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E’ tempo di educazione ambientale Dalla nascita al matrimonio, dall’ali- mentazione alla mobilità. La nobile arte dell’educazione ambientale può toccare ogni fase e ogni azione della nostra vita, rendendoci sempre più co- scienti di contribuire alla sostenibilità del mondo in cui viviamo. Una sensi- bilità che sembra affermarsi in misura crescente e coinvolgere ogni tappa del- la nostra esistenza. A partire, appunto, dall’infanzia: i genitori più responsabili utilizzano pannolini lavabili e riutilizza- bili per il proprio bebè, facendo così un favore al bambino, all’ambiente e al portafogli. Anche i matrimoni sono sempre più ‘green’ ed ecologicamente corretti, mentre sul turismo respon- sabile, solidale e ambientale, si stan- no orientando numerosi viaggiatori e aziende del settore, con il movimento cooperativo a fornire occasioni di ri- flessione e approfondimento sul tema. Recentemente, poi, una singolare eco- gara fra mezzi di trasporto nella capita- le della bicicletta, Ferrara, ha stabilito senza ombra di dubbio che il veicolo più efficiente in termini di impatto am- bientale è l’intramontabile due ruote. Sempre a Ferrara hanno preso piede le isole ecologiche interrate per la rac- colta differenziata dei rifiuti, con tutti i vantaggi che comportano per la mag- giore capienza e per l’estetica della città. Tutti argomenti ampiamente af- frontati in questo numero di “Biosfera” dedicato a vari aspetti legati all’educa- zione ambientale e ai comportamenti consapevoli. Nei quali troviamo a volte un prezioso aiuto dal nostro amico più fedele, il cane. Lo testimonia la storia di Tubby, un labrador del Galles che cerca infaticabilmente le bottiglie di plastica, le morde fino ad accartocciarle e le consegna alla sua padrona. Nella sua vita ne ha finora raccolte 26mila ed è entrato di diritto nel Guinness dei Pri- mati. La natura e le sue creature sanno come dare il buon esempio. Moto sostenibile a pag. 7 Neonati ecologici a pag. 15 Il cane spazzino a pag. 8 Matrimonio green a pag. 13 Gamberi killer a pag. 3 Rifiuti a scomparsa a pag. 5 [email protected]

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E' tempo di educazione ambientale

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E’ tempo di educazione ambientaleDalla nascita al matrimonio, dall’ali-

mentazione alla mobilità. La nobile arte dell’educazione ambientale può toccare ogni fase e ogni azione della nostra vita, rendendoci sempre più co-scienti di contribuire alla sostenibilità del mondo in cui viviamo. Una sensi-bilità che sembra affermarsi in misura crescente e coinvolgere ogni tappa del-la nostra esistenza. A partire, appunto, dall’infanzia: i genitori più responsabili utilizzano pannolini lavabili e riutilizza-

bili per il proprio bebè, facendo così un favore al bambino, all’ambiente e al portafogli. Anche i matrimoni sono sempre più ‘green’ ed ecologicamente corretti, mentre sul turismo respon-sabile, solidale e ambientale, si stan-no orientando numerosi viaggiatori e aziende del settore, con il movimento cooperativo a fornire occasioni di ri-flessione e approfondimento sul tema. Recentemente, poi, una singolare eco-gara fra mezzi di trasporto nella capita-

le della bicicletta, Ferrara, ha stabilito senza ombra di dubbio che il veicolo più efficiente in termini di impatto am-bientale è l’intramontabile due ruote. Sempre a Ferrara hanno preso piede le isole ecologiche interrate per la rac-colta differenziata dei rifiuti, con tutti i vantaggi che comportano per la mag-giore capienza e per l’estetica della città. Tutti argomenti ampiamente af-frontati in questo numero di “Biosfera” dedicato a vari aspetti legati all’educa-

zione ambientale e ai comportamenti consapevoli. Nei quali troviamo a volte un prezioso aiuto dal nostro amico più fedele, il cane. Lo testimonia la storia di Tubby, un labrador del Galles che cerca infaticabilmente le bottiglie di plastica, le morde fino ad accartocciarle e le consegna alla sua padrona. Nella sua vita ne ha finora raccolte 26mila ed è entrato di diritto nel Guinness dei Pri-mati. La natura e le sue creature sanno come dare il buon esempio.

Moto sostenibile a pag. 7

Neonati ecologici a pag. 15

Il cane spazzino a pag. 8

Matrimonio green a pag. 13

Gamberi killer a pag. 3

Rifiuti a scomparsa a pag. 5

[email protected]

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L’università di Ferrara sta seguendo

il fenomeno nell’Italia centro settentrionale

Si può tranquillamente definire emer-genza ambientale quella che da circa vent’anni – con una intensificazione ne-gli ultimi dieci – sta interessando i canali della pianura padana. Stiamo parlando del gambero rosso della Luisiana, più co-munemente noto come gambero killer.

Per saperne di più Biosfera ha incontra-to Mattia Lanzoni, assegnista di ricerca del dipartimento di biologia ed evoluzio-ne dell’università di Ferrara.

Insieme al gruppo di ricerca coordinato dai professori Remigio Rossi e Giuseppe Castaldelli, Mattia Lanzoni, da qualche anno, è impegnato a seguire il fenome-no dell’invasione del gambero rosso nell’area dell’Italia centro settentrionale.

