bloglobal weekly n°28/2013

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RASSEGNA RASSEGNA DI DI BLOGLOBAL BLOGLOBAL OSSERVATORIO OSSERVATORIO DI DI POLITICA POLITICA INTERNAZIONALE INTERNAZIONALE NUMERO 28/2013, 29 SETTEMBRE - 12 OTTOBRE 2013 BloGlobal Weekly BloGlobal Weekly WWW.BLOGLOBAL . NET © BloGlobal.net 2013 EGITTO - A 100 giorni dal golpe dei militari, le piazze del Cairo, Giza, Alessandria, Assiut e delle altre importanti città dell’Egitto sono tornate a riempirsi di manifestanti pro-Mursi e Fratellanza Musulmana. Secondo le notizie diffuse dagli organi di stampa, la polizia avrebbe sparato gas lacrimogeni e armi leggere per frapporsi agli scontri tra oppositori e sostenitori di Mursi. Non sono state segnalate vittime. Solo una settimana prima, il 6 ottobre, in occasione delle manifestazioni di celebrazione del 40esimo anniversario della ‘vittoria’ dello Yom Kippur – nel mondo arabo la guerra dell’ottobre 1973 é vissuta come un successo perché le truppe dell'allora Presidente Anwar al-Sadat riuscirono a prendere di sorpresa le truppe israeliane che stanziavano nel Sinai occupato dopo il conflitto del 1967 altri cortei di protesta tra polizia e manifestanti islamisti avevano provocato 57 morti e 268 feriti. Sebbene gli scontri e le manifestazioni siano diminuite rispetto a quelle giornaliere avvenute tra luglio e agosto, MONDO - Focus BloGlobal Weekly N°28/2013 - Panorama

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Rassegna di BloGlobal - Osservatorio di Politica Internazionale

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R A S S E G N AR A S S E G N A D ID I B L O G L O B A LB L O G L O B A L

O S S E R V A T O R I OO S S E R V A T O R I O D ID I P O L I T I C AP O L I T I C A I N T E R N A Z I O N A L EI N T E R N A Z I O N A L E

N U M E R O 2 8 / 2 0 1 3 , 2 9 S E T T E M B R E - 1 2 O T T O B R E 2 0 1 3

B l o G l o b a l W e e k l yB l o G l o b a l W e e k l y

W W W . B L O G L O B A L . N E T

© BloGlobal.net 2013

EGITTO - A 100 giorni dal golpe dei militari, le piazze del Cairo, Giza, Alessandria, Assiut e delle altre

importanti città dell’Egitto sono tornate a riempirsi di manifestanti pro-Mursi e Fratellanza Musulmana.

Secondo le notizie diffuse dagli organi di stampa, la polizia avrebbe sparato gas lacrimogeni e armi

leggere per frapporsi agli scontri tra oppositori e sostenitori di Mursi. Non sono state segnalate

vittime. Solo una settimana prima, il 6 ottobre, in occasione delle manifestazioni di celebrazione del

40esimo anniversario della ‘vittoria’ dello Yom Kippur – nel mondo arabo la guerra dell’ottobre 1973 é vissuta come un successo

perché le truppe dell'allora Presidente Anwar al-Sadat riuscirono a prendere di sorpresa le truppe israeliane che stanziavano nel

Sinai occupato dopo il conflitto del 1967 – altri cortei di protesta tra polizia e manifestanti islamisti avevano provocato 57

morti e 268 feriti. Sebbene gli scontri e le manifestazioni siano diminuite rispetto a quelle giornaliere avvenute tra luglio e agosto,

M O N D O - F o c u s

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anche in virtù del pugno duro usato dalle autorità nei confronti dei leader islamisti, la situazione politica e di sicurezza interna ri-

mane altamente instabile. Per cercare di ristabilire ordine e sicurezza, il Presidente ad interim Adly Mansour aveva prorogato di

due mesi lo stato di emergenza in vigore dallo scorso 14 agosto in tutto il Paese, mentre in 11 province è stato istituito il copri-

fuoco. Inoltre, la Corte d'Appello del Cairo ha fissato per il 4 novembre la prima udienza del processo nei confronti del de-

posto Presidente Mursi e di 14 leader dei Fratelli Musulmani e del Partito Libertà e Giustizia accusati di “istigazione alla vio-

lenza, teppismo, tortura e uccisione di manifestanti dinanzi al palazzo presidenziale di al-Ittihadiyah” a Heliopolis lo scorso 5 di-

cembre 2012. Notizia, questa, che arriva dopo che un altro tribunale del Cairo, pochi giorni prima, aveva spiccato un mandato

d’arresto nei confronti dell’ex Premier Hisham Qandil, reo di complicità e di non aver fatto abbastanza per impedire le scelte

impopolari dell’allora Capo di Stato islamista Mursi. Le autorità giustificano queste misure come necessarie alla salvaguardia della

sicurezza interna. Intanto, tra pochi giorni dovrebbe essere reso pubblico il primo testo della nuova Costituzione egiziana.

Questo almeno secondo le previsioni di Amr’ Moussa, Presidente dell’Assemblea Costituente ed ex Segretario della Lega Araba.

I 50 costituenti stanno lavorando dall’8 settembre sul testo ricevuto dalla Commissione dei dieci tecnici (sei giudici e quattro pro-

fessori di diritto costituzionale), ai quali è stato concesso due mesi di tempo per terminare i lavori e presentare ai cittadini un testo

da approvare attraverso referendum entro la fine di dicembre per poi andare ad elezioni parlamentari e presidenziali nel nuovo

anno, come previsto dalla road map di luglio. Consultazioni che potrebbero vedere protagonista anche il dominus incontrastato

della scena politica egiziana, il Generale Abdel-Fattah el-Sisi. In un'intervista concessa al quotidiano nazionale Al-Masry al-Youm

(Egypt Independent in lingua inglese), el-Sisi non ha escluso una sua partecipazione alle prossime elezioni presidenziali.

