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Con queste righe tra le mani e con le coordi- nate del nostro Patto Comunitario sul Fare strada nel Creato, la commissione Mira del Consiglio Nazionale ha iniziato il proprio lavo- ro su questo tema, per essere di aiuto e di supporto alle Comunità nel comprendere ap- pieno l’urgenza e la drammaticità del proble- ma ambientale. Dobbiamo prendere atto che si rende necessaria una corresponsabilità della famiglia umana per questa nostra casa che è il pianeta Terra, l’unica che abbiamo! Nasce anche da questo uno stile di vita cri- stiano, che si esprime in atteggiamenti e com- portamenti personalizzati e comunitari, stili che devono incidere non solo sulle nostre tasche o sui nostri consumi, ma anche tra- sformare in profondità le nostre relazioni e la cultura del territorio. La Centesimus Annus (36) insegna che «È necessario … adoperarsi per costruire stili di vita, nei quali la ricerca del vero, del bello e del buono e la comunione con gli altri uomini per una crescita comune siano gli elementi che determinano le scelte dei consumi, dei risparmi, degli investimenti». Ecco che la questione ambientale ci apre ad interrogativi personali e collettivi non indiffe- renti; ad esempio: 1) armonia interiore dell’uomo e armonia del mondo sono un binomio inscindibile per il futuro del mondo? 2) le politiche per salvaguardare i beni della terra fanno parte delle politiche sociali? 3) qual’è l’uomo nuovo meno aggressivo ver- so il pianeta? Ma soprattutto come scout: 4) cosa può fare lo scautismo adulto in Italia in favore delle politiche ambientali? 5) cosa può significare promuovere cono- scenze e competenze sulle tematiche del- lo sviluppo sostenibile? La proposta educativa scout si caratterizza anche per il contatto con la natura, ed è pro- prio questo amore per il Creato consegnatoci ad esso dal Creatore che ha reso gli scout degli ambientalisti ante litteram. L’amore per il Creato, che si esprime anche tramite attività di servizio volte a mantenere «L’uomo, creatura privilegiata in quanto co- sciente e responsabile, oggi più che mai in- fluisce con le sue scelte sul Creato intero. La consapevolezza della capacità di incidere po- sitivamente o negativamente sull’ambiente e sul territorio richiede all’AS di qualificare la propria formazione e di verificare il proprio stile di vita per valutare e sperimentare il pos- sibile cambiamento. La dimensione locale e globale delle proble- matiche naturali e territoriali richiede che gli A.S. e le Comunità riconoscano nel proprio territorio le opportunità di conoscenza e im- pegno, di tradizione e di innovazione, di emo- zione e di cultura. Gli adulti scout sono con- sapevoli che sostenibilità ambientale, legali- tà, equità e solidarietà sono componenti in- scindibili per una migliore qualità della vita in- dividuale e collettiva. Ne consegue l’impegno per: promuovere conoscenze e competenze sulle tematiche della tutela della natura e del territorio nell’ottica della legalità e della sostenibilità fornendo alle Comunità idonei strumenti; proporre iniziative per testimoniare presso la società e le istituzioni le scelte di sobrie- tà ed essenzialità, ad iniziare dalle attività nazionali». (dalle linee programmatiche del MASCI 2007- 2010, approvate dall’Assemblea di Montesil- vano 18-21 ottobre 2007) Aver cura della nostra casa: «L’uomo e il creato» Sonia Mondin Coordinatore della Commissione Mira 1 Strade Aperte n. 6/2008 Presentazione

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Con queste righe tra le mani e con le coordi-nate del nostro Patto Comunitario sul Farestrada nel Creato, la commissione Mira delConsiglio Nazionale ha iniziato il proprio lavo-ro su questo tema, per essere di aiuto e disupporto alle Comunità nel comprendere ap-pieno l’urgenza e la drammaticità del proble-ma ambientale. Dobbiamo prendere atto chesi rende necessaria una corresponsabilitàdella famiglia umana per questa nostra casache è il pianeta Terra, l’unica che abbiamo!Nasce anche da questo uno stile di vita cri-stiano, che si esprime in atteggiamenti e com-portamenti personalizzati e comunitari, stiliche devono incidere non solo sulle nostretasche o sui nostri consumi, ma anche tra-sformare in profondità le nostre relazioni e lacultura del territorio.La Centesimus Annus (36) insegna che «Ènecessario … adoperarsi per costruire stili divita, nei quali la ricerca del vero, del bello edel buono e la comunione con gli altri uominiper una crescita comune siano gli elementiche determinano le scelte dei consumi, deirisparmi, degli investimenti».Ecco che la questione ambientale ci apre adinterrogativi personali e collettivi non indiffe-renti; ad esempio:1) armonia interiore dell’uomo e armonia del

mondo sono un binomio inscindibile per ilfuturo del mondo?

2) le politiche per salvaguardare i beni dellaterra fanno parte delle politiche sociali?

3) qual’è l’uomo nuovo meno aggressivo ver-so il pianeta?

Ma soprattutto come scout:4) cosa può fare lo scautismo adulto in Italia

in favore delle politiche ambientali?5) cosa può significare promuovere cono-

scenze e competenze sulle tematiche del-lo sviluppo sostenibile?

La proposta educativa scout si caratterizzaanche per il contatto con la natura, ed è pro-prio questo amore per il Creato consegnatociad esso dal Creatore che ha reso gli scoutdegli ambientalisti ante litteram.L’amore per il Creato, che si esprime anchetramite attività di servizio volte a mantenere

«L’uomo, creatura privilegiata in quanto co-sciente e responsabile, oggi più che mai in-fluisce con le sue scelte sul Creato intero. Laconsapevolezza della capacità di incidere po-sitivamente o negativamente sull’ambiente esul territorio richiede all’AS di qualificare lapropria formazione e di verificare il propriostile di vita per valutare e sperimentare il pos-sibile cambiamento.La dimensione locale e globale delle proble-matiche naturali e territoriali richiede che gliA.S. e le Comunità riconoscano nel proprioterritorio le opportunità di conoscenza e im-pegno, di tradizione e di innovazione, di emo-zione e di cultura. Gli adulti scout sono con-sapevoli che sostenibilità ambientale, legali-tà, equità e solidarietà sono componenti in-scindibili per una migliore qualità della vita in-dividuale e collettiva.Ne consegue l’impegno per:• promuovere conoscenze e competenze

sulle tematiche della tutela della natura edel territorio nell’ottica della legalità edella sostenibilità fornendo alle Comunitàidonei strumenti;

• proporre iniziative per testimoniare pressola società e le istituzioni le scelte di sobrie-tà ed essenzialità, ad iniziare dalle attivitànazionali».

(dalle linee programmatiche del MASCI 2007-2010, approvate dall’Assemblea di Montesil-vano 18-21 ottobre 2007)

Aver cura della nostra casa:«L’uomo e il creato»

Sonia Mondin Coordinatore della Commissione Mira

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fuse ad ampio raggio, e questo chiama tuttiad essere responsabilmente in azione comescout, superando la tentazione dei luoghi co-muni (non conta niente, siamo troppo pochi,è inutile):• raccolta differenziata, a casa e nei momen-

ti comuni (incontri, feste, ecc.);• preferire prodotti con imballaggi leggeri e

riciclabili;• compost come riciclo della frazione umida;• raccolta di giochi usati, mobilio dismesso,

abiti usati, tappi di plastica ecc: attività po-co impegnative ma sicuramente efficaci;

• ridurre gli sprechi di acqua: ad esempio riu-tilizzando l’acqua usata per lavare le verdu-re come acqua per innaffiare le piante oper lo sciacquone;

• preferire l’acqua dell’acquedotto al postodell’acqua in bottiglia;

• ridurre gli sprechi di energia elettrica: usa-re lampadine a basso consumo, spegneregli stand by degli elettrodomestici…;

• fare la spesa passando dal «non so se cibasta» al «ci può bastare»;

• promuovere attività e progetti volti a sensi-bilizzare al bene comune, in collaborazio-

l’armonia tra l’uomo e l’ambiente, è un pila-stro della pedagogia scout e proprio comescout, di fronte alle emergenze ambientali,non possiamo rinunciare a essere segno visi-bile con azioni concrete, ad esempio:• dare testimonianza, per primi, con stili di

vita essenziali e rispettosi;• essere più consapevoli dei problemi am-

bientali, attraverso un’informazione pun-tuale e approfondita;

• proporre opportunità formative in materiadi ecologia, ambiente, creato;

• promuovere azioni di educazione ambien-tale anche con iniziative pratiche e tangibi-li all’interno dei nostri territori;

• costruire reti di relazioni con altre associa-zioni, lavorare in sinergia con gli enti.

IL CAMBIAMENTO PASSA PER AZIONI CONCRETE

Ci sono varie iniziative che nelle famiglie enelle nostre comunità segnalano l’attenzionee la responsabilità verso i temi ambientali:sicuramente devono essere promosse e dif-

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associazioni, alle amministrazioni; partecipa-re alle iniziative in materia ambientale e delbuon vivere comune). Potremmo ancora ag-giungere, come fondamentali:• ricercare e richiedere una informazione

corretta;• aprire un dialogo con i politici;• incoraggiare i giovani all’impegno politico

come grande forma di servizio.

SIATE COME UNA GOCCIA

Per rispondere agli orientamenti assembleaririguardo ai temi della sostenibilità, dell’am-biente, dell’uso delle risorse ecc., la commis-sione Mira ha concordato con il Consiglio Na-zionale di curare il numero di STRADE APERTEinteramente dedicato a questo argomento.

Per il resto, sappiamo di essere solo una goc-cia d’acqua. Come diceva Madre Teresa:«Quello che noi facciamo è solo una goccianell’oceano, ma se non lo facessimo l’ocea-no avrebbe una goccia in meno».Lo scautismo, che ci esorta a lasciare il mon-do migliore di come l’abbiamo trovato, ci aiutiad essere questa goccia!

ne con altre agenzie: giornate ecologiche,il mese etico;

• offrire la nostra disponibilità ai docenti del-le scuole per promuovere tra i ragazzi azio-ni di sensibilizzazione e attività particolariin materia di sviluppo sostenibile.

L’IMPEGNO POLITICO COME AZIONE CHE CAMBIA LE COSE

Le parti 6, 7 ed 8 del Patto Comunitario sono,necessariamente, scritte separatamente. Mavanno considerate come se fossero le tre coor-dinate che definiscono il percorso di educazio-ne permanente dell’Adulto Scout e delleComunità. Le tre parti insomma descrivono gliassi dello spazio educativo in cui si inserisce latraiettoria che ogni AS e ogni Comunità scelgo-no di percorrere (in movimento quindi). Trascu-rare uno degli assi appiattisce il percorso e nedetermina la sua incompletezza. Potremmo ri-collegare le tre strade del Patto Comunitarioagli aspetti che fanno dell’uomo un unicuumnel Creato: la dimensione spirituale (fare stra-da nel cuore), quella animale (fare strada nelcreato), quella sociale (fare strada nella città).La politica è l’arte del vivere assieme; sonopolitiche tutte le azioni che riescono a incide-re nel modo di vivere assieme: ecco che l’im-pegno personale di ciascuno di noi e le azio-ni che svolgiamo come Comunità, quandopropongono stili di vita diversi e più sobri,diventano proposte politiche.L’impegno politico ci chiede in primo luogo dinon aver paura di esporci per gli ideali in cuicrediamo; per questo, siamo chiamati ad in-tervenire anche nei programmi della politicarispetto alle tematiche dell’ambiente, richia-mando alla responsabilità verso una vita mi-gliore per tutti, rispettosa e custode delle ri-sorse che ci sono state donate.È ovvio che per costruire una mentalità politi-ca rispettosa del creato, per essere quindibuoni custodi della casa che ci è stata affida-ta, sono necessarie azioni in sinergia tra diloro. Molte sono comprese negli esempi pre-cedenti (lavorare insieme agli enti, alle altre

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INTERVENTO AL CONVEGNO DELLE DIOCESI DEL LAZIO, 28/02/2008,

GRAND HOTEL DUCA D’ESTE TIVOLI TERME

IL GEMITO DELLA CREAZIONE NELL’ATTESA DELLA RIVELAZIONE

DEI FIGLI DI DIO

Sul tema vorrei proporre una riflessione inmaniera molto essenziale, anche se su unpercorso non del tutto semplice. Dovremopartire da una lieve analisi esegetica inizialeperché il testo che è alla base della nostraricerca è tutt’altro che di immediata compren-sione, anzi è denso, e costituisce il cuore diquel capolavoro paolino che è la Lettera aiRomani, forse il picco stesso di tutta l’archi-tettura dell’opera.Il primo movimento perciò del mio interven-to sarà più rigoroso, legato al testo origina-le che è scritto in greco e talora non è resoa sufficienza dalle traduzioni. Già Cervan-tes, il grande autore del Don Chisciotte, ciricordava che ogni traduzione è come il rove-scio di un arazzo che non ha lo splendoredella facciata, presenta invece fili che cado-no, colori meno squillanti. Il secondo mo-mento lo vorrei riservare ad una riflessionedi tipo teologico.

PRIMO MOVIMENTO: IL TESTO PAOLINO

Cominciamo con la Lettera ai Romani al capi-tolo VIII. Dobbiamo partire dal versetto 19che mette in scena, con una personificazionemolto possente, la creazione in un atteggia-mento che è reso con un vocabolo greco didifficile traduzione, apokaradokía, che lette-ralmente significa: uno che sta con il capoeretto guardando da lontano una meta chevuole raggiungere. Paolo quindi immagina lacreazione che tiene alta la testa quasi fosseuna donna, una figura umana, in attesa spa-smodica della persona cara che ritarda nel-l’arrivo. La creazione, che cosa attende? Pao-lo dice: attende la apocalisse dei figli di Dio,cioè lo svelamento di una misteriosa identitàdell’umanità la quale è la parte privilegiatadel grembo della creazione. Il mondo, perciò,guarda noi con occhi fissi, con sguardo teso,con capo eretto.Ed ecco il versetto 20. Perché questa attesacosì spasmodica? Perché – dice Paolo – lanatura è stanca, è schiava della caducità edella vanità. Il termine greco (mataiótes)usato non indica soltanto, come a prima vistasembra anche nella traduzione della CEI, lacaducità, cioè il fatto che la natura è consa-pevole di avere in sé uno stigma di finito, dimortale, di caduco. Nel vocabolo greco siindica qualcosa di più pericoloso, più grave,ed è la vanità del male, del peccato. Il termi-ne, nella sua matrice anticotestamentaria,indica l’idolo. Quindi attende qualcosa di piùdella semplice rottura della prigione del limi-te, della finitudine, ma una liberazione piùradicale, anche spirituale.Versetto 21. Qual è questa attesa? La crea-zione nutre la speranza – e qui Paolo usa perdue volte in un versetto un vocabolo che gli ècaro – di essere lei pure, come i figli di Dio,“liberata dalla schiavitù della corruzione, perentrare nella libertà della gloria dei figli diDio”. L’attesa cosmica, nella concezione pao-lina, non è semplicemente il non finire più, ilnon esplodere più, il non essere più ridotta aquel nulla da cui è partita, ma è quello di

Dio, l’uomo e la tutela del creato

S.E. Mons. Gianfranco Ravasi

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pone un dolore fecondo, un gemito che ha insé un dinamismo verso una pienezza e nonverso un vuoto. È un gemito che fa parte delleparole così dolci che ha detto Gesù l’ultimasera della sua vita terrena quando è salito alpiano superiore di una casa di Gerusalemmeper celebrare quella cena con i suoi amici, nelcenacolo. Allora Cristo ha rappresentato –stando al linguaggio giovanneo – la madre chesta per partorire e che prova i dolori emblema-ticamente più forti; eppure essi sono ancheparadossalmente vitali perché poi la madre èpiena di gioia, essendo venuta al mondoancora una creatura.È nella stessa maniera che Paolo presentaquesta tensione, questo gemito oscuro e se-greto del creato, come un gemito che in séha una dimensione luminosa, trasfigurante.Attorno a questo versetto si è poi intrecciatala riflessione di Teilhard de Chardin a propo-sito della sua interpretazione dell’evoluzione.Per quanto si possa discutere, è fuor di dub-bio che in questo versetto c’è la rappresenta-zione di un creato che non è votato a mecca-nismi meramente biologici o fisici, ma uncreato che ha in sé quasi una scintilla disenso. È questa l’attitudine con la quale il cri-stianesimo – ma anche tutte le grandi religio-ni – si sono accostate al cosmo, tant’è veroche dovremmo piuttosto usare il vocabolocosmo, più che non natura, e cosmo in grecosignifica qualcosa di ordinato, frutto di undisegno, di un progetto.Versetto 23. Ecco a questo punto un secon-do gemito: non solo il creato, ma anche noiche possediamo le primizie dello Spirito ge-miamo in noi stessi, interiormente. Il secon-do gemito è quello dei figli, di coloro chehanno già cominciato ad avere le primiziedello Spirito, che hanno dentro di sé la scin-tilla della redenzione. Paolo parla, perciò,del gemito dei credenti e indubbiamentepensa a coloro che hanno ricevuto la primi-zia dello Spirito nel Battesimo. Anch’essigemono. Anche noi, dunque, siamo insoddi-sfatti e in tensione. L’umanità è in attesa, èin movimento, è in dinamismo, è in evoluzio-ne verso uno stato ulteriore. E anche questa

entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio,cioè di entrare nel Regno, in un progetto chenon è cosmologico soltanto, ma – usando laterminologia teologica – soteriologico, di sal-vezza. Non si tratta, quindi, di una questionefisica, ma spirituale. Ed è a questo punto cheentrano in scena i versetti del titolo del nostrodiscorso: il “gemito” della creazione nell’atte-sa della rivelazione dei figlio di Dio. Il gemito:questo è il simbolo fondamentale che Paolousa per descrivere la tensione costante dellanatura, della creazione. Tre sono i gemiti chePaolo intreccia.Versetto 22: la prima a gemere è la creazionestessa. La natura geme (systenázei) e Paolovuole precisare quale siano le tipologie di talegemito. I gemiti sono tanti: c’è, ad esempio, ilmalato in ospedale che, sotto l’incomberedella sofferenza fisica, geme, e questo è ungemito vuoto, che tante volte può avere comeapprodo la desolazione, perfino la disperazio-ne, la morte. Paolo, allora, aggiunge subito unaltro verbo (synodínei), che fa riferimento allamento nelle doglie del parto. Egli allora pro-

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gemito dello Spirito di Dio, ineffabile, inespri-mibile? La risposta principale, tra le molte chesono state date, è questa: non esiste soltan-to da parte nostra il desiderio di poterci libe-rare dal male, dai condizionamenti temporalie spaziali, dal limite creaturale e del male, delpeccato (per usare l’espressione del filosofoRicoeur, dalla finitudine e dalla colpevolezza),c’è anche Dio stesso che, dentro di noi conti-nua, lui stesso, a gemere perché vorrebbe giàaverci con lui. Il suo Spirito, lo Spirito trasfor-matore vorrebbe già che la trasformazionefosse compiuta. “Colui che scruta i cuori –conclude Paolo – sa quali sono i desideri delloSpirito che intercede per i santi (credenti)secondo la volontà divina”. Dio solo conosceil significato profondo di quel gemito inespri-mibile che noi non riusciamo a capire, che èdentro di noi e che è probabilmente il grandeanelito di Dio di averci con lui e di averci persempre con lui, liberati dalla corruzione dellamorte e del peccato.Tre gemiti, quindi, che si intrecciano tutti traloro e diventano un gemito solo, quello di farsì che tutto l’essere venga ormai portatoalla pienezza della redenzione. E la pienezzadella redenzione avverrà, – la esprimiamocon le parole paoline (1Cor 15,28) – quando“Dio sarà tutto in tutti”. Tutto in tutti: tutti gliuomini? o tutte le cose? Se consideriamo ilpensiero paolino e il capitolo VIII della Lette-ra ai Romani, dovremmo dire che il sogno diDio è quello di essere tutto in tutti noi e intutte le cose, attraverso l’opera di salvezza edi redenzione.

SECONDO MOVIMENTO: UNA RIFLESSIONE TEOLOGICA

A questo punto passerei al secondo movi-mento della riflessione e cioè a una conside-razione di tipo teologico che potremmo intito-lare così: c’è una vera e propria sinfonia tranatura, umanità e Dio. Essa ha come metala redenzione piena cosmica, la redenzionetotale. La redenzione cioè non è una questio-ne che tocca solo l’antropologia, è una real-

è una tensione feconda perché stiamo, dalontano ancora, attendendo la filiazione divi-na e la redenzione del nostro corpo. Paolo inquesto caso ha usato una espressione cheha un significato particolare perché parla diredenzione del nostro corpo e nel linguaggiobiblico il corpo è la totalità dell’essere. Perla Bibbia non abbiamo un corpo, comesarebbe vero per il mondo greco, noi siamoun corpo perché il corpo è quasi il compen-dio della totalità dell’essere, ivi compresa ladimensione spirituale.Come la creazione aspetta di essere libera-ta, di avere quella libertà suprema, così an-che noi aspettiamo di avere la libertà pienache è non soltanto l’eternità, ma è la vitaeterna (nel linguaggio giovanneo è la vitastessa di Dio). Non si tratta di una qualitàmeramente metafisica, è una grazia, undono. Non è perciò l’immortalità dell’animache noi aspettiamo. Quella la aspettano igreci ed è una qualità – come Platone inse-gnava nel Fedone – specifica, metafisica,dell’anima. Argomentava, infatti, il celebrefilosofo greco: l’anima è semplice, quindinon può corrompersi, è dunque immortale.Noi non attendiamo una pura e sempliceconferma metafisica del nostro essere, at-tendiamo la vita eterna e per questo il nostrogemito deve essere ardente, perché ciò cheaspettiamo è l’abbraccio con quel Dio dallecui mani siamo usciti e del cui amore noisiamo testimoni durante l’esperienza terre-na. Abbiamo infatti sempre sentito vicino ildesiderio di Dio di abbracciarci e attirarciancora a sé. È, questo, il tema della grazia,che è di sua natura un dono e non un pos-sesso necessario della creatura umana.Terzo gemito, versetto 26. Lo Spirito stesso diDio geme. “Viene in aiuto alla nostra debolez-za perché non sappiamo cosa sia convenien-te domandare, e lo Spirito stesso intercedeintensamente con gemiti ineffabili”. Su que-sto versetto dobbiamo dire che l’esegesi siaccanisce da sempre con esiti non definitivi.Che cosa significa che in noi, oltre al gemitoesterno della creazione, oltre al nostro gemi-to personale, c’è anche il gemito divino, il

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creato nel sesto giorno. Noi che siamo, nellavisione biblica, coloro che devono dare sensoal creato, noi che abbiamo una investitura di-vina di viceré, nei confronti del creato, noi ap-parteniamo al sesto giorno. Quindi la creazio-ne è nella prigione del sesto giorno, è limita-ta, caduca, imperfetta. Il racconto della crea-zione comprende, però, come punto termina-le il settimo giorno e il settimo giorno non èpiù simbolicamente collocato nel tempo, è in-vece l’eterno, è il sabato, il sabato per eccel-lenza, il momento in cui l’uomo sperimental’ingresso nel divino perché egli parla con Dioe supera il limite.Ecco allora che tutto il creato – attraverso lamediazione dell’uomo, che è il liturgo delcosmo e ha il compito di essere il sacerdotedel creato – entra nel settimo giorno e il set-timo giorno è il tempo di Dio, il riposo, in cuinon c’è più la successione del prima e delpoi, ma c’è solo un istante perfetto. Tutto ilcreato noi lo dobbiamo portare a Dio attraver-so la nostra esperienza del culto. La funzionedella liturgia è quella di far convergere tutti isei giorni profani verso la pienezza della san-tificazione e della liberazione dal limite nelsabato divino.Come diceva Abraham Heschel, mistico efilosofo ebreo, se guardiamo una foglia allaluce del sole vediamo che è costituita da unreticolo di nervature e da un tessuto connet-tivo. Se fosse tutto reticolo sarebbe un mo-stro, si raggrinzirebbe. Se fosse solo tessu-to connettivo, si dissolverebbe perché nonavrebbe sostegno e alimento. Ecco, allora,la necessità di immettere attraverso la pre-ghiera l’eterno nel tempo, l’infinito nel fini-to, come una foglia che sostiene tutto il tes-suto connettivo attraverso il reticolo. Il sa-bato è il reticolo e il tessuto connettivo sonoi sei giorni feriali.Vorrei citare le parole di Emily Dickinson, poe-tessa americana dell’Ottocento, di forte im-pronta mistica, che scriveva: «Questo mondonon è Conclusione, / un seguito è al di là, /invisibile come la musica, / forte come il suo-no. / A noi ora fa segno e poi sfugge. / Filo-sofia non lo sa. / È la fede, alla fine, / a pe-

tà che avvolge tutto l’Essere, l’Essere inquanto tale. Vorremmo riproporre due testibiblici che ci dimostrano come tempo e spa-zio, creatura e creazione, sono destinati adaffacciarsi e a entrare nella regione dell’eter-no e dell’infinito di Dio. In pratica usandoun’altra espressione, tipicamente cristiana,possiamo dire che il destino dell’esseretotale è la risurrezione, laddove per risurre-zione non si intende la banalizzazione delconcetto attraverso la mera rianimazione diun cadavere o la ricomposizione pienamentefisiologica di un corpo. La risurrezione cri-stiana è la ricomposizione piena dell’essere,la ricreazione nella sua pienezza, quella pie-nezza con cui Dio aveva concepito la realtà.Naturalmente il limite e soprattutto la libertàdell’uomo hanno devastato, ferito, il proget-to di Dio, ma il Creatore sogna e vuole cheesso si ricomponga e si attui pienamente.Questa è la risurrezione, la nuova creazionedi cui parla Paolo.Ci baseremo su due testi, letti in manieramolto sintetica ed essenziale. Il primo testoè Genesi 1, pagina indiscutibilmente neces-saria tutte le volte che si parla della creazio-ne, quella pagina che comincia con una paro-la divina. La creazione, infatti, è per la Bibbiauna parola, è un evento sonoro, è una musi-ca, non è una fatica di Dio, è quasi un cantodi Dio. «Dio disse: “Sia la luce” e la luce fu».È l’incipit della creazione, di quell’avventurapoi distribuita nei sei giorni. Non c’è, comenelle cosmologie orientali la fatica della divi-nità nel creare o la lotta intra-divina, la teo-machia, per cancellare il dio del nulla. Ebbe-ne, facciamo una sola riflessione su questapagina, che meriterebbe un’esegesi tanto èaffascinante nonostante la ritualità ieraticadel suo procedere litanico a formule fisse. Lacreazione è compiuta in sei giorni. Sei è pereccellenza, nel linguaggio della Bibbia il nu-mero dell’imperfezione. Nell’Apocalisse, co-munque lo si interpreti, il numero della Be-stia, della negazione di Dio, è 666, è il 6 mol-tiplicato. E il 6 è il 7 meno 1. Il 7 è la pienez-za nella simbologia numerica che sta allabase della tradizione orientale. Ora l’uomo è

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CONCLUSIONE

Concludendo, possiamo dire che l’escatolo-gia che la Bibbia ci presenta non è né a-sto-rica, né a-cosmica.La storia e il cosmo saranno assunti in Dio,redenti e trasfigurati.È per questo che l’uomo deve allora ininter-rottamente considerare se stesso come og-getto di un gemito di Dio, di un anelitoredentore divino e considerare il mondo noncome una realtà che è destinata alla confla-grazione finale (come insegnava l’apocalitti-ca che disprezzava il tempo e lo spazio, laterra, la nostra realtà umana, i nostri corpi,perché sono realtà di peccato destinate adessere consunte in quella conflagrazionefinale).Per il cristiano sono, invece, tutte realtà pre-ziose nonostante la loro fragilità. Il nostrocompito è, allora, quello di riuscire a coglie-re ininterrottamente dentro di noi il gemito ea individuare il seme di eternità che cimostri il destino di redenzione a cui è chia-mata la creazione e a cui siamo chiamatianche noi.Concludiamo questa considerazione con leparole di un poeta, Thomas S. Eliot.Nei suoi Quattro quartetti, ci invita a coglie-re il punto di intersezione tra il tempo e ilsenza-tempo e questa, che – come egli dice– è una occupazione da santi, è qualcosache si può capire soltanto attraverso undono.È possibile attraverso l’unica esperienzache non è di filosofia, ma d’amore, di dona-zione. Di donazione al mondo e agli altri.Solo così comprendiamo che in noi c’èl’eterno. Concludiamo, allora, con le sueparole: «Quanto ad afferrare / il punto diintersezione tra l’eterno e il tempo / si trat-ta di una occupazione da santo/ – nontanto un’occupazione – / ma è qualcosache ci è donato e ricevuto / in un morired’amore / durante un’intera vita / nell’ab-negazione di sé e nella resa totale e abban-donata di sé / all’eterno e all’infinito».

netrare l’Enigma. / I narcotici non possonoplacare / il dente che rode l’anima». Quan-d’anche continuiamo a mettere narcotici nel-l’anima che sono poi le banalità, le ovvietà,le superficialità della vita, le cose non riesco-no ad ottundere questo dente che continua-mente ci duole, il dente dell’anima.Il secondo e ultimo testo a cui facciamo rife-rimento è Apocalisse 21. In parallelo con laprima creazione, si ha una nuova creazione,la piena creazione, la nuova Gerusalemme.Vorrei soltanto notare due versetti del capito-lo 21 che offrono due curiose indicazioni.Versetto 21: «La città non ha bisogno dellaluce del sole né della luce della luna perchéla gloria di Dio la illumina e la sua lampadaè l’Agnello». Nella creazione redenta, non cisarà più il tempo, non avremo più bisognodegli orologi cosmici, il sole e la luna, cheindicano il fluire del tempo. Ormai avremo laluce per eccellenza, la luce continua.Finisce il tempo e inizia l’eterno che non èuna fila continua di giorni che non finisconomai (sarebbero alla fine una maledizione).L’eterno è un punto di pienezza. Si ricordi ilFaust di Goethe che anela all’attimo per fet-to in cui c’è tutto, come in un microcosmo,in cui si condensa tutta l’esperienza, tutto ilfascino, tutta la bellezza, tutta la pienezzadi ciò che noi disseminiamo nell’esistenzache è qui e ora, che è un poi, che è un dopoe che è un prima…Il versetto 22: «Guardai, non vidi in essa nes-sun tempio perché il Signore Dio, l’Onnipo-tente e l’Agnello sono il suo tempio». Finisceanche lo spazio, tant’è vero che la planime-tria di Gerusalemme è del tutto fantasiosa esimbolica; non è più la planimetria di unacittà storica e topografica, è ormai priva an-che dello spazio più importante, quello deltempio. Mircea Eliade, grande storico dellereligioni, insegnava che l’uomo formulal’esperienza dello spazio costruendo il cen-tro; e il centro è il tempio, è l’area sacra. Nel-la Gerusalemme celeste non ci sarà più biso-gno di un tempio perché non ci sarà più lospazio, noi saremo ormai nell’infinito di Dio,quell’infinito che è Dio stesso.