Comparso in Italia intorno alla fine degli anni ottanta, il gambero rosso, resisten-tissimo agli stress ambientali e capace di spostarsi agevolmente anche via terra, ha cominciato ad essere presente nel-la provincia di Ferrara attorno al 1996 espandendosi da Argenta ai territori con-finanti fino a colonizzare il basso corso del Po fino al delta. Oggi i terreni più po-polati dal gambero della Luisiana, il cui nome scientifico è Procambarus clarkii , sono quelli di Jolanda di Savoia, Codigo-ro e Mezzogoro.

Incominciamo col chiarire il mistero del soprannome: perché “killer”?

“Perché – spiega Lanzoni – si tratta di una specie molto aggressiva che di fronte ad un predatore si mostra con fare minaccioso; al contrario dei comu-ni gamberi che davanti al pericolo in-dietreggiano – dice il ricercatore - il gambero americano cerca di mostrarsi il più grande possibile, alza le chele e avanza.”

Perché questo gambero, dal sud degli Stati

Uniti, è arri-vato f i n o

a l

delta del Po e come ha potuto espander-si così bene - come ci ha spiegato lo stes-so Lanzoni - fino ad arrivare a stimare, ad oggi, per questa specie, una densità di duecento tonnellate per diecimila ettari?

“Innanzitutto è bene precisare – dice Mattia - che, sul nostro territorio, questo del gambero rosso non è il solo esempio di specie cosiddetta alloctona, cioè che vive in luoghi diversi da quelli in cui è nata; per citare altri casi potremmo fare riferimento alla nutria o al siluro”.

“L’introduzione del gambero rosso, in Italia – spiega il ricercatore - è avvenu-ta a causa di un interessamento di tipo commerciale. Dal lago di Massaciuccoli, in Toscana, dove è stato portato inizial-mente per essere commerciato, il gam-bero è poi scappato o, in alcuni casi, è stato deliberatamente abbandonato in corsi d’acqua o sul terreno e da lì, trat-tandosi di una specie altamente invasiva e resistente, si è diffuso in completa au-tonomia”.

La risposta al perché questo gambero, come è successo anche per altre specie aliene, sia riuscito a diffondersi così bene nell’area del centro e del nord della no-stra penisola Mattia ce l’ha data: “Queste specie invasive– ha detto il ricercatore - hanno trovato, nella pianura padana, un ambiente che, a livello biologico, non è al massimo della conservazione e delle potenzialità ambientali. In questi ha-bitat – spiega Lanzoni - le comunità di animali indigene sono in difficoltà perché non trovano più le condizioni ambienta-li idonee, invece le specie invasive alloctone possono trovare la loro m a s s i m a espansione”.

Esiste tut- tavia anche un’altra ragione per la quale le specie al-loctone riesco- no a sopravvivere e a svilupparsi in ambienti a loro estranei: “Si tratta – dice Mattia – dell’as- senza dei loro predatori naturali. Il gambero rosso – prosegue il ricercato-re – nel sud degli Stati Uniti ha come predatori la tarta- r u g a , l’alligatore, il persico trota, i l pesce gatto e anche alcuni uccelli ittiofagi. Ultimamente, qui da noi in pianura padana -

dice Lanzoni – solo aironi e garzette han-no imparato a predare il gambero”.

Perché invece i pesci non riescono ad avere un impatto forte su questo animale? “Perché – spiega il ricercato-re - il sistema di bonifica di Ferrara, per questioni legate alla sicurezza dei cittadi-ni, nei mesi autunnali e ad inizio prima-vera mantiene il livello dei corsi d’acqua molto basso e questo fa si che le specie ittiche non riescano ad andare a predare il gambero che, nascondendosi lungo gli argini in tane lunghe circa un metro, rie-sce a svernare e a sopravvivere”.

A questo punto è opportuno chiedersi quale sia il danno strutturale per le col-ture e per gli argini che l’invasione del gambero della Luisiana sta provocando.

Il gruppo di ricerca dell’università di Ferrara sta affrontando anche questo problema e infatti Mattia ci spiega che l’emergenza ambientale è soprattutto le-gata a questo aspetto perché “maggior-mente nei corsi d’acqua di non grande portata e nelle risaie, il bucherellamento del terreno unito al fatto che il gambero si nutra, tra le altre cose, delle radici che sostengono gli argini internamente, de-termina una minore tenuta stagna e una minore compattezza degli stessi argini che possono franare”.

“E’ già da parecchi anni – spiega il ri-cercatore - che la Provincia, i consorzi di bonifica e il Servizio provinciale pro-tezione flora e fauna lavorano insieme a noi dell’università di Ferrara per cercare di monitorare e limitare questa specie. L’eradicamento – dice Mattia - è invece impossibile”.

Cosa fare allora per limitare i danni?“Da un lato – spiega Lanzoni – bi-

sognereb- be mantenere legger-m e n t e più alto il livello idrico dei c o r s i d’acqua per un periodo di tem- po più lungo, durante l’an-no, così da aumentare la pre-

senza di pesci predatori del gambero soprattutto durante

la primavera quando ci sono i nuovi nati; dall’altro si potrebbe

rendere più consapevoli i pescatori di una possibile commercializzazione

di questa specie di gambero a fini ga-stronomici”.

L’invasione degli ultra …gamberi

Il killer è servitoPochi grassi, ricco di proteine, piatto nazionale in Luisiana, il

gambero rosso, soprattutto nella tradizione gastronomica del

centro Italia, è un degno sostituto del gambero di fiume autoctono.

Da specie infestante dei piccoli corsi d’acqua, negli ultimi

anni, il gambero americano sta cominciando a prendere piede

in cucina con la possibilità di realizzare gustosissimi primi e secondi piatti come succede a San Savino, in Umbria, dove al

gambero “killer” è stata persino dedicata una sagra.

