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167 Il sonno e le sue alterazioni Direttore Responsabile Sergio Rassu Caleidoscopio I t a l i a n o ... il futuro ha il cuore antico M EDICAL S YSTEMS SpA Manolo Beelke, Paola Canovaro Franco Ferrillo ISSN 0394 3291 www.medicalsystems.it

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167

Il sonno e le sue alterazioni

Direttore ResponsabileSergio Rassu

CaleidoscopioI t a l i a n o

... il futuro ha il cuore antico MEDICAL SYSTEMS SpA

Manolo Beelke, Paola CanovaroFranco Ferrillo

ISSN 0394 3291www.medicalsystems.it

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M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

II Caleidoscopio

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Il sonno e le sue alterazioni

Direttore ResponsabileSergio Rassu

CaleidoscopioI t a l i a n o

... il futuro ha il cuore antico MEDICAL SYSTEMS SpA

Manolo Beelke, Paola CanovaroFranco Ferrillo

Cattedra di Neurofisiopatologia - Università degli Studi di Genova

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ISTRUZIONI PER GLI AUTORI

INFORMAZIONI GENERALI. Caleidoscopio pubblica lavori di carattere monografico a scopo didattico su temi di Medicina.La rivista segue i requisiti consigliati dall’International Committee of Medical Journal Editors. Gli Autori vengono invita-ti dal Direttore Responsabile. La rivista pubblica anche monografie libere, proposte direttamente dagli Autori, redat-te secondo le regole della Collana.

TESTO. La monografia deve essere articolata in paragrafi snelli, di rapida consultazione, completi e chiari. I contenu-ti riportati devono essere stati sufficientemente confermati. E’ opportuno evitare di riportare proprie opinioni dandoun quadro limitato delle problematiche. La lunghezza del testo può variare dalle 60 alle 70 cartelle dattiloscritte. Siprega di dattilografare su una sola facciata del foglio formato A4 con margini di almeno 25 mm. Usare dovunquedoppi spazi e numerare consecutivamente. Ogni sezione dovrebbe iniziare con una nuova pagina.

FRONTESPIZIO. Deve riportare il nome e cognome dell’Autore(i) -non più di cinque- il titolo del volume, conciso mainformativo, la Clinica o Istituto cui dovrebbe essere attribuito il lavoro, l’indirizzo, il nome e l’indirizzo dell’Autore(compreso telefono, fax ed indirizzo di E-mail) responsabile della corrispondenza.

BIBLIOGRAFIA. Deve essere scritta su fogli a parte secondo ordine alfabetico seguendo le abbreviazioni per le Rivistedell’Index Medicus e lo stile illustrato negli esempi:

1) Björklund B., Björklund V.: Proliferation marker concept with TPS as a model. A preliminary report. J. Nucl. Med.Allied. Sci 1990 Oct-Dec, VOL: 34 (4 Suppl), P: 203.

2 Jeffcoate S.L. e Hutchinson J.S.M. (Eds): The Endocrine Hypothalamus. London. Academic Press, 1978. Le citazioni bibliografiche vanno individuate nel testo, nelle tabelle e nelle legende con numeri arabi tra parentesi.

La Redazione è collegata on-line con le più importanti Banche Dati (Medline, Cancerlit, AIDS etc) e fornisce ogni even-tuale assistenza agli Autori.

TABELLE E FIGURE. Si consiglia una ricca documentazione iconografica (in bianco e nero eccetto casi particolare da con-cordare). Figure e tabelle devono essere numerate consecutivamente (secondo l’ordine di citazione nel testo) e sepa-ratamente; sul retro delle figure deve essere indicato l’orientamento, il nome dell’Autore ed il numero. Le figure rea-lizzate professionalmente; è inaccettabile la riproduzione di caratteri scritti a mano libera. Lettere, numeri e simbolidovrebbero essere chiari ovunque e di dimensioni tali che, se ridotti, risultino ancora leggibili. Le fotografie devonoessere stampe lucide, di buona qualità. Gli Autori sono responsabili di quanto riportato nel lavoro e dell’autorizza-zione alla pubblicazione di figure o altro. Titoli e spiegazioni dettagliate appartengono alle legende, non alle figurestesse.

Su fogli a parte devono essere riportate le legende per le figure e le tabelle. UNITÀ DI MISURA. Per le unità di misura utilizzare il sistema metrico decimale o loro multipli e nei termini

dell’International system of units (SI).ABBREVIAZIONI. Utilizzare solo abbreviazioni standard. Il termine completo dovrebbe precedere nel testo la sua

abbreviazione, a meno che non sia un’unità di misura standard.PRESENTAZIONE DELLA MONOGRAFIA. Riporre le fotografie in busta separata, una copia del testo e dei grafici archiviati

su un dischetto da 3.5 pollici preferibilmente Macintosh.Il dattiloscritto originale, le figure, le tabelle, il dischetto, posti in busta di carta pesante, devono essere spedite al

Direttore Responsabile con lettera di accompagnamento. L’autore dovrebbe conservare una copia a proprio uso. Dopola valutazione espressa dal Direttore Responsabile, la decisione sulla eventuale accettazione del lavoro sarà tempesti-vamente comunicata all’Autore. Il Direttore responsabile deciderà sul tempo della pubblicazione e conserverà il dirit-to usuale di modificare lo stile del contributo; più importanti modifiche verranno eventualmente fatte in accordo conl’Autore. I manoscritti e le fotografie se non pubblicati non si restituiscono.

L’Autore riceverà le bozze di stampa per la correzione e sarà Sua cura restituirle al Direttore Responsabile entro cin-que giorni, dopo averne fatto fotocopia. Le spese di stampa, ristampa e distribuzione sono a totale carico della MedicalSystems che provvederà a spedire all’Autore cinquanta copie della monografia. Inoltre l’Autore avrà l’opportunità dipresentare la monografia nella propria città o in altra sede nel corso di una serata speciale.

L’Autore della monografia cede tutti i pieni ed esclusivi diritti sulla Sua opera, così come previsti dagli artt. 12 e segg.capo III sez. I L. 22/4/1941 N. 633, alla Rivista Caleidoscopio rinunciando agli stessi diritti d’autore (ed acconsenten-done il trasferimento ex art. 132 L. 633/41).

Tutta la corrispondenza deve essere indirizzata al Direttore Responsabile al seguente indirizzo:

R.A.H.P. sasVia Pietro Nenni, 6

07100 Sassari

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3Caleidoscopio

Il sonno, e le sue alterazioni, è un tema sconosciuto a molti di noi, pur essen-do oggetto di frequenti domande da parte dei nostri malati e l’insonnia un pro-blema medico di rilevanza epidemiologica notevolissima. Questa conoscenza

superficiale del tema risulta evidente già nel prendere visione dell’indice di questamonografia dove il generico tema dell’”insonnia” trova una articolazione ben piùrappresentativa della realtà che va dai disturbi del ritmo circadiano sonno-veglia(fase di sonno ritardata, anticipata, jet lag, sindrome del turnista) alle dissonnie(insonnie primarie e secondarie, ipersonnie) alle parasonnie ed alle relazioni che esi-stono tra il sonno, i suoi disturbi, e le malattie neurologiche, psichiatriche ed interni-stiche.

Questa monografia può rappresentare un utile momento di aggiornamento su untema estremamente stimolante sia dal punto di vista medico scientifico che, in gene-rale, culturale anche perché lo stile pragmatico e sintetico che la caratterizza, rendela lettura piacevole e stimolante.

Gli Autori, come tradizione, costituiscono una delle Scuole principali a livellonon solo nazionale ma anche internazionale, sul tema del sonno e delle sue altera-zioni.

Il dottor Manolo Ernesto Beelke dopo la laurea in Medicina e Chirurgia, haseguito un periodo di formazione teorico-pratica al Centro di Medicina del Sonnodell’Università degli Studi di Genova. Ha conseguito il Dottorato di Ricerca inMedicina del Sonno presso la Clinica Neurologica dell’Università degli Studi diBologna. Autore di numerose pubblicazioni è membro della European SleepResearch So-ciety (ESRS), dell'Associazione Italiana di Medicina del Sonno(AIMS), della Società italiana di Neurologia (SIN) e della Società italiana diNeurofisiologia Clinica (SINC).

La dottoressa Paola Canovaro, dopo aver conseguito il diploma di laurea inMedicina in Chirurgia presso l’Università degli Studi di Milano e quello di specia-lizzazione in Neurofisiopatologia presso l’Università degli Studi di Genova ha lavo-rato in veste di consulente presso il Reparto di Neurologia dell’Ospedale SanRaffaele di Milano quindi come Professore a contratto presso la Scuola Regionale

CaleidoscopioI t a l i a n o

Editoriale

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per operatori sociali di Milano, quale docente di Neurologia.. La dott.ssa Canovaroha maturato una notevole esperienza presso l’ambulatorio di Medicina del Sonno,nell’esecuzione e refertazione Polisonnografie e MSLT. La dottoressa Canovaro è,inoltre, autrice di diversi articoli.

Il Prof. Franco Ferrillo, caposcuola di questo gruppo, dopo la laurea in Medicinae Chirurgia ha conseguito la specializzazione in Criminologia Clinica presso l'Uni-versità degli Studi di Genova, quindi quella in Neurologia presso l'Università degliStudi di Parma ed in Neurofisiopatologia presso l'Università degli Studi di Genova.Ha ricoperto l'incarico di contrattista universitario presso l'Istituto di Neurochirurgiadell’Università di Genova e Ricercatore confermato presso l’Istituto di Clinica Neu-rochirurgica dell’Università di Genova per assumere il ruolo di Professore Associatodi Neurofisiopatologia presso il Dipartimento di Scienze Motorie.

Attualmente è Responsabile del Centro di Fisiopatologia del Sonno presso ilDipartimento di Scienze Motorie. Socio fondatore dell’Associazione Italiana Medi-cina del Sonno, si è interessato dell’analisi computerizzata del segnale EEG in diver-se condizioni funzionali fisiologiche, patologiche e farmacologiche e dello sviluppodi sistemi di analisi e comparazione, dello studio della struttura e della microstruttu-ra dell'EEG del sonno umano con tecniche di analisi computerizzata, sviluppo di mo-delli matematici della struttura ipnica in condizioni fisiologiche, utilizzabili per stu-diare le modificazioni indotte da situazioni patologiche.

Ha studiato inoltre i rapporti tra sonno ed epilessia con particolare riguardo all’in-terazione fra elettrogenesi delle componenti del segnale EEG di sonno e le AttivitàIntercritiche. Il Prof. Ferrillo è membro della European Sleep Research Society e par-tecipa regolarmente all’attività scientifica e congressuale del settore d’interesse concontributi, relazioni e coordinando sessioni. E’, infine, autore di oltre 150 pubblica-zioni nel settore in gran parte su riviste indicizzate, monografie e capitoli di trattati.

Sergio Rassu

M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

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Il sonno normale

Il sonno è una funzione biologica elementare e un terzo della nostra vitaviene speso in sonno. Come l’alimentazione e la riproduzione è una funzio-ne necessaria ed indispensabile per tutti gli esseri viventi ed è indubbio chedurante il sonno avvengano eventi importanti dal punto di vista biologicoquale il ristoro delle forze, delle energie fisiche e mentali. Numerose teorie(tabella 1) identificano la funzione del sonno nel recupero fisico, nella facili-tazione delle funzioni motorie, nel consolidamento dell’apprendimentodella memoria. E’ ormai noto che le infezioni sistemiche attivano numerosecitochine, molte delle quali hanno un effetto sul sonno [1, 2, 3]. La natura ela funzione di questa relazione sonno/infezione/immunità non sono tutta-via ancora state chiarite. E’ stato inoltre dimostrato che i neuroni termosen-sibili dell'ipotalamo preottico/anteriore influenzano il sonno e la veglia,mentre la deprivazione totale di sonno negli animali da esperimento porta agravi anomalie della termoregolazione [4, 5].

Tabella 1. Possibili funzioni del sonno.

Gli animali da esperimento deprivati di sonno muoiono in poche settima-ne in seguito al sopraggiungere di un’incapacità di mantenere la re g o l a z i o n edella temperatura corporea, dopo una perdita importante di peso, non com-pensata dall’aumentato apporto di cibo [6]. La privazione di sonno negliumani provoca sonnolenza, senso di fatica, irritabilità pro g ressivamente piùintensa, e grosse difficoltà nel mantenimento della concentrazione e nell’abi-lità manuale. Sono presenti inoltre disturbi percettivi, difficoltà d’orienta-mento, illusioni ed allucinazioni, soprattutto visive e tattili. Il re c u p e ro delsonno avviene in tempi brevi, senza un rapporto temporale diretto con iltempo di deprivazione totale del sonno [7]. Bisogna tuttavia ammettere che ilsignificato profondo della funzione sonno è tuttora largamente sconosciuto.

- Ristoro- Conservazione dell’energia- Ecologica- Immunologica- Termoregolatoria- Protezione nei confronti dell’upregulation- Integrità neuronale (delle sinapsi e delle reti)

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Gli inizi della scienza del sonno

Già dai tempi remoti dell’umanità i misteri del sonno hanno affascinatopoeti, artisti, filosofi e mitologi di tutte le civiltà. Spesso il sonno venivainterpretato come uno stato dell’essere più vicino alla morte che alla veglia.Sonno e veglia, i due processi base della vita, sono come due mondi diffe-renti, dotati di controlli e funzioni indipendenti. Il sonno è stato però sempresolo inteso, fino alla metà del XX secolo, come uno stato passivo di assenzadella veglia; ancora nel 1830 Macnish [8] definiva il sonno come una sospen-sione delle facoltà sensoriali, nel quale le funzioni volontarie sono sospese,mentre quelle involontarie, come la circolazione del sangue e la respirazio-ne, rimangono immutate. Solo alla fine degli anni ’60 si comprese finalmen-te, che esistono due sistemi neurali ampiamente diffusi nell’encefalo, l’unoche favorisce la veglia e l’altro che promuove il sonno: quest’ultimo sistemapuò esplicare la propria attività solo quando lo stato di attivazione del primoè fortemente diminuita [9, 10].

Il fenomeno del sonno non fu oggetto di osservazioni sistematiche pertutto il XIX secolo, tuttavia importanti scoperte furono fatte già dal fisiologoKohlschütter, che aveva scoperto che il sonno era più profondo nelle ore ini-ziali e che tale profondità aveva delle oscillazioni cicliche con decadimentoesponenziale della massima profondità nel corso del tempo[11] (Figura 1).

Figura 1. Soglia di risveglio, misurata attraverso la caduta di pesi dimassa crescente e da altezze varie (unità di misura migliaia di centimetri-grammo).

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tempo (ore)

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Solo la scoperta dell’elettroencefalografia (EEG), nel 1875 [12], e quelladelle onde alfa da parte di Berger [13] permisero di confermare questi dati edi costituire le basi per la ricerca moderna. Rapidamente si scoprirono chedifferenti fasi del sonno provocavano modificazioni dell’EEG [14]. Tuttaviasolo nel 1953 [15], si comprese che il sonno consisteva in realtà di due staticompletamente diversi: il sonno senza movimenti rapidi oculari (NREM) edil sonno con movimenti rapidi oculari (REM, Rapid Eye Movements). Questascoperta ha rappresentato la svolta decisiva nello studio dei meccanismineurofisiologici di base del sonno e dei loro correlati clinici.

Meccanismi del sonno e sistemi di regolazione

Il sonno può essere definito come uno stato comportamentale. Esso infat-ti rispecchia mutamenti complessi degli equilibri intracorporei (i processi diautoregolazione del sistema nervoso centrale) ed extracorporei (cambiamen-ti dei rapporti fra ambiente esterno ed interno al corpo e cervello) (Figura 2).

Figura 2. Rappresentazione schematica dell’equilibrio delicato tra sonnoe veglia. In entrambi i due stati, il cervello riceve continuamente segnali dal -l’ambiente interno (corpo) ed esterno (ambiente), ai quali il cervello reagiscerinforzando il sonno (protezione del sonno) o svegliandosi (protezione del -l’individuo).

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ambiente esterno

ambiente interno

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Il sonno inoltre non è uno stato funzionale stabile ed omogeneo al suointerno, esso rappresenta momenti, variabili nel tempo, di equilibrio dina-mico fra l’attività di diversi sistemi neurali connessi tra loro, in grado dimodificarsi a vicenda e di interagire con l’ambiente extraneurale. Variazionidi questo equilibrio si riflettono in variazioni di parametri esplorabili e misu-rabili con metodi elettrofisiologici.

Gli Stadi del sonno

Le tecniche neurofisiologiche hanno permesso di identificare i sistemineurali che sottendono alle differenti condizioni funzionali che costituisconoil continuum sonno-veglia e quelli attivi nella regolazione; l’applicazionelongitudinale di alcune di loro, ed in particolare dell’elettroencefalogramma(EEG), ha consentito l’acquisizione di un quadro sufficientemente precisodella loro attività nel corso del sonno. Sono stati definiti [16] cinque distintistadi del sonno, riconducibili a due meccanismi fisiologici di base che sialternano. Lo stato di veglia rilassata a occhi chiusi si accompagna, all'EEG,a onde di forma sinusoidale con frequenza da 8 a 12 Hz (ritmo alfa) mista aun'attività rapida a basso voltaggio e di frequenza mista. Quando vieneavvertito un senso di sonnolenza e si instaura il primo stadio del sonno, gliocchi possono muoversi lentamente da un lato all'altro (movimenti ocularilenti all’elettro-oculogramma), i muscoli si rilassano e l'EEG assume un vol-taggio progressivamente più basso, con frequenze miste e perdita dell'atti-vità alfa (fase 1). Quando il sonno passa nella cosiddetta fase 2, appaionosalve di onde la cui frequenza è compresa tra 12 e 16 Hz (fusi del sonno ospindles) della durata di 0.5-2 secondi, associate a scariche EEGrafiche costi-tuite da onde lente e ripide trifasiche (denominati complessi K). Le fasi 3 e 4,caratteristiche del sonno profondo (sonno a onde lente), sono caratterizzate alivello EEG da una proporzione crescente di onde delta (0.5-4 Hz) di grandeampiezza (>75 _V). Dopo un periodo di sonno profondo si assiste ad un pro-gressivo alleggerimento del sonno, che ritorna alla fase 2. Lo stadio succes-sivo di sonno è associato ad una riduzione quasi completa del tono musco-lare, eccetto che nella muscolatura oculare estrinseca in cui si osservanosalve di movimenti rapidi (Rapid Eye Movement, REM) visibili attraverso lepalpebre chiuse. Contemporaneamente l'EEG si desincronizza, vale a dire siosserva attività di basso voltaggio e ad alta frequenza in cui sono presentirare salve di ritmo alfa rallentato. Le prime quattro fasi del sonno sono defi-nite sonno senza movimenti oculari rapidi (NREM) oppure sonno sincronizzato;l’ultima fase è variamente definita come sonno con movimenti oculari rapidi(REM) o sonno desincronizzato (Figura 3).

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Figura 3. Pagine esemplificative della durata di 30 secondi per i 4 stadidi sonno NREM, il sonno REM e la veglia. EOG, elettrooculogramma; C4-O2 e C3-O2, derivazioni bipolari di segnale EEG delle regioni centralirispetto a quelle occipitali rispettivamente per destra e sinistra; EMG, elet -tromiogramma del muscolo miloioideo (tono muscolare).

La struttura del sonno

Nella prima parte di una tipica notte di sonno in soggetti giovani e sanile fasi 1, 2, 3 e 4 del sonno NREM si succedono ordinatamente (Figura 4).Dopo circa 70-100 minuti, la gran parte dei quali è costituita da sonno in fase3 e 4, si verifica il primo episodio di sonno REM, in genere annunciato da uncambiamento della posizione del corpo e da un passaggio nella registrazio-ne EEG dalla fase 4 alla fase 2. Questo ciclo NREM-REM si ripete, circa quat-tro-sei volte per notte (Figura 4), in rapporto alla durata complessiva delsonno. I cicli successivi presentano una progressiva riduzione della compo-nente in fase 4 (che nei cicli tardivi è addirittura assente). Nell'ultima partedi un normale sonno notturno, il ciclo consiste essenzialmente nell'alternar-si di due fasi, il sonno REM e la fase 2 (con fusi e complessi K). La profon-dità del sonno notturno decade quindi in modo esponenziale e nelle prime4 ore di sonno si consuma l’80% del fabbisogno di sonno (Figura 4).

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Figura 4. Il susseguirsi dei diversi stadi del sonno nell’arco della notte.Questa rappresentazione grafica viene chiamata: ipnogramma.

Il modello a due fattori e la macrostruttura del sonno

Secondo Achermann e Borbely [17] l’alternarsi periodico degli stati diveglia e di sonno dipendono principalmente da due processi: il processo Ced il processo S (Figura 5). Il ritmo circadiano di propensione al sonno (pro-cesso C) presenta una curva caratteristica che vede la crescita continua dellapropensione al sonno dalle ore 22.00 o alle ore 3.00 del mattino, una propen-sione crescente verso la veglia attiva nel corso della mattinata, un piccosecondario di propensione al sonno nelle ore pomeridiane ed una zona discarsissima propensione al sonno (zona proibita) tra le ore 17.00 e 21.00(Figura 6). La curva di propensione al sonno appare in stretta relazione conl’andamento della temperatura interna, essendo la massima propensione alsonno coincidente con i valori minimi di temperatura. Il ritmo circadiano dipropensione al sonno si armonizza normalmente con un secondo importan-te fattore di regolazione, quello omeostatico (processo S). L’entità del biso-gno di dormire è correlata alla durata della veglia precedente. Viene ipotiz-zata l’esistenza di un fattore omeostatico (processo S) esponenzialmente cre-scente ed in grado di accumularsi nell’organismo durante la veglia, capacedi indurre un bisogno di sonno crescente. Nel corso del sonno avverrebbe loscarico progressivo ed esponenziale del processo S. L’intensità del sonnosarebbe funzione della quantità di processo S accumulato nel corso dellaveglia. Questa intensità avrebbe un correlato elettroencefalografico evidentenel numero e nell’ampiezza delle onde lente, sincronizzate e registrabilidurante il sonno NREM (Figura 7) [17, 18, 19].

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0 1 2 3 4 5 6 7 8Ore di sonno

Veglia

1

2

3

4

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Figura 5. Modello del rapporto tra processo S (omeostatico) e del proces -so C (circadiano) nella modulazione del ciclo sonno-veglia. Durante laveglia si accumula il “desiderio” di sonno, che viene “consumato” duranteil sonno stesso in un andamento oscillatorio che è rappresentato dal ritmoultradiano.

Figura 6. Curva della sonnolenza nelle 24 ore (linea continua) ed oscilla -zioni del ritmo ultradiano di giorno e di notte. La curva della sonnolenza èil risultato finale dell’azione di tutti e tre fattori modulanti: processo omeo -statico, ritmo circadiano e ritmo ultradiano.

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11Caleidoscopio

veglia sonno

veglia sonno

7:00 23:00 7:00

vigilanza

sonnolenza ore della giornata

7.00 9.00 11.00 13.00 15.00 17.00 19.00 21.00 23.00 1.00 3.00 5.00 7.00

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Figura 7. Il profilo della banda delta nell’arco del sonno notturno rispet -to alla profondità del sonno espressa in termini di stadi. La potenza dellabanda delta oscilla con una ciclicità di circa 90-120 minuti (linea continuafine rappresenta i valori originali, la linea continua spessa il suo andamen -to idealizzato). I picchi di potenza della banda delta decadono però in modoesponenziale, riducendosi del 70% dopo circa 5 ore di sonno (linea tratte -giata fine).

Il ritmo ultradiano del sonno

Il ritmo ultradiano del sonno può essere registrato come attività elet-troencefalografica del cervello e si presenta come un ciclico oscillare dellapotenza dell’attività delta, segno del grado di sincronizzazione delle cellulecorticali [19]. In questo scenario, un’altra sostanza acquisisce un ruolo diregolazione: l’adenosina. L’Adenosina, un nucleoside endogeno, riccamentedistribuito nel cervello tende ad accumularsi nello spazio extracellulare alivello dell’ipotalamo durante la deprivazione di sonno, inibendo progressi-vamente l’attività dei neuroni colinergici. Nel momento in cui alla sonno-lenza segue il sonno NREM (la cosidetta fase “consumatoria” del sonno), laconcentrazione di Adenosina si riduce rapidamente (“viene consumata”) inproporzione alla quantità di onde lente prodotte dal sonno NREM [20]. Ildecrescere dell’attività sincronizzata nel corso del sonno avviene in manieraprogressiva ma non continua. Periodi progressivamente più lunghi di sonnodesincronizzato (sonno REM) modulano questo processo. Recentemente èstato individuato un neuropeptide l’ipocretina o orexina, prodotto da unaristretta popolazione di cellule ipotalamiche soggette a influenze circadiane

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ed ultradiane; esso regolerebbe l’equilibrio fra sistemi colinergici e adrener-gici, governando così la propensione al sonno e l’alternanza di sonno NREMe REM; una sua carenza sarebbe responsabile delle turbe del ritmo sonnoveglia e dell’equilibrio fra REM e NREM riscontrabile nella narcolessia [21,22]. L’insorgenza periodica di sonno REM, secondo lo schema proposto daMcCarly e Hobson [23, 24, 25] sarebbe dovuta all’interazione fra i sistemiREM-on e REM-off, legati fra loro da un rapporto reciproco di inibizione edeccitazione ed autoeccitazione ed autoinibizione in bilanciamento continuo(Figura 8). La regolazione del ciclo sonno–veglia e la modulazione internadel sonno tra REM e NREM sarebbero quindi interpretabili come la risul-tante dell’interazione tra tre ritmi: circadiano, omeostatico ed ultradiano. Ilritmo circadiano determina le zone temporali di facile inizio e fine di sonno,quello omeostatico l’intensità del sonno stesso e il ritmo ultradiano infine è ingrado di re g o l a re l’alternarsi di cicli di sonno NREM-REM. L’interazione ditutti e tre i fattori ha come conseguenza il fatto che le oscillazioni tra sonnoNREM e REM si presentano con un decremento pro g ressivo nel corso dellanotte dell’intensità dei fattori che inducono il sonno NREM rispetto alla cre-scita inversa di quelli che promuovono il sonno REM, comportando il pro-g ressivo aumento della durata di quest’ultimo. L’azione di questi meccanismidi base si riflette nella struttura elettroencefalografica del sonno (Figura 7).