Diversi ex candidati presidenziali, che nella scorsa tornata elettorale hanno perso contro Mursi, hanno fatto sapere di essere

pronti ad appoggiare il Capo di Stato Maggiore in caso di candidatura. Sebbene le autorità professino sicurezza nel portare a ter-

mine la transizione, il perdurare della crisi ha portato gli Stati Uniti a nutrire diversi dubbi sulle reali capacità egiziane. Si spiega in

questi termini la scelta del 9 ottobre del Dipartimento di Stato USA di sospendere temporaneamente il supporto finanzia-

rio accordato alle forze militari egiziane istituito fin dalla firma del trattato di pace con Israele del 1979. Si tratta del congela-

mento di aiuti per 260 milioni di dollari più altri 300 milioni di prestiti garantiti già preventivati per quest'anno e che fanno

parte di un aiuto finanziario annuale di 1,5 miliardi di dollari. Misure che interromperanno la consegna degli armamenti più moder-

ni come i nuovi cacciabombardieri F-16, gli elicotteri d'attacco Apache, i missili antinave Harpoon e i carri armati M-1 Abrahams

nelle versioni più aggiornate. Dalla decisione di Washington, tuttavia, sarebbero stati fatti salvi gli aiuti e le consulenze forniti

al governo egiziano per la lotta ai terrorismo. Jen Psaki, portavoce del Dipartimento di Stato, ha poi aggiunto che gli aiuti non

riprenderanno finché la nuova leadership egiziana non avrà dimostrato di aver fatto “progressi credibili verso la creazione di un

governo inclusivo, che sia il risultato di elezioni eque e libere”. Anche John Kerry ha precisato che la decisione non è definitiva e

che “non si tratta comunque di un ritiro dal Paese”, bensì di un’interruzione momentanea degli aiuti che andrà rivalutata “sulla

base dei comportamenti” del governo. Il governo del Cairo ha subito manifestato tutte le sue perplessità in merito alla decisione

USA. Con una nota di protesta, il Ministro degli Esteri Nabil Fahmy ha definito la “decisione sbagliata sia per i contenuti che per la

tempistica e solleva dubbi sulla volontà degli Stati Uniti di fornire un sostegno strategico ai programmi di sicurezza egiziani”, nel

momento in cui l’Egitto deve fronteggiare “pericolose sfide terroristiche”. La sospensione di una parte degli aiuti potrebbe però

avvicinare ulteriormente l’Egitto ai Paesi del Golfo ed in particolare all’Arabia Saudita, la quale per voce del suo Ministro

degli Esteri, Saud bin Faisal bin Abdulaziz al-Saud, si è detta “immediatamente disponibile ad aiutare il Paese”. Già lo scorso

luglio le monarchie arabe del Golfo (Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Kuwait), nel confermare il loro sostegno politico al gover-

no ad interim el-Beblawi, si erano dette pronte a subentrare anche economicamente agli aiuti finanziari e militari degli occidentali.

Nel frattempo, il Sinai diventa sempre più fuori controllo. Da settimane, infatti, nella penisola si ripetono con regolarità attacchi

contro i check-point militari e delle forze di polizia, in particolare nella zona tra il villaggio di Sheikh Zuweyyd, el-Arish e Rafah,

vicino al confine israeliano e la Striscia di Gaza. In questa area del Sinai sono attivi gruppi jihadisti e terroristi come Jama'at Ansar

Bayt al-Maqdis (JABM) – considerato questo vicino ad al-Qaeda –, Ansar Jerusalem e al-Salafiyya al-Jihadiyya (ASAJ) autori di

attentati sanguinari a Ismailia, al Canale di Suez ed el-Tor. In particolare in quest’ultima città i miliziani dello JABM hanno attacca-

to il 7 ottobre il quartier generale della Direzione Sicurezza del Sud Sinai che ha causato la morte di almeno di tre 3 soldati e il

ferimento di altri 62. Come riferito dall’agenzia di intelligence USA KGS NightWatch, Il Generale Abdel Nasser el-Azb, ha annun-

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ciato che l’11 ottobre le forze di sicurezza egiziane hanno arrestato cinque militanti coinvolti nel bombardamento di el-Tor.

ITALIA – Con il ritrovamento di nuovi corpi in mare, è salito a 363 il bilancio delle vittime del naufra-

gio avvenuto nelle acque di fronte all’Isola dei Conigli di Lampedusa lo scorso 3 ottobre. Da quel

giorno nuovi sbarchi di clandestini sono avvenuti sulle coste italiane e, anche questi, non senza vittime:

almeno altre 50 persone hanno perso la vita in un naufragio avvenuto l’11 ottobre nel Canale di

