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233 Capitolo | 10 | Patologia della regione diencefalo-ipofisaria Alfonso Cerase, Simona Gaudino, Matia Martucci, Massimo Caulo, Cesare Colosimo INTRODUZIONE La regione diencefalo-ipofisaria è sede di vitali e complesse attivi- tà funzionali (ormonali, nervose e vascolari), cui corrisponde una complessità anatomica dovuta alla localizzazione della sella turcica al centro della base cranica media, alla continuità con il diencefalo e a intimi rapporti tra fini strutture nervose, ghiandolari, vascolari, me- ningee e ossee. Le indicazioni alla valutazione neuroradiologica della regione diencefalo-ipofisaria sono molto eterogenee e diverse a secon- da dell’età dei pazienti, ma possono essere così schematizzate: negli adulti l’esame viene per lo più richiesto per condizioni di aumentata o ridotta produzione di ormoni ipofisari, per sintomatologia indicativa di sofferenza delle vie ottiche anteriori e dei nervi cranici contenuti nei seni cavernosi; nei bambini, per ritardo dell’accrescimento e/o per otticopatia. In tutte le fasce di età possono contribuire all’indicazione la cefalea, il sospetto di ipertensione endocranica e la possibile comparsa di diabete insipido. In assenza di controindicazioni, la risonanza magnetica (RM) è la metodica di elezione e di prima istanza per lo studio della regione diencefalo-ipofisaria e anche in studi eseguiti per l’encefalo è necessa- rio che il radiologo dedichi la sua attenzione a questa regione, perché non è infrequente il riscontro occasionale e asintomatico di reperti patologici o di problematica interpretazione. Il ruolo della tomografia computerizzata (TC) è relegato a casi selezionati: (1) come primo approccio diagnostico in alcune condizioni cliniche in regime di ur- genza ed emergenza (cefalea, meningismo, deficit visivo improvviso, ipertensione endocranica, soggetto non collaborante); (2) più di fre- quente, come completamento alla RM per la ricerca/conferma delle calcificazioni o per la definizione di fini alterazioni ossee delle pareti sellari e del basicranio (TC senza mdc); (3) per studi vascolari (angio- TC). Solo in pochi casi particolari – e per lo più a fini terapeutici – si ricorrerà all’angiografia selettiva. Non esiste più alcuna indicazione allo studio radiografico o stratigrafico della patologia diencefalo-ipofisaria; si passa dalla valutazione clinica (neurologica, endocrinologica) e dai dati laboratoristici/ormonali direttamente alla valutazione con RM. Nella grande maggioranza dei casi, i reperti patologici sono rappre- sentati da lesioni espansive/neoplastiche; questo capitolo prenderà in considerazione soprattutto la patologia degli adulti e terrà conto del fatto che alcuni tumori tipici della regione e dell’età pediatrica (quali il craniofaringioma) vengono trattati anche nel Capitolo 4. La trattazione sarà quindi concentrata sulle patologie di più frequente osservazione e soprattutto sulla diagnosi e diagnosi differenziale degli adenomi ipofisari. TECNICA DI STUDIO E ANATOMIA RM Lo studio di strutture di dimensioni ridotte e di una regione complessa rende imprescindibile l’utilizzo di macchine ad alto campo (1,5 T o superiori), bobine multicanali, spessori sottili (non superiori a 3 mm) e campi di vista (FOV) ridotti. Sono necessarie immagini T1- e T2- dipendenti senza mezzo di contrasto (mdc), e T1-dipendenti dopo mdc con sequenze SE o FSE sui tre piani dello spazio, prediligendo i piani coronale e sagittale (ottimali per lo studio delle strutture della linea mediana). È comunemente accettato che per la valutazione di piccole lesioni intraipofisarie sia sufficiente/preferibile una dose di mdc paramagnetico a base di gadolinio ridotta a metà (0,05 mMol/ kg), rispetto a quella standard impiegata nell’encefalo, e che il piano di studio principale sia quello coronale (più utile, in quanto permette di visualizzare al meglio l’altezza e il segnale della ghiandola ipofisaria, senza artefatti da volume parziale di carotidi, seno sfenoidale o cisterne soprasellari). Dopo mdc è opportuno che all’acquisizione delle imma- gini T1 si associ la saturazione del segnale adiposo (preferenzialmente nelle assiali più tardive), per meglio valutare base del cranio e seni ca- vernosi. Sul piano coronale si ottengono immagini T1- e T2-dipendenti e T1 immediatamente dopo mdc; sullo stesso piano si esegue – quando opportuno – lo studio dinamico, durante somministrazione in bolo del mdc, con copertura anatomica limitata al cavo sellare. In casi sele- zionati si possono utilizzare sequenze aggiuntive, come le T1 tardive dopo mdc, GRE T2* o le più recenti sequenze di suscettività (SWI) per la ricerca di emorragie intrasellari, angio-RM (TOF, PC o le sequenziali contrast-enhanced dopo mdc) per la valutazione delle strutture vascolari adiacenti (arterie carotidi interne, seni venosi) e di diffusione (DWI). In alcuni casi possono essere richieste acquisizioni idonee alla neuro- navigazione per la chirurgia guidata dalle immagini; in altri, di fronte a una massa di molti centimetri, può essere inutile utilizzare spessori sottili. Prima di procedere oltre, è opportuno considerare alcune op- zioni e chiedersi se è sempre necessario il mdc, se lo studio dinamico

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Capitolo | 10 |

Patologia della regione diencefalo-ipofisariaAlfonso Cerase, Simona Gaudino, Matia Martucci, Massimo Caulo, Cesare Colosimo

InTRoDUzIonE

La regione diencefalo-ipofisaria è sede di vitali e complesse attivi-tà funzionali (ormonali, nervose e vascolari), cui corrisponde una complessità anatomica dovuta alla localizzazione della sella turcica al centro della base cranica media, alla continuità con il diencefalo e a intimi rapporti tra fini strutture nervose, ghiandolari, vascolari, me-ningee e ossee. Le indicazioni alla valutazione neuroradiologica della regione diencefalo-ipofisaria sono molto eterogenee e diverse a secon-da dell’età dei pazienti, ma possono essere così schematizzate: negli adulti l’esame viene per lo più richiesto per condizioni di aumentata o ridotta produzione di ormoni ipofisari, per sintomatologia indicativa di sofferenza delle vie ottiche anteriori e dei nervi cranici contenuti nei seni cavernosi; nei bambini, per ritardo dell’accrescimento e/o per otticopatia. In tutte le fasce di età possono contribuire all’indicazione la cefalea, il sospetto di ipertensione endocranica e la possibile comparsa di diabete insipido.

In assenza di controindicazioni, la risonanza magnetica (RM) è la metodica di elezione e di prima istanza per lo studio della regione diencefalo-ipofisaria e anche in studi eseguiti per l’encefalo è necessa-rio che il radiologo dedichi la sua attenzione a questa regione, perché non è infrequente il riscontro occasionale e asintomatico di reperti patologici o di problematica interpretazione. Il ruolo della tomografia computerizzata (TC) è relegato a casi selezionati: (1) come primo approccio diagnostico in alcune condizioni cliniche in regime di ur-genza ed emergenza (cefalea, meningismo, deficit visivo improvviso, ipertensione endocranica, soggetto non collaborante); (2) più di fre-quente, come completamento alla RM per la ricerca/conferma delle calcificazioni o per la definizione di fini alterazioni ossee delle pareti sellari e del basicranio (TC senza mdc); (3) per studi vascolari (angio-TC). Solo in pochi casi particolari – e per lo più a fini terapeutici – si ricorrerà all’angiografia selettiva. Non esiste più alcuna indicazione allo studio radiografico o stratigrafico della patologia diencefalo-ipofisaria; si passa dalla valutazione clinica (neurologica, endocrinologica) e dai dati laboratoristici/ormonali direttamente alla valutazione con RM.

Nella grande maggioranza dei casi, i reperti patologici sono rappre-sentati da lesioni espansive/neoplastiche; questo capitolo prenderà in considerazione soprattutto la patologia degli adulti e terrà conto del fatto che alcuni tumori tipici della regione e dell’età pediatrica

(quali il craniofaringioma) vengono trattati anche nel Capitolo 4. La trattazione sarà quindi concentrata sulle patologie di più frequente osservazione e soprattutto sulla diagnosi e diagnosi differenziale degli adenomi ipofisari.

TECnICA DI STUDIo E AnAToMIA RM

Lo studio di strutture di dimensioni ridotte e di una regione complessa rende imprescindibile l’utilizzo di macchine ad alto campo (1,5 T o superiori), bobine multicanali, spessori sottili (non superiori a 3 mm) e campi di vista (FOV) ridotti. Sono necessarie immagini T1- e T2-dipendenti senza mezzo di contrasto (mdc), e T1-dipendenti dopo mdc con sequenze SE o FSE sui tre piani dello spazio, prediligendo i piani coronale e sagittale (ottimali per lo studio delle strutture della linea mediana). È comunemente accettato che per la valutazione di piccole lesioni intraipofisarie sia sufficiente/preferibile una dose di mdc paramagnetico a base di gadolinio ridotta a metà (0,05 mMol/kg), rispetto a quella standard impiegata nell’encefalo, e che il piano di studio principale sia quello coronale (più utile, in quanto permette di visualizzare al meglio l’altezza e il segnale della ghiandola ipofisaria, senza artefatti da volume parziale di carotidi, seno sfenoidale o cisterne soprasellari). Dopo mdc è opportuno che all’acquisizione delle imma-gini T1 si associ la saturazione del segnale adiposo (preferenzialmente nelle assiali più tardive), per meglio valutare base del cranio e seni ca-vernosi. Sul piano coronale si ottengono immagini T1- e T2-dipendenti e T1 immediatamente dopo mdc; sullo stesso piano si esegue – quando opportuno – lo studio dinamico, durante somministrazione in bolo del mdc, con copertura anatomica limitata al cavo sellare. In casi sele-zionati si possono utilizzare sequenze aggiuntive, come le T1 tardive dopo mdc, GRE T2* o le più recenti sequenze di suscettività (SWI) per la ricerca di emorragie intrasellari, angio-RM (TOF, PC o le sequenziali contrast-enhanced dopo mdc) per la valutazione delle strutture vascolari adiacenti (arterie carotidi interne, seni venosi) e di diffusione (DWI). In alcuni casi possono essere richieste acquisizioni idonee alla neuro-navigazione per la chirurgia guidata dalle immagini; in altri, di fronte a una massa di molti centimetri, può essere inutile utilizzare spessori sottili. Prima di procedere oltre, è opportuno considerare alcune op-zioni e chiedersi se è sempre necessario il mdc, se lo studio dinamico