Figura 8. Rappresentazione schematica del rapporto tra i centri che indu -cono la comparsa di sonno REM (REM-on) e quelli che bloccandoli favori -scono la comparsa di sonno NREM (REM-off). Questo sistema viene ulte -riormente rogolato dal neuropeptide orexina creando un sistema oscillantetra sonno REM e NREM ed un altro a scatto, senza passaggi intermedi trasonno e veglia (sistema FLIP-FLOP).

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13Caleidoscopio

REM-Off REM-On

Nucleo peduncolopontinonucleo tegmantale latero d o r s a l e

Formazione re t i c o l a re del tro n c o

Rafe dorsaleserotonina

Locus ceru l e u s( n o r a d re n a l i n a )

Orexina Regione preottica v e n t rolaterale dell’ipotalamo

FLIP-FLOP

sonno veglia

REMNREM

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Neurofisiologia del sonno

Non vi è una singola specifica area del sistema nervoso che controlla tuttele manifestazioni dei tre stati, di veglia, sonno REM e sonno NREM. E’ inol-tre errato pensare che certe parti del sistema nervoso siano attive in uno statoe quiescenti negli altri due. Infatti, quasi tutte le parti del sistema nervososono attive in tutti e tre gli stati, ma lo sono in modo diverso. Questo è pos-sibile perché oltre alle varie connessioni fra le diverse strutture secondo rap-porti di sinergismo o d’inibizione, esistono nella stessa struttura anatomicagruppi neuronali attivi in veglia e altri nel sonno. Varie sostanze, inoltre,chepromuovono il sonno, agiscono su diverse reti neurali e possono essereresponsabili della generazione del sonno in diverse condizioni: la depriva-zione di sonno, le infezioni sistemiche, ecc. In generale, i generatori dellaveglia sono diffusamente localizzati nel tronco, soprattutto a livello del siste-ma reticolare attivatorio, quelli del sonno NREM nel bulbo e nel proencefa-lo basale e quelli del sonno REM nel ponte e nel proencefalo basale. La deter-minazione dello stato è il risultato delle intrerazioni tra molteplici reti neu-rali, neurotrasmettitori ed una varietà di diversi fattori che inducono ilsonno o la veglia.

Regolazione del ciclo sonno-vegliaIl ritmico alternarsi tra sonno e veglia viene regolato dall’azione del

nucleo sovrachiasmatico che riceve stimolazioni, in rapporto al ciclo luce-buio, attraverso la via retino-ipotalamica. La regolazione del ritmo circadia-no del ciclo sonno-veglia richiede, inoltre, una sinergica azione da partedella melatonina, che viene prodotta dalla ghiandola pineale con un piccodurante le prime ore di sonno. La sua sintesi è stimolata dalla produzionedella serotonina durante il giorno e modula all’interno del nucleo sovra-chiasmatico l’attività di alcuni gruppi neuronali. Il ritmo è sincronizzatosulle 24 ore in alternanza luce-buio, su 25 ore invece in condizione di assen-za di stimoli luminosi esterni.

Regolazione della vegliaLa veglia è controllata da un insieme complesso e ridondante di sistemi

in cui nessuno svolge un ruolo indipendente. La formazione reticolare, loca-lizzata a livello del tronco enecefalico, costituisce un insieme a proiezionediffusa che gioca un ruolo preponderante nell’attivazione corticale che carat-terizza lo stato di veglia. Le proiezioni principalmente implicate nell’attiva-zione corticale sono costitute dalle connessioni con i nuclei non specifici deltalamo, con l’ipotalamo postero-laterale e da una terza via pontobasale-cor-ticale (Figura 9). Dal punto di vista neurochimico il neuromediatore essen-ziale del sistema veglia è costituito dall’acetilcolina.

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L’ipotalamo posteriore ventrolaterale interviene nella regolazione dellostato di veglia attraverso un sistema istaminergico, invia proiezioni all’ipo-talamo anteriore, alla corteccia cerebrale ed ai nuclei del rafe. L’ipotalamoanteriore è attivo nell’addormentamento, mentre l’ipotalamo posteriore ven-tro-laterale, implicato nella veglia, è inibito.

Figura 9. Nella figura in alto sono rappresentati le proiezioni corticalidei principali centri coinvolti nella regolazione dell’alternarsi tra sonnoNREM e REM e tra sonno e veglia. La figura centrale evidenzia le proiezio -ni dalla regione ipotalamica preottica ventrolaterale (VLPO) che esercitauna funzione modulante sul sistema attivante asendente e sui centri REM-on. La figura in basso schematizza i rapporti tra i neuroni che rilascianoorexina nell’ipotalamo laterale, esercitando effetti modulatori sui centriREM-on, REM-off e risveglianti.

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Abbrevazioni: VLPO, regione ipotalamica preotticaventrolaterale; TMN, nucleo tuberomammillare; LC, locus coeruleus; LDT, nuclei tegmentali laterodorsali; P P T, nuclei tegmentali peduncolopontini; PB, proencefalo basale; CRT, corteccia.

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Regolazione del sonno NREMIl sistema del Rafe dorsale, serotoninergico, gioca un ruolo complesso

nella regolazione dello stato di veglia e di sonno. Infatti i neuroni serotoni-nergici sono attivi durante la veglia ma, paradossalmente, la loro inattiva-zione determina insonnia. Si ritiene che la serotonina prepari il sonno, favo-rendo l’addormentamento attraverso la sintesi di sostanze ipnogene che aloro volta inibirebbero, con un meccanismo a feedback, la produzione diserotonina. L’intensità della luce è fondamentale nel modulare la sintesi diserotonina. Durante il sonno ad onde lente l’attività neuronale serotoniner-gica si riduce ed è totalmente inibita in sonno REM.

Con l’addormentamento il rafe dorsale insieme al locus coeruleus (nora-d re n e rgico) diventano i principali centri coinvolti nel’avvio e nella modula-zione del sonno NREM. Su queste stru t t u re agiscono inoltre altri neuroni dic o n t rollo ad azione GABAergica originanti dalla parte re t i c o l a re della sostan-za nigra, dall’area grigia periaqueductale, dal nucleo dorsale paragingantocel-lulari, dal nucleo di Meynert. Queste aff e renze inibire b b e ro i neuroni coliner-gici, principalmente quelli dell’ipotalamo posteriore. L’attivazione dei neuro-ni GABAergici faciliterebbe inoltre la comparsa dei fusi del sonno (spindles) el’attività lenta corticale. L’attività spindling è generata a livello dei nuclei re t i-colari talamici e risulta modulata dall’interazione fra i neuroni GABAergici delnucleo di Meynert ed i neuroni talamo-corticali. L’attività delta è conseguenteall’iperpolarizzazione dei neuroni talamo-corticali ed all’inibizione delleinfluenze colinergiche provenienti dal tronco cerebrale [26].

Regolazione del sonno REMI principali meccanismi di regolazione del sonno REM sono relativamen-

te ben conosciuti [23, 24]. Due strutture principali intervengono nella rego-lazione: neuroni REM-on, colinergici e colinocettivi, attivi durante la faseREM e neuroni REM-off monoaminergici, la cui attività si riduce durante ilsonno REM. I neuroni REM-on sono situati nel nucleo magnicellulare, neltegmento peduncolare pontino, nel tegmento latero-dorsale pontino e nelLocus Coeruleus. Il Locus Coeruleus, innerva la corteccia cerebrale attraver-so proiezioni noradrenergiche ubiquitarie. E’ implicato nei sistemi di attiva-zione corticale e riceve afferenze dall’ipotalamo posteriore e dai sistemiadrenergici bulbari. Le cellule REM-off, monoaminergiche, sono dispostepiù diffusamente a livello del tronco encefalico e sono rappresentate princi-palmente dai neuroni noradrenergici del Locus Coeruleus e dai neuroniserotoninergici del rafe (Figura 9).

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La microstruttura del sonno

All’equilibrio dinamico fra processi sincronizzanti e desincronizzantipartecipa in maniera evidente anche la microstruttura del sonno. All’internodel sonno NREM è possibile identificare una condizione di sonno instabileed una condizione di sonno stabile. Al sonno instabile, che può essere pre-sente in tutti gli stadi, si riconosce per la comparsa di ripetuti micro-risvegliche corrispondono ad alleggerimenti transitori (10-15 secondi) del sonno.Quando compaiono nel sonno NREM, i micro-risvegli tendono a raccoglier-si in cluster ripetitivi ricorrendo con un periodismo di 20-40 secondi. La lorocomparsa sull’EEG costituisce un tracciato alternante ciclico o CAP (cyclicalternating pattern) secondo un pattern bifasico composto da micro-risvegli(fase A) interrotto periodicamente dal ripristino delle attività di fondo (faseB). L’indice di CAP può essere considerata una misura della qualità delsonno [27]

Il sonno nelle diverse età

L'osservazione del ciclo sonno-veglia nella specie umana evidenzia cheesso è legato all'età del soggetto (Figura 10). Le modificazioni correlateall’età riguardano sia le caratteristiche del ciclo sonno/veglia, sia la distri-buzione degli stadi del sonno. I neonati dormono dalle 16 alle 20 ore al gior-no con un sonno distribuito irregolarmente nell’arco delle 24 ore e scanditoprincipalmente dalle esigenze di nutrimento. In seguito, dal sesto mese divita, si assiste a un graduale consolidamento del sonno in un lungo periodonotturno, con brevi sonnellini al mattino ed al pomeriggio. All’età di 4 annivi è un singolo periodo di sonno notturno e un singolo sonnellino pomeri-diano, per raggiungere un singolo periodo di sonno notturno (dalle 10 alle12 ore) senza altri sonnellini all’età di 6 anni. Il periodo totale di sonno scen-de a 9-10 ore a 10 anni e a circa 7-7.5 ore durante l'adolescenza. Nell'età avan-zata si osserva un'ulteriore riduzione a circa 6 ore e mezza.

Il fabbisogno del sonno negli adulti sani in realtà varia tra 4 e 10 ore esembra essere geneticamente determinato. Nello stesso modo gli orari delprincipale periodo di sonno presentano una certa variazione geneticamentedeterminata: alcuni individui vanno presto a dormire e si svegliano presto(“allodole”) mentre altri vanno tardi a dormire e si svegliano tardi (“gufi”).

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Figura 10. Evoluzione del ritmo sonno-veglia dalla nascità (sonno poli -fasico) verso l’età adulta (sonno monofasico).

Il neonato a termine passa circa il 50% del sonno in fase REM. Il ciclo delsonno di un neonato dura circa 60 minuti, con l'età la durata del ciclo siallunga fino a 90-100 minuti. Nel giovane adulto il periodo REM comprendeil 20-25% del periodo totale di sonno, mentre la fase 1 occupa dal 3 al 5%, lafase 2 dal 50 al 60% e le fasi 3 e 4, complessivamente, il 10-20%. La quota disonno in fase 3 e 4 diminuisce con l'età. I soggetti d’età superiore a 70 annivirtualmente non presentano sonno in fase 4 e il sonno lento si riduce ad unapercentuale minima di sonno in fase 3 [28]. Il ciclo di 90-100 minuti, cono-sciuto come ciclo di base attività-riposo [29], è un fenomeno abbastanza sta-bile in ogni persona e si suppone che continui ad essere presente anchedurante la veglia, seppur in modo meno percettibile, in relazione con i ciclidella motilità gastrica, della fame, del grado di attenzione e della capacità disvolgere attività intellettuale.

Modificazioni fisiologiche nel sonno REM eNREM

Sonno REM e NREM sono stati dinamici non solo nel loro alternarsi reci-proco e per il possibile ritorno verso la veglia da entrambi gli stati del sonno,

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ma anche per un numero elevato di cambiamenti fisiologici a livello delsistema nervoso periferico ed ormonale. Vari fattori esterni ed interni posso-no influenzare l’equilibrio tra stati del sonno e la veglia (tabella 2).

Tabella 2. Fattori influenzanti veglia e sonno.

La soglia di risveglio cresce progressivamente dal sonno 1 al 4 del sonnoNREM per scendere nel sonno REM e progressivamente abbassarsi nel corsodella notte, di ciclo in ciclo in parallelo con la potenza delle onde delta. E’noto da molto tempo che la temperatura corporea scende durante il sonno.Durante il sonno, il calo della temperatura si registra prevalentemente nelperiodo di sonno NREM e lo stesso avviene per la frequenza cardiaca ed ilrespiro, che in questo periodo divengono più lenti e regolari [30]. Il flussoematico cerebrale, il consumo d’ossigeno, il metabolismo del glucosio è note-volmente ridotto in tutto il cervello durante il sonno NREM; durante ilsonno REM, invece, il metabolismo è uguale a quello che si registra nellostato di veglia [31, 32]. Nella fase REM tendono ad essere attivate le funzio-ni nervose vegetative. Il respiro è più irregolare; la pressione e la frequenzacardiaca tendono a fluttuare e aumentano il flusso ematico cerebrale ed ilmetabolismo basale. Circa ogni 90 minuti, solitamente nella fase REM, siverifica un’erezione del pene o del clitoride. Il ciclo sonno-veglia è correlatoad un certo numero di variazioni ormonali. La secrezione di cortisolo e inparticolare il rilascio d’ormone tireo-stimolante diminuiscono all’inizio delsonno. Alte concentrazioni di cortisolo sono caratteristiche della fase dirisveglio. La melatonina, elaborata dall’epifisi, è prodotta di notte e cessa diessere secreta quando la retina viene stimolata dalla luce. Durante le primedue ore di sonno vi è aumento dell’increzione d’ormone della crescita, prin-cipalmente in relazione alle fasi 3 e 4 [33, 34, 35].

- Ritmi omeostatici e circadiani- Sonnotipi ( mattutino/serotino)- Età- Farmaci- Malattie del SNC- fattori disturbanti il mantenimento del sonno (ambiente interno/esterno)

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Strumenti di indagine del sonno

Registrazione poligrafica del sonno (polisonnografia)

La polisonnografia (PSG) è la tecnica di riferimento per lo studio delsonno e per la formulazione della diagnosi nei pazienti affetti da disturbi delsonno [36]. Essa consente la registrazione dell’attività elettrica cerebraledurante il sonno mediante elettrodi posti sulla volta cranica (elettroencefa-lografia, EEG) assieme a diversi altri parametri, necessari per la valutazionedei fenomeni fisiologici e patologici che possono occorrere durante il sonno.Il numero dei canali registranti per l’EEG sarà diminuito quando servirannoesclusivamente per la valutazione della qualità e della struttura del sonno,sarà invece aumentato quando, oltre a ciò, risulterà necessario effettuare lavalutazione della presenza di attività elettroencefalografica patologicadurante il sonno (per es. in caso di epilessia, nella diagnosi differenziale trasonnambulismo e epilessia frontale notturna). Uno dei fini della registrazio-ne polisonnografica è la valutazione della struttura e qualità del sonno tra-mite un ipnogramma, rappresentazione grafica che individua i vari stadi delsonno. A tale scopo si registrano durante il sonno accanto all’EEG anche imovimenti oculari, mediante la registrazione di variazioni del potenzialecorneoretinico (elettro-oculografia, EOG), e le variazioni del tono muscolarein muscoli antigravitari (attività elettromiografica dei muscoli mentoniero esottomentoniero, EMG).

Per la valutazione dei movimenti patologici prima dell’addormentamen-to o in corso di sonno (per es. Sindrome di gambe senza riposo, Mioclononotturno, Mioclono propriospinale) sarà indispensabile monitorare almenol’attività motoria degli arti coinvolti (spesso quelli inferiori).

In caso di pazienti con disturbi respiratori durante il sonno (per es.Sindrome delle apnee morfeiche, OSAS) risulta indispensabile registrare unaserie di parametri aggiuntivi: il flusso oro-nasale (termocoppie o cannulaoro-nasale), l’attività della muscolatura respiratoria attraverso valutazionedella circonferenza a livello toracico ed addominale (pletismografia adinduttanza, magnetometri o estensimetri), le variazioni della frequenza car-diaca (elettrocardiogramma, ECG) ed i livelli di saturazione ematica di ossi-geno (Pulsossimetria).

Inoltre, in pazienti con epilessia, sonnambulismo od altre patologie risul-ta importante la valutazione del tipo e del carattere dei movimenti corporeiin relazione ai correlati polisonnografici (registrazione Video-EEgrafica sin-cronizzata).

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Ogni registrazione polisonnografica viene assistita da un tecnico, pergarantire il mantenimento della qualità della registrazione durante l’arcodell’intera notte (generalmente 8 ore) ed annotare la comparsa di eventualiepisodi motori complessi in sonno che potrebbero rappresentare un segnospecifico per alcune patologie (per es. Disturbo comportamentale in corso disonno REM o Epilessia frontale notturna).

Test di latenza multipla del sonno (MSLT)

Il test di latenza multipla del sonno è una misura standardizzata e ade-guatamente validata della tendenza fisiologica ad addormentarsi durante lenormali ore di veglia. I parametri monitorati sono gli stessi della PSG basa-le, cioè generalmente due movimenti degli occhi EOG e due canali EEG (cen-trale ed occipitale), oltre all’ECG e all’EMG sottomentoniero. Il MSLT consi-ste di 4-5 opportunità di sonnellini di 20 minuti offerti ad intervalli di dueore. E’ un test volto, in primo luogo, a quantificare la sonnolenza diurnamisurando con quale velocità l’individuo si addormenta in sonnellinisequenziali durante il giorno e, secondo, ad identificare l’insorgenza anor-male di sonno REM durante i sonnellini. Per ciascun sonnellino viene regi-strata la latenza tra l’ora di “spegnimento della luce” e l’inizio del sonno.Sono stati accuratamente definiti i limiti patologici della latenza del sonno.Pertanto, la latenza media di 5 minuti o meno dopo un sonno normale nellanotte precedente indica una grave tendenza ad assopirsi, tipica di soggettiaffetti di narcolessia (Figura 11). Inoltre, anche la presenza di sonno REM indue o più sonnellini è altamente suggestiva di narcolessia, poiché raramen-te il sonno REM si manifesta durante sonnellini diurni in individui che nonpresentano una deprivazione di sonno.

Registrazione poligrafica ambulatoriale

La PSG può essere effettuata tramite macchinari fissi oppure dinamici,anche per più di 24 ore. Gli apparecchi dinamici hanno le stesse caratteristi-che di quelli fissi, ma la registrazione viene eseguita in assenza di un tecnico.

Quando il sospetto di OSAS è clinicamente fondato, non risulta stretta-mente indispensabile l’esecuzione di una PSG completa. La diagnosi puòanche essere posta tramite l’utilizzo di una polisonnografia ridotta, che a dif-ferenza di quella completa, è priva di canali EEG e non permette di correla-re gli eventi registrati al relativo stadio di sonno.

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Figura 11. Differenze nelle latenze all’addormentamento al test dellelatenze multiple tra soggetti normali e soggetti affetti di narcolessia.

L’actigrafo da polso

Si tratta di uno strumento, avente la forma e dimensione di un normaleorologio da polso. Esso registra i movimenti corporei e li memorizza per lun-ghi periodi di registrazione (una settimana ed oltre). Oltre a questi dati èpossibile registrare la condizione di luce accesa o spenta o la temperaturacorporea periferica. A differenza della PSG permette esclusivamente didistinguere periodi di presenza di movimento da periodi di assenza dimovimento. Valutando questi periodi nell’arco delle 24 ore l’actigrafo per-mette come la PSG di stabilire la durata del sonno ed i risvegli durante lanotte. Ovviamente non permette di distinguere tra sonno REM e sonnoNREM ed all’interno del sonno NREM, non permette la distinzione tra idiversi stadi di sonno. Inoltre nei pazienti con disturbo comportamentaledurante il sonno REM, periodi di intensa attività motoria durante il sonnoREM potrebbero essere interpretati come periodi di veglia; viceversa ilsonno potrebbe essere sovrastimato se ad esempio il paziente percorre lun-ghi periodi della notte sveglio ma immobile (morbo di Parkinson). Vienequindi principalmente impiegato per la valutazione di alterazioni dei ritmicircadiani o come screening in pazienti con insonnia [37].

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Soggetti normali

Soggetti narcolettici

9.00 11.00 3.00 15.00 17.00

16

14

12

10

8

6

4

2

0

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La classificazione dei disturbi del son-no

La classificazione moderna dei disturbi del sonno si basa sui risultati diuno studio quinquennale multicentrico, avviato dall’American SleepDisorders Association, che ha dato origine nel 1990 alla prima versione dell’International Classification of Sleep Disorders (ICSD). La stesura dell’ICSD èavvenuta in associazione con l’Europaen Sleep Research Society, la JapaneseSociety of Sleep Research e la Latin American Sleep Society, producendol’ICSD Diagnostic and Coding Manual [38]. In questa classificazione sonodescritti 84 disturbi del sonno, ciascuno dei quali è accompagnato da detta-gli descrittivi e dai criteri diagnostici, nonché dai ragguagli sulla durata e lagravità della malattia ed informazioni sulla codifica e scopo clinico e di ricer-ca. Tutti i disturbi del sonno descritti possono comunque essere classificati inquattro categorie:

1. A) Disurbi del ritmo circadiano sonno-veglia;

2. B) Dissonnie (disturbi della qualità e della quantità del sonno che ven-gono distinti in insonnie ed ipersonnie);

3. C) Parasonnie (fenomeni che si manifestano durante il sonno, ma chenon comportano necessariamente una riduzione della qualità o quantitàdel sonno);

4. D) Disturbi associati a patologie mediche o psichiatriche.

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Disturbi del ritmo circadiano sonno-veglia

Molte funzioni del nostro organismo obbediscono ad una regolazionerisultante da stimoli esterni agenti su un ritmo interno dettato da un “orolo-gio biologico” il cui periodo è di circa 25 ore (Figura 12), quindi leggermentepiù lento di quello della rotazione della terra sul suo asse (ciclo circadiano).

Figura 12. Esempio di ciclo sonno-veglia di un giovane adulto. In condi -zioni normali l’orologio biologico viene continuamente sincronizzato daifattori ambientali per poter mantenere un ritmo di 24 ore. Se lo stesso sog -getto viene posto in un ambiente privo di indizi temporali, tale sincroniz -zazione e l’orologio segue il proprio ritmo interno di 25,3 ore.

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I centri nervosi che lo sottendono sono fortemente sensibili all’elementofondamentale della regolazione dei ritmi circadiani: la luce. Infatti una sti-molazione luminosa molto intensa è in grado di modificare il sonno, ritar-dandolo se somministrata nella prima metà del periodo di buio per il sog-getto, anticipandolo la sera dopo, se somministrata nella seconda metà ditale periodo (Figura 13).

Figura 13. I disturbi del ritmo circadiano sono espressione di difficoltà diadattamento del proprio ritmo biologico ai ritmi richiesti dalla società.Rispetto ai soggetti normali i pazienti con sindrome da ritardo di fasehanno difficoltà ad addormentarsi e a svegliarsi agli orari convenzionali,avvertendo quindi grave ipersonnia di mattino. Al contrario i pazienti consindrome da avanzamento della fase del sonno lamentano eccessiva sonno -lenza nelle prime ore della sera e si risvegliano precocemente di mattina.

In tal modo è possibile sincronizzare l'orologio biologico (25 ore) conquello solare di 24 ore. Per effetto della luce appunto il soggetto rimettei n d i e t ro il suo orologio interno al mattino poco prima del risveglio.Un’eccessiva richiesta di regolazione dell'orologio biologico, rispetto alla suacapacità di sincronizzarsi, è il meccanismo patogenetico fondamentale deidisturbi del ritmo sonno-veglia (tabella 3).

Talora si tratta di disturbi transitori che tendono spontaneamente a risol-versi una volta eliminate le condizioni di scompenso, tuttavia nella maggio-ranza dei casi sono tendenzialmente sindromi croniche, che spesso insorgo-no nell’adolescenza per continuare durante il resto della vita [39, 40, 41].

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0:00 12:00 0:00 12:00

NORMALE

Ritardo di fase

Avanzamento di fase

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Tabella 3. Disturbi del ritmo circadiano.

