austen, jane persuasione

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I Sir Walter Elliot, di Kellynch-hall nel Somersetshire, era un uomo che mai, per suo proprio svago, apriva altro libro all'infuori del Baronetage; lì trovava occupazione per un'ora d'ozio e conforto in una d'afflizione; lì il suo spirito si esaltava, colmo di ammirazione e di rispetto, nel contemplare le non numerose reliquie delle patenti più antiche; lì ogni sgradevole sensazione prodotta dalle cure domestiche si mutava naturalmente in disprezzo e pietà. Quando poi scorreva le pressoché infinite nomine dell'ultimo secolo, s'imbatteva nella pagina più di ogni altra appassionante, in cui poteva leggere, con interesse che mai veniva meno, la sua propria storia: era questa la pagina alla quale il volume prediletto sempre si apriva: ELLIOT OF KELLYNCH-HALL Walter Elliot, nato il 1° marzo 1760, sposò il 15 luglio 1784 Elizabeth, figlia di James Stevenson, Esq., di South Park, nella contea di Gloucester; da tale unione nacquero: Elizabeth, il 1° giugno 1785; Anne, il 9 agosto 1787; un figlio maschio, nato morto, il 5 novembre 1789; Mary, il 20 novembre 1791. Questo il paragrafo così com'era uscito in origine dalle mani del tipografo; ma Sir Walter l'aveva arricchito aggiungendo, per informazione sua e della famiglia, queste parole dopo la data di nascita di Mary: «Sposata, il 16 dicembre 1810, a Charles, figlio ed erede di Charles Musgrove, Esq., di Uppercross, nella contea di Somerset», e inserendo con la dovuta precisione il giorno e il mese in cui aveva perduto sua moglie. Seguiva poi, nei termini consueti, la storia e l'ascesa dell'antica e rispettabile famiglia: come dapprima si fosse stabilita nel Cheshire, come i suoi membri fossero menzionati da Dugdale per aver ricoperto la carica di high sheriff, rappresentato un borgo in tre successivi parlamenti, nonché per le dimostrazioni di lealtà e il titolo di baronetto, nel primo anno di regno di Carlo II; più tutte le Mary ed Elizabeth che avevano sposato. In complesso, due belle pagine in dodicesimo terminanti con lo stemma e il motto: «Residenza principale, Kellynch-hall, nella contea di Somerset», e, di nuovo vergata da Sir Walter, questa aggiunta finale: «Erede presuntivo, William Walter Elliot, Esq., pronipote del secondo Sir Walter». La vanità era tutto nel carattere di Sir Walter Elliot, il principio e la fine; e la vanità riguardava la sua persona e la sua posizione sociale. Da giovane era stato più che attraente, e a cinquantaquattro anni era ancora un bell'uomo. Poche donne avevano più cura del loro fascino personale di quanta egli ne avesse del proprio, e nessun valletto al servizio di un lord di recente nomina si compiaceva più di lui del suo status. Considerava il dono della bellezza solo inferiore a quello del titolo di baronetto; e il Sir Walter Elliot, che univa in sé questi privilegi, era per lui oggetto costante della più ardente devozione e del più sentito rispetto. E bellezza e rango vantavano almeno un diritto alla sua considerazione, poiché era certo a essi che doveva una moglie infinitamente superiore per carattere a quanto il suo potesse mai meritare. Lady Elliot era stata una donna eccellente, assennata e amabile, il cui discernimento e la cui condotta, se mai meritavano un'attenuante a causa dell'infatuazione giovanile che aveva fatto di lei Lady Elliot, non avevano mai avuto in seguito bisogno d'indulgenza di sorta. Per diciassette anni aveva assecondato, o smussato, o nascosto le pecche del marito, aveva stimolato in lui il senso della vera responsabilità; e benché non fosse ella stessa la più felice creatura di questo mondo, aveva trovato nei suoi doveri, nelle amicizie, nelle figliole, ragioni sufficienti per attaccarsi alla vita, per non guardare con indifferenza al momento in cui fu chiamata a separarsi da loro. Lasciare tre ragazze (le due maggiori rispettivamente di sedici e quattordici anni) era questo per la madre un angoscioso legato, e ancora più angosciosa era la responsabilità di affidarle alla guida e all'autorità di un padre sciocco e vanesio. Aveva tuttavia un'intima amica, donna assennata e stimabile, che, tanto era l'affetto che le legava, era venuta a stabilirsi lì vicino, nel villaggio di Kellynch; e sulla gentilezza di lei, sui suoi consigli, Lady Elliot contava soprattutto per un valido aiuto e sostegno dei buoni princìpi e dei precetti che con così ansiosa cura aveva impartito alle figlie. Questa amica e Sir Walter non si sposarono, nonostante tutte le previsioni fatte in proposito da amici e conoscenti. Erano passati tredici anni dalla morte di Lady Elliot, e i due erano ancora buoni vicini e intimi amici: vedovo lui, vedova lei. Il fatto che Lady Russell, equilibrata per età e per carattere nonché provvista di ampi beni di fortuna, non pensasse affatto a un secondo matrimonio è perfettamente giustificabile agli occhi dei lettori, che tendono in genere ad essere irragionevolmente insoddisfatti non quando una donna si risposa ma quando non si risposa; ma l'altro fatto - che Sir Walter continuasse a viver solo - richiede qualche spiegazione. Ebbene, diciamo subito che Sir Walter, da padre eccellente qual era (aveva conosciuto un paio di segrete delusioni in occasione di certe avventate domande di matrimonio), si vantava di restar solo e vedovo per amore della figlia diletta. E per una figlia, la maggiore, avrebbe davvero rinunciato a tutto, anche se le tentazioni a far ciò non erano poi state molte. A sedici anni, Elizabeth aveva preso il posto della madre, ereditandone nella massima misura possibile diritti e dignità, e poiché era dotata di una vistosa bellezza ed era molto somigliante a Sir Walter, aveva sempre avuto su di lui grande influenza e i loro rapporti erano stati dei più felici. Le altre due figlie contavano molto meno. Mary aveva acquistato una certa artificiale importanza dopo il suo matrimonio con Charles Musgrove; ma Anne, la cui raffinata intelligenza e la cui indole dolcissima avrebbero dovuto

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Page 1: Austen, Jane Persuasione

I Sir Walter Elliot, di Kellynch-hall nel Somersetshire, era un uomo che mai, per suo proprio svago, apriva altro libro all'infuori del Baronetage; lì trovava occupazione per un'ora d'ozio e conforto in una d'afflizione; lì il suo spirito si esaltava, colmo di ammirazione e di rispetto, nel contemplare le non numerose reliquie delle patenti più antiche; lì ogni sgradevole sensazione prodotta dalle cure domestiche si mutava naturalmente in disprezzo e pietà. Quando poi scorreva le pressoché infinite nomine dell'ultimo secolo, s'imbatteva nella pagina più di ogni altra appassionante, in cui poteva leggere, con interesse che mai veniva meno, la sua propria storia: era questa la pagina alla quale il volume prediletto sempre si apriva: ELLIOT OF KELLYNCH-HALL Walter Elliot, nato il 1° marzo 1760, sposò il 15 luglio 1784 Elizabeth, figlia di James Stevenson, Esq., di South Park, nella contea di Gloucester; da tale unione nacquero: Elizabeth, il 1° giugno 1785; Anne, il 9 agosto 1787; un figlio maschio, nato morto, il 5 novembre 1789; Mary, il 20 novembre 1791. Questo il paragrafo così com'era uscito in origine dalle mani del tipografo; ma Sir Walter l'aveva arricchito aggiungendo, per informazione sua e della famiglia, queste parole dopo la data di nascita di Mary: «Sposata, il 16 dicembre 1810, a Charles, figlio ed erede di Charles Musgrove, Esq., di Uppercross, nella contea di Somerset», e inserendo con la dovuta precisione il giorno e il mese in cui aveva perduto sua moglie. Seguiva poi, nei termini consueti, la storia e l'ascesa dell'antica e rispettabile famiglia: come dapprima si fosse stabilita nel Cheshire, come i suoi membri fossero menzionati da Dugdale per aver ricoperto la carica di high sheriff, rappresentato un borgo in tre successivi parlamenti, nonché per le dimostrazioni di lealtà e il titolo di baronetto, nel primo anno di regno di Carlo II; più tutte le Mary ed Elizabeth che avevano sposato. In complesso, due belle pagine in dodicesimo terminanti con lo stemma e il motto: «Residenza principale, Kellynch-hall, nella contea di Somerset», e, di nuovo vergata da Sir Walter, questa aggiunta finale: «Erede presuntivo, William Walter Elliot, Esq., pronipote del secondo Sir Walter». La vanità era tutto nel carattere di Sir Walter Elliot, il principio e la fine; e la vanità riguardava la sua persona e la sua posizione sociale. Da giovane era stato più che attraente, e a cinquantaquattro anni era ancora un bell'uomo. Poche donne avevano più cura del loro fascino personale di quanta egli ne avesse del proprio, e nessun valletto al servizio di un lord di recente nomina si compiaceva più di lui del suo status. Considerava il dono della bellezza solo inferiore a quello del titolo di baronetto; e il Sir Walter Elliot, che univa in sé questi privilegi, era per lui oggetto costante della più ardente devozione e del più sentito rispetto. E bellezza e rango vantavano almeno un diritto alla sua considerazione, poiché era certo a essi che doveva una moglie infinitamente superiore per carattere a quanto il suo potesse mai meritare. Lady Elliot era stata una donna eccellente, assennata e amabile, il cui discernimento e la cui condotta, se mai meritavano un'attenuante a causa dell'infatuazione giovanile che aveva fatto di lei Lady Elliot, non avevano mai avuto in seguito bisogno d'indulgenza di sorta. Per diciassette anni aveva assecondato, o smussato, o nascosto le pecche del marito, aveva stimolato in lui il senso della vera responsabilità; e benché non fosse ella stessa la più felice creatura di questo mondo, aveva trovato nei suoi doveri, nelle amicizie, nelle figliole, ragioni sufficienti per attaccarsi alla vita, per non guardare con indifferenza al momento in cui fu chiamata a separarsi da loro. Lasciare tre ragazze (le due maggiori rispettivamente di sedici e quattordici anni) era questo per la madre un angoscioso legato, e ancora più angosciosa era la responsabilità di affidarle alla guida e all'autorità di un padre sciocco e vanesio. Aveva tuttavia un'intima amica, donna assennata e stimabile, che, tanto era l'affetto che le legava, era venuta a stabilirsi lì vicino, nel villaggio di Kellynch; e sulla gentilezza di lei, sui suoi consigli, Lady Elliot contava soprattutto per un valido aiuto e sostegno dei buoni princìpi e dei precetti che con così ansiosa cura aveva impartito alle figlie. Questa amica e Sir Walter non si sposarono, nonostante tutte le previsioni fatte in proposito da amici e conoscenti. Erano passati tredici anni dalla morte di Lady Elliot, e i due erano ancora buoni vicini e intimi amici: vedovo lui, vedova lei. Il fatto che Lady Russell, equilibrata per età e per carattere nonché provvista di ampi beni di fortuna, non pensasse affatto a un secondo matrimonio è perfettamente giustificabile agli occhi dei lettori, che tendono in genere ad essere irragionevolmente insoddisfatti non quando una donna si risposa ma quando non si risposa; ma l'altro fatto - che Sir Walter continuasse a viver solo - richiede qualche spiegazione. Ebbene, diciamo subito che Sir Walter, da padre eccellente qual era (aveva conosciuto un paio di segrete delusioni in occasione di certe avventate domande di matrimonio), si vantava di restar solo e vedovo per amore della figlia diletta. E per una figlia, la maggiore, avrebbe davvero rinunciato a tutto, anche se le tentazioni a far ciò non erano poi state molte. A sedici anni, Elizabeth aveva preso il posto della madre, ereditandone nella massima misura possibile diritti e dignità, e poiché era dotata di una vistosa bellezza ed era molto somigliante a Sir Walter, aveva sempre avuto su di lui grande influenza e i loro rapporti erano stati dei più felici. Le altre due figlie contavano molto meno. Mary aveva acquistato una certa artificiale importanza dopo il suo matrimonio con Charles Musgrove; ma Anne, la cui raffinata intelligenza e la cui indole dolcissima avrebbero dovuto

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essere altamente apprezzate da ogni persona capace di vero discernimento, era, per il padre e per la sorella, una nullità; la sua parola non aveva peso alcuno, ogni sua esigenza doveva cedere di fronte a quelle altrui: era solo Anne. Certo, per Lady Russell era, oltre che la diletta e stimatissima figlioccia, la preferita, l'amica. Lady Russell era affezionata a tutti loro, ma solo in Anne vedeva rivivere la madre. Qualche anno prima Anne Elliot era stata una ragazza molto graziosa, ma la sua bellezza era presto sfiorita; e poiché anche quando era stata nel suo pieno rigoglio il padre aveva trovato in lei ben poco da ammirare, tanto erano diversi, totalmente diversi dai suoi, quei lineamenti delicati e quei dolci occhi castani, non poteva esserci, ora che la vedeva magra e appassita, nulla che sollecitasse la sua stima. Non aveva mai nutrito grandi speranze, e ora non ne aveva più nessuna, di legger mai il nome della sua secondogenita in un'altra pagina del volume prediletto. Sarebbe stata Elizabeth a contrarre un matrimonio degno del suo casato, visto che quello di Mary l'aveva semplicemente unita a un'antica famiglia di proprietari terrieri, rispettabile e ricchissima, e quindi era stata la sposa a conferire nobiltà e distinzione senza ricevere nulla in cambio: Elizabeth, un giorno o l'altro, si sarebbe sposata come si conveniva. Accade talvolta che una donna, a ventinove anni, sia più bella di quanto non sia stata dieci anni prima; e, generalmente parlando, sempre che non ci siano state malattie o preoccupazioni, è un'età, questa, in cui quasi nessun incanto va perduto. Così era per Elizabeth, sempre bellissima, sempre la stessa Miss Elliot di tredici anni prima, per cui se Sir Walter dimenticava la sua età, poteva essere perdonato o, quantomeno, essere giudicato sciocco solo a metà per il fatto di vedere se stesso ed Elizabeth splendere d'eterna giovinezza tra il generale sfacelo della beltà altrui: poiché non poteva non notare come invecchiasse il resto della sua famiglia e della sua cerchia di conoscenze. Anne così sparuta, Mary grossolana, ogni volto, in tutto il vicinato, sempre più brutto - per non parlare del rapido infittirsi delle zampe di gallina sulle tempie di Lady Russell, cosa che per lungo tempo l'aveva angustiato. Per quanto la riguardava personalmente, Elizabeth era, sì, soddisfatta, ma un po' meno del padre. Tredici anni l'avevano vista signora assoluta di Kellynch-hall, l'avevano vista presiedere e dirigere con una padronanza di sé e una sicurezza che mai avrebbero indotto a pensarla più giovane di quanto non fosse. Per tredici anni aveva occupato il posto d'onore a tavola, aveva stabilito in casa le leggi domestiche, era salita per prima sulla carrozza di famiglia ed era uscita subito dopo Lady Russell da tutti i salotti e le sale da pranzo del vicinato. Uno dopo l'altro, tredici gelidi inverni l'avevano vista aprire ogni ballo importante offerto dalle poche famiglie dei dintorni; una dopo l'altra, tredici primavere avevano accompagnato coi loro fiori in boccio il suo viaggio a Londra, dove, in compagnia del padre, andava ogni anno a godere per una settimana i piaceri del gran mondo. Elizabeth conservava il ricordo di tutto questo, era consapevole di avere ventinove anni, e ciò le dava qualche rimpianto e apprensione; era pienamente soddisfatta di essere ancora bella come in passato, ma sentiva avvicinarsi gli anni «pericolosi» e sarebbe stata felice di avere una certezza: quella di trovare un partito conveniente, ovviamente un baronetto, di lì a un anno o due. Allora, molto probabilmente, avrebbe aperto il Libro dei Libri con la stessa intima soddisfazione di quando era giovinetta: ora non lo poteva soffrire. Trovarsi sempre davanti la data della propria nascita, vedere che il solo matrimonio che la seguiva era quello di una sorella minore costituiva un'esperienza penosa; e più di una volta, quando il padre aveva lasciato il volume aperto sul tavolo, vicino a lei, Elizabeth l'aveva chiuso, distogliendone lo sguardo, e l'aveva spinto lontano da sé. Aveva poi subito una delusione che quel libro, e specialmente la storia della sua famiglia, non potevano non richiamarle ogni volta alla memoria: a deluderla era stato l'erede presuntivo, proprio quel William Walter Elliot, Esq., di cui suo padre aveva tanto generosamente sostenuto i diritti. Quando era ancora ragazzina, non appena aveva saputo che, se mai non avesse avuto un fratello, il futuro baronetto sarebbe stato lui, Mr. Elliot, Elizabeth si era messa in capo di sposarlo e suo padre, allora e poi, si era messo in capo che così sarebbe stato. Nessuno della famiglia l'aveva conosciuto di persona durante gli anni dell'adolescenza; ma subito dopo la morte di Lady Elliot, Sir Walter aveva cercato di riallacciare i rapporti, e benché i suoi approcci avessero incontrato la più fredda delle accoglienze, aveva perseverato, tenendo nel debito conto la modestia e la ritrosia della gioventù e, nel corso di uno dei loro soggiorni primaverili a Londra, quando la bellezza di Elizabeth si mostrava in tutto il suo primo splendore, Mr. Elliot non aveva potuto sottrarsi alla presentazione. A quel tempo era appena un giovanotto e aveva da poco iniziato gli studi di legge; ed Elizabeth lo trovò estremamente gradevole, per cui ogni progetto nei suoi riguardi venne confermato. Mr. Elliot fu invitato a Kellynch-hall, e per il resto dell'anno si parlò di lui e lo si attese; ma non venne mai. La primavera seguente Elizabeth lo rivide a Londra, lo trovò ugualmente gradevole, e di nuovo il giovane fu incoraggiato, invitato e atteso; ma, ancora una volta, non venne. Venne invece, più tardi, la notizia del suo matrimonio: anziché inseguire la sua fortuna lungo la linea già tracciata per l'erede degli Elliot, aveva raggiunto la propria indipendenza economica sposando una donna ricca e a lui inferiore per nascita. Sir Walter se n'era risentito. In qualità di capo della famiglia pensava che avrebbe dovuto essere consultato, specie dopo aver preso così pubblicamente il giovanotto sotto la sua protezione; «Perché», osservava, «dovevano averli visti insieme, una volta da Tattersall e due volte nella lobby della Camera dei Comuni». La sua disapprovazione era stata debitamente espressa ma, a quanto era dato giudicare, Mr. Elliot non l'aveva tenuta in gran conto: non aveva mendicato scuse o pretesti e, se Sir Walter lo considerava indegno di ulteriori rapporti con la famiglia, lui, dal canto suo, aveva dimostrato di non volerli minimamente sollecitare; di conseguenza, i rapporti erano cessati. Anche ora, a distanza di parecchi anni, questa imbarazzante storia di Mr. Elliot era fonte di irritazione per Elizabeth, che era stata attratta dalle doti personali di lui, e ancor più dal fatto che era l'erede di suo padre; che, orgogliosa com'era della nobiltà del proprio casato, poteva vedere solo in lui un partito degno della primogenita di Sir Walter Elliot. Non c'era, dall'a alla zeta, un solo baronetto che, dal profondo del cuore, ella fosse così pronta a riconoscere come suo pari.

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E, d'altra parte, si era comportato in modo così spregevole che, sebbene ora (vale a dire nell'estate del 1814) portasse i nastri neri in segno di lutto per la morte della moglie, Elizabeth non poteva ammettere che egli fosse degno di essere ripreso in considerazione. Si sarebbe potuto, forse, passare sopra all'indecorosità del suo primo matrimonio, visto che non v'era ragione di supporre che essa fosse perpetuata dalla presenza di figli, se egli non avesse fatto di peggio; ma Mr. Elliot, come erano stati informati grazie al solito intervento di certi gentili amici, aveva parlato in modo quantomai irrispettoso di tutti loro, aveva parlato in modo quantomai irriguardoso e sprezzante della stessa stirpe alla quale apparteneva e degli onori che in seguito avrebbero dovuto essere i suoi. E ciò non poteva essere perdonato. Tali erano i sentimenti e le sensazioni di Elizabeth Elliot; tali le cure da alleviare, le emozioni da variare, l'uniformità e l'eleganza, la prosperità e il vuoto assoluto di quella che era la scena della sua vita; tali gli affetti capaci di conferire interesse a una lunga, sempre uguale residenza in uno stesso luogo, tra gli stessi vicini di campagna, di riempire i momenti lasciati vuoti da utili attività fuori casa o da occupazioni domestiche che richiedevano talento e abilità. Ma ora si aggiungevano, a queste, altre preoccupazioni e ansie: suo padre si trovava in gravi difficoltà finanziarie. Elizabeth sapeva che adesso, quando Sir Walter apriva il Baronetage, era per togliersi il pensiero dei grossi conti dei fornitori, nonché degli importuni accenni di Mr. Shepherd, il suo consulente finanziario. La proprietà di Kellynch era buona, ma non tanto da consentire il sontuoso tenore di vita che, secondo Sir Walter, essa imponeva al suo possessore. Finché Lady Elliot era rimasta in vita, c'erano stati metodo, moderazione ed economia, e ciò aveva giusto consentito al marito di tirare avanti senza eccedere le sue entrate. Ma con lei era venuto meno ogni principio di retta condotta, e da allora Sir Walter non aveva fatto che spendere al di là dei suoi mezzi. Gli era stato impossibile economizzare: si era limitato a fare ciò che lui, Sir Walter Elliot, riteneva suo imperioso dovere; ma, per irreprensibili che fossero le sue intenzioni, non solo si trovava a essere sempre più tremendamente indebitato, ma dei suoi debiti sentiva parlare così spesso che alla fine il tentativo di continuare a nasconderli, sia pure in parte, alla figlia gli apparve del tutto inutile. La primavera dell'anno prima, a Londra, gliene aveva accennato; era arrivato persino a dire: «Possiamo ridurre le spese? Ti viene in mente una spesa qualsiasi che potremmo ridurre?». Ed Elizabeth, sia detto a suo onore, con il subito zelo di ogni donna allarmata, si era messa seriamente a pensare a ciò che si poteva fare, e alla fine aveva proposto queste due misure economiche: eliminare alcune superflue beneficenze e astenersi dal riammobiliare il salotto; misure alle quali, con felice pensiero, ne aggiunse poi un'altra: non portare, contrariamente a quella che era la consuetudine di ogni anno, un regalo a Anne. Ma, per quanto buoni in sé, questi rimedi erano insufficienti a sanare l'effettiva gravità della situazione che non molto tempo più tardi Sir Walter si trovò costretto a confessarle dettagliatamente. Elizabeth non aveva da proporre nulla di più fattivamente efficace. Si sentiva offesa e sfortunata; come suo padre, del resto; e fra tutti e due non riuscivano a escogitare un solo mezzo per ridurre le spese senza compromettere la loro dignità, o per rinunciare ai loro agi in un modo che non avrebbero sopportato. C'era solo una piccola parte della tenuta che Sir Walter avrebbe potuto vendere; ma anche se ogni acro fosse stato alienabile, non avrebbe fatto differenza. Aveva accondisceso a ipotecare tutto quanto v'era di ipotecabile, ma non avrebbe mai accondisceso a vendere. No, non avrebbe mai disonorato il suo nome a tal punto. La tenuta di Kellynch sarebbe stata trasmessa in blocco, intera così come lui l'aveva ricevuta. I loro due amici e confidenti, Mr. Shepherd che abitava nel vicino borgo mercantile, e Lady Russell, vennero chiamati a consiglio; e tanto il padre che la figlia parevano aspettarsi che l'uno o l'altra escogitasse una soluzione per liberarli dalle loro difficoltà finanziarie e ridurre le loro spese senza che ciò comportasse il benché minimo sacrificio di ogni concessione dovuta al buon gusto o all'orgoglio. II Mr. Shepherd, il compìto e accorto legale che, qualunque fosse il suo ascendente su Sir Walter e qualunque cosa pensasse di lui, avrebbe preferito che fosse qualcun altro a suggerire una soluzione sgradevole, si astenne dal dare la benché minima indicazione in proposito e si limitò a chieder licenza di demandare implicitamente la questione all'eccellente discernimento di Lady Russell, dalla cui ben nota prudenza egli attendeva con piena fiducia di veder formulare proprio quelle misure energiche e risolutive di cui auspicava l'adozione. E poiché Lady Russell seguiva la questione con grande interesse e sollecitudine, la prese ora in lunga e seria considerazione. Era una donna dalla mente solida più che agile, e le sue difficoltà ad arrivare, nel caso specifico, ad una qualsiasi decisione erano rese ancor più grandi dall'opposizione di due princìpi-base. Personalmente, era di un'integrità assoluta e aveva un preciso senso dell'onore; ma era desiderosa di risparmiare i sentimenti di Sir Walter, preoccupata per il credito dei membri della famiglia, aristocratica nel modo di valutare quanto era loro dovuto così come può esserlo qualunque persona, pur dotata di senno e di onestà. Era una donna benevola, caritatevole, buona e capace di affetti veri e profondi, inflessibile in quella che era la sua concezione del decoro, con una finezza di comportamento che era considerata la quintessenza delle buone maniere. Era colta, aggiornata e, generalmente parlando, razionale e coerente; ma aveva un debole per l'antica nobiltà: il valore che attribuiva al rango e alla sua importanza la rendeva un po' cieca ai difetti di chi ne era investito. Vedova di un semplice knight, Lady Russell aveva per un baronetto tutta la debita considerazione; e Sir Walter, indipendentemente da ogni suo altro merito - l'essere un amico di vecchia data, un vicino premuroso, un proprietario cortese, il marito della sua diletta amica, il padre di Anne e delle sue sorelle - aveva, secondo il suo metro di

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giudizio, diritto alla massima compassione e al massimo riguardo nelle sue presenti difficoltà per il fatto di essere Sir Walter. Dovevano ridurre le spese: su questo non c'erano dubbi. Ma ciò che preoccupava Lady Russell era che tale operazione riuscisse per Sir Walter e per Elizabeth il più indolore possibile. Elaborò progetti economici, fece calcoli esatti, ed ebbe un'idea cui nessuno aveva pensato: consultò Anne che, così sembrava gli altri giudicavano affatto estranea al problema. La consultò e, in una certa misura, si lasciò influenzare da lei nello stendere il piano di austerità che alla fine venne sottoposto a Sir Walter. Ogni emendamento apportato da Anne era stato a difesa dell'onestà e contro il prestigio. Voleva misure più energiche, una riforma più completa, una più rapida estinzione del debito, una maggiore indifferenza nei confronti di tutti i valori ad eccezione della giustizia e dell'equità. «Se solo riusciamo a persuadere tuo padre ad accettare tutto questo», disse Lady Russell scorrendo di nuovo il suo prospetto, «si può far molto. Se adotterà queste norme, in sette anni non avrà più debiti; e spero che riusciremo a convincere lui ed Elizabeth che Kellynch-hall ha, di per se stessa, una rispettabilità che non può essere sminuita da queste riduzioni e che, agli occhi delle persone assennate, la vera dignità di Sir Walter Elliot non apparirà minimamente intaccata per avere agito da uomo di retti princìpi. Non si limiterà, in effetti, a fare quello che moltissimi membri delle nostre prime famiglie hanno fatto, o dovrebbero fare? Non vi sarà nulla di singolare nel suo caso, ed è proprio la singolarità a rappresentare spesso il lato peggiore delle nostre sofferenze, e, sempre, della nostra condotta. Nutro grandi speranze nel nostro successo. Dobbiamo essere serie e risolute; perché, dopotutto, chi ha contratto dei debiti deve pagarli; e sebbene i sentimenti di un gentiluomo, del capo di una famiglia quale è tuo padre, meritino la dovuta considerazione, ancor più ne merita la reputazione di un uomo onesto». Era questo il principio che il padre avrebbe dovuto seguire, su cui familiari e amici avrebbero dovuto insistere: era questo il desiderio di Anne. Per lei tacitare le richieste dei creditori con tutta la rapidità che solo una generale riduzione delle spese poteva consentire era un dovere imprescindibile: nessun rimedio, al di sotto di questo, le appariva dignitoso. Voleva che così fosse prescritto, che ciò fosse sentito precisamente come un dovere. Anne aveva piena fiducia nell'influenza di Lady Russell e, quanto alle severe rinunce dettate dalla sua propria coscienza, era convinta che persuadere gli altri ad accettare una riforma integrale non sarebbe stato poi molto più difficile che indurli a sottoscrivere una riforma parziale. Proprio perché conosceva il padre ed Elizabeth, era incline a pensare che il sacrificio di una pariglia non sarebbe stato per l'uno e per l'altra più doloroso del sacrificio di entrambe, e la stessa regola valeva per le troppo moderate economie elencate da Lady Russell nel suo piano. Poco importa, del resto, come sarebbero state accolte le più rigide sanzioni di Anne: le misure di Lady Russell non incontrarono alcun successo: erano inaccettabili, insopportabili. Che! Essere privati di ogni conforto, di ogni agio! Dei viaggi, di Londra, della servitù, della scuderia, della possibilità di tenere tavola imbandita... dappertutto riduzioni e restrizioni! Non viver più secondo le norme che il buon gusto e il decoro imponevano anche a un semplice gentiluomo! No, Sir Walter avrebbe preferito abbandonare subito Kellynch-hall piuttosto che restarvi a così disdicevoli condizioni. Abbandonare Kellynch-hall! Il suggerimento venne immediatamente raccolto da Mr. Shepherd, direttamente interessato alla concreta attuazione, da parte di Sir Walter, di una politica del risparmio e più che mai convinto che, senza un mutamento di residenza, non si sarebbe arrivati a nulla. Poiché l'idea era partita proprio da chi avrebbe dovuto imporre la propria volontà, non si faceva scrupolo, disse, di confessare che il suo giudizio era pienamente concorde. Era, sempre a suo giudizio, materialmente impossibile che Sir Walter mutasse in qualche misura il suo stile di vita restando in una dimora che doveva mantenere tali tradizioni di ospitalità e di prestigio. In qualunque altro luogo, Sir Walter avrebbe potuto essere il solo giudice di se stesso e, qualunque tono avesse voluto dare al governo della sua casa, sarebbe stato considerato con la deferenza dovuta a chi è al di sopra delle mode correnti. Dunque Sir Walter doveva abbandonare Kellynch-hall; e dopo pochi giorni di dubbi e di incertezze, si venne alla soluzione del problema principale (la scelta del luogo ove risiedere), nonché all'elaborazione dei primi dettagli di questo importante cambiamento. C'erano state tre alternative: Londra, Bath, o un'altra casa lì in campagna. Ed era quest'ultima alternativa che Anne aveva auspicato. Una piccola casa nel vicinato, dove potessero avere ancora la compagnia di Lady Russell, vivere poco distante da Mary, e avere inoltre il piacere di vedere di tanto in tanto i prati e i boschetti di Kellynch: tale era l'oggetto di tutti i suoi desideri. Ma c'era, a contrastarli, il fato consueto di Anne: veder cadere la scelta su qualcosa di assolutamente contrario alle sue preferenze. Bath non le piaceva e, ne era convinta, non avrebbe giovato alla sua salute; e Bath sarebbe stata la sua dimora. Sulle prime Sir Walter aveva optato per Londra; ma Mr. Shepherd sapeva che non gli si poteva permettere di risiedere a Londra, ed era stato abbastanza abile da dissuaderlo e da fargli preferire Barh: era un luogo molto meno pericoloso per un gentiluomo nella sua delicata situazione, una città in cui Sir Walter avrebbe potuto conservare il suo prestigio pur spendendo relativamente poco. Mr. Shepherd aveva naturalmente sottolineato due vantaggi pratici di Bath rispetto a Londra: la sua minore distanza da Kellynch (solo cinquanta miglia) e il fatto che proprio a Bath Lady Russell trascorreva buona parte dell'inverno; e con viva soddisfazione di Lady Russell, che a proposito della nuova residenza aveva optato fin dal principio per Bath, Sir Walter ed Elizabeth finirono col convincersi che, stabilendovisi, non avrebbero perduto né decoro né svaghi. Lady Russell si sentì costretta a contrastare i desideri, a lei ben noti, della sua cara Anne: sarebbe stato troppo pretendere che Sir Walter si riducesse a vivere in una piccola casa, lì, nel suo stesso vicinato; una situazione che anche Anne avrebbe trovato assai più umiliante di quanto non immaginasse e che, dati i sentimenti di Sir Walter, sarebbe stata per lui assolutamente terribile. Quanto poi all'avversione che Anne nutriva per Bath, Lady Russell la considerava un'idea

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sbagliata, un pregiudizio da collegarsi, in primo luogo, al fatto che per tre anni, dopo la morte della madre, vi era stata in collegio; e, in secondo luogo, al fatto che più tardi, durante quell'unico inverno che vi aveva trascorso in sua compagnia, le era capitato di essere un po' giù di morale. Insomma, Lady Russell era una patita di Bath e per tal motivo era portata a credere che facesse al caso di tutti loro; quanto alla salute della sua giovane amica, visto che avrebbe trascorso tutti i mesi caldi da lei, a Kellynch-lodge, non avrebbe corso alcun pericolo; non solo, ma si trattava di un cambiamento che le avrebbe giovato, fisicamente e psicologicamente. Anne si era allontanata troppo raramente da casa, era stata vista troppo poco, appariva depressa: una più vasta cerchia di conoscenze le avrebbe dato più brio e vivacità. Lady Russell voleva che fosse più conosciuta, più notata. A rafforzare le obiezioni mosse a un eventuale trasferimento di Sir Walter in un'altra casa sita nel suo stesso vicinato contribuì certamente una parte, invero essenziale, del progetto, fortunatamente aggiunta alla sua prima formulazione. Non solo Sir Walter avrebbe dovuto abbandonare la propria dimora ma avrebbe dovuto vederla in mani altrui: una prova di forza morale, questa, che menti più salde di quanto non fosse la sua avrebbero trovato eccessiva. Kellynch-hall sarebbe stata data in affitto. La cosa, comunque, era assolutamente segreta e non doveva essere risaputa fuori della cerchia familiare. Il fatto che altri fossero al corrente delle sue intenzioni di affittare la propria casa sarebbe stato per Sir Walter un'insostenibile degradazione. Una volta Mr. Shepherd aveva pronunciato la parola «inserzione», ma, dopo di allora, non aveva più osato alludervi. Sir Walter respingeva sdegnosamente l'idea di essere lui a «offrire» Kellynch-hall, non importa in che modo; faceva assoluto divieto di accennare sia pur vagamente a una sua decisione in tal senso. Insomma, era disposto ad affittare solo nel caso che a ciò lo sollecitasse spontaneamente un aspirante assolutamente ineccepibile, pronto ad accettare le sue condizioni e a considerare la cosa come un grande privilegio. Come si fa agile la mente quando si tratta di trovare delle ragioni che giustifichino ciò che ci piace! Di ragioni Lady Russell ne aveva pronta un'altra, e eccellente, per essere felicissima della decisione di Sir Walter e dei suoi di lasciare la campagna. Ultimamente Elizabeth aveva stretto un'amicizia che Lady Russell desiderava vedere interrotta. Si trattava di una figlia di Mr. Shepherd, tornata alla casa paterna dopo un'infelice esperienza matrimoniale e, per di più, con due figlioletti a carico. Era una giovane donna intelligente ed esperta nell'arte di piacere - o almeno di piacere a Kellynch-hall - che aveva conquistato a tal punto la simpatia di Miss Elliot da esser stata più di una volta sua ospite, nonostante tutte le più o meno esplicite esortazioni alla prudenza e al riserbo di Lady Russell, che giudicava quell'amicizia assolutamente fuori luogo. Il fatto è che Lady Russell non aveva alcuna influenza su Elizabeth; del resto, sembrava che l'amasse più perché voleva amarla che perché Elizabeth lo meritasse. Da lei non aveva mai ricevuto altro che i segni di una considerazione esteriore; niente che andasse al di là di un ossequioso rispetto; in nessuna questione che più le stava a cuore era mai riuscita a spuntarla, se Elizabeth aveva già deciso altrimenti. Più di una volta aveva insistito affinché Anne fosse inclusa nell'annuale spedizione a Londra; l'aveva fatto perché non poteva non cogliere tutta l'ingiustizia e tutto il discredito di quei piani egoistici che ignoravano la sua giovane amica; e in molte altre, minori occasioni, aveva cercato in ogni modo di dare a Elizabeth l'ausilio del suo senno più maturo e della sua più matura esperienza, ma sempre inutilmente: Elizabeth continuava per la sua strada; e mai l'aveva seguita in più diretto contrasto con Lady Russell che in questa sua scelta di Mrs. Clay, rinunciando alla compagnia di una così degna sorella per concedere il suo affetto e la sua confidenza a una donna che avrebbe dovuto essere per lei solo oggetto di distaccata cortesia. Per la sua estrazione sociale quella di Mrs. Clay era, a giudizio di Lady Russell, un'amicizia molto sconveniente: anzi, considerando il carattere di lei, molto pericolosa, per cui un mutamento di residenza che comportasse l'allontanamento di Mrs. Clay e la possibilità per Miss Elizabeth di venire a contatto con persone più confacenti era questione di primaria importanza. III «Con sua licenza, Sir Walter», disse una mattina Mr. Shepherd a Kellynch, mentre posava il giornale, «direi che l'attuale situazione politica torna decisamente a nostro vantaggio. Questa pace ricondurrà sulla terraferma tutti i nostri ricchi ufficiali di marina, e tutti avranno bisogno di una casa in cui stabilirsi. Non potrebbe esserci migliore circostanza, Sir Walter, per disporre di un'ampia scelta tra i possibili locatari, tutti per di più rispondenti ai requisiti richiesti. Molte ingenti ricchezze sono state accumulate durante la guerra. Se si presentasse qualche facoltoso ammiraglio, Sir Walter...». «Sarebbe un uomo ben fortunato, Shepherd», rispose il baronetto; «è questo tutto il mio commento. Per lui Kellynch-hall sarebbe davvero una preda di guerra; anzi, la più grande delle prede, qualunque sia il numero di quelle toccategli in passato. No, Shepherd?». Mr. Shepherd rise, come sapeva di dover fare, a questa battuta, e poi aggiunse: «Mi permetto di osservare, Sir Walter, che, quando si tratta di affari, i gentiluomini della marina sono interlocutori ideali. Ho una certa esperienza dei loro metodi di condurre le trattative, e ammetto senza reticenze che sono di vedute quantomai liberali e, quali affittuari, danno tutte le migliori garanzie offerte da persone appartenenti ad altre professioni. Per cui, con sua licenza, suggerirei, Sir Walter, che se mai si diffondesse la voce di quelle che sono le sue intenzioni, possibilità che va tenuta nel debito conto poiché sappiamo quanto sia arduo celare a metà della gente di questo

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mondo le azioni e i disegni dell'altra metà... Perché questo è il prezzo del prestigio, e se io, John Shepherd, posso, volendolo, tener nascosto qualunque affare di famiglia, dato che nessuno si prenderebbe la briga di osservare me, Sir Walter Elliot ha, fissi su di sé, sguardi che può essere difficile eludere... Per cui, dicevo, oso dichiarare che, se mai circolasse qualche voce sulla realtà della situazione, e ciò nonostante tutte le nostre cautele, la cosa non mi sorprenderebbe molto; e poiché, come mi accingevo a osservare, se ciò si verificasse, è indubbio che le richieste affluirebbero numerose, riterrei degna di particolare attenzione quella di qualche facoltoso alto ufficiale della nostra flotta; e mi permetto di aggiungere che, in qualsiasi momento, potrò essere qui da lei in un paio d'ore, così da risparmiarle il fastidio di rispondere direttamente». Sir Walter si limitò ad annuire con un cenno del capo. Ma subito dopo si alzò e, mentre camminava su e giù per la stanza, osservò in tono sarcastico: «Sono pochi, suppongo, i gentiluomini della marina che non resterebbero sorpresi nel trovarsi in una casa di questa classe». «Certo, si guarderebbero intorno e ringrazierebbero la loro buona sorte», disse Mrs. Clay. C'era anche Mrs. Clay, infatti: suo padre l'aveva portata con sé in calesse, perché nulla giovava tanto alla salute di Mrs. Clay quanto una scarrozzata fino a Kellynch. «Ma», continuò, «concordo pienamente con mio padre nel ritenere che un uomo di mare possa essere un affittuario ideale. Ho avuto molte conoscenze nell'ambiente; e, a parte la loro liberalità, sono tutti così ordinati e precisi nel loro modo di fare ogni cosa! Questi suoi preziosi dipinti, Sir Walter, se mai preferirà lasciarli qui, sarebbero perfettamente al sicuro. Tutto, dentro la casa e fuori, sarebbe oggetto di attentissime cure! I giardini e le macchie di cespugli verrebbero tenuti nel massimo ordine, quasi come ora. E, Miss Elliot, lei non avrà motivo di temere che i fiori delle sue deliziose aiuole siano trascurati». «Quanto a ciò», replicò freddamente Sir Walter, «anche supponendo che io m'induca a lasciare la mia casa, finora non ho preso in considerazione i privilegi che ad essa sono annessi. Non sono particolarmente incline a favorire un inquilino. Avrebbe accesso al parco, naturalmente, e pochi - ufficiali di marina o uomini provenienti da altri ambienti - hanno potuto avere a disposizione così vasti spazi; ma quello delle restrizioni che potrei imporre al libero uso dei giardini è tutto un altro discorso. Non mi va l'idea che altri possano sempre accedere a piacimento alle mie macchie di cespugli; e raccomanderei a Miss Elliot di stare in guardia per quel che concerne le sue aiuole. Sono pochissimo incline a concedere a chi prenderà in affitto Kellynch-hall privilegi supplementari, questo ve l'assicuro. E non fa differenza che egli sia un marinaio o un soldato». Dopo una breve pausa, Mr. Shepherd osò intervenire: «In tutti questi casi esistono norme stabilite dall'uso che chiariscono e semplificano ogni cosa nel rapporto tra locatore e locatario. I suoi interessi, Sir Walter, sono in mani abbastanza sicure. Provvederò io, ne sia certo, affinché nessun locatario abbia più di quanto gli spetta. Anzi, oserei addirittura insinuare che Sir Walter Elliot non può avere a cuore i propri diritti nella misura in cui li avrà John Shepherd agendo per lui». A questo punto intervenne Anne: «Gli uomini della nostra flotta, che tanto hanno fatto per noi, hanno, penso, almeno lo stesso diritto di ogni altra categoria di persone a tutti gli agi e a tutti i privilegi che una casa può offrire. E la gente di mare conquista i propri agi a costo di un lavoro abbastanza duro, questo dobbiamo ammetterlo tutti». «Vero, verissimo. Quello che dice Miss Anne è verissimo», commentò Mr. Shepherd, e sua figlia commentò a sua volta: «Oh! certo». Ma Sir Walter osservò, subito dopo: «Sì, la professione ha una sua utilità, ma sarei desolato se a seguirla fosse un mio amico». «Davvero?», fu la risposta, accompagnata da sguardi sorpresi. «Davvero. Mi ripugna, sotto due aspetti; ho, nei suoi confronti, due fondatissime obiezioni. Primo, è il mezzo grazie al quale uomini di oscure origini pervengono a un grado di distinzione che non gli spetta e sono innalzati a dignità che i loro padri e i loro nonni non avrebbero neppur sognato; secondo, è una professione che danneggia nel modo più orribile la gioventù e il vigore di un uomo; un marinaio invecchia più rapidamente di chiunque altro. Sono osservazioni, le mie, fatte in ogni momento della mia vita. Chi serve nella marina da guerra corre, più di quanti esercitino ogni altra professione, maggior pericolo di essere offeso dalla promozione di un individuo al cui padre suo padre non avrebbe neppure rivolto la parola e di diventare prematuramente disgustoso ai suoi stessi occhi. La scorsa primavera, a Londra, mi trovai un giorno in compagnia di due uomini, due esempi lampanti di quanto vado sostenendo: Lord St. Ives, il cui padre, come tutti sappiamo, era stato curato di campagna e assolutamente privo di mezzi. Bene, io dovetti cedere il passo a Lord St. Ives e a un certo ammiraglio Baldwin, il personaggio più macilento e grottesco che sia dato immaginare: una faccia colore del mogano, ruvida, scabra oltre ogni dire, tutta rughe e grinze, con un nove capelli grigi da un lato e, sopra, nient'altro che una spruzzatina di cipria. "In nome del cielo, chi è quel vecchio?", chiesi a un amico che si trovava lì vicino (Sir Basil Morley). "Vecchio!", esclamò Sir Basil, "è l'ammiraglio Baldwin. Quanti anni ha, secondo lei?". "Sessanta", dissi, "o forse sessantadue". "Quaranta", rispose Sir Basil, "quaranta: non uno di più". Figuratevi il mio stupore: non dimenticherò facilmente l'ammiraglio Baldwin. Non ho mai visto un più squallido esempio di quel che può fare una vita trascorsa sui mari; ma, anche senza arrivare a questo punto, so che è lo stesso per tutti quanti: vengono sbattuti di qua e di là ed esposti a ogni tempo e a ogni clima fino a diventare assolutamente impresentabili. E un peccato che non vengano fatti fuori subito, prima di raggiungere l'età dell'ammiraglio Baldwin». «Oh, Sir Walter!», esclamò Mrs. Clay, «lei è troppo, troppo severo. Abbia un po' di compassione per quei poveretti. Non tutti nasciamo per essere belli. Certo, il mare non abbellisce, e i marinai - l'ho spesso osservato - invecchiano precocemente: ben presto perdono il loro aspetto giovanile. Ma in fondo, non avviene lo stesso a chi si dedica

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a molte altre professioni? a quasi tutte, direi. I soldati che prestano servizio attivo non stanno affatto meglio; anche le professioni più sedentarie comportano uno stress mentale, se non fisico, che spesso altera l'aspetto di un uomo più di quanto non faccia il naturale corso del tempo. L'avvocato, tutto preso dalle sue preoccupazioni cammina con passo lento e faticoso, il medico è costretto ad alzarsi a tutte le ore, a uscire con qualsiasi tempo; e anche il prete...» qui si interruppe un attimo, pensando a quel che poteva convenire a un prete, «... anche il prete, come lei sa, è costretto a entrare in camere infette, e a esporre la sua salute e le sue fattezze a tutti i pericoli di un'atmosfera pestilenziale. In effetti, e la mia è una convinzione di lunga data, sebbene ogni professione sia in sé necessaria e onorevole, solo chi non è obbligato a seguirne una, chi può condurre una regolata esistenza in campagna scegliendo i suoi propri orari, dedicandosi alle sue proprie occupazioni, e vivendo di ciò che è suo, senza l'assillo di volere cercare di più - solo un uomo come questo ha dalla sorte il privilegio di conservare al massimo il dono della salute e della bellezza: non conosco altri, in altri ambienti, che, una volta passata la prima giovinezza, non perdano un po' delle loro attrattive». Si sarebbe detto che Mr. Shepherd, così ansioso di rendere Sir Walter ben disposto nei confronti dell'eventuale candidatura di un ufficiale di marina, fosse stato dotato di virtù profetiche, perché la prima richiesta di prendere in affitto la casa fu quella di un certo ammiraglio Croft col quale, qualche tempo più tardi, lo stesso Mr. Shepherd ebbe occasione di incontrarsi nel corso della sessione trimestrale della Corte di Taunton; anzi, da un suo corrispondente dalla capitale, aveva avuto in precedenza qualche vaga informazione sul conto dell'ammiraglio. Stando alla relazione che, con la dovuta sollecitudine, Mr. Shepherd fece personalmente a Kellynch-hall, l'ammiraglio Croft era originario del Somersetshire e, avendo accumulato un'ingente fortuna, desiderava ora stabilirsi nel suo paese natale; era venuto a Taunton allo scopo di dare un'occhiata ad alcune residenze site negli immediati paraggi che, come risultava dalle inserzioni, erano da affittare e che, comunque, non aveva trovato di suo gusto; aveva appreso per caso (proprio come aveva predetto lui, osservò Mr. Shepherd, gli interessi di Sir Walter non potevano essere tenuti segreti), assolutamente per caso, che forse Kellynch-hall sarebbe stata data in affitto, ed essendo venuto a conoscenza del rapporto esistente tra il proprietario e lui (Mr. Shepherd), gli si era presentato allo scopo di assumere più precise informazioni e, nel corso di un colloquio piuttosto lungo, aveva espresso nei confronti di Kellynch-hall tutta l'inclinazione che a un uomo, il quale la conosceva soltanto per averla udita descrivere, fosse dato di sentire; non solo, ma fornendo con franchezza tutte le possibili referenze sul proprio conto, l'ammiraglio aveva dato a Mr. Shepherd ogni prova di essere un affittuario assolutamente degno di fiducia e vantaggioso. «E chi è l'ammiraglio Croft?», chiese Sir Walter, freddo e diffidente. Mr. Shepherd assicurò che apparteneva a una famiglia distinta e menzionò la località in cui essa dimorava; seguì una breve pausa, e poi Anne aggiunse: «È contrammiraglio dei "bianchi". Ha preso parte alla battaglia di Trafalgar e, in seguito, è stato nelle Indie Orientali; è stato assegnato a una base laggiù: per parecchi anni, credo». «Allora», osservò Sir Walter, «do per scontato che la sua faccia è di un arancione non meno vivo dei polsi e dei colletti delle mie livree». Mr. Shepherd si affrettò ad assicurargli che l'ammiraglio Croft era un uomo assolutamente arzillo e vegeto, nonché di bell'aspetto: certo, un poco segnato dalle intemperie, ma non troppo. Era, per quanto lo rivelavano tutti i suoi princìpi e il suo comportamento, un perfetto gentiluomo, uno che - potevano esserne sicuri - non avrebbe sollevato la minima eccezione a proposito delle clausole del contratto. L'ammiraglio Croft voleva semplicemente una casa confortevole, e voleva entrarci il più presto possibile: sapeva di dover pagare per avere le comodità desiderate; sapeva a quanto ammontasse l'affitto di una casa arredata e di tanto prestigio; anzi, non si sarebbe meravigliato se Sir Walter avesse chiesto di più. Si era poi informato sulla tenuta... Certo, gli avrebbe fatto piacere usufruire della riserva di caccia, ma non ne faceva un punto fondamentale; qualche volta, aveva detto, usciva col suo fucile, ma non uccideva mai la selvaggina. Insomma, un gentiluomo in tutto e per tutto. Mr. Shepherd sfoggiò sull'argomento tutta la sua eloquenza, sottolineando tutte le circostanze della famiglia Croft che facevano dell'ammiraglio un affittuario particolarmente desiderabile. Era ammogliato, e senza figli: proprio la situazione ideale. Una casa, osservò Mr. Shepherd, non era mai curata come si deve quando non c'era una padrona ad accudirvi; anzi, non avrebbe saputo dire se la mobilia correva maggior pericolo causa l'assenza di una padrona di casa o causa la presenza di numerosi bambini. Una donna senza figli era la persona più adatta a garantire la perfetta incolumità dei mobili. Mr. Shepherd aveva incontrato anche Mrs. Croft; si trovava a Taunton con l'ammiraglio ed era stata quasi sempre presente durante i colloqui. «E», continuò Mr. Shepherd, «mi è parsa una signora raffinata nel parlare, distinta e perspicace; ha fatto molte domande più dello stesso ammiraglio, sulla casa, sulle clausole e sulle tasse, e aveva l'aria di essere più competente in materia di affari; inoltre, Sir Walter, ho appreso che anche lei, come il marito, ha legami di parentela in questa regione. Cioè, è la sorella di un gentiluomo che tempo fa dimorò da queste parti; me l'ha detto lei stessa: è la sorella del gentiluomo che, anni or sono, abitava a Monkford. Mio Dio! come si chiamava? In questo momento non riesco a ricordarne il nome, benché l'abbia udito menzionare così di recente. Penelope, cara, hai un'idea di come si chiamasse il gentiluomo che abitava a Monkford, il fratello di Mrs. Croft?». Ma Mrs. Clay era così intenta a chiacchierare con Miss Elliot che la domanda del padre cadde nel vuoto. «Non riesco a figurarmi chi sia la persona cui si riferisce, Shepherd», disse Sir Walter; «non ricordo un solo gentiluomo che abbia fissato la sua residenza a Monkford dai tempi del vecchio Governatore Trent». «Mio Dio! è ben strano, però! Mi sa che presto scorderò anche come mi chiamo io. E poi, un nome che mi è così familiare, un gentiluomo che conoscevo bene, anche se solo di vista; l'avrò incontrato cento volte. E non basta, ricordo che una volta venne da me per una consulenza. Sì, una violazione di proprietà da parte di un suo vicino: un bracciante di una

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fattoria penetrato abusivamente nel suo frutteto, muretto abbattuto, mele rubate, colto sul fatto; e poi, contro il mio parere, accettò un amichevole compromesso. Strano, molto strano davvero!». Seguì una pausa... «Si riferisce a Mr. Wentworth, per caso?», chiese Anne. Mr. Shepherd effuse tutta la sua gratitudine. «Wentworth! Era questo il nome! Era proprio lui, Mr. Wentworth. Sa, Sir Walter, tempo fa è stato vicario a Monkland per due o tre anni: a partire dal l805, credo. Certo se ne ricorda». «Wentworth? Oh, sì! Mr. Wentworth, il curato di Monkland. È stato il termine da lei usato, "gentiluomo", a mettermi fuori strada. Ho pensato che stesse parlando di qualche possidente; Mr. Wentworth, ricordo, era, socialmente, una nullità: nessun legame familiare degno di nota; nessun rapporto con la famiglia Strafford. Strano come i nomi di molti membri della nostra aristocrazia diventino così comuni». Rendendosi conto che questo vincolo di parentela dei Croft non era precisamente gradito a Sir Walter, Mr. Shepherd non ne fece più menzione; tornò invece a soffermarsi, con tutto il suo zelo, sulle circostanze che, con maggior certezza, deponevano a loro favore: l'età, il fatto che si trattasse solo di due persone, l'entità del loro patrimonio, l'alto concetto che si erano fatti di Kellynch-hall, l'estremo interessamento che manifestavano per il vantaggio di averla in affitto. Insomma, presentò la cosa come se, agli occhi dei Croft, non esistesse altra felicità che quella di essere i locatari di Sir Walter Elliot: certo, una singolare predilezione, se mai fossero stati al corrente di quelli che, secondo Sir Walter, erano gli obblighi di un inquilino. Comunque, l'affare andò in porto; e sebbene, com'era ovvio, Sir Walter continuasse a guardar di malocchio chiunque intendesse abitare quella casa e a considerare spropositatamente ricco chi fosse in condizione di vedersela offrire al massimo prezzo, si lasciò convincere dalle argomentazioni di Mr. Shepherd a permettergli di portare avanti le trattative e di incontrarsi con l'ammiraglio Croft per fissare il giorno in cui questi avrebbe visitato Kellynch-hall. Sir Walter non era molto saggio, ma quella che era la sua esperienza del mondo bastava a fargli capire che sarebbe stato difficile trovare un inquilino più ineccepibile di quanto prometteva di essere, sotto tutti gli aspetti, l'ammiraglio Croft. Fin qui arrivava la sua capacità di intendere e giudicare; e la sua vanità ravvisava un altro piccolo motivo di conforto nella posizione sociale dell'ammiraglio: abbastanza elevata e, nello stesso tempo, non troppo elevata. «Ho affittato la mia casa all'ammiraglio Croft...». Sì, suonava benissimo, molto meglio che se si fosse trattato di un Mr. Tal dei Tali: un Mr. (salvo forse una mezza dozzina in tutto il paese) richiede sempre una nota esplicativa. Il titolo di ammiraglio, invece, basta a definire il prestigio di chi lo porta e, nel contempo, non sminuisce la dignità di un baronetto: in tutte le loro trattative, in tutti i loro rapporti, Sir Walter Elliot avrebbe immancabilmente avuto il diritto di precedenza. Nulla poteva essere fatto senza prima consultare Elizabeth; ma poiché la sua inclinazione a trasferirsi altrove si faceva sempre più forte, Elizabeth fu felice che il problema della partenza fosse risolto e addirittura facilitato dalla pronta disponibilità di un affittuario, per cui non disse una sola parola che potesse lasciare almeno in sospeso la decisione. Mr. Shepherd fu formalmente autorizzato a trattare; e non appena si arrivò a questo punto risolutivo, Anne, che aveva seguito con la massima attenzione tutta quanta la discussione, lasciò la stanza e uscì all'aria aperta per cercare nella frescura un po' di sollievo per le sue guance accaldate; e, mentre camminava ai margini di un boschetto a lei caro, disse, con un tenero sospiro: «Ancora pochi mesi, e lui, forse, passeggerà qui». IV Lui non era Mr. Wentworth, ex curato di Monkford, per quanto sospette possano essere le apparenze, ma un certo capitano Frederick Wentworth, suo fratello, che, nominato capitano di fregata dopo la battaglia di Santo Domingo, cui aveva preso parte, non essendo stato immediatamente destinato al servizio attivo, era venuto nel Somersetshire nell'estate del 1806 e, poiché i suoi genitori non erano più in vita, si era stabilito per mezz'anno circa a Monkford. Era, a quell'epoca, un giovane più che attraente, dotato di grande intelligenza, spirito e vivezza d'ingegno; e Anne era una ragazza più che graziosa, dotata di grande dolcezza di modi, di modestia, di gusto, e di sensibilità. Forse, da una parte e dall'altra, metà della somma di tutte queste attrattive sarebbe potuta bastare, perché lui non aveva niente da fare, e lei non aveva nessuno da amare; ma l'incontro di così copiose virtù non poteva mancare di sortire il suo effetto. A poco a poco impararono a conoscersi e, quando si furono conosciuti, si innamorarono, rapidamente e profondamente. Sarebbe difficile dire quale dei due avesse veduto nell'altro la più alta perfezione, o quale dei due fosse stato più felice: lei, nel ricevere le sue dichiarazioni e la sua proposta di matrimonio, o lui nel vederle accettate. Seguì un breve periodo di squisita felicità: troppo breve, però. Subito cominciarono le difficoltà. Sir Walter, quando il giovane gli chiese la mano di Anne, pur senza negargli esplicitamente il proprio consenso o dire che mai l'avrebbe accordato, reagì in modo del tutto negativo: grande stupore, grande freddezza, gran silenzio, più la dichiarazione - questa chiaramente espressa - di non voler far nulla per la figlia. Sir Walter considerava una simile unione assolutamente degradante; e Lady Russell, sia pure con orgoglio più moderato e perdonabile, la giudicava molto, molto sconsigliabile. Vedere Anne Elliot, con tutto ciò cui nascita, bellezza e intelligenza le permettevano di aspirare, buttarsi via a diciannove anni; legarsi a diciannove anni fidanzandosi con un giovanotto che non aveva altre raccomandazioni che il suo aspetto attraente, le cui sole speranze di farsi una fortuna erano legate ai casi di una professione quantomai incerta, che non aveva neppure parenti in grado di assicurargli una rapida carriera in quella professione... sì, sarebbe stato veramente

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un buttarsi via; una prospettiva il cui solo pensiero affliggeva profondamente Lady Russell! Vedere Anne Elliot, così giovane, conosciuta da così pochi, lasciarsi rapire da un forestiero privo di rispettabili parentele e di beni di fortuna; anzi, lasciarsi ridurre da lui a una condizione di dipendenza economica che comportava sotto ogni aspetto tensioni, ansie, fatiche, fatali alla giovinezza! No, non doveva accadere e non sarebbe accaduto se l'adeguato intervento di una persona amica, le rimostranze di colei che amava Anne quasi come una madre e su di lei vantava quasi i diritti di una madre avessero potuto impedirlo. Il capitano Wentworth era senza quattrini. Nella sua professione aveva avuto fortuna ma, a forza di spendere senza misura quel che senza misura si era trovato in mano, non ne aveva ricavato niente. Tuttavia era certissimo di arricchirsi, e molto presto; pieno di vita e di entusiasmo, sapeva che di lì a non molto gli sarebbe stato assegnato il comando di una nave, che di lì a non molto avrebbe raggiunto una posizione tale da consentirgli di avere tutto quanto desiderava. Era sempre stato fortunato; ebbene, sapeva che lo sarebbe stato ancora. Tanta sicurezza, irresistibile nel suo fervore, resa ancor più seducente dallo spirito con cui veniva espressa, poteva ben bastare a Anne; ma Lady Russell vedeva la cosa in modo assai differente. Quel suo ottimismo, quel suo animo intrepido suscitavano in lei reazioni del tutto diverse: vedeva, in quelle sue peculiarità, solo un'aggravante del male, qualcosa che le faceva apparire ancor più pericoloso il carattere di lui. Wentworth era brillante, era caparbio, e a Lady Russell non garbava la vivezza d'ingegno; non solo, ma nutriva un autentico orrore per tutto ciò che sapesse di avventatezza. Quel fidanzamento era perciò indesiderabile, sotto ogni punto di vista. Un'opposizione come questa, dettata da questi sentimenti, era più di quanto Anne potesse fronteggiare. Giovane e dolce com'era, le sarebbe forse stato possibile opporsi all'ostilità del padre, anche se a mitigarla non fosse intervenuto un solo sguardo amico, una sola parola gentile della sorella; ma Lady Russell, che lei aveva sempre amato, in cui aveva sempre confidato, non poteva, con le sue idee così equilibrate, con i suoi modi così affettuosi, farle continue raccomandazioni senza conseguire il suo scopo. Anne si lasciò persuadere; finì col considerare il fidanzamento uno sbaglio, una scelta imprudente, disdicevole e di assai dubbia riuscita; anzi, che non meritava di riuscire. Ma a motivare il suo atto, quando lo troncò, non furono considerazioni prudenziali e meramente egoistiche. Se non fosse stata intimamente convinta di pensare al bene di lui più che al suo, ben difficilmente sarebbe riuscita a imporsi quella rinuncia. La convinzione di essere stata prudente e pronta a sacrificarsi soprattutto per giovare a lui costituì il suo maggiore conforto nel doloroso momento della separazione, una separazione definitiva; e di ogni conforto aveva bisogno, poiché dovette affrontare tutte le altre sofferenze derivanti dalle reazioni di lui, assolutamente incredulo e irremovibile, dal suo sentirsi umiliato da una rinunzia così forzata. In conseguenza di ciò, Wentworth aveva abbandonato il paese. Pochi mesi soltanto avevano visto l'inizio e la fine dei loro rapporti, ma non per pochi mesi soltanto Anne aveva continuato a soffrirne. Per lungo tempo amore e rimpianti avevano spento ogni slancio giovanile, lasciando su di lei un segno duraturo: la perdita precoce della sua fresca bellezza e della sua vitalità. Erano passati più di sette anni da quando questa piccola, mesta storia si era conclusa, e il tempo aveva attenuato molte cose, forse anche tutta l'intensità del suo amore per lui; ma Anne aveva fatto eccessivo assegnamento sul tempo soltanto; nessun aiuto le era stato offerto dalla vista di altri luoghi (tranne che in occasione di un'unica visita a Bath, subito dopo la rottura del fidanzamento) o, nella società locale, da qualche evento insolito o dalla presenza di nuovi componenti. Nessuno era mai venuto a far parte della consueta cerchia di Kellynch che potesse reggere il paragone con Frederick Wentworth così come lei lo ricordava. E a un secondo fidanzamento (la sola cura perfettamente naturale, valida e sufficiente per una ragazza di quell'età), un fidanzamento che la legasse a una delle non numerose famiglie dei dintorni, si erano opposte la naturale delicatezza dei suoi sentimenti e la finezza del suo gusto. A ventidue anni era stata chiesta in isposa dal giovane che, non molto tempo dopo, trovò Mary, la sorella minore, più favorevolmente disposta nei suoi confronti. Lady Russell aveva biasimato il rifiuto di Anne, perché Charles Musgrove, oltre ad essere il primogenito di Mr. Musgrove, che lì nella zona era, subito dopo Sir Walter, il più grosso proprietario terriero e il personaggio di più vasta influenza, era un giovane di buon carattere e di gradevole aspetto; è vero che, quando Anne aveva diciannove anni, Lady Russell avrebbe forse preteso qualcosa di più, ma ora, a ventidue anni, sarebbe stata felice di vederla così rispettabilmente allontanata dalle parzialità e dai pregiudizi della casa paterna e così permanentemente sistemata proprio vicino a lei. Ma in questo caso, Anne non aveva ceduto ai consigli; quanto a Lady Russell, come sempre soddisfatta della sua propria saggezza, sebbene mai desiderasse che in passato le cose fossero andate altrimenti, cominciò ora a dubitare, se non addirittura a disperare, che Anne si lasciasse tentare da qualcuno, ricco di doti intellettuali e di beni di fortuna, ad abbracciare una condizione per la quale, considerando la sua natura affettuosa e i suoi costumi casalinghi, lei, Lady Russell, la riteneva particolarmente portata. Ciascuna delle due ignorava l'opinione dell'altra, immutata o mutata che fosse, su quello che era l'unico punto determinante della condotta di Anne, perché quell'argomento non veniva mai sfiorato; ma Anne, a ventisette anni, vedeva le cose in modo molto diverso da come gliele avevano fatte vedere quando ne aveva diciannove. Non biasimava Lady Russell, né biasimava se stessa per essersi lasciata guidare da Lady Russell; ma pensava che se altre fanciulle, in simili circostanze, si fossero rivolte a lei per aver consiglio, non ne avrebbero mai ricevuto uno che comportasse una così certa infelicità immediata, un così incerto bene futuro. Era persuasa che, pur con tutte le difficoltà derivanti dalla disapprovazione paterna, con tutte le incertezze e le preoccupazioni inevitabili nella professione di lui, con tutti i loro probabili timori e i rinvii e le delusioni, sarebbe stata più felice se avesse difeso il fidanzamento di quanto non era stata per averlo sacrificato; così sarebbe stato, ne era pienamente convinta, anche se fosse toccata loro l'usuale porzione, anche più dell'usuale porzione, di tali sollecitudini ed ansie; e ciò indipendentemente dagli esiti della loro situazione che, come poi avvenne in effetti, avrebbe potuto rivelarsi finanziariamente vantaggiosa prima di quanto fosse dato calcolare sulla base di