Attenzione però perché il killer in questione, a volte, può

riservare spiacevoli sorprese per il palato; trattandosi infatti di

una specie onnivora, il gambero rosso mangia praticamente di

tutto e potrebbe capitare di incappare in un esemplare non

particolarmente gustoso.

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Prendono piede le isole ecologiche

interrate per la raccolta differenziata

Hanno un basso impatto visivo, si in-tegrano con discrezione con l’arredo urbano, hanno dimensioni contenute e sono esteticamente gradevoli. Sono le isole ecologiche interrate: la punta di un iceberg da tre metri cubi.

A Ferrara le prime postazioni ecolo-giche interrate, del costo che oscilla tra i 40 e i 50 mila euro, sono com-parse più o meno un anno e mezzo fa in via Kennedy, Piazza Ariostea,   via degli Angeli e Piazza Sacrati e nei giorni scorsi è stato inaugurato un se-condo lotto nei giardini ex Standa di viale Cavour, in piazzetta Lucchesi, in via Ghiara, in via Contrada della Rosa. Un’isola ecologica interrata, in con-creto, è formata da un grande con-tenitore posto nel sottosuolo che fa sì che a livello della strada spunti fuori soltanto una torretta, di colore nero, con un foro nel quale è possi-bile inserire i rifiuti. Ogni postazione con contenitori ecologici interra-ti è composta da due cassonetti: uno per la pla-stica e uno per

vetro e lattine, entrambi con una capacità di tremila litri. Queste torrette, attraverso apposi-te maniglie, vengono poi sollevate e svuotate all’interno dei camion per la raccolta differenziata in maniera del tutto analoga alle vecchie campane. “La sostanziale differenza è la capien-za - ha spiegato il dirigente servizi am-bientali di Hera, Alberto Santini – poi-ché la struttura è molto più pesante. Di conseguenza – ha precisato Santini – per lo svuotamento delle isole in-terrate occorrerà un camion dotato di gru”. “Tutte le torrette e i contenitori – ha assicurato Santini - saranno sotto-posti periodicamente ad una serie di controlli di manutenzione e di pulizia per garantirne la massima efficienza”. Il progetto, elaborato da Hera in col-laborazione con l’Amministrazione co-munale della città estense punta es-senzialmente su un guadagno estetico. Inutile negare infatti che la rac-colta differenziata necessiti della dislocazione, in città, di ingom-branti ed esteticamente poco ap-prezzabili campane e cassonetti.

Le isole ecologiche interrate, invece, pur se colloca-te in prossimità di monumenti, palazzi o piazze non disturbano la vista e non ro-

vinano troppo il paesaggio. Di questo stesso parere l’assessore alla mobilità e lavori pubblici del co-mune di Ferrara, Aldo Modone-si, che in occasione dell’inau-gurazione del secondo lotto di isole ecologiche sotterranee ha sostenuto che “è ar-rivato il momento di cambiare marcia e dare un’accelerata sul tema del decoro in città, per-tanto con l’installazione di queste strutture an-diamo a compiere non solo un’azione di pulizia ambien-tale ma anche di pulizia monumen-tale”. “Spesso sono le piccole cose a fare la qualità di una città”, ha sot-tolineato Modo-nesi e, riferendosi in particolare alla struttura ecologica sotterranea sorta nei giardini di Viale Cavour, ha aggiun-to che “le isole interrate per la diffe-renziata ci permettono di liberare dai vecchi cassonetti multicolore una del-le prospettive più belle di questa città”. “Questo progetto – ha detto Paolo Pa-storello, presidente del comitato Hera per Ferrara - si inserisce pienamente nella politica di continuo migliora-

mento dei sistemi di raccolta differen-ziata portata avanti dal gruppo Hera e il prossimo lavoro su Ferrara – ha

ricordato Pastorello – sarà quello di realizzare la stazione ecologica

nella zona est della città”.“Intanto - ha sottolineato il dirigente dei servizi am-

bientali di Hera, Alberto Santini - sembra che i ferraresi abbiano gra-dito la nuova forma di raccolta differenziata che nasconde sotto-

terra i contenitori dei rifiuti e il gra-dimento è dimo-strato anche dalle quantità di rifiuti conferiti nelle 4 isole già attivate. Su base annua – ha detto Santini - le postazioni esi-stenti hanno dato buoni risultati: cir-

ca tre tonnellate e mezzo di plastica e sei di vetro”.

L’assessore comunale all’ambiente, Rossella Zadro, però, alla domanda su quale sia ad oggi la risposta dei ferraresi nei confronti della raccolta differenziata ha detto “si deve fare di più; la richiesta e la volontà dei cit-tadini di differenziare esiste, ma c’è ancora molto da migliorare”.

Rifiuti, una torretta vi seppellirà

I vantaggi nella capienza e nell’impatto estetico

I progetti di

Hera e l’esempio di Ferrara

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Spostamenti sostenibiliLe sfide lanciate dalla

Settimana Europea della Mobilità

“Muoversi in maniera intelligente per vivere meglio” è stato lo slogan che ha caratterizzato la nona edizione del-la Settimana Europea della Mobilità che si è svolta dal 16 al 22 settembre scorso. “Troppe persone in Europa – ha spiegato Janez Potocnik, Commissario Europeo all’Ambiente -utilizzano l’au-tomobile sia per gli spostamenti lunghi che per quelli brevi. Questo significa inquinamento, incidenti stradali, meno esercizio fisico per un complessivo peg-gioramento delle condizioni di vita dei cittadini stessi. Il tema di quest’anno vuole essere un richiamo alle ammini-strazioni affinché considerino con mag-gior attenzione l’impatto che le politi-che di trasporto possono avere sull’am-biente urbano e sulla qualità della vita”.

