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BEATI QUELLI CHE NON HANNO VISTO E HANNO CREDUTO (Gv 21,29) Adorazione per le Quarant’Ore nell’ANNO DELLA FEDE Qualche indicazione

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BEATI QUELLI CHE NON HANNO VISTO

E HANNO CREDUTO (Gv 21,29)

Adorazione per le Quarant’Ore nell’ANNO DELLA FEDE

Qualche indicazione

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- Questa traccia per l’Ora di Adorazione prevede o Una Guida (G) o Un lettore (L) o Un incaricato per l’intonazione dei canti

E’ opportuno predisporre il fascicolo completo dei testi per tutti i partecipanti. I canti possono essere scelti con questo duplice criterio: siano in sintonia con il Tema della Fede e noti ai partecipanti (si consiglia di riportarli numerati su di un foglio di colore diverso da inserire nel fascicolo). Qui si propongono i seguenti: 1° - Salga a te, Signore (prime due strofe) 2°- Credo in te, Signor (corale: prima strofa) 3° - Tu sei la mia vita (Symbolum: prime due strofe) 4° - Tu sei la mia forza (Symbolum: 3° e 4° strofa) 5°- Ti ringrazio, o mio Signore (oppure: Resta con noi, Signore, la sera)

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Introduzione

Guida

ANNO DELLA FEDE è questo che stiamo vivendo, in comunione con tutta la

Chiesa. Tempo nel quale non solo verificare la reale consistenza del nostro

credere, o cercare di approfondirlo aderendo a opportune iniziative, ma tempo di

grazia anzitutto, vale a dire: opportunità che Dio stesso ci offre, perché proprio in

questo mondo di oggi, per tanti versi indifferente se non ostile alla fede, possiamo

riscoprire la preziosità inestimabile del dono che ci è stato fatto. Perfino le

difficoltà, gli ostacoli, i dubbi che sovente siamo costretti ad affrontare, possono

trasformarsi in occasioni di grazia, in “passaggio pasquale” verso una fede più

convinta e più viva.

Il Pane dell’Eucaristia, esposto sull’altare dinanzi a noi, ci assicura la presenza

tangibile del Signore Gesù. Siamo qui in adorazione: ciò vuol dire che nessun

altro motivo ci ha radunati se non proprio la Fede in lui. Ravviviamola, con

quell’amore con cui egli ci ha amati per primo, e che noi – pur nella nostra

fragilità e debolezza – vorremmo in qualche modo contraccambiare.

Canto: n.1

1. Fede è aprire il cuore all’azione di Dio

Lettore:

Dal Vangelo di Marco (6,1-6) In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma

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solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità.

*** G. La tua Parola, Signore, è luce ai nostri passi. T. Apri il nostro cuore: fa’ che la possiamo accogliere. L. Meditiamo alla presenza del Signore il vangelo che abbiamo ascoltato. La gente di Nazaret – il paese di Gesù - era religiosa: credeva in Dio e

frequentava regolarmente la sinagoga. Ma, come in ogni religione, riteneva che

Dio fosse lontano, inaccessibile… Mai avrebbe immaginato che avesse abitato in

quel villaggio per 30 anni, nella persona di Gesù, che svolgeva il mestiere di

falegname…

Altrove egli aveva operato perfino guarigioni prodigiose su malati che si

accostavano a lui (“la tua Fede ti ha salvato!” era solito dire a ciascuno di loro);

ma al suo paese trovò solo curiosità, voglia di verificare se davvero era così

eccezionale come si diceva in giro… “Si meravigliava della loro incredulità” ci

dice il Vangelo.

L’incredulità può essere paragonata a una casa con le imposte chiuse: il sole può

splendere nel cielo, ma quella casa rimane al buio.

La Fede, infatti, è come il sole. Chi crede, si apre a Dio, e la luce può entrare nella

sua vita.

Non cambiano le situazioni; le cose che si fanno son sempre quelle, ma tutto

prende un altro sapore, altra importanza. Sapersi amati da Dio, è un fatto che

cambia la qualità delle cose, il valore di ciò che si vive. E’ come se la vita – da

grigia qual’era prima – prendesse colore, proprio come un paesaggio illuminato

dal sole. La Fede ha questo effetto.