Sindrome della fase di sonno ritardata

E’ caratterizzata da uno spostamento del periodo di sonno verso le oredel mattino (Figura 13), comporta difficoltà o impossibilità di ottemperareagli impegni sociali (scuola, lavoro ecc.) e se questi vengono forzatamentemantenuti, ne deriva una diminuzione delle ore di sonno quotidiano conconseguente sonnolenza diurna e successivo recupero del sonno nei giornifestivi. Il paziente si lamenta di andare a letto presto senza riuscire a pren-dere sonno e/o di dormire a lungo al mattino e passa complessivamente aletto un tempo più lungo di quello che riesce a dormire. Inizia più frequen-temente nell'adolescenza e si associa di solito a sindromi psicopatologiche oad abuso d’alcol e/o sedativi, può presentarsi dopo un trauma cranico. Ladipendenza da queste sostanze è comunque spesso conseguenza dei tentati-vi di modificare il ritardo di inizio del sonno. Il diario del sonno dimostra unquadro caratterizzato da un orario di inizio del sonno costante, incoercibil-mente ritardato rispetto alle regole sociali, di solito intorno alle 2 del matti-no. Coricarsi prima diventa inutile, ed il sonno, una volta iniziato, è abitual-mente di buona qualità.

TrattamentoLa cura specifica è la cronoterapia (Figura 14). Consiste nel ritardare pro-

gressivamente di 3 ore il momento di andare a letto e ugualmente l'orario delrisveglio al mattino, seguito da immediato abbandono del letto. Così proce-dendo, si raggiunge l'orario desiderato in rapporto agli impegni sociali delpaziente. Tale orario è raggiunto di solito in 5-7 giorni, ma ovviamente lafase iniziale del trattamento deve essere rinforzata da un periodo più lungodurante il quale il controllo dell'orario deve essere rigorosamente mantenu-to. Non è consentito derogare nemmeno un giorno a rischio di ricadere nellasindrome. Questo trattamento richiede che il paziente sia edotto sui concet-ti che sono alla base della terapia, che egli sia consenziente e sufficiente-mente motivato ad eseguirla. La collaborazione dei familiari o dei parenti è

Endogeni (primari)- Sindrome da ritardo della fase del sonno- Sindrome da avanzamento della fase del sonno- Ciclo non di 24 ore (caotico, cecità ipernictoemerale)

Esogeni (secondari)- Lavoro a turni- Rapido cambiamento del fuso orario (jet-lag)

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fondamentale per un buon esito. L’esposizione del paziente alla luce nelleore del mattino (2500 lux dello spettro totale dalle 7 alle 9) contribuisce inmodo sensibile al buon risultato. Non vi è alcuna indicazione farmacologicaper i casi puri, se si eccettua l’impiego della melatonina, assunta due oreprima dell’ora stabilita per coricarsi.

Sindrome della fase di sonno anticipata

Più rara della precedente, tendenzialmente cronica, è caratterizzata da unanticipo del periodo di sonno nelle ore serali e da un risveglio precoce nelleore del mattino (Figura 13).

Figura 14. Schema di trattamento di una sindrome da ritardo di fasemediante due fasi di trattamento: una prima fase prevede il progressivoritardo di 3 ore dell’inizio del periodo di sonno concesso (cronoterapia)associato in una seconda fase (stabilizzazione) dalla precoce esposizionemattutina alla luce (fototerapia).

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Tale sindrome dai pochi casi descritti in letteratura risulta ricorrere mag-giormente nelle persone anziane. Di solito questi pazienti vanno a letto tra le18 e le 20 e si alzano tra le ore 1 e le 3 del mattino. Il meccanismo che deter-mina questa sindrome sarebbe speculare rispetto a quello della fase di sonnoritardata.

TrattamentoSono stati riferiti risultati favorevoli programmando un avanzamento

coatto di 3 ore per giorno sino a raggiungere l’orario di sonno desiderato.Sembra che anche un’esposizione pomeridiana verso le 17 a luce intensapossa favorire il recupero dell’orario di sonno. La somministrazione di mela-tonina a rilascio ritardato sembra utile per stabilizzare l’orario di addor-mentamento raggiunto. L’assunzione avviene due ore prima di coricarsi.

Sindrome ipernictoemerale

Questa sindrome si verifica per l’impossibilità di riaggiustare il pro p r i oo rologio biologico rispetto al ritmo circadiano planetario. E’ una sindro m ec ronica caratterizzata da un quadro stabile di ritardo di 1-2 ore nell’insorg e n-za del sonno e del riveglio rispetto al giorno precedente. I pazienti con que-sta sindrome dormono secondo un ciclo di 25 o più ore, ogni 3-4 settimane ilperiodo di sonno entra o esce di fase con gli orari sociali consueti. Questipazienti alternano periodi asintomatici a periodi con insonnia notturna e son-nolenza diurna. Proprio per questo difficilmente riescono a pro g r a m m a re lal o ro attività in base al calendario. La sindrome è cronica, si riscontra fre q u e n-temente in individui ciechi dalla nascita o in soggetti con lesioni del trattoretino-ipotalamico [42]. Si ritiene che la cecità come tale sia causa della sin-d rome indipendentemente dalla sua natura. Sono però escluse le cecità dalesione post-chiasmatica. Ciò avvalora quanto sembra ormai accertato sul-l'importanza del tratto re t i n o-ipotalamico, che si distacca dal chiasma, nel for-n i re informazioni sui periodi luce-buio al nucleo sovrachiasmatico dell'ipota-lamo (centro fondamentale dell'orologio biologico) e da qui ad altre stru t t u rec e rebrali. Tale lesione potrebbe spiegare da sola i casi nei quali la sindrome èp resente in assenza di cecità, ma si associa invece a difetto mentale. I sogget-ti con questa sindrome presentano cicli anarchici di secrezione di melatoninae cortisolo. Per una diagnosi sicura occorre un diario prolungato dei periodidi sonno e della sua qualità oppure una registrazione actigrafica pro l u n g a t a .L'elemento fondamentale di distinzione è rappresentato dal fatto che, mentrei pazienti con la Sindrome della Fase di Sonno Ritardata mantengono o riacqui-stano il loro ritardo fisso d’inizio del sonno nei periodi di vacanza, quelli cons i n d rome ipernictoemerale proseguono nel loro pro g ressivo ritardo.

TrattamentoNei pochi casi studiati sembra che i migliori successi si ottengano con un

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programma di orario imposto e mantenuto per un tempo sufficientementelungo. L'esposizione mattutina del soggetto alla luce del sole è risultato unbuon coadiuvante dell'orario imposto. E’ riportata l'efficacia del trattamentocon Vitamina B12 [43] solo in pochi casi e dunque l'indicazione necessita diulteriori conferme. La somministrazione di melatonina è efficace nel riasset-to del ritmo sonno-veglia.

Sindrome da salto di fusi orari (Jet lag syndrome)

E’ una sindrome che fa seguito a rapidi spostamenti (viaggi con jet) inlocalità con fuso orario differente dal luogo di partenza. E’ caratterizzata dainsonnia per minore durata del sonno, difficoltà ad iniziarlo e/o a mante-nerlo, associata a difficoltà di concentrazione, affaticabilità, irritabilità, disor-dini viscero-vegetativi. Dopo un rapido spostamento transmeridiano il siste-ma circadiano endogeno rimane con gli orari stabiliti nell’usuale fuso orario.La sintomatologia nelle 24 ore con tutta probabilità consegue:

I. a passaggi rapidi tra periodi di veglia alternati a periodi di bisogno didormire (dato che le fasi di sonno non sono ancora aggiustate nell’orario),

II. a risvegli frequenti durante il sonno per lo stesso motivo, III. a malessere fisico (disordini vegetativi) per l’asincronia e disarmonia

tra orario di certe attività e quello del ritmo sonno-veglia. La sindrome inte-ressa adulti predisposti dei due sessi; è più frequente sopra i 50 anni. Durataed entità dei sintomi sono proporzionali:

1. al numero di fusi che vengono saltati;2. alla direzione del viaggio, verso est o viceversa,3. agli orari di partenza e di arrivo.

Per aggiustare questi orari con quelli della nuova località occorrono tempid i s c retamente lunghi. Si calcola che nei voli verso occidente con salti a faser i t a rdata il re c u p e ro avvenga in ragione di 90 minuti al giorno, mentre inquelli verso oriente si compie in ragione di 60 minuti. Nella maggioranza deicasi la sindrome è di breve durata risolvendosi in 2-3 giorni dall’arrivo nellanuova destinazione, ma se il salto di fusi è stato cospicuo (8-12 ore) può per-d u r a re anche 7-10 giorni, specie se la direzione è stata verso est. Mentre unsalto di 6 ore verso ovest può dar luogo a sonnolenza diurna con scarsodisturbo del sonno notturno, un eguale salto di fusi orari verso est determinasonnolenza diurna, insonnia notturna e disordini gastroenterici che duranopiù a lungo. Può diventare una sindrome cronica nelle persone che per moti-vi di lavoro (personale di volo, diplomatici, uomini d’affari ecc.) compionof requenti spostamenti aerei in località con diff e rente fuso orario. La sindro m ein questi casi diviene del tutto simile a quella dei lavoratori turnisti.

TrattamentoE’ consigliabile regolare i propri orari interni con quelli del nuovo fuso fin

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dall’inizio. Conviene inoltre ricorrere ad una prevenzione alzandosi conritardo di una o due ore al mattino un giorno o due prima di partire per viag-gi verso ovest o andando a dormire e svegliandosi con anticipo di 1-2 ore 1-3 giorni prima di un viaggio verso est. L’esposizione alla luce nei periodiconvenienti serve a facilitare gli aggiustamenti di orario. Per facilitare l’a-dattamento al nuovo orario è indicato l’assunzione di melatonina due oreprima rispetto al nuovo orario di sonno. Qualora il soggetto dovesse subirei sintomi fastidiosi dell’insonnia si può comunque ricorre all’impiego diipnotici non benzodiazinici o a benzodiazepine a brevissima emivita ecomunque a dosi basse (0,25 mg per 3-4 notti) onde evitare fenomeni di son-nolenza diurna.

Sindrome del turnista

La capacità dell’organismo di aggiustare il proprio orologio interno suquello degli eventi ambientali risulta fondamentale per assicurare un buonsonno. I limiti entro i quali tale operazione può essere eseguita senza crearedanni all’intero sistema circadiano sembra essere di un ora, al massimo 2 ore.Tale capacità di adattamento dell’organismo alle condizioni ambientali vienemessa a dura prova nella società moderna industrializzata con l’ideale diuna società in cui la produzione ed il commercio vengano garantiti 24 ore su24 e 7 giorni su 7 [44, 45, 46].

La sindrome del turnista è paragonabile ad una condizione di Jet Lag cro-nico, si caratterizza per disturbi della veglia, del sonno e delle funzioni visce-ro-vegetative [47]. In particolare durante la veglia la sintomatologia è costi-tuita da sonnolenza, affaticamento ed irritabilità con conseguente minor effi-cienza e maggiore rischio di infortuni sul lavoro) [48, 49]. Il sonno notturnoinvece è interrotto da frequenti risvegli ed in definitiva si realizza una con-dizione di privazione parziale di sonno nelle 24 ore. Nelle notti libere dallavoro il soggetto, che cerca di ritrovare la comune abitudine al sonno, soffreinvece di insonnia.

Sono colpiti in discreta quantità (percentuale 40%) lavoratori costretti adeseguire turni di lavoro ad orario diverso nella settimana, compresa la notte.Assume molta importanza anche la rotazione dell’orario. Nei turni antero-gradi, cioè quando si sposta nel senso del ritardo (mattino, pomeriggio,notte), le variazioni sono meglio tollerate rispetto ai turni retrogradi [50]. Latollerabilità del turno dipende inoltre dalla ciclicità degli intervalli giorni diturno-giorni di riposo: pìu rapido è il cambio di turno in senso anterogradoe più breve è l’intervallo tra giorni di lavoro e giorni di riposo, maggiore saràil benessere psico-fisico del turnista. Il lavoro a turni comporta però anchemodifiche dei ritmi di secrezione ormonale [47]. Sono state riportate anche

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condizioni di iposideremia ed anemia sideropenica in caso di condizionecronica del lavoro a turni [47], oltre ad aumentati rischi di infarto miocardioed ictus [51, 52]. Il continuo spostamento dei pasti e dell’abuso di caffè, alcole nicotina comportano spesso una associazione con disturbi gastrointestina-li che possono sfociare in ulcera duodenale [53].

Inoltre il tipo di orario lavorativo e l’irritabilità che ne consegue determi-nano anche rapporti familiari difficili che a loro volta peggiorano le condi-zioni psico-fisiche del paziente [54, 55].

TrattamentoLa soluzione migliore della sindrome è rappresentata dall’abbandono del

lavoro con turni invertiti o a rotazione retrograda. Se ciò non fosse possibile,la seconda opzione consiste nello stabilire l’orario di sonno nel pomeriggio,se il turno di notte è costante. Ciò comunque non rappresenta una soluzioneper le notti libere dal lavoro. In questi casi può essere utile organizzare ilsonno in una fase di 2-3 ore al pomeriggio e di 5-6 ore di notte. L’esposizioneprogrammata a luce intensa e l’assunzione di melatonina negli orari conve-nienti hanno mostrato di favorire la capacità di adattamento ai cambi diturno [56].

L’impiego di un farmaco ipnotico prima del sonno diurno non è a lungoefficace. Se si è costretti a far uso di un ipnotico è consigliabile l’uso di ipno-tici non benzodiazepinici.

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Dissonnie

Insonnie

L’insonnia è un sintomo, riferito soggettivamente da parte del pazientecome una difficoltà di addormentarsi, difficoltà di mantenere il sonno confrequenti risvegli intrasonno oppure risvegli definitivi precoci. E’ importan-te sottolineare che l'insonnia non è definita dalla durata totale del sonno insenso assoluto, ma dalla condizione di “sonno disturbato” e dalla conse-guente impossibilità da parte del paziente di riconoscere il sonno come risto-rativo e capace di dare la sensazione di sentirsi riposati il giorno successivo.Il fabbisogno totale di sonno varia tra le 4 e le 10 ore. Pertanto una personache dorme 4 ore e si sveglia riposata non ha un’insonnia, ma è semplice-mente un dormitore breve sano.

L'insonnia è il più comune di tutti i disturbi del sonno; spesso è un sinto-mo di patologie mediche, psichiatriche e neurologiche sottostanti. Può esse-re secondaria ad altri disturbi del sonno o essere indotta da farmaci.

U n ' a p p rofondita conoscenza della causa più probabile dell'insonnia in undeterminato paziente è essenziale prima di poter pro p o r re un trattamentorazionale ed efficace (tabella 4). Nelle società industrializzate lamenta inson-nia il 40% della popolazione ogni anno [57]. L’insonnia è considerata unasignificativa causa di morbilità e di mortalità. I costi diretti e indiretti dell’in-sonnia sono stati stimati intorno ai 100 miliardi di $ per anno negli USA [ 5 8 ] .Nella valutazione di un soggetto che lamenta insonnia si dovrebbe ancheconsiderare l’impatto di fattori genetici che determinano per ciascun indivi-duo il fabbisogno ottimale di sonno (dormitori brevi e lunghi) e l’orario diaddormentamento preferito (gufi e allodole). La percezione di aver dormitoè naturalmente una parte importante della valutazione delle lamentele d’in-sonnia. Le persone che presentano insonnia tendono a sovrastimare la laten-za del sonno e a sottostimare il tempo totale trascorso dormendo. Studi spe-rimentali hanno accertato che in soggetti normali la sensazione soggettivad’essere sveglio può persistere anche cinque minuti dopo la comparsa deifusi [59], primi inequivocabili segni EEG di sonno avviato; si può quindifacilmente capire perché una notte con molti anche se brevi risvegli, puòessere percepita come una notte insonne [60]. Si ritiene che le persone coninsonnia cronica possono soffrire di un disturbo più generale di iperarousal,che può essere responsabile sia dei sintomi diurni sia del sonno notturnopoco soddisfacente [61]. La grande maggioranza dei pazienti che riferisconoinsonnia non richiede studi polisonnografici. Si devono sottoporre a valuta-zioni oggettive del sonno i soggetti che riferiscono grave ipersonnia diurna

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non giustificata o in cui si sospetta una causa organica dell’insonnia riporta-ta dal paziente, individuabile con le tecniche della polisonnografia (p.esdisturbo della respirazione correlato al sonno o Sindrome delle gambe senzariposo).

Tabella 4. Classificazione delle insonnie in relazione alla durata. Leinsonnie croniche sono inoltre distinte in primarie o secondarie ad altrepatologie disturbanti l’avvio ed il mantenimento del sonno.

Tipo Eziologia Terapia

Occasionali • Da dolore occasionale, • Analgesico o/e fisico o psichico ipnotico

Transitorie o di breve • Associate a stati dolorosi, • Terapia della malattiadurata (durata < 3 stress, problemi sul lavoro o di base (antidepressivi,settimane) nell’ambito familiare, psicolettici, Sali di

sospensione di farmaci. litio)

• eventuali farmaci ipnotici aggiuntivi

• Malattie psichiche •Trattamento della(depressione, disturbo malattia di baseossessivo-compulsivo)

• Malattie somatiche (generali e neurologiche)

• Soppressione gradua-Secondarie • Farmaci e alcol le dell’alcol

• Terapia farmacologia• Sindrome delle gambe senza riposo

Croniche • Sonno e gravidanza

•Distorta percezione dello •Igiene del sonnostato di sonno

•Insonnia idiopatica •Terapie comportamen-tali

Primarie •Insonnia psicofisiologica Uso di ipnotici per periodi limitati

• Nei casi resistenti: psicoterapia

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Insonnie primarie

Insonnia da errata percezione del sonnoIn questo caso si tratta di una “pseudoinsonnia” [62]. Ovvero insonnia

senza apparenti reperti di alterazione oggettiva. In pratica i pazienti lamen-tano di dormire poco o addirittura di non dormire affatto sebbene venganospesso osservati dai partner di letto o dal personale ospedaliero regolar-mente addormentati per tutta la notte. L’indagine polisonnografica mostrainoltre un regolare profilo ipnico macro- e microstrutturale. Questi pazientinon riferiscono eccessiva sonnolenza diurna. Per la diagnosi può essere suf-ficiente un confronto tra Epworth Sleepness Scale e diario del sonno. La poli-sonnografia pùo essere talvolta utile terapeuticamente per dimostrare al sog-getto come abbia, in realtà, dormito.

Insonnia da adattamento o situazionaleViene definito disturbo del sonno “da adattamento” una situazione d’in-

sonnia di relativa breve durata (al massimo fino a qualche mese) che insor-ge successivamente e conseguentemente ad un evento stressante al quale èeziopatogeneticamente legata. Le situazioni responsabili dell'insorgenzadella sindrome possono essere estremamente diverse ancorché banali, mahanno tutte in comune la potenzialità stressante. A volte il paziente stesso èincapace di identificare l'evento responsabile. Il recupero della normalità siottiene di solito nel giro di breve tempo o per la cessazione dell'evento stres-sante o per una riorganizzazione adattativa del soggetto ad un miglior livel-lo psicologico. Se il disturbo persiste per un tempo prolungato può suben-trare il rischio di un’insonnia psicofisiologica cronica.

Insonnia psicofisiologica cronicaL'insonnia psicofisiologica (IP) è una forma d’insonnia dipendente da fat-

tori stressanti generici che somatizzano in maniera selettiva alterando ilsonno notturno [61]. Il termine indica un’insonnia indotta da una genericatensione emotiva in assenza di altri problemi psicopatologici o di ordinementale. Condizionamenti individuali negativi nei confronti del sonno costi-tuiscono la causa di consolidamento di un’insonnia in origine situazionale ereattiva la quale, con il passare del tempo, diviene del tutto indipendentedall'occasione scatenante iniziale (Figura 15). Diventano insonni cronici queisoggetti che reagiscono allo stress con una reazione di allarme esagerata eche somatizzano la tensione emotiva. Spesso il ricordo preciso degli eventiche hanno determinato l’inizio dei problemi sfugge alla percezione criticadel paziente e l'attenzione si polarizza unicamente sull'insonnia che diventaessa stessa l’unico problema.

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Figura 15. L’evoluzione dell’insonnia acuta in cronica.

Si instaura un circolo vizioso fra la qualità della vita e delle attività diur-ne e la preoccupazione che ne deriva; le aspettative negative legate al sonnopotenziano sia gli effetti negativi dell'insonnia durante le attività diurne, siail livello di tensione somatizzata che disturba oggettivamente il sonno. E’tipica in questi pazienti la convinzione di poter vedere dissolvere ogni loroproblema solo se riuscissero di nuovo a dormire bene. Ma quanto più si sfor-zano di dormire, tanto più diventano agitati e il sonno diventa difficile.Tipicamente questi pazienti si addormentano facilmente quando sono rilas-sati davanti alla TV e non quando sono a letto, e riescono a dormire meglioin ambienti non abituali, come le camere d’albergo o il laboratorio del sonno,piuttosto che in casa propria. I rilievi polisonnografici in questi pazientimostrano un tempo di addormentamento prolungato e una quantità esage-rata di veglia notturna che riducono la quantità e l'efficienza del sonno, con-venzionalmente definita come il rapporto tra tempo trascorso a letto e effet-tiva durata del sonno. Sono aumentati gli stati di sonno leggero (stadi I e 2)a discapito del sonno profondo (stadi 3 e 4) che non può essere consolidatoper l'eccessiva instabilità del sonno. Il deficit microstrutturale è a volte anco-ra più pronunciato, i microrisvegli diventano numerosi e l’indice di presen-za di tracciato instabile (CAP-rate) è drasticamente aumentato.

L’insonnia psicofisiologica è più frequente nelle donne, inizia normalmen-te dopo i 20-30 anni e peggiora pro g ressivamente con l'età fino ad un livello di

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Insonnia acutaInsonnia cro n i c a

fattori psicofisiologici,di condizionamentostress, ansia, iperarousal

fattori circ a d i a n i

fattori psichiatrici

farmaci, alcool

disturbi medicie neuro l o g i c i

N o t t e

Giorno

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gravità stabile che corrisponde alla cronicizzazione definitiva del disturbo eporta spesso ad un uso prolungato o eccessivo di ipnotici o di alcool. Per unadiagnosi corretta di IP o c c o r re escludere altre cause di insonnia; in particolarevanno esclusi con cura i disturbi affettivi e l'ansia generalizzata perché spessol'insonnia costituisce il sintomo d'esordio di una sindrome depressiva o il sin-tomo notturno più importante di un disturbo d’ansia.

TrattamentoIl trattamento dell'insonnia con tecniche di psicoterapia comportamenta-

le può essere efficace ma comporta spesso un rilevante impegno temporale.La restrizione del sonno, che consiste nella riduzione del tempo totale disonno a poche ore per ciascuna notte al fine di migliorare l'efficienza delsonno, per poi aumentare gradualmente la quantità di tempo trascorso aletto, si è dimostrata utile. La terapia del controllo degli stimoli scoraggial'associazione appresa tra la camera da letto e la veglia consigliando alpaziente che non riesce a addormentarsi di alzarsi e di andare in un'altrastanza ad eseguire altre attività rilassanti fino a quando non sente nuova-mente il desiderio di dormire. La terapia cognitiva tende a rassicurare ilpaziente, fornendogli notizie e spiegazioni circa la possibilità di recuperaresonno in termini d’intensità, correggendo giudizi negativi basati sul convin-cimento erroneo che il sonno debba essere valutato solo in termini di oredormite.

I farmaci utilizzati per curare l'insonnia possono invece essere loro stessiresponsabili della comparsa o dell'aggravamento di un quadro di insonnia,attraverso meccanismi diversi. La registrazione polisonnografica a seguitodell’uso prolungato di ipnotici evidenzia una riduzione dell’ampiezza delleonde delta, a favore di un incremento di attività più rapide. L'uso eccessivoe prolungato di un ipnotico conduce quasi costantemente ad una situazionedi tolleranza, con una caduta dell'efficacia e una tendenza all’incrementodella dose, deteriorando ulteriormente il sonno. L'evento opposto è costitui-to da un tentativo di riduzione o dalla sospensione totale del farmaco; inentrambe i casi è facile che ricompaiano segni di insonnia e spesso l'entità diquesta insonnia “di ritorno” è maggiore (o è percepita comunque come piùaccentuata) di quella che caratterizzava il quadro di partenza; l'evento suc-cessivo è costituito spesso dalla ripresa dell'assunzione dell’ipnotico. Gliinconvenienti descritti vanno evitati ricorrendo ad un’accurata scelta delfarmaco e ad una stretta sorveglianza del suo uso, in termini di quantità e ditempo ed impegnando il paziente a restare sotto controllo medico, evitandol’autoprescrizione.

Insonnia idiopaticaSi intende con questo termine un’incapacità di ottenere un sonno soddi-

sfacente sin dalla nascita e per tutta la vita a causa di un inadeguato con-

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trollo neurologico del sistema sonno-veglia [63, 64]. Fino a che l’insonnia èlieve o moderata, le funzioni psicologiche appaiono compensate, ma se l’in-sonnia è grave, il quadro psicologico può evolvere verso uno stato depressi-vo. A causa della persistente durata del disturbo, alcuni pazienti abusano difarmaci ipnotici o di alcol nel tentativo di indurre il sonno. Più raro è l’abu-so di caffè e altre sostanze stimolanti per combattere la sonnolenza diurna.Lo studio polisonnografico evidenzia un marcato allungamento della laten-za di addormentamento, forte riduzione dell’efficienza del sonno con incre-mento del numero e della durata dei risvegli notturni. L’estrema fragilità delsonno viene espressa da un numero elevato di microrisvegli ed una conse-guente esagerata frammentazione del profilo ipnico. L’eventuale substratoorganico può risiedere in uno squilibrio neurochimico nei molteplici sistemid regolazione del sonno (sistema reticolare attivatore ascendente, nuclei deltronco cerebrale ecc.); sembrano principalmente coinvolte le vie metabolicheserotoninergiche, specie nei casi con eccessiva sonnolenza diurna.