Diverse le iniziative che si sono avvi-cendate nelle 2.089 città che hanno aderito, da Buenos Aires in Argentina a Taipei in Taiwan, passando per le nu-merosissime città europee: in Grecia, a Thessaloniki, i cittadini hanno potuto sperimentare il loro spostamento quo-tidiano sui mezzi di trasporto pubblico per tre giorni senza l’obbligo di bigliet-to; gli abitanti di Riga, in Lettonia, si sono confrontati con gli amministratori della città in due giorni di assemblee

pubbliche, pensate con lo scopo di dare la possibilità a tutti di illustrare idee e necessità rispetto ai problemi di mobi-lità urbana.

A Ferrara si è svolta la prima edizione di “Mi Muovo Meglio e ci Guadagno”, una eco-gara organizzata dall’ammini-strazione provinciale in collaborazione con la Uisp e Legambiente, durante la quale si sono sfidate diverse tipologie di mezzi di trasporto. In un percorso ideale che portasse dalla propria abita-zione al luogo di lavoro, materialmente dal Parco Bassani a ridosso delle mura della città al Castello Estense in piena Ztl e quindi con tutte le difficoltà del muoversi in un centro urbano, sette cittadini si sono affidati ognuno a sette mezzi di trasporto differenti: autobus, taxi, bicicletta clas-sica e bicicletta a pedalata assistita, automobile, scoo-ter e... i propri piedi (accompagnandosi anche al proprio ca-gnolino).

La classifica finale della eco-gara non si è però basata solo

sull’ordine di arrivo dei partecipanti “Il percorso di gara – ha spiegato Dario Vinciguerra, mobility manager della Provincia di Ferrara – è stato pensato come una simulazione di spostamento dalla propria abitazione al luogo di la-voro in una giornata standard ed ogni mezzo utilizzato ha dovuto rispettare tanto gli obblighi della viabilità ordina-ria che le regole del parcheggio. Oltre al tempo di percorrenza, è stato anche tenuto conto di un parametro che ab-biamo chiamato “impronta ecologica”, cioè la traccia che ogni mezzo lascia sull’ambiente, non solo in fatto produ-zione di gas di scarico, ma anche in fat-to di impatto ambientale per la fabbri-cazione, la manodopera e lo smaltimen-

to dei materiali che li compongono”. Vincitrice assoluta la bicicletta, mezzo di trasporto molto amato dai ferra-resi, che non ha limitazioni di alcun tipo, se non la ne-cessità di un buona catena anti-furto.

Vince la biciLa composizione del podio: la

bicicletta – con un tempo di percorrenza di sette minuti ed un’impronta ecologica di 1,1-

vince su tutti gli altri risultando essere il mezzo più rapido e meno

inquinante, al secondo posto si piazza il pedone, con o senza

cane, che a fronte dei 12 minuti e mezzo impiegati per completare

il tragitto non ha praticamente impronta ecologica (0,8) e al

terzo posto, con un solo minuto di scarto dal primo classificato

e con un’impronta ecologica di 1,3, è arrivata la bicicletta a

pedalata assistita (che consuma elettricità ed ha il neo della

batteria da smaltire, una volta esaurita). Ottima prestazione

per l’autobus, medaglia di legno, perché rapido e capace

di spostare tante persone contemporaneamente. Male

l’auto e lo scooter , fanalino di coda resta il taxi che, nonostante

il tempo di percorrenza di otto minuti, ha un’impronta ecologica pesantissima di 12,7 perché oltre

ad inquinare come un’automobile fa un tragitto doppio per ogni

spostamento.

A Ferrara una eco-gara fra mezzi di trasporto

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Il cane del terzo millennio è ecologicamente

modificatoNell’immaginario collettivo,

la famiglia perfetta ha sempre un leale ed educato cagnolino che porta il giornale al padrone. Oggi la svolta ecologica che carat-terizza la nostra epoca ha rivoluzio-nato anche questa immagine ideale del nostro amico a quattro zampe. Così che Fido, nel terzo millennio, abbandona i panni del postino, per indossare invece quelli di spazzino. E oggi Fido cambia nome: si chiama Tubby. È un simpatico labrador di 6 anni, che vive a West Pontnewydd, Torfaen, nel Galles. È lui la mascot-te di ogni cinofilo che abbia  a cuore l’ambiente: lo scor-so 10 settembre, è stato annuncia-to ufficialmente il suo ingresso nel

Guinness dei Primati 2011, sotto la categoria “Most bottles recycled by a dog”, ovvero “più bottiglie riciclate da un cane”. Compare tra il chihuahua da 0.68 kg e il pechinese con la lin-gua lunga 11.43 cm. La proprietaria di Tubby, Sandra Gilmore, intervista-ta dalla Bbc, si è detta “orgogliosa” del risultato del suo labrador, e ha aggiunto come abbia in serbo per lui un trattamento speciale, dopo l’annuncio del suo record: “Sto cuci-nando un osso, sebbene – scherza - preferisca una bottiglia di plastica”. Tubby è un vero e proprio operatore ecologico, poichè dimostra una cu-riosa attenzione per la salvaguardia dell’ambiente, al punto da essere soprannominato “eroe del riciclo”. Ha addirittura un pubblico di grandi e

piccini che assiste, prenotando, alle sue esibizioni di bonifica su strada. Mrs Gilmore rac-conta come abbia scoperto il talen-to green di Tubby durante le passeg-