E’ dono di Dio la Fede. E’ lui il sole che splende, lui che ci offre di

condividere la sua vita: ma se non ci apriamo, se non l’ascoltiamo e non gli diamo

fiducia… nemmeno Dio può far nulla: “Gesù non potè compiere nessun prodigio

al suo paese… e si meravigliava della loro incredulità”.

Sì, è onnipotente Dio, ma rispetta a tal punto la nostra libertà, che può

agire solo se ci apriamo spontaneamente a lui. Di fronte all’incredulità anche Dio

è impotente.

Come il Pane dell’Eucaristia che sta dinanzi a noi sull’altare: cosa di più fragile,

di più povero di quel Pane? Dipende dalla nostra libertà riconoscere quant’è

prezioso, tocca al nostro amore adorarlo.

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Preghiamo nel silenzio perché non l’incredulità, ma la Fede abiti i nostri cuori.

***

Preghiera litanica:

G. E’ dono di Dio la Fede, ma dipende da noi accettarlo oppure rifiutarlo. Nel

ringraziare per questo dono, chiediamo a lui, nostro Padre, che ci liberi

dall’incredulità, così che la sua luce possa entrare nella nostra vita e illuminarla,

per la salvezza nostra e di tutti.

Diciamo assieme: Apri i nostri cuori al tuo dono, o Signore!

T. Apri i nostri cuori al tuo dono, o Signore!

G.

Abramo, per la promessa di Dio non esitò con incredulità, ma si rafforzò

nella fede e diede gloria a Dio. (Rom 4,20)

T. Apri i nostri cuori al tuo dono, o Signore!

G.

Abbiamo ottenuto, mediante la fede, di accedere a questa grazia nella quale

ci troviamo e ci vantiamo nella speranza della gloria di Dio. (Rom 5,2)

T. Apri i nostri cuori al tuo dono, o Signore!

G.

Con il cuore si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa la

professione di fede per avere la salvezza. (Rom 10,10)

T. Apri i nostri cuori al tuo dono, o Signore!

G.

Esaminate voi stessi se siete nella fede, mettetevi alla prova. Non

riconoscete forse che Gesù Cristo abita in voi? (2Cor 13,5)

T. Apri i nostri cuori al tuo dono, o Signore!

G.

6

Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha

amato e ha dato se stesso per me. (Gal 2,20)

T. Apri i nostri cuori al tuo dono, o Signore!

G.

In Cristo Gesù conta solo la fede, che opera per mezzo della carità. (Gal 5,6)

T. Apri i nostri cuori al tuo dono, o Signore!

G.

Voi siete salvi mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio. (Ef 2,8)

T. Apri i nostri cuori al tuo dono, o Signore!

G.

Che il Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, e così, radicati e

fondati nella carità, siate in grado di conoscere il suo amore, che supera

ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio. (Ef 2,17-19)

T. Apri i nostri cuori al tuo dono, o Signore!

G.

Con Cristo siete stati sepolti insieme nel battesimo, in lui siete stati insieme

risuscitati, per la fede nella potenza di Dio che lo ha risuscitato dai morti. (Col 2,12)

T. Apri i nostri cuori al tuo dono, o Signore!

Canto: n.2

2. Fede è fidarsi di Dio anche nell’imperversare delle tempeste

Lettore: Dal vangelo di Marco (4,35-41)

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In quel tempo, venuta la sera, Gesù disse ai Dodici: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?». Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».

* G. La tua Parola, Signore, è luce ai nostri passi. T. Apri il nostro cuore: fa’ che la possiamo accogliere.

