tipo al piombo e vengono mantenute in carica dall’alternatore carica batterie, a gruppo elettrogeno in moto, oppure, nei gruppi di emergenza, da un carica batterie statico alimentato dalla tensione di rete. La loro capacità dipende dalla cilindrata del motore, dal numero di cilindri e dalla temperatura ambiente del sito di installazione. Generalmente è lo stesso costruttore

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Emilio Giomo

Capitolo 5 – Allestimenti dei gruppi elettrogeni

5.1 Introduzione

Nel presente capitolo si prendono in esame gli allestimenti e le modalità di posa in opera dei

gruppi elettrogeni. Infatti, il gruppo elettrogeno così come fornito dal costruttore, a meno delle

macchine trasportabili e carrellabili, non è in grado di operare autonomamente, poiché necessita di

una posa in opera per renderlo compatibile con il locale di ricovero e con le specifiche tecniche del

committente.

Nel capitolo, inoltre, si analizzano alcuni accessori ed impianti complementari fondamentali per

il corretto funzionamento del gruppo elettrogeno, quali il sistema di avviamento, il sistema di

alimentazione e l’eventuale insonorizzazione.

In ogni paragrafo vengono introdotti ed illustrati i concetti fondamentali per il corretto

approccio nella scelta e nel dimensionamento degli apparati ausiliari, fornendo parallelamente

alcuni schemi di calcolo delle grandezze di interesse.

L’esposizione è accompagnata da figure, disegni e tabelle che supportano il lettore nella

comprensione di quanto descritto.

5.2 Sistemi di avviamento

Il sistema di avviamento dei gruppi elettrogeni è, nella maggioranza dei casi, di tipo elettrico.

Esso è costituito da un motorino in corrente continua, installato in prossimità del volano ed

alimentato da batterie al piombo. Il motorino è dotato di ingranaggio avente lo stesso passo della

corona dentata montata sulla periferia del volano, su cui si innesta per avviare il motore primo.

L’accoppiamento tra motorino e corona dentata è effettuato mediante un elettromagnete a leva, che

viene eccitato dal comando di avviamento. L’elettromagnete è dotato di molla di ritorno con lo

scopo di effettuare il suo disaccoppiamento quando il motore primo ha raggiunto le condizioni di

autosostentamento.

Le batterie sono del tipo al piombo e vengono mantenute in carica dall’alternatore carica

batterie, a gruppo elettrogeno in moto, oppure, nei gruppi di emergenza, da un carica batterie statico

alimentato dalla tensione di rete. La loro capacità dipende dalla cilindrata del motore, dal numero di

cilindri e dalla temperatura ambiente del sito di installazione. Generalmente è lo stesso costruttore

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del motore primo a prescrivere i valori minimi di capacità (in funzione della temperatura ambiente),

valori a cui il costruttore del gruppo elettrogeno si deve strettamente attenere.

I sistemi di avviamento possono essere a 12Vcc o a 24Vcc. In via del tutto indicativa, i sistemi

a 12 V sono adottati per motori aventi cilindrate non superiori ai 6000 cm3, mentre per cilindrate

superiori, sono utilizzati sistemi a 24Vcc. In quest’ultimi si impiegano batterie a 12 V collegate in

serie, oppure, dove è necessario disporre di capacità elevate, si utilizzano batterie a 12 V collegate

in serie – parallelo.

Il sistema di avviamento elettrico è solitamente dotato di controllo dello stato di carica delle

batterie, costituito da un relé voltmetrico in corrente continua. Esso fornisce una segnalazione

luminosa (senza blocco) per bassa tensione batterie di avviamento, il che implica l’avaria delle

stesse o del loro sistema di carica.

Quando è necessario garantire una sicurezza di intervento vicina al 100%, si dota il motore

primo di un ulteriore sistema di avviamento che si affida ad una sorgente diversa da quella elettrica.

Esistono, infatti, motorini di avviamento a molla (solo per piccole potenze), oppure sistemi di

avviamento ad aria compressa. I primi, essendo utilizzati molto di rado, non hanno una rilevanza

pratica e per questo non sono oggetto di studio in questo lavoro. I secondi, invece, sono

particolarmente utilizzati in tutti i casi dove non è ammissibile una eventuale mancata entrata in

servizio del gruppo elettrogeno, come, ad esempio, negli ospedali, nelle banche, nei centri di

intrattenimento, ecc. Il sistema consta di un motorino a turbina azionato dall’aria compressa

proveniente da un serbatoio di accumulo, dove viene mantenuta in pressione da un

elettrocompressore alimentato dalla tensione di rete. La capacità del serbatoio è dimensionata per

garantire un minimo di 3 tentativi di avviamento, ciascuno della durata di circa 5 secondi.

La pressione di esercizio dei motorini ad aria compressa è di 10 o 30 bar, a seconda della

potenza necessaria per porre in rotazione il motore primo. In qualche caso si utilizza l’impianto a 30

bar, a prescindere dalla pressione di esercizio del motorino, in modo da contenere le dimensioni del

serbatoio di accumulo (il motorino è dotato eventualmente di riduttore di pressione da 30 a 10 bar –

vedi Figura 5.1).

Negli impianti ad aria compressa vengono adottate alcune protezioni e segnalazioni per la

gestione automatica del sistema, come:

bassa pressione aria serbatoio di accumulo;

massima pressione aria serbatoio di accumulo;

intervento protezione magnetotermica elettrocompressore.

Per evitare fenomeni di ossidazione e di usura, è consigliabile applicare un dispositivo per lo

scarico automatico della condensa del serbatoio di accumulo e inserire, prima del motorino di

avviamento, un filtro di depurazione dell’aria compressa.

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a.

b.

Figura 5.1 Sistema di avviamento ad aria compressa: a. esempio di montaggio sul motore; b. esempio di collegamento

(Fonte: Ingersoll Rand)

5.3 Sistemi di scarico dei gas combusti

I gas combusti prodotti dal motore primo devono essere convogliati verso l’esterno e scaricati

in un luogo tale da non arrecare danni e/o disturbo alle persone, agli animali e alle cose. Pertanto,

ogni gruppo elettrogeno deve essere provvisto di una tubazione che canalizza i prodotti della

combustione verso una posizione opportuna.

La tubazione deve presentare una bassa resistenza al passaggio dei fumi, in modo da produrre

una moderata contropressione interna: se questa supera un certo valore limite, si originerebbe il

malfunzionamento del motore, poiché parte del residuo combusto potrebbe rimanere all’interno dei

cilindri con conseguente decadimento del rendimento termofluidodimamico interno.