giate che facevano insieme: “Normal-mente – ricorda all’emittente britan-nica - per una passeggiata con un cane si prende una pal-la o un bastone. Noi eravamo soliti lasciare Tubby nei boschi, da dove usciva con bottiglie di plastica piene, vuote, sporche, di qualsiasi tipo”. Una vocazione tra gioco e movi-mento. “Lui ama il suo riciclaggio – sostiene la sua padrona, alle teleca-mere della Bbc - se esce e non trova una bottiglia, torna a casa depresso”. Durante le sue passeggiate quoti-diane, Tubby cerca infaticabilmente le bottiglie di plastica, le raccoglie, le morde fino ad accartocciarle e le consegna, tenendole strette per il collo, alla sua padrona. Sempre così, fino a che Mrs Gilmore è arrivata a contare 26mila bottiglie raccolte. Una risposta a chi sostiene che un

p e t consumi quando un suv. É il risultato dello stu-

dio condotto da una coppia di architetti neozelandesi, Robert e Bren-da Vale, autori

del libro “Time to eat the dog?”, “È tempo di mangiare il cane?”. La loro c o n s i d e ra z i o n e nasce dall’anali-si condotta sulla quantità di energia

necessaria per allevare i più diffusi animali domestici in termini di ettari di terreno necessari al loro sostenta-mento. Dallo studio dei Vale, un cane di taglia media consumerebbe in me-dia 164 kg di carne e 95 kg di cere-ali all’anno: ciò significa che occorre coltivare circa 0,84 ettari di terreno, ovvero un campo di calcio e mezzo, per produrre il cibo necessario al fab-bisogno del nostro cane. Il paradosso illustrato dai due studiosi è dunque che un cane di medie dimensioni ha

Tubby l’eroe del riciclo

Un labrador del Galles nel Guinness dei Primati

Ha raccolto 26mila bottiglie di plastica

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lo stesso impatto ecologico di una Land Cruiser da 10mila km in un anno. Quanto sostenuto dai Vale è condiviso dai ricercatori della rivista britanni-ca New Scientist, che puntano il dito proprio alle dimensioni del cane: l’im-patto ambientale è direttamente pro-porzionale alla taglia del nostro amico. Tra le razze, meglio allora preferire un chihuahua, che per il proprio nutrimen-to richiede appena 0,28 ettari, rispetto all’1,1 di un pastore tedesco. Ma che dire dell’utilità? Lo evidenziano gli au-tori della pubblicazione inglese: il cane può cacciare, fare la guardia, guidare un cieco, salvare una persona che sta annegando, scovare droga...e, persi-no, aggiungiamo noi, riciclare bottiglie. Tubby è il primo cane ecologicamente educato, ma da diverso tempo molte case produttrici hanno messo sul mer-cato accessori, capi e addirittura cucce riciclate. Per esempio, la compagnia americana  Sustainable Pet Design ha ideato le “Green Roof Animal Home”, cucce rese particolarmente originali dal fatto che, sul tetto, hanno un picco-lo giardino. Gli stessi architetti hanno progettato il modello esclusivo desti-

n a t o al first d o g Bo, il c a n e di Ba-r a c k O b a -ma: la “cuccia bianca”

è costruita  interamente con ma-teriali ecologici ed è in perfetto sti-le architettonico greco, circondata da colonne e, all’ingresso, presen-ta una pavimentazione circolare. Le caleidoscopiche possibilità di tra-sformazione della plastica permetto-no di riutizzare e di riciclare questo materiale in modo utile, domestico e addirittura trendy. Intagliando “eco-palette” dalle pareti dei contenitori, in modo da raccogliere i “rifiuti” dei nostri amici a quattro zampe. Ma c’è chi ha anche tratto dalle bottiglie di plastica persino dei cappottini – un po’ rigidi, ma sicuramente efficaci – per il proprio cane: chissà allora se Tubby non stia pensando al proprio guardaroba... 

“Progetti e strategie urbane per città e territori sostenibili”

4 novembre 2010Luogo: Rimini, Fiera Ecomondo, Spazio Città sostenibile, ore 9,30

Nell’ambito di Ecomondo 2010 e nel contesto di “Città e territori sostenibili

nel climate change”, Agende 21 locali italiane organizza la conferenza nazionale “Progetti e strategie urbane per città e territori sostenibili”, una rassegna di impegni e buone esperienze delle città e dei territori

per lo sviluppo urbanistico sostenibile nel cambiamento climatico (con particolare riferimento alla pianificazione e alla progettazione

architettonica e strutturale).Per informazioni:

[email protected]@provincia.modena.it

tel. 059.2033876/5-059.209434

“Lotta biologica agli insetti dannosi”5 novembre 2010

Luogo: Secchiano di Novafeltria (Rn) e San Martino dei Mulini (Rn), ore 17,30 e 20,30

Bioplanet-La fabbrica degli insetti utili, la Provincia di Rimini e il Circolo di Legambiente di Novafeltria Secchiano presenta “Lotta biologica agli

insetti dannosi-In agricoltura, orticoltura, castagneti e giardini. Il relatore (dottor Foschi) illustrerà le potenzialità nella lotta biologica di alcuni tipi di

coccinelle e altri insetti.

Settimana Unesco di educazione allo sviluppo sostenibile

8/14 novembre 2010Luogo: Tutto il territorio nazionale

Torna dall’8 al 14 novembre 2010 la Settimana Unesco di educazione

allo sviluppo sostenibile (nell’ambito del DESS-Decennio dell’educazione allo sviluppo sostenibile 2005-2014): tema di quest’anno, la mobilità in

rapporto ad ambiente, salute e qualità della vita.

Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti 2010

20/28 novembre 2010Luogo: Tutto il territorio nazionale

Dal 20 al 28 novembre 2010 si svolge la seconda edizione della Settimana

Europea per la Riduzione dei Rifiuti -organizzata in Italia dal Comitato promotore nazionale (Ministero dell’Ambiente, Federambiente, Rifiuti 21

Network, Provincia di Torino, Legambiente, AICA, E.R.I.C.A. Soc. Coop., Eco dalle Città) - l’evento europeo che promuove azioni sostenibili in chiave di prevenzione dei rifiuti. Nella passata edizione si sono svolti circa 3000

eventi e iniziative in tutta Europa, oltre 400 in Italia. Tra le novità di questa edizione, l’inaugurazione della Settimana con un grande “flash mob” a

suon di “musica da cassonetto”. La campagna adesioni parte a settembre.

Per informazioni:Silvia Musso, mail [email protected]

Valentina Cipriano, mail [email protected].

APPUNTAMENTI

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Dal turismo cinque stelle all’intero

firmamento da scoprire

“Un ‘altro’ viaggiare: turismo re-sponsabile – solidale - ambientale”. Su questi temi, lo scorso 9 settem-bre, presso la sede della Società Coo-perativa Lavoranti in legno, a Ferrara, si è discusso insieme con i rappre-sentanti di Aitr (Associazione italiana del turismo responsabile), Legacoop Turismo, Wwf e Touring Club.

“Lavoranti in legno – ha detto il pre-sidente Giampaolo Mazzoni nell’in-tervento di apertura del convegno – propone queste iniziative di dibattito e approfondimento da diversi anni e in merito a varie tematiche, dall’arte alla cultura all’ambiente, perché cre-do che questi incontri costituiscano un momento di ricchezza sia per chi lavora all’interno di un’impresa che per tutto il territorio”.

Conoscere viaggiando, infatti, è il punto di forza del turismo responsa-bile; un turismo che, come ha spie-gato Maurizio Davolio, responsabi-le Aitr/Legacoop Turismo “mette al centro gli interessi della comunità ospitante e non quelli del turista in un rovesciamento dell’ottica tradi-zionale. Di conseguenza – ha detto

Davolio - si riconosce che la comu-nità ospitante ha il diritto di essere protagonista dello sviluppo turistico del proprio territorio e di beneficia-re di tutte le ricadute di natura eco-nomica e sociale, imprenditoriale e occupazionale che possono derivare dal fenomeno turistico; il tutto – ha precisato il presidente di Aitr - in un quadro di rispetto dell’ambiente, del-le tradizioni culturali, degli stili vita, delle credenze, delle abitudini della popolazione che vive in un territorio da cui discende tutta una serie di regole comportamentali che impe-gnano i tour operator, gli agenti di viaggio, l’industria turistica locale e i viaggiatori”.

Davolio ha poi ricordato che di Le-gacoop Turismo, che altro non è se non il comparto di Legacoop che si occupa di turismo a livello naziona-le e internazionale, fanno parte, ad oggi, circa 450 cooperative tra agen-zie di viaggi, consorzi, cooperative di albergatori, cooperative che operano nel turismo naturalistico e nel turi-smo scolastico e campeggi. Aitr, inve-ce, conta 94 soci, tutte persone giu-ridiche, tra le quali Davolio ha tenuto a segnalare l’organizzazione che lotta contro lo sfruttamento sessuale dei minori; “una compagine composita - ha sottolineato lo stesso presidente - unita dall’obiettivo di migliorare gli standard etici del turismo”.

Di sostenibilità ambientale e turi-smo responsabile parla inoltre il libro che Davolio ha scritto, presentandolo in chiusura del suo intervento, dal ti-tolo “Turismo in Emilia-Romagna. So-ciale sostenibile e cooperativo”.

Ma, come si fa a far viaggiare il turi-sta in maniera responsabile e solida-le? “Innanzitutto - ha spiegato Enrico Marletto della cooperativa “Viaggi Solidali” - bisogna sfatare il mito, che ha accompagnato la nascita del turismo responsabile, secondo cui la meta possa essere solo il sud del mondo e far capire che si può essere turisti responsabili anche restando vicino casa”. A sostegno di questa tesi Marletto ha raccontato che pro-prio nella sua città, Torino, sono state formate una ventina di guide che ac-compagnano i turisti a fare un giro in uno dei mercati più grandi d’Europa: il mercato di Porta Palazzo. “Un pic-colo spaccato di mondo – ha spiega-to Marletto - popolato da gente che parla circa 60 lingue diverse e che sui banchi del mercato o nei negozi ven-de prodotti della propria tradizione”. E a tal proposito Marletto ha ricor-dato uno slogan sul tema del turismo responsabile, vincitore di un concor-so scolastico promosso nelle scuole di Torino: “perché accontentarsi di cinque stelle quando c’è un firma-mento da scoprire”?

Nella cooperativa “Viaggi Solidali”,

inoltre, esiste una regola legata alla solidarietà; una sorta di autodiscipli-na secondo la quale ogni viaggiato-re, oltre alla quota del viaggio, versa una somma (70 euro se va all’estero, 30 euro se viaggia in Italia) che va a costituire un fondo di solidarietà. “Con questi soldi – ha spiegato il pre-sidente - noi non compriamo servizi turistici ma finanziamo dei progetti di sviluppo locale e il viaggiatore che parte con noi sa che oltre che fare una bella vacanza contribuisce anche allo sviluppo del paese che va a visi-tare. In dieci anni di attività – ha det-to Marletto - abbiamo raccolto oltre 350mila euro; una somma che pro-babilmente è solo una piccola goccia nel mare della cooperazione ma ci ri-empie di orgoglio e in qualche modo fa rimanere collegati i turisti al luogo che hanno visitato”.