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considerazioni razionali. Tutte le ottimistiche speranze di lui, tutta la sua fiducia erano state confermate dai fatti: era come se il suo spirito d'iniziativa e il suo slancio avessero previsto e guidato la sua prospera carriera. Subito dopo la rottura del fidanzamento, aveva ottenuto un imbarco; e tutto quello che, come le diceva, sarebbe seguito, si era puntualmente avverato. Wentworth si era distinto e ben presto era salito di grado; ora, grazie alla cattura di numerose navi nemiche, doveva avere accumulato un bel capitale. Anche se le sue sole fonti di informazione erano i navy lists e i giornali, Anne non aveva dubbi sul fatto che fosse ricco; e, a sostegno della sua costanza, non aveva motivo di crederlo sposato. Come avrebbe potuto essere eloquente Anne Elliot, o, almeno, come sarebbe stata eloquente se i suoi desideri perduti fossero andati a quel primo, trepido affetto e a una lieta, spontanea fiducia nel futuro, opponendosi alla troppo ansiosa cautela che, si direbbe, disprezza ogni cimento e diffida della Provvidenza! Nella sua giovinezza era stata costretta alla prudenza, via via che invecchiava aveva imparato a conoscere l'amore romantico: questo il seguito naturale di un inizio innaturale. Con tutte queste circostanze, e memorie e sentimenti, Anne non poté apprendere, senza risentire la sofferenza di un tempo, che la sorella del capitano Wentworth sarebbe venuta con tutta probabilità ad abitare a Kellynch; e le ci volle ben più di un giretto lì fuori, ben più di un sospiro per calmare l'agitazione che quel pensiero le dava. Si disse e si ridisse che la sua era pura follia, prima di ritrovare quel tanto di equilibrio che le permettesse di sopportare il resto della discussione sui Croft e i loro affari. In ciò, comunque, le furono d'aiuto la completa indifferenza e l'apparente inconsapevolezza di tre persone, le sole che, nella sua cerchia familiare, fossero al corrente di quel lontano episodio e che, col loro atteggiamento, sembravano voler dimostrare di non conservarne il benché minimo ricordo. In proposito, Anne poteva render giustizia alla superiorità dei motivi di Lady Russell su quelli del padre e di Elizabeth; poteva cogliere e apprezzare, dietro la sua imperturbabilità, tutta la sua bene intenzionata sollecitudine; tuttavia quell'ostentata smemorataggine, in quelle tre persone, era oltremodo significativa, e ciò indipendentemente dai sentimenti che la ispiravano. E, supponendo che l'ammiraglio Goft prendesse davvero in affitto Kellynch-hall, Anne trasse nuovi motivi di soddisfazione da un convincimento che sempre le era stato gradito: che fra tutte le sue conoscenze solo queste tre persone fossero al corrente del passato e che nessuna di loro, era certa, ne avrebbe mai fatto parola; che, come confidava, tra le conoscenze di lui, solo il fratello del quale era stato ospite avesse saputo qualcosa del loro breve fidanzamento. E poiché questo fratello aveva da tempo lasciato il paese, ed era uomo di buon senso, per di più scapolo, almeno a quell'epoca, Anne sperava ardentemente che nessuno avesse appreso nulla da lui. La sorella, Mrs. Goft, non si trovava allora in Inghilterra, poiché aveva seguito il marito destinato a una base lontana; quanto alla sorella di Anne, Mary, era in collegio quando la storia aveva avuto luogo, e anche in seguito ne era stata completamente tenuta all'oscuro grazie all'orgoglio di alcuni, e alla delicatezza di altri. Confidando in questi elementi, Anne sperava dunque che il suo incontro con i Croft, incontro che, con Lady Russell ancora residente a Kellynch e Mary stabilmente domiciliata a sole tre miglia di distanza, doveva per forza essere previsto, non comportasse situazioni particolarmente imbarazzanti. V La mattina in cui, come concordato, l'ammiraglio Croft e la moglie dovevano venire a vedere Kellynch-hall, Anne ritenne più che naturale fare la sua quasi quotidiana passeggiata fino a casa di Lady Russell e restarsene via finché tutto fosse finito; dopodiché ritenne più che naturale rammaricarsi di non avere avuto la possibilità di vederli. L'incontro fra le due parti interessate riuscì quantomai soddisfacente e risolse subito l'affare. Le signore, Elizabeth e Mrs. Croft, erano già favorevoli a un'intesa, per cui ciascuna non notò nulla nell'altra, tranne le buone maniere; e, per quanto riguarda i signori, l'ammiraglio era dotato di una tale carica di simpatia e di cordialità, di una liberalità così spontanea e fiduciosa che Sir Walter non poté non esserne favorevolmente influenzato; senza contare che lo stesso Sir Walter, a ciò indotto dalle lusinghiere affermazioni di Mr. Shepherd, secondo il quale l'ammiraglio lo conosceva di fama come insuperabile modello di finezza, si comportò con grande stile e distinzione. La casa venne approvata, vennero approvati i terreni e i mobili, vennero approvati i Croft, le clausole, la data, andava tutto bene, andavano tutti bene; e gli scrivani di Mr. Shepherd vennero messi all'opera senza che si rendesse necessario apportare la benché minima modifica preliminare al «come da presente contratto...». Sir Walter dichiarò senza esitazione che l'ammiraglio era il marinaio più presentabile che avesse mai incontrato, e arrivò a dire che, se solo il suo cameriere personale avesse potuto aggiustargli un po' meglio i capelli, non si sarebbe vergognato di esser visto, dovunque fosse, in sua compagnia; quanto all'ammiraglio, osservò con bonaria cordialità alla moglie, mentre in carrozza riattraversavano il parco: «Ero certo, mia cara, che saremmo arrivati a un'intesa, nonostante quello che ci hanno raccontato a Taunton. D'accordo, il baronetto non è un genio, ma non mi sembra poi tanto male»... complimenti reciproci che, più o meno, si equivalevano. I Croft avrebbero preso possesso della casa il giorno della festa di San Michele, e poiché Sir Walter si proponeva di trasferirsi a Bath nel corso del mese precedente, occorreva fare tutti i necessari preparativi senza perder tempo. Lady Russell, convinta che, per ciò che riguardava la scelta della casa che intendevano procurarsi, a Anne non sarebbe stato permesso di essere di alcuna utilità o di avere voce in capitolo, era contraria a una sua così precipitosa e forzata partenza e avrebbe voluto che le fosse possibile restare ancora per qualche tempo, finché lei stessa non l'avesse accompagnata a Bath dopo Natale; ma, avendo degli impegni che l'avrebbero costretta ad assentarsi da Kellynch per

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parecchie settimane, non poteva ospitarla per un così lungo periodo, come invece avrebbe desiderato; e Anne, pur temendo il gran caldo di settembre nel bianco, accecante riverbero di Bath, pur rammaricandosi di dover rinunciare all'atmosfera così dolce e triste della campagna durante i mesi autunnali, non pensava, tutto sommato, di voler restare. Partire insieme agli altri sarebbe stata la cosa più giusta, la cosa più saggia, quella che perciò avrebbe comportato una minor sofferenza. Comunque, a imporle un diverso dovere sopravvenne un fatto nuovo. Mary, che spesso stava poco bene, che sempre ingigantiva col pensiero i propri disturbi e aveva sempre l'abitudine di esigere la presenza di Anne quando qualcosa non andava, era indisposta; e prevedendo che in tutto l'autunno non avrebbe avuto un solo giorno di salute, la supplicò (o piuttosto le impose, poiché non si trattava precisamente di una supplica) di andare da lei a Uppercross Cottage a tenerle compagnia finché ne avesse avuto bisogno, invece di partire per Bath. «Non posso fare a meno di Anne, assolutamente», argomentò Mary; e la risposta di Elizabeth fu: «Allora sono certa che Anne farebbe meglio a restare, perché nessuno, a Bath, avrà bisogno di lei». Sentirsi desiderare come persona di qualche utilità, sia pure con discutibile rispetto delle forme, è, se non altro, meglio che sentirsi respingere come persona assolutamente inutile; e Anne, lieta di essere ritenuta in qualche modo necessaria, lieta di vedersi assegnare un preciso dovere, e certo non contrariata dalla prospettiva di assolverlo in campagna, la sua diletta campagna, acconsentì di buon grado a restare. L'invito di Mary risolse tutte le difficoltà di Lady Russell, per cui venne immediatamente deciso che Anne sarebbe andata a Bath solo quando Lady Russell ce l'avesse condotta e che nel frattempo avrebbe abitato un po' a Uppercross Cottage, un po' a Kellynch-lodge. E fin qui tutto era perfettamente corretto; ma Lady Russell restò quasi scioccata quando improvvisamente venne a conoscere quel che vi era di scorretto in una parte del piano elaborato a Kellynch-hall: che, cioè, Mrs. Clay era stata invitata ad andare a Bath con Sir Walter ed Elizabeth in veste di indispensabile e preziosa consulente di quest'ultima nel disbrigo di tutte le questioni pratiche che l'attendevano. A Lady Russell dispiacque indicibilmente che si fosse ricorsi a una soluzione del genere, una soluzione che la lasciava dubbiosa, amareggiata, preoccupata; e l'affronto che essa rappresentava per Anne, considerata assolutamente inutile là dove Mrs. Clay poteva essere di tanta utilità, accresceva ancor di più il suo dispiacimento. Quanto a Anne, si era ormai abituata a tali affronti; e tuttavia avvertiva, non meno intensamente di Lady Russell, l'imprudenza di un simile piano. Poiché molte erano le cose che aveva osservato senza farne parola e conosceva bene (anche troppo bene, come spesso pensava) il carattere del padre, capiva che tale familiarità avrebbe potuto molto probabilmente comportare per la famiglia di lui conseguenze assai gravi. Non supponeva che suo padre avesse al momento progetti del genere: Mrs. Clay aveva le lentiggini, un dente sporgente e un polso impedito: tutte cose che, in sua assenza, egli commentava spietatamente; ma Mrs. Clay era giovane e, nel complesso, indubbiamente piacente; non solo, ma la sua mente acuta e i suoi modi gradevoli, pieni di sollecitudine, costituivano un'attrattiva infinitamente più pericolosa di ogni altra attrattiva esclusivamente fisica. Anne fu così impressionata dalla gravità del pericolo che incombeva su di loro che decise di non sottrarsi al tentativo di farlo intendere alla sorella maggiore. Non che avesse molte speranze di riuscire; ma Elizabeth, che nell'eventualità di un simile rovescio sarebbe stata da compiangere molto più di lei, non doveva aver mai motivo, pensava Anne, di rimproverarla per non averla messa sull'avviso. Parlò, dunque, e riuscì solo a offenderla. Elizabeth non sapeva concepire come le fosse venuto in mente un sospetto così assurdo, e garantì indignata che le due parti interessate conoscevano perfettamente la loro situazione. «Mrs. Clay», disse in tono accalorato, «non dimentica mai chi è lei; e poiché dei suoi sentimenti ho, direi, una conoscenza più diretta di quanto non sia la tua, posso assicurarti che, per quanto riguarda il matrimonio, sono di una correttezza esemplare, che disapprova ogni disparità di condizione sociale e di rango più vivamente di quanto la gran maggioranza delle persone sia solita fare. Quanto poi a mio padre, davvero non avrei pensato che lui, che per tanti anni non ha voluto risposarsi, e questo nel nostro interesse, dovesse venir sospettato proprio ora. Se Mrs. Clay fosse una donna molto bella, sarebbe un errore tenermela tanto vicina, te lo concedo; non che - e di questo sono più che certa - vi sia una sola ragione al mondo capace di indurre mio padre a contrarre un matrimonio al di sotto della sua dignità, ma la cosa potrebbe renderlo infelice. Ma la povera Mrs. Clay che, con tutti i suoi meriti, nessuno può aver mai giudicato passabilmente graziosa!... No, penso davvero che possa restar qui senza pericolo alcuno. Si direbbe che tu non abbia mai sentito mio padre parlare dei suoi difetti fisici, eppure so che devi averlo sentito, una cinquantina di volte. Quel suo dente! e quelle lentiggini! A me le lentiggini non ripugnano come ripugnano a lui: ho visto facce non materialmente sfigurate dalla presenza di qualche lentiggine, ma lui non le può sopportare. Devi pure aver sentito i suoi commenti sulle lentiggini di Mrs. Clay». «Non c'è, si può dire, alcun difetto fisico», rispose Anne, «che la piacevolezza dei modi non ci renda gradualmente accetto». «Io la penso in modo molto diverso», ribatté seccamente Elizabeth, «la piacevolezza dei modi può valorizzare un bel viso, ma non può mai rendere diverso un viso insignificante. Comunque, poiché è chiaro che su questo punto per me sono in gioco interessi ben superiori a quelli che chiunque altro può vantare, ritengo piuttosto superfluo che sia tu a darmi consiglio». Anne non aveva altro da aggiungere; era contenta che la cosa fosse finita e non disperava del tutto di ottenere un risultato positivo. È vero che quel sospetto aveva provocato il risentimento di Elizabeth, ma poteva anche darsi che facesse di lei una più attenta osservatrice.

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Ultimo compito del tiro a quattro fu quello di portare a Bath Sir Walter, Miss Elliot, e Mrs. Clay. Erano tutti d'ottimo umore, e Sir Walter si dispose di buon grado a salutare con condiscendenti cenni del capo tutti gli addolorati contadini e fittavoli indirettamente imbeccati sull'opportunità di mettersi in vista; e Anne, alla stessa ora, si avviò con un senso di desolata tranquillità verso Kellynch-lodge, dove doveva trascorrere la prima settimana. La sua amica non era meno depressa di lei. Lady Russell sentiva dolorosamente questa dissoluzione della famiglia. La rispettabilità dei suoi membri le era cara come la sua stessa rispettabilità, e l'abitudine aveva reso preziosi i quotidiani rapporti. Era triste guardare le loro terre abbandonate, e ancor peggio prevedere in quali nuove mani sarebbero cadute: proprio per fuggire la solitudine e la malinconia di un villaggio così mutato e per essere lontana quando fossero arrivati l'ammiraglio Croft e sua moglie, aveva deciso di fare in modo che la propria assenza da Kellynch-lodge avesse inizio il giorno stesso in cui doveva separarsi da Anne. Di conseguenza, sloggiarono insieme, e Anne venne deposta a Uppercross Cottage nel corso della prima tappa del viaggio di Lady Russell. Uppercross era un villaggio né grande né piccolo che, fino a qualche anno addietro, aveva conservato intatte tutte le caratteristiche del vecchio stile inglese; solo due edifici si distinguevano allora dalle abitazioni degli agricoltori e dei braccianti: la residenza dello squire, solida e antiquata, con le sue alte mura, le grandi cancellate, gli alberi vetusti, e la canonica, linda e raccolta, cinta dal suo ben curato giardino, con le finestre a due battenti inghirlandate da frasche di vite e dalle fronde di un pero; ma col matrimonio del giovane squire il villaggio era stato abbellito da una casa colonica elevata a cottage e destinata ad essere la sua residenza, sicché Uppercross Cottage, con la sua veranda, le sue porte-finestre, ed altri adornamenti, attirava l'attenzione del passante quanto la più imponente e antica struttura della Casa Grande che, con gli annessi edifici, sorgeva un quarto di miglio più avanti. Lì Anne aveva spesso soggiornato. Conosceva gli usi di Uppercross non meno bene di quelli di Kellynch. Le due famiglie si incontravano così di continuo, erano così abituate a passare da una casa all'altra a tutte le ore, che restò alquanto sorpresa nel trovar Mary tutta sola; ma, essendo sola, era più che normale che non stesse bene e si sentisse depressa. Anche se più intelligente della sorella maggiore, Mary non possedeva l'equanimità di Anne né il suo equilibrio. Quando era in buona salute, felice e fatta segno delle dovute attenzioni, era brillante e di ottimo umore; ma bastava la più lieve indisposizione, ed era completamente a terra. Non aveva risorse per affrontare la solitudine; e, avendo ereditato una buona misura della presunzione degli Elliot, era quantomai portata ad aggiungere a ogni altro motivo d'angustia quello di immaginarsi negletta e maltrattata. Quanto a bellezza, era inferiore alle due sorelle e, anche nel fiore della giovinezza, era arrivata, al massimo, ad essere classificata «un bel pezzo di figliola». Ora se ne stava sdraiata sul sofà del piccolo, grazioso soggiorno, i cui mobili, un tempo eleganti, portavano i segni del graduale logorio di quattro estati e di due bambini e, quando Anne comparve, la salutò con un: «Eccoti, finalmente! Cominciavo a pensare che non ti avrei più vista. Sto così male che fatico persino a parlare. In tutta la mattina non ho veduto anima viva!». «Mi spiace di trovarti indisposta», rispose Anne. «Giovedì mi hai fatto sapere di stare così bene...». «Sì, tiravo avanti; lo faccio sempre; ma stavo tutt'altro che bene, quel giorno. E penso che mai, in tutta la mia vita, sono stata male come stamattina: certo, non ero assolutamente in condizione di essere lasciata sola. Supponi che all'improwiso fossi colta da qualche attacco spaventoso e non riuscissi a suonare il campanello! E così Lady Russell non è neppure scesa dalla carrozza... Non credo che quest'estate sia stata tre volte in questa casa». Anne trovò una risposta appropriata, e poi le chiese notizie del marito. «Oh! Charles è andato a caccia. E dalle sette che non lo vedo. Ha voluto andare a tutti i costi, anche se gli ho detto come stavo male. Ha risposto che non sarebbe stato fuori molto, ma non è più tornato, e adesso è quasi l'una. Ti assicuro che in tutta la mattinata non ho visto anima viva». «I tuoi bambini sono rimasti con te?». «Sì, finché ho potuto sopportarne il chiasso; ma sono così intrattabili che mi fanno più male che bene. Charles, che è il maggiore, non mi dà mai retta, e Walter sta diventando cattivo come lui». «Bene, tra poco ti sentirai meglio», disse Anne con fare incoraggiante. «Sai che quando vengo io, ti guarisco sempre. E come stanno i tuoi vicini della Casa Grande?». «Non ne so nulla. Non ho visto nessuno di loro oggi, tranne Mr. Musgrove, che si è appena fermato e ha parlato dalla finestra, ma senza scendere da cavallo; gli ho detto come stavo male, eppure nessuno è venuto a trovarmi. Suppongo che la cosa non garbasse alle signorine Musgrove, e loro non si scomodano mai». «Forse avrai modo di vederle prima che la mattinata sia completamente trascorsa. È ancora presto». «Non sento mai la loro mancanza, te l'assicuro. Chiacchierano e ridono troppo per i miei gusti. Oh, Anne! Mi sento talmente male! Davvero, sei stata molto scortese a non venire giovedì». «Ma, Mary carissima, ricorda quanto fossero rassicuranti le notizie che ci hai mandato! La tua lettera aveva un tono così allegro, e mi dicevi di star perfettamente bene e che non avevi urgente bisogno di me; e poiché le cose stavano così, dovevi renderti conto che avrei desiderato restare con Lady Russell fino all'ultimo; inoltre, a parte i miei sentimenti per lei, sono stata veramente tanto occupata, ho avuto tanto da fare che mi sarebbe stato molto difficile lasciare prima Kellynch». «O povera me! E che cosa puoi avere avuto da fare, tu?». «Moltissime cose, te l'assicuro. Più di quante riesca a ricordare al momento, ma alcune posso dirtele. Ho fatto un duplicato del catalogo dei libri e dei quadri di mio padre. Sono stata diverse volte in giardino con Mackenzie per cercare di capire, e di fargli capire, quali delle piante ornamentali di Elizabeth sono per Lady Russell. Ho dovuto sistemare tutte le mie piccole faccende, dividere libri e spartiti, e avevo tutti i miei bauli da rifare per non aver capito in tempo che cosa si

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fosse deciso a proposito dei carri; e ho avuto da fare una cosa, Mary, molto più penosa: recarmi in quasi tutte le case della parrocchia per una specie di addio. Mi avevano detto che lo desideravano; ma tutte queste cose mi hanno portato via una quantità di tempo». «Oh, be'!», e, dopo un attimo di pausa, «ma non mi hai ancora chiesto niente della cena dai Poole, ieri». «Ci sei andata, allora? Non ho fatto domande perché avevo concluso che tu fossi stata costretta a rinunciare alla riunione». «Oh, sì! Ci sono andata. Ieri stavo benissimo; non ho avuto nulla fino a stamattina. Sarebbe stato strano se non fossi andata». «Sono lieta che ti sentissi abbastanza bene, e spero che la riunione sia stata piacevole». «Niente di speciale. Si sa già in anticipo come sarà la cena, e chi ci sarà. E poi è una tale seccatura non avere una carrozza nostra. Mr. e Mrs. Musgrove mi ci hanno portato nella loro, e stavamo talmente stretti! Sono tutti e due così grossi e occupano tanto di quello spazio! e poi Mr. Musgrove siede sempre davanti... Così sono finita sul sedile posteriore, pigiata tra Henrietta e Louisa; e ho idea che, molto probabilmente, il mio malore di oggi sia dovuto proprio a questo». Ancora un po' di perseveranza da parte di Anne, ancora un po' di pazienza e di forzata allegria produssero la quasi completa guarigione di Mary. Ben presto riuscì a sollevarsi e a starsene seduta sul sofà, e cominciò a sperare di essere in grado di lasciarlo all'ora di pranzo. Poi, dimenticando ogni preoccupazione in proposito, passò all'altra estremità della stanza, dove si mise a disporre con arte un mazzolino di fiori; poi si mangiò la sua carne fredda; e poi si sentì abbastanza bene da proporre una breve passeggiata. «Dove andiamo?», disse, quando furono pronte. «Suppongo che non vorrai far visita alla Casa Grande prima che loro siano venuti a salutarti, vero?». «Ma per me va benissimo», rispose Anne. «Non mi verrebbe mai in mente di essere così formale con persone che conosco bene come Mrs. Musgrove e le sue figliole». «Oh! ma dovrebbero venire a farti visita il più presto possibile. Dovrebbero rendersi conto di ciò che ti è dovuto, essendo mia sorella. Comunque, andiamo pure da loro: ci fermeremo pochissimo, e poi potremo goderci la nostra passeggiata». Anne aveva sempre pensato che quel tipo di rapporti fosse molto imprudente, ma aveva abbandonato ogni tentativo di contenerli perché si era convinta che, sebbene da una parte e dall'altra essi comportassero continui motivi di attrito, ora nessuna delle due famiglie poteva fare a meno di tali rapporti. Andarono dunque alla Casa Grande e per una buona mezz'ora sedettero a chiacchierare in salotto, una stanza antiquata, di forma quadrata, col suo pavimento ben lustro e un minuscolo tappeto, alla quale le signorine Musgrove andavano via via dando quella cert'aria di elegante confusione che nasce dalla presenza di un pianoforte a coda e di un'arpa, di portavasi e di tavolini collocati da tutte le parti. Oh! se gli originali dei ritratti appesi alle pareti rivestite di pannelli di legno, se i gentiluomini in velluto marrone e le dame in satin azzurro avessero potuto vedere quel che stava accadendo, se si fossero resi conto di un tale sovvertimento di tutto ciò che era ordine e semplicità! Sembrava che i personaggi dei ritratti fissassero il tutto con sguardo stupito. I Musgrove, come le loro case, erano in fase di trasformazione, forse di miglioramento. Il padre e la madre erano molto vecchio stile, i giovani molto aggiornati. Mr. e Mrs. Musgrove erano due ottime persone, cordiali e ospitali, non molto colte e per nulla eleganti, mentre i figli avevano inclinazioni e maniere più moderne. Erano una famiglia numerosa ma, a parte Charles, solo due tra i figlioli erano in età adulta: Henrietta e Louisa, due signorine rispettivamente di diciannove e vent'anni, che da una scuola di Exeter si erano portate tutto il consueto bagaglio di doti e virtù e ora, come migliaia di altre signorine, vivevano per essere alla moda, felici e contente. I loro abiti erano precisamente comme il faut, i loro visi piuttosto graziosi, il loro umore eccellente, il comportamento spontaneo e ispirante simpatia; in casa godevano di una certa autorità, e fuori del generale favore. Per Anne erano tra le più felici creature che avesse mai conosciuto; e tuttavia, esentata, come noi tutti siamo grazie a un confortevole senso di superiorità, dal desiderio di potersi scambiare con altri, non avrebbe rinunciato, per tutta la loro gaiezza, alla sua mente più colta e raffinata; e la sola cosa che invidiava loro era quella comprensione apparentemente perfetta, quel loro accordo così gaio, quell'affetto reciproco che lei, Anne, aveva così poco conosciuto nei suoi rapporti con l'una o con l'altra sorella. Vennero accolte con grande cordialità. Nulla, tra gli abitanti della Casa Grande, dava l'impressione che le cose non andassero come dovevano, e quelli della Casa Grande, come Anne ben sapeva, erano in genere gli ultimi a dover essere biasimati. Così, chiacchierando, la mezz'ora passò abbastanza piacevolmente e, quando fu giunta al termine, Anne non si meravigliò affatto che le signorine Musgrove uscissero a passeggiare con loro, su particolare invito di Mary. VI Anne non aveva avuto bisogno di questa visita a Uppercross per imparare che il passaggio da una determinata cerchia di persone a un'altra, sia pure a sole tre miglia di distanza, comporta spesso un cambiamento totale di argomenti di conversazione, di opinioni e di idee. Non era mai stata lì, in passato, senza che la cosa mancasse di colpirla o senza desiderare che altri Elliot avessero, come lei, il vantaggio di vedere come le questioni che a Kellynch-hall venivano trattate alla stregua di problemi di così pubblica rilevanza e di così generale interesse fossero a Uppercross ignorate o minimizzate; eppure, con tutta questa esperienza, si convinse di doversi rassegnare, ora, all'idea di apprendere un'altra, necessaria lezione nell'arte di conoscere quanta è la nostra pochezza fuori della nostra cerchia usuale; perché certo,

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venendo lì in quelle circostanze, col cuore gonfio di pena per quello che durante molte settimane era stato, a Kellynch-hall e a Kellynch-lodge, il solo pensiero e il solo argomento, si era aspettata un po' più di curiosità e di simpatia di quanta ne trovò nelle frasi di Mr. e Mrs. Musgrove, frasi pronunciate separatamente, ma molto simili: «E così, Miss Anne, Sir Walter e sua sorella se ne sono andati; in quale parte di Bath crede che si stabiliranno?» (il tutto senza darle tempo di rispondere); o nell'aggiunta delle signorine Musgrove: «Spero che ci saremo noi a Bath, quest'inverno; ma ricordi, papà, se ci andiamo, dobbiamo risiedere in un quartiere elegante. Non vogliamo le sue Queen-Squares, noi!», o nello scorato commento di Mary: «Parola mia, sarò proprio ben ridotta, quando partirete tutti e andrete a spassarvela a Bath!». E Anne non poté fare altro che decidere di evitare in futuro simili forme di autoinganno e pensare con più intensa gratitudine alla straordinaria fortuna di avere un'amica sinceramente comprensiva come Lady Russell. I signori Musgrove, padre e figlio, avevano la loro selvaggina da preservare e da distruggere, e cavalli e cani e giornali di cui occuparsi, mentre le donne erano tutte prese da altri interessi: il governo della casa, e poi i vicini, gli abiti, il ballo e la musica. Anne riteneva del tutto confacente che ogni piccola comunità imponesse, discorrendo, i suoi propri argomenti e sperava di divenire, di lì a non molto, una passabile componente di quella di cui si trovava ora a far parte. La prospettiva di trascorrere almeno due mesi a Uppercross le imponeva l'obbligo di dare, per quanto le era possibile, il tono e la misura di Uppercross alla sua immaginazione, alla sua memoria e a tutte le sue idee. Del resto, la prospettiva di questi due mesi non le faceva paura. Mary non le era ostile come Elizabeth, non era fredda come lei né, come lei, completamente inaccessibile alla sua influenza; e, per ciò che riguardava gli altri membri della famiglia di Uppercross Cottage, non c'era nulla, in nessuno di loro, che minacciasse la sua tranquillità. I suoi rapporti con il cognato erano sempre amichevoli, e i bambini, che l'amavano quasi come la madre e la rispettavano molto di più, erano per lei motivo di interesse, di divertimento e di salutare attività. Charles Musgrove era cortese e simpatico; quanto a senno e a carattere, era indubbiamente superiore alla moglie, ma la sua intelligenza, la sua conversazione, il suo senso del decoro non erano tali da rendere sia pur lontanamente pericolosa la contemplazione del passato ora che Anne e lui si trovavano uniti da legami di parentela; anche se, nello stesso tempo, Anne poteva credere, come Lady Russell, che un matrimonio più confacente l'avrebbe, con tutta probabilità, reso assai migliore e che una donna dotata di vero discernimento avrebbe dato maggiore dignità al suo carattere e maggiore utilità, razionalità ed eleganza alle sue abitudini e ai suoi interessi. Ora come ora, la caccia era l'unica attività cui si dedicasse con entusiasmo; per il resto, sprecava il suo tempo senza trarre alcun beneficio dai libri o da altro. Era sempre di umore eccellente, né, apparentemente, le occasionali crisi depressive della moglie riuscivano mai a scalfirlo; tollerava l'irragionevolezza di lei in un modo che, a volte, Anne giudicava semplicemente degno d'ammirazione, e in complesso, anche se di frequente insorgeva qualche contrasto d'opinioni (in cui talora Anne si trovava coinvolta più di quanto desiderasse, perché le parti in causa si appellavano al suo giudizio), Mary e lui potevano passare per una coppia felice. Su due punti erano sempre perfettamente d'accordo: la necessità di aver più denaro e l'auspicabilità di una munifica elargizione da parte del padre di lui; qui però, come nella maggior parte delle questioni, Charles aveva la meglio, perché mentre Mary riteneva assolutamente inconcepibile che tale elargizione non venisse fatta, il marito le ribatteva ogni volta che suo padre aveva molti altri modi di impiegare il suo denaro, nonché il diritto di spenderlo come voleva. Quanto all'educazione dei bambini, le sue teorie in proposito erano assai migliori di quelle della moglie e il suo modo di metterle in pratica meno controproducente. «Saprei prenderli per il verso giusto, se non fosse per l'interferenza di Mary», Anne si sentiva dir spesso da lui, e sinceramente ci credeva; ma quando veniva il turno di Mary, che si lamentava «perché Charles vizia talmente i bambini che con loro non riesco a impormi», non provava mai la minima tentazione di dire: «Verissimo, è proprio così». Uno dei lati meno gradevoli della sua residenza a Uppercross era rappresentato dal fatto di essere trattata con eccessiva confidenza da tutte le parti interessate e di conoscere troppo a fondo le lagnanze delle due famiglie. Poiché si sapeva che aveva una qualche autorità sulla sorella, le si chiedeva continuamente, o almeno le si suggeriva, di esercitarla al di là dei limiti del fattibile. «Se solo lei riuscisse a persuadere Mary a non immaginare di esser sempre malata...», diceva Charles; e, in un momento di depressione, Mary si esprimeva così: «Veramente, sono convinta che se Charles mi vedesse morire, non penserebbe che mi stia succedendo qualcosa. Sono certa, Anne, che se tu lo volessi, potresti persuaderlo che sono davvero molto malata... molto, molto di più di quanto io ammetta». Mary dichiarava: «Non mi piace mandare i bambini alla Casa Grande, anche se la loro nonna insiste sempre per vederli; ma è troppo indulgente con loro, li vizia talmente e dà loro tanti pasticci e tanti dolci che ogni volta, quando tornano a casa, sono indisposti e di cattivo umore per il resto della giornata». E Mrs. Musgrove, la prima volta che per caso si trovava sola con Anne, diceva: «Oh, Miss Anne, come vorrei che la moglie di Charles avesse un po' del suo metodo con quei bambini. Con lei sono completamente diversi! Ma in genere sono talmente viziati! È un peccato che lei non riesca a insegnare a sua sorella un modo per tenerli a freno. Poveri cari! È difficile vedere dei bambini così belli e sani, lo dico senza parzialità; ma mia nuora non ha la minima idea di come trattarli... Misericordia! come sono insopportabili certe volte! Mi creda, Miss Anne, è questo che mi impedisce di invitarli qui, a casa nostra, spesso come altrimenti farei. Credo che la moglie di Charles sia molto seccata per il fatto che non li faccio venire più di sovente; ma lei capisce, non è affatto bello tener con sé dei bambini che ad ogni momento si è obbligati a frenare (e "Non far questo!" e "non far quello!") o, perché non si scatenino, a rimpinzare di dolciumi: certo, non gli fanno bene, ma è l'unico rimedio». Mary, inoltre, le confidava: «Mrs. Musgrove giudica così impeccabili tutti i suoi servitori, che mettere in dubbio la cosa sarebbe alto tradimento; ma io so per certo, e non esagero, che la sua prima cameriera e la sua lavandaia sono in giro per il villaggio tutto quanto il giorno. Le incontro dovunque vada; e, te l'assicuro, mai che entri due volte nella mia

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nursery, senza trovarcele. Se Jemima non fosse la ragazza più fidata, più equilibrata di questo mondo, non ci vorrebbe altro per guastarmela; infatti mi dice che cercano sempre di convincerla ad andare a spasso con loro». E Mrs. Musgrove: «Mi faccio un dovere di non intromettermi mai nelle faccende di mia nuora, perché so che non starebbe bene; ma, Miss Anne, dirò a lei, perché forse potrà mettere le cose a posto, che non ho un'opinione molto buona della sua bambinaia. Sento strane storie sul suo conto; è sempre in giro e, per quel che so, si dà tali arie da elegantona che, le assicuro, basta questo a traviare tutte le serve che avvicina». Mary si lagnava anche perché, quando pranzavano alla Casa Grande con altre famiglie, Mrs. Musgrove le dava raramente la precedenza che le spettava; lei, Mary, non vedeva proprio perché l'essere considerata «di casa» comportasse la perdita della posizione che era sua di diritto. E un giorno, mentre Anne passeggiava senza di lei, in compagnia delle signorine Musgrove, una di loro, dopo aver parlato di classe, di gente di classe, e di intolleranza di classe, disse: «Non mi faccio scrupolo di osservare, parlando con lei, quanto siano assurde certe persone quando si tratta del loro diritto di precedenza; non mi faccio alcuno scrupolo perché tutti sanno quanto lei sia compiacente e indifferente in proposito; però vorrei che qualcuno facesse intendere a Mary che sarebbe molto meglio se non ci tenesse così caparbiamente... e soprattutto se non si facesse sempre avanti per prendere il posto di mamma. Nessuno dubita che a lei spetti il diritto di precedenza su mamma, ma sarebbe più conveniente che non insistesse sempre su quel punto. Non che a mamma la cosa importi minimamente, ma so che è stata notata da molte persone». Che doveva fare Anne per aggiustare tutte queste faccende? Solo ascoltare pazientemente, attenuare ogni motivo di lagnanza, giustificare l'uno agli occhi dell'altro; e poi alludere con tutti alla tolleranza necessaria tra vicini così prossimi, e alludervi in modo più specifico quando era il bene di Mary a preoccuparla. Sotto ogni altro aspetto, la sua visita cominciò e procedette nel migliore dei modi. Il suo stesso stato d'animo trasse vantaggio dal mutamento di residenza e di argomenti, dal trovarsi a tre miglia da Kellynch; i disturbi di Mary, ora che c'era sempre qualcuno a tenerle compagnia, si fecero sentire meno, e i quotidiani rapporti con l'altra famiglia, visto che al Cottage non c'erano affetti, o confidenza, o occupazioni di più alta natura che risentissero di tali interruzioni, rappresentavano anzi un vantaggio. Certo, sarebbe stato pressoché impossibile intrattenere più stretti rapporti, poiché si incontravano tutte le mattine ed erano rarissime le serate che non trascorrevano insieme; ma Anne era convinta che non si sarebbero trovati così bene senza la vista delle imponenti figure di Mr. e Mrs. Musgrove seduti al loro solito posto, o senza le chiacchiere, le risa e il canto delle loro figliole. Anne suonava il pianoforte infinitamente meglio delle due signorine Musgrove, ma poiché non aveva voce e non sapeva suonare l'arpa, poiché inoltre non aveva dei genitori indulgenti che se ne stessero seduti lì vicino immaginando di ascoltare estasiati, le sue esecuzioni non erano granché apprezzate: venivano richieste - e di ciò lei si rendeva perfettamente conto - per pura cortesia, o per consentire agli altri di riposarsi. Anne sapeva che, quando suonava, dava piacere solo a se stessa, ma questa non era una sensazione nuova. Tranne che per un breve periodo della sua vita, non aveva mai conosciuto, da quando aveva quattordici anni, da quando aveva perduto la sua diletta madre, la felicità di essere ascoltata o incoraggiata da qualche giusta lode dettata da un gusto sicuro. Nella musica, era sempre stata abituata a sentirsi sola al mondo, e l'indulgente parzialità di Mr. e Mrs. Musgrove per le esibizioni delle loro figliole, la totale indifferenza con cui accoglievano quelle di ogni altra persona, le facevano provare per amor loro un senso di piacere assai più grande del suo personale senso di mortificazione. Al gruppetto che si riuniva alla Casa Grande si aggiungevano a volte altre persone. Non erano molte le famiglie del vicinato, ma tutti venivano a trovare i Musgrove, che davano più pranzi e avevano più ospiti, invitati o capitati lì per caso, di ogni altra famiglia. Erano senz'altro popolarissimi. Le ragazze andavano matte per il ballo, e a volte le serate si concludevano con una piccola festa danzante improvvisata. C'era una famiglia di cugini che vivevano, in meno floride condizioni economiche, non troppo lontano da Uppercross e dipendevano dai Musgrove per tutti i loro svaghi: erano dispostissimi, in ogni momento, a venire, o per far numero in qualsiasi gioco si giocasse o per ballare dovunque ci fosse da ballare; e Anne, che preferiva di gran lunga il compito di musicista a un ruolo più attivo, suonava contraddanze per un'ora di seguito: una cortesia che non mancava mai di attirare, più che in ogni altra circostanza, l'attenzione di Mr. e Mrs. Musgrove sul suo talento musicale, e spesso le procurava complimenti tipo: «Ben fatto, Miss Anne! davvero molto ben fatto! Dio mio, come volano quelle sue piccole dita!». Così passarono le prime tre settimane. Venne San Michele, e il cuore di Anne fu costretto a tornare a Kellynch. La diletta casa natale ceduta a degli estranei; tutte le stanze e i mobili preziosi, i boschetti e le vaste prospettive che cominciavano a riconoscere altri occhi, altri passi! Il 29 settembre non riuscì quasi a pensare ad altro, e la sera avvertì per un attimo l'eco dei propri sentimenti in queste parole di Mary che, avendo per caso annotato il giorno del mese, esclamò: «Oddìo, non è questo il giorno in cui i Croft dovevano venire a Kellynch? Sono contenta di non averci pensato prima. Mi sento talmente depressa!». I Croft si insediarono con la puntualità e la prontezza proprie della gente di mare, e bisognava far loro visita. Mary deplorò, per quanto la riguardava, tale necessità. Nessuno immaginava quanto lei avrebbe sofferto: l'avrebbe rimandata il più possibile, quella visita; e tuttavia non ebbe pace finché non riuscì, parlandogliene e riparlandogliene, a convincere Charles a condurla a Kellynch-hall di lì a pochissimi giorni. Quando tornò a casa, era eccitatissima e in uno stato di piacevole e immaginaria agitazione. Anne si era sinceramente rallegrata nell'apprendere che sul calesse di Charles non c'era posto per lei. Comunque, desiderava vedere i Croft e fu lieta di essere presente quando la visita venne ricambiata. Dunque, i Croft arrivarono; Charles Musgrove era fuori, ma le due sorelle si trovavano in casa, e insieme; e poiché toccò a Anne intrattenere Mrs. Croft, mentre l'ammiraglio sedeva accanto a Mary e ne conquistava le simpatie

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dedicando le sue cordiali attenzioni ai due bambini, ebbe la possibilità di osservare l'ospite e di scoprire in lei qualche somiglianza, se non nei lineamenti, nella voce, o nel modo di sentire e di esprimersi. Sebbene non fosse né alta né grassa, Mrs. Croft aveva una figura così solida, eretta e vigorosa da apparire imponente. Aveva occhi scuri, espressivi, bei denti e, nel complesso, un bel viso, anche se la sua carnagione, arrossata e sciupata dalle intemperie (conseguenza, questa, dell'aver navigato quasi quanto il marito), dava l'impressione che, invece di trentotto anni, ne avesse qualcuno di più. Quanto ai suoi modi, erano aperti, franchi e decisi: i modi di chi è sicuro di se stesso e non ha dubbi su ciò che deve fare: per nulla grossolani, comunque, o privi di spontanea cordialità. Anne apprezzò veramente i sensi di alta considerazione da lei manifestati nei suoi confronti ogniqualvolta si riferiva a Kellynch. La cosa le fece piacere: soprattutto perché già durante il primo mezzo minuto, nell'istante stesso della presentazione, aveva avuto la certezza che in Mrs. Croft non v'era il minimo sintomo di cognizioni o sospetti tali da condizionare le sue predisposizioni. Su quel punto si sentiva perfettamente tranquilla, e di conseguenza piena di forza e di coraggio. Finché, per un attimo, fu colpita come da una scarica elettrica. «Era lei», disse improwisamente Mrs. Croft, «era lei, e non sua sorella, che mio fratello ebbe il piacere di conoscere quando era da queste parti». Anne sperava di avere ormai superato l'età dei facili rossori; certo, non aveva superato quella delle emozioni. «Si è sposato, sa? Forse non ne ha avuto notizia», aggiunse Mrs. Croft. Anne non riuscì a rispondere come avrebbe dovuto; e, quando dalle parole che Mrs. Croft disse subito dopo risultò chiaramente che quello di cui parlava era Mr. Wentworth, fu lieta di constatare di non aver detto nulla che non andasse bene per l'uno o per l'altro fratello. Capì immediatamente quanto fosse ragionevole che Mrs. Croft stesse pensando a Edward e parlando di lui, non di Frederick; e, un poco vergognandosi della sua smemorataggine, si informò col dovuto interesse dell'attuale situazione del loro ex vicino. Il resto della visita non creò problemi: finché, proprio mentre i Croft si stavano congedando, Anne sentì che l'ammiraglio diceva a Mary: «Presto verrà da noi un fratello di Mrs. Croft; penso che lo conosca di nome...». Fu interrotto dai vigorosi assalti dei due bambini, che gli si attaccarono come a un vecchio amico e dichiararono che non doveva assolutamente andarsene; e, intento com'era a proporre loro di ficcarseli in tasca e portarseli via, eccetera, eccetera, non ebbe tempo per finire quel che aveva cominciato o per ricordarsene, per cui ad Anne non restò altro da fare che cercare di persuadersi come meglio poteva che si trattasse sempre dello stesso fratello. Il suo, comunque, non era un grado di certezza tale da non renderla ansiosa di sapere se alla Casa Grande, dove i Croft erano stati in visita prima di venir lì, fosse stato detto qualcosa sull'argomento. Proprio quella sera, Mr. e Mrs. Musgrove erano attesi, con le figliole, a Uppercross Cottage; e poiché la stagione era troppo avanzata per venirci a piedi, Anne e gli altri stavano appunto attendendo di udire la carrozza quando fece il suo ingresso la minore delle signorine Musgrove. Che venisse a porgere le scuse della famiglia e che gli abitanti del Cottage dovessero trascorrere da soli la serata fu la prima, deprimente ipotesi; e Mary era già prontissima a risentirsi dell'affronto, quando Louisa chiarì ogni equivoco dicendo di essere venuta a piedi solo per far spazio all'arpa, che aveva sistemato nella vettura. «E ora vi dirò perché abbiamo deciso così», aggiunse, «e tutto il resto. Sono venuta prima per farvi sapere che papà e mamma sono molto giù di corda, stasera, soprattutto mamma; pensa tanto al povero Richard! Così ci siamo detti che sarebbe stato meglio portare l'arpa, perché sembra rallegrarla più del pianoforte. Ecco, vi dirò perché è tanto depressa. Quando i Croft sono venuti a farci visita stamattina (poi sono venuti qui da voi, no?), hanno detto, così per caso, che il fratello della signora, il capitano Wentworth, è appena tornato in Inghilterra, o è stato congedato, non so bene, e che prestissimo sarà loro ospite; e disgraziatamente, dopo che se ne sono andati, a mamma è venuto in mente che Wentworth, o qualcosa di molto simile, era il nome del capitano del povero Richard una volta, non so quando o dove, ma comunque molto tempo prima che morisse, poveraccio! E riguardando le sue lettere e le sue cose, ha trovato che era proprio così, ed è certissima che si tratti della stessa persona, e non pensa ad altro, e a povero Richard! Così dobbiamo stare il più possibile allegri, in modo che non continui a rimuginare cose tanto deprimenti». Le circostanze effettive di questo patetico brano di cronaca familiare erano che i Musgrove avevano avuto la sfortuna di aver per figlio un buono a nulla, assolutamente irrecuperabile, e avevano avuto la fortuna di perderlo prima che arrivasse a vent'anni; che era stato destinato alla vita di mare perché a terra era ottuso e ingovernabile; che in nessuna circostanza la sua famiglia si era data gran cura di lui, o se n'era data nell'esatta misura che egli meritava; che raramente egli aveva dato sue nuove, e che aveva suscitato ben scarso rimpianto quando l'annuncio della sua morte, avvenuta in remote contrade, aveva raggiunto Uppercross, due anni addietro. In effetti, anche se le sorelle facevano ora tutto quel che potevano per lui, chiamandolo «il povero Richard», non era stato altro che un qualsiasi Dick Musgrove, balordo, insensibile, indolente, il quale non aveva mai fatto nulla che gli desse diritto a qualcosa di più dell'abbreviazione del suo nome, da vivo e da morto. Era rimasto in marina per diversi anni e, nel corso dei numerosi trasferimenti cui tutti i guardamarina sono soggetti (e specialmente quei guardamarina di cui ogni capitano desidera sbarazzarsi), era stato per sei mesi a bordo della Laconia, la fregata del capitano Frederick Wentworth; e proprio dalla Laconia, dietro esortazione del suo capitano, aveva scritto le uniche due lettere che il padre e la madre avessero ricevuto durante l'intero periodo della sua assenza: o meglio, le uniche due lettere disinteressate, perché tutti gli altri messaggi si riducevano a richieste di denaro. In ciascuna di queste due lettere aveva parlato bene del suo capitano; ma i genitori erano così poco avvezzi a occuparsi di faccende del genere, così incuranti e poco curiosi per quel che riguardava i nomi delle navi e di chi le

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comandava che la cosa, allora, li aveva colpiti poco o niente: il fatto che quel giorno, invece, al solo udire il nome di Wentworth, Mrs. Musgrove avesse ricordato di averlo già sentito, e in rapporto al figlio, aveva tutta l'aria di una di quelle straordinarie, improvvise rivelazioni che a volte ci balenano per la mente. Era andata a cercare le sue lettere e aveva trovato che tutto era proprio come supponeva; e rileggere quelle lettere dopo un così lungo intervallo di tempo, ora che il suo povero figliolo se n'era andato per sempre e tutto il peso delle sue colpe era stato dimenticato, l'aveva indicibilmente afflitta e le aveva fatto sentire per lui un dolore più grande di quello che aveva provato nell'apprendere la notizia della sua morte. Anche Mr. Musgrove appariva commosso, sia pure non quanto la moglie; e quando raggiunsero il Cottage, avevano entrambi evidentemente bisogno, anzitutto, di raccontare ancora una volta l'accaduto e di essere ascoltati, e poi di tutto il conforto che una compagnia vivace e animata poteva dar loro. Sentirli parlare tanto del capitano Wentworth, sentirli ripetere tanto spesso il suo nome, fare congetture d'ogni genere a proposito degli anni passati, e alla fine concludere che poteva trattarsi (anzi, che con tutta probabilità si trattava) di quel capitano Wentworth che ricordavano di avere incontrato un paio di volte tornando da Clifton; un gran bel giovanotto, sì, ma non avrebbero saputo dire se era cosa di sette o otto anni addietro - tutto ciò costituì una nuova, ardua prova per i nervi di Anne. Comunque, decise che era una prova alla quale si doveva abituare. Poiché la sua venuta era veramente attesa, e di lì a non molto, lei doveva imparare ad essere insensibile su certi punti. E poi, a quanto sembrava, non solo era atteso, e di lì a non molto, ma i Musgrove, mossi da calda gratitudine per le gentilezze usate al povero Dick e da alta considerazione per il carattere del capitano, attestato dal fatto che il povero Dick era rimasto ai suoi ordini per sei mesi e ne aveva scritto in termini schiettamente elogiativi, anche se con ortografia alquanto discutibile: «è un tipo elegante e coraggioso, solo troppo pignolo col maestro di scuola», avevano l'intenzione di recarsi da lui per presentarsi e farne la conoscenza non appena al corrente del suo arrivo. E la decisione di comportarsi in tal modo contribuì a rendere più confortevole la loro serata. VII Ancora pochissimi giorni, e si seppe che il capitano Wentworth era a Kellynch: Mr. Musgrove, andato a fargli visita, era tornato assolutamente entusiasta di lui e, verso la fine della settimana seguente, Wentworth, insieme ai Croft, sarebbe venuto a pranzo a Uppercross. Era stata una gran delusione per Mr. Musgrove dover constatare che non era possibile fissare un giorno ancor più vicino: era così impaziente di mostrare tutta la sua gratitudine, accogliendo sotto il suo tetto il capitano Wentworth e offrendogli i vini più gagliardi e pregiati delle sue cantine. Comunque, doveva aspettare ancora una settimana, solo una settimana; calcolava Anne, e poi, supponeva, si sarebbero inevitabilmente incontrati; e ben presto cominciò ad augurarsi di poter essere al sicuro almeno per una settimana. Il capitano Wentworth ricambiò con estrema sollecitudine la visita di cortesia di Mr. Musgrove, e poco mancò che anche Anne si trovasse, in quella stessa mezz'ora, alla Casa Grande. Infatti lei e Mary stavano per l'appunto avviandovisi (e, come Anne venne poi a sapere, l'avrebbero immancabilmente trovato dai Musgrove), quando furono improvvisamente trattenute dall'arrivo del bambino maggiore che, vittima di una brutta caduta, veniva portato a casa proprio in quel momento. Le condizioni del piccolo erano tali da costringerle a rinunciare alla visita, ma, pur tra le ansie e le gravi preoccupazioni che in seguito si nutrirono per lui, Anne non poté accogliere con indifferenza la notizia del proprio scampato pericolo. Il bambino si era slogato la clavicola, e aveva riportato una così seria contusione alla schiena da far pensare alle più allarmanti conseguenze. Fu un pomeriggio tremendo, e Anne ebbe da fare tutto, e immediatamente: mandare a chiamare il medico, far rintracciare e informare il padre, sorreggere la sorella e impedire che cedesse a una crisi isterica, controllare la servitù, allontanare a viva forza il bambino più piccolo, assistere e consolare il povero sofferente; oltre a far pervenire, non appena se ne ricordò, le informazioni del caso alla Casa Grande, il che aumentò il numero dei presenti: persone amiche, spaventatissime e desiderose di notizie ma incapaci di darle un valido aiuto. Il ritorno del cognato fu il primo fattore positivo, giacché egli poteva prendersi miglior cura della moglie; il secondo, di assai maggior conforto, fu l'arrivo del medico. Finché egli non ebbe esaminato il bambino, le loro apprensioni erano state vaghe e, proprio per questo, più gravi: pensavano a una lesione irreparabile, ma non sapevano dove; ma ora la clavicola venne rapidamente messa a posto, e sebbene Mr. Robinson tastasse e ritastasse, e strofinasse, e facesse la faccia seria, e parlasse a bassa voce al padre e alla zia, alla fine risultò che tutti dovevano sperare per il meglio e i Musgrove potevano tornarsene a casa e cenare senza troppo preoccuparsi; e fu allora, proprio prima di andarsene, che le due giovani zie ebbero la possibilità di discostarsi tanto dal tema della salute del nipotino da dare ogni informazione sulla visita del capitano Wentworth; anzi, si fermarono cinque minuti dopo che il padre e la madre si erano già avviati per cercare di esprimere tutto il loro entusiasmo per l'ospite, e dire quanto lo ritenessero più affascinante e infinitamente più simpatico di qualunque altro, fra i loro conoscenti maschili, che in passato avessero comunque preferito; quanto erano state liete che papà lo avesse invitato a restare a cena; quanto erano rimaste dispiaciute quando lui aveva detto che gli era assolutamente impossibile; e ancora, quanto si erano nuovamente rallegrate allorché, cedendo ad altri, insistenti inviti di papà e mamma, aveva promesso di cenare da loro il giorno dopo, proprio il giorno dopo!... E l'aveva promesso in modo così spontaneo, come se intuisse proprio il motivo delle loro attenzioni! In breve, c'era nel suo aspetto e nelle sue parole una così indicibile garbatezza, che loro due, Henrietta e Louisa, potevano assicurare a tutti quanti di aver perso la testa per lui!... E scapparono via, piene d'allegria e d'amore e, apparentemente, pensando più al capitano Wentworth che al piccolo Charles.

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La stessa storia e le stesse estatiche reazioni si ripeterono quando, nelle tenebre della sera, le due ragazze vennero col padre a vedere come andavano le cose; e Mr. Musgrove, superata l'iniziale preoccupazione per la sorte dell'erede, poté aggiungere la sua personale conferma e i suoi elogi, nonché esprimere la speranza che ora non vi fosse alcun motivo per rimandare l'invito al capitano Wentworth: gli spiaceva soltanto che, probabilmente, loro del Cottage, non volendo lasciare il bambino, dovessero rinunciare alla serata. «Oh, no! lasciare il bambino!...». Lo spavento provato era troppo grande e troppo recente perché padre e madre ne tollerassero la sola prospettiva; e Anne, lieta per lo scampato pericolo, non poté fare a meno di aggiungere alle loro le sue vibrate proteste. Per la verità, più tardi Charles Musgrove si mostrò più incline ad accettare l'idea: il bambino stava talmente meglio, e lui desiderava talmente essere presentato al capitano Wentworth che, forse, in serata avrebbe potuto raggiungere gli altri; certo, non avrebbe cenato alla Casa Grande, ma avrebbe potuto ben farci una capatina e restar là per una mezz'ora. Ma qui si scontrò con la violenta opposizione della moglie: «Oh, no! davvero, Charles, non posso sopportare l'idea che tu te ne vada. Pensa solo se succedesse qualcosa!...». Il bambino trascorse una notte tranquilla, e il giorno dopo le sue condizioni sembravano alquanto migliorate. Ci sarebbe voluto del tempo per stabilire con certezza che non vi fossero lesioni alla spina dorsale, ma Mr. Robinson non rilevò per ora sintomi allarmanti, per cui Charles si riconvinse che non c'era nessuna necessità di starsene ancora chiuso in casa; il bambino doveva rimanere a letto, doveva essere distratto e svagato ma esser tenuto il più possibile immobile. Ma che poteva fare un padre in questo caso? Era roba da donne, e sarebbe stato semplicemente assurdo che lui, lui che in casa non era di nessuna utilità, ci si chiudesse dentro. Suo padre desiderava vivamente che incontrasse il capitano Wentworth, e poiché a ciò non si opponevano ragioni sufficientemente valide, era suo dovere andare; e la cosa finì, quando tornò da caccia, con una ferma e aperta dichiarazione: intendeva andar subito a cambiarsi, e cenare alla Casa Grande. «Il bambino non potrebbe star meglio», disse; «così ho appena annunciato a mio padre che sarei andato da loro, e lui mi ha dato perfettamente ragione. Tesoro, visto che tua sorella è con te, non ho alcuno scrupolo. Tu, personalmente, non lasceresti il bambino, ma vedi che io non sono di alcun aiuto. Se succede qualcosa, Anne mi manderà a chiamare». In genere mogli e mariti capiscono quando opporsi è del tutto inutile. Così, dal modo di parlare di Charles, Mary aveva capito che era assolutamente deciso ad andare e che insistere non sarebbe servito a niente. Perciò non aprì bocca finché egli non fu uscito dalla stanza, ma non appena rimase sola con Anne, sbottò: «Ecco! Tu ed io veniamo lasciate qui a cavarcela da sole accanto a questo povero bambino malato, senza che nessuno, per tutta la sera, venga a tenerci compagnia! Sapevo che sarebbe andata così. È il mio destino, sempre! Se c'è qualcosa di spiacevole, puoi star sicura che gli uomini se la battono sempre, e Charles è come tutti loro. Molto, molto insensibile! Debbo dire che è molto insensibile da parte sua andarsene via così, abbandonando il suo povero bimbo. E dice che sta sempre meglio! Come fa a sapere che sta sempre meglio, o che di qui a mezz'ora non possa verificarsi un improvviso peggioramento? Non credevo che Charles sarebbe stato tanto insensibile. E così, lui se ne va a divertirsi, e io, perché sono la povera madre, sono obbligata a restare; eppure, ne sono certa, sono meno adatta di chiunque altro ad assistere il bambino. Proprio perché sono la madre, i miei sentimenti non dovrebbero essere sottoposti a così dura prova. Hai visto la mia crisi isterica, ieri». «Ma è stata solo l'effetto dello spavento improvviso, dello shock. Non avrai altre crisi isteriche. Oso dire che non avremo alcun motivo di preoccuparci. Ho capito perfettamente le prescrizioni di Mr. Robinson, e non nutro alcun timore; e, a dire il vero, Mary, il comportamento di tuo marito mi sembra del tutto naturale. Non è compito dell'uomo curare gli infermi, non fa parte delle sue competenze. Un bambino malato è sempre proprietà della madre: sono i suoi stessi sentimenti che in genere lo fanno tale». «Spero di amare mio figlio quanto qualsiasi madre ama il suo, ma non credo proprio di essere più utile al suo capezzale di quanto possa esserlo Charles, perché mi è impossibile rimproverare e tormentare di continuo un povero piccino quando sta male; e hai visto, stamattina, che se solo gli dicevo di non muoversi, cominciava a scalciare di qua e di là. No, i miei nervi non reggono in queste situazioni». «Ma tu ti sentiresti tranquilla se dovessi passare tutta la serata lontana dal povero piccolo?». «Sì. Vedi che suo padre riesce a sentirsi tranquillo: perché non dovrei riuscirci io?... Jemima è così attenta e premurosa! E ogni ora potrebbe mandare qualcuno a dirci come sta. Davvero, penso che Charles avrebbe fatto meglio a dire a suo padre che ci andavamo tutti. Ora le condizioni del bambino non mi preoccupano più di quanto non preoccupino suo padre; ieri sì, ero terribilmente preoccupata, ma oggi la situazione è molto diversa». «Bene... se non pensi che sia troppo tardi per far sapere che ci sarai anche tu, facciamo così: vacci insieme a tuo marito e affida alle mie cure il piccolo Charles. Mr. e Mrs. Musgrove non disapproveranno certo la cosa, se io rimango con lui». «Dici sul serio?», esclamò Mary, e le si illuminarono gli occhi. «Oh! È un'ottima idea, veramente ottima. Certo, che io vada o no non fa grande differenza, visto che in casa non sono di alcuna utilità - perché è così, non è vero? - e non faccio altro che tormentarmi. Tu, che non provi i sentimenti di una madre, sei di gran lunga la persona più adatta. Tu riesci a indurre il bambino a fare qualsiasi cosa; basta una tua parola, e ti dà retta. Sarà molto meglio che lasciarlo da solo con Jemima. Oh, sì! ci andrò senz'altro; penso proprio che, avendone la possibilità, sia mio dovere andarci, così come è dovere di Charles, perché vogliono talmente che io conosca il capitano Wentworth. E poi so che a te non importa restartene sola. Davvero la tua è un'idea eccellente, Anne! Vado a dirlo a Charles e a prepararmi subito subito. E sai, se succede qualcosa, puoi mandarci a chiamare, e in un minuto siamo qua; ma, ne sono certa non avrai di che preoccuparti. Non andrei, puoi ben crederlo, se non mi sentissi assolutamente tranquilla per quanto concerne il mio piccolo caro».