Valvola di inserzione

Motorino di avviamento

ad aria compressa

Scarico aria

Aria compressa

dal serbatoio

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Per ciò suddetto, è indispensabile dimensionare correttamente la tubazione di scarico, in modo

da soddisfare sia le esigenze di funzionamento del motore primo, sia le norme riguardanti la

sicurezza. Per quanto concerne quest’ultime, un riferimento necessario è la Circolare del Ministero

dell’Interno n. 31/78 (e sue modifiche), che prevede che lo scarico dei gas avvenga direttamente

verso l’esterno, con il terminale situato a non meno di 3 m dal piano di calpestio e a non meno di

1.5 m da finestre, porte e/o qualsiasi apertura praticabile. Il buon senso permette di aggiungere che

la tubazione deve essere sistemata in modo da evitare il risucchio dei gas da parte dello stesso

motore e di completare la tubazione con un terminale antipioggia.

Il gruppo elettrogeno deve essere corredato di marmitta silenziatrice, la cui versione dipende

dalla rumorosità residua che si vuole ottenere. La marmitta, essendo attraversata dai gas di scarico,

introduce una contropressione crescente all’aumentare dell’abbattimento sonoro introdotto, il cui

valore è fornito dal costruttore del gruppo elettrogeno o dal costruttore della stessa marmitta (vedi

esempio di Figura 5.2).

Figura 5.2 Esempio dell’andamento della contropressione introdotta da marmitta con abbattimento acustico di circa

35 dB(A) in funzione della portata dei gas di scarico (Fonte: Stopson Italiana S.p.A.)

Affinché si verifichino le condizioni ottimali di funzionamento del motore, deve verificarsi la

seguente disuguaglianza:

motoremarmittailidtot ppppp ,,

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Emilio Giomo

dove:

totp sono le perdite di carico totali;

idp , è la sommatoria delle perdite di carico distribuite (se la tubazione è di sezione costante

did pp , );

ilp , è la somma delle perdite di carico localizzate nelle singolarità del percorso della

tubazione (curve, variazioni di sezione, sbocchi, ecc.);

marmittap è la contropressione introdotta dalla marmitta;

motorep sono le perdite di carico massime ammesse dal motore primo.

Pertanto, la tubazione deve introdurre delle perdite di carico limitate a:

marmittamotoreilidtubazione ppppp ,,

Normalmente la tubazione ha una sezione costante e quindi:

marmittamotoreildtubazione ppppp ,

Ai fini della sicurezza di funzionamento, la contropressione introdotta dalla marmitta si può

fissare al suo valore massimo, cioè pari a 2 kPa.

La massima contropressione ammessa nell’impianto di scarico dipende dal motore primo ed è

rilevabile dai data sheet del motore stesso. Normalmente si hanno valori di 5 kPa o 10 kPa, da cui si

ricava che la contropressione introdotta dalla tubazione deve essere:

kPa

kPappp ildtubazione

325

8210,

Per garantire un certo margine di esercizio, e per tener conto delle incrostazioni che si formano

durante il funzionamento, si possono stabilire i seguenti valori massimi:

kPapkPa

kPapkPap

motore

motoretubazione

5con motoriper 5.2

10con motoriper 5.7

Fissata la contropressione massima, si può determinare il diametro minimo della tubazione con

la relazione approssimata di Hazen-Williams, modificata all’uopo per renderla più maneggevole

all’uso, cioè:

87.4

1

85.1

273

gastubazione

etubo

tp

QLkD

dove:

D è il diametro della tubazione [m];

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Emilio Giomo

tubok è un coefficiente che dipende dal tipo di tubo e vale, prudenzialmente, 0.45 per tubi in

acciaio commerciale;

eL è la lunghezza equivalente della tubazione [m];

Q è la portata dei gas di scarico

s

m3

;

tubazionep è la contropressione massima della tubazione [kPa];

t è la temperatura in gradi Celsius dei gas di scarico.

Il termine eL , denominato lunghezza equivalente, è una lunghezza pari alla somma dello

sviluppo rettilineo della tubazione e delle singolarità presenti nel percorso, quest’ultime assimilate

come tratti rettilinei di lunghezza tale da introdurre una perdita di carico pari a quella delle

singolarità stesse. Pertanto, la lunghezza equivalente è pari a:

isrettilineae LLL ,

Le lunghezze equivalenti delle singolarità sono determinabili da apposite tabelle redatte in

funzione delle loro dimensioni e della loro forma. Normalmente, negli impianti di scarico per

gruppi elettrogeni, sono applicate accidentalità quali curve raccordate e brusche,

convergenti/divergenti e raccordi a T. Per queste accidentalità si può far riferimento a dei valori

standard, che forniscono una stima ragionevole delle perdite di carico, a meno che queste non

costituiscano una aliquota significativa delle perdite totali (vedi Tabella 5.1). La lunghezza

equivalente delle accidentalità è calcolabile come segue:

iiis DL ,

con il coefficiente i rilevabile dalla Tabella 5.1. Per quanto riguarda i convergenti/divergenti il

coefficiente i è pari a 2.5, con iD pari al diametro della tubazione più grande. Per i raccordi a T,

possono essere utilizzati, in prima approssimazione, i coefficienti per le curve brusche.

R=D R=1,5D R=2D R=3D R=4D

45° 9,31 8,34 7,85 7,36 7,36 19,60

60° 12,25 10,78 10,29 9,80 9,31 34,30

90° 16,17 14,21 13,23 12,74 12,74 73,50

Raggio di curvatura

CurveCurve raccordate

Curva

bruscaAngolo

Tabella 5.1 Coefficienti per determinare le lunghezze equivalenti delle curve raccordate e brusche

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Emilio Giomo

Definito il percorso della tubazione, si stabilisce in prima battuta una lunghezza equivalente, in

base al numero di accidentalità e all’estensione dei tratti rettilinei e, successivamente, si calcola il

diametro della tubazione di primo dimensionamento. La tubazione da scegliere è quella con un

diametro commerciale appena superiore a quello calcolato. Noto il diametro, si procede a

ricalcolare la lunghezza equivalente e a verificare che con il diametro scelto le perdite di carico

siano inferiori alle massime ammesse. Se questo non da esito positivo, si passa ad un diametro

superiore, riverificando in seguito il valore delle perdite di carico.

Una forma semplificata della formula di Hazen-Williams può essere determinata dalle seguenti

osservazioni:

la temperatura dei gas di scarico è normalmente inferiore ai 550°C;

il rapporto tra la portata dei gas di scarico in

h

m3

e la potenza del motore primo è

all’incirca pari a 12;

le perdite di carico massime ammesse devono essere inferiori a 2.5 kPa e 7.5 kPa,

rispettivamente per motori con contropressione massima di 5 kPa e 10 kPa.

