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caKtYitn

Italia n vocalist, Mai ne flutist make beautiful musi c together

. By STEVE FEENEY - ~ taly has welcomed American jazz

artists over the years, often providing musical support for them from a cadre

of homegrown players. Things sort of carne full circle when lo­

cal jazz/world/klezmer flutist Cari Dimow . met the accompUshed Italianvocalist Gi­

uppi Paone in the summer of 2012 while she was visiting a friend in Portland. The connection they made drew them very quickly into Acadia Sound to do some recording.

We are told that "no goal, pian or ar­rangements" were on the table for these sessions. The recordings captured on Paone's new CD "The Acadian Session" show, however, that very good things can happen in the musical moment.

Schooled in jazz as well as classica! and Indian music, Paone visits ali ber sourc­es but emphasizes vocalese and scat as well as a bit of postmodern weirdness. It's the fourth cut before she utters a discernible word. Although she employs an operatic theatricality at times, she also knows when to take off the mask and set lyricism free.

Mark Tipton on trumpet, J ohn Clark on bass and Hayes Porterfield on drums joined the duo for this set highlighted by deconstructive takes on two standards.

Dimow leads off Cole Porter's "What Is This Thing Called Love" with the flutter of some J apanese-sounding flute evoca­tions. When Paone enters with Clark's acoustic bass underneath, the three jour­ney into a very thoughtful examination of Porter's reverie. ''You took my heart and

HOWITRATES GIUPPI PAONE - "THE ACADIA SESSION" LABEL: Zone di Musica

**** Based on a four-star scale

threw it away" sings Paone both plain­tive and angrily. Desperation competes with vocal flourish on the title line. The question within the word "what" never seemed more obsessively urgent. Clark fades the scene to black with a brief solo that confirms the mystery of it ali.

The oft-covered "Lover Man" brings in drumrher Porterfield for a take that tends more toward pure jazz. Paone searches around in the lyrics fòr nooks of feeling before going wordless for a bit of conversation with Dimow's flute. "Someday" is the word the singer finally finds almost painful to consider before the band helps ber recover fora strong finish.

Paone's "Late-Late Nite Ferry Blues" is one ofthe most wide-open tunes in terms of collective expressiveness, with Tipton, Dimow and Paone traversing the dark waters established by Clark and Porterfield. This piece and "La porta sull'oceano" confirm that this group, full of a spontaneous intimacy, found harbor in Portland while stili hearing the cali of the open sea.

Steve Feeney is a freelance writer who lives in Portland.

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Giuppi Paone - The Acadia Session

Scritto da Gianni MontanoLunedì 07 Aprile 2014 00:01

Zone di Musica - 2013

Giuppi Paone: voce Carl Dimow: flauto, flauto basso Mark Tipton: tromba John Clark: basso Hayes Porterfield: batteria, percussioni

Dopo illustri collaborazioni e una lunga attività concertistica alternata alla didattica, GiuppiPaone pubblica un disco per molti versi sorprendente e di livello certamente ragguardevole. Unvero punto di svolta nella sua prodizione discografica. Il cd è stato inciso negli USA con musicisti dalle nostre parti poco o per niente conosciuti.Nessuna preoccupazione. Tutti se la cavano egregiamente. Come si legge nelle note dicopertina, si è trattato di una seduta di libera improvvisazione registrata così come si è evoluta.Lo testimonia la stessa vocalist italiana: «Abbiamo suonato e suonato senza metterci d'accordosu nulla prima di cominciare un pezzo». Il risultato finale è, allora, ancor più stupefacenteperché non si percepiscono nelle dieci tracce momenti di stanca, non si avverte la difficoltà ditrovare il bandolo della matassa, non si rilevano sequenze stiracchiate o del tutto pleonastiche.Tutto fila liscio, scivola via che è un piacere. Il repertorio è in gran parte costituito da originali, afirma della Paone, a cui si aggiungono due standards e un brano tradizionale. Sul pezzo di ColePorter What is this thing called love e su Lover man, in particolare, la cantante offreun'interpretazione speleologica, se così si può dire. Nel senso che va a scavare nel profondodelle canzoni, eseguite da tante grandi voci in precedenza, per portarne alla luce, come unminerale prezioso, un diamante, la pura essenza. E i due classici si distinguono a fatica,inizialmente, per poi rivelarsi nella loro bellezza segreta che tante riprese letterali o superficialinon hanno mostrato. Nelle sue composizioni, l'artista romana si esprime come uno strumento a fiato, dialogando sulmedesimo piano con il flauto di Carl Dimow o con la tromba di Mark Tipton. La sua voce èduttile, elastica, flessibile, ma sostanziosa, in grado di compiere salti di tono notevoli, mai usatain senso virtuosistico. Tutto è comandato, infatti, dalla precisa volontà di interpretare un tema,eterodosso fin che si vuole, in certi casi, ma di cui si vuole offrire una lettura o una rivisitazione