Sicilia, mentre le motovedette della Guardia Costiera e le navi della Marina Militare – con il pattugliato-

re Libra e la fregata Espero – sono riusciti a soccorrere e mettere in salvo almeno altri 500 migranti giunti con almeno altri

quattro barconi innanzitutto da Tunisia, Siria e Nigeria. Le autorità maltesi hanno peraltro annunciato di aver fermato un cittadino

tunisino sospettato di essere lo scafista del barcone dell'ultimo naufragio avvenuto giorno 11: l’uomo sarebbe stato identificato da

molti dei 146 sopravvissuti trasferiti a La Valletta che hanno tra l’altro raccontato di essere stati bersaglio degli spari di miliziani

libici subito dopo la partenza da Zuwara. Tutti avvenimenti, questi, che non solo hanno scatenato polemiche a livello di politica

interna sollevando, tra le altre cose, l’opportunità secondo molti, ad iniziare dal Presidente del Consiglio Enrico Letta, di abolire

la l.189/2002 in materia di immigrazione e asilo (comunemente detta “Bossi-Fini”) con riferimento soprattutto al dibattuto reato

di clandestinità, ma che hanno anche posto la necessità di rafforzare misure e politiche europee nella stessa materia di immi-

grazione e di sicurezza transfrontaliera. Se dal punto di vista interno, infatti, il Premier Letta ha annunciato l’avvio in tempi brevi

di una missione militare umanitaria (navale ed aerea, eventualmente anche attraverso l’utilizzo di Predator) nelle acque del

Mediterraneo (pur essendoci già, a parte Libra e Espero, la corvetta Chimera, gli Atlantic schierati a Sigonella e altri mezzi aerei

della stessa Guardia Costiera e della Guardia di Finanza) per ridurre al minimo il tempo di azione in caso di soccorso e auspican-

do il rafforzamento dei partenariati strategici con i Paesi rivieraschi, a livello europeo – e anche dopo la visita del Presidente della

Commissione Josè Manuel Barroso nell’isola e i solleciti da parte del Presidente maltese Joseph Muscat – l’Assemblea di Stra-

sburgo ha approvato il 9 ottobre a larga maggioranza il regolamento per il funzionamento del sistema europeo di sorve-

glianza delle frontiere (European Border Surveillance System, EUROSUR, già lanciato dalla Commissione nel 2008, confermato

nel Programma di Stoccolma 2010-2014 e ribadito dal Consiglio europeo del giugno 2011 in seguito ai rivolgimenti politici nei

paesi del Nord Africa). Inserito nell’ambito di Frontex – l’Agenzia con sede a Varsavia attiva dal 2005 con l’obiettivo di coordinare

la cooperazione operativa tra gli Stati membri nella gestione delle frontiere esterne –, il dispositivo consentirà attraverso una rete

di comunicazione protetta la condivisione in tempo reale di immagini e dati intelligence di varie autorità sugli sviluppi alle

frontiere esterne (terrestri e marittime) dell’UE. Il tutto per migliorare la prevenzione e la lotta all’immigrazione clandestina e di

salvare le vite dei migranti e di chi cerca asilo e rifugio in altri Paesi. Eurosur entrerà in vigore il prossimo 2 dicembre per

Bulgaria, Estonia, Francia, Spagna, Croazia, Italia, Cipro, Lettonia, Lituania, Ungheria, Malta, Polonia, Portogallo, Romania, Slo-

venia, Slovacchia e Finlandia, mentre gli altri Paesi aderiranno dal 1 dicembre 2014.

LIBIA – Le Forze Speciali degli Stati Uniti hanno condotto un raid a Tripoli, capitale della Libia, per cat-

turare Nazih Abdul-Hamed al-Ruqai, comunemente conosciuto come Al-Libi, un leader del

network terroristico transnazionale di al-Qaeda. Al-Libi era nella lista dei maggiori ricercati dall’FBI, con

una ricompensa di 5 milioni di dollari per chi l’avesse catturato, a causa del suo ruolo negli attacchi

terroristici alle ambasciate americane in Tanzania e in Kenya nell’agosto 1998. Nella stessa operazio-

ne i Navy Seals avevano arrestato in Somalia a Barawe, roccaforte degli Shabaab a sud di Mogadiscio, un capo della

milizia islamica, forse Abu Diyad, legato al massacro nel centro commerciale Westgate di Nairobi del mese scorso. Fonti USA

hanno riferito che il bersaglio non è stato catturato ma potrebbe essere stato ucciso nello scontro a fuoco protrattosi per un'ora, in

cui sono morti numerosi miliziani. Al-Libi, invece, era tornato in Libia durante la guerra civile del 2011, che portò alla cattura e

all’uccisione di Muammar Gheddafi. La sua cattura, secondo il Pentagono, rappresenterebbe un significativo colpo al cuore di ciò

che rimane di al-Qaeda. George Little, il portavoce del Ministero della Difesa americano, ha dichiarato che al-Libi “è attualmente

detenuto, secondo il rispetto della legge, dai militari statunitensi in un luogo al di fuori della Libia”. Little non ha aggiunto ulteriori

dettagli. Il popolo libico si è risentito dell’azione americana. Dozzine di membri del gruppo integralista Ansar al-Sharia hanno

manifestato nelle strade di Tripoli il proprio disappunto, accusando il Primo Ministro Ali Zeidan di essere un “codardo” e di essere

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“un agente americano”. Molti uomini appartenenti alle milizie irregolari che controllano de facto la Libia hanno accusato Zeidan

di aver coltivato rapporti troppo stretti con gli Stati Uniti in materia di sicurezza; fatto che avrebbe portato Tripoli a collabo-

rare con Washington per la cattura di al-Libi. Tale sentimento popolare non è rimasto privo di conseguenze politiche. Nonostante

il governo libico avesse negato qualsiasi coinvolgimento, anzi avanzando proteste nei confronti della Casa Bianca, ciò non è ba-

stato a placare gli animi. Zeidan è stato dunque rapito da alcuni appartenenti delle milizie, che l’hanno prelevato dal Corinthia

Hotel, dove molti diplomatici ed alti esponenti governativi vi soggiornano, essendo ritenuto uno dei posti più sicuri in tutta Tripoli.