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deve essere usato in tutti i casi e se l’esame deve comunque includere l’acquisizione di immagini esplorative del cervello. Probabilmente non esiste una risposta univoca ai quesiti suddetti, anche perché gli scenari operativi e i rapporti medico richiedente/paziente/medico radiologo sono grandemente variabili. Gli Autori ritengono che il mdc sia indi-spensabile di fronte a reperti ormonali chiaramente indicativi di adeno-ma, che lo studio dinamico con mdc sia inutile quando la lesione è gia evidente e definita nelle immagini T1 e/o T2 senza mdc e che di fronte a un paziente esaminato per la prima volta sia opportuno includere una valutazione panoramica dell’encefalo (di solito con immagini FLAIR sul piano assiale) per proteggersi da pericolosi reperti “marginali”. Si tratta evidentemente di un modo di procedere che responsabilizza il radiologo e supera tutte le limitazioni che lo vedono invece come esecutore di richieste “amministrative” e “refertatore”.

La ghiandola ipofisaria (Fig. 10.1) è formata da tre porzioni principali, l’adenoipofisi (lobo anteriore), la neuroipofisi (lobo posteriore) e la pars intermedia con l’infundibolo (considerati come un’unica entità). Con l’eccezione dei neonati, il lobo anteriore ha un’intensità di segnale simile a quella della sostanza bianca in tutte le sequenze, mentre il lobo posteriore si distingue per la sua iperintensità nelle immagini T1 (senza mdc), legata all’accumulo di vasopressina/ossitocina e strutture granulari neurosecretorie prodotte nell’ipotalamo. L’assenza di rilevabile iperinten-sità di segnale negli adulti nelle immagini T1, tuttavia, non è un reperto univocamente patologico, potendo anche rappresentare una condizione funzionale ed essendo rilevato nel 10-20% dei pazienti asintomatici. Dopo somministrazione di mdc paramagnetico, l’adenoipofisi e il pe-duncolo ipotalamo-ipofisario presentano impregnazione marcata, per la mancanza della barriera emato-encefalica, appena meno intensa rispetto a quella degli adiacenti seni cavernosi. L’impregnazione della neuroipofi-

si è di minore entità e ovviamente meno evidente, proprio per la fisiolo-gica iperintensità nelle immagini T1, senza mdc. Nello studio dinamico l’impregnazione inizia dal peduncolo ipofisario, procede sino al punto di inserzione sulla ghiandola e si estende con andamento centrifugo a tutta l’adenoipofisi; entro 60 secondi l’intera ghiandola risulta impregnata. La pars intermedia, in condizioni normali, non è visibile direttamente; è però comune che, nel suo contesto, sia presente un sottile spazio cistico (iperintenso in T2 e ipointenso in T1, soprattutto dopo mdc).

Le dimensioni normali della ghiandola ipofisaria sono variabili: in media, l’altezza è di 5-8 mm e i diametri trasversale e antero-posteriore di sono di 8-10 e 12 mm, rispettivamente. Nelle donne adolescenti e in gra-vidanza è possibile notare una fisiologica ipertrofia della ghiandola: nella pubertà, specie nelle donne, si osserva un incremento della ghiandola fino a 10-12 mm di altezza; in gravidanza, l’altezza e lo spessore della ghiando-la aumentano progressivamente, per ritornare a valori nella norma circa un anno dopo il parto oppure alla fine dell’allattamento. Il peduncolo ipofisario ha uno spessore normale non superiore ai 2 mm e tende a rastremarsi dall’origine infundibolare fino all’impianto ipofisario.

Le modalità di rappresentazione RM delle strutture ossee, nervose, vasco-lari, meningee e liquorali della regione ottico-diencefalica non presentano caratteristiche diverse da quelle delle altre sedi craniche-intracraniche.

PRoCEDIMEnTo LoGICo E InQUADRAMEnTo

Come anticipato nell’introduzione, non ci sono più esami radiografici preliminari: dall’indicazione clinica e dai dati clinico-ormonali si passa alla RM. Si comincia con immagini sagittali T1 dello spessore di 3 mm, con le quali si ottiene una iniziale – ma fine – valutazione esplorativa complessiva; le immagini sagittali T1 (che non devono essere stretta-mente limitate alla linea mediana, ma devono includere anche le aree encefaliche adiacenti) forniscono reperti elementari essenziali sia per definire la precisa modalità di esecuzione dello studio nel singolo pa-ziente, sia per guidare il successivo inquadramento e schematicamente portano a quattro possibili scenari neuroradiologici (Fig. 10.2).

• L’anatomia locoregionale diencefalo-ipofisaria (sella turcica, ipofisi, area soprasellare) è sostanzialmente conservata e non ci sono vere e proprie masse. Questo dato preliminare comporta la successiva conduzione dello studio mirato all’ipofisi e sostanzialmente alla ricerca, localizzazione e definizione di un possibile microadenoma ipofisario o – meno comunemente – di altre piccole lesioni intrasellari/intraipofisarie.

• L’anatomia locoregionale è distorta/alterata dalla presenza di una massa di cospicue dimensioni, con o senza un chiaro aumento di dimensioni del cavo sellare. La valutazione del radiologo è rivolta alla diagnosi di un possibile macroadenoma ipofisario e/o alla diagnosi differenziale con le altre neoplasie e lesioni espansive; in ordine di frequenza si tratta, oltre agli adenomi, di meningiomi, craniofaringiomi, gliomi ottico-diencefalici e aneurismi (big five). Elementi chiave per la diagnosi differenziale sono rappresentati dall’ingrandimento della sella turcica, dalla definizione dell’epicentro della massa e dalla caratterizzazione del tessuto patologico (con le diverse sequenze RM ed eventualmente con il completamento TC). Le masse più voluminose possono avere sede e/o componenti intra-, sopra-, sotto-, para-, retrosellari.

• L’anatomia locoregionale diencefalo-ipofisaria è normale, con l’eccezione di una tumefazione del peduncolo ipofisario e/o dell’infundibolo; in questa evenienza l’attenzione deve essere rivolta al segnale della neuroipofisi (nelle immagini T1, senza mdc) e la tipologia delle patologie che possono entrare nelle diagnosi differenziali è fortemente dipendente dall’età dei pazienti.

Figura 10.1 Anatomia della regione diencefalo-ipofisaria (A,B) e modificazioni parafisiologiche dell’ipofisi (C,D). Le immagini T1-dipendenti dopo mdc nei piani sagittale (A) e coronale (B) dimostrano la normale anatomia di adenoipofisi (a), neuroipofisi (n), peduncolo ipofisario e infundibolo (freccia). Sono documentati i rapporti con il seno sfenoidale (ss), il chiasma ottico (freccia colorata), i lobi frontale inferiore (f) e temporale (t), le carotidi cavernose (cc), le cisterne soprasellare e chiasmatica (s), i recessi chiasmatico (c) e infundibolare (i) del terzo ventricolo (III), le cisterne prepontina e interpeduncolare (p). Ipofisi di neonato a termine di due settimane di vita (C), con ghiandola normalmente iperintensa (doppie frecce). Ipofisi di gravida alla 36a settimana (D), con aspetto ipertrofico e margine superiore convesso (freccia con doppia punta).

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CapitoloPatologia della regione diencefalo-ipofisaria | 10 |

• Il cavo sellare è occupato da un segnale di tipo liquorale, con riduzione di altezza/volume della ghiandola ipofisaria e con/senza aumento di volume della sella. Si tratta di un reperto orientativo verso una diagnosi di “sella vuota” (o diverticolo aracnoideo intrasellare), in cui il radiologo deve riconoscere elementi indicativi di secondarietà ad altre situazioni patologiche (quali l’ipertensione endocranica) e differenziarla soprattutto da altre condizioni malformative.

ADEnoMI IPoFISARI

Per frequenza rappresentano il 10-15% dei tumori intracranici e oltre il 90% delle lesioni intrasellari. Sono tradizionalmente classificati sulla base delle dimensioni (minore o maggiore di un centimetro) in microadenomi o macroadenomi e, in base alla produzione ormonale, in secernenti (circa il 70%) e non secernenti. Gli adenomi secernenti (“funzionanti”) sono più frequentemente di piccole dimensioni, con sintomatologia dipendente dall’ormone prodotto; tra questi i più frequenti sono prolattino-secernenti (prolattinomi, 30%), seguiti dai GH-secernenti (20%), ACTH-secernenti (10%), FSH/LH-secernenti (10%) e TSH-secernenti (1-2%). Nei casi di adenoma secernente la diagnosi dovrebbe essere clinico-laboratoristica (valori di prolattina superiori a 150 ng/mL sono quasi univocamente indicativi di prolattinoma) e lo scopo del radiologo è di localizzare con la RM la lesione nel contesto della ghiandola. Tuttavia i valori ormonali non sono indicatori assoluti e sono riportati prolattinomi con valori di PRL compresi tra 20-150 ng/dL. È utile ricordare che le cellule secretrici dell’adenoipofisi hanno una rappresentazione topografica preferenziale nella ghiandola: le cellule PRL- e GH-secernenti sono tendenzialmente più laterali, le altre più centrali; pertanto un piccolo adenoma secernente localizzato in sede laterale sarà con maggiore probabilità PRL- o GH-secernente. Gli adenomi non funzionanti sono più spesso di dimensioni maggiori e sono riscontrati per segni di compressione delle strutture adia-centi o talvolta occasionalmente. In questo caso, la diagnosi differenziale è più complessa e lo sforzo del radiologo deve essere indirizzato, oltre che alla diagnosi di natura, alla valutazione dei rapporti con le strutture limitrofe. Sarà quindi necessario identificare le diverse componenti della lesione, in termini di localizzazione (intrasellare, parasellare, soprasellare e infrasellare) e di caratterizzazione tissutale (solide, cistiche, emorragi-che, calcifiche, necrotiche), e valutare i rapporti con le strutture adiacenti (vicinanza, dislocazione, compressione, infiltrazione) ed eventualmente con quelle più distanti. Tra le informazioni utili per la programmazione chirurgica, deve essere sempre indicata la compattezza della lesione, infatti gli adenomi duri, fibrosi, implicano una maggiore difficoltà di rimozione chirurgica e anche un più elevato rischio di sanguinamento. Un adeno-ma di segnale molto basso in T2, indipendentemente dalle modalità di impregnazione dopo mdc, è più probabilmente un tumore duro-fibroso, compatto e/o ipercellulare; la diagnosi di lesione duro-fibrosa è rafforzata dal riscontro di bassi valori di diffusione (Figg. 10.3 e 10.12 E). La TC svolge un ruolo ausiliario nel bilancio prechirurgico, richiesta (sempre meno frequentemente) in previsione di un accesso transnaso-sfenoidale. Allo “stato dell’arte” la RM ha un’elevata accuratezza diagnostica e, con l’ausilio dello studio dinamico, arriva al 90-95%. I falsi negativi sono