TrattamentoL’uso di tecniche di biofeedback mira a regolarizzare i ritmi cerebrali in

veglia con il presupposto di rafforzare i ritmi propri del sonno durante lanotte, rendendolo più profondo e più stabile.

Oltre ai comuni ipnotici, dosi ridotte di amitriptilina (10-50 mg alla sera)spesso migliorano il sonno.

Insonnie secondarie

Dissonnia da sindrome delle gambe senza riposoNella classificazione internazionale dei disturbi del sonno (ICDS 90) la sindro-

me delle gambe senza riposo, Restless Legs Sindrome (RLS), viene posta tra ledissonnie intrinseche. Essa è caratterizzata da una sensazione sgradevole,riferita come interna e localizzata più tipicamente tra il ginocchio e la cavi-glia, che insorge a riposo nella tarda serata e specialmente nella fase di rilas-samento muscolare che usualmente precede il sonno.

La sintomatologia viene alleviata solo dal movimento e a volte è talmen-te intensa da produrre la necessità di alzarsi, camminare, poggiare il piedesu di una superficie fredda. Ciò interferisce severamente con la possibilità didare inizio al sonno, causando un'insonnia particolarmente severa condisturbi emozionali tali da portare alla depressione e, in rari casi, al suicidio.La sintomatologia è in genere bilaterale ma può presentarsi prevalentemen-te da un lato; occasionalmente possono essere interessati anche gli arti supe-riori. La prevalenza nella popolazione generale è intorno al 5%. Incidenzepiù alte si ritrovano nelle donne in gravidanza (11-27%) e nell'anemia side-ropenica (24-42%) [65,66]. La severità dei sintomi varia ampiamente nel corso

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della vita essendo non infrequenti periodi di remissione totale. L'età d’in-s o rgenza è estremamente variabile. Spesso i pazienti si rivolgono al medicomolti anni dopo l'inizio della sintomatologia. La prevalenza è appare n t e m e n-te più alta nel sesso femminile, in probabile rapporto con l'esacerbarsi dei sin-tomi che può verificarsi in gravidanza e in menopausa. In alcuni casi la sin-d rome è ereditaria con modalità di trasmissione autosomica dominante.

La RLS si presenta spesso associata con mielopatie e neuropatie croniche,con l'anemia, il diabete, l'insufficienza respiratoria cronica, il cancro, l'insuf-ficienza venosa e con l'assunzione d’alcuni farmaci (caffeina, ß-bloccanti,fenotiazine) [67]. Nei casi idiopatici gli esami di laboratorio e l'elettromio-grafia sono negativi. Il quadro polisonnografico d'insieme mostra un sonnofortemente disturbato caratterizzato da numerosi addormentamenti inter-rotti da risvegli, aumento della rappresentazione percentuale delle fasi disonno leggero 1 e 2, diminuzione delle fasi di sonno profondo 3 e 4, frequenticambiamenti di fase, tempo ed efficienza del sonno ridotti. La macrostruttu-ra del sonno presenta un'irregolare distribuzione del sonno, con perditadella regolare dinamica ciclica delle attività EEGrafiche lente; la microstrut-tura è caratterizzata da un aumento dei periodi d’instabilità.

Trattamento Farmaci benzodiazepinici Alcune benzodiazepine, come l'alprazolam, il

nitrazepam, il temazepam, il triazolam e il clonazepam, che è il più diffusa-mente studiato, sono state impiegate con apparente successo; in realtà i risul-tati appaiono alquanto contraddittori, in quanto il risultato positivo consiste-rebbe in una più rapida induzione del sonno e in una diminuzione dei risve-gli legati ai movimenti periodici delle gambe piuttosto, che in un effettivomiglioramento della sintomatologia; inoltre, la permanenza dei beneficiappare limitata nel tempo. Effetti collaterali, consistenti in un'eccessiva son-nolenza diurna e nell'induzione o nell'aggravamento di una sindrome daapnee morfeiche, sono stati segnalati specie nei pazienti più anziani.

Studi controllati hanno dimostrato che L-dopa, associata ad inibitoridella decarbossilasi periferica, è efficace nel ridurre stabilmente i movimen-ti della RLS. Tuttavia si può assistere ad un incremento della sintomatologiadiurna e ad un rebound dei PLMS nell'ultima parte della notte, qualora la L-dopa venga somministrata in una singola dose serale. L'uso di preparati arilascio controllato però può risolvere tali problemi. Risultati benefici ven-gono riferiti con l'uso di farmaci dopaminergici [68].

Dissonnia da movimenti periodiciLa sindrome da movimenti periodici delle gambe durante il sonno

(PLMS), sinonimo mioclono notturno, è classificata tra le dissonnie intrinse-che. Essa è caratterizzata da contrazioni muscolari stereotipate, periodiche,in uno o in entrambi gli arti inferiori, che intervengono nel sonno, special-

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mente in quello leggero (Figura 16). Le scosse miocloniche consistono inmovimenti d’estensione dell'alluce e dorsiflessione della caviglia, seguititalora dalla flessione del ginocchio e dell'anca, che durano generalmente da0,5 a 5 secondi e si manifestano periodicamente ogni 20-40 secondi circa. Essitendono a raggrupparsi, in genere, in episodi che possono durare anchealcune ore, iniziando generalmente durante gli stadi di sonno 1 e 2 e salvopersistere durante il sonno lento e la fase REM. Durante il sonno REM sonodi solito meno intensi, più corti e meno ritmici; nello stadio 2 sono frequen-temente accompagnati da un microrisveglio.

Figura 16. Esempio di tracciato polisonnografico della durata di 30secondi in un soggetto con mioclono notturno. In questo esempio si eviden -zia la periodicità tipica della scossa mioclonica di 20-40 secondi che nondeve necessariamente essere sempre simmetrica.

La sindrome da PLMS viene raramente diagnosticata negli individui gio-vani e la sua incidenza cresce con l'età al punto che può essere osservata incirca il 44% dei soggetti di età superiore ai 65 anni [69]; pur rappresentandoun'entità nosologica distinta dalla sindrome delle gambe senza riposo [70] siassocia con essa in circa il 50% dei casi. La sindrome è presente in una vastagamma di patologie come la corea di Huntington, la sclerosi laterale amio-trofica, le mielopatie croniche, le neuropatie periferiche, l'uremia e nel 30%circa dei pazienti con apnee morfeiche. Va inoltre ricordato che i movimentiperiodici possono essere indotti da farmaci antidepressivi triciclici o dallasospensione di farmaci anticonvulsivanti, benzodiazepine, barbiturici e altriipnotici. E' degno di nota il fatto che i PLMS sono stati incidentalmenteriscontrati in soggetti del tutto sani, nella misura dell'11% circa. Non è notauna prevalenza legata al sesso.

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L'effettiva incidenza dei PLMS come causa di insonnia è ancora contro-versa; sembra però di poter concludere che i movimenti periodici dellegambe da soli, pur potendo indurre una frammentazione del sonno, nonrappresentano mai un fattore decisivo nella patogenesi dell'insonnia stessa.

Alcune osservazioni suggeriscono che i PLMS e la RLS possono essereconsiderate manifestazioni cliniche di una stessa disfunzione del sistemanervoso centrale. Ad esempio, nei pazienti con RLS, durante l’esecuzione deltest d’immobilizzazione forzata delle gambe, i movimenti assumono unacomponente periodica simile ai PLMS; inoltre, è facile osservare come imovimenti tipici della RLS nel passaggio tra la veglia e il sonno assumonogradualmente le caratteristiche dei PLMS, e infine, come quasi tutti i farma-ci efficaci nel trattamento del RLS sopprimono anche i PLMS in quei pazien-ti affetti contemporaneamente dalle due sindromi.

Di particolare interesse appaiono i legami tra la periodicità dei PLMS(20-40 secondi) e quella presentata da altri fenomeni durante il sonno, e inparticolare la pressione sanguigna, la respirazione e il tracciato alternanteciclico. L'insieme di queste osservazioni suggerisce l'ipotesi di un comunepace-maker per tali fenomeni, di un'origine sottocorticale dei PLMS e dì unaregolazione da parte di fluttuazioni ritmiche dell'eccitabilità della sostanzareticolare del tronco encefalico.

TrattamentoNessun trattamento è consigliabile per la sindrome da PLMS che non

comporti alterazioni della struttura e della continuità del sonno. Le benzo-diazepine, specialmente il clonazepam, rappresentano il trattamento d’ele-zione nei casi meno gravi; la L-dopa e i dopaminoagonisti appaiono netta-mente più efficaci e indicati quindi nei casi più gravi. L'uso degli oppioididovrebbe essere limitato a quei pazienti con sintomatologia più severa e nonresponsivi alle precedenti terapie.

Dissonnia da apnee ostruttive morfeicheLa Sindrome delle apnee ostruttive in sonno (OSAS) è caratterizzata da

ripetuti episodi di occlusione delle vie aeree superiori durante il sonno(Figura 17). Il numero di questi eventi respiratori può oscillare, in relazionealla gravità della sindrome, tra 10 a più di 100 eventi per ora. La prevalenzaè del 3,3% tra i maschi con un picco che si colloca intorno a 55 anni, nellefemmine l’OSAS può essere frequente, specie dopo la menopausa. Un altropicco di prevalenza si ritrova nei bambini di età inferiore di 6 anni (1,5-3,5%),soprattutto in alcuni gruppi a rischio, quali i portatori di macroglossia,dismorfismi cranio-facciali e ipertrofia adeno-tonsillare.

L’occlusione parziale o totale delle vie aeree superiori è correlata allo svi-luppo di pressione subatmosferica intratoracica durante l’inspirazione.

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Figura 17. Due esempi di tracciato della durata di 30 secondi ciscuno inun soggetto affetto dalla sindrome delle apnee ostruttive in sonno.L’esempio in alto (A) mostra una condizione di comparsa subcontinua diapnee di tipo ostruttive (l’ampiezza delle oscillazioni del flusso oro-nasalesi azzera mentre a livello delle cinture toraciche ed addominali si registrasolo una riduzione dell’ampiezza, ma non un appiattimento completo.Nell’esempio in basso (B) la fase risolutiva degli eventi è inoltre associataalla comparsa di una scossa mioclonica.

Questa pressione subatmosferica è trasmessa alla regione faringea, crean-do una sorta di “aspirazione” sui tessuti molli e sui muscoli dilatatori delle

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vie aeree superiori che hanno il compito di mantenere pervie tali vie, con-traendosi normalmente prima dell’inspirazione. Durante il sonno, in questimuscoli, ed in particolar modo nei muscoli genioglosso e genioioideo, laforza contrattile si riduce di molto, favorendo lo sviluppo di una resistenzainspiratoria anomala nelle vie aeree superiori, che può dar luogo a occlusio-ne parziale o totale. Le anomalie anatomiche o fisiologiche delle vie aereesuperiori riducono l’entità di pervietà oltre un livello critico o limitano l’at-tività dei relativi muscoli dilatatori, aumentando le resistenze delle vie aereesuperiori e causando un collasso più o meno pronunciato. La ripresa dellaventilazione dopo un’apnea si verifica solo attraverso un alleggerimento delsonno o un risveglio vero e proprio. Ciò comporta una frammentazione delsonno non solo a livello macrostrutturale (riduzione della percentuale dellefasi di sonno NREM 3 e 4 e della fase REM) ma anche a livello microstruttu-rale (elevata instabilità del sonno ed aumento del rate di tracciato alternanteciclico). Ciascuna apnea può inoltre accompagnarsi ad ipossia, talora parti-colarmente severa, con valori di SaO2 che possono raggiungere livelli intor-no al 60 %. In questi pazienti, inoltre, si presenta un deficit di secrezione del-l’ormone della crescita e di testosterone, correlato alla riduzione, talvoltaanche alla scomparsa delle fasi profonde del sonno NREM, in cui normal-mente questo ormone viene prodotto. In 2/3 dei pazienti con OSAS, inoltre,la secrezione del peptide natriuretico atriale è aumentata, e l’attività delsistema renina-angiotensina-aldosterone è depressa, aumentando la natriu-resi e la diuresi con conseguente insorgenza di edemi periferici e di emo-concentrazione, con aumento della viscosità del sangue. In concomitanzaalle apnee, ed in rapporto alla loro lunghezza, possono manifestarsi intenseoscillazioni acute dei valori di pressione arteriosa sistemica e polmonare efrequenza cardiaca, per attivazione di riflessi neurovegetativi in rispostaall’ipossia, alle modificazioni della pressione negativa intratoracica, ai mec-canismi di arousal e, naturalmente , anche allo stadio del sonno in cui si veri-ficano le apnee (più intense e prolungate durante il sonno REM).

Gli eventi che si verificano acutamente in corso di apnea possono com-portare conseguenze permanenti. A livello respiratorio si può sviluppareuna ipoventilazione permanente con ipercapnia diurna. La riduzione dellalibido, riferita spesso dal paziente con OSAS, potrebbe essere messa in rela-zione alla riduzione del tasso plasmatico del testosterone libero e totale. Losviluppo di ipertensione polmonare sembra legata ad un’alterata funziona-lità polmonare con ipossiemia permanente; in questi casi si può manifestareanche una insufficienza cardiaca destra. Queste alterazioni emodinamichesarebbero legate all’aumento di catecolamine circolanti e del tono simpaticoconseguenti ai fenomeni di desaturazione di ossigeno ed ai frequenti risve-gli, e ad un fenomeno di down-regulation dei barocettori a causa delle inten-se oscillazioni della pressione arteriosa in rapporto alle apnee. L’azione di

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tutti questi fattori implica uno squilibrio dell’omeostasi fisiologica a varilivelli (sitema nervoso centrale e vegetativo, ormonale, vascolare etc.) edaumenta il rischio di ischemia cerebrale, principalmente per un aumentataviscosità del sangue e la conseguente formazione di microtrombi [71].Recentemente è stato inoltre dimostrato che nei soggetti con OSAS la pre-senza di uno shunt interatriale, da forame ovale pervio, sia più elevatarispetto alla popolazione normale [72]. Questo tipo di shunt, quando pre-sente, predispone il soggetto ad un elevato rischio di ictus, perché permette-rebbe il passaggio dei microtrombi dal circolo venoso a quello arterioso. Si èvisto che durante le apnee questo shunt avviene ogni volta che la duratadelle apnee supera 17 secondi [73]. Generalmente, i pazienti si rivolgono almedico per la presenza di due sintomi maggiori: il russamento e la sonno-lenza diurna [74]. Nei pazienti con OSAS il russamento assume caratteristi-che peculiari: è un forte russamento di tipo gutturale, presente da lungotempo, interrotto da pause respiratorie, seguite da una ripresa della ventila-zione particolarmente rumorosa. Accanto ai segni maggiori il paziente rife-risce segni minori, costituiti da risvegli frequenti per la necessità di urinare,da improvvise sensazioni di soffocamento o per abbondante sudorazione. Ilrisveglio mattutino è spesso caratterizzato da cefalea di breve durata e sec-chezza delle fauci. Si accompagnano disturbi cognitivi con difficoltà di con-centrazione e di memorizzazione, problemi sessuali con riduzione della libi-do fino all’impotenza e talvolta modificazioni del carattere, generalmentenel senso dell’irritabilità (soprattutto nei bambini, dove si osserva spessoanche agitazione psicomotoria). I pazienti con OSAS sono frequentementeobesi (70%); in particolare sembra di valore predittivo la presenza di valorielevati della circonferenza del collo (>43 cm) e la distribuzione assiale deltessuto adiposo. Principale causa, e/o concausa, responsabile dell’occlusio-ne delle prime vie aeree può essere la presenza di anomalie cranio-facciali(retrognazia e micrognazia, angolazione del basicranio), ostruzioni nasali,ipertrofia tonsillare e/o adenoidea, palato ogivale, prolasso dell’ugola,macroglossia, edema della laringe. L’ipertensione, inizialmente solo diastoli-ca, è spesso presente. L’OSAS è frequentemente associata a broncopneumo-patia cronica ostruttiva, in questo caso si parla di Overlap Syndrome. In que-sti casi è possibile che si instauri rapidamente un’ipoventilazione diurna,con aspetti clinici tipo cuore polmonare cronico. E’ fondamentale distingue-re il russamento tipico dell’OSAS da uno spasmo laringeo, possibile espres-sione di altre patologie neurologiche di tipo degenerativo (p.e. AtrofiaMultisistemica Progressiva, Sclerosi Laterale Amiotrofica). Per questo moti-vo è indispensabile sottoporre il paziente ad un esame neurologico comple-to.

Per una diagnosi corretta è necessario eseguire indagini strumentali,quali la polisonnografia notturna (PSG) completa. Oltre ai canali EEG e poli-

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grafici comuni è necessario registrare, per l’intera durata del sonno nottur-no, il flusso aereo oronasale, i movimenti respirartorii toraco-addominali,l’elettromiogramma dei muscoli tibiali, l’elettrocardiogramma ed i livelli disaturazione di ossigeno. Ciò consente una valutazione quantitativa e quali-tativa della severità della sindrome, indicando il tipo di apnea (ostruttiva,centrale o mista), permettendo di calcolare l’indice orario di apnea/ipopnea,l’entità delle desaturazioni di O2, le variazioni della frequenza cardiaca, lapresenza di movimenti periodici durante il sonno e il sovvertimento dell’ar-chitettura ipnica. L’iter diagnostico, infine, andrebbe completato con leprove di funzionalità respiratoria, la rinomanometria e la cefalometria. L’O-SAS segue un’evoluzione naturale dallo stadio 0 con il solo russamento asso-ciato a lieve sonnolenza diurna fino allo stadio 3, in cui l’ipoventilazionealveolare è presente anche durante la veglia e si evidenziano gravi disturbicardiocircolatori.

TrattamentoNon esistono trattamenti farmacologici risultati efficaci. In caso di OSAS

di grado lieve, generalmente di tipo posizionale ed in relazione spesso alsovrappeso, sono sufficienti alcune raccomandazioni volte a promuovere laperdita di peso e ad evitare l’assunzione di sostanze che possono deprimereil sistema nervoso centrale come etanolo e sedativi. Se viene accertata unarelazione con la posizione assunta durante il sonno, è bene raccomandare alpaziente di evitare il decubito supino con opportuni accorgimenti (uso dipalla da tennis posizionata fra le scapole, cuscino cuneiforme, dispositivosonoro che viene attivato quando il paziente assume la posizione supina).

CPAP e BIPAPQuesti dispositivi a pressione positiva continua (CPAP), o a pressione

differenziata per inspirazione ed espirazione (BIPAP), rappresentano il trat-tamento più efficace nella terapia dell’OSAS. Essi comprimono l’ariaambientale e la incanalano ad una data pressione in una maschera nasale onaso-buccale in modo da garantire la pervietà delle vie aeree superiori.L’entità della pressione deve essere stabilita individualmente per ciascunpaziente, tenendo conto del fatto che la pressione ottimale è quella minimarichiesta per eliminare completamente le apnee ostruttive, le ipopnee ed ilrussamento. La BIPAP viene principalmente utilizzata per trattare pazientiche richiedono valori pressori molto elevati, tali da rendere fastidiosa l’espi-razione, oppure in caso di pazienti con Overlap Syndrome. Negli ultimi annisi sono resi disponibili dispositivi CPAP autotaranti in grado di riconoscereautonomamente gli eventi respiratori patologici e di erogare al soggettopressioni variabili in relazione alle sue necessità. Risultano particolarmenteutili in pazienti con OSAS di grado medio-elevato, in cui i valori di pressio-ne terapeutica variano molto in rapporto alla posizione assunta dal sogget-

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to ed al tipo di sonno (NREM-REM). Gli svantaggi della CPAP consistononella resistenza psicologica che il paziente oppone di notte nell’affidarsi aduna macchina, nella comparsa di claustrofobia o sensazioni di soffocamentoin relazione all’apertura della bocca. La compliance (intorno al 60-80% deipazienti) è in relazione con la gravità della sonnolenza diurna e viene enor-memente aumentata mediante una paziente opera di persuasione e conintenso allenamento respiratorio.

Approcci ChirurgiciI pazienti più adatti per un approccio chirurgico sono generalmente quel-

li di grado medio-lieve, oppure quelli che, anche se di grado severo, presen-tano anormalità cranio-facciali o faringee di entità tale da rappresentare lacomponente predominante tra le cause dell’OSAS. Al fine di risolvere l’o-struzione delle vie aeree superiori, l’intervento viene personalizzato sullabase della valutazione globale dei tre livelli possibili di ostruzione potenzia-le: il naso (plastica del setto, polipectomia, o riduzione dei turbinati), il pala-to molle (resezione tramite uvolopalatofaringoplastica, uvolopalatoplastica,uvoloflap), la base della lingua (avanzamento dello ioide e della lingua).Spesso occorre intervenire su più livelli, in tempi diversi o contemporanea-mente. Il russamento sottopone il faringe a continui sussulti vibratori, tali dacausare negli anni, insieme agli eventi respiratori ostruttivi, irritazione dellamucosa faringea ed edema del faringe. Per questo motivo tutti i pazientiindirizzati verso l’intervento chirurgico devono comunque essere stati trat-tati per alcuni mesi con un dispositivo CPAP per ridurre l’entità dell’edemafaringeo. La tracheostomia ha rappresentato il primo trattamento chirurgicoper l’OSAS. Oggi questo tipo di intervento risulta necessario soltanto in casidisperati e molto particolari. Anche se praticata di rado, la tracheostomiaconsente un netto e immediato miglioramento ai soggetti con OSAS severa.

Applicazione dentarieQuesto tipo di terapia può essere applicata in pazienti con OSAS di

grado medio-lieve, quando le apnee sono principalmente dovute a retro-gnazia ed il paziente, in genere giovane, non riesce a sopportare (per motivipsicologici o fisici) un trattamento con un dispositivo CPAP. Tuttavia, lo spa-zio guadagnato è molto più limitato che nei procedimenti chirurgici. Il van-taggio di questi metodi rispetto alla chirurgia è che essi non comportanoalcuna variazione anatomica permanente né alcun rischio chirurgico.

Disturbi dell’inizio del sonno “per associazione”Sono quadri d’insonnia che s’instaurano in un bambino quando, nello

stato di veglia che precede l’addormentamento, vengono improvvisamente amancare oggetti, situazioni o cerimoniali che normalmente accompagnanol’addormentamento stesso. Questi possono essere costituiti da attivi inter-

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venti di chi gestisce il bambino (cullarlo, tenerlo in braccio ecc) o dalla per-cezione passiva di aspetti ripetitivi (la presenza costante di una luce ecc).

Disturbo del sonno “per mancata identificazione del limite”Si tratta di una forma di riduzione del tempo di sonno che usualmente

insorge nell’età in cui il bimbo recupera un’autonomia motoria che gli per-mette di allontanarsi volontariamente dal posto per dormire. Se si stabilisceil disturbo, il bambino inventa una serie di sotterfugi che hanno l’intento diprolungare il periodo di veglia e di permettergli di rimanere al di fuori dellimite (temporale, logistico): bisogno di bere, bisogno di andare al bagno ecc.La perdita del sonno non è solo del momento di addormentarsi, ma può rein-staurarsi anche nel cuore della notte, successivamente ad un risveglio not-turno. La mancanza di direttive precise può far sorgere nel bambino unasituazione di ansia, che a sua volta rinforza il meccanismo dell’insonnia eamplifica il disturbo.

TrattamentoLa scomparsa del disturbo è condizionata dalla capacità, da parte di chi

accudisce il bambino, di far recepire il messaggio che il momento di andarea letto è definito da regole inderogabili.

Insonnia da inadeguata igiene del sonnoSi tratta di una forma di insonnia che può già iniziare in età anche preco-

ce, quando prende origine da comportamenti inadeguati di chi ha la respon-sabilità di accudire i bambini (in genere i genitori). In questi casi non vieneorganizzata la giornata del bambino in uno schema minimamente ordinatoe regolare. Quando persegue fino ad un età post-adolescenziale diventanoperò importanti anche scelte e abitudini personali.

Può anche esordire solo in età adulta, e si caratterizza allora o per lamessa in atto di comportamenti che non facilitano l’addormentamento o perla presenza, all’interno dell’ambiente in cui si deve dormire, di elementi osituazioni capaci di ostacolare il sonno stesso.

Il disturbo riguarda tutta la giornata, nel senso che può consistere in unadifficoltà ad addormentarsi, in risvegli notturni ripetuti di varia durata, maanche in una disorganizzazione riguardante i momenti di riposo diurno chepossono interferire con la qualità del sonno notturno per una riduzione dellapotenza del processo omeostatico che si “scarica” ogniqualvolta si dorme.

TrattamentoConsiste nel ristabilire regole di vita precise, basate sul buon senso, per

eliminare questo tipo di insonnia. In altri pazienti, un’anormale o errata lororisposta ad occasionali episodi di insonnia può avere instaurato un circolovizioso (uso ed abuso di alcolici o di ipnotici, riposi diurni ecc.) per cui una

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semplice correzione di tali comportamenti può rappresentare un fondamen-tale e definitivo aiuto.