L’agenzia di stampa di Stato aveva parlato inizialmente, citando il portavoce del Ministero degli Interni, di un arresto di Zeidan e

che si trovava “in buona salute”; ciò è stato poi smentito dallo stesso Ministro degli Interni, che ha parlato di rapimento e di

“crimine”. Zeidan è stato rilasciato poche ore dopo dalla sua cattura. Il Primo Ministro ha così dichiarato che il tentato sequestro

"non è altro che un tentativo di golpe. Io e il mio governo ne abbiamo abbastanza di quelli che minacciano noi e la volontà del

popolo libico". Inoltre, conclusasi la vicenda, il rapimento è stato rivendicato dal cosiddetto Nucleo Operativo dei Rivoluzio-

nari Libici, che ha dichiarato di avere agito su ordine della procura. La breve detenzione di Zeidan è stata solo l’ultimo dei molti

incidenti che dimostrano che la Libia post-Gheddafi è in preda al caos. Il governo centrale si dimostra regolarmente debole e le

nascenti forze armate combattono quotidianamente per contenere il potere delle innumerevoli milizie e i gruppi islamisti tra loro

rivali, che insieme controllano larga parte del Paese.

STATI UNITI/ESTERI – Nonostante quanto previsto, il Presidente americano Barack Obama non ha pre-

so parte ai summit asiatici dell’APEC, dell’ASEAN e della nascente Trans-Pacific Partnership a

causa delle difficoltà riscontrate sul fronte interno. In sua vece è stato inviato il Segretario di Stato John

Kerry, che si è prontamente scusato con i Capi di Stato e di Governo dei Paesi asiatici partecipanti,

che invece attendevano con ansia Obama. È stata la Cina a coprire tale assenza, svolgendo un

ruolo di primo piano nell’introdurre le tematiche da discutere, in particolare le questioni riguardanti le contese territoriale nel Mar

Cinese meridionale. Il Primo Ministro Li Keqiang, pur ribadendo la necessità di non mettere in discussione la libertà di navigazio-

ne, ha dichiarato di volere discutere con i propri partner le singole questioni territoriali su base bilaterale, aggirando di fatto i forum

multilaterali, a partire dall’ASEAN, cosa che sarebbe invece preferita dagli Stati Uniti e dal Giappone. Al termine dei summit asiati-

ci, non è stato raggiunto alcun accordo; il comunicato finale del vertice ASEAN-Cina, ad esempio, si è limitato a sottolineare

la volontà comune di “lavorare in direzione della conclusione di un Codice di Condotta nel Mar Cinese meridionale sulla

base del consenso”. Kerry, affiancato dal Segretario alla Difesa Chuck Hagel, ha continuato il suo viaggio asiatico con una visita

a Tokyo. Qui entrambi hanno voluto tranquillizzare la controparte giapponese del costante impegno degli Stati Uniti nel volere

mantenere il ‘pivot to Asia’, nonostante il recente rinnovato engagement in Medio Oriente e le crescenti difficoltà sul fronte

interno. Come ha dichiarato Kerry, “il Presidente Obama si è impegnato nel ribilanciare strategicamente i nostri interessi e gli in-

vestimenti verso l’Asia. Come potenza del Pacifico, noi capiamo la fondamentale importanza che il nostro partenariato [bilaterale]

fornisce alla nostra sicurezza e prosperità. Siamo qui per modernizzare la nostra profonda cooperazione”. Sono state discusse

così varie tematiche, come le capacità missilistiche e la minaccia nucleare della Corea del Nord, l’espansionismo della

Cina nelle acque regionali, la collaborazione nella sicurezza cibernetica e il posizionamento delle truppe americane in

Giappone. In un più ampio accordo che vede le sue origini nel 2011, gli Stati Uniti hanno promesso a Tokyo di rifornirlo di capaci-

tà di difesa tecnologicamente avanzate, da dispiegare nelle basi americane, mentre i 9000 Marines fin qui stazionati ad Okinawa

si ritireranno e di cui una parte verrà ridispiegata a Guam.

Nel frattempo, nell’Emisfero Occidentale Washington si trova a fare i conti con una rinnovata aggressività diplomatica da parte

del Venezuela. Il successore di Hugo Chavez, Nicolas Maduro, ha accusato tre diplomatici americani, incluso l’incaricato d’affari,

di condurre attività ‘imperialiste’ contro Caracas sul territorio venezuelano. Secondo Maduro, i tre, d’accordo con l’opposizione,

sarebbero responsabili di atti di sabotaggio e dei tentativi di “shutdown di tutto il Venezuela”. Washington ha negato il suo coinvol-

gimento, affermando che i diplomatici hanno condotto semplici attività diplomatiche. Come ritorsione, sono stati espulsi dal terri-

torio americano tre diplomatici venezuelani.

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M O N D O - B r e v i

AUSTRIA, 29 settembre – Con il 26,86% dei voti, il Partito Socialdemocratico d’Austria (SPÖ) del Cancelliere Werner Faymann si è

riconfermato alla guida dell’Austria assicurando la coalizione formatasi nel 2008 con il Partito Popolare Austriaco (ÖVP) del Vice

Cancelliere Michael Spindelegger, attestatosi al 24%, nonostante il calo di consensi per entrambi (rispettivamente del 2,4% del

1,97%). In forte ascesa, di contro, l’estrema destra del Partito della Libertà Austriaco (FPÖ) di Heinz-Christian Strache, erede

politico di Jörg Haider, che ha ottenuto il 20,55% (+3,01% rispetto alle scorse elezioni) grazie ad una campagna elettorale tutta

incentrata su temi nazionalisti e xenofobi. Entrano a far parte del Consiglio Nazionale (il Parlamento) anche due nuovi partiti: il