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Giuppi Paone - The Acadia Session

Scritto da Gianni MontanoLunedì 07 Aprile 2014 00:01

coerente e coesa. Non ci sono vocalizzi puntati avventurosamente verso le stelle o parentesirumoristiche, così per "fare avanguardia". La materia è sotto attento controllo. Non c'è larincorsa agli effetti speciali. L'esecuzione è personale e avanzata, ma di carattere jazzistico,con una derivazione laterale nella musica contemporanea e una altrettanto obliqua nel folkloreitaliano. Alla riuscita dell'album contribuisce Carl Dimow, autentico asso vincente in questo disco. Ilflauto si libra in volo angoloso e pieno di spigoli o plana caldo e discorsivo sullo scat dellabandleader. È impiegato in soli cinque brani ma fa pesare la sua presenza pure Mark Typton con unatromba che va dal soffio al suono sordinato, dallo squillo perentorio al fraseggio deciso eincidente. Il contrabbasso di John Clark, da parte sua, è tanto rude e sgraziato quanto efficace e insintonia con quanto gli succede attorno. Hayes Porterfield, alla batteria, infine, si insinua nelle tracce con parsimonia. Sovente si limitaa stare a sentire i partners. Quando interviene, però, riesce a non intaccare, non inquinarel'atmosfera creata dagli altri musicisti. È discreto e pertinente. Acadia session è sicuramente una prova di maturità per una voce fino ad ora rimasta piuttostochiusa in un determinato circuito, se non in ombra, almeno in penombra. Si auspica che dopoquesto album si cominci a parlare di più, legittimamente, di una cantante, di un'improvvisatriceda tenere nella giusta considerazione all'interno del jazz italiano e internazionale.

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All About Jazz

CD/LP/Track ReviewThe Acadia Session

Giuppi Paone: The Acadia Session (2013)

Italian Language By ALBERTO BAZZURRO, Published: June 13, 2014 | 187 views

Di Giuppi Paone—collaborazioni con Alvin Curran, Giovanna Marini, Roberto Laneri,Giancarlo

Schiaffini, gruppi propri, un'ampia attività didattica—avevamo un po' perso le tracce. Fa quindi

doppiamente piacere ritrovarla oggi, e in un così felice stato di forma. Questo lavoro, inciso nel

Maine (Portland, per l'esattezza) nell'agosto 2012 a seguito dell'incontro con un gruppo di musicisti

locali, ci restituisce in effetti tutta la curiosità intellettuale e creativa che riconoscevamo alla

cantante romana.

Abbinando temi originali con grandi classici opportunamente trasfigurati, il quartetto protagonista

del disco (quintetto in metà dei brani, cioè dove compare anche la tromba di Mark Tipton) opera

perennemente sul filo del rasoio, improvvisando generosamente, ma con un senso della forma

complessiva, della struttura, assolutamente invidiabile.

Vogliamo parlare di "camerismo radicale"? Facciamolo pure, perché di fatto è un po' questa l'aria

che si respira, con agganci al lessico cosiddetto "contemporaneo" tutt'altro che episodici, pur senza

eccessi o voli pindarici, anzi rimanendo sempre saldamente ancorati al rigore (anche climatico) più

assoluto.

La misura (di tratto) nella temerarietà è in effetti con tutta probabilità il pregio maggiore del lavoro,

che non sbraca mai, conservando un'eleganza, una vaporosità, un aplomb (ecco perché abbiamo

parlato di camerismo) costanti, anche se non mancano periodiche (salvifiche) increspature (per

esempio in "Trio Backstage Warm-up" e in "Maine Rush Hour"), pur entro un tessuto—come si sarà

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intuito—alquanto monolitico.