è apprezzabile la demarcazione tra lesione (doppia freccia) e ghiandola (F, punte di freccia). La perdita del normale aspetto rastremato dell’infundibolo (G) può essere l’unico segno apprezzabile sulla sagittale T1 della presenza di patologia; in questo caso, si tratta di un astrocitoma pilocitico endoventricolare (terzo ventricolo; H, frecce nere). Una sella turcica allargata e occupata da un segnale di tipo liquorale (I,L), con ipofisi marcatamente ridotta di altezza, è un reperto indicativo di “sella vuota”; lo scopo dell’esame RM è definire se di tipo primario (come in questo caso) o secondario.

Figura 10.2 Importanza “esplorativa” delle immagini sagittali T1 e possibili “scenari”. Se l’ipofisi è di dimensioni nella norma, senza evidenti masse (A), lo studio che segue dovrà mirare alla localizzazione di piccole lesioni (piccolo adenoma secernente, freccia in B) con sequenze ad alta risoluzione e studi dinamici. Se la ghiandola è di dimensioni aumentate (C) o è evidente una massa intrasellare (E), l’obiettivo principale sarà differenziare l’adenoma (D, asterisco) da altre patologie, tra cui la più frequente è il meningioma (F). Da notare che, nel caso del meningioma,

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possibili per lesioni di pochi millimetri (inferiori a 3 mm) o in quelle olosellari centrali, in cui non si riesce a discernere tra l’adenoma e la residua ghiandola normale.

Microadenoma ipofisarioIl reperto tipico è rappresentato da una focale alterazione di segnale dell’adenoipofisi (Fig. 10.4), ipointensa rispetto al restante parenchi-ma ghiandolare nelle immagini T1 (Fig. 10.4) e di segnale variabile in quelle T2 (ipo-, iso-, iperintensa rispetto all’adenoipofisi normale), più spesso iso-ipointensa per gli adenomi GH-secernenti (Fig. 10.2 A-B). Nel 10-25% dei casi, l’adenoma può risultare isointenso al ri-manente parenchima ghiandolare nelle immagini T1 (Fig. 10.5) e ciò rende più problematica l’identificazione degli adenomi nella malattia di Cushing (più spesso molto piccoli e centrali). Proprio la possibile isointensità impone l’uso del mdc paramagnetico per aumentare la sensibilità della RM e la specificità nella diagnosi differenziale. I mi-croadenomi generalmente presentano un contrast enhancement (CE) di minore entità, più lento e tardivo, rispetto alla restante adenoipofisi (per il sistema venoso portale che caratterizza l’apporto vascolare della ghiandola) e più comunemente appaiono quindi ipointensi nelle immagini acquisite entro 3-5 min dall’iniezione del mdc, rispetto all’elevata impregnazione del parenchima ghiandolare normale. Tut-tavia, proprio per le caratteristiche della vascolarizzazione, il tempo di impregnazione relativo di adenoipofisi e microadenoma non è sempre prevedibile. Nel 20-30% dei casi l’adenoma è dimostrato solo nella fase precoce tramite lo studio dinamico-sequenziale (Fig. 10.4 E); in un altro 8,5-9% dei casi, invece, la lesione è riconosciuta solo nello studio più tardivo (all’equilibrio). In una percentuale di casi minore (ma non ben codificata) il comportamento dopo mdc in fase molto tardiva (30-60 min) è opposto, con maggiore impregnazione dell’adenoma rispetto all’ipofisi normale; nell’esperienza degli Autori questa evenienza si verifica soprattutto negli adenomi fortemente iperintensi in T2 (nei quali il reperto della tardiva impregnazione può essere utilizzato per rafforzare la diagnosi differenziale rispetto alle cisti semplici) (Fig. 10.4 D-E). L’eventualità della impregnazione tardiva non giustifica l’uso routinario di scansioni acquisite dopo 30-60 minuti, per non aumentare il costo derivante da una prolungata e/o ripetuta occupazione della macchina da parte del paziente. Raramente il microadenoma può apparire iperintenso nelle immagini T1, per trasformazione emorragica, anche parziale, evento più frequente nei prolattinomi e durante/dopo il trattamento farmacologico. I segni indiretti – di supporto alla diagnosi – comprendono la dislocazione controlaterale del peduncolo ipofisario e l’aumento di altezza o dei diametri antero-posteriore o trasverso della ghiandola (o della sua porzione/metà che contiene l’adenoma), con conseguente convessità focale del profilo ghiandolare superiore o inferiore, possibile avval-lamento del pavimento sellare, deformazione della parete mediale del seno cavernoso (Figg. 10.4 e 10.11 A,B). Nessuno di questi segni è però, di per sé, indicativo della presenza di adenoma e infatti il pe-

duncolo ipofisario può essere deviato congenitamente e il pavimento sellare slivellato in ragione dell’asimmetrica pneumatizzazione del seno sfenoidale o della presenza di setti ossei. Nei casi di malattia di Cushing (a genesi certamente ipofisaria) senza evidenza di adenoma o con dubbia localizzazione alla RM, può essere utile il ricorso al cateterismo selettivo dei seni petrosi inferiori per il prelievo venoso

Figura 10.4 Microadenomi (due diversi casi). Nel primo caso (A-C) il microadenoma (freccia bianca) è facilmente identificabile come piccola lesione nella porzione laterale della ghiandola, iperintensa in T2 (A), ipointensa in T1 (B) con ridotto/ritardato enhancement (C) rispetto all’adenoipofisi normale. I segni di massa si limitano alla convessità del profilo superiore della ghiandola a destra. Nel secondo caso (D-F) il microadenoma (punta di freccia) è appena percettibile come minuscola immagine iperintensa in sede basale- laterale destra in T2 (A) e come ridotta e ritardata area di impregnazione durante lo studio dinamico (E). In fase tardiva (F) l’adenoma si “riempie” di contrasto, divenendo più intenso del resto della ghiandola.

Figura 10.3 Diffusione e consistenza dell’adenoma. Macroadenoma non secernente, con crescita espansiva e infiltrativa (seno cavernoso). La valutazione della consistenza dell’adenoma si basa sul segnale T2 (A) e sullo studio DWI con relativa mappa ADC (B), a prescindere dal pattern di impregnazione (C). In questo caso il basso segnale in T2 e nella mappa ADC suggerisce la consistenza duro-fibrosa dell’adenoma.

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CapitoloPatologia della regione diencefalo-ipofisaria | 10 |

sotto stress cortico-steroideo (Fig. 10.5). Nel caso di prima diagno-si, o comunque in ambito pretrattamento, il referto del radiologo deve sempre contenere, in forma chiara e ordinata, i seguenti punti chiave:

• identificazione e localizzazione dell’adenoma, come una vera e propria piccola “massa” o come focale alterazione del CE nelle sequenze dinamiche e/o all’equilibrio;

• status/rapporti con: pavimento sellare, profilo superiore ghiandolare, seno cavernoso, peduncolo ipofisario;

• possibili diagnosi differenziali (alla luce dei dati clinico-ormonali): lesioni cistiche intrasellari di diversa natura (Rathke, pars intermedia, neuroepiteliale, craniofaringioma), adenoipofisite e ipertrofia primaria o secondaria (adolescenza, gravidanza, puerperio, pubertà precoce, ipotiroidismo).

Per quanto riguarda la diagnosi differenziale con le altre lesioni cistiche, sono importanti la sede della cisti, il segnale del contenuto cistico e il comportamento dopo mdc: le cisti della pars intermedia e della tasca di Rathke sono completamente intrasellari, mentre il craniofaringioma e le cisti aracnoidea ed epidermoide sono più spesso soprasellari. L’evidenza di un nodulo intracistico (45%) di più basso segnale in T2 indirizza verso la diagnosi di cisti di Rathke, mentre le calcificazioni verso quella di craniofaringioma, ma le due entità possono essere indistinguibili dal microadenoma, se di piccole dimensioni e prive di calcio. Le cisti non tumorali hanno pareti sottili, che non mostrano impregnazione dopo mdc (Fig. 10.6). Non tutte le formazioni cistiche ipofisarie vanno con-siderate come delle vere e proprie lesioni, infatti aree cistiche (inferiori a 2 mm), che alcuni chiamano “difetti di riempimento”, sono state riscontrate nel 15-20% degli studi RM normali e questa percentuale è destinata a crescere con l’impiego di risoluzioni più elevate e spessori più sottili. Alcuni autori utilizzano anche il termine di “modificazioni cistiche intraghiandolari”, in quanto in alcuni casi il reperto è regredi-to spontaneamente; questi “incidentalomi” corrispondono nei rilievi autoptici a cisti semplici o, più raramente, a microscopici adenomi “non funzionanti”.