Le precedenti osservazioni portano a:

kPa10pcon motoriper PL104.9

kPa5pcon motoriper PL108.10D

motore87.4

185.1

e3

motore87.4

185.1

e3

con P la potenza in [kWm] del motore.

E’ raccomandabile installare dei giunti di dilatazione ad ogni cambio di direzione e ad ogni 3÷4

metri di tubazione rettilinea, così da compensare le dilatazioni della tubazione metallica. Questa,

all’interno del locale, deve essere coibentata sia per evitare surriscaldamenti del locale, sia per

evitare pericolo di scottature per le persone (vedi Figura 5.3); il materiale utilizzato deve essere

incombustibile e di spessore tale da mantenere la temperatura sulla superficie esterna inferiore di

100° C alla temperatura di autoaccessione del combustibile (circa 150° C per il gasolio).

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Figura 5.3 Esempio di coibentazione della tubazione di scarico

5.4 Raffreddamento e aerazione del gruppo elettrogeno

Il gruppo elettrogeno durante il suo funzionamento emana, nell’ambiente che lo contiene,

energia termica che deve essere opportunamente dissipata per mantenere le temperature di esercizio

entro i valori massimi consentiti. Il raffreddamento del complesso è effettuato creando un flusso

continuo d’aria tra l’esterno e l’ambiente in cui opera la macchina, affinché la temperatura di

quest’ultimo si mantenga opportunamente al di sotto dei 40° C. 1

Il flusso d’aria, in ogni caso forzato, può essere prodotto:

dalla ventola di raffreddamento del radiatore del motore primo;

da una ventola azionata da un elettroventilatore alimentato dalla tensione del gruppo

elettrogeno.

Nel primo caso, il più comune e quello adottato per gruppi elettrogeni con allestimento

standard, la ventilazione del locale è effettuata con la stessa ventola del radiatore del motore primo.

Il radiatore, infatti, è installato anteriormente al gruppo elettrogeno e ortogonalmente al suo asse

(vedi Figura 5.4), e la sua portata d’aria, abbinata ad una corretto proporzionamento delle aperture,

consente di mantenere la temperatura del locale al di sotto dei fatidici 40° C.

Quando è necessario limitare le dimensioni longitudinali del gruppo elettrogeno o non possono

essere ricavate grandi aperture di ventilazione, si può optare per un raffreddamento del motore

primo mediante unità di scambio separata. Questa può essere costituita da un elettroradiatore,

oppure da una o più torri evaporative o, altro ancora, da scambiatori di calore acqua/acqua (vedi

Figura 5.5, Figura 5.6 e Figura 5.7). Il locale, comunque, deve essere ventilato, ricorrendo a uno o

più elettroventilatori alimentati dalla stessa tensione del gruppo elettrogeno.

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Figura 5.4 Raffreddamento con radiatore a bordo del gruppo elettrogeno

Figura 5.5 Raffreddamento con elettroradiatore separato dal gruppo elettrogeno

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Figura 5.6 Raffreddamento con torre evaporativa

Figura 5.7 Raffreddamento con scambiatore di calore

La ventilazione del locale nel caso di raffreddamento con elettroradiatore separato, con torre

evaporativa o con scambiatore di calore, deve essere effettuata, come precisato precedentemente,

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con un elettroventilatore ausiliario. Questo deve creare un flusso d’aria sufficiente a raffreddare il

gruppo elettrogeno, cioè deve svolgere le seguenti funzioni:

smaltire il calore di irraggiamento prodotto dal motore e dalle parti calde in genere;

estrarre l’aria necessaria per il raffreddamento dell’alternatore;

creare la depressione utile per l’ingresso dell’aria comburente per il motore primo.

I dati a disposizione per il dimensionamento del ventilatore, ricavabili dai data sheet dei

costruttori, sono:

il calore di irraggiamento del motore;

la portata dell’aria della ventola di raffreddamento dell’alternatore;

la portata dell’aria comburente per il motore.

Dal calore di irraggiamento del motore si ricava:

s

m

tc

PQ

aariaP

irrirrv

33

)40(

10

dove:

irrP è potenza termica di irraggiamento del motore [kW]

Pc è il calore specifico dell’aria pari a 1.013 Kkg

kJ

;

aria è la massa volumica dell’aria pari a circa 1 3m

kg;

at è la temperatura ambiente [° C].

Pertanto, la portata d’aria del ventilatore deve essere pari a:

irrv

motv

altv

totv QQQQ

Ai fini della sicurezza di funzionamento, si stabilisce un sovradimensionamento della portata del

30÷50 %, cioè:

irrv

motv

altv

totv QQQ5.13.1Q

Il sistema di ventilazione deve essere costituito da un numero di ventilatori pari a:

41Q

Qn

ventv

totv

vent

con ventvQ la portata del singolo elettroventilatore. Questo assicura la portata d’aria minima per il

raffreddamento del vano del gruppo elettrogeno anche in caso di guasto di una elettroventola.

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Capitolo 5 – Allestimenti dei gruppi elettrogeni

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Un appunto doveroso deve essere citato per le applicazioni con unità di scambio separate

(elettroradiatore, torre evaporativa e scambiatore di calore). Infatti, queste realizzazioni possono

essere eseguite solamente per motori primi privi di interrefrigerazione aria/aria, poiché non è

possibile prolungare le tubazioni dell’aria compressa di sovralimentazione. Per queste applicazioni

si possono utilizzare motori ad aspirazione naturale, turbocompressa o turbocompressa con

interrefrigerazione acqua/acqua.

5.5 Alimentazione del gruppo elettrogeno

In questo paragrafo si prendono in esame le modalità di alimentazione dei gruppi elettrogeni a

gasolio, poiché sono quelli di gran lunga più utilizzati nelle applicazioni industriali.

I motori diesel devono essere alimentati mediante un serbatoio, denominato serbatoio

incorporato, che deve avere una capacità massima corrispondente alle prescrizioni della Circolare

Mi.Sa. del 31/08/78 (e sue varianti), cioè:

di 50 litri per motori con potenza fino ai 100 kW;

di 120 litri per motori con potenza superiore a 100 kW.

Il serbatoio incorporato deve essere costruito in acciaio e installato a bordo del gruppo

elettrogeno, avendo cura della sua protezione contro le vibrazioni, gli urti ed il calore. Solitamente

viene posizionato all’interno della stessa struttura di sostegno del gruppo elettrogeno, con modalità

tali da consentirne lo smontaggio per la sua eventuale sostituzione o manutenzione. Esso deve

essere dotato di tubazione di sfiato con diametro interno non inferiore a 25 mm e riportata

all’esterno del locale di ricovero ad una altezza superiore a 2.5 m dal piano di calpestio e di 1.5 m

da qualsiasi apertura praticabile. L’estremità della tubazione di sfiato deve essere provvista di tappo

di sfogo con reticella tagliafiamma.