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All’inizio del secondo secolo di vita del Movi-mento scout è pertanto lecito domandarsi,secondo un’ottica adulta: come stiamo vi-vendo quel rapporto privilegiato con il Crea-to? Cosa rappresenta, in termini di impegnopersonale, di pratica attuazione dei contenu-ti della Promessa?Ed eccoci alla seconda domanda. Ho la sen-sazione che – rispetto ad altri Movimenti che,in modi diversi e spesso sulla base di presup-posti ideali molto lontani dai valori dello scou-tismo, si occupano di questioni ambientali –il MASCI sia stato, fino ad oggi, poco presen-te sul fronte esterno.Nel 2006 si è celebrata, come si sa, la 1ªGiornata per la Salvaguardia del Creato, ini-ziativa promossa dalla Chiesa Cattolica dopoche manifestazioni analoghe avevano avutoluogo negli anni precedenti a cura di altreConfessioni cristiane, ad iniziare dalla ChiesaOrtodossa.L’iniziativa si è ripetuta il 1° settembre 2007(in coincidenza dell’incontro del Papa con igiovani a Loreto) ed allora fu affrontato unproblema di estrema gravità per tanti Paesidel Sud del mondo: quello della penuria diacqua potabile.Ebbene (se mi sbaglio qualcuno mi corregga),in entrambe le occasioni il nostro Movimentonon ha partecipato in maniera ufficiale!Consideriamo per un attimo ciò che dice ilPatto Comunitario a proposito del tema FARESTRADA NEL CREATO (che il punto 7.1 con-sidera carisma dello scoutismo, spiegandoin termini di assoluta chiarezza il perchédella scelta di un’espressione così impegna-tiva). Esso prevede specifici impegni da partedell’Adulto Scout, a partire ad esempio dallapratica della vita all’aperto. Di più: le ulterio-ri questioni che sono poste in esso (in mate-ria di riduzione dei consumi superflui, o di dif-fusione di stili di vita rispettosi dell’integritàe dell’armonia del Creato – cfr. punto 7.4) –dovrebbero spingerci ad un onesto esame dicoscienza, per due buoni motivi: in primoluogo perché siamo cittadini di un Paese i cuiproblemi in materia ambientale sono quelliche tutti conosciamo; in secondo luogo in

Il mio contributo al dibattito sulla questioneambientale si apre con un motto di 4 parole:MASCI 2008: ripartire dal Creato.Ripartire dal Creato: in che senso? E soprat-tutto, perché?Cominciamo con la prima domanda. Siamotutti convinti, spero, che il connotato davverooriginale del metodo scout è rappresentatoda un rapporto privilegiato con la Natura.Un rapporto con quella Natura che per ilFondatore dello scoutismo è Creato (su talecarattere Baden-Powell non ha mai nutritodubbi).Chi condivide i principi alla base del metodoscout sa che questo rapporto privilegiato of-fre l’opportunità, già attraverso la scopertadelle meraviglie del Creato, di esplorare, gior-no dopo giorno, un territorio interiore, allaricerca di terreni fertili sui quali è invitato aseminare. E questo per uno scopo ben preci-so: mettere a disposizione degli altri il frut-to di ciò che si è coltivato.Come dire che la spiritualità (o meglio, lareligiosità) dello scoutismo, nella concezionedi B.P., trova alimento proprio in quel generedi rapporto con un Creato che è, nello stessotempo, dono e testimonianza tangibile del-l’amore del Signore della Vita per un uomofatto a sua immagine e somiglianza. UnCreato all’origine del quale, come ci ricordaGiovanni nel Prologo al suo Vangelo, c’è ilLogos – la Parola, la Ragione.

La Chiesa cattolica di fronte alla questioneambientale

Fabrizio Silli

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ne di dover approfondire il dibattito interno al-la Chiesa Cattolica, incaricando lo stesso Ar-civescovo di organizzare un Convegno perl’estate del 2006 sul tema Creazione ed Evo-luzione, con l’obiettivo di affrontare le diver-se questioni, non soltanto sotto il profiloscientifico, ma anche – e soprattutto – da unpunto di vista filosofico-teologico. (Buona par-te delle ragioni che hanno spinto l’attualePontefice a promuovere l’iniziativa trovanoriscontro nel saggio con il quale il Papa teolo-go ha presentato l’ultima edizione di Introdu-zione al Cristianesimo” – Ed. Queriniana,2007).Le argomentazioni svolte dai relatori durante ilConvegno e quelle dei partecipanti al dibattitoconclusivo, offrono un quadro vasto ed artico-lato su di un tema quanto mai complesso econ molteplici implicazioni. (Per farsi un’ideadella ricchezza degli stimoli suscitati dall’inizia-tiva, consiglio di procurarsi gli Atti delConvegno – Ed. Devoniane, Bologna 2007).Altrettanto opportuna sarebbe la lettura diCreati dagli animali, una delle opere più notedi James Rachel – filosofo americano scom-parso nel 2003, postdarwinista ed ateo con-vinto – pubblicata alcuni anni fa dalle Edizionidi Comunità. Nel volume viene infatti svilup-pata, sul piano etico-filosofico e fino alleestreme conseguenze, una interpretazionedella teoria evoluzionista che escluderebbela specificità dell’uomo rispetto alla generali-tà degli appartenenti al mondo animale.Quella che Rachel formula è una interpreta-zione decisamente radicale del pensiero dar-winiano, che partendo dalla negazione del-l’intervento divino nella creazione dell’uomo(tema, questo, su cui lo stesso Darwin nonaveva inteso assumere, come s’è visto, unaposizione netta) porta Rachel a formulareuna serie di ipotesi tutte mirate a relegare laquestione della dignità della persona umananel recinto delle vecchie idee e a ritenerlauna faccenda priva di significato.È importante sottolineare come posizioni delgenere siano suscettibili di minare alla base,se accolte, quel sistema di valori sul quale siè fino ad oggi fondata la nostra società, che

quanto apparteniamo ad un Movimento inse-rito nel corpo vivo della Chiesa e sul quale laChiesa ripone la sua fiducia.Permettetemi una breve digressione che, cre-do, risulta utile per mettere a fuoco problemidi importanza tutt’altro che secondaria.Nel 1873 (10 anni prima della morte) CharlesDarwin, in una lettera ad uno studente olan-dese, confessava: «…Posso dire che il princi-pale argomento a favore dell’esistenza di Diosia l’impossibilità di immaginare che questogrande e meraviglioso universo, che includei nostri sé coscienti, sia nato per caso…».«I nostri sé coscienti … nato per caso»: paro-le del padre della teoria dell’evoluzione chedovrebbero far riflettere chi ancora si ostinaa considerare inconcludente il dibattito sulrapporto fra Fede e Ragione.Mi è sembrato necessario riportare per estesoquell’affermazione di Darwin per due motivi.In primo luogo per mettere in luce la soffertascelta di campo del grande scienziato ingle-se, impegnato fino alla fine dei suoi giorni adifendere i risultati delle proprie ricerche manello stesso tempo deciso a non assumere,su talune questioni di fondo, atteggiamentidi chiusura. Come risulta da altri documenti,Charles Darwin (almeno negli ultimi anni divita) si è limitato a professarsi agnostico, maie poi mai ateo.In secondo luogo per sottolineare la necessi-tà che anche noi – convinti dell’esistenza diun Dio che ha riservato all’uomo un ruolo euna funzione particolari all’interno del Crea-to, che ci ha costituiti custodi dei beni in es-so contenuti, incaricandoci nello stesso tem-po di coltivarlo – ci si attrezzi culturalmenteprima di avviare un confronto, in termini il piùpossibile pacati, con chiunque sostenga tesidiverse dalle nostre.Questa esigenza trova inoltre giustificazione inuna vicenda che risale all’estate di tre anni fa.All’indomani della pubblicazione sul New YorkTimes di un articolo dell’Arcivescovo di Vien-na, Card. Christoph Schonborn, si scatenò –come qualcuno probabilmente ricorda – unadura polemica fra creazionisti ed evoluzioni-sti. Dopo quell’episodio Benedetto XVI riten-

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sua pubblicazione – di certe argomentazioni,soprattutto per le premesse da cui parte l’Au-tore relativamente allo status del tutto parti-colare riconosciuto, all’interno del Creato,alla specie umana (unica fra tutte le formeviventi i cui membri sono chiamati a rispon-dere delle proprie azioni), e per taluni riferi-menti all’esigenza di costruire un nuovo rap-porto tra uomo e Natura, sulla base di un’eti-ca che inglobi la responsabilità verso le gene-razioni future, l’uso razionale delle risorse, losviluppo di nuove tecnologie.È ora il caso di chiederci quale sia la posizio-ne ufficiale della Chiesa Cattolica sui proble-mi connessi ambientali, non solo per quantoattiene al rapporto fra l’uomo e Dio-Creatore,ma anche (e soprattutto) per le questioni cheattengono al tema dei doveri del singolo edella comunità nei confronti della società,aspetto di grande importanza per chi consi-dera il servizio alla collettività (compresoquello prestato – anche in forme diverse –

pone al centro di una cultura umanisticamen-te centrata gli inalienabili diritti della perso-na, come Papa Ratzinger ha autorevolmentericordato ai rappresentanti dei Paesi membridell’O.N.U., intervenendo all’Assemblea Ge-nerale dell’Organizzazione nell’aprile scorso.Anche temi come l’aborto, l’eutanasia, l’eu-genetica (si rifanno, in un modo o nell’altro,ad un certo modo di intendere il ruolo riser-vato all’uomo nel più ampio contesto di quel-la realtà che ci circonda e che noi chiamiamoCreato. Siamo o no convinti che il dibattito incorso su questi temi meriti una specificaattenzione da parte nostra?Tesi diametralmente opposte a quelle di Ra-chel le ritroviamo in una serie di lavori diHans Jonas, un filosofo tedesco di origineebraica, scomparso alcuni anni fa, in partico-lare nella sua opera fondamentale Il principioresponsabilità, del 1979. Testo che merita diessere meglio conosciuto per la persistentevalidità – nonostante il tempo trascorso dalla

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fronti dell’ambiente naturale, sul quale – indi-pendentemente dalle ragioni che motivano lesingole scelte – incide comunque l’interventoumano. Un tema già affrontato peraltro nel1987 nella Sollicitudo rei socialis.Anche su temi specifici di importanza nonsecondaria, come quello delle biotecnologie,il punto di vista della Chiesa Cattolica è statoin più di un’occasione espresso in termini digrande chiarezza.Sappiamo bene come l’opinione pubblica, suquestioni del genere, subisca da anni un mar-tellante susseguirsi di messaggi ispirati ad unacritico rigetto delle posizioni della Chiesa.Un esempio fra tutti. Dopo la pubblicazione,nel 1999, del volume Biotecnologie vegetalie animali: nuove frontiere e nuove responsa-bilità (Libreria Editrice Vaticana), la PontificiaAccademia delle Scienze ha affrontato nuova-mente la problematica relativa all’impiego diqueste tecnologie innovative in uno studiopubblicato nel 2000, nel quale – dopo aversottolineato l’esigenza che «le biotecnologiesiano usate al meglio» – si insiste sul fattoche il tema di una gestione responsabiledelle nuove opportunità offerte dalla manipo-lazione genetica in agricoltura rappresentauna «sfida morale per scienziati e governantidi tutto il mondo», da raccogliere con pruden-te discernimento circa gli effetti delle sceltepraticabili.Il tema delle ricadute sociali relativamente alricorso alle nuove tecnologie ed al correttoutilizzo delle risorse naturali ha formato og-getto, nel novembre del 2003, di un Simpo-sio a carattere internazionale promosso dalPontificio Consiglio della Giustizia e dellaPace ed è stato ripreso da Benedetto XVI il 1°gennaio di quest’anno, nel discorso sullaGiornata Mondiale della Pace. In tale occa-sione Papa Ratzinger ha ribadito con forzaconcetti già espressi il 1° settembre 2007durante l’incontro di Loreto che – come ricor-dato – ha affrontato in modo specifico letematiche proposte al mondo cattolico italia-no dalle due Commissioni episcopali promo-trici della 2ª Giornata per la Salvaguardia delCreato.

per la tutela del Creato) come l’essenza diuno scoutismo veramente adulto.Come adulti scout – cattolici – direi che èquanto mai opportuno che ci si documenti inproposito, risalendo, per così dire, alla fonte.Molti spunti interessanti di riflessione me liha forniti l’articolo di Leonardo Ferrante, ap-parso sul nº 6/2007 di Strade Aperte, e laconseguente lettura dei due volumi citati nel-l’articolo.Indipendentemente dalla condivisibilità o me-no di tutte le tesi sostenute da R. Cascioli eA. Gaspari, è proprio la ricchezza e varietàdella documentazione prodotta dai due Autoria fornire elementi di riflessione su talune pro-blematiche ambientali, di norma trascuratidai mezzi di informazione.Il Compendio della Dottrina Sociale dellaChiesa (Libreria Editrice Vaticana, 2004) pro-pone chiare indicazioni sotto il profilo delleazioni da intraprendere (cfr. Cap. X, paragrafi451-487) rispetto alle diverse questioni con-nesse con l’utilizzo da parte dell’uomo dellerisorse naturali, (impostate – come è ovvio –in termini di assoluta coerenza con i valorifondanti del Cristianesimo.Una scelta, quella della Chiesa Cattolica – diriservare una specifica attenzione alla re-sponsabilità dell’uomo nell’uso corretto di ta-li risorse – che trova riscontro nelle decisioniassunte, oltre 40 anni fa, già dal ConcilioEcumenico Vaticano II. Come non ricordareche già nel 1965 la Gaudium et spes, avevaindividuato le linee portanti di una visione cri-stiana di tali tematiche?In quel testo veniva infatti definito il ruolo del-l’uomo come centrale per il progresso delconsorzio civile, anche per quanto attiene al-la missione, affidatagli da Dio, di «ammini-stratore del bene-Creato» (cfr. cap. III, parte1ª e cap. III, parte 2ª).La problematica ecologica è stata nuovamen-te presa in esame nell’enciclica CentesimusAnnus (cfr. parte 4ª, cap. 37 e 38). Svilup-pando in modo specifico alcuni aspetti rima-sti un po’ sullo sfondo nel documento conci-liare, Giovanni Paolo II è tornato sull’argo-mento della responsabilità dell’uomo nei con-

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che è incompatibile con le Sacre Scritture econ la tradizione cristiana… sostituendo lalibertà personale delle proprie azioni di fron-te a Dio con un senso di dovere verso ilCosmo… e ribaltando il vero concetto dipeccato e il bisogno di redenzione attraver-so Cristo»Va segnalato, inoltre, come a fronte dell’ac-quisita consapevolezza dell’estrema com-plessità di tutta la tematica ambientale,gran parte dei media non di rado privilegianoun approccio piuttosto semplicistico a que-stioni singole come la tutela degli ecosiste-mi, l’utilizzo delle risorse naturali o la com-patibilità di tale utilizzo con la logica dellosviluppo.Ciò che la Chiesa sostiene da sempre è cheil presente e il futuro del mondo dipendonodalla salvaguardia dell’esistente: la pace conla Natura è addirittura un presupposto fonda-mentale perché ci possa essere pace fra gliuomini.Il Magistero ci ricorda che si può – ed è leci-to – intervenire sulla Natura facendo ricorsoagli strumenti che la scienza e la tecnologiamettono a disposizione dell’uomo moderno,ma sempre nel rispetto di ben precise condi-zioni e considerando che la scienza non puòperdere di vista quello che è il suo significa-to originario: la promozione della personaumana. Violando queste semplici regole lacompromissione degli ambienti di vita è ine-vitabile e le conseguenze di ciò non potrannoche essere negative per la stessa sopravvi-venza dell’uomo sulla terra.Sulla base di questi punti fermi sembra aprir-si per ciascuno di noi, scout adulti, una sortadi via obbligata: partendo da una reazioneconsapevole all’imperante ecopessimismo econsiderando l’insegnamento cristiano comeorizzonte adeguato entro cui reimpostare unavera cultura dell’ ambiente, siamo invitati aprendere atto che tutta la realtà che ci cir-conda è segno di Dio. Una realtà affidata aciascuno di noi che, nella misura in cui asse-condiamo il disegno divino, assolviamo ilnostro compito di amministratori responsabi-li dei beni presenti nel Creato.

Tutte queste considerazioni assumono unparticolare rilievo se si tiene conto dell’inci-denza sull’opinione pubblica di messaggifuorvianti, spesso trasmessi da alcune fontidi informazione.Mi riferisco in particolare a posizioni ideolo-gicamente prossime alla cosiddetta culturaNew Age la cui inconciliabilità con la visio-ne cristiana del mondo era già emersa nelmaggio del 1993 durante un incontro fraGiovanni Paolo II ed un gruppo di vescovistatunitensi.In quell’occasione il Papa, nel mettere inguardia le gerarchie ecclesiastiche di alcuniStati dell’Unione circa i pericoli di contami-nazione della ortodossa dottrina cattolicacon idee prese a prestito dal New Age, hasottolineato il carattere sincretistico della vi-sione del mondo proposta da questa culturache «tende a relativizzare la dottrina religio-sa a favore di una vaga visione del mondo…proponendo una visione panteistica di Dio

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Già nella Centesimus Annus, al n. 37, si legge«L’uomo non deve disporre arbitrariamentedella terra, assoggettandola senza riserve allasua volontà, come se essa non avesse unapropria forma ed una destinazione anterioredatale da Dio, che l’uomo può, sì, sviluppare,ma non deve tradire». Quando si comporta inquesto modo, «invece di svolgere il suo ruolo dicollaboratore di Dio nell’opera della creazione,l’uomo si sostituisce a Dio e così finisce colprovocare la ribellione della natura, piuttostotiranneggiata che governata da lui».Il capitolo X del Compendio è dedicato allatematica Salvaguardare l’ambiente: in esso cisi sofferma ampiamente sul degrado dell’eco-sistema planetario, esaminandone i diversiaspetti (inquinamento nelle sue diverse forme,mutamento climatico, crisi delle risorse idri-che, riduzione della biodiversità, ecc.).In alcuni significativi passaggi di tale Capito-lo, che si riportano, è possibile prendere co-scienza (il vedere ed il giudicare proprio delmetodo della DSC) di come la Chiesa invita arapportarsi adeguatamente al creato:• un richiamo alla Octogesima Adveniens

(1971): «Il messaggio biblico e il Magisteroecclesiale costituiscono i punti di riferimentoessenziali per valutare i problemi che si pon-gono nei rapporti tra l’uomo e l’ambiente»;

• una visione dell’uomo e delle cose slegatada ogni riferimento alla trascendenza haportato a rifiutare il concetto di creazione ead attribuire all’uomo e alla natura un’esi-stenza completamente autonoma;

• il Magistero sottolinea la responsabilità uma-na di preservare un ambiente integro e sanoper tutti (Sollicitudo Rei Socialis 1988);

• la tutela dell’ambiente costituisce una sfidaper l’umanità intera: si tratta del dovere, co-mune e universale, di rispettare un bene col-lettivo, (Centesimus Annus, 1991, n. 80);

• la responsabilità verso l’ambiente, patri-monio comune del genere umano, si esten-de non solo alle esigenze del presente, maanche a quelle del futuro;

• la programmazione dello sviluppo economi-co deve considerare attentamente «la ne-cessità di rispettare l’integrità e i ritmi del-

L’uomo non deve «disporre arbitrariamentedella terra, assoggettandola senza riserve al-la sua volontà, come se essa non avesseuna propria forma ed una destinazione ante-riore datale da Dio, che l’uomo può, sì, svi-luppare, ma non deve tradire». Quando sicomporta in questo modo, «invece di svolge-re il suo ruolo di collaboratore di Dio nell’ope-ra della creazione, l’uomo si sostituisce a Dioe così finisce col provocare la ribellione dellanatura, piuttosto tiranneggiata che governatada lui» (Centesimus Annus, 37)Nella Chiesa cattolica, specie dopo il ConcilioEcumenico Vaticano II, si è avuto un impulsodi grande rinnovamento che si è aperto aigrandi temi della società in cui l’uomo e ladonna vivono ed operano quotidianamente. Iproblemi ecologici occupano tra essi un postoimportante. Oggi la faccia della Terra risultaalterata su scala planetaria. Sono danneggia-ti il sottosuolo, il suolo, l’acqua, l’aria, la fau-na e la flora. La natura che ci circonda è statadi fatto completamente soggiogata per il so-stentamento dell’uomo, che però non si ac-contenta più dei suoi molti doni, ma sfrutta inmaniera sfrenata interi ecosistemi.Eco di questa attenzione della Chiesa Cattoli-ca ai temi dell’ambiente si è venuta dipanan-do nel corso degli anni in documenti di dica-steri della Santa Sede o di Episcopati nazio-nali ed ha trovato anche posto nel Compendiodella Dottrina Sociale Cattolica del 2004.

Il creato nel Compendiodella Dottrinasociale della Chiesa

Claudio Bissi

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ta comune siano gli elementi che determina-no le scelte dei consumi, dei risparmi e degliinvestimenti» (Centesimus annus, 36);

• l’atteggiamento che deve caratterizzarel’uomo di fronte al creato è essenzialmen-te quello della gratitudine e della ricono-scenza: il mondo, infatti, rinvia al misterodi Dio che lo ha creato e lo sostiene.

È solo un assaggio dei contenuti del Compen-dio, che invito ad usare nei nostri incontri diComunità per camminare sempre più in sinto-nia con gli altri fratelli, in una Chiesa attentaalla ferialità del vivere quotidiano.

Monsignor Giampaolo Crepaldi, segretariodel Pontificio Consiglio della Giustizia e dellaPace, ha in più occasioni sintetizzato alcunetra le più significative affermazioni del Com-pendio della dottrina sociale della Chiesasulla questione ambientale esponendole informa di decalogo:• la Bibbia deve dettare i principi morali fon-

damentali del disegno di Dio sul rapportotra uomo e creato;

• bisogna sviluppare una coscienza ecologi-ca di responsabilità verso il creato e versol’umanità;

• la questione ambientale coinvolge l’interoPianeta, perché è un bene collettivo;

• bisogna ribadire il primato dell’etica e deidiritti dell’uomo sulla tecnica;

• la natura non va considerata come realtàa sé stante, divina e sottratta all’azioneumana;

• i beni della Terra sono stati creati da Dioper il bene di tutti.Va sottolineata la destinazione universaledei beni;

• il bisogno di collaborare allo sviluppo ordi-nato delle regioni più povere;

• la collaborazione internazionale e il dirittoallo sviluppo, all’ambiente e alla pace van-no considerati nelle varie legislazioni e de-vono avere un contenuto giuridico;

• l’adozione di nuovi stili di vita più sobri;• bisogna fornire una risposta a livello di spi-

ritualità che non sia quella dell’adorazionedella natura.

la natura», (Sollicitudo rei socialis, 1988,26) poiché le risorse naturali sono limitatee alcune non sono rinnovabili;

• negli ultimi anni si è imposta con forza laquestione dell’uso delle nuove biotecnolo-gie per scopi legati all’agricoltura, alla zoo-tecnia, alla medicina e alla protezione del-l’ambiente. Le nuove possibilità offertedalle attuali tecniche biologiche e biogene-tiche suscitano, da una parte, speranze edentusiasmi e, dall’altra, allarme e ostilità;

• le moderne biotecnologie hanno un forte im-patto sociale, economico e politico, sul pianolocale, nazionale e internazionale: vanno va-lutate secondo i criteri etici che devono sem-pre orientare le attività e i rapporti umani nel-l’ambito socio-economico e politico. (Giovan-ni Paolo II, Discorso alla Pontificia Accade-mia delle Scienze, 3.10.1981);

• la solidarietà comporta anche un richiamoalla responsabilità che hanno i Paesi in viadi sviluppo e in particolare, le loro autoritàpolitiche, di promuovere una politica com-merciale favorevole ai loro popoli e l’inter-scambio di tecnologie atte a migliorarne lecondizioni alimentari e sanitarie;

• anche nel campo dell’ecologia la dottrinasociale invita a tener presente che i benidella terra sono stati creati da Dio per es-sere sapientemente usati da tutti: tali benivanno equamente condivisi, secondo giu-stizia e carità;

• il principio della destinazione universale deibeni offre un fondamentale orientamento,morale e culturale, per sciogliere il com-plesso e drammatico nodo che lega insie-me crisi ambientale e povertà;

• lo stretto legame che esiste tra lo sviluppodei Paesi più poveri, mutamenti demografi-ci e un uso sostenibile dell’ambiente, nonva utilizzato come pretesto per scelte poli-tiche ed economiche poco conformi alladignità della persona umana;

• i gravi problemi ecologici richiedono un effet-tivo cambiamento di mentalità che inducaad adottare nuovi stili di vita «nei quali la ri-cerca del vero, del bello e del buono e la co-munione con gli altri uomini per una cresci-

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Tutte le cose vicine o lontane segretamentesono legate le une alle altre e non si può toc-care un fiore senza disturbare una stella.Francis Thompson, poeta inglese (1859-1907)L’Italia ospita un vero e proprio patrimonio dinatura con una superficie forestale di circa10 milioni di ettari, pari a un terzo del territo-rio nazionale. Tale superficie rappresenta il 5per cento della superficie forestale totaleeuropea e conferisce all’Italia il sesto postonella classifica dei Paesi europei per esten-sione forestale.Non solo: la conformazione dell’Italia, strettae circondata dal mare, con 8.000 chilometridi coste e circa il 60% del territorio costituitoda montagne, conferisce caratteristiche uni-che e di grande valore alla fauna e alla flora.La fauna italiana, con oltre 57.000 specie,rappresenta più di un terzo dell’intera varietàeuropea. La ricchezza della flora e della vege-tazione della nostra Penisola è altrettantoricca: circa 9.000 specie di piante, muschi elicheni. In questo patrimonio, 5.000 specieanimali e vegetali sono endemiche, ovveroesclusive del nostro territorio.Questa ricchezza di biodiversità fa sì che ilterritorio del nostro paese comprenda bendue eco-regioni, quella Alpina e quella delMediterraneo centrale.Si tratta di un tesoro di biodiversità che forni-sce risorse, benessere fisico, mentale, eco-

nomico ma che ha subito negli ultimi 50 anniuna fortissima riduzione, in particolare sottoforma di consumo del suolo. Durante questoperiodo in Italia si sono persi, sotto asfalto ecemento, 3 milioni di ettari di territorio riccodi biodiversità.Tra le attività umane che hanno più contribui-to all’impoverimento di specie e habitat nelnostro Paese occorre evidenziare lo sviluppodi infrastrutture, l’espansione di attività indu-striali e agricole intensive e, più in generale,l’occupazione del suolo e lo sfruttamento in-tensivo delle risorse non rinnovabili (p.e.quelle minerarie).La conservazione e il recupero di territorioper la biodiversità è una condizione fonda-mentale affinché i servizi forniti dagli ecosi-stemi naturali, garantiscano il persistere del-la vita sul nostro pianeta.In vista della scadenza sancita dal Count-down 2010, il WWF ha deciso quest’anno dirafforzare l’azione per contrastare, in Italia,la perdita di biodiversità causata dalle tra-sformazioni del territorio.

«[…] quand’è che impariamo a paesaggire,come dice Zanzotto, a leggere in quel che cicirconda i segni di quello che ci aspetta? […]Il paesaggio non è il panorama che si guardain cartolina, nel paesaggio ci siamo dentronoi, te lo raccontano queste voci! Non è unaquinta da teatro che si possa tirar via cosìsenza che insieme strappino anche noi dallascena e per questo ci sentiamo persi, spae-sati.» (Marco Paolini. Bestiario Veneto, paro-le mate. Jole Film Edizioni biblioteca dell’im-magine, Pordenone, 1999).

Oggi, più che on passato, è necessario chie-dersi: come percepiscono le comunità glispazi in cui vivono, quali sentimenti le anima-no di fronte al proprio territorio?Come Associazione riteniamo che alla basesia dell’indifferenza che spesso accoglie laprogettazione, e realizzazione, di tanti scem-pi sul territorio che della passività, del sensodi inefficacia ad impedirli, ci sia la mancanzadi riconoscimento da parte della comunità lo-

Conservazioneeco-regionale ed educazione per stili di vita piùsostenibili

Maria Antonietta Quadrelli

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La conservazione eco-regionale cerca di da-re una risposta che possa essere adeguataad un contesto così diverso rispetto al passa-to. Il processo di innovazione nella conserva-zione applica categorie nuove, mediate dallateoria della complessità, che implicano pro-cessi non lineari su più piani e con strategiecondivise da più attori, ciascuno dei qualiporta interessi diversi e a volte in conflitto traloro. Il processo di innovazione nella conser-vazione favorisce sempre di più la partecipa-zione e si cura di intervenire tenendo in mas-sima considerazione conseguenze, relazionie connessioni. Lo scenario che si prospettacome fine dell’azione eco-regionale sottinten-de un’azione profonda sui comportamenti fu-turi, che dovranno essere ispirati a stili di vitapiù sostenibili.