Macroadenoma ipofisarioI macroadenomi ipofisari si presentano con i segni della compressione delle strutture ottico-chiasmatiche (Fig. 10.7) in quanto più comunemente non funzionanti; meno frequentemente sono secernenti, accompagnati da sindromi da ipersecrezione più o meno specifica e frequentemente meno chiara, a causa dell’età di presentazione clinica più alta. Sono caratterizzati generalmente da accrescimento lento, che può essere di tipo puramente espansivo o misto/infiltrativo. Il prototipo (macroprolattinoma) deter-mina un tipico allargamento/rimodellamento della sella turcica, senza l’erosione/distruzione delle pareti (a differenza di lesioni più aggressive come le metastasi). Ma non è infrequente un comportamento più ag-gressivo, di tipo misto espansivo/infiltrativo (come più spesso fanno gli adenomi GH-secernenti) con sconfinamento nei seni cavernosi, diffusa infiltrazione ossea del clivus, nel seno sfenoidale o nel basicranio (Fig. 10.7 D,E). L’invasione del seno cavernoso rende problematica o impossi-bile l’asportazione chirurgica totale, con possibile successiva indicazione alla radioterapia sul residuo. La direzione di sviluppo e accrescimento può essere sopra- antero-, retro-, latero-, sottosellare; nel caso più co-mune di sviluppo soprasellare il macroadenoma può assumere il tipico aspetto a “otto” o a “pupazzo di neve” (Fig. 10.8 C). Nella RM, il macro-adenoma presenta sostanziale isointensità rispetto al tessuto cerebrale nelle immagini T1 e modica iperintensità in quelle T2, ma l’intensità del segnale è molto variabile, anche per il verificarsi di alterazioni regressive. Le immagini T2 devono essere sempre valutate a confronto con quelle DWI, per identificare gli adenomi duro-fibrosi; l’informazione sul tipo di compattezza dell’adenoma, come già indicato nel precedente paragrafo, è essenziale per la pianificazione chirurgica. Nelle lesioni di grandi dimen-sioni (Fig. 10.7 D-F), è comune la formazione di aree cistico-necrotiche o emorragiche, con conseguente disomogeneità di segnale. Le aree di trasformazione emorragica sono di riscontro relativamente frequente (specie nei macroprolattinomi in terapia medica con cabergolina) e solo raramente corrispondono a un evento clinico acuto a tipo “apoplessia ipofisaria” (Fig. 10.8). Il 10% dei macroadenomi presenta calcificazioni, identificate con certezza solo nella TC. Non sempre i grandi adenomi ipofisari formano vere e proprie masse a sviluppo sopra-parasellare; in

Figura 10.5 Malattia di Cushing. Nelle immagini T1 (A), T2 (B) e nello studio dinamico (C) non si rilevano reperti indicativi con certezza di lesioni focali ipofisarie. In questi casi, l’iter diagnostico comprende il prelievo venoso, sotto stimolo cortisonico, dai seni venosi durali selettivamente cateterizzati (D).

Figura 10.6 Lesioni cistiche intrasellari. Per differenziare l’adenoma ipofisario cistico da altre lesioni cistiche della ghiandola, è necessario valutare con attenzione localizzazione, intensità di segnale e impregnazione. Cisti semplice (A,B) localizzata lungo il margine superiore della ghiandola, di intensità simil-liquorale e priva di enhancement intralesionale o marginale. Cisti della tasca di Rathke (C,D) localizzata nell’area della pars intermedia. Il segnale dipende dal suo contenuto proteico, in questo caso iperintenso in T1 (C), senza impregnazione, intralesionale nè marginale dopo mdc.

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alcuni casi la tumefazione intra-soprasellare è modesta, mentre prevale la crescita propriamente infiltrativa nella base del cranio (Fig. 10.9), in cui la fisiologica iperintensità in T1 dell’osso spongioso (per esempio, del clivus) viene sostituita da ipointensità. In questi casi l’entità dell’infiltrazione ossea, non dominabile dalla chirurgia transfenoidale o transcranica, è meglio definita dalla combinazione delle immagini T1 con quelle T2 “a grasso soppresso” e con quelle T1 dopo mdc “a grasso soppresso”.

Al termine di una valutazione RM completa, il radiologo dovrà quindi riportare nel referto:

• sede di origine, dimensioni ed estensione della lesione (intra-, sopra-, para-, infrasellare);

• rapporti con la sella turcica (e sue dimensioni);• rapporti con le strutture critiche (dislocazione, compressione,

infiltrazione): seno cavernoso, carotide interna, chiasma e nervi ottici, arterie del poligono di Willis, terzo ventricolo;

• presenza ed estensione di componenti infiltrative ossee;• consistenza dell’adenoma, con valutazione basata soprattutto

sulle immagini T2 e sul comportamento in diffusione.

Un giudizio particolarmente critico riguarda la definizione dell’infil-trazione del seno cavernoso e il rapporto con l’arteria carotide interna. L’entità del coinvolgimento (encasement) della carotide è il miglior criterio per definire l’infiltrazione. Quando almeno il 75% della circon-ferenza dell’arteria è circondato dal tessuto adenomatoso o nei casi in cui si riconosce tessuto patologico lateralmente al vaso, l’infiltrazione deve essere considerata sicura, anche se in genere la carotide non è ridotta di calibro (Fig. 10.10).

Figura 10.8 Apoplessia ipofisaria. L’infarcimento emorragico del macroadenoma ha determinato apoplessia ed emorragia subaracnoidea, manifestatesi con cefalea e meningismo. La TC (A) mostra una lesione a densità ematica (freccia), in sede soprasellare, e quote di emorragia subaracnoidea (ESA) nelle adiacenti cisterne silviana, ottico-chiasmatica e interpeduncolare (frecce tratteggiate). La RM rileva l’ESA come iperintensità subaracnoidea nelle immagini FLAIR (B) e la lesione come una voluminosa massa intra- e soprasellare (C, freccia), disomogenea per il contenuto ematico (tenue iperintensità nelle immagini T1). Nei controlli successivi (D) l’adenoma è andato incontro a involuzione/riduzione dimensionale, con erniazione intrasellare delle cisterne ottico-chiasmatiche (sella vuota secondaria). Persiste l’iperintensità centrale in T1.

Figura 10.9 Macroadenoma recidivo con crescita infiltrativa. Le immagini coronali mostrano un adenoma con componenti para-, infra- e soprasellari. La crescita è prevalentemente infiltrativa, con sconfinamento nei seni cavernosi e nel basicranio. Il segnale e il CE sono caratteristici dei macroadenomi.

Figura 10.7 Macroadenomi, PRL-secernente e non secernente. I macroadenomi mostrano segni di massa e maggiore eterogeneità di segnale rispetto ai microadenomi. Nel primo caso (A-C) si tratta di un adenoma le cui dimensioni (11 mm) lo pongono a cavallo tra i micro- e i macroadenomi. Anche le caratteristiche di segnale e di contrast enhancement (CE) complessive (frecce bianche) sono simili a quelle dei microadenomi, ma c’è un piccolo focolaio cistico-necrotico (freccia nera) in cui il mdc diffonde in fase tardiva (C, freccia nera). Nel secondo caso (D-F) una voluminosa ed eterogenea lesione intra- e soprasellare ha allargato la sella turcica e invaso il seno cavernoso di sinistra. La ghiandola ipofisaria normale non è più riconoscibile. Sono ben evidenti le aree di degenerazione cistico-necrotica intralesionali con consensuale disomogeneo CE (punte di freccia).

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CapitoloPatologia della regione diencefalo-ipofisaria | 10 |

I grandi adenomi devono essere differenziati dai meningiomi, dai cra-niofaringiomi, dagli aneurismi e dagli astrocitomi ottico-diencefalici (che costituiscono con il macroadenoma i cosiddetti “big five”), e molto meno comunemente dai più rari istiocitosi, germinoma, metastasi e lin-foma. Per la diagnosi differenziale rivestono un ruolo essenziale l’identi-ficazione dell’epicentro della lesione, il riconoscimento della ghiandola

ipofisaria, la valutazione delle dimensioni e della morfologia della sella, e – ovviamente – la rigorosa analisi del segnale e dell’enhancement. La diagnosi differenziale si pone soprattutto con il meningioma, per il quale depongono la mancanza di allargamento del cavo sellare, l’identi-ficazione dell’ipofisi dislocata dalla massa, il riconoscimento di una base di impianto durale, la maggiore omogeneità del segnale (isointenso),

Figura 10.10 Encasement della carotide cavernosa come criterio differenziale tra macroadenoma ipofisario (A) e meningioma (B, C). Il macroadenoma con estensione infra- e soprasellare ha invaso i seni cavernosi e inglobato completamente la carotide cavernosa di destra (freccia nera), senza riduzione di calibro. Il meningioma (“a placca”) ha caratteristiche di crescita e segnale simili all’adenoma, con encasement carotideo, ma la carotide destra è ridotta di calibro (freccia bianca).

Tabella 10.1 Diagnosi differenziale del macroadenoma

Grande adenoma Meningioma Craniofaringioma

Epicentro Intrasellare • Parasellare• Soprasellare

• Soprasellare,intra-esoprasellare• Intrasellare(raro)

Ipofisi Non riconoscibile Riconoscibile Riconoscibile

Segnale T1 • Isointenso• Variabile

• Isointenso• Omogeneo

• CS:variabile,isointenso• CC:iperintenso

Segnale T2 • Iperintenso• Variabile

• Isointenso• Omogeneo

• CS:variabile• CC:iperintenso(ancheinFLAIR)

CE • Marcato• Disomogeneo

• Marcato,omogeneo• Dural tail

• CS:eterogeneo• CC:marginale

Calcificazioni Rare (1-2%) Comuni (20-25%), di forma variabile • 90%bambini;70%adulti• Aguscio

Cisti Comuni (10-20%) Rare 90%

Emorragie Possibili (10%) Rare Rare

Necrosi Comuni (10-20%) Rare

Morfologia della sella Allargata • Generalmentenormale• Possibileiperostosi

Generalmente normale

Crescita infiltrativa • FrequenteneiGH-secernenti• Encasement dell’ACI

non stenosante

• Possibile• Encasement stenosante dell’ACI

Rara

Età Adulti (20-40 anni) Adulti • 5-15anni• 50-60anni

ACI: arteria carotide interna; CC: componente cistica; CS: componente solida.