La linea di alimentazione tra motore e serbatoio incorporato deve essere eseguita con tubazioni

flessibili, al fine di evitare la trasmissione delle vibrazioni dal gruppo elettrogeno allo stesso

serbatoio. La tubazione di mandata deve essere dotata di elettrovalvola di intercettazione

normalmente chiusa a sicurezza intrinseca e di valvola a strappo. L’elettrovalvola deve intercettare

il flusso del combustibile a seguito di un intervento di una protezione di arresto del gruppo

elettrogeno o per azionamento del pulsante di emergenza.

Qualora la capacità del serbatoio incorporato non sia sufficiente a garantire l’autonomia

richiesta, si deve equipaggiare il gruppo elettrogeno di un sistema di riempimento automatico. Esso

preleva il combustibile da un serbatoio di deposito per effettuare il rabbocco del serbatoio

incorporato. Il sistema di riempimento è realizzato con una elettropompa a comando automatico e

una pompa manuale di riserva (per assicurare una maggior continuità di servizio si possono

prevedere due elettropompe in funzionamento ridondante).

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Il riempimento del serbatoio è consentito solo per circolazione forzata e non per caduta (se non

tramite apposita deroga del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco): va da sé che il serbatoio di

deposito deve essere posizionato ad una quota inferiore a quella del serbatoio incorporato.

Il collegamento tra i due serbatoi deve essere realizzato con due tubazioni, denominate mandata

e ritorno “troppo pieno” (vedi Figura 5.8). La tubazione di mandata deve essere dotata di

elettrovalvola di intercettazione normalmente chiusa a sicurezza intrinseca e di una valvola a

strappo ad azionamento manuale. L’elettrovalvola deve intercettare il flusso del combustibile per

intervento del dispositivo di controllo del troppo pieno del serbatoio incorporato o per

l’azionamento del pulsante di emergenza. La valvola a strappo è meccanicamente collegata ad un

tirante a leva posizionato all’esterno del locale di ricovero del gruppo elettrogeno e costituisce una

protezione supplementare in caso di incendio.

Figura 5.8 Schema di collegamento tra serbatoio di deposito e serbatoio incorporato

La tubazione di ritorno “troppo pieno” assolve la funzione di scaricare l’eccesso di

combustibile in caso di caricamento eccessivo del serbatoio incorporato. Essa deve essere di sezione

maggiorata rispetto alla tubazione di mandata, poiché lo scarico avviene per caduta. Naturalmente

la tubazione deve essere sprovvista di valvole di intercettazione di qualsiasi genere.

Il sistema di alimentazione serbatoio incorporato – impianto di caricamento – serbatoio di

deposito deve essere almeno munito delle seguenti protezioni:

minimo livello combustibile del serbatoio incorporato (segnalazione ottica ed acustica);

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Capitolo 5 – Allestimenti dei gruppi elettrogeni

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Emilio Giomo

massimo livello combustibile del serbatoio incorporato (segnalazione ottica ed acustica con

arresto della pompa di caricamento e intercettazione del flusso di combustibile della

tubazione di collegamento tra il serbatoio di deposito ed il serbatoio incorporato);

minimo livello combustibile del serbatoio di deposito.

Il serbatoio di deposito deve essere protetto contro la corrosione e deve essere dotato di una

targa di identificazione riportante il nome e l’indirizzo del costruttore, l’anno di costruzione, la sua

capacità, il tipo di materiale e lo spessore con cui è costruito.

La capacità del serbatoio di deposito deve essere dimensionata a seconda dell’autonomia

richiesta e della frequenza con cui può essere effettuato il suo rifornimento. Il DM del 28/04/05,

comunque, prescrive che la capacità di ogni serbatoio non superi i 25 m3, mentre la capacità

complessiva, in caso di installazione di più serbatoi, non deve superare:

i 100 m3 per serbatoi interrati o a vista installati all’esterno degli edifici;

i 50 m3 per serbatoi interrati all’interno degli edifici;

i 25 m3 per serbatoi a vista installati all’interno degli edifici;

Ogni serbatoio di deposito deve essere dotato di un dispositivo che interrompe il flusso del

combustibile durante il suo rifornimento quando il gasolio raggiunge il 90% della sua capacità.

Come per il serbatoio incorporato, anche il serbatoio di deposito deve essere dotato di tubazione

di sfiato dei vapori del combustibile che deve essere installata con le stesse modalità precisate

precedentemente.

Le recenti norme in materia di inquinamento prescrivono di utilizzare serbatoi interrati a doppia

parete. L’intercapedine contiene un liquido mantenuto in depressione controllato da sensori che

segnalano a distanza ogni aumento di pressione all’interno della camera dovuta alla perforazione

della parete. In alternativa alla versione a doppia parete, si può posare il serbatoio in una vasca in

calcestruzzo impermeabilizzata, avente una capacità superiore a quella del serbatoio e dotata di un

dispositivo di segnalazione presenza gasolio.

Per il calcolo del consumo del combustibile ai fini del computo della autonomia si procede

come segue:

si determina il consumo orario del gruppo elettrogeno:

h

dmPg

850

1c

3e

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Capitolo 5 – Allestimenti dei gruppi elettrogeni

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dove c è il consumo del combustibile del gruppo elettrogeno, g è il consumo specifico del

combustibile del motore in

hkW

g

m

(fornito dal costruttore), eP è la potenza elettrica

erogata dal gruppo elettrogeno e è il rendimento dell’alternatore;

si calcola la capacità del serbatoio di deposito conoscendo a priori l’autonomia minima che

deve essere garantita:

tc2.1C

dove t è l’autonomia in ore minima che deve essere garantita.

Il fattore 1.2 sovradimensiona la capacità del serbatoio di deposito per tener conto del fatto che lo

stesso non è mai nello stato di pieno.

5.6 Plinto di fondazione

Per ridurre le vibrazioni indotte dal gruppo elettrogeno alle strutture circostanti, si deve

installare la macchina su un plinto separato dalle stesse strutture del locale e dal pavimento. Il plinto

è costituito da un blocco in calcestruzzo armato posto in un incavo del pavimento, isolato

perimetralmente con materiali elastici (polistirolo, poliuretano, setti di gomma non igroscopica,

ecc.) e poggiante su un letto di sabbia.

Il plinto deve essere dimensionato per sopportare le sollecitazioni dinamiche indotte dal gruppo

elettrogeno, non assorbite dai supporti antivibranti installati tra il blocco motore-generatore e

basamento di supporto in acciaio.