I consigli da suggerire al paziente per abitudini favorenti un buon sonnosi possono schematizzare nel seguente modo:

1. favorire la regolarità del ritmo sonno-veglia, mantenendo costantisia l’ora di coricarsi che quella di sveglia, a prescindere alla qualità delsonno nella notte precedente e/o dall’essere in un periodo di vacanza;

2. se trenta minuti dopo essersi coricati si è ancora svegli convienealzarsi e cercare di rilassarsi in un altro modo, e non insistere nel volersiaddormentare;

3. limitare l’uso della camera da letto esclusivamente al sonno, evitan-do di utilizzarla per mangiare,leggere, lavorare o guardare la televisioneecc.;

4. evitare di fare esercizio fisico nelle ore immediatamente precedentil’addormentamento (dopo le 19), tende ad evitare il fisiologico abbassa-mento della temperatura corporea in concomitanza con le ore notturne;

5. evitare attività mentali troppo impegnative o letture o spettacoliemotivamente disturbanti o intellettualmente esigenti prima di coricarsi;

6. non consumare alcol, caffè o bevande contenenti caffeina alla sera;7. evitare di andare a letto a digiuno o dopo un pasto eccessivo; 8. evitare il fumo prima di coricarsi;9. evitare di dormire durante il giorno o alla sera davanti al televisore;10. far in modo che la camera da letto sia buia, fresca e silenziosa;11. allontanare la sveglia da una visione diretta;12. crearsi delle abitudini prima di andare a letto (sconsigliato però in

persone con disturbi di tipo ossessivo-compulsivo);13. evitare di fare bagni caldi o docce bollenti immediatamente prima

di coricarsi (un bagno caldo fa rilassare la muscolatura, ma si oppone alfisiologico abbassamento della temperatura corporea nelle ore notturne);

14. evitare di utilizzare farmaci che possono interferire con l’organizza-zione e lo sviluppo del sonno.

Sindrome da “sonno insufficiente”Si definiscono situazioni nelle quali un soggetto, in assenza di patologia

psichica o fisica, riduce senza una coscienza attuale del fenomeno, il suosonno quotidiano, avendone delle conseguenze sul piano sintomatologico ecomportamentale. Questa sindrome consiste in una riduzione quantitativadel sonno che mantiene inalterati i suoi aspetti qualitativi; la comparsa didisturbi durante lo stato di veglia, la possibilità immediata di un ritorno aduna normale rappresentazione quantitativa del sonno quando si realizzi unacondizione a ciò favorevole.

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TrattamentoIl provvedimento terapeutico efficace è costituito solo dalla presa di

coscienza e dalla identificazione corretta da parte del paziente della causa deisuoi disturbi con una conseguente mutata organizzazione dell’attività e degliorari quotidiani di sonno-veglia.

Insonnia da assunzione durante la notte di cibo/bevandeSi può manifestare sia in età infantile sia in età adulta. Nei primi mesi di

vita il lattante fisiologicamente si sveglia nella notte per chiedere cibo, mal’organizzazione dell’attività quotidiana e la crescita rendono sempre menoefficaci i cosiddetti segnali notturni della fame, in modo tale che normal-mente i risvegli durante il sonno di notte gradatamente si riducono fino ascomparire. Nella sindrome dell’insonnia da assunzione notturna di cibo obevande, la fame è più di tipo “appreso” che reale, ossia non è causata da unvero deficit nutrizionale ( semmai, la quantità di cibo assunta nelle 24 orerisulta alla fine eccessiva).

Nell’adulto è nota come “night-eating sindrome” (NES), caratterizzataclinicamente dalla triade iperfagia notturna, insonnia e anoressia mattutina.Si tratta in genere di soggetti attorno ai 35 anni, sovrappeso , nella stragran-de maggioranza dei casi, di sesso femminile. La NES è caratterizzata dalassenza di patologia psichiatrica, anche se gli episodi patologici notturnisono caratterizzati costantemente da una componente compulsiva di spicca-ta entità ed il soggetto non riesce a riaddormentarsi senza aver ingerito ciboo bevande. Il risveglio notturno ha assolutamente caratteristiche di norma-lità. Gli episodi critici sembrano indipendenti rispetto alle specifiche fasi delsonno.

TrattamentoNel bambino l’intervento terapeutico è in questo caso di tipo comporta-

mentale e mira da un lato a ridurre la quantità di cibo somministrato ognivolta che il bimbo lo richieda per addormentarsi, dall’altra ad aumentaregradatamente il tempo che intercorre dal momento del risveglio notturno aquello della somministrazione del cibo.

Nell’adulto la night eating syndrome viene trattata con d-fenfluraminache ha mostrato costantemente alti livelli di efficacia.

Sostanze che causano insonnia (uso ed abuso)Sostanze ad azione stimolante sul sistema nervoso centraleLe sostanze che, in misura tuttavia differente in termini quantitativi, pos-

sono rientrare in questo categoria sono l’amfetamina e le altre sostanze amfe-tamino-simili (amine simpaticomimetiche) come la cocaina, la nicotina, lemetilxantine (caffeina, teina e anche teofillina). Vengono utilizzate a livelloterapeutico per la presenza di effetti simpaticomimetici periferici, la riduzio-ne del senso di fame o il controllo dell’eccitamento e dei disturbi dell’atten-

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zione nell’età infantile. L’insonnia che queste sostanze possono indurre siinserisce nell’effetto più generale della stimolazione del sistema nervoso. Siassiste quindi ad un aumento generale di attività neuronale per incrementodell’eccitabilità, dipendente o da un blocco di meccanismi inibitori o da sol-lecitazione di meccanismi eccitatori, stimolando sia a livello delle strutturecorticali che a livello dei distretti profondi sottocorticali. Genericamente que-ste sostanze riducono la quantità di sonno REM con allungamento anchedella sua latenza, riducono il sonno a onde lente ed aumentano globalmen-te il tempo di veglia.

Sostanze che deprimono il SNCI farmaci ai quali si fa di solito riferimento in questo caso sono fonda-

mentalmente i barbiturici e le benzodiazepine (anche se non solo questi). E’singolare notare che proprio i farmaci utilizzati per curare l’insonnia posso-no invece essere loro stessi responsabili della comparsa o dell’aggravamen-to di un quadro di insonnia. Infatti il ripristino di un sonno comportamen-tale solo apparentemente normale potrebbe essere una specie di insonnia.Questi farmaci riducono la latenza di sonno e diminuiscono i risvegli not-turni ma alterano l’organizzazione ipnica riducendo d’altra parte la quantitàdi sonno REM e delle fasi più lente del sonno a favore di una espansa fase IIdi sonno più superficiale. L’uso di sedativi od ipnotici possono comunquedare origine a problemi di insonnia vera e propria. Questo può succedere:

1. conseguentemente ad un uso eccessivo (e/o prolungato ) del farmaco; 2. all’atto della sua sospensione; 3. per meccanismi farmacocinetici intrinseci al farmaco stesso. L’uso eccessivo e/o prolungato di un ipnotico, d’altra parte, conduce qua-

si costantemente ad una situazione di tolleranza con passi successivi obbliga-ti, che sono costituiti da una caduta dell’efficacia e dal successivo incre m e n t odella dose: tutti e due questi momenti alterano ulteriormente il sonno concomparsa di segni reali di insonnia. Gli inconvenienti descritti sono molto dif-ficili da eliminare una volta che si siano instaurati. Ogni sforzo deve esserefatto perciò perché tali situazioni non si realizzino e ciò si ottiene con unaattenta, oculata prescrizione del farmaco e una stretta sorveglianza sul suouso, in termini di quantità e di tempo, impegnando il paziente a re s t a re sottoc o n t rollo medico e a farsi contro l l a re frequentemente senza che periodi tro p-po lunghi di autosomministrazione siano trascorsi. Il tempo di assunzione diqueste sostanze non dovrebbe comunque superare le 6 settimane al massimo.

AlcoolE’ necessario distinguere tre condizioni di assunzione: acuta, cronica o di

brusca interruzione rispetto all’assunzione. Si passa da un iniziale aumentodelle fasi più profonde del sonno lento (fasi III e IV), ad una frammentazio-ne del sonno REM e ad un incremento dei risvegli e dei cambiamenti di fase,

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soprattutto nella seconda metà della notte quando il livello alcolemico dimi-nuisce (assunzione acuta), per raggiungere in seguito ad assunzione prolun-gata di alcol, una condizione più chiara di insonnia con riduzione del sonnoREM e del sonno ad onde lente (fasi II e IV), associata ad alterata regolaritàdel sonno nel suo complesso con numerosi risvegli più o meno lunghi ed nu-merosi microrisvegli (condizione di iperarousal). La tolleranza causa conse-guentemente ridotta efficacia nell’induzione e nel mantenimento del sonno.In seguito alla sospensione appare una situazione di insonnia talora ancorapiù grave per intensità e disturbi associati, rispetto alla condizione di asti-nenza di partenza. Queste modificazioni, persistendo l’astinenza, tendono aridursi con un graduale progressivo ritorno alla normalità entro un anno.

Altre sostanzeAltre sostanze che si sono mostrate capaci di alterare la struttura ipnica,

soprattutto nel senso dell’insonnia, appartengono a classi di farmaci dicomune impiego nella pratica clinica. Sono da evidenziare in particolarmodo alcuni ipotensivi, alcuni antiaritmici, un miorilassante, la L-DOPA,talora gli antiepilettici. Abbastanza spesso si tratta di sostanze liposolubiliattive sulla membrana cellulare o di sostanze in grado di intervenire a livel-lo neurotrasmettitoriale. Questi prodotti possono alterare in varia misura ein diversa direzione l’organizzazione ipnica, ma possono avere effetti ancheopposti a dosaggi diversi. In questo stesso gruppo possono essere postesostanze tossiche o metalli pesanti in grado di alterare il livello di coscienza( e quindi il sonno) nel senso dell’eccitazione o in quello della sedazione, nonsolo a dosaggio diverso (di solito, basse dosi: insonnia; alte dosi: sonnolenzae sedazione) ma successivamente in tutti e due i sensi all’interno dello stes-so episodio di intossicazione.

Ipersonnie

Con ipersonnia si intende una condizione di eccessiva sonnolenza diur-na che può comportare frequenti assopimenti od addormentamenti anche dibreve durata. La più comune causa di eccessiva sonnolenza diurna, nellanostra società, è la deprivazione cronica di sonno. Dormiamo il 20% menodei nostri antenati di un secolo fa. Circa il 20% dei lavoratori nelle societàindustrializzate è addetto a turni di notte. E’ stato dimostrato che i lavorato-ri turnisti con turni notturni dormono in media 8 ore in meno alla settimanadei lavoratori diurni, perdita pari a un'intera notte di sonno ogni settimana.Si dovrebbe sottolineare che la quantità sufficiente di sonno non è misurabi-le in termini di ore assolute di sonno ottenuto, ma dalla capacità di dormire

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in misura sufficiente per svegliarsi riposati e ristabiliti. La sonnolenza diur-na eccessiva è la conseguenza inevitabile di un sonno notturno quantitativa-mente e/o qualitativamente insufficiente. L’eccessiva sonnolenza diurnapuò essere legata a numerose cause: mediche, farmacologiche (farmaci neu-ropsicotropi ad azione depressiva sul SNC, antiistaminici, calcio-antagonistiimmunosopressori etc.). La privazione di sonno, volontaria o determinata dafattori sociali, l’insonnia, i disturbi del sonno ed in particolare l’OSAS, il“maladattamento” al lavoro notturno determinano costantemente sonnolen-za diurna. L’impatto della sonnolenza ha serie conseguenze mediche e socia-li; infatti, dati della letteratura mostrano come l’eccessiva sonnolenza puòaumentare il rischio di errori umani ed in particolare di infortuni sul lavoroe di incidenti stradali [75].

In assenza di deprivazione di sonno, il disturbo riferito come eccessivasonnolenza diurna deve essere considerato molto seriamente. Una sonno-lenza non spiegabile è quasi senza eccezione la conseguenza di un disturbodel sonno identificabile e trattabile, più comunemente una sindrome daapnee morfeiche, una narcolessia o una ipersonnia idiopatica.

Ipersonnie primarie

NarcolessiaLa narcolessia venne inizialmente classificata come un disturbo psichia-

trico primario e solo in un secondo tempo è stata infine riconosciuta come undisturbo neurologico organico del sonno; è caratterizzata dalla possibile dis-sociazione fra sonno e veglia per cui componenti di uno stato (sonno REM oNREM) appaiono in un altro (veglia).

Honda e Juiji [76] proposero i seguenti due criteri diagnostici: brevi epi-sodi di sonno diurni ricorrenti e addormentamenti che si verificano quasiogni giorno per un periodo di almeno sei mesi, unitamente alla conferma cli-nica di cataplessia nell’anamnesi del paziente, in concomitanza alla storia dibrevi episodi di sonno.

La narcolessia è un disturbo relativamente raro, con una prevalenza dello0,09%, paragonabile a quella della sclerosi multipla. Presenta una forte com-ponente genetica legata alla presenza del gene dell'antigene linfocitarioumano (HLA)-DR2/DQBI*0602 e ad anomalie nella produzione e nell’uti-lizzo del neuropeptide hypocretina. La componente genetica non è di per sénecessaria né sufficiente per causare questa malattia, anche se i fratelli deipazienti con narcolessia hanno una probabilità di 60 volte maggiore di svi-luppare la malattia. In questi pazienti non sono state dimostrate anomaliestrutturali costanti dell'encefalo. La grande maggioranza dei casi è pertantoidiopatica, ma sono stati descritti rari casi di narcolessia sintomatica inpazienti con lesioni del diencefalo, dell'ipotalamo o del ponte.

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Il disturbo dì solito esordisce nell’ adolescenza o nella prima età adulta,con un'età di esordio che varia dall’infanzia alla senescenza (da 3 a 72 annidi età). Il disturbo, dopo un periodo relativamente breve di progressioneimmediatamente successivo all'insorgenza, tende a stabilizzarsi ma rara-mente regredisce del tutto.

La narcolessia può essere considerata come il risultato di un alterato con-trollo dei limiti fra gli stati di veglia, sonno NREM e sonno REM. Soggettinarcolettici cui sia permesso di dormire ad libitum per un tempo lungo 32ore non presentano quantità di sonno superiori ai soggetti di controllo.Risulta alterata la distribuzione circadiana del sonno che si presenta in epi-sodi più brevi e più frequenti con un ritmo intorno alle 4 ore [77]. Ciò sem-bra spiegabile con un’iperfunzione relativa dei meccanismi REM-ON(Figura 18-19) [78] che rende ragione, almeno in parte, sia della frammenta-zione del sonno notturno, dell’esordio dello stesso con un episodio di sonnoREM e dell’intrusione di sonno REM, NREM o di loro componenti nellaveglia diurna. Normalmente tutti gli elementi del sonno REM (sogni, parali-si, movimenti oculari rapidi) appiano insieme e solo durante il sonno REM.

Figura 18. Rappresentazione schematica dell’alterato rapporto tra centiREM ON, centri REM OFF ed il neuropeptide orexina. Tale squilibrio dafrutto alla ricca sintomatologia clinica (manifestazioni di sonno REM inveglia (Cataplessia, sogni lucidi, alucinazioni ipnogogiche, paralisi delsonno), alterazioni del ritmo REM e l’eccessiva sonnolenza diurna).

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REM off

Sistema serotinergiconuclei del rafe

REM off

Sistema adrenergicolocus coerulus

Sistema dopaminergico

area tegmentale ventrale,sostanza nigra

Ipoattività dopaminergica

Sonno REM

Cataplessia

Sonnolenza

Ipoattività colinergica

REM onSistema colinergico

Tegmento latero d o r s a l e ,nuclei peduncolopontini

Sistema colinorecetivo

sostanza re t i c o l a re pon-tina, proencefalo basale

modulatori colinergici M2

Inibitori selettivi del reuptakeserotinergico

Inibitori selettivi del reuptake adrenergicoAntidepressivi triciclici

D2/D3 modulatoriautorecettoriali

Inibitori del uptakedopaminergico e

maggior rilascio di stimolanti amfitaminici

deficit di orexina

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Figura 19. Nei soggetti affetti da narcolessia i ritmi di sonno REM e delsonno lento (attività delta) sono rallentati rispetto ai soggetti normali: ipicchi di attività delta si raggiungono ogni 240 minuti (rispetto ai 120 minu -ti nei normali) e l’attività REM ON raggiunge la sua massima espressioneogni 120 minuti (rispetto ai 90 minuti nei normali).

Tuttavia nei pazienti narcolettici i sogni e la paralisi possono apparireindipendentemente durante la veglia (Figura 18) [79]. La cataplessia e laparalisi da sonno rappresentano l'inappropriata intrusione o persistenza diatonia correlata al sonno REM nello stato di veglia; conseguenzialmente leallucinazioni ipnagogiche o ipnopompiche rappresentano sogni correlati alsonno REM che si manifestano durante la veglia.

La manifestazione clinica primaria della narcolessia è la presenza episo-di di sonno incoercibile (tabella 5), non desiderati o non previsti che duranoda secondi a minuti e si manifestano in momenti inappropriati, soprattuttodurante periodi di ridotta stimolazione ambientale. Durante i periodi dieccessiva sonnolenza, un breve sonnellino (10-30 minuti) è spesso sufficien-temente ristoratore. Oltre all'eccessiva sonnolenza, molti dei soggetti connarcolessia presentano un sonno notturno frammentato da risvegli di lungadurata. I sintomi accessori della narcolessia comprendono: cataplessia, allu-cinazioni ipnagogiche e paralisi da sonno. La cataplessia, che si manifestanel 65-70% dei pazienti con narcolessia, è caratterizzata da improvvisa per-dita del tono muscolare, tipicamente scatenata da emozioni come il riso, larabbia, l'eccitamento, la gioia o la sorpresa. La debolezza muscolare dellacataplessia può essere completa, con conseguenti cadute a terra o la neces-sità di sedersi; molto più comunemente, tuttavia, la debolezza è più lieve efocale, assume la forma di ipostenia al viso, disturbi dell’eloquio, debolezzalocalizzata ad un arto o semplicemente sensazione di cedimento delle ginoc-

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chia. In genere la mandibola si abbassa, il capo si piega in avanti, le bracciacadono di lato e le ginocchia cedono. Abitualmente un episodio di cataples-sia dura alcuni secondi, ma un attacco può durare anche minuti; gli episodipiù lunghi terminano solitamente in un franco episodio di sonno.

Tabella 5. Criteri diagnostici.

Narcolessia certa Narcolessia sospetta

contemporanea presenza • eccessiva sonnolenza o episodi dei due sintomi maggiori di debolezza muscolare

improvvisa

• almeno uno dei sintomi minori

• almeno due segni alla Polisonnografia (PSG)

• assenza di comorbilità mediche o psichiatriche capaci di spiegarei sintomi

Sintomi maggiori Sintomi minori

• Eccessiva sonnolenza diurna • Allucinazioni ipnagogichecon addormentamenti ricorrenti

• Paralisi del sonno• Cataplessia

• Comportamenti automatici

• Frammentazione del sonno

PSGSonno notturno:

• Latenza all’addormentamento < 10 minuti

oppure• Latenza al sonno REM < 20 minutiMSLT:• latenza media all’addormentamento < 5 minuti

oppure• 2 addormentamenti in sonno REM (SOREMPs)

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Tali episodi ricorrenti di debolezza possono evocare attacchi ischemicitransitori, crisi comiziali o isteria, mentre i sogni avvertiti durante l'episodiodi cataplessia possono essere occasionalmente scambiati per allucinazioni einterpretati erroneamente come manifestazioni di sintomi psichiatrici. Lacataplessia può manifestarsi prima dell'esordio della sonnolenza, oppurecomparire dopo decenni; nel 30% dei pazienti con narcolessia non si svilup-pa mai. La paralisi al risveglio dopo un episodio di sonno REM è descritta incirca il 60% dei pazienti. Consiste in una paralisi totale del corpo, con rispar-mio dei movimenti respiratori e degli occhi che dura secondi o minuti ed ègeneralmente assai terrorizzante per il paziente. Le allucinazioni ipnagogi-che (all'inizio del sonno) o ipnopompiche (al risveglio) insorgono nel 12-50%dei casi. Queste allucinazioni sono sogni estremamente vividi, spesso terro-rizzanti, che si manifestano durante la transizione tra veglia e sonno e, occa-sionalmente, si associano a paralisi totale del corpo e a sensazioni di oppres-sione e minaccia. Tali allucinazioni sono più spaventose dei sogni conven-zionali perché le immagini del sogno sorgono dall'ambiente reale rendendodifficile la distinzione tra realtà e sogno. Può essere presente anche paralisida sonno, con ulteriore aggravamento dell'ansia del paziente.

Il comportamento automatico si manifesta molto frequentemente e riflet-te l'insorgenza simultanea o rapidamente oscillante di veglia e sonno NREM,durante la quale gli individui sembrano essere svegli, ma non hanno pienacoscienza. Tali episodi di comportamento automatico possono essere erro-neamente diagnosticati come crisi parziali complesse o stati di fuga psicoge-na; si dovrebbe tuttavia mettere in rilievo che non vi è relazione tra la nar-colessia e l'epilessia. Meno di metà dei pazienti narcolettici presentano tuttii 4 sintomi, l’ipersonnia stessa può restare per molti anni l’unico sintomopresente. Nei bambini, la sonnolenza spesso si manifesta come deficit del-l'attenzione o iperattività. Molti pazienti che da adulti hanno sviluppato nar-colessia sono stati erroneamente interpretati come affetti da un disturbo diquesto tipo nella fase iniziale del loro decorso. La diagnosi di narcolessiapuò essere sospettata dall'anamnesi, ma è necessaria una diagnosi obiettivamediante studi nei laboratori del sonno. Gli esami di un paziente con possi-bile narcolessia devono comprendere una polisonnografia della durata diuna notte eseguita prima di un Test Multiplo di Latenza del Sonno. Nel testmultiplo i pazienti con narcolessia tipicamente si addormentano entro 5minuti e di solito presentano un sonno REM in almeno due dei cinque son-nellini del test.

TrattamentoIl trattamento con stimolanti come l'anfetamina, la metanfetamina, metil-

fenidato, la pemolina o il mazindol è generalmente efficace nei pazienti nar-colettici nella riduzione dell'ipersonnia, probabilmente attraverso un effettodi attivazione dopaminergica di questi agenti sul sistema reticolare attivan-

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te. La maggior parte di questi farmaci è soggetta a restrizioni in Italia. Ilmodafenil, uno stimolante alfa-1 adrenergico, solo recentemente disponibilenel nostro paese, sembra essere promettente. La dose necessaria variaampiamente da caso a caso.

Gli stimolanti che riducono l'ipersonnia hanno poco effetto sulle altrecomponenti della sindrome, cioè la cataplessia, le allucinazioni ipnagogicheo la paralisi da sonno. Questi sintomi rispondono agli antidepressivi tricicli-ci, agli inibitori delle monoaminossidasi, agli inibitori specifici del reuptakedella serotonina e ai farmaci anticolinergici.

La gestione non farmacologica della narcolessia comprende il suggeri-mento di sonnellini disposti strategicamente nell’arco della giornata e a taleproposito è auspicabile una stretta cooperazione con il personale insegnantee i datori di lavoro. Il lavoro a turni, che è poco tollerato dai soggetti con nar-colessia, dovrebbe essere scoraggiato.

Ipersonnia idiopaticaL’ipersonnia idiopatica comprende numerose condizioni, che si manife-

stano tutte come sonnolenza eccessiva diurna inspiegata. Non vi è storia dicataplessia, né presenza di antigene HLA. Vi può essere una storia positivafamiliare di ipersonnia. Sono necessari studi formali per documentare l'as-senza di anomalie non sospettate correlate al sonno e per confermare lelamentele soggettive di sonnolenza. Come per la narcolessia, le implicazioniterapeutiche, cioè l'uso per lunghi periodi di farmaci stimolanti, richiedonouna diagnosi obiettiva.

Gli studi formali del sonno documentano un'ipersonnia obiettiva, senzaesordi in sonno REM al test multiplo di latenza del sonno in assenza di ano-malie identificabili (come apnee morfeiche o deprivazione di sonno) nellapoligrafia eseguita durante la notte precedente. La diagnosi differenzialecomprende la narcolessia "monosintomatica" (ipersonnía senza sintomiaccessori) ovvero una forma di narcolessia in cui la cataplessia non sia anco-ra apparsa. La deprivazione cronica di sonno è probabilmente la causa piùcomune di ipersonnia e deve essere esclusa prima di formulare la diagnosidi ipersonnia idiopatica.

TrattamentoIl trattamento si basa sull'uso di stimolanti come nella narcolessia.

Sindrome di Kleine-LevinLa sindrome di Kleine-Levin è caratterizzata da ipersonnia periodica che

dura giorni o settimane e si manifesta a intervalli di giorni o anni con perio-di di normale funzione sonno/veglia e vigilanza. La classica forma idiopati-ca si manifesta soprattutto in maschi adolescenti, ma entrambi i sessi e tuttii gruppi di età possono essere colpiti. L'ipersonnia periodica può essere asso-

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ciata a iperfagia e ipersessualità. E' probabile che il disturbo rappresenti unadisfunzione ipotalamica ricorrente. Sono stati riportati casi in cui questa sin-drome è occorsa dopo un lieve trauma cranico [80].

TrattamentoNon sono disponibili studi terapeutici di sufficiente numerosità, per il

periodo sintomatico sono stati proposti farmaci stimolanti.