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l’evidenza di una cospicua reazione/ispessimento meningeo marginale (segno della coda, caratteristico, ma non patognomonico) e la stenosi concentrica della carotide interna nei casi di coinvolgimento del seno cavernoso (vedi oltre Fig. 10.14). Più agevole è la diagnosi differenziale con il craniofaringioma (vedi oltre Fig. 10.16) in cui l’epicentro è più co-munemente soprasellare, la sella turcica generalmente non è ingrandita e prevalgono le componenti cistiche, con calcificazioni – caratteristica-mente “a guscio” – e il profilo superiore della massa è spesso lobulato. Le componenti solide sono di segnale diverso, in genere iperintenso nelle immagini T2, con incostante impregnazione dopo mdc, spesso di tipo “reticolare”. Anche le componenti cistiche hanno contenuto di segnale molto variabile, in genere superiore a quello liquorale, talvolta con forte iperintensità nelle immagini T1 senza mdc (corrispondente al cosiddetto “olio di motore”) (Tab. 10.1).

La diagnosi differenziale con l’aneurisma della carotide intraca-vernosa o sovraclinoidea è di solito facile, perché nell’aneurisma è identificabile il “vuoto da flusso”, ci sono comunemente apposizioni trombotiche lamellari marginali e già nelle immagini RM senza mdc la diagnosi è immediata. L’astrocitoma ottico-diencefalico, quasi sempre di istologia pilocitica, è raro al di fuori dell’età pediatrica e si distingue senza difficoltà dall’adenoma per il risparmio dell’ipofisi e della sella turcica, per l’epicentro ipotalamico e il coinvolgimento del chiasma ottico e la possibile estensione ai nervi.

Controllo dopo il trattamento degli adenomi ipofisariNegli ultimi anni le problematiche con cui il neuroradiologo si deve confrontare nell’ambito del controllo dopo il trattamento di un adeno-ma ipofisario sono certamente cambiate: si è molto ridotta la frequenza di ricorso al trattamento chirurgico degli adenomi funzionanti, grazie alla disponibilità di farmaci più efficaci; sono state sviluppate tecniche endoscopiche che hanno migliorato i risultati degli accessi transnaso-sfenoidali; sono sempre più disponibili e più precise le modalità di trat-tamento radiochirurgico (mediante gamma-knife e cyber-knife). Di con-seguenza è cresciuta l’importanza dei controlli dopo il trattamento non chirurgico e nell’ambito dei controlli postoperatori sono meno frequenti quelli dei microadenomi “funzionanti”. Naturalmente le problematiche diagnostiche post-trattamento sono diverse a seconda della modalità terapeutica e anche in relazione alle dimensioni dell’adenoma.

Ci sono alcune semplici regole comuni che si devono rispettare nei controlli postoperatori:

• non è proponibile un controllo senza la disponibilità delle immagini RM prechirurgiche e la conoscenza della tecnica usata;

• il controllo postoperatorio deve utilizzare la RM; il ricorso alla TC è giustificato solo in emergenza e nel sospetto di complicanze precoci, quali il sanguinamento, la fistola liquorale o l’idrocefalo;

• al di fuori delle necessità urgenti non è giustificato il ricorso a controlli precoci, cioè prima che siano trascorsi 45-60 giorni dall’operazione, in modo che si riducano le alterazioni reattive e i reperti determinati dal materiale utilizzato per l’emostasi;

• è essenziale ricercare nella sede sospetta per residuo o recidiva le stesse caratteristiche di segnale e di CE rilevate nell’adenoma prima dell’intervento.

Nel caso dei piccoli adenomi ipofisari (microadenomi o adenomi intrasellari, senza o con minima espansione soprasellare) il controllo viene utilizzato per la conferma della rimozione radicale e/o l’esclu-sione dei residui (anche infiltranti). Dopo la rimozione radicale di un piccolo adenoma intrasellare, la RM viene condotta con la stessa tecnica impiegata nella valutazione diagnostica prechirurgica e se il controllo è precoce (<3 mesi) non è infrequente che persistano minimi segni di “massa” (con possibile spostamento controlaterale del peduncolo) e che permanga nella sede della lesione rimossa una piccola ipointensità in T1 (prima e dopo mdc), causati dal materiale di emostasi e dalle alterazioni reattive nel “letto chirurgico” (Fig. 10.11). Pertanto si potrebbe incorrere nell’errore di diagnosticare un residuo dell’adenoma e diviene essenziale confrontare il tipo di ipointensità in T1 e soprattutto il segnale in T2 con quelli prechirurgici: in questo modo è agevole riconoscere la differenza e prospettare la diagnosi corretta. Un’ attenzione particolare deve essere rivolta al controllo degli adenomi a localizzazione molto laterale o con componenti infrasellari, perché in queste evenienze si deve escludere l’esistenza di residui intracavernosi (magari non riconosciuti nella RM prechi-rurgica) o infiltranti lo sfenoide. Più tardivamente (per esempio, a un anno dall’intervento) saranno evidenti invece la riduzione di altezza dell’emighiandola che conteneva il microadenoma e la tendenza all’erniazione intrasellare – dallo stesso lato – dello spazio cisternale ottico-chiasmatico. Molto diverso è lo scenario dei controlli nei grandi adenomi; in questi casi spesso il neurochirurgo sa di avere rimosso

Figura 10.11 Controllo RM postoperatorio. L’adenoma PRL-secernente (A-B) occupa la metà destra della ghiandola, è tenuemente ipointenso nelle immagini T2 (A), con ridotta impregnazione nelle immagini T1 dopo mdc (B), associato a segni di massa (slivellamento del pavimento sellare, protrusione del profilo superiore dell’ipofisi a destra). Lo studio RM a 2 mesi dall’intervento documenta la rimozione macroscopica dell’adenoma, ma in sede basale destra permane una piccola area di iperintensità nelle immagini T2 (C, freccia colorata) con scarso/nullo enhancement (D, freccia bianca). Il reperto non deve sollevare il dubbio di residuo di adenoma; si tratta del “letto residuo” lasciato dalla rimozione radicale della lesione, confermata dai successivi controlli.

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CapitoloPatologia della regione diencefalo-ipofisaria | 10 |

solo una parte della lesione, a seconda del tipo di accesso (Fig. 10.12); inoltre nei tumori infiltranti il residuo intracavernoso o intraosseo è del tutto atteso. È necessario allora procedere con molto ordine e valutare l’entità della resezione sulla base della scomposizione della lesione in componenti identificabili nella RM prechirurgica. In questo modo si potrà affermare, per esempio, che la componente intrasellare è stata rimossa (Fig. 10.12 A-C), mentre quella soprasellare solo par-zialmente e quelle infiltranti o parasellari sono rimaste immodificate. In particolare, è importante definire il residuo rispetto al cavo sellare e alle strutture critiche adiacenti (carotide, chiasma e nervi ottici, parete durale dei seni cavernosi). Nei grandi adenomi operati è poi comune trovare componenti cistico-emorragiche riconoscibili con adeguate sequenze. La possibilità di una “sella vuota” postchirurgica aumenta con le dimensioni dell’adenoma rimosso per via transfenoidale e quanto più il chiasma ottico era sollevato da un macroadenoma, tanto più è probabile che dopo la rimozione il chiasma ottico “cada” nel cavo sellare, reperto che non si accompagna generalmente a disturbi del visus. Dopo la rimozione transfenoidale di un adenoma non bisogna confondere l’iperplasia mucosa e le alterazioni flogistiche

intrasinusali con un residuo (ovviamente improbabile per la via di accesso) intrasfenoidale: anche in questo caso, il dubbio sarà fugato confrontando il segnale flogistico reattivo in T1 e T2 con quello del tessuto adenomatoso nella RM prechirurgica.

Ancora diverse sono le problematiche dei controlli dopo terapia me-dica degli adenomi funzionanti e in particolare dei prolattinomi; anche qui ci possono essere sostanziali differenze a seconda delle dimensioni dell’adenoma. Nei prolattinomi molto piccoli, l’uso della cabergolina ottiene quasi costantemente il controllo dell’iperprolattinemia e la regressione dei sintomi, ma solo raramente il microadenoma si riduce significativamente di dimensioni: più piccolo è l’adenoma, meno è probabile osservare una riduzione significativa. Al contrario nei prolatti-nomi medi, grandi e in quelli giganti si assiste spesso a un effetto molto più evidente, con lesioni che si sciolgono “come neve al sole” in pochi mesi e danno esito a una sella vuota simile a quella che si verifica dopo la rimozione chirurgica (Fig. 10.13). Tutte le componenti dei grandi prolattinomi si riducono con la cabergolina, ma le estese alterazioni infiltrative adenomatose hanno un’evoluzione RM molto più lenta e solo molto più tardivamente (anni) si documenta la ricomparsa del

Figura 10.12 Controlli postoperatori di macroadenomi. Nel primo caso (A-C) è evidente la rimozione della componente intrasellare attraverso l’accesso transfenoidale, con cavità liquorale intrasellare (freccia). Residuano le componenti infiltranti intracavernose e nel basicranio (sfenoide, clivus e basioccipite). Nel secondo caso (D-F) si apprezza un ampio residuo di adenoma infiltrato, duro-fibroso (basso segnale in T2 e nelle mappe ADC; D,E, doppia freccia), dopo il tentativo di rimozione transcranica. Si notino l’infiltrazione del seno cavernoso di destra e la voluminosa componente soprasellare sinistra.

Figura 10.13 Modificazioni post-trattamento medico (cabergolina). Nell’esame pretrattamento è evidente una lesione che espande la metà sinistra della ghiandola (A, freccia ), con i classici segni di massa, ipointensa nelle immagini T2 e con scarso enhancement dopo mdc (B). Il trattamento medico ha determinato la regressione della lesione (C, D) con riduzione di altezza della metà sinistra della ghiandola e consensuale localizzata sporgenza intrasellare dello spazio cisternale.