L. Meditiamo alla presenza del Signore il vangelo che abbiamo ascoltato.

L'angoscia è la tremenda paura di fronte a una realtà imprecisa e

incombente, che rende impossibile ogni speranza. Spesso noi siamo

angosciati. Di fronte alle difficoltà della vita siamo colti da una paura

profonda che ci paralizza. Siamo come una barca in balia del vento, che la

sbatte qua e là, e delle onde, che minacciano di sommergerla. Siccome le

difficoltà che ci sovrastano sono, molte volte, più forti di noi, diventa

inutile l'appello al coraggio e al sangue freddo. Siamo in preda a forze,

che non dipendono da noi. Perciò temiamo per noi stessi e per quelli che

amiamo. Sono le malattie e specialmente la morte a farci paura.

Spesso ci interroghiamo anche sulla Chiesa e abbiamo paura del suo

futuro, perché ci pare che non ci sia più posto per essa. Tremiamo anche

per la sorte della società, di cui facciamo parte, per gli scandali a catena,

per la corruzione e per l'uccisione delle genuine risorse popolari da parte dei

potenti.

I discepoli in mezzo alla tempesta, mentre Gesù dorme, siamo noi in

mezzo alle difficoltà, da cui usciremo vincitori per intervento di Gesù, che

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comanda al vento e alle onde, e calma tutte le tempeste, cosicché la barca

possa giungere al porto. Nelle difficoltà abbiamo la fiduciosa certezza che

tutti gli avvenimenti della storia sono diretti da Dio per il bene di quelli che

lo amano.

Allora perché abbiamo paura? Perché non abbiamo fiducia in Gesù,

presente nella nostra barca, e non contiamo sulla sua potenza! E anche

perché non sappiamo cogliere gli elementi positivi e i segni di speranza

(anche i più piccoli), che ci sono intorno a noi, anche in un mondo che

sembra andare a rotoli! Il vero motivo sta nel fatto che non li sappiamo

leggere e non abbiamo il coraggio di impegnarci. Il vero credente sa

scoprire i segni positivi della presenza di Gesù nella sua vita e nel suo tempo,

nonostante il suo apparente silenzio.

Dio, infatti, ci parla anche in questa situazione di silenzio. Egli

provoca la nostra fede. Nella generale inconsistenza e provvisorietà delle

cose che sfuggono, quando ci troviamo di fronte al nulla e al vuoto, ci

rimane solo un punto fisso e stabile, sul quale appoggiarci e nel quale poter

confidare. Solo Dio è il nostro sostegno, che dà sicurezza, nella mobilità del tutto.

Gesù, anche se pare addormentato, è comunque sulla nostra barca. In realtà è la

nostra fede che dorme.

Perciò preghiamo in silenzio e chiediamogli di risvegliarla e farla

rivivere. (da Una Comunità legge il Vangelo di Marco, EDB, 1° vol. pp.165.166)

***

Preghiera litanica

G. Preghiamo insieme gli uni per gli altri, e diciamo:

Ridesta la nostra fede, Signore!

T. Ridesta la nostra fede, Signore!

G.

Signore Gesù, Dominatore del vento e di ogni mare in burrasca,ci consola

la certezza che Tu sei con noi in questa traversata che è la vita e la storia

dei nostri giorni. A volte però non badiamo alla Tua presenza, presi come

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siamo dalla presunzione di sfruttare le nostre risorse, di salvarci con le

nostre sicurezze. Allora, ti preghiamo:

T. Ridesta la nostra fede, Signore!

G.

Quando ci ricordiamo di Te, nostro vero e incrollabile sostegno, tu a volte

ci deludi, Signore: sembri addormentato, incurante di noi, silenzioso o

addirittura assente dalla nostra vita. Per quei momenti, ti diciamo:

T. Ridesta la nostra fede, Signore!

G.

Sei così discreto nel tuo stare con noi, che solo dinanzi all’ineluttabile

siamo tentati di ricordarci di Te; Ti cerchiamo, amareggiati e impauriti

perché ti sottrai ai nostri calcoli, alle nostre scadenze. Perciò ti

preghiamo:

T. Ridesta la nostra fede, Signore!

G.