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Un attimo dopo bussava alla porta dello spogliatoio di Charles, e Anne, che saliva le scale dietro di lei, fece in tempo a udire la conversazione, che Mary iniziò tutta esultante: «Ho pensato di venire con te, Charles, perché in casa non sono di alcuna utilità: proprio come te. Se anche mi rinchiudessi qui per sempre insieme al bambino, non riuscirei mai a persuaderlo a fare qualcosa che non gli vada a genio. Resterà Anne; Anne si impegna a restarsene a casa e ad occuparsi di lui. L'ha proposto lei, Anne, e così verrò con te, e sarà molto meglio, visto che è da martedì che non ceno all'altra casa». «È molto gentile da parte di Anne», fu la risposta del marito, «e io sarei molto lieto che tu venissi; ma che sia lasciata qui sola, a curare il nostro figlioletto malato, mi sembra molto ingiusto». Anne era ora abbastanza vicina da poter perorare la sua causa, e poiché la sincerità del suo atteggiamento bastò presto a convincerlo là dove esser convinti era, a dir poco, estremamente gradevole, egli non ebbe altri scrupoli sul fatto di lasciarla lì a cenare da sola; tuttavia propose che li raggiungesse più tardi, quando il bambino si fosse calmato e addormentato, e insistette cortesemente affinché gli permettesse di venire a prenderla; ma Anne fu irremovibile. E, visto che le cose stavano così, di lì a non molto ebbe il piacere di vederli avviarsi insieme, tutti e due d'ottimo umore. Se n'erano andati, sperava, per essere felici, anche se quella loro felicità poteva sembrare ben stranamente costruita. Quanto a lei, restò lì assaporando tante sensazioni confortevoli quante, forse, non avrebbe più conosciuto. Sapeva di essere utile, essenziale, al bambino; e cosa le importava se Frederick Wentworth si trovava solo a mezzo miglio di distanza e si rendeva simpatico ad altri! Le sarebbe piaciuto sapere con quali sentimenti egli considerasse un possibile incontro. Di indifferenza, forse, ammesso che in tali circostanze si potesse essere indifferenti. Ma sì! doveva essere o indifferente o riluttante. Se avesse mai desiderato rivederla, non avrebbe avuto bisogno di aspettare fino ad ora. Avrebbe fatto ciò che, ne era convinta, lei avrebbe fatto se fosse stata al suo posto molto, molto tempo prima, quando gli eventi l'avevano portato precocemente a quell'indipendenza economica che era stata la sola cosa che gli mancasse. Mary e il marito tornarono a casa assolutamente entusiasti del nuovo conoscente e, in generale, della serata trascorsa. Avevano fatto musica, cantato, riso, chiacchierato, trascorso il tempo nel modo più simpatico; e poi, i modi del capitano Wentworth!... così sciolti, così cordiali!... era come se tutti si conoscessero perfettamente, e già la mattina dopo il capitano sarebbe uscito a caccia con Charles. Anzi, era atteso a colazione, ma non al Cottage, benché così fosse stato proposto all'inizio; ma poi avevano insistito perché venisse alla Casa Grande, e lui aveva dato l'impressione di non voler disturbare Mrs. Musgrove per via del bambino; per cui in qualche modo - come esattamente non avrebbero saputo dire - avevano deciso alla fine che Charles si incontrasse con lui a casa di suo padre e lì facessero colazione insieme. Anne capì: evidentemente desiderava evitare di vederla. Aveva chiesto di lei, apprese, ma superficialmente, come si conviene trattandosi di una persona che in passato si è conosciuta in modo superficiale: aveva ammesso, insomma, quel tanto, o quel poco, che aveva ammesso lei, a ciò indotto, forse, dallo stesso proposito di evitare una presentazione formale quando si fossero incontrati. Al mattino gli orari del Cottage erano sempre meno precisi di quelli dell'altra casa; e l'indomani la differenza era così grande che Mary e Anne avevano appena cominciato a far colazione quando entrò Charles a dire che stavano giusto avviandosi, che lui era venuto a prendere i cani e che le sorelle lo seguivano in compagnia del capitano Wentworth, perché le ragazze volevano venire a trovare Mary e il bambino, e il capitano Wentworth desiderava anche lui farle visita: solo qualche minuto, se non disturbava; e sebbene Charles avesse garantito che, considerate le attuali condizioni del bambino, non vi sarebbe stato disturbo di sorta, il capitano Wentworth non si era dato pace finché lui non era corso avanti a preavvertire. Mary, lusingatissima da questa attenzione, fu più che felice di riceverlo; e Anne, intanto, si dibatteva tra mille sentimenti, il più consolante dei quali era che presto tutto sarebbe finito. E finì presto. Due minuti dopo l'annuncio di Charles, comparvero gli altri; erano in salotto. Il suo sguardo incontrò quello del capitano Wentworth; un inchino, una riverenza, udì la voce di lui - parlò con Mary, disse le parole giuste col tono giusto; disse qualcosa alle signorine Musgrove, abbastanza per rivelare la cordialità dei loro rapporti. La stanza sembrava piena - piena di persone e di voci - ma in pochi minuti tutto finì. Charles si presentò alla finestra, tutto era pronto, il visitatore si era inchinato e se n'era andato; se n'erano andate anche le signorine Musgrove, dopo avere improvvisamente deciso di proseguire sino al capo opposto del villaggio in compagnia dei cacciatori. La stanza era sgombra, e Anne avrebbe avuto la possibilità di finire di far colazione: sempre che ne fosse capace. «È passato! è passato!», seguitava a ripetersi in una sorta di nervosa gratitudine. «Il peggio è passato!». Mary parlava, ma lei non riusciva a prestarle attenzione. Lo aveva visto. Si erano incontrati. Erano stati ancora una volta nella stessa stanza! Presto, comunque, cominciò a ragionare tra sé e sé, a sforzarsi di resistere ai sentimenti. Erano passati otto anni, quasi otto anni, da quando tutto era finito. Com'era assurdo lasciarsi riprendere dall'orgasmo che un così lungo intervallo di tempo aveva rimosso e mutato in qualcosa di remoto e di indistinto! Cosa non potevano fare otto anni? Eventi di ogni tipo, cambiamenti, separazioni, trasferimenti... Sì, comportavano tutto questo; e naturalmente, inevitabilmente, anche l'oblio del passato! Otto anni erano quasi un terzo della sua vita. Ma ahimè! tutti quei suoi ragionamenti la portarono a scoprire che per chi nutre sentimenti memori e tenaci otto anni potevano essere poco più che nulla. E ora, come si dovevano interpretare i sentimenti di lui? Si poteva dedurre dal suo comportamento che desiderasse evitarla? E subito dopo odiò se stessa per essere stata tanto folle da porsi quella domanda.

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A proposito di un'altra domanda, che forse tutta la sua saggezza non avrebbe potuto prevenire, le fu presto risparmiata ogni suspense, perché dopo che le signorine Musgrove furono tornate ed ebbero conclusa la loro visita al Cottage, Mary le fornì questa spontanea informazione: «Il capitano Wentworth non è stato molto cortese nei tuoi confronti, Anne, anche se con me è stato così ossequioso. Henrietta gli ha chiesto che ne pensava di te, quando se ne sono andati, e lui ha detto che eri così cambiata che non ti avrebbe riconosciuta». Anche nelle circostanze più comuni, la sensibilità di Mary non era tale da farle rispettare quella della sorella; qui, comunque, non sospettava minimamente di infliggerle una ferita di particolare gravità. «Così cambiata da riuscire irriconoscibile: a lui!». Anne accettò il responso in silenzio, con profonda mortificazione. Era così, senza dubbio; e non aveva modo di vendicarsi, perché lui non era cambiato, o almeno non era cambiato in peggio. Lo aveva già ammesso dentro di sé, e non poteva pensarla diversamente, qualunque cosa egli pensasse di lei. No, gli anni che avevano distrutto la sua giovinezza e la sua freschezza a lui ave vano dato soltanto un'aria più esuberante, più virile, più ardita, senza nulla togliere al suo fascino personale. Quello che aveva visto era lo stesso Frederick Wentworth di un tempo. «Così cambiata che non l'avrebbe riconosciuta!». Erano parole, queste, che non potevano non rimanerle impresse. Eppure ben presto cominciò a rallegrarsi di averle udite. Erano una specie di sedativo; calmavano l'agitazione; davano il senso della misura, e di conseguenza dovevano renderla più felice. Frederick Wentworth aveva usato quelle parole, o altre più o meno simili, ma senza avere la minima idea che le sarebbero state riferite. L'aveva trovata terribilmente cambiata e sul momento, chiamato a giudicare, aveva espresso quello che provava dentro di sé. Non aveva perdonato Anne Elliot. L'aveva trattato male; l'aveva abbandonato e deluso; non solo, ma così facendo aveva dato prova di una debolezza di carattere che l'indole di lui, risoluta, sicura di sé, non poteva tollerare. Aveva rinunciato a lui per compiacere gli altri. Era stato l'effetto di una persuasione portata all'eccesso. Era stato un atto di debolezza e di pusillanimità. L'aveva amata appassionatamente e, dopo di allora, non aveva mai visto un'altra donna che stimasse a lei pari; ma, tranne che per un certo senso di naturale curiosità, non provava alcun desiderio di incontrarla di nuovo. Tutto ciò che in lei l'aveva attratto così irresistibilmente era svanito per sempre. Ora intendeva sposarsi. Era ricco, e poiché l'avevano rispedito a terra, era fermamente deciso ad accasarsi non appena ne fosse ragionevolmente tentato; in pratica, si guardava attorno, pronto a innamorarsi con tutta l'immediatezza compatibile con un'intelligenza lucida e un gusto esigente. Il suo cuore era a perfetta disposizione delle signorine Musgrove, quale delle due non importava, se solo riuscivano a catturarlo; era, in breve, a perfetta disposizione di qualsiasi giovane donna attraente che gli capitasse di incontrare: qualsiasi donna tranne Anne Elliot. Era questa la sola, segreta eccezione, quando, rispondendo alle supposizioni della sorella, le disse: «Proprio così, Sophia. Eccomi qui prontissimo a sposarmi come uno sciocco. Qualunque donna, tra i quindici e i trenta, può avermi a prezzo di costo. Un po' di bellezza, qualche sorriso, qualche elogio alla marina, e sono un uomo perduto. E non dovrebbero bastare queste doti a un marinaio che, data la sua scarsissima pratica del mondo femminile, non può certo avere gusti difficili?». Parlava così, e la sorella lo sapeva, solo per sentirsi contraddire. Il suo sguardo vivo, orgoglioso esprimeva la certezza di avere gusti difficili; e Anne Elliot non era lontana dai suoi pensieri, quando con maggiore serietà descrisse la donna che avrebbe voluto incontrare: «Una mente forte, e dolcezza di mo di». Questo il principio e la fine della descrizione. «Tale è la donna che voglio», disse. «Naturalmente mi accontenterò di qualcosa di meno, ma non dovrà essere molto meno. Se sono uno sciocco, lo sarò davvero, perché su questo soggetto ho riflettuto più della maggior parte degli uomini». VIII Dopo quella volta il capitano Wentworth e Anne Elliot si trovarono ripetutamente a far parte della stessa cerchia. Di lì a poco cenarono entrambi, con tutti gli altri, da Mr. Musgrove, e quella volta le condizioni del bambino non poterono più offrire alla zia un pretesto per restarsene a casa; fu il primo di altri pranzi e di altri incontri. Se i sentimenti d'un tempo fossero destinati a rivivere o meno, era cosa che andava poi verificata alla luce dei fatti, ma era inevitabile che già ora le circostanze del passato tornassero a vivere nel ricordo di entrambi: quelle, le circostanze, dovevano per forza essere menzionate; per forza, nel corso delle brevi narrazioni o descrizioni che la conversazione rendeva necessarie, lui doveva indicare con una data precisa quello che era stato l'anno del loro fidanzamento. Parlava con disinvolta scioltezza, e perché a ciò l'aveva abituato la sua professione e perché a ciò era portato per temperamento; e «Questo fu nell'otto centosei», «Questo successe nell'ottocentosei, prima che mi imbarcassi», furono due delle frasi che egli pronunciò la prima sera che trascorsero insieme. E sebbene la sua voce non tremasse, sebbene Anne non avesse motivo di supporre che i suoi occhi si posassero su di lei mentre parlava, tuttavia, conoscendo come conosceva la sua disposizione mentale, sentì che non era possibile, assolutamente, che in lui non riaffiorasse, come in lei, il ricordo del passato. Doveva esserci, in entrambi, la stessa immediata associazione di idee: anche se Anne era lontanissima dal supporre che comportasse un'identica sofferenza.

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La loro conversazione, i loro rapporti si limitarono a quanto imposto dalla più comune cortesia. Loro, che una volta aveva no contato tanto l'uno per l'altra! E ora niente! C'era stato un tempo in cui, trovandosi in così numerosa compagnia come quella che affollava il salotto di Uppercross, sarebbe stato estremamente difficile cessare di parlarsi, loro due soli. Con la sola eccezione, forse, dell'ammiraglio Croft e di sua moglie, che sembravano talmente affezionati e felici (Anne non poteva ammettere altra eccezione, neppure tra le coppie sposate), non avrebbero potuto esservi due cuori così aperti, né gusti così simili, né sentimenti così all'unisono, né volti così amati. Ora erano come estranei; anzi, peggio che estranei, poiché mai più avrebbero potuto avvicinarsi e conoscersi. Era uno straniarsi per sempre. Quando lui parlava, Anne udiva la stessa voce, coglieva lo stesso spirito. Tra i presenti regnava la massima ignoranza su tutti i problemi connessi alla vita di mare, e molte erano le domande rivolte al capitano Wentworth, specialmente dalle due signorine Musgrove, che sembravano aver occhi solo per lui, a proposito della vita a bordo, dei regolamenti d'ogni giorno, del vitto, degli orari, eccetera, eccetera; e la loro sorpresa nell'udire le sue spiegazioni e nell'apprendere di quante comodità e agi si potesse disporre su una nave fu da lui commentata con battute scherzose che ricordarono ad Anne i giorni lontani, quando anche lei ignorava tutto della vita di mare ed era stata, anche lei, accusata di supporre che a bordo vivessero senza nulla da mangiare o, se c'era qualcosa da mangiare, senza un cuoco che lo cucinasse a puntino, o un servitore che lo portasse in tavola, o coltelli e forchette da usare. A distoglierla dall'ascolto e dai suoi pensieri intervenne una frase sussurrata da Mrs. Musgrove che, sopraffatta da teneri rimpianti, non poté trattenersi dal dire: «Ah, Miss Anne, se fosse piaciuto al Cielo risparmiare il mio povero figliolo, oso dire che adesso sarebbe proprio un uomo così». Anne represse un sorriso e ascoltò gentilmente, mentre Mrs. Musgrove dava ancora sfogo al suo cuore; per qualche minuto, quindi, non poté seguire la conversazione degli altri. Poi, quando fu libera di lasciare che la sua attenzione riprendesse il suo corso naturale, vide che le signorine Musgrove erano andate a prendere la navy-list (la "loro" navy-list, la prima che mai fosse entrata a Uppercross) e si erano sedute l'una accanto all'altra, immerse nella lettura e col dichiarato proposito di scoprire tutto sulle navi di cui il capitano Wentworth aveva avuto il comando. «La sua prima nave è stata l'Asp, ricordo; ora cercheremo l'Asp». «Non ce la troveranno... È completamente fuori uso, uno sfacelo. Sono stato l'ultimo ad averne il comando... e già allora era malridotta, buona per il servizio nelle acque territoriali ancora per un paio d'anni: e così mi hanno spedito con l'Asp alle Indie Occidentali». Le ragazze fecero tanto d'occhi. «L'Ammiragliato», continuò lui, «di tanto in tanto si diverte a spedire in mare qualche centinaio di uomini sopra una nave in disarmo, o quasi. Ma là, all'Ammiragliato, hanno un mucchio di gente di cui occuparsi, e fra le migliaia di uomini che con nove probabilità su dieci, andranno a fondo, gli è materialmente impossibile distinguere quelli di cui si sentirà meno la mancanza». «Puah! puah!», esclamò l'ammiraglio, «che razza di stupidaggini dicono questi giovanotti! Non c'è mai stata una corvetta migliore dell'Asp ai suoi bei tempi... Fra le corvette vecchio modello non ce n'era una che le stesse a pari. È stata una bella fortuna che toccasse a lui!... Sa benissimo che, allora, saranno stati in venti a richiederla, e tutti più in gamba di lui. È stata una bella fortuna che gli toccasse un comando qualsiasi così presto, e senza appoggi». «E della mia fortuna mi sono reso conto, ammiraglio, glielo assicuro», replicò in tono più serio il capitano Wentworth. «Ero soddisfatto, indicibilmente soddisfatto della mia nomina. Era una cosa molto importante per me, a quel tempo, trovarmi a bordo di una nave... sì, una cosa di essenziale importanza: volevo fare qualcosa». «Lo credo bene! Che dovrebbe fare a terra un giovanotto come te per mezz'anno di seguito? Se uno non ha moglie, prima o poi desidera di riprendere il mare». «Ma, capitano Wentworth», esclamò Louisa, «come deve essersi irritato quando, raggiunta l'Asp, ha visto che vecchiume le avevano dato!». «Sapevo abbastanza bene di che si trattava, anche prima di quel giorno», disse lui sorridendo. «Non avevo altre scoperte da fare: non più di quelle che dovrebbe far lei per conoscere il modello e la possibile durata di una qualsiasi vecchia pelisse che, da tempo immemorabile, è stata data in prestito ora a questa ora a quella, facendo così il giro di metà delle sue conoscenti e che, in un giorno di pioggia e di vento, viene prestata a lei... Ah! come l'amavo la mia vecchia Asp. Faceva tutto quello che volevo io. Sapevo che l'avrebbe fatto. Sapevo che o saremmo andati a fondo insieme, o avrebbe fatto la mia fortuna; mai, in tutto il tempo che sono stato in mare con lei, ho avuto due giorni di tempesta; e dopo aver abbordato quel tanto di navi corsare che basta per prender gusto alla cosa, ebbi la fortuna, mentre tornavo in patria l'autunno successivo, di imbattermi proprio nella fregata francese che volevo. Me la portai a Plymouth, ed ecco un altro colpo di fortuna. Eravamo nel Sound da meno di sei ore, quando si scatenò una burrasca che durò quattro giorni e quattro notti e che, in metà di quel tempo, avrebbe messo fuori causa la povera vecchia Asp, tanto più che il nostro contatto con la Grande Nazione non aveva molto migliorato le nostre condizioni. Ventiquattro ore di ritardo, e io sarei stato semplicemente un certo valoroso capitano Wentworth in un piccolo paragrafo in fondo a una pagina di giornale; e, poiché ero andato perduto in una semplice corvetta, nessuno avrebbe pensato a me». Anne rabbrividì, ma nessuno, tranne lei, notò la sua emozione; le signorine Musgrove, invece, poterono essere tanto franche quanto sincere nell'esternare la loro con esclamazioni di pietà e di orrore. «E fu allora, suppongo», mormorò Mrs. Musgrove come pensando ad alta voce, «fu allora che passò alla Laconia, e là incontrò il nostro povero ragazzo... Charles, caro» (facendogli un cenno perché si avvicinasse), «chiedi al capitano Wentworth dove ha incontrato per la prima volta il tuo povero fratello. Lo dimentico sempre».

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«È stato a Gibilterra, mamma, lo so. Dick era malato ed era stato sbarcato a Gibilterra con una raccomandazione diretta dal suo ex capitano al capitano Wentworth». «Oh!... Ma, Charles, di' al capitano Wentworth che non de ve aver paura di fare il nome del povero Dick in mia presenza, perché anzi sarebbe un piacere sentirne parlare, e da un così buon amico». Charles, leggermente più consapevole delle probabilità del caso, rispose con un vago cenno di assenso, e si allontanò. Ora le ragazze erano alla ricerca della Laconia, e il capitano Wentworth non poté negarsi il piacere di prender lui in mano il prezioso volume per risparmiar loro il disturbo, e rilesse a voce alta le brevi note informative - nome, stazza e qualifica di nave non armata e equipaggiata - osservando in proposito che anche lei gli era stata amica, uno dei migliori amici che sia dato incontrare. «Ah! che giorni grandiosi furono quelli in cui ebbi il comando della Laconia! Con quanta rapidità feci denaro, su quel la nave!... Ci portò, un mio amico e me, al largo delle Isole Occidentali; un viaggio fantastico!... Il mio amico. Il povero Harville, sorella! Tu sai quanto avesse bisogno di denaro, ancor più di me, perché aveva moglie, lui... Che uomo eccellente! Non dimenticherò mai la sua felicità. E la provava, questa felicità, soprattutto per lei. Avrei tanto voluto che fosse ancora con me l'estate dopo, quando nel Mediterraneo ebbi ancora la stessa fortuna». «E sono certa, signore», disse Mrs. Musgrove, «che fu un giorno fortunato per noi quando la fecero capitano di quella nave. Noi non dimenticheremo mai quello che ha fatto». Aveva parlato a bassa voce, in preda all'emozione, e il capitano Wentworth, che aveva udito solo in parte le sue parole e che con tutta probabilità non pensava neppur vagamente a Dick Musgrove, la guardò incerto, in attesa che continuasse. «Mio fratello», sussurrò una delle ragazze; «Mamma sta pensando al povero Richard». «Povero caro!», proseguì Mrs. Musgrove; «era diventato così serio, e un così assiduo corrispondente, mentre era affidato alle sue cure! Ah! sarebbe stata una gran bella cosa, se non l'avesse mai lasciato. Le assicuro, capitano Wentworth, ci dispiace moltissimo che Dick l'abbia lasciato». A queste parole, il volto del capitano Wentworth si atteggiò, per un attimo soltanto, a una certa espressione - un certo sguardo nei suoi occhi vivaci, una certa smorfia della sua bella bocca - da cui Anne derivò la convinzione che, lungi dal con dividere i benevoli desideri della madre per quel che riguardava il figlio, si era dato probabilmente da fare per liberarsi di lui; ma quello sprazzo di autoironia fu troppo fuggevole per essere notato da chi lo capiva meno di quanto lo capisse lei; un istante più tardi, appariva serissimo e controllato; e subito dopo, avvicinatosi al sofà dove sedevano Anne e Mrs. Musgrove, prese posto accanto a quest'ultima e, a bassa voce, iniziò a conversare con lei, parlandole del figlio con una simpatia e una naturale dolcezza di modi che dimostravano la sua delicata considerazione per tutto ciò che v'era di autentico e di non assurdo nei sentimenti della madre. Erano, sì, sullo stesso sofà, poiché Mrs. Musgrove si era affrettata a fargli posto, divisi solo dalla stessa Mrs. Musgrove; ed era, questa, una barriera tutt'altro che trascurabile. Mrs. Musgrove aveva un'aria paciosa e una corporatura massiccia che per natura la rendevano infinitamente più adatta a esprimere allegria e buon umore che non tenerezza ed emozioni; e mentre l'irrequietudine della delicata figuretta di Anne e il suo volto pensoso restavano praticamente celati agli occhi del capitano Wentworth, bisognerebbe pure attribuirgli qualche merito per l'autocontrollo con cui prestò orecchio ai grossi, corposi sospiri che la sua vicina profondeva sul destino di un figlio al quale, da vivo, nessuno si era interessato. Certo, la corporatura di un individuo e le sue intime sofferenze non sono di necessità direttamente proporzionali. Chi ha una figura grande, grossa e ingombrante ha tutto il diritto di versare nella più profonda afflizione, esattamente come chi è dotato delle forme più aggraziate e armoniose di questo mondo. Ma, che piaccia o meno, ci sono degli accostamenti indecorosi, che la ragione invano difende, che il gusto non può tollerare, che il senso del ridicolo prende di mira. L'ammiraglio che, le mani dietro la schiena, aveva fatto - tanto per distrarsi - due o tre giri per la stanza, richiamato all'ordine dalla moglie, si avvicinò ora al capitano Wentworth e, senza minimamente badare ai discorsi che, con tutta probabilità, stava interrompendo, cominciò, seguendo unicamente il corso dei suoi pensieri: «Se la primavera scorsa tu non fossi arrivato a Lisbona una settimana dopo, Frederick, ti avrebbero chiesto di dare un passaggio a Lady Mary Grierson e alle sue figliole». «Sì? Allora sono contento di non essere arrivato una settimana dopo». L'ammiraglio lo rimproverò per la sua mancanza di galanteria, e Wentworth si difese, pur dichiarando che mai avrebbe accolto di buon grado delle signore a bordo di una sua nave, tranne che per un ballo o una visita che non durassero più di qualche ora. «Ma», disse, «se ben mi conosco, questo non dipende dal fatto che io manchi di galanteria nei loro confronti. Piuttosto dipende dal fatto che mi rendo conto dell'assoluta impossibilità, pur con tutti gli sforzi, con tutti i sacrifici, di ottenere a bordo quel tipo di sistemazione cui le donne hanno diritto. Non può esservi mancanza di galanteria, ammiraglio, nel tenere in alta considerazione i diritti che hanno le donne ad ogni personale comodità: ed è questo che io faccio. Odio sentir parlare di donne a bordo, o vederle a bordo; e nessuna nave sotto il mio comando trasporterà mai delle signore, gruppo o famiglia che siano, da nessuna parte, se solo posso impedirlo». Questo provocò la reazione della sorella: «Oh, Frederick!... No, non posso crederti... Tutte queste tue raffinatezze non hanno senso! A bordo di una nave le donne possono sentirsi perfettamente a loro agio, proprio come nella più bella casa d'Inghilterra. Credo di aver passato la

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mia vita in mare come moltissime altre donne, e non conosco alloggi che siano superiori a quelli offerti da una nave da guerra. Posso dire francamente che non vi sono comodità o agi, neppure a Kellynch-hall (con un cortese cenno del capo ad Anne) che io non abbia avuto sulla maggior parte delle navi dove ho abitato; e, in tutto, sono state cinque». «Questo non c'entra», replicò suo fratello. «Tu vivevi con tuo marito, ed eri l'unica donna a bordo». «Ma se tu, proprio tu, hai portato da Portsmouth a Plymouth Mrs. Harville e sua sorella e sua cugina e i tre bambini... Dov'era allora questa tua rarissima, raffinatissima galanteria?». «Completamente fusa e incorporata nella mia amicizia. Assisterei con tutte le mie forze la moglie di qualunque ufficiale mio collega e porterei qualsiasi cosa che appartenga a Harville da un capo all'altro del mondo, se solo la volesse. Ma non supporre che, allora, la cosa mi entusiasmasse: proprio la cosa in sé». «Eppure, credimi, si sono trovati a loro perfetto agio». «E questo, forse, potrebbe farmeli trovare meno simpatici. Tante donne e tanti bambini non hanno il diritto di trovarsi a loro agio a bordo». «Mio caro Frederick, davvero le tue parole non hanno senso. Dimmi un po': che ne sarebbe di tutte noi mogli di poveri marinai, di noi che spesso abbiamo bisogno di trasferirci da un porto all'altro per seguire i nostri mariti, se tutti avessero la tua sensibilità?». «La mia sensibilità, lo sai bene, non mi ha impedito di portare a Plymouth Mrs. Harville e tutta la sua famiglia». «Ma non sopporto di sentirti parlare così, da gentiluomo super-raffinato, e come se le donne fossero tutte dame super-raffinate, e non creature dotate di ragione. Nessuna di noi si aspetta di viver tranquilla ogni giorno che passa». «Ah! mia cara», disse l'ammiraglio, «quando avrà moglie, cambierà musica. Quando sarà sposato, se per nostra buona fortuna parteciperemo a un'altra guerra, lo vedremo fare quello che abbiamo fatto tu ed io, e moltissimi altri. E troveremo che sarà molto grato a chi porterà da lui sua moglie». «Ma certo!». «Basta, ho finito», esclamò il capitano Wentworth. «Appena la gente sposata comincia ad attaccarmi con i suoi "Oh, la penserai molto diversamente quando avrai moglie", posso solo dire: "No, che non la penserò diversamente!", e loro, di rimando: "Sì, invece!", il che mette fine alla discussione». Si alzò dal sofà e si allontanò. «Che gran viaggiatrice deve essere stata, signora!», disse Mrs. Musgrove a Mrs. Croft. «Eh, sì, abbastanza, durante i quindici anni del mio matrimonio; anche se molte donne lo sono state di più. Ho attraversato l'Atlantico quattro volte, e una volta sono stata alle Indie Orientali, andata e ritorno; solo una volta; oltre, naturalmente, essere stata in diversi posti non lontani dall'Inghilterra: Cork, Lisbona, Gibilterra. Ma non mi sono mai spinta al di là degli Stretti e non sono mai arrivata alle Indie Occidentali. Perché, sa, non possiamo chiamare Indie Occidentali Bermuda o le Bahamas». Mrs. Musgrove non aveva nulla da obiettare; non poteva accusarsi di averle mai chiamate, in vita sua, con questo o altro nome. «E le assicuro, signora, che niente può superare, in fatto di comodità, gli alloggi offerti da una nave da guerra; parlo delle più grandi, lei m'intende, perché naturalmente, trattandosi di una fregata, lo spazio è più ridotto... Comunque, anche lì qualunque donna ragionevole può trovarsi perfettamente a suo agio; e, personalmente, posso dichiarare con tutta franchezza di aver trascorso a bordo la parte più felice della mia esistenza. Vede, mentre eravamo insieme, non c'era nulla da temere. Grazie a Dio, ho sempre avuto una salute eccellente, e non vi è clima che non mi si addica. Sempre qualche piccolo malessere durante le prime ventiquattro ore di navigazione ma, passate quelle, non ho mai saputo cosa fosse il mal di mare. L'unica volta in cui soffrii veramente nel corpo o nello spirito, l'unica volta in vita mia che immaginai di essere malata e pensai al pericolo, fu durante l'inverno che passai a Deal da sola, mentre l'ammiraglio (allora era ancora il capitano Croft) si trovava nell'Atlantico Settentrionale. In quel periodo ero continuamente in preda ad ansie e terrori, e avevo ogni sorta di disturbi immaginari: tutto perché non avevo nulla che mi tenesse occupata e non sapevo quando avrei avuto sue notizie; ma finché abbiamo potuto stare insieme, non ho mai avuto la minima indisposizione, né ho provato la minima preoccupazione». «Certo, certo... Oh, sì! Sono esattamente della sua opinione, Mrs. Croft», fu la sentita risposta di Mrs. Musgrove. «Non c'è nulla di peggio della separazione. Sono esattamente della sua opinione. E so cosa significhi, perché Mr. Musgrove va sempre alle sedute del tribunale di contea, e io sono così felice quando terminano, e lui se ne torna a casa sano e salvo». La serata si chiuse con un ballo. Quando fu lanciata la proposta, Anne, come al solito, offrì i suoi servigi, e benché a volte, mentre sedeva allo strumento, gli occhi le si empissero di lacrime, era felicissima di essere occupata e non desiderava nulla in cambio tranne che restarsene inosservata. Erano un'allegra, gioiosa brigata, e nessuno sembrava più su di tono del capitano Wentworth. Tutto, notò Anne, contribuiva ad esaltarlo: la generale attenzione e deferenza, e soprattutto l'attenzione di tutte le giovani donne presenti. Alle signorine Hayter, cioè le componenti femminili della famiglia di cugini già menzionata, era evidentemente stato concesso l'onore di essere, anche loro, innamorate di lui, e quanto a Henrietta e Louisa, sembravano tutt'e due così prese dal suo fascino che solo il perdurare della più assoluta cordialità nei loro reciproci rapporti impediva di scambiarle per due accanite rivali. Non era forse naturale che una così entusiastica, universale ammirazione finisse col viziarlo un po'? Erano questi alcuni dei pensieri che passavano per la mente di Anne, mentre le sue dita erano meccanicamente all'opera e continuavano a correre per mezze ore di seguito, impeccabilmente e inconsciamente. Una volta sentì che lui la stava guardando: osservando, forse, le sue fattezze mutate, cercando di scoprirvi i resti di quel viso che un tempo l'aveva

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ammaliato; e una volta seppe che doveva aver parlato di lei; se ne accorse solo quando udì la risposta, ma allora fu certa che aveva chiesto alla sua dama se Miss Elliot non ballava mai. E la risposta fu: «Oh, no! mai. È da molto tempo che non balla più. Preferisce suonare. Non è mai stanca di suonare». E una volta le parlò, anche. Poiché le danze erano finite, Anne aveva abbandonato il pianoforte, ed egli si era seduto alla tastiera tentando di accennare un motivo di cui voleva dare un'idea alle signorine Musgrove. Involontariamente, Anne ritornò in quella parte della stanza; lui la vide e, alzandosi immediatamente, disse con studiata cortesia: «Chiedo scusa, signora: questo è il suo posto»; e sebbene lei subito si ritraesse con un «No!» deciso, rifiutò di sedersi di nuovo. Anne non ne poteva più di quegli sguardi, di quelle frasi. La sua gelida cortesia, la sua cerimoniosa correttezza erano peggio di qualunque altra cosa. IX Il capitano Wentworth era venuto a Kellynch per ritrovarsi in famiglia, e a Kellynch poteva trattenersi quanto voleva poi ché tanto l'ammiraglio che la moglie nutrivano per lui un affetto veramente fraterno. Quando era arrivato, si era proposto di proseguire di lì a poco per lo Shropshire e di far visita al fratello che risiedeva appunto in quella contea, ma le attrattive di Uppercross lo indussero a rimandare. A Uppercross lo avevano accolto con tanta simpatia, con tante adulazioni, con modi così affascinanti e seducenti, i vecchi erano così ospitali, i giovani così simpatici, che non poté fare a meno di risolversi a restare là dov'era e di affidarsi ancora per qualche tempo a tutte le grazie e le perfezioni della moglie di Edward. Presto lo si vide a Uppercross quasi ogni giorno. I Musgrove erano solleciti a invitarlo quanto lui a venire, specialmente al mattino, quando a casa non c'era nessuno perché l'ammiraglio Croft e la moglie in genere uscivano insieme a interessarsi dei loro nuovi possedimenti, della loro erba e delle loro pecore, gironzolando senza una meta precisa in modo difficilmente tollerabile per una terza persona, o spingendosi più lontano sul loro calessino, recente aggiunta alle attrezzature della proprietà. Finora, tra i Musgrove e quanti gravitavano intorno a loro, vi era stato pieno consenso di opinioni sul capitano Wentworth: dovunque egli era oggetto di costante, entusiastica ammirazione. Ma queste relazioni amichevoli erano, si può dire, appena iniziate, quando tornò tra loro Charles Hayter, che ne rimase parecchio infastidito e trovò che il capitano Wentworth gli stava un po' troppo tra i piedi. Charles Hayter era, oltre che il maggiore di tutti i cugini, un giovanotto amabile e attraente, e fra lui e Henrietta c'era stata, prima della comparsa del capitano Wentworth, una più che palese simpatia. Era sacerdote, e poiché la sua parrocchia, sita nei dintorni, non imponeva l'obbligo della residenza, viveva nella casa del padre, a sole due miglia da Uppercross. Una breve assenza aveva fatto sì che l'amata se ne restasse priva della difesa delle sue attenzioni proprio in questo critico frangente, per cui, quando tornò, egli ebbe l'afflizione di trovarsi di fronte a modi assai mutati, e di vedere il capitano Wentworth. Mrs. Musgrove e Mrs. Hayter erano sorelle. Erano entrambe danarose, ma i loro matrimoni avevano comportato una differenza sostanziale per quel che concerneva il loro prestigio. Mr. Hayter possedeva dei terreni, ma erano ben poca cosa in confronto a quelli di Mr. Musgrove; e mentre i Musgrove appartenevano a quella che era la prima classe della società locale, i giovani Hayter, a causa dello stile di vita dei genitori - inferiore, rozzo, appartato - e della loro scarsa istruzione, non sarebbero appartenuti a nessunissima classe se non fosse stato per i loro rapporti con Uppercross; faceva eccezione, naturalmente, il primogenito, che aveva scelto di essere uno studioso e un gentiluomo, e che era di gran lunga superiore a tutti gli altri quanto a cultura ed educazione. Le due famiglie erano sempre state in eccellenti rapporti, poiché non v'era orgoglio nell'una, né invidia nell'altra; quanto alle signorine Musgrove, erano, sì, consapevoli della propria superiorità ma, proprio per questo, compiaciute di affinare i cugini. Le tenere attenzioni che Charles dedicava a Henrietta erano state osservate dal padre e dalla madre di lei senza disapprovazione: «Certo, per lei non sarebbe stato un gran partito, ma se a Henrietta andava a genio...». E sembrava che a Henrietta andasse proprio a genio. Lei, Henrietta, ne era perfettamente convinta, prima dell'arrivo del capitano Wentworth; ma, da allora, il cugino Charles era passato in seconda linea. A quale delle due sorelle andassero le preferenze del capitano era, per il momento, assai dubbio, almeno per quanto Anne poteva dedurre dalle proprie osservazioni. Delle due, Henrietta era forse la più graziosa, Louisa la più spigliata e briosa; e adesso lei, Anne, non sapeva quale indole, se !a più dolce o la più vivace, avesse maggiore probabilità di attrarlo. Mr. e Mrs. Musgrove, o perché non notavano granché, o perché nutrivano un'assoluta fiducia nel buon senso di entrambe le figliole, nonché di tutti i giovanotti che le frequentavano, avevano l'aria di voler lasciare che le cose si sistemassero come potevano o dovevano. Alla Casa Grande non c'era il minimo segno di preoccupazione, né si faceva il minimo cenno alle persone in causa. Non così al Cottage, dove marito e moglie erano più disposti ad avanzare congetture e a porre interrogativi. Il capitano Wentworth non era stato più di quattro o cinque volte in compagnia delle signorine Musgrove, e Charles Hayter era appena ricomparso, quando Anne dovette ascoltare le opinioni del cognato e della sorella

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su chi era la preferita. Louisa, secondo Charles; Henrietta, secondo Mary. Comunque, tutti e due erano d'accordo sul fatto che, sposasse l'una o l'altra, sarebbe stato davvero splendido. Charles disse che mai, in vita sua, aveva incontrato un uomo più simpatico; e, stando a quello che gli aveva sentito dire una volta, era assolutamente certo che la guerra avesse fruttato al capitano Wentworth non meno di ventimila sterline. Quindi disponeva già di una fortuna, e a questa si doveva aggiungere la possibilità di aumentarla nel caso di altre guerre: perché, ne era certo, il capitano Wentworth era giusto il tipo di ufficiale di marina capace di distinguersi. Oh! sarebbe stato un matrimonio fantastico per l'una o l'altra delle sue sorelle. «Parola mia, lo sarebbe davvero», replicò Mary. «Ma pensa! Se gli venisse conferito un titolo nobiliare! se venisse fatto baronetto! "Lady Wentworth"... sì, suona bene. E sarebbe splendido per Henrietta! Se così fosse, avrebbe la precedenza su di me, cosa che a Henrietta non spiacerebbe affatto. Sir Frederick e Lady Wentworth! Comunque, si tratterebbe solo di nobiltà di recente data, e io non ho mai tenuto in gran considerazione questo tipo di titoli». Mary era più portata a ritenere che Henrietta fosse la preferita proprio a causa di Charles Hayter, alla cui assiduità si sarebbe dovuto, a suo parere, metter fine. Disprezzava cordialmente gli Hayter, e pensava, che sarebbe stata una vera disgrazia veder rinnovare e rafforzare i legami che già esistevano tra le due famiglie: una cosa molto spiacevole per lei e per i suoi figli. «Non posso, capisci, ritenerlo un partito adatto a Henrietta, assolutamente!», disse: «e considerando i matrimoni fatti dai Musgrove, lei non ha alcun diritto di buttarsi via. Non credo che una giovane donna abbia il diritto di fare una scelta che può riuscire sgradevole e sconveniente per la parte principale della sua famiglia e di dare parenti molto discutibili a chi non è abituato ad averne di simili. E poi, chi è Charles Hayter? Solo un curato di campagna. Un partito assolutamente inadatto a una Miss Musgrove di Uppercross». Su questo punto, comunque, il marito non era d'accordo: non solo era affezionato al cugino, ma questi era il figlio primogenito di Mr. Hayter, per cui anche lui, Charles Musgrove, vedeva le cose da primogenito. «Qui dici delle sciocchezze, Mary», fu perciò la sua risposta. «Non sarebbe un gran matrimonio per Henrietta, è vero, ma Charles ha ottime possibilità, grazie agli Spicer, di ottenere qualcosa dal vescovo tra uno o due anni; e ti prego di ricordare che è il figlio maggiore e che alla morte di mio zio gli toccherà una proprietà tutt'altro che trascurabile. La tenuta di Winthrop è di cento ettari buoni, e poi c'è la fattoria vicino a Taunton, uno dei migliori terreni della zona. Ti concedo che un altro di loro sarebbe un partito assolutamente sconveniente per Henrietta, una cosa da escludersi. Di tutti, Charles è l'unico accettabile; ma è un così bravo ragazzo, di indole così gentile... E quando Winthrop sarà in mano sua, ne farà un posto molto diverso da quello che è, e vivrà in un modo molto diverso; con una proprietà come quella, non sarà mai un uomo di poco conto. Una proprietà di valore, non soggetta ad alcun vincolo... No, no, Henrietta potrebbe trovare partiti peggiori di Charles Hayter; se lei lo sposa, e Louisa riesce a conquistare il capitano Wentworth, sarò più che soddisfatto». «Charles può dire quel che vuole», dichiarò Mary, rivolgendosi ad Anne non appena il marito ebbe lasciato la stanza, «ma sarebbe scioccante se Henrietta sposasse Charles Hayter; una cosa molto svantaggiosa per lei, e ancor più per me; per cui c'è da augurarsi che il capitano Wentworth glielo faccia scordare al più presto. Anzi, non dubito affatto che ci sia già riuscito. Ieri Henrietta ha quasi del tutto ignorato Charles Hayter. Avrei voluto che fossi là a vedere come si è comportata. Quanto poi a dire che al capitano Wentworth piacciono sia Louisa sia Henrietta, è una pura sciocchezza, perché Henrietta gli piace molto di più, è così evidente. Ma Charles è talmente ostinato! Vorrei che ieri fossi stata con noi, perché così avremmo potuto discutere la cosa, tu ed io, e sono sicura che l'avresti pensata come me, sempre che tu non avessi deciso di darmi torto». Una cena da Mr. Musgrove era stata l'occasione in cui Anne avrebbe dovuto vedere tutte queste cose; ma era rimasta a casa, un po' perché aveva mal di capo, un po' perché il piccolo Charles non stava perfettamente bene. Aveva pensato solo a evitare il capitano Wentworth, ma l'essere sfuggita al pericolo di dover fare da arbitro si aggiungeva ora ai vantaggi di una serata trascorsa in pace. Quanto alle intenzioni del capitano Wentworth, quello che veramente importava, secondo lei, era che si decidesse, e presto, in modo da non mettere in pericolo la felicità dell'una o dell'altra delle due sorelle o da compromettere il proprio onore; era questo che importava, più che il fatto di preferire Henrietta a Louisa, o Louisa a Henrietta. Con tutta probabilità, tanto l'una che l'altra sarebbe stata una moglie affezionata e di indole gentile. Nei confronti di Charles Hayter, infine, le reazioni di Anne erano motivate da un'innata delicatezza che non poteva non essere penosamente colpita da una certa qual leggerezza nel comportamento di una giovane donna, peraltro ben intenzionata, e da una sensibilità che la portava a commiserare le sofferenze che da ciò derivavano; ma se Henrietta si era sbagliata circa la natura dei propri sentimenti, era bene che l'avvenuto mutamento fosse chiarito al più presto. Nell'atteggiamento della cugina Charles Hayter aveva notato molte cose che l'avevano turbato e mortificato. Da troppo tempo gli dava prova del suo affetto per dimostrarsi ora così distaccata e distante da spegnere in due incontri ogni speranza passata e da non lasciargli altra scelta che quella di star lontano da Uppercross; non solo, ma tale cambiamento diveniva estremamente allarmante quando si era costretti a identificare nel capitano Wentworth la sua probabile causa. Era stato assente solo due domeniche e, quando si erano visti l'ultima volta, l'aveva lasciata interessatissima, più interessata di quanto egli avesse osato sperare, alle sue prospettive di rinunciare presto alla sua parrocchia attuale e ottenere in cambio quella di Uppercross. In quell'occasione era parso che il più sentito desiderio di Henrietta fosse quello di vedere il Dott. Shirley, il rettore della parrocchia che per più di quarant'anni aveva assolto con zelo tutti i doveri del suo ufficio ma che ora era troppo debole di salute per molti di essi, decidere finalmente di prendersi un curato, fissargli il reddito più elevato che i suoi mezzi consentissero, e promettere il posto a Charles Hayter. Il vantaggio che gliene sarebbe derivato dal dover venire solo a Uppercross anziché percorrere sei miglia nella direzione opposta; dall'avere, sotto tutti i

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punti di vista, una parrocchia migliore; dal dipendere dal loro caro, ottimo Dott. Shirley; il vantaggio che quel caro, ottimo Dott. Shirley avrebbe tratto dall'essere esentato dai compiti onerosi che non poteva sostenere più a lungo senza fatiche estremamente pregiudizievoli alla sua salute - tutto questo era stato tenuto in gran conto, anche da Louisa, ma per Henrietta era stato molto di più: tutto, si sarebbe detto. Ahimè, quando il cugino tornò, l'interesse per la cosa era svanito. Louisa si mostrò del tutto indifferente al resoconto di un colloquio che lui aveva appena avuto con il Dott. Shirley: se ne stava alla finestra, in attesa del capitano Wentworth; e persino Henrietta lo ascoltava col fare distratto di chi, a dir poco, pensa anche a qualcos'altro, e sembrava aver tutto dimenticato dei dubbi e delle ansie prima connessi alla conclusione dell'accordo. «Bene, sono davvero molto contenta, ma ho sempre pensato che ce l'avresti fatta; ho sempre pensato che ne fossi sicuro. Non mi sembrava che... Per farla breve, sai bene che il Dott. Shirley deve avere un curato, e tu avevi avuto la sua promessa. Sta arrivando, Louisa?». Una mattina, pochi giorni dopo la cena dai Musgrove alla quale Anne non aveva partecipato, il capitano Wentworth entrò nel soggiorno del Cottage, dove si trovavano solo lei e il piccolo infermo coricato sul sofà. La sorpresa provocata dal trovarsi quasi solo con Anne gli fece perdere il suo abituale aplomb: trasalì, e riuscì solo a dire: «Credevo che le signorine Musgrove fossero qui... Mrs. Musgrove mi ha detto che le avrei trovate qui», dopodiché se ne andò alla finestra per ricomporsi e pensare a come avrebbe dovuto comportarsi. «Sono di sopra con mia sorella: scenderanno fra poco, credo», era stata la risposta di Anne, in preda, come è naturale, alla più grande confusione; e se il bambino non avesse avuto bisogno del suo aiuto e non l'avesse chiamata, sarebbe uscita immediatamente dalla stanza e avrebbe così liberato il capitano Wentworth e se stessa. Lui se ne stava sempre alla finestra; e, dopo aver detto con voce calma e in tono cortese: «Spero che il piccolo stia meglio», tacque. Anne fu costretta a inginocchiarsi accanto al sofà e a rimanere in tale posizione per meglio aiutare il suo paziente; e continuarono così per alcuni minuti quando Anne, con sua viva soddisfazione, sentì che qualcuno stava attraversando il piccolo ingresso. Sperò, mentre si girava a guardare, che fosse il padrone di casa; ma si trattava di un personaggio molto meno adatto ad appianare la situazione: Charles Hayter, che al vedere il capitano Wentworth non fu probabilmente più soddisfatto di quanto fosse stato il capitano al vedere Anne. Lei si sforzò di dire qualcosa: «Come sta? Non vuole accomodarsi? Gli altri saranno qui a minuti». Comunque, il capitano Wentworth lasciò la sua finestra con l'aria di chi gradisca conversare un poco; ma Charles Hayter rese subito vani i suoi sforzi, sedendosi accanto al tavolo e prendendo in mano il giornale; e il capitano Wentworth tornò alla sua finestra. Un minuto dopo arrivò un altro personaggio. Il fratellino del piccolo Charles, un bimbetto di due anni robusto e prepotente, dopo avere indotto qualcuno ad aprirgli la porta dall'esterno, avanzò risolutamente tra i presenti e subito si precipitò verso il sofà per vedere quel che succedeva e far valere i suoi diritti su qualunque leccornia si stesse distribuendo. Poiché non c'era niente da mangiare, poteva solo pretendere di giocare un po'; e visto che la zia non gli permetteva di molestare il fratello malato, le si attaccò addosso, inginocchiata com'era, in modo che, intenta ad assistere il piccolo Charles, non le riuscì di svincolarsi. Parlò al piccolo, ordinò, pregò, insistette: tutto inutile. Una volta riuscì a scostarlo da sé, ma lui si divertì ancora di più ad arrampicarlesi immediatamente sulle spalle. «Walter», disse Anne, «scendi immediatamente. Sei molto fastidioso. Sono arrabbiatissima con te». «Walter», lo richiamò Charles Hayter, «perché non fai quello che ti si dice? Non senti tua zia? Vieni qui, Walter, vieni dal cugino Charles». Ma Walter non fece una piega. Un attimo, e Anne sentì che allentava la stretta; qualcuno glielo stava togliendo di dosso, sebbene Walter l'avesse costretta a chinare talmente la testa che le sue piccole mani vigorose dovettero essere indotte a forza a staccarlesi dal collo. Con intervento deciso, quel qualcuno portò via il bambino prima che lei potesse rendersi conto che a far ciò era stato il capitano Wentworth. Tali furono le sue sensazioni quando lo scoprì, che rimase assolutamente senza parola. Non riuscì neppure a ringraziarlo: si limitò a chinarsi sul piccolo Charles col cuore in tumulto. La gentilezza di lui nel venirle in aiuto - il modo - il silenzio in cui tutto si era svolto - i piccoli particolari della scena - e in più la convinzione, cui giunse subito dopo a causa del chiasso che egli ostentatamente stava facendo insieme al bambino, che volesse evitare comunque di ascoltare i suoi ringraziamenti e cercasse anzi di dimostrare che conversare con lei era l'ultimo dei suoi desideri - tutto questo la mise in uno stato di tale agitazione e confusione, dibattuta com'era fra sentimenti diversi ma ugualmente penosi, che non poté ritrovare il proprio autocontrollo finché l'ingresso di Mary e delle signorine Musgrove non le permise di affidar loro il piccolo paziente e di lasciare la stanza. Non poteva restare; avrebbe potuto essere una buona occasione per osservare gli amori e le gelosie dei quattro, ora che erano tutti insieme, ma non se la sentiva. Era evidente che Charles Hayter era tutt'altro che ben disposto nei confronti del capitano Wentworth, e Anne aveva la netta impressione che avesse detto con fare seccato, dopo l'intervento di lui: «Avresti dovuto dar retta a me, Walter, te l'avevo detto di non molestare tua zia». E poteva comprendere il suo disappunto nel vedere che il capitano Wentworth aveva fatto quello che avrebbe dovuto far lui; ma né i sentimenti di Charles Hayter né quelli di chiunque altro potevano interessarla finché non avesse messo un po' d'ordine nei suoi. Si vergognava di se stessa, si vergognava profondamente di essere talmente nervosa, di lasciarsi sopraffare a tal punto da una sciocchezza simile; ma così era, e le ci volle un lungo intervallo di solitudine e di riflessione per riprendersi.

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X Non mancarono di presentarlesi altre occasioni per fare le sue osservazioni. Ben presto Anne venne a trovarsi con tutti e quattro abbastanza spesso da avere un'opinione precisa, anche se ebbe la saggezza di non farne cenno al Cottage dove, lo sapeva bene, tale opinione non sarebbe stata condivisa né dal cognato né da Mary: perché, mentre riteneva che la preferita fosse Louisa, non poteva fare a meno di pensare, per quel tanto che la memoria e l'esperienza le permettevano di giudicare, che il capitano Wentworth non era innamorato né dell'una né dell'altra. Piuttosto erano le due ragazze ad essere innamorate di lui; eppure non era amore. Era una febbricola di ammirazione; ma in qualcuno poteva, probabilmente doveva tradursi in amore. Charles Hayter sembrava consapevole di essere trascurato, e tuttavia Henrietta a volte aveva l'aria di essere mossa da sentimenti contrastanti. Anne avrebbe voluto avere il coraggio di fare intendere chiaramente a tutti loro la situazione in cui si erano messi e di additare alcuni dei rischi cui si esponevano. Non accusava nessuno di duplicità: per lei era motivo di estrema soddisfazione il credere che il capitano Wentworth non avesse la più lontana idea delle sofferenze che stava causando. Non c'era, nel suo atteggiamento, nessun'aria di trionfo, di spregevole trionfo. Probabilmente non aveva mai sentito parlare dei diritti di Charles Hayter, né vi aveva mai pensato. Il suo unico torto consisteva nell'accettare contemporaneamente (perché questa era la parola, «accettare») le attenzioni di due giovani donne. Dopo una breve lotta, comunque, Charles Hayter parve deciso ad abbandonare il campo. Erano passati tre giorni senza che egli venisse una sola volta a Uppercross: un cambiamento più che evidente. Aveva persino rifiutato un formale invito a cena, e poiché in quell'occasione Mr. Musgrove l'aveva trovato con dei grossi libri davanti a sé, Mr. e Mrs. Musgrove erano certi che qualcosa non andava e parlavano con aria preoccupata dal fatto che, a forza di studiare, si sarebbe accorciato la vita. Mary sperava e credeva che Henrietta l'avesse definitivamente congedato, e suo marito viveva nella costante certezza di vederlo ricomparire l'indomani. Anne si limitava a pensare che Charles Hayter era saggio. Passò qualche altro giorno, e una mattina che Charles Musgrove e il capitano Wentvorth erano andati a caccia insieme, le due sorelle se ne stavano al Cottage e sedevano in silenzio, intente al loro lavoro, quando fecero capolino dalla finestra le due sorelle della Casa Grande che passando di lì erano venute a salutarle. Era una bella giornata di novembre, e le signorine Musgrove, attraversato il giardinetto davanti alla casa, si fermarono solo per dire che intendevano fare una lunga passeggiata e che pertanto erano convinte che Mary non avesse nessuna voglia di andare con loro; e quando Mary, offesa per non essere considerata una buona camminatrice, si affrettò a rispondere: «Oh, sì! mi piacerebbe farvi compagnia. Le passeggiate lunghe sono la mia passione», Anne, osservando gli sguardi delle due ragazze, si convinse che era precisamente quello che non desideravano, e di nuovo ammirò quella sorta di necessità, apparentemente prodotta dalle abitudini familiari, di comunicare ogni cosa e di fare insieme ogni cosa, per quanto indesiderata e sgradita. Tentò di dissuadere Mary dall'andare, ma inutilmente; e poiché le cose stavano così, ritenne più opportuno accettare l'invito che le signorine Musgrove le avevano fatto, molto più cordialmente, perché andasse anche lei: se non altro, avrebbe potuto essere di qualche utilità tornando a casa insieme alla sorella e limitandone l'interferenza nei piani delle altre due. «Non riesco proprio a capire perché debbano supporre che le passeggiate lunghe non mi piacciono!», disse Mary mentre saliva le scale. «Tutti quanti suppongono sempre che io non sia una buona camminatrice! Eppure sarebbero rimaste dispiaciute se avessi rifiutato di far loro compagnia. Quando la gente ti arriva in casa così, col proposito di invitarti, come fai a dire di no?». Proprio mentre si stavano avviando, tornarono i signori. Avevano portato con sé un cane troppo giovane, che aveva impedito loro di cacciare come si deve e li aveva costretti a rientrare in anticipo. Perciò avevano tempo, energie e disposizione d'animo da dedicare a una passeggiata, e infatti si associarono con piacere. Se Anne avesse potuto prevedere tale coincidenza, sarebbe rimasta a casa; ma, cedendo a un certo interesse e a una certa curiosità, si indusse ora a credere che era troppo tardi per cambiare idea, e così tutti e sei mossero nella direzione scelta dalle signorine Musgrove, che evidentemente si consideravano le guide della spedizione. Anne si era proposta di non essere d'impaccio ad alcuno e, là dove gli stretti sentieri che traversavano i campi disperdevano il gruppo, di seguire la sorella e il cognato. Se la passeggiata le dava piacere, esso derivava dalla possibilità di fare del moto e dalla bella giornata, dalla vista degli ultimi sorrisi dell'anno sulle foglie d'un color bruno fulvo e sulle siepi avvizzite, dal ripetere fra sé alcune delle mille descrizioni poetiche dell'autunno, la stagione che così particolare e inesauribile influenza esercita sullo spirito di chi possiede gusto e sensibilità naturali, la stagione che ha ispirato a ogni poeta degno di esser letto brani descrittivi o versi pieni di sentimento. Tenne la mente il più possibile occupata con tali meditazioni e citazioni; ma, quando arrivava al suo orecchio la conversazione che si svolgeva tra il capitano Wentworth e l'una o l'altra delle signorine Musgrove, non poteva trattenersi dall'ascoltarla; tuttavia v'era poco, in quello che riuscì a sentire, di veramente interessante. Era solo un chiacchierio animato, come può darsi tra persone giovani, legate da cordiale amicizia. Lui si intratteneva più con Louisa che con Henrietta. E certo Louisa, coi suoi discorsi, si metteva in maggiore evidenza della sorella. C'era, nel loro modo di comportarsi, una manifesta differenza: sempre più manifesta, pensò Anne; e ci fu una frase di Louisa che la colpì particolarmente. Dopo una delle tante lodi alla bellezza della giornata in cui di continuo si profondevano, il capitano Wentworth aggiunse:

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«Che splendida giornata per l'ammiraglio e mia sorella! Avevano intenzione di farsi una lunga scarrozzata, stamattina; forse potremo salutarli da una di queste colline: parlavano di venire da queste parti. Mi chiedo dove si ribalterà il calessino, oggi. Oh! gli succede spessissimo, glielo assicuro... ma mia sorella non dà importanza alla cosa: essere sbalzata fuori o meno per lei fa lo stesso». «Ah! lei esagera la cosa, lo so», esclamò Louisa, «ma se davvero fosse così, io al posto di lei farei proprio lo stesso. Se amassi un uomo come sua sorella ama l'ammiraglio, vorrei essere sempre con lui, niente ci separerebbe mai, e preferirei venir ribaltata, io e il calesse, da lui al farmi scarrozzare senza alcun rischio da chiunque altro». Il tutto in tono assolutamente entusiastico. «Veramente?», esclamò lui sullo stesso tono; «ha tutta la mia stima!». E per un po' nessuno dei due disse parola. Anne non riuscì a trovare immediatamente un'altra citazione. Il dolce scenario autunnale cessò per qualche tempo di attrarla... a meno che qualche delicato sonetto, denso di appropriate analogie tra il declinare dell'anno, e il declinare della felicità e di immagini di giovinezza e di speranza, e della primavera - tutte, tutte svanite - non confortasse la sua memoria. Si riscosse solo per dire, mentre in fila imboccavano un altro sentiero: «Ma non è una delle strade che portano a Winthrop?». Ma nessuno la udì o, per lo meno, nessuno le rispose. Comunque, Winthrop, o i suoi immediati dintorni - poiché a volte i giovanotti si incontrano mentre vanno a zonzo nei paraggi di casa loro - era la loro meta; e dopo un altro mezzo miglio, salendo a poco a poco tra grandi campi recintati, dove gli aratri operosi e i solchi scavati di fresco rivelavano l'attiva presenza dell'agricoltore, contrapponendosi alla dolcezza delle malinconie poetiche e preannunciando l'arrivo di un'altra primavera, raggiunsero la sommità della collina più alta, che divideva Uppercross da Winthrop e dominava quest'ultima, situata ai piedi dell'opposto pendio. Winthrop, priva di bellezza e nobiltà, si trovava davanti a loro: una casa qualsiasi, incassata in un vallone e circondata dai granai e dai bassi edifici che delimitavano l'aia. «Santo cielo!», esclamò Mary; «ma questa è Winthrop. Sul serio, non me lo sarei aspettato!... Bene, penso che ora faremmo meglio a tornare a casa; sono troppo stanca». Henrietta, che aveva un'aria tra colpevole e vergognosa, non vedendo nessun cugino Charles intento a passeggiare lungo uno dei sentieri, o appoggiato a una delle staccionate, era pronta a fare come voleva Mary; ma «No!», disse Charles Musgrove, e «No! no!», esclamò più impetuosamente Louisa che, presa da parte la sorella, cominciò - almeno così sembrava - a discutere animatamente la questione. Intanto Charles stava annunciando in tono molto deciso la sua risoluzione di far visita alla zia, visto che erano così vicino; e molto evidentemente, anche se con le dovute cautele, stava tentando di indurre sua moglie ad andare con lui. Ma questo era uno dei punti su cui la giovane signora Musgrove era assolutamente irremovibile, e quando lui accennò al vantaggio di potersi riposare per un quarto d'ora a Winthrop, visto che si sentiva così stanca, gli rispose con piglio risoluto: «Oh, no davvero!...». Farsi a piedi tutta quella salita le avrebbe nuociuto più di quanto poteva giovarle lo starsene comodamente seduta; ed era chiaro, dalla sua espressione e dal suo tono, che non sarebbe andata. Seguirono altre discussioni e consultazioni del genere, dopodiché Charles e le sorelle vennero a un accordo: lui e Henrietta sarebbero scesi a fare una breve visita - solo pochi minuti - alla zia e ai cugini, e gli altri sarebbero rimasti ad aspettarli in cima alla collina. Louisa aveva tutta l'aria di essere stata soprattutto lei a escogitare quel piano, e mentre li accompagnava per un breve tratto del pendio, parlando fitto fitto con Henrietta, Mary approfittò dell'occasione per guardarsi attorno sdegnosa e dire al capitano Wentworth: «È molto spiacevole avere parenti così, ma le assicuro che in vita mia non sono stata più di due volte in quella casa». Non ricevette altra risposta che un convenzionale sorriso d'assenso, seguito, mentre egli si allontanava, da uno sguardo carico di disprezzo, di cui Anne colse perfettamente il significato. Il ciglio della collina, dove si trovavano, era un luogo ridente; tornò Louisa, e Mary, che si era trovata un comodo sedile al riparo di un muretto di recinzione, non ebbe nulla da ridire finché tutti gli altri rimasero in piedi intorno a lei; ma quando Louisa condusse con sé il capitano Wentworth a cercare nocciole in una macchia li appresso e a poco a poco le loro figure e le loro voci si perdettero in lontananza, Mary cominciò a sentirsi a disagio: il suo sedile era scomodo, certo Louisa ne aveva trovato uno molto migliore da qualche parte, e niente poteva impedirle di andare a cercarsene anche lei uno migliore. Varcò lo stesso cancelletto, ma non le riuscì di vederli. Anne le trovò un bel posto ove sedere, su un piccolo terrapieno asciutto e soleggiato, proprio sotto la macchia dove, ne era certa, essi si trovavano ancora in un punto o nell'altro. Mary si sedette per un attimo, ma anche lì non le andava; era certa che Louisa avesse trovato un sedile migliore da qualche altra parte, ed era intenzionata a proseguire finché non l'avesse raggiunta. Anne, che era veramente stanca, fu lieta di potersi sedere; e di lì a poco le giunsero, dalla macchia cui volgeva le spalle, le voci di Louisa e del capitano Wentworth: evidentemente stavano tornando e seguivano il sentiero appena tracciato che si apriva nel folto della vegetazione. Via via che si avvicinavano, le voci le giungevano più chiare. Distinse per prima quella di Louisa che, apparentemente, stava concludendo con fervore un suo discorso. Le prime parole che Anne udì furono: «E così, l'ho costretta ad andare. Non potevo sopportare che si lasciasse intimidire al punto di rinunciare alla visita, e per tali sciocchezze, poi. Ma dico! mi lascerei dissuadere, io, dal fare una cosa che avevo deciso di fare e che sapevo giusta a causa delle arie e dell'interferenza di una persona come quella, o di qualsiasi persona, posso dire? No, non concepisco che ci si lasci persuadere così facilmente. Quando ho deciso, ho deciso. E Henrietta sembrava risoluta ad andare a Winthrop oggi; eppure era sul punto di rinunciarci per un'assurda compiacenza!». «Sarebbe tornata indietro, se non fosse stato per lei?».