In linea approssimativa, il plinto di fondazione deve avere un peso di:

NP5.35.2P gep

dove geP è il peso del gruppo elettrogeno. Il fattore moltiplicativo 5.35.2 tiene conto delle

sollecitazioni dinamiche non assorbite dai supporti antivibranti, utilizzando i valori più alti per

isolamento nullo.

Le dimensioni del plinto si calcolano partendo dall’ipotesi che le dimensioni in pianta devono

essere maggiorate di circa 0.5 m rispetto a quelle del gruppo elettrogeno; quindi, conoscendo l’area,

si può determinare la sua altezza, cioè:

m

)5.0b()5.0a(

P5.35.2

A

Ph

ge

p

p

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Capitolo 5 – Allestimenti dei gruppi elettrogeni

106

Emilio Giomo

dove a e b sono rispettivamente la lunghezza e la larghezza del gruppo elettrogeno e è il peso

specifico del calcestruzzo che è all’incirca di 3m

N24000 (vedi Figura 5.9).

Figura 5.9 Dimensioni del plinto di fondazione in funzione della lunghezza e della larghezza del gruppo elettrogeno

E’ necessario verificare che la pressione esercitata sul terreno sia inferiore alla massima

ammessa, cioè:

)5.0b()5.0a(10

P5.45.3

)5.0b()5.0a(10

P5.35.2P

)5.0b()5.0a(10

PPp

4

ge

4

gege

4

pge

max

dove maxp è ricavabile dalla Tabella 5.2. Se la pressione esercitata sul terreno supera la massima

ammessa è necessario aumentare l’area del plinto, mantenendo costante il suo volume.

Il gruppo elettrogeno deve essere fissato al plinto con dei tirafondi filettati annegati nel

cemento. La loro installazione può essere successiva al getto del plinto, ma contemporanea alla posa

del gruppo elettrogeno, avendo cura di fissarli con malta cementizia e di ancorarli alla maglia

dell’armatura d’acciaio. Il gruppo elettrogeno, poi, deve essere bloccato con dadi di serraggio e

livellato con opportuni spessori.

Se il plinto risulta sporgente dal livello pavimento è necessario predisporre delle asole e

cunicoli per il passaggio delle tubazioni di alimentazione e dei cavi elettrici.

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Capitolo 5 – Allestimenti dei gruppi elettrogeni

107

Emilio Giomo

Tipo di terreno

Pressione massima ammessa

2cm

N

Terreno di debole resistenza:

argilla, sabbia argillosa, sabbia polverosa satura di acqua 15

Terreno di media resistenza:

sabbia polverosa umida di piccola e grossa granulometria 15÷35

Terreno di grande resistenza:

sabbia poco umida di grossa granulometria, ghiaia,

ciotoli, terra argillosa consistente

35÷60

Terreno roccioso 60

Tabella 5.2 Valori di pressione massima ammessa per alcuni tipi di terreno

5.7 Rumore

I gruppi elettrogeni hanno una emissione acustica elevata e per questo necessitano di interventi

atti a limitare il loro contributo all’inquinamento acustico ambientale. In questo paragrafo si

analizzano quali possono essere i provvedimenti per la riduzione della rumorosità di queste

macchine, in rapporto ai risultati acustici che si vogliono ottenere.

La caratterizzazione dell’emissione sonora di qualsiasi sorgente viene fornita mediante due

grandezze tra loro correlate, quali il livello di pressione sonora Lp e il livello di potenza sonora LW.

Il livello di pressione sonora è definito da:

dBp

plog20L

o

p

dove op è la pressione sonora di riferimento pari a 20 Pa (pressione sonora minima percepibile

dall’orecchio umano nella gamma di frequenze in cui l’orecchio è più sensibile). La pressione p è il

valore efficace della pressione acustica, cioè dello scostamento della pressione attorno al suo valore

di equilibrio rappresentato dalla pressione atmosferica. La pressione p, quindi, è data da:

T

0

2dttp

T

1p

dove T è il periodo dell’onda acustica di frequenza f (o di lunghezza d’onda f

c , con c velocità

del suono nel mezzo di propagazione).

Il livello di potenza sonora LW è definito da:

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Capitolo 5 – Allestimenti dei gruppi elettrogeni

108

Emilio Giomo

dBW

Wlog10L

o

W

dove oW è la potenza sonora di riferimento (10-12 W) e W è la potenza trasmessa dalla sorgente

acustica al mezzo di propagazione.

Il livello di potenza sonora non va confuso con il livello di pressione sonora: il primo è appunto

una misura della potenza acustica emessa dalla sorgente, mentre il secondo dipende dalla stessa

potenza emessa dalla sorgente, dalla distanza del punto di misura e dalle caratteristiche trasmissive

del mezzo di propazazione.

Il suono emesso dalle sorgenti acustiche disturbanti, cioè il rumore, è costituito da un insieme

di segnali di diversa frequenza e di differente livello di potenza e/o pressione. L’analisi della

composizione in frequenza dei suoni si effettua sulla suddivisione del contenuto di energia sonora in

bande, cioè in prefissati intervalli di frequenza. Ogni banda è caratterizzata dalla frequenza di

centro banda fc, dalla frequenza di taglio superiore fs e dalla frequenza di taglio inferiore fi. Per

l’analisi in bande si utilizza l’analisi in ottave o terzi di ottave, dove tra il valori di frequenza

sopraccitati esistono le seguenti relazioni:

ottavad' banda di terzo232.0f

ff

f

f

ottava di banda 707.0f

ff

f

f

c

is

c

c

is

c

La frequenza del centro di banda si calcola con la seguente espressione

is fffc

Le frequenze nominali per l’analisi in bande di ottava o frazioni di ottava sono definite dalle norme

UNI EN ISO.

L’orecchio umano non è sensibile in egual modo alle diverse frequenze, per cui suoni dello

stesso livello, ma di differente frequenza, sono percepiti in modo dissimile. L’andamento della

sensibilità dell’orecchio è rappresentata su un diagramma chiamato audiogramma normale (vedi

Figura 5.10). Le curve indicate nel diagramma sono il luogo dei punti dei livelli di pressione

sonora, in funzione della frequenza, che producono la stessa sensazione sonora (curve isofoniche).

Il livello di sensazione sonora viene espresso in phon, ed è uguale al livello di pressione sonora del

suono a 1000 Hz.

Per tener conto della diversa sensibilità dell’orecchio nella valutazione del disturbo o del danno

si impiegano, nella misura del livello sonoro, delle curve di ponderazione. A livello normativo sono

state definite quattro curve denominate A, B, C e D ispirate alla forma dell’audiogramma normale

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Capitolo 5 – Allestimenti dei gruppi elettrogeni

109

Emilio Giomo

(vedi Figura 5.11). Ogni curva ha un comportamento diverso nei confronti della frequenza e

vengono utilizzate a seconda del tipo di misura che si deve effettuare. Nell’espressione del livello di

pressione o potenza sonora si deve specificare la curva utilizzata, aggiungendo tra parentesi la

relativa lettera all’unità di misura. La curva più utilizzata è la curva A .