Emerge una for te somiglianza tra i nuoviprincipi eco-regionali della conservazione ei principi pedagogici cui si ispirano le piùrecenti riflessioni sull’educazione: acquisi-zione della teoria della complessità comechiave di lettura del reale, attenzione alcontesto come contenitore di relazioni e diconnessioni, strategie di intervento condivi-se dai molti soggetti portatori di interessi

diversi, capacità di gestire i con-flitti, ascolto di chi porta bisogni erichieste.

Sia nell’approccio eco-regionale chenell’approccio educativo vi è un rap-porto stretto tra conoscenza e valorietici, tra informazioni e responsabili-tà individuali e collettive rispetto allatutela e alla salvaguardia del territo-rio nella sua interezza, tra intenziona-lità educative e progettualità. In unprocesso che fa della complessità,anzi della gestione della complessi-tà, la chiave per la futura conserva-zione, l’educazione è uno strumentopotente per realizzare coscienze esensibilità sostenibili. L’azione edu-cativa diventa fondamentale per otte-nere cambiamenti che siano efficaci

cale del valore del territorio vicino (essendopersa, spesso, la conoscenza che se ne ave-va: per esempio, per utilizzarne correttamen-te le risorse). Il territorio è diventato uno spa-zio estraneo, per i suoi abitanti non ha piùsignificato e valore, o addirittura ha un signi-ficato negativo di ostacolo allo sviluppo; neconsegue che la cancellazione di questo ter-ritorio non incontra opposizioni.Il legame tra natura, biodiversità e qualitàdella vita non è conosciuto a sufficienza e diconseguenza non è percepita adeguatamen-te la responsabilità che i comportamenti indi-viduali e le decisioni assunte dai diversi atto-ri istituzionali, sociali ed economici hannonella perdita di biodiversità.

Oggi ci ritroviamo a fare i conti con un contestofortemente cambiato rispetto a un passatoanche recente. Con la globalizzazione, il mondodiviene sempre più un tutto, in cui ogni parte èstrettamente connessa con le altre in un giocodi continui rimandi, condizionamenti e cambia-menti repentini. Diventa indispensabile, di fron-te ai nuovi scenari, chiedersi quanto tutto ciòstia modificando i territori, le singole persone ele comunità, cosa significhi questo in termini diapprocci, di stili di lavoro, di azioni.

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il detto e il vissuto, tra l’implicito e il dichiara-to, per la cura nel predisporre uno spazioadatto ad una comunicazione e a un’azionepartecipata e condivisa, per l’attenzione neiconfronti della stessa struttura in cui avvienel’azione educativa, per la volontà di rendere lacomplessità degli argomenti proposti tramiteun approccio narrativo e una visione di sinte-si, per il rifiuto di uno stile didascalico, per losforzo di comunicare la non prevedibilità delreale confermandone la complessità suggeri-ta accostando contenuti eterogenei o alluden-do ad altri lasciati aperti, per il partire dai vis-suti, dalle esperienze concrete e da tuttoquello che può testimoniare il viaggio comunedell’uomo e del suo ambiente.

Avere a disposizione conoscenze e dati è so-lo la base di un processo su cui si deve inne-stare poi un lavoro di azione, riflessione, spe-rimentazione, confronto, che porta alla co-struzione di competenze all’interno di un con-testo di relazione. In poche parole, occorreun’azione educativa, che partendo dalle infor-mazioni arrivi ad un apprendimento profondoche coinvolge tutta la persona, inserita all’in-terno del gruppo sociale di appartenenza siaessa la scuola o la società civile, affinché icontenuti vengano interiorizzati.

Tramite la propria attività educativa il WWF hacercato di dare un contributo affinché si recu-peri il contatto con il territorio più vicino,reale, misurato con il metro dei nostri passi,conosciuto con i nostri sensi. Conoscerne lepotenzialità, le caratteristiche, le strutture, of-fre ulteriori strumenti di scelta, poiché si for-niscono punti di riferimento e si dà profonditàstorica alle proprie radici, connotando il conte-sto in cui si cresce e in cui si formano le opi-nioni e i valori. Tale bagaglio dovrebbe favori-re la capacità di auto-orientarsi anche in con-testi differenti da quello di appartenenza, poi-ché gli strumenti acquisiti dovrebbero permet-tere una lettura delle connessioni presenti inaltri sistemi complessi, stimolando la cono-scenza e la consapevolezza di essere parte diun tutto, che cresce e si modifica con noi.

a livello comportamentale. Occorre agire suquesto piano per creare nuove competenze ingrado di gestire l’incertezza, per costruire unsapere che ha nel dubbio la base per la cresci-ta e lo sviluppo.

In questo contesto, l’azione educativa pre-suppone una riflessione sul paradigma cultu-rale e metodologico che ha fino ad ora soste-nuto l’educazione ambientale e che forse nonè più efficace, non è più funzionale a raggiun-gere l’obiettivo di cambiamento individuale esociale enunciato. Si tratta di formare al pen-siero evolutivo, che non riduce i processi asemplice somma di tratti lineari, ma che favo-risce il pensiero che collega e integra la cono-scenza delle parti con la conoscenza dellatotalità, l’analisi con la sintesi. In questo sen-so l’educazione ambientale rappresenta l’ele-mento decisivo in grado di muovere la socie-tà verso il cambiamento e la scelta della con-servazione della natura, delle sue risorse edei suoi equilibri.

In linea con questi principi, le proposte edu-cative che il WWF promuove, volendo avereuna valenza fortemente formativa, non si fer-mano solo all’acquisizione di conoscenze,ma immaginano un contesto sistemico, unarete che racchiuda in sé vari nodi, che rappre-sentino non solo obiettivi formativi o discipli-nari, contenuti, metodologie, ma anche rela-zioni tra vari soggetti (discipline, insegnanti,agenzie educative, enti locali, strutture ope-ranti sul territorio).

L’attenzione a tutti gli aspetti metacognitividel fatto educativo (attenzione, motivazione,impegno, relazioni…) diventa necessaria tan-to quanto e forse più dei messaggi espliciti.Lo stile educativo si caratterizza per l’attenzio-ne alle relazioni (l’attenzione al clima relazio-nale dei gruppi e la gestione dei conflitti sonotemi su cui si insiste molto), per il rifiuto diuno stile didascalico, per la scelta di unapproccio che superi la logica catastrofistica,per l’attenzione a dare messaggi non contrad-ditori, attenti a far emergere la dicotomia tra

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quindi dal nostro ultimo documento congres-suale (Spoleto, ottobre 2007), e pone l’atten-zione su come siano avvenuti dei cambia-menti antropologici nel rapporto tra uomo enatura sotto la spinta di profondi mutamentidel contesto.Estremi di un’analisi che ci interessa condivi-dere con voi per avviare un confronto suquale possa essere il ruolo dell’associazioni-smo che si occupa di educazione, sia giova-nile che lungo l’arco della vita anche sottol’ottica ambientale, in un momento in cui ilterritorio viene meno vissuto e spesso dà an-che meno opportunità di essere vissuto. Nuo-vi scenari si aprono: quali gli effetti della glo-balizzazione sull’individuo? quali sulla culturae sui territori? come affrontare la mancanzadi certezze? quale il ruolo che oggi può averela scienza? quale senso ha il futuro?

TRA LOCALE E GLOBALE

Il rapporto locale – globale si presenta oggicon due aspetti fino a pochi anni fa sottova-lutati a favore della rilevanza data ai proces-si di omologazione, in cui il locale era desti-nato a perdere la sua rilevanza e la sua iden-tità.Per dirla con le parole di Aldo Bonomi, oggi èchiaro che «più globale corrisponde specular-mene a più locale, non solo dal punto di vistadel produrre, ma come bisogno di costruzio-ne di reti di prossimità sociale». Inoltre loca-le e globale oggi non appaiono più come i duepoli di un campo di relazioni, come i terminidi un binomio, segnato dalla distanza geogra-fica, in cui ogni elemento è irriducibile all’al-tro. Oggi, parafrasando il famoso aforisma diHegel, potremmo dire che «tutto ciò che èlocale è globale, e tutto ciò che è globale èlocale». Locale e globale fanno parte di unprocesso unitario, territorialmente radicato,in cui i due aspetti coesistono e si interseca-no. Nel territorio il locale è il globale nel suoconcreto manifestarsi, dove si partecipa, sipercepisce e si consuma qualcosa di unico,che è l’identità di quel locale, ed insieme,

Mi è stato chiesto, in quanto Presidente diLegambiente Scuola e Formazione, di portareun contributo di riflessione rispetto allo stori-co binomio «pensare globalmente ed agirelocalmente». Sottolineo storico e non attuale:fa parte, infatti, della nostra identità di am-bientalisti e continua a contenere una suaprofonda verità rispetto al rapporto fra uomoe ambiente, ma con l’avvento della globaliz-zazione ha assunto una maggiore relatività. Ilglobale ed il locale, si sono talmente intrec-ciati, infatti, da risultare a volte non distingui-bili e questo intreccio ha portato ad un cam-biamento che potremmo definire antropologi-co, riscontrabile soprattutto nelle giovanigenerazioni.Oggi chi si occupa, come noi, di educazione,si trova davanti delle problematiche primanon conosciute e si interroga sulle nuove sfi-de che il futuro pone. Il contesto è veloce-mente cambiato e credo che noi educatoriambientali (in questa definizione comprendogli educatori scout con i valori insiti nellavostra peculiare cultura educativa) sia ope-ranti nella scuola che nell’extra scuola, avver-tiamo l’esigenza di individuare strategie di-verse ed innovative, capaci di dialogare con ibisogni di tutti i cittadini, dei bambini e ragaz-zi in particolare.Come Legambiente Scuola e Formazione ab-biamo da tempo aperto una riflessione suquesti cambiamenti. Il mio contributo deriva

Educare in unmondo che cambia

Vanessa Pallucchi Presidente di Legambiente Scuola e Formazione

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ma questo qui non ha identità, e i luoghi siassomigliano tutti. La vita dei giovani avvienein non luoghi, dove non c’è bisogno di narra-zione e prevale il ruolo denotativo della paro-la. Ma là dove vince il consumo di tempo pre-sente, insieme alla capacità di narrazione (di-ce Roberto Benigni «tutti vi dicono fatti e nonparole. Io vi dico parole, parole, parole, solose capirete le parole allora vedrete i fatti») eall’identità dei luoghi si perde anche il sensodi futuro. L’apprendimento, però, è sempreun faticoso investimento per costruire un pro-getto di futuro, e se il futuro è un disvalorecade anche la motivazione ad apprendere,l’educazione e l’istruzione perdono di valoreperché la domanda di identità da parte dellenuove generazioni rimane senza risposta.Il territorio però non si arrende. Come scriveil filosofo Hans G. Gadamer, «la varietà dellavita umana sulla terra è inesauribile. Il pro-cesso di omologazione e di burocratizzazioneimposto ovunque dalla legge del progressosembra anzi generare un fenomeno di segnoopposto: un sempre più tenace attaccamen-to dei vari gruppi alle proprie particolaritàlocali». La dimensione locale recupera allorauno straordinario valore educativo. La costru-zione di identità non è un processo individua-listico che si possa sviluppare nell’isolamen-to, nel chiuso di una stanza o davanti allospecchio, al contrario è il risultato della par-tecipazione ad un sistema di relazioni sociali(partecipando con gli altri si imparano anchemolte cose importanti su se stessi) che sisvolge in contesti concreti, per questo è sem-pre fortemente connessa all’identità dei luo-ghi e delle comunità. È facilitata dal sentirsiparte attiva di una comunità o dall’impegnoper la cura dei propri luoghi. L’identità, infat-ti, non è esclusione, separatezza, contrappo-sizione. Anche se spesso diventa un bisognonegato e frustrato da uno sviluppo deglispazi, soprattutto degli spazi urbani e metro-politani, che reca il segno dell’omologazione,della perdita di senso della dimensione terri-toriale, di una rapida rarefazione del benecomune della socializzazione che fa sentireinsicuri, precari, soli.

senza più muri, si partecipa, si percepisce esi consuma qualcosa di globale.Una dimensione antropologicamente nuova,che modifica i campi semantici, il binomiolocale-globale non è più sinonimo di qui-là, divicino-lontano. Tutti viviamo l’esperienzaquotidiana di essere qui ed altrove, nellostesso momento, non solo perché la tecno-logia della comunicazione ce lo consente,ma per la lingua che usiamo, per il cibo checonsumiamo, per le immagini che vediamo,per i problemi ambientali che affrontiamo,per le preoccupazioni che ci coinvolgonoverso un altrove globale.Locale e globale non sono più poli di una rela-zione spaziale ma elementi co-presenti neglistessi territori, in termini di popolazione, diculture, di merci, di stili di vita, di valori. Ep-pure i processi di omologazione attivati dalleesigenze del mercato globale stanno toglien-do identità ai luoghi e tendono ad estraniarele persone rispetto ai luoghi di vita.

LA COSTRUZIONE DI IDENTITÀ

Nel mondo globalizzato si pone così in modonuovo anche la costruzione di identità. Perdue motivi sostanziali.Come ci ricorda Amin Maalouf, «l’identità nonè data una volta per tutte, ma si costruisce esi trasforma durante tutta l’esistenza». Sequesto è forse vero sempre, oggi che siamoimmersi nella velocità dei cambiamenti, cheè il vero tratto distintivo dell’epoca nostra,questo è ancora più vero.È come se assistessimo ad uno slittamentopermanente di significati, di oggetti, di abitu-dini, di relazioni. Il lavoro non è più unico persempre, la tecnologia ci fa cambiare abitudi-ni e modi di vita, la stessa famiglia è più flui-da e le persone tendono ad identificarsi nelloro ruolo di consumatori, semplici funzionidel mercato.Ma essere soprattutto consumatori vuol direanche essere immersi quasi esclusivamentenel presente. Tutto si consuma qui e subito,

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A scuola l’insegnamento scientifico continuaad operare secondo questa visione adeguan-dosi all’idea, molto radicata nel paradigmasociale, in base a cui la scienza dà solo ri-sposte certe e incontrovertibili.In questo scenario non può trovare spaziol’incertezza, l’effetto non voluto, la retroazio-ne non prevista, la catastrofe. Eppure ognicertezza conquistata dalla scienza, come ciricorda Margherita Hack, apre sempre nuovie più vasti campi di incertezza.La visione deterministica è già stata messain crisi nel corso del 900 a livello epistemo-logico, dove si sono fatti i conti con la com-plessità e la casualità dei processi evoluti-vi della vita, ma fa fatica ad essere metabo-lizzata a livello sociale, dove ancora appaio-no ansiogeni i concetti di incertezza eimprevedibilità.Inoltre questa idea di scienza, fatta di ottimi-smo, di prevedibilità, di certezza ed esattez-za (pur essendo ancora molto radicata nel-l’immaginario sociale) contraddice la perce-zione della realtà che comincia ad emergeretra la gente comune.La fiducia ottimistica nel progresso ha trova-to nel secolo passato grandi conferme, maanche drammatiche disconferme. Lo stermi-nio di un milione di armeni nella prima guer-ra mondiale, l’olocausto, Hiroshima, le guer-re etniche africane di fine secolo, o ancoral’infinito conflitto israelo-palestinese chetutto sembra preconizzare tranne un esito ra-zionale e buono della storia, hanno fatto crol-lare la speranza che la ragione sia in grado disradicare la barbarie. Insomma, oggi le im-prevedibilità, le contraddizioni, gli esiti nondesiderabili si stanno moltiplicando. La stes-sa emergenza ambientale è la prova dellacomplessità del mondo, della sua irriducibili-tà a semplici relazioni di causalità diretta.Quanto più le conoscenze si sono sviluppa-te, tanto più si dimostrano incapaci di supe-rare la sofferenza umana, sia quella provo-cata dall’opulenza che quella provocatadalla povertà. Questo è il paradosso concui occorre fare i conti. Mentre è evidenteche ciò che permette al cittadino di orien-

IL PARADOSSO DELLA SCIENZA

La nostra epoca sembra essere caratterizza-ta da un paradosso: l’apertura progressivadella forbice tra la crescita del peso socialedelle scienze (sia attraverso la mediazionedella tecnologia nella vita quotidiana sia perle connessioni con l’etica – vedi referendumsulla procreazione assistita) e la diminuzio-ne della capacità della gente comune di in-terpretare in modo razionale le informazionied i fenomeni, un vero e proprio analfabeti-smo scientifico della popolazione adulta, an-che scolarizzata, che dà luogo a paure infon-date accompagnate da una profonda demoti-vazione all’approfondimento.La scienza sempre più appare per gli addet-ti ai lavori. Inoltre, la comprensione scientifi-ca della realtà e l’interpretazione razionaledei fenomeni (naturali e sociali) non sono piùun valore guida condiviso. Ne sono testimo-nianza la crisi di iscrizione alle facoltà scien-tifiche, le crescenti difficoltà nell’apprendi-mento scientifico a scuola, lo spazio chehanno recentemente assunto le teorie crea-zioniste e la polemica contro Darwin.La scienza moderna nasce intorno alla con-vinzione galileiana che la natura è intelligibileperché scritta in linguaggio matematico eregolata da relazioni causali. A queste condi-zioni la scienza si configura come una conqui-sta progressiva dell’ignoto nel prevedibilecammino di dominio dell’uomo sulla naturaper migliorare le proprie condizioni di vita (Ba-cone). La comprensibilità della natura spalan-ca le porte all’ottimismo, alla possibilità diprevedere, di programmare, di intervenire suiprocessi naturali.La storia dell’uomo non è che una lotta con-tinua, lineare e progressiva, per ridurre lasfera dell’ignoto e la conoscenza diviene ilprincipale strumento a garanzia della preve-dibile diminuzione delle sofferenze e delpossibile (non solo auspicabile) persegui-mento della felicità. Sono le magnifiche sortie progressive contro cui già Giacomo Leo-pardi polemizzava.

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con maggiore difficoltà la loro dimensione diadulti sia nel loro ruolo di educatori, sia di cit-tadini che intendono partecipare ad una vitasociale e collettiva.Il futuro non è più una promessa, ma è se-gnato dall’incertezza e dall’insicurezza, percui è sempre più difficile produrre un proget-to di vita, che impegni il futuro portandolofuori dalle secche della precarietà.Ma, come abbiamo detto, imparare è sempreanche un investimento sul futuro.La principale agenzia formativa rimane la scuo-la: ad essa è formalmente delegata l’educazio-ne delle giovani generazioni. Ma sempre più,proprio perché i cambiamenti sono repentini einediti, divengono importanti i luoghi e i sog-getti che sono in grado di stimolare una forma-zione permanente. In questo, entra in gioco laqualità culturale che i territori riescono adesprimere per far vivere i propri cittadini in

un contesto che sappia costruire stimo-li di confronto e partecipazione.Se si creano queste condizioni di comu-nità, il futuro diviene meno incerto.Nel più recente passato questoluogo di confronto lo hanno rappre-sentato i partiti politici, istituzioni

attualmente profondamente incrisi.

Oggi, in questo senso, unruolo strategico lo posso-

no svolgere proprio leassociazioni che rap-presentano presidisociali, di cultura, dicondivisione e diazione rispetto aicambiamenti al-l’interno dei diver-si territori.Rimangono, inol-tre, dei luoghi diformazione ed au-toformazione al-l’interno dei quali

si sviluppano quei valori sociali strutturanti,perché una comunità sia tale, quali la soli-darietà, la coesione, l’inclusione.

tarsi e di partecipare con consapevolezzaai processi sociali e culturali non è il pos-sesso di un voluminoso bagaglio di informa-zioni, una nuova enciclopedia, ma la capa-cità di capire la complessità dei fenomeni,di informarsi, di utilizzare in modo consape-vole le informazioni.

IL SENSO DEL FUTURO

Nell’epoca contemporanea non è solo entra-to in crisi, per gli adolescenti ma oggi ancheper gli adulti, l’idea illuministica che la cono-scenza contribuiscanecessariamente allafelicità degli uomini.Abbiamo visto come ilconsumismo spingaverso una svalutazionedel futuro. Se a questoaggiungiamo la perce-zione di un presenteminato da inquinamentidi ogni tipo, da cre-scenti disuguaglianzesociali, da disastrieconomici, dallacomparsa di nuovemalattie, dall’e-splodere di sem-pre nuovi con-flitti, è evidenteche stia cambian-do il senso del fu-turo e che sia ne-cessario ripensare ilrapporto tra razionalitàed futuro. Questa è laprima volta, dalla finedella Seconda GuerraMondiale, che una gene-razione (i giovani) sitrova di fronte la possibi-lità concreta (e che vive inquesta percezione) di vederpeggiorare le proprie condizioni di vita rispettoa quelle dei propri genitori, che vivono sempre

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Servono nuove strade da percorrere per valo-rizzare il patrimonio, naturale e culturale delnostro Paese e per tornare a vivere in armo-nia con ritmi biologici sempre più naturali.La costruzione di un nuovo umanesimo è ilmessaggio che grandi filosofi e pedagogistihanno affermato con forza negli ultimi tempi,anche nel documento Alfabeti ecologici – Ma-nifesto per l’educazione ambientale del futurodi Laura Marchetti, ex sottosegretario all’Edu-cazione Ambientale.Ma come conciliare la necessità di tornare adapprendere in una dimensione in cui prevalgaun modello culturale legato alla naturalità, albello, lento e gentile, ad un’ecologia dellamente trovandosi inseriti in un contesto sem-pre più globalizzato, che ci catapulta in un vor-tice di comunicazioni, in una standardizzazio-ne dell’immaginario, ove la tecnocrazia pre-vale e rende sempre più complesso ed artifi-ciale il vivere?Strade Aperte è la rivista che ospita queste ri-flessioni sull’Educazione ambientale ed io vor-rei soffermarmi sull’importanza di percorrerle,sulla base dell’esperienza maturata da oltre50 anni di Italia Nostra, la prima associazioneambientalista italiana, costituitasi proprio percontrastare spinte economiste e di cementifi-cazione poco sensibili ed attente alla tutela diquei valori culturali che la storia sintetizza nelpaesaggio e fa di esso la massima espressio-ne dell’interazione tra uomo e natura.

«Lo sgomento, la preoccupazione ed il ma-lessere che ci pervadono di fronte all’avan-zare del cemento ed alla scomparsa dellavita quotidiana dai borghi, non è determina-to solo da un senso estetico ma dal consta-tare la perdita di quei valori che sono allabase della vita collettiva e delle relazioni sot-tese: l’affezione, il bello, il tempo, la mate-rialità, la naturalità».Nella seconda metà degli anni 60 da ItaliaNostra nascono altre prestigiose associazio-ni:Il Fai, il WWF ed Europa Nostra. Nasconopoi la LIPU e Legambiente, Greenpeace emolte altre associazioni ambientaliste minori(anche se, a volte, la auto-definizione am-bientalista sembra inquinata).Negli anni 1970, venne attivato dalla nostraAssociazione il settore Educazione Ambiente(E/A) ed in ogni Provveditorato agli Studi sicostituì un nucleo di docenti distaccati, socidi Italia Nostra, per favorire occasioni di dia-logo, confronto e rinnovamento sulle temati-che educative di tutela e di valorizzazione delpatrimonio storico, artistico e naturale.Quattro furono i Centri Scuola Ambiente volu-ti dal Ministero della Pubblica Istruzione, neiquali si catalizzarono le migliori esperienzeintellettuali, professionali ed affettive dei ter-ritori, a cui seguirono molteplici attività di for-mazione rivolte a centinaia di docenti. Eranogli anni in cui si credeva fortemente nella par-tecipazione, nella concertazione e nel deside-rio di costruire un mondo migliore.Successivamente, nel 1995 con la circolareLa Ferla, si definì la figura del Referente all’E-ducazione Ambientale e furono promossi, acura del Ministero dell’Istruzione, diversi cor-si di formazione a supporto delle funzioni edattività di tale referente.Nel tempo, l’educazione ambientale, ha pre-figurato alcuni elementi del processo del-l’autonomia scolastica, ha assunto partico-lare valore ed importanza negli apprendi-menti sin dalla scuola dell’infanzia. Il cam-mino fatto ha consentito lo sviluppo di unaricerca educativa ed il passaggio dall’educa-zione ambientale all’educazione allo svilup-po sostenibile.

Educare ededucarsi ad unnuovo umanesimo

Elena Gaudio

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A Genova e Torino, nel 2007, con il Primoincontro internazionale della Task force sul-l’educazione allo sviluppo sostenibile e conil Forum nazionale Educazione all’ambientee alla sostenibilità si sono riattivati momentidi riflessione per stabilire una comunità diapprendimento e condivisione della cono-scenza riguardo alla sostenibilità ed all’edu-cazione, che ci auguriamo non rimanganoepisodi isolati.Una sessione del forum, dedicata all’educa-zione informale: i giovani, l’ambiente, l’impe-gno nello sport e nel volontariato ha eviden-ziato l’importanza di dedicare ai giovani ed alvolontariato una particolare attenzione perpromuovere e diffondere nuovi stili di vita.L’attività del settore E/A di Italia Nostra, oggidenominato Educazione/Formazione, si è fo-calizzata sull’educazione al paesaggio, qualecampo di riflessione in cui è possibile indivi-duare dinamiche del rapido processo di mon-dializzazione dei mercati ma anche riconosce-re tipologie di insostenibilità ambientali esociali, oltre a contraddizioni insite nell’attua-le processo di crescita economica.Il paesaggio, in pochi decenni, ha rapidamen-te cambiato significato: moltiplicando le suevalenze si é progressivamente arricchito incomplessità fino ad essere visto quale docu-mento storico delle relazioni avute dall’uomocon i luoghi in cui ha vissuto. Il Paesaggio haoggi un significato ben più dinamico e vivorispetto a quello romantico ed estetico delpassato, perché la percezione delle trasfor-mazioni apportate nel tempo dall’uomo allostato e al senso dei luoghi lo fanno diventareluogo della memoria, scenario per gli attoriche vi abitano, laboratorio di verifica dellasostenibilità, microcosmo del mondo.Tutti questi significati e valori sono scritti nelpaesaggio e possono esservi letti e l’azioned’Italia Nostra, nel tempo e con il mondo del-la scuola e della società civile ha portato adinnumerevoli riflessioni teoriche e altrettantesperimentazioni divulgative ed educative sulcampo, si è arricchita nel confronto con leproblematiche poste dal modello di sviluppodelle società industrializzate.

La carta dei Principi per l’educazione ambien-tale di Fiuggi 1997, orientata allo svilupposostenibile e consapevole, recita: «L’educa-zione allo sviluppo sostenibile deve divenire unelemento di promozione di comportamenti criti-ci e propositivi dei cittadini verso il proprio con-testo ambientale; l’educazione ambientaleforma alla cittadinanza attiva, consente di com-prendere la complessità delle relazioni tra natu-ra ed attività umane; (…) l’educazione ambien-tale si protrae per tutta la durata dell’esisten-za; (…) l’educazione ambientale non è circo-scrivibile entro i confini di una nuova materia(…) è interdisciplinare e trasversale; (…) le atti-vità e le iniziative di educazione ambientale,pur nella varietà di forme e stili organizzativi,(…) coinvolgono conoscenze, valori, comporta-menti, esperienze dirette, (…) hanno la possi-bilità di costruire e diffondere una culturamoderna capace di futuro, (…) capace di ispi-rare le azioni del senso del limite».Altri attori sociali sono stati coinvolti nel pro-cesso di educazione e formazione: oltre aiMinisteri competenti (Ambiente, Istruzione):si ricorda il primo protocollo d’intesa tra didue Ministeri del 1987 per il coordinamentodi iniziative nel campo dell’educazione am-bientale e la Legge quadro sulle aree protet-te n. 394/1991, a cui seguì la creazione –espressione dell’opera congiunta dello Stato edelle Regioni per l’Educazione Ambientale – delsistema INFEA (Informazione, Formazione, Edu-cazione Ambientale), costituito dall’insieme ditutti quei soggetti, progetti e strumenti condivi-si, dei quali i CEA, (centri di educazione am-bientale) ne sono una particolare espressione.Inoltre dal 2005, per la strategia di realizza-zione del Decennio dell’Educazione allo Svi-luppo Sostenibile promosso dall’UNECE(Commissione Economica Europea delle Na-zioni Unite) l’Italia si è impegnata, a livello in-ternazionale «a promuovere e sostenereun’educazione allo sviluppo sostenibile diqualità, non solo nel sistema educativo for-male ma anche in quello informale e non for-male, utilizzando metodi e strumenti di coo-perazione interdipartimentale tra istituzioni edi partecipazione della società civile».

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culturale e sociale che non può prescinderedal luogo in cui vivono ed operano, è una mis-sion di particolare importanza per Italia No-stra, perché oggi alle trasformazioni determi-nate dalla tecnologia e da una politica di pro-grammazione e gestione dei territori poco at-tenta ai bisogni individuali nei contesti collet-tivi, si associa la perdita dell’emotività e del-la quotidianità gioiosa. Spesso si tralascianogli aspetti psicologici, simbolici e metaforiciche necessitano invece di essere continua-mente rielaborati e che trovano maggioreattenzione nel mondo del’associazionismo edel volontariato.Pertanto valorizzare e supportare il volonta-riato diviene elemento strategico per coinvol-gere i giovani ed agli adulti sui temi dell’edu-cazione ambientale e della sostenibilità, spe-rimentando percorsi educativi e formativistrutturati per favorire la partecipazione el’impegno civile.Il volontariato in Italia Nostra offre in particola-re ai giovani qualificate esperienze di vita e diformazione sulla partecipazione, cittadinanza,responsabilità dei singoli e della collettività econsente di dare risposte concrete alle esigen-ze di affermazione e di inserimento sociale, incui ognuno può esprimere la propria personali-tà ed il proprio orientamento di vita.Con la nostra azione vogliamo continuare acontribuire e rendere le strade sempre piùaperte, agli altri e a noi stessi.