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«Certo che sarebbe tornata indietro. Provo quasi vergogna a dirlo». «È una fortuna per lei aver sempre accanto una mente come la sua. Dopo i suoi accenni di poco fa, che non hanno fatto che confermare le mie personali osservazioni a proposito dell'ultima volta che mi trovai con lui, non posso certo fingere di ignorare come stanno le cose. È chiaro che si trattava di qualcosa di più di una pura e semplice visita di dovere a sua zia; e guai a lui - e a lei, anche - se quando si troveranno a fronteggiare questioni veramente importanti, quando si troveranno in circostanze che richiedono forza d'animo e fermezza di volontà, sua sorella non avrà quel tanto di risolutezza che serve a resistere a certe vacue forme di interferenza in un caso insignificante come questo. Sua sorella è un'amabilissima creatura; ma è il suo carattere che è dotato di decisione e di fermezza, lo vede bene. Se la condotta o la felicità di sua sorella le sono care, infonda in lei, per quanto è possibile, il suo spirito. Ma questo, ne sono certo, lei l'ha sempre fatto. Il male più grave, in un carattere passivo e indeciso, è che non si può contare in modo assoluto su nessuna influenza che su di esso venga esercitata. Non si può mai essere sicuri che un'impressione positiva abbia lunga durata. Chiunque può modificarla. Possegga dunque la fermezza chi vorrebbe essere felice. Ecco una nocciola», disse, staccandone una da uno dei rami più alti, «tanto per fare un esempio: una bella nocciola lucida e levigata che, grazie alla sua forza originaria, è sopravvissuta a tutte le tempeste dell'autunno. Né fori, né intaccature da nessuna parte. Questa nocciola», continuò con scherzosa solennità, «mentre tante delle sue simili sono cadute e sono state calpestate, è ancora in possesso di tutta la felicità di cui una nocciola può essere ritenuta capace». Poi, nello stesso tono grave di prima, concluse: «Il primo augurio che rivolgo a tutte le persone per cui nutro interesse è che posseggano la fermezza. Se Louisa Musgrove vorrà essere bella e felice nel novembre della sua vita, dovrà serbare tutta la sua attuale forza d'animo». Aveva finito, e non vi fu risposta. Anne sarebbe rimasta sorpresa se Louisa avesse potuto replicare immediatamente a un simile discorso: parole così cariche di significato, pronunciate con così grande serietà e fervore! Poteva immaginare quello che provava Louisa. Quanto a lei, non osava muoversi per paura di esser vista. Finché restava lì, era al riparo di un cespuglio d'agrifoglio, e i due, intanto, si allontanavano. Comunque, mentre erano ancora a portata d'orecchio, Louisa tornò a parlare: «Mary è abbastanza simpatica, sotto molti aspetti», disse; «ma a volte mi riesce veramente insopportabile con quelle sue assurdità e con quel suo orgoglio; l'orgoglio degli Elliot. Ne ha molto, troppo, dell'orgoglio degli Elliot. Come vorremmo che, invece di lei, Charles avesse sposato Anne! Lei sa, penso, che desiderava sposare Anne, vero?». Dopo una brevissima pausa, il capitano Wentworth disse: «Intende dire che lei l'ha respinto?». «Oh, sì! Proprio così». «E quando è stato?». «Non lo so con esattezza, perché a quel tempo Henrietta e io eravamo in collegio; ma suppongo sia stato, più o meno, un anno prima che sposasse Mary. Vorrei proprio che lei avesse accettato la sua richiesta. A tutti noi sarebbe piaciuta infinitamente di più; e papà e mamma pensano sempre che sia stata la sua grande amica Lady Russell a indurla a dire di no. Pensano che probabilmente Charles non era abbastanza erudito e pedante per i gusti di Lady Russell, per cui lei ha persuaso Anne a respingerlo». Le voci si allontanavano sempre più, e Anne non riuscì a udire altro. Le sue emozioni la costringevano a restare ancora lì, immobile, e le ci volle molto tempo prima di potersi riprendere e allontanarsi. Non che le fosse accaduto quanto proverbialmente accade a chi ascolta non visto; non aveva udito nulla di male sul proprio conto, ma aveva udito molte cose il cui senso le riusciva indicibilmente penoso. Vedeva chiaramente come il suo carattere fosse giudicato dal capitano Wentworth, e nell'atteggiamento da lui tenuto nei suoi confronti aveva notato quel tanto di interesse e di curiosità che non poteva non metterla in uno stato di estrema agitazione. Non appena le fu possibile, andò in cerca di Mary e, dopo averla trovata ed essere tornata con lei al punto dove si erano fermati all'inizio, presso il muretto, provò un certo senso di sollievo nel veder riunita, subito dopo, tutta la comitiva e nel rimettersi in cammino. Charles e Henrietta ritornarono, come c'era da aspettarsi, in compagnia di Charles Hayter. Come la faccenda si fosse svolta, nei minimi particolari, era cosa che Anne non poteva cercare di capire: su questo punto pareva che lo stesso capitano Wentworth non beneficiasse di informazioni strettamente confidenziali; ma che il cavaliere si fosse arreso e la dama si fosse mostrata disposta alla clemenza, che entrambi fossero contentissimi di essere di nuovo insieme, era più che certo. Henrietta pareva imbarazzata, ma pienamente soddisfatta; Charles Hayter era felice oltre ogni dire; e fin dal primo istante, quando si rimisero in cammino per tornare a Uppercross, essi si dedicarono completamente l'uno all'altra. Tutto, ora, restringeva la scelta del capitano Wentworth alla sola Louisa: la cosa era più che evidente; e quando il percorso costringeva il gruppo a frazionarsi, o anche quando non lo costringeva, i due camminavano fianco a fianco esattamente come gli altri due. In una lunga distesa prativa, dove c'era ampio spazio per tutti, procedettero così divisi, formando tre gruppetti separati; e a quello dei tre che faceva mostra di minore animazione e di minore affabilità Anne si trovò, per forza di cose, aggregata. Si unì perciò a Charles e Mary, ed era abbastanza stanca da accogliere con piacere il sostegno del braccio di Charles; ma il cognato, benché con lei si dimostrasse di umore eccellente, era in collera con la moglie. Mary era stata scortese con lui, e ora doveva pagarne le conseguenze; e il suo modo di farle pagare le conseguenze consisteva nel lasciar cadere quasi ad ogni istante il braccio di lei per decapitare a colpi di frustino certe ortiche che spuntavano dalla siepe. Quando poi Mary cominciò a protestare e a lamentarsi, al solito, di essere trattata con scarso riguardo, visto che la costringevano a camminare sul lato della siepe mentre Anne, sul lato opposto, non doveva mai sottostare a simili inconvenienti, Charles lasciò cadere il braccio e dell'una e dell'altra per dar la caccia a una donnola che aveva intravisto, e ce ne volle per farlo proseguire.

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La lunga distesa prativa costeggiava una stradicciola in cui sboccava il loro sentiero, e quando tutti i gitanti ebbero raggiunto il cancello d'uscita, la vettura che avanzava nella stessa direzione e che da qualche tempo sentivano avvicinarsi stava giusto spuntando in quel tratto di strada. Era il calessino dell'ammiraglio Croft, che in compagnia della moglie aveva fatto la gita progettata e ora stava tornando a casa. Sentendo che i giovani venivano da una così lunga passeggiata, i Croft offrirono gentilmente un posto sul loro calessino a quella delle signore che si sentisse particolarmente stanca; le avrebbe fatto risparmiare un miglio di strada, e loro passavano proprio per Uppercross. L'invito fu rivolto a tutte, e tutte lo declinarono. Le signorine Musgrove non erano affatto stanche, e Mary o era offesa per non essere stata invitata prima delle altre, o quello che Louisa chiamava l'orgoglio degli Elliot non le permetteva di far da terzo passeggero in una vettura tirata da un solo cavallo. I gitanti avevano attraversato la stradicciola e stavano salendo i gradini di un muretto di recinzione sul lato opposto, mentre l'ammiraglio si apprestava a far ripartire il cavallo, quando il capitano Wentworth si aprì rapidamente un varco attraverso la siepe per dire qualcosa a sua sorella. Di che si trattasse fu facilmente deducibile dagli effetti. «Miss Elliot, sono certa che lei è stanca», esclamò Mrs. Croft. «La prego, ci conceda il privilegio di condurla a casa. Qui c'è posto per tre, glielo assicuro. E se tutti fossero come lei, credo che potremmo starci in quattro. Veramente! deve venire! deve!». Anne si trovava ancora nella stradicciola e, istintivamente, stava per declinare l'invito. Ma dovette rinunciarvi: l'ammiraglio intervenne, con cortese insistenza, a sostenere la moglie, e non vi fu modo di opporre un rifiuto; ridussero la loro mole in modo da occupare il minor spazio possibile e da riservarle un angolino, e il capitano Wentworth si avvicinò a lei e, senza dire una parola, la costrinse a lasciarsi issare sul calesse. Sì, era stato lui a farlo. Anne era sul calesse, e sentiva che lui l'aveva messa lì, che la volontà e le mani di lui avevano compiuto questo, che lo doveva al fatto che lui aveva notato la sua stanchezza e aveva voluto darle un po' di requie. Era profondamente colpita dal mutato atteggiamento di lui nei sui confronti, che tutte queste cose rendevano evidente. Quest'ultima, irrilevante circostanza le appariva come il completamento di tutto quanto era stato. Anne lo capiva: non poteva perdonarla ma non poteva essere insensibile. Sebbene la condannasse per ciò che riguardava il passato e la considerasse con estremo e ingiusto risentimento, sebbene non nutrisse alcun interesse per lei e stesse per legarsi a un'altra, non poteva - ancora adesso - vederla soffrire senza avvertire il desiderio di arrecarle conforto. Era quel che restava del sentimento di un tempo; era l'impulso di una pura, anche se sconfessata, amicizia; era una prova del suo cuore tenero, appassionato, alla quale Anne non poteva guardare senza emozioni in cui piacere e dolore si mescolavano a tal punto che lei stessa non sapeva quale dei due prevalesse. Alle cortesie e alle osservazioni dei suoi compagni di viaggio aveva risposto dapprima inconsciamente. Avevano coperto metà del percorso lungo la strada sterrata prima che riuscisse ad ascoltare con mente lucida ciò che dicevano. E allora trovò che parlavano di «Frederick». «Certo, Sophy, ha intenzione di prendersi o l'una o l'altra di quelle due ragazze», disse l'ammiraglio; «ma quale non si sa. Eppure, si direbbe, gli è corso dietro abbastanza per decidersi. Già, già, tutto effetto della pace. Se ora fossimo in guerra, si sarebbe sistemato, e da un pezzo. Noi marinai, Miss Elliot, non possiamo permetterci il lusso di corteggiare a lungo una donna, in tempo di guerra. Quanti giorni passarono, mia cara, da quando ti vidi per la prima volta a quando ci trovammo seduti insieme nel nostro alloggio a North Yarmouth?». «Faremmo meglio a non parlarne, carissimo, perché se Miss Elliot sentisse come abbiamo fatto presto a intenderci, nessuno riuscirebbe mai a persuaderla che avremmo potuto essere felici insieme. Comunque, già da molto tempo ti conoscevo di fama». «Be', e io avevo sentito dire di te che eri una ragazza molto carina: perciò, che altro dovevamo aspettare? Non mi va di tirar per le lunghe questo tipo di faccende. Vorrei che Frederick spiegasse qualche vela in più e ci portasse a Kellynch una di queste ragazze. Non gli mancherebbe mai la compagnia, da noi. E poi sono due ragazze molto a modo; quasi non riesco a distinguere l'una dall'altra». «Proprio: ragazze di ottimo carattere, che non si danno arie», disse Mrs. Croft, e il suo tono di più moderato elogio fece sospettare ad Anne che, dotata com'era di un più acuto discernimento, forse non considerasse nessuna delle due all'altezza del fratello; «e poi una famiglia molto rispettabile. Impossibile trovar gente migliore con cui imparentarsi... Attento a quel palo, mio caro ammiraglio! Finiremo certamente addosso a quel palo». Ma afferrando lei stessa le redini con gesto calmo e deciso, lanciò il cavallo in una direzione più sicura, sicché evitarono felicemente il pericolo; e in seguito, allungando giudiziosamente la mano, impedì che tutti e tre finissero in una profonda carreggiata o si vedessero piovere addosso il carico puzzolente di un carretto che trasportava letame. E così Anne, non poco divertita dal loro stile di guida, che a suo giudizio riproduceva abbastanza fedelmente il loro modo di condurre gli affari, venne alla fine deposta sana e salva davanti al Cottage. XI Si avvicinava ora il ritorno di Lady Russell; anzi, ne era fissato persino il giorno, e Anne, che si era impegnata a raggiungerla non appena essa si fosse risistemata a Kellynch, si preparava a trasferirvisi al più presto e cominciava a pensare alle possibili conseguenze che il nuovo trasloco avrebbe avuto sulla sua pace interiore.

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Si sarebbe trovata nello stesso villaggio in cui abitava il capitano Wentworth, a mezzo miglio di distanza da lui; sarebbero andati alla stessa chiesa, e, inevitabilmente, le due famiglie si sarebbero frequentate. Questo era contro di lei; ma, d'altro canto, il capitano Wentworth trascorreva tanto del suo tempo a Uppercross che, partendo da lì, in un certo senso Anne si allontanava da lui, più che avvicinarglisi; per cui, in complesso, era convinta che ci avrebbe guadagnato: sia su questo punto fondamentale sia - con certezza anche maggiore - col mutare l'ambiente domestico, lasciando la povera Mary per Lady Russell. Si augurava di non incontrare mai il capitano Wentworth a Kellynch-hall: quelle stanze, in passato, erano state testimoni di altri incontri che troppo dolorosamente le sarebbero tornati alla memoria; ma ancora di più si augurava che Lady Russell e il capitano Wentworth non si incontrassero mai, da nessuna parte. C'era, tra loro, una reciproca antipatia, e rifar conoscenza, ora non avrebbe migliorato le cose; senza contare che Lady Russell, vedendolo con Anne, avrebbe pensato che lui aveva troppa padronanza di sé, e lei troppo poca. Erano questi i punti che più la preoccupavano quando pensava alla sua prossima partenza da Uppercross, dove aveva l'impressione di essere rimasta anche troppo. L'esser stata d'aiuto al piccolo Charles le avrebbe sempre reso grato il ricordo di quei due mesi trascorsi al Cottage, ma ora il bambino stava rapidamente riacquistando le forze, e non c'era nient'altro che la trattenesse lì. Tuttavia la sua visita si concluse in modo assai diverso da come aveva immaginato. Il capitano Wentworth, che per ben due giorni non si era fatto vedere a Uppercross né aveva dato sue notizie, ricomparve tra loro per giustificarsi riferendo i motivi che l'avevano tenuto lontano. Una lettera del suo amico, il capitano Harvey, giunta finalmente a destinazione, l'aveva in formato che il capitano Harvey e la sua famiglia si erano stabiliti a Lyme per trascorrervi l'inverno e che quindi, senza saperlo, si trovavano a meno di venti miglia di distanza. Il capitano Harvey non aveva mai goduto di buona salute dopo una gravissima ferita riportata due anni addietro, e il capitano Wentworth, ansioso di rivederlo, aveva deciso di recarsi immediatamente a Lyme, dove si era fermato ventiquattr'ore. Venne assolto con formula piena, il suo senso dell'amicizia fu caldamente apprezzato, ci si interessò vivamente al suo amico, e la descrizione degli splendidi dintorni di Lyme tanto entusiasmò gli ascoltatori, che conseguenza del tutto fu un ardente desiderio di veder anche loro Lyme, nonché il progetto di recarvisi. I giovani erano, tutti quanti, impazienti di vedere Lyme. Anche il capitano Wentworth parlava di tornarci; distava solo diciassette miglia da Uppercross; si era in novembre, vero, ma il tempo non era per nulla cattivo; e, per farla breve, Louisa, che era la più impaziente degli impazienti, avendo preso la decisione di andarci e, oltre al piacere di fare quello che voleva, essendo ora sostenuta dalla convinzione che il merito consistesse nel saper seguire la propria via, riuscì a smontare tutte le obiezioni di papà e mamma, i quali avrebbero voluto rimandare il tutto all'estate; e così tutti quanti se ne sarebbero andati a Lyme: Charles, Mary, Anne, Henrietta, Louisa, e il capitano Wentworth. Il primo, sventato progetto prevedeva che si partisse la mattina e si tornasse la sera tardi, ma a questo Mr. Musgrove, che ai suoi cavalli ci teneva, non diede il proprio consenso; e quando si esaminò ragionevolmente la cosa, si trovò che una giornata di mezzo novembre non avrebbe lasciato molto tempo per vedere un posto nuovo, una volta dedotte le sette ore, tra andata e ritorno, che la natura del percorso richiedeva. Di conseguenza, decisero di pernottare a Lyme e di rientrare il giorno dopo all'ora di cena. Era, a giudizio di ognuno, una soluzione che presentava sensibili vantaggi; ma, sebbene si riunissero tutti di buon'ora alla Casa Grande per la prima colazione e partissero con la massima puntualità, mezzogiorno era passato da un pezzo quando la carrozza di Mr. Musgrove con le quattro signore e il calessino di Charles, che ospitava lui e il capitano Wentworth, discesero l'erta collina che sovrasta Lyme e imboccarono l'ancor più ripida strada centrale della cittadina. Era quindi evidente che avrebbero avuto solo il tempo di guardarsi attorno, prima che se ne andassero la luce e il tepore del giorno. Dopo aver prenotato le camere per la notte e avere ordinato il pranzo per l'una precisa in una delle locande, la prima cosa da farsi era, ovviamente, scender subito al mare. La stagione era troppo avanzata perché Lyme, frequentatissimo luogo di villeggiatura, potesse offrir loro svaghi o trattenimenti di sorta. Gli appartamenti avevano porte e finestre ermeticamente chiuse, e gli ospiti se n'erano andati quasi tutti, ad eccezione di pochissime famiglie del luogo; e poiché gli edifici in se stessi non presentano nulla di notevole, la singolare posizione della cittadina, la via principale che ripidissima corre giù fino al mare, la Passeggiata che arriva fino al Cobb girando tutt'intorno alla piccola baia e che, nella bella stagione, brulica di cabine da bagno a ruote e di folti gruppi di villeggianti, lo stesso Cobb con i suoi antichi incanti e i nuovi impianti, con le magnifiche scogliere che in lunga fila si estendono a est dell'abitato, queste sono le cose che il visitatore estraneo si sofferma ad ammirare; ed è un ben strano visitatore quello che non nota la bellezza degli immediati paraggi di Lyme e che non prova il desiderio di conoscerla meglio. Certi luoghi pittoreschi siti nei dintorni - Charmouth, con le sue alture e le ampie distese di terre coltivate e, soprattutto, con la sua dolce, solitaria baia sullo sfondo di buie pareti rocciose, di cui i frammenti di scogli che emergono dalle sabbie fanno il luogo ideale per osservare il flusso delle maree e per sedere in solitaria contemplazione; i boschi variegati di quell'ameno villaggio che è Up Lyme; e Pinny, particolarmente, con i suoi verdi abissi tra romantiche rupi, dove qua e là alberi di antiche foreste e frutteti lussureggianti dimostrano che molte e molte generazioni si devono essere succedute da quando la prima, parziale caduta delle rocce portò il terreno allo stato attuale, schiudendo vedute di così armoniosa bellezza da eguagliare e forse superare quelle, non dissimili, della celeberrima isola di Wight: questi luoghi debbono essere visitati e rivisitati per apprezzare appieno le attrattive di Lyme. La comitiva proveniente da Uppercross passò accanto alle case ora abbandonate e malinconiche e, proseguendo nella discesa, si trovò ben presto sulla spiaggia, dove indugiò in contemplazione per qualche istante, così come debbono fare tutti coloro che per la prima volta tornano a rivedere il mare e che meritano di tornare a rivederlo. Dopodiché proseguirono verso il Cobb, meta prescelta e per il suo interesse e a causa del capitano Wentworth; infatti, gli Harville si

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erano sistemati in una minuscola casa ai piedi di un vecchio molo risalente a chissà quanti anni addietro. Il capitano Wentworth entrò per salutare gli amici, egli altri andarono avanti: li avrebbe raggiunti al Cobb. Non erano per niente stanchi di girare e di ammirare, e neppure Louisa pareva risentir molto della lunga assenza del capitano Wentworth, quando lo videro venire verso di loro in compagnia di tre persone, tutte ormai ben note grazie alle sue descrizioni: il capitano Harville, sua moglie, e un certo capitano Benwick che abitava con loro. Qualche tempo prima, il capitano Benwick era stato tenente a bordo della Laconia, e il ritratto che il capitano Wentworth aveva fatto di lui, al ritorno del suo primo viaggio a Lyme, le alte lodi che gli aveva tributato parlandone come di un giovane eccellente e di un ottimo ufficiale, da lui sempre profondamente stimato in sé sufficienti a imprimerne il ricordo in ciascuno degli ascoltatori e a meritargli la più assoluta considerazione, erano stati seguiti da un breve accenno alla sua vita privata che l'aveva reso estremamente interessante agli occhi delle signore. Era stato fidanzato con la sorella del capitano Harville, e ora ne piangeva la scomparsa. Per un paio d'anni avevano atteso la fortuna e la promozione. La fortuna era venuta, poiché, dato il suo grado, il suo prize-money, era cospicuo; ed era venuta, alla fine, anche la promozione. Ma Fanny non era vissuta abbastanza per saperlo: era morta l'estate prima, mentre lui era in mare, lontano. Il capitano Wentworth credeva che fosse impossibile per un uomo amare una donna più di quanto il povero Benwick aveva amato Fanny Harville, o essere più profondamente afflitto dal terribile mutamento intervenuto nella sua vita. La sua indole era, a giudizio dello stesso Wentworth, di quelle che più sono portate alla sofferenza, poiché in essa l'intensità dei sentimenti si accompagnava a modi tranquilli, seri, riservati, e a una spiccata predilezione per la lettura e le occupazioni sedentarie. Quanto alla sua storia, era resa ancor più interessante dal fatto che l'amicizia tra lui e gli Harville era divenuta, se possibile, più intima proprio a causa dell'evento che aveva precluso ogni speranza di stringere un rapporto di parentela: ora, infatti, il capitano Benwick viveva costantemente con loro. Il capitano Harville aveva affittato la sua attuale abitazione per sei mesi; tutto - i suoi gusti, la sua salute e i suoi mezzi finanziari - gli imponeva la scelta di un luogo in cui risiedere con modica spesa, e al mare; non solo, ma la grandiosità dei dintorni e la deserta quiete di Lyme nei mesi invernali apparivano perfettamente adatte allo stato d'animo del capitano Benwick. Tutti guardavano a quest'ultimo con grande simpatia e benevolenza. «Eppure», disse Anne fra sé, mentre muovevano incontro ai nuovi arrivati, «forse il suo cuore non è più triste del mio. Non posso credere che le sue prospettive siano distrutte così, per sempre. È più giovane di quanto non sia io; più giovane di sentimenti, se non d'anni; più giovane perché è un uomo. Ritroverà spirito e forze, e sarà felice con un'altra». Si incontrarono, ci furono le presentazioni. Il capitano Harville era alto, abbronzato, e aveva un'espressione gentile, bene vola. Zoppicava un po', e a causa dei lineamenti marcati e del precario stato di salute sembrava molto più vecchio del capitano Wentworth. Il capitano Benwick aveva l'aria di essere, ed era, il più giovane dei tre e, in confronto agli altri due, pareva di bassa statura. Aveva un bel viso e un'aria malinconica, esattamente come avrebbe dovuto avere, e si trasse in disparte quando gli altri cominciarono a conversare Il capitano Harville, sebbene i suoi modi non uguagliassero quelli del capitano Wentworth, era un perfetto gentiluomo, sincero, cordiale e cortese. Mrs. Hatville, anche se un tantino meno raffinata del marito, sembrava possedere la stessa spontaneità di sentimenti; e nulla avrebbe potuto essere più gradito del loro vivo desiderio di considerare loro amici tutti i membri della comitiva, visto che erano amici del capitano Wentworth, o più cordialmente ospitale della loro insistenza affinché promettessero di pranzare a casa loro. Il fatto che avessero già ordinato il pranzo alla locanda venne infine accettato, sia pur con riluttanza, come scusa sufficientemente valida, ma gli Harville sembravano quasi offesi per il fatto che il capitano Wentworth avesse portato tali amici a Lyme senza pensare che, ovviamente, avrebbero dovuto pranzare da loro. C'era, in tutto questo, tanto affetto per il capitano Wentworth; c'era una così cattivante spontaneità in quel modo di concepire l'ospitalità, così raro, così dissimile dallo stile consueto degli inviti basati sul sistema del reciproco scambio e dei banchetti formali e sontuosi che Anne, considerando il proprio stato d'animo, sentì che un'ulteriore familiarità con gli ufficiali e colleghi di lui non le avrebbe apportato alcun beneficio. «Questi sarebbero stati tutti miei amici», rifletté; e dovette lottare per non cedere alla prostrazione. Lasciato il Cobb, entrarono tutti in casa insieme ai loro nuovi amici, e trovarono delle stanze così piccole che solo coloro il cui invito parte dal cuore potevano immaginare capaci di ospitare tante persone. Anne stessa, per un attimo, si guardò attorno sbalordita, ma ben presto a quella sensazione ne subentrarono altre, più gradevoli, derivanti dalla vista di tutti gli ingegnosi ritrovati e i simpatici aggeggi introdotti dal capitano Harville per sfruttare al massimo lo spazio disponibile, ovviare alle deficienze dei mobili d'affitto e difendere finestre e porte dalle prossime burrasche invernali. La varietà presentata dall'arredamento delle stanze - dove le solite cose strettamente indispensabili e al solito mal ridotte, fornite dal padrone di casa, contrastavano con altri pezzi, ricavati da legni pregiati e di ottima fattura, e con alcuni oggetti strani e preziosi, provenienti da tutti i paesi remoti che il capitano Harville aveva visitato - non produsse in Anne solo un senso di divertita curiosità. Connesso com'era alla sua professione, frutto delle sue fatiche, effetto della sua influenza sulle abitudini di lui, tutto offriva un quadro di pace e di serenità domestica che agli occhi di Anne lo trasformava in qualcosa di più, o di meno, di una vista gradevole. Il capitano Harville non amava la lettura, ma aveva escogitato e creato un'eccellente sistemazione, sotto forma di graziosissimi scaffali, per una considerevole collezione di volumi ben rilegati di proprietà del capitano Benwick. La sua claudicazione gli impediva di camminar molto, ma il suo spirito pratico e il suo ingegno inventivo sembravano tenerlo costantemente occupato in casa. Disegnava, verniciava, eseguiva lavori di falegnameria, incollava; fabbricava giocattoli per i bambini, inventava nuovi tipi di aghi e ferri per reti e nasse, vi apportava miglioramenti, e, se non gli restava altro da fare, sedeva a rammendare la sua rete da pesca in un angolo della stanza.

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Quando uscirono, Anne pensò di aver trovato in quella casa un'atmosfera di grande felicità; e Louisa, che camminava al suo fianco, prese a esaltare con estatica ammirazione il carattere di quanti facevano parte della marina, la loro cordialità e solidarietà, la schiettezza e la rettitudine del loro comportamento; era convinta, affermò con calore, che gli uomini di mare possedevano, rispetto a ogni altra categoria di inglesi, doti più meritevoli e più amabili sentimenti; che solo loro sapevano come vivere, e solo loro meritavano di essere rispettati e amati. Tornarono al loro alloggio per cambiarsi d'abito e pranzare; e tutto era così perfettamente conforme a quanto stabilito, che nessuno ebbe nulla da ridire, anche se i padroni della locanda si profusero in scuse «a causa della stagione morta», e per il fatto che Lyme si trovava «tagliata fuori dalle principali arterie di traffico», e per il fatto che non si poteva prevedere l'arrivo di «una così numerosa comitiva». Le serate erano troppo buie perché le signore potessero incontrarsl di nuovo prima del mattino seguente, ma il capitano Harville aveva promesso agli amici di venirli a trovare dopo cena; venne, infatti, conducendo con sé anche il capitano Benwick: cosa, questa, assolutamente inaspettata perché, a giudizio di tutti, il capitano Benwick aveva tutta l'aria di sentirsi oppresso dalla presenza di tanti estranei. Comunque, li affrontò di nuovo, anche se, indubbiamente, il suo umore non sembrava il più adatto al clima di un'allegra riunione. Mentre all'estremità opposta della stanza il capitano Wentworth e il suo collega Harville conducevano la conversazione e, rievocando i giorni passati, fornivano una messe di aneddoti più che sufficiente a interessare e intrattenere gli altri, ad Anne toccò di sedere in un angolo piuttosto appartato in compagnia del capitano Benwick, e, cedendo a un generoso impulso della sua natura, cercò di conoscerlo meglio. Era timido, e incline all'astrazione; ma la cattivante dolcezza del volto di lei e la gentilezza dei suoi modi ebbero presto il loro effetto; e Anne, dopo i primi, laboriosi tentativi, fu ben ripagata dei suoi sforzi. Era più che evidente che il giovane aveva una spiccata predilezione per la lettura, e soprattutto per la poesia; inoltre, convinta com'era di dargli la possibilità di trattare almeno per una serata argomenti per i quali i suoi compagni abituali nutrivano con tutta probabilità scarso interesse, sperava di essergli veramente utile dandogli qualche consiglio a proposito del dovere, e del conseguente beneficio, di lottare contro l'afflizione: argomento, questo, che era naturalmente emerso dal loro conversare. Infatti, sebbene timido, egli non era riservato: piuttosto, era come se i suoi sentimenti godessero di liberarsi dal consueto ritegno; e dopo aver parlato di poesia, della ricchezza della produzione poetica contemporanea, ed essersi cimentati in un breve confronto di opinioni a proposito dei maggiori poeti, cercando di stabilire se Marmion era da preferirsi o meno a The Lady of the Lake, in quale considerazione dovevano essere tenuti The Giaour e The Bride of Abydos, e in qual modo si doveva pronunciare Giaour, il capitano Benwick diede prova di una così profonda conoscenza delle dolci liriche del primo dei due poeti e di tutte le appassionate descrizioni del secondo, così cariche di disperazioni e di tormento; ripeté con così vibrante emozione i vari versi che parlavano di un cuore spezzato o di un animo distrutto dall'infelicità, e tutto, nella sua espressione, indicava il suo desiderio di essere compreso che Anne osò sperare che non si limitasse sempre ed esclusivamente a legger versi e si azzardò a dire che il guaio, con la poesia, era di venir raramente gustata senza pericolo da quanti erano in grado di gustarla completamente; e che i sentimenti forti e intensi che solo potevano apprezzarla nel modo giusto erano gli stessi sentimenti che avrebbero dovuto accostarvisi solo di tanto in tanto. E poiché dallo sguardo di lui appariva che tali allusioni, lungi dal rattristarlo, gli facevano piacere, Anne trovò il coraggio di proseguire e, approfittando del diritto che le dava la sua maggiore maturità intellettuale, giunse a raccomandargli di riservare nei suoi studi quotidiani una più ampia parte alla prosa; e, sollecitata a dare indicazioni particolari, menzionò alcune tra le opere dei nostri migliori moralisti, le raccolte delle più belle lettere e le biografie dei personaggi che molto avevano meritato e sofferto: tutti gli scritti, insomma, di cui si sovvenne al momento e che le parvero i più adatti ad elevare e rafforzare lo spirito con i più nobili precetti e i più validi esempi di umana e religiosa sopportazione. Il capitano Benwick ascoltò attentamente e parve grato per l'interesse dimostratogli; e pur scuotendo il capo in segno di diniego e sospirando come a dimostrare la sua scarsa fiducia nell'efficacia di qualsiasi libro su un dolore come il suo, annotò i titoli delle opere suggeritegli da lei, e promise di procurarsele e di leggerle. Al termine della serata, Anne non poté non provare un certo qual divertimento all'idea di essere venuta a Lyme a esortare alla pazienza e alla rassegnazione un giovane che non aveva mai visto prima; e, dopo averci riflettuto con maggiore serietà, non poté fare a meno di temere d'aver fatto, al pari di molti altri moralisti e predicatori, gran sfoggio di eloquenza su un punto in cui le sarebbe stato difficile fare un esame di coscienza. XII L'indomani Anne e Henrietta, le più mattiniere della comitiva, decisero di fare una breve passeggiata e scendere fino al mare prima di colazione. Arrivarono alla spiaggia sabbiosa e si fermarono a contemplare il flusso della marea che una viva brezza di sud-est sospingeva entro la baia con tutta la grandiosità permessa da una riva così piatta. Ammirarono il mattino; esaltarono la bellezza del mare; sentirono in sé tutta la gioia di quella fresca brezza. Poi tacquero, finché d'un tratto Henrietta non riprese a parlare: «Oh, sì! Sono assolutamente convinta che, salvo pochissime eccezioni, l'aria di mare fa bene a tutti. Non c'è dubbio che abbia giovato moltissimo al Dott. Shirley la primavera dell'anno scorso. Lui stesso dichiara che esser venuto a Lyme per un mese gli ha fatto più bene di tutte le medicine che ha preso, e che stare al mare gli dà sempre la sensazione di essere ringiovanito. Ora, per me è un vero peccato - non posso fare a meno di pensarla così - che non si stabilisca definitivamente in una località marina. Penso che farebbe meglio a lasciare Uppercross, e venire ad abitare a Lyme. Non

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crede, Anne? Non crede, come me, che sarebbe la miglior soluzione, sia per lui che per Mrs. Shirley? Sa, qui lei ha dei cugini e molti conoscenti, e così avrebbe modo di svagarsi un po'; e poi sono sicura che sarebbe contenta di avere l'assistenza medica a portata di mano, nel caso che al marito venisse un altro colpo apoplettico. Davvero mi rattrista il pensiero che il Dott. Shirley e sua moglie, due persone che hanno passato la loro vita a far del bene, passino i loro ultimi giorni in un posto come Uppercross, dove, eccezion fatta per la mia famiglia, sembrano tagliati fuori dal mondo. Vorrei che i suoi amici gli facessero questa proposta. Anzi, penso che dovrebbero fargliela. Quanto poi a fargli ottenere una dispensa, non ci dovrebbero essere difficoltà, considerando la sua età e la sua persona. Ho un solo dubbio: che nulla possa persuaderlo ad abbandonare la sua parrocchia. Quando si tratta dei suoi princìpi è talmente inflessibile e scrupoloso... Anzi, direi, eccessivamente scrupoloso. Non crede, Anne, che il suo modo di comportarsi sia eccessivamente scrupoloso? Non crede che si debba parlare di un malinteso scrupolo di coscienza, quando un sacerdote sacrifica la propria salute a compiti che possono essere assolti altrettanto bene da un'altra persona? E poi a Lyme, a sole diciassette miglia di distanza, sarebbe abbastanza vicino per sapere se, secondo la gente, qualcosa non funziona». Durante questo discorso, Anne sorrise tra sé più di una volta, ed entrò in argomento, pronta a fare un po' di bene rendendosi partecipe dei sentimenti di una giovane così come l'aveva fatto rendendosi partecipe di quelli di un giovane, anche se qui si trattava di un bene ispirato a meno elevati principi, perché che altro si poteva offrire se non il proprio generico consenso? Anne aggiunse di suo tutti i commenti più ragionevoli e appropriati; mostrò la dovuta considerazione per il Dott. Shirley e il suo giusto diritto di condurre una vita più tranquilla; osservò quanto fosse auspicabile che qualche giovane curato, attivo e rispettabile, gli subentrasse con l'obbligo di risiedere stabilmente nella parrocchia, e fu addirittura tanto cortese da accennare all'opportunità che il suddetto curato avesse moglie. «Come vorrei», disse Henrietta, più che compiaciuta della replica della compagna, «come vorrei, veramente, che Lady Russell abitasse a Uppercross e fosse molto amica del Dottor Shirley! Ho sempre sentito parlare di Lady Russell come di una donna che ha su tutti una grandissima influenza. Personalmente, la stimo capace di persuadere una persona a fare qualunque cosa. Mi fa soggezione, come le ho già detto, soggezione e paura, perché è così intelligente; ma la rispetto immensamente, e vorrei che a Uppercross avessimo una tale vicina». Anne si divertì per il modo scelto da Henrietta allo scopo di esternare la propria gratitudine; e si divertì, inoltre, nel constatare come il corso degli eventi, nonché i nuovi interessi e i progetti di Henrietta avessero finito col rendere ben accetta la sua amica, Lady Russell, a un membro della famiglia Musgrove; comunque, ebbe solo il tempo di dare una risposta generica e di esprimere il desiderio che a Uppercross ci fosse un'altra donna così prima che tutti gli argomenti di conversazione venissero bruscamente troncati dalla comparsa di Louisa e del capitano Wentworth che si dirigevano verso di loro. Anch'essi, in attesa della colazione, erano usciti per una breve passeggiata; ma Louisa, cui subito dopo era venuto in mente che doveva procurarsi qualcosa in un negozio, li invitò tutti a tornare con lei in città. E tutti furono ai suoi ordini. Quando arrivarono ai gradini che dalla spiaggia salivano all'abitato, un gentiluomo, che nello stesso istante si accingeva a scenderli, si fece cortesemente da parte e si fermò per ceder loro il passo. I quattro proseguirono nella loro ascesa e lo superarono; e proprio mentre gli passavano davanti, gli occhi di Anne incontrarono i suoi, ed egli la guardò con una così intensa ammirazione che non poté lasciarla insensibile. Quella mattina Anne era straordinariamente attraente; le sue fattezze regolari, delicate e armoniose avevano ritrovato, grazie alla brezza leggera che aveva accarezzato la sua carnagione, la bellezza e la freschezza della gioventù, rendendo i suoi occhi di nuovo vivi e splendenti. Era evidente che il gentiluomo (un perfetto gentiluomo, a giudicare dai suoi modi) l'ammirava moltissimo. Il capitano Wentworth si girò subito a guardarla in un modo che dimostrava come avesse seguito tutta la scena. Le lanciò uno sguardo, breve ed espressivo, che sembrava dire: «Quell'uomo è rimasto incantato da te, e anch'io, in questo momento, vedo qualcosa che mi fa ricordare Anne Elliot». Dopo avere accompagnato Louisa nel suo giro per i negozi, e aver bighellonato ancora un po', fecero ritorno alla locanda; e di lì a qualche istante Anne, che, lasciata la sua camera, stava affrettandosi a raggiungere la sala da pranzo, per poco non si scontrò con quello stesso gentiluomo, che usciva appunto da una delle stanze vicine. Già prima aveva supposto che fosse un forestiero come loro, e che il prestante staffiere che, quando erano tornati, girellava nei pressi delle due locande, fosse alle sue dipendenze. Il fatto che padrone e servitore vestissero a lutto sembrava confermare tale ipotesi. Ora era accertato che il primo, il padrone, alloggiava nella loro stessa locanda; e un'altra cosa era accertata: anche durante il secondo incontro, per quanto breve, gli occhi del gentiluomo mostrarono in modo palese che egli trovava incantevoli quelli di lei; non solo, ma la correttezza con cui si affrettò a porgere le sue scuse confermò che si trattava di persona estremamente bene educata. Era sulla trentina: non bello, ma di gradevole aspetto. Anne pensò che le sarebbe piaciuto sapere chi fosse. Avevano appena terminato di far colazione, quando il suono di una vettura - quasi il primo che giungesse al loro orecchio da quando erano arrivati a Lyme - indusse metà della comitiva ad avvicinarsi alla finestra. Era un piccolo, elegante veicolo, un calessino, che provenendo dal cortile delle scuderie descriveva un breve giro prima di fermarsi davanti alla porta principale; evidentemente, qualcuno stava per partire. In serpa sedeva un servitore vestito a lutto. Al solo udire la parola «calessino», Charles Musgrove balzò in piedi per poterlo confrontare col suo; il servitore vestito a lutto suscitò la curiosità di Anne, e tutti e sei fecero gruppo, pronti a osservare la scena, nel preciso istante in cui il proprietario del calessino, uscito dalla porta principale tra gli inchini e gli omaggi del personale, prendeva posto sul veicolo e si allontanava. «Ah!», esclamò immediatamente il capitano Wentworth, guardando di sottecchi Anne, «è l'uomo accanto al quale siamo passati, proprio lui».

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Le signorine Musgrove erano dello stesso avviso; e dopo che tutti l'ebbero seguito con lo sguardo su per la collina fin là dove potevano scorgerlo, tornarono alla tavola dove era stata servita la prima colazione. Subito dopo il cameriere entrò nella sala. «Senta», disse subito il capitano Wentworth, «potrebbe dirci il nome del gentiluomo che è appena partito?». «Certo, signore; è un certo Mr. Elliot, un signore molto ricco, arrivato ieri sera da Sidmouth. Può darsi, signore, che abbiano sentito il rumore della vettura, mentre erano a cena; adesso è diretto a Crewkerne, e di lì proseguirà per Bath e poi per Londra». «Elliot!». Alcuni fra i presenti si erano guardati in viso, e alcuni avevano ripetuto il nome prima che il cameriere, pur con la sua rapida parlantina, avesse completato le informazioni. «Misericordia!», esclamò Mary, «deve essere nostro cugino; deve essere il nostro Mr. Elliot. Per forza, deve essere lui! Charles, Anne, non è forse vero che deve essere lui? Vestito a lutto, vedete, proprio come deve esserlo Mr. Elliot. Che cosa straordinaria! Proprio nella stessa locanda in cui alloggiamo noi! Vero, Anne, che deve essere il nostro Mr. Elliot, l'erede presuntivo di mio padre? Prego, signore» (rivolgendosi al cameriere) «lei non ha sentito, non ha detto il suo servitore se apparteneva alla famiglia di Kellynch?». «No, signora, non ha menzionato nessuna famiglia particolare; però ha detto che il suo padrone era un gentiluomo molto, molto ricco, e che un giorno o l'altro sarebbe stato baronetto». «Ecco! Vedete?», esclamò Mary, estatica; «proprio come dicevo io! Erede di Sir Walter Elliot! Ero certa che la cosa sarebbe venuta fuori, se era così. Perché potete ben crederlo, è una circostanza, questa, che i suoi servitori si affrettano a render nota dovunque egli vada. Ma pensa, Anne, pensa che combinazione straordinaria! Vorrei averlo guardato meglio. Vorrei che avessimo saputo in tempo di chi si trattava, così avrebbe potuto esserci presentato. Che peccato che non ci sia stata una reciproca presentazione! Pensi che avesse le fattezze degli Elliot? Io l'ho appena guardato, ero intenta a osservare i cavalli; però penso che avesse qualcosa delle fattezze degli Elliot. Strano che non sia stata colpita dallo stemma! Oh! Ma ci avevano buttato sopra quel cappotto pesante, e i lembi coprivano lo stemma, ecco perché; altrimenti, ne sono sicura, l'avrei osservato, e anche la livrea; se il servitore non fosse stato vestito a lutto, lo si sarebbe riconosciuto dalla livrea». «Mettendo insieme tutte queste straordinarie circostanze», disse il capitano Wentworth, «dobbiamo pensare che, se non è stata presentata a suo cugino, ciò è avvenuto per speciale disegno della Provvidenza». Quando riuscì ad attirare l'attenzione di Mary, Anne cercò di convincerla con calma che i rapporti da molti anni esistenti tra il padre e Mr. Elliot erano tali da rendere del tutto indesiderabile l'eventualità di una presentazione. Nello stesso tempo, comunque, era per lei motivo di intima soddisfazione aver visto il cugino e sapere che il futuro proprietario di Kellynch era fuor d'ogni dubbio un gentiluomo e dava l'impressione di essere una persona sensata. Non intendeva, a nessun costo, far parola del suo secondo incontro con lui; fortunatamente, Mary non aveva dato gran peso al fatto che gli fossero passati accanto nel corso della passeggiata mattutina, ma si sarebbe sentita offesissima se avesse appreso che Anne si era letteralmente scontrata con lui nel corridoio e ne aveva ricevuto le garbatissime scuse, mentre lei non aveva mai avuto la possibilità di avvicinarlo; no, quel brevissimo incontro tra cugini doveva restare assolutamente segreto. «Naturalmente», disse Mary, «racconterai che abbiamo visto Mr. Elliot, la prima volta che scriverai a Bath. Penso che mio padre dovrebbe esserne informato; digli tutto di lui». Anne evitò di darle una risposta diretta, ma a suo parere quella circostanza non solo non valeva la pena di essere comunicata, ma doveva essere del tutto ignorata. Dell'offesa arrecata molti anni addietro a suo padre, era al corrente; quanto alla parte che in essa aveva avuto Elizabeth, nutriva più di un sospetto, e che la sola menzione di Mr. Elliot bastasse ad irritarli tutti e due era assolutamente fuori dubbio. Mary, lei, non scriveva mai a Bath, sicché tutto il fastidio di mantenere un pigra e poco interessante corrispondenza con Elizabeth ricadeva su Anne. Avevano da poco terminato di far colazione, quando furono raggiunti dal capitano Harvey e da sua moglie, nonché dal capitano Benwick con i quali si erano accordati per fare, in compagnia, la loro ultima passeggiata a Lyme. Sarebbero partiti per Uppercross verso l'una, e nel frattempo sarebbero stati tutti insieme e, il più a lungo possibile, all'aria aperta. Non appena furono in strada, Anne si trovò accanto il capitano Benwick: evidentemente la conversazione della sera precedente non lo distoglieva dal ricercare la sua compagnia; così, per un buon tratto, procedettero insieme, parlando come l'altra volta di Mr. Scott e di Lord Byron, senza riuscire, come l'altra volta - cosa che non riesce mai a due lettori chiunque essi siano - a pensarla nello stesso identico modo a proposito dei pregi dell'uno o dell'altro. Questo finché qualcosa intervenne a mutare l'ordine di marcia della comitiva e, invece del capitano Benwick, Anne trovò al suo fianco il capitano Harville. «Miss Elliot», disse questi, rivolgendolesi a bassa voce, «lei ha fatto molto, dando modo a quel poveretto di parlare così a lungo. Vorrei che potesse avere più spesso tale compagnia. Non gli giova, lo so, starsene rinchiuso così; ma che possiamo fare? Non possiamo separarci». «No», disse Anne, «lo credo bene che sia impossibile; ma col tempo, forse... Sappiamo quello che fa il tempo in ogni caso di afflizione, e deve ricordare, capitano Harville, che il suo amico ha, si può dire, subito una perdita recente: è stato solo l'estate scorsa, mi sembra». «Proprio così», disse lui con un profondo sospiro, «solo il giugno scorso». «E forse la notizia gli è giunta anche più tardi».

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«Non fino alla prima settimana d'agosto, quando tornò dal Capo col Grappler, subito dopo esser stato promosso. Io ero a Plymouth, e temevo di sentirmi annunciare il suo arrivo; mi giunsero delle lettere, ma il Grappler, stando alla consegna, doveva proseguire per Portsmouth. Era lì, dunque, che la notizia doveva essergli data, ma chi l'avrebbe fatto? Non io. Avrei preferito farmi issare in cima al pennone. Nessuno avrebbe potuto assumersi tale compito, tranne quell'uomo eccellente (additando il capitano Wentworth). La Laconia era rientrata a Plymouth la settimana prima, e quindi non c'era pericolo che dovesse riprendere il mare. Quanto al resto, agì a suo rischio e pericolo; scrisse per ottenere una licenza, ma senza aspettare la risposta partì immediatamente; viaggiò giorno e notte finché non arrivò a Portsmouth, prese una barca senza perdere un istante e, a forza di remi, si portò a bordo del Grappler, dove, per una settimana, non abbandonò mai quel poveretto. Ecco quello che fece, e nessun altro avrebbe potuto salvare il povero James. Pensi, Miss Elliot, quanto ci è caro!». Anne ci pensò con la massima intensità e rispose quel tanto che le sue emozioni le consentivano o che quelle di lui parevano in grado di sopportare, poiché il capitano Harville era troppo commosso per riprendere l'argomento: quando infatti parlò di nuovo, passò a qualcosa di totalmente diverso. L'opinione di Mrs. Harville, secondo la quale il marito, quando fosse giunto a casa, avrebbe camminato più che a sufficienza, indusse tutta la comitiva a cambiare il percorso di quell'ultima passeggiata; avrebbero accompagnato gli Harville fin davanti a casa loro, e poi sarebbero tornati e avrebbero proseguito da soli. Secondo tutti i loro calcoli, gliene avanzava giusto il tempo; ma quando giunsero nei pressi del Cobb, tutti manifestarono un tale desiderio di rifarne il giro, tutti erano così propensi, e Louisa sempre più fermamente decisa, che la differenza di un quarto d'ora, scoprirono, non avrebbe avuto nessun peso; così, con tutti gli amabili saluti di commiato e tutti gli amabili scambi di inviti e promesse che è facile immaginare, si separarono dagli Harville proprio sulla soglia della loro casa e, sempre accompagnati dal capitano Benwick, evidentemente intenzionato a non staccarsi da loro fino all'ultimo proseguirono verso il Cobb per una doverosa visita di congedo. Anne si ritrovò accanto il capitano Benwick. I «mari azzurro scuri» di Lord Byron non poterono non essere evocati dalla vista che si offriva ai loro occhi, e Anne fu lieta di prestargli, finché fu possibile, tutta la sua attenzione. Ma presto qualcosa la costrinse a rivolgerla altrove. C'era troppo vento sulla parte alta del nuovo Cobb perché le signore vi si trovassero a loro agio; così decisero di comune accordo di scendere gli scalini che portavano alla parte più bassa, e tutte si limitarono a percorrere la ripida rampa adagio e con cautela. Tutte, tranne Louisa: lei doveva saltarli, gli scalini, con l'aiuto del capitano Wentworth. In tutte le loro passeggiate, lui aveva dovuto aiutarla a saltare dai gradini dei muretti di recinzione: era, per Louisa, una sensazione deliziosa. Questa volta il lastricato, troppo duro per i piedi di lei, gli diede qualche perplessità; comunque, fece quanto era solito fare. Louisa atterrò sana e salva, e immediatamente, per mostrare come la cosa la divertisse, risalì di corsa gli scalini per spiccare un altro salto sempre con l'aiuto di Wentworth; lui la sconsigliò, pensava che l'impatto fosse eccessivo. Nulla da fare! parlava e ragiona va inutilmente, e lei diceva sorridendo: «Sono decisa, e lo farò»; lui protese le mani; lei saltò con mezzo secondo d'anticipo, cadde sul lastricato della parte più bassa del Cobb e, quando la sollevarono, era un corpo senza vita. Non c'erano ferite, né sangue, né contusioni visibili, ma i suoi occhi erano chiusi, e aveva il volto di una morta. Che momento d'orrore fu quello per tutti i presenti! Il capitano Wentworth (poiché era stato lui a sollevarla) se ne stava in ginocchio reggendola tra le braccia, fissandola in angosciato silenzio, e il suo volto era pallido come quello di lei. «È morta! è morta!», strillò Mary aggrappandosi al marito e contribuendo, insieme all'orrorc da cui era preso, a impedirgli di muoversi; e, un istante dopo, Henrietta, cedendo alla stessa convinzione, svenne anch'essa e sarebbe certo caduta sul la gradinata se il capitano Benwick e Anne non l'avessero afferrata in tempo e, fra tutti e due, non l'avessero sorretta. «Non c'è nessuno che mi aiuti?», furono le prime parole del capitano Wentworth, parole concitate, disperate, come se avesse perduto tutta la sua forza. «Vada da lui, vada da lui», esclamò Anne; «per amor del Cielo, vada da lui. Sono in grado di reggerla da sola. Mi lasci, e vada da lui. Le strofini le mani, le strofini le tempie; ecco i sali... li prenda, li prenda». Il capitano Benwick obbedì, e poiché nello stesso momento Charles era riuscito a liberarsi dalla stretta della moglie, entrambi accorsero dal capitano Wentworth e, unendo le loro forze, riuscirono a sollevare Louisa e a sorreggerla più saldamente. Fu fatto tutto ciò che Anne aveva suggerito, ma invano: e intanto il capitano Wentworth, che con passo barcollante si era accostato al muro e vi si era appoggiato per trovarvi sostegno, esclamava con incontenibile angoscia: «Mio Dio! suo padre e sua madre!». «Un chirurgo!», disse Anne. Lui colse a volo la parola; anzi, sembrò scuoterlo d'un tratto. E, senza altro aggiungere che: «Sì, sì! Un chirurgo, e subito!», stava per filar via come un razzo, quando Anne si affrettò a suggerire: «Capitano Benwick... Non sarebbe meglio che ci andasse il capitano Benwick? Lui sa dove si può trovare un chirurgo». Ognuno, fra quanti erano in grado di pensare, capì quale vantaggio offrisse l'idea di Anne, e in un attimo (poiché tutto avvenne in una rapida successione di attimi), il capitano Benwick, dopo avere affidato il povero corpo senza vita alle sole cure del fratello, partì verso l'abitato a tutta velocità. Quanto all'afflitta comitiva che si era lasciato alle spalle, sarebbe stato difficile dire chi dei tre che erano in pieno possesso delle loro facoltà mentali soffrisse di più: se il capitano Wentworth, o Anne, o Charles. Quest'ultimo, da quel fratello affezionato che era, chino su Louisa, singhiozzava disperatamente e, quando distoglieva lo sguardo da una sorella,

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vedeva l'altra anch'essa priva di sensi, o la moglie che, in preda a una crisi isterica, invocava da lui quell'aiuto che egli non era in grado di dare. Anne, mentre soccorreva Henrietta con tutta la forza, la sollecitudine e le cure che l'istinto le suggeriva, tentava a intervalli di infondere conforto negli altri, tentava di calmare Mary, di incoraggiare Charles, di placare i sentimenti del capitano Wentworth. Entrambi sembravano contare su di lei per suggerimenti e istruzioni. «Anne, Anne», invocò Charles, «che si deve fare, ora? In nome del Cielo, che si deve fare, ora?». Anche gli occhi del capitano Wentworth erano rivolti a lei. «Non sarebbe meglio trasportarla alla locanda? Sì, credo proprio di sì: trasportatela alla locanda. Ma piano, molto piano». «Sì, sì alla locanda», ripeté il capitano Wentworth, relativa mente calmo, e desideroso di far qualcosa. «La porterò io stesso. Musgrove, lei si occupi degli altri». Ormai la notizia dell'incidente si era diffusa tra i lavoratori e i barcaioli del Cobb, e molti erano riuniti lì vicino, per essere d'aiuto se richiestine; comunque, per godersi lo spettacolo di una giovane signora morta: anzi, di due giovani signore morte, il che rendeva la cosa doppiamente attraente rispetto alle informazioni iniziali. Ad alcune di queste brave persone, quelle che destavano più fiducia, venne affidata Henrietta perché, sebbene in parte rianimatasi, era del tutto priva di forze; e in questo modo, con Anne che camminava al suo fianco e Charles che sosteneva la moglie, si misero in marcia, compiendo in senso inverso e con inesprimibili sentimenti il percorso che poco tempo prima, così poco tempo prima, avevano seguito con animo tanto spensierato. Non erano molto lontani dal Cobb, quando gli Harville vennero loro incontro. Il capitano Benwick era stato visto passare di corsa davanti alla loro casa, e con una faccia da cui era facile arguire che era accaduto qualcosa di grave: così erano usciti immediatamente e, raccogliendo lungo il percorso informazioni e indicazioni, si erano avviati verso il luogo dell'incidente. Il capitano Harville, per quanto scioccato, portò con sé quello spirito pratico e quel sangue freddo che proprio allora servivano; e un solo sguardo che lui e la moglie si scambiarono decise il da farsi; Louisa doveva essere portata a casa loro, tutti dovevano andare a casa loro, e lì attendere l'arrivo del chirurgo. Inutile esitare, farsi scrupoli: gli Harville non vollero sentirne parola, e il capitano fu obbedito. Poco dopo erano tutti sotto il suo tetto, e mentre Louisa, sotto la direzione di Mrs. Harville, veniva portata di sopra e messa a letto, il marito si diede da fare offrendo assistenza, cordiali e tonici a tutti quelli che ne ave vano bisogno. Louisa aveva aperto gli occhi una volta, ma subito li aveva richiusi. Comunque, era stato un segno di vita da cui la sorella aveva tratto qualche giovamento: infatti Henrietta, sebbene assolutamente incapace di restare nella stessa camera di Louisa, fu trattenuta proprio da questo alternarsi di speranza e timore, dal ricadere come prima in uno stato di incoscienza. Anche Mary andava ritrovando una certa calma. Il chirurgo arrivò prestissimo, quasi più presto di quanto avessero ritenuto possibile. Tale era il loro orrore che, mentre egli visitava Louisa, si sentirono venir meno; ma il chirurgo non fu pessimista. La testa aveva riportato una seria contusione, ma lui aveva visto lesioni più gravi guarire perfettamente. No, non era affatto pessimista; parlava con fare incoraggiante. Che non lo considerasse un caso disperato, che non dicesse che di lì a qualche ora sarebbe sopraggiunta la fine parve al primo momento andare oltre ogni speranza nutrita dai più; e l'estasi di tale condono, l'esultanza profonda e silenziosa, dopo che con ferventi esclamazioni venne espressa al Cielo la gratitudine di tutti, possono essere facilmente immaginate. Anne era certa che mai avrebbe dimenticato il tono e lo sguardo con cui il capitano Wentworth disse: «Dio sia ringraziato!»; così come mai avrebbe dimenticato la vista di lui, poco dopo, seduto a un tavolo a capo chino, le braccia incrociate e il volto nascosto, come se, sopraffatto dai contrastanti sentimenti dell'animo suo, si sforzasse di calmarli con la preghiera e la riflessione. Gli arti di Louisa non avevano riportato conseguenze di sorta. Non c'era traccia di lesione, tranne che alla testa. Divenne ora necessario per i membri della comitiva considerare quale fosse il modo migliore per risolvere la situazione generale: ora erano in grado di parlarsi e di consultarsi. Che Louisa dovesse restare dov'era, per quanto penoso riuscisse ai suoi cari coinvolgere gli Harville in un tale guaio, era fuori discussione: rimuoverla era impossibile. Gli Harville misero a tacere tutti gli scrupoli e, per quanto poterono, tutte le espressioni di gratitudine. Avevano già pensato al da farsi e sistemato ogni cosa prima che gli altri cominciassero a riflettere. Il capitano Benwick doveva ceder loro la sua camera e trovarsi un letto altrove; e tutto era a posto. Se mai erano preoccupati, era solo perché la casa non poteva ospitare altre persone: eppure, forse, «mettendo i bambini a dormire nella stanza della domestica, o appendendo un'amaca da qualche parte», non disperavano di trovar posto per altri due o tre, sempre che desiderassero restare; anche se, per quanto riguardava ogni forma di assistenza a Miss Musgrove, potevano affidarla interamente e con assoluta tranquillità alle cure di Mrs. Harville. Lei, Mrs. Harville, era un'espertissima infermiera, e la bambinaia, che era vissuta con lei per molto tempo e l'aveva seguita dappertutto nei suoi vari spostamenti, non era da meno. Con loro due, Miss Musgrove non avrebbe avuto bisogno di altra assistenza, né di giorno né di notte. E tutto questo fu detto con irresistibile schiettezza e sincerità di sentimenti. Charles, Henrietta e il capitano Wentworth erano i tre riuniti a consulto, e per un po' questo si limitò a uno scambio di frasi perplesse e atterrite: «Uppercross... la necessità che qualcuno andasse a Uppercross... la notizia da comunicare... come poteva essere riferita a Mr. e Mrs. Musgrove... il fatto che la mattina era ormai passata... che un'ora era già passata da quella stabilita per la partenza! L'impossibilità di essere, sia pur relativamente, puntuali!...».

