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Un mondo da R-innovare Il mondo si trasforma veloce- mente, ma ci sono innovazioni che stentano a decollare o a tro- vare applicazione su vasta scala. Spesso si tratta proprio di quelle tecnologie che contribuirebbero alla salvaguardia dell’ambiente e del nostro pianeta. Ci riferiamo, ad esempio, all’auto elettrica, di cui parliamo diffusamente in que- sto numero di Biosfera, facendo il punto sullo stato dell’arte e, soprattutto, sui ritardi dell’Italia in un settore che vede altri Pae- si camminare più spediti seppur sempre col freno a mano tirato. Non pare invece aver subìto freni un’altra innovazione che sfrutta l’elettricità - e la chimica - per fini direttamente legati alla sal- vaguardia della salute umana. Chissà invece dove porterà la scoperta di alcuni ricercatori che hanno stabilito che è possibile sfruttare le molecole presenti in alcuni inchiostri industriali, uti- lizzati per la colorazione di jeans e tessuti, per realizzare pannelli solari più efficienti di quelli tra- dizionali. Innovativi sono inoltre i metodi del noto etologo Giorgio Celli per combattere le zanzare senza utilizzo di pesticidi, ma in questo numero parleremo anche delle battaglie di un ex attivista di Greenpeace, di caccia e pesca per l’ambiente e di un singolare modo di trasformare i rifiuti in… arte. Anche questo, a suo modo, è innovazione. Caccia con riserva a pag. 11 Solare da calzare a pag. 7 Rifiuti d’arte a pag. 15 Giorgio Celli e le zanzare a pag. 8 L’auto si dà una scossa a pag. 13 Pesca per l’ambiente a pag. 3 Paci, il ‘peacemaker’ a pag. 5 [email protected]

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Un mondo da R-innovare

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Un mondo da R-innovareIl mondo si trasforma veloce-

mente, ma ci sono innovazioni che stentano a decollare o a tro-vare applicazione su vasta scala. Spesso si tratta proprio di quelle tecnologie che contribuirebbero alla salvaguardia dell’ambiente e del nostro pianeta. Ci riferiamo, ad esempio, all’auto elettrica, di cui parliamo diffusamente in que-

sto numero di Biosfera, facendo il punto sullo stato dell’arte e, soprattutto, sui ritardi dell’Italia in un settore che vede altri Pae-si camminare più spediti seppur sempre col freno a mano tirato. Non pare invece aver subìto freni un’altra innovazione che sfrutta l’elettricità - e la chimica - per fini direttamente legati alla sal-

vaguardia della salute umana. Chissà invece dove porterà la scoperta di alcuni ricercatori che hanno stabilito che è possibile sfruttare le molecole presenti in alcuni inchiostri industriali, uti-lizzati per la colorazione di jeans e tessuti, per realizzare pannelli solari più efficienti di quelli tra-dizionali. Innovativi sono inoltre i

metodi del noto etologo Giorgio Celli per combattere le zanzare senza utilizzo di pesticidi, ma in questo numero parleremo anche delle battaglie di un ex attivista di Greenpeace, di caccia e pesca per l’ambiente e di un singolare modo di trasformare i rifiuti in…arte. Anche questo, a suo modo, è innovazione.

Caccia con riserva a pag. 11

Solare da calzare a pag. 7

Rifiuti d’arte a pag. 15

Giorgio Celli e le zanzare a pag. 8

L’auto si dà una scossa a pag. 13

Pesca per l’ambiente a pag. 3

Paci, il ‘peacemaker’ a pag. 5

[email protected]

L’eco task-force a pesca di rifiuti

U n a mission: sal-vaguardare l’eco-sistema fluviale. Da qui parte il progetto “Pesca per l’ambiente”, frutto di una straor-dinaria sinergia che si è creata, per la prima volta in Italia, nel Ferrarese.

A ideare questa speciale eco-task force, le associazioni piscatorie del territorio: Arcipesca, Federazione nazionale pesca, Carpfishing Italia, Gruppo Siluro Italia. Queste, coordi-nate dal corpo della polizia provin-ciale, si sono unite ad altre organizza-zioni di appassionati cacciatori e am-bientalisti, da Federacaccia ad Arci e, a loro, si è aggiunta una delegazione della protezione civile (composta da rappresentanti provenienti da tutta la provincia di Ferrara) ed un nutrito gruppo di cittadini, sensibili alla cura del proprio territorio ed attenti, in particolar modo, all’ambiente conti-guo ai corsi d’acqua e alla fauna ittica che caratterizza il delta del Po.

Centocinquanta persone che si sono date appuntamento alle 7.30 di sabato 3 luglio, per dare il via alla prima tappa di questo lungimirante progetto, che si pone innanzitutto come un percorso di educazione alla tutela ambientale.

Guanti e sacchi colorati alla mano, hanno pulito 4,5 chilometri di argi-ne del canale Circondariale e del Po di Volano presso la frazione di Me-delana, nel territorio comunale di Ostellato. “Spazzini volontari” che hanno partecipato ad una mattinata all’insegna della bonifica dei tratti di verde della località di Covato, molto nota agli appassionati pescatori an-che al di fuori dei confini provinciali, setacciando l’intera zona fluviale, per liberarla da tutti rifiuti, anche ingom-branti, come frigoriferi, abbandonati

da cittadini, turisti, pescatori, caccia-tori. Per un bilancio in attivo: settan-ta i sacchetti di materiale raccolto in modo rigorosamente differenziato, in circa tre ore di attività intensa.

Le aziende Area e Hera, che si oc-cupano dei servizi di igiene ambien-tale in diversi Comuni della provincia di Ferrara, hanno provveduto poi in

un secondo momento a ritirare il “bottino”, dando prova, con

tale contributo, del concreto successo

d i una con-v e r - g e n za di azione fra enti associativi e realtà istituzionali, che può rappresentare un modello valido, esportabile in altre realtà territoriali.

“Abbiamo solo gettato un picco-lo seme – fa il punto il comandante della polizia provinciale Claudio Ca-stagnoli - che potrà germogliare, in futuro, col coinvolgimento di altre as-sociazioni, ma anche della più ampia fetta di “cittadinanza attiva”. Il mes-saggio che intendiamo trasmettere è uno – prosegue il comunandante - : che uniti, le cose possono cambiare, in vista di quel bene unico e prezioso che è l’ambiente nel quale viviamo”.