Stupor ricorrente idiopatico (SRI).Questa singolare condizione [81] è caratterizzata da ricorrenti episodi di

stupor, generalmente con esordio nell'età adulta, che si manifestano ad inter-valli variabili. La durata dello stupor varia da ore a pochi giorni. In tutti i casidescritti era presente un quadro EEG molto caratteristico, con attività diffu-sa, non reattiva a 13-18 Hz. Le manifestazioni cliniche ed EEG sono rapida-mente, ma per un breve periodo, bloccate dal flumanezil, un antagonistadelle benzodiazepine.

TrattamentoNon esiste un trattamento specifico.

Ipersonnie secondarie

Ipersonnia psicofisiologicaSi tratta di episodi transitori (della durata inferiore a tre settimane) di son-

nolenza e di tendenza a rimanere a letto o a ritornarvi più volte durante ilgiorno non accompagnati da un reale incremento del sonno, che fanno segui-to ad un cambiamento dello stile di vita, ad un conflitto o ad una situazionedi perdita. Questo disturbo, non facilmente differenziabile da una reazionedepressiva minore, può talora evolvere in una condizione persistente di aste-nia e sonnolenza diurna.

TrattamentoLa terapia dell’ipersonnia è in rapporto con la causa del disturbo.

Ipersonnia post-traumaticaL’ipersonnia postraumatica, o sonnolenza secondaria, è un disturbo

caratterizzato da eccessiva sonnolenza che può insorgere in seguito ad unevento traumatico che coinvolge il sistema nervoso centrale. L’ipersonniapuò frequentemente svilupparsi nel periodo immediatamente successivo altrauma stesso, associandosi a cefalea, affatticabilità, disturbi della memoria(encefalopatia post-traumatica). I pazienti presentano numerosi episodi disonno diurno, caratterizzati da sonno NREM. I pazienti che accusano distur-bi del sonno a distanza dal trauma, e in special modo ipersonnia, sono quel-li che sul piano comportamentale, sociale ed in particolare lavorativo risen-

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tono in maniera più grave del trauma cranico: questi soggetti sviluppanoinfatti ansia, depressione, sono spesso apatici e hanno difficoltà di comuni-cazione e di reinserimento nel mondo del lavoro.

Le sedi di lesione più spesso associate con questo disturbo sono: l’ipota-lamo posteriore, la regione pineale, la fossa cranica posteriore .Frequentemente i pazienti sonnolenti presentano lesioni diffuse nel tronco,nella corteccia cerebrale e nel diencefalo.

TrattamentoNon è possibile altro tipo di trattamento che quello farmacologico sinto-

matico. In quest’ottica si è mostrato utile l’impiego di psicostimolanti (metil-fenidato, pemolina).

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Parasonnie

Sono eventi disfunzionali legati al sonno che non comportano un’altera-zione significativa della struttura del sonno, spesso interpretabili come atti-vazione del SNC, generalmente ad evoluzione benigna. Rappresentano ungruppo eterogeneo di disturbi, accomunati da alcune caratteristiche: eziolo-gia non chiarita, familiarità, correlazione con l’età, mancanza di problemimedici, assenza di anomalie polisonnografiche, risoluzione spontanea. Leparasonnie vengono classificate in primarie, se si tratta di distrubi degli statidi sonno o della fase di transizione sonno-veglia, e secondarie, se legate adisturbi di altri sistemi organici che si manifestano durante il sonno. Tra leparasonnie primarie si distinguono quindi le parasonnie in sonno NREM, insonno REM e associate alla transizione sonno-veglia (Figura 20). Le para-sonnie secondarie invece possono essere ulteriormente classificate a secondadel sistema organico coinvolto.

Figura 20. Le manifestazioni delle parasonnie sono legate al concetto chei centri responsabili per lo stato della veglia, del sonno REM e quello delsonno NREM possono attivarsi simultaneamente od oscillare rapidamen -te. Sonno e veglia sono quindi stati dinamici e non reciprocamente esclusi -vi. Questo concetto è fondamentale per comprendere le parasonnie primarie(disturbi legati al sonno e al passaggio con la veglia). Le parasonnie secon -darie (p.es. crisi comiziali e disturbi psicogeni) sono disturbi di altri sistemiorganici che si manifestano durante il sonno e sono spesso da considerarenella diagnosi differenziale.

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Parasonnie in sonno NREM

Si tratta di disturbi dei meccanismi del risveglio, che avvengono più spes-so nel primo terzo del sonno, generalmente al termine delle fasi NREM delprimo ciclo nel momento della transizione verso il sonno REM. Si verifica unrisveglio incompleto, che può determinare comportamenti diversi; i sogget-ti (che presentano un sonno profondo molto ben rappresentato e hanno dif-ficoltà ad essere risvegliati) non hanno memoria dell’accaduto. Insorgonotipicamente in età infantile riducendosi di frequenza con l’età e frequente-mente riconoscono un pattern di familiarità. Si distinguono: a) immaginiipnagogiche (spesso riferite come dicotomie tra REM-NREM e sogni-nonsogni, sovente fenomeni poco distinti); b) scosse ipniche (riferite come unascossa improvvisa di tutto il corpo che occasionalmente risveglia il pazien-te); c) fenomeni visivi, uditivi o somestesici (allucinazioni); d) disturbi del-l’arousal distinti in:

Risvegli confusionali

Consistono in episodi (durata da 30 secondi a 5 minuti) di parziale risve-glio con confusione, disorientamento, pianto inconsolabile e re a t t i v i t àincompleta a stimoli esterni, non accompagnati da deambulazione e espres-sioni di terrore. Generalmente insorgono prima dei 5 anni.

Pavor nocturnus (Terrori del sonno)

Gli episodi si verificano prevalentemente nel primo terzo della notte,soprattutto durante i risvegli dal sonno NREM lento (stadi 3 e 4) [82, 83].Quando vi sono molti episodi in una stessa notte, possono insorgere in qua-lunque momento del sonno o anche durante i sonnellini pomeridiani.

Il soggetto si siede sul letto e produce un urlo drammatico, associato adespressioni di terrore sul volto; coesistono fenomeni autonomici qualiaumento della frequenza cardiaca, tachipnea, midriasi, marcata sudorazio-ne. Inizia con un urlo raggelante associato a estremo panico, seguito da note-vole attività motoria come battere contro il muro, correre nella stanza o al difuori di essa. Gli attacchi durano da 30 secondi a 5 minuti e svaniscono poida soli. Una caratteristica sempre presente è l’inconsolabilità, ed è altrettan-to tipica un’amnesia completa o incompleta. Una volta sveglio, il soggetto siricorda di avere avuto difficoltà a respirare e di avere percepito un aumentodelle palpitazioni, ma solo molto raramente riferisce un dettagliata attività

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mentale e nei rari casi in cui persiste un ricordo, viene descritto solo unimmagine ferma, mai un sogno. Quando insorgono nei bambini (prevalen-temente tra i 5 e i 7 anni) questi attacchi prendono il nome di pavor, nell’a-dulto (più frequentemente dai 20 ai 30 anni) si usa invece il termine incubo.Gli incubi non devono essere confusi con i sogni terrifici che colpiscono idormienti durante la fase REM. L’incidenza è piuttosto bassa, colpendo circail 3 % dei bambini e l’1% degli adulti. Gli attacchi di terrore raramente por-tano a psicopatologia nel bambino e scompaiono con l’età adolescenziale.Negli adulti invece possono portare a psicopatologie. La diagnosi differen-ziale include condizioni di attacchi di panico in sonno, ansia notturna colle-gata all’apnea ostruttiva, ischemia cardiaca notturna, attacchi epilettici incorso di sonno [84, 85].

TrattamentoQuando gli episodi sono rari, la terapia non è necessaria. I genitori dei

pazienti più giovani vanno semplicemente rassicurati. Quando gli episodisono frequenti si dovrebbero ponderare vantaggi e svantaggi della terapiafarmacologica che consiste nell’ assunzione, all’ora di andare a letto, di dia-zepam [86] o altre benzodiazepine, soprattutto clonazepam, oppure antide-pressivi triciclici. La psicoterapia e/o le tecniche per ridurre lo stress a voltesi rivelano efficaci, soprattutto negli adulti.

Sonnambulismo

Durante il primo terzo della notte il soggetto presenta complessi auto-matismi comportamentali, tra i quali alzarsi dal letto e camminare, azionicomplesse come per esempio toccare e riassettare coperte o cuscino; i movi-menti sono in generale più goffi del normale. I comportamenti automaticipossono essere complessi (cucinare, mangiare, suonare uno strumento musi-cale, pulire la casa, addirittura guidare un’automobile) e accompagnarsi avocalizzazioni o sonniloquio, ben diversi però dalle urla tipiche dei terrorinotturni. La reattività a stimoli esterni è ridotta. La durata degli episodi è ingenere di meno di 15 minuti, anche se sono stati descritti episodi di duratadi oltre 1 ora. L’esordio avviene più spesso tra i 4 e gli 8 anni, con picco a 12.Spesso il disturbo è familiare. La diagnosi differenziale è da fare principal-mente rispetto agli attacchi di epilessia frontale notturna.

TrattamentoL’approccio terapeutico dipende dalla frequenza degli episodi e dal

rischio di incidenti. In linea generale è bene adottare accorgimenti in casa pergarantire la sicurezza del soggetto, favorire un ritmo sonno-veglia regolare,evitare la deprivazione di sonno, cercare di non svegliare il soggetto duran-te l’episodio critico. E’ possibile adottare tecniche di rilassamento, o com-

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portamentali (risvegli programmati circa 15 minuti prima dell’orario previ-sto), o eventualmente psicoterapia, laddove sia richiesta.

La farmacoterapia è consigliata solo in casi con sintomatologia importan-te e nei casi più resistenti, l’utilizzo di benzodiazepine e antidepressivi trici-clici si basa sugli effetti di stabilizzazione del sonno (riduzione degli arou-sal), diminuzione del sonno a onde lente e soppressione del sonno REM,anche se è frequente, soprattutto in età pediatrica, la comparsa di effetti col-laterali (alterazioni del comportamento, memoria e attenzione, astenia, feno-meni allucinatori) legati all’uso di composti benzodiazepinici.Un’alternativa terapeutica (in età evolutiva) è rappresentata dall’L-5-idrossi-triptofano (50-100 mg all’addormentamento), in quanto precursore dellaserotonina, un cui deficit è ipotizzato nella genesi di questi disturbi.

Parasonnie del sonno REM

Sogni terrifici

Sogni a contenuto terrifico che avvengono nella seconda metà della nottee che possono determinare un risveglio del soggetto, che ricorda il contenu-to del sogno e presenta sensorio integro. Raramente si associano a sintomivegetativi e ad attività motoria. Sono prevalenti in età evolutiva, e comunquerappresentano un problema solo se i sogni terrifici sono molto frequenti.

TrattamentoL’approccio terapeutico dovrà tenere conto di questi fattori, specie in vista

di un trattamento psicoterapeutico. L’imipramina può essere utile in quantosopprime il sonno REM. Possono essere impiegati anche sedativi minori.

Disordine comportamentale in sonno REM

Viene così definito un disturbo del comportamento motorio in sonnoREM, determinato dall’assenza dell’atonia muscolare tipica di questa fase,mentre sono mantenute le caratteristiche dell’EEG e dei movimenti oculari.I meccanismi sovraspinali responsabili dell’atonia REM originano nell’areaintorno al locus coeruleus-nucleo alfa del ponte, che eccita neuroni delnucleo reticolare magnocellulare del bulbo, che a sua volta presenta proie-zioni inibitorie discendenti ai motoneuroni alfa. Ne derivano iperpolarizza-zione e atonia muscolare. L’atonia REM pertanto rappresenta una paralisiattiva che coinvolge specifici circuiti neuronali e non un semplice rilassa-mento passivo di muscoli somatici. Il soggetto presenta movimenti com-

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plessi, apparentemente finalizzati, a volte anche violenti, che possono deter-minare lacerazioni, fratture e violenti comportamenti espressione dellamessa in atto di sogni terrifici, pericolosi per sé e il compagno di letto. Se sve-gliato il soggetto spesso ricorda il contenuto del sogno e i movimenti appaio-no coerenti con il contenuto del sogno stesso. Il disturbo può essere idiopa-tico o collegato a patologie neurologiche degenerative come la malattia diParkinson, le demenze, la paralisi sopranucleare progressiva e l’atrofia mul-tisistemica di cui può rappresentare il sintomo più precoce precedendo lacomparsa dei disturbi diurni anche di 10 anni.

Trattamento Il clonazepam (0,5-1 mg all’addormentamento) si è dimostrato molto effi-

cace perché controlla sia le componenti comportamentali sia quelle dei sognidisturbati. Il disturbo si ripresenta immediatamente quando il paziente nonassume clonazepam una data notte.

Parasonnie della transizione veglia sonno

Movimenti ritmici in sonno

Tipici dell’età compresa fra 0 e 2 anni, sono fenomeni caratterizzati damovimenti ritmici, ripetitivi e stereotipati che interessano tutto il corpo(body rocking) o solo la testa e il collo (head banging o iactatio capitis o headrolling).Tali movimenti possono risultare talmente violenti da provocareematomi subdurali, emorragie retiniche, calli ossei frontali. Generalmentesono riscontrabili nelle fasi di sonno leggero, sia in soggetti normali sia insoggetti affetti da forme di ritardo mentale o da autismo.

Trattamento Si è dimostrata efficace la terapia comportamentale e/o clonazepam (in

casi di difficile risoluzione).

Altre parasonnie primarie

Bruxismo

Consiste in contrazioni stereotipate e involontarie dei muscoli masseteri,temporali e pterigoidei, che insorgono durante il sonno e generano un digri-

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gnamento dei denti con conseguente emissione di un rumore caratteristico espiacevole. Gli episodi, che possono durare 5-15 secondi, sono parossistici esi ripetono più volte nel sonno; si verificano in tutte le fasi del sonno, conprevalenza nella fase 2 del sonno NREM. Al mattino può residuare dolorealle mascelle e, occasionalmente, cefalea. Il disturbo ha un’incidenza del 15-22% nella popolazione generale e fino all’88% nei bambini Il bruxismo puòessere legato a condizioni quali malocclusioni, fattori psicologici (ansia),disturbi del movimento (discinesie orofacciali, morbo di Parkinson); è fre-quente in soggetti con ritardo mentale e paralisi cerebrale infantile.

TrattamentoL’approccio terapeutico prevede interventi diversi tra loro: apparecchi

ortodontici e tecniche di rilassamento, nei casi più gravi si può fare ricorsoalla tossina botulinica e a stimolazioni elettriche locali.

Enuresi notturna

Consiste nella presenza di episodi isolati o ripetuti di minzione involon-taria durante il sonno, in soggetti di età superiore a 5 anni, in assenza di dia-bete, epilessia o infezioni delle vie urinarie. Può comparire in qualunque fasedel sonno, e dipende dall’interazione di più fattori (immaturità dei sistemidi continenza vescicale, riduzione del picco notturno di ADH, ridotta o man-cata risposta agli stimoli risveglianti, cause psicologiche). Può associarsianche ad OSAS, malattie psichiatriche, parasonnie NREM. I fattori geneticirivestono notevole importanza nel determinismo di questo disturbo.L’enuresi può tuttavia essere la sola manifestazione di crisi comiziali nottur-ne. Lo studio formale PSG con un montaggio completo per le crisi e un rile-vatore per l’enuresi è indicato nei casi con storia clinica atipica o che nonrispondono alla terapia convenzionale.

TrattamentoIl trattamento può essere comportamentale (che va da norme igieniche

generali a esercizi di condizionamento sfinterico, fino a psicoterapia alpaziente e counseling alla famiglia) e/o farmacologico (desmopressina, pernormalizzare la secrezione endogena di ADH, 20-40 mcg alla sera, imipra-mina 25-50 mg).

Mioclonie ipniche

Clonie brevi, isolate o in sequenza, localizzate soprattutto agli arti infe-riori, ma che possono estendersi a tutto il corpo, tipiche della transizionedalla veglia al sonno 1. A volte sono scatenate da stress fisici o emotivi, oanche da irregolarità del ritmo circadiano.

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TrattamentoSolitamente non richiedono trattamento, anche se possono essere tal-

mente frequenti ed intense da determinare un disturbo cronico dell’addor-mentamento, e conseguentemente richiedere provvedimenti terapeutici.

Sonniloquio

Tale fenomeno è rappresentato da verbalizzazioni (più o meno) struttu-rate non correlate a un particolare stadio del sonno (anche se sono più fre-quenti negli stadi 1 e 2 di sonno NREM), frequentemente associate ad altreparasonnie. Consiste nell’emissione di suoni inarticolati o di veri e propridiscorsi in corso di sonno, senza che il soggetto abbia coscienza dell’accadu-to. Il disturbo sembra più comune nel sesso maschile, con una certa tenden-za alla familiarità. Gli episodi si manifestano in corso di arousal dal sonnoprofondo in pazienti affetti da sonnambulismo e in corso di sonno REM neipazienti con disordini comportamentali in questa fase. Il disturbo può esse-re precipitato da stress emotivi e malattie febbrili e associarsi a disturbi delsonno, quali il pavor nocturnus, i risvegli confusionali, la sindrome dellaapnee ostruttive e i disordini comportamentali in REM.

TrattamentoLa terapia non è necessaria.

Paralisi del sonno

Questo fenomeno, detto anche paralisi familiare in sonno, consiste nel-l’impossibilità di compiere qualsiasi movimento volontario all’addormenta-mento o al risveglio. Tipico sintomo della tetrade narcolettica, può tuttaviaritrovarsi come fenomeno isolato. La paralisi motoria è completa ad eccezio-ne dei muscoli respiratori e oculomotori. Episodi isolati possono manifestar-si in corso di deprivazione da sonno; la paralisi da sonno e le allucinazioniipnagogiche possono manifestarsi in associazione nell’incubo secondo ladefinizione originaria.

Il fenomeno è legato alla persistenza dell’atonia del sonno REM in veglia;gli episodi, della durata di decine secondi e con risoluzione spontanea, com-paiono tipicamente alla fine del sonno, e sono caratterizzati dall’impossibi-lità di compiere movimenti volontari, a coscienza mantenuta. La loro insor-genza è facilitata da deprivazione di sonno, stress e irregolarità del ritmosonno-veglia.

TrattamentoNei casi più gravi può essere necessario un trattamento farmacologico

con imipramina.

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La dissociazione delle componenti del sonno REM può causare esperien-ze e comportamenti bizzarri. Questi sintomi, quando si manifestano isolata-mente, sono talora interpretati in maniera errata come manifestazioni dimalattie psichiche dell’individuo afflitto.

Parasonnie secondarie

Svariati fenomeni possono manifestarsi durante il sonno come sintoma-tologia notturna di patologie presenti anche in veglia. Nella Tabella 6 sonoelencate alcune di queste tra le più frequenti.

Tabella 6. Parasonnie secondarie.

Patologie del SNC• Crisi comiziali• Cefalee• Acufeni

Patologie Cardiopolmonari• Aritmie cardiache• Angina pectoris notturna• Asma notturna• Discinesie respiratorie• Singhiozzo del sonno

Patologie Gastrointestinali• Reflusso gastroesofageo• Spasmo esofageo diffuso• Deglutizione anormale

Patologie Psicogene

- Rapido cambiamento del fuso orario (jet-lag)

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Sonno e malattie neurologiche

Poiché le manifestazioni del sonno, della veglia e della vigilanza sonofunzioni primarie dell'encefalo, ne consegue che praticamente qualunquepatologia encefalica può interferire con il sonno o la veglia, a seconda dellasede del danno parenchimale. Il tronco, il talamo e l'ipotalamo sembranoessere fondamentali a questo proposito. Le lesioni occupanti spazio possonoprovocare alterazioni del ritmo sonno/veglia sia direttamente a causa dellaloro localizzazione, sia indirettamente a causa dello sviluppo di ipertensio-ne endocranica e/o idrocefalo. Le lesioni focali del tronco come la siringo-bulbia, la malformazione di Arnold-Chiari, i tumori o le lesioni vascolari,possono causare disturbi del respiro correlati al sonno. Vanno ricordati inol-tre, quali responsabili di gravi disturbi del sonno, i craniofaringiomi, gliinfarti talamici paramediani e i tumori dell'ipotalamo. Esistono prove sem-pre più numerose che disturbi respiratori durante il sonno sono comunidopo un incidente cerebrovascolare e che reciprocamente tali disturbi pos-sono in realtà costituire un fattore di rischio per le malattie cerebrovascolari.

La causa più importante d’istituzionalizzazione di pazienti con demenzaè rappresentata dal grado di anomalia del ritmo sonno/veglia piuttosto chedal grado di decadimento mentale puro e semplice. Le cause di queste ano-malie del ciclo sonno/veglia sono molteplici e includono, oltre alla disfun-zione neurologica vera e propria, anche la mancanza di sufficiente esposi-zione alla luce per sincronizzare l'orologio biologico, i farmaci utilizzati e lecondizioni psicologiche coesistenti, soprattutto la depressione. Possono esse-re responsabili di una riduzione dell'efficienza del sonno la presenza dimovimenti periodici degli arti (PLMS), il comportamento motorio alterato insonno REM e le apnee morfeiche.

Insonnia familiare fatale

L'insonnia familiare fatale (IFF) rientra nel capitolo delle malattie da prio-ni, cioè disturbi dovuti alla produzione di una forma alterata della proteinaprionica (PrP) codificata da un gene sul braccio corto del cromosoma 20.Tutte le forme (compresi la scrapie e l'encefalopatia spongiforme bovinanegli animali, il kuru, la malattia di Creutzfeldt-Jakob, la malattia diGerstmann-Straussler-Scheinker e la IFF negli esseri umani) sono caratteriz-

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zate da un metabolismo aberrante della PrP. Questa modificazione può esse-re familiare, sporadica o infettiva. La funzione della PrP è sconosciuta ed èpresumibile che sia l'accumulo di PrP anormale sia la mancanza di PrP nor-male contribuiscano a determinare lo sviluppo della malattia. La IFF è clini-camente caratterizzata da esordio nell'età adulta, decorso protratto, insonniaprogressiva. Sono presenti disturbi autonomici (iperidrosi, ipertermia, tachi-cardia, ipertensione) dovuti a squilibrio dell'attivazione simpatica con pre-servazione del tono parasimpatico, anomalie neuroendocrine e disturbimotori (atassia, mioclono, disfunzione delle vie piramidali [87,88]. Il quadropolisonnografico è caratterizzato dalla precoce scomparsa dei fusi del sonnoe dalla rapida transizione dall’EEG di veglia a quello di sonno ad onde lente.Nelle fasi terminali della malattia anche i rari frammenti di sonno tendono ascomparire [89]. L’aspetto anatomopatologico prevalente consiste in un’atrofia del talamo, soprattutto del nucleo ventrale anteriore e di quellomediodorsale. Negli stadi terminali di questo disturbo si assiste ad una com-pleta scomparsa di tutti i ritmi circadiani e della ritmicità neuroendocrina.La presenza di mioclonie e comportamenti simili a sogni allucinatori diurnirichiama certi aspetti del comportamento motorio in sonno o dello stato dis-sociato. Prima dell’esordio clinico non si riscontrano comunque differenze alivello dell’EEG di sonno rispetto ai soggetti normali [90].

TrattamentoNon sono conosciute terapie efficaci. A scopo sintomatico possono essere

usati il flumazenil, un antagonista delle benzodiazepine, che può transito-riamente indurre risveglio, e il gamma-idrossibutirrato che può aumentare ilsonno ad onde lente.

Malattie extrapiramidali

Malattia di Huntington

La malattia di Huntington è caratterizzata da una prolungata latenza delsonno, da veglia irregolare, da ridotta efficienza del sonno e da riduzione delsonno ad onde lente. In particolare sono ridotti i complessi K. I fusi delsonno, contrariamente a ciò che avviene nel Parkinson, sono invece aumen-tati e di notevole ampiezza [91]. Il sonno REM può essere assente nei casigravi. I movimenti coreici scompaiono in genere all’addormentamento e sipresentano durante il sonno solo nei casi più gravi e comunque in coinci-denza con microrisvegli e alleggerimenti del sonno. Le anomalie del sonnonella MH sembrano correlarsi meglio all'atrofia del nucleo caudato che al

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grado di atrofia cerebrale globale e indicano che il nucleo caudato può par-tecipare alla regolazione del sonno.

Sindrome di Tourette

Nella sindrome di Tourette si osservano un aumento del sonno ad ondelente, un maggior numero di risvegli e una riduzione della percentuale disonno REM. I tic, anche quelli coprolalici, persistono durante tutti gli stadidel sonno. I movimenti a scossa nel sonno REM sono aumentati.

TrattamentoLa tetrabenazina, che ha effetti sia presinaptici di deplezione delle

monoamine sia di blocco postsinaptico, migliora il sonno.

Parkinsonismi

Sebbene la maggior parte delle alterazioni patologiche del SNC nelmorbo di Parkinson (MP) coinvolga la pars compacta della sostanza nera, ilcoinvolgimento è molto più ampio e spesso comprende il locus coeruleus, ilnucleo dorsale del vago e il nucleo basale di Meynert, oltre a una diffusaatrofia corticale. Le alterazioni neurologiche diffuse e il coinvolgimento dipiù neurotrasmettitori e neuropeptidi probabilmente spiegano l'elevata pre-valenza di disturbi del ciclo sonno/veglia nel MP. Frequenti sono anche idisturbi respiratori dovuti probabilmente ad anormalità del tono muscolaree all’ incordinazione motoria a carico della muscolatura delle vie aeree supe-riori. Nel sonno NREM il tremore è nettamente attenuato e manca dell'a-spetto alternante. Durante il sonno REM il tremore è abolito. La registrazio-ne poligrafica evidenzia una riduzione marcata delle fasi di sonno profondo3 e 4 e del sonno REM. Caratteristica è la drastica riduzione dei fusi. Il tonomuscolare è più elevato che non di norma ed è spesso presente anche nellefasi di sonno REM (REM dissociato).