Per tutte queste ragioni, il paesaggio viene pro-mosso dall’Associazione quale laboratoriodidattico d’eccellenza, da leggere con appro-priata metodologia in chiave sistemica, comecampo interdisciplinare di indagine e di studiodove l’intervento formativo viene arricchito inclasse e nelle uscite sul territorio. L’indagineproposta non è mai fine a sé stessa, ma vistasempre in chiave prospettica perché le nuoveconoscenze si aggiungono e si intrecciano conle conoscenze di base per formare sistemiconoscitivi aperti.Oltre ai progetti dedicati all’educazione alpaesaggio: costiero, urbano, agrario e tema-tico, Italia Nostra è impegnata nella promo-zione e ampliamento della rete di educazioneambientale denominata gruppi di esperienzaterritoriale rivolta a studenti e ad adulti.Tali centri – tra i tanti ne segnaliamo alcuni –operano in luoghi con caratteristiche di parti-colare valore paesaggistico e di museo diffu-so, con la finalità di illustrare e di recuperarepreziose tradizioni locali, l’esplorazione, lostudio e la ricerca su precise tematiche am-bientali: Elsileana Prato a Monte Baldo di Ve-rona; Boscoincittà a Milano; La Fattoria didat-tica del Farfa in Sabina; la Riserva NaturaleOrientata Montecapodarso e Valle dell’ImeraMeridionale in provincia di Caltanisetta; laSelva di Castelfidardo (AN).Continuare nel dialogo e nel sostegno ai cit-tadini, per il recupero della propria identità

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lampadine a risparmio energetico le usiamogià da 15 anni). Ne siamo orgogliosi e ci sen-tiamo un po’ come i pionieri del west.Il cambiamento climatico è un evento astro-nomico atteso in quanto periodico: preces-sioni e nutazioni (vedere su wikipedia) cam-biano l’orientamento della Terra rispetto alSole: di conseguenza cambia la quantità dienergia solare (che è l’energia primaria perla vita) che raggiunge le diverse parti delpianeta. Un bel po’ di fonti ufficiali concor-dano sul fatto che, però, questo cambia-mento sta avvenendo più in fretta del nor-male e che l’accelerazione è conseguenzadelle attività umane degli ultimi 200 anni.Le fonti ufficiali le trovate in Internet: cerca-te cambiamenti climatici e troverete unosfacelo di siti; scegliete quelli più attendibi-li: Unione Europea, IPCC, ENEA, ecc. In sin-tesi, non si ha la certezza al 100% (che nonè umana) ma le valutazioni scientifiche con-divise danno questa interpretazione al 95%.Se va avanti così, si potrebbe determinareuna catastrofe, non per l’ambiente tutto maper la specie umana e per molte altre spe-cie: l’uomo abita la Terra da poco tempo(rispetto all’età del pianeta), i fossili raccon-tano di altre specie già estinte.Le stesse fonti ufficiali ci dicono che la cata-strofe si può evitare (o ridurre di moltissimo)se si adeguano gli stili di vita. Provate a riem-pire un bicchiere di acqua e fate attenzione aquando l’acqua arriva fino all’orlo: prima siforma una superficie concava (cioè curvaverso il fondo del bicchiere) poi una superfi-cie piatta proprio all’altezza dell’orlo del bic-chiere e infine la superficie dell’acqua diven-ta convessa (cioè sporge ma non cade, fa-cendo una curva dalla parte opposta del fon-do del bicchiere). Se a questo punto aggiun-gete altra acqua goccia dopo goccia, ad uncerto punto arriva la famosa goccia che fatraboccare il vaso, ovvero (in termini matema-tici) la catastrofe.Sul fatto che l’acqua sia arrivata all’orlo sonopiù o meno tutti d’accordo, tranne alcuni in-correggibili ottimisti o, peggio, interessati ne-gazionisti. Il disaccordo è sulla forma della su-

Qualche giorno fa la stampante collegata alPC di casa ha improvvisamente smesso difunzionare. Dopo alcuni lampeggiamenti in-comprensibili (errore sconosciuto, recita ilmanuale), sullo schermo del PC è comparsoquesto lapidario annuncio: «alcune compo-nenti della stampante hanno concluso il lorociclo vitale». Il primo pensiero è stato quellodi portarla in un centro per gli opportuni tra-pianti. Due riflessioni mi hanno fermato: laspesa avrebbe superato il costo di una stam-pane nuova (com’è che una nuova stampan-te costa quasi quanto un cambio di cartuc-ce? E 12 millilitri di inchiostro a colori costa-no circa 20 euro, cioè quanto 8 chili di pa-ne?) e, poi, che sono contrario all’accanimen-to terapeutico. Ora non mi resta che organiz-zare il funerale della stampante.Un anno e mezzo il consiglio di famiglia hadeciso di ridurre le automobili da tre ad una,più un motorino e gli abbonamenti annuali aimezzi pubblici romani. Acquistare e mantene-re un’automobile costa ogni anno circa unquinto dello stipendio medio annuale (tredi-cesima compresa). Col risparmio potrei pren-dere un taxi almeno 200 volte l’anno! Leggomolto di più, ovviamente quando trovo postoa sedere. Ma la cosa più sottilmente godurio-sa è di non diventare nevrastenico a cercareparcheggio. Con i risparmi, secondo il princi-pio del “buon padre di famiglia”, abbiamoistallato i pannelli solari per l’acqua calda (le

Cambiamenticlimatici e stili di vita

Aldo Riggio

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Tra il 2006 ed il 2007 CNR e Regione Tosca-na, con il patrocinio dell’UNESCO, (quinditutte fonti attendibili) hanno coinvolto diver-se scuole in un progetto di buone praticheDimagrisCO2 invitando gli studenti ad assu-mere alcuni semplici comportamenti: usarelampadine a risparmio energetico, spegnerele spie luminose degli apparecchi domestici(i led di stand-by), spostarsi a piedi o in bici-cletta, fare la raccolta riciclata. Il calcolodella CO2 (anidride carbonica) non immessain atmosfera lo potete fare usando questatabella:

perficie dell’acqua o, per i catastrofisti, sulnumero di gocce che mancano a quella fata-le. Le stesse fonti ufficiali affermano peròche, se siamo bravi, possiamo mantenere lasuperficie dell’acqua dov’è adesso e, addirit-tura, svuotare un po’ il bicchiere. E ci danno itempi, che a confronto con i tempi astronomi-ci sono corti: 30 anni per il primo obiettivo,circa 100 per il secondo. Ahimè, tempi chesembrano non interessare nessun politico enessun businessman. Ma che sono congenia-li per chi ha liberamente scelto di «lasciare ilmondo un po’ migliore di come lo ha trovato».

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danno alla propria attività o al proprio statusinduce alcuni settori produttivi ad assumereposizioni negazioniste. Però alcuni rappresen-tanti, più accorti, degli stessi settori stanno giàmodificando il loro modo di operare: ad esem-pio alcune industrie petrolifere hanno già inizia-to a differenziare investendo nel settore delleenergie alternative. Un altro settore con posizio-ni ambivalenti è quello degli OGM: le trasforma-zioni d’uso dei suoli (deforestazione, agricoltu-ra intensiva, monocolture, allevamenti intensivi)– insieme all’urbanizzazione sempre più accele-rata delle popolazioni ed ai trasporti – sonosospettate di essere tra i maggiori colpevoli deicambiamenti climatici. Gli OGM hanno ora unmomento di gloria come fonte dei bio-carburan-ti, i quali hanno gli indiscussi pregi di ridurre igas serra e la dipendenza dal petrolio. Ma, allostesso tempo, le colture OGM sottraggonorisorse all’alimentazione e consumano piùsuolo. L’ultima frontiera degli OGM sono lesementi che necessitano di un enzima per atti-vare le difese ai parassiti; l’agricoltore devecomprare sia le sementi che gli enzimi, prodot-ti (guarda caso) dalle stesse aziende. Questesementi producono semi sterili, cosicché l’an-no successivo l’agricoltore deve ricomprare siale sementi che gli enzimi. È quella che si chia-ma fidelizzazione del cliente? È un po’ quelloche succede per le automobili. Un tempo avevouna gloriosa 500. Quando si fermava riuscivo acapire dove mettere le mani e, una volta sudue, riuscivo pure a ripartire. Oggi, tra centrali-ne elettroniche, ABS ed altre utili diavolerie, sel’automobile si ferma posso soltanto chiamareil carro attrezzi; il pezzo malfunzionante nonviene riparato ma si sostituisce e quello vec-chio ingrassa le discariche. Poi ci sono i nega-zionisti che temono limitazioni alla propria liber-tà di attività: ad esempio, rappresentanti(anche illustri) della bio-ingegneria e delle ricer-che applicate sul genoma. Come per gli OGM, iperiodi di queste sperimentazioni sono spessocosì brevi che bisogna essere inguaribilmenteottimisti per affermare che non hanno e nonavranno effetti indesiderati. Personalmente,sono un forte sostenitore del principio di pre-cauzione (se non sono molto sicuro, meglio non

Il risultato è stato sorprendente e confortante.Solo con queste azioni si è registrata una ridu-zione media delle emissioni di CO2 di oltre il13% ad alunno! In pratica, più di metà del 20%di riduzione scelto dalla Unione Europea comeobiettivo per il 2020. Per saperne di più www.di-magrisco2.it. La performance (come si dice)può essere migliorata con altre semplici azioni:non sovraccaricare il frigo, doccia invece chebagno, prodotti alimentari locali, caricare benelavatrice e simili, elettrodomestici di classe A,allacciarsi alle prese evitando prolunghe, nonspingere l’automobile a velocità da rally, spe-gnere le luci solo quando si esce da un ambien-te per più 10 minuti (se il tempo è minore l’ac-censione/spegnimento consuma più della lam-padina!), usare sistemi passivi contro il freddo(maglioni) ed il caldo (tende, attività alle ore giu-ste), accettare un po’ freddo o un po’ caldo, rici-clare il vetro, leggere un libro o fare una partitaa carte invece di incollarsi al televisore (il chefa anche bene alla salute mentale), scegliere glioggetti da acquistare informandosi anche sullaloro manutenzione (cioè dire no, finché possibi-le, all’usa e getta) e tanti altri ancora di buonsenso. In sostanza, tutti quelli che dicono cheper evitare i cambiamenti climatici dovremmotornare all’età della pietra sono dei bugiardi.Mantenere il bicchiere al livello di sicurezzasignifica adeguare lo stile di vita, non stravol-gerlo, innanzitutto con un po’ più di attenzionealla quotidianità. Questo anche per prenderetempo, cioè per dare tempo alla scienza ed allatecnologia di mettere a punto tecniche di produ-zione di energia più amichevoli con l’ambiente(molto è stato fatto o è di imminente realizzazio-ne), cioè per provare a svuotare un po’ il bic-chiere. Certo: ci saranno meno persone chelavoreranno a produrre automobili o a venderebenzina: ma ce ne saranno di più a produrrelampadine a risparmio energetico, pannellisolari, mezzi di trasporto pubblico e per tutte lealtre novità eco-compatibili, persone cioè chelavoreranno in settori innovativi. Spenderemoun po’ di più per migliorare le prestazioni dellenostre abitazioni e un po’ meno per pagare bol-lette di luce, gas, acqua, ecc. Il fatto che daicambiamenti negli stili di vita possa derivare un

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alla base di molti prodotti di uso quotidiano, ol-tre che dei carburanti. Se gli aspetti della que-stione dei cambiamenti climatici sono tanti etanto complessi, c’è bisogno di concertazione,di confronto, di decisioni e di convinzione. C’èbisogno di educazione e formazione, di inve-stimenti, di piani e programmi. C’è bisogno diverifiche e di capacità innovativa. Prima di tuttoc’è bisogno di ritrovare i valori fondativi dell’es-sere una umanità che ha a disposizione un solopianeta. Insomma c’è bisogno di politica. I mini-steri potranno sparire o rinascere, i ministri edi governi cambieranno (la partitica). E c’è biso-gno di continuità. In Italia siamo abituati all’e-mergenza, anzi sembra che sia l’emergenza acostituire la condizione per affrontare finalmen-te i problemi. Bhé, l’emergenza c’è. Non credosia possibile aspettare la nuova finanziaria persapere se i contributi e le facilitazioni fiscali peril risparmio energetico valgano anche il prossi-mo anno o no. C’è bisogno di misure struttura-li, piaccia o meno. Il futuro di ciascuno di noi, dinoi come collettività e come parte dell’umanità,non può dipendere dalle disponibilità di cassa.Non c’è priorità più elevata della stessa soprav-vivenza. Edgar Morin (in L’anno 1° dell’era eco-logica, Ed. Armando) ricorda come già neglianni ’60 la nascente coscienza ecologica affer-masse che la crescita industriale incontrollataavrebbe condotto ad un disastro irreversibileper l’ambiente naturale e per tutta l’umanità.Nel ’72 il rapporto sui Limiti dello sviluppo delClub di Roma collocò il problema nella suadimensione planetaria; il rapporto costituì ilprimo tentativo di concepire un futuro comune,umano e biologico, su scala planetaria. Morinconclude «La profezia ecologista degli anni ’60si è in parte auto-distrutta: la diffusione abba-stanza rapida della coscienza dell’inquinamen-to e del degrado… ha stimolato la realizzazionedi dispositivi giuridici e tecnici che in qualchemodo hanno corretto o ritardato il suo caratte-re disastroso. Ma una buona profezia è esatta-mente quella che stimola le reazioni e le lottein grado di evitare la catastrofe che essa hapredetto.» Stando così le cose, vale la pena divestire ancora una volta i panni del profeta.Sapendo già che, volendo, ce la possiamo fare.

fare). Infine ci sono quelli che, come i governi ditanti paesi in via di sviluppo o ad economiaemergente, temono limitazioni alla possibilità diraggiungere gli stili di vita di riferimento, cioèquelli del Nord America e dell’Europa. Ma,quand’anche fosse proprio questo lo stile divita da desiderare, i paesi emergenti non deb-bono per forza ripetere tutto il percorso fattodai paesi di riferimento, fesserie comprese.Certo: bisognerebbe non esportare in essi letecnologie obsolete o (addirittura) i nostri scar-ti, ma collaborare con loro perché effettuino unsalto tecnologico direttamente verso tecniche etecnologie eco-compatibili. Queste ultime consi-derazioni trasferiscono l’impegno ad arginare (ese possibile ridurre) le cause e gli effetti deicambiamenti climatici dalla dimensione indivi-duale-familiare ad una dimensione collettiva,addirittura internazionale. Qualcuno paragonal’impegno che sarà necessario con quello spe-so per superare la guerra fredda. Certo la solu-zione vera non sarà individuale, ma può prove-nire proprio da un mix di individuale e collettivo,di maggiore sobrietà e di nuove tecnologie, por-tando costantemente molta attenzione a che glieffetti dei cambiamenti climatici – così come glisforzi per mitigarli e quelli per adeguarsi ad essi– non diano luogo a nuove esclusioni o povertàma siano equamente condivisi. Da molti anni èattivo, a fianco degli organi che studiano gliaspetti meteorologici e tecnologici dei cambia-menti climatici, anche un gruppo di lavoro inter-nazionale che si interroga sulle questioni didiritto e di equità, ma il cui lavoro non ha ana-logo risalto sugli organi di informazione. Unbuon esempio di impegno locale collettivo sonole esperienze cosiddette di Agenda 21 (anchein questo caso con Internet si trova un sacco didocumentazione). Equità, giustizia e solidarietàinternazionale saranno (sono) necessari peraffrontare i problemi della scarsità di risorse ali-mentari di base (cereali, riso, ecc.), dell’acquache è una concausa di molti conflitti (compresoquello israelo-palestinese), delle migrazioniintra ed intercontinentali (da siccità, da fame,da malattia, da guerra),dei cambiamenti occu-pazionali, delle nuove malattie, ma anche quel-li di un petrolio sempre più scarso e caro che è

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Solo pochi anni fa la tenda era la casa di po-chi: gli scouts, gli alpinisti, qualche vagabon-do, i militari, il circo, e le passeggiate nei bo-schi, le ferie in ambiente aperto e un po’ sel-vaggio erano esperienze riservate a pochifanatici.Poi sono arrivati gli oratóri, poi i campeggi or-ganizzati, poi i club e poi le mode; oggi, conl’etichetta della natura e dell’ecologia si pro-pagandano le automobili e i cibi, l’acqua e imobili, le riviste e le case, le barche e i moto-rini.Nel frattempo gli scouts non riescono più acampeggiare come una volta: nel bosco conil torente, con la legna da usare e la raduraper il falò.Sembra finita la bella avventura e, a volte, cichiediamo se è ancora possibile amare glianimali e le piante senza farne un’esperienzadiretta. Dove rilevare le tracce che non sianodi automobile? Dove intrappolare un coniglioche sia selvatico?È incontestabile che i territori liberi lontanidalle case e dalle strade, con legna per tuttie con acqua pulita siano sempre più una rari-tà e sempre più inaccessibili; il saccheggiodel nostro territorio a fini turistico-speculativiha galoppato; le belle vallette pianeggiantiadatte per i nostri campi, sono cadute sotto icingoli delle ruspe.Nel nostro futuro ci sono dunque solo le riser-ve scout e altri pochi elitari territori di caccia?

Fortunatamente mentre i benpensanti sco-privano le amenità del campeggio con self-service, del bungalow con doppi servizi edelle rulottopoli, lo scautismo – e non sololui – scopriva che gli animali e le piante, pursempre tenuti nella massima considerazio-ne, non erano da amare solo per il lorovalore intrinseco, o perché capaci di provo-care profonde emozioni, o perché in gradodi ritemprare l’uomo tra uno stress ed ilsuccessivo.

IL PASSO AVANTI

La riscoperta fondamentale è stata quella diritrovare il dimenticato ma robusto legametra la vita dell’uomo ed il suo ambiente, di cuianimali e piante sono le componenti di piùimmediata comprensione.Questo passo avanti fa ormai parte e con-traddistingue l’esperienza dello scautismo dioggi e diversifica il tipo di proposta delloscautismo da quella di tanti gruppi a ragioneo a torto, sedicenti ecologici e naturalistici.Le risorse «finite», gli ecosistemi alterati, idisastri ecologici ci hanno costretto a ripen-sare e a reinventare un sistema di rapportitra gli uomini e le cose.Questo nuovo tipo di rapporti, che incide for-temente sulla vita quotidiana di ciascuno, èuna intuizione ed una profezia per ora limita-ta a pochi ma si pone come meta che tuttidevono raggiungere a seguito di uno sforzonotevole in termini educativi e formativi. Nonsi tratta infatti di cambiare slogans, attivitàed abitudini ma di mutare un sistema di valo-ri, una mentalità ed una cultura.Sotto questo profilo la legge scout e, in par-ticolare, il suo sesto ar ticolo, hanno biso-gno di un rilancio e di una proposizionenuova.Amare gli animali e le piante oggi significa farscendere l’uomo dal piedistallo di potere e didominio che si è costruito sotto i piedi e checomincia a rivelarsi fragile ed insicuro, attra-verso un immersione nel proprio ambientecon un atteggiamento nuovo che non può

Articolo 6… amano e rispettanola natura. Un apparenteritardo

Luigi Buizza in RS Servire num. 4 settembre 1984

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con gli animali» ma dalla sua scelta di rinun-cia alla posizione di supremazia economica eculturale a favore di una posizione di dipen-denza, di accettazione e di ascolto delmondo, delle cose e delle creature.La povertà di Francesco è la realizzazione diquella che oggi chiamiamo «partnership»,cioè un rapporto paritario tra i vari fattori del-l’ambiente, uomo compreso, in sostituzionedella «leadership» tanto avidamente ricercataanche in buona fede, mediante la tecnologia,la scienza, la cultura ed il progresso, ora rive-latasi perdente se sganciata dai legami ditipo ambientale.Il sole, il lupo, gli uccelli, i fratelli non sonoper Francesco elementi di coreografia da ma-nipolare e soggiogare per affermare la supre-mazia dell’uomo-dio ma fattori vitali di unavita alternativa basata su rapporti paritari edialogici.

essere né un nostalgico e falso ritorno allacampagna e alla pastorizia né un rifiuto aprio-ristico di qualunque ulteriore modificazione ecambiamento.Il nuovo rapporto con l’ambiente si realizzamediante un corretto concatenamento deivari fattori, nessuno escluso, della vita e dell’ambiente. Si deve passare dalla monarchiadell’uomo sull’ambiente alla democrazia del-l’uomo con l’ambiente. Questo deve avvenirein città come in montagna, al campo come acasa.

UN MODELLO

L’attualità di San Francesco, recentementecommemorato e celebrato, anche nelle formepiù strane, deriva non già dalla sua poetica efantastica capacità di «parlare con le cose e

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Provo a individuare alcuni elementi por tan-ti e linee d’azione relative all’affermazio-ne che «lo scautismo adulto può giocareun ruolo significativo per il futuro soste-nibile della comunità umana», dandoper scontati i seguenti presuppo-sti che credo essenziali, senza iquali potrebbe cadere tutto ilragionamento:• lo scautismo adulto esiste per-

ché si ritiene fondamentale cheogni persona continui ad avere cu-ra della propria educazione; e checiò possa avvenire continuando aispirarsi ai principi e al metodoeducativo dello scautismo, adatta-ti all’età vissuta;

• la Comunità di scout adulti è am-bito fondamentale per la promo-zione dell’educazione personale perma-nente e costituisce un luogo privilegiatodi promozione e rinforzo della vocazioneall’impegno personale e comunitario peril mondo, configurandosi quindi come unluogo di vero impegno politico in sensolato;

• in particolare in tema di ambiente e futu-ro sostenibile, la domanda di verifica allafine di un cammino educativo è quindisempre: «il cammino fatto, che ha cambia-to me, ha anche concorso a cambiare ilfuturo di noi tutti?».

DALLA NATURA ALL’AMBIENTE PER GIOCARE LO SCAUTISMO

Impegnati per il futuro sostenibile, parliamodi ambiente ed è necessario intendersi suquesto termine. Le definizioni sono molte (enon si arriverà mai ad una unanimamentecondivisa!). Nella riflessione avvenuta già datempo nello scautismo in tema di educazioneambientale, abbiamo fatto nostra quella datada don Tonino Moroni, dell’Università diParma, che promosse e rinforzò la riflessionestessa dal 1980 in poi in AGESCI: ambienteè il sistema di rapporti fra natura e culturadell’uomo. Non c’è qui lo spazio per appro-fondire, ma solo per ricordare alcune sottoli-

neature. Noi siamo immersi in tale sistemanatura-cultura, viviamo una realtà

nella quale l’intreccio dei rapporti ècosì inestricabile che non possia-mo più (e non avrebbe più senso)discernere in modo netto ciò che

è natura da ciò che è cultura. Vasottolineato poi che non c’è contrappo-

sizione o alterità fra la natura e l’uomo,fra la natura e l’ambiente, in quantonoi facciamo parte dell’ambiente siacome viventi (siamo fra i fattori bioticiche costituiscono la natura), sia come

autori di quel fattore recente(rispetto all’età della Terra e poi

della biosfera) che è la cultura.Questa visione scientifica della realtà in cui vi-viamo non contraddice la convinzione chequesta realtà sia il risultato di quell’importan-te gesto di amore di Dio che è la Creazione.L’ambiente (e non la natura) è dunque illuogo del grande gioco dello scautismo, conuna preferenza per ambienti non eccessiva-mente antropizzati, soprattutto per via dellametafora educativa utilizzata: lo scouting del-l’uomo di frontiera. Sarebbe però un graveerrore metodologico non cercare le traccedell’uomo anche nei luoghi apparentementenaturali.Anche per la crescita continua dell’adultoscout, la vita all’aperto in ambienti naturali

Lo scautismoadulto per il futurosostenibile

Franco La Ferla

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fronte di un passato scientifico semplifi-catorio della realtà (metodo riduzionista),utilizziamo oggi una scienza più capace dicogliere la complessità (metodo sistemi-co) e più umile nella pretesa di avere eli-minato le incertezze di quanto si è studia-to. Allo studio, necessario per approfondi-re il molto che ancora non si sa, si asso-cia quindi la consapevolezza di dovergestire la realtà servendoci di conoscenzescientifiche, vere solo fino a prova contra-ria, dove si impone quindi il principio diprecauzione e la necessità di fare anchedelle marce indietro. Anche qui, vari arti-coli della legge scout, applicati ai singoli ealla comunità, possono tornare utili, ades: pongono il loro onore nel meritare fidu-cia; sono leali; laboriosi ed economi; ecc.;

• addentrarsi nella difficoltà di coniugareeconomia-ecologia e quindi ambiente-svi-luppo, sviluppo sostenibile, prendendocoscienza del mutamento profondo checiò richiede nella gestione economicaall’interno di un Paese e nei rapporti fradiversi Paesi, in particolare fra Nord e Suddel Mondo;

• verificare gli impegni personali che nellapropria vita familiare e professionale è be-ne prendere, guardandosi dai banali luo-ghi comuni e dalle velleità inutili. Per deibambini possono avere qualche signi-ficato azioni di scarso impatto migliorativosull’ambiente ma utili sotto il profilo del-l’educazione personale (es. alcune tipolo-gie di raccolta differenziata a scarso risul-tato in termini di recupero di materia oenergia; il pulire ogni anno gli stessi luo-ghi sporcati dalle stesse persone maledu-cate, senza preoccuparsi di rimuovere amonte i cattivi comportamenti). Ma daadulti occorre seguire la strada più sco-moda del valutare in termini ecologici,economici e sociali le azioni individuateper salvaguardare l’ambiente e poi agiredi conseguenza. La valutazione non è maifacile da fare; è però troppo facile e como-do non farla mai e non chiedersi mairagione dei risultati delle proprie azioni;

resta un luogo privilegiato per meglio com-prendere chi siamo e qual è il nostro postonella biosfera. Ma diventa soprattutto inte-ressante e irrinunciabile la scoperta delle cit-tà dell’uomo, allo scopo di riscoprire costan-temente il proprio ruolo nel disegno di Diocreatore e nella realtà della comunità umana,di comprendere criticamente le interazioninatura-cultura in cui viviamo, di definire leresponsabilità che competono ai singoli ealle comunità umane per un futuro vivibiledell’intera biosfera.Una volta scoperto tutto ciò, la maggioreautonomia che contraddistingue la vita adul-ta consentirà all’adulto scout di vivere i rap-porti nell’ambiente con maggiore responsabi-lità e consapevolezza, ispirandosi ad un utiliz-zo oculato delle risorse e imponendosi rego-le, sia nella vita familiare che professionale,per una gestione lungimirante dell’ambientestesso.

LA COMUNITÀ

Ma è soprattutto la Comunità il luogo più indi-cato sia per approfondire tutto quanto è con-nesso al concetto di ambiente e alle respon-sabilità personali, sia per individuare le azio-ni personali e collettive che ci rendono vericittadini del mondo.La Comunità, servendosi della propria edaltrui esperienza professionale, potrà lavora-re sodo in molte direzioni:• approfondire in termini scientifici il siste-

ma-ambiente, non trascurando di conti-nuare ad utilizzare per questo il metodoscout, in particolare: il gusto della scoper-ta, lo stile di semplicità austera che nonabusa delle risorse materiali, il volerusare con intelligenza e prudenza le risor-se ambientali, il voler lasciare un luogo dipassaggio (il mondo) un po’ migliore dicome lo si è trovato; ecc.;

• cogliere quanto di nuovo e inesplorato c’èoggi nel rapporto umanità-ambiente equanto sia dunque arduo indicare stradegiudicabili sicure una volta per tutte. A

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scientifiche serie sono nella prospettiva delmancano x giorni all’abisso. Ma la realtà èben diversa. Non che ci si possa trastullare:occorre agire e agire non da soli. Ma, cosìcome la situazione attuale (per alcuni versipreoccupante) arriva da un cambiamento cul-turale di vasta portata e di inizi lontani,anche il cambiamento culturale oggi richie-sto, che dovrà anche avere caratteristiche dicontrotendenza rispetto alla cultura oggidominante, dovrà prevedere tempi non brevie ampiezza planetaria.Perché non si tratta di inventare una tecnolo-gia che risolva un elenco di problemi: bisognaproporsi di cambiare la nostra testa, in ambi-ti così diversificati che non si riesce neppurea tracciare direzioni sicure una volta per tuttee a misurare il nostro stato di avanzamento.Insomma, pur con un cuore già gettato oltrel’ostacolo, non saremo mai certi di esseredavvero oltre l’ostacolo con tutto il nostroessere.Non è una bella conclusione questa, direcioè che siamo nell’indeterminatezza e che,solo a nuova cultura costruita, altri potran-no dire che si è cambiata la cultura che sivoleva cambiare. Ma credo che la sfida checi troviamo di fronte stia esattamente inquesti termini. Naturalmente non è un invi-to a stare fermi, anzi è un invito a cammi-nare con coraggio senza fermarsi alle primedifficoltà.Per poterlo fare, serve muoversi come nelleascensioni in montagna per una via scono-sciuta. Serve una buona attrezzatura, moltaprudenza, buona capacità di osservazione diquanto si vede intorno, umiltà nel tornareindietro se si sbaglia un tratto di sentiero,coraggio nel cercare quello giusto, voglia diparlare e confrontarsi con altri incontrati sullastessa via. Serve capire che il tempo meteo-rologico potrebbe non essere dalla nostra.Ma dalla nostra è invece il tempo dedicato,perché è tutto il nostro tempo.Il passo sarà dunque molto misurato, sapen-do che il tempo da dedicare non sarà breve.Ma è il tempo della la vita che ci sforziamo divivere bene.

• mettere in atto impegni di comunità, rela-tivi ad esempio alla gestione di beni am-bientali (naturali-culturali), alla diffusionedi una cultura ambientale, alla promozio-ne di delibere locali per una migliore am-ministrazione dell’ambiente, tutto ciò an-che in collaborazione con altri soggettipresenti sul territorio.