Figura 5.10 Audiogramma normale (Fonte: Brüel & Kjær)

Figura 5.11 Curve di ponderazione in frequenza (Fonte: Brüel & Kjær)

Nella combinazione di più livelli sonori non è possibile eseguire la loro somma, ma devono

essere sommati gli argomenti dei logaritmi, in quanto proporzionali alle densità di energia sonora in

gioco. Ad esempio, n sorgenti delle quali si conoscano le pressioni efficaci pi, daranno luogo ad una

pressione efficace totale pt, che risulta pari a:

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Capitolo 5 – Allestimenti dei gruppi elettrogeni

110

Emilio Giomo

n

1i

2i

2t pp

Da ciò, si ha:

n

1i

10

L

2o

n

1i

2i2

o

tptot

pi

10log10p

p

log10p

plog10L

Pertanto, per due sorgenti identiche si ha:

10

L

10

L

2o

21

21

2

o

tptot

2p1p

1010log10p

pplog10

p

plog10L

3L2log1010log10102log10L 1p10

L

10

L

ptot

1p1p

In generale per n sorgenti identiche si ha:

nlog10L10nlog10L 1p10

L

ptot

1p

Il procedimento sopradescritto risulta utile per il calcolo dell’emissione sonora di una sorgente

in presenza di un significativo rumore di fondo. Infatti, se Lpc è il livello complessivo e Lpf è il

livello del rumore di fondo, il livello di pressione sonora Lps associato alla sorgente è pari a:

10

L

10

L

2o

2s

2f

2

o

tpc

pspf

1010log10p

pplog10

p

plog10L

10

L

10

L

10

L

10

L

10

L

10

L pfpcpspspfpc

101010101010

10

L

10

L2

o

sps

pfpc

1010log10p

plog10L

Si nota che il contributo del rumore di fondo al livello sonoro complessivo risulta trascurabile

quando la differenza tra il livello sonoro proprio della sorgente e quello del rumore di fondo è

superiore ai 10 dB.

Se la sorgente sonora viene caratterizzata dai livelli di banda d’ottava, si può calcolare il livello

sonoro della sorgente utilizzando la procedura sopra riportata, essendo la pressione efficace

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111

Emilio Giomo

quadratica totale pari alla somma dei quadrati delle pressioni efficaci alle frequenze centrali di

banda. Pertanto si ha:

2o

28000

24000

22000

21000

2500

2250

2125

263

2

o

tptot

p

pppppppplog10

p

plog10L

10

L

10

L

10

L

10

L

10

L

10

L

10

L

10

L

ptot

800040002000100050025012563

1010101010101010log10L

La stessa procedura è applicabile a partire dai livelli di un terzo di banda d’ottava.

Nel calcolo del livello sonoro ponderato A, a partire dai livelli di banda d’ottava, si deve

operare la “correzione” del filtro, prima di determinare il livello complessivo. Per esempio, dati i

livelli di banda d’ottava di Tabella 5.3, il livello del livello sonoro ponderato A è:

)A(dB 3.691010101010101010log10L 10

9.40

10

46

10

2.49

10

53

10

8.53

10

4.53

10

9.68

10

8.46

p

Frequenza del centro d’ottava [Hz] 63 125 250 500 1000 2000 4000 8000

Livello della banda d’ottava [dB] 73 85 62 57 53 48 45 42

Correzione del filtro di ponderazione A [dB] -26.2 -16.1 -8.6 -3.2 0.0 1.2 1.0 -1.1

Livello banda d’ottava ponderato A [dB] 46.8 68.9 53.4 53.8 53 49.2 46 40.9

Tabella 5.3 Esempio di calcolo del livello sonoro ponderato A a partire dei livelli di banda d’ottava

Se il suono è irradiato da una sorgente uniformemente in tutte le direzioni in uno spazio libero,

il livello di pressione sonora Lp e il livello di potenza sonora LW sono legate dall’equazione:

9.10rlog20LL Wp

dove r è la distanza della sorgente dal punto di misura. La relazione si può applicare, con le dovute

approssimazioni, anche per sorgenti ad emissione spaziale non uniforme, se la distanza di misura r è

molto più grande rispetto alla lunghezza d’onda considerata. Pertanto, per una sorgente puntiforme

o sferica o per sorgenti disuniformi in campo lontano, la pressione acustica diminuisce di 6 dB per

ogni raddoppio di distanza.2

Quando una sorgente sonora è appoggiata ad una o più pareti, è vincolata ad irradiare solo in

una porzione di spazio. Questo comporta che la quantità di energia irradiata in una certa direzione è

maggiore rispetto il caso uniforme. Per tener conto di questa di asimmetria spaziale si introduce il

fattore di direttività Q, cioè il rapporto tra l’intensità sonora nella direzione considerata e quella che

avrebbe il campo acustico in quel punto se la sorgente fosse omnidirezionale.

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Capitolo 5 – Allestimenti dei gruppi elettrogeni

112

Emilio Giomo

Per sorgenti collocate lungo uno spigolo tra due pareti Q è pari a 4, mentre in un vertice Q è

uguale a 8. La relazione tra livello di pressione sonora e livello di potenza sonora diventa:

Qlog109.10rlog20LL Wp

5.7.1 Interventi acustici

Gli interventi acustici sui gruppi elettrogeni possono essere di varia natura e sono dipendenti dal

tipo di posa della macchina e dai risultati che si vogliono ottenere. Infatti, differente è il caso di

installazione del gruppo elettrogeno all’aperto da quello in locale di ricovero dedicato e, ancora,

diversi sono gli interventi di insonorizzazione per l’ottenimento di rumorosità relativamente ridotte

(< 60 dB(A)) rispetto a quelle cosiddette “normali” (> 65 dB(A)).

Nei sottoparagrafi seguenti si analizzano in modo semplice gli interventi di insonorizzazione

che possono essere adottati sui gruppi elettrogeni, riferendoli ai risultati acustici che possono essere

concretamente raggiunti.

5.7.1.1 Gruppo elettrogeno installato all’aperto

Nel caso di gruppo elettrogeno installato all’aperto si utilizza una cabina di insonorizzazione

abbinata ad un silenziatore per i gas di scarico. Per rumorosità maggiori od uguali a 65 dB(A) a 7

m, le cabine sono direttamente montate sul telaio di base del gruppo elettrogeno, costituendo così

una struttura monolitica. Per rumorosità inferiori, invece, le due strutture, quella del gruppo

elettrogeno e quella della cabina insonorizzata, devono essere meccanicamente separate, poiché le

vibrazioni indotte dalla macchina, e non assorbite dagli antivibranti, si ripercuoterebbero sulla

stessa cabina, inficiando di fatto il risultato acustico.