Molti pazienti con MP riferiscono rilevanti problemi legati al sonno(insonnia, eccessiva sonnolenza diurna, sogni alterati, mioclono, vocalizza-zioni notturne e movimenti in rapporto con i sogni) non correlati all'età e alladurata della malattia, ma che aumentano con una maggiore durata di tera-pia con L-dopa. La bradicinesia notturna, che comporta una ridotta capacitàdi girarsi nel letto, è una fonte significativa di disagio e frustrazione neipazienti con MP; la capacità della levodopa di alleviare questo sintomo costi-tuisce un importante beneficio di questa terapia.

L'aumento di attività motoria notturna potrebbe essere correlato alla dosegiornaliera di L-dopa o dopamino-agonisti piuttosto che alla gravità della

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malattia in sé. La depressione è la più frequente alterazione mentale nel MP(è presente in almeno il 50 % dei casi). Questa questione è ulteriormentecomplicata dal fatto che la degenerazione del sistema dopaminergico meso-corticolimbico nel MP può condurre a disfunzioni metaboliche della cortec-cia frontale inferiore e della testa del caudato e che pertanto la depressionepuò essere una caratteristica biopsicologica del MP e una reazione ad esso.E’ possibile che la depressione osservata nel MP sia correlata ad un deficit dineurotrasmissione serotoninergica e a ridotti livelli corticali di dopamina enoradrenalina.

Il Disordine comportamentale motorio in sonno REM può essere un sintomoprecoce o la sola manifestazione di esordio della malattia. Può essere preci-pitato (o esacerbato) dalla somministrazione di selegilina o di antidepressiviprescritti per la depressione associata. La poligrafia dimostra una fase disonno REM senza atonia. La dissociazione di stato caratteristica del RBDconferma l'ipotesi che le allucinazioni notate nel MP, sia trattate che non trat-tate, rappresentino in realtà nient'altro che un'altra anomalia REM associata,cioè la comparsa di sogni nella veglia.

TrattamentoIl clonazepam è il trattamento abituale di solito molto efficace.

Atrofie multisistemiche (MSA)

Anche le cosiddette atrofie multisistemiche che comprendono la sindro-me di Shy-Drager, l'atrofia olivopontocerebellare e la degenerazione nigro-striatale, possono essere associate ad apnee ostruttive, ipoventilazione e stri-dor laringeo. La morte improvvisa durante il sonno non è infrequente inquesti pazienti e viene messa in relazione alle difficoltà respiratorie. E’ statapertanto raccomandata una tracheostomia precoce in presenza di apneeostruttive anche se lievi ma con concomitante stridor laringeo [92]. NellaMSA è stato anche descritto il comportamento motorio in corso di sonnoREM, che può rappresentarne il sintomo di esordio.

Malattie neuromuscolari

Le malattie neuromuscolari comprendono un vasto gruppo di affezioniriguardanti primariamente i muscoli oppure la giunzione neuromuscolaread eziologia estremamente varia. Il sintomo più evidente è rappresentatodalla debolezza muscolare che influisce sul senso di benessere del paziente

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al risveglio. Quando vengono interessati i muscoli respiratori con conse-guente ipoventilazione polmonare durante il sonno possono verificarsi fre-quenti risvegli notturni e conseguentemente eccessiva sonnolenza diurna. Inaltre parole, la debolezza dei muscoli inspiratori limita l'espansione dellagabbia toracica determinando così una forma di malattia restrittiva polmo-nare. Il quadro paradigmatico è rappresentato dalla paralisi diaframmatica;si tratta di una condizione patologica che può essere causata oltre che damiopatie come, ad esempio, la distrofia miotonica e la distrofia muscolare,anche da disturbi di circolo cerebrale e mielopatie. Il riconoscimento preco-ce di disturbi respiratori in sonno ed il loro trattamento con CPAP o BPAPmigliora la qualità della vita di questi pazienti, riduce la coomorbidità eaumenta i tempi di sopravvivenza. I disturbi del sonno in questi soggettipossono manifestarsi sotto forma di eccessiva sonnolenza diurna dovuta aframmentazione del sonno; policitemia, ipertensione polmonare, insufficien-za del cuore destro; cefalea correlata al sonno, dovuta a ipercapnia indottadall’ipoventilazione; crisi notturne, dovute a ipossiemia correlata al sonno.

Malattia del motoneurone (SLA)

I pazienti con SLA lamentano disturbi del sonno e aritmie respiratoriecorrelate al sonno. In questa condizione, la causa principale dei disturbirespiratori durante il sonno è costituita dalla perdita di forza dei muscolidelle vie respiratorie superiori, del diaframma, e dei muscoli intercostalidovuta all’interessamento dei nuclei dei nervi bulbari, frenici e intercostali.Vi può essere inoltre una degenerazione dei neuroni respiratori centrali chespiega sia l’apnea centrale che quella ostruttiva in questa condizione.Importante è la diagnosi precoce in questi pazienti con trattamento deidisturbi respiratori tramite C-PAP.

Sonno ed Epilessia

Il sonno e l'epilessia sono spesso collegati. I disturbi del sonno possonosimulare, causare o anche essere scatenati da fenomeni epilettici e viceversa.In alcuni individui il sonno e/o la deprivazione di sonno potenziano le crisicomiziali mentre, al contrario, i disturbi epilettici possono influenzare il ciclosonno/veglia. Nella maggior parte dei casi l'epilessia è altamentestato-dipendente: il sonno NREM favorisce l’insorgenza delle crisi, mentre ilsonno REM solitamente le inibisce. Alcuni meccanismi neurali sincronizzan-

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ti l’EEG, attivi nel sonno NREM facilitano le scariche epilettiche. Una rela-zione facilitante tra fusi del sonno e gli scoppi di punta-onda nelle epilessieinfantili sia generalizzate che focali è stata dimostrata. Nelle epilessie focalidell’adulto il ruolo di facilitazione appare sostenuto dalle attività sincroniz-zate di banda delta [92], mentre nei bambini con una più intensa attivazionedell attività epilettica intercritica da parte del sonno, l’attività epilettica sem-bra modulata dalla banda sigma [94-97] .

I disturbi del sonno possono esacerbare o complicare la sintomatologiaaccessuale; le apnee, ad esempio, possono rendere più difficili da controlla-re le crisi a causa della frammentazione e della deprivazione di sonno corre-late all'apnea e alla ipossiemia che può agire come elemento scatenante lecrisi stesse. L'enuresi, le mioclonie notturne, gli incubi ricorrenti possonoessere aspetti suggestivi di crisi notturne. I comportamenti motori associatialle crisi in sonno sono spesso bizzarri, la raccolta di dati anamestici è spes-so difficile, i racconti sono spesso confusi. I seguenti tipi di manifestazioniaccessuali sono spesso fonti di dubbio.

Epilessia frontale notturna

Le crisi con comportamento insolito (di solito di tipo frontale) possono pre-sentare comportamenti notturni bizzarri come correre, vocalizzare a vocealta, bestemmiare o presentare risvegli associati a movimenti come percuo-tere o ruotare le braccia. La natura di questi comportamenti e la loro ten-denza a manifestarsi durante il sonno e a concentrarsi nel tempo favorisco-no l'errore diagnostico, suggerendo un disturbo dell'arousal, un disturbo delcomportamento motorio in sonno REM o episodi psicogeni.

Il vagabondaggio episodico notturno [93] è indistinguibile da una storia disonnambulismo e pavor nocturnus, ma risponde agli anticonvulsivanti. Ipazienti descritti deambulavano, emettevano vocalizzi e presentavano uncomportamento violento durante il sonno. Non tutti manifestavano anoma-lie dell'EEG nella veglia. Molti di questi episodi rappresentano fenomeniepilettici e sono in realtà automatismi deambulatori.

Stato epilettico elettrico in corso di sonno (SEES)

Lo stato epilettico elettrico in corso di sonno (SEES) è un reperto polisonno-grafico. Può essere individuato durante una PSG eseguita per altre ragioni.Il SEES è caratterizzato da continua attività punta-onda durante il sonnoNREM [94]. Viene osservato nei bambini che di solito, ma non sempre,hanno una storia di crisi o disfunzioni neurologiche. La prognosi è variabile

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perché il SEES può essere un reperto asintomatico o comportare alterazioninella maturazione dei processi cognitivi.

La distinzione tra eventi epilettici notturni e altri disturbi del sonno è dif-ficile, se non impossibile, poiché i fenomeni primari o secondari del sonnopossono simulare perfettamente i fenomeni epilettici e viceversa. Sia feno-meni epilettici sia disturbi primari del sonno dovrebbero essere tenuti inconsiderazione di fronte a tutti gli eventi correlati al sonno a carattere ricor-rente e insolito. E’ possibile che né gli EEG in corso di veglia né quelli incorso di sonno rivelino la diagnosi e può essere necessario eseguire una poli-sonnografia notturna usando un montaggio EEG completo per l'epilessia(almeno 10-12 canali oltre a quelli dei normali montaggi per lo studio delsonno), con appropriata velocità di scorrimento della carta (almeno 15mm/sec) e video registrazione continua. Possono essere necessari più regi-strazioni per individuare l'evento. Sebbene le crisi esclusivamente notturnesiano rare, vengono in genere diagnosticate in modo errato e non dovrebbe-ro mai essere trascurate nella diagnosi differenziale di qualsiasi comporta-mento correlato al sonno con caratteri di ricorrenza, stereotipia o bizzarria.L'erronea diagnosi di fenomeni di origine psicogena è incoraggiata dallanatura spesso bizzarra delle crisi e dalla frammentarietà ed inattendibilitàdel racconto degli eventuali testimoni. Può essere utile incoraggiare i pazien-ti e i familiari a videoregistrare gli episodi motori notturni di natura incertaanche con mezzi amatoriali.

Sonno ed Ictus

Sono stati osservati disturbi del sonno e frammentazione del sonno deri-vanti da aritmie respiratorie correlate al sonno in molti pazienti con ictusemisferico cerebrale. L’apnea del sonno, il russamento e l’ictus sono profon-damente correlati tra loro. L’apnea del sonno può predisporre all’ictus e vice-versa. Quando si cerca di stabilire delle relazioni tra russamento, apnea delsonno e ictus, occorre tener presente le variabili confondenti che sono fattoricomuni di rischio come l’ipertensione, le cardiopatie, l’età, l’indice di massacorporea, il fumo e il consumo di sostanze alcoliche.

La frequenza di apnea del sonno è aumentata sia nell’ictus sottotentoria-le che sopratentoriale. L’apnea del sonno può influenzare negativamente gliesiti a breve termine dei pazienti con ictus, sia in termini di morbilità che dimortalità. E’ importante diagnosticare l’apnea del sonno nei pazienti conictus, perché esiste un trattamento efficace per l’apnea del sonno che puòdiminuire il rischio di un futuro ictus.

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L’ictus emisferico cerebrale può provocare una diminuzione del sonnoREM e NREM che può essere correlato con gli esiti clinici.

L’ictus talamico può essere la causa della perdita ipsilaterale dei fusi delsonno e gli infarti talamici bilaterali paramediani possono essere associati aipersonnia.

L’ictus può predisporre a diversi disordini del sonno: la sindrome diKleine-Levin può verificarsi dopo inferti cerebrali multipli. E’ stato eviden-ziato che la narcolessia-cataplessia può far seguito a ischemia ipossica cere-brale.

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Sonno e malattie psichiatriche

La profonda correlazione tra psicopatologia e sonno è documentata dallapresenza pressoché costante dei disturbi del sonno nella patologia psichia-trica e dalle ripercussioni della perdita di sonno sugli aspetti fenomenici edevolutivi di questa. L’insonnia nella patologia psichiatrica costituisce un sin-tomo ubiquitario, purtoppo spesso scarsamente considerato. L’insonniaquindi viene trattata come semplice manifestazione epifenomenica dellacondizione di base che troppo frettolosamente si cerca di cancellare con ilricorso ad automatismi farmacoterapeutici. Anche l’ipersonnia (periodi dieccessiva sonnolenza o di vero e proprio sonno durante il giorno) non ricon-ducibile ad un’inadeguata quantità di sonno notturno né all’effetto sedativodi un eventuale trattamento, non è infrequente nella patologia psichiatrica,ma le conoscenze sia in termini fenomenici sia fisopatologici sono scarse.

Stati ansiosi e disturbi della personalità

L’ansia generalizzata o correlata a disturbi da attacco di panico o connes-sa a disturbi fobici e ossessivo-compulsivi ha una relazione complessa con ilsonno: lo stato di arousal psicologico e fisiologico proprio dell’ansia disturbail sonno e ne condiziona la percezione negativa e il sonno disturbato accen-tua lo stato di ansia cosicché, una volta che l’insonnia è determinata, non èagevole distinguere cause ed effetti.

L’insonnia indotta dall’ansia si manifesta prevalentemente con una diffi-coltà ad iniziare il sonno e/o mantenerlo; gli studi poligrafici non consento-no una precisa definizione delle modificazioni ipniche correlate all’ansia, senon un aumento della latenza, del numero dei risvegli e una riduzione dellostadio 4 (considerato l’indice più sensibile e duraturo dello stress).

Gli attacchi di panico possono talora manifestarsi durante il sonno (65-69%) generalmente due-tre ore dopo l’addormentamento. L’indagine poli-grafica in questi casi ha evidenziato che il risveglio, preceduto da una brevecontrazione muscolare, produce una raffica di complessi K con alleggeri-mento del sonno, un grossolano movimento del corpo e tachicardia si deter-mina nello stadio 2 o nella fase di passaggio tra stadio 2 e 3 e si accompagnaal tipico corteo sintomatologico di palpitazioni, senso di costrizione toracica,dispnea, angoscia e paura.

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TrattamentoIl trattamento dell’insonnia correlata all’ansia o ad un disturbo ansioso

specifico si avvale dell’impiego di benzodiazepine ipnotiche. Se per l’inson-nia transitoria associata a fugaci stati ansiosi sono considerate più opportunele benzodiazepine a breve emivita, per l’insonnia protratta è opportuno asso-ciare al trattamento di base (antidepressivi serotoninrgici) molecole ad emi-vita lunga, i cui effetti residui si rilevano utili sullo stato ansioso diurno.

Schizofrenia

Le alterazioni del sonno nella schizofrenia appaiono nel complesso mode-ste, aspecifiche e limitate ad una percentuale non rilevante di pazienti.Disturbi del sonno in senso deficitario sono stati descritti soprattutto nellefasi d’invasione psicotica, nelle riacutizzazioni delle forme croniche e nelleschizofrenie con concomitante stato di agitazione psicomotoria.

Dal punto di vista poligrafico le alterazioni più rilevanti sono rappresen-tate dalla riduzione di sonno delta in corso di sonno NREM sia nelle fasi diesordio e di acuzie psicotiche che negli stadi cronici. Le tecniche di analisicomputerizzata hanno dimostrato che questa compromissione è riconducibi-le alla minor sincronizzazione dell’attività bioelettrica cerebrale.

TrattamentoIl trattamento dell’insonnia nella schizofrenia si avvale dell’impiego di

neurolettici sedativi (fenotiazine, in particolare cloropromazina) e incisivi(aloperidolo), questi ultimi allorchè l’insonnia è correlata alla presenza dideliri e allucinazioni.

Depressione e mania

Nella depressione il sonno è alterato nei suoi aspetti quantitativi (conti-nuità e durata) e deprivato delle sue qualità di recupero e di riposo.

Nella maggioranza dei depressi il sonno è ridotto per l’alta incidenza deirisvegli e la precocità del risveglio finale; la difficoltà di addormentamentogioca un ruolo meno importante. La riduzione del tempo di sonno è mag-giore nei depressi gravi, nelle depressioni primarie, nelle endogene e nelledepressioni di età media e senile rispetto a quelle giovanili.

Dal punto di vista strutturale il sonno del depresso appare superficiale

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(aumento degli stadi 1 e 2) e talora deprivato degli stadi di sonno più profon-do ( riduzione degli stadi 3 e 4) e alterato nella sua ciclicità.

Per quanto concerne la latenza REM è sufficientemente documentata lasua riduzione, che è stata assunta come “marker biologico” della depressio-ne primaria. La compromissione di questo parametro è positivamente corre-lata con l’età e la gravità della sintomatologia, cosicchè latenze Rem estre-mamente brevi (inferiore a 20 minuti) connotano i quadri depressivi deliran-ti e dell’età evolutiva. A carico del sonno NREM la compromissione piùcostante è rappresentata dalla riduzione in termini assoluti e percentuali delsonno delta (soprattutto dello stadio 4). La risoluzione dello stato depressivonon si associa ad una normalizzazione del pattern di sonno; nella maggiorparte dei pazienti il sonno continua ad essere significativamente diverso daquello dei soggetti di controllo, con maggior difficoltà di addormentamento,elevata quantità di stadio 1, riduzione di stadio 4, notevole variabilità deiparametri ipnici da notte a notte). E’ stato riscontrato che i cambiamenti neu-rofisiologici circa l’architettura del sonno precedono l’evidenza clinica deldisturbo dell’umore e possono consentire di predire le ricadute e di pianifi-care l’intervento farmacologico.

TrattamentoL’insonnia depressiva risponde al trattamento con antidepressivi seroto-

ninergici (sertralina, paroxetina, fluoxetina ecc) o con triciclici (amitriptilinaecc). Nei casi ostinati si rende necessaria l’associazione di benzodiazepineipnotiche o di neurolettici fenotiazinici (promazina, levopromazina, clorpro-mazina).

Disturbi dell’Alimentazione

La maggior parte degli studi compiuti sui pazienti affetti da bulimia evi-denzia dei piccoli cambiamenti nei parametri della fase REM rispetto ai sog-getti normali. Chi è soggetto a una forma grave e non curata di anoressia ner-vosa evidenzia spesso una riduzione del tempo totale di sonno e della eff i-cienza del sonno, un incremento dello stadio 1 del sonno NREM, una dimi-nuzione del sonno profondo ed una riduzione della potenza del delta [95]. Ilsonno torna alla sua normalità dopo che il peso è stato riacquistato. Vi è inol-t re una riduzione iniziale della latenza REM in coincidenza di una forte per-dita di peso e questa torna normale quando il peso viene re c u p e r a t o.

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Sonno e malattie internistiche

Quando un paziente si presenta per un problema di sonno, sia che si trat-ti d’ insonnia che d’ ipersonnia, il primo passo da compiere è quello di ese-guire un’anamnesi dettagliata, seguita poi dall’esame obiettivo per scoprirela causa del disturbo del sonno. Molte malattie di natura internistica si pre-sentano spesso associate a disturbi del sonno e risulta indispensabile indivi-duare tale associazione nel corso di una prima visita (tabella 7).

Tabella 7. Malattie internistiche che possono provocare disturbi delsonno.

Allergie alimentari

Allergie alimentari possono in età infantile indurre una forma particolaree grave di insonnia che insorge nel bambino piccolo in occasione delle primeintroduzioni del latte vaccino nell’alimentazione. Più raramente, altri bambi-

• Malattie cardiovascolari: aritmie cardiache, insufficienza cardia -ca congestizia, cardiopatia ischemica, angina notturna.

• Disordini respiratori intrinseci: BPCO, asma (compresa l’asmanotturna), pneumopatia restrittiva.

• Malattie gastrointestinali: ulcera peptica, esofagite da reflusso.

• Malattie endocrine: ipertiroidismo, ipotiroidismo, diabete melli-to, deficit od eccesso di ormone della crescita (GH).

• Malattie renali: insufficienza renale cronica, disturbi del sonnoassociati alla dialisi renale.

• Disordini ematologici: emoglobinuria parossistica notturna,l’anemia mediterranea, teleangectasia emorragica ereditaria.

• Disordini reumatici compresa la fibromialgia

• Malatie varie: AIDS, malattia di Lyme, patologie mediche ochirurgiche associate alla degenza in unità di cura intensiva, sin-drome della fatica cronica.

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ni possono mostrare l’insorgenza di questo disturbo dopo introduzione nelladieta di prodotti a base di soia. Il bambino può arrivare a dormire solo 5-6 orenell’arco delle 24 ore.

Malattie ormonali

E’ importante conoscere la profonda relazione esistente tra i disturbi dellatiroide , ormone della crescita, le difficoltà respiratorie e i disturbi del sonno.

I sintomi principali del mixedema sono la presenza, nelle persone anzia-ne o di mezz’età, di affaticamento, aumento di peso, diminuzione delle capa-cità fisiche e delle facoltà mentali, secchezza e ruvidezza della pelle, edemapretibiale, abbassamento della voce, particolare sensibilità al freddo, costipa-zione, bradicardia o tracce di cardiopatia ischemica all’elettrocardiogramma.Nei pazienti con mixedema sono state riscontrate anche apnee ostruttive ecentrali, scomparse dopo terapia a base di tiroxina.

Un deficit dell’ormone della crescita corrisponde ad una diminuzione disonno 4 e ad un aumento di sonno 1 e 2 con un incremento complessivo deltempo di sonno, regredito dopo una terapia di ormone della crescita per seimesi.

Sono state riscontrate apnee del sonno associate al rilascio dell’ormonedella crescita in pazienti con acromegalia, dovute all’ingrandimento della lin-gua e della parete della faringe, che provocano un restringimento delle vieaeree superiori. La sandostatina, un farmaco simile alla somatostatina, hacurato l’apnea centrale in questi pazienti e ne ha normalizzato la rispostaipercapnica.

Malattie cardiache

E’ ben noto che disturbi del sonno possono verificarsi nelle malattie car-diovascolari e che interessano soprattutto i pazienti con cardiopatia ischemi-ca, infarto del miocardio o insufficienza cardiaca congestizia.

Il dolore tipico della cardiopatia ischemica può svegliare il paziente equindi una diminuzione dell’efficacia del sonno. L’apnea ostruttiva è talvol-ta associata ad ipossiemia arteriosa e provoca ischemia cardiaca.

L’angina notturna si manifesta sia durante il sonno REM che NREM e unapolisonnografia eseguita in questi pazienti ha dimostrato una diminuzione

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dell’efficacia del sonno. I pazienti con malattia coronaria e OSAS presentanoun aumento del rischio di infarto, a causa dell’ischemia miocardia notturnascatenata dalla desaturazione di ossigeno dovuta all’apnea.

Un’associazione frequente è apnea del sonno e ipertensione sistemica; laprevalenza dell’ipertensione nei pazienti con apnea del sonno è pari a circa50-90%. Gli studi hanno confermato che il trattamento dell’apnea del sonnocon la CPAP nasale riduce la pressione sanguigna e la letteratura confermache l’ipertensione essenziale è dovuta principalmente all’aumento della resi-stenza delle vie aeree superiori durante il sonno.

Malattie Polmonari

I cambiamenti fisiologici della respirazione che si verificano normalmen-te durante il sonno (vedi capitolo OSAS), a livello dei muscoli respiratori edel centro di controllo respiratorio, hanno un effetto negativo sulla respira-zione di soggetti affetti da Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO)ed in quelli con pneumopatie restrittive. Due sono i meccanismi fondamen-talmente coinvolti nel peggioramento dell’ipossiemia durante il sonno: l’ipo-ventilazione alveolare, che è più marcata durante il sonno REM, e lo squili-brio ventilazione/perfusione. La diminuita risposta ventilatoria all’ipossiaed all’ipercapnia contribuisce in questi pazienti ad aumentare la desatura-zione notturna di ossigeno. L’ipossiemia notturna da sola può provocare laripetuta interruzione e frammentazione dell’architettura del sonno. In alcunipazienti la BPCO può coesistere con una OSAS; si parla in questo caso di“overlap syndrome”. La coesistenza di BPCO e OSAS porta ad un rischiomaggiore d’ ipertensione polmonare e d’ insufficienza cardiaca congestiziarispetto ai pazienti con sola OSAS.

In soggetti affetti da asma bronchiale gli attacchi parossistici possono pre-sentarsi in qualsiasi momento del giorno e della notte; quando si presentanodi notte, gli attacchi sono distribuiti a caso senza alcuna relazione con unafase particolare del sonno. Infatti, la resistenza delle vie aeree mostra unincremento circadiano correlato non agli stadi di sonno, ma alla durata delsonno. Negli asmatici si riscontra di frequente un’esacerbazione notturna deisintomi, nonché un’evidente progressione della costrizione bronchiale e del-l’ipossiemia. L’asma notturno è, potenzialmente, un problema molto serio,dal momento che vi è tra gli asmatici adulti un’incidenza elevata di arrestirespiratori e di morti improvvise tra la mezzanotte e le 8.00 del mattino. Inquesti soggetti è stato dimostrata un’alta incidenza di disturbi del sonno, pre-sentandosi come una combinazione di insonnia ed ipersonnia. Così come l’a-

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pnea ostruttiva e la BPCO, anche l’asma notturno è associato a problemirespiratori derivanti dal sonno ( di solito ipopnee più che apnee); si manife-sta inoltre con risvegli frequenti soprattutto durante il sonno REM.