Team Stronach, il movimento euroscettico fondato solo nel 2012 dell’81enne miliardario austro-canadese Frank Stronach che ha

raccolto il 5,8%, e il partito centrista NEOS-La nuova Austria dell’ex-ÖVP Matthias Strolz, anch’esso fondato nel 2012 e che ha

raggiunto il 4,93%. Si confermano anche i Verdi di Eva Glawischnig con il 12,34%. Non superano la soglia di sbarramento del 4%

(fermandosi difatti al 3,6%), invece, i nazional-conservatori dell’Alleanza per il Futuro dell’Austria (BZÖ, guidata da Jozef Bucher),

il partito carinziano fondato dallo stesso Haider nel 2005 dopo la scissione dal FPÖ, in caduta di 7 punti rispetto alle scorse con-

sultazioni. La Grosse Koalition SPÖ-ÖVP, nonostante conti 99 seggi su 183, non può più dunque definirsi tale incalzata com’è da

un gruppo di opposizioni su posizioni populiste che raccoglie circa il 30% dell’elettorato. Un dato non meno allarmante per i due

partiti storici è quello relativo all’affluenza alle urne, in calo dal 78,81% del 2008 al 65,9%. Sembra dunque profilarsi necessario

all’orizzonte un cambio di agenda, nonostante la sostanziale stabilità politica e la positività del trend economico, ponendo così

fine alla stagione di scandali (ad iniziare dall’affaire Buwog che coinvolse l’ex Ministro delle Finanze Karl Heinz Grasser).

AZERBAIJAN, 8 ottobre – Si sono svolte nella piccola ma strategica Repubblica del Caucaso meridionale le elezioni presidenziali

che hanno visto, come da pronostici, la vittoria con l’84,72% delle preferenze di Ilham Aliyev, da 10 anni alla guida del Paese e

rieletto per la terza volta consecutiva. Un'affermazione possibile grazie al controverso referendum con cui, nel 2009, ha fatto abo-

lire il limite ai due mandati presidenziali. Secondo classificato, Jamil Hasanli, candidato dell’opposizione, che si è fermato al 7,4%.

Consultazioni, tuttavia, macchiate da un piccolo giallo: la Commissione elettorale centrale dell’Azerbaijan ha diffuso i risultati delle

elezioni presidenziali un giorno prima che queste avessero avuto inizio, facendo parlare le opposizioni di brogli sistematici. A con-

ferma di ciò vi sono numerose accuse di brogli denunciate da parte di ONG e di gruppi di attivisti azeri. Anche l’OSCE, che insie-

me agli oltre 1.000 osservatori internazionali (tra cui il Parlamento europeo) distribuiti su tutto il territorio con il compito di presidia-

re la regolarità del voto, ha parlato di “elezioni gravemente falsate”. Sebbene sia uno dei regimi più stabili della regione caucasica,

il governo di Aliyev è accusato da molti osservatori occidentali di numerose violazioni dei diritti umani perpetrate attraverso la re-

pressione e l’intimidazione sistematica di giornalisti e oppositori contrari, o semplicemente critici, al regime. Ma l’Azerbaijan è un

Paese ricco di petrolio e di gas naturale e proprio per questo motivo molto ambito da Russia – interessata ad espandere la sua

influenza in tutto lo spazio ex sovietico –, Stati Uniti e, soprattutto, Unione Europea, con quest’ultima, infatti, disponibile a chiude-

re un occhio sul tema delle violazioni dei diritti umani in cambio di un approvvigionamento energetico sicuro che giungerà attra-

verso il cosiddetto “Corridoio sud”, ossia il gasdotto Trans Adriatic Pipeline (TAP) che trasporterà dal 2019 gas naturale dalle rive

del Caspio fino alle coste pugliesi, permettendo a Bruxelles di alleviare la sua scomoda dipendenza da Mosca e, allo stesso tem-

po, all’Italia di diventare un potenziale hub energetico per il vecchio Continente.

BRASILE, 7 ottobre – Al grido di “Questo governo cadrà! Fuori Cabral e Paes!” – rispettivamente Sergio Cabral, governatore di

Rio, ed Eduardo Paes, il sindaco della città –, più di 10 mila persone, in gran parte insegnanti e indios, hanno manifestato pacifi-

camente a Rio de Janeiro per chiedere aumenti salariali e maggiore attenzione alle cause ambientali. Solo verso la conclusione,

la manifestazione è degenerata con violenze e scontri con le forze di polizia provocate da circa 200 anarchici infiltrati nel corteo.

La polizia ha dovuto far ricorso ai lacrimogeni per tenere la situazione sotto controllo. Oltre al municipio della città, è stato preso

d’assalto anche il Consolato USA. Solo una settimana prima vi era stata a Rio un’altra manifestazione con incidenti tra manife-

stanti e forze di polizia. Sorte come proteste pacifiche contro l’aumento di 20 centesimi di real del biglietto del trasporto urbano e

contro gli sprechi e gli aumenti dei costi delle organizzazioni di Mondiali di calcio FIFA (2014) e delle Olimpiadi estive di Rio de

Janeiro (2016), le manifestazioni hanno assunto ben presto toni e gesti sempre più violenti. A fomentare le proteste hanno inciso

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anche le condizioni dell’economia brasiliana che vive oggi una fase di stagnazione della propria produzione, un netto aumento

dell’inflazione e una ripresa della disoccupazione, condizioni queste che hanno creato forti disparità all’interno della società brasi-

liana. Le tensioni di questi mesi hanno generato perplessità e aperto interrogativi sia all'interno del governo sia tra le fila dell'oppo-

sizione, rischiando di diventare anche un tema determinante della prossima campagna elettorale per le presidenziali dell’ottobre

2014.