Tu ci educhi alla Fede vera. Ci provochi con la tua imperturbabile calma,

mentre il mare irrompe su di noi. E ti lasci, a tua volta, provocare dalla

nostra angoscia. Grazie, Gesù, per la tua meravigliosa pedagogìa di

Maestro: donaci di confidare in te, aldilà di tutte le paure. Ti preghiamo:

T. Ridesta la nostra fede, Signore!

Canto: n.3

3. Fede è relazione vitale con Cristo

Lettore:

Dal vangelo di Marco (5,21-43)

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In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno. Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male. E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era

uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». 31

I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male». Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.

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* G. La tua Parola, Signore, è luce ai nostri passi. T. Apri il nostro cuore: fa’ che la possiamo accogliere.

L. Meditiamo alla presenza del Signore il vangelo che abbiamo ascoltato.

La Fede non è tema su cui disquisire, non è argomento da salotto; Fede ha a

che vedere con salvezza, e quindi affonda le sue radici nel realismo delle nostre

situazioni umane: solo quello è il suo terreno adatto.

Gesù è rientrato da un viaggio nel territorio dei pagani, è di nuovo di qua dal

lago, allorché si imbatte in Giairo, uno dei capi della comunità, che gli si getta ai

piedi e lo prega con insistenza: “La mia figlioletta sta morendo: vieni!”. E'

una vicenda molto movimentata, se non altro per il gran numero di persone che vi

partecipano; ma ecco che il tutto viene interrotto da quella donna che - tra il resto

- non aveva alcuna intenzione di ostacolare il programma... Cercava di non farsi

notare: sapeva benissimo che la sua malattia (la perdita di sangue) la rendeva

impura per gli Ebrei, e impuro diventava chiunque venisse a contatto con lei: ecco

ciò che la fa agire di nascosto. Si era sparsa tra le folle la convinzione che

bastasse toccare il mantello di Gesù per guarire. “Se riuscirò a toccare il suo

mantello, sarò salvata”. E ci riuscì.

Ma che fede è questa? Una fede molto interessata, certamente; un po’ magica

forse, ancora allo stadio iniziale, ma è comunque Fede. E al suo gesto - di fede -

corrisponde l’effetto: “si sentì guarita dal suo male”. Sì, ma lei aveva pensato:

“Sarò salvata”; per ora è solo guarita. Lo sguardo di Gesù che corre sulla folla

alla ricerca di quella donna, è uno sguardo attento e buono; è mosso dal desiderio

di guardare in volto chi è già entrato in comunicazione con lui; di far maturare

quella fede un po’ magica e impacciata, per farla diventare relazione personale,

dialogo. Solo se la fede è relazione viva con Gesù si sa cos’è “salvezza”.

All’infuori di una tale relazione, parole come “fede” e “salvezza” suonano come

teorie astratte e lontane. Ecco il senso della conclusione del Signore: “Figlia, la

tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male”. Ora sì che è guarita

davvero: la salvezza ha trasfigurato la sua vita.

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Ma la bambina di Giairo, nel frattempo, è morta. “Perché disturbi ancora il

Maestro?”. La risposta di Gesù è rivolta a quel papà, come se sulla scena ci

fossero soltanto loro due; ed è una risposta quanto mai decisa: «Non temere,

soltanto abbi fede!». “E non permise a nessuno di seguirlo” perché questo è

come un parto difficile in cui una fede autentica sta per nascere: non ci devono

essere spettatori.

«Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme».

Ecco come Dio vede quel fenomeno umanamente irreversibile che noi chiamiamo

“morte”. E' sonno. E' dormire. Dio lo vede così.

Solo che noi non lo vediamo così, come lo vede Dio. E allora le alternative

sono queste: o ci si fida dello sguardo di Dio, del suo modo di vedere e di

valutare, anche se va contro le nostre umane evidenze (ed è questo la Fede); o ci

si attiene proprio alle evidenze umane, al buon senso di questo mondo,

giudicando assurda ogni pretesa di andare oltre: ed è l’incredulità, che sconfina

nell’ironia.

Gesù “prese la mano della bambina, e le disse: Talita kum! – che significa:

“Bambina, alzati!”, cioè sorgi, o meglio risorgi. “Ella si alzò, si mise a

camminare... e Gesù ordinò di darle da mangiare”.