“Pesca per l’ambiente” è stato quindi pensato innanzitutto come opportunità civica: divulgare buone pratiche di tutela dell’ambiente cre-ando una rete di cittadini virtuosi. Un progetto da affiancare alla ordinaria attività di pattugliamento del territo-rio svolta dalle forze dell’ordine, che prevede anche multe molto salate per chi inquina: si parla di sanzioni che superano i 200 euro, stabilite da norme sulla pesca e sull’ambiente.

La polizia intende dunque giocare la strategica carta della prevenzione, di pari passo a questa attività di con-trollo, promuovendo una coscienza di rispetto, una responsabilizzazione del cittadino che vesta i panni di cu-stode diretto dell’ambiente in cui vive e pratica le proprie attività ludiche.

“Il progetto –spiega Castagnoli - na-sce dalla necessità di rendere sem-pre più attenti e responsabili tutti i cittadini, in modo che essi stessi non solo siano i primi a non inquinare, ma divulghino buone pratiche, sensibiliz-zando altre persone e segnalando alle autorità preposte coloro che invece abbandonano i rifiuti”. Questa fon-damentale necessità di responsabi-lizzazione si basa su un presupposto sottolineato da Castagnoli: “È impen-sabile che ci sia un poliziotto a fianco di ogni cittadino: occorre che ognuno si faccia carico del proprio territorio

in un’ottica di c i t tad i -

n a n -z a

a t -tiva”.

Ma, come spiegano i pro-motori, Pesca per l ’ a m b i e n t e permette al tempo stes-so di svolgere un’attività di va-lorizzazione del territorio. “Setac-ciare” l’ambiente da bonificare, per-mette infatti di diffondere una conoscenza del patrimonio na-turalistico, che è spesso sottovalu-tato da chi lo abita. E tutela dell’ambiente ha dirette ed evidenti ricadute anche economiche: il parco fluviale del fer-rarese sarà infatti cornice e vetrina internazionale dei campionati del mondo di pesca, previsti nei mesi di maggio e giugno del prossimo anno, presso le vallette di Ostellato. Parte-ciperanno una cinquantina di nazioni da tutto il mondo, fra cui Paesi come l’Australia e il Canada. Perciò “è im-

portante – evidenzia Castagnoli - ac-cogliere nel migliore dei modi i nostri ospiti: anche per questo dobbiamo impegnarci a rispettare il nostro ambiente, per presentarlo, anche all’estero, nelle migliori condizioni possibili”.

Pesca per l’ambiente si avvale an-che delle tecnologie informatiche. È stata infatti realizzata una mailing list, ricorda il comandante della po-lizia, al fine di articolare una rete di comunicazione diretta e rapida tra tutte le associazioni e i cittadini inte-ressati al progetto. In questo modo si è già consolidato un gruppo co-stantemente aggiornato su ogni fase del percorso ed attivo nello scambio di pareri e contributi.

Per entrare in questo network è sufficiente mandare una

email con la richiesta di iscrizione al coman-dante della polizia provinciale Claudio Castagnoli, [email protected], o all’ispetto-re Paolo Francesconi,

[email protected]. La prossima tappa è

prevista per “sabato 4 settembre – annuncia Ca-stagnoli – probabilmente nella pineta del Parco del

Delta del Po, in un perio-do che volge al termine della stagione turistica.

In questo modo potremo riconsegnare all’inverno

un ambiente il più pulito pos-sibile”.

La fine del progetto non è però ancora scritta. Il comandante della polizia provinciale la indica non con una data, bensì con una parola, “uto-pia”: “Quando – auspica Castagnoli - ci incontreremo tutti insieme e non avremo alcun sacchetto da riempire, allora vorrà dire che il progetto sarà giunto, finalmente, alla sua conclu-sione”.

L’unione fa l’ambiente

Le battaglie di un forlivese doc,

Marco Paci, in difesa dell’ ambiente

Avere vent’anni. Essere studenti con gli ideali. E poterli mettere in campo, difendendo le proprie convinzioni, sempre comunque all’insegna della comunicazione e della civiltà. Di uni-versitari con gli ideali ce ne sono tanti, pochi invece hanno preso armi e ba-gagli per lottare ‘sul campo’, in giro per l’Italia e non solo. Se il corso di studi è quello in Fisica all’Università di Bologna di inizio anni ‘90, se una delle lotte in piazza è quella per con-trastare gli esperimenti a Mururoa, se le cause combattute sono quelle di Greenpeace e WWF, allora stiamo parlando della storia di Marco Paci, 41anni, residente a Forlì, insegnan-te di Fisica al locale istituto tecnico. Siamo nel 1992 e Paci entra in contat-to negli ambienti universitari con alcu-ni attivisti di Greenpeace: allora però l’interesse per le cause ambientali lo portano a sostegno di banchetti in-formativi e di alcune iniziative in loco. Sarà la successiva disponibilità data ai vertici nazionali dell’organizzazio-ne non governativa che dell’ambien-te ha fatto il suo dictat a portarlo, nel 1995, a pochi passi dall’Eliseo, a Parigi. E’ da poco infatti iniziata una serie di test nel pa-radiso di Mururoa, atollo della Poline-sia francese, divenuto noto come cimitero nucleare francese: in molti avranno ancora nitido davanti agli occhi quel lampo visto al telegiorna-