GRECIA, 28 settembre – Con l’accusa di partecipazione ad attività criminali, il leader del partito di estrema destra greco Chrysi

Avgì (Alba Dorata), Nikos Mihaloliakos, è stato arrestato insieme al portavoce Ilias Kassidiaris e ad altri tre deputati. Altri 36 man-

dati sono stati emessi nei confronti di deputati ed esponenti della stessa formazione a seguito della decisione del Procuratore

della Corte Suprema Charalambos sulla base delle intercettazioni telefoniche effettuate dagli inquirenti sui cellulari di membri del

partito e di suoi simpatizzanti nei giorni precedenti e successivi agli episodi di violenza avvenuti intorno alla metà di settembre. Da

tali intercettazioni, infatti, sarebbero emerse le prove di un collegamento tra Alba Dorata e l’omicidio del rapper antifascista Pablos

Fyssas, avvenuto il 17 settembre per mano del militante neonazi Georgos Roupakias. Nei giorni precedenti alcuni militanti del

Partito Comunista sarebbero stati aggrediti da una cinquantina di militanti del partito di estrema destra a Perama, una città portua-

le del Pireo; negli ultimi mesi ulteriori attacchi sono stati rivolti nei confronti di comunità di immigrati. Eppure, nonostante questi

episodi abbiano fatto perdere consensi al partito che nello scorso maggio era entrato in Parlamento conquistando 18 seggi, esso

continuerebbe ad occupare il terzo posto nelle preferenze di voto dei greci: lo stesso Kassidiaris, candidato alle prossime elezioni

comunali di Atene, sarebbe dato addirittura in vantaggio. A rendere il quadro estremamente preoccupante sono le voci di possibili

connivenze da parte delle forze di sicurezza – che, secondo quanto dichiarato da alcuni pentiti, garantirebbero al gruppo parafa-

scista una vera e propria struttura militare completa –, che secondo alcuni spiegherebbero le dimissioni di due alti funzionari di

polizia, il coordinatore per il sud Grecia e quello della Grecia centrale, a seguito dell’apertura di ulteriori indagini da parte del Mini-

stro dell’Ordine Pubblico e della Protezione del Cittadini Nikos Dendias. Lo stesso Dendias ha inoltrato al titolare degli Interni

Yannis Michelakis anche la proposta legislativa di modifica dell’articolo 7 della legge sul finanziamento dei partiti che penalizze-

rebbe, almeno da un punto di vista organizzativo, la formazione di Mihaloliakos qualora dovesse essere definitivamente condan-

nata.

ETIOPIA, 7 ottobre – Con l’approvazione da parte di entrambe le Camere del Parlamento riunite in seduta comune, Mulatu Tesho-

me è stato eletto Presidente del Paese africano sostituendo l’anziano Girme Wolde Giorgis, eletto nel 2001 e riconfermato nel

2007. Ambasciatore etiope in Turchia, ex Ministro dell’Agricoltura e già rappresentante diplomatico in Cina e in Giappone, Tesho-

me appartiene, come il suo predecessore, agli Oromo, il più grande gruppo etnico del Paese. Per quanto secondo alcuni analisti

locali la sua nomina possa considerarsi una sorpresa, è pur vero che era previsto che la comunità più numerosa avrebbe mante-

nuto il controllo della carica di Presidente, non modificando, dunque, i delicati equilibri tra i gruppi etnici. Il ruolo di Teshome reste-

rà tuttavia puramente simbolico, poiché le decisioni, come da Costituzione, spettano al Primo Ministro Hailemariam Desalegn

(appartenente alla piccola comunità wolyta), insediatosi dopo la morte di Meles Zenawi (rappresentante della comunità tigrina e

che era stato al potere ininterrottamente dal 1991). La convivenza tra etnie resta infatti la principale sfida a livello interno per

l’esecutivo a guida EPRDF (Fronte Democratico Rivoluzionario d’Etiopia) oltre al mantenimento degli attuali elevati tassi di cresci-

ta (tra il 7% e l’8% annuo, che fanno dell’Etiopia il Paese con il più alto livello di crescita tra quelli dell’Africa sub-sahariana non

produttori di petrolio ed il terzo più alto se si considerano anche i Paesi produttori); sul piano esterno resta ancora non sostanzial-

mente risolta né la guerra con l’Eritrea (dove Addis Abeba continua a mantenere dispiegati propri contingenti) né la disputa territo-

riale con Egitto (e Sudan) circa lo sfruttamento delle acque del Nilo, oltre alla stabilizzazione dei confini meridionali (Somalia) a

rischio terrorismo dopo il recente attentato terroristico di Nairobi.

MAROCCO, 10 ottobre – Re Mohammed VI ha nominato un nuovo esecutivo di centro-destra composto dagli islamisti del Partì de

Justice et Development (PJD) e dai conservatori del Partito del Movimento Popolare (MP) e dal Rassemblement National des

Indépendents (RNI), quest’ultimo subentrato ai nazionalisti di Istiqlal che lo scorso 10 luglio avevano ufficialmente aperto una crisi

di governo non ritenendo raggiunti i punti principali contenuti nel programma. Capo dell'esecutivo resta Abdelilah Benkirane, che

guiderà un esecutivo aumentato sia nei dicasteri (passati da 30 a 39), sia nella presenza femminile (ora sei donne). Grande vinci-

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tore di questo rimpasto è l’RNI che ha soppiantato i 6 Ministeri di Istiqlal con gli attuali 8, tra cui spiccano i Dicasteri chiave degli

Interni, degli Esteri e dell'Economia e Finanze passati rispettivamente nelle mani di Mohammad Hassad (Direttore dell’Authority

del Porto di Tangeri), Salaheddine Mezouar (Presidente dell’RNI) ed, infine, Mohamed Boussaid (attuale prefetto di Casablanca).