Prezioso il ruolo di tutti: della cantante, ovviamente, che sa impastarsi nell'amalgama collettivo

senza mai pretenderla da primadonna (una lezione—o se preferite una possibile indicazione di

percorso—per fin troppe colleghe) e, per il resto, soprattutto di Carl Dimow, autentico ago della

bilancia di svariati brani o singoli snodi degli stessi.

Track Listing: Sul fiato; Trio Backstage Warm-up; Late-Late Nite Ferry Blues; When Johnny Comes

Marching Home; What Is This Thing Called Love; La porta sull'oceano; Ninna nanna siciliana; Lover

Man; Strada Bianca; Maine Rush Hour.

Personnel: Giuppi Paone: voce; Carl Dimow: flauto, flauto basso; Mark Tipton: tromba; John Clark:

contrabbasso; Hayes Porterfield: percussioni, batteria.

Record Label: Zone Di Musica

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NEWS: Il 16 settembre esce "Nightwalk" il nuovo album di Marcello Sutera con Peter Erskine, John Abercrombie, Dennis Chambers

Il pianista e

compositore Joe

Sample, muore all'età di

75 anni.

Casa del Jazz , il 28

settembre concerto

benefit per Kenny

Wheeler.

R-Esistenza Jazz

Collective, 1° Festa

"Tutto il jazz possibile",

tre giorni in cui si

alterneranno su 2 palchi

pi di 250 musicisti .

Iniziativa da parte

dell'Associazione

Musicisti italiani di Jazz

per aiutare Kenny

Wheeler, in difficolt

per gli alti costi delle

cure mediche.

Alceste Ayroldi con "Il

jazz ed Il Cinema

Italiano, dagli anni '50

in poi" nel programma

della edizione

2014/2015 di San

Severo Winter Jazz.

Quarta edizione

dell'Italian Jazz Days

2014, che dall'8 al 26

ottobre, ospita pi di 20

musicisti su quattro

diversi palcoscenici

Workshop di

Fotografia Musicale a

Cassino a cura di

Michele Cantarelli e

Riccardo Crimi

nell'ambito del Janula

Jazz Festival.

Addio a Giorgio Gaslini,

il genio di un

musicistatotale,

proprio come la musica

da egli stesso cos

definita..

TrentinoinJazz 2014:

tributo a Santana con

gli Shamanes e i 40

anni di Bog Band a

Pergine con la FaRe

Jazz Big Band

E' morto Charlie

Haden. Il grande

contrabbassista si

spento nella sua casa di

Los Angeles, aveva 76

anni..

E' scomparso Gian

Mario Maletto, firma

storica e prestigiosa

del giornalismo jazz.

Martin Küchen e lo

spirituale in musica,

Michael Wollny e il

lato onirico del piano

trio, la nuova

prospettiva sul klezmer

Giuppi Paone

The Acadia Session

Zone di Musica (2013)

1. Sul fiato (G.Paone)

2. Trio Backstage Warm-up (G.Paone)

3. Late-Late Nite Ferry Blues (G. Paone)

4. When Johnny Comes Marching Home (trad)

5. What is this thing called love (Cole Porter)

6. La porta sull’oceano (G.Paone)

7. Ninna nanna siciliana (G.Paone)

8. Lover man (J.Davis, R.Ramires, J.Sherman)

9. Strada Bianca (G.Paone)

10. Maine Rush hour (G.Paone)

Giuppi Paone - vocals

Carl Dimou - flute, bass flute

Mark Tipton - trumpet (2, 3, 7, 9, 10)

John Clark - bass

Hayes Porterfield - percussion, drums

"The Acadia Session" è ambientazione musicale, che sia un itinerario immaginario o geograficamente collocabile passa in secondo

piano. Che sia un incontro "casuale" tra la vocalist Giuppi Paone e il flautista Carl Dimow, lo conferma l'imprinting di un progetto

audace, radicato ma non radicale che sa fare del caso una virtù, della condivisione musicale un eccellente pretesto per ascoltare,

ascoltarsi e lasciare che questa session cameristica apra un varco, fin troppo rappresentativo, nell'ascoltatore.