IL MOVIMENTO

Il Movimento è infine uno strumento impor-tante per collocare in orizzonti più ampi gliimpegni per l’ambiente, sviluppati/sviluppa-bili da parte del singolo adulto scout e dellediverse Comunità. Ciò potrà avvenire nelledue direzioni: sia ricevendo dall’esternoquanto si ritiene opportuno e praticabile, siavalorizzando e riversando all’esterno quantoemerge all’interno del Movimento.In tema di partecipazione alla vita politica delPaese, rispetto agli ostacoli presenti in unaassociazione educativa come l’AGESCI, ilMASCI può invece dare vita a iniziative di tipopolitico in senso stretto (proposte di legge,programmi elettorali, candidature, ecc.),capaci di rendere più efficace l’attuale politi-ca ambientale italiana e comunitaria.Infine, i rapporti internazionali del Movimentopossono/debbono permettere di dare un re-spiro più ampio (planetario) a problematichee azioni.

PRENDERSI IL TEMPO NECESSARIO

Chiudo queste considerazioni raccomandan-do il passo da montanaro. Impegnarsi per ilfuturo sostenibile è un viaggio faticoso, cul-turalmente difficile e molto appassionante,che genera in chi sceglie di compierlo moltoentusiasmo, ma anche una fretta smodata,cui segue scoramento ai primi inevitabili fal-limenti.È vero che tutti i segnali dagli organi di co-municazione e anche da alcune ricerche

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di una trota salita alla superficie, o dallo stra-no richiamo di un uccello di palude; è solo quiche la mente può aprirsi a ricevere riflessioniessenziali e gli impulsi più nobili».E ancora: «Non c’è alcun piacere che si avvi-cini a quello di prepararsi il proprio pasto allafine del giorno su un piccolo fuoco di braciardenti, e nessun profumo vale l’odore diquel fuoco. Nessuna veduta vale allora quel-la che godi dal tuo ricovero sul pendio selvo-so. Nessun sonno vale il sonno all’aria aper-ta con una calda coperta e un buon strato dicarta sotto di te».Oppure: «Le uscite sulla strada aperta ti arre-cano la gioia della salute dei polmoni e dellemembra: e quale superba sensazione ti dà ilsentirti pienamente in forma! Inoltre questeuscite ti danno tutto il piacere dell’osservazio-ne degli uccelli, delle piante, delle persone, conl’avventura della scoperta di nuovi posti e dinuovi spettacoli, e la presa di coscienza edifi-cante delle bellezze e meraviglie della natura».Gli spettacoli della natura aprono naturalmen-te l’anima al sentimento e alla presa di co-scienza di Dio. E qui B.P., con altre pagine bel-lissime, si colloca nella via maestra di unamillenaria tradizione cristiana, che con S. Bo-naventura considera la natura come itinera-rium mentis in Deum, e con S. Francesco uni-sce la contemplazione alla semplicità e all’a-more verso tutte le creature. Come in genereper tutta la formazione scout, anche la vitanell’ambiente naturale assume significato nelservizio del prossimo, oltrepassando quindi ladimensione esclusivamente personale. E ciònon solo nel senso che una persona dal carat-tere forte, formato anche grazie alla vitaall’aperto, è maggiormente in grado di aiutaregli altri, ma anche perché la stessa pratica diquesto genere di vita deve offrire occasioni diaiuto e servizio al prossimo e deve quindisvolgersi in un costante spirito di disponibilitàverso quanti si incontrano sulla strada. E perquesto, anche, la pratica della vita all’apertofa parte integrante del metodo dello scauti-smo adulto proposto dal MASCI. Ma la naturaè molto più che uno scenario per certe attivi-tà dello scautismo. Essa si collega ai primor-

Da sempre la natura fa parte della visione delmondo dello scautismo. Non solo per gli aspet-ti che più facilmente vengono alla mente – l’ef-fetto formativo, sul fisico come sulla personali-tà in genere, che viene dall’affrontare difficoltàcome il freddo, la pioggia, la fatica – e non soloper la capacità di cavarsela da solo al di fuoridell’ambiente facile della vita cittadina: tuttociò certo fa parte della proposta educativa diBaden-Powell, modellata, com’è noto, sullasua esperienza di vita di ufficiale coloniale inIndia e in Africa. Ma c’è nella visione scoutdella natura una dimensione diversa, che purecontribuisce alla formazione della personalità:la dimensione della contemplazione, dello stu-pore. E sorprendentemente – perché appuntonormalmente si pensa a B.P. come a un solda-to, quindi intento agli aspetti puramente mate-riali che fanno parte dell’arte e tecnica militare– la contemplazione del creato, lo stupore, lasensazione di sentirsi un atomo in un quadro diimmensità infinita, fanno parte integrante dellaproposta del Fondatore. Rileggiamo alcune suepagine: «Seduto nella notte accanto a un fuocoda campo, solo e lontano nel cuore oscurodella foresta, l’uomo può fantasticare e riflette-re a fondo. Mentre il dolce odore della legnabruciata colpisce le sue narici, il cielo vellutatodal colore di porpora costellato di gemme ri-splendenti lo osserva, e un silenzio dei più pro-fondi, quasi d’attesa, regna tutt’intorno, rottosolo di quando in quando dal tonfo improvviso

La natura, da scuola di carattere aluogo di impegno e di servizio

Mario Sica

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fronti della natura visibile, siamo sottomessia leggi non solo biologiche, ma anche morali,che non si possono impunemente trasgredi-re» (cfr. Enciclica Sollicitudo rei socialis, 30dicembre 1987, 34).La questione ecologica di cui parla il Papa hagià da vari anni provocato in seno allo scauti-smo italiano un dibattito dal quale è emersoun concetto di natura intesa come ambientecon cui l’uomo stabilisce scambi e relazioni, enon – come sembra essere il concetto di certimovimenti ecologici – come mondo esterno eseparato dall’intervento dell’uomo, da conser-vare come una vetrina di museo. La sfidaodierna è quella di conciliare il godimentodella natura e il suo rispetto. In linea con que-sto concetto, lo stile della vita all’aperto degliscout è oggi divenuto maggiormente ecologi-co: ossia, più conscio della fragilità della natu-ra e più rivolto all’utilizzazione economica del-le sue risorse, all’uso di forme alternative dienergia, e in genere maggiormente sensibilealle tematiche ambientaliste, anche se si èforse perso qualcosa delle nozioni e delle tec-niche tradizionali. Al campo non si scava piùla vecchia buca dei rifiuti, spauracchio del no-vizio che regolarmente ci infilava il piede den-tro, ma i rifiuti si raccolgono e si smaltisconoin modo differenziato: il campo scout anchequi cerca di dare abitudini che dovrebbero es-sere quelle quotidiane del cittadino responsa-bile. In ultima analisi, il concetto cui l’adultoscout dovrebbe ispirarsi è quello del rispettodell’ambiente naturale come casa di tutti. Sein uscita non si lasciano in giro cartacce nonè perché non è educato, ma semplicementeperché non lo faresti a casa tua. Se io noninquino od uso energie rinnovabili o adottouno stile di vita ecologico, è perché faccioaltrettanto a casa mia. Una osservazione fina-le: se l’ambiente naturale è la casa di tutti,allora dobbiamo darci la mano con tutti quelliche si battono per la sua salvaguardia. Ciòche a mio avviso comporta il dovere per cia-scuno di noi, per ciascuna comunità e per ilMovimento nel suo insieme di conoscere me-glio quei movimenti che concretamente agi-scono in questo campo.

di dell’umanità, alla genesi, alla creazionedel mondo. Per questo essa esercita sullanostra psiche un richiamo enorme che ha unvalore non transeunte e forse è ancora piùforte oggi che non ai tempi di B.P., perché silega alle preoccupazioni ecologiche e di tute-la di un ambiente sentito ormai come arischio e di risorse naturali percepite come invia di esaurimento. Qui oggi entrano in gioco,certamente, valori superiori che non possonoche interpellare gli adulti scout. Se infatti pergli animali inferiori la natura è un automati-smo, per l’uomo essa è un impegno morale ereligioso. La natura non è solo un insieme dicose, ma anche di significati. Essa è per l’uo-mo, ma l’uomo è per Dio, e Dio lo chiama apartecipare alla signoria che Egli ha sulmondo: «Dio li benedisse e disse loro: “Siatefecondi e moltiplicatevi, riempite la terra;soggiogatela e dominate sui pesci del mare esugli uccelli del cielo e su ogni essere viven-te, che striscia sulla terra”» (Gn 1, 28).Nell’enciclica Evangelium Vitae (25 marzo1995), par. 42, Giovanni Paolo II ci offre laprospettiva cristiana di questo dominio: «Chia-mato a coltivare e custodire il giardino delmondo (cf. Gn 2, 15), l’uomo ha una specifi-ca responsabilità sull’ambiente di vita, ossiasul creato che Dio ha posto al servizio dellasua dignità personale, della sua vita: in rap-porto non solo al presente, ma anche allegenerazioni future. È la questione ecologica –dalla preservazione degli habitat naturali del-le diverse specie animali e delle varie formedi vita, alla ecologia umana propriamente det-ta (cfr. Enciclica Centesimus Annus, 1° mag-gio 1991, 38) – che trova nella pagina biblicauna luminosa e forte indicazione etica per unasoluzione rispettosa del grande bene dellavita, di ogni vita. In realtà, “il dominio accor-dato dal Creatore all’uomo” non è un potereassoluto, né si può parlare di libertà di “usaree abusare”, o di disporre delle cose comemeglio aggrada. La limitazione imposta dallostesso Creatore fin dal principio, ed espressasimbolicamente con la proibizione di “mangia-re il frutto dell’albero” (cf. Gn 2, 16-17), mo-stra con sufficiente chiarezza che, nei con-

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L’uomo non si è mai trovato così lontano,come ora, dal giardino di Eden. Allora c’eraun equilibrio tra l’uomo, creatura di Diofatta a sua immagine e somiglianza, e lanatura.Da quando questo equilibrio si è rotto con ilpeccato, è stata una lotta continua per procu-rarsi il cibo, per costruirsi un riparo, per cer-care di difendersi dalle forze del male com-preso il suo simile, l’uomo stesso (homo ho-mini lupus).Ci sono voluti tantissimi anni per imparare asfruttare sempre più proficuamente la terra eper godere delle sue risorse, ma ora siamoandati troppo avanti dimenticando che «delSignore è la terra e quanto contiene» (Sal23,1) e che è stata affidata all’uomo perchéla custodisca e la coltivi con libertà respon-sabile, avendo come criterio orientatore ilbene di tutti.Siamo giunti ad un punto molto critico: ilcreato, grande dono di Dio, è esposto a seririschi da scelte e stili di vita che non sono piùsostenibili e che possono portare a situazio-ni di degrado irreversibile. Siamo di fronte aproblemi urgenti che la famiglia umana delmondo deve affrontare subito senza perderealtro tempo, poichè le conseguenze potreb-bero essere terribili.

Alcuni dati e considerazioni su quanto staavvenendo.

• Solo recentemente è stata confermatal’influenza dell’uomo sul clima, con cam-biamenti maggiori negli ultimi tempi. Peres. negli ultimi 100 anni si è avuto unincremento della concentrazione dell’ani-dride carbonica nell’atmosfera pari al dop-pio di ciò che avvenuto nei precedenti400.000 anni.

• Il riscaldamento del globo terrestre, pre-vedibile per il futuro, è maggiore di quan-to si pensi (anche 5 °C nel corso del pros-simo secolo), ma l’innalzamento potrebbeessere maggiore in alcune aree geografi-che, avendo come conseguenza anchel’innalzamento del livello dei mari coneffetti devastanti.

• Il disboscamento della foresta nella solaAmazzonia comporta, in un pericoloso cir-colo vizioso, siccità ed aumento di emis-sione di gas serra oltre a distruggere labase vitale di migliaia d’indigeni e di spe-cie animali.

• I consumi energetici sono aumentati con-siderevolmente (negli ultimi 50 anni, ab-biamo consumato almeno la metà delle ri-sorse energetiche mondiali non rinnovabi-li e distrutto più del 50% delle foreste delmondo).

• Gli scienziati indicano che disastri natura-li come terremoti, inondazioni, uragani, ci-cloni e siccità saranno sempre più fre-quenti (dal 1960 ad oggi si sono quadru-plicati!).

• È stata fatta una previsione secondo laquale, dal 2020 in poi, i 3⁄4 della popolazio-ne del mondo potrebbe essere a rischioper siccità ed alluvioni.

• I paesi poveri soffriranno a causa deicambiamenti climatici, in parte per la loroposizione geografica e in parte perché adessi mancano le risorse per adattarsi aicambiamenti e poterne mitigare gli effetti.

• Esseri umani ed altre specie del pianetastanno già soffrendo a causa dei cambia-menti climatici (sono già scomparse moltespecie di fauna e flora).

• Il raccolto di prodotti base come grano,riso e granturco, potrebbe avere un calo

Natura e creato: la sfida degliadulti del PattoComunitario per unpossibile futuro

Luciano Leperdi

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di centri di calcolo. Con tutto ciò è arrivatoalla conclusione che pur mettendo tutte lerisorse disponibili nella giusta direzione,non si avrebbe la sicurezza matematica delrisultato: quello cioè di ribaltare tutte letendenze negative riguardo ai problemisopraccennati.

È ORA DI FARE QUALCOSA A RIGUARDOPRIMA CHE SIA TROPPO TARDI. E NOI COSA POSSIAMO FARE?

Cominciamo con tutti gli adulti che hanno sot-toscritto il Patto Comunitario e cercano diviverlo quotidianamente. Per impegnarsioccorre prima prender coscienza che si deveavere cura del creato, che si può ed è bellovivere in armonia con esso, ma bisogna cre-derci per davvero.Occorre poi tessere reti: solo con il contri-buto di tutti coloro che agiscono non perchèobbligati ma perché convinti che ciò è pos-sibile, si può cambiare rotta e si può cerca-re di condividere le risorse in maniera soli-dale invece di dilapidare in maniera inco-sciente.Da anni sono stati fatti appelli in questosenso come, per es. da don Tonino Bello nelsuo discorso Giustizia, pace e salvaguardia

del creato del 30/04/1989:«Oggi abbiamo il privilegio di capire

che l’annuncio della Pace si com-pleta, oltre che con la lotta perla giustizia, anche con l’impe-gno per la salvaguardia del

creato.Quello della tutela dell’ambientenon è l’ultimo ritrovato della

nostra furbizia brontolona o dellenostre strategie del con-senso. Non è ammicca-mento alle mode cor-renti. Ma è un compito

primordiale che cisovrasta come par-tner dello SpiritoSanto, affinché la

del 30% nei prossimi 100 anni a causadel surriscaldamento del pianeta, mentrela popolazione è in continuo aumento; cre-sce anche lo sviluppo complessivo, ma inmodo disomogeneo così da aumentare lagià grande sproporzione tra pochi chehanno tanto e moltissimi che avrannosempre di meno.

• Probabilmente i coltivatori saranno co-stretti a spostarsi in zone sempre piùfredde, aumentando la pressione sulla de-licata situazione delle foreste e minac-ciando la sicurezza del mondo animale, emettendo in pericolo la qualità e la quan-tità delle risorse idriche.

La terra ha ancora una enorme capacità diassorbire gli sbagli dell’uomo, ma non puòcontinuare a fare ciò all’infinito, senza che lasopravvivenza dell’intera umanità sia messain serio pericolo.

Siamo arrivati al punto in cui l’uomo crede didominare tutto quanto gli può servire, senzapreoccuparsi di riversare nei mari scorie eveleni, di pescare in maniera indiscriminata edistruggere innumerevoli specie marine.Invece di vedere gli altri come fratelli, figlidello stesso Padre, e cercare con essiuna soluzione per il bene comu-ne, li vede piuttosto come ele-menti disturbanti del suo benevivere, quindi come nemici.Non si vuole qui allarmare più deldovuto, ma è certo che occorreporre almeno un freno a tutte quelleattività che portano ad accelerarequesto processo verso ladistruzione della vita diquella che è stata ed èla nostra casa.C’è chi ultimamen-te, for te dellasua potenza eco-nomica, non habadato a spese per procurarsi tantissimidati scientifici per farli analizzare, con l’aiu-to di tanti scienziati e sfruttando i più gran-

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Vorrei concludere con le parole del cardinaleFrancois Xavier Nguyen Van Thuan, Presiden-te del Pontificio Consiglio per Giustizia e Pa-ce: «La preoccupazione per l’ambiente è, inultima analisi, una chiamata al rispetto dellacreazione e un assicurarsi che l’attività uma-na, mentre trasforma la terra, non distruggal’equilibrio dinamico che esiste tra tutti gliesseri viventi che dipendono, per la loro esi-stenza, dalla terra, dall’aria e dall’acqua. Ilproblema ambientale è diventato di fonda-mentale importanza per la società, per l’eco-nomia e per la politica, perché è aumentato illivello di degrado che colpisce in modo parti-colare i settori più poveri della società. Ilrischio dei cambiamenti climatici ed il cre-scente numero di disastri naturali, ci interpel-la sulla realtà della società moderna. Il diva-rio sempre maggiore tra i ricchi e i poveri, ilsuper-consumo delle risorse della terra el’estinzione delle specie animali, non posso-no lasciare nessuno indifferente».

Non dobbiamo fermarci ed aspettare inertil’ultimo tramonto. Fermiamoci piuttosto arivedere la nostra attitudine nei confrontidei vari rapporti tra noi e la natura, tra noie gli altri, tra noi stessi e Dio come ci haproposto B.P.Per gli adulti che hanno fatto la promessa eaderito al Patto Comunitario non dovrebbeessere difficile. Dal loro comportamento glialtri, che non hanno conosciuto lo scoutismo,saranno prima incuriositi e poi contagiati percercare di arrivare a quella serenità che èpropria di quelli che fanno il proprio dovere,non per obbligo ma perché fiduciosi che quel-la è la giusta risposta alla chiamata del Padreper il bene di tutti.Non sono i grandi gesti di qualcuno checontano ma l’umiltà, il rispetto reciproco, laricerca di una giustizia per tutti che ci pos-sono dare la forza di fare sempre del nostromeglio in modo che alla fine il Padre, che ciama tutti individualmente nonostante le no-stre miserie, faccia vedere una nuova alba,se non a noi ed ai nostri figli, almeno ai lorofigli.

terra passi dal Kàos, cioè dallo sbadiglio dinoia e di morte, al Kòsmos, cioè alla situazio-ne di trasparenza e di grazia.…Manda il tuo Spirito, Signore: tutto sarà ri-creato, e rinnoverai la faccia della terra.La faccia della terra. La crosta della terra.La pelle di questa nostra terra, deturpatadagli inquinamenti, invecchiata dalle nostremanipolazioni, violentata dalle nostre ingor-digie.Ebbene, questa pelle diventerà fresca co-me la pelle di un adolescente. E si realizze-rà la splendida intuizione di Isaia che, addi-rittura invertendone l’ordine, aveva collega-to insieme salvaguardia del creato, giusti-zia e pace: “In noi sarà infuso uno Spiritodall’alto. Allora il deserto diventerà un giar-dino.. e la giustizia regnerà nel giardino.. efrutto della giustizia sarà la pace”. (Is 32,15-17).Il deserto, quindi, diventerà un giardino. Nelgiardino crescerà l’albero della giustizia.Frutto di quest’albero sarà la pace!C’è da chiedersi: è mai possibile che questavisione trinitaria della pace, così saldamentefondata sui plinti della Sacra Scrittura, abbiatanto stentato a diffondersi perfino nelle no-stre Chiese?».

Sul tema Pace con Dio Creatore, Pace contutta la Creazione del 01/01/1990, c’è il ri-chiamo affinché «i cristiani siano consapevo-li che ciò che è loro dovere nei riguardi dellanatura e della creazione, costituisce una par-te essenziale della loro fede» (n. 15).E tanti altri appelli. Ma pare che nessuno sene ricordi più.Si parla di giustizia sociale come giusta rela-zione tra le persone, ma non si può dimenti-care una giustizia ecologica, che significauna giusta relazione tra gli esseri umani etutto il creato.

Una parte importante e comune a tutte lefedi religiose è l’integrità ecologica ed è suquesta che dobbiamo puntare per mantenerevivo il dialogo, in un clima di collaborazione ecomprensione reciproca.

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no neppure tali) ecologisti. In realtà il dibattitoetico e filosofico sul modello di sviluppo erainiziato ben prima, già tra la fine del XVIII e l’ini-zio del XIX secolo. Alla fine degli anni ’60 ildibattito si allarga anche alla musica, all’arte,a tentativi di stili di vita divergenti (gli hippies,ad esempio). Negli anni successivi, mentre leinnovazioni tecnologiche – fra tutte l’elettroni-ca e l’informatica – sembrano rinnovare la fi-ducia nell’indefinita potestà dell’uomo, nume-rose catastrofi – in parte naturali e in parte diorigine antropica – rendono più serrato il dibat-tito (che a volte diventa scontro). Nello stessotempo alcune delle indicazioni contenute neiLimiti dello sviluppo assumono concretezza: ilrame diventa sempre più raro, molto prima delpetrolio; addirittura, il vecchio rapporto formu-lava nel 1972 una previsione per il 2000 diuna concentrazione atmosferica di CO2 pari a365 ppmv: ne sono stati misurati sperimental-mente 369 ppmv!La prima definizione di sviluppo sostenibile èquella contenuta nel rapporto Brundtland del1987, poi ripresa dalla Commissione mon-diale sull’ambiente e lo sviluppo dell’ONU(World Commission on Environment and De-velopment, WCED) «lo Sviluppo sostenibile èuno sviluppo che soddisfa i bisogni del pre-sente senza compromettere la possibilitàdelle generazioni future di soddisfare i propribisogni»

«Viviamo in un pianeta inserito in una delica-ta ed intricata rete di relazioni ecologiche, so-ciali, economiche e culturali che regolano lenostre esistenze. Se vogliamo raggiungereuno sviluppo sostenibile, dovremo dimostra-re una maggiore responsabilità nei confrontidegli ecosistemi dai quali dipende ogni formadi vita, considerandoci parte di una solacomunità umana, e nei confronti delle gene-razioni che seguiranno la nostra.» Kofi Annan,Johannesburg, 2002.Quando parliamo di un albero tutti sappiamoa cosa ci si riferisce: ha radici, un tronco, ra-mi, foglie eccetera. Quando andiamo a visua-lizzare il nostro albero, c’è chi pensa ad unabete, chi a un castagno, chi a unolivo, chi ad una quercia. Insomma,passando dalla idea platonica dialbero ai fatti, iniziano i distinguo.Questo succede anche con paroleben più importanti: ad esempio de-mocrazia o, per entrare nel tema,sviluppo sostenibile. Parole moltodette, secondo alcuni poco pratica-te, di cui ciascuno ha la sua tradu-zione pratica.La necessità di individuare un mo-dello di sviluppo diverso da quellopraticato nelle parti più ricche delpianeta, e inseguito da tutte le altre,nasce alla fine degli anni ’60 con iprimi movimenti (che allora non era-

Cos’è lo svilupposostenibile

Aldo Riggio

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Nel 1994, l’ICLEI (International Council forLocal Environmental Initiatives) definisce «losviluppo sostenibile come lo sviluppo chefornisce elementi ecologici, sociali edopportunità economiche a tutti gli abitantidi una comunità, senza creare una minacciaalla vitalità del sistema naturale, urbano esociale che da queste opportunità dipendo-no». In altre parole, i riferimenti diventano lacomunità locale inserita nei sistemi che nerendono possibile la vita.Nel 2001, l’UNESCO amplia ancora il con-cetto indicando che «la diversità culturaleè necessaria per l’umanità quanto la biodi-versità per la natura (…) la diversità cultu-rale è una delle radici dello sviluppo intesonon solo come crescita economica, maanche come un mezzo per condurre unaesistenza più soddisfacente sul pianointellettuale, emozionale, morale e spiri-tuale». (Ar t 1 e 3, Dichiarazione Universalesulla Diversità Culturale, UNESCO, 2001).La cultura, che stratifica nel tempo l’atteg-giamento dell’uomo nei confronti della vitae le soluzioni accolte per i vari problemi cheha dovuto affrontare, la cultura che si espri-me diversamente da popolazione a popola-zione, diventa il quarto pilastro dello svilup-po sostenibile accanto alle tre E. In altreparole, si riconosce che il capitale naturaleè costituito dall’insieme dei sistemi natura-li (mari, fiumi, laghi, foreste, flora, fauna,territorio, aria), ma anche dai prodotti agri-coli, i prodotti della pesca, della caccia edella raccolta e dal patrimonio ar tistico-cul-turale presente nel territorio. Oggi, concor-demente, quando si parla di ambiente ci siriferisce a questo insieme, diverso da luogoa luogo.Parallelamente, nei summit mondiali e loca-li, si ricercano accordi per soluzioni operati-ve condivise, che si esprimono (ma nonsempre) in trattati, riguardanti spesso spe-cifici aspetti delle problematiche (dei timori)ambientali, la cui sottoscrizione è lasciataall’iniziativa dei singoli Paesi (cioè dei lorogoverni). Tra essi il più famoso è senz’altroil protocollo di Kyoto del 1997, riguardante

Sebbene questa dichiarazione sintetizzi alcu-ni aspetti importanti del rapporto tra sviluppoeconomico, equità sociale, rispetto dell’am-biente, purtroppo non è operativa. È notacome la regola dell’equilibrio delle tre “E”:ecologia, equità, economia. Tuttavia la defini-zione risente di una visione antropocentrica:al centro dell’attenzione non è tanto l’ecosi-stema nel suo complesso, ovvero la sopravvi-venza e il benessere di tutte le specie viven-ti, ma in modo prevalente quella delle gene-razioni umane.Nel 1991 Hermann Daly scrive: «Per la ge-stione delle risorse ci sono due ovvi principidi sviluppo sostenibile. Il primo è che la ve-locità del prelievo dovrebbe essere pari allavelocità di rigenerazione (rendimento soste-nibile). Il secondo, che la velocità di produ-zione dei rifiuti dovrebbe essere uguale allecapacità naturali di assorbimento da partedegli ecosistemi in cui i rifiuti vengonoemessi. Le capacità di rigenerazione e di as-sorbimento debbono essere trattate comecapitale naturale, e il fallimento nel mante-nere queste capacità deve essere conside-rato come consumo del capitale e perciònon sostenibile».E prosegue «Ci sono due modi di mantenereil capitale intatto. La somma del capitalenaturale e di quello prodotto dall’uomo puòessere tenuta ad un valore costante; oppureciascuna componente può essere tenuta sin-golarmente costante. La prima strada è ragio-nevole qualora si pensi che i due tipi di capi-tale siano sostituibili l’uno all’altro. In questaottica è completamente accettabile il sac-cheggio del capitale naturale fintantochéviene prodotto dall’uomo un capitale di valo-re equivalente. Il secondo punto di vista èragionevole qualora si pensi che il capitalenaturale e quello prodotto dall’uomo sianocomplementari. Ambedue le parti devonoquindi essere mantenute intatte (separata-mente o congiuntamente ma con proporzionifissate) perché la produzione dell’una dipen-de dalla disponibilità dell’altra. La prima stra-da è detta della sostenibilità debole la se-conda è quella della sostenibilità forte».

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el’ambiente. In particolare, reputano che losviluppo sostenibile sia del tutto incompati-bile con le esigenze di crescita dell’econo-mia di mercato.Sul versante opposto, alcuni pensano cheper poter perseguire seriamente lo svilupposostenibile sia necessaria l’attuazione dicontrolli ferrei e centralistici sugli stili di vita,sui processi produttivi, addirittura su alcunidei valori che sono alla base dei diritti univer-sali dell’uomo. Con un evidente richiamo allenefaste dittature del XX secolo.Ma entrambe le posizioni, sono frutto disemplificazioni. È un dato di fatto che l’at-tuale economia di mercato non è sostenibi-le, così come la prospettiva di una sosteni-bilità planetaria comporta alcune limitazio-ni, basate però sulla convinzione individualee governativa. Infatti, nelle ultime formula-zioni sulla sostenibilità viene riconosciuto

le emissioni in atmosfera di gas in grado diincidere sull’effetto serra naturale.La discussione è ancora aperta: sulle pro-spettive (e i limiti) dello sviluppo dati i livellidi partenza differenti dei vari Paesi e di partidelle popolazioni in ciascuno di essi, di equi-tà e di eticità di alcune limitazioni o adatta-menti proposti come necessari per la soste-nibilità dell’intero sistema Terra. Ancora piùalla base, se sia corretto assumere a riferi-mento il modello di sviluppo che, per sempli-cità, è definito occidentale.Il concetto di sviluppo sostenibile è aspra-mente criticato da Serge Latouche e daimovimenti facenti capo alla teoria della De-crescita, perchè essi ritengono impossibilepensare uno sviluppo economico basatosui continui incrementi di produzione dimerci che riesca nello stesso tempo ad es-sere in sintonia con la preservazione del-

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globali e locali del pianeta è insufficien-te, quindi si pone la necessità di un

nuovo tipo di scienza, non riduzioni-sta, interdisciplinare, sistemica,precauzionale, capace di interioriz-zare il rischio e l’incertezza e dicreare le basi conoscitive per gui-

dare l’azione pratica mentre lecose stanno accadendo. La

conoscenza qui evocata,risorsa umana scarsa, rin-novabile e capace di futu-

ro, è così postatanto come con-

dizione indispensa-bile per la sostenibi-

lità quanto come lapar te più rilevante

dello sviluppo e del pro-gresso umano. Discutere di sviluppo soste-nibile è dunque ulteriormente necessario epuò avvenire in molti modi. Un percorsounico non è nell’ordine delle cose.»Infine la nostra ENEA, nell’introduzione almanualetto Noi per lo sviluppo sostenibile(2004), richiama ciascuno a fare la suaparte: «L’attuale modello di sviluppo vacambiato, le diverse emergenze ambientalichiedono un intervento: i governi ne sonosempre più consapevoli e in questa direzio-ne vanno i diversi impegni presi a livellointernazionale.Ma perseguire un modello di sviluppo che siasostenibile non è solo compito dei governi, èindispensabile anche il contributo di noi citta-dini consumatori.Molte azioni che noi ripetiamo quotidiana-mente come accendere le luci, far funzionaregli elettrodomestici, accendere l’impianto diriscaldamento, andare in macchina, gettare irifiuti, hanno delle ricadute ambientali nontrascurabili.Come possiamo contribuire a migliorare laqualità della nostra vita e del nostro ambien-te e a ripensare un modello di sviluppo chesia sostenibile per noi e per i nostri figli?Iniziamo con piccoli gesti: adottiamo unmodello di consumo sostenibile»

all’educazione (per tutta la vita)un ruolo irrinunciabile.Scrive Robert Costanza, quandoera presidente dell’I.S.E.E (Inter-national Society for Ecological Eco-nomics): «l’economia ecologica è untentativo di superare le frontiere tradizio-nali per sviluppare una conoscenza integra-ta dei legami tra sistemiecologici ed economici.Un obiettivo chiave inquesta ricerca è quellodi sviluppare modellisostenibili di svi-luppo economico,distinti dalla cre-scita economica chenon è sostenibile in un pianeta finito. Unaspetto chiave nello sviluppare modelli soste-nibili di sviluppo è il ruolo dei vincoli: termodi-namici, biofisici, delle risorse naturali, all’as-sorbimento dell’inquinamento, demografici;vincoli imposti dalla carryng capacity del pia-neta e, soprattutto, limiti della nostra cono-scenza rispetto a ciò che questi limiti sono ecome influenzano il sistema».(Per carryng capacity, definita dai vincoli bio-fisici del pianeta, s’intende la capacità di so-stenere la popolazione e tutte le altre formeviventi di cui l’uomo e la natura hanno biso-gno per sopravvivere).In sostanza, quando si parla di svilupposostenibile, si fa riferimento ad un program-ma per l’azione basato su principi condivisi,piuttosto che ad una ideologia.L’I.S.S.I. (Istituto per lo Sviluppo SostenibileItalia) chiarisce: «Il pensiero ecologico è unpensiero sistemico ma non un pensiero uni-co. Ne fa parte il ragionamento in condizio-ni di incertezza ma nessuna evasione esote-rica o millenaristica è consentita. Si trattacon ogni probabilità di una forma di pensie-ro debole, non un teorema né una congettu-ra, ma un’azione diversificata, complessa,sperimentale per trovare la via della possibi-le sopravvivenza della specie umana, dellealtre specie viventi e della natura sullaterra. […] la conoscenza delle dinamiche

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La parola “decrescita” è un termine polemicoper suggerire che non si può continuare avagheggiare una società della crescita illimi-tata della produzione e dei beni di consumo.Lo impedisce la constatazione che il mondo èun sistema limitato, che le materie prime siesauriscono, che il pianeta si surriscalda,che nessuna invenzione tecnologica potràpermetterci di superare la degradazione del-l’energia certificata dalla seconda legge dellatermodinamica.