Alberto Dragone, direttore edito-riale del Touring Club Italiano, certo dell’importanza di inserire nelle nuo-ve edizioni delle guide Touring i temi del turismo responsabile, in chiusura dell’incontro ha ricordato che per l’anno prossimo è in programma l’uscita di tre volumi due dei quali saranno dei veri e propri manuali di formazione e informazione: un volu-me per gli adulti “Turismo responsa-bile istruzioni per l’uso” e un libro a fumetti per ragazzi realizzato con il contributo fondamentale del Wwf”.

Un altro viaggiare è possibile

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Piccola guida al matrimonio green ed ecosostenibile

8 aprile 2007. San Paolo del Bra-sile. E’ ufficialmente riconducibile a questa data e in questa location il primo matrimonio ecologicamente corretto al mondo. Sposi un ingegne-re spagnolo e la presidentessa di una Ong di assistenza sociale brasiliana. Lo scenario: protagonisti e invitati sono arrivati a piedi, in metropolitana o in bicicletta nel parco che costeg-gia la centralissima Avenida Paulista. Vestito e copricapo della sposa realiz-zati con bottiglie di plastica riciclate e assemblati da un’associazione di anziani di una favela. Ai piedi degli sposi sandali ricavati da pneumati-ci riciclati fabbricati da detenuti di un carcere della capitale paulista. Le fedi in oro e fibra di cocco prove-nienti dalle sapienti di una comunità indigena in Amazzonia. Il banchetto fornito in piatti e bicchieri riciclabili. E in tre anni la moda del matrimo-nio green ha preso piede anche nel nostro Paese. Ovviamente con situazioni non all’estremo come nel caso brasiliano, ma al giorno d’oggi dalle partecipazioni al viag-gio di nozze, tutto si può far ricade-re nella sfera dell-ecosostenibile. Partiamo dagli inviti: chi in passato non è rimasto meravigliato davanti ad un -pacchetto- non indifferente di carta, agghindato con fiori secchi e/o fiocchi, e che puntualmente è fi-nito nel bidone? Ora la nuova fron-tiera verde del matrimonio propone due alternative: primo, la stampa su carta riciclata. Poco chic? No. Gli inviti green non hanno nulla da invidiare a quelli tradizionali, ol-tre a costare poco sono gradevo-

li alla vista presentando un’ampia scelta di colori, fantasie, trame etc. O, per uno sposalizio 2.0, l’invi-to viene personalizzato e man-dato tramite posta elettronica. Passiamo agli abiti: la soluzione che meglio rispetta l’ambiente (e il porta-fogli) è il rimodernamento dell-abito della nonna; oppure all’atelier si può rinunciare a tessuti quali taffetà e si-milari sintetici derivati dal petrolio, privilegiando materiali biodegradabili e naturali come cotone, lino, canapa, o addirittura quelli derivati dal mais. E per lui? Un vestito di lino bianco. In ordine di cerimoniale, arriviamo in chiesa. Quanti fiori vengono getta-ti qualche giorno dopo la cerimonia perché appassiti? Allora, ecco aprirsi la strada ai fiori finti ed utilizzabili per più matrimoni all’interno della stes-sa chiesa (o sala comunale nel caso delle unioni civili). Oppure, se non si riesce a rinunciare al fiore vero, trovare un fioraio che venda spe-cie prodotte nel territorio; la scelta di piante al posto di fiori recisi, poi, permetterebbe di portare a casa i vasi o regalarli a qualche invitata. Eccoci al ricevimento. Scontato in ottica di rispetto dell’ambiente sce-gliere location vicine alla chiesa - per non percorrere centinaia di chilome-tri per arrivare alla location da sogno (a chi non è mai capitato?) - si stan-no diffondendo strutture che offrono menu ecologici a base di alimenti pro-venienti da colture biologiche e che propongono frutta e verdura di stagio-ne sul principio del-la filiera a km zero. Nei casi più estre-mi, si è arrivati a stoviglie monouso

quantomeno singolari: piatti in foglia di palma, posate in legno e amido di mais e bicchieri in polpa di cellulosa realizzati con gli scarti del bam-boo e della canna da zucchero. E addirittura si sono svol-ti matrimoni ‘al sacco’, ricevimenti ambientati su prato o in riva al mare. Procedendo in ordine tempo-rale in una giornata tipica, eccoci alla distribuzione delle bombonie-re. Superatissimi fazzoletti ricamati contenenti i confetti o suppellettili di argento e/o ceramica che rego-larmente finiscono dimenticate in qualche cassetto, ecco diffondersi le bomboniere equosolidali: nume-rosi enti come Unicef e Wwf sono da tempo attive per questo tipo di allestimento. Oppure, c’è chi dona contenitori con semi di bulbi stagio-nali o piantine aromatiche; o ancora, vasetti di confetture e miele biologici. Passiamo ai regali. La tradizionale li-sta-nozze prende pian piano una pie-ga ‘green’, come le liste consegnate in negozi equo solidali che vendono oggetti derivati da materiali di riciclo (lampadari in fibre naturali, bicchieri in vetro riciclato, tovaglie e biancheria provenienti dai paesi sottosviluppati). Ancora, numerosi sposi hanno scelto di dirottare gli introiti provenienti da-gli ospiti nel finanziamento di proget-ti umanitari o legati alla salvaguardia

del pianeta (es. riforestazione). Restano i viaggi di nozze come omaggio alla neo coppietta: le mete sono sem-pre località para-disiache, ma vi-cine ad esempio ad oasi protette.