le, della durata di pochi secondi, che ha illuminato e riempito di radiazioni le isole incontaminate del Pacifico. Tra gli attivisti arrivati fino a Parigi per manifestare l’insensatezza degli esperimenti anche Paci. Nessun in-contro, però, con l’allora presidente Chirac: “Il cordone di forze dell’ordine era talmente stretto che non ci siamo avvicinati nemmeno troppo all’Eliseo”. Altra azione, sempre estranea a vio-lenze dirette, quella in Laguna. Paci è sulla Rainbow Warrior (letteralmente i guerrieri dell’arcobaleno), pesche-reccio riadattato da Greenpeace per le proprie azioni, che sbarca al Lido di Venezia dove, nelle sale congressi dell’hotel Excelsior, è in corso il vertice Ecmra, associazione che riunisce ana-listi e pianificatori delle multinazionali chimiche operanti in Europa e che a Venezia traccerà strategie mondiali. “Greenpeace in catene a Vene-zia. ‘Arrembaggio’ di 150 attivisti al convegno del Gotha dell’ indu-stria chimica” titolava nell’ottobre del 1995 il Corriere della Sera. Sempre il Corsera offre questo affasci-nante stralcio di entrata in scena degli attivisti: “Come in un film, meglio di un film”, sussurrano divertiti i dipen-denti dell’albergo che per una volta, invece delle solite star hollywoodiane,

vedono sfilare nella sfarzosa hall decine di giovani con moschetto-ni e catene alla cintola. In pochi minuti l’Excelsior è “catturato”. Ses-santa attivisti si precipitano nella sala conferenze

dove stanno per iniziare i lavori, in-catenandosi a tavoli e sedie. Altri 50 inscenano un sit in di protesta nell’an-drone mentre dalle torri merlate della

facciata viene calato il grande striscio-ne: “Venezia welcomes chemical kil-lers” […] L’ assedio dura più di cinque ore, finché alle 12,30 polizia e cara-binieri decidono finalmente di trasci-nare fuori dall’al-bergo gli invasori”. Poi per Paci ar-rivano laurea e cattedra. Ma non appende al chio-do i suoi ideali: li adatta semplice-mente alle nuove esigenze di vita. La nuova frontiera si chiama WWF, sezione di Forlì, di cui sarà presi-dente dal 1997 al 2007. Paci inizia mettendo a disposizione degli stu-denti degli istituti del territorio le sue conoscenze scientifiche per parlare di surriscaldamento del pianeta, inqui-namento, “argomenti pionieristici per l’epoca”, ricorda lo stesso insegnante riferendosi alla fine degli anni ‘90. Ma le battaglie per la tutela dell’am-biente continuano, “adattandosi al momento storico in cui avvengono”. La battaglia (vinta) per impedire la costruzione di una diga nella Valle del Savio, nel cesenate, non è fatta di discese sul greto del fiume. Siamo nel 1999: “E’ stata una vittoria ‘me-diatica’: abbiamo innanzitutto portato alla ribalta la vicenda, partecipato a innumerevoli consigli comunali, appe-so manifesti, scritto ai giornali locali. Si era creato un bellissimo movimento giovanile e di persone sensibili attorno alla vicenda. Abbiamo agito in sinergia con le istituzioni, la vera vittoria è sta-ta creare un dibattito sulla questione”. Chiave di volta l’aver portato sotto i riflettori il progetto. “Quando la socie-tà civile spinge dal basso – racconta

Paci – devi poi però trovare qualcuno che a livello politico prenda in mano questo potenziale. In quegli anni è stata basilare non l’azione di forza, ma la capacità di creare un dialogo e

accettare persone che nella maggior parte dei casi non la pensavano come te. La chiamerei… ecod ip lomaz ia”. Ultimo successo l’aver impedito, nell’inverno tra il 2006 e il 2007, l ’ a m p l i a m e n t o degli impianti sci-istici del Parco Nazionale delle Foreste Casentine-si, sull’Appennino

tosco-romagnolo. “Anche in questo caso la pressione a mezzo stampa fu l’arma vincente: riuscimmo a creare una catena di e-mail tale che i quo-tidiani locali ogni giorno venivano inondati da decine di lettere di pro-testa, che partivano indistintamen-te dalla Sicilia come dal Piemonte. La “battaglia di internet”, così la ri-battezza Paci, indusse il Ministero dei Beni Culturali, il Corpo Forestale dello Stato e il Ministero dell’Am-biente a rivalutare il progetto, spe-gnendo così le speranze degli Enti locali, promotori del progetto che legava a sé un generoso business. Ora Paci, sempre nel WWF forlive-se, ma in veste di vicepresidente, da un anno e mezzo ricopre la carica di consigliere regionale per la me-desima associazione ambientalista. “La difesa della biodiversità è la prio-rità: fondamentale per il futuro difen-dere e far sopravvivere gli habitat dei nostri territori, ognuno diverso dall’al-tro e con proprie caratteristiche spe-cifiche”.

Da Greenpeace all’ecodiplomazia

Una vita in prima lineaper le cause ecologiste

Prima arrembaggi

e blitz

poi lotte mediatiche

col Wwf

Solare batte nucleare

Sarà anche per l’incremento di progetti come quello

illustrato, sarà la necessità, sarà l’imposizione da parte

governativa della riduzione dell’inquinamento, ma l’impiego

di energie alternative sta toccando vette storiche.

La notizia ha fatto il giro del mondo, e anche il semplice

grafico che la accompagna: nel corso del 2010 l’energia solare

ha battuto quella nucleare. A darne notizia John Blackburn,

docente di economia della Duke University, che ha pubblicato il resoconto del suo studio in

un articolo dal titolo “I costi del solare e del nucleare - Lo storico incrocio” basato sui dati raccolti

nel North Carolina. Si arriva a concludere di quanto

il fotovoltaico abbia fatto passi da gigante in termini di

competitività e appetibilità sul mercato: oggi l’energia prodotta

con tale procedimento ha un costo che oscilla tra i 14 e i 19

centesimi per kilowatt-ora, mentre le centrali nucleari di

nuova generazione non saranno in grado di vendere l’energia

elettrica a meno di 14-18 centesimi per kWh. Con questo si arriva ad punto di incrocio, in

cui il solare raggiunge la parità di prezzo con il nucleare, e la strada

è tracciata.