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Dapprincipio non riuscirono a cavare niente di più pertinente di queste esclamazioni; ma dopo un po' il capitano Wentworth, riscuotendosi, disse: «Dobbiamo prendere una risoluzione, e senza perdere un altro minuto. Ogni minuto è prezioso. Qualcuno deve decidersi a partire immediatamente per Uppercross. Musgrove, deve andarci uno di noi due». Charles era d'accordo, ma dichiarò la sua risoluzione di non lasciare Lyme. Avrebbe dato il minor disturbo possibile al capitano Harville e a sua moglie; ma quanto ad abbandonare sua sorella in tali condizioni, non doveva e non voleva farlo. E questo era deciso; anche Henrietta, dapprima, espresse gli stessi propositi, ma venne presto convinta a cambiare idea. Figurarsi di quale utilità sarebbe stata restando lì! Lei, che non era riuscita a rimanere nella camera di Louisa, o a guardarla senza essere colta da sofferenze che la lasciavano del tutto priva di forze! Dovette riconoscere di non poter essere di alcun aiuto, e tuttavia era ancora riluttante ad andarsene. Questo finché, commossa al pensiero del padre e della madre, cessò di insistere; acconsentì, e fu tutta presa dall'ansia di ritrovarsi a casa. Il progetto era arrivato a questo punto, quando Anne, scendendo con passo silenzioso dalla camera di Louisa, non poté fare a meno di sentire, visto che la porta del salotto era aperta, queste parole: «Allora», esclamò il capitano Wentworth, «siamo d'accordo così, Musgrove: lei si ferma qui, e io accompagno a casa sua sorella. Ma per quanto riguarda il resto, per quanto riguarda gli altri, se qualcuno si trattiene per essere d'aiuto a Mrs. Harville, deve, penso, trattarsi di una persona sola, non di più. Sua moglie, Musgrove, sarà certo ansiosa di tornare dai suoi bambini; ma se Anne vuole restare, non c'è nessuno più adatto, più capace di Anne». Lei, Anne, si fermò un istante per riprendersi dall'emozione di aver sentito parlar di sé a quel modo. Gli altri due approvarono calorosamente quanto esposto dal capitano Wentworth, e Anne fece il suo ingresso nella stanza. «Lei resterà, ne sono certo, resterà e l'assisterà», esclamò lui rivolgendolesi e parlandole con un ardore e, insieme, una dolcezza che sembrarono quasi risuscitare il passato. Il viso di Anne si coprì di rossore, e lui si riprese e si allontanò. Anne si dichiarò dispostissima, pronta, felice di restare. Era quello che aveva pensato, che aveva desiderato di poter fare. Un materasso sul pavimento in camera di Louisa le sarebbe bastato, se Mrs. Harville non aveva niente in contrario. Ancora un altro particolare, e tutto sembrava sistemato. Benché fosse in un certo senso desiderabile che Mr. e Mrs. Musgrove fossero già allarmati da un parziale ritardo, il tempo impiegato dai cavalli di Uppercross per riportarli a casa avrebbe tremendamente prolungato l'ansia dell'attesa, così il capitano Wentworth propose, e Charles Musgrove fu d'accordo con lui una soluzione molto migliore: prendere una carrozza da nolo alla locanda e lasciarvi la vettura e i cavalli di Mr. Musgrove con l'incarico di ricondurli a Uppercross la mattina dopo per tempo, il che avrebbe anche permesso di mandare notizie sul modo in cui Louisa aveva passato la notte. Dopodiché il capitano Wentworth si avviò, in tutta fretta alla locanda per occuparsi dei vari particolari; le sue due compagne di viaggio l'avrebbero raggiunto al più presto. Ma quando Mary venne a conoscenza del progetto, tutto andò all'aria. Era talmente offesa e fuori di sé, si lamentò talmente dell'ingiustizia che le si infliggeva aspettandosi che fosse lei ad andar via invece di Anne; Anne, che per Louisa non era niente, mentre lei era sua cognata e toccava a lei, per diritto di precedenza, restare al posto di Henrietta! E perché lei non doveva essere utile come Anne? E poi, andare a casa senza Charles, senza suo marito! No, era troppo irriguardoso. Insomma, disse più di quanto il consorte avesse la forza di sopportare per molto, e poiché nessuno degli altri poteva opporsi quando lui ci rinunciava, non ci fu nulla da fare: Mary avrebbe preso il posto di Anne, era inevitabile. Anne non si era mai sottomessa con maggior riluttanza alle pretese intolleranti e sconsiderate di Mary; ma così doveva essere, per cui si avviarono verso l'abitato, con Charles che sorreggeva Henrietta e il capitano Benwick che faceva da scorta a Anne. Per un attimo, mentre procedevano frettolosi, la mente di lei indugiò a rievocare i piccoli episodi di cui quegli stessi luoghi erano stati testimoni quella mattina, solo qualche ora prima. Là aveva ascoltato Henrietta e i suoi piani perché il Dott. Shirley lasciasse Uppercross; più avanti, aveva visto per la prima volta Mr. Elliot... Ricordi di un attimo, sembrava ora: tranne quello di Louisa, e di coloro che si adoperavano attiva mente per il suo bene. Il capitano Benwick la faceva oggetto della sua assidua sollecitudine; e, uniti come tutti sembravano dalle sofferenze di quella giornata, Anne lo considerò con crescente, benevola simpatia, e pensò con piacere che, forse, quella circostanza avrebbe porto l'occasione di approfondire la loro conoscenza. Il capitano Wentworth era in attesa della loro venuta, e un tiro a quattro, posteggiato per loro comodità nella parte più bassa della strada, era pronto a partire; ma l'evidente sorpresa e il disappunto di lui nel vedere una sorella sostituita dall'altra, il mutamento della sua espressione, il suo stupore, la frase iniziata e poi subito troncata mentre ascoltava Charles furono per Anne un ben umiliante benvenuto; o, quantomeno, servirono a convincerla al di là d'ogni dubbio di essere apprezzata solo nella misura in cui poteva essere utile a Louisa. Si sforzò di ritrovare la calma, e di essere giusta. Pur senza emulare i sentimenti di un'Emma verso il suo Henry, avrebbe assistito Louisa con uno zelo molto superiore a quello richiesto dai comuni legami di affetto e di amicizia, e l'avrebbe fatto per lui; sperava che presto si ricredesse, che non fosse tanto ingiusto da supporre che, senza esservi costretta, si era sottratta al suo dovere di amica. E ora era in carrozza. Wentworth aveva aiutato lei e Henrietta a salire, e si era seduto in mezzo a loro due; e in questo modo, in queste circostanze per lei piene di sgomento e di emozione, Anne lasciò Lyme. Come sarebbe passata quella lunga tappa, come avrebbe influito sul loro comportamento, quali sarebbero stati i loro rapporti, non poteva prevedere. Tutto, comunque, si svolse in modo assolutamente naturale. Lui si dedicava a Henrietta; si voltava sempre verso di lei; e quando parlava, il che avveniva raramente, era sempre per infonderle speranza e darle coraggio. In generale, la sua voce e i suoi modi erano volutamente calmi: risparmiare a Henrietta ogni agitazione era, evidentemente, il principio

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cui si ispirava la sua condotta. Solo una volta, dopo che ella ebbe deplorato quell'ultima sconsiderata, funesta passeggiata al Cobb, lamentando amaramente che tale idea fosse mai stata concepita, Wentworth esplose, incapace di contenersi: «Non ne parli, non ne parli», esclamò. «Mio Dio! se non l'avessi assecondata in quell'istante fatale! Se avessi agito come avrei dovuto! Ma vederla così entusiasta, così risoluta! Cara, dolce Louisa!». Anne si chiese se ora non fosse tentato di mettere in forse la validità della sua precedente opinione a proposito del beneficio e della felicità che tutti avrebbero tratto dalla fermezza di carattere; e se per caso non lo colpisse il fatto che anche questa, come tutte le altre facoltà, doveva avere le sue proporzioni e i suoi limiti. Pensò che difficilmente gli poteva sfuggire che tal volta un temperamento malleabile aveva la possibilità di essere favorito dalla felicità al pari di un carattere molto risoluto. Procedevano a forte andatura. Anne stupì nel riconoscere così presto le stesse colline e gli stessi elementi del paesaggio. La loro velocità effettiva, aumentata da non pochi timori per ciò che riguardava la conclusione del viaggio, faceva sì che la strada apparisse assai più corta - addirittura la metà - di quella del giorno precedente. Comunque, era quasi il crepuscolo quando arrivarono nei pressi di Uppercross; per qualche tempo c'era stato tra di loro il silenzio più assoluto, e Henrietta, appoggiata allo schienale nel suo angolo, con lo scialle che le nascondeva il viso, lasciava sperare che, dopo tanto piangere, si fosse addormentata. Improvvisamente, mentre risalivano il pendio dell'ultima collina, Anne si sentì rivolgere la parola dal capitano Wentworth. Con voce cauta, sommessa, disse: «Ho riflettuto su quel che sarebbe meglio fare. Henrietta non deve presentarsi subito. Non lo sopporterebbe. Ho pensato che forse lei farebbe meglio a restare in sua compagnia, qui in carrozza, mentre io entro e comunico la notizia a Mr. e Mrs. Musgrove. Le sembra un buon piano?». Sì, ad Anne sembrava che lo fosse: lui ne fu soddisfatto, e non disse altro. Ma il fatto che si fosse rimesso al suo parere le restò impresso dandole un senso di gioia: era una prova d'amicizia, di deferenza nei confronti del suo giudizio, una grande, grandissima gioia; e anche quando diventava una sorta di prova d'addio, il suo valore non scemava per questo. Quando ebbe assolto il penoso compito di comunicare la notizia ai Musgrove, ed ebbe visto che il padre e la madre avevano ritrovato quel tanto di calma che era dato sperare, e la figlia stava decisamente meglio grazie al fatto di essere con loro, il capitano Wentworth annunciò la propria decisione di ritornare a Lyme sulla stessa vettura; e, non appena i cavalli furono foraggiati, partì. XIII Il resto del suo soggiorno a Uppercross - due giorni soltanto - Anne lo trascorse interamente alla Casa Grande; ed ebbe la soddisfazione di sapervisi estremamente utile, sia come amica e compagna, sia nel dare una mano in tutti quei preparativi concernenti il futuro che, nell'attuale stato di prostrazione di Mr. e Mrs. Musgrove, avrebbero costituito delle difficoltà. La mattina seguente ebbero notizie da Lyme: le condizioni di Louisa erano più o meno le stesse; comunque, non si era presentato alcun sintomo di peggioramento. Charles arrivò qualche ora più tardi con un bollettino medico più aggiornato e particolareggiato. Era moderatamente ottimista: certo, non si poteva sperare in una rapida guarigione ma, considerata la natura del caso, tutto procedeva abbastanza bene. Parlando degli Harville, sembrava non aver parole atte ad esprimere il suo senso di gratitudine nei confronti delle loro affettuose premure, e soprattutto degli sforzi di Mrs. Harville in qualità di infermiera. Davvero, non aveva lasciato nulla da fare a Mary. La sera prima avevano persuaso lui e Mary ad andare per tempo alla locanda dove avevano preso alloggio. Quella mattina, Mary aveva avuto un'altra crisi isterica. Quando era partito, si accingeva a uscire per una passeggiata in compagnia del capitano Benwick, e Charles sperava che le avrebbe fatto bene. Quasi quasi desiderava che il giorno prima si fosse lasciata convincere a venire a casa; ma la verità era che Mrs. Harville non lasciava nulla da fare a nessuno. Charles doveva tornare a Lyme quello stesso pomeriggio, e dapprincipio suo padre aveva una mezza idea di andare con lui, ma le signore non glielo permisero. Andare a Lyme non avrebbe fatto che moltiplicare le difficoltà altrui e accrescere la sua angoscia; ne seguì, e fu prontamente attuato, un progetto assai migliore. Si fece venire una carrozza da Crewkerne, e Charles portò con sé una persona molto più utile: la vecchia bambinaia della famiglia, una donna che, dopo aver coccolato il più a lungo possibile Master Harry, l'ultimo dei fratelli ad esser mandato a scuola, viveva ora nella sua nursey deserta, dove passava il tempo a rammendar calzini e a curare tutte le pustole e le ammaccature su cui poteva metter mano, e che, di conseguenza, fu indicibilmente felice di andare ad assistere chi faceva da infermiera alla cara Miss Louisa. Già prima Mrs. Musgrove e Henrietta avevano accennato, ma in modo vago, all'opportunità di mandare Miss Sarah a Lyme; ma senza Anne difficilmente si sarebbe arrivati a una decisione e la si sarebbe attuata con tanta prontezza. Il giorno dopo furono molto obbligati a Charles Hayter, che di sua propria iniziativa era andato a Lyme, per tutti quei minuti particolari riguardanti Louisa, di cui era così indispensabile venire a coscenza ogni ventiquattro ore: si era notato che gli intervalli in cui riacquistava coscienza e lucidità erano più netti. Tutti i resoconti concordavano sul fatto che il capitano Wentworth sembrava essersi stabilito definitivamente a Lyme. Anne doveva partire l'indomani, ed era un evento, quello, che tutti temevano. Che avrebbero fatto senza di lei? Erano di così povero conforto gli uni per gli altri!... E tanto fu detto in tal senso, che Anne pensò che la miglior cosa da farsi era renderli singolarmente edotti di quella che, come sapeva, era l'inclinazione generale, e persuaderli tutti quanti a partire subito per Lyme. Non incontrò alcuna difficoltà; venne immediatamente deciso che sarebbero partiti; sarebbero

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partiti il giorno dopo, si sarebbero sistemati stabilmente alla locanda o avrebbero preso un appartamento in affitto, come meglio conveniva, e sarebbero rimasti lì finché la cara Louisa non fosse stata trasportabile. Dovevano assolutamente dare una mano a quelle brave persone presso cui si trovava; se non altro, avrebbero liberato Mrs. Harville dall'obbligo di accudire ai bambini. In breve, erano così felici di aver preso quella decisione, che Anne si sentì pienamente soddisfatta di ciò che aveva fatto, e pensò che non avrebbe potuto trovare modo migliore di quello per trascorrere la sua ultima mattinata a Uppercross: aiutarli nei loro preparativi e farli partire di buon'ora. Anche se la conseguenza, per lei, era di restar sola nella spopolata immensità della casa. A parte i due bambini del Cottage, era l'ultima, proprio l'ultima, l'unica che ancora rimanesse di tutte le persone che avevano popolato e animato tutt'e due le case, di tutte le persone che avevano dato a Uppercross quella sua gaia atmosfera. Pochi giorni avevano operato un vero cambiamento. Se Louisa fosse guarita, tutto sarebbe andato bene di nuovo. Sarebbe tornata la felicità di un tempo, e anche maggiore. Non poteva esservi alcun dubbio - nell'animo di Anne non ve n'era alcuno - su come sarebbero andate le cose dopo la sua guarigione. Ancora qualche mese, e la stanza ora così deserta, occupata unicamente dalla sua figuretta silente e pensosa, sarebbe stata nuovamente piena di tutto ciò che v'era di felice e di gaio, di fervido e radioso nell'amore appagato, di tutto ciò che v'era di più dissimile da Anne Elliot! Un'intera ora d'ozio dedicata a tali riflessioni, in una cupa giornata di novembre, con una pioggia fitta e sottile che quasi cancellava i pochissimi oggetti altrimenti visibili dalle finestre, fu più che sufficiente a rendere il suono della carrozza di Lady Russell oltremodo gradito; eppure, per quanto desiderosa di andarsene, Anne non poté abbandonare la Casa Grande o dare uno sguardo d'addio al Cottage con la sua veranda annerita, squallida e gocciolante, o notare attraverso i finestrini appannati gli ultimi, umili casolari del villaggio senza che il cuore le si empisse di tristezza. Si erano succedute scene, a Uppercross, che ne rendevano prezioso il ricordo. Ridestava in lei sensazioni diverse: una sofferenza un tempo intensa, ma ora divenuta più mite; e la memoria di circostanze in cui i sentimenti s'erano schiusi alla tenerezza, e di brevi pause d'amicizia e di riconciliazione che non sarebbero tornate mai più e che mai avrebbero cessato di esserle care. Tutto questo se lo lasciava alle spalle: tutto, tranne il ricordo che queste cose erano state. Da settembre, quando aveva abbandonato la casa di Lady Russell, Anne non aveva rimesso piede a Kellynch. Non era stato necessario, e del resto, le poche volte che aveva avuto la possibilità di andare a Kellynch-hall, aveva fatto in modo di sottrarvisi. Tornava ora, per la prima volta, per riprendere il suo posto negli eleganti e moderni appartamenti di Kellynch-lodge e allietare la vista della proprietaria. Lady Russell l'accolse con gioia non priva di una certa ansia: sapeva chi aveva frequentato Uppercross. Ma fortunatamente, o Anne aveva un aspetto migliore - più fresca, più viva - o così parve all'amica; e Anne, ricevendo i suoi complimenti in proposito, li collegò, non senza divertimento, alla silenziosa ammirazione del cugino e sperò di essere toccata dalla grazia di una seconda primavera di gioventù e di bellezza. Quando presero a conversare, si rese subito conto di un certo mutamento nei loro interessi. I problemi che le erano stati così profondamente a cuore quando aveva lasciato Kellynch e che aveva visto ignorare dagli altri, che lei stessa era stata costretta ad accantonare quando si trovava coi Musgrove, erano ora solo di importanza secondaria. Negli ultimi tempi, Anne aveva perduto di vista persino suo padre, sua sorella, e Bath. I loro problemi erano stati sommersi da quelli di Uppercross; e quando Lady Russell riprese a parlare delle speranze e dei timori di un tempo, ed espresse la propria soddisfazione per la nuova casa in Camden-place, e il proprio rammarico per il fatto che Mrs. Clay si trovava ancora con Sir Walter ed Elizabeth, Anne si sarebbe vergognata di far sapere quanto più pensava a Lyme e a Louisa Musgrove e a tutte le persone che conosceva laggiù; quanto la casa e l'amicizia degli Harville e del capitano Benwick erano più interessanti per lei della casa di suo padre in Camden-place, o dell'eccessiva dimestichezza di sua sorella con Mrs. Clay. Dovette compiere un vero sforzo per stabilire un punto di contatto con Lady Russell, dando prova, almeno in apparenza, di uguale sollecitudine: e questo su argomenti di cui, per la loro stessa natura, doveva riconoscere la priorità assoluta. Anche un altro argomento, nel corso della loro conversazione, fu affrontato sulle prime con un certo imbarazzo. Dovevano parlare dell'incidente di Lyme. Il giorno precedente, Lady Russell non era arrivata da neppure cinque minuti, quando l'avevano letteralmente assalita con un resoconto dettagliato di tutto quanto; tuttavia se ne doveva ancora parlare, e lei doveva far domande, dolersi dell'imprudenza, lamentarne il risultato, e il nome del capitano Wentworth doveva per forza essere menzionato da tutt'e due. Anne si rese conto di non riuscirci bene come Lady Russell. Non poté pronunciare quel nome e guardare Lady Russell dritta negli occhi, finché non ebbe adottato l'espediente di dirle in modo succinto quello che pensava del sentimento che lo legava a Louisa. Quando ebbe detto ciò, il nome di lui non le procurò più alcun senso di imbarazzo. Lady Russell si limitò ad ascoltare con calma imperturbata e ad augurare che fossero felici, ma dentro di lei il suo cuore esultò in un misto di sdegnato piacere e di compiaciuto disprezzo al pensiero che l'uomo che a ventitré anni sembrava aver capito qualcosa del valore di un'Anne Elliot, otto anni dopo restasse preso dal fascino di una Louisa Musgrove. I primi tre o quattro giorni passarono nella massima quiete, senza che nessuna circostanza intervenisse a distinguerli, tranne il recapito di un paio di brevi messaggi da Lyme, che raggiunsero Anne (non avrebbe saputo dir come), e davano notizie alquanto migliori sulle condizioni di Louisa. Alla fine di quel periodo, la cortesia di Lady Russell non poté sopportare ulteriori indugi e al tono blandamente masochistico del passato subentrò ora un risoluto: «Devo far visita a Mrs. Croft! Assoluta1nente, devo farle visita, e molto presto! Anne, hai il coraggio di venire con me e di entrare in qualità di visitatrice in quella casa? Sarà una dura prova per entrambe».

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Anne non si tirò indietro: al contrario, pensava sinceramente quel che diceva, quando osservò: «Credo che di noi due sàrà lei a soffrire di più; i suoi sentimenti si sono adattati al cambiamento meno di quanto si siano adattati i miei. Io, rimanendo nelle vicinanze, mi ci sono abituata». E sull'argomento avrebbe potuto dire di più, perché in effetti aveva una così alta opinione dei Croft, e considerava una tale fortuna per suo padre averli per affittuari, riteneva che la parrocchia potesse contare con certezza sul loro buon esempio, e i poveri su cure più attente e su un più sollecito aiuto, che per quanto la necessità dello sgombero suscitasse in lei pena e vergogna, non poteva fare a meno di pensare, in coscienza, che se n'erano andati quelli che meritavano di non rimanere, e che Kellynch-hall era passata in mani migliori di quelle dei suoi proprietari. Queste convinzioni comportavano, inevitabilmente, un senso di sofferenza, e profonda; ma precludevano una sofferenza d'altra natura: quella che avrebbe provato Lady Russell rientrando nella casa e ripercorrendo i ben noti appartamenti. In tali momenti, Anne non riusciva a dirsi: «Queste stanze dovrebbero appartenere solo a noi. Oh, quale decadenza la loro! Come sono indegnamente occupate! Un'antica famiglia cacciata via così! La dimora che fu sua popolata di estranei!». No, tranne che quando pensava alla madre e la ricordava là dove era solita sedere, al posto d'onore, non indulgeva in tali sospiri. Ogniqualvolta la incontrava, Mrs. Croft trattava Anne con una gentilezza che le dava la piacevole illusione di essere la sua prediletta. Ora, accogliendola in quella casa, le usò attenzioni anche maggiori. Il doloroso incidente di Lyme costituì ben presto l'argomento principale, e dal confronto delle ultime notizie da loro ricevute sulle condizioni dell'infortunata, apparve evidente che esse risalivano, sia per Anne, sia per Mrs. Croft, alla stessa ora della mattina precedente; che il capitano Wentworth era stato a Kellynch, per la prima volta dopo l'incidente; che era stato lui a portare ad Anne l'ultimo messaggio, quello di cui non era riuscita a identificare il latore o i latori; si era fermato qualche ora, e poi era tornato a Lyme, intenzionato per il momento a restarvi definitivamente. Anne apprese che il capitano Wentworth aveva chiesto, in particolare, sue notizie; aveva espresso la speranza che Miss Elliot non avesse eccessivamente risentito degli sforzi sostenuti, e aveva detto quanto grandi fossero stati tali sforzi. Era, il suo, un atteggiamento nobile e generoso, che le diede più piacere di ogni cosa - quasi ogni cosa - che egli avrebbe potuto fare. Quanto allo stesso, malaugurato incidente, poteva essere discusso in un solo modo da una coppia di donne equilibrate e assennate, i cui giudizi dovevano basarsi su eventi accertati; sicché venne deciso con perfetta identità di vedute che il tutto era stato la conseguenza di molta leggerezza e di molta imprudenza; che gli effetti erano quantomai allarmanti, e che era terribile pensare per quanto tempo ancora la guarigione di Miss Musgrove sarebbe stata in forse e con quanta probabilità, anche in seguito, avrebbe continuato a risentire i postumi della commozione cerebrale! L'ammiraglio sintetizzò il tutto esclamando: «Ah, davvero un gran brutto affare! È un nuovo metodo, questo di un giovanotto che fa la corte a una ragazza, e per tutto risultato le rompe la testa. Vero, Miss Elliot? Proprio come si dice: romper la testa a qualcuno e poi metterci un impiastro!». Le maniere dell'ammiraglio Croft non erano proprio le più adatte a intonarsi ai gusti di Lady Russell, ma Anne le trovava simpaticissime. La sua naturale bontà e la semplicità del suo carattere erano irresistibili. «Ora, questo deve essere molto penoso per lei», disse l'ammiraglio, emergendo d'un tratto da una breve fantasticheria, «sì, venire in questa casa e trovarci noi... Prima non ci avevo pensato, lo dico francamente, ma deve essere molto penoso. Adesso, ad ogni modo, non faccia complimenti. Non resti a sedere, si alzi e faccia un bel giro per le stanze, se vuole». «Un'altra volta, signore, la ringrazio; non ora». «Bene, quando le pare, allora. Può infilarsi dentro casa in qualsiasi momento, passando dalla macchia di arbusti; e lì troverà che teniamo i nostri ombrelli appesi vicino a quella porta. Un bel posto, no? Ma», controllandosi, «lei non lo troverà un bel posto, perché i vostri ombrelli erano sempre tenuti nella stanza del maggiordomo. Già, già, è lì che si tengono sempre, credo. I metodi di uno possono esser buoni come quelli di un altro, ma tutti noi troviamo che i nostri sono i migliori, e così deve giudicare da sé se preferisce fare un giro per la casa, o no». Anne, vedendo che poteva declinare l'invito, lo fece con animo immensamente grato. «E di cambiamenti ne abbiamo fatti pochissimi», continuò l'ammiraglio, dopo un attimo di riflessione. «Sì, pochissimi. A Uppercross le abbiamo detto della porta della lavanderia: questo è stato un grandissimo miglioramento. C'era da chiedersi come, a questo mondo, una famiglia avesse potuto sopportare e per tanto tempo, il fastidio di quell'uscio e del suo modo di aprirsi! Dica a Sir Walter quello che abbiamo fatto, e che Mr. Shepherd lo considera il più grande miglioramento che la casa abbia mai avuto. Davvero, debbo rendere giustizia a mia moglie e a me stesso, e dire che le poche modifiche che abbiamo fatto sono state tutte per il meglio, assolutamente. Comunque, il credito dovrebbe andarne a mia moglie. Io ho fatto ben poco, tranne che far togliere alcuni dei grandi specchi dal mio spogliatoio, quello che prima era lo spogliatoio di suo padre. Uomo eccellente, e perfetto gentiluomo, ne sono sicuro; ma penserei, Miss Elliot», e qui la guardò con aria seria e meditativa, «penserei che, per un uomo della sua età, deve essere piuttosto ricercato nel vestire. Una tal quantità di specchi! oh, Signore! da ogni parte mi ritrovavo davanti la mia faccia. Così ho detto a Sophy di darmi una mano, e in un baleno li abbiamo sloggiati; e adesso me ne sto a mio agio, col mio piccolo specchio da barba in un angolo e un altro, mastodontico, al quale non mi avvicino mai». Anne, divertita suo malgrado, ebbe qualche difficoltà a trovare la risposta adatta; e l'ammiraglio, temendo di non essere stato abbastanza cortese, riattaccò: «La prossima volta che scriverà al suo buon padre, Miss Elliot, gli porga, per favore, i miei omaggi e quelli di Mrs Croft, e gli dica che siamo sistemati qui con nostra piena soddisfazione e che non abbiamo proprio niente da ridire

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sulla casa. I1 camino della saletta per la prima colazione fa un po' di fumo, questo sì, ma solo quando soffia il vento di tramontana, e forte anche, cosa che in un inverno capita al massimo tre volte. E, tutto considerato, adesso che siamo stati in quasi tutte le case qui attorno e siamo in grado di giudicare, non ce n'è una che ci piaccia più di questa. Gli dica questo, per favore, e gli porga i miei omaggi. Sarà contento di sentirlo». Sia Lady Russell sia Mrs. Croft furono lietissime di aver fatto conoscenza, ma gli amichevoli rapporti cui questo incontro aveva dato inizio non erano destinati, per il momento, ad approfondirsi; infatti, quando ricambiarono la visita, i Croft annunciarono che si sarebbero assentati per qualche settimana: intendevano visitare i loro parenti nel Nord del paese, e probabilmente non sarebbero tornati prima che Lady Russell si trasferisse a Bath. Così per Anne ebbe fine ogni pericolo di incontrare il capitano Wentworth a Kellynch-hall o di vederlo in presenza di Lady Russell. Insomma, era abbastanza al sicuro, e sorrise di tutte le inutili emozioni ed angustie che quel problema le aveva causato. XIV Benché Charles e Mary fossero rimasti a Lyme per molto tempo dopo che Mr. e Mrs. Musgrove vi si erano recati - troppo tempo perché a giudizio di Anne potessero essere di qualche utilità - furono i primi della famiglia a rientrare; e non appena possibile, dopo aver fatto ritorno a Uppercross, passarono da Kellynch-lodge. Louisa, quando l'avevano lasciata, cominciava a star seduta, ma la testa, benché lucida, era tremendamente debole, e i nervi sensibilissimi e suscettibili al massimo; sebbene stesse, in complesso, molto bene, era ancora impossibile dire quando sarebbe stata in grado di affrontare il viaggio e tornare a casa; il padre e la madre, che dovevano trovarcisi in tempo per ricevere i figli minori per le vacanze natalizie, nutrivano scarsissime speranze di poterla condurre con sé. Avevano preso alloggio tutti quanti in stanze d'affitto. Mrs. Musgrove si era occupata il più possibile dei figlioletti di Mrs. Harville, tutte le possibili provviste erano state fornite da Uppercross allo scopo di alleviare i disagi degli Harville, mentre gli Harville avevano voluto ogni giorno che i Musgrove cenassero a casa loro: in breve, sembrava che gli uni e gli altri avessero fatto a gara per vedere chi fosse più disinteressato e ospitale. Mary aveva avuto i suoi guai; ma in complesso, come la sua lunga permanenza chiaramente dimostrava, aveva avuto più da svagarsi che da soffrire. Vero che Charles Hayter era stato a Lyme troppo spesso per i suoi gusti; che quando cenavano dagli Harville, c'era solo una domestica a servir tavola, e che dapprincipio Mrs. Harville aveva sempre dato la precedenza a Mrs. Musgrove; ma poi, quando aveva appreso di chi lei era figlia, le aveva chiesto scusa in modo così appropriato, ed erano successe tante cose tutti i giorni, c'erano state tante visite - loro a casa degli Harville, gli Harville a casa loro - e lei aveva preso dei libri alla biblioteca circolante e li aveva cambiati tanto spesso, che il bilancio era stato indubbiamente a favore di Lyme. E poi l'avevano anche portata a Charmouth, e aveva fatto il bagno, ed era andata in chiesa, e in chiesa, a Lyme, c'era molta più gente da guardare che a Uppercross, e tutto questo, insieme al senso di essere tanto utile, aveva reso quelle due settimane davvero simpatiche. Anne chiese del capitano Benwick, e il volto di Mary si rannuvolò immediatamente. Charles rise. «Oh! il capitano Benwick sta benissimo, credo, ma è un giovane molto strano. Non so che intenzioni abbia. L'abbiamo invitato a venire a casa con noi per un paio di giorni. Charles gli ha promesso di portarlo a caccia, e lui sembrava entusiasta. Da parte mia, pensavo che tutto fosse deciso, quando ecco che martedì sera ti tira fuori una goffa scusa: che "non era mai andato a caccia", e "era stato del tutto frainteso", e aveva promesso questo, e aveva promesso quest'altro e, in conclusione, ho trovato che non aveva intenzione di venire. Ho idea cha avesse paura di annoiarsi, a casa nostra; ma, parola mia, avrei pensato che al Cottage fossimo abbastanza allegri per un uomo dal cuore infranto come il capitano Benwick». Charles rise ancora, e disse: «Via, Mary, sai benissimo come sono andate realmente le cose. È stata tutta colpa di Anne», volgendosi alla cognata. «Lui si era fatto l'idea che, se fosse venuto con noi, l'avrebbe trovata lì a due passi: si era fatto l'idea che tutti abitassero a Uppercross; così, quando ha scoperto che Lady Russell stava a tre miglia di distanza, si è perso d'animo, e non ha avuto il coraggio di venire. I fatti stanno così, lo dico sul mio onore. E Mary sa che stanno così». Ma Mary era tutt'altro che disposta ad arrendersi di buona grazia, o perché considerava che il capitano Benwick non fosse, per nascita e posizione, sufficientemente qualificato per innamorarsi di una Elliot, o perché non voleva credere che Anne costituisse più di lei un motivo d'attrazione capace di condurlo a Uppercross: due «perché» che, ovviamente, dovremo lasciare senza risposta. Comunque, la benevola simpatia di Anne non si lasciò intaccare da quanto udì. Ammise, con una cert'aria di sfida, di sentirsene lusingata, e continuò a informarsi sul conto del capitano Benwick. «Oh! parla di lei», esclamò Charles, «con termini tali...». Mary lo interruppe. «Ti dico, Charles, che in tutto il tempo che sono rimasta là, non l'ho mai sentito fare due volte il nome di Anne. Ti dico, Anne, che non parla mai di te, assolutamente». «No», ammise Charles, «non mi risulta che lo faccia mai, così in generale; comunque, è chiarissimo che l'ammira straordinariamente. Ha la testa piena di certi libri che sta leggendo perché Anne glieli ha raccomandati, e vorrebbe parlargliene; ha trovato non so bene che cosa in uno di essi, che pensa... oh, non posso pretendere di ricordarlo, ma era qualcosa di molto bello... l'ho sentito mentre raccontava tutta la faccenda a Henrietta; e allora sì, ha parlato di "Miss Elliot" in termini molto elevati! E ti dico, Mary, che è stato così, l'ho sentito io, proprio io, e tu eri nella stanza vicina. "Eleganza, dolcezza, beltà". Oh! le attrattive di Miss Elliot erano infinite».

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«E io sono sicura che, se è stato così, la cosa torna ben poco a suo credito. Miss Harville è morta solo il giugno scorso. Un cuore del genere non vale proprio la pena di essere conquistato, non è vero, Lady Russell? Sono sicura che sarà d'accordo con me». «Devo vedere il capitano Benwick, prima di decidere», disse Lady Russell sorridendo. «E molto probabilmente lo vedrà prestissimo; glielo garantisco io, signora», disse Charles. «Anche se non ha avuto il coraggio di venir via con noi, e poi proseguire fin qui per fare una visita formale, un giorno o l'altro se ne verrà solo soletto a Kellynch, può contarci. Gli ho detto tutto della distanza e della strada, e gli ho detto della chiesa, che val proprio la pena di esser vista; perché ha gusto per quel genere di roba, e così ho pensato che fosse una buona scusa, e lui ha ascoltato tutto compreso e interessato; e sono sicuro, dal suo modo di fare, che presto verrà a farle visita. Così, Lady Russell, l'avverto in anticipo». «Ogni conoscente di Anne sarà sempre il benvenuto, per me», fu la garbata risposta di Lady Russell. «Oh! quanto ad essere un conoscente di Anne», disse Mary, «penso che sia piuttosto un mio conoscente, perché in queste due settimane l'ho visto quasi tutti i giorni». «Bene, allora come conoscente di entrambe, sarò molto felice di vedere il capitano Benwick». «Non troverà in lui niente di molto gradevole, gliel'assicuro, signora. È uno degli uomini più insulsi di questo mondo. Qualche volta è uscito a passeggiare con me e, da un capo all'altro della spiaggia, non ha detto una sola parola. Non è per niente un giovane cortese. Sono sicura che non le piacerà». «Su questo punto non siamo d'accordo, Mary», disse Anne. «Penso che a Lady Russell piacerebbe, invece. Penso che apprezzerebbe tanto la sua intelligenza che ben presto non vedrebbe alcun difetto nei suoi modi». «Anch'io la penso così, Anne. Sono sicuro che a Lady Russell piacerebbe. È proprio il tipo fatto apposta per Lady Russell. Dategli un libro, e ve lo leggerà per tutto il giorno». «Sì, questo lo farà certamente», esclamò Mary in tono canzonatorio. «Se ne starà seduto, immerso nella lettura del suo libro, senza minimamente accorgersi quando una persona gli parla, e quando una lascia cadere le sue forbici da lavoro, o quando succede qualunque altra cosa. Pensi che a Lady Russell piacerebbe questo?». Lady Russell non poté fare a meno di ridere. «Parola mia», disse, «non avrei supposto che la mia opinione sul conto di qualcuno desse luogo a così contrastanti congetture. E dire che mi considero pratica ed equilibrata... Sono veramente curiosa di vedere la persona capace di dar occasione a giudizi così nettamente opposti. Mi auguro che si decida a farci una visita. E quando verrà, Mary, avrai la mia opinione, te lo assicuro; ma sono fermamente decisa a non giudicarlo in anticipo». «Non le piacerà, glielo garantisco». Lady Russell cambiò argomento. Mary parlò con animazione del loro straordinario incontro, o mancato incontro, con Mr. Elliot. «È un uomo», disse Lady Russell, «che non ho alcun desiderio di vedere. Il fatto che abbia declinato di intrattenere cordiali rapporti con il capo della sua famiglia ha lasciato in me un'impressione molto, molto sfavorevole». Questa sentenza frenò l'entusiasmo di Mary e interruppe a metà il suo discorso sulle fattezze degli Elliot. Quanto al capitano Wentworth, Anne non si azzardò a far domande, ma le giunse, del tutto volontaria e più che sufficiente, un'informazione al riguardo. Negli ultimi tempi, il suo morale era molto più alto, come c'era da aspettarsi. Via via che Louisa migliorava, anch'esso era migliorato, e adesso era un uomo completamente diverso da quello che era stato la prima settimana. Non aveva visto Louisa; e temeva a tal punto le conseguenze negative che un incontro avrebbe potuto avere per lei, che non l'aveva affatto sollecitato; anzi, sembrava deciso ad assentarsi per una settimana o una decina di giorni in attesa che la mente di lei fosse più lucida. Aveva parlato di andare a Plymouth per una settimana e aveva insistito perché il capitano Benwick lo accompagnasse; ma, come Charles sostenne fino all'ultimo, il capitano Benwick pareva molto più disposto a farsi una sgroppata fino a Kellynch. Non v'è dubbio che in seguito sia Lady Russell sia Anne pensassero di tanto in tanto al capitano Benwick; ogniqualvolta Lady Russell sentiva squillare il campanello della porta di casa, immaginava che fosse il suo nunzio e araldo; e Anne, ogniqualvolta tornava da una breve passeggiata di solitario svago fra i terreni del padre o da qualche visita caritatevole nel villaggio, si chiedeva se per caso non l'avrebbe visto o non ne avrebbe avuto notizie. Comunque, il capitano Benwick non venne: o era meno disposto a intraprendere il viaggio di quanto Charles aveva immaginato, o era troppo timido; e dopo avergli concesso una settimana d'indulgenza, Lady Russell decretò che non meritava l'interesse che aveva cominciato a suscitare. I Musgrove tornarono a casa per accogliervi i figli e le figlie minori che, liberi dagli obblighi scolastici, rientravano in famiglia per trascorrervi, contenti e felici, le loro vacanze. Mr. e Mrs. Musgrove condussero con sé i bimbetti di Mrs. Harville, per aumentare un po' il baccano di Uppercross, e diminuire quello di Lyme. Henrietta rimase con Louisa, ma tutto il resto della famiglia tornò a insediarsi nella stanza di sempre. Lady Russell e Anne vi si recarono una volta in visita, e Anne non poté fare a meno di avvertire che Uppercross era di nuovo piena di animazione. Anche se non c'erano né Henrietta né Louisa, né Charles Hayter né il capitano Wentworth, la stanza presentava, rispetto all'ultima volta che l'aveva vista, un contrasto di cui difficilmente si sarebbe potuto figurare l'uguale. Vicinissimi a Mrs. Musgrove e disposti in cerchio intorno a lei, c'erano i piccoli Harville, che la signora difendeva assiduamente dalla tirannia dei due bambini del Cottage, arrivati espressamente per farli divertire. Da una parte c'era una tavola occupata da alcune ragazze intente a chiacchierare e a ritagliare filigrana e carta dorata; dall'altra c'erano scaldavivande e vassoi curvi sotto il peso di pasticci di carne e salumi, dove dei ragazzi sfrenati facevano una cagnara da

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non dirsi; e, per completare il tutto, il fuoco del caminetto, un crepitante fuoco di Natale, sembrava fermamente deciso a farsi udire nonostante il fracasso generale. Nel corso della visita, arrivarono, naturalmente, anche Charles e Mary, e Mr. Musgrove si fece un dovere di porgere i suoi rispetti a Lady Russell e sedette accanto a lei per dieci minuti, parlando a voce altissima ma, a causa del chiasso dei bambini appollaiati sulle sue ginocchia, generalmente invano. Era un bel gruppo di famiglia in un interno. Anne, a giudicare dal proprio temperamento, avrebbe ritenuto un tale uragano domestico poco atto a distendere i nervi che la malattia di Louisa doveva aver così duramente provato. Ma Mrs. Musgrove, che invitò Anne a sederlesi vicina per ringraziarla ripetutamente e con la massima cordialità di tutte le attenzioni che aveva avuto per loro, concluse una breve ricapitolazione di quanto aveva personalmente sofferto osservando, mentre volgeva uno sguardo felice tutt'intorno alla stanza, che dopo quello che aveva passato non c'era niente che le giovasse di più di un po' di quiete e di allegria lì a casa sua. Ora Louisa si stava rapidamente rimettendo, e sua madre pensava persino che potesse tornare a casa e prender parte alla grande riunione di famiglia prima che i fratelli e le sorelle ricominciassero le scuole. Gli Harville avevano promesso di venire con lei e di fermarsi a Uppercross anche dopo il suo ritorno. Il capitano Wentworth era attualmente assente da Lyme: era andato a trovare suo fratello, nello Shropshire. «Spero di ricordarmi in avvenire di non far visita a Uppercross durante le vacanze di Natale», disse Lady Russell non appena furono di nuovo sedute in carrozza. Ciascuno ha i suoi gusti in materia di rumori così come in ogni altra cosa; e il fatto che i suoni siano del tutto innocui o assolutamente insopportabili dipende più dalla loro qualità che dalla loro quantità. Quando di lì a non molto, Lady Russell fece il suo ingresso a Bath, in un pomeriggio piovoso, e percorse con la sua carrozza la lunga successione di strade che dall'Old Bridge portano a Camden-place, in mezzo al tonfo delle altre vetture, al rombo greve di carrette e carri da trasporto, al vociare di giornalai, lattai e venditori di frittelle, e all'incessante ticchete-tacchete delle soprascarpe con suola di legno che tenevano i piedi dei passanti sollevati dal fango, allora no, non fece commenti: erano rumori, questi, che facevano parte integrante dei suoi svaghi invernali, e sotto la loro influenza si sentì rinascere; come Mrs. Musgrove, pensava, anche se non lo diceva, che dopo esser stata così a lungo in campagna niente le giovava più di un po' di quiete e di allegria. Anne non condivideva questi sentimenti. Continuava a nutrire una decisa (anche se non espressa a parole) antipatia per Bath. Intravvide i vasti edifici velati dalla pioggia senza avvertire alcun desiderio di meglio contemplarli; aveva l'impressione che quel loro percorrere le strade della città fosse, per quanto sgradevole, anche troppo rapido: perché chi sarebbe stato lieto di vederla al suo arrivo? E ripensò con affetto e rimpianto al baccano e alla confusione di Uppercross, alla solitudine di Kellynch. L'ultima lettera di Elizabeth le aveva comunicato una notizia di un certo interesse. Mr. Elliot era a Bath. Si era recato a porgere i suoi omaggi in Camden-place; vi era tornato una seconda volta, una terza; era stato più che manifestamente assiduo. Se Elizabeth e suo padre non andavano errati, si era dato tanta pena per riallacciare i rapporti con la famiglia ed esaltare in pubblico il valore che egli attribuiva all'essere imparentato con essa, quanta se n'era data in passato per far mostra della propria indifferenza. Se vera, la cosa era addirittura straordinaria; e Lady Russell, che nei confronti di Mr. Elliot si trovava in uno stato fatto di curiosità piacevolmente eccitante e, insieme, di perplessità, cominciava già a riconsiderare il sentimento che, non era molto, aveva espresso a Mary quando aveva detto di lui: «È un uomo che non ho alcun desiderio di vedere». Ora aveva un gran desiderio di vederlo. Se davvero cercava di riconciliarsi come un docile ramo, doveva venir perdonato per essersi staccato dall'albero paterno. La circostanza non ispirava ad Anne toni di così vibrante animazione; tuttavia sentiva che rivedere Mr. Elliot le sarebbe stato più gradito del contrario, il che era più di quanto potesse dire sul conto di molte altre persone lì a Bath. La carrozza la depose in Camden-place, dopodiché Lady Russell proseguì per il suo alloggio a Rivers-street. XV Sir Walter aveva preso un'ottima casa in Camden-place, posizione elevata e dignitosa quale si conviene a un uomo importante; e lì lui ed Elizabeth si erano stabiliti con piena soddisfazione di entrambi. Anne vi fece il suo ingresso col cuore che le veniva meno, prevedendo una prigionia di mesi e mesi, e dicendosi ansiosa: «Oh! quando vi lascerò un'altra volta?». Comunque, un tantino di inattesa cordialità nel benvenuto che ricevette le fece bene. Il padre e la sorella erano contenti di vederla perché potevano mostrarle la casa e i mobili e l'accolsero con gentilezza. E, quando sedettero a cena, il fatto che lei facesse da quarto commensale venne notato e considerato come un vantaggio. Mrs. Clay era molto amabile, molto sorridente, ma le sue cortesie e i suoi sorrisi erano scontati in partenza. Anne aveva sempre pensato che, quando lei fosse arrivata, Mrs. Clay avrebbe sfoggiato un atteggiamento assolutamente impeccabile; l'affabilità degli altri era invece imprevista. Tanto Sir Walter quanto Elizabeth erano evidentemente d'ottimo umore, e ben presto Anne dovette ascoltarne le ragioni. Non mostravano alcuna propensione ad ascoltare lei. Dopo avere atteso qualche frase complimentosa sul profondo rimpianto con cui li ricordavano gli ex vicini - frase che ovviamente Anne non poté riferire - e aver chiesto qualche vaga informazione, monopolizzarono interamente la conversazione. Uppercross non destava in loro alcun interesse, Kellynch pochissimo: quel che contava era Bath, solo Bath.

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Ebbero il piacere di assicurarle che sotto ogni aspetto Bath rispondeva alle loro aspettative. La loro casa era indubbiamente la migliore di Camden-place, i loro salotti avevano molti incontestabili vantaggi su tutti gli altri che avevano visto o di cui avevano sentito parlare, e tale superiorità derivava dallo stile dell'arredamento in generale non meno che dal gusto dei mobili. Tutti erano ansiosi di far la loro conoscenza. Tutti volevano far loro visita. Si erano sottratti a molte presentazioni, e tuttavia ricevevano in continuazione biglietti da visita lasciati da persone di cui non sapevano nulla. O fonte di inesausto contento! Poteva meravigliarsi Anne che il padre e la sorella fossero felici? Meravigliarsi forse no, ma sospirare doveva, osservando come il padre non avvertisse nulla di degradante nella sua mutata condizione, non vedesse nulla da rimpiangere nei doveri e nella dignità del proprietario terriero che nelle sue terre ha stabile residenza, e trovasse tanto di cui essere vano nell'angustia di una cittadina, e dovette sospirare, e sorridere, e stupire anche, quando Elizabeth spalancò le porte a due battenti e passò esultante dall'uno all'altro salotto, magnificandone la spaziosità: perché come era possibile che la stessa donna che era stata padrona di Kellynch-hall trovasse spazi tali da riempirla d'orgoglio tra due pareti che distavano forse trenta piedi l'una dall'altra? Ma non avevano solo questo per farli felici. Avevano anche Mr. Elliot. E su Mr. Elliot dovette ascoltare un'infinità di cose: non solo era perdonato: erano semplicemente entusiasti di lui. Mr. Elliot si trovava a Bath da due settimane circa, era passato per Bath in novembre, diretto a Londra, e in quell'occasione aveva ovviamente appreso, nonostante la brevità della sosta (solo ventiquattro ore), che a Bath Sir Walter era venuto a stabilirsi. Allora non aveva avuto la possibilità materiale di trarre vantaggio da tale informazione; ma ora si trovava a Bath da due settimane, e per prima cosa, appena arrivato, aveva lasciato il suo biglietto da visita in Camden-place, e a esso avevano fatto seguito tali e tanti solleciti tentativi di incontrarli e, quando l'incontro avvenne, tale e tanta franchezza di comportamento, tale e tanta prontezza nel chieder scusa per il passato, tale e tanta ansia di essere di nuovo ricevuto come parente, che i buoni rapporti iniziali si erano completamente ristabiliti. Non trovavano in lui il sia pur minimo difetto. Aveva chiarito i motivi di quella che, da parte sua, era parsa mancanza di riguardo. Tutto era nato da un malinteso. Mai aveva pensato di volersi tenere a distanza: piuttosto aveva temuto di essere lui tenuto a distanza, non sapeva perché, e il suo riguardo per i sentimenti altrui lo aveva costretto al silenzio. Quando avevano accennato al fatto che avesse parlato in modo frivolo e irrispettoso della famiglia e del suo rango, Mr. Elliot aveva reagito con vibrante indignazione. Lui, che si era sempre vantato di essere un Elliot, che nei confronti dei vincoli di parentela nutriva sentimenti così rigorosi, forse troppo rigorosi per adattarsi a quello che era il tono antifeudale dell'epoca presente... Era davvero sbalordito! Ma il suo carattere, tutta la sua condotta avrebbero certo confutato l'accusa. Poteva dare a Sir Walter le referenze di quanti lo conoscevano; e indubbiamente tutte le pene che si era dato in questa occasione, primo passo verso la riconciliazione, per essere nuovamente accettato quale parente ed erede presuntivo, costituivano una valida prova delle sue opinioni in materia. Anche le circostanze del suo matrimonio, si scoprì, ammettevano più di una attenuante. Non che di tale argomento fosse stato lui a parlare; ma un suo intimo amico, un certo colonnello Wallis, uomo rispettabilissimo e perfetto gentiluomo (e piuttosto di bell'aspetto, aggiunse Sir Walter), che viveva molto signorilmente in Marlborough-buildings, e che dietro sua particolare richiesta era stato loro presentato da Mr. Elliot, aveva menzionato un paio di cose a proposito del matrimonio che lo facevano apparire molto meno sconveniente. Il colonnello Wallis conosceva da molto tempo Mr. Elliot, aveva frequentato anche la moglie, ed era perfettamente al corrente di tutta quanta la storia. Certo, non era di famiglia distinta, ma era bene educata, colta, ricca e innamoratissima di Mr. Elliot. Ecco il suo fascino. Era stata lei a cercarlo. Senza tale attrattiva, tutto il suo denaro non sarebbe bastato a indurlo in tentazione; non solo, ma Sir Walter aveva appreso che era una gran bella donna, e questo contribuiva, e molto, a minimizzare la gravità della cosa. Una gran bella donna, in possesso di ampi beni di fortuna, e innamorata di lui! Per Sir Walter ciò sembrava costituire una completa giustificazione; quanto a Elizabeth, sebbene non le riuscisse di vedere tale circostanza sotto una luce ugualmente favorevole, ammetteva tuttavia che essa costituiva una forte attenuante. Mr. Elliot era venuto ripetutamente a far visita, aveva cenato da loro una volta, evidentemente lusingato per la distinzione di cui era fatto oggetto con quell'invito (in genere, infatti, loro non davano cene o pranzi); lusingato, in breve, da ogni segno d'attenzione da cugini a cugino, e manifestamente disposto a trovare nel fatto d'essere in intimi rapporti con Camden-place il massimo della felicità possibile. Anne ascoltò, ma senza capire. Bisognava tener conto, e in larga misura, delle idee di chi parlava. Tutto quello che sentiva era debitamente abbellito, infiorato, per cui quanto appariva strano e irrazionale nella storia dell'avvenuta riconciliazione forse derivava soltanto dal linguaggio dei narratori. Tuttavia, aveva la sensazione che ci fosse qualcosa di più di quanto appariva in superficie nel desiderio, avvertito da Mr. Elliot dopo un intervallo di tanti anni, di essere bene accolto. Da un punto di vista esclusivamente mondano, non aveva nulla da guadagnare dall'essere in buoni rapporti con Sir Walter, così come non aveva nulla da rischiare se i rapporti non fossero stati buoni. Con tutta probabilità, era già il più ricco dei due, e in futuro la tenuta di Kellynch sarebbe sicuramente passata a lui insieme col titolo. Se era un uomo sensato (e ad Anne aveva dato l'impressione di essere un uomo molto sensato), perché avrebbe dovuto proporsi tale scopo? Forse - era questa la sola soluzione che le appariva possibile - a causa di Elizabeth. In fin dei conti, poteva esserci stata davvero una certa simpatia in passato, anche se motivi di convenienza e il caso l'avevano indotto a prendere una strada diversa; e ora che era libero di agire come più gli piaceva, forse intendeva farle seriamente la corte. Elizabeth era certo molto bella, aveva modi distinti ed eleganti, ed era improbabile che Mr. Elliot, incontrandola solo in pubblico e quando anche lui era giovanissimo, ne avesse conosciuto a fondo il carattere. Come poi l'indole e l'intelletto di Elizabeth avrebbero superato

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l'esame di un più maturo e penetrante osservatore quale doveva essere ora Mr. Elliot, era un altro problema, e non poco allarmante. Anne si augurò sinceramente che egli non fosse troppo «difficile» o troppo dotato di spirito d'osservazione, se davvero era Elizabeth che gli interessava; e che Elizabeth fosse disposta a crederlo e che la sua amica, Mrs. Clay, la incoraggiasse in tal senso parve evidente da un paio d'occhiate che si scambiarono mentre si parlava delle frequenti visite di Mr. Elliot. Anne raccontò di averlo intravisto a Lyme, ma gli altri l'ascoltarono distrattamente: Oh! sì, forse era davvero Mr. Elliot. Non lo sapevano. Può darsi che fosse lui, chissà... Né poterono ascoltarla quando lo descrisse: lo stavano già descrivendo loro, specialmente Sir Walter! Il baronetto rese piena giustizia al suo aspetto di autentico gentiluomo, alla sua aria elegante e alla moda, al suo viso in complesso ben fatto, e ai suoi occhi espressivi; ma, nello stesso tempo, doveva ammettere di essere spiacevolmente colpito da quella sua mascella inferiore molto, troppo sporgente: difetto, questo, che il tempo sembrava avere accentuato. Né, d'altra parte, poteva dire, ignorando l'evidenza, che quei dieci anni non avessero alterato e peggiorato ogni singolo lineamento. Mr. Elliot sembrava convinto che lui (Sir Walter) avesse esattamente lo stesso aspetto di quando si erano visti l'ultima volta; ma Sir Walter non se l'era sentita di ricambiare interamente il complimento, cosa che l'aveva molto imbarazzato. Non che, comunque, la sua impressione fosse totalmente negativa: Mr. Elliot era pur sempre meglio di moltissimi altri uomini, e lui non aveva alcuna obiezione a farsi vedere, dovunque fosse, in sua compagnia. Di Mr. Elliot e dei suoi amici di Marlborough-buildings si parlò per l'intera serata. Il colonnello Wallis era stato così impaziente di esser loro presentato; e Mr. Elliot aveva così ansiosamente desiderato che ciò avvenisse, e c'era una Mrs. Wallis, che per ora conoscevano solo attraverso le descrizioni di Mr. Elliot, perché la signora era in stato di avanzata gravidanza, anzi il parto era atteso da un giorno all'altro. Mr. Elliot parlava di lei come di «una donna estremamente affascinante, del tutto degna di essere ricevuta in Camden-place», e non appena si fosse ristabilita avrebbero fatto la sua conoscenza. Sir Walter manifestò un grande interesse per Mrs. Wallis, di cui si diceva era una donna molto molto, molto graziosa, un'autentica bellezza. Desiderava vivamente vederla. Sperava che lo ripagasse, almeno in parte, per le tante facce ordinarie, insignificanti e grossolane che si trovava continuamente davanti quando era per strada. La cosa peggiore, lì a Bath, era il gran numero di donne brutte. Non che non ce ne fossero anche di avvenenti, ma il numero delle brutte era assolutamente sproporzionato. Aveva spesso osservato, mentre passeggiava, che un bel viso era seguito da trenta o trentacinque autentici orrori; e una volta, mentre stava in un negozio di Bond Street, aveva contato tra i passanti ottantasette donne, una dietro l'altra, e non c'era tra esse una che avesse una faccia tollerabile. Certo, era una mattinata gelida, di quel gelo pungente che neppure una donna su mille potrebbe impunemente affrontare. Ma anche così, a Bath c'era una quantità spaventosa di donne brutte. E gli uomini, poi! erano infinitamente peggio. Tutti quegli spaventapasseri che affollavano le strade!... Che le donne fossero poco abituate alla vista di qualche esemplare passabile lo si capiva chiaramente dall'effetto che un uomo prestante immancabilmente produceva. Mai gli era capitato di camminare a braccetto con il colonnello Wallis (che, nonostante i capelli biondo-rossicci, aveva un'elegante figura di militare), senza osservare che gli occhi di ogni donna si fissavano su di lui. Il nostro modesto Sir Walter! Qui, comunque, non gli riuscì di farla franca: Elizabeth e Mrs. Clay insinuarono quasi all'unisono che forse il compagno del colonnello Wallis aveva una figura altrettanto elegante e, cosa certa, i suoi capelli non erano biondo-rossicci. «E Mary come va?», fece Sir Walter, più che mai di buon umore. «L'ultima volta che l'ho vista, aveva il naso rosso, ma spero che non le succeda tutti i giorni!». «Oh, no! deve essere stato un puro caso. In genere, da San Michele in poi, ha sempre goduto di ottima salute e ha avuto un ottimo aspetto». «Se solo sapessi che ciò non la invoglierebbe a uscire quando c'è troppo vento, col rischio di farsi venire la pelle ruvida, le manderei un cappello alla moda e una pelisse». Anne si chiese se non fosse il caso di suggerirgli che un abito o una cuffietta non presentavano rischi del genere, ma proprio allora si udì bussare alla porta, e ciò pose fine all'argomento. Chi aveva bussato? e così tardi! Erano le dieci. Che fosse Mr. Elliot? Sapevano che doveva cenare in Lansdown Crescent, ed era possibile che, mentre si avviava a casa, passasse di lì per salutarli e avere loro notizie. Chi, se non lui? E Mrs. Clay era certissima che quello era il modo di bussare di Mr. Elliot. Mrs. Clay aveva ragione. Con tutta la solennità che un maggiordomo e un valletto potevano conferire, Mr. Elliot venne introdotto nella stanza. Era lo stesso, lo stessissimo gentiluomo di Lyme, anche se ora non più vestito a lutto. Anne si trasse un po' indietro, mentre gli altri ricevevano i suoi omaggi, ed Elizabeth le sue scuse per esser venuto a un'ora tanto inconsueta, ma «non aveva potuto trovarsi così vicino senza desiderare di accertarsi che né lei né l'amica avessero preso freddo il giorno prima», eccetera, eccetera: il tutto detto col maggior garbo possibile, e con pari garbo ascoltato. Solo che ora veniva, necessariamente, la parte di Anne. Sir Walter parlò della figlia minore (non c'era motivo di menzionare Mary); e Anne, sorridendo e arrossendo (il che le donava molto), mostrò a Mr. Elliot la grazia delicata di quel viso che egli non aveva affatto dimenticato, e vide all'istante, con una punta di divertimento nel notare come trasalisse per la sorpresa, che non aveva minimamente immaginato, allora, chi fosse lei. Era sopraffatto dallo stupore, ma, più ancora, da un senso di lieta maraviglia: i suoi occhi si illuminarono; e con alacre sollecitudine salutò la parente appena arrivata, accennò al passato, e chiese di essere trattato come una vecchia conoscenza. Era un uomo di bell'aspetto, proprio come le era apparso a Lyme: anzi, ora che parlava, il suo volto era anche migliore, più vivo, più espressivo. E i suoi modi erano così esattamente come avrebbero dovuto essere, così eleganti, così naturali, così eccezionalmente gradevoli che Anne avrebbe potuto paragonarli, quanto a perfezione, solo a quelli di un'altra persona. Non erano gli stessi, ma erano, forse, ugualmente distinti.

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Mr. Elliot sedette a conversare con loro, e il tono della conversazione ne risultò decisamente migliorato. Che fosse un uomo sensato era fuori dubbio: bastarono dieci minuti a darne la conferma. Il suo tono, il suo modo di esprimersi, il suo saper sempre dove fermarsi - tutto era frutto di una mente vigile, sensata, perspicace. Non appena poté, cominciò a parlarle di Lyme, mosso dal desiderio di confrontare le loro opinioni su quella località ma, ancor di più, da quello di soffermarsi sulla circostanza che li aveva portati ad alloggiare contemporaneamente nella stessa locanda, di specificare il proprio itinerario, informarsi su quello di lei, ed esprimere il proprio rammarico per aver perduto una cosi felice occasione di porgerle i suoi omaggi. Anne lo ragguagliò brevemente sui membri della sua comitiva e sugli scopi della gita e, via via che ascoltava, il rammarico di lui si faceva più vivo. Aveva trascorso tutta la serata completamente solo nella stanza attigua a quella in cui si trovavano loro; aveva udito voci, gaiezza, animazione; aveva pensato che dovevano formare un gruppo estremamente simpatico, aveva desiderato unirvisi, ma certo senza minimamente sospettare di avere il benché minimo diritto a presentarsi. Se solo avesse chiesto da chi era composta la comitiva! Il nome di Musgrove avrebbe costituito di per sé un'informazione sufficiente. Bene, la lezione sarebbe servita, se non altro, a fargli abbandonare per sempre quella sua assurda pratica di non far mai domande in una locanda, una pratica che aveva adottato quando era ancora giovanissimo, partendo dal principio che esser curiosi era cosa molto sconveniente e volgare. «Un giovanotto di ventuno o ventidue anni», disse, «ha, a proposito di quel codice di buone maniere che sole possono renderlo irreprensibile, idee più assurde, credo, di quanto sia dato trovarne in ogni altro individuo o gruppo sociale di questo nostro mondo. La follia dei mezzi cui questi giovani frequentemente ricorrono può essere uguagliata solo dalla follia dei fini che si propongono». Ma non doveva rivolgere le proprie attenzioni alla sola Anne, lo sapeva bene; e presto tornò a dedicarsi agli altri, riprendendo solo a intervalli il discorso su Lyme. Le sue domande, comunque, la indussero infine a far cenno alla scena in cui si era trovata coinvolta dopo la partenza di lui, e poiché Anne aveva alluso a «un incidente» Mr. Elliot volle conoscerne i particolari. Quando prese a far domande in merito, Sir Walter ed Elizabeth presero a farne anche loro, ma con quale diversa partecipazione! Anne non poté fare a meno di paragonare Mr. Elliot a Lady Russell, e per il desiderio di comprendere a fondo ciò che era accaduto e per la sollecitudine manifestata per lei e quanto aveva sofferto nell'assistervi. Mr. Elliot si trattenne con loro per un'ora. La piccola, elegante pendola sul caminetto aveva già battuto le undici «coi suoi tocchi argentini» e in distanza si udiva già la guardia notturna intonare il suo consueto richiamo, e nessuno - né Mr. Elliot né loro - pareva accorgersi che egli era lì da tanto tempo. Anne non avrebbe mai supposto che la sua prima serata nella casa di Camden-place potesse trascorrere così piacevolmente. XVI C'era un punto che Anne, tornando in famiglia, avrebbe gradito accertare anche di più di quello che riguardava Mr. Elliot e il fatto che fosse innamorato di Elizabeth: precisamente che suo padre non fosse innamorato di Mrs. Clay; e, dopo aver trascorso in famiglia solo alcune ore, si sentiva al riguardo tutt'altro che tranquilla. Mentre la mattina dopo scendeva per la prima colazione, trovò che molto correttamente (e insinceramente) la signora aveva manifestato poco prima la propria intenzione di lasciarli. Quello che avesse detto poteva benissimo immaginarlo, qualcosa come «ora che Miss Anne è arrivata, non posso in alcun modo ritenermi necessaria», perché Elizabeth, a bassa voce, stava rispondendo: «Non c'è motivo, assolutamente. Le assicuro che non c'è motivo. Non conta nulla per me, in confronto a lei»; e arrivò giusto in tempo per sentire suo padre che diceva: «Mia cara signora, non è possibile. Fino ad ora, lei non ha visto niente di Bath. È stata qui solo per esserci utile. Non deve scappar via, lasciarci proprio adesso. Deve rimanere per fare la conoscenza di Mrs. Wallis, la bellissima Mrs. Wallis. So bene che per un animo raffinato com'è il suo la vista della bellezza costituisce un'autentica gratificazione». E la sua espressione e la sua voce avevano un'aria così convinta che Anne non si stupì al vedere Mrs. Clay guardare di sfuggita Elizabeth e lei stessa. Ma se il suo volto tradiva forse una certa qual circospezione, l'elogio dell'«animo raffinato» non parve minimamente colpire la sorella. E l'ospite non poté far altro che cedere a siffatte duplici insistenze, e promettere di rimanere. Nel corso di quella stessa mattinata, mentre Anne si trovava sola col padre, questi cominciò a congratularsi con lei per il suo aspetto. Era molto migliorata; trovava che la sua figura fosse «meno magra, le guance più piene; e la pelle, la carnagione molto, molto migliori: più luminose, più fresche. Aveva seguito qualche cura particolare?». «No, nessuna». «Magari un po' di Gowland», suggerì lui. «No, niente di niente». «Però!», commentò sorpreso, e aggiunse: «Certo, non puoi far meglio che continuare così. Stai bene, e questo basta; altrimenti ti raccomanderei la lozione di Gowland, il suo uso costante nei mesi primaverili. Mrs. Clay l'ha presa su mio consiglio, e vedi quel che ha fatto per lei. Vedi che le ha fatto scomparire le lentiggini». Se solo Elizabeth avesse udito queste parole! Tale elogio dell'avvenenza di Mrs. Clay non avrebbe probabilmente mancato di colpirla, soprattutto considerando che ad Anne non pareva affatto che le lentiggini fossero meno numerose di prima. Ma tutto quanto doveva essere lasciato al caso. Le conseguenze del matrimonio sarebbero state meno disastrose se anche Elizabeth si fosse sposata. Quanto a lei stessa, Anne poteva sempre contare sull'ospitalità di Lady Russell e vivere con lei.