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normale segnale spongioso; in tale situazione, però, è comune che il segnale dell’osso infiltrato divenga fortemente iperintenso nelle imma-gini T2, in conseguenza dell’effetto terapeutico, mentre non sempre si modifica il reperto dopo mdc, anche applicando la soppressione del segnale adiposo.

Infine, si riporta qualche nozione riguardo al controllo dopo la ra-diochirurgia, applicata soprattutto in caso di residui non suscettibili di rimozione chirurgica ulteriore, particolarmente in sede intracavernosa e/o intraossea. Si tratta di solito di bersagli di dimensioni inferiori ai 2 cm in cui i controlli RM hanno un duplice scopo, da un lato la valu-tazione della risposta, dall’altro l’esclusione di complicanze ed effetti collaterali. Per questo motivo, in genere, i controlli vengono richiesti a 6-12-24-36 mesi dalla radiochirurgia; di solito la riduzione di volume si verifica a partire da 12 mesi ed è completa a 24 mesi, e i controlli precoci (6 mesi o prima) sono eseguiti per escludere complicanze. Ri-spetto a quanto si verifica con la terapia medica dei prolattinomi, dopo la radiochirurgia non è comune osservare modificazioni del segnale in T2 e del CE; di solito la massa residua si riduce di volume e solo in pochi casi se ne apprezza un’evoluzione malacica o un incremento dell’intensità di segnale in T2.

TUMoRI E MASSE non ADEnoMAToSE

Quando si valuta una lesione della regione sellare la prima domanda da porsi è quale sia la sua origine: intrasellare, parasellare o soprasellare? Se è intrasellare, o con ampia componente intrasellare, si deve cercare di individuare l’ipofisi (utilizzando tutte le sequenze a disposizione, prima e dopo mdc, con particolare attenzione ai piani coronali) e de-terminare se la ghiandola sia separabile o meno dalla massa. Se la sella turcica è allargata e la ghiandola non è più distinguibile o una parte del tumore è sicuramente dentro l’adenoipofisi, l’ipotesi di adenoma è di gran lunga la più probabile. Le ipotesi alternative di lesioni che determinano una tumefazione della ghiandola ipofisaria (sarcoidosi, istiocitosi, ipofisite, germinoma, metastasi) sono infatti estremamente improbabili. Se la sella non è allargata e la ghiandola è riconoscibile, separata dalla massa (dislocata o compressa), è del tutto verosimile un’origine del tumore/massa dalle strutture limitrofe (meningi, ence-falo, vasi ecc.). Tradizionalmente la diagnosi differenziale delle lesioni diencefalo-ipofisarie è ricercata dunque in base alla localizzazione/epicentro, ma questa modalità di procedere deve essere supportata dalle seguenti semplici considerazioni.

1. La frequenza relativa delle lesioni. Il 75-80% delle lesioni rientra nei big five, e quindi da queste ipotesi deve partire la diagnosi differenziale, considerando patologie diverse solo in seconda istanza (negli adulti).

2. L’età dei pazienti. Alcune lesioni si rilevano quasi esclusivamente in determinate fasce di età (sino a due anni per l’istiocitosi a cellule di Langerhans, picco bifasico per il craniofaringioma), o sono più frequenti nel bambino-adolescente (germinoma,

astrocitoma diencefalo-ipofisario, malformazioni) o nell’adulto (adenoma, meningioma, metastasi, linfoma). Altre condizioni (iperplasia ipofisaria) devono essere considerate manifestazioni parafisiologiche di alcune fasi della vita (gravidanza, allattamento).

3. La caratterizzazione con RM morfologica. Con l’uso e l’analisi razionale della RM, si devono definire le caratteristiche macroscopiche (e dove possibile microstrutturali) della lesione e di ogni sua componente (solida, cistica, necrotica, emorragica, calcifica) e la modalità di crescita (espansiva o infiltrativa). Queste informazioni sono necessarie sia per la diagnosi di natura, sia per la pianificazione del trattamento.

4. L’integrazione con la TC o mediante RM “non morfologica”. La DWI è utile per differenziare la cisti epidermoide (iperintensa) dalla cisti aracnoidea, dal craniofaringioma e dal meningocele (ipointensi), e i valori ADC per differenziare il craniofaringioma (bassi valori) dall’adenoma cistico e dalla cisti di Rathke.

5. La correlazione dei dati RM con quelli clinico-ormonali. Valori di prolattina superiori a 150 ng/mL sono indicativi di adenoma secernente; più in generale tutti gli adenomi secernenti hanno una manifestazione clinico-laboratoristica.

Nell’ottica di questa sintetica trattazione, si prenderanno in consi-derazione le masse che pongono più frequenti e rilevanti problema-tiche di diagnosi differenziale, quindi i tumori di origine meningea (meningiomi), quelli originanti dall’encefalo (gliomi e amartomi), i craniofaringiomi, gli aneurismi della carotide interna, i tumori ossei del basicranio (cordoma) e i tumori neurogeni locoregionali (neurinoma/schwannoma).

MeningiomaÈ frequente il coinvolgimento della regione sellare da parte di menin-giomi originanti dalle pareti sellari o più frequentemente da aree adia-centi del basicranio, quali il planum etmoido-sfenoidale (Fig. 10.14), la grande ala dello sfenoide, il canale ottico e il legamento clinopetroso. I meningiomi propriamente “sellari” possono originare dal tubercolo, dal diaframma, dai processi clinoidei anteriori (soprasellari), dalla la-mina quadrilatera (retrosellari), dalle pareti laterali della sella turcica/seni cavernosi (parasellari) (Fig. 10.14) ed – eccezionalmente – dal peduncolo ipofisario. Solitamente a lenta crescita, si presentano dal punto di vista clinico con segni di compressione delle strutture nervose e cefalea. L’aspetto RM tipico è rappresentato da una lesione espansi-va, con limiti solitamente netti e segnale omogeneo, isointenso nelle immagini T1 e T2, nel cui contesto si possono riconoscere/sospettare calcificazioni, con frequente iperostosi adiacente alla base di impianto; in questi casi è utile il ricorso alla TC per la ricerca/conferma di cal-cificazioni e iperostosi reattiva (Fig. 10.15 C). Nelle forme “a placca” della base cranica, è possibile che i forami della base siano coinvolti (Fig. 10.15 D) per l’estensione del tessuto patologico, ma la diagnosi differenziale con il neurinoma/schwannoma è generalmente agevole.

Figura 10.14 Reperti RM tipici di meningioma. La lesione ha base di impianto sul tubercolo sellare con estensione intrasellare e soprasellare, isointensità in T1 (A) e T2 (B), con omogeneo contrast enhancement (C). Da notare che il meningioma non ha allargato il cavo sellare (frecce bianche tratteggiate), ha compresso la ghiandola, ben riconoscibile come separata dalla massa (freccia nera), e ha determinato dural tail (punta di freccia) sul planum sfenoidale (C).

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CapitoloPatologia della regione diencefalo-ipofisaria | 10 |

Dopo mdc si osserva impregnazione solitamente netta e omogenea, estesa alla dura madre, con il tipico (seppur non patognomico) segno del dural tail (Fig. 10.14). La saturazione del segnale del tessuto adiposo, dopo mdc, su almeno due piani dello spazio, agevola la definizione di questi reperti. Meno tipici sono il segnale iperintenso o ipointenso in T2, il sequestro di spazi liquorali adiacenti, la necrosi, le emorragie e lo scarso o disomogeneo CE. Identificati la sede di impianto, le caratteri-stiche di segnale e l’enhancement della lesione, è importante definire i rapporti con le strutture vascolonervose adiacenti, ai fini della diagnosi differenziale con gli adenomi e per la pianificazione del trattamento: infatti l’inglobamento stenosante (encasement) dell’arteria carotide in-terna (Fig. 10.10) è comune nei meningiomi (e negli eccezionali casi di linfoma o malattia di Tolosa-Hunt) e molto raro negli adenomi.

CraniofaringiomaÈ considerato una neoplasia ad aggressività locale, di derivazione epite-liale disembriogenetica, localizzata esclusivamente nella regione ottico-diencefalica, con un picco di incidenza bimodale (nelle prime due decadi e tra i 50-60 anni di vita). L’epicentro è solitamente nella cisterna soprasellare, ma la lesione può svilupparsi lungo tutto il percorso del

canale craniofaringeo, anche in sede intrasellare, nel terzo ventricolo e addirittura nello sfenoide o cavo rinofaringeo. Ci sono due criteri di classificazione, quello chirurgico (sellari, soprasellari prechiasmatici e retrochiasmatici) e quello morfologico/radiologico (soprasellari: 75%; sopra- e intrasellari: 21%; completamente intrasellari o in altre localizzazioni: 4%). Sono lesioni inattive dal punto di vista ormonale, in cui la manifestazione clinica consiste nell’ipertensione endocranica, nei disturbi della vista e nell’ipopituitarismo. Si tratta di tumori di mor-fologia e dimensioni variabili, da pochi millimetri a molti centimetri. Istologicamente, si distinguono due forme: adamantinomatosa (più frequente e tipica dell’età pediatrica) e papillare (molto più rara e tipica dell’età adulta) (Fig. 10.16). Il craniofaringioma si caratterizza per la presenza di formazioni cistiche (di maggior numero e più grossolane nella forma adamantinomatosa) e componenti solide (di entità mag-giore nella forma papillare), associate a più o meno grossolane calcifica-zioni nella porzione solida del tumore o lungo la superficie delle cisti; le calcificazioni sono presenti nel 90% delle forme pediatriche e nel 70% di quelle adulte (Fig. 10.16 C,F). La forma adamantinomatosa si associa spesso a reazione gliotica che rende la lesione difficilmente separabile dalle strutture ipotalamiche e locoregionali, solleva problematiche di diagnosi differenziale con i gliomi e rende critica la rimozione chirur-

Figura 10.15 Meningioma “a placca” latero-sellare destro. In questo caso la lesione è in sede parasellare destra, “riempie” il seno cavernoso (A) e si estende verso lo spazio masticatorio attraverso il forame ovale (B, freccia tratteggiata). Reperti indicativi della diagnosi di meningioma sono le tenui calcificazioni intralesionali (C, punta di freccia), l’associata iperostosi (C,D, frecce nere) e l’allargamento del forame ovale (D, freccia bianca), meglio evidenti alla TC.