Raggi in trappola nei jeansEnergia fotovoltaica

dagli inchiostri impiegati per la

colorazione dei tessuti

Un paio di jeans. L’unica soddisfa-zione che possono avere dato fino ad oggi, al massimo, è quella per chi li indossa, nel caso abbia una silhouette perfet-ta o sia reduce da tre mesi di eser-cizi mirati ad ad-dominali e glutei. Ora, però, po-trebbero fornire una soddisfazio-ne di ben più vasta portata: permet-tere l’ottenimento di energia a bas-so costo. Insomma, energia fotovol-taica dai pantaloni, simbolo della cultura giovanile del secolo scorso. Sì, dai jeans. O meglio, dall’in-chiostro che gli permette di avere quel colore marchio di fabbrica. Premettendo che dalle teorie di laboratorio all’applicazione di massa il passo è lunghissimo –e spesso non si compie nemmeno causa gli alti costi di realizzazione e/o i bassi rendimenti - vediamo su quale teoria è basata questo singo-lare studio. Nei laboratori della Cornell University, florida realtà in-ternazionale nel campo della ricer-ca dello stato di New York, hanno stabilito che è possibile sfruttare piccole molecole che si trovano in alcuni inchiostri industriali, colora-zioni, tinte, e tra questi anche i co-lori utilizzati per produrre i jeans. Le molecole alla base dei coloranti, le ftalocianine, sono impiegate poi in più complesse strutture organiche

che diventano il cuore pulsante per pannelli solari. Che presentano più vantaggi: dalla flessibilità di impie-go al basso costo rispetto a quelli tradizionali legati al silicio, due pre-rogative imprescindibili per poter, forse, saggiare entro breve l’appli-cazione nella vita di tutti i giorni. Ma come è possibile passare dai componenti di tinte e inchiostri

alla produzione di energia elettrica? Il presupposto fondamentale ri-spetto al silicio è che questi nuovi substrati esisto-no sotto forma liquida. Possono pertanto essere

‘spalmati’ a mo’ di pellicola su ampie superfici che fun-zionano da elettro-di, una strut-t u r a con

costi ragionevol-mente contenuti; le ftalocianine in-trappolate, inol-tre, assorbono in quasi tutto lo spettro della luce, e questo giova in termini di resa. Il liquido, portato alla consistenza ottimale per poter rendere al mas-simo, è quello che permette la cat-tura e la successiva trasformazione

dell’energia solare. Come detto, il meccanismo di trasformazione dell’energia solare in elettrica è chimicamente permesso dalle fta-locianine intrappolate, che a gran-di linee avrebbero la funzione della clorofilla nelle piante: la luce assor-bita permette un processo vitale, ovvero la trasformazione di acqua e anidride carbonica in ossigeno. Trovati gli ingredienti e studiato il meccanismo, ora arriva la parte più difficile: far funzionare questa mini cella fotovoltaica - chiamata in gergo tecnico Covalent Organic F r a - m e w o r k (COF), ovvero

f r a m m e n t o o r g a n i c o covalente - trovare le con-d i z i o n i

giuste per creare una

cella di propor-zioni maggiori e far

funzionare il tutto in continuo, sen-za intoppi e con la minima d i s p e r s i o n e . Sulla prestigio-sa rivista Natu-re Chemistry, i ricercatori che stanno portan-do avanti questa sfida parlano di “una possibilità di trasporto ef-ficace della ca-rica attraverso le ftalocianine

accatastate e una buona stabilità termica” definendo quanto finora ottenuto come “una forte promes-sa” nel campo del fotovoltaico.

La scoperta dai laboratori della Cornell University

Molecole organiche trasformate

in celle per pannelli

L’entomologo Giorgio Celli da anni studia

metodi innovativi di lotta all’insetto

Amante degli animali, conduttore televisivo, ma soprattutto entomo-logo di fama internazionale. Giorgio Celli, recentemente insignito del ri-conoscimento di professore emerito da parte dell’Università di Bologna, è tutto questo e molto di più. Uno dei suoi maggiori pregi è quello di saper divulgare argomenti scientifici con estrema competenza e al tempo stes-so con quella spontanea semplicità apprezzata dal grande pubblico. Da anni il professore bolognese si occu-pa dello studio di metodi innovativi nella lotta alle zanzare, un problema che specie in quest’ultima estate è stato particolarmente avvertito.

“Erano gli anni ‘80 quando ho co-minciato, insieme ai miei collaborato-ri, a studiare come contrastare questi insetti – spiega Giorgio Celli – attra-verso una nuova filosofia operativa che tiene conto del rispetto ambien-tale: limitare i pesticidi che colpisco-

no gli esemplari adulti, per concen-trarsi sulle larve”.

Un metodo innovativo ma soprat-tutto efficace.

Sicuramente. Gli israeliani sono sta-ti i primi ad av-viare questo tipo di siste-ma. Vede, i pesticidi usati t r a d i z i o n a l -mente contro le zanzare rimango-no sospesi nell’at-mosfera, danneg-giando l’ambiente e, seppur in misura leggera, anche le persone. A Comac-chio nello scorso decennio abbiamo avviato un labora-torio specializzato in questo settore e grazie a finanziamenti statali e re-gionali abbiamo iniziato questa nuova battaglia contro le larve. Avevamo an-che sperimentato l’introduzione di un nuovo pesce proveniente dall’Ameri-ca, il gambusio, che si nutre proprio

di larve di zanzara. Unitamente ad al-tre specie di pesci che si trovano nelle acque delle valli, ha dato subito risul-tati concreti. Peccato solamente che la sperimentazione di questo pesce sia stata temporanea, ottenuta attra-verso deroghe alle leggi europee che limitano l’introduzione di fauna prove-niente da ecosistemi diversi. Il gam-busio, vista la sua utilità, meriterebbe di acquisire la nostra “cittadinanza”.

Più in generale risulta che in quel-le zone i pizzicotti siano diminuiti

sensibilmente.

Asso lu tamen-te. Ricordo che anni fa nel centro di Comacchio a ferragosto alcuni eventi non si pote-vano più svolgere perché le zanzare rendevano impos-sibile la vita a resi-

denti e turisti. Dopo i nostri interventi la situazione era nettamente miglio-rata. Ora però ci occupiamo solo di ricerca, la lotta alle zanzare è stata af-fidata a una società comacchiese, co-stituita prevalentemente da studenti

e da personale del luogo. In quest’ul-timo anno in quelle zone le zanzare sono tornate a infastidire parecchio, forse perchè mancano le dovute com-petenza in materia.

Da qualche anno poi c’è un tor-mento in più: la zanzara tigre.