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Nel corso delle sue visite a Camden-place, comunque, l'imperturbabilità di Lady Russell e l'irreprensibilità dei suoi modi vennero messe a dura prova dalla situazione. Vedere Mrs. Clay tenuta in così grande considerazione, e Anne tenuta in disparte costituiva per lei una continua provocazione ogniqualvolta si trovava in quella casa; e anche quando ne era lontana si sentiva ugualmente turbata: turbata nella misura di chi a Bath deve trovare il tempo per passare le acque, tenersi aggiornato su tutte le nuove pubblicazioni e mantenere i contatti con tutte le numerosissime amicizie e relazioni. Quando fece la conoscenza di Mr. Elliot, divenne più benevola, o più indifferente, nei confronti degli altri. I modi di lui costituivano di per se stessi un'immediata raccomandazione e, mentre conversavano, Lady Russell scoprì sotto l'apparenza così solide virtù che, come disse ad Anne, le venne da esclamare: «Possibile che questo sia Mr. Elliot?». No, davvero non riusciva a immaginarsi un uomo più attraente, più degno di stima. Possedeva ogni dote: intelligenza e perspicacia, opinioni corrette, saggezza mondana e un cuore aperto agli affetti. Aveva vivissimo il senso dei legami familiari e dell'onore della famiglia, ma senza orgoglio o debolezza; viveva con la liberalità di un uomo dotato di beni di fortuna, ma senza ostentazione; seguiva il proprio giudizio in ogni questione essenziale, ma senza sfidare la pubblica opinione in ogni punto che toccasse il decoro. Era equilibrato, rispettoso, moderato, obiettivo; ciò che lo distingueva non era l'eccentricità del carattere o quell'egotismo che si spaccia per vigore di sentimenti: piuttosto una suscettibilità ad ogni impressione delicata e gentile e una capacità di apprezzare tutte le gioie della vita domestica che le nature inclini alle bizzarrie dell'entusiasmo o a un'eccessiva vivacità raramente posseggono. Lady Russell era certa che la sua non era stata un'unione felice. Lo diceva il colonnello Wallis; lo vedeva lei, Lady Russell. Comunque non si era trattato di un'infelicità tale da inacidirgli il carattere o (così cominciò ben presto a supporre) da impedirgli di pensare a un secondo matrimonio. Insomma, Mr. Elliot rispondeva così pienamente ai suoi gusti, che agli occhi di Lady Russell tutta la tormentosa questione di Mrs. Clay finì col passare in seconda linea. Erano ormai trascorsi parecchi anni da quando Anne si era resa conto per la prima volta che lei e la sua eccellente amica potevano a volte pensarla in modo diverso; perciò non la sorprese che Lady Russell non trovasse nulla di sospetto o di incoerente, nulla da collegarsi ad altri motivi oltre quelli addotti nella smania di Mr. Elliot di arrivare a una riconciliazione. Secondo Lady Russell, era perfettamente naturale che Mr. Elliot, giunto a un'età più matura, vedesse nel mantenere buoni rapporti col capo del suo casato un obiettivo altamente desiderabile e, in linea generale, ciò che gli avrebbe procurato la simpatia e il rispetto di tutte le persone assennate: si trattava, in sostanza, della progressiva azione del tempo su una mente per sua natura lucida e che solo nella prima giovinezza era caduta in errore. Anne, comunque, osò sorriderne ancora e alla fine fece un nome: «Elizabeth». Lady Russell ascoltò. La guardò, e diede solo questa cauta risposta: «Elizabeth! benissimo. Col tempo si vedrà». Era un riferimento al futuro cui Anne, dopo avere un poco osservato le cose, sentì di dover sottostare. Non le era possibile, per il momento, risolvere il problema. Era ovvio che in casa fosse Elizabeth a primeggiare; ed era talmente abituata ad essere oggetto di così generale ossequio in quanto «Miss Elliot», che il rivolgerle più particolari attenzioni sembrava quasi impossibile. Inoltre occorreva ricordare che Mr. Elliot era vedovo da soli sette mesi, per cui un certo indugio da parte sua poteva essere più che perdonabile. E in effetti, Anne non poteva mai vedere il nastro di crespo nero attorno al suo cappello senza temere di essere lei imperdonabile nell'attribuirgli tali idee; il suo matrimonio, anche se non era stato molto felice, era durato tanti anni che le era impossibile concepire un così rapido oblio della tremenda impressione causata dalla sua fine. Comunque si risolvessero le cose, Mr. Elliot era fuor d'ogni dubbio il più simpatico dei loro conoscenti di Bath: Anne non aveva incontrato nessuno che lo eguagliasse, ed era per lei un grande piacere parlare con lui, di tanto in tanto, di Lyme che, al pari di Anne, Mr. Elliot desiderava vivamente rivedere e conoscere meglio. Più volte rievocarono i particolari del loro primo incontro, ed egli le lasciò capire di averla guardata con vivo interesse. Anne lo sapeva bene; e ricordava anche lo sguardo di un'altra persona. Non sempre la pensavano allo stesso modo. Il valore che egli attribuiva al rango e alla parentela era, come Anne ben si accorse, più grande di quello che lei gli attribuiva. Non fu per semplice compiacenza ma con tutta probabilità per amore della causa in sé che egli condivise con fervore le ansie di Sir Walter e di Elizabeth su un punto che, a giudizio di Anne, non ne meritava affatto. Una mattina la «Gazzetta di Bath» annunciò l'arrivo di Lady Dalrymple, vedova del defunto visconte, e della di lei figlia, la Honourable Miss Carteret, e per molti giorni al N°** di Camden-place non vi fu pace: questo perché i Dalrymple (disgraziatamente, pensava Anne) erano cugini degli Elliot, e gli Elliot erano alla tormentosa ricerca di una via che consentisse loro di presentarsi in modo confacente alle due dame. Prima di allora, Anne non aveva mai visto il padre e la sorella a contatto con l'alta nobiltà, e non poté non restarne delusa. Le idee grandiose che si facevano a proposito del loro status l'avevano indotta a sperare in qualcosa di meglio; invece fu costretta a formulare un desiderio che mai le era passato per la mente, il desiderio che possedessero più orgoglio; questo perché per tutta la giornata le sue orecchie non sentirono altro che «le nostre cugine, Lady Dalrymple e Miss Carteret»; «le nostre cugine Dalrymple». Una volta, in passato, Sir Walter aveva frequentato in società il defunto visconte, ma non aveva mai visto nessuno degli altri membri della famiglia; non solo, ma le presenti difficoltà della questione derivavano dalla cessazione di ogni rapporto epistolare sotto forma di lettere di circostanza risalente alla morte del visconte, quando, in conseguenza di una grave malattia di Sir Walter nello stesso periodo, gli Elliot di Kellynch erano incorsi in una deplorevole omissione. Nessuna lettera di condoglianze era stata inviata in Irlanda. E il peccato di omissione era ricaduto sul peccatore, perché quando la povera Lady Elliot morì a sua volta, nessuna lettera di condoglianze giunse a Kellynch, dal che si poteva dedurre con più che giustificato timore che i Dalrymple consideravano definitivamente chiusi i rapporti. Si trattava ora di risolvere la spinosa faccenda e di essere di nuovo accolti quali cugini: un punto che, sia pur partendo da più razionali

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considerazioni, né Lady Russell né Mr. Elliot giudicavano irrilevante. «Valeva sempre la pena di tener vivi i legami di parentela, così come valeva sempre la pena di entrare a far parte della miglior società; Lady Dalrymple aveva affittato per tre mesi una casa in Laura-place, e vi sarebbe vissuta lussuosamente. Aveva soggiornato a Bath l'anno prima, e Lady Russell aveva sentito parlare di lei come di una donna affascinante. Era estremamente auspicabile che i rapporti tra le due famiglie fossero riannodati purché, naturalmente, ciò non compromettesse il decoro degli Elliot». Sir Walter, comunque, preferì agire di sua propria iniziativa e alla fine scrisse alla sua molto onorevole cugina un'elegantissima lettera di ampie spiegazioni, rammarico e suppliche. Né Lady Russell né Mr. Elliot ebbero modo di ammirare la lettera, ma essa ottenne l'effetto desiderato: un biglietto - tre righe scribacchiate dalla Dowager Viscountess in persona - in cui essa si diceva «profondamente onorata e molto lieta di fare la loro conoscenza». Terminate le laboriose fatiche della vicenda, cominciarono le gioie sperate. Fecero la loro visita in Lauraplace, ebbero i biglietti da visita intestati alla Dowager Viscountess Dalrymple e alla Honourable Miss Carteret da mettere in bella mostra là dove gli ospiti potessero più facilmente notarli; e a tutti parlavano di «le nostre cugine di Laura Place» - «le nostre cugine, Lady Dalrymple e Miss Carteret». Anne provava un senso di vergogna. Se anche Lady Dalrymple e sua figlia fossero state gradevoli e interessanti, tutto quell'agitarsi a causa loro le avrebbe fatto provare un uguale senso di vergogna, ma erano delle assolute nullità. Non c'era in loro né superiorità di maniere, né di educazione, né d'intelletto. Lady Dalrymple si era conquistata la fama di «donna affascinante» perché aveva un sorriso e una risposta garbata per tutti. Miss Carteret, la cui conversazione era ancora più povera di argomenti, era così goffa e insignificante che, non fosse stato per i suoi nobili natali, non sarebbe mai stata tollerata in Camdenplace. Lady Russell confessò di essersi aspettata qualcosa di meglio ma, aggiunse: «Si tratta pur sempre di conoscenze che val la pena di avere»; e quando Anne osò esprimere a Mr. Elliot la sua opinione su di loro, egli convenne che in sé erano delle nullità, ma asserì che avevano comunque i loro pregi: stretti rapporti di parentela, buona compagnia, capacità di attirarne. «Quello che intendo per buona compagnia, Mr. Elliot, è la compagnia di persone intelligenti, istruite, che conoscano l'arte del conversare; è questo che chiamo buona compagnia». «Si sbaglia», disse lui garbatamente, «questa non è buona compagnia; questa è la migliore. La buona compagnia richiede solo nascita, educazione e comportamento, e quanto all'educazione non avanza molte pretese. Nascita e comportamento sono essenziali, ma un po' di erudizione non è affatto pericolosa nella buona compagnia: anzi, sarà di gran giovamento. Mia cugina Anne scuote il capo. Non è soddisfatta. È di difficile contentatura. Mia cara cugina», sedendolesi accanto, «lei ha, direi, più di ogni altra donna che io conosca, il diritto di essere di difficile contentatura; ma servirà allo scopo? La renderà felice? Non sarà più saggio accettare l'amicizia di queste due brave signore di Laura-place e approfittare il più possibile di tutti i vantaggi derivanti dalla parentela? Può esser certa che quest'inverno muoveranno nelle più alte sfere, qui a Bath, e poiché il rango è rango, il saperla imparentata con loro tornerà debitamente utile nell'assegnare stabilmente alla sua famiglia (alla nostra famiglia, mi consenta di dire) quel grado di considerazione che tutti noi dobbiamo auspicare». «Sì», sospirò Anne, «certo, si saprà di noi che siamo imparentati con loro». Poi, riprendendosi e volendo evitare che egli le rispondesse, aggiunse: «Effettivamente, penso che ci si sia troppo affannati per arrivare a questa conoscenza. Suppongo», continuò sorridendo, «di avere più orgoglio di voi tutti, ma confesso di sentirmi irritata quando penso che ci siamo dati tanta pena per ottenere il riconoscimento di una parentela che, possiamo esserne più che certi, per loro non presenta il minimo interesse». «Chiedo scusa, mia cara cugina, ma lei non rende giustizia a quelli che sono i suoi diritti. A Londra, forse, con uno stile di vita poco appariscente qual è ora quello della sua famiglia, le cose potrebbero essere come dice lei; ma a Bath, Sir Walter Elliot e la famiglia di Sir Walter Elliot saranno sempre conoscenze ricercate e bene accette». «Bene», disse Anne, «è certo che sono orgogliosa, troppo orgogliosa per apprezzare una buona accoglienza che dipende così interamente dal luogo». «Mi piace la sua indignazione», disse lui; «è più che naturale. Ma lei ora è a Bath, e quel che conta è stabilirvisi con tutto il credito e la dignità che spettano di diritto a Sir Walter Elliot. Dice di essere orgogliosa; io, lo so bene, vengo definito orgoglioso e non intendo giudicarmi altrimenti; perché il nostro orgoglio, se studiato a fondo, potrebbe apparire leggermente diverso nella forma ma - su questo non nutro alcun dubbio - sarebbe identico nei fini. Credo che su un punto, mia cara cugina», continuò parlando a voce più bassa, sebbene nella stanza non ci fosse nessun altro, «su un punto, ne sono certo, non possiamo che pensarla allo stesso modo: non possiamo che pensare che chiunque, fra chi gli è uguale o superiore si aggiunga alla cerchia di persone di cui Sir Walter è solito circondarsi servirà a distogliere i suoi pensieri da coloro che sono al di sotto di lui». E, mentre parlava, volse lo sguardo alla seggiola che Mrs. Clay aveva in precedenza occupato: uno sguardo che costituiva una sufficiente spiegazione di ciò che particolarmente intendeva. Anche se le era impossibile credere che il loro orgoglio fosse di ugual natura, ad Anne fece piacere che egli disapprovasse Mrs. Clay; non solo, ma dovette ammettere dentro di sé che, se subordinato al fine di sventarne le manovre, il suo desiderio di incoraggiare i contatti di Sir Walter col gran mondo era più che scusabile. XVII

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Mentre Sir Walter ed Elizabeth proseguivano assiduamente la loro scalata in Laura-place, Anne rinnovava un'amicizia di tutt'altro genere. Era andata a far visita alla sua ex direttrice e da lei aveva appreso che si trovava a Bath una vecchia compagna di collegio che due motivi - la gentilezza usatale in passato e le sofferenze in cui versava al presente - raccomandavano alla sua attenzione. Miss Hamilton, ora Mrs. Smith, le aveva dimostrato la sua gentilezza in un periodo in cui le era stata particolarmente preziosa. Anne era partita per il collegio in uno stato di profonda infelicità: piangeva la perdita di una madre che aveva teneramente amato, risentiva la lontananza da casa, soffriva tutto ciò che può soffrire a quell'età una fanciulla quattordicenne dotata di intensa sensibilità e incline alla depressione; e Miss Hamilton, di tre anni maggiore di Anne, ma che, priva di parenti stretti e di casa propria, era rimasta un altro anno in collegio, l'aveva aiutata con la sua amicizia e la sua bontà in un modo che allora aveva considerevolmente attenuato lo sconforto di Anne, e di cui essa avrebbe sempre serbato un tenero ricordo. Poi Miss Hamilton aveva lasciato il collegio e, non molto tempo dopo, aveva fatto, a quanto si diceva, un ricco matrimonio: di lei Anne non aveva saputo altro fino al colloquio con la sua ex direttrice, che le aveva presentato nei dettagli una situazione assai diversa. Mrs. Smith era vedova, e povera. Il marito aveva sperperato il suo denaro, e quando era morto circa due anni, prima la situazione dei suoi affari era terribilmente ingarbugliata. La vedova aveva dovuto affrontare difficoltà d'ogni sorta e, in aggiunta a questi guai, era stata colpita da una grave forma di febbre reumatica che alla fine le aveva così seriamente compromesso l'uso delle gambe da fare di lei una paralitica. Per tale motivo era venuta a Bath, e ora alloggiava in una camera d'affitto non lontana dai bagni caldi delle terme, conducendo una vita estremamente modesta, senza neppure la possibilità di concedersi una domestica, e naturalmente quasi del tutto tagliata fuori dalla società. Poiché era amica d'entrambe, la vecchia insegnante si disse certa che una visita di Miss Elliot sarebbe stata graditissima a Mrs. Smith, e Anne, senza porre indugio, decise di recarsi da lei. A casa non disse nulla di ciò che aveva appreso o di ciò che si proponeva: il caso non avrebbe suscitato il dovuto interesse. Si limitò a consultare Lady Russell, che comprese perfettamente i suoi sentimenti e fu felicissima di portarla con la sua carrozza dalle parti di Westgate-buildings, e di lasciarla il più vicino possibile all'alloggio di Mrs. Smith, nel punto che Anne avesse preferito. Venne dunque la visita, i rapporti di un tempo furono stretti di nuovo, rinacque, anche più intenso, il reciproco interesse. I primi dieci minuti furono carichi di imbarazzo e di emozione. Erano passati dodici anni da quando si erano separate, e ciascuna appariva una persona alquanto diversa da come l'altra l'aveva immaginata. Dodici anni avevano trasformato Anne dalla fiorente quindicenne, silenziosa, dalla personalità ancora immatura, nell'elegante donnina di ventisette anni, dotata di ogni grazia tranne che quella di una fresca bellezza, e di modi naturalmente squisiti quanto invariabilmente gentili; i dodici anni avevano trasformato Miss Hamilton dalla splendida ragazza, quasi donna ormai, così piena di salute, così fiduciosa e sicura, in una povera vedova malata e bisognosa d'aiuto, che riceveva come un grande favore la visita della sua ex protetta. Ma quanto vi era di doloroso in quell'incontro era presto svanito, e al suo posto erano subentrati la gioia e l'interesse di ricordare le vecchie amicizie e di rievocare i giorni passati. Anne trovò in Mrs. Smith il buon senso e i modi affabili che aveva confidato di trovare e, oltre a essi, una disposizione a conversare e ad essere allegri che non si sarebbe aspettata. Né le folli spese del passato - e Mrs. Smith aveva condotto una vita molto mondana - né le ristrettezze del presente, né la malattia né il lutto sembravano aver chiuso il suo cuore alla gaiezza e averle fatto perdere l'antico buonumore. Nel corso di una seconda visita, parlò con grande franchezza, e Anne si sentì ancora più stupita. Le sarebbe stato difficile immaginare una situazione più desolata di quella di Mrs. Smith. Era stata innamoratissima del marito, e l'aveva visto morire. Era stata usa alla ricchezza, ed era svanita. Non aveva figli che ancora la legassero alla vita e alla felicità, né parenti che l'aiutassero a risolvere le intricate difficoltà in cui versavano i suoi affari, né salute che rendesse sopportabile tutto il resto. Il suo alloggio si riduceva a un salotto rumoroso e al locale retrostante, una camera da letto buia e tetra, e per spostarsi dall'uno all'altra aveva bisogno di un'assistenza che, lì in casa, poteva aspettarsi dall'unica domestica; e di casa non usciva mai, tranne che per essere portata ai bagni caldi delle Terme. Eppure, nonostante tutto questo, Anne aveva motivo di credere che l'amica conoscesse solo momenti di languore e di depressione e ore, lunghe ore di animazione e di gioia di vivere. Com'era possibile? Osservò, vigilò, rifletté a lungo, e infine decise che non si trattava solo di un caso di forza d'animo o di rassegnazione. Uno spirito sottomesso poteva essere paziente, un intelletto robusto avrebbe portato alla risolutezza, ma qui c'era qualcosa di più; c'era quell'elasticità mentale, quell'inclinazione a trarre dalla realtà motivi di conforto, quella capacità di volgere il pensiero dal male al bene e di trovare interessi che le impedissero di chiudersi nel suo io. Era un dono di natura, la più preziosa delle benedizioni celesti; e Anne vedeva nell'amica uno di quei casi in cui per misericordioso decreto della Provvidenza traspare il disegno di compensare quasi ogni altra privazione. C'era stato un periodo, le disse Mrs. Smith, in cui il coraggio quasi le era venuto meno. Ora non poteva definirsi un'invalida, se confrontava le sue condizioni attuali con quelle del suo arrivo a Bath. Allora sì, era veramente malridotta, perché aveva preso freddo durante il viaggio e, appena stabilitasi nel suo alloggio, era stata di nuovo costretta a letto, afflitta da dolori fortissimi e incessanti; e tutto ciò in mezzo a estranei, trovandosi nell'assoluta necessità di avere un'infermiera fissa e in una situazione finanziaria che, soprattutto in quel periodo, precludeva ogni spesa extra. Comunque, aveva superato la crisi, e poteva affermare con tutta sincerità che quell'esperienza le aveva giovato. Le aveva fatto scoprire nuovi motivi di conforto col darle la sensazione di essere in buone mani. Conosceva troppo bene il mondo per aspettarsi di trovare, in qualunque luogo, affetti spontanei e disinteressati, ma la sua malattia le aveva dimostrato che la padrona di casa aveva un carattere di cui poteva pienamente fidarsi, e che non l'avrebbe trattata male; per quanto poi

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concerneva l'infermiera, era stata particolarmente fortunata perché una sorella della padrona di casa, infermiera di professione e che viveva in famiglia ogniqualvolta non aveva pazienti da assistere, era proprio allora libera da altri impegni e quindi in grado di prestarle le sue cure. «Non solo», disse Mrs. Smith, «è stata un'infermiera abilissima?, ma si è dimostrata un'amica quantomai preziosa. Non appena ho riacquistato l'uso delle mani, mi ha insegnato a lavorare a maglia, cosa che per me è stata una grande distrazione e uno svago; così ho cominciato a fare questi piccoli astucci da lavoro, e puntaspilli, e portacarte con cui mi vede sempre tanto indaffarata, e che mi procurano i mezzi per fare un po' di bene a un paio di famiglie molto povere del vicinato. Data la sua professione, quest'infermiera ha naturalmente molte conoscenze fra quanti hanno i mezzi per acquistare la mia mercanzia, e così è lei che si incarica di venderla. Sa sempre trovare il momento più adatto per offrirla. Perché vede, i cuori sono più sensibili quando la gente ha da poco superato un periodo di gravi sofferenze o sta riacquistando il bene della salute, e l'infermiera Rooke sa perfettamente quando è il caso di parlare. È una donna accorta, intelligente, sensibile. La sua attività la porta naturalmente a conoscere la natura umana, e il suo buon senso, il suo spirito d'osservazione fanno di lei una compagna infinitamente superiore alle mille e mille persone che, avendo solo ricevuto "la migliore educazione possibile", non sanno nulla che valga la pena di sentire. Li chiami pure pettegolezzi, se vuole, ma quando l'infermiera Rooke ha mezz'ora da dedicarmi, ha immancabilmente da riferirmi qualcosa di utile e di interessante; qualcosa che consente a chi l'ascolta di conoscere meglio i suoi simili. È piacevole sentir parlare di quel che succede, essere au fait delle ultimissime maniere d'essere frivoli e sciocchi. Per me, che vivo tanto sola, la sua conversazione è, gliel'assicuro, una vera festa». Anne, lungi dal muovere obiezioni a tale forma di svago, rispose: «Ne sono convinta. Le donne che esercitano quella professione hanno grandi opportunità, e se dotate di viva intelligenza val certo la pena di ascoltarle. In quante varietà suole presentarsi ai loro occhi la natura umana! E di essa non conoscono a fondo soltanto le follie, giacché di quando in quando la vedono in ogni possibile circostanza capace di stimolare al massimo grado l'interesse o la sensibilità. A quali esempi debbono assistere! Esempi di amore ardente, disinteressato, pronto a ogni rinuncia, e di eroismo, di forza d'animo, di pazienza e rassegnazione; di tutti i conflitti e di tutti i sacrifici che più nobilitano la nostra natura. La stanza di un infermo può spesso fornirci l'insegnamento prezioso di interi volumi». «Sì», disse Mrs. Smith non del tutto convinta, «a volte può farlo, anche se temo che le lezioni non siano spesso dello stile elevato che lei descrive. In questo o quel caso può darsi che la natura umana dia prova, nei momenti di avversità, di tutta la sua grandezza; ma, generalmente parlando, è la sua debolezza e non la sua forza che si manifesta nella stanza di un infermo; sono l'egoismo e l'impazienza, non la generosità e la fermezza che vi si apprendono. La vera amicizia è così rara a questo mondo; e sfortunatamente», aggiunse con voce fioca e tremula «sono tanti quelli che dimenticano di pensare seriamente finché è ormai troppo tardi». Anne colse tutta la sofferenza che si celava dietro questi pensieri. Il marito di Mrs. Smith non era stato quel che avrebbe dovuto essere, e lei, Mrs. Smith, aveva frequentato quella parte dell'umanità che l'aveva portata a farsi del mondo in generale un concetto peggiore di quello che, sperava Anne, esso meritava. Fu, comunque, solo un attimo di abbandono; Mrs. Smith si riprese immediatamente e aggiunse in tutt'altro tono: «Non penso che gli attuali impegni della mia amica Mrs. Rooke forniranno materiale atto a interessarmi o edificarmi. Sta semplicemente assistendo Mrs. Wallis di Marlborough-buildings che è, credo, solo una donna graziosa, insulsa, amante del lusso, molto alla moda; così, non potrà parlarmi d'altro che di merletti e di fronzoli. Tuttavia ho intenzione di trar profitto anche da Mrs. Wallis. È molto ricca, e riuscirò a farle acquistare tutti i costosi gingilli che ho ora tra le mani». Anne si era recata parecchie volte a far visita all'amica prima che l'esistenza di tale persona fosse nota in Camden-place. Infine, comunque, divenne necessario parlarne. Sir Walter, Elizabeth, e Mrs. Clay tornarono una mattina da Laura-place con un improvviso invito di Lady Dalrymple per quella stessa serata, e Anne, che si era già impegnata a trascorrerla in Westgate-buildings, fu più che felice di avere un valido pretesto. Erano stati invitati, ne era certa, perché Lady Dalrymple, costretta in casa da un forte raffreddore, aveva pensato bene di utilizzare quella parentela che con tanta insistenza le era stata imposta; per cui si affrettò, per quel che la riguardava, a declinare l'invito: aveva già un impegno, doveva trascorrere la serata con una vecchia compagna di collegio. Non che gli altri si interessassero molto a quel che faceva Anne, ma nel caso specifico fioccarono le domande: chi era questa vecchia compagna di collegio? E, alla risposta di Anne, Elizabeth prese un'aria sdegnosa e Sir Walter attaccò con tono severo: «Westgate-buildings! E Miss Anne Elliot va in Westgate buildings a far visita - a chi? A una certa Mrs. Smith. Una vedova, Mrs. Smith. E chi era il marito? Uno dei cinquemila Mr. Smith, un nome che si incontra dovunque. E il fascino di questa signora in che consiste? Nel fatto che è vecchia e malandata... Parola mia, Miss Anne Elliot, lei ha gusti davvero straordinari! Tutto ciò che negli altri provoca una senso di repulsione - gente di bassa estrazione, ambienti pacchiani, aria viziata, sensazioni disgustose - per lei è invitante, seducente. Comunque, può rimandare a domani questa vecchia signora. Non sarà poi così prossima alla fine, suppongo, da non poter sperare di vedere un altro giorno. Quanti anni ha? Quaranta?». «No, signore, poco meno di trentuno; ma non credo di poter rinviare il mio impegno, perché è questa la sola serata libera di cui disporremo per qualche tempo, sia io che lei. Domani Mrs. Smith va ai bagni caldi; e per il resto della settimana, come lei sa, siamo impegnati». «Ma che cosa pensa Lady Russell di questa conoscenza?», chiese Elizabeth. «Non ci vede nulla di sconveniente», rispose Anne; «anzi, la approva, e generalmente, quando mi sono recata da Mrs. Smith, mi ci ha portato lei in carrozza».

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«Veder comparire una carrozza e vederla accostarsi al marciapiede deve aver suscitato una certa sorpresa in Westgate buildings», osservò Sir Walter. «È vero che la vedova di Sir Henry Russell non ha stemmi sulla sua vettura, ma si tratta pur sempre di un equipaggio signorile, e senza dubbio si sa che porta una Miss Elliot. Una vedova, una Mrs. Smith che alloggia in Westgate-buildings... Una povera vedova che non sa come tirare avanti, di età fra i trenta e i quaranta... una qualsiasi Mrs. Smith, una della tante Mrs. Smith, ed è questa, fra tutte le persone, fra tutti i nomi di questo mondo, l'amica del cuore di Miss Anne Elliot, questa l'amica che lei preferisce a dame imparentate con la sua famiglia e appartenenti alla miglior nobiltà d'Inghilterra e d'Irlanda! Mrs. Smith! una che porta un nome come questo!». Mrs. Clay, che era stata presente a tutta la scena, ritenne opportuno, a questo punto, lasciare la stanza, e Anne avrebbe potuto dir molto, e provò il desiderio di dire qualcosa, in difesa dei diritti della sua amica, diritti che non erano poi dissimili da quelli della donna che era amica loro; ciò che la trattenne fu il suo senso di rispetto per il padre. Così non rispose e sperò che egli realizzasse da sé che Mrs. Smith non era, lì a Bath, l'unica vedova fra i trenta e i quaranta sprovvista di beni di fortuna e di un cognome che attestasse il lustro dei suoi natali. Anne andò al suo appuntamento e gli altri al loro, e naturalmente apprese la mattina dopo che avevano trascorso una serata semplicemente deliziosa. Unica assente tra quanti formavano la loro cerchia consueta era stata lei, Anne, perché Sir Walter ed Elizabeth non solo si erano messi a completa disposizione di Sua Signoria ma erano stati felicissimi di vedersi affidare da lei l'incarico di scovare altri ospiti e si erano dati da fare per assicurare la presenza e di Lady Russell e di Mr. Elliot; anzi, Mr. Elliot aveva promesso di congedarsi per tempo dal colonnello Wallis, e Lady Russell aveva modificato tutti i suoi impegni per la serata allo scopo di non mancare. Quanto alle attrattive che tale serata poteva offrire, Anne ne ebbe un esauriente resoconto da Lady Russell. Ma più del resto la interessò ovviamente il fatto che l'amica e Mr. Elliot avessero molto parlato di lei che la sua assenza fosse stata notata con rammarico e insieme lodata per i motivi che l'avevano determinata. Quelle visite pietose e gentili alla vecchia compagna di collegio malata e in miseria avevano, sembrava, suscitato in Mr. Elliot un indicibile senso di ammirazione. Mr. Elliot pensava che lei, Anne, fosse una giovane assolutamente straordinaria, un modello di femminile perfezione per indole, maniere e intelligenza. Mr. Elliot poteva tener testa anche a Lady Russell in una discussione sui meriti di Anne; e Anne, da parte sua, non poteva cogliere tante chiare allusioni nelle parole dell'amica, non poteva sapersi così altamente stimata da un uomo assennato senza avvertire molte delle piacevoli impressioni che l'amica stessa intendeva destare in lei. Lady Russell si era ormai fatta un'opinione definitiva su Mr. Elliot. Era convinta e della sua intenzione di conquistare col tempo l'affetto di Anne e del fatto che fosse degno di lei, e cominciava a fare il conto delle settimane che sarebbero occorse prima che, completamente libero da ogni remora imposta dalla vedovanza, egli potesse esercitare tutto il suo fascino. Parlando con Anne, Lady Russell non palesava quelle che erano le sue intime convinzioni in proposito, ma si limitava ad accennare a ciò che avrebbe potuto essere in futuro, alla possibilità che Mr. Elliot si innamorasse di nuovo, ai vantaggi di tale matrimonio, sempre che esso si fondasse su un sentimento autentico e ricambiato. Anne l'ascoltava e non reagiva con dinieghi o esclamazioni; si limitava a sorridere, arrossiva e scuoteva gentilmente il capo. «Non sono una paraninfa, come ben sai», disse Lady Russell: «so anche troppo bene quanto siano incerti tutti gli eventi, tutti i calcoli umani. Quello che voglio dire è semplicemente che se Mr. Elliot di qui a qualche tempo chiedesse la tua mano, e tu fossi disposta ad accettarlo, penso che la vostra sarebbe certamente un'unione felice. Sì, tutti giudicherebbero tale matrimonio estremamente conveniente, ma io penso che potrebbe essere anche molto, molto felice». «Mr. Elliot è un uomo eccezionalmente piacevole, e sotto molti aspetti nutro per lui la massima considerazione», disse Anne; «ma direi che non siamo fatti l'uno per l'altra». Lady Russell non fece commenti, ma si limitò ad aggiungere: «Non ti nascondo che la possibilità di vedere in te la futura signora di Kellynch? la futura Lady Elliot? di pensare che un giorno occuperai il posto della tua diletta madre, ereditandone tutti i privilegi e tutta la popolarità insieme a tutte le virtù, sarebbe per me fonte di indicibile gioia. Tu sei, nei tratti del volto e nel carattere, il ritratto di tua madre? e se mai mi fosse concesso immaginarti quale era lei, col suo rango e il suo nome e la sua casa, seduta al suo stesso posto a presiedere e benedire la mensa... quale era lei e a lei superiore solo perché oggetto di più devota stima!... oh, mia carissima Anne, la felicità che ne avrei sarebbe certo assai più grande di quella che è dato conoscere alla mia età». Anne fu costretta a voltare la testa, ad alzarsi e ad allontanarsi di qualche passo. Si appoggiò a un tavolino da lavoro e, fingendosi occupata, si sforzò di controllare le emozioni che il quadro evocato da Lady Russell destava in lei: per qualche attimo la sua immaginazione e il suo cuore ne subirono l'incanto. L'idea di diventare quello che era stata sua madre; di essere lei a far rivivere per prima il nome prezioso di «Lady Elliot»; di tornare stabilmente a Kellynch-hall, e chiamarla ancora la sua casa, la sua casa per sempre, possedeva un fascino al quale sul momento le era impossibile resistere. Lady Russell non aggiunse altro, preferendo che la cosa procedesse da sé, convinta che, se proprio allora Mr. Elliot avesse potuto perorare la sua causa col dovuto rispetto delle convenienze, ebbene, Anne... Senonché Anne era convinta del contrario, e fu quella stessa immagine - Mr. Elliot intento a perorare la sua causa - a farle ritrovare la calma. Il fascino di Kellynch e di «Lady Elliot» svanì completamente. Non avrebbe mai potuto accettare il cugino. Non solo perché i suoi sentimenti ancora respingevano l'idea di un altro uomo, di qualsiasi uomo tranne uno, ma perché il suo giudizio, prese seriamente in esame le eventualità del caso prospettato, era contro Mr. Elliot. Benché ormai si frequentassero da un mese, Anne non poteva dire di conoscere veramente il carattere di lui. Sì, era un uomo assennato, piacevole, sapeva parlare, professava opinioni valide e dava l'impressione di saper giudicare rettamente e da uomo di solidi princìpi: tutto questo era abbastanza evidente. Indubbiamente aveva una chiara nozione del giusto, e Anne non avrebbe saputo individuare con certezza un qualsiasi articolo del codice morale che egli avesse palesemente trasgredito; tuttavia non se la sarebbe sentita di rispondere, in linea generale, della sua condotta. Diffidava

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del passato, se non del presente. I nomi di certi intimi amici d'un tempo, che di quando in quando Mr. Elliot si lasciava sfuggire, le allusioni a trascorse consuetudini e occupazioni parevano giustificare sgradevoli sospetti su quella che era stata la sua personalità. Anne vedeva che c'erano state abitudini riprovevoli; che il viaggiare di domenica era stata pratica consueta; che nella vita di lui c'era stato un periodo (e probabilmente non breve) in cui, a dir poco, aveva trattato con leggerezza tutte le questioni serie; e se anche ora la pensava molto diversamente, chi poteva dire quali fossero i veri sentimenti di un uomo sagace, prudente, abbastanza maturo per apprezzare la rispettabilità del carattere? Come si poteva esser certi che la sua mente e il suo animo si fossero veramente liberati da ogni impurità? Mr. Elliot era razionale, discreto, distinto, ma non era franco. La sorte altrui, buona o cattiva che fosse, non suscitava mai in lui una spontanea reazione emotiva, un moto appassionato di indignazione o di piacere. Questo, per Anne, era decisamente un difetto. Le impressioni del passato erano sempre vive in lei, inobliabili: quello che stimava più di ogni altra cosa era la franchezza del carattere, la generosità, la spontaneità; quello che ancora adesso l'attraeva era il calore dei sentimenti, l'entusiasmo. Sentiva di potersi fidare molto di più della sincerità di quanti nell'espressione del volto o nelle parole parevano a volte tradire un che di irresponsabile o di avventato che della sincerità di quanti facevano mostra di un perfetto e immutabile autocontrollo e non si lasciavano mai sfuggire una parola fuori luogo. Mr. Elliot godeva anche troppo delle simpatie generali. A casa di Sir Walter, nonostante la varietà di gusti e disposizioni, era gradito a tutti. I suoi rapporti con ciascuno erano troppo uniformemente corretti. Aveva parlato ad Anne, e con una certa chiarezza, di Mrs. Clay; aveva dato l'impressione di rendersi perfettamente conto di ciò che Mrs. Clay stava tramando e di disprezzarla: eppure Mr. Clay lo ammirava, proprio come tutti gli altri. Quanto a Lady Russell, i suoi occhi erano meno, o più, penetranti di quelli della sua giovane amica: non vedeva infatti nulla che inducesse a diffidare di lui. Non riusciva a immaginare un uomo che più di Mr. Elliot fosse il modello di come un uomo deve essere; né poteva nutrire un sentimento più dolce della speranza di vederlo ricevere la mano della sua diletta Anne nella chiesa di Kellynch, nel corso dell'autunno successivo. XVIII Si era ai primi di febbraio, e Anne, che da un mese era a Bath, cominciava ad attendere con ansia notizie da Uppercross e da Lyme. Voleva sapere molto di più di quanto Mary aveva comunicato ormai tre settimane addietro. Da lei aveva appreso soltanto che Henrietta era di nuovo a casa e che Louisa, anche se considerata in via di guarigione, era sempre a Lyme. Stava dunque pensando intensamente a tutti loro quando una sera le fu recapitata una lettera di Mary. Era una lettera più pesante del solito e, ad accrescere il suo senso di gioiosa sorpresa, le giunse con gli omaggi dell'ammiraglio Croft e della moglie. Dunque, i Croft erano a Bath! La circostanza non poteva lasciarla indifferente: erano persone per cui nutriva una spontanea simpatia. «Che!», esclamò Sir Walter. «I Croft sono arrivati a Bath? I Croft che hanno preso in affitto Kellynch? E che cosa ti hanno portato?». «Una lettera da Uppercross Cottage, signore». «Oh! quelle lettere sono passaporti bene accreditati. Ti danno la garanzia di una presentazione. Comunque, avrei fatto visita all'ammiraglio Croft in ogni modo. So quel che spetta a un mio inquilino». Anne non poté ascoltare oltre; non avrebbe neppure saputo dire come ne uscì la carnagione del povero ammiraglio; la lettera assorbì tutta la sua attenzione. Era stata cominciata parecchi giorni prima. 1° febbraio *** Mia cara Anne non mi scuso per il mio silenzio, perché so quanto poco, in un posto come Bath, alla gente importi delle lettere. Devi essere troppo felice per pensare a Uppercross che, come sai bene, offre ben poco di cui scrivere. Abbiamo avuto un Natale molto noioso; per tutta la durata delle vacanze Mr. e Mrs. Musgrove non hanno dato un pranzo che sia uno. Gli Hayter per me non contano. Comunque, le vacanze sono terminate, finalmente: credo che mai dei ragazzi ne abbiano avute di così lunghe. Io, ne sono sicura, non ne ho avute. La casa è stata sgombrata ieri, eccezion fatta per i piccoli Harville; ma ti sorprenderà apprendere che non sono mai andati a casa. Mrs. Harville deve essere una strana madre per starsene così a lungo separata da loro. È una cosa che non capisco. Secondo me, non sono affatto dei bambini simpatici ma, a quanto pare, a Mrs. Musgrove piacciono né più né meno dei suoi nipotini: anzi, direi che le piacciono di più. Che tempo spaventoso abbiamo avuto! Forse a Bath, con tutti i vostri bei marciapiedi, non ve ne accorgete neppure, ma in campagna uno se ne accorge, e come! Dalla seconda settimana di gennaio a oggi neanche un'anima è venuta a farmi visita, tranne Charles Hayter, che è venuto anche troppo spesso per i miei gusti. In confidenza, per me è stato un vero peccato che Henrietta non sia rimasta a Lyme tutto il tempo che vi è rimasta Louisa: sarebbe servito a tenerla un po' lontano da lui. Oggi la carrozza è andata a Lyme per portare a casa, domani, Louisa e gli Harville. Comunque, non siamo invitati a cena con loro fino a posdomani, Mrs. Musgrove ha una tal paura che il viaggio risulti faticoso per Louisa, cosa che non è molto probabile, considerando le cure che avranno di lei; e poi per me sarebbe molto più conveniente andarci domani, a cena. Sono contenta che tu trovi Mr. Elliot così gradevole, e vorrei poter farne anch'io la conoscenza, ma questa è sempre la mia

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sorte: ogniqualvolta capita qualcosa di desiderabile io non ci sono: sempre l'ultima della famiglia ad essere presa in considerazione. Ma è un'infinità di tempo che Mrs. Clay è lì con Elizabeth! Ha intenzione di restarci per sempre? Del resto, anche se lasciasse libera la sua camera, è probabile che noi non verremmo invitati. Fammi sapere che ne pensi. Sai, non è che io mi aspetti che l'invito sia esteso ai miei bambini. Posso benissimo lasciarli alla Casa Grande, per un mese o sei settimane. Ho sentito dire proprio adesso che di qui a pochissimo i Croft partono per Bath: pare che l'ammiraglio soffra di gotta. Charles l'ha saputo per caso. A me, per pura correttezza, non hanno comunicato niente, né si sono offerti di recapitarvi qualcosa. Secondo me, averli per vicini non è stato un grande acquisto. Non vengono mai in visita, e questo prova veramente una grossolana mancanza di riguardo. Tanti cari saluti, anche da parte di Charles, e tante belle cose. Tua, Mary M. Debbo dirti, purtroppo, che non mi sento affatto bene; e Jemima mi ha appena detto di aver sentito dal macellaio che c'è una vera epidemia di mal di gola. Sono certa che me lo prenderò; e i miei mal di gola, lo sai bene, sono sempre peggior di quelli che colpiscono chiunque altro. Così finiva la prima parte, che era stata poi messa in una busta contenente un'altra missiva della stessa lunghezza, o quasi. Avevo lasciato aperta la lettera per poterti dire com'è andato il viaggio di Louisa, e ora sono proprio contenta di averlo fatto, perché ho una quantità di cose da aggiungere. Anzitutto, ieri ho ricevuto un biglietto da Mrs. Croft, in cui si offriva di recapitarti qualunque cosa io volessi: un biglietto veramente gentile e cordiale, indirizzato a me, com'era giusto; quindi potrò allungare la lettera finché voglio. Non sembra che l'ammiraglio sia molto malato, e mi auguro sinceramente che Bath gli giovi quanto spera. Sarò veramente contenta di riaverli fra noi. Il vicinato non può fare a meno di una famiglia così simpatica. E adesso passiamo a Louisa. Ho da comunicarti qualcosa che non mancherà di sbalordirti, e parecchio. Lei e gli Harville sono arrivati sani e salvi martedì, e alla sera, quando siamo andati alla Casa Grande per sapere come stava, siamo rimasti piuttosto stupiti nel vedere che tra i presenti non c'era il capitano Benwick, dal momento che era stato invitato insieme agli Harville. E la ragione per cui non c'era riusciresti mai a immaginarla? Esattamente questa: il capitano Benwick si è innamorato di Louisa, e così ha deciso di non fare la sua comparsa a Uppercross prima di aver ricevuto una risposta da Mr. Musgrove; già, lui e Louisa avevano discusso e sistemato tutto quanto prima che lei partisse, e lui aveva scritto a Mr. Musgrove e affidato la lettera al capitano Halville affinché gliela consegnasse. Proprio così, te l'assicuro sul mio onore! Non ne sei sbalordita? Certo, resterei a dir poco sorpresa se tu l'avessi mai vagamente supposto, perché io proprio non l'ho mai immaginato. Mrs. Musgrove afferma solennemente di non aver saputo nulla della faccenda. Comunque, siamo tutti molto soddisfatti perché, anche se non è come sposare il capitano Wentworth, si tratta sempre di un partito infinitamente migliore di Charles Hayter, così Mr. Musgrove gli ha scritto dandogli il suo consenso, il capitano Benwrck è atteso per oggi. Mrs. Harville dice che suo marito soffre molto, pensando alla sorella, poveretta; ma ad ogni modo tutti e due hanno un grande affetto per Louisa. Davvero, Mrs. Harville ed io pensiamo che le vogliamo più bene per il fatto di averla curata. Charles si chiede cosa dirà il capitano Wentworth, ma se ben ricordi, io ho sempre pensato che non fosse innamorato di Louisa: non ho mai notato il minimo segno. E così, come vedi, finisce la storia del capitano Benwick, tuo supposto ammiratore. Non sono mai riuscita a capire come abbia fatto Charles a mettersi in testa una cosa simile. Spero che adesso il capitano Benwick diventi più simpatico. Certo, non è un gran partito per Louisa Musgrove, ma è sempre meglio, un milione di volte meglio, che sposare uno degli Hayter. Non era proprio il caso che Mary temesse di trovare la sorella in qualche modo preparata ad apprendere la notizia. Mai, in vita sua, Anne era rimasta tanto sbalordita. Il capitano Benwick e Louisa Musgrove! Era quasi troppo fantastico per essere vero, e fu solo col più grande sforzo che le riuscì di restare nella stanza, mantenendo una calma apparente e rispondendo a qualche domanda di circostanza. Per sua fortuna, non gliene rivolsero molte. Sir Walter volle sapere se i Croft avevano viaggiato su un tiro a quattro e se intendevano stabilirsi in una parte di Bath abbastanza decorosa perché Miss Elliot e lui vi si recassero a far visita; quanto al resto, non manifestò alcuna curiosità. «Come sta Mary?», disse Elizabeth; e, senza attendere la risposta, continuò: «E come mai i Croft hanno deciso di venire a Bath?». «È a causa dell'ammiraglio. Pare che soffra di gotta». «Gotta e decrepitezza!», esclamò Sir Walter. «Povero vecchio!». «Hanno dei conoscenti, qui a Bath?», chiese Elizabeth. «Non so, ma suppongo che un uomo dell'età dell'ammiraglio Croft e della sua professione abbia molte conoscenze in un luogo come questo». «Ho idea», disse freddamente Sir Walter, «che l'ammiraglio Croft sarà conosciuto a Bath soprattutto per il fatto di aver preso in affitto Kellynch-hall. Elizabeth, possiamo arrischiare di presentare lui e sua moglie in Laura-place?». «Oh, no! Direi di no. Siamo parenti di Lady Dalrymple, cugini, per cui dovremmo evitare di affliggerla con conoscenze che potrebbe disapprovare. Se non ci fosse questo rapporto di parentela, la cosa non avrebbe molta importanza, ma visto che siamo cugini, vaglierebbe scrupolosamente ogni nostra proposta. Meglio lasciare che i Croft trovino da sé l'ambiente che gli si addice. Per le strade di Bath si vedono passeggiare molti uomini anziani che, mi si dice, sono ex marinai. I Croft si uniranno a loro».

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E l'interesse di Sir Walter ed Elizabeth per la lettera non andò più in là. Quando Mr. Clay ebbe aggiunto il suo personale e più corretto contributo chiedendo notizie di Mrs. Charles Musgrove e dei suoi deliziosi bambini, Anne poté finalmente ritirarsi. In camera sua, cercò di raccogliere le idee. Era più che comprensibile che Charles si chiedesse come l'avrebbe presa il capitano Wentworth! Forse si era ritirato spontaneamente, aveva rinunciato a Louisa, aveva cessato di amarla, aveva scoperto di non amarla. Anne non poteva sopportare l'idea che a causare una rottura tra lui e l'amico fosse stata una qualsiasi forma di slealtà o di leggerezza, un qualsiasi atto gravemente ingiurioso. Non poteva sopportare l'idea che un'amicizia come la loro venisse troncata per motivi riprovevoli. Il capitano Benwick e Louisa Musgrove! Lei, Louisa Musgrove, vivace, spiritosa, chiacchierina, e il capitano Benwick, malinconico, pensoso, sensibile, colto e amante della lettura, sembravano talmente l'opposto l'uno dell'altro! I loro animi erano così diversi! Che cosa, dunque, aveva contribuito ad attrarli? La risposta Anne la trovò subito. Era stata la situazione stessa ad avvicinarli, a costringerli a vivere l'uno accanto all'altra per settimane e settimane, a condividere l'esistenza dello stesso piccolo gruppo familiare; dopo che Henrietta era partita, erano rimasti solo loro due a farsi compagnia: Louisa, resa più interessante proprio dalla lunga infermità da cui si andava rimettendo, e il non inconsolabile capitano Benwick. Questo - che non fosse inconsolabile - era un punto che già prima Anne non aveva potuto fare a meno di sospettare; e anziché trarre dal corso presente degli eventi le stesse conclusioni di Mary, trovò in essi la conferma dell'idea di aver destato in lui un vago senso di tenerezza. Non che con ciò intendesse gratificare la sua personale vanità molto più di quanto Mary avrebbe eventualmente concesso: era infatti convinta che qualunque giovane donna passabilmente graziosa che avesse ascoltato il capitano Benwick dandogli l'impressione di prender parte alle sue pene avrebbe ricevuto lo stesso omaggio. Era un cuor tenero: doveva amare qualcuno. Non vedeva alcun motivo perché non fossero felici. Louisa, tanto per cominciare, aveva una vera passione per la gente e la vita di mare e poi, ben presto, sarebbero divenuti più simili. Lui avrebbe imparato ad essere più allegro, e lei avrebbe imparato ad essere un'entusiasta di Scott e di Lord Byron; anzi, probabilmente l'aveva già imparato, perché ovviamente era mentre leggevano poesie che si erano innamorati. L'idea di Louisa Musgrove mutata in una giovane donna dai raffinati gusti letterari, incline alle meditazioni sentimentali, era, sì, divertente, ma - Anne ne era certa - le cose dovevano essere andate così. Quella giornata a Lyme, la caduta dal Cobb potevano ben influire profondamente sulla sua salute, sui suoi nervi, sul suo coraggio e sul suo carattere per tutta quanta la vita così come, a giudicare dalle apparenze, avevano influito sul suo destino. In conclusione, se la donna che era stata sensibile ai meriti del capitano Wentworth poteva preferire un altro uomo, non c'era nulla in quel fidanzamento di cui seguitare a meravigliarsi; e se da esso non era derivata una rottura tra il capitano Wentworth e l'amico, certo non c'era nulla da rimpiangere. No, non era rimpianto quello che, benché Anne cercasse di controllarsi, le faceva battere il cuore e le copriva le guance di rossore ogniqualvolta pensava al capitano Wentworth, ora libero da promesse e legami. C'erano in lei dei sentimenti che si vergognava di studiare a fondo. Erano troppo simili alla gioia, una gioia assurda! Era impaziente di vedere i Croft; ma quando l'incontro ebbe luogo, apparve evidente che erano ancora all'oscuro della notizia. La visita formale fu fatta e restituita; venne menzionato il nome di Louisa, e anche quello del capitano Benwick, ma senza sorrisetti carichi di allusioni. I Croft si erano sistemati in un appartamento di Gay-street, con piena soddisfazione di Sir Walter. Il baronetto non si vergognava affatto di quelle conoscenze e, in effetti, pensò all'ammiraglio e ne parlò molto più di quanto l'ammiraglio stesso si sognasse mai di pensare a lui o di parlarne. I Croft, che avevano a Bath tanti amici e conoscenti quanti potevano desiderarne, consideravano i loro rapporti con gli Elliot una pura e semplice questione di etichetta da cui con ogni probabilità non avrebbero tratto alcun piacere. Avevano portato con sé le loro abitudini campagnole ed erano, anche a Bath, sempre insieme. All'ammiraglio era stato prescritto di far molto moto per combattere la gotta, e Mrs. Croft, apparentemente decisa a dividere equamente ogni esperienza del marito, marciava imperterrita per amore della salute di lui. Dovunque andasse, Anne li vedeva. Quasi ogni mattina Lady Russell la conduceva con sé in carrozza, per cui i Croft erano sempre presenti e nei suoi pensieri e davanti ai suoi occhi. Conoscendo i loro sentimenti così come li conosceva, formavano per lei un delizioso quadretto, l'immagine della felicità domestica. Li seguiva con lo sguardo finché poteva, divertendosi a immaginare quelli che potevano essere i loro argomenti mentre, soli e felici, continuavano la loro passeggiata, o osservando con non minore divertimento le cordiali strette di mano che l'ammiraglio distribuiva ogniqualvolta incontrava qualche vecchio amico o le animate conversazioni che subito si accendevano ogniqualvolta si univa a un gruppetto di colleghi: sempre al fianco di Mrs. Croft, naturalmente, vivace e partecipe quanto gli ufficiali che l'attorniavano. Anne era troppo impegnata con Lady Russell per andarsene spesso a passeggiare da sola; comunque una mattina, otto o dieci giorni dopo l'arrivo dei Croft, trovò preferibile lasciare l'arnica, o piuttosto la carrozza dell'amica, nella parte bassa della città e tornarsene per conto suo a Camden-place. Fu così che, mentre risaliva Milson-street, ebbe la ventura di incontrare l'ammiraglio. Se ne stava tutto solo davanti alla vetrina di un negozio di stampe, le mani dietro la schiena, immerso nella contemplazione di chissà quale stampa, e Anne, che avrebbe potuto passare oltre senza essere veduta, per attirare la sua attenzione dovette dargli un colpetto sulla spalla e chiamarlo per nome. Comunque, quando egli si accorse della sua presenza e la riconobbe, lo fece con tutta la sua consueta franchezza e cordialità: «Ah! è lei? Grazie, grazie tante. Questo è trattarmi da amico. Me ne sto qui, vede, a fissare un quadro. Non c'è una volta che passi davanti a questo negozio senza fermarmi. Ma guardi quella specie di barca, la guardi! Ha mai visto niente di simile? Certo che questi artisti, questi pittori, debbono essere ben strambi per pensare che una persona qualsiasi metta in pericolo la propria vita per ficcarsi in

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una vecchia conchiglia come questa, senza forma né sagoma!... Eppure ci stanno due gentiluomini, sussiegosi e per niente preoccupati, intenti a guardare il panorama lì attorno - scogli e montagne - come se, da un momento all'altro, l'imbarcazione non dovesse capovolgersi, cosa che avverrà sicuramente. Mi chiedo proprio dove sia stata costruita quella barca!», continuò ridendo di cuore; «io non ci metterei piede, neanche se si trattasse di attraversare un abbeveratoio. Be'», concluse allontanandosi dalla vetrina, «e ora, dov'è diretta? Posso andare da qualche parte per lei, o con lei? Posso esserle utile in qualche modo?». «No, grazie, a meno che lei non voglia concedermi il piacere della sua compagnia per il breve tratto di strada che costituisce il mio e il suo percorso. Sto andando a casa». «Ma certo, lo farò di tutto cuore, e l'accompagnerò non solo a casa, ma anche oltre. Sì, sì, faremo una bella passeggiatina insieme, e poi ho qualcosa da dirle, mentre camminiamo. Ecco, si appoggi al mio braccio: così. Non mi sento a mio agio se non do il braccio a una donna. Signore! che razza di barca!», e diede un ultimo sguardo alla stampa mentre si avviava in compagnia di Anne. «Ha detto di aver qualcosa da dirmi, signore?». «Sì, tra un attimo. Ma ecco che viene un mio amico, il capitano Brigden. Comunque, gli dirò solo "Come va?" mentre passiamo. Non mi fermerò. "Come va?", Brigden fa tanto d'occhi nel vedermi in compagnia di una donna che non è mia moglie. Lei, poveretta, è costretta a casa per via di una gamba. Le è venuta una vescica su un calcagno, grossa come una moneta da tre scellini. Se guarda dall'altra parte della strada, vedrà arrivare l'ammiraglio Brand e suo fratello. Tipi meschini, l'uno quanto l'altro! Sono contento che non siano sul nostro stesso lato. Sophy non li può soffrire. Una volta mi hanno giocato un brutto tiro: si sono presi alcuni dei miei uomini migliori. Le racconterò la storia un'altra volta. Ed ecco che viene il vecchio Sir Archibald Frew col nipote. Guardi, ci ha visti, le manda un bacio con la mano: la scambia per mia moglie. Ah! la pace è venuta troppo presto per quel ragazzo. Povero vecchio Sir Archibald! E così, le piace Bath, Miss Elliot? Noi ci troviamo benissimo. Incontriamo sempre dei vecchi amici, ora questo, ora quello; ogni mattina ce n'è una folla per le strade, così c'è sempre il modo di fare una bella chiacchierata; e poi ci congediamo da tutti quanti e andiamo a chiuderci nel nostro alloggio e sistemiamo le nostre seggiole, e ce ne stiamo comodi e tranquilli come se fossimo a Kellynch, proprio, o come ce ne stavamo una volta anche a North Yarmouth e a Deal. Anzi, il nostro alloggio qui a Bath ci piace perché ci fa ricordare il primo che abbiamo avuto, a North Yarmouth. In uno degli spogliatoi ci sono esattamente gli stessi spifferi». Dopo un altro tratto di strada, Anne si fece coraggio e cercò di richiamare nuovamente l'attenzione dell'ammiraglio su quanto doveva comunicarle. Aveva sperato che, una volta lasciata Milsom-street, egli appagasse la sua curiosità ma dovette aspettare ancora perché l'ammiraglio era deciso a non cominciare finché non avessero raggiunto lo spazio più aperto e la quiete di Belmont; e, dal momento che lei non era Mrs. Croft, non le restò che lasciarlo fare come voleva. Non appena si avviarono su per il pendio di Belmont, lui attaccò: «Bene, adesso sentirà qualcosa che la sorprenderà. Ma, prima di tutto, deve dirmi il nome della ragazza di cui adesso le parlerò. Quella ragazza, sa per cui ci siamo tanto preoccupati. La Miss Musgrove che ha avuto tutto quel guaio. Deve dirmi il suo nome di battesimo: io i nomi di battesimo li dimentico sempre». Anne si era sentita non poco imbarazzata all'idea di dare a vedere che aveva afferrato subito di che si trattasse; ma ora poteva suggerire senza pericolo il nome di «Louisa». «Ecco, ecco, Miss Louisa Musgrove: è così che si chiama. Vorrei che le ragazze non avessero tanti bei nomi di battesimo. Non mi sbaglierei mai se si chiamassero tutte Sophy, o qualcosa del genere. Be', come sa, tutti pensavamo che questa Miss Louisa dovesse sposare Frederick. Lui le ha fatto la corte, per settimane e settimane. C'era da chiedersi, se mai, che diavolo aspettassero a decidersi. Questo fino all'incidente di Lyme, perché allora fu abbastanza chiaro che dovevano aspettare finché lei fosse a posto col cervello. Ma anche allora c'è stato qualcosa di strano nel loro comportamento. Invece di fermarsi a Lyme, lui è partito per Plymouth, e poi se n'è andato a far visita a Edward. Quando noi siamo tornati da Minehead, si trovava appunto a casa di Edward, e da allora non si è mai mosso di lì. È da novembre che non lo vediamo. Anche Sophy non ci capiva niente. Ma adesso la cosa si è risolta, e nel modo più strano; sì, perché la ragazza - proprio questa Miss Musgrove - invece di sposare Frederick, sposerà James Benwick. Lei lo conosce, James Benwick?». «Un poco. Sì, ho incontrato il capitano Benwick». «Be', è lui che deve sposare. Anzi, è più che probabile che si siano già sposati, perché non vedo proprio cos'altro dovrebbero aspettare». «Il capitano Benwick mi è sembrato un giovane molto simpatico», disse Anne, «e di indole eccellente, a quanto m'hanno detto». «Oh! sì, sì, niente da ridire su James Benwick. Vero che è soltanto capitano di fregata, e nominato l'estate scorsa; vero che questi sono tempi duri per far carriera; ma, che io sappia, non ha altri difetti. Un ragazzo eccellente, generoso. E, glielo assicuro, anche un ufficiale molto attivo e zelante: più di quanto lei non immaginerebbe, ho idea, perché forse quel suo fare delicatino non gli rende piena giustizia». «No, su questo punto si sbaglia, signore: dai modi del capitano Benwick non dedurrei mai che egli manchi di coraggio. Li ho giudicati molto piacevoli, e sono pronta a garantire che piacerebbero a tutti». «Be', be', le donne sono i giudici migliori; ma per me James Benwick è un po' troppo "morbido"; e anche se molto probabilmente questo dipende dalla nostra parzialità, Sophy e io non possiamo fare a meno di giudicare i modi di Frederick migliori dei suoi. C'è qualcosa in Frederick che è più di nostro gusto».

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Anne si sentì presa in trappola. Aveva semplicemente inteso controbattere l'idea troppo spesso accettata dell'incompatibilità tra coraggio e gentilezza, non rappresentare i modi del capitano Benwick come i migliori possibili; e, dopo una breve esitazione, stava per cominciare a dire: «Non stavo facendo un paragone tra i due amici», ma l'ammiraglio la interruppe: «E la notizia è certa, assolutamente certa. Non si tratta di un pettegolezzo qualsiasi. L'abbiamo saputo proprio da Frederick. Ieri Sophy ha avuto una sua lettera, in cui ci dice di tutta quanta la faccenda; e lui ne era stato appena informato da una lettera del capitano Harville scritta sul posto, da Uppercross. Penso che siano tutti a Uppercross». Era un'occasione, questa, che Anne non poteva lasciarsi sfuggire. Disse pertanto: «Spero, ammiraglio, spero davvero che non ci sia nulla nel tono della lettera del capitano Wentworth che impensierisca seriamente lei e Mrs. Croft. In effetti, l'autunno scorso si poteva pensare a un legame affettivo tra lui e Louisa Musgrove; ma spero che dalla lettera sia possibile dedurre che esso sia stato sciolto di comune accordo, e senza violenza. Spero che non sia la lettera di un uomo offeso e carico di rancore». «No, no, per niente! non c'è una sola imprecazione o una parola di critica dal principio alla fine». Anne chinò il capo per celare un sorriso. «No, no; Frederick non è il tipo da piagnucolare e lamentarsi; ha un animo troppo fermo per far cose del genere. Se la ragazza preferisce un altro uomo, è giustissimo che abbia quello». «Certo. Ma ciò che intendo è questo: che spero non ci sia nulla nel modo di scrivere del capitano Wentworth da cui lei sia indotto a supporre che si considera offeso dal suo amico: qualcosa, vede, che si possa capire benché non venga esplicitamente menzionata. Mi dispiacerebbe molto che un'amicizia come quella che per tanto tempo c'è stata tra lui e il capitano Benwick venisse distrutta o anche turbata da una circostanza come questa». «Sì, sì, la capisco. Ma non c'è assolutamente niente del genere nella lettera. Frederick non scrive una sola parola sarcastica o offensiva sul conto di Benwick; non dice neanche: "Mi chiedo come mai... Ho le mie buone ragioni per chiedermi...". No, dal suo modo di scrivere non si supporrebbe mai che pensasse di prendersela lui questa Miss (com'è che si chiama?). Spera molto generosamente che siano felici insieme, e in questo non c'è niente di vendicativo, penso». Anne non riuscì a condividere la convinzione assoluta che l'ammiraglio intendeva infondere in lei, ma insistere in quell'interrogatorio sarebbe stato del tutto inutile. Di conseguenza si limitò a fare qualche osservazione generica o ad ascoltare in silenzio, e così l'ammiraglio tirò avanti senza scomporsi. «Povero Frederick!», disse alla fine. «Adesso deve ricominciare tutto da capo con qualcun'altra. Dobbiamo farlo venire qui a Bath, penso. Direi che qui ce ne sono molte di ragazze carine. Andare un'altra volta a Uppercross non servirebbe a niente, perché ho sentito che l'altra Miss Musgrove è già fidanzata con suo cugino, il giovane parroco. Non crede, Miss Elliot, che faremmo meglio a cercare di farlo venire qui a Bath?». XIX Mentre l'ammiraglio Croft passeggiava in compagnia di Anne ed esprimeva il suo desiderio di far venire il capitano Wentworth a Bath, il capitano Wentworth era già in viaggio verso quella città. Vi arrivò prima ancora che Mrs. Croft gli scrivesse, e Anne, la prima volta che uscì, lo vide. Mr. Elliot era con le due cugine e Mrs. Clay. Percorrevano Milson-street quando cominciò a piovere: non molto, ma abbastanza perché le signore cercassero un riparo, e più che abbastanza perché Miss Elliot prendesse immediatamente in considerazione il vantaggio di far ritorno a casa sulla carrozza di Lady Dalrymple ferma in attesa a breve distanza da loro; per tanto lei, Anne e Mrs. Clay entrarono da Molland mentre Mr. Elliot andava in cerca di Lady Dalrymple a chiedere soccorso. Poco dopo tornò a raggiungerle, latore, come c'era da aspettarsi, di buone notizie: Lady Dalrymple sarebbe stata felicissima di portarle a casa e, di lì a pochi minuti, sarebbe passata a prenderle. Senonché la vettura di Sua Signoria era un calesse e non poteva ospitare confortevolmente più di quattro persone; e, poiché Miss Carteret era con la madre, non si poteva ragionevolmente pensare che vi fosse posto per tutte e tre le signore di Camden-place. Quanto a Miss Elliot, non potevano sussistere dubbi: se qualcuno doveva stare a disagio, quel qualcuno non era certo lei; ma occorse un po' di tempo perché le altre due arrivassero a una soluzione di quel piccolo problema di etichetta. La pioggia era un'inezia, e Anne era assolutamente sincera nel dichiarare che preferiva tornare a piedi in compagnia di Mr. Elliot. Ma la pioggia era un'inezia anche per Mrs. Clay: poche gocce e nient'altro, disse, e poi le sue scarpe erano così robuste molto più robuste di quelle di Miss Anne! Insomma, il suo rispetto per le buone maniere la rese non meno ansiosa di Anne di rincasare a piedi e in compagnia di Mr. Elliot, e la questione fu discussa tra lei e Anne con così garbata e ferma generosità che gli altri furono costretti a deciderla al posto loro: Miss Elliot affermando che Mrs. Clay aveva già un po' di raffreddore, e Mr. Elliot, chiamato a fare da arbitro, deliberando che effettivamente le scarpe di sua cugina Anne erano un po' più robuste. Venne pertanto stabilito che fosse Mrs. Clay a prender posto in vettura; e si erano appena accordati su questo punto quando Anne, che si era messa a sedere presso la vetrina, vide in lontananza, inconfondibilmente e distintamente, il capitano Wentworth che giungeva dal capo opposto della strada. Ebbe un sussulto, che nessuno, tranne lei, avvertì; ma immediatamente pensò di essere la donna più ingenua e sprovveduta di questo mondo, la più assurda e irresponsabile. Per qualche minuto la vista le si annebbiò e non vide più nulla davanti a sé: non sapeva neppure più dove fosse. Quando, facendo forza su se stessa, ritrovò l'uso dei suoi sensi,

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scoprì che gli altri stavano ancora attendendo la carrozza e che Mr. Elliot (sempre premuroso) stava giusto uscendo per sbrigare una commissione di Mrs. Clay in Union-street. Ora Anne avvertì un irresistibile desiderio di raggiungere la porta d'ingresso: voleva vedere se pioveva. E perché avrebbe dovuto sospettare di essere spinta da un diverso motivo? Ovviamente, il capitano Wentworth non era più in vista. Si alzò; sì, voleva muoversi: non era giusto che una metà di lei fosse sempre tanto più saggia dell'altra metà o sospettasse che l'altra metà fosse peggiore di quel che era. Sì, voleva vedere se pioveva. Ma, neppure un istante dopo, fu ricacciata indietro dall'ingresso del capitano Wentworth in persona, in compagnia di numerosi gentiluomini e dame, evidentemente suoi conoscenti, cui doveva essersi unito giusto alla fine di Milson-street. La vista di Anne lo lasciò colpito e confuso più di quanto ella avesse mai osservato in passato; il suo volto si coprì di un violento rossore. Per la prima volta da quando avevano ripreso a frequentarsi, Anne sentì che dei due era lei a tradire una meno intensa emozione. Aveva su di lui il vantaggio di quei pochi istanti appena trascorsi, il vantaggio di essere preparata. Tutti quelli che erano stati i primi effetti della violenta sorpresa - angosciosi, accecanti, sconvolgenti - erano passati, per lei. E tuttavia era agitata da tante altre intense emozioni: turbamento, pena, piacere; qualcosa tra l'estasi e l'agonia. Le parlò, e poi si allontanò da lei. Fondamentalmente, il suo atteggiamento tradiva l'imbarazzo. Anne non avrebbe potuto definirlo né freddo né amichevole. No, imbarazzato: era questa la parola giusta. Dopo un breve intervallo, comunque, venne verso di lei, e parlò di nuovo. Fu uno scambio di domande su argomenti comuni, ascoltate le quali non ne seppero, probabilmente, molto più di prima: tranne Anne, che continuava a sentire, inconfondibilmente, come egli avesse perduto la sua abituale disinvoltura. A forza di incontrarsi, di trovarsi tanto spesso insieme, avevano appreso a parlarsi con una certa calma e distacco, almeno apparenti; ma ora egli non ci riusciva più. Il tempo l'aveva mutato, oppure era stata Louisa a mutarlo. C'era in lui come una nuova indefinibile consapevolezza. Aveva un ottimo aspetto, non come chi abbia sofferto fisicamente o spiritualmente, e parlava di Uppercross, dei Musgrove... sì, parlò anche di Louisa, e mentre ne pronunciava i1 nome i suoi occhi lanciarono per un attimo uno di quei suoi sguardi maliziosamente allusivi; eppure era evidente che il capitano Wentworth era inquieto, turbato, incapace di fingere di non esserlo. Anne non restò sorpresa ma addolorata nel vedere che Elizabeth ostentava di non conoscerlo. Sapeva benissimo che lui aveva visto Elizabeth e che Elizabeth aveva visto lui, che entrambi si erano perfettamente riconosciuti; era convinta che il capitano Wentworth si aspettasse il cenno di saluto che si rivolge a un conoscente, che anzi lo desiderasse, e provò un senso di pena nel vedere sua sorella volgere il capo dall'altra parte con la più completa freddezza. La vettura di Lady Dalrymple, che Miss Elliot attendeva con crescente impazienza, si accostò proprio allora, e il domestico entrò a darne l'annuncio. Ricominciava a piovere, e tra una cosa e l'altra seguirono indugi e trambusto e discorsi, tutti allo scopo di far capire alla piccola folla riunita nel negozio che stava arrivando Lady Dalrymple con la sua carrozza per condurre a casa Miss Elliot. Finalmente Miss Elliot e l'amica, scortate dal solo domestico (perché il cugino non era ancora tornato), si avviarono; e il capitano Wentworth, vedendole uscire, si avvicinò di nuovo ad Anne e, più a gesti che a parole, le offrì i suoi servigi. «Le sono molto obbligata», fu la risposta, «ma non vado con loro. In carrozza non ci sarebbe posto per tante persone. Vado a piedi; preferisco andare a piedi». «Ma piove». «Oh, pochissimo! Non mi fa paura». Una breve pausa; poi lui disse: «Sebbene sia arrivato solo ieri, mi sono già perfettamente equipaggiato per affrontare Bath, come vede», e accennò a un ombrello nuovo; «vorrei che lei se ne servisse, se proprio ha deciso di andare a piedi; anche se, penso, sarebbe più prudente che mi permettesse di andare a chiamarle una portantina». Lei si disse molto, molto obbligata, ma declinò entrambe le offerte, ripetendo di essere convinta che di lì a pochissimo avrebbe smesso di piovere, e aggiungendo: «Sto solo aspettando Mr. Elliot. Tra un attimo sarà qui, ne sono sicura». Aveva appena pronunciato queste parole, quando fece il suo ingresso Mr. Elliot. Il capitano Wentworth lo rammentava perfettamente. Non c'era alcuna differenza tra lui e l'uomo che a Lyme si era fermato sui gradini ad ammirare Anne mentre passava, tranne che nell'aria, nello sguardo e nelle maniere che rivelavano la sua posizione di parente e amico privilegiato. Mr. Elliot entrò sollecito e premuroso, con l'aria di vedere solo lei e di pensare a lei sola, si scusò per il ritardo, si disse desolato di averla fatta aspettare e ansioso di condurla via senza perdere altro tempo, e prima che la pioggia aumentasse. Un istante, ed eccoli usare insieme, lei al braccio di lui; e uno sguardo dolcemente imbarazzato, un saluto - «Buongiorno a lei» - fu tutto ciò che Anne, mentre se ne andava, ebbe tempo di dire. Non appena furono fuori di vista, le signore che facevano parte della comitiva del capitano Wentworth si misero a parlare di loro. «Mr. Elliot ha un debole per la cugina, no?». «Oh! è abbastanza evidente, e non ci vuol molto a indovinare come andranno le cose in Camden-place. Lui è sempre con loro; vive in famiglia, si direbbe. Che uomo affascinante!». «Proprio, e Miss Atkinson, che ha pranzato con lui una volta a casa dei Wallis, dice che è l'uomo più interessante che abbia mai avuto occasione di incontrare». «E lei, Anne Elliot, è graziosa: molto graziosa, penso, a guardarla bene. Non sarà di moda dirlo, ma personalmente confesso di ammirarla più della sorella». «Oh, ma anch'io!». «E anch'io. Non c'è confronto. Ma gli uomini vanno tutti matti per Miss Elliot. Anne è troppo delicata, per loro».