UNA FIDUCIA ACRITICA NELLA SCIENZA

Eppure il sistema economico dominante èstrutturalmente fondato sulla crescita perma-nente e continua, perché il suo obiettivo cen-trale è la massimizzazione del profitto. Negliultimi quattro secoli di storia europea l’eco-nomia si è sganciata progressivamente dallasocietà, è diventata il cuore del sistema e haprodotto una crescita abnorme e compulsivai cui effetti distruttivi sono sotto gli occhi ditutti. Una società della crescita illimitata nonè più sostenibile perché il pianeta non ce lafa a rigenerarsi: lo spazio bioproduttivo cheogni essere umano ha a propria disposizioneè di 1,8 ettari; attualmente noi siamo già,mediamente, a 2,2 ettari. Il pianeta non cibasta più, ce ne vorrebbero altri 5 per gene-

ralizzare il sistema di vita occidentale. «Chicrede che una crescita esponenziale possacontinuare all’infinito in un mondo finito è unfolle o un economista», recitava l’esergo diun libro recente sulla decrescita. Difficile nonessere d’accordo. L’obiezione di coloro cherestano saldamente ancorati all’immaginariodello sviluppo e prospettano un’economia delfuturo basata su fattori immateriali e sul-l’ecoefficienza sembra più fondata sulla fidu-cia acritica che la scienza risolverà i problemidel futuro, che su una analisi dei dati reali.Per quanto il mondo dei computer possasostituire i trasporti, non bisogna dimentica-re che la cosiddetta società della conoscen-za ha una grande voracità d’energia: per rea-lizzare un solo computer ci vogliono 1,8 ton-nellate di materiali, di cui 240 chili di energiafossile. L’ecoefficienza è un’ottima cosa per-ché permette di risparmiare energia e di dimi-nuire l’impatto sul pianeta, ma sembra illuso-rio delegare solo ad essa il carico del cambia-mento, senza prospettare una trasformazio-ne radicale del sistema. In assenza di que-sto, le tecnologie più efficaci e più pulite pro-vocano l’aumento dei consumi, come inse-gna l’esperienza.

CRESCITA ECONOMICA E BENESSERE SOCIALE

I teorici della decrescita fanno notare che ilbenessere creato dalla crescita illimitata èlargamente illusorio perché non c’è equiva-lenza fra crescita del prodotto interno lordoe benessere della popolazione o, per esserepiù esatti, tra crescita dei consumi e felicità.E hanno buon gioco nel mettere in luce leripercussioni sulla vita fisica e psichica dellepersone del sistema innaturale nel qualesono costrette a vivere: l’aumento esponen-ziale del consumo di antidepressivi, di dro-ghe, la percentuale crescente di suicidi neipaesi più industrializzati, il degrado del tes-suto sociale corroso da un individualismocrescente. In un libro dal titolo illuminante,Come non essere più progressista… senza

Decrescita, una propostapolemica e politica

Don Achille Rossi

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società veramente umane. Ci vuole una pro-duzione che soddisfi le necessità collettivepiù che i bisogni individuali, che risponda aibisogni veri e non a quelli indotti dalla pubbli-cità. Nell’ottica di riduzione che caratterizzala decrescita forse andrebbe preso in consi-

derazione il decentramento dellegrandi strutture, che sono

anche grandi divoratrici dienergia.

Naturalmente è compi-to della politica ren-dere concrete que-ste tracce di per-corso: niente dipeggio che l’ideo-logizzazione diun’unica via didecrescita.Il pericolo piùincombente mi

sembra, comun-que, quello di con-

tinuare a colonizza-re il sud del mondo

con il nostro modello.Senza una rivalorizzazione

delle economie locali conti-nueremo ad assistere alla marcia

trionfale della globalizzazione e all’impove-rimento endemico di larghissimi strati dipopolazione mondiale.In definitiva, però, perché un progetto di decre-scita possa decollare, deve fondarsi sulla scel-ta della semplicità volontaria da parte dellepersone. Una scelta che diventi stile di vita,come sottolinea bene un grande amico di IvanIllich, l’iraniano Majid Rahnema: «L’era econo-mica, come tutte quelle che l’hanno precedu-ta, non è eterna. Le crisi profonde che la inve-stono a tutti i livelli, le minacce che pongonoall’avvenire stesso del pianeta fanno già pre-sagire l’avvento di un’altra era.La fioritura di nuove forme di povertà convi-viali sembra così l’ultima speranza degli es-seri umani per creare società fondate sullafelicità dell’essere di più, piuttosto che del-l’avere di più».

diventare reazionario, Jean-Paul Besset scri-ve: «Nella misura in cui la crescita progredi-sce sull’insieme dei fronti della società, il di-sagio individuale aumenta: stati depressivi,sindromi di fatica cronica, tentativi di suici-dio, turbe psichiche, atti di demenza, ricove-ri forzati, consumo di antidepressi-vi, di tranquillanti, di sonniferi,di antipsicotici, di stimo-lanti, additivi di ognigenere, assenteismoal lavoro, a scuola,ansietà, condottea rischio…». Nonbasta però met-tere in risalto iguai provocatidal l ’ ideologiadello sviluppo; ènecessario indi-care concreta-mente cosa pre-tende di essere ladecrescita. Mi pareche la definizione piùlimpida sia quella formu-lata da Serge Latouche:«…un progetto politico checonsiste nella costruzione al Nordcome al Sud di società conviviali autonomeed econome». La condizione previa per forni-re le gambe a un simile disegno mi sembraquella di immaginare il mondo in un altromodo. È necessario decostruire il mito rap-presentato dal funzionamento del sistemaeconomico dominante, perché ci è statocolonizzato l’immaginario e ci hanno inculca-to che la realtà s’identifica con quel che ilsistema ci presenta.

RIPENSIAMO LA PRODUZIONE

Oltre a prendere congedo dall’immaginariodella crescita, occorre ripensare la produzio-ne. Il paradigma dell’accumulare, per posse-dere, per consumare non aiuta a creare delle

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Certamente tutti ricordano l’esperienza diquasi cinque anni fa, quando la mattina diuna domenica di settembre ci siamo svegliatisenza energia elettrica. Nella notte era salta-ta la rete in tutta la penisola. Fu una sensa-zione particolare, che lasciò tutti meravigliatied anche un po’ perplessi. Ci alzammo con laluce che non funzionava, gli elettrodomesticifermi, ma anche radio e televisione – almenoquelli non alimentati da pile – completamentemuti. I telefoni, le cui centrali sono alimenta-te dalla rete elettrica, non davano nessunsegnale. E così all’inizio, per la scarsezza diinformazioni, abbiamo faticato a capire cosastesse realmente succedendo. L’acqua nellecase di certe città, mancando il sistema dipompaggio, cominciò a diminuire di pressio-ne, fino anche a prosciugarsi completamente.Chi nell’auto aveva già carburante potevacamminare per un po’, ma se si voleva farerifornimento, le stazioni di carburante eranoquasi tutte fuori uso perchè avevano le pom-pe spente. Negli ospedali, dove possibile, sifece ricorso a gruppi autogeni, ma la maggiorparte delle attività sanitarie non urgenti fucostretta a fermarsi. Ricordo che quella mat-tina di domenica in chiesa, senza luce esenza altoparlante, i fedeli, per seguire megliola messa, si stringevano intorno all’altare:davanti a questa situazione il parroco com-mentò che la situazione presentava in fondoanche qualche aspetto positivo.

Quell’evento ci fece riflettere tutti. Ci rendem-mo conto di come fosse fragile il sistema del-l’approvvigionamento dell’energia elettrica,ma abbiamo anche toccato con mano quantol’energia sia oggi una componente essenzia-le della vita umana. Il tutto è successo didomenica, quando la maggior parte delle atti-vità produttive è ferma: di conseguenza idanni sono stati abbastanza limitati. Tuttavia,l’immagine di quel giorno è rimasta impressanella nostra memoria e quando si parla dicrisi energetica molti istintivamente ritornanocon la mente ad essa.La termodinamica fa parte delle vecchie re-miniscenze scolastiche, e talvolta non ci sirende conto di quanto possa condizionare lanostra vita quotidiana. Credo che il suo primoprincipio, quello della conservazione del-l’energia, sia ormai compenetrato profonda-mente in tutti gli aspetti della nostra vita emolti di noi sono ben coscienti di questoaspetto. Facciamo qualche esempio. Ogginella scelta delle lampadine di casa moltiscelgono quelle a basso consumo, anche sesolo recentemente ci si sta rendendo contoche il loro smaltimento presenta aspetti peri-colosi per l’ambiente. Tutti stiamo attentioggi al consumo di carburante delle auto; latecnologia ha fatto sì che negli ultimi tren-t’anni questi consumi si siano enormementeridotti. Oggi quando si acquista un elettrodo-mestico è normale considerare non solo laqualità, ma anche il consumo. Ormai tutti sia-mo coscienti che l’energia non è inesauribile,e si guarda al futuro con la preoccupazione aquando le risorse energetiche comincerannoa scarseggiare. Eppure, nonostante tuttoquesto, la richiesta di energia cresce smisu-ratamente, insieme alle nostre esigenze cheaumentano di giorno in giorno. A volte, addi-rittura, non ci si rende conto dello spreco dienergia che si nasconde in alcuni aspettiimprevedibili: per esempio, se consideriamoil consumo energetico necessario per porta-re sui banchi di un supermercato alcuni pro-dotti alimentari, possiamo trovare delle veresorprese. Basta considerare la frutta e gliortaggi esotici oppure quelli fuori stagione,

Termodinamica quotidiana

Franco Vecchiocattivi

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stione, usati largamente nei trasporti, oppu-re alle centrali elettriche, che in Italia sono inlarga parte termiche. Quindi oltre alle preoc-cupazioni riguardo la disponibilità di energia,ci dobbiamo anche preoccupare del fatto chequesta viene utilizzata troppo spesso inmaniera molto poco efficace. Questo costitui-sce un punto molto importante: se conside-riamo un motore a combustione come quellodelle nostre automobili, la termodinamica di-ce che – anche se si eliminassero tutti gli at-triti e tutte le dispersioni possibili – il motoreavrà sempre un rendimento bassissimo, cioèbuona parte dell’energia prodotta dalla com-bustione del carburante, qualunque esso sia,si disperde come calore nell’ambiente e solouna piccola parte serve effettivamente aspingere l’automobile.La termodinamica è una scienza nata e svi-luppata pochi secoli fa, quando l’umanità inmodo intensivo ha cominciato ad usare, oltreall’energia meccanica dei propri muscoli,anche quella delle macchine. È stato allorache ci si cominciò a chiedere quali fossero leleggi che regolano la produzione e l’uso del-

che talvolta consumiamo per moda o per sno-bismo. L’energia spesa per la loro commer-cializzazione (trattamenti, trasporto, imbal-laggi, etc.) è di gran lunga superiore a quellache come cibo forniscono al corpo di chi sene nutre. Viviamo quindi una grande contrad-dizione: da una parte siamo quasi tutticoscienti che, se qualcosa non cambia, ci sista avvicinando a un’era di carenza energeti-ca che potrebbe modificare radicalmente lanostra vita, mentre d’altra parte siamo sem-pre più coinvolti in attività che fanno cresce-re a dismisura il consumo d’energia.Invece bisogna costatare, credo, una ignoran-za generalizzata del secondo principio dellatermodinamica, che è anche causa di ungrande spreco energetico: esso sanciscel’impossibilità di trasformare integralmentel’energia termica in altre forme di energia. Inaltre parole, ogni volta che nella sua utilizza-zione trasformiamo l’energia in calore, unabuona parte di tale energia è irrimediabil-mente persa. Eppure nella gran parte dei ca-si oggi l’energia viene prodotta proprio attra-verso il calore. Pensiamo ai motori a combu-

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eresistenza dell’aria. Un semplice fornello agas della cucina di solito eroga una potenzadell’ordine di grandezza del kW. Di tale poten-za, per la cottura se ne impiega una frazionepiccolissima, il resto serve semplicemente a… scaldare l’aria.Non dobbiamo trascurare, inoltre, un aspettomolto importante delle questioni termodina-miche: la distribuzione dei consumi energeti-ci tra i vari paesi del mondo. Le statistiche di-cono che gli USA sono la nazione con il mag-giore consumo energetico, pari a circa il 21%del consumo mondiale. Segue l’Unione Euro-pea con circa il 16%. Eppure, gli USA hannomeno del 5% della popolazione mondiale el’Unione Europea il 7,4%. Paesi poverissimima molto popolosi, come per esempio i paesiafricani che hanno il 12% della popolazionemondiale, usano energia solo per il 3% delconsumo mondiale.La termodinamica (che qualcuno ricorda daglistudi scolastici come una cosa noiosa) ci for-nisce le leggi che governano gli scambid’energia nei vari processi sia per quellispontanei in natura che per quelli provocatidall’uomo e ha quindi un ruolo importantissi-mo nella vita dell’uomo moderno. Tali leggi ciindicano oggi seri limiti al modo in cui conti-nuano a sviluppare le attività umane.L’energia di cui possiamo disporre non è illi-mitata (primo principio della termodinamica)e quindi i consumi vanno ridimensionati eripensati, tenendo conto non solo del rispar-mio energetico attraverso il taglio delle attivi-tà inutili, ma anche riconsiderando qualitati-vamente il modo in cui consumiamo energia(secondo principio della termodinamica) per-ché molte maniere di utilizzare l’energia pre-sentano inevitabilmente, per la loro stessanatura, una quota di spreco. Tutto questo faappello alla responsabilità diretta di noi tutti:sono necessari non solo l’intervento sullasocietà in cui si vive attraverso gli strumentidella politica, ma anche l’impegno individua-le, attraverso la presa di coscienza dei mec-canismi di consumo energetico e la verifica ela correzione giorno per giorno delle nostreabitudini ed attività.

l’energia. È proprio con queste leggi che dob-biamo confrontarci continuamente se voglia-mo razionalizzare ed ottimizzare l’uso di unbene così prezioso. L’avvento delle macchinee la disponibilità di energia per farle funziona-re ha permesso anche di eliminare la schiavi-tù, che era la principale fonte energetica acui si attingeva fino a pochi secoli fa. Qualcu-no ha stimato che la potenza sviluppata daun uomo in salute nel breve tempo, peresempio in uno scatto di corsa, è di circa800 W (watt). Tuttavia, se si affronta un’atti-vità continuativa, un uomo riesce a utilizzareuna potenza non superiore a 50 W. Questipochi dati ci permettono di mettere in relazio-ne l’energia che consumiamo nella nostravita quotidiana con l’energia sviluppata dainostri muscoli. Le statistiche ci danno alcunecifre interessanti relativamente al consumoenergetico pro capite nel mondo d’oggi. Seconsideriamo il consumo medio d’energia daparte di un cittadino americano, per esem-pio, è facile rendersi conto che in terminienergetici è come se avesse tutti per lui, 24ore su 24, almeno un centinaio di schiavisempre al lavoro. Le statistiche dicono cheun cittadino italiano consuma in media, circaun terzo di un americano, cioè è come seavesse a sua disposizione una trentina dischiavi sempre al lavoro.Ma vediamo qualche cifra più in dettaglio Lapotenza è l’energia diviso il tempo in cui que-sta viene consumata o assorbita. In casa untelevisore acceso consuma una potenza da200 a 300 W, a seconda del tipo e del model-lo; quando invece è spento, ma in stand by,consuma 2-3 W. Dato che il più delle volte iltelevisore è acceso per un tempo molto piùbreve di quando è spento, si capisce perchélasciare il televisore in stand by non èun’operazione dal consumo trascurabile. Lapotenza del motore di un automobile puòvariare da pochi kW fino ad alcune centinaia.Per muoversi, un’automobile ha bisogno diuna potenza che è proporzionale alla velocitàfino a circa 30 km/h; a velocità più alte lapotenza necessaria diventa proporzionale alcubo della velocità, e questo a causa della

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L’energia elettrica viene prodotta in luoghicentralizzati chiamati centrali dalle quali vie-ne trasportata ai luoghi di utilizzazione.Le centrali vengono chiamate con nomi diver-si a seconda dell’energia primaria utilizzata.Pertanto esistono centrali idroelettriche, cen-trali eoliche e così via. Esistono poi le centra-li policombustibili che sono in grado di sfrut-tare più tipi di fonti primarie.In Italia, per fronteggiare le variazioni di merca-to delle fonti primarie, è prescritto che le cen-trali di più alta potenza debbono poter funzio-nare con almeno due combustibili diversi.A volte si parla di centrali a ciclo combinatoma il ciclo combinato non individua una fonteprimaria particolare ma un processo internocapace di produrre energia elettrica a più altorendimento (il rendimento di una centrale è ilrapporto tra l’energia utile uscente e l’ener-gia primaria usata).

LE CENTRALI IN ITALIA

Da fonti rinnovabiliSotto l’aspetto ecologico sono le più compa-tibili con la conservazione dell’ambiente. An-zitutto perchè le fonti utilizzate – acqua, geo-termia, vento, sole – si riproducono ed inoltrenon creano scorie o gas nocivi.Attualmente tali fonti coprono circa il 15% delfabbisogno nazionale.Le prospettive di sviluppo si attendono sopra-tutto dal sole (fotovoltaico): la disponibilità

L’umanità usa l’energia elettrica da poco piùdi 100 anni eppure oggi non sembra possibi-le prescindere da essa senza prefigurare sce-nari inimmaginabili.L’energia elettrica adoperabile per gli usicomuni non esiste allo stato naturale: biso-gna produrla e veicolarla con opportunetecnologie.Per generare l’energia elettrica occorronoaltre risorse di energia naturale che, trovan-dosi a monte del processo, vengono chia-mate fonti primarie.Le più importanti fonti primarie sono: l’acquacorrente (idroelettrico), il carbone, il petrolioo i derivati, il gas naturale, l’uranio (nuclea-re), il sole (fotovoltaico), il vento (eolico), lageotermia, i rifiuti riciclati, l’idrogeno, le cellea combustibile.

Le fabbrichedell’energiaelettrica

Alberto Subioli

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ee nel mondo. Il combustibile brucia in unacaldaia che produce vapore che fa ruotareuna turbina allacciata rigidamente ad un ge-neratore elettrico. Il ciclo termico utilizzato èquello classico e, per avere un rendimentoaccettabile, ha bisogno di cedere calore abassa temperatura; ciò che si ottiene conacqua di mare, di fiume o con torri refrigeran-ti. Danno luogo ad emissioni pesanti per l’at-mosfera sopratutto di anidride carbonica(effetto serra) e di ossidi di azoto. Il carboneprovoca anche una consistente emissione diceneri ed altri inquinanti in relazione allacomposizione d’origine. Anche il petrolio pro-voca talvolta emissione d’inquinanti partico-lari. Nelle centrali più recenti si prendonoprovvedimenti per ridurre le ceneri ed i piùpericolosi inquinanti.Da alcuni anni sono in funzione anche cen-trali a turbogas, in cui i gruppi generatorisono trascinati da turbine a gas di tipo simi-le a quello montato sugli aerei. Emettono gasad alta temperatura che, per aumentare ilrendimento, viene di norma convogliato inuna caldaia che produce vapore utilizzato perprodurre altra energia elettrica e per il riscal-damento di alcuni processi industriali o civili.Analoghe sono le centrali diesel (i generato-ri) che hanno gruppi generatori a pistoni, co-me il motore di una automobile, il cui movi-mento trascina il generatore elettrico. Pre-sentano basso costo e brevi tempi d’istalla-zione. Molto usati i generatori montati su ele-menti mobili per fronteggiare situazioni diemergenza o di richiesta temporanea. Tutta-via hanno un basso rendimento e costituisco-no unità di piccola potenza (massimo alcunedecine di kW); inoltre presentano un conside-revole costo d’esercizio e alti costi di manu-tenzione.

Centrali nucleariIn estrema sintesi le centrali nucleari attuali so-no centrali a vapore con una caldaia che produ-ce calore sfruttando la reazione di fissione del-l’uranio. Riguardo la polluzione atmosferica es-se potrebbero rappresentare una soluzione del

della fonte è molto consistente ed il limiteall’utilizzazione massiccia è rappresentataprincipalmente dal costo finale dell’energiaelettrica prodotta. Le possibilità sono limita-te dal basso rendimento delle celle generatri-ci. In questo campo si attendono notevolimiglioramenti tecnologici già nel corso deiprossimi anni.Dalle centrali idroelettriche non si attende unsignificativo sviluppo: per la disponibilità del-l’acqua non eccessiva e per lo sfruttamentogià avvenuto dei salti di livello più convenien-ti. Le nuove centrali richiedono bacini artificia-li costosi e non sempre graditi dalle popolazio-ni locali. Inoltre influisce sui costi anche lascarsa disponibilità idrica di certe stagioni.Le centrali a vento utilizzano generatori dipiccola/media potenza, occupano visivamen-te vaste aree di territorio e dipendono forte-mente dalle vicende atmosferiche, quindipossono avere un rendimento discontinuo; siattendono contributi relativamente significati-vi da istallazioni distribuite sul territorio o inmare, in presenza di venti sufficientementecostanti.Le centrali geotermiche infine hanno la limi-tazione dei siti: l’energia geotermica è dispo-nibile soltanto in località particolari, per lopiù già individuate ed utilizzate.

Da fonti non rinnovabiliSono fonti che producono gas inquinanti edistruggono per sempre la materia prima cheviene bruciata: essenzialmente si tratta dicarbone, petrolio e gas naturale. Tra questi ilmeno inquinante è il gas naturale che, pertale caratteristica e per altre possibilità di uti-lizzazione, in condizioni di mercato normale èil più costoso.Tali fonti coprono circa il 73% del fabbisognonazionale di energia elettrica: va segnalatoche un 2% di energia da combustione è pro-dotta da rifiuti riciclati o da biomasse.Le centrali termoelettriche – a carbone, pe-trolio o gas – hanno grandi potenze unitarie edunque sviluppano molta energia per unità diterritorio occupato. Sono le più usate in Italia

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occorre disporre di una un’altra fonte conside-revole di energia, qualunque siano le condizio-ni esterne alla centrale (cioè, manca la sicurez-za intrinseca). Se tale energia manca (Cerno-byl) si va incontro a disastri ambientali i cui ef-fetti possono durare centinaia di anni. Infine,come dimostrano rcenti eventi internazionali, èpossibile utilizzare tali centrali per la produzio-ne di materiale per l’industria di guerra.

In un prossimo futuro saranno probabilmenterealizzabili altri tipi di centrali elettriche

Centrali ad idrogenoUtilizzano idrogeno come combustibile. A rigo-re l’idrogeno non è una fonte primaria: a suavolta deve essere prodotto da un’altro proces-so. Si può usare idrogeno di scarto da altre at-tività. Recentemente l’Enel ha investito 47milioni di euro per una centrale che brucia idro-geno in una turbina a gas da 12.000 kW e re-

problema. Ma, almeno quelle attuali o quelleche sembra di poter mettere a punto entro unatrentina di anni, aprirebbero altri problemi cer-tamente più inquietanti. Volendo brevementeenumerare i principali si può cominciare dallosmaltimento delle scorie: va tenuto presenteche in Italia hanno funzionato per anni tre cen-trali nucleari e tutte le scorie sono ancora neisiti di produzione o in parziale ritrattamentosenza che neppure un chilo di esse abbia potu-to trovare una sistemazione adatta ed accetta-ta. Peraltro anche il trasporto delle scorie èproblematico. Ci sono poi i costi ed i tempi direalizzazione, almeno 10 anni, che praticamen-te ne bloccano lo sviluppo in quasi tutto il mon-do. Inoltre c’è un enorme problema general-mente non affrontato in molte pubblicazioni edè che la tecnologia attuale e quella prevedibileper tempi medio/lunghi non consentono la co-struzione di centrali a sicurezza intrinseca. Inaltre parole, contrariamente a tutte le altre cen-trali termoelettriche, per fermare il processo

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eChi detiene certi tipi di combustibili e molterisorse finanziarie ha sicuramente l’interessea dirigere i consumi verso precise direzioni.Ad esempio chi fruisce dell’enorme flusso dicapitale derivante dall’attuale crisi del petro-lio non promuoverà il cambiamento. E sisfruttano anche le preoccupazioni sui cam-biamenti climatici per proporre un ritorno alpassato (pericolosissimo) proponendo inve-stimenti su centrali nucleari con nomi nuovi(terza e quarta generazione) ma di fondamen-tale vecchia tecnologia.Il problema della produzione di energia elet-trica compatibile con l’ambiente e con unsostenibile sviluppo non sembra averesoluzioni provenienti da un colpo di bac-chetta magica tecnologica che renda dispo-nibili centrali potenti e pulite. La tecnologiapotrà dare un contributo che, nel campo delsolare ad esempio, potrà essere ancheconsistente.Ma un soddisfacente assetto potrà ottenersisoltanto quando popolazioni e governi si con-vinceranno della necessità di un cambiamen-to globale dello sviluppo e si avvieranno iprovvedimenti per renderlo possibile.L’energia elettrica è solo un fattore di talecambiamento: in Italia assorbe meno di unterzo di tutta l’energia consumata dalla na-zione. Perdite, trasporti, industria ed usi civi-li assorbono il resto.Per prima cosa occorre ridurre alcuni consu-mi superflui e molte perdite. Ma bisognacambiare abitudini nei trasporti, nell’abitare,nel mangiare, nel trattare i rifiuti: vanno otti-mizzati quasi tutti i processi industriali.Quanto all’energia elettrica in sé, oltre aridurre i consumi inutili, occorrerà anche ri-correre a centri di produzione in grado di uti-lizzare gli sprechi e dunque disseminati sulterritorio. Occorre poi sostenere seriamentele ricerche nel campo del solare e la produ-zione di energia elettrica che non passi attra-verso il calore generato da combustione (co-me le celle a combustibile e la fusione nu-cleare) che comunque, per le leggi della ter-modinamica, è sempre una fonte di energia abasso rendimento.

cupera il calore uscente, con un ciclo a vaporeda 4.000 kW. Per la costruzione sono previstidue anni. Sarà la prima centrale ad idrogenonel mondo. È un tipo di centrale assolutamen-te compatibile con l’ambiente: l’emissione èvapore d’acqua. La fonte è rinnovabile, e puòessere estratta anche tramite processi che uti-lizzano l’energia solare perché l’idrogeno vaprodotto con altri processi che richiedono aloro volta energia. L’esercizio richiede una tec-nologia avanzata. Anche per il trasporto occor-rono precauzioni e metodi particolari.

Centrali a celle combustibiliUn combustibile ed un comburente, come adesempio idrogeno ed ossigeno, con un pro-cesso di adescamento ad temperatura eleva-ta, reagiscono producendo acqua e una ele-vata quantità di calore. La reazione tra com-bustibile e comburente si fa avvenire in cellecombustibili senza sviluppo di calore, ma consviluppo diretto di energia elettrica: per ade-scare la reazione occorre una notevole quan-tità di energia.In senso proprio le celle combustibili non so-no finora applicate per centrali ma per gene-ratori di energia elettrica associata ad unafonte di utilizzazione. L’applicazione più diffu-sa è quella sulle auto ibride. Con questa pro-cedura non c’è produzione di anidride carbo-nica né di altri inquinanti. L’applicazione sularga scala per alte potenze unitarie è ancoranella fase di studio o di prototipi.