Nozze nel segno dell’ambiente

Niente riso, ora si liberano

farfalleSi chiama butterfly wedding

l’ultima moda arrivata dall’America. Riso e petali

di rosa sono preistoria: ora all’uscita della chiesa sarà il volo

di centinaia di farfalle colorate a salutare i neosposi. La spesa

varia dai 500 ai mille euro. Gli allevatori di farfalle battono

così una nuova strada per superare la crisi, riservando un occhio all’ambiente: le farfalle

sono infatti specie presenti sul territorio, che una volta liberate completeranno il loro normale

ciclo vitale. La preparazione è stata

studiata ad hoc, considerata la fragilità della specie: scatole

appositamente coibentate vengono spedite prima della

nascita delle farfalle. Il fatidico giorno sarà sufficiente esporle

ad una fonte di calore per qualche minuto e saranno

pronte per il loro trionfale volo.

Tutte le soluzioni dagli inviti al ricevimento

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Sempre più genitori scelgono quelli

lavabili e riutilizzabiliSarà che sta crescendo la consape-

volezza dei consumatori circa le buo-ne pratiche necessarie per limitare l’impronta ecologica che ognuno di noi lascia al suo passaggio sulla Ter-ra, sarà che di tanto in tanto si creano correnti di pensiero che finiscono per diventare una moda fino ad ergersi allo stato must sociale, sta di fatto che il web più “eco-friendly” pullula di forum e blog che trattano di uno “sporco” argomento: i pannolini per bambini. Se dagli anni Settanta fino all’inizio del nuovo millennio non è esistita brava mamma che non si sia affidata alle marche più rinomate dei pannolini usa e getta, una nuova leva di madri più aggiornate, multimediali e coscienziose, si affaccia al mercato dei prodotti eco-compatibili per la prima infanzia e si concentra in ma-niera particolare sulla questione dei pannolini ecologici o riutilizzabili. At-tualmente esistono tre grandi famiglie di pannolini per bambini: gli usa e get-ta, chiamati ormai “tradizionali” com-posti per lo più da materie plastiche, derivati di silicati e fibra di cellulosa sbiancata; gli usa e getta “ecologici” che pur funzionando esattamente come i primi sono composti di mate-

riali in parte biodegradabili e riciclabili (circa il 20% rispetto ai tradizionali) e che provengono da foreste certificate, i cui produttori investono sulla ricerca per la creazione di nuove tecnologie che presentino il miglior rapporto possibile fra qualità del prodotto e biodegradabilità/smaltimento; i pan-nolini “alternativi” che si lavano e si riutilizzano, come accadeva con i “ci-ripà” del dopoguerra, ma che presen-tano qualità tecniche di vestibilità ed assorbenza assolutamente identici ai tipi “tradizionali”. Questo tipo di pan-nolino “alternativo” è spesso oggetto di contestazioni poiché reputato poco pratico, obsoleto e inquinante poiché – pur non necessitando di smaltimen-to – deve essere lavato spesso e a temperature elevate: falsi miti sfata-ti dalle statistiche e dai pareri di chi ha provato ad utilizzarli. Se teniamo presente che nei primi tre anni di vita ogni bimbo consuma in media 4.500 pannolini, lo stesso bimbo avrà pro-dotto circa una tonnellata di rifiuti ed i suoi amorevoli genitori avranno speso per lo scopo circa duemila euro. I pannolini lavabili sono di materiale naturale – cotone, per lo più - prove-niente spesso da colture biologiche e biodinamiche

per evitare l’utilizzo di sostanze chi-miche dannose in ogni fase di produ-zione; per un bambino ne occorrono in totale una ventina e si possono ri-utilizzare per i fratellini e/o i cuginetti; un kit completo ha un costo che varia dai 300 agli 800 euro; non necessi-tano affatto di lavaggi a temperature elevate (anche perché si rovinerebbe-ro in fretta); ne esistono centinaia di modelli e taglie conformate per ogni esigenza, poiché ogni bimbo ha un corpicino diverso dall’altro. Se poi si considera che le sostanze contenute nei tradizionali pannolini super as-sorbenti non sono particolarmente salubri per l’epidermide e sono mol-to inquinanti – la composizione del “fluff” dei pannolini è una materia tabù per le aziende produttrici e la legge non obbliga all’indicazione della stessa sulle etichette – si comprende il fenomeno di diffusione dei pannolini alternativi, nell’immediato ma anche in una prospettiva futura: le mamme che affollano la rete hanno intuito che anche loro, nel proprio piccolo e per

il proprio piccolo, possono contribui-re attivamente alla salvaguardia del nostro ecosistema, a quella del pro-prio portafogli e alla salute dei pro-pri cari.

La riscossa dell’eco-pannolino

Parola di mammaBarbara, mamma di Ugo, 2 anni:“Utilizzare i pannolini

lavabili non è una missione impossibile ma un favore che si fa ai bambini, all’ambiente e al portafogli. Sono identici

ai pannolini usa e getta ma al loro interno bisogna

ricordarsi di sistemare un foglietto di tessuto in cotone

“acchiappa pupù”, che evita che il pannolino si inzuppi di

feci e semplifica le operazioni di pulizia e lavaggio: ad ogni

cambio si toglie, si svuota nel water e si mette in

lavatrice, insieme al corpo del pannolino”

Una buona pratica per risparmiare denaro e ambiente

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