Figura 10.16 Due casi di craniofaringioma: adamantinomatoso (A-C) e papillare (D-F). Nella forma adamantinomatosa il segnale del contenuto cistico è più elevato di quello del LCR nelle immagini T1 e francamente iperintenso in quelle T2 (A); dopo mdc si notano l’impregnazione delle pareti (B) e, nella TC, le piccole calcificazioni marginali (C). Nella forma papillare sono predominanti le componenti solide, la cui impregnazione è eterogenea (E) e nel cui contesto si collocano le calcificazioni (F).

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gica radicale. La forma papillare, invece, ha una pseudocapsula che la rende “clivabile” dal tessuto nervoso. Nei casi tipici, la RM dimostra una massa soprasellare con margini ben definiti e disomogeneità del contenuto cistico che può essere sieroso (iso-ipointensità T1), mucoide/iperproteinaceo, adiposo, emorragico o misto; la definizione di “olio di motore” si riferisce a materiale viscoso, iperproteinaceo, con com-ponenti colesteriniche. La diffusività è bassa, con valori ADC inferiori a quelli dell’adenoma cistico e della cisti di Rathke; la spettroscopia dimostra un picco di lipidi a 1-1,5 ppm. Le calcificazioni, sospettabili nella RM, sono chiaramente dimostrabili con la TC.

Glioma ottico-diencefalicoÈ un glioma tipico dell’età infantile, spesso associato alla neurofibroma-tosi di tipo 1, che nella maggior parte dei casi risulta essere istologica-mente un astrocitoma pilocitico (benigno, grado 1). La presentazione clinica dipende da sede (chiasma ottico o ipotalamo) e direzioni di crescita. I gliomi ottico-chiasmatici hanno un comportamento clinico e radiologico molto variabile: si va da forme con crescita e sviluppo lenti a casi relativamente aggressivi, che si estendono lungo i nervi ottici e invadono il terzo ventricolo (Fig. 10.17). La RM dimostra tumefa-zione del chiasma con isointensità nelle immagini T1 e iperintensità in quelle T2; lesioni di maggiori dimensioni possono contenere aree cisticonecrotiche; dopo mdc, il tumore presenta un variabile grado di impregnazione. L’alterazione di segnale e l’entità dell’impregnazione possono variare nel tempo, senza che ciò deponga per una trasformazio-ne maligna (quasi eccezionale). Il monitoraggio RM può dimostrare la regressione tumorale, spontanea o dopo biopsia, in neurofibromatosi o al di fuori, soprattutto nelle forme originanti dalle vie ottiche anteriori. Nella neurofibromatosi di tipo 1, la diagnosi differenziale è con gli amartomi, che solitamente hanno una distribuzione ubiquitaria, non esercitano effetto massa né si impregnano dopo mdc.

AneurismaGli aneurismi rappresentano la più frequente patologia parasellare non neoplastica e originano dai tratti intracavernoso e sopraclinoideo dell’arteria carotide interna; spesso possono presentare un diametro

superiore a 2,5 cm (aneurisma gigante) (Fig. 10.18), con abbondanti apposizioni trombotiche e calcifiche nel contesto. In questa sede, si manifestano clinicamente con segni di compressione sulle strutture ner-vose circostanti, quali diplopia (interessamento dei nervi oculomotori nel seno cavernoso) o disturbi campimetrici come l’emianopsia nasale omolaterale (interessamento delle strutture ottico-chiasmatiche). Sono aneurismi a basso rischio di rottura con emorragia subaracnoidea; più probabili sono il rischio di fissurazione nel seno cavernoso omolate-rale e sviluppo di una fistola carotido-cavernosa diretta. Il reperto RM caratteristico è il “vuoto da flusso” della porzione pervia dell’aneurisma (Fig. 10.18 B,C), mentre le porzioni periferiche dell’aneurisma (per flusso vorticoso o rallentato) e le formazioni trombotiche parietali possono apparire iperintense in T1 e iso-iperintense in T2, con aspetto lamellare. Possono essere considerati reperti aggiuntivi gli artefatti di tipo ghost lungo la codifica di fase e all’interno dell’aneurisma, pro-dotti soprattutto dagli aneurismi di cospicue dimensioni. Dopo mdc l’impregnazione è disomogenea, variabile in rapporto alle dimensioni e al grado di trombosi intraluminale. Il completamento con sequenze angiografiche permette di definire le dimensioni dell’aneurisma e del colletto, i rapporti con l’origine delle adiacenti arterie e il calibro dei vasi a valle. Anche l’esame angio-TC fornisce informazioni dettagliate su dimensioni, forma e rapporti dell’aneurisma, ma l’esame diagnosti-co gold standard resta l’angiografia digitale, soprattutto per scegliere le modalità di trattamento (endovascolare o neurochirurgico).

CordomaIl cordoma è un tumore osseo che trova nel clivus la seconda sede più frequente dopo quella sacrale. Si tratta di un tumore originante da residui della notocorda, con grado di malignità intermedio; si distin-guono forme tipiche e forme condroidi; tende all’invasività locale e alla recidiva dopo il trattamento. Viene qui ricordato come prototipo di tumore osseo locoregionale che può coinvolgere la regione sellare, anche se molto raramente implica problematiche di diagnosi differen-ziale con gli adenomi ipofisari. Il segnale RM del cordoma è variabile e dipende dalle sue componenti istologiche; non è raro riscontrare focali ipointensità intralesionali con le immagini T2* GRE, che risul-tano come nette calcificazioni alla TC; spesso sono evidenti anche aree

Figura 10.17 Astrocitoma ottico-chiasmatico. La lesione (punte di freccia nere) è “centrata” nel diencefalo e si estende verso il terzo ventricolo. L’intensità di segnale e l’impregnazione contrastografica sono disomogenee. Le frecce bianche indicano l’ipofisi sottostante la neoformazione, che è ben riconoscibile sui piani nelle immagini sagittali e coronali.

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necrotico-emorragiche intralesionali. Dopo mdc, si nota una disomo-genea, parziale e incompleta impregnazione. La diagnosi differenziale si può porre con meningioma, tumori cartilaginei come il condroma/condrosarcoma e linfoma.

neurinomaI neurinomi (schwannomi) dei nervi del seno cavernoso (III, IV, V e VI) sono rari e si riscontrano frequentemente nel contesto di una neurofibromatosi di tipo 1. Il nervo più colpito è il trigemino e la se-

meiotica è quella classica: tumefazione centrata sul nervo, con comune allargamento del forame osseo di pertinenza. I neurinomi di grandi dimensioni possono presentare componenti cistico-necrotiche.

AmartomaL’amartoma è una lesione con forma sessile o peduncolata solitamente localizzata nella porzione posteriore dell’ipotalamo tra il peduncolo ipofisario e i corpi mammillari, iperintensa nelle immagini T2 e senza impregnazione dopo mdc; nei casi tipici si associa a iperplasia dell’ade-noipofisi. La più frequente manifestazione clinica è la pubertà precoce, anche se possono coesistere turbe del comportamento, crisi gelastiche e ritardo mentale (vedi Capitolo 19).

TUMEFAzIonI DEL PEDUnCoLo IPoFISARIo E DELL’InFUnDIBoLo

L’aspetto normale del peduncolo ipofisario è quello di una sottile (spessore massimo 2 mm) propaggine tubulare, disposta tra l’emi-nenza mediana dell’ipotalamo e l’ipofisi, conformato “a imbuto”, il cui spessore si riduce in senso cranio-caudale. Nelle immagini T1-dipendenti il peduncolo appare isointenso rispetto all’encefalo e ipointenso alla neuroipofisi, in quelle T2-dipendenti isointenso rispetto alla sostanza bianca, con una sottile iperintensità centrale simil-liquorale; dopo mdc l’impregnazione è rapida e omogenea e si può continuare lungo le pareti del recesso infundibolare. Un ampio spettro di patologie neoplastiche (germinoma, metastasi, pituicitoma), infiammatorie (istiocitosi a cellule di Langerhans, ipo-fisite linfocitaria, sarcoidosi) e infettive (meningiti) può interessare il peduncolo ipofisario, determinando la sua tumefazione (aumento di spessore) o la formazione di vere e proprie masse (Fig. 10.19). La diagnosi differenziale si può avvalere delle modificazioni di segnale nelle diverse sequenze solo nelle lesioni più voluminose, mentre nelle minime tumefazioni le alterazioni di segnale sono di difficile rilievo o aspecifiche e anche le modalità di impregnazione dopo mdc non sono specifiche in mancanza della barriera emato-encefalica. Le alterazioni morfologiche (spessore >2 mm) con la perdita dell’aspetto “a imbuto” del peduncolo/infundibolo e la mancanza della normale iperintensità della neuroipofisi (ben apprezzabile con le immagini sagittali T1 senza mdc) sono reperti del tutto aspecifici. Diventano quindi rilevanti per la diagnosi differenziale l’età e la coesistenza di altre lesioni endocra-niche o sistemiche. Di fronte all’insorgenza di diabete insipido e alla

Figura 10.18 Aneurisma gigante del segmento intracavernoso dell’arteria carotide interna destra. La TC dimostra una lesione parasellare destra, tenuemente iperdensa (A, freccia tratteggiata), con associato rimodellamento della parete laterale della sella. Lo studio RM evidenzia il tipico segnale di “vuoto da flusso” (B,C, frecce). L’esame angiografico (D) rimane essenziale in considerazione delle decisioni terapeutiche (endovascolari o neurochirurgiche).

Figura 10.19 Schema dell’aspetto normale e patologico del peduncolo ipofisario.