Malattie Renali

I disturbi del sonno sono relativamente comuni tra i pazienti con insuffi-cienza renale cronica con o senza dialisi, soprattutto con malattia renale infase terminale. I disturbi del sonno di questi pazienti includono l’insonnia,l’eccessiva sonnolenza diurna e l’inversione del ciclo sonno-veglia con unadiminuzione della qualità del sonno notturno e con un’elevata frammenta-zione del sonno. I disturbi più frequentemente coesistenti con insufficienzarenale cronica sono l’OSAS, il PLMD e la RLS. La prevalenza di RLS inpazienti con insufficienza renale cronica varia dal 15 al 40%. La RLS è asso-ciata all’insufficienza renale, e non all’emodialisi di per sé.

La RLS di origine uremica non può essere distinta da quella idiopatica,ma può essere trattata efficacemente dopo un trapianto di reni.

Malattie ematologiche

Le patologie ematologiche che si possono associare a patologie del sonnosono l’emoglobinuria parossistica notturna, l’anemia mediterranea e lateleangectasia emorragica ereditaria. I pazienti affetti da anemia mediterra-nea possono presentare una saturazione di ossiemoglobina più bassa duran-te il sonno, andando incontro ad una sindrome delle apnee ostruttive. Glistudi sull’emoglobinuria parossistica notturna sono ancora incompleti, men-tre una sonnolenza progressiva accompagnata da stato confusionale è statariscontrata in un paziente colpito da teleangectasia emorragica ereditaria

Disturbi reumatici: la sindrome fibromialgica

La fibromialgia è una malattia caratterizzata da dolori muscolari diffusinon correlati a disfunzioni articolari, delle ossa o dei tessuti connettivi. I

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disturbi del sonno sono molto comuni nella fibromialgia. La caratteristica piùrilevante è l’attività alfa intermittente durante il sonno NREM, che dà origi-ne al caratteristico pattern alfa-delta o alfa NREM. Un’altra associazioneimportante è la presenza di mioclono rilevata alla polisonnografia. Ciò chelamenta chi è affetto da fibromialgia è soprattutto un sonno non ristoratore,con un incremento dei risvegli e una diminuzione dell’efficacia del sonno. Laterapia di questa sindrome rimane poco soddisfacente, sono state suggeriteterapie con antidepressivi triciclici e una breve terapia a base di zolpidem eun programma di esercizi riabilititativi.

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Indice

Editoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 3

Il sonno normale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 5

Gli inizi della scienza del sonno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 6

Meccanismi del sonno e sistemi di regolazione . . . . . . . . . . . . . . . . » 7

Gli Stadi del sonno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 8

La struttura del sonno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 9

Il modello a due fattori e la macrostruttura del sonno . . . . . . » 10

Il ritmo ultradiano del sonno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 12

Neurofisiologia del sonno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 14

La microstruttura del sonno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 17

Il sonno nelle diverse età . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 17

Modificazioni fisiologiche nel sonno REM e NREM . . . . . . . . . . . . » 18

Strumenti di indagine del Sonno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 20

Registrazione poligrafica del sonno (polisonnografia) . . . . . . . . » 20

Test di latenza multipla del sonno (MSLT) . . . . . . . . . . . . . . . . . » 21

Registrazione poligrafica ambulatoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 21

L’actigrafo da polso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 22

La Classificazione dei disturbi del sonno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 23

Disturbi del ritmo circadiano sonno-veglia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 24

Sindrome della fase di sonno ritardata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 26

Sindrome della fase di sonno anticipata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 27

Sindrome ipernictoemerale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 28

Sindrome da salto di fusi orari (Jet lag syndrome) . . . . . . . . . . . » 29

Sindrome del turnista . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 30

Dissonnie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 32

Insonnie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 32

Insonnie primarie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 34

Insonnia da errata percezione del sonno . . . . . . . . . . . . . . . . .» 34

Insonnia psicofisiologica cronica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .» 34

Insonnia idiopatica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .» 36

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93Caleidoscopio

Insonnie secondarie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 37

Dissonnia da sindrome delle gambe senza riposo . . . . . . . . . » 37

Dissonnia da movimenti periodici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .» 38

Dissonnia da apnee ostruttive morfeiche . . . . . . . . . . . . . . . . .» 40

Disturbi dell’inizio del sonno “per associazione” . . . . . . . . . .» 45

Disturbo del sonno “per mancata identificazione del limite” .» 46

Insonnia da inadeguata igiene del sonno . . . . . . . . . . . . . . . . .» 46

Sindrome da “sonno insufficiente” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .» 47

Insonnia da assunzione durante la notte di cibo/bevande . . .» 48

Sostanze che causano insonnia (uso ed abuso) . . . . . . . . . . . .» 48

Ipersonnie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 50

Ipersonnie primarie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 51

Ipersonnie secondarie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 57

Parasonnie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 59

Parasonnie in sonno NREM . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 60

Risvegli confusionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 60

Pavor nocturnus (Terrori del sonno) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 60

Sonnambulismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 61

Parasonnie del sonno REM . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 62

Sogni terrifici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 62

Disordine comportamentale in sonno REM . . . . . . . . . . . . . . . . . » 62

Parasonnie della transizione veglia sonno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 63

Movimenti ritmici in sonno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 63

Altre parasonnie primarie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 63

Bruxismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 63

Enuresi notturna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 64

Mioclonie ipniche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 64

Sonniloquio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 65

Paralisi del sonno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 65

Parasonnie secondarie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 66

Sonno e malattie neurologiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 67

Insonnia familiare fatale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 67

Malattie extrapiramidali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 68

Malattia di Huntington . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 68

Sindrome di Tourette . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 69

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Parkinsonismi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 69

Atrofie multisistemiche (MSA). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 70

Malattie neuromuscolari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 70

Malattia del motoneurone (SLA) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 71

Sonno ed Epilessia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 71

Epilessia frontale notturna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 72

Stato epilettico elettrico in corso di sonno (SEES) . . . . . . . . . . . . » 72

Sonno ed Ictus . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 73

Sonno e Malattie psichiatriche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 75

Stati ansiosi e disturbi della personalità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 75

Schizofrenia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 76

Depressione e mania . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 76

Disturbi dell’Alimentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 77

Sonno e Malattie internistiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 78

Allergie alimentari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 78

Malattie ormonali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 79

Malattie cardiache . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 79

Malattie Polmonari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 80

Malattie Renali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 81

Malattie ematologiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 81

Disturbi reumatici: la sindrome fibromialgica . . . . . . . . . . . . . . . . . » 81

Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 83

Indice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 92

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M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

95Caleidoscopio

1. Rassu S.: Principi generali di endocrinologia. Gennaio ’832. Rassu S.: L’ipotalamo endocrino. Giugno ’833. Rassu S.: L’ipofisi. Dicembre ’834. Alagna., Masala A.: La prolattina. Aprile ’845. Rassu S.: Il pancreas endocrino. Giugno ’846. Fiorini I., Nardini A.: Citomegalovirus, Herpes virus, Rubella virus (in gravidanza). Luglio ’84.7. Rassu S.: L’obesita’. Settembre ’848. Franceschetti F., Ferraretti A.P, Bolelli G.F., Bulletti C.:Aspetti morfofunzionali dell’ovaio.

Novembre ’84.9. Kubasik N.P.: Il dosaggio radioimmunologico (1) . Dicembre ’84.10. Kubasik N.P.: Il dosaggio radioimmunologico (2) parte prima. Gennaio’85.11. Kubasik N.P.: Il dosaggio radioimmunologico (2) parte seconda. Febbraio ’85.12.Kubasik N.P.: Il dosaggio radioimmunologico (3) parte prima. Aprile ’85.13. Nacamulli D, Girelli M.E, Zanatta G.P, Busnardo B.: Il TSH. Giugno ’85.14. Facchinetti F. e Petraglia F.: La β-endorfina plasmatica e liquorale. Agosto ’85.15. Baccini C.: Le droghe d’abuso (1). Ottobre ’85.16. Kubasik N.P.: Il dosaggio radioimmunologico (3) parte seconda. Dicembre ’85.17. Nuti R.: Fisiologia della vitamina D: Trattamento dell’osteoporosi post-menopausale.

Febbraio ’8618. Cavallaro E.: Ipnosi: una introduzione psicofisiologica. Marzo ’86.19. Fanetti G.: AIDS: trasfusione di sangue emoderivati ed emocomponenti. Maggio ’86.20. Fiorini I., Nardini A.: Toxoplasmosi, immunologia e clinica. Luglio ’86.21. Limone P.: Il feocromocitoma. Settembre ’86.22. Bulletti C., Filicori M., Bolelli G.F., Flamigni C.: Il Testicolo. Aspetti morfo-funzionali e

clinici. Novembre ’86.23. Bolcato A.: Allergia. Gennaio ’87.24. Kubasik N.P.: Il dosaggio enzimoimmunologico e fluoroimmunologico. Febbraio ’87.25. Carani C.: Patologie sessuali endocrino-metaboliche. Marzo ’87.26. Sanna M., Carcassi R., Rassu S.: Le banche dati in medicina. Maggio ’87.27. Bulletti C., Filicori M., Bolelli G.F., Jasonni V.M., Flamigni C.: L’ a m e n o r r e a . Giugno ’87.28. Zilli A., Pagni E., Piazza M.: Il paziente terminale. Luglio ’87.29. Pisani E., Montanari E., Patelli E., Trinchieri A., Mandressi A.: Patologie prostatiche.

S e t t e m b re ’87.30. Cingolani M.: Manuale di ematologia e citologia ematologica. Novembre ’87.31. Kubasik N.P.: Ibridomi ed anticorpi monoclonali. Gennaio ’88.

C a l e i d o s c o p i oI t a l i a n o

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96 Caleidoscopio

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M a rzo ’88.34. Guastella G., Cefalù E., Carmina M.: La fecondazione in vitro. Maggio ‘88.35. Runello F., Garofalo M.R., Sicurella C., Filetti S., Vigneri R.: Il gozzo nodulare. Giugno ’88.36. Baccini C.: Le droghe d’abuso (2). Luglio ’88.37. Piantino P., Pecchio F.: Markers tumorali in gastroenterologia. Novembre ’88.38. Biddau P.F., Fiori G.M., Murgia G.: Le leucemie acute infantili. Gennaio ’89.39. Sommariva D., Branchi A.: Le dislipidemie. Febbraio ‘89.40. Butturini U., Butturini A.: Aspetti medici delle radiazioni. Marzo ‘89.41. Cafiero F., Gipponi M., Paganuzzi M.: Diagnostica delle neoplasie colo-rettali. Aprile ‘89.42. Palleschi G.: Biosensori in Medicina. Maggio ‘89.43. Franciotta D.M., Melzi D’Eril G.V. e Martino G.V.: HTLV-I. Giugno ‘89.44. Fanetti G.: Emostasi: fisiopatologia e diagnostica. Luglio ‘89.45. Contu L., Arras M..: Le popolazioni e le sottopopolazioni linfocitarie. Settembre ‘89.46. Santini G.F., De Paoli P., Basaglia G.: Immunologia dell’occhio. Ottobre ‘89.47. Gargani G., Signorini L.F., Mandler F., Genchi C., Rigoli E., Faggi E.: Infezioni opportu -

nistiche in corso di AIDS. Gennaio ‘90.48. Banfi G., Casari E., Murone M., Bonini P.: La coriogonadotropina umana. Febbraio ‘90.49. Pozzilli P., Buzzetti R., Procaccini E., Signore E.: L’immunologia del diabete mellito.

Marzo ‘90.50. Cappi F.: La trasfusione di sangue: terapia a rischio. Aprile ‘90.51. Tortoli E., Simonetti M.T.: I micobatteri. Maggio ‘90.52. Montecucco C.M., Caporali R., De Gennaro F.: Anticorpi antinucleo. Giugno ‘90. 53. Manni C., Magalini S.I. e Proietti R.: Le macchine in terapia intensiva. Luglio ‘90.54. Goracci E., Goracci G.: Gli allergo-acari. Agosto ‘90. 55. Rizzetto M.: L’epatite non A non B (tipo C). Settembre ‘90.56. Filice G., Orsolini P., Soldini L., Razzini E. e Gulminetti R.: Infezione da HIV-1: patoge -

nesi ed allestimento di modelli animali. Ottobre ‘90.57. La Vecchia C. Epidemiologia e prevenzione del cancro (I). Gennaio ‘91.58. La Vecchia C. Epidemiologia e prevenzione del cancro (II). Febbraio ‘91.59. Santini G.F., De Paoli P., Mucignat G., e Basaglia G., Gennari D.: Le molecole dell’adesi -

vità nelle cellule immunocompetenti. Marzo ‘91.60. Bedarida G., Lizioli A.: La neopterina nella pratica clinica. Aprile ‘91.61. Romano L.: Valutazione dei kit immunochimici. Maggio ‘91.62. Dondero F. e Lenzi A.: L’infertilità immunologica. Giugno ‘91.63. Bologna M. Biordi L. Martinotti S.: Gli Oncogèni. Luglio ‘91.64. Filice G., Orsolini P., Soldini L., Gulminetti R., Razzini E., Zambelli A. e Scevola D.: In -

fezione-malattia da HIV in Africa. Agosto ‘91. 65. Signore A., Chianelli M., Fiore V., Pozzilli P., Andreani D.: L’immunoscintigrafia nella dia -

gnosi delle endocrinopatie autoimmuni. Settembre ‘91.66. Gentilomi G.A.: Sonde genetiche in microbiologia. Ottobre ‘91.67. Santini G.F., Fornasiero S., Mucignat G., Besaglia G., Tarabini-Castellani G. L., Pascoli

L.: Le sonde di DNAe la virulenza batterica. Gennaio ‘92.68. Zilli A., Biondi T.: Il piede diabetico. Febbraio ‘92.69. Rizzetto M.: L’epatite Delta. Marzo ‘92.

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70. Bracco G., Dotti G., Pagliardini S., Fiorucci G.C.: Gli screening neonatali. Aprile ‘92.71. Tavani A., La Vecchia C.: Epidemiologia delle patologie cardio e cerebrovascolari. Luglio ‘92.72. Cordido F., Peñalva A., De la Cruz L. F., Casanueva F. F., Dieguez C.: L’ormone della cre -

scita. Agosto ‘92. 73. Contu L., Arras M.: Molecole di membrana e funzione immunologica (I). Settembre ‘92.74. Ferrara S.:Manuale di laboratorio I. Ottobre ‘92.75. Gori S.: Diagnosi di laboratorio dei patogeni opportunisti. Novembre ‘92.76. Ferrara S.: Manuale di laboratorio II . Gennaio ‘93.77. Pinna G., Veglio F., Melchio R.: Ipertensione Arteriosa. Febbraio ‘93.78. Alberti M., Fiori G.M., Biddau P.: I linfomi non Hodgkin. Marzo ‘93.79. Arras M., Contu L.: Molecole di membrana e funzione immunologica (II). Aprile ‘93.80. Amin R.M., Wells K.H., Poiesz B.J.: Terapia antiretrovirale. Maggio ‘93.81. Rizzetto M.: L’epatite C. Settembre ‘93.82. Andreoni S.: Diagnostica di laboratorio delle infezioni da lieviti. Ottobre ‘93.83.Tarolo G.L., Bestetti A., Maioli C., Giovanella L.C., Castellani M.: Diagnostica con radio -

nuclidi del Morbo di Graves-Basedow. Novembre ‘93.84. Pinzani P., Messeri G., Pazzagli M.: Chemiluminescenza. Dicembre ‘93.85. Hernandez L.R., Osorio A.V.: Applicazioni degli esami immunologici. Gennaio 94.86. Arras M., Contu L.: Molecole di Membrana e funzione immunologica. Parte terza: I lnfo -

citi B. Febbraio ‘94.87. Rossetti R.: Gli streptoccocchi beta emolitici di gruppo B (SGB). Marzo ‘94.88. Rosa F., Lanfranco E., Balleari E., Massa G., Ghio R.: Marcatori biochimici del rimodel -

lamento osseo. Aprile ‘94.89. Fanetti G.: Il sistema ABO: dalla sierologia alla genetica molecolare. Settembre ‘94.90. Buzzetti R., Cavallo M.G., Giovannini C.: Citochine ed ormoni: Interazioni tra sistema

endocrino e sistema immunitario. Ottobre ‘94.91. Negrini R., Ghielmi S., Savio A., Vaira D., Miglioli M.: Helicobacter pylori. Novembre ‘94.92. Parazzini F.: L’epidemiologia della patologia ostetrica. Febbraio ‘95.93. Proietti A., Lanzafame P.: Il virus di Epstein-Barr . Marzo ‘95.94. Mazzarella G., Calabrese C., Mezzogiorno A., Peluso G.F., Micheli P, Romano L.: Im -

munoflogosi nell’asma bronchiale. Maggio ‘95.95. Manduchi I.: Steroidi. Giugno ‘95.96. Magalini S.I., Macaluso S., Sandroni C., Addario C.: Sindromi tossiche sostenute da prin -

cipi di origine vegetale. Luglio ‘95.97. Marin M.G., Bresciani S., Mazza C., Albertini A., Cariani E.: Le biotecnologie nella dia -

gnosi delle infezioni da retrovirus umani. Ottobre ‘95.98.La Vecchia C., D’Avanzo B., Parazzini F., Valsecchi M.G.: Metodologia epidemiologica e

sperimentazione clinica. Dicembre ‘95.99.Zilli A., Biondi T., Conte M.: Diabete mellito e disfunzioni conoscitive. Gennaio ‘96.1 0 0 . Z a z z e roni F., Muzi P., Bologna M.: Il gene oncosoppressore p53: un guardiano del genoma.

M a rzo ‘96.101.Cogato I. Montanari E.: La Sclerosi Multipla. Aprile ‘96.102.Carosi G., Li Vigni R., Bergamasco A., Caligaris S., Casari S., Matteelli A., Tebaldi A.:

Malattie a trasmissione sessuale. Maggio ‘96.103.Fiori G. M., Alberti M., Murtas M. G., Casula L., Biddau P.: Il linfoma di Hodgkin. Giu-

gno ‘96.

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104.Marcante R., Dalla Via L.: Il virus respiratorio sinciziale . Luglio ‘96.105.Giovanella L., Ceriani L., Roncari G.: Immunodosaggio dell’antigene polipeptidico tis -

sutale specifico (TPS) in oncologia clinica: metodologie applicative. Ottobre ‘96.106.Aiello V., Palazzi P., Calzolari E.: Tecniche per la visualizzazione degli scambi cromatici

(SCE): significato biologico e sperimentale. Novembre ‘96.107.Morganti R.: Diagnostica molecolare rapida delle infezioni virali. Dicembre ‘96.108.Andreoni S.: Patogenicità di Candida albicans e di altri lieviti. Gennaio ‘97.109.Salemi A., Zoni R.: Il controllo di gestione nel laboratorio di analisi. Febbraio ‘97.110.Meisner M.: Procalcitonina. Marzo ‘97.111.Carosi A., Li Vigni R., Bergamasco A.: Malattie a trasmissione sessuale (2). Aprile ‘97.112.Palleschi G. Moscone D., Compagnone D.: Biosensori elettrochimici in Biomedicina.

Maggio ‘97.113.Valtriani C., Hurle C.: Citofluorimetria a flusso. Giugno ‘97.114.Ruggenini Moiraghi A., Gerbi V., Ceccanti M., Barcucci P.: Alcol e problemi correlati.

Settembre ‘97.115.Piccinelli M.: Depressione Maggiore Unipolare. Ottobre ‘97.116.Pepe M., Di Gregorio A.: Le Tiroiditi. Novembre ‘97.117.Cairo G.: La Ferritina. Dicembre ‘97.118.Bartoli E.: Le glomerulonefriti acute. Gennaio ‘98.119.Bufi C., Tracanna M.: Computerizzazione della gara di Laboratorio. Febbraio ‘98.120.National Academy of Clinical Biochemistry: Il supporto del laboratorio per la diagnosi ed

il monitoraggio delle malattie della tiroide. Marzo ‘98.121.Fava G., Rafanelli C., Savron G.: L’ansia. Aprile ‘98.122.Cinco M.: La Borreliosi di Lyme. Maggio ‘98.123.Giudice G.C.: Agopuntura Cinese. Giugno ‘98.124.Baccini C.: Allucinogeni e nuove droghe (1). Luglio ‘98.125.Rossi R.E., Monasterolo G.: Basofili. Settembre ‘98.126. Arcari R., Grosso N., Lezo A., Boscolo D., Cavallo Perin P.: Eziopatogenesi del diabete

mellito di tipo 1. Novembre ‘98.127.Baccini C.: Allucinogeni e nuove droghe (1I). Dicembre ‘98.128.Muzi P., Bologna M.: Tecniche di immunoistochimica. Gennaio ‘99.129.Morganti R., Pistello M., Vatteroni M.L.: Monitoraggio dell’efficacia dei farmaci antivira -

li. Febbraio ‘99.130.Castello G., Silvestri I.:Il linfocita quale dosimetro biologico. Marzo ‘99.131.AielloV., Caselli M., Chiamenti C.M.: Tumorigenesi gastrica Helicobacter pylori - correla -

ta. Aprile ‘99.132.Messina B., Tirri G., Fraioli A., Grassi M., De Bernardi Di Valserra M.: Medicina Termale

e Malattie Reumatiche. Maggio ‘99.133.Rossi R.E., Monasterolo G.: Eosinofili. Giugno ‘99.134.Fusco A., Somma M.C.: NSE (Enolasi Neurono-Specifica). Luglio ‘99.135.Chieffi O., Bonfirraro G., Fimiani R.: La menopausa. Settembre ‘99.136.Giglio G., Aprea E., Romano A.: Il Sistema Qualità nel Laboratorio di Analisi. Ottobre ‘99.137.Crotti D., Luzzi I., Piersimoni C.: Infezioni intestinali da Campylobacter e microrganismi

correlati. Novembre ‘99.138.Giovanella L.: Tumori Neuroendocrini: Diagnosi e fisiopatologia clinica. Dicembre ‘99.139.Paladino M., Cerizza Tosoni T.: Umanizzazione dei Servizi Sanitari: il Case Management.

Gennaio 2000.

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M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

99Caleidoscopio

140.La Vecchia C.: Come evitare la malattia. Febbraio 2000.141.Rossi R.E., Monasterolo G.: Cellule dendritiche. Marzo 2000.142.Dammacco F.: Il trattamento integrato del Diabete tipo 1 nel bambino e adolescente (I).

Aprile 2000.143.Dammacco F.: Il trattamento integrato del Diabete tipo 1 nel bambino e adolescente (II).

Maggio 2000.144.Croce E., Olmi S.: Videolaparoscopia. Giugno 2000.145.Martelli M., Ferraguti M.: AllergoGest. Settembre 2000.146.Giannini G., De Luigi M.C., Bo A., Valbonesi M.: TTP e sindromi correlate: nuovi oriz -

zonti diagnostici e terapeutici. Gennaio 2001.147.Rassu S., Manca M.G., Pintus S., Cigni A.: L’umanizzazione dei servizi sanitari. Febbraio

2001.148. Giovanella L.: I tumori della tiroide. Marzo 2001.149.Dessì-Fulgheri P., Rappelli A.: L’ipertensione arteriosa. Aprile 2001.150. The National Academy of Clinical Biochemistry: Linee guida di laboratorio per lo scree -

ning, la diagnosi e il monitoraggio del danno epatico. Settembre 2001.151.Dominici R.: Riflessioni su Scienza ed Etica. Ottobre 2001.152.Lenziardi M., Fiorini I.: Linee guida per le malattie della tiroide. Novembre 2001.153.Fazii P.: Dermatofiti e dermatofitosi. Gennaio 2002.154.Suriani R., Zanella D., Orso Giacone G., Ceretta M., Caruso M.: Le malattie infiamma -

torie intestinali (IBD) Eziopatogenesi e Diagnostica Sierologica. Febbraio 2002.155. Trombetta C.: Il Varicocele. Marzo 2002.156. Bologna M., Colorizio V., Meccia A., Paponetti B.: Ambiente e polmone. Aprile 2002.157. Correale M., Paradiso A., Quaranta M.: I Markers tumorali. Maggio 2002.158. Loviselli A., Mariotti S.: La Sindrome da bassa T3. Giugno 2002.159. Suriani R., Mazzucco D., Venturini I., Mazzarello G., Zanella D., Orso Giacone G.:

Helicobacter Pylori: stato dell’arte. Ottobre 2002.160. Canini S.: Gli screening prenatali: marcatori biochimici, screening nel 1° e 2° trimestre

di gravidanza e test integrato. Novembre 2002.161. Atzeni M.M., Masala A.: La β-talassemia omozigote. Dicembre 2002.162. Di Serio F.: Sindromi coronariche acute. Gennaio 2003.163. Muzi P., Bologna M.: Il rischio di contaminazione biologica nel laboratorio biosanitario.

Febbraio 2003.164. Magni P., Ruscica M., Verna R., Corsi M.M.: Obesità: fisiopatologia e nuove prospettive

diagnostiche. Marzo 2003.165. Magrì G.: Aspetti biochimici e legali nell’abuso alcolico. Aprile 2003.166. Rapporto dello Hastings Center: Gli scopi della medicina: nuove priorità. Maggio 2003.167. Beelke M., Canovaro P., Ferrillo F.: Il sonno e le sue alterazioni. Giugno 2003.

I volumi disponibili in formato .pdf su CD e su Internetnel sito www.medicalsystems.it sono riportati in neromentre in grigio quelli non ancora disponibili su Internet.

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CaleidoscopioRivista mensile di Medicina

anno 21, numero 167

Direttore ResponsabileSergio RassuTel. mobile 338 2202502E-mail: [email protected]

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Finito di stampare: Giugno 2003Sped. in Abb. Post. 45%

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