Ecco, è un cammino di Fede quello che il vangelo ci ha presentato; un

cammino non è un discorso, è un percorso, un’esperienza da fare. Tutto cambia

quando la Fede è questo: cambiamo noi e cambia la realtà dinanzi a noi. La realtà

infatti non è più solo realismo, il crudo realismo di ciò che si vede e si tocca; la

realtà è anche qualcosa di diverso, aldilà di tutte le evidenze e le smentite. Noi

non lo vediamo, non lo constatiamo, ma Dio sì; e allorché ci fidiamo di Lui,

questo modo di guardare cose e situazioni diventa possibile anche per noi. E' a

questo che Gesù ci conduce. Ci ha accolti tra i suoi discepoli. Ci prende per mano

e ci invita a non temere. Nel silenzio dell’adorazione riascoltiamo il suo invito e

chiediamogli che ci faccia davvero camminare nella Fede.

*

Preghiera litanica

G. Preghiamo insieme gli uni per gli altri, e diciamo:

Crediamo, Signore, ma tu rafforza la nostra fede!

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T. Crediamo, Signore, ma tu rafforza la nostra fede!

G.

Tu sei un Salvatore attento e compassionevole, instancabile testimone di

speranza, Medico che arresti il tuo passo ogni qualvolta si grida il tuo

Nome: lasciati toccare anche da noi, anzi, sii tu stesso, a toccare la nostra

umanità, a cambiare il nostro cuore. Ti preghiamo:

T. Crediamo, Signore, ma tu rafforza la nostra fede!

G.

Tu, Dio dal volto umano, venuto a visitare il tuo popolo. Fa’ che il nostro

credere si riempia di intimità, di relazione, di amicizia con Te. Cèrcaci con

il tuo sguardo intenso e buono, non lasciarci in pace fin che i nostri occhi

non incontrano i tuoi. Ti preghiamo:

T. Crediamo, Signore, ma tu rafforza la nostra fede!

G.

Allorché tutto attorno a noi è in contraddizione con il tuo Vangelo, quando

le evidenze e il buon senso degli uomini ci sollecitano a pensare

diversamente da Te per non sembrare ridicoli, donaci, di non temere:

donaci di credere e basta. Ti preghiamo:

T. Crediamo, Signore, ma tu rafforza la nostra fede!

G.

Facci capire, camminando con Te, che le situazioni, i fatti, la realtà, tutto

è diverso da quello che si vede, da quello che sembra e appare a prima

vista. Donaci di fidarci di te senza condizioni, così da condividere il tuo

sguardo sulle situazioni umane. Portaci a questa fede, Gesù. Ti

preghiamo:

T. Crediamo, Signore, ma tu rafforza la nostra fede!

Canto n.4

***

14

4. Fede è credere senza pretendere di vedere e di toccare

Lettore:

Dal vangelo di Giovanni (20.1-2.11-18)

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!»… (Poi, tornata al sepolcro, se ne) stava all’esterno e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto». Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo». Gesù le disse: «Maria!». Ella si voltò e gli disse in ebraico: «Rabbunì!» – che significa: «Maestro!». Gesù le disse: «Smetti di volermi toccare, ora io salgo al Padre; tu va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”». Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!» e ciò che le aveva detto.

***

G. La tua Parola, Signore, è luce ai nostri passi. T. Apri il nostro cuore: fa’ che la possiamo accogliere.

L. Meditiamo alla presenza del Signore il vangelo che abbiamo ascoltato.

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Un chiaro esempio di credente che deve ancora maturare nella fede è

proprio Maria di Màgdala: va al sepolcro di Gesù di buon mattino, quand'era

ancora buio. Di buon mattino, al buio, ci si muove solo per qualcosa

d’importante, o per Qualcuno che sta veramente a cuore.

Maria non pensa alla risurrezione quando vede ribaltata quella pietra che copriva

l’ingresso del sepolcro. La sua reazione è avventata e precipitosa: “Hanno portato

via il Signore … e non sappiamo dove l’hanno posto!”. Non è certo questa la

notizia di Pasqua, ma intanto questa è la spiegazione che la sua fede le

suggerisce. E la ribadisce come un ritornello che ripete più volte.