PER FARE IL PUNTO AD OGGI

L’informazione fin qui esposta riguarda lostato dell’arte ad oggi. O meglio è ciò che lagran parte di noi conosce sullo stato dell’ar-te. Quella che potrebbe essere l’aspettativanel campo dell’energia elettrica, la conoscen-za sull’avanzamento effettivo o potenzialedegli studi e delle ricerche rimane patrimoniodi pochi. Non è neppure noto il motivo dellascarsità delle risorse finanziarie dedicate acerti settori di ricerca.

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individuato nel recupero energetico un obiet-tivo da perseguire rapidamente: si tratta del-l’idea, in fondo semplice, di usare la combu-stione dei rifiuti per produrre energia termicao elettrica, magari con la selezione delle com-ponenti con potere calorifico meno elevato(CDR, combustibile derivato dai rifiuti, dettoanche ecoballa). La combustione, a partel’inevitabile anche se contenuto, contributoall’inquinamento atmosferico da CO2, tuttaviaproduce soprattutto scorie, ceneri e polveri(15-30% della massa bruciata), che costitui-scono residui da stoccare a loro volta in di-scarica e potenzialmente capaci di rilasciaresostanze tossiche a contatto con l’acqua pio-vana o del sottosuolo.

PROPORSI OBIETTIVI PIÙ ALTI

Ma gli obiettivi, oggi, non possono che esse-re quelli di prevenire la produzione di rifiuti,di favorire il riciclo e la lunga vita dei manu-fatti e di creare la possibilità della separa-zione e del recupero dei vari componenti deimateriali, lasciando la produzione di energiacome ultima scelta e la discarica come desti-nazione finale dei residui dei trattamenti.I dati riguardanti la raccolta differenziata de-gli ultimi anni segnalano una crescita, comeimpone la normativa nazionale. Ma ciò nondeve trarre in inganno poiché sappiamo cheuna parte della raccolta differenziata, quellamista che prevede una successiva separa-zione manuale, finisce al recupero energeti-co (nei termovalorizzatori) e non invece,come molti credono e come sarebbe bene,al recupero dei diversi materiali che compon-gono le merci.Oltre a rappresentare una quota minoritaria,il recupero delle cosiddette sostanze secon-de è reso molto difficile dalla natura stessadei rifiuti che, alle condizioni attuali, richiedeprocessi complessi e talora costosi per laloro separazione. Anche i materiali più sem-plici da recuperare come vetro, carta e pla-stica sono, infatti, per lo più legati ad altresostanze e questo fatto rende problematico

«Nel momento in cui svuoto la pattumiera pic-cola nella grande e trasporto questa solle-vandola per i due manici fuori dal nostro in-gresso di casa, pur agendo come umile rotel-la del meccanismo domestico, già mi investodi un ruolo sociale, mi costruisco il primoingranaggio di una catena di operazioni deci-sive per la convivenza collettiva, sancisco lamia dipendenza dalle istituzioni senza lequali morrei sepolto dai miei stessi rifiuti…»Italo Calvino.

DALLE DISCARICHE AI TERMOVALORIZZATORI

La produzione di rifiuti è correlata agli stili divita, alle possibilità economiche e alle regoledi un’economia, che nella nostra epoca è fon-data sul consumo. Non sarà, quindi, facileuscire dalla situazione in cui ci troviamo inItalia, dove produciamo oltre 32 miliardi di Kgall’anno di rifiuti solidi urbani, come rivelanoi dati forniti dall’Agenzia (APAT) del Ministerodell’Ambiente.Nel nostro Paese, dopo aver a lungo rincorsola produzione di rifiuti urbani moltiplicando lediscariche, che ancora oggi rappresentano ol-tre il 60% dello smaltimento italiano (5% inDanimarca, 7% in Svezia, 10% in Belgio e inOlanda), si è entrati nell’era dei termovaloriz-zatori. Le amministrazioni pubbliche hanno

Smaltire il benessere

Bruno Magatti

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UN BILANCIO COMPLESSO

Il recupero della carta da macero è partico-larmente interessante per dare un’idea dellacomplessità delle problematiche.Consideriamo, a titolo di esempio, questi duedati:• è vero che il 70% della raccolta torna ad

essere carta, ma alla fine del processo il30% è costituito da un fango industriale;

• d’altra parte per produrre 1 kg di pasta dicellulosa da alberi è richiesta un’energiadi circa 15,5 MJ (4,3 KWh) che si riduce a4,7 MJ (1,3 KWh) se prodotta da carta damacero.

Possiamo, quindi, in prima approssimazioneconcludere che il recupero (della carta) pur

il recupero delle loro componenti essenziali.Questa contaminazione proviene dai proces-si produttivi, spesso per motivi commerciali,e rende a volte praticamente impossibile ilrecupero di ciò che, in linea teorica, dovreb-be potersi nuovamente separare: ad esem-pio il riciclo del politene, del Pet e del Pvc,non è un problema, ma lo diventa quandosono legati ad altre sostanze (come i colo-ranti); recuperare la carta, che già deveessere deinchiostrata, diventa difficile senon impossibile quando è associata a mate-rie plastiche, coloranti, punti metallici e altrimateriali.Anche il successo del compostaggio, per ilrecupero delle componenti umide, dipendein buona parte dalla corretta selezione deirifiuti.

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DALLA PARTE DEI CITTADINI

Dalle considerazioni precedenti risulta chiaroche un obiettivo tanto importante può esse-re perseguito soltanto se fatto proprio e con-diviso da tutti: la buona volontà del singolova fatta crescere con un’informazione ade-guata, va premiata e inserita nella logica diuna grande impresa collettiva capace diemarginare progressivamente e renderesconveniente quel modo di produrre e di con-sumare che ha caratterizzato questi ultimidecenni anni.Quando i giovani genitori lasceranno sulloscaffale del supermercato il pannolino usa egetta e acquisteranno più volentieri, e rispar-miando, quelli lavabili, sarà data alla produ-zione un segnale chiaro.Quest’azione implicherà, necessariamente,anche una modifica di abitudini e comporta-menti quotidiani e dello stesso significato deitermini benessere e qualità della vita, oggimisurati più dal numero che dalla qualità de-gli oggetti prodotti e consumati.Dinanzi ai rifiuti che ogni giorno accumulia-mo alle soglie delle nostre case siamo, infi-ne, chiamati ad una corresponsabilità, cheè di tutti perché è di ciascuno, che pervadei nostri gesti quotidiani, come efficacemen-te annota D. De Lillo: «Guardò tutta quellaspazzatura in perenne aumento e per laprima volta capì in cosa consistesse il suolavoro. Non in progettazione o trasporto oriduzione alla fonte. Lui si occupava di com-portamento umano, delle abitudini e degliimpulsi della gente, dei loro incontrastabilibisogni ed innocenti desideri, forse delleloro passioni, sicuramente dei loro eccessie delle loro debolezze ma anche della lorogentilezza, della loro generosità, e la do-manda era come impedire a questo metabo-lismo di sopraffare l’umanità. La discaricagli mostrava senza mezzi termini come fini-va il torrente dei rifiuti, dove sfociavano tuttigli appetiti e le brame, i grevi ripensamenti,le cose che si desideravano ardentemente epoi non si volevano più.»

non azzerando i residui, certamente riduce icontributi all’effetto serra nel processo diproduzione della pasta di cellulosa, oltre asalvaguardare il patrimonio boschivo.L’Unione Europea, che ha lanciato lo sloganun po’ radicale discarica zero, conferma l’im-pegno per i Paesi aderenti a raggiungere il50% di riciclo dei rifiuti urbani entro il 2020.Il valore attuale è del 25%.

CERCARE SOLUZIONI ALLA RADICE

Tutti i processi produttivi richiedono materialiomogenei e di qualità. Per ottenere tali mate-riali dal recupero è necessario anzitutto cono-scere la composizione delle merci e dei ri-spettivi rifiuti: piccole quantità di sostanzeestranee possono, infatti, rendere inutilizza-bili la carta, il vetro o la plastica raccolte edeterminare il fallimento di lodevoli iniziativedi raccolta separata. Chi separa, come sa chisi è posto tale domanda dinanzi a particolaririfiuti, deve almeno sapere esattamente checosa non deve assolutamente essere messonella campana del vetro, della carta o dellaplastica, perché solo così la sua azione divie-ne conveniente, utile all’ambiente e all’eco-nomia.Questa riflessione, portata alle sue conse-guenze estreme, pone la necessità di unripensamento delle caratteristiche che defi-niscono la qualità dei prodotti: alle merci eai manufatti dovrebbe essere richiestamaggiore durata e vita utile, ma soprattuttola possibilità di riutilizzo e di riciclo dei com-ponenti, che dovrebbe essere parte inte-grante dalla progettazione e, per le compo-nenti più complesse, a carico degli stessiproduttori.Oggi questo tema riguarda solo alcuni rifiutispeciali. Nella competizione con le aggressi-ve economie emergenti, dove la protezionedei lavoratori e dell’ambiente non rientra neicosti di produzione, questa richiesta può rap-presentare un valore aggiunto significativoper prodotti diretti a un pubblico di consuma-tori informati, sensibili e consapevoli.

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Il rapporto Uomo-Ambiente è, per sua natura,complesso e in costante relazione dinamica. Iproblemi inerenti l’ambiente non riguardano,come purtroppo in molti continuano ancora acredere, solo la salvaguardia dei fiumi o deimari, del verde, dello smog ma anche il modocon cui la società umana amministra i proces-si produttivi, le risorse rinnovabili e non, i beniartistici e culturali, i meccanismi di regolazio-ne e di previsione dei fenomeni naturali. Ildegrado del nostro pianeta negli ultimi anniha subito una veloce ma non imprevista acce-lerazione che ci pone di fronte a scenari cata-strofici in termini ambientali, sociali ed econo-mici in un futuro non lontano se non tentiamo,tutti, di correre ai ripari. I progressi raggiuntitra la seconda metà dell’ottocento e la primametà del novecento avevano migliorato dimolto la qualità della vita con il conseguenteaumento della sua durata e la riduzione dellamortalità infantile. La costruzione di fogne, ladisponibilità di acqua potabile, la raccolta deirifiuti, la costruzione di case più salubri insie-me alla scoperta di vaccini e antibiotici aveva-no prodotto un benessere che faceva bensperare per il futuro perchè i nemici erano, senon sconfitti, almeno conosciuti e quindi sem-brava allontanarsi il pericolo di malattie incu-rabili e morti premature. Negli ultimi 50 anniil nostro modo di vivere la quotidianità è statocompletamente stravolto grazie alle automobi-li, alle industrie, agli impianti di riscaldamen-

to, agli elettrodomestici, alla telefonia mobileche hanno agevolato la nostra vita. Nello stes-so periodo abbiamo anche cominciato adinterrogarci sugli effetti che questo modo divivere avrebbe avuto sull’eco-sistema e sullanostra salute in particolare. Ancora oggi quan-do parliamo di inquinamento, molti non si sen-tono direttamente coinvolti, soprattutto sevivono lontano dalle grandi città e dalle fabbri-che. E il rimedio sembra semplice, a portatadi mano: basta non sporcare i fiumi e i mari,non fumare, basta che non ci sia la tragedianucleare di turno perché ci si possa sentireprotetti. Sappiamo invece che combattiamoquotidianamente con un nemico che spesso èinvisibile ma non per questo meno dannoso eche si rischia di vanificare i risultati ottenuti acausa dell’inquinamento ambientale, dell’im-poverimento delle risorse naturali, dei model-li di vita improntati ad un consumo sfrenato.Non è questa la sede per approfondire in mo-do esauriente le ripercussioni degli inquinantisul nostro organismo, ci limiteremo a riflette-re su quelli forse più invisibili ma che quotidia-namente mettono in pericolo la nostra salute.Parlare di mutamento climatico non significapiù parlare del tempo quando non si hanno al-tri argomenti di conversazione, è divenutooggetto di studio e di ricerche scientifiche.L’effetto serra è un fenomeno che causa unlento ma costante aumento della temperaturadel nostro pianeta; è dovuto alla presenza nel-l’atmosfera di alcuni gas che intrappolano ilcalore irradiato dalla terra impedendonel’uscita nello spazio esterno. È una condizio-ne, entro certi limiti, naturale e benefica allavita perchè senza l’effetto serra la terrasarebbe di almeno 15° più fredda, ma l’au-mento di concentrazione di questi gas dovutialle attività umane sta causando una modifi-cazione ambientale i cui danni immediatisono visibili a tutti in termini di catastrofiambientali e maggiori decessi durante i mesipiù caldi quando si creano condizioni di rista-gno nell’aria e reazioni chimiche che portanoalla formazione dell’ozono. Nell’estate del2003, caratterizzata in Europa da una grandeafa, si è verificato un aumento significativo

Un nemico(in)visibile:l’inquinamento

Elisabetta Mercuri

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enon sono sufficienti per mettere al sicuro lasalute del nostro respiro e in particolare quel-lo dei bambini, esposti maggiormente. I bam-bini sono i più esposti ai fattori inquinanti poi-ché il loro organismo respira maggiori volumidi aria, compresi gli inquinanti in essa presen-ti, rispetto agli adulti (circa il doppio per ognichilo di peso). Tutti i processi di assorbimen-to e di metabolismo sono accelerati nell’infan-zia, infine non dimentichiamo che i bambinirespirano ad altezza più vicina al suolo, dovele sostanze inquinanti prodotte dai veicolistradali sono più concentrate. C’è bisogno diun attenzione quotidiana da parte di tutti noiperché se è vero che le polveri fini, che sonocostituite da goccioline liquide e particellesolide volatili, provengono in larga parte dallacombustione nelle industrie, è anche vero chemolte sono prodotte dagli scarichi dei veicoli,dall’usura dell’asfalto e dei pneumatici, deifreni e delle frizioni. E non è solo un problemariguardante le aree urbane perché, complici lecorrenti d’aria, le polveri fini, piccole e legge-re, si diffondono a lunga distanza a volte an-che sequestrando e trascinando con sé anchei composti organici volatili.Si stima che ad ogni abitante dei 25 paesidella Unione Europea le polveri sottili rubano9 mesi di vita; l’inquinamento agirebbe in sin-tonia con altri fattori di rischio per le patologierespiratorie, determinando una maggiore per-sistenza di sintomi respiratori quali tossericorrente e episodi di insufficienza respirato-ria. I più recenti studi relativi agli effetti dell’in-quinamento sulla salute rilevano infatti che ibambini che vivono in ambiente ad elevatotasso di inquinamento possono riportare unariduzione della funzionalità respiratoria, e chela ridotta funzionalità polmonare può rappre-sentare un importante fattore di rischio per losviluppo di gravi patologie in età successivecome arteriosclerosi e malattie del sistemacardio-vascolare.Uno scenario tragico che forse si può ancoraevitare se tutti ci sentiamo chiamati ad avereun ruolo, ognuno per le proprie competenze,nella salvaguardia della qualità del luogo nelquale viviamo.

del numero dei decessi che hanno interessa-to soprattutto le persone anziane o comunquei portatori di patologie croniche; una mortalitàprevedibile e quindi forse in parte evitabile.Viene stimato che per ogni grado di aumentodella temperatura ci sia una media del 3% diaumento della mortalità. Nell’ultimo secolo latemperatura media mondiale è salita di 0,6° el’aumento previsto entro la fine di questosecolo è molto più alto. Ma il cambiamentoclimatico non riguarda solo l’impatto direttodel caldo sulla salute umana. Riguarda l’au-mento di inondazioni e di siccità con conse-guente rischio di malnutrizione soprattutto perle popolazioni dall’approvvigionamento ali-mentare difficile, il cambiamento di distribu-zione geografica di alcune piante, l’aumentodelle patologie diarroiche e di tutte quelle le-gate al cibo e all’acqua, l’aumento dei tumoridella pelle e delle malattie che colpiscono gliocchi. In più la variazione delle temperature edell’umidità, ma anche della composizionedel terreno, influiscono sulla trasmissione diinfezioni veicolate da vettori animali; sono ma-lattie legate alle stagioni e quindi dipendentidalle condizioni climatiche e ambientali.Variazioni stagionali potrebbero significareuna diversa distribuzione geografica con laconseguenza che nuove popolazioni si trove-ranno esposte a queste malattie. Con il conti-nuo crescere delle temperature nelle diversearee del globo, inclusa l’Europa, si registranoeffetti sulla salute che graveranno soprattuttosulle generazioni future. Indubbiamente lanatura, e quindi anche l’uomo, hanno capaci-tà di modificare il loro adattamento all’am-biente ma questa variazione è molto lenta esarà difficile riuscire a recuperare ciò che sista distruggendo. Il nostro organismo è bersa-gliato quotidianamente da tutta una seri diinsulti alla cui difesa non è preparato. Le pol-veri fini, lo smog, e le altre sostanze presentinell’aria che colpiscono, sia in estate che ininverno i nostri polmoni. Li stiamo affrontandocon domeniche ecologiche, targhe alterne,isole pedonali, con tante lodevoli iniziativeche tentano di arginare almeno in parte glieffetti degli agenti inquinanti atmosferici. Ma

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La leadership di tale campagna di rinnova-mento culturale è stata affidata dall’UNE-SCO, Agenzia delle Nazioni Unite nata nel1945 con il compito di diffondere la pace trai popoli utilizzando gli strumenti propri dellasua azione – Educazione, Scienza e Cultura:«Poiché le guerre hanno origine nelle mentidegli uomini, è nelle mente degli uomini chesi devono costruire le difese della pace», reci-ta l’Atto Costitutivo dell’UNESCO. Il mandatodell’Organizzazione si è poi esteso nel tempoalla tutela di tutti i principali beni e valoricapaci di assicurare il benessere delle gentie il rispetto del pianeta: le risorse naturali, lediversità culturali, la salute, l’accesso al-l’istruzione di base, la conservazione dei pa-trimoni culturali o naturali… in una parola losviluppo sostenibile.L’UNESCO, proprio alla luce di questa suaspecificità, ha suggerito di ampliare il concet-to di sviluppo sostenibile, inserendovi unquarto pilastro di fondo, la cultura, che rac-chiude e premette gli altri tre (ambiente, eco-nomia e società).In Italia la campagna DESS è coordinata dallaCommissione Nazionale Italiana UNESCO ebeneficia della collaborazione attiva ed entu-siasta di numerosissimi partners, pubblici eprivati: Ministeri, Regioni, scuole, istituzioni,associazioni, enti, università, imprese.La Settimana di Educazione allo Sviluppo So-stenibile rappresenta l’evento centrale dellacampagna e si tiene ogni anno, come giàdetto, nella prima metà di novembre con cen-tinaia e centinaia di eventi diffusi in tutto ilPaese: convegni, laboratori, spettacoli, mo-stre, escursioni, giochi.La manifestazione è dedicata ogni anno auna diversa tematica, scelta dal Comitato na-zionale DESS, di cui fanno parte i principaliprotagonisti della cultura sostenibile in Italia,istituzionali e non: per il 2006 è stato sceltoil tema dell’energia sostenibile, il 2007 è sta-ta la volta della lotta ai cambiamenti climati-ci, mentre il 2008 vedrà come protagonisti irifiuti.Per le prime due edizioni della Settimana,nel 2006 e nel 2007, si è parlato di circa

Il Decennio ONU dell’Educazione allo SviluppoSostenibile (DESS) 2005-2014, che in Italiaviene celebrato ogni anno a novembre conuna Settimana-Evento densa di appuntamentidi ogni genere, è una grande campagna mon-diale finalizzata a rafforzare, attraverso l’edu-cazione, la capacità di individui e comunità dicontribuire alla costruzione di una società piùequa e armoniosa, rispettosa dell’uomo, dellanatura e delle generazioni future.Il DESS è stato lanciato dall’Assemblea Ge-nerale dell’ONU, con la Risoluzione 57/254,a seguito di una proposta emersa durante ilVertice Mondiale di Johannesburg del 2002,dove la comunità internazionale ha unani-memente riconosciuto che le politiche setto-riali di sostenibilità possono avere efficaciasolo se accompagnate da adeguate azionieducative.Tali azioni devono essere finalizzate alla dif-fusione di un nuovo modo di pensare e diagire da parte di tutti i settori della società:nuove conoscenze, nuovi comportamenti,nuove tecnologie, nuovi valori e stili di vita…il che impone di considerare l’educazionenella sua accezione più vasta, come proces-so di apprendimento che si sviluppa lungol’intero arco della vita, e che coinvolge lascuola come le istituzioni, le imprese comei mass media, il mondo della ricerca comequello del tempo libero, richiedendo l’impe-gno sinergico di tutti gli attori in gioco.

La SettimanaUNESCO di Educazione allo SviluppoSostenibile

Federica Rolle

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ezare i progetti che sono portati avanti durantel’anno scolastico, organizzando esposizioni,eventi, giochi, banchetti informativi, dibattitiche il più delle volte hanno coinvolto anche lefamiglie e la cittadinanza.In questo modo la Settimana ESS, preveden-do eventi inquadrati in progetti di più ampiorespiro e lunga durata, rappresenta non unmomento isolato ma un passaggio culminan-te, un momento di accelerazione anzi, all’in-terno di un lungo percorso per la diffusione divalori, competenze e sensibilità, senza lequali lo sviluppo sostenibile sarebbe privo disignificato.Alcune interessanti iniziative hanno toccato iltema delle emissioni partendo da prospettivediverse, come quelle, rivolte anche ai più pic-coli, finalizzate a calcolare i chilometri ali-mentari dei piatti serviti in mensa al fine difar comprendere come ridurre le emissioniderivanti dal trasporto, o quelle intese a sen-sibilizzare i ragazzi attraverso l’attività ludico-sportiva.Spesso l’iniziativa si è estesa all’istallazio-ne di pannelli solari, o altri dispositivi soste-nibili, sugli stessi edifici scolastici, nelpieno rispetto degli orientamenti UNESCOsulla coerenza tra valori trasmessi e prati-che attuate.Ma non sono solo le scuole ad essere prota-gonisti della manifestazione di novembre:moltissimi sono gli eventi di sensibilizzazionerivolti agli adulti, come ad esempio gli spetta-coli di teatro scientifico, le rassegne cinema-tografiche, i convegni tematici, le fiere espo-sitive, i percorsi guidati all’interno di impiantio di aree protette, così come le iniziative fina-lizzate alla formazione e all’aggiornamentoprofessionale.Nel pieno rispetto di un processo realmenteconcepito come bottom-up, qualsiasi orga-nizzazione, associazione od ente, pubblico oprivato, impegnato in azioni educative per lasostenibilità può aderire alla manifestazioneproponendo un proprio evento e curandonel’organizzazione (per ulteriori informazioni:www.unescodess.it). Quello che viene richie-sto è semplicemente che le iniziative propo-

300 eventi per manifestazione, anche se lesingole iniziative realmente realizzate sonostate in realtà notevolmente più numerose,e questo proprio in virtù delle collaborazioniche sono sorte spontaneamente sul territo-rio sotto al cappello unescano. Il merito ditale ampio livello di partecipazione va in par-ticolar modo riconosciuto ai membri del Co-mitato nazionale, in primo luogo alle Regionie alle associazioni con struttura a rete, chesi sono attivati per assicurare la più ampiaadesione alla manifestazione, coinvolgendoa loro volta Enti Locali, scuole, organizzazio-ni, Università, imprese e dando così vita auna settimana densa di manifestazioni delgenere più diverso.Il leit motiv dell’edizione 2006, dedicata al-l’energia sostenibile (6-12 novembre 2006),è stato l’allestimento di gazebo e standinformativi nelle varie piazze italiane, dove ilcittadino ha potuto trovare informazioni nonsolo sulla tematica, ma anche sulle modali-tà pratiche per poter cambiare i propri stili divita (ad es. allestire dispositivi di energiasostenibile nella propria casa), dunque suibandi esistenti, sui regolamenti applicabili,sulle possibili agevolazioni, i finanziantidisponibili etc. In molti casi i momenti infor-mativi sono stati accompagnati da esposizio-ni di dispositivi, presentazioni di auto ecolo-giche, distribuzione di lampade a basso con-sumo, e così via.Nella Settimana ESS 2007, dal titolo Alt aicambiamenti climatici Riduciamo la CO2 (5-11 novembre 2007), ruolo cardine hannoavuto le scuole, che, aldilà delle attività cur-riculari, sempre più stanno mettendo in attopercorsi educativi efficaci ed innovativi voltia favorire il dialogo degli studenti sia con iloro pari (grazie ad esperienze di peer edu-cation, dove sono gli stessi ragazzi ad assu-mere il ruolo di educatori nei confronti deiloro compagni), che con i vari attori del ter-ritorio, pubblici e privati: le istituzioni, leimprese, le associazioni.La Settimana Unesco sullo Sviluppo Sosteni-bile ha rappresentato per loro un’occasioneimportante per avviare, presentare o valoriz-

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ma dei percorsi implicati nel DESS (istruzio-ne scolastica, campagne informative, for-mazione professionale, attività del tempolibero, messaggi dei media, …); quello cheè essenziale è che l’azione educativa, qua-lunque essa sia, sia in grado non tanto difornire informazioni puntuali preconfeziona-te, quanto piuttosto di portare l’individuo acredere in se stesso di fronte ai problemi ealle sfide sempre nuove, e in questo modofornirgli gli strumenti per ricercare risposteconcrete da applicare nella vita quotidianae professionale.Lo sviluppo sostenibile passa per le emo-zioni e implica in primo luogo un’acquisizio-ne di valori, oltre che di conoscenze, conl’idea di diffondere una prospettiva di futu-ro che permetta di passare da un mondofondato sulla quantità di beni consumati aun mondo che assuma come valore la qua-lità: qualità della vita, qualità dei rapportitra gli uomini, qualità dei rapporti tra l’uo-mo e il Pianeta.Questo sarà possibile solo con l’impegnosinergico di tutti gli attori in gioco, chel’UNESCO cerca di promuovere al meglionella sua qualità di organizzazione-ponte trale istituzioni di governo, e le società civili,scientifiche e culturali esistenti nei suoipaesi membri.

ste rispettino i criteri dettati dall’UNESCOper le migliori pratiche di educazione allasostenibilità:

• la capacità di affrontare i diversi temidello sviluppo sostenibile mostrandonel’interdipendenza (acqua, salute, rifiuti,cambiamenti climatici, povertà, conge-stione urbana, biodiversità, dialogo inter-culturale, etc.), elemento che, a livello diprogetti didattici si traduce in interdisci-plinarietà,

• il carattere innovativo e partecipativo,soprattutto con riferimento a metodologiee materiali utilizzati: esperienze pratiche,attività all’aria aperta, giochi, multi-media-li, laboratori, …

• il legame con il contesto culturale e territo-riale di riferimento,

• la collaborazione/integrazione tra compe-tenze diverse e tra i diversi attori impegna-ti sul medesimo territorio,

• la presenza di meccanismi di valutazionedella qualità e dell’impatto delle iniziativeposte in essere,

• il basso impatto ambientale dell’eventostesso.

Chiaramente non tutti i criteri sopra elenca-ti possono essere applicati all’intera gam-

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La Filiera corta è un’opportunità concretaper risparmiare sugli acquisti di prodotti diqualità. Consiste in una serie di iniziativevolte a coordinare ed incentivare il rapportodiretto tra produttore locale e consumatorebasandolo sulla fiducia reciproca, sulla qua-lità dei prodotti e dei metodi di produzione,su una politica dei prezzi legata alla produ-zione dando così vita ad un modello di svilup-po locale più corretto, con meno squilibri epiù sostenibile.

I principali vantaggi per produttori e consuma-tori sono:• rapporto diretto tra produttore e consuma-

tore;• prezzi più convenienti per il consumatore;• creazione di nuovi canali di vendita per il

produttore;• minor impatto ambientale grazie alla ridu-

zione dei trasporti e degli imballaggi;• vengono privilegiati i prodotti locali e la loro

stagionalità.

L’agricoltura biologica è una realtà intornoalla quale crescono attese, interesse tecnicoe politico, attività commerciali, riflessioni dicarattere economico ed etico.Come si può vedere, un modo diverso di pro-durre e consumare è possibile. Sono sem-pre più numerose le persone che si sonoorganizzate o si stanno organizzando attra-

verso i gruppi di acquisto, noti anche come“GAS” (Gruppi di Acquisto Solidale), abbrac-ciando la filosofia del consumare prodottieco compatibili, biologici, prodotti il più vici-no possibile a casa propria, accorciandol’attuale filiera della distribuzione commer-ciale, abbattendo i costi – da quelli econo-mici a quelli ambientali – dei trasporti, finoa definirli “prodotti a Km 0”, incentivando ladiffusione dell’uso dei prodotti “alla spina”,come il latte crudo biologico e i detersiviconcentrati e biologici.Per noi scout può essere più facile adottarequeste pratiche di vita, basta essere un po’più coerenti con la Promessa e congrui congli impegni che ci siamo presi davanti a noistessi, a Dio, alla comunità e ai nostri figliper lasciare il mondo migliore di come l’ab-biamo trovato.Fra le altre iniziative di diffusione di un modopiù consapevole e responsabile di fare laspesa e che rientrano in questo ambito èdoveroso ricordare quelle di molti Enti localie l’azione concreta delle Botteghe del MondoEquo & Solidale.Di seguito si riportano, a titolo di esempio, leiniziative di qualche Ente Locale, tendenti afornire a produttori e consumatori un suppor-to per accorciare la Filiera d’acquisto; a ridur-re i passaggi intermedi con conseguente ridu-zione del prezzo finale; a offrire al produttorelocale nuove opportunità di vendita e renden-do direttamente percepibile al consumatorela qualità dei prodotti biologici.

ROMA

Lo Sportello promosso dall’Assessorato allePolitiche Ambientali ed Agricole del Comunee della Provincia di Roma e gestito dall’AIAB(Associazione Italiana per l’AgricolturaBiologica), nasce per promuovere le relazionitra cittadini, la trasparenza e l’equità dellavendita dei prodotti agricoli e per promuoveremodelli di sviluppo sostenibili, con iniziativeper favorire l’incontro tra domanda e offertadi prodotti agroalimentari di qualità.