La composizione del nuovo gabinetto vede, inoltre, la partecipazione di Moulay Hafid Elalamy, ex presidente della Cgem, la Con-

findustria marocchina e Presidente fondatore della holding Saham group, nominato Ministro del Commercio, dell'Industria, delle

Nuove Tecnologie e dell'Investimento. Obiettivo del Benkirane-bis sarà quello di guidare il Paese verso una stabilità politica capa-

ce di far sviluppare riforme istituzionali e strutturali necessarie al pieno sviluppo economico e sociale del Paese, da oltre due anni

bloccato da proteste di piazza contro l’immobilismo del governo precedente.

REPUBBLICA CENTRAFRICANA, 11 ottobre – Con la Risoluzione 2021 proposta su iniziativa della Francia, le Nazioni Unite hanno

approvato all'unanimità il dispiegamento di una nuova forza internazionale (Missione Internazionale di Sostegno al Centrafrica –

MISCA) destinata alla Repubblica Centrafricana, Paese sconvolto dallo scorso 23 dicembre da una guerra civile tra i ribelli Seleka

e gli uomini legati all’ex Presidente François Bozizé, che prese il potere con un colpo di Stato nel 2003 e che il 24 marzo del 2013

é stato costretto a fuggire dopo il fallimento della trattative di pace con lo stesso gruppo ribelle portando alla presidenza Michel

Djotodia, uomo vicino ai rivoluzionari. La MISCA, che ad oggi può contare soltanto su 1.400 tra soldati e poliziotti messi a disposi-

zione da Camerun, Ciad, Congo e Gabon, sotto il comando dell’Unione Africana (UA), dovrebbe dispiegare a pieno regime 3600

uomini, ma l’invio di nuove truppe è ostacolato dalla carenza di mezzi finanziari e militari. Tra i suoi compiti, oltre quelli di essere

una forza di interposizione e di eseguire compiti di peacekeeping, dovrebbe aiutare il governo transitorio a ripristinare la sicurezza

nel Paese e nell’organizzazione di elezioni libere, eque e trasparenti. Durante l’apertura della 68esima Assemblea Generale

dell'ONU (24 settembre), Ban Ki-Moon aveva lanciato un serio monito sul rischi regionali derivanti dalla destabilizzazione della

Repubblica Centrafricana, da mesi vittima di violenze e caos senza fine.

STATI UNITI/INTERNI, 1 ottobre – Il governo USA ha iniziato il cosiddetto ‘shutdown’ (chiusura) dei servizi non-essenziali, come

parchi nazionali e varie agenzie, interrompendone i finanziamenti. I servizi essenziali, invece, come quelli relativi alla sicurezza

sociale, non sono stati fermati. Centinaia di migliaia di lavoratori operanti nel settore dei servizi non-essenziali (a partire da alcuni

impiegati del Pentagono, che però sono stati richiamati subito in servizio) sono stati costretti ad andare in ferie ‘non pagate’.

L’anno finanziario americano era finito il 30 settembre e il Congresso, diviso tra democratici e repubblicani, non aveva trovato un

accordo per stanziare nuovi fondi per il budget dell’anno 2013-2014. La questione dello ‘shutdown’ si sovrappone a quella del

tetto del debito. Le due sono separate, ma è inevitabile che i dubbi degli investitori riflettano quelli dei cittadini sull’attendibilità del

governo nell’assolvere le proprie funzioni. Senza un accordo, tra Senato, a maggioranza democratica, e Camera dei Rappresen-

tanti, a maggioranza repubblicana, gli Stati Uniti non potranno più finanziarsi prendendo a prestito il denaro, e saranno costretti a

dichiarare il default. Un recente vertice tra John Boehner, Presidente della Camera dei Rappresentanti, e Barack Obama sembra

aver prodotto un accordo preliminare, che, in attesa di uno definitivo, potrebbe prolungare fino al 15 dicembre il finanziamento dei

servizi non-essenziali ed innalzare, almeno sino al 20 novembre, il tetto del debito. I democratici chiedono, in sostanza, ai repub-

blicani di non mostrarsi irresponsabili di fronte al Paese e di non tenere in ostaggio i servizi forniti dal governo; dal canto loro, i

repubblicani chiedono ad Obama di rinegoziare la spesa sociale, in particolare la riforma sanitaria. Intanto il Presidente Obama ha

scelto Janet Yellen, attuale numero due della Federal Reserve, come successore di Ben Beranke alla direzione del prestigioso

istituto economico dal 1 gennaio 2014.