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Anne sarebbe stata particolarmente grata al cugino, se egli avesse camminato al suo fianco fino a Camden-place senza dire una parola. Non le era stato mai tanto difficile ascoltarlo, sebbene egli si comportasse con impareggiabile riguardo e sollecitudine e scegliesse proprio gli argomenti che di solito non mancavano di interessarla: elogi - calorosi, giusti e penetranti - di Lady Russell, e insinuazioni - velate e perfettamente razionali - sul conto di Mrs. Clay. Ma ora Anne poteva pensare soltanto al capitano Wentworth. Non riusciva a capire i suoi sentimenti attuali, a scoprire se veramente soffriva molto per la delusione, o no; e finché quel punto non fosse stato risolto, non era pienamente padrona di se stessa. Sperava di essere, col tempo, saggia e ragionevole; ma ahimé, ahimé! doveva confessare a se stessa di non essere ancora saggia. Un'altra circostanza che doveva assolutamente conoscere riguardava la durata del soggiorno di lui a Bath; non aveva fatto parola delle sue intenzioni, oppure non riusciva a rammentarsene. Poteva darsi che fosse lì di passaggio. Ma no, era più probabile che fosse venuto per restarvi qualche tempo. E in tal caso, poiché a Bath tutti incontravano tutti, Lady Russell l'avrebbe certamente visto da qualche parte. L'avrebbe riconosciuto? E con quali conseguenze? Anne aveva già dovuto raccontare a Lady Russell che Louisa Musgrove stava per sposare il capitano Benwick. Le era costato un certo sforzo affrontare la sorpresa di Lady Russell; e ora, se per un caso qualsiasi essa si fosse imbattuta in società nel capitano Wentworth, la conoscenza approssimativa che aveva della faccenda avrebbe aggiunto altri pregiudizi a quelli che già nutriva su di lui. La mattina dopo, Anne uscì in carrozza coll'amica, e per tutta la prima ora scrutò la strada in incessante, trepida attesa. Invano. Ma alla fine, mentre ripercorrevano Pulteney-street, lo avvistò sul marciapiede destro, a una distanza che le consentiva di non perderlo d'occhio per la maggior parte della strada. C'erano molti altri uomini vicino a lui, molti gruppi che andavano nella stessa direzione ma era lui, inconfondibilmente. Guardò Lady Russell, ma non perché pensasse - idea assurda! - che lo avesse riconosciuto immediatamente così come aveva fatto lei. No, non era supponibile che Lady Russell lo notasse prima che gli si trovassero quasi davanti. Comunque, di tanto in tanto la guardava ansiosamente; e quando si avvicinò il momento in cui l'amica l'avrebbe necessariamente distinto tra i passanti, benché non osasse guardarla di nuovo (era meglio, lo sapeva, che altri non la vedessero in volto), ebbe la precisa certezza che gli occhi di Lady Russell fossero rivolti proprio dalla parte di lui: che, in breve, lo stesse attentamente osservando. Poteva capire perfettamente quale sorta di fascino egli esercitasse sulla mente di Lady Russell, quanto fosse difficile per lei distogliere lo sguardo, e quanto grande dovesse essere il suo stupore nel vedere che gli otto o nove anni trascorsi, per di più in climi remoti e in servizio attivo, l'avevano sfiorato senza privarlo di una sola delle sue attrattive personali! Finalmente Lady Russell appoggiò il capo allo schienale. E ora, pensò Anne, come avrebbe parlato di lui? «Ti chiederai», disse Lady Russell, «che cosa son rimasta a fissare per tanto tempo; stavo cercando di individuare certe tendine di cui Lady Alicia e Mrs. Frankland mi parlavano ieri sera. Descrivevano le tendine del salotto di una delle case che si affacciano precisamente su questo lato, in questo tratto della strada, come le più belle e le più eleganti di Bath; solo che non riuscivo a ricordare il numero civico, per cui ho cercato di scoprire quale potesse essere; ma confesso che qui attorno non vedo tendine che rispondano alla descrizione fattami». Anne sospirò e arrossì e sorrise, mossa da pietà e disprezzo o per l'amica o per se stessa. Ciò che più la contrariò fu il rendersi conto che, fra tutte queste cautele e circospezioni eccessive, si era lasciata sfuggire il momento giusto: quello in cui avrebbe potuto rendersi conto se lui le aveva vedute. Trascorsero un paio di giorni senza altri eventi. Il teatro o i saloni, che con tutta probabilità lui frequentava, non erano abbastanza alla moda per gli Elliot, che per i loro svaghi serali prediligevano l'elegante stupidità delle riunioni private, cui partecipavano sempre più assiduamente; e Anne, esasperata da questa situazione di ristagno, stufa di non sapere nulla, e figurandosi di essere più forte perché la sua forza non era stata messa alla prova, aspettava con impazienza la sera del concerto. Era un concerto dato a beneficio di una protetta di Lady Dalrymple, e naturalmente dovevano andarci. Sarebbe stato del resto un buon concerto, e il capitano Wentworth aveva una vera passione per la musica. Se solo le fosse riuscito di conversare di nuovo con lui, sia pure per pochi minuti, le sarebbe bastato, pensava Anne; quanto poi a rivolgergli la parola per prima, sapeva che non le sarebbe mancato il coraggio, se appena se ne fosse presentata l'occasione. Elizabeth l'aveva ostentatamente ignorato, Lady Russell aveva finto di non notarlo: ebbene, queste due circostanze le avevano insegnato a dominare i suoi nervi; sentiva di dovergli un atto di cortesia. Aveva fatto una mezza promessa a Mrs. Smith di trascorrere la serata con lei; ma nel corso di una breve, frettolosa visita, si scusò e rimandò l'appuntamento con l'esplicita promessa di recarsi da lei l'indomani e di trattenersi più a lungo. Mrs. Smith assentì con la massima cordialità. «Ma certo!», disse; «solo, quando verrà, mi dovrà dire tutto del concerto. Con chi ci andrà?». Anne fece i vari nomi. Mrs. Smith non aggiunse commenti; ma quando Anne prese congedo, disse con fare tra serio e malizioso: «Bene, le auguro di cuore che il suo concerto risponda alle aspettative, e non mi manchi domani, se può, perché comincio ad avere il presentimento che non riceverò molte altre visite da lei». Anne trasalì confusa; ma dopo essersi soffermata un attimo indecisa, fu costretta, e per nulla dispiaciuta di esser costretta, ad andarsene precipitosamente. XX

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Sir Walter, le due figlie e Mrs. Clay furono i primi della loro comitiva ad arrivare quella sera nei saloni; e poiché si doveva attendere Lady Dalrymple, si appostarono davanti a uno dei caminetti della Sala Ottagonale. Si erano appena accomodati quando la porta si aprì di nuovo, e il capitano Wentworth fece il suo ingresso, solo. Di tutti, Anne gli era più vicino, e fu lei a compiere il primo passo rivolgendogli immediatamente la parola. Evidentemente il capitano Wentworth intendeva limitarsi ad accennare un inchino e a procedere oltre, ma il gentile «Come sta?» di Anne lo indusse a deviare verso di lei e a fermarlesi accanto, ricambiando la sua con altre domande, nonostante la minacciosa presenza del padre e della sorella alle loro spalle. Il fatto che fossero alle loro spalle accrebbe il coraggio di Anne; non vedeva né i loro volti né i loro sguardi, e si sentiva capace di compiere tutto ciò che reputava giusto. Mentre parlavano, le giunse all'orecchio l'eco della conversazione che, a bassissima voce, si stava svolgendo tra suo padre ed Elizabeth. Non riuscì ad afferrare le parole, ma non poté fare a meno di intuire l'argomento; e nel vedere il freddo inchino del capitano Wentworth, capì che Sir Walter aveva saggiamente deciso di riconoscerlo, sia pure con un lieve cenno del capo; non solo, ma guardando di sottecchi, fece giusto in tempo a vedere la stessa Elizabeth abbozzare una riverenza: un atto che, benché tardivo, riluttante e formale, era pur sempre meglio di niente, per cui Anne si sentì risollevata. Comunque, dopo aver chiacchierato e del tempo e di Bath e del concerto, la loro conversazione cominciò a languire, e alla fine furono così poche le cose che ebbero da dirsi, che Anne si aspettava di vederlo andar via da un momento all'altro. Non se ne andò, invece: sembrava che non avesse nessuna fretta di lasciarla; anzi, subito dopo, con rinnovato slancio, un po' sorridendo, un po' arrossendo, disse: «Non l'ho vista quasi più dopo quella nostra giornata a Lyme. Temo che lei abbia molto risentito dello shock, che ne abbia risentito di più proprio per il fatto di non esserne stata sopraffatta sul momento». Anne lo assicurò del contrario. «È stata un'ora tremenda», disse lui, «una giornata tremenda!» e si passò la mano davanti agli occhi come se il ricordo fosse ancora troppo penoso; ma un attimo dopo aggiunse con un mezzo sorriso: «Ad ogni modo la giornata ha prodotto alcuni effetti... ha avuto alcune conseguenze che debbono essere considerate esattamente l'opposto di ciò che è tremendo. Quando lei ebbe la presenza di spirito di suggerire che Benwick era la persona più adatta ad andare in cerca di un medico, non poteva neppur lontanamente pensare che alla fine sarebbe stato lui ad aver tanta parte nella guarigione di Louisa Musgrove». «Certo, non potevo pensarlo. Ma ho idea... Sì, spero che sia un'unione felice. Sono dotati, tutti e due, di buoni princìpi e di un buon carattere». «Sì», disse lui con fare un po' esitante; «ma qui, penso, ha fine la somiglianza. Auguro loro di tutto cuore di essere felici e mi compiaccio di ogni circostanza che contribuisca a ciò. In famiglia non incontrano difficoltà, opposizione, capricci improvvisi o rinvii... I Musgrove si comportano da quelle degne persone che sono, onorevolmente e affettuosamente, preoccupandosi soltanto, come ogni buon genitore, di promuovere il benessere della figlia. Tutto ciò contribuisce molto, moltissimo alla loro felicità; forse più che...». Si interruppe. Parve colpito da un ricordo improvviso che ridestò in lui quasi la stessa emozione da cui Anne era pervasa quella che copriva le sue gote di rossore e la costringeva a star sene a occhi bassi. Poi si schiarì la gola, e continuò: «Confesso che, e a mio parere, c'è una differenza, e troppo grande, su un punto assolutamente essenziale: l'intelletto. Considero Louisa Musgrove una giovane amabilissima, di indole gentile, e dotata di un'intelligenza sveglia, ma Benwick è qualcosa di più. È un uomo profondamente intelligente, un uomo di vaste letture; e confesso che questa sua inclinazione per lei suscita in me una certa sorpresa. Se fosse stata l'effetto della gratitudine, se avesse appreso ad amarla perché credeva che lei lo preferisse, sarebbe tutta un'altra cosa. Ma non ho motivo per credere che sia stato così. Sembra, al contrario, che da parte di lui si sia trattato di un sentimento assolutamente spontaneo, naturale, ed è questo che mi sorprende. Un uomo come lui, nella sua situazione! Un uomo dal cuore trafitto, ferito, quasi spezzato! Fanny Harville era una creatura superiore, e l'amore di Benwick per lei era davvero amore. Un uomo non può riaversi da una devozione profonda come quella, e per una donna come quella!... Non dovrebbe... non può». Comunque, o perché consapevole del fatto che il suo amico si era riavuto, o perché consapevole di qualcos'altro, non andò oltre; e Anne, che nonostante il tono vibrato con cui erano state pronunciate le ultime frasi, e nonostante tutti i vari rumori della sala, la porta quasi ininterrottamente sbattuta e il brusio ininterrotto di quanti di lì facevano il loro ingresso, aveva chiaramente distinto ogni parola, restò colpita, lusingata e confusa; il respiro le si fece affannoso, in un attimo mille cose le passarono per la mente. Le era impossibile affrontare quel tema; e tuttavia, dopo una pausa, avvertendo la necessità di parlare e non avendo il minimo desiderio di abbandonare totalmente l'argomento, se ne scostò solo quel tanto che le permise di dire: «Si è trattenuto molto a Lyme, suppongo...». «Circa una quindicina di giorni. Non potevo partirne finché Louisa non fosse dichiarata fuori pericolo. Ero stato coinvolto troppo direttamente in quello sciagurato incidente per sentirmi subito in pace. Era stata colpa mia, solo mia. Lei non sarebbe stata ostinata se io non fossi stato debole. I dintorni di Lyme sono bellissimi. Ho girato molto, a cavallo e a piedi, e più ho visto, più ho trovato da ammirare». «Mi piacerebbe molto rivedere Lyme», disse Anne. «Davvero? Non avrei supposto che a Lyme lei potesse aver trovato qualcosa capace di ispirarle tale sentimento. L'orrore e l'angoscia in cui fu coinvolta... la tensione, il logorio nervoso! Avrei pensato che le sue ultime impressioni di Lyme gliela rendessero insopportabilmente odiosa».

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«Quelle poche ultime ore furono certo molto penose», rispose Anne; «ma quando la pena ha fine, il ricordarla diviene spesso un piacere. Non si ama meno un luogo perché lì si è sofferto, a meno che tutto non sia stato sofferenza, null'altro che sofferenza... e a Lyme non è stato affatto così. Solo durante le ultime due ore siamo stati in preda all'ansia e all'angoscia, e prima di esse c'era stata molta, molta gioia. Tante cose nuove e belle! Io ho viaggiato così poco che ogni posto nuovo susciterebbe il mio interesse, ma Lyme ha una sua autentica bellezza e, in breve» (e a certi ricordi il suo viso si coprì di un lieve rossore), «le impressioni che ne ho riportato sono in complesso molto gradevoli». Tacque, e proprio in quel momento la porta d'ingresso si riaprì, e la piccola comitiva di cui erano in attesa fece la sua comparsa. «Lady Dalrymple! Lady Dalrymple!», esclamarono voci esultanti; e con tutto lo slancio compatibile con un'impazienza perfettamente controllata dalla distinzione dei modi, Sir Walter e le sue due compagne le mossero incontro. Lady Dalrymple e Miss Carteret, scortate da Mr. Elliot e dal colonnello Wallis, che per caso erano arrivati quasi nello stesso istante vennero avanti nella sala. Gli altri le raggiunsero, e si formò un gruppo in cui anche Anne si trovò necessariamente inclusa. Era divisa dal capitano Wentworth, ora. La loro conversazione così interessante, anche troppo interessante, dovette essere temporaneamente interrotta; ma lieve era la penitenza se confrontata alla felicità che l'aveva cagionata! Negli ultimi dieci minuti aveva appreso sui suoi sentimenti per Louisa, su tutti i suoi sentimenti, più di quanto osasse immaginare; e fu con sensazioni squisite eppur piene di turbamento che ora si dedicò alle esigenze dei nuovi arrivati, alle indispensabili cortesie imposte dalla circostanza. Era ben disposta nei confronti di ognuno. Le impressioni che aveva ricevuto la portavano ad essere cortese e gentile con tutti, ad aver pietà di chiunque perché meno felice di lei. Quelle emozioni deliziose si erano un poco attenuate quando, staccandosi dal gruppo per essere di nuovo raggiunta dal capitano Wentworth, vide che se n'era andato: fece appena in tempo a scorgerlo mentre si avviava alla Sala dei Concerti. Sì, se n'era andato, era scomparso, e per un momento si sentì smarrita. Ma si sarebbero incontrati ancora. Lui l'avrebbe cercata, lui l'avrebbe trovata molto prima che la serata avesse termine... e per il momento, forse, era bene che restassero separati. Le occorreva una breve pausa per ricomporsi. Con l'ingresso di Lady Russell, subito dopo, la comitiva fu al completo, e non restò altro da fare che disporsi nel dovuto ordine di marcia e procedere alla volta della Sala dei Concerti: il tutto mettendosi in vista quanto più potevano coll'attirare gli sguardi più numerosi, col destare i più diffusi bisbigli, e con lo scomodare il maggior numero di persone. Erano tutt'e due tanto felici, Elizabeth e Anne Elliot, mentre facevano il loro ingresso nella sala! Elizabeth, a braccetto di Miss Carteret, gli occhi fissi sulla schiena spaziosa di Lady Dalrymple che la precedeva, non aveva nulla da desiderare che, apparentemente, non avesse già a portata di mano; e Anne... ma sarebbe un insulto alla natura della felicità di Anne paragonarla in qualche modo a quella della sorella, poiché l'una nasceva solo da egoismo e vanità, l'altra dalla generosità e dall'affetto. Anne non vedeva nulla, non pensava nulla dello sfarzo della sala. La sua felicità veniva dal cuore. Gli occhi le splendevano le gote ardevano di rossore, ma lei non se ne rendeva conto. Pensava solo all'ultima mezz'ora, e quando raggiunsero i loro posti, tutti i particolari di quella mezz'ora le tornarono nella mente, uno dopo l'altro. Gli argomenti da lui scelti, le sue espressioni, e più ancora i suoi modi e il suo sguardo erano stati tali da suggerirle un'unica interpretazione possibile. La sua opinione sull'inferiorità di Louisa Musgrove, un'opinione che egli era parso ansioso di esprimere, la sua perplessità nei confronti del capitano Benwick, i suoi sentimenti sul significato di un primo, vero legame affettivo; e quelle frasi iniziate e poi interrotte, come se gli fosse impossibile continuare, e gli occhi che ora quasi la sfuggivano, ora fissavano su di lei uno sguardo anche troppo espressivo - tutto, tutto rivelava che il suo cuore stava finalmente ritornando a lei; che la rabbia, il risentimento, il desiderio di evitarla non c'erano più; che c'era, al loro posto, qualcosa di più dell'amicizia e della stima: la tenerezza del passato. Sì, un po' della tenerezza del passato! Non le riusciva, contemplando tale mutamento, a interpretarlo altrimenti. Lui l'amava: doveva essere così. Erano questi i pensieri, queste le immagini da essi suscitate che occupavano interamente la sua mente e la tenevano in uno stato di così intensa agitazione da renderla incapace di guardare e osservare; e attraversò la sala senza vederlo, sia pure fuggevolmente, senza neppure tentare di scorgerlo. Quando venne deciso quali fossero i loro posti, e tutti si furono convenientemente accomodati, Anne si guardò attorno per vedere se il capitano Wentworth si trovasse per caso nella stessa parte della sala, ma non c'era: i suoi occhi non riuscirono a individuarlo; e poiché il concerto stava giusto iniziando, dovette accettare di conoscere, temporaneamente almeno, una più umile forma di felicità. I membri della comitiva erano ora divisi e variamente sistemati su due file di sedili vicini: Anne aveva trovato posto in prima fila, e Mr. Elliot, grazie alla collaborazione del suo amico colonnello Wallis, era riuscito con abile manovra a sederlesi accanto. Miss Elliot, seduta tra le due cugine e principale oggetto delle galanti attenzioni del colonnello Wallis, era completamente appagata. Anne si sentiva nella disposizione di spirito più adatta al trattenimento della serata; era qualcosa che l'avrebbe tenuta più che sufficientemente occupata: il suo cuore era aperto alla tenerezza, il suo animo alla gioia, e c'era in lei l'attenzione pronta a cogliere i pregi tecnici dell'esecuzione e, insieme, la pazienza che le consentiva di sopportare i passaggi tediosi. Mai aveva gustato tanto un concerto, almeno durante la prima parte. Verso la fine, nell'intervallo che seguì una canzone italiana, ne spiegò le parole a Mr. Elliot. Avevano un solo programma del concerto, che consultavano insieme. «Questo», disse Anne, «è, più o meno, il senso o piuttosto il significato delle parole, perché certo non si può tradurre in parole il senso di una canzone d'amore italiana; comunque, anche per quanto riguarda il significato, non potrei renderlo in modo più aderente. La mia conoscenza della lingua italiana è troppo scarsa». «Oh, sì, me ne rendo pienamente conto. Mi rendo conto che lei non ne sa nulla. La conosce giusto quel tanto che le consente di tradurre a prima vista in un inglese chiaro, comprensibile ed elegante questi versi italiani con tutte le loro

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inversioni, trasposizioni e abbreviazioni. Non occorre che lei dica altro della sua ignoranza. Ne abbiamo qui la prova completa». «Non farò obiezioni di fronte a così garbate finezze, ma non gradirei certo essere esaminata da un esperto in materia». «Non ho avuto il piacere di essere stato per tanto tempo ospite abituale in Camden-place», egli rispose, «senza apprendere qualcosa sul conto di Miss Anne Elliot; e la considero una persona troppo modesta perché la gente in genere si renda conto sia pure a metà di quelle che sono le sue doti, e fornita di troppo rare doti perché la modestia appaia naturale in qualunque altra donna». «Oh, la prego! La prego!... questo è adulare oltremisura», rispose Anne. Poi, concentrando la propria attenzione sul programma del concerto, si limitò ad aggiungere: «Non ricordo quale sia il prossimo pezzo». «Forse», continuò a bassa voce Mr. Elliot, «ho del suo carattere una più lunga conoscenza di quanto lei non immagini». «Sì? E come mai? La sua conoscenza può solo risalire al tempo in cui venni a Bath, a meno che non abbia sentito parlare di me in precedenza dai miei familiari». «La conoscevo di fama molto prima che lei venisse a Bath. L'avevo sentita descrivere da persone che la conoscevano intimamente. Da anni sapevo molte cose di lei: della sua persona, della sua indole, delle sue doti e dei suoi modi; mi erano state tutte descritte, le avevo tutte presenti». Mr. Elliot non restò deluso dall'interesse che sperava di destare. Nessuno può restare indifferente al fascino di un simile mistero. Esser stati descritti molto, molto tempo fa a una persona incontrata solo di recente, e da persone di cui si ignora il nome, è irresistibile; e Anne era piena di curiosità. Manifestò il suo stupore, lo interrogò con insistenza, ma senza risultato. Benché lusingato dalle sue domande, Mr. Elliot non volle dirle altro. «No, no, qualche altra volta, forse, ma non ora». Ora non avrebbe fatto nomi; ma così stavano i fatti, glielo assicurava. Molti anni prima aveva ricevuto una tale descrizione di Miss Anne Elliot da suggerirgli il più alto concetto delle sue virtù e da destare in lui la più viva curiosità di conoscerla. La sola persona che molti anni prima avrebbe forse potuto parlare di lei con tanta parzialità era, pensò Anne, Mr. Wentworth di Monkford, il fratello del capitano Wentworth. Chissà, forse aveva frequentato Mr. Elliot... Ma non ebbe il coraggio di porre quella domanda. «Da tempo», disse lui, «il nome di Anne Elliot mi ammalia con il suo stesso suono. Sì, da molto tempo esercita il suo fascino sulla mia immaginazione; e, se solo osassi, tradurrei in parole il mio desiderio: che quel nome non possa mai mutarsi in un altro». Tali, così credette Anne, furono le sue parole, ma ne aveva appena colto il suono quando la sua attenzione fu assorbita da altre frasi pronunciate da qualcuno che sedeva proprio dietro di lei e che resero assolutamente insignificante ogni altra cosa. Suo padre e Lady Dalrymple stavano parlando tra loro. «Un uomo di bell'aspetto», diceva Sir Walter, «sì, di eccellente aspetto». E Lady Dalrymple: «Davvero, un giovane bellissimo! E con un portamento quale è raro vedere qui a Bath. Irlandese, suppongo». «No, ne conosco il nome. Una delle tante persone con cui ci si limita a scambiare un cenno di saluto. Wentworth, si chiama: Wentworth, capitano di marina. Sua sorella ha sposato il mio inquilino laggiù nel Somersetshire, il Croft che ha preso in affitto Kellynch». Prima che Sir Walter arrivasse a questo punto, gli occhi di Anne avevano trovato la giusta direzione e avvistato il capitano Wentworth che, non molto distante, se ne stava in piedi in mezzo a un gruppo di uomini. Ma quando lo sguardo di Anne si posò su di lui, il suo parve evitarla. Questa, almeno, fu l'impressione che ne ricevette: era come se fosse arrivata un attimo troppo tardi; e, per tutto il tempo che osò osservarlo, egli non guardò più dalla sua parte. Ma il concerto stava per ricominciare, e fu costretta a dedicare, almeno in apparenza, la sua attenzione all'orchestra e a tener gli occhi fissi davanti a sé. Quando le fu di nuovo possibile volgerli verso di lui, si era allontanato. Del resto, non avrebbe potuto venirle più vicino anche se l'avesse desiderato, con tutta quella gente che la circondava e impediva il passaggio; ma Anne avrebbe voluto incontrare il suo sguardo, questo sì. E poi era angustiata anche per quel discorso di Mr. Elliot. Non aveva più voglia di parlare con lui; avrebbe preferito che non le sedesse così vicino. La prima parte del concerto era finita. Ora Anne sperava in qualche propizio mutamento; e infatti, dopo qualche scambio di frasi insignificanti fra i vari membri della comitiva, alcuni di essi decisero di andare alla ricerca di una tazza di tè. Anne fu una dei pochi che preferirono non lasciare la sala. Restò seduta al suo posto, come Lady Russell del resto, ma ebbe il piacere di liberarsi della presenza di Mr. Elliot; e qualunque cosa provasse per la presenza di Lady Russell, non intendeva sottrarsi a una conversazione con il capitano Wentworth se solo egli gliene avesse dato l'opportunità. E che Lady Russell l'avesse visto, era persuasa: bastava osservare l'espressione del suo volto. Comunque, il capitano Wentworth non venne. A volte Anne credette di individuarlo a una certa distanza, ma non venne. L'intervallo trascorse lentamente tra mille ansie e senza novità. Gli altri tornarono, la sala si riempì di nuovo, i sedili vennero di nuovo raggiunti e occupati dagli spettatori pronti ad affrontare compostamente un'altra ora di piacere o di sofferenza, un'altra ora di musica che avrebbe deliziato o fatto sbadigliare a seconda dei gusti, reali o affettati, di ciascuno. Per sé Anne prevedeva soprattutto un'ora di agitazione. Non avrebbe avuto pace se avesse abbandonato quella sala senza vedere un'altra volta il capitano Wentworth, senza scambiare un solo sguardo amichevole.

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All'atto di riprendere posto, ci furono ora molti cambiamenti, il cui risultato tornò a vantaggio di Anne. Il colonnello Wallis preferì rimanere in piedi, e Mr. Elliot fu invitato da Elizabeth e Miss Carteret, e in modo che non ammetteva rifiuti, a prender posto in mezzo a loro; quanto a Anne, grazie ad altri spostamenti e a un pizzico d'astuzia da parte sua, riuscì a sistemarsi molto più vicino all'estremità del sedile di quanto non fosse prima, molto più in vista di chi passasse per la corsia. Non poté farlo senza paragonare se stessa a Miss Larolles, l'incomparabile Miss Larolles; e con risultato non molto più felice anche se grazie a un vero colpo di fortuna (l'uscita anticipata degli spettatori a lei più vicini) si trovò, prima che il concerto terminasse, seduta proprio in margine alla corsia. Tale era la sua posizione, con un posto libero accanto a lei, quando il capitano Wentworth fu di nuovo in vista. Anne lo vide, vicinissimo. Anche lui la vide, ma era serio in volto e sembrava irresoluto: fu solo dopo essere avanzato lentissimamente che, alla fine, le giunse tanto appresso da poterle parlare. Anne avvertì con certezza che era accaduto qualcosa. Il mutamento era indubitabile, la differenza tra quello che era ora il suo atteggiamento e quello che era stato nella Sala Ottagonale era più che evidente. Ma perché mai? Anne pensò a suo padre, pensò a Lady Russell. Che ci fosse stata qualche occhiata sprezzante? Lui cominciò a parlare del concerto con tono serio e distaccato, molto simile a quello del capitano Wentworth di Uppercross; si dichiarò deluso: si era aspettato qualcosa di meglio dai cantanti e, in breve, doveva confessare che, quando il concerto fosse terminato, non si sarebbe sentito affatto dispiaciuto. Anne gli rispose e parlò così bene in difesa dell'esecuzione pur dimostrando tanta simpatia e comprensione per i sentimenti di lui, che il capitano Wentworth si schiarì in volto e replicò abbozzando un sorriso. Conversarono ancora per qualche minuto, e la schiarita continuò; anzi, gli occhi di lui finirono col posarsi sul sedile con l'aria di scoprirvi un posto che ben valeva la pena di essere occupato. Ma proprio in quel momento Anne, sentendosi lievemente toccare la spalla, fu costretta a voltarsi. Era Mr. Elliot. Si scusava, ma aveva bisogno del suo aiuto per la spiegazione di altri versi in italiano. Miss Carteret desiderava vivamente avere un'idea generale della canzone che stava per essere eseguita. Anne non poté opporre un rifiuto; ma mai si era sacrificata agli obblighi imposti dalla cortesia con più intima sofferenza. Alcuni minuti - anche se pochi, pochissimi - andarono inevitabilmente perduti; e quando ebbe assolto quegli obblighi, quando poté voltarsi e guardare come aveva fatto prima, si trovò di fronte il capitano Wentworth che le rivolgeva la parola con fare riservato e insieme frettoloso. Doveva salutarla; se ne andava; sarebbe tornato a casa il più presto possibile. «Non vale la pena di restare per questa canzone?», disse Anne, improwisamente colpita da un'idea che la rese più ansiosa di essere incoraggiante. «No», rispose lui con enfasi, «non c'è nulla per cui valga la pena di restare», e se ne andò senza aggiungere altro. Geloso di Mr. Elliot! Sì, era questa l'unica spiegazione intelligibile. Il capitano Wentworth che l'amava al punto di essere geloso! Sarebbe mai riuscita a crederlo una settimana prima... tre ore prima? Per un attimo, provò solo un senso di squisita felicità. Ma, ahimè!, ad esso seguirono altri, ben diversi pensieri. Come placare quella gelosia? Come portarlo a conoscenza della verità? Come, considerando tutte le particolari difficoltà delle loro rispettive situazioni, avrebbe mai potuto sapere quali sentimenti nutriva veramente per lui? E che tormento pensare alle attenzioni di Mr. Elliot... Il danno che avevano causato era incalcolabile. XXI La mattina dopo Anne si rammentò con piacere della promessa fatta a Mrs. Smith di recarsi da lei: un piacere tanto più grande perché tale impegno le consentiva di esser fuori casa proprio quando, prevedibilmente, Mr. Elliot sarebbe venuto a far visita, e evitare Mr. Elliot era per lei la cosa essenziale. Non che fosse maldisposta nei suoi confronti: tutt'altro. Nonostante i guai creati dalle sue attenzioni, gli doveva gratitudine e stima, forse compassione. Non poteva fare a meno di pensare, intensamente, alle singolari circostanze che avevano accompagnato i loro rapporti, al diritto, che egli sembrava avere, di interessarla: e per la situazione in sé, e per i suoi sentimenti e per quella predilezione da lui concepita in passato. Sì, tutto molto singolare; lusinghiero, ma penoso. E c'era molto da rimpiangere. Inutile chiedersi quali sarebbero state le reazioni di Anne se in quella storia non ci fosse stato un capitano Wentworth; perché c'era un capitano Wentworth, e qualunque fosse la conclusione, buona o cattiva, del presente stato d'incertezza, a lui sarebbe sempre andato il suo affetto. Quel loro ritrovarsi, ne era convinta, non poteva dividerla dagli altri uomini più della loro separazione definitiva. Mai, per le strade di Bath, potevano esser passati sogni più delicati di quelli che Anne fece ad occhi aperti scendendo da Camden-place a Westgate-buildings, sogni di tormentoso amore e di eterna costanza. Era come se lungo tutto il suo cammino si diffondesse un profumo, un senso di purificazione. Si attendeva la più cordiale accoglienza; e infatti quella mattina l'amica le si mostrò particolarmente grata per essere venuta: pareva quasi che non si aspettasse di vederla, benché si fossero date appuntamento. Subito le chiese del concerto; e i ricordi di Anne in proposito erano certo abbastanza felici da animarla in volto e da indurla a parlarne con lieta animazione. Tutto quello che riusciva a rammentare lo riferì con slancio ed entusiasmo, ma quel «tutto» era poca cosa per chi al concerto c'era stato di persona e non poteva certo bastare a un'indagatrice come Mrs. Smith, che per via più rapida e diretta, cioè tramite le informazioni di una lavandaia e di un cameriere, aveva appreso sul successo e sulla risonanza della serata più di quanto Anne fosse in grado di riferirle e che ora faceva domande

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particolareggiate sul pubblico presente. Non c'era a Bath persona di qualche fama o importanza che Mrs. Smith non conoscesse perfettamente, se non altro di nome. «C'erano, suppongo, le piccole Durand», disse, «con le boccucce aperte per non lasciarsi sfuggire la musica, come passerotti implumi che attendano d'essere imbeccati. Non perdono un solo concerto». «Sì; non le ho viste, ma ho sentito da Mr. Elliot che erano nella sala». «E gli Ibbotson c'erano? e le due nuove bellezze insieme a quell'ufficiale irlandese dall'alta figura che, si dice, fa la corte a una di loro?» «Non so. Non penso che ci fossero». «E la vecchia Lady Mary Maclean? Ma non c'è bisogno di chiederlo. Non manca mai, lo so; deve averla veduta per forza. Tra l'altro, le sarà stata seduta proprio vicino perché, visto che è andata con Lady Dalrymple, lei ovviamente occupava uno dei posti privilegiati, giusto intorno all'orchestra». «No, era proprio quello che temevo. L'avrei trovato imbarazzante sotto ogni aspetto. Ma fortunatamente Lady Dalrymple preferisce sempre stare un po' più lontano; e i nostri posti erano eccellenti: per ascoltare, intendo; non posso dire per vedere perché, a quanto pare, ho visto molto poco». «Oh! lei ha visto a sufficienza per il suo personale divertimento. Capisco, capisco. C'è una specie di svago domestico che si può conoscere anche in mezzo a una folla, e questo lei l'ha avuto. Formavate, voi soli, una bella comitiva, e questo bastava». «Ma avrei dovuto guardarmi più intorno», disse Anne, conscia mentre parlava, del fatto che si era guardata intorno più che abbastanza: se mai, era stato solo l'obiettivo dei suoi sguardi ad essere limitato. «No, no. Lei aveva di meglio da fare. Non mi dica che la sua non è stata una serata piacevole. Glielo leggo negli occhi. Vi leggo perfettamente come son passate le ore: lei ha avuto sempre qualcosa di gradevole cui prestare ascolto. Il concerto e, negli intervalli, la conversazione». Anne accennò un sorriso e disse: «E tutto questo lei lo legge nei miei occhi?». «Ma certo! Il loro sguardo mi dice chiaramente che la sera scorsa lei si trovava in compagnia della persona che è ai suoi occhi la più gradevole di questo mondo, la persona che attualmente la interessa di più di tutto il resto del mondo messo insieme». Le guance di Anne si coprirono di rossore. Non riuscì a dir nulla. «E così stando le cose», continuò Mrs. Smith dopo una breve pausa, «lei mi crederà, spero, se le dico che so come apprezzare la gentilezza da lei dimostrata nel venire da me stamattina. Sì, è stata veramente buona a venire a intrattenersi con me proprio quando tanti più piacevoli impegni debbono assorbire il suo tempo». Di quest'ultimo discorso Anne non udì una sola parola. Era ancora in preda allo stupore e alla confusione suscitati dall'intuizione dell'amica, né riusciva a immaginare come una qualsiasi voce riguardante il capitano Wentworth avesse potuto arrivare fino a lei. Seguì un'altra breve pausa... «Mi dica», continuò Mrs. Smith, «Mr. Elliot sa che lei mi conosce? Sa che mi trovo a Bath?». «Mr. Elliot!», ripeté Anne, e alzò gli occhi sorpresa. Un attimo di riflessione chiarì l'errore in cui era caduta. Se ne rese conto immediatamente e, ripreso coraggio, ritrovato un certo senso di sicurezza, aggiunse subito dopo in tono più calmo: «Lei conosce Mr. Elliot?». «Sì, in passato l'ho conosciuto, e molto bene», rispose Mrs. Smith con voce grave, «ma i nostri rapporti sembrano essersi raffreddati, ora. È trascorso molto tempo da quando ci siamo visti l'ultima volta». «Non ne sapevo nulla. Lei non ne ha mai parlato, prima. Se fossi stata al corrente della cosa, avrei avuto il piacere di parlargli di lei». «Se debbo confessarle tutta la verità», disse Mrs. Smith, ritrovando la sua consueta vivacità, «è proprio questo il piacere che voglio procurarle. Voglio che lei parli di me a Mr. Elliot. Voglio che mi raccomandi a lui. Mr. Elliot può essermi d'aiuto essenziale; e se, mia cara Miss Elliot, lei avesse la bontà di interessarsi direttamente alla cosa, non ci sarebbero problemi, è naturale». «Ne sarei felicissima; spero che lei non nutra dubbi sulla mia disponibilità ad esserle utile per quel poco che posso», rispose Anne; «ma suppongo che mi attribuisca, nei confronti di Mr. Elliot, un più alto credito, un maggior diritto a esercitare su di lui la mia influenza di quanto io non abbia in realtà. Sono certa che, in un modo o nell'altro, lei abbia concepito un'idea del genere. No, deve considerarmi solo come una parente di Mr. Elliot. Se, vedendomi sotto questa luce, c'è a suo parere qualcosa che la cugina di Mr. Elliot potrebbe onestamente chiedergli, la prego di rivolgersi a me senza esitare». Mrs. Smith le diede un'occhiata penetrante, e poi disse sorridendo: «Mi accorgo di esser stata un po' precipitosa; le chiedo scusa. Avrei dovuto attendere l'annuncio ufficiale. Ma ora, mia cara Miss Elliot, da vecchia amica, mi faccia sapere con un cenno soltanto quando potrò parlare. La settimana prossima? Perché certo, entro la settimana prossima sarò pure autorizzata a pensare che tutto sia sistemato e deciso, nonché a fondare i miei egoistici progetti personali sulla buona fortuna di Mr. Elliot». «No», rispose Anne, «né la settimana prossima, né quella dopo, né quella dopo ancora. Le assicuro che mai, in nessuna settimana, verrà sistemato e deciso nulla che abbia a che fare con ciò che sta pensando. Non sto per sposare Mr. Elliot. E mi piacerebbe sapere perché mai lei immagini che sia sul punto di farlo». Mrs. Smith la guardò di nuovo: prima con occhi seri, poi sorrise, scosse il capo, ed esclamò: «Be', come vorrei capirla! Come vorrei conoscere le sue vere intenzioni! Sono profondamente convinta che lei non si propone di essere crudele, quando verrà il momento giusto. Sa, finché non viene, noi donne non intendiamo mai

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accettare nessuno. È naturale fra noi che ogni uomo venga rifiutato... finché non ci si offre. Ma poi, perché lei dovrebbe essere crudele? Lasci che io perori la causa del mio amico... No, non posso chiamarlo amico di adesso: del mio amico di una volta, ecco. Dove può trovare un partito migliore? Dove potrebbe aspettarsi di incontrare un uomo più simpatico, un più perfetto gentiluomo? Sono certa che dal colonnello Wallis non ne ha sentito dire altro che bene; e chi può conoscerlo meglio del colonnello Wallis?». «Mia cara Mrs. Smith, la moglie di Mr. Elliot è morta da poco più di sei mesi. È del tutto fuori luogo supporre che faccia la corte a un'altra». «Oh! se queste sono le sue sole obiezioni», esclamò Mrs. Smith con fare malizioso, «Mr. Elliot non corre pericoli, e non starò ad angustiarmi per lui. Non si scordi di me quando sarà sposata: questo è tutto. Gli faccia sapere che sono sua amica, e allora non darà peso alcuno al fastidio che la mia richiesta comporta, un fastidio che adesso, preso da tanti affari e impegni personali, tende, com'è molto naturale, ad evitare sbarazzandosene come meglio può; sì, forse è tutto molto naturale. Novantanove uomini su cento farebbero lo stesso. E ovviamente non può sapere quanto la cosa sia importante per me. Bene, mia cara Miss Elliot, spero e confido che lei sarà molto felice. Mr. Elliot è un uomo assennato, sa apprezzare il valore di una donna quale è lei. La sua pace non andrà distrutta come andò distrutta la mia. Lei non ha preoccupazioni materiali e non c'è nulla nel carattere di lui che possa preoccuparla. Mr. Elliot non si lascerà fuorviare; non permetterà che altri lo ingannino e lo portino alla rovina». «No», disse Anne, «posso credere senz'altro tutto ciò sul conto di mio cugino. Sembra avere un carattere calmo, risoluto, per nulla suscettibile alle impressioni pericolose. Lo considero con grande rispetto. Non ho motivo, in base a tutto ciò che ho avuto modo di osservare, di fare altrimenti. Ma non lo conosco da molto, e a mio parere non è un uomo che si possa conoscere intimamente in breve tempo. Questo mio modo di parlare di lui non la convincerà, Mrs. Smith, che mi è indifferente? Perché, penso, dev'essere un modo abbastanza distaccato... E, le do la mia parola, Mr. Elliot mi è indifferente. Se mai chiedesse la mia mano (e credo di aver ben pochi motivi per supporre che pensi di farlo), non lo accetterò. No, glielo assicuro. E le assicuro che Mr. Elliot non ha avuto la parte da lei supposta nelle eventuali attrattive del concerto di ieri sera; no, Mr. Elliot non c'entra... non è stato Mr. Elliot che...». Si interruppe facendosi rossa in volto e rammaricandosi di aver lasciato intendere tanto; ma meno di quel che aveva detto sarebbe difficilmente bastato: Mrs. Smith non si sarebbe subito convinta dell'insuccesso di Mr. Elliot se non avesse compreso che c'era qualcun altro. Così, invece, accettò immediatamente le spiegazioni dell'amica, e senza far mostra che esse celassero qualcosa; quanto a Anne, desiderosa di non destare la sua curiosità, era impaziente di sapere perché Mrs. Smith avesse immaginato che lei doveva sposare Mr. Elliot; che cosa le aveva dato quell'idea? O da chi ne aveva sentito parlare? «Mi dica, come le è venuto in testa?». «Mi è venuto in testa la prima volta», rispose Mrs. Smith, «quando ho scoperto che eravate così spesso insieme, e ho pensato che era la cosa più probabile di questo mondo che tutti i vostri amici, suoi e di Mr. Elliot, potessero auspicare; e, può esserne certa, tutti i suoi conoscenti l'hanno "sistemata" esattamente così. Tuttavia non ne avevo mai sentito parlare: questo fino a due giorni fa». «Davvero se ne è parlato?». «Ha osservato la donna che è venuta ad aprirle la porta quando ieri lei è passata da me?». «No. Non era Mrs. Speed, come al solito, o la domestica? Non ho osservato nessuno in particolare». «Era la mia amica, Mrs. Rooke: l'infermiera Rooke che, tra parentesi, aveva una grande curiosità di vederla, ed è stata felicissima di essere lei a introdurla. Ha terminato il suo servizio in Marlborough-buildings proprio domenica, ed è stata lei a dirmi del suo matrimonio con Mr. Elliot. Ne aveva avuto notizia dalla stessa Mrs. Wallis: una fonte piuttosto attendibile, direi. E lunedì sera Mrs. Rooke è rimasta a chiacchierare con me per un'ora, e mi ha riferito tutta quanta la storia». «Tutta quanta la storia!», ripeté Anne, ridendo. «Penso che non abbia potuto ricavare una lunga storia da quest'unica notizia, per di più infondata». Mrs. Smith non replicò. «Ma», aggiunse subito Anne, «anche se il fatto che io possa avanzare pretese del genere non risponde a verità, sarei estremamente felice di esserle utile per quanto mi è possibile. Debbo fargli sapere che lei si trova a Bath? Debbo trasmettergli qualche messaggio?». «No, grazie. No, decisamente no. Nella foga del momento, e cedendo a un'impressione errata, forse avrei cercato di interessarla a certe circostanze particolari, ma ora no. No, la ringrazio: non ho motivo di importunarla». «Ha detto, mi sembra, che conosce Mr. Elliot da molti anni ?». «L'ho detto». «Non prima del suo matrimonio, suppongo». «Sì, invece: non era ancora sposato quando lo incontrai la prima volta». «E... eravate molto amici?». «Amicissimi». «Davvero! Mi dica, allora, com'era a quell'epoca. Ho una grande curiosità di sapere che tipo d'uomo fosse Mr. Elliot quando era molto giovane. Tale quale appare ora, o no?». «Sono tre anni che non vedo Mr. Elliot», fu la risposta di Mrs. Smith, e tale era la gravità del suo tono che fu impossibile continuare l'argomento; Anne ebbe la sensazione di non averne cavato nulla, tranne una più intensa curiosità. Tacquero entrambe, e Mrs. Smith parve sempre più assorta nei propri pensieri. Infine esclamò: «Le chiedo scusa, mia cara

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Miss Elliot!», e la sua voce aveva ritrovato la cordialità di sempre, «le chiedo scusa per le risposte laconiche che le ho dato, ma ero incerta sul da farsi. Ho dubitato e riflettuto su quello che avrei dovuto dirle. C'erano molte cose da prendere in considerazione. Non avrei voluto essere intrigante, dare cattive impressioni, far danno. Vien fatto di pensare che anche la piana, uniforme superficie di un'unione familiare meriti di essere preservata sebbene al di sotto di essa non vi sia nulla di stabile. Comunque, ho deciso; e nel modo giusto, credo. Sì, credo che lei debba essere informata su quello che è il vero carattere di Mr. Elliot. Sebbene io sia più che convinta che lei non abbia la minima intenzione di accettare la sua proposta, non si può mai sapere quel che avverrà in futuro. Una volta o l'altra i suoi sentimenti verso di lui potrebbero anche mutare. Perciò ascolti la verità adesso che può farlo con tutta imparzialità. Mr. Elliot è un uomo senza cuore e senza coscienza; un essere astuto, diffidente insensibile, che pensa solo a se stesso; che, per il proprio interesse o per il proprio benessere, sarebbe pronto a commettere qualunque atto di crudeltà o tradimento che gli fosse possibile perpetrare senza mettere a repentaglio il buon nome di cui gode. Per gli altri non sente nulla. Può trascurare e abbandonare senza il minimo scrupolo le persone che lui, più di ogni altro, ha contribuito a mandare in rovina. Ogni senso di giustizia o di compassione lo lascia totalmente indifferente. Oh! ha un cuore malvagio, falso e malvagio!». L'espressione attonita di Anne e le sue esclamazioni di Stupore la indussero a una breve pausa; poi, in tono meno esagitato, Mrs. Smith aggiunse: «Le mie frasi la fanno trasalire. Deve tener conto del fatto che chi parla è una donna offesa, esasperata. Ma cercherò di controllarmi. Non lo coprirò di ingiurie. Le dirò soltanto che tipo di uomo ho scoperto in lui. Era intimo amico del mio povero marito, che confidava in lui e lo amava, e lo credeva buono com'era egli stesso. Questa amicizia era nata prima del nostro matrimonio. Li trovai dunque intimamente legati, affezionatissimi; e anch'io giudicai Mr. Elliot estremamente simpatico e degno della massima stima. Sa, a diciannove anni non si riflette a fondo sulle cose; comunque, Mr. Elliot mi sembrava non meno rispettabile di altri, e molto più attraente di molti altri. Eravamo quasi sempre insieme; soggiornavamo quasi sempre a Londra, conducevamo una vita molto elegante. A quell'epoca, Mr. Elliot disponeva, rispetto a mio marito, di mezzi più limitati: era lui il più povero dei due, allora. Aveva un paio di stanze al Temple, e questo era il massimo che poteva permettersi per salvare le apparenze e vivere come si richiede a un gentiluomo. Era sempre nostro ospite, del resto, ogniqualvolta lo desiderava; sempre benvenuto, sempre trattato come un fratello. Il mio povero Charles, che aveva l'animo più gentile, più generoso di questo mondo, avrebbe diviso con lui l'ultimo centesimo; so che la sua borsa era sempre aperta per lui; so che spesso l'ha assistito finanziariamente». «Questo dev'esser stato, suppongo, proprio il periodo della vita di Mr. Elliot che ha sempre destato la mia particolare curiosità», disse Anne. «Dev'essere stato più o meno a quel tempo che fece la conoscenza di mio padre e di mia sorella. Io non lo incontrai, allora: ne sentii solo parlare, ma ci fu qualcosa in tale occasione, e poi nelle circostanze del suo matrimonio, che non mi è mai riuscito di riconciliare completamente con le esperienze attuali. Era come se si trattasse di un uomo assai diverso». «Lo so, so tutto», esclamò Mrs. Smith. «Era stato presentato a Sir Walter e a sua sorella prima che prendessimo a frequentarci, ma l'ho sentito parlare di loro, incessantemente. So che era stato invitato e incoraggiato a recarsi da loro, e so che preferì non andarci. Forse posso chiarirle qualche punto che la sorprenderà non poco; quanto poi al suo matrimonio, sapevo tutto a quel tempo. Ero a conoscenza di tutti i pro e i contro; ero l'amica alla quale confidava le sue speranze e i suoi progetti; e sebbene non avessi rapporti con colei che intendeva sposare (l'inferiorità della sua estrazione sociale li rendeva in effetti impossibili), ne ebbi dopo il matrimonio, fino a due anni prima della sua scomparsa, e sono in grado di rispondere a qualunque domanda lei voglia pormi». «No», disse Anne, «non ho nulla di particolare da chiedere su di lei. Ho sempre sentito dire che non erano una coppia felice. Ma mi piacerebbe sapere perché a quell'epoca Mr. Elliot disdegnò, come fece, ogni rapporto con mio padre, quando questi, ne sono sicura, era disposto a dedicargli le più amabili e corrette attenzioni. Perché Mr. Elliot si tirò indietro?». «A quell'epoca», rispose Mrs. Smith, «aveva un solo obiettivo: farsi una fortuna, e con più rapido processo di quello consentito dalla carriera legale. Era fermamente deciso a farsi una fortuna col matrimonio; o, quantomeno, era fermamente deciso a non comprometterla con un matrimonio imprudente. So anche che era convinto (se a torto o a ragione non potrei dirlo, naturalmente) che suo padre e sua sorella, con tutte le loro cortesie e i loro inviti, stessero in realtà progettando un'unione tra l'erede presuntivo di Sir Walter Elliot e la damigella sua figlia. E poiché era impossibile che tale unione rispondesse alle sue idee in fatto di ricchezza e indipendenza, Mr. Elliot si tirò indietro; lo fece per questo motivo, posso assicurarglielo. Lui stesso mi raccontò tutta la storia: con me non aveva segreti. E fu strano che, poco dopo essermi separata da lei qui a Bath, la prima persona che conobbi e frequentai assiduamente da sposata fosse suo cugino, e che da lui sentissi continuamente parlare di suo padre e di sua sorella. Mi descriveva una Miss Elliot, ed io pensavo con profondo affetto all'altra». «Forse», esclamò Anne, colpita da un'idea improvvisa, «qualche volta lei parlò di me a Mr. Elliot?». «Certo che gliene parlai, e spessissimo. E vantavo le doti della mia Anne Elliot, e garantivo che lei era una creatura molto diversa da...». Si frenò giusto in tempo. «Questo spiega qualcosa che Mr. Elliot ha detto ieri sera», esclamò Anne. «Sì, lo spiega perfettamente. Ho appreso che in passato aveva spesso sentito parlare di me, e non capivo come ciò fosse possibile. A quali strane fantasie ci abbandoniamo quando si tratta del nostro prezioso io! Fantasie strane e inevitabilmente infondate! Ma mi scusi, la prego; l'ho interrotta. Dunque Mr. Elliot si è sposato solo per denaro? Ed è stata questa circostanza, probabilmente, che per la prima volta le ha aperto gli occhi sul suo carattere?».

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Qui Mrs. Smith esitò un poco. «Oh! certe cose sono troppo comuni. Quando si fa vita di società, un uomo o una donna che si sposano per denaro costituiscono un caso troppo comune perché se ne resti colpiti come si dovrebbe. Io ero molto giovane, frequentavo solo persone giovani, e tutti insieme formavamo un gruppo gaio, spensierato, non sottomesso a rigide norme di condotta. Divertirci era lo scopo della nostra vita. Ora vedo le cose diversamente; il tempo, la malattia e la sventura mi hanno dato altre idee; ma a quell'epoca, devo ammetterlo, non vedevo nulla di riprovevole nel comportamento di Mr. Elliot. Fare ciò che è meglio per se stessi era considerato un dovere». «Ma la moglie non apparteneva a una famiglia molto modesta?». «Sì, ed era questo che disapprovavo, ma lui non se ne curava. Il denaro, il denaro: era questo che voleva, solo questo. Il padre di lei era un allevatore di bestiame, il nonno aveva fatto il macellaio, ma per Mr. Elliot niente di tutto questo aveva importanza. Lei era una bella donna e aveva ricevuto una discreta educazione; furono certi suoi cugini a introdurla in società, e il caso volle che vi incontrasse Mr. Elliot e se ne innamorasse; quanto a lui, non ebbe a causa delle sue origini scrupoli o perplessità di sorta. Se fece uso di tutta la sua cautela fu per accertarsi dell'effettivo ammontare del patrimonio di lei prima di impegnarsi definitivamente. Mi creda, qualunque sia la considerazione che Mr. Elliot ha ora per il proprio rango, da giovane non lo teneva in nessun conto. La possibilità di ereditare la tenuta di Kellynch contava qualcosa, ma l'onore della famiglia meno di niente. Spesso l'ho sentito dichiarare che se i titoli di baronetto avessero potuto esser messi in vendita, chiunque avrebbe ottenuto il suo per cinquanta sterline, inclusi armi e motto, nome e livrea; ma non pretenderò di ripetere anche la metà di quanto gli ho sentito dire sull'argomento. Non sarebbe corretto; eppure lei dovrebbe avere una prova, e questa prova l'avrà». «Davvero, mia cara Mrs. Smith, non ho bisogno di prove!», esclamò Anne. «Lei non ha asserito nulla di contraddittorio rispetto a quella che, anni fa, appariva la personalità di Mr. Elliot. Anzi, tutto suona a conferma di ciò che eravamo soliti udire e credere. Sono più curiosa di sapere perché ora sia tanto diverso». «Ma per mia personale soddisfazione, se solo lei avrà la bontà di suonare il campanello e chiamare Mary... No, aspetti! sono certa che mi userà una bontà ancor più grande, che andrà lei stessa nella mia camera da letto e mi porterà il piccolo scrigno intarsiato che troverà sul ripiano superiore dell'armadio». Anne, vedendo la risolutezza dell'amica, fece quanto le era richiesto: portò lo scrigno e lo posò davanti a Mrs. Smith, che lo aprì sospirando, e poi disse: «È pieno di carte che appartenevano a lui, a mio marito: solo una piccola parte di quanto mi toccò esaminare quando lo perdetti. La lettera che sto cercando gli era stata scritta da Mr. Elliot prima del nostro matrimonio ed era stata conservata; per quale motivo è difficile immaginare. Ma mio marito era trascurato e tutt'altro che metodico in queste cose, così come lo sono altri uomini; e quando mi sono messa a esaminare i suoi documenti, ho trovato la lettera insieme ad altre, ancor meno importanti, scritte da varie persone residenti in questo o quel luogo, mentre molte lettere e memorandum di vera importanza erano stati distrutti. Ah, eccola! non ho voluto bruciarla perché, avendo già allora ragione di diffidare di Mr. Elliot, avevo deciso di conservare ogni documento che dimostrasse la passata amicizia. Ora ho un altro motivo per esser lieta di poterla esibire». Questa la lettera, indirizzata a «Charles Smith, Esq., Tunbridge Wells» e spedita da Londra anni addietro, precisamente nel luglio 1803: Caro Smith, ho ricevuto la sua lettera. La sua gentilezza quasi mi confonde. Vorrei che la natura avesse reso più comuni i cuori come il suo, ma da ventitré anni che sono al mondo non ne ho mai visto uno che gli somigli. Attualmente, glielo assicuro, non ho alcun bisogno del suo aiuto, perché sono di nuovo provvisto di fondi. Mi faccia le sue felicitazioni: mi sono liberato di Sir Walter e Miss. Se ne sono tornati a Kellynch, e quasi mi hanno fatto giurare di far loro visita quest'estate; ma la mia prima visita a Kellynch la farò in compagnia di un esperto che mi sappia dire come metterla all'asta ricavandone il più possibile. D'altronde, il baronetto potrebbe risposarsi; è abbastanza sciocco per farlo. Se si risposerà, comunque, mi lasceranno in pace, il che potrebbe essere, rispetto alla riversione, un più che passabile equivalente. Lui, il baronetto, è anche peggio dell'anno scorso. Vorrei avere qualsiasi altro cognome tranne Elliot. Non ne posso più. Del nome di battesimo, Walter, posso liberarmi, grazie a Dio! ed è mio desiderio che lei mai più torni a insultarmi con il mio secondo W. Intendo essere, per il resto della mia vita, solo il suo affezionatissimo, Wm. Elliot Anne non poté leggere una lettera simile senza sentirsi avvampare; e Mrs. Smith, osservando il suo volto così arrossato, disse: «Il linguaggio, lo so, è estremamente irrispettoso. Anche se ho dimenticato i termini esatti, conservo un'impressione precisa di quello che, in generale, era il loro significato. Comunque, la lettera le dà un'idea dell'uomo, così com'era in realtà. Noti le sue professioni di stima per il mio povero marito. Può esservi nulla di più sentito?». Anne non riuscì a superare immediatamente lo shock e il senso di mortificazione avvertiti nel veder riferite a suo padre parole come quelle. Dovette ricordare che vedere quella lettera costituiva una violazione delle leggi dell'onore, che nessuno andava giudicato o conosciuto in base a tali testimonianze, che la corrispondenza privata non poteva essere sottoposta ad occhi estranei - dovette fare tutto questo prima di riacquistare quel tanto di calma che le consentì di restituire la lettera su cui era andata meditando, e di dire:

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«La ringrazio. Questa è indubbiamente una prova completa: la prova di tutto ciò che lei mi ha appena detto. Ma perché rimettersi in contatto con noi, ora?». «Posso spiegarle anche questo», esclamò Mrs. Smith sorridendo. «Le ho mostrato Mr. Elliot così com'era una dozzina d'anni fa, e voglio mostrarglielo così com'è ora. Non posso presentarle altre prove scritte, ma posso citarle una testimonianza orale assolutamente autentica a proposito di ciò che ora vuole e fa. Non è un ipocrita, ora. Vuole veramente sposarla. Le attenzioni che ha attualmente per la sua famiglia sono del tutto sincere: vengono dal cuore. La mia fonte è in questo caso l'amico di Mr. Elliot, il colonnello Wallis». «Il colonnello Wallis! Lo conosce personalmente?». «No. Non c'è linea diretta. La corrente presenta un paio di curve, ma niente di importante: l'acqua è limpida come la sorgente, e i pochi rifiuti che accumula nelle anse vengono facilmente rimossi. Mr. Elliot parla francamente al colonnello Wallis dei suoi progetti matrimoniali, e questo colonnello Wallis è, immagino, un uomo sensato, prudente e perspicace; solo che ha una moglie molto carina, molto sciocchina, alla quale dice cose che farebbe meglio a non dirle, per cui lei ripete tutto quanto. E, con l'esuberanza di chi ha riacquistato la salute, ripete tutto quanto all'infermiera; e l'infermiera, naturalmente, riferisce tutto quanto a me. Così, lunedì sera, la mia buona amica Mrs. Rooke mi ha svelato i segreti di Marlborough-buildings. Vede perciò che quando ho detto "tutta quanta la storia", non esageravo, come lei ha supposto». «Ma, mia cara Mrs. Smith, la sua fonte è tutt'altro che attendibile. Ci sono cose che non quadrano. Il fatto che Mr. Elliot avesse a mio riguardo progetti matrimoniali non spiega minimamente i suoi sforzi per giungere a una riconciliazione con mio padre. Sono tutti anteriori alla mia venuta a Bath: quando ci sono arrivata, i loro rapporti, come ho visto, erano già più che amichevoli». «Oh, lo so! so tutto perfettamente, ma...». «Davvero, Mrs. Smith, non possiamo aspettarci di ottenere informazioni autentiche seguendo questa linea. È difficile che, quando fatti e opinioni debbono passare per le mani di tante persone ed essere fraintesi dalla leggerezza di una e dall'ignoranza di un'altra, resti in essi molto di vero». «Mi conceda ancora udienza un momento. Ascoltando certi particolari che lei stessa può immediatamente contraddire o confermare, sarà in grado fra poco di stabilire quale credito meriti il tutto. Nessuno suppone che lei sia stata il suo primo incentivo. Mr. Elliot l'aveva vista, è vero, prima di venire a Bath; l'aveva ammirata, ma senza sapere chi fosse lei. Così, almeno asserisce la mia cronista. È vero? è vero che la vide l'estate scorsa o in autunno "da qualche parte giù nell'Ovest", per usare le sue stesse parole, senza sapere che si trattasse di lei?». «Certo che mi vide! Mi trovavo per caso a Lyme». «Bene», proseguì trionfante Mrs. Smith, «conceda alla mia amica il credito che le spetta per questa prima asserzione. Dunque, Mr. Elliot la vide a Lyme, e lei gli piacque tanto che quando se la ritrovò davanti in Camden-place come Miss Anne Elliot la sua gioia non ebbe limiti, e da quel momento, ne sono sicura, le sue visite alla famiglia ebbero un duplice motivo. Ce n'era un altro, comunque, e anteriore, che ora le chiarirò. Se c'è qualcosa nella mia storia che le risulta falso o improbabile, mi interrompa. Dunque, la storia è questa: l'amica di sua sorella, la signora che attualmente vive con loro e di cui le ho sentito fare il nome, è venuta a Bath con Miss Elliot e Sir Walter tempo fa, in settembre (ossia quando ci sono arrivati loro), e ci è rimasta fin da allora; è una donna sveglia, cattivante, d'aspetto piacente, povera e affabile; una donna, insomma, la cui posizione e il cui contegno sono tali da far nascere fra quasi tutti i conoscenti di Sir Walter l'idea che abbia l'intenzione di diventare lei Lady Elliot, nonché una reazione di sorpresa nel notare come Miss Elliot non si avveda minimamente del pericolo». Qui Mrs. Smith fece una breve pausa; ma Anne non aveva nulla da dire, per cui l'amica riprese: «Sotto questa luce apparivano le cose a quanti conoscevano la sua famiglia, molto prima che lei la raggiungesse; il colonnello Wallis, anche se allora non frequentava ancora Camdenplace, incontrava abbastanza spesso Sir Walter per notare la cosa; era comunque la sua stima per Mr. Elliot a fargli seguire con interesse particolare ogni evento che riguardasse la famiglia, e quando verso Natale Mr. Elliot capitò a Bath per trascorrervi un paio di giorni, il colonnello Wallis lo informò di quella che secondo le apparenze era la situazione, nonché delle voci che cominciavano a circolare. Ora deve capire che il passare del tempo aveva radicalmente modificato le opinioni di Mr. Elliot a proposito della dignità di baronetto e del suo valore. Per tutto ciò che concerne la nobiltà della stirpe e i vincoli di parentela, è tutto un altro uomo. Dopo aver posseduto per lungo tempo tanto denaro quanto ne poteva spendere, dopo aver vissuto con tutto ciò che l'avarizia o la prodigalità potevano desiderare, ha appreso a poco a poco a identificare la propria felicità col titolo di cui è erede. Pensavo che così sarebbe stato, prima ancora che i nostri rapporti cessassero, ma ora tale sensazione è confermata dai fatti. Mr. Elliot non può sopportare l'idea di non essere Sir William. Le sarà dunque facile immaginare che la notizia appresa dall'amico non gli tornò molto gradita, così come le sarà facile immaginare quel che ne seguì: la decisione di tornare a Bath il più presto possibile e di stabilirvisi per qualche tempo allo scopo di riavvicinarsi alla famiglia e di conquistarvi una posizione che gli permettesse di accertare l'entità del pericolo e, qualora esso si rivelasse effettivo, di neutralizzare le manovre della signora. I due amici si accordarono in tal senso, vedendo in ciò l'unica soluzione possibile; quanto al colonnello Wallis, avrebbe collaborato come meglio poteva. Sarebbe stato presentato, sarebbe stata presentata Mrs. Wallis, sarebbero stati presentati tutti quanti. Mr. Elliot fece ritorno a Bath come stabilito; chiese perdono e fu perdonato, come lei ben sa, e venne di nuovo accolto in seno alla famiglia, dove suo costante ed unico fine (finché il suo arrivo non aggiunse un altro motivo) fu il tener d'occhio Sir Walter e Mrs. Clay. Non si lasciava sfuggire alcuna occasione di star con loro, gli si parava davanti per strada, veniva a trovarli a tutte le ore... Ma non occorre che mi dilunghi in