Ma non si tratta solo dell’opinione avventata di Maria di Màgdala; questo è

anche il ritornello di ogni fede che non ha ancora superato la soglia della Pasqua;

un ritornello, o meglio, una conclusione amara che, forse con parole diverse,

risuona dentro di noi in un’infinità di occasioni… Il Signore è sparito, Dio s’è

eclissato, “Dio è morto”. Ce l’hanno portato via dall’immaginario religioso della

nostra tradizione, e la sua assenza sembra comprovata dai fatti: la deriva di valori

in ambito sociale cos’altro indica se non la sparizione del Signore? E il venir

meno delle percentuali e delle forze in ambito ecclesiale a tutti i livelli, come

spiegarlo? Per non dire delle molte esperienze personali di prova, fisica o morale:

qual è la prima interpretazione che ognuno è portato a dare? “Hanno portato via

il Signore… non sappiamo dove sia finito il Signore!”.

Ma dobbiamo anche domandarci: il fatto di non vederlo, toccarlo, è davvero

prova della sua assenza? Davvero ci è stato “portato via” come afferma Maria di

Màgdala? E, ancora, il “vedere” e il “toccare”, sono proprio criteri affidabili

nell’esperienza della Fede?

L’apparizione di Gesù risorto risponde alla ricerca e alle lacrime di Maria.

“Chi cerchi?”. Prima di farsi riconoscere la provoca a chiarire il motivo del suo

pianto, la mèta della sua ricerca: è come sollecitarla a mettersi in discussione a

partire da quello che sta vivendo. E questo è necessario non solo per seguire

Cristo in qualche modo, ma perché il credere in lui diventi un credere davvero

“pasquale”.

A certi tornanti della vita, se non si vuole restare preda della sensazione che

“ci hanno portato via il Signore”, occorre accettare di rimettere in discussione se

stessi e i motivi per i quali si crede in lui. Sono sufficienti i motivi che ci hanno

indotto a seguirlo fino ad ora? Il modo in cui avviene l’incontro di Maria di

Magdala con il Risorto è molto istruttivo per noi.

“Si voltò indietro e vide Gesù che stava lì in piedi; ma non sapeva che era

Gesù”. «Voltarsi indietro» era proprio quello che Maria aveva continuato a fare

dentro di sé, da quando aveva visto Gesù morire sulla croce. L’unico Gesù che

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conosceva era appunto indietro: nel suo passato. Maria vedeva, ma non

comprendeva. Per lei, come anche per noi, non era sufficiente vedere per

comprendere: si può vedere e non capire, non riconoscere. Cos’è, allora, che

permette di passare dall’incomprensione, o dalla sensazione del Signore perduto,

alla chiarezza e alla gioia del Signore ritrovato? La comunione con Lui, che è

sempre dono, iniziativa di Gesù stesso.

“Donna, perché piangi?... Maria!”. Chiamandola semplicemente “donna”

non era stato riconosciuto da lei, ma allorché la chiama con il suo nome – Maria –

ecco che lei lo riconosce. Non c’è niente infatti che possa riallacciare una

relazione di comunione con una persona come il chiamarla con il suo nome, e con

quel tono esclusivo di cordialità che lei ben conosce. Fuori da questo contesto di

comunione, di profonda amicizia con lui, nessuno potrà credere che lui, il

Signore, è davvero risorto.

La fede che unisce Maria Maddalena a Cristo è ancora una fede “terra terra”;

una fede che si rappresenta la risurrezione del Maestro come un semplice ritorno a

ciò che era prima. No, non è affatto così. E’ questo il senso delle parole: “Smetti

di volermi toccare”… Gesù non è uscito dal sepolcro per riannodare il filo

spezzato della sua esistenza terrena. Egli sale al Padre. Passa a una condizione

nuova. A una presenza tra noi ben diversa da prima. Maria deve smettere di voler

toccare e vedere Gesù come aveva sempre fatto.