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documentazione della mancanza della fisiologica iperintensità in T1 della neuroipofisi, anche se non si dimostrano tumefazioni infundi-bolari/peduncolari né altri reperti patologici dopo mdc, è opportuno proporre un nuovo controllo RM, poiché talvolta la scomparsa del deposito di ormone antidiuretico nella postipofisi precede di molti mesi l’evidenza RM di una tumefazione del peduncolo o di un’altra lesione espansiva/infiltrativa locoregionale.

Nei bambini, le patologie più frequenti sono l’istiocitosi e il germi-noma (Fig. 10.20), mentre negli adulti la sarcoidosi, le metastasi, il linfoma e le altre granulomatosi sono le più verosimili responsabili della tumefazione del peduncolo (Fig. 10.21). Nei bambini la coesi-stenza di lesioni litiche della teca cranica indirizza fortemente verso l’istiocitosi (con possibili ulteriori localizzazioni intrassiali e menin-gee), mentre la concomitanza di una lesione pineale è indicativa di germinoma, specie se caratterizzata da un segnale relativamente basso nelle immagini T2 e DWI (Fig. 10.20 D-F); l’incremento del picco dei lipidi nei germinomi è stato recentemente riportato. Nei germinomi a esclusiva localizzazione infundibolare/soprasellare non c’è la carat-teristica prevalenza del sesso maschile (rapporto 8 a 1), prerogativa dei germinomi pineali.

Negli adulti, la diagnosi di sarcoidosi (Fig. 10.21 A,B) si può basa-re sulla coesistenza di altri reperti suggestivi, quali l’infiltrazione de-gli spazi perivascolari, l’ispessimento e l’ipointensità in T2 della du-ra, la leucoencefalopatia; anche in questa evenienza, il segnale della tumefazione del peduncolo tende a essere basso in T2. Le metastasi (Fig. 10.21 C, D) si verificano più frequentemente per diffusione liquorale e coinvolgono l’asse infundibolo-peduncolare per via endoventricolare; si osservano soprattutto nei tumori maligni neuroepiteliali dei bambini (come il medulloblastoma e i tumori neuroectodermici primitivi) e, negli adulti, nei tumori extra-SNC (polmonari, della mammella, melanomi, lin-fomi), specie se già trattati per metastasi intracerebrali con radioterapia.

Figura 10.20 Due lesioni infundibolo-peduncolari pediatriche: istiocitosi a cellule di Langerhans (A-C) e germinoma (D-F). Nel primo caso, la sagittale T1 (A) dimostra una tumefazione dell’ipotalamo e dell’infundibolo, sostenuta da una vera e propria “massa” (freccia) che ha epicentro nell’ipotalamo, tenuemente ipointensa nelle immagini T1 e isointensa in quelle T2 (B), con marcata impregnazione dopo mdc (C). L’intensità di segnale del germinoma è lievemente più bassa in T2 (D), il contrast enhancement (CE) più marcato (E) e la densità elevata in TC senza mdc (F, punte di freccia), a causa della ipercellularità. La concomitanza di altre localizzazioni (per disseminazione liquorale) nella regione pineale (doppia freccia) e nei ventricoli (frecce tratteggiate) supporta l’ipotesi di un germinoma.

Figura 10.21 Neurosarcoidosi e metastasi con localizzazione infundibolo-peduncolare. I reperti RM risultano simili nella neurosarcoidosi (A,B) e in una metastasi di carcinoma della mammella (C,D); in questi casi possono divenire dirimenti altri dati, come l’età e le lesioni sistemiche associate.

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SELLA VUoTA E MISCELLAnEA

Si tratta di condizioni di diversa natura, con espressione clinica molto eterogenea, asintomatiche o associate a sindromi endocrine seconda-rie a carenza di produzione ormonale, totale (panipopituitarismo) o parziale. Sono accomunate da un quadro RM definito come “sella vuota” (termine puramente radiologico), caratterizzato dalla “man-canza “o dalla riduzione di spessore/altezza dell’adenoipofisi, con/senza aumento di volume della sella, occupata da segnale liquorale. Di fronte a questo reperto, lo studio RM ha lo scopo di rilevare condi-zioni patologiche che possono essere responsabili della “sella vuota” (distinguendo forme primarie da forme secondarie) o reperti indicativi di condizioni malformative.

Nella sella vuota “primaria” si verifica una lenta e progressiva ernia-zione degli spazi subaracnoidei soprasellari all’interno del cavo sellare, in seguito alla fisiologica pulsazione liquorale che agisce su una con-genita deiscenza del diaframma sellare (Fig. 10.22 A,B). Nella maggior parte dei casi si tratta di un reperto occasionale, del tutto asintomatico. I casi sintomatici sono rappresentati per lo più da donne obese, multipare e ipertese, con cefalea, manifestazioni ansioso-depressive, alterazioni ormonali e del campo visivo; in questi casi, la sella turcica può essere espansa dalla erniazione intrasellare del diverticolo aracnoideo. Rara-mente la sella vuota primaria può provocare deiscenza del pavimento sellare e manifestarsi con fistola liquorale (con il seno sfenoidale), rinoliquorrea e/o meningite.

La sella vuota “secondaria” può essere conseguenza di procedure chirurgiche, della regressione di un adenoma ipofisario (spontanea o indotta dalla cura farmacologica) (Fig. 10.13 D), di un trattamento radiante, di eventi ischemici, emorragici (Fig. 10.8 D), traumatici o autoimmuni, o essere determinata dall’aumento della pressione en-docranica (Fig. 10.22 C,D). In caso di ipertensione endocranica (e/o di cosiddetto pseudotumor cerebri), il reperto di sella vuota può essere associato a dilatazione o riduzione degli spazi subaracnoidei della convessità e a distensione degli spazi liquorali periottici (Fig. 10.22 E); in queste circostanze può essere opportuno completare lo studio RM con angio-RM dei seni venosi durali (meglio se con tecnica sequenziale CE) perché non raramente la condizione è conseguenza di ipertensione venosa da ostruzione dei seni venosi durali (Fig. 10.22 D), anche se la reale frequenza dell’ostruzione venosa sinusale è molto controversa. I reperti RM caratteristici sono l’aumento di volume armonico e simme-

trico della sella, con pavimento che può essere assottigliato e sporgente verso il seno sfenoidale e contenuto liquorale in continuità con gli spazi subaracnoidei sovrastanti. Il peduncolo ipofisario, ben visibile, risulta stirato e attratto in basso/indietro verso il sottile foglietto adenoipo-fisario residuo, con morfologia semilunare, adagiato sul pavimento/dorso sellare.

La diagnosi differenziale della sella vuota comprende l’ipoplasia ghiandolare e le cisti malformative (aracnoidali, epidermoidi, neuroe-piteliali tipo Rathke). Nell’ipoplasia ghiandolare la diagnosi si basa su una sella turcica di dimensioni ridotte e nella cisti epidermoide sull’in-tensità di segnale (superiore a quella del LCR) nelle immagini FLAIR e DWI. Nelle cisti aracnoidee il contenuto ha segnale simil-liquorale, come nella sella vuota, ma le cisti si distinguono sulla base degli effetti di massa sul peduncolo ipofisario ed eventualmente sulle strutture adiacenti. Solo in casi eccezionali è utile il ricorso alla cisterno-TC.

La neuroipofisi ectopica è una condizione malformativa secondaria alla mancata “discesa” intrasellare della neuroipofisi nel corso dello sviluppo embrionale, con interruzione del normale asse ipotalamo-ipofisario; la neuroipofisi ectopica può associarsi ad altre malforma-zioni della linea mediana e del chiasma/nervi ottici. Nella neuroi-pofisi ectopica, il paziente è usualmente panipopituitarico e affetto da diabete insipido centrale. Il reperto RM è caratterizzato dalla sede soprasellare/diencefalica della piccola iperintensità in T1 (senza mdc) determinata dall’accumulo di ormone antidiuretico e dall’assenza di una struttura riconducibile al peduncolo; la ghiandola ipofisaria è usualmente più piccola rispetto alla norma. La sede ipotalamica (invece che intrasellare) dell’iperintensità in T1 dell’accumulo di ormone antidiuretico può riscontrarsi anche per lesione traumatica o iatrogena del peduncolo.

ConCLUSIonI

Lo studio mediante RM della regione diencefalo-ipofisaria viene richie-sto con grande frequenza dall’endocrinologo, dal pediatra, dall’oculista e dal neurologo/neurochirurgo, sulla base di una sintomatologia possi-bilmente determinata dall’interferenza di processi patologici di diversa natura – soprattutto lesioni espansive – sulle complesse/fini strutture nervose, vascolari e ghiandolari locoregionali. La razionale conduzione dell’esame si basa sui dati clinico-ormonali e sulla morfologia com-

Figura 10.22 Sella vuota primaria (A, B) e secondaria (C-E). La sagittale (A) e la coronale (B) T1 dopo mdc evidenziano l’allargamento della sella turcica, occupata da un diverticolo aracnoideo. Il peduncolo ipofisario è stirato caudalmente fino al foglietto che rappresenta l’ipofisi residua. Nel secondo caso (C-E) il cavo sellare non è allargato, ma si vedono il diverticolo aracnoideo intrasellare e il meningioma parasagittale parieto-occipitale sinistro (freccia), che infiltra il seno sagittale e provoca un’evidente stenosi (D, freccia tratteggiata). La stenosi, a sua volta, è responsabile di ipertensione venosa e ipertensione endocranica, con distensione degli spazi liquorali periottici (E, doppie frecce).

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LETTURE ConSIGLIATE

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plessiva dimostrata dalle immagini sagittali che costituiscono il primo approccio del radiologo e guidano a confezionare un esame in grado di rispondere alle esigenze diagnostiche. L’interpretazione dei reperti e la stesura dei referti devono tenere conto della indicazione clinica e sfruttare appieno le possibilità offerte dall’evoluzione qualitativa

della RM, per definire l’epicentro della lesione, le sue caratteristiche di segnale/impregnazione dopo mdc e i rapporti con il cavo sellare; questa modalità di analisi consente la corretta diagnosi/diagnosi differenziale nella maggior parte dei casi e anche la razionale valutazione dei non infrequenti reperti occasionali.