Oltre alla Paone, è proprio Dimow il collante di un progetto musicale che include Mark Tipton alla tromba, John Clark al contrabbasso e

Hayes Porterfield alla batteria e alle percussioni. Siamo dunque dinanzi a della materia pura che inserendosi nella macchina temporale

aggancia il dialogo musicale quasi dall'esterno, catturando solo alla fine il senso latente della registrazione: dare forma concreta a una

dimensione introspettiva insolitamente solida e teatralizzante. Non avrebbe potuto essere diversamente. Ancora più chiara, a tal

proposito, risulta la mediazione che la title track porta a compimento, con i brani "Sul fiato" e "Trio backstage warm-up" grazie ai quali

s'immerge ludicamente l'ascoltatore in un continuum sonoro che tratteggia da subito un ancoraggio alla tradizione manipolabile grazie

all'abile personalismo tecnico della Paone, una voce udibile su diversi livelli di comprensione, focalizzata su un range specifico

d'espressione che tocca contemporaneamente modalità stilistiche distanti tra loro: non importa che il materiale sia evocativo o

prettamente strumentale e che la voce gli si adatti con più o meno aderenza, il fatto è che l'identità timbrica è coerente sia nella

dimensione puramente sonora, sia nella rielaborazione testuale delle due ballad "When Johnny comes marching home" e "Lover man".

Da non sottovalutare l'equilibrio creato dal pezzo "La porta sull'oceano" indicativo dello spirito generale del disco, dell'humus comune

di questo interessante impasto sonoro a metà tra improvvisazione istantanea e musica contemporanea; è proprio il richiamo

dell'oceano a intessere sul finire la riproposizione del mood iniziale con i brani "Strada bianca" e "Maine rush hour", a instillare

nell'ascoltatore la reminiscenza del dialogo ben riuscito tra la voce e il flauto, a traghettare un'idea comune di ricerca quasi onirica del

suono.

Antonella Chionna per Jazzitalia

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A PROPOSITO DI JAZZ

I NOSTRI CD. A VOCE SPIEGATA Scritto da Gerlando Gatto on 2 ottobre 2013. Postato in I nostri CD, Primo piano, Recensioni

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Giuppi Paone – “The Acadia Session” –

Giuppi Paone si muove su un terreno sperimentale, anche se non così radicale come Marilena Paradisi di cui parliamo subito dopo. Ecco quindi un album assolutamente particolare per la sua genesi e per la musica che contiene. Il disco è stato registrato nell’agosto del 2012 negli States e rappresenta il frutto di una serie di concerti effettuati dalla vocalist italiana con quattro musicisti del Maine: Carl Dimow ai flauti, Mark Tipton alla tromba, John Clark al basso e Hayes Porterfield batteria e percussioni. Ma, come ci ha dichiarato la stessa Giuppi, è soprattutto con il flautista che scatta la scintilla: i due si trovano alla perfezione e quando si tratta di registrare l’album, la musica fluisce facile, spontanea, tutt’altro che semplice eppure con una sua forza intrinseca; il gruppo suona senza alcun punto fisso, senza mettersi d’accordo su alcunché basandosi esclusivamente sulle capacità improvvisative dei singoli e sulla straordinaria empatia sviluppatasi all’interno del quintetto. “Il terreno comune –nota acutamente Luigi Onori nelle note di copertina – è quello non inedito di una musica largamente improvvisata, sperimentale, con riferimenti anche all’ambito contemporaneo”. Così ben sette temi originali si alternano a due noti standard(“What is this thing called love” di Cole Porter e “Lover Man” di Davis, Ramirez, Sherman e un brano tradizionale “When Johnny comes marching home”; tutti i pezzi vengono, comunque, trattati dal gruppo nello stesso modo: improvvisazioni destrutturanti e successive ricostruzioni, “fuori da schemi usuali, nella continua invenzione di un linguaggio comune”. Racconta Giuppi: “Ci siamo messi reciprocamente alla prova, ci siamo sfidati, abbiamo giocato e rischiato, ci siamo ascoltati e abbiamo osato: insomma, abbiamo fatto musica come si dovrebbe fare sempre”.