La cabina è costituita da pannelli in lamiera d’acciaio sagomata e verniciata, rivestita all’interno

con materiale fonoassorbente. Esso è generalmente costituito da un materassino di lana minerale

dello spessore di 60 mm avente una densità di 80÷100 kg/m3. Il materrassino viene mantenuto in

sede da una lamiera microstirata e protetto contro lo spolverio delle fibre con un tessuto in fibra di

vetro.

La cabina è dotata di aperture per la circolazione dell’aria di raffreddamento del tipo a labirinto

o a setti insonorizzanti, integrata da una marmitta silenziatrice installata al suo interno o sul tetto. Il

sistema assicura un efficace comportamento nei confronti dell’assorbimento e dell’isolamento del

rumore.

Per le macchine installate all’aperto, il costruttore deve dichiarare la potenza sonora emessa

quando il gruppo elettrogeno funziona al 75% della sua potenza nominale, oppure il livello di

pressione sonora ad una distanza di 1 m o di 7 m.

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113

Emilio Giomo

Per i gruppi elettrogeni mobili di potenza fino ai 400 kW, la potenza sonora deve rientrare nei

limiti stabiliti dalla direttiva 2000/14/CE (vedi Tabella 5.4).

Potenza GE

[kW]

Massimo livello di potenza sonora

[dB(A)]

P ≤ 2 95 + log P

2 < P ≤ 10 96 + log P

P > 10 95 + log P

Tabella 5.4 Limiti massimi del livello di potenza sonora per gruppi elettrogeni mobili installati all’aperto

Le macchine, inoltre, devono essere dotate di un cartello indelebile in cui è riportato il livello di

potenza sonora emessa nelle condizioni di funzionamento precedentemente precisate.

a.

b. c.

Figura 5.12 Esempi di cabine insonorizzanti:

a. e b. cabina montata sul telaio di base; c. cabina a pavimento separata dal telaio di base

I livelli di pressione sonora in campo aperto ottenibili con l’ausilio di cabine insonorizzate

sono:

fino a 65 dB(A) a 7 metri per cofanature installate sul basamento del gruppo elettrogeno

(Figura 5.12 a. e b.);

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114

Emilio Giomo

fino a 60 dB(A) per cofanature installate a pavimento separate dal telaio di base del gruppo

elettrogeno (Figura 5.12 c.);

fino a 55 dB(A) a 7 metri per cofanature a doppio rivestimento con struttura a pavimento e

con l’utilizzo di antivibranti a molla.

In alcuni casi i gruppi elettrogeni vengono installati in container, struttura che assicura una

maggior insonorizzazione e costituisce di fatto un locale di ricovero. Infatti, nel container è

possibile accedere all’intera macchina, essendo questa appoggiata al pavimento della stessa

struttura. Naturalmente, trattasi di interventi di costo più rilevante, che assicurano, però, una

maggior accessibilità per le operazioni di manutenzione e una maggior resistenza agli agenti

atmosferici.

Figura 5.13 Container 20’ insonorizzato

5.7.1.2 Gruppo elettrogeno installato in locale chiuso

Quando il gruppo elettrogeno viene installato all’interno di un locale si possono utilizzare

diverse metodologie di insonorizzazione, dipendenti dal risultato acustico che si vuole ottenere.

Naturalmente, un forte impatto nel raggiungimento dello scopo è dovuto alla struttura muraria del

locale, poiché da questa dipendono sia il coefficiente di assorbimento, sia il potere fonoisolante.

Per abbattimenti modesti, si possono utilizzare dei silenziatori di ventilazione sulle bocche di

aspirazione e scarico dell’aria di raffreddamento, supponendo che la stessa struttura del locale sia in

grado di ridurre la rumorosità emessa dal gruppo elettrogeno. Questa ipotesi è generalmente vera

per livelli residui di pressione acustica dai 75 ai 65 dB(A) a 7 metri, a seconda della lunghezza dei

silenziatori di ventilazione (vedi Figura 5.14).

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Capitolo 5 – Allestimenti dei gruppi elettrogeni

115

Emilio Giomo

Figura 5.14 Gruppo elettrogeno con silenziatori di ventilazione e marmitta silenziatrice

Uno schema di progetto semplificato è il seguente:

dal livello di potenza sonora in banda d’ottava del motore (il contributo dell’alternatore è

trascurabile) si ricava il livello di pressione sonora in banda d’ottava nel locale, assumendo, in

ipotesi esemplificativa, che il campo all’interno dello stesso sia riverberante. Stante le ipotesi

introdotte, il livello di pressione sonora si determina mediante la seguente relazione:

A

4log10LL Wp

dove A è l’area equivalente di assorbimento acustico. Essa si ricava mediante la formula:

iiSA

con i il coefficiente di assorbimento acustico della superficie i-esima di superficie iS .

Si riportano i livelli di pressione sonora in banda d’ottava del campo all’interno del locale sul

grafico di Figura 5.19, dove sono rappresentate le curve di isosensazione per bande d’ottava;

si confronta l’andamento del grafico ottenuto con la curva di riferimento del risultato acustico

che si vuole raggiungere. Essa si determina sottraendo 3 dB al livello di pressione sonora che si

vuole ottenere. Ad esempio per ottenere 88 db(A) a 1 m, che corrispondono a circa 70 dB(A) a 7

m, si sceglie la curva immediatamente inferiore alla differenza (88 – 3), cioè N85.

Il silenziatore di ingresso deve introdurre una attenuazione superiore alla differenza, per ogni

banda d’ottava, tra il livello di pressione acustica nel locale e il livello di pressione acustica

ponderato A della curva di riferimento.

Un esempio di calcolo sulla base dei punti precedenti è riportato nella Figura 5.15.