A N A L I S I E C O M M E N T I

SIRIA: VERSO GINEVRA 2, MA CON INCOGNITE

di Maria Serra – 1 ottobre 2013

Dopo lunghe settimane di incertezza, la diplomazia sembra per il momento aver trovato una soluzione – pur se decisamente par-

ziale – alla crisi siriana: all’intesa del 14 settembre tra Stati Uniti e Russia – in seguito alla quale non sono mancati gli scontri circa

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REPUBBLICANI E SISTEMA ECONOMICO: NEGLI USA UN SECONDO ROUND CON BRIVIDO

di Matteo Gullot – 7 ottobre 2013

Nei giorni in cui la politica italiana ha spiazzato l’opinione pubblica internazionale ed indispettito quella

nazionale, in un altro Paese la classe politica sembra comportarsi contro gli interessi dei suoi stessi

cittadini. Allo scoccare della mezzanotte tra lunedì 30 settembre e martedì 1 ottobre, il governo federa-

le americano ha cessato le sua attività. “Shutdown”, per dirla con il termine anglosassone. Ma se utiliz-

zare una simile espressione può suonare normale parlando delle normali attività commerciali, riferirsi in questi termini alle funzioni

del governo della prima potenza mondiale fa sorgere più di qualche punto interrogativo. Primo tra tutti: cosa significa che il gover-

no federale degli Stati Uniti ha “chiuso i battenti”? Quello che sta succedendo a Washington in queste ore è piuttosto inusuale per

un (e)lettore europeo, e per spiegarlo è utile spostare brevemente l’attenzione dall’attualità a ciò che prevede l’ordinamento statu-

nitense circa l’iter di approvazione del bilancio dello Stato. [continua a leggere sul sito]

LE NUOVE SFIDE DELLA POLITICA ESTERA IRANIANA

di Stefano Lupo – ottobre 2013

La Repubblica Islamica dell’Iran é tutto fuorché un attore irrazionale sulla scena internazionale: come

attore geo-strategico e geopolitico, ha dimostrato più volte di essere in grado di adattare il proprio cre-

do socioculturale alle contingenze del momento storico, senza venir meno all’obiettivo ultimo dello Sta-

to, la sua sopravvivenza, certamente declinabile sia nel perpetuarsi del regime al governo, sia nella

vera e propria continuazione fisica dello Stato inteso come tale (governo, territorio, cittadini). L’idea

centrale nella politica estera iraniana, che spesso si nutre di vittimismo, senso di indipendenza, cultura della resistenza e pretesa

di rispetto, pone l’imprescindibile rilevanza della protezione della sicurezza strategica nazionale, da raggiungere e mantenere sia

sul piano economico e psicologico sia dal punto di vista politico e militare, una linea di condotta tuttavia adattabile a grandi muta-

menti storici, come la congiuntura attuale internazionale sembra suggerire. [continua a leggere sul sito]

la definizione delle misure sanzionatorie – è seguito infatti l’accordo in sede ONU sullo smantellamento

dell’arsenale chimico del regime di Bashar al-Assad. Al termine di una lunga maratona negoziale, nella

notte tra il 27 e il 28 settembre i 15 membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite han-

no adottato all’unanimità la Risoluzione 2118 – dal carattere vincolante e dunque la prima del genere

dall’inizio della crisi nel 2011 – sul disarmo in questione: 22 paragrafi in cui tuttavia – e questo è il pun-

to principale – sono stati elaborati al di fuori del Capitolo VII della Carta ONU che prevede, tra le altre cose, il ricorso all’uso della

forza in caso di inadempienza a quanto disposto dalla risoluzione stessa. [continua a leggere sul sito]

ALLA (RI)CONQUISTA DELL’ARTICO

di Simone Vettore – 8 ottobre 2013

Nell’immaginario collettivo l’Artico viene raffigurato come una sterminata massa di ghiacci, poco o nulla

antropizzata, uno degli ultimi luoghi incontaminati del globo e come tale da preservare dalle numerose

minacce che rischiano di sconvolgere in modo irreparabile il suo delicato ecosistema, si tratti del ben

noto fenomeno del riscaldamento globale [1] o dei numerosi progetti di sfruttamento del ricco sottosuo-

lo. In verità questa immagine corrisponde solo in modo parziale alla realtà; difatti, seppur senza la rilevanza ricoperta da altre

aree geografiche, all’Artico va riconosciuta perlomeno sin dall’epoca moderna una crescente importanza geoeconomica e geopo-

litica. Sono i progressi tecnologici connessi alla Rivoluzione Industriale a far fare lo scatto di qualità, in termini di rilevanza sullo

scacchiere globale, all’intera regione: difatti anche l’Artico, al pari delle altre aree della Terra, diviene una superficie da esplorare,

studiare, mappare e – se possibile – colonizzare e sfruttare economicamente. [continua a leggere sul sito]

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LA NUOVA AMMINISTRAZIONE DI XI JINPING E I PRINCIPI GUIDI DELLA NUOVA POLITICA ESTERA CINESE

di Daniel Angelucci – 10 ottobre 2013

La nuova Amministrazione guidata dal Presidente Xi Jinping ha apportato dei cambiamenti considere-

voli alla complessiva politica estera della Cina. Nonostante l’obiettivo primario del “capitolo esteri” di

Pechino rimanga lo stesso, e cioè, la promozione di un ordine internazionale equilibrato e pacifico, ri-

sulta oltremodo attuale chiedersi in quale direzione stanno cambiando le aspirazioni, la strategia e la

posizione stessa della Cina nell’ordine globale nonché le delicate relazioni, da un lato, con gli Stati Uni-

ti, dall’altro, con la Corea del Nord. Attraverso la sua politica estera, la Cina ha la pretesa di raggiungere la modernizzazione e lo

sviluppo dell’economia nazionale nel quadro di relazioni pacifiche con gli altri Stati e aderendo a principi di correttezza e giustizia.

Uno dei pilastri della politica estera in esame è quello di dare slancio allo sviluppo interno attraverso attività estere come, ad e-

sempio, il reperimento di risorse naturali. [continua a leggere sul sito]

L E V I G N E T T E D I B L O G L O B A L

di Luigi Porceddu

Questa opera è distribuita con licenza Creative Commons Attribuzione — Non commerciale — Non opere derivate 3.0 Italia.

BloGlobal Weekly N° 28/2013 è a cura di Maria Serra, Giuseppe Dentice e Davide Borsani