Nei discorsi dell’ultima Cena egli aveva preannunciato: “E’ bene per voi che

io me ne vada…”. Quasi che la sua partenza e il suo ritorno al Padre fossero la

condizione della sua più vera e più reale presenza tra noi. E’ così, infatti: non se

n’è andato il Signore. Aveva detto: “Colui che mi ama io l’amerò e mi farò

conoscere a lui… Il Padre mio l’amerà e noi verremo a lui e dimoreremo presso

di lui” (14,21-23). Se egli lascia i suoi, se sembra sfuggire loro nel momento

stesso in cui appare da Risorto, è per unirli a sé più strettamente di prima: come

fratelli, e dimorare in loro per sempre.

Questa è la fede pasquale alla quale il Signore ci vuole condurre.

***

G.

Conceda anche a noi il Signore, come a Maria di Màgdala, come a

Tommaso, di maturare una Fede umile e forte, perseverante e fedele.

Riempia di amore il nostro credere, così da rendere superfluo il bisogno di

vedere e di toccare, e la nostra esistenza di credenti possa offrire una

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testimonianza gioiosa a tutti coloro che incontriamo. Ripetiamo come

augurio e preghiera queste parole di Gesù:

Beati coloro che, pur non avendo visto, hanno creduto!

T. Beati coloro che, pur non avendo visto, hanno creduto! G.

A quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli

che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né

da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. (Gv 1,12.13)

T. Beati coloro che, pur non avendo visto, hanno creduto!

G.

Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché

chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. (Gv 3,16)

T. Beati coloro che, pur non avendo visto, hanno creduto!

G.

Gli apostoli dissero a Gesù: “Aumenta la nostra fede!”. Egli rispose: “Se

aveste fede quanto un granellino di senapa, potreste dire a questo gelso: Sii

sradicato e trapiantato nel mare, ed esso vi ascolterebbe”. (Lc 17,6)

T. Beati coloro che, pur non avendo visto, hanno creduto!

G.

Io vi dico: tutto quello che domandate nella preghiera, abbiate fede di

averlo ottenuto e vi sarà accordato. (Mc 11,24)

T. Beati coloro che, pur non avendo visto, hanno creduto! G.

In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi

ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato

dalla morte alla vita. (Gv5,24)

T. Beati coloro che, pur non avendo visto, hanno creduto! G.

18

Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in

me non avrà più sete. (Gv 6,35)

T. Beati coloro che, pur non avendo visto, hanno creduto! G.

Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in

me” (Gv 14,1)

T. Beati coloro che, pur non avendo visto, hanno creduto!

Questa è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in

lui abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell'ultimo giorno. (Gv6,40)

T. Beati coloro che, pur non avendo visto, hanno creduto! G.

Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà;

chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. (Gv11,25.26)

T. Beati coloro che, pur non avendo visto, hanno creduto! G.

Gesù disse a Tommaso: “Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi

la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma

credente!”. (Gv 20,27)

T. Beati coloro che, pur non avendo visto, hanno creduto! G.

Noi non guardiamo più nessuno alla maniera umana; se anche abbiamo

conosciuto Cristo alla maniera umana, ora non lo conosciamo più così. (2Cor 5,16).

T. Beati coloro che, pur non avendo visto, hanno creduto!

G.

Con la stessa fede con cui abbiamo adorato Gesù nel Pane dell’Eucaristia,

preghiamo ora il Padre con gli stessi sentimenti di fiducia e diciamo: PADRE NOSTRO…

19

Canto finale: n.5

Benedizione

G.

Benediciamo Dio, nostro Padre, per il dono della Fede che ha posto nei

nostri cuori. In questa Fede egli ci custodisca e ci conceda di rinvigorirla,

per poter camminare sulle orme di Cristo tutti i giorni della nostra vita.

T. Amen

G. Ed egli, il Dio onnipotente – Padre e Figlio e Spirito santo – benedica

noi tutti, ci liberi da ogni male e ci conservi nella sua pace.

T. Amen