Esatto. Se le altre zanzare infastidi-vano la sera, la zanzara tigre colpisce di giorno e crea nuovi problemi. Per combattere questa specie occorre un impegno “sociale”: tutti coloro che hanno a che fare con acque stagnanti devono utilizzare i kit per combatte-re le larve di questi insetti. Non parlo solo di chi possiede vasche per il ripo-polamento dei pesci, ma anche a co-loro che nella propria casa annaffiano i vasi con le piante. La zanzara tigre si combatte solo così.

Puoi darci dei consigli pratici per provare a contrastare meglio le zanzare in questo scampolo finale di estate?

Prima cosa privilegiamo i vestiti bianchi. La zanzara tigre è attratta dal nero, quindi in quel caso diventiamo dei bersagli più facili. Secondo: sug-

“Giusto combatterle ma con un po’ di tolleranza”

“Zanzare? Fastidiose...

ma utili”gerisco di mettere della sabbia nei sot-tovasi che contengono acqua, questo fa sì che non possano essere deposte le larve. In alcuni comuni del mantova-no si stanno inoltre attuando delle po-litiche di reintroduzione dei pipistrelli, un animale che si nutre di zanzare. Volendo è possibile “adottarne” degli esemplari, sono a disposizione i rela-tivi box. E poi occorre più tolleranza.

In che senso?

Bisogna prendere coscienza con la re-altà del mondo in cui viviamo. La gente deve capire che per quanto siano fasti-diose anche le zanzare hanno la loro uti-lità: le larve sono cibo per i pesci, degli adulti si nutrono molte specie di volatili. Nel nostro ecosistema noi uomini non siamo soli, dob-biamo immaginare che viviamo in un condominio, non in una villa esclusiva a noi riservata, con divieto di accesso agli estranei. E poi un’altra cosa: diffi-date delle pubbli-cità.

Vengono veicolati messaggi fuor-vianti?

In molti casi sì, in altri vengono male interpretati. I prodotti chimici per contrastare le zanzare non sono il massimo. Se notate negli spot vie-ne sempre specificato di aerare il locale prima di soggiornare, perché questi prodotti contengono elemen-ti che possono produrre tossicità, seppur a bassi livelli. Comunemen-te invece le persone si chiudono in casa con piastrine e zampironi ac-cesi. Diffidate poi degli apparecchi a ultrasuoni recentemente apparsi sul mercato: sono del tutto inutili a tenere lontano questo tipo di insetti. Lo strumento migliore rimane la tra-dizionale zanzariera. Poi, come già

detto, armiamoci di un po’ di pazien-za. Con i metodi giusti si potranno anche limitare, ma le zanzare ci sono sempre state e per tante ragioni è giu-sto e sano che con-tinuino ad esserci.

Natura Bio-Festival degli stili di vita sostenibili

18 e 19 settembre 2010Luogo: Correggio (Re), area del salone delle feste, zona stadio

Natura Bio è l’appuntamento di fine estate - organizzato dal Comu-ne di Correggio e dall’associazione Volver - con il mondo del natu-

rale, dell’ecologia e del biologico

RemTech Expo 20104° Salone sulla Bonifica dei siti contami-nati e sulla Riqualificazione del territorio

21/23 settembre 2010Luogo: Ferrara, Centro fieristico

Appuntamento a Ferrara con RemTech Expo 2010-4° Salone sulla Bonifica dei siti contaminati e sulla Riqualificazione del territorio,

promosso da Ferrara Fiere Congressi (Gruppo BolognaFiere) presso il Centro fieristico dal 21 al 23 settembre 2010.

Ravenna 2010-Rifiuti, acqua, energia29 settembre/1 ottobre 2010

Luogo: Ravenna, centro storico

Ravenna2010 è un festival sui temi dei rifiuti, dell’acqua, dell’ener-gia; tre giorni di incontri di tipo informativo-formativo

APPUNTAMENTI

“Limitare i pesticidi e colpire le larve”

L’attività venatoria tra necessità

e tutela ambientale

La caccia, si sa, da sempre divide l’opinione pubblica, contrapponen-do animalisti e ambientalisti agli ap-passionati dell’arte venatoria. A lato delle questioni prettamente morali, ci sono aspetti eco-nomici che iniziano a pesare nelle scel-te normative regio-nali relativamente a questo settore. In Emilia Romagna, per esempio, nel-lo stillare l’elenco degli uccelli cac-ciabili, la Giunta regionale ha cercato di utilizzare le doppiette per limitare in qualche modo i danni all’agricoltura provocati da alcuni volatili, ponendo al contem-po attenzione alle specie minacciate o a rischio estinzione. Un’apposita delibera ha quindi legalizzato la cac-cia allo storno, in deroga alle dispo-sizioni europee, mentre permarrà il divieto per un altro uccello poco amico degli agricoltori: la tortora dal collare. “Un provvedimento equili-brato – secondo Tiberio Rabboni, Assessore regionale per l’Agricoltu-ra e l’Attività venatoria – con cui la Regione affronta seriamente il pro-blema del contenimento dei danni all’agricoltura provocati dalla fauna selvatica, senza rinunciare alla neces-saria opera di tutela e salvaguardia di specie protette. Auspichiamo che quest’anno si possa dare corretta at-tuazione della delibera, senza i ricorsi che sono seguiti a questi atti ammini-

strativi in passato, tutti peraltro risol-ti in modo favorevole alla Regione”. Ma perché, viene da chiedersi, è stata posta una distinzione tra due specie di uccelli, entrambe nocive ai raccol-ti? Nel caso dello storno la delega alla direttiva comunitaria (che ne prevede il divieto di caccia) è stata concessa dato che i metodi di prevenzione non cruenti e i piani di controllo hanno mostrato la loro inefficacia. Non si

sono verificate le stesse condizioni per la tortora dal collare. Sul caso è infatti intervenuta l’Ispra (l’istituto nazionale per la protezione e la ricerca ambien-tale, competente per la tutela della