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Capitolo 5 – Allestimenti dei gruppi elettrogeni

116

Emilio Giomo

Frequenza [Hz] 63 125 250 500 1000 2000 4000 8000

Livello di potenza sonora motore

[db(A)]76 100 99 105 105 107 103 100

Coeffciente assorbimento acustico 0,1 0,1 0,05 0,06 0,07 0,09 0,08 0,08

Superficie del locale [m2]

Livello di pressione sonora nel locale

[db(A)]73,45 97,45 99,46 104,67 104,00 104,90 101,42 98,42

Valori limite curva N85 102 95,5 91 87,5 85 82,5 81 79,5

Ponderazione curva A -26,20 -16,10 -8,60 -3,20 0,00 1,20 1,00 -1,10

Livello di pressione sonora curva A

[db(A)]75,80 79,40 82,40 84,30 85,00 83,70 82,00 78,40

Differenza

(curva limite - livello di pressione sonora nel locale)2,35 -18,05 -17,06 -20,37 -19,00 -21,20 -19,42 -20,02

Attenuazione silenziatore di ventilazione

Canale 80 mm / L = 800 mm6 11 19 34 45 45 39 28

Livello di pressione sonora all'esterno

della bocca di aspirazione

[db(A)]

67,45 86,45 80,46 70,67 59,00 59,90 62,42 70,42

Livello di pressione sonora A globale ad 1 m

[dB(A)]

Livello di pressione sonora A globale a 7 m

[dB(A)]

86,58

70,58

72

Figura 5.15 Esempio di calcolo e dimensionamento del silenziatore di ventilazione di ingresso

Figura 5.16 Attenuazione silenziatore di ventilazione [dB] (Fonte: TECNOSON ECO)

Figura 5.17 Esempio di silenziatore di ventilazione (Fonte: TECNOSON ECO)

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Capitolo 5 – Allestimenti dei gruppi elettrogeni

117

Emilio Giomo

Il silenziatore di uscita deve avere una lunghezza pari a quella di ingresso, meglio se allungato

di 200 ÷ 400 mm, essendo sottoposto direttamente al rumore prodotto dalla ventola del radiatore.

Le pareti del locale introdurranno un abbattimento del livello di potenza sonora pari al loro

potere fonoisolante; quindi, ad ogni banda d’ottava si ha:

RLL WesternoernointW

dove R è per l’appunto il potere fonoisolante della parete. Per pareti di normale costituzione, gli

abbattimenti introdotti sono in grado di assicurare un livello di pressione sonora fino ai 65 dB(A) a

7 metri, mentre per rumorosità inferiori è necessario ricorrere alla insonorizzazione delle pareti o

dello stesso gruppo elettrogeno.

Nel dimensionamento della marmitta di scarico si procede con la stessa logica di quella per i

silenziatore di ventilazione, a meno del calcolo del livello di pressione sonora nel locale. In pratica

si deve verificare che l’attenuazione introdotta dalla marmitta sia superiore alla differenza tra il

livello di pressione sonora emesso dai gas si scarico e la curva di riferimento del risultato acustico

che si vuole ottenere. Un esempio delle attenuazioni introdotte dalle marmitte è indicato nella

Figura 5.18.

Figura 5.18 Curva di attenuazione sonora della marmitta modello SM30 (Fonte: Stopson Italiana S.p.A.)

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Capitolo 5 – Allestimenti dei gruppi elettrogeni

118

Emilio Giomo

Figura 5.19 Curve di isosensazione per banda di rumore

Per livelli di pressione sonora relativamente ridotti (< 65 dB(A) a 7 metri) si possono adottare i

seguenti interventi:

a. rivestimento delle pareti del locale con pannelli insonorizzanti, in modo da aumentare

l’assorbimento e l’isolamento acustico;

b. dotare il gruppo elettrogeno di cabina insonorizzata;

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Capitolo 5 – Allestimenti dei gruppi elettrogeni

119

Emilio Giomo

c. adottare simultaneamente gli interventi precedenti.

L’intervento del punto a. può essere eseguito come indicato nella Figura 5.20. Il pannello

sandwich è realizzato in lamiera scatolata preverniciata, liscia dal lato esterno (verso la parete) e

forata dal lato interno (verso il gruppo elettrogeno), imbottita con un materassino in lana minerale

ad alta densità (100 kg/m3) e protetto con tessuto in fibra di vetro per impedirne la polluzione. Il

pannello è appoggiato su appositi profili mediante guarnizioni in gomma, che hanno la funzione di

evitare la trasmissione delle vibrazioni tra parete e lo stesso pannello.

Per aumentare l’efficacia del sistema, il pannello deve essere fissato ad una distanza dalla

parete pari alla quarta parte della lunghezza d’onda della banda d’ottava dominante, cioè:

m f4

cd

dove c è la velocità del suono ed f è la frequenza della banda considerata.

Figura 5.20 Esempio di insonorizzazione delle pareti del locale del gruppo elettrogeno

L’intervento di cui al punto b. sfrutta la cabina insonorizzata per diminuire il livello di potenza

sonora all’interno del locale (vedi Figura 5.21). L’isolamento sonoro introdotto delle pareti concorre

all’abbattimento supplementare del livello di pressione sonora, così da fornire un risultato

sensibilmente inferiore rispetto a quello del gruppo elettrogeno a giorno.

Per ottenere risultati acustici ancora più contenuti, si può utilizzare l’unione degli interventi a. e

b., dove si sfrutta la combinazione del fonoisolamento e fonoassorbimento della cabina e delle

pareti del locale.

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Capitolo 5 – Allestimenti dei gruppi elettrogeni

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Emilio Giomo

Indipendentemente dal tipo di intervento adottato, è necessario dotare il gruppo elettrogeno di

silenziatori di ventilazione e marmitta silenziatrice adatti allo scopo, dimensionati secondo i criteri

precedentemente illustrati. Nel raggiungimento di rumorosità molto basse (< 60 dB(A) a 7 m) non è

escluso l’utilizzo di una combinazione di silenziatori di ventilazione e di marmitte silenziatrici,

ambedue accordati alle bande d’ottava più energivore.

Figura 5.21 Gruppo elettrogeno con cabina insonorizzante installato in locale dedicato privo di insonorizzazione

Figura 5.22 Gruppo elettrogeno con cabina insonorizzante installato in locale insonorizzato

e completo di silenziatori di ventilazione

Note

1: E’ consigliabile mantenere la temperatura del vano del gruppo elettrogeno al di sotto dei 40° C,

anche se potenzialmente il motore può funzionare ad una temperatura maggiore (anche fino ai

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Capitolo 5 – Allestimenti dei gruppi elettrogeni

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45° C e comunque in funzione delle caratteristiche del motore primo - vedi Capitolo 3 paragrafo

3.2.2). Infatti, bisogna tener presente che le apparecchiature elettriche, come l’alternatore, il

quadro di comando e controllo, il regolatore di tensione, il regolatore di giri e i cavi di

collegamento, sono dimensionati per funzionare ad una temperatura di 40° C. Se questo non è

possibile, bisogna procedere al loro eventuale declassamento o ridimensionamento alla

temperatura di regime.

2: Siano Lp1 e Lp2 i livelli di pressione acustica rilevati rispettivamente alle distanze r1 e r2. La

differenza tra i due livelli di pressione sonora è:

1

2122W1W2p1p

r

rlog20rlog20rlog209.10rlog20L9.10rlog20LLL

Se in particolare 12 r2r si ha:

dB 62log20LL 2p1p

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