Filiera Corta,ovvero: acquistaredirettamente dal produttore ti conviene

Claudio Zaccari

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operano. A livello comunitario questo proget-to, presentato dall’AIAB per promuovere inEuropa i benefici dell’agricoltura e dell’ali-mentazione biologica, ha ottenuto il ricono-scimento anche dell’Unione Europea.Inoltre, per favorire queste iniziative e lo svi-luppo locale sono nate e si stanno diffonden-do moltissime esperienze di creazione dellemonete locali. Fra le tante iniziative consolida-te e consistenti che si sono realizzate ricordia-mo quella toscana, quella campana e quellacalabrese. La diffusione e crescita delle varieesperienze locali ha portato alla costituzionedell’Associazione Arcipelago, per realizzare ilCoordinamento Nazionale dei Buoni LocaliSCEC (la Solidarietà ChE Cammina).In concreto si tratta di un progetto per rivita-lizzare le economie locali attraverso la distri-buzione e circolazione di Buoni locali conven-zionalmente accettati nei Comuni collegati ecollegabili a norma dell’art. 24 L. 142/90 eL. 265/99 in attuazione del 2° comma del-l’art. 42 della Costituzione italiana.

SITI INTERNET SUGGERITI:

• www.aiab.it• www.aiab.it/nuovosito/primopiano/spor-

tello/index.shtml• www.retegas.org• www.arcipelagoscec.net

UMBERTIDE

La Fiera dell’agricoltura ecologica di Umberti-de, ha avuto, ormai quasi venti anni fa, que-sta lungimirante intuizione che ancora oggiresta originale nella sua funzione di definizio-ne del ruolo che può e deve avere lo svilupporurale.

ASCOLI PICENO

Il progetto filieracorta picena si inserisce nel-l’obiettivo generale dell’Assessorato di porrele basi per la costruzione di un modello eco-nomico per un’Equonomia Picena che portialla costruzione di un Distretto di EconomiaSolidale. Con questa espressione si intendeun modello che metta al centro del propriooperare le persone, la qualità della vita, lerelazioni e l’ambiente e che abbia un approc-cio trasversale a tutti i settori socio-economi-ci. In tale contesto si inserisce la creazionedelle condizioni affinché iniziative economi-che diverse, democratiche, eccellenti e moti-vate socialmente, radicate nel territorio trovi-no opportunità per conoscersi e farsi cono-scere, per innescare processi economici nuo-vi, coordinati e partecipati nella convinzioneche ciò potrà portare giovamento a tutti i sog-getti coinvolti oltre che al contesto in cui essi

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Abbiamo pensato che in un numero monote-matico su un tema così caldo sia necessarioriflettere a 360° e rivedere non solo gli stili divita ma anche le modalità del dove vivere.Uno degli ambiti è quello che riguarda gli edi-fici costruiti dall’uomo. L’architettura biologi-ca è in grado di costruire edifici che abbianoun impatto ambientale irrisorio. Infatti, la bio-architettura è la disciplina che mette in attotutti gli accorgimenti possibili per costruireedifici che consumino poca energia e chesiano realizzati con materiali atossivci e rici-clabili. Essi, quindi, presuppongono un atteg-giamento ecologicamente nuovo rispettoall’ecosistema antropico-ambientale.Qui di seguito ci occuperemo solo di abitazioni,sapendo che così sarà tralasciato gran partedell’ambiente costruito dall’uomo. È una sceltaimposta dalla necessità di dare alle comunitàMASCI strumenti di conoscenza per microazio-ni fatte proprio nelle nostre case.La bioarchitettura è una pratica architettonicarispettosa dei principi della sostenibilità, hal’obiettivo di instaurare un rapporto equilibra-to tra l’ambiente naturale e quello costruitodall’uomo, soddisfacendo i bisogni delle at-tuali generazioni senza compromettere, con ilconsumo indiscriminato delle risorse, quellodelle generazioni future. Tutto ciò in piena sin-tonia con il nostro Patto Comunitario“7.4 Da queste convinzioni deriva il nostroimpegno: per l’eliminazione degli sprechi, la

riduzione dei consumi superflui, la diffusionedi stili di vita rispettosi dell’integrità e del-l’armonia del creato e contro forme non eti-che di manipolazione genetica, affinché ogniuomo possa degnamente usufruire dei benidella terra”.

PRINCIPI DELLA BIOARCHITETTURA

Alcuni dei principi progettuali alla base dellabioarchitettura sono:• privilegiare la qualità della vita ed il benes-

sere psico-fisico dell’uomo;• salvaguardare l’ecosistema;• impiegare le risorse naturali (acqua, vege-

tazione, clima);• non causare emissioni dannose (fumi, gas,

acque di scarico, rifiuti);• concepire edifici flessibili ad eventuali ri-

mozioni, sostituzioni o integrazioni degli im-pianti, e a possibili ampliamenti o cambia-menti di destinazione d’uso;

• prevedere un diffuso impiego di fonti ener-getiche rinnovabili.

LA CASA BIOLOGICA1

Nel ristrutturare o costruire edifici nuovi oggiè possibile adottare accorgimenti in modo darenderli eco-compatibili con effetti positivi suiconsumi e, anche, sulla nostra salute. La ca-sa Buderus ad Assago è la testimonianza checontenere i consumi di energia è possibile.Ma come ridurre il fabbisogno di energia?Ecco alcuni dispositivi che riducono drastica-mente il bisogno di energia:1. scambiatore di calore per la fornitura del-

l’acqua calda2. pannelli fotovoltaici3. pompa di calore e riscaldamento a pavi-

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1 Casa Buderus, inaugurata ad Assago recentemente, è laprima casa in classe A energetica. Un caso di eccellenzanell’applicazione delle tecnologie per un utilizzo efficientedell’energia e delle risorse a tutela dell’ambiente.

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tere la testata a nord, secondo l’asse magne-tico terrestre.Il letto, reti, supporti e materassi, ma anchecuscini e biancheria, sono di fondamentaleimportanza per il dormire sano. Le reti realiz-zate con listelli in legno, che si adattano per-fettamente alla schiena, abbinate a materas-si in pura lana e lattice naturale, o in purocotone, sono soluzioni ottimali per un sonnosalutare e rigeneratore. Oltre a legno e lana,la bio-architettura, applicata al sistema letto,ha recuperato dalla tradizione altri materialidi origine vegetale e animale: la torba, la pa-glia, il cocco e il più noto e diffuso caucciùche possono, dopo un uso costante, rivelaresorprendenti proprietà benefiche.Stanza da soggiorno: preferiamo un arredospartano in cui siano protagonisti il legno na-turale, la lana, il cotone. Il pavimento è un ele-mento fondamentale degli spazi in cui viviamo:contribuisce a creare il carattere di un arreda-mento, conferisce o meno calore ai locali, puòessere più o meno facile da pulire e conserva-re. Al di là, quindi, del puro impatto estetico èla parte della casa con cui abbiamo un contat-to fisico continuo e diretto. È perciò importan-te che sia gradevole e confortevole al massi-mo. Varie sono le soluzioni per rivestire i pavi-menti in modo sano e funzionale.La tecnica: Per difendere il riposo dai disturbicausati da campi magnetici elettrici esistonodegli speciali disgiuntori di corrente, detti Bios-witch che, applicati al contatore, sono in gradodi abbassare al minimo la tensione di correntenelle stanze da letto. Durante la notte, infatti, ildisgiuntore disinserisce dal quadro generale latensione di rete, eliminando così tutti i campi didisturbo dati dalle oscillazioni elettromagneti-che. Il disgiuntore entra in funzione spegnendol’ultima lampada di casa e si riattiva riaccen-dendola al mattino. C’è da precisare che lariaccensione non avviene nei casi di utilizzo dilampade a basso consumo come quelle alneon e quando si vogliono attivare utensili co-me il trapano, l’aspirapolvere o lo spazzolino dadenti elettrico. È inutile collegare il disgiuntorecon stanze come la cucina, dove ci sono appa-recchi sempre in funzione come la caldaia o il

4. Recupero delle acque piovane5. Impianto elettrico con Bioswitch6. Finestre atermiche, vetrocamera con ta-

glio termico etc.Analizzando ora alcune parti costruttive dellacasa ecco, le possibili soluzioni.Murature e tetto: la scienza moderna ha risco-perto il legno nelle sue varie applicazioni, siacome struttura portante, sia come pareti ester-ne ed interne. La tecnologia permette l’uso dellegno lamellare per strutture di qualsiasidimensione, dalle travi di un semplice solaio agrandi travi da ponte. Il legno, infatti, isola acu-sticamente e trattiene bene il calore e per dirlain termini farmaceutici non ha effetti collatera-li. Inoltre, se trattato adeguatamente con verni-ci intumescenti, diviene poco sensibile alfuoco: una parete spessa 40 cm formata daisolante e muratura in cotto ha una capacitàisolante equivalente ad una parete spessa 20cm in legno munita di ventilazione naturale.Cominciamo ora la nostra esplorazione dellacasa biologica dalle stanze.Stanza da riposo: qui si passa un terzo dellagiornata e soprattutto si trascorrono le ore incui il nostro corpo è del tutto rilassato e,quindi, più esposto agli agenti inquinanti. Inprimo luogo: dormire in una stanza riparatadai rumori e dagli sbalzi termici, dotata dibuona circolazione d’aria e giusto grado diumidità. Per un isolamento termico naturale,ad esempio, si possono utilizzare trucioli disughero, lana di roccia ad alta densità.Perfino oggetti apparentemente innocui, comeimpianti stereofonici, frigobar, televisori e ra-diosveglie, possono emettere radiazioni elet-tromagnetiche sufficienti a provocare disturbi.Ma sotto accusa ci sono anche i letti, le resi-ne e i collanti dei mobili, moquette, tappeti,tendaggi, rivestimenti e vernici. È importanteperciò seguire alcune semplici regole.La testa a nord: a quanti è capitato di dormi-re agitati, di svegliarsi più stanchi di prima,con la schiena a pezzi e il mal di testa? Lecause possono essere molte, ma bastano avolte pochi cambiamenti per risolvere il pro-blema. Innanzitutto: la posizione del letto. Gliesperti di bioarchitettura consigliano di met-

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nella lavastoviglie, per lavare l’ auto o annaffia-re il giardino. La tecnica, inoltre, può interveni-re con apparecchiature che vengono definiteacceleratori di flusso e consentono di accele-rare il flusso dell’acqua sfruttando il principiodel tubo Venturi risparmiando fino al 50% sulconsumo di acqua sia fredda che calda. Sonoutilizzate per il getto delle docce e per i rubinet-ti. Questi sistemi evitano depositi di calcare edevitano le variazioni di flusso di acqua caldaquando si aprono più rubinetti. Si può ancherisparmiare facendo la doccia al posto delbagno in vasca che richiede una quantità dop-pia di acqua, non lasciando aperto continua-mente il rubinetto mentre ci si lavano le mani oi denti (da un rubinetto aperto escono 10 litri diacqua al minuto), facendo riparare i rubinettiche perdono e che possono arrivare a far spre-care dai 20 agli 80 litri di acqua al giorno.Facciamo qui la prima tappa del nostro viag-gio alla scoperta della casa biologica, riman-dando a un prossimo futuro il problema delriscaldamento e raffreddamento, perché pen-so meritino una esplorazione a parte, inquanto, le soluzioni tecniche e architettoni-che oggi sono veramente numerose.Buona strada

congelatore. La soluzione più adottata è quelladi collegare a parte tutti quegli apparecchi chehanno continuamente bisogno di alimentazioneelettrica (come il frigorifero, gli antifurto ecc.) eche verrebbero messi temporaneamente fuoriuso dal funzionamento del disgiuntore.L’acqua non è una fonte inesauribile, si pensiche solo lo 0,03% del totale dell’acqua del no-stro pianeta è effettivamente disponibile aduso potabile. La rete di distribuzione dell’acquapotabile, cioè da bere, potrebbe essere colle-gata ad un rubinetto separato posto nella cuci-na. L’acqua per lavare ed usi sanitari può esse-re sia quella fornita dal comune che quella direcupero dall’acqua piovana, che è quasi puraed è ottima per lavare. Se l’acqua di condottacomunale venisse mischiata all’acqua piovana,si eviterebbe, per esempio, di doverla addolci-re. È necessario poi prevedere una rete per leacque recuperate e depurate e collegarla alWC, all’impianto di irrigazione del giardino e peril lavaggio auto. Con questo sistema si riduce ilfabbisogno di acqua potabile. Le acque vengo-no, infatti, trattate e potabilizzate come se tuttal’acqua dovesse andare a finire nei nostri bic-chieri, mentre invece il 98% va a finire nei la-vandini, nel WC, nella doccia, nella lavatrice,

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È cosi che … il piccolo ed insignificante tap-po di bottiglia, poco considerato, diventa ilgrande protagonista di una nobile causa.Dal punto di vista economico, precisa il sig.Sassano, del settore commerciale della dittaGalletti Ecoservice, non c’è nessun vantag-gio, in quanto, per la sua ditta la solidarietànon è un optional!Alcuni dati del 2007: per il progetto “Fac-ciamo bere il villaggio di Chololo” (di 5200persone nella regione di Dodoma – Tanza-nia) l’obiettivo era di raccogliere 20.000 eu-ro. Bene, l’obiettivo è stato ampiamenteraggiunto!Questi sono i dati: tappi raccolti: kg 362,510con un ricavo di 61.626 euro, di cui:• 20.000 euro sono stati inviati in Tanzania

per il progetto CHOLOLO;• 17.000 euro sono stati inviati in Brasile

per analoghi progetti;• 17.500 euro sono stati utilizzati per altri

pozzi non previsti;• 7.126 euro sono serviti per coprire le

spese di trasporto sostenute dalla dittaGalletti.

Per la raccolta dei tappi vi sono containers di-slocati nelle varie Regioni d’Italia. Per cono-scere questi i punti contattare il CMSR: tel.0586 88 73 50 – Fax 0586 88 21 32 ohttp://www.cmsr.org.

L’obiettivo 2008 è in cantiere, diamoci dafare!

Ovvero: Campagna per la raccolta di tappi dibottiglie di plastica per un progetto di coope-razione e sviluppo.Si tratta di un progetto denominato Dall’acquaper l’acqua… facciamola bere anche in Tanza-nia per dotare, appunto, di impianti idrici alcu-ne popolazioni dell’Africa.Questa iniziativa, che è nata nel 2003, èstata promossa dalla Caritas di Livorno, dalCMSR (Centro Mondialità Sviluppo Reciproco– ONG) e dalla ditta Galletti Ecoservice (Im-presa impegnata nella raccolta e trasporto dirifiuti speciali, nel riciclaggio e stoccaggio dimateriali plastici), il cui titolare è anche dia-cono permanente e responsabile della Cari-tas di Rossignano.In che cosa può consistere tutto ciò per noi?In definitiva, in un gioco di memoria: ricordar-si di non buttar via i tappi dellebottiglie di plastica! Sarà:1) un’azione di difesa dell’am-

biente, in quanto il materialedi cui sono fatti i tappi è Po-lietilene (PE), mentre quellodelle bottiglie è Polietilenetereflatato (PET), per cui ilprocesso di riciclaggio per idue materiali è differente;

2) un gesto di solidarietà, per-ché le popolazioni più pove-re dell’Africa avranno im-pianti idrici.

Un tappo di solidarietà

Angela, Vincenzo e Cornelia Comunità Roma XII

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OVVERO, COME TRASFORMARE GLI SCARTI DI CUCINA

IN TERRICCIO PROFUMATO DI BOSCO

Nel sacchetto dei rifiuti lo scarto che crea piùproblemi igienico-ambientali è quello di cuci-na: gli scarti di cibo. Col tempo questi scarticominciano a puzzare, attirano insetti e ani-mali e potrebbero essere all’origine di vere eproprie epidemie. Esiste tuttavia in modo perevitare tutto questo e questo modo non è ladiscarica né tanto meno il termovalorizzatore.La soluzioNe più razionale ed intelligente pergestire la cosiddetta frazione umida dei no-stri rifiuti (pari al il 30% in peso di tutti i rifiu-ti che una famiglia a può produrre) è il com-postaggio.Con il compostaggio si imita la natura chenei suoi processi di trasformazione ignora ilconcetto di rifiuto, tipico della specie umana,in particolare negli ultimi decenni della suastoria.In sintesi, con il compostaggio si realizza unallevamento di microorganismi i quali si svi-luppano letteralmente mangiando i nostriscarti biodegradabili, trasformandoli in inno-cua anidride carbonica e acqua. Alla fine diuna serie complessa di trasformazioni chimi-che e con diverse popolazioni di microorgani-smi che si alternano nel banchetto, quelloche era torsoli di mela, bucce di frutta, fogliedi radicchio andato a male si trasforma in

una sorta di terriccio bruno che annusatoricorda gli odori che in una giornata umida diautunno si avvertono, quando si passeggia inun bosco.La sensazione olfattiva descritta non è ca-suale: quello che succede in una compostie-ra ben gestita è esattamente quello che suc-cede in un bosco in autunno, quando le fogliecadute al suolo e i tanti esseri viventi che coni primi freddi terminano il loro ciclo vitale, sitrovano trasformati in un grasso e fertile ter-riccio, la primavera successiva.Perché questa singolare trasformazione av-venga, occorre un certo numero di microorga-nimi, una adeguata disponibilità d’acqua,una giusta miscela di cibo gradita ai microor-ganismi, tanta aria a disposizione e dopodue-tre mesi il miracolo della trasformazionedegli scarti umidi in compost si realizza im-mancabilmente, senza odori sgradevoli, sen-za mosche e senza topi.Il compostaggio è fatto in appositi impianti in-dustriali ma si può realizzare anche nel giardi-no di casa e persino su un terrazzino o su unbalcone di un grande condominio. E in questicasi il compost autoprodotto viene utilizzatonell’orto, nel giardino e nei vasi da fiore perfar crescere più belli e più sani ortaggi, fiorie frutta.Insomma è vero, grazie al compostaggio ciòche per ignoranza è considerato un rifiuto sidimostra essere un’utile risorsa.Per gli amanti di giardinaggio che voglionocimentarsi anche nel compostaggio è dispo-nibile un dettagliato manuale scaricabile dalmio blog federicovalerio.splinder.com cliccan-do su Vedi altri media (nella colonna a sini-stra), pagina successiva, Corso di compo-staggio domestico.E quando sarete diventati bravi, vi suggeriscodi organizzare il compostaggio a cumulo degliscarti di cucina del vostro prossimo camposcout che in questo modo sarà ancor più eco-sostenibile e a basso impatto ambientalecome deve essere il comportamento di ognivero scout.Buona caccia e buon compostaggio da unvecchio Akela.

Il compostaggiodomestico

Federico Valerio

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alimentari inutilizzate, anzi destinate a riem-pire le discariche, per alimentare persone in-digenti o che non avrebbero accesso a quel-le risorse?Quelle campagne di sensibilizzazione produs-sero tra i cittadini un riverbero di indignazio-ne e contribuirono ad incoraggiare alcuni sog-getti del mercato alimentare e del mondo delvolontariato, a metà degli anni ’80, a collabo-rare per dare vita all’esperienza del BancoAlimentare.La formula è semplice e guarda alla solida-rietà così come al miglioramento dei proces-si di raccolta e smaltimento dei rifiuti. Vedia-mo la sua formulazione fornita dalla Fonda-zione Banco Alimentare Onlus, che a livellonazionale è la più consistente tra le realtàche applicano questa buona pratica: «(Il Ban-co Alimentare) raccoglie le eccedenze ali-mentari e le ridistribuisce ad Enti ed iniziati-ve che, in Italia, si occupano di assistenza edi aiuto ai poveri ed agli emarginati.Per questo si pone al servizio, da un lato,delle aziende del settore che abbiano proble-mi di stock ed eccedenze perfettamentecommestibili e, dall’altro, delle Associazionied Enti assistenziali che distribuiscono aipropri assistiti pasti o generi alimentari invia continuativa.La rete Banco Alimentare è allora il tramiteideale perché l’eventuale spreco della filie-ra agro-alimentare diventi ricchezza per glienti assistenziali che ogni giorno, con impe-gno e dedizione, accolgono i più poveri tranoi.»La prima esperienza italiana di Banco Ali-mentare risale al 1989, come risultato diaccordi tra la Star, titolare di importantimarchi dell’industria alimentare, e Monsi-gnor Luigi Giussani che per l’occasione co-stituì una Fondazione Banco Alimentare. Do-po poco un anno, 10 aziende e 30 associa-zioni di volontariato avevano stretto unaconvenzione con la Fondazione, per la partedi propria competenza: le aziende avrebberofornito alla Fondazione, a titolo gratuito, iprodotti alimentari altrimenti destinati almacero; le associazioni avrebbero raccolto

Qualcuno ancora ricorda i reportage fotografi-ci degli anni ’70 che denunciavano lo scem-pio di sterminate estensioni di arance sicilia-ne, poste al macero e distrutte dalle ruspe.Quelle operazioni servivano a sottrarre le ec-cedenze di produzione ai meccanismi delmercato, contenendo le quantità di prodottoimmesse sui mercati ortofrutticoli (i livellidella cosiddetta offerta) per tenere alti sia iprezzi al dettaglio sia i lucrosi profitti degliintermediari.Certi meccanismi dell’economia, pur regolatida autorità politiche e monetarie o spessosapientemente manovrati dalle cosiddettemani forti, sono di solito proposti e percepiticon i caratteri di una impersonale disciplinascientifica che esige distacco dalle realtàsociali.Quella fredda scienza chiede di usare paro-le come domanda, offerta, potere d’acqui-sto e emarginazione come variabili di unalucida equazione che non deve conoscerepassioni ma produrre solo, inevitabilmente,azioni e reazioni dettate dalla necessità edal rigore.Comunque, per fortuna o per grazia, nessunamotivazione finanziaria o economica è riusci-ta mai a diminuire nell’opinione pubblica ilfastidio di fronte a quelle scene impressio-nanti di così grande spreco. Ricordate cosa sidiceva nelle famiglie, tra amici, tra scout inquegli anni? Perché non usare quelle scorte

Il bancoalimentare

Gabriele Russo

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I prodotti raccolti e distribuiti devono esserefacilmente conservabili per problemi di stoc-kaggio e gestione logistica (per es. scatola-me vario, pasta, riso, pane e affini, succhi difrutta, olio, conserve, zucchero, omogeneiz-zati ecc.) anche se gli enti più organizzatistanno cominciando a raccogliere e distribui-re prodotti freschi, che hanno un ciclo distri-butivo estremamente più rapido.L’industria destina al Banco Alimentare i pro-dotti che sono ancora integri e commestibilima non possono essere commercializzatiperchè:• presentano difetti nella confezione esterna

(per es. etichetta sbagliata);• si tratta di prodotti usati per una promozio-

ne terminata;• è stata cambiata l’immagine del prodotto;• la scadenza è tale da non consentire la

commercializzazione con i tempi delladistribuzione di mercato;

• sono avanzati dei prodotti di lancio gratui-to; le confezioni sono un poco danneggiatema integre o, finalmente, la produzione èeccessiva e il prodotto viene deviato su de-stinazioni fuori dai meccanismi di mercato.

quegli stessi prodotti, proporzionalmente al-la loro operatività in campo assistenziale esolidaristico ed in regime continuativo, ovve-ro non occasionalmente e su criteri di serie-tà ed efficacia.Gli anni a seguire hanno visto il rapido svilup-po della rete di Banco Alimentare a cui ormaiaderisce, in virtù della serietà dell’iniziativa,anche l’ente governativo che gestisce perl’Italia le eccedenze alimentari destinate agliindigenti della Comunità Europea, oggi deno-minato AGEA.Si contano oggi decine di sedi regionali eassociazioni locali quasi totalmente basatesull’opera di volontari ed a cui la normativaconsente di godere di agevolazioni di naturafiscale e contabile come ONLUS (Organizza-zione non lucrativa di utilità sociale). Sonooltre 400 le industrie fornitrici e circa10.000 gli enti clienti dei magazzini diBanco Alimentare (mense per indigenti, cen-tri di solidarietà, strutture di accoglienza,Caritas parrocchiali, comunità di recupero,cooperative sociali).Vediamo ora alcuni aspetti operativi dellarete Banco Alimentare

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sempre più preparata all’evento. Le associa-zioni scout giovanili collaborano molto spes-so a queste iniziative. Quella del BancoAlimentare costituisce, dunque, una “buonapratica” cui può aderire qualunque AdultoScout o qualunque Comunità del MASCI, sta-bilmente nell’anno o occasionalmente, conqualche iniziativa locale o aderendo ad unadelle organizzazioni di Banco Alimentare.

IL BANCO ALIMENTARE IN RETE

http://www.eurofoodbank.org/ (Federazioneeuropea dei Banchi Alimentari)http://www.bancoalimentare.org/index.php(Fondazione Nazionale ONLUS, la Fondazioneha poi sue affiliate a livello regionale costitui-te in associazioni)http://www.bancoalimentareroma.it/home.html (una significativa esperienza a Roma)http://unpopoloincammino.blogspot.com/2007/12/banco-alimentare.html (un’esperien-za di B.A. in Toscana)

Per quanto riguarda i fornitori del Banco Ali-mentare è logico aspettarsi che le quantitàpiù consistenti derivino dall’AGEA e dall’indu-stria, ma c’è una porzione importante che cor-risponde alle categoria collette. Infatti, pra-ticamente ogni organizzazione locale di BancoAlimentare da circa 10 anni lancia si-stematicamente iniziative di raccolta di ali-menti presso gli esercizi commerciali più gran-di, allo scopo di coinvolgere anche i cittadini,almeno una volta l’anno, nell’azione virtuosadi aiutare il Banco Alimentare della zona.Alle iniziative partecipano i volontari attivi sianelle organizzazioni di Banco Alimentare sianegli enti di solidarietà che sono fruitori deiloro servizi, attuando così anche una cre-scente azione di sensibilizzazione dell’opinio-ne pubblica sui temi della solidarietà, dellarisposta sociale all’emarginazione, del conte-nimento degli sprechi, degli stili di vita.Gli effetti di questa azione sono verificabilidai risultati delle raccolte, ogni anno più ric-che, ogni anno più partecipate e meno fatico-se perché incontrano un’opinione pubblica

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Anno 50 – Giugno 2008, n. 6

Periodico mensile del Masci (MovimentoAdulti Scout Cattolici Italiani) di educazionepermanente, proposta e confronto

Presidente Nazionale: Riccardo Della Rocca

Segretario Nazionale: Alberto Albertini

Direttore Responsabile: Pio Cerocchi

Direttore: Francesco MarchettiVia Piave 1ª Traversa, 688046 Lamezia TermeTel. 0968.27445 – Cell. 339.6133506E-mail: [email protected]

COLLABORANO IN REDAZIONE:

Giorgio Aresti Salvatore Bevilacqua Romano Forleo Mario Maffucci Francesco Marabotto Franco Nerbi Maurizio Nocera Mario Sica Giovanni Sosi

COLLABORA PER L’ILLUSTRAZIONE GRAFICA:

Alberto Rustichelli

Composizione, grafica e stampa:T. Zaramella Real. Graf. s.n.c. Caselle di Selvazzano (PD) E-mail: [email protected]

Editore, amministrazione e pubblicità:Strade Aperte Soc. coop. a.R.L., via Picardi, 6 – 00197 Roma, tel. 06/8077377 – fax 06/8077647

Iscritta al Registro Registro degli operatori dicomunicazione al n. 4363

Abbonamento a 11 numeri:Euro 26 da versare sul ccp. n.75364000 inte-stato: Strade Aperte, coop a.r.l. Via Picardi, 6– 00197 Roma

Iscritto al Tribunale di Roma al n° 6920/59 del 30/05/1959

Associato all’U.S.P.I.

Tiratura: Copie 5.000

QUESTO NUMERO È STATO SPEDITO

DALL’UFFICIO POSTALE DI PADOVA CENTRALE

IN DATA: 24 GIUGNO 2008

PRESENTAZIONE DEL NUMERO

Aver cura della nostra casa Sonia Mondin 1

I RIFERIMENTI – FONDAMENTI

Dio, l’uomo e la tutela del Creato Mons. Gianfranco Ravasi 4

La Chiesa Cattolica di fronte alla questione ambientale Fabrizio Silli 9

Il creato nel Compendio della Dottrina sociale della Chiesa Claudio Bissi 14

Conservazione eco-regionale ed educazione per stili di vita più sostenibili M. Antonietta Quadrelli, WWF 16

Educare in un mondo che cambia Vanessa Pallucchi, Legambiente 19

Educare ed educarsi ad un nuovo umanesimo Elena Gaudio, Italia Nostra 23

Cambiamenti climatici e stili di vita Aldo Riggio 26

L’ANIMA SCOUT

Articolo 6… amano e rispettano la natura. Un apparente ritardo (dal num di RS Servire 4/1983) 30

Lo scoutismo adulto per il futuro sostenibile Franco La Ferla 32

La natura, da scuola di carattere a luogo di impegno e servizio Mario Sica 35

Natura e creato: la sfida degli adulti del Patto Comunitario per un possibile futuro Luciano Leperdi 37

SCHEDE PER CAPIRE

Cos’è lo sviluppo sostenibile Aldo Riggio 40

Decrescita, una proposta polemica e politica don Achille Rossi 44

Termodinamica quotidiana Franco Vecchiocattivi 46

Le fabbriche dell’energia elettrica Alberto Subioli 49

Smaltire il benessere Bruno Magatti 53

Un nemico (in)visibile: l’inquinamento Elisabetta Mercuri 57

BUONE PRATICHE

La settimana UNESCO di educazione allo sviluppo sostenibile Federica Rolle, UNESCO Italia 59

La filiera corta Claudio Zaccari 62

La casa biologica Alberto Albertini 64

Un tappo di solidarietà Angela, Vincenzo e Cornelia 67

Il compostaggio domestico Federico Valerio 68

Il Banco alimentare Gabriele Russo 69