fauna selvatica ndr) che ha espresso parere contrario. Non solo. La stessa Corte di Giustizia Europea con una sentenza recentemente emessa, ha condannato lo Stato italiano e le Re-gioni per l’erronea applicazione del-la Direttiva Uccelli. Considerata poi l’entità dei danni provocati da questo tipo di tortora alle colture, quantifica-bili in poche migliaia di euro, la Giun-ta ha valutato che non sussistano i “danni gravi e ripetuti” per un ricorso alla deroga. Ma le diatribe relative alla caccia non si fermano ai volatili. Una recente pronuncia del Tar emilia-no ha sospeso i piani di abbattimento delle volpi approvati dalla Provincia di Bologna, riconoscendo le ragioni sollevate dalla Lav, insieme a Lac e Wwf, che avevano impugnato il relati-vo atto. I giudici amministrativi hanno riconosciuto che la Provincia aveva approvato il piano violando la Legge nazionale sulla tutela della fauna sel-

vatica. L’orientamento espresso dal tribunale nella sospensiva (in attesa che venga pronunciata l’udienza di merito per l’annullamento dell’intero piano) fa sì che al momento non pos-sa essere uccisa alcuna volpe. Nono-stante la contrarietà espressa anche in questo caso dall’Ispra, il 23 marzo scorso la Provincia aveva approvato il piano di controllo, teoricamente valido fino al 2014, che disponeva l’uccisione di un numero illimitato di esemplari, sia ricorrendo ai fucili dei cacciatori, sia utilizzando i cani da tana, appositamente addestrati per entrare nelle tane delle volpi allo scopo di sbranare i cuccioli e le loro madri. La Provincia aveva giustificato l’approvazione del pia-no con un pre-sunto sovran-numero di vol-pi sul territorio. Questi animali vengono spes-so indicati da agricoltori e allevatori come responsabili di varie tipologie di danni. In re-altà nel 2009 la provincia di Bologna ha liquidato sola-mente 396 euro a titolo di rim-borso per danni imputati alle vol-pi su tutto il ter-ritorio di compe-tenza. Una cifra sostanzialmente trascurabile o comunque non sufficiente, se-

condo le associazioni animaliste, a giustificare il ricorso a piani di ucci-sione senza alcun limite numerico. Infine la questione legata alla presen-za di ungulati. Nel 2009 rispetto al 2008 i danni accertati dal solo ter-ritorio felsineo per quanto riguarda i caprioli sono triplicati, passando da 33.739 a 91.844 euro. L’amministra-zione bolognese, a seguito delle reite-rate proteste per gli ingenti danni su-biti dagli agricoltori per colpa di que-sta tipologia di fauna selvatica, ha de-ciso di dar corso a piani di controllo del capriolo a fronte di una presenza di 20 mila caprioli ufficialmente cen-siti nei territori di caccia (207.000 ettari di collina e montagna) e di al-meno altri 10 mila nei territori ove a vario titolo vige il divieto di caccia

(parchi, oasi, zone di ripopolamento e cat-tura, zone di rifugio). La situazione diventa ancora più complessa tenendo conto della presenza degli altri animali selvatici: 8/10 mila cinghiali, 1500

cervi, 1000 daini e circa 2 mila istrici, questi ultimi particolarmente ghiotti di tuberi di qualunque tipo,

specie di patate. Nu-meri definiti “intolle-rabili” dalle principa-li sigle delle associa-zioni degli agricolto-ri. Ecco perché sarà difficile, perlomeno a breve, poter arri-vare a un sostanziale equilibrio tra fauna selvatica, mondo venatorio e imprese agricole emiliane.

Riserve di caccia, riserve sulla caccia

Diatribe tra doppiette agricoltori

e animalisti

Le leggi regionali

sulla controversa

materia

In Italia la svolta dei veicoli ‘green’ è

lontana, ma i progetti non mancano

Autunno 2009. “Il 2010 sarà l’anno dell’auto elettrica”: questo il titolo che campeggiava in ogni sito web o rivista che si occupa di vetture o di ambiente. Giugno 2010. “Le auto elettriche rappresentano il futuro. Ma pur-troppo su questo settore l’Italia non ha investito, abbiamo partner eu-ropei che sono molto avanti” le pa-role pronunciate dal ministro Stefa-nia Prestigiacomo lo scorso giugno a margine del convegno capitolino “Trasporto sostenibile: energia, salu-te e ambiente, problemi e soluzioni”. Il ministro una mosca bianca sull’ar-gomento? Assolutamente no. Sulla stessa lunghezza d’onda, parlando di produzione, il senatore Franco Bruno di Alleanza per l’Italia, vice presidente della Commissione Ambiente del Se-nato, che sottolinea come “mentre in Europa si susseguono ogni giorno pre-sentazioni di nuovi modelli elettrici, la Smart, la Opel così come la giappone-se Nissan, dell’industria italiana non abbiamo notizie. Non si capisce però se a dormire di più sia il governo che non promuove ed investe nell’auto del futuro, o le aziende automobilistiche”. Inutile, quindi, chiedersi quanto il filo-ne ‘auto elettrica’ si stia sviluppando in Italia. Poco, è la risposta più adat-ta. Anche se l’auto elettrica al 100% non è ancora finita su strada all’om-bra del Tricolore, le ibride finora non hanno sfondato. Alcuni dati a so-stegno delle affer-mazioni dei due rappresentant i del governo: nel primo semestre del 2009, ad esempio, sola-mente un’au-

to su 1.064 è risultata ibrida (304 auto su 323.000); ne-gli Usa ne risultava una su 43. Cifre che sbiadiscono ancor di più davanti alle stime della JD Power and Assoc: in attesa dell’auto com-pletamente elettrica, è segnalata in aumento la vendita in tutto il mondo di veicoli elettrici ibridi e plug-in elet-trici ibridi. I dati parlano di 732mila veicoli alternativi venduti nel 2009, che nel 2010 toccheranno le 940mila unità. Per arriva-re a 3 milioni nel 2015. In cima alla lista degli utilizza-tori gli Stati Uniti (dove però pullulano stazioni di ricari-ca), poi il Giappone. Anche in Inghilterra sono già con lo sguardo più vicino all’oriz-zonte rispetto all’Italia: a partire da gennaio 2011 chi vorrà acquistare una vettura a basse emissioni di carbonio riceve-rà dallo Stato fino a 5mila sterline (poco più di 6mila euro), pari ad un quarto della spesa. Ma in Italia due grandi colossi, uno dell’energia l’altro delle case auto-mobilistiche, hanno mosso un primo piccolo, grande passo, rendendo re-altà il progetto di e-mobility firmato da Enel e Smart. Tra Milano, Pisa e Roma verranno testate prestazioni, costi, efficienza, facilità nella ricarica di 100 Smart electric drive; il cano-ne mensile di 400 euro + iva com-

prenderà noleggio, manutenzione or-dinaria e garanzia per la durata del progetto (4 anni); la ricarica prevede un contratto con Enel da 25 euro mensili. Esperimento che però, stando alle

previsioni fornite dall’ultimo Motor Show, non vedrà pieno sviluppo entro breve. Infatti, secondo il sondaggio realizzato da Interautonews, tra 774 concessionari, rappresentativi del 18,24% degli esercizi di settore attivi in Italia, è indicato in 4/6 anni il las-so di tempo che porterà le auto elet-triche alla portata del reddito di un

italiano. Così la pensa il 48,26% degli intervistati.

E i proble-mi che a c c o m -p a g n a -no verso q u e s t a s v o l t a ‘ g reen ’? S t a n d o ad un al-tro son-d a g g i o , condotto da ‘intel-liGo’ tra gli auto-

m o b i l i s t i di Milano e Roma, due le priorità: la produzione di batterie efficien-ti – al momento il vero grande

limite pratico - e infrastrutture per la ricarica facilmente raggiungibili. Altrimenti l’appetibilità di un veico-lo ibrido o elettrico diventa nulla. Anche se le caratteristiche dell’au-tomobilista nostrano sulla carta fa-ciliterebbero il passaggio alle auto ad impatto ecologico pressoché nullo. Infatti in una grande città si percorrono giornalmente in media 37 km (e l’autonomia di una batte-ria è tripla); il periodo di sosta ogni giorno è pari a 6 ore (e per ricari-care la batteria serve un tempo si-mile); infine, dal momento che un automobilista su due possiede un garage, ecco risolto il problema di dove poter effettuare la ricarica.

Auto elettriche alla…caricaLa Rossa si fa ‘verde’

Al Salone dell’auto di Ginevra, vetrina mondiale delle novità a quattro ruote in scena ad inizio

marzo, non si poteva non parlare di auto elettriche: un intero spazio, il Padiglione Verde, è stato dedicato

alle vetture ‘alternative’. E se in terra svizzera anche la Ferrari presenta un prototipo

ibrido, significherà pur qualcosa. Si tratta della 599 Hybrid KersIl, che

manterrà intatte le caratteristiche estetiche della 599 ma farà spazio

posteriormente a due batterie agli ioni litio; il nuovo motore

elettrico da 109 CV sarà affiancato, anteriormente, da un normale

motore a benzina da 620 CV. Ma quali case stanno investendo

in questo settore? Mentre Renault ha in programma di produrne

200mila ogni anno a partire dal 2015, e mentre Mercedes renderà verde la Classe B, Nissan da pochi

giorni ha aperto le prenotazioni per la Leaf anche in Italia: sarà una

delle prime vetture a reale impatto zero (niente tubo di scappamento,

emissione di Co2 e inquinanti) che verrà prodotta in larga scala,

con la presenza del sistema di frenata rigenerativa, che recupera

l'energia emessa durante la frenata contribuendo ad aumentare

l’autonomia che in condizioni standard è di 160 km. E il cellulare

permetterà di accendere l’aria condizionata.

Il costo? In Portogallo 30.250 euro, in Irlanda 29.995 euro e in Gran

Bretagna 23.990 sterline, prezzi al netto degli incentivi statali per i

modelli più ecologici e comprensivi del costoso pacco batterie

Anche da Cambiano (To) Pininfarina punta sulla mobilità sostenibile: in cantiere Nido EV,

prototipo ad emissioni zero che garantisce 140 km di autonomia

con una ricarica, velocità massima 120 km/h, accelerazione 0-60 Km/h

in meno di 7 secondi. Batteria completamente riciclabile.

Il Belpaese in ritardo rispetto ai partner europei

Passo avanti col progetto e-mobility di Enel e Smart

A Faenza un negozio con vasto assortimento di prodotti per il benessere alimentare

L’intento dei titolari, Alice Papes e Giacomo Gazzoni, è quello di offrire un servizio competitivo, finora carente, nel centro sto-rico. Il negozio, seppure di modeste dimensioni, offre un vasto assortimento di prodotti biologici. In particolare viene dato grande rilievo al reparto nutrizionale, nel quale è infatti possibile trovare ogni genere di prodotti ali-mentari biologici: da pasta a cereali integrali e legumi, da dol-cificanti naturali a merendine e biscotti, da tisane a numerosi tipi di tè e caffé, da latte di molteplici cereali a succhi e bevande gassate. A chi persegue armonia ed equilibrio nella propria vita seguen-do la filosofia della Macrobiotica, il giardino Biologico offre: sal-se di soia, miso, umeboshi, gomasio, tahin, alghe e tè giappone-si. Inoltre, in risposta alla sempre crescente domanda da parte di persone affette da celiachia, il negozio dispone di una ricca varietà di alimenti privi di glutine, come svariati formati di pasta di mais, riso e grano saraceno, biscotti e fette biscottate, snack dolci e salati e, addirittura, birra. Un ulteriore punto di forza del giardino Biologico è rappre-sentato dalla vendita di prodotti freschi da forno dell’azienda biologica La selva di Tirli di Firenzuola; ogni giorno è possibile trovare numerose varietà di pane toscano, di farro, di kamut e di riso, tutte a lievitazione naturale, schiacciate con verdure e torte salate cotte in forno a legna e tantissimi dolci, golosi e sani in quanto privi di zuccheri raffinati, come le crostatine di grano e di farro alla marmellata, di kamut alla ricotta di capra con gocce di cioccolatoe uvetta, i deliziosi strudelini di farro, senza burro e zucchero, la pasta di mandorle e le sfiziose raviole di kamut con succo di mirtilli. E’ inoltre possibile richiedere prodotti da forno personalizzati, in base alle proprie esigenze ed intolleranze ali-mentari. Nel retro del negozio, si può trovare una vasta scelta di prodotti frigoconservati: dagli yogurt e i formaggi di mucca, di capra, di pecora e di soia alle proteine vegetali, quali seitan, tofu, tempeh e Mopur biologico, una gustosa carne vegetale ad altissimo valore proteico, ancora poco conosciuta. Chi tiene ad alimentarsi in modo sano, pur disponendo di poco tempo, può usufruire dell’ampia gamma di pietanze pronte: primi e secondi vegetariani e vegani e, addirittura, crescioni e pizze di vari cere-ali. Agli estimatori del buon vino è riservata una interessante va-rietà di rinomati vini organici bianchi e rossi, anche provenienti da terreni confiscati alle organizzazioni mafiose, senza solfiti: Nero d’Avola, Negroamaro Salento, Prosecco, Grillo, Catarrat-

to, Cabernet, Chianti ed un notevole Brunello di Mon-talcino 2004 Riserva. Il giardino Biologico offre un buon assortimento di integratori alimentari naturali e di fito-terapici, che da settembre, in vista delle stagioni fredde, si arricchirà per contrastare i malanni invernali. Con la volontà di rendere il più completo possibile il servizio offerto, il negozio dispone anche di un reparto dedicato all’igiene personale e alla cosmesi na-turale, oltre a proporre prodotti per la pulizia della casa, tutti completamente vegetali e biodegradabili. Finalmente, per il tuo benessere, il negozio che aspettavi in pie-no centro storico.Vieni a trovarci!

I.P.

Dalla necessità del riutilizzo nascono

nuove forme di espressione

In principio fu Marcel Duchamp, ar-tista francese che nel 1917 espose un orinatoio capovolto ad una espo-sizione di arte contemporanea a New York con il titolo “Fontana”: un gesto simbolico che inau-gurò il concetto di arte readymade, detta anche found object o in fran-cese objet trouvè (oggetto trovato o molto spesso recu-perato), nella quale cose di uso comu-ne, che solitamente non vengono consi-derate opere d’ar-te, vengono private del loro senso pratico e riproposte al pubblico in un contesto artistico. L’idea di elevare lo status degli oggetti secondo questi principi assunse significati politici, so-ciali e commerciali eterogenei. Tante sono le opere readymade (che la cri-tica d’arte Lea Vergine ha ribattezza-to trash art) già entrate nelle collezio-ni dei grandi musei del mondo dopo aver raggiunto quotazioni da capogi-ro, dai combine paintings di Robert Rauschenberg, protagonista della

Pop Art, alle istallazioni dell’artista coreano Nam June Paik eseguite con decine di vecchi televisori. L’artista afroamericano David Hammonds e la libanese Mona Hatoum compongono oggetti quotidiani con riccioli di ca-pelli, Subodh Gupta, indiano, raccon-ta la contraddittorietà del suo Paese in sculture assemblando stoviglie ri-ciclate, il peruviano Jota Castro crea scritte politiche fatte con vari modelli di scarpe della Nike. In Italia c’è chi

realizza sculture con unghie finte laccate e botti-glie di plastica trasparenti come Enrica Borghi, chi invece costrui-sce installazioni a s s e m b l a n d o mobili, lampa-dari e sopram-mobili degli anni Cinquanta come

Flavio Favelli. Nel frattempo è nata una diversa consapevolezza del ri-fiuto: il problema ambientale relati-vo allo smaltimento dei nostri scarti quotidiani - ma anche degli scarti di lavorazione a livello industriale - ha portato la comunità ad interrogarsi sulle soluzioni possibili. Una risposta è arrivata da diversi gruppi di artigia-ni, designer e creativi: non conside-rare l’oggetto scartato solo un rifiuto ma leggere in esso il suo riutilizzo in modo alternativo, ecosostenibile ed

economico prima di buttarlo via nella spazzatura. Una lettura contempora-nea del readymade primordiale, nel quale è chiaro tanto il messaggio creativo quanto quello ecologico. Nascono così le esperienze di eco-design del fiorentino Giovanni Erba-bianca, le cui opere sembrano essere un ponte fra il cassonetto e i salotti di dimore chic. Utilizzando ruote di bicicletta, camere d’aria forate, ma anche bottiglie e assi abbandonate, Er-babianca crea le sue sculture e installazioni lumi-nose, ma anche lampade e abat-jour readyma-de.

Rispet-to per l ’ a m -biente, m a a n -c h e p e r i sog-g e t t i che lo v i v o n o , dei tempi e delle for-me proprie degli indi-vidui: è il messaggio cardine che il grup-po ‘Bassoprofilo.org’

esporta dalle aule della Facoltà di Ar-chitettura di Ferrara. Attraverso wor-kshop aperti a designer e a gruppi di ricerca provenienti da ogni parte del mondo, cercano la miglior soluzione possibile – dal punto di vista funzio-nale, estetico e anche commercia-le- alla necessità di riutilizzare: dalle tavole dei bancali nascono delle pol-trone, da tubi in cartone rigido pro-venienti dalle aziende tessili pezzi di arredamento. Alla buona abitudine di fare la raccolta differenziata dei rifiuti bisogna costruire la migliore abitudine di fare acquisti tenendo presente che meno imballaggio por-tiamo a casa e meglio è, e che, se un tavolino, una sedia o un abito non ci occorrono più, potrebbero servire a qualcun altro per altri scopi, per

esempio alle artigiane delle as-sociazioni Ri-girandola e Awalé.

Designer, stiliste, restauratrici che nella loro bottega-labo-

ratorio -La Bottega di Utilla a Ferrara- raccolgono e studiano un attento riuti-lizzo dei fondi delle nostre

cantine e dei magazzini delle aziende locali ed insegna-

no a chi può essere interessato il “come si fa”. Nascono dunque col-

lezioni di borse e gioielli ready-made, pezzi di a r redamento unici, piccole sculture.

L’arte del rifiuto

Arredamento e sculture da oggetti di scarto

Dal ‘readymade’ un messaggio creativo ed ecologico

Sajaka Kajita Ganz - Fogo