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proposito. Lei può figurarsi benissimo quel che farebbe un uomo astuto; e, in base a questo, forse, può ricordare ciò che l'ha veduto fare». «Sì», disse Anne, «non c'è nulla, in ciò che mi dice, che non concordi con quanto ho saputo, o potuto immaginare. C'è sempre qualcosa di ripugnante nei dettagli dell'astuzia. Le manovre dell'egoismo e della doppiezza non possono non essere rivoltanti: lo sono sempre. Ma non ho udito nulla che mi abbia veramente sorpresa. Conosco persone che rimarrebbero scioccate di fronte a un simile ritratto di Mr. Elliot, che stenterebbero a crederlo vero; ma, personalmente, non mi ha mai convinta. Ho sempre cercato di conoscere qualche altro motivo, oltre a quello apparente, che spiegasse la sua condotta... Ora mi piacerebbe conoscere la sua attuale opinione sulla probabilità dell'evento da lui paventato; mi piacerebbe sapere, cioè, se pensa che il pericolo si stia attenuando, o no». «Si sta attenuando, a quanto mi risulta», rispose Mrs. Smith. «Mr. Elliot pensa che Mrs. Clay lo tema e si renda conto del fatto che lui penetra le sue segrete intenzioni, e per questo non osa comportarsi come potrebbe fare in sua assenza. Ma poiché di tanto in tanto deve pure assentarsi, non vedo come possa essere completamente sicuro finché lei conserva la sua attuale influenza. Mrs. Wallis, a quanto mi riferisce la mia amica infermiera, ha un'idea divertente: che fra gli articoli del contratto di matrimonio, quando lei e Mr. Elliot si sposeranno, ce ne sia anche uno in cui si dica che suo padre non debba sposare Mrs. Clay: certo, un progetto in tutto degno del cervellino di Mrs. Wallis; ma quella donna assennata che è Mrs. Rooke ne vede subito l'assurdità: "Perché è chiaro, signora", mi dice "che ciò non gli impedirebbe di sposare qualcun'altra". E in effetti, ad esser sinceri, non penso che in cuor suo la nostra infermiera sia decisamente contraria a un secondo matrimonio di Sir Walter. Anzitutto, sa, è una fautrice del matrimonio in genere, e poi (l'io ha sempre la sua parte), chi può dire che nella sua mente non passino rapide visioni, immagini di se stessa intenta ad assistere la futura Lady Elliot, e ciò grazie alle raccomandazioni di Mrs. Wallis?». «Sono molto lieta di sapere tutto questo», disse Anne dopo esser rimasta un po' soprappensiero. «Sotto certi aspetti, mi sarà più penoso trovarmi in compagnia di Mr. Elliot, ma avrò idee più chiare sul modo di comportarmi. La mia linea di condotta sarà più chiara. Mr. Elliot è evidentemente un uomo insincero, un simulatore, uno che ha a cuore solo gli interessi mondani, un uomo il cui comportamento non è mai stato guidato da altri princìpi che non fossero quelli dell'egoismo». Ma «l'argomento Mr. Elliot» non era ancora esaurito. Mrs. Smith si era lasciata sviare da quello che era stato il filo iniziale del suo discorso, e Anne, interessata com'era alle complicazioni che riguardavano la sua famiglia, aveva dimenticato le molte e gravi accuse che all'inizio erano state implicitamente mosse contro Mr. Elliot; ora però la sua attenzione si concentrò su quei primi cenni, ed ella ascoltò una cronaca dei fatti che, se non giustificava appieno la spietata amarezza di Mrs. Smith dimostrava comunque l'assoluta insensibilità con cui Mr. Elliot si era comportato verso di lei, la sua indifferenza a ogni senso di giustizia e di pietà. Anne apprese dunque che, poiché la loro amicizia era continuata senza che il matrimonio di Mr. Elliot l'attenuasse, erano stati sempre insieme come già in passato, e Mr. Elliot aveva incoraggiato l'amico a far spese che eccedevano di molto le sue disponibilità finanziarie. Mrs. Smith non intendeva, evidentemente, addossarsene la responsabilità, e si guardava dall'attribuirne al marito; ma Anne poté facilmente desumere che i loro redditi non erano mai stati all'altezza del loro tenore di vita e che fin dal principio entrambi avevano sperperato somme esorbitanti. Dal ritratto che di lui tracciava la moglie Anne poté chiaramente dedurre che Mr. Smith era stato un uomo di generosi sentimenti, dotato di carattere mite, di abitudini leggere e irresponsabili, e di non grande intelligenza, molto più amabile del suo amico, e molto diverso da lui - guidato da lui e probabilmente disprezzato da lui. Mr. Elliot, raggiunta grazie al matrimonio un'ingente ricchezza e pronto a gustare ogni gratificazione offertagli dal piacere e dalla vanità sempre che ciò non compromettesse le sue finanze (perché con tutta la sua intemperanza era diventato un uomo prudente), ora che cominciava a essere ricco, mentre l'amico avrebbe immancabilmente finito col ritrovarsi povero, non solo non aveva dato segno di preoccuparsi delle sue effettive disponibilità patrimoniali, ma aveva sollecitato e incoraggiato spese che potevano solo condurre alla rovina. E di conseguenza gli Smith erano finiti in rovina. Il marito era morto subito dopo, giusto in tempo perché gli fosse risparmiata la pena di conoscere tutta la gravità della catastrofe. Precedentemente avevano avuto numerose difficoltà finanziarie, tali da mettere a prova la solidarietà degli amici e da dimostrare che era meglio non mettere alla prova quella di Mr. Elliot; ma solo alla morte di Mr. Smith si conobbe appieno lo stato disastroso dei suoi affari. Con una fiducia nell'onorabilità di Mr. Elliot che faceva credito ai suoi sentimenti più che al suo discernimento, Mr. Smith lo aveva nominato esecutore testamentario, ma Mr. Elliot non volle assumersi tale responsabilità, e le difficoltà e le preoccupazioni in cui a causa del suo rifiuto la vedova era venuta a trovarsi, in aggiunta alle inevitabili sofferenze della sua situazione, erano tali da non poter essere rievocate senza un profondo senso d'angoscia e senza destare in chi l'ascoltava un'indignazione ugualmente profonda. Ad Anne furono mostrate alcune lettere scritte da Mr. Elliot in quella circostanza, in risposta alle urgenti suppliche di Mrs. Smith; da tutte traspariva la ferma risoluzione di non addossarsi compiti fastidiosi da cui non avrebbe ricavato nessun utile e, sotto le espressioni di fredda correttezza, la stessa incallita indifferenza per qualsiasi danno che il suo comportamento avrebbe potuto arrecarle. Era un quadro tremendo di ingratitudine e di inumanità; e in certi momenti Anne pensò che nessun crimine manifesto, nessun delitto flagrante avrebbe potuto essere peggiore. Dovette udire molte cose: tutti i particolari delle tristi scene d'allora, tutti i minimi dettagli di quel succedersi di sventure cui nelle precedenti conversazioni Mrs. Smith si era limitata ad accennare vennero ora trattati diffusamente e con comprensibile senso di sollievo. E Anne, avvertendo tutta la carica emotiva di quello sfogo, si stupì ancora una volta della calma che abitualmente caratterizzava lo stato d'animo dell'amica.

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C'era, nella storia delle sue recriminazioni, una circostanza particolarmente esasperante. Mrs. Smith aveva le sue buone ragioni per credere che una proprietà del marito nelle Indie Occidentali, per molti anni sottoposta a una specie di sequestro causa il mancato pagamento di certe obbligazioni, avrebbe potuto essere ricuperata se si fosse fatto ricorso alle misure del caso; non solo, ma questa proprietà, sebbene non vastissima, sarebbe stata sufficiente a fare di lei una donna passabilmente ricca. Ma non c'era nessuno che potesse occuparsi della cosa. Mr. Elliot non voleva far nulla, e nulla poteva fare la stessa Mrs. Smith, impossibilitata com'era dalla sua infermità a intervenire di persona, e dalla mancanza di denaro ad affidare l'incarico a qualcun altro. Non aveva parenti diretti che l'assistessero sia pur solo col loro consiglio, e la sua indigenza non le consentiva di ricorrere all'oneroso patrocinio di un legale. Tutto ciò rendeva indicibilmente più pesante una situazione finanziaria di per sé molto difficile. Avere l'intima certezza che tale situazione avrebbe potuto essere migliore, che per renderla migliore sarebbe bastato darsi un po' da fare al posto giusto, e temere che un ulteriore indugio potesse anche invalidare quelli che erano i suoi diritti era per Mrs. Smith ben duro da sopportare! Era stata proprio questa la questione su cui aveva sperato di sollecitare e ottenere i buoni uffici di Anne presso Mr. Elliot. Dapprincipio, prevedendo il loro matrimonio, aveva pensato con profonda apprensione alla possibilità che esso comportasse per lei la perdita dell'amica; ma una volta certa che Mr. Elliot non avrebbe potuto fare alcun tentativo in tal senso, visto che non sapeva neppure che lei si trovava a Bath, le venne subito in mente che forse, grazie all'influenza della donna che egli amava, le sarebbe stato possibile ottenere qualcosa; perciò, senza por tempo di mezzo, si apprestava a cattivarsi il favore di Anne nella misura che il riguardo dovuto alla posizione di Mr. Elliot avrebbe consentito, quando l'amica, smentendo il supposto fidanzamento, mutò la situazione in tutti i suoi aspetti, e privando Mrs. Smith della speranza da poco concepita di riuscire nell'intento che era stato oggetto della sua prima preoccupazione, le lasciò almeno il conforto di dare la sua versione di tutta quanta la storia. Dopo avere ascoltato fino in fondo questa descrizione di Mr. Elliot, Anne non poté trattenersi dall'esprimere una certa sorpresa per il fatto che all'inizio della loro conversazione Mrs. Smith aveva parlato così favorevolmente di lui, come se lo raccomandasse e lo elogiasse. «Mia cara», fu la risposta di Mrs. Smith, «non potevo fare altrimenti. Davo per certo che lei l'avrebbe sposato, anche se probabilmente egli non aveva ancora chiesto la sua mano, e non potevo dirle la verità su di lui così come non avrei potuto dirgliela se fosse stato suo marito. Il mio cuore sanguinava per lei, quando parlavo di felicità. Eppure è un uomo assennato, simpatico e, con una donna come lei, la cosa non era poi senza speranza. Con sua moglie si è comportato molto duramente: la loro vita era stata un inferno. Ma era troppo ignorante e frivola perché la rispettasse e poi non l'aveva mai amata. Non potevo non sperare che con lei le cose dovessero andar meglio». Anne non replicò. Si limitò, dentro di sé, a riconoscere che la possibilità di essere indotta a sposarlo si era in effetti presentata, e ciò bastò a farla rabbrividire all'idea dell'infelicità che ne sarebbe inevitabilmente derivata. Sì, perché se si fosse lasciata persuadere da Lady Russell, chi di loro due sarebbe stata più infelice, quando il tempo avesse svelato tutto, ahimè troppo tardi? Era auspicabile che Lady Russell conoscesse al più presto la verità; e uno degli accordi conclusivi di questo importante colloquio, che tenne occupate le due amiche per quasi tutta la mattinata, toccò precisamente questo punto, lasciando Anne pienamente libera di comunicare a Lady Russell ogni dettaglio del resoconto di Mrs. Smith che si riferisse alla condotta del cugino. XXII Anne se ne tornò a casa per ripensare a tutto quello che aveva udito. Sotto un certo punto di vista, quanto sapeva ora di Mr. Elliot le dava un senso di sollievo. Non gli doveva più simpatia o compassione. Era, con tutta la sua sgradita invadenza, l'opposto del capitano Wentworth, e l'insidiosità delle sue attenzioni la sera prima, il guaio irrimediabile che avrebbe potuto provocare destarono in lei sensazioni precise, inequivocabili. No, non provava più pietà per lui. Ma questa era la sola cosa da cui traesse conforto. Sotto ogni altro aspetto, guardando al presente o cercando di divinare il futuro, vedeva ben più numerosi motivi di dubbio e timore. Ciò che la preoccupava era la delusione, la sofferenza che Lady Russell avrebbe provato, la mortificazione che incombeva sul padre e sulla sorella; e sentiva tutta l'angoscia di chi prevede molte sventure, senza sapere come allontanarne una sola. Conoscere Mr. Elliot come ora lo conosceva le dava anche un senso di profonda gratitudine. Non aveva mai pensato di aver diritto a una qualsiasi ricompensa per non aver trascurato una vecchia amica come Mrs. Smith, ma ecco che proprio da ciò era scaturita un'autentica ricompensa!... Mrs. Smith era stata in grado di dirle ciò che nessun altro avrebbe potuto. Se solo fosse stato possibile portare tali rivelazioni a conoscenza dell'intera famiglia!... Ma questa era un'idea irrealizzabile. No, doveva assolutamente parlarne a Lady Russell, dirle tutto, consultarsi con lei e, dopo aver fatto del suo meglio, attendere con la maggior calma possibile lo sviluppo degli eventi; ed era dopo tutto lì, in quella parte della sua mente che non poteva essere rivelata a Lady Russell, in quel fluire d'ansie e timori che doveva tenersi tutti per sé, che più le abbisognava la calma. Giunta a casa, Anne apprese di aver giusto evitato, come era stata sua intenzione, di vedere Mr. Elliot, il quale era passato di lì per una breve visita e si era poi trattenuto per gran parte della mattinata; ma aveva appena iniziato a felicitarsi con se stessa e a pensare che fino all'indomani sarebbe stata al sicuro, quando si sentì dire che Mr. Elliot sarebbe tornato quella stessa sera.

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«Non avevo la minima intenzione di invitarlo», disse Elizabeth con affettata indifferenza, «ma ha fatto tante allusioni; così, almeno, dice Mrs. Clay». «Certo che lo dico! in vita mia non ho mai visto nessuno sollecitare più chiaramente un invito. Poveretto! Stavo veramente in pena per lui: perché la sua spietata sorella, Miss Anne, sembra risoluta ad essere crudele». «Oh!», esclamò Elizabeth, «conosco troppo bene questa tattica per cedere subito agli accenni di un gentiluomo. Comunque, quando ho scoperto quanto fosse profondamente dispiaciuto per l'impossibilità di vedere mio padre stamattina, l'ho immediatamente assecondato, perché mai trascurerei l'occasione di fare incontrare lui e Sir Walter. Stanno tanto bene insieme! Tutti e due così amabili! Mr. Elliot così rispettoso!». «Un quadro davvero delizioso!», esclamò Mrs. Clay, che comunque non osò volger gli occhi dalla parte di Anne. «Proprio come padre e figlio! Cara Miss Elliot, non posso forse dire padre e figlio?». «Oh! Non metto l'embargo sulle parole altrui. E se lei vuole avere certe idee!... Ma, parola mia, non mi risulta che le attenzioni di Mr. Elliot vadano più in là di quelle di altri uomini». «Mia cara Miss Elliot!», esclamò Mrs. Clay, levando al cielo gli occhi e le mani, e lasciando che su tutto il resto del suo stupore calasse un adeguato silenzio. «Bene, mia cara Penelope, non c'è bisogno che si allarmi tanto per lui. In fin dei conti, l'ho invitato. L'ho congedato coi miei più bei sorrisi. Quando ho saputo che era veramente in procinto di recarsi dai suoi amici a Thornberry-park e di tra scorrervi l'intera giornata di domani, ho avuto pietà di lui». Anne ammirò il modo in cui Mrs. Clay recitava la sua parte e la sua abilità nel far mostra di tale piacere per l'attesa e addirittura per l'arrivo della persona che con la sua presenza doveva necessariamente interferire in quello che era per lei il principale obiettivo. Era impossibile che Mrs. Clay non provasse un sentimento d'odio alla sola vista di Mr. Elliot; eppure riusciva ad assumere un'aria quanto mai placida e compiacente e a mostrarsi del tutto soddisfatta delle limitazioni imposte alla sua libertà d'azione, che pure l'obbligavano a ridurre di una buona metà le attenzioni che altrimenti avrebbe dedicato a Sir Walter. Quanto a lei, Anne, provò un senso di irritazione e di fastidio nel vedere Mr. Elliot fare il suo ingresso nella stanza, e un senso ancor più penoso quando le si avvicinò e prese a parlarle. Anche in passato soleva pensare che egli non poteva esser sempre completamente sincero, ma ora vedeva l'insincerità dappertutto. La sua impeccabile deferenza nei confronti di Sir Walter, così contrastante col linguaggio di anni addietro, era odiosa; e quando pensava alla crudeltà con cui aveva trattato Mrs. Smith, Anne non riusciva quasi a sopportare, adesso, la vista dei suoi sorrisi e la gentilezza dei suoi modi, o l'espressione dei suoi buoni (e falsi) sentimenti. Anne intendeva evitare, nel suo modo di comportarsi con Mr. Elliot, ogni alterazione atta a provocare le sue rimostranze. Era di essenziale importanza per lei evitare inchieste o scandali; ma era sua ferma intenzione trattarlo con tutta la freddezza compatibile coi loro vincoli di parentela e percorrere a ritroso, nel modo meno appariscente possibile, i pochi passi che a poco a poco l'avevano condotta a un'intimità di rapporti assolutamente fuori luogo. Di conseguenza, fu più fredda e riservata di quanto fosse stata la sera precedente. Lui desiderava destare di nuovo la sua curiosità a proposito del modo e del luogo in cui l'aveva sentita elogiare in passato; desiderava intensamente venire appagato da altre, insistenti domande; ma l'incantesimo era spezzato: scoprì che occorrevano il calore e l'animazione di una pubblica sala per stimolare la vanità della sua ritrosa cugina; scoprì, per lo meno, che non era quello il momento, che non si prestava a nessuno di quei tentativi che avrebbe potuto azzardare tra le troppo pressanti esigenze degli altri. Ciò che era lungi dal supporre era che proprio quell'argomento andava contro il suo interesse, giacché la induceva immediatamente a pensare a tutti quegli aspetti della condotta di lui che erano meno scusabili. Anne trasse qualche motivo di soddisfazione dall'apprendere che Mr. Elliot avrebbe effettivamente lasciato Bath la mattina dopo per tempo, e che sarebbe rimasto assente per quasi due giorni. È vero che lo invitarono a venire a Camden-place la sera stessa del suo ritorno, ma da giovedì a sabato sera la sua assenza era cosa certa. Era già abbastanza spiacevole vedersi sempre davanti una Mrs. Clay; ma che un ipocrita anche peggiore si aggiungesse alla loro cerchia familiare significava per Anne la distruzione di tutto ciò che sapeva di pace e di conforto. Era così umiliante riflettere sull'inganno cui soggiacevano costantemente Sir Walter ed Elizabeth, e considerare i vari motivi di mortificazione che li attendevano! L'egoismo di Mrs. Clay non era così complesso né così disgustoso come quello di lui; e Anne avrebbe preferito acconsentire subito al matrimonio del padre, con tutte le sue spiacevoli conseguenze, pur di non avere a che fare con gli intrighi di Mr. Elliot per evitarlo. Il venerdì mattina decise di recarsi per tempo da Lady Russell e comunicarle quanto urgeva; anzi, ci sarebbe andata subito dopo colazione se la vista di Mrs. Clay, che si accingeva a uscire anche lei per risparmiare a Elizabeth il fastidio di una commissione, non l'avesse indotta ad aspettare quel tanto che la ponesse al sicuro da una simile compagnia. Lasciò dunque che Mrs. Clay uscisse e avesse tempo di percorrere un buon tratto di strada, prima di accennare alla propria intenzione di trascorrere la mattinata in Rivers-street. «Benissimo», disse Elizabeth. «Non ho nulla da mandare tranne i miei saluti più cari! Oh! già che ci sei, potresti riportarle quel noiosissimo libro che ha voluto prestarmi, e fingere che io l'abbia letto da cima a fondo. Non posso certo tediarmi all'infinito con tutti i nuovi poemi e libri bianchi che vengono dati alle stampe. Lady Russell finisce coll'essere veramente asfissiante con queste sue nuove pubblicazioni. Naturalmente non devi dirglielo, ma ieri sera ho trovato il suo abito semplicemente spaventoso. In passato pensavo che avesse un certo gusto in fatto di abbigliamento, ma al concerto mi sono vergognata di lei. C'era qualcosa, nel suo aspetto, di così formale e arrangé! e poi, quando è seduta se ne sta così rigida e impalata! Tutti i miei più cari saluti, naturalmente».

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«E i miei», aggiunse Sir Walter. «E vivissimi ossequi. Puoi anche dirle che andrò presto a farle visita. Ma sì, comunicaglielo ufficialmente, anche se mi limiterò a lasciare il mio biglietto. Ricever visite di mattina è sempre imbarazzante per le donne della sua età, che si truccano così poco. Se solo si imbellettasse un po', non avrebbe paura di farsi vedere; ma l'ultima volta che sono andato da lei, ho osservato che le tendine sono state immediatamente abbassate». Mentre Sir Walter parlava, si udì bussare alla porta. Chi poteva essere? Anne, ricordando le visite che, conformemente al suo piano iniziale, Mr. Elliot soleva fare a tutte le ore, si sarebbe aspettata di vederlo apparire; senonché, come tutti sapevano, Mr. Elliot era trattenuto da un impegno a sette miglia da Bath. Dopo il solito periodo di attesa ansiosa, si udirono i soliti suoni: passi che si avvicinavano, poi l'annuncio... e Mr. e Mrs. Charles Musgrove vennero introdotti nella stanza. La sorpresa fu la più viva emozione destata dalla loro comparsa, comunque, Anne fu davvero contenta di vederli, e gli altri non furono tanto spiacenti da non riuscire a improvvisare un'espressione di benvenuto passabilmente credibile; e poiché ben presto risultò che i due, i loro parenti più prossimi, non erano venuti lì con l'intenzione di farsi ospitare, Sir Walter e Elizabeth arrivarono persino ad essere cordiali e fecero inappuntabilmente gli onori di casa. Mary e Charles erano venuti a Bath per pochi giorni in compagnia di Mrs. Musgrove, e alloggiavano al Cervo Bianco: questo, almeno, fu subito chiaro. Ma mentre Sir Walter ed Elizabeth introducevano Mary nel secondo salotto, beandosi della sua ammirazione, Anne non riuscì a cavare da Charles un resoconto coerente del perché di quella spedizione a Bath, o un chiarimento di certe allusioni ad «affari particolari» che Mary, sorridendo, aveva lasciato ostentatamente cadere; o, ancora, un'idea meno confusa sui componenti effettivi della comitiva. Apprese in seguito che ne facevano parte, oltre a Charles e Mary, Mrs. Musgrove, Henrietta, e il capitano Harville. E il cognato le fornì poi una relazione perfettamente chiara e comprensibile di tutta la faccenda: una storia in cui Anne ravvisò molti tratti di un comportamento ben noto. A dare il via al progetto era stato il capitano Harville, che doveva assolutamente venire a Bath per motivi d'affari. Aveva cominciato a parlarne una settimana prima, e Charles, tanto per far qualcosa ora che la caccia era chiusa, aveva proposto di partire con lui. Mrs. Harville si era mostrata entusiasta dell'idea perché avere un compagno avrebbe costituito un vantaggio per il marito, ma Mary non poteva sopportare di esser lasciata sola, e si era talmente disperata che per un paio di giorni parve che tutto quanto fosse accantonato o considerato irrealizzabile. Poi, però, erano intervenuti papà e mamma. Mrs. Musgrove aveva a Bath certe vecchie amiche che desiderava rivedere; un viaggio a Bath, si decise, era un'eccellente occasione per Henrietta, che avrebbe potuto andarci a comprare gli abiti da corredo per sé e la sorella; insomma, Mrs. Musgrove aveva preso le redini della comitiva per provvedere il capitano Harville di ogni agio e comodità; e nella comitiva vennero inclusi anche lui, Charles, e la moglie per far tutti contenti. Erano arrivati a Bath la sera prima, sul tardi. Mrs. Harville, i suoi bambini e il capitano Benwick erano rimasti a Uppercross con Mr. Musgrove e Louisa. La sola cosa che sorprese Anne fu, che per quanto concerneva Henrierta, si fosse già al punto di parlare di abiti da corredo: aveva immaginato che nel suo caso esistessero tali problemi economici da escludere la possibilità di un matrimonio imminente, ma apprese dal cognato che molto recentemente (cioè dopo la lettera scrittale da Mary) Charles Hayter aveva ricevuto da un amico l'offerta di detenere temporaneamente un beneficio ecclesiastico riservato a un giovane che solo di lì a molti anni avrebbe potuto esserne investito; e che, considerando quella che era la sua rendita attuale, nonché la quasi assoluta certezza di ottenere qualcosa di più stabile molto prima della scadenza del termine in questione, le famiglie avevano assecondato il desiderio dei due giovani, per cui le loro nozze avrebbero presumibilmente avuto luogo di lì a qualche mese, più o meno all'epoca fissata per quelle di Louisa. «E si tratta di un beneficio ecclesiastico di prim'ordine», aggiunse Charles, «a sole venticinque miglia da Uppercross: ottime terre in una bella parte del Dorsetshire. Posto al centro di alcune tra le migliori riserve del regno, circondato da tre grandi proprietari, uno più vigile e sollecito dell'altro; e da almeno due dei tre Charles Hayter avrebbe potuto ottenere una licenza speciale. Non che lui ci tenga come dovrebbe», osservò. «A Charles la caccia interessa troppo poco. È il suo più grosso difetto». «Ne sono felicissima, davvero», esclamò Anne; «sono immensamente felice che le cose stiano così, e che trattandosi di due sorelle ugualmente meritevoli e da sempre così buone amiche, le liete prospettive dell'una non offuschino quelle dell'altra; sì, sono felice che conoscano in misura così uguale gioia e prosperità. Spero che suo padre e sua madre siano lietissimi e per l'una e per l'altra». «Oh, sì ! Mio padre sarebbe pienamente soddisfatto se questi signori fossero più ricchi, ma non è che trovi altre pecche. Sa, rimetterci quattrini su quattrini - due figlie in una volta sola - non è un'operazione finanziaria molto piacevole e gli crea parecchie difficoltà. Con ciò non voglio negare i diritti delle mie sorelle. È giustissimo che abbiano la parte che spetta alle femmine; e poi posso dire che con me è sempre stato un padre indulgente e liberale. A Mary il matrimonio di Henrietta non va. Neanche in passato le è mai andato, lo sa bene. Ma non rende giustizia a Charles, e non stima Winthrop per quel che merita. Non mi riesce di farle capire quale valore abbia la tenuta. Sì, è un ottimo matrimonio, coi tempi che corrono; e poi io a Charles Hayter ho sempre voluto bene, gliene ho voluto per tutta la vita, e non cambierò idea proprio adesso». «Dei genitori eccellenti quali sono Mr. e Mrs. Musgrove», esclamò Anne, «meritano ogni felicità dalle nozze dei loro figli. Fanno di tutto per renderli felici, ne sono sicura. Che fortuna per dei giovani essere in tali mani! Suo padre e sua madre sembrano così totalmente esenti da tutti quei sentimenti ambiziosi che hanno causato, e nei vecchi e nei giovani, tanti atteggiamenti errati e tante sofferenze! E Louisa? Spero che lei la consideri perfettamente guarita, ora!». Il cognato le rispose con fare un po' esitante: «Sì, direi di sì... Certo, è molto migliorata; ma è cambiata: non corre, non salta più attorno; è talmente diversa... Se solo uno sbatte un po' una porta, trasale e si contorce come un piccolo colimbo nell'acqua; e Benwick le siede vicino per tutta quanta la giornata a legger poesie, o a parlarle a bassa voce».

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Anne non poté trattenersi dal ridere. «Questo, lo so, non può essere granché di suo gusto», disse; «ma credo che si tratti di un giovane eccellente». «Certo che lo è! nessuno lo mette in dubbio; e spero che lei non mi giudichi tanto illiberale da volere che ognuno abbia i miei stessi gusti e interessi. Ho una gran stima per Benwick; e quando si riesce a farlo parlare, è uno che ha molto da dire. Tutto quel suo leggere non l'ha guastato, perché ha combattuto, oltre che letto. È un tipo coraggioso. Lunedì scorso l'ho conosciuto meglio che in ogni altra occasione passata. Per tutta la mattina, nei granai di mio padre, ci siamo messi a cacciar topi: una gara formidabile. E lui l'ha disputata così bene che da allora l'ho trovato sempre più simpatico». Qui furono interrotti: era necessario, assolutamente necessario, che Charles seguisse gli altri per ammirare specchi e porcellane. Ma Anne aveva sentito abbastanza per farsi un'idea della situazione attuale a Uppercross e compiacersi del felice stato delle cose; e sebbene mentre si compiaceva le sfuggisse un sospiro, non v'era in esso ombra di malevolenza e d'invidia. Certo, potendolo, avrebbe voluto possedere la loro felicità, ma non per questo desiderava che essa fosse meno grande. La visita trascorse rapidamente e in perfetta armonia. Mary era d'umore eccellente, e il nuovo ambiente, la cordialità dell'accoglienza la rendevano quanto mai disponibile; non solo, ma era così pienamente soddisfatta per aver viaggiato sul tiro a quattro della suocera e per il fatto di trovarsi in uno stato di completa indipendenza rispetto a Camden-place che era giusto nello stato d'animo adatto per ammirare doverosamente ogni cosa e manifestare un vivo interesse per tutte le meraviglie della casa via via che le venivano dettagliatamente esibite. Non aveva favori da chiedere né al padre né alla sorella, e il suo personale prestigio risultava debitamente accresciuto dai loro eleganti salotti. Per un po' Elizabeth fu sulle spine. Era consapevole della necessità di invitare Mrs. Musgrove e tutta la sua comitiva a cenare da loro, ma l'idea che a notare la differenza nel tenore di vita, nel numero dei servitori - cose che una cena avrebbe inevitabilmente posto in evidenza - fossero coloro che erano sempre stati talmente inferiori agli Elliot di Kellynch... no, le riusciva intollerabile. Era, il suo, un conflitto tra buone creanze e vanità; ma la vanità ebbe la meglio, ed Elizabeth fu di nuovo felice. Queste le sue intime convinzioni: «Idee sorpassate... ospitalità campagnola... Noi non professiamo di dar pranzi o cene: pochissime persone ne danno, qui a Bath... Lady Alicia non ne dà mai; non ha neppure invitato la famiglia di sua sorella, eppure si sono trattenuti per un mese: e poi direi che sarebbe molto imbarazzante per Mrs. Musgrove, la farebbe senti re così fuori dal suo ambiente. Sono sicura che preferirebbe non venire ... non può sentirsi a suo agio insieme a noi. Li inviterò tutti per una serata; ecco, così sarà molto meglio: sarà un trattenimento e una novità. Non hanno mai visto prima d'ora due salotti come questi. Sì, saranno felici e lusingati di venire. Sarà un ricevimento come si deve: una piccola cosa ma elegantissima». E questo appagò Elizabeth. Quando poi l'invito fu fatto ai due membri presenti della comitiva e promesso agli assenti, Mary si sentì del pari appagata. Doveva assolutamente incontrare Mr. Elliot, doveva assolutamente essere presentata a Lady Dalrymple e a Miss Carteret (che fortunatamente avevano già assicurato la loro presenza), insistette Elizabeth; e nessun segno di riguardo avrebbe potuto dare a Mary più intima soddisfazione di questo. In mattinata Elizabeth avrebbe poi avuto l'onore di far visita a Mrs. Musgrove; e così Anne se ne andò in compagnia di Charles e Mary a salutare immediatamente lei e Henrietta. Il suo piano di recarsi da Lady Russell e fermarsi un poco con lei doveva, per il momento, essere rinviato. Tutti e tre passarono da Rivers-street ma non vi sostarono che un paio di minuti; e Anne, convintasi che rimandare di un giorno la progettata rivelazione non avrebbe comportato conseguenze, si affrettò alla volta del Cervo Bianco per rivedere gli amici e compagni dell'autunno passato con una gioia e uno slancio che molte associazioni di idee contribuivano a ispirarle. Mrs. Musgrove e la figlia sedevano sole nel loro appartamento, e da entrambe Anne ricevette la più cordiale accoglienza. Henrietta si trovava esattamente in quello stato fatto di recenti speranze, di felicità da poco posseduta che la rendeva piena di considerazione e di interesse per chiunque in passato le avesse ispirato un senso di simpatia; e le premure di Anne nell'ora della sventura le avevano conquistato l'affetto sincero di Mrs. Musgrove. Era, la loro, una cordialità, una spontaneità, un calore d'affetti che Anne apprezzò tanto più in quanto a casa tali fonti di gioia erano penosamente assenti. Fu invitata a dedicar loro quanto più tempo le fosse possibile, fu invitata ogni giorno e per tutto il giorno, o comunque pregata di considerarsi parte della famiglia; e, in cambio, lei naturalmente dedicò loro, come sempre, attenzioni e premure, e quando Charles le lasciò sole, prese ad ascoltare Mrs. Musgrove che raccontava la storia di Louisa, e Henrietta che raccontava la sua propria storia, a suggerire acquisti e a raccomandare negozi. Il tutto negli intervalli concessi dalle svariate richieste d'aiuto di Mary: cambiarle un nastro, dare un'occhiata ai suoi conti, trovarle le chiavi, assortire i suoi ciondoli, e infine cercare di convincerla che nessuno la trattava con scarso riguardo; cosa che Mary, pur generalmente soddisfatta del suo posto d'osservazione - la finestra che dava proprio sull'ingresso della Pump-room - non poteva di quando in quando fare a meno di immaginare. La mattinata, era da prevedersi, sarebbe stata movimentatissima. Una comitiva numerosa alloggiata in un albergo non poteva non dar luogo a una scena perennemente mutevole. Non passavano cinque minuti senza che arrivasse un biglietto, non ne passavano altri cinque senza che venisse recapitato un pacco; e Anne non era neppure lì da mezz'ora, quando la sala da pranzo, per spaziosa che fosse, le diede l'impressione di esser più che semiaffollata: un gruppo di vecchie, fedeli amiche facevano circolo intorno a Mrs. Musgrove, e Charles rientrò con il capitano Harville e il capitano Wentworth. La comparsa di quest'ultimo fu per Anne qualcosa di più di una sorpresa momentanea. Le era impossibile dimenticare di aver sentito dentro di sé che l'arrivo dei loro comuni amici li avrebbe inevitabilmente portati a ritrovarsi assai presto insieme. Il loro ultimo incontro era stato molto importante in quanto aveva rivelato i sentimenti di lui, e Anne ne aveva tratto una deliziosa certezza; ora però, osservandolo in volto, temette che in lui persistesse tuttora quella stessa malaugurata persuasione che l'aveva indotto, la sera prima, ad abbandonare precipitosamente la sala da concerto. Pareva, in effetti, che non intendesse avvicinarlesi quel tanto da consentire una conversazione.

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Anne si sforzò di esser calma e di lasciare che le cose seguissero il loro corso; si sforzò, inoltre, di soffermarsi su questo ragionamento fino a portarlo alla sua razionale conseguenza: «Certo, se v'è in entrambi un affetto, i nostri cuori non tarderanno a comprendersi. Non siamo due ragazzi capricciosamente irritabili, sviati dalle distrazioni di ogni istante, che prendono alla leggera la propria felicità». Eppure, qualche minuto dopo, sentì che trovarsi vicini nelle attuali circostanze non poteva non esporli a distrazioni e malintesi quanto mai pericolosi. «Anne», chiamò Mary sempre appostata alla finestra, «ma quella è Mrs. Clay, ne sono sicura! Se ne sta sotto il colonnato in compagnia di un signore. Li ho visti girar l'angolo di Bath-street un attimo fa. Stanno parlando animatamente, si direbbe. Ma lui chi è? Su, vieni qui e dimmelo. Santo cielo!... Ora mi ricordo. È Mr. Elliot in persona». «No», replicò subito Anne, «non può essere Mr. Elliot, te l'assicuro. Doveva partire da Bath stamattina alle nove, e non tornerà fino a domani». Mentre parlava, notò che il capitano Wentworth la stava guardando, e tale consapevolezza le diede un senso di fastidio e d'imbarazzo: si rammaricò di aver detto tanto, anche se quel che aveva detto era così semplice. Mary, seccata che gli altri non la ritenessero capace di riconoscere suo cugino, cominciò a parlare animatamente delle «fattezze di famiglia», ad asserire con maggior decisione che quello era Mr. Elliot, e a chiamare di nuovo Anne perché venisse e constatasse lei stessa; ma Anne non intendeva muoversi, e si sforzava di apparire fredda e indifferente. Tornò, comunque, ad avvertire un profondo disagio quando notò due o tre delle visitatrici scambiarsi sorrisi maliziosi e sguardi saputi come se fossero convinte di essere al corrente del segreto. Era evidente che le chiacchiere concernenti lei, Anne, si erano diffuse; e la breve pausa che succedette parve confermare che ora si sarebbero diffuse ancora di più. «Ma vieni, Anne!», gridò Mary, «vieni e guarda un po' tu! Se non ti spicci, sarà troppo tardi. Stanno congedandosi, si danno la mano. Lui si avvia dall'altra parte. Non riconoscere Mr. Elliot, figuriamoci! ... Sembra che tu abbia scordato proprio tutto di Lyme». Per placare Mary e forse per celare il proprio imbarazzo, Anne si accostò lentamente alla finestra. Fece giusto in tempo ad accertarsi che era proprio Mr. Elliot (cosa che non aveva mai creduto), prima che egli sparisse da un lato, mentre Mrs. Clay si allontanava rapidamente dal lato opposto; e dissimulando la sorpresa che non poteva non provare di fronte a un colloquio così apparentemente amichevole tra due persone divise da interessi totalmente opposti, disse con calma: «Sì, indubbiamente è Mr. Elliot. Avrà cambiato l'ora fissata per la partenza, questo è tutto... O può darsi che io mi sia sbagliata, che non abbia fatto attenzione». E tornò alla sua seggiola dopo aver ritrovato il proprio autocontrollo, con la confortevole speranza di aver ben superato la prova. Le visitatrici si congedarono; e Charles, dopo averle accompagnate alla porta col dovuto garbo, fece una smorfia, brontolò perché erano venute, e poi attaccò: «Be', mamma, ho fatto qualcosa per lei che le farà piacere. Sono stato a teatro, e ho prenotato un palco per domani sera. Sono un bravo figliolo, no? So che le piacciono le commedie; e nel palco c'è posto per tutti noi. Ci si sta in nove. Ho già invitato il capitano Wentworth. Ad Anne, ne son certo, non spiacerà unirsi a noi. Tutti noi amiamo il teatro. Non ho fatto bene, mamma?». Con la consueta bonarietà, Mrs. Musgrove stava giusto dichiarandosi perfettamente disponibile, sempre che Henrietta e gli altri gradissero l'idea della serata a teatro, quando Mary la interruppe con foga esclamando: «Giusto cielo, Charles! come puoi pensare a una cosa simile? Prenotare un palco per domani sera! Hai dimenticato che domani sera abbiamo un impegno a Camden-place? e che siamo stati espressamente invitati allo scopo di incontrare Lady Dalrymple e sua figlia, e Mr. Elliot, tutti i principali parenti della famiglia, allo scopo di esser loro presentati? Come puoi essere così sbadato?». «Puah! puah!», ribatté Charles, «cos'è poi una "serata"? Qualcosa che non val manco la pena di ricordare. Tuo padre, penso, avrebbe potuto invitarci a cena, se proprio voleva vederci. Tu puoi fare quel che vuoi, ma io andrò a teatro». «Oh! Charles, ma sarà una cosa troppo abominevole se lo farai, dico sul serio! E dopo aver promesso che ci saresti andato...». «No, non ho promesso. Ho fatto solo un sorrisetto e un inchino, e ho detto: "molto obbligato". Non c'è stata nessuna promessa». «Ma devi andare, Charles. Sarebbe imperdonabile se tu non ci fossi. Siamo stati invitati proprio per essere presentati. Abbiamo sempre intrattenuto rapporti così intimi, i Dalrymple e noi! Non c'era avvenimento, nell'una o nell'altra famiglia, che non fosse immediatamente comunicato. Siamo parenti stretti sai... E poi Mr. Elliot, che per motivi così particolari dovresti conoscere personalmente! Mr. Elliot merita ogni riguardo. Ricorda, è l'erede di mio padre... il futuro rappresentante della famiglia». «Non mi parlar di eredi e di rappresentanti», esclamò Charles. «Non sono uno di quelli che trascurano il potere regnante per inchinarsi al sole nascente. Se non volessi andare per rispetto nei confronti di tuo padre, riterrei scandaloso andare per rispetto nei confronti del suo erede. Che cos'è per me Mr. Elliot?». A quell'espressione noncurante Anne si sentì rivivere: vide che il capitano Wentworth era tutto orecchi, che guardava e ascoltava con la più profonda attenzione; e che udendo le ultime parole di Charles, il suo sguardo indagatore passò da lui a lei, Anne. Charles e Mary continuavano la loro discussione, ciascuno nel suo proprio stile; lui, tra il serio e il faceto, insistendo sul progetto della serata teatrale; e lei, sempre seria, opponendovisi con la massima energia, non mancando di render noto che, per quanto personalmente decisissima ad andare a Camden-place, non si sarebbe sentita trattare col dovuto riguardo se gli altri fossero andati a teatro senza di lei. A questo punto intervenne Mrs. Musgrove.

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«Faremmo meglio a rimandare la cosa, Charles, e tu faresti molto meglio a tornare a teatro e a prenotare il palco per martedì. Sarebbe un peccato separarci, e poi perderemmo anche Miss Anne, se c'è un ricevimento da suo padre; e sono certa che né a Henrietta né a me importerebbe nulla della commedia, se Miss Anne non fosse con noi». Anne le fu veramente grata per tale cortesia; e, inoltre, ugualmente grata per l'opportunità che le si offriva di dire, in tono deciso: «Se dipendesse unicamente dalla mia inclinazione, signora, il ricevimento che si terrà da noi non costituirebbe (tranne che per riguardo a Mary) il minimo impedimento. Non provo alcun piacere in quel genere di riunioni, e sarei più che felice di assistere, invece, a una commedia, e in sua compagnia. Ma è meglio non tentare, forse». Ecco, l'aveva detto; ma quando tacque, si sentì tremare: si rendeva conto che le sue parole erano state ascoltate, e non osava neppure tentare di osservarne l'effetto. Presto si misero d'accordo sul giorno: martedì. Tutti, tranne Charles, che non volle rinunciare al vantaggio di stuzzicare ancora la moglie ripetendo che lui sarebbe andato a teatro l'indomani, anche se nessun altro avesse voluto andarci. Il capitano Wentworth lasciò la sua sedia e si avvicinò al caminetto: probabilmente allo scopo di allontanarsene subito dopo e di trovar posto, meno ostentatamente, accanto ad Anne. «Non è rimasta abbastanza a lungo a Bath», disse, «per gustarne le serate». «Oh, no! Il loro consueto andamento non mi attrae per nulla. Non mi piace giocare a carte». «Lo so, in passato non le piaceva. Di solito le partite a carte non l'interessavano; ma col tempo cambiano molte cose». «Non sono tanto cambiata», esclamò Anne, e non aggiunse altro, temendo oscuramente che quanto aveva detto venisse frainteso. Lui tacque per qualche istante, poi, come cedendo a un impulso improvviso, disse: «È un secolo, veramente! Otto anni e mezzo sono un secolo!». Ad Anne non restò che affidarsi all'immaginazione e chiedersi se si sarebbe fermato lì o avrebbe aggiunto altro ancora: più tardi, però, in un'ora più calma, perché mentre le sonavano ancora all'orecchio le parole di lui, fu costretta a passar bruscamente ad altri argomenti da Henrietta che, smaniosa di sfruttare quella breve pausa per uscire, prese a esortare gli altri a non perder tempo prima che arrivassero nuovi visitatori. Così dovettero avviarsi. Anne disse di essere perfettamente pronta, e cercò di averne l'aria; ma pensava che se Henrietta avesse potuto sentire quale rimpianto e quale riluttanza aveva in cuore nell'abbandonare quella seggiola, nell'accingersi ad abbandonare la stanza, avrebbe trovato nei propri sentimenti per il cugino, nella stessa certezza del suo affetto per lei, di che compiangerla. I loro preparativi, comunque, vennero bruscamente interrotti. Suoni allarmanti annunciarono l'appressarsi di altri visitatori, e la porta si spalancò introducendo Sir Walter e Miss Elliot, la cui comparsa sembrò diffondere tutt'intorno una specie di gelo. Anne avvertì un immediato senso di oppressione e, dovunque guardasse, colse gli stessi sintomi. Non c'era più, nella stanza, l'atmosfera calda, libera, gaia di prima: tutto si era spento, raggelato, mutato in fredda compostezza, in deliberato silenzio o in insipidi conversari di fronte alla formale eleganza del padre e della sorella. Che mortificazione doverlo constatare! Il suo occhio vigile colse con soddisfazione un particolare. Il capitano Wentworth ricevette anche questa volta un cenno di saluto, sia da Sir Walter sia da Elizabeth; anzi, Elizabeth si comportò più cortesemente che nell'ultimo incontro. Una volta gli rivolse persino la parola, e più di una volta lo guardò in volto. Il seguito chiarì il perché di questo suo atteggiamento. Dopo aver dedicato (e sprecato) alcuni minuti ad argomenti convenzionali quanto insignificanti, Elizabeth passò all'invito che avrebbe dovuto assolvere tutti i restanti obblighi mondani riservati ai Musgrove: «Domani sera, per incontrare alcuni amici: così, senza cerimonie». L'annuncio venne fatto con molto garbo, e i biglietti d'invito («Miss Elliot riceve») furono posati sul tavolo con un cortese sorriso rivolto a tutti e a nessuno: tranne quello del capitano Wentworth, porto con gesto meno casuale e con un più diretto sorriso. Il fatto era che Elizabeth aveva soggiornato abbastanza a Bath per comprendere l'importanza di un uomo dotato di tale spirito e prestanza. Il passato non contava. Il presente era questo: il capitano Wentworth avrebbe ben figurato nel suo salotto. Di qui il gesto affatto casuale con cui venne porto il biglietto; dopodiché Sir Walter e Elizabeth si alzarono e lasciarono la stanza. L'interruzione era stata breve anche se imbarazzante, e non appena la porta si chiuse dietro di loro, quasi tutti ritrovarono la disinvoltura e l'animazione di prima. Non Anne, però. Non riusciva a pensare ad altro che all'invito di cui con tanto sbalordimento era stata testimone; all'invito e al modo in cui era stato accolto: un modo ambiguo, fatto di sorpresa più che di lusingata gratitudine, di compìto ossequio più che di accettazione. Anne lo conosceva; vedeva nei suoi occhi un'espressione di disdegno e non poteva arrivare a credere che egli avesse deciso di accettare una tale offerta quale espiazione di tutta l'alterigia del passato. Poi fu presa dallo scoramento. Ecco, gli altri se n'erano andati, e lui continuava a tenere in mano il biglietto d'invito senza staccarne gli occhi. «Ma pensa! Elizabeth ha incluso proprio tutti!», commentò Mary con un sussurro chiaramente udibile. «Non mi stupisco che il capitano Wentworth sia lusingato!... Guarda, non riesce a staccar la mano dal biglietto». Anne colse lo sguardo di lui, vide le sue guance coprirsi di rossore e la bocca atteggiarsi per un attimo a una smorfia di disprezzo. Poi si allontanò per non vedere o udire altro che la turbasse. La comitiva si sciolse. I signori avevano i loro impegni, le signore varie cose da sbrigare, sicché Anne, finché rimase in loro compagnia, non ebbe più modo di incontrarli. Fu caldamente pregata di tornare a pranzo e di dedicar loro il resto della giornata; ma così a lungo era durato il suo stato di tensione mentale che per il momento si sentì incapace di affrontare altre prove e solo in vena di tornarsene a casa, dove era certa di restare in silenzio quanto voleva.

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Dopo aver promesso di trattenersi con loro tutta la mattina seguente, pose dunque fine alle fatiche di quella prima visita con una estenuante camminata fino a Camden-place, per trascorrervi la serata ascoltando quasi unicamente gli animati progetti di Elizabeth e di Mrs. Clay per il ricevimento dell'indomani, la frequente enumerazione delle persone invitate e la descrizione particolareggiata e continuamente perfezionata di tutte le elaborate squisitezze che avrebbero fatto di quel ricevimento il più elegante del genere in tutta Bath. Anne ascoltava, e intanto si tormentava in segreto con una domanda senza fine: il capitano Wentworth sarebbe venuto o no? Le altre due lo annoveravano tra gli ospiti «sicuri», ma lei no: l'ansia che la consumava non aveva tregua, fosse anche per cinque minuti. In genere pensava che sarebbe venuto, perché in genere pensava che avrebbe dovuto venire; ma era un caso, quello, che non riusciva a far rientrare in alcun codice etico o mondano così da mettere a tacere altre associazioni di idee legate a sentimenti del tutto opposti. Si riscosse dalle silenziose riflessioni di questo incontenibile stato di agitazione solo per far sapere a Mrs. Clay che era stata vista insieme a Mr. Elliot tre ore dopo che questi, a quanto era dato supporre, aveva lasciato Bath; si era decisa a menzionare la cosa dopo avere atteso invano che l'altra facesse spontaneamente qualche cenno all'incontro, e le parve che il volto di Mrs. Clay, mentre l'ascoltava, tradisse un senso di colpa. Fu come un'ombra fugace e svanì in un attimo, ma consentì ad Anne di immaginare che quanto vi aveva letto era la consapevolezza di essere stata costretta da qualche complicazione di muti intrighi, o da qualche autoritaria imposizione di Mr. Elliot, a subire (forse per mezz'ora) le rampogne e le restrizioni da lui imposte ai suoi disegni nei confronti di Sir Walter. Comunque, Mrs. Clay esclamò con aria apparentemente naturale: «Mio Dio! Ma è vero, verissimo! Pensi, Miss Elliot, che con mia somma sorpresa ho incontrato Mr. Elliot in Bath-street! Mai, in vita mia, sono rimasta tanto stupita. È tornato sui suoi passi e ha proseguito con me fino all'ingresso della Pump-room. Qualcosa gli aveva impedito di partire per Thornberry; che cosa di preciso non ricordo, perché andavo di fretta e non potevo prestargli molta attenzione... Di questo però sono sicurissima: che era fermamente deciso a non permettere che il suo ritorno subisse ritardi di sorta. Voleva sapere a che ora potrebbe presentarsi domani. Non faceva che ripetere "domani"; ed è più che evidente che anch'io non ho pensato ad altro dal momento in cui sono entrata in casa e ho appreso le nuove dimensioni del suo progetto, Miss Elliot, e tutto quanto era successo; altrimenti il fatto di averlo visto non mi sarebbe uscito così completamente di mente». XXIII Era passato solo un giorno dal colloquio con Mrs. Smith; ma era sopraggiunto un più vivo interesse, e ora Anne si sentiva così poco turbata dalla condotta di Mr. Elliot, eccezion fatta per i suoi effetti su una certa persona, che la mattina dopo trovò perfettamente naturale rimandare la sua visita di spiegazione in Rivers-street. Aveva promesso ai Musgrove di trovarsi da loro per la prima colazione e di restare anche a pranzo. Aveva dato la sua parola, e la reputazione di Mr. Elliot, come la testa della sultana Shéhérazade, doveva essere risparmiata per un giorno ancora. Non riuscì, comunque, a presentarsi puntualmente all'appuntamento; il tempo era pessimo, e prima di arrischiarsi a mettersi in cammino aveva indugiato a lungo, rammaricandosi della pioggia al pensiero degli amici, e di se stessa. Quando, giunta al Cervo Bianco, entrò nell'appartamento dei Musgrove, scoprì che non solo era arrivata in ritardo, ma che altri erano arrivati prima di lei. Il gruppetto che si trovò davanti era composto da Mrs. Musgrove, intenta a parlare con Mrs. Croft, e dal capitano Harville, intento a parlare col capitano Wentworth. Fu immediatamente avvertita che Mary e Henrietta, troppo impazienti per attendere, erano uscite al primo annuncio di schiarita, ma che sarebbero tornate subito e che a Mrs. Musgrove era stato perentoriamente ordinato di trattenere lei, Anne, finché non fossero rientrate. Non poté fare altro che sottomettersi, sedere, essere, in apparenza, calma e controllata, e sentirsi subito sopraffatta da tutte le emozioni che aveva contato di provare solo verso il finire della mattinata. Non vi fu indugio né perdita di tempo. Un attimo, e si trovò immersa nella felicità di quella sofferenza, o piuttosto nella sofferenza di quella felicità. Due minuti dopo l'ingresso di Anne, il capitano Wentworth disse: «Scriveremo la lettera di cui si parlava, Harville, se mi dai carta e penna». E poiché carta e penne erano a portata di mano, su un tavolo poco discosto, vi si avviò e, quasi voltando le spalle a tutti loro, si concentrò nella stesura della lettera. Mrs. Musgrove stava ragguagliando Mrs. Croft sul fidanzamento della figlia maggiore e parlava proprio con quel fastidioso tono di voce che pretende di essere sussurrato e che risulta invece perfettamente udibile. Anne si sentiva estranea alla conversazione, ma poiché il capitano Harville appariva pensoso e poco disposto a chiacchierare, non poteva fare a meno di udire molti particolari non proprio. di suo gusto, come: «e così Mr. Musgrove e mio cognato Hayter si erano incontrati a più riprese per discutere la cosa... e un giorno mio cognato Hayter aveva detto questo, e il giorno dopo Mr. Musgrove aveva proposto quest'altro... e a mia sorella Hayter era venuto in mente... e loro, i due ragazzi, avrebbero desiderato... e io dapprincipio dicevo che non avrei mai potuto dare il mio consenso, ma poi mi feci persuasa che potevo ben darglielo...», e così di seguito, con lo stesso tono espansivo e confidenziale: tanti piccoli particolari che, anche se presentati con quel tocco di buon gusto e di delicatezza che la buona Mrs. Musgrove non era certo in grado di dare, potevano destare un interesse appropriato solo nelle due interlocutrici. Mrs. Croft ascoltava con affabile bonomia, e quando a volte interveniva, lo faceva con grande assennatezza. Anne sperava che i due signori fossero troppo assorti e occupati per seguire il dialogo.

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«E così, signora, considerate tutte queste cose», disse Mrs. Musgrove col suo poderoso sussurro, «anche se, è vero, potevamo desiderare che le cose fossero andate diversamente, abbiamo pensato che, tutto sommato, non era giusto tirarla ancora in lungo, perché Charles Hayter dava i numeri, e Henrietta era ridotta più o meno come lui; e così, abbiamo ritenuto meglio che si sposassero subito e se la cavassero alla meno peggio, come hanno fatto tanti altri prima di loro. Ad ogni modo, ho detto io, sarà sempre meglio di un lungo fidanzamento». «Proprio quello che stavo per osservare», esclamò Mrs. Croft. «È meglio, secondo me, che i giovani si sistemino contando all'inizio su entrate modeste e affrontando insieme qualche difficoltà: meglio che essere legati da un lungo fidanzamento. Penso sempre che nessuno scambievole...». «Oh! cara Mrs. Croft», esclamò Mrs. Musgrove, incapace di lasciarle finire il discorso, «non c'è niente che io abomini di più di un lungo fidanzamento tra due giovani. Mi ci sono sempre opposta nel caso dei miei figli. Che i giovani si fidanzino va benissimo, ma a patto che siano certi di potersi sposare di lì a sei mesi, o anche dodici. Ma un fidanzamento lungo... ah, no!». «Giustissimo, mia cara signora», disse Mrs. Croft, «e nemmeno un fidanzamento di incerta durata, un fidanzamento che potrebbe anche essere lungo. Cominciare senza sapere che a una data epoca si disporrà dei mezzi per unirsi in matrimonio è, a mio modo di vedere, molto pericoloso e imprudente; una cosa, penso, che tutti i genitori dovrebbero impedire il più risolutamente possibile». Era un punto, questo, che Anne trovò inaspettatamente interessante. Sentì che la riguardava personalmente, e fu scossa da un fremito; e nell'attimo in cui, con moto istintivo, i suoi occhi si volsero verso il tavolo appartato, notò che la penna del capitano Wentworth si era fermata e che egli, sollevata la testa, se ne stava immobile, in ascolto. Un altro attimo, e si voltò lanciandole una sola occhiata, rapida e penetrante. Le due signore continuavano a chiacchierare, a ribadire le verità dianzi enunciate, confermandole con quanti esempi delle nefaste conseguenze derivanti dal seguire una pratica contraria avevano avuto modo di osservare personalmente. Ma Anne udiva tutto indistintamente: al suo orecchio giungeva solo un brusio di voci, la sua mente era come obnubilata. Il capitano Harville, che per la verità non aveva udito una parola di tutto quanto si era detto, ora lasciò la sua seggiola e si accostò a una finestra; e Anne, apparentemente intenta a osservarlo, anche se la sua mente era volta altrove, si rese gradualmente conto che egli la invitava a raggiungerlo là dove si trovava: la guardava sorridendo e con un lieve cenno del capo che significava: «Venga qui, ho qualcosa da dire», e i suoi modi semplici, la sua spontanea gentilezza che denotavano i sentimenti di un amico di più vecchia data di quanto egli non fosse in effetti, resero più esplicito l'invito. Anne si alzò e andò da lui. La finestra davanti alla quale se ne stava in piedi si trovava, rispetto al punto dove sedevano le due signore, all'estremità opposta della stanza: vicino - ma non troppo - al tavolo del capitano Wentworth. Quando Anne gli fu accanto, riapparve, sul volto del capitano Harville, quell'espressione seria e pensosa che sembrava riflettere il suo carattere. «Guardi qui», disse, aprendo un pacchetto che teneva in mano, e traendone una piccola miniatura, «lo riconosce?». «Certo, è il capitano Benwick». «Sì, e può bene immaginare a chi è destinato il ritratto. Ma» (e la voce gli si incrinò), «non fu eseguito per lei. Ricorda, Miss Elliot, quella nostra passeggiata a Lyme, e quanto ci affliggemmo per lui? Ero lungi dal pensare, allora... ma lasciamo perdere. La miniatura fu dipinta al Capo di Buona Speranza. Fu lì che Benwick incontrò un giovane e valente pittore tedesco e, per esaudire una promessa fatta alla mia povera sorella posò per un ritratto: questo. Lo stava riportando in patria, per lei. E ora tocca a me farlo montare come si deve per un'altra! Sì, io ne sono stato espressamente incaricato! E del resto, chi altri mai poteva occuparsene? Posso ben farlo, spero. D'altra parte, non mi dispiace affidare la cosa a un altro». Diede un'occhiata al capitano Wentworth: «È lui che pensa a tutto, vede; ora sta scrivendo in proposito». E con le labbra che gli tremavano, concluse aggiungendo: «Povera Fanny! Lei non l'avrebbe dimenticato così presto!». «No», replicò Anne con voce fievole, commossa. «Lo credo senz'altro». «Non era nella sua natura. Lo adorava». «Non sarebbe nella natura di nessuna donna veramente innamorata». Il capitano Harville sorrise, come a dire: «E questo, secondo lei, vale per tutte le rappresentanti del sesso femminile?». Anne colse la domanda sottintesa e rispose, anch'essa sorridendo: «Sì. Certo non vi dimentichiamo così presto come voi ci dimenticate. È forse il nostro fato, più che il nostro merito. Non possiamo farne a meno. Viviamo in casa, quiete, recluse, e i nostri sentimenti ci assalgono, ci consumano. Voi siete portati per forza all'azione. Avete sempre una professione, interessi, affari di vario genere che vi riportano immediatamente nel mondo, e la continua attività, il continuo cambiamento fanno sì che presto le impressioni si attenuino». «Pure ammettendo la validità della sua asserzione, che cioè il mondo faccia tutto questo per gli uomini, e così presto (cosa che, comunque, non credo di poter ammettere), essa non è applicabile a Benwick. Lui non è stato portato per forza a nessuna azione. Proprio in quel momento la pace l'ha ricondotto sulla terraferma, e da allora è vissuto con noi, nella nostra piccola cerchia familiare». «Vero», disse Anne, «verissimo, non lo ricordavo, ma ora che diremo, capitano Harville? Se il mutamento non dipende da circostanze esteriori, deve per forza dipendere da una causa interiore; deve essere la natura, la natura dell'uomo, che ha prodotto tutto questo nel capitano Benwick». «No, no, non è la natura dell'uomo. Mi rifiuto di credere che sia proprio della natura dell'uomo, più che della donna, essere incostanti e dimenticare quelli che si amano, o che si sono amati. Anzi, sono convinto del contrario. Sono

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convinto che sussista un'autentica analogia tra le nostre costituzioni, fisiche e mentali, e che come i corpi di noi uomini sono più forti, così sono i nostri sentimenti: capaci di sopportare i colpi più duri e di affrontare le più violente tempeste». «Può darsi che i vostri sentimenti siano più forti», replicò Anne, «ma questo stesso concetto di analogia mi autorizzerà ad asserire che i nostri sono più teneri. L'uomo è più robusto della donna, ma non destinato a vivere più a lungo; e questo spiega con esattezza il mio punto di vista sulla natura dei suoi sentimenti. Anzi, sarebbe troppo dura per voi se le cose stessero altrimenti. Voi avete già abbastanza difficoltà, e privazioni, e pericoli contro cui lottare. Faticate e tribolate sempre, esposte ad ogni rischio e avversità. La vostra casa, la patria, gli amici... tutto siete costretti ad abbandonare. Non c'è nulla che vi appartenga veramente: né il tempo, né la salute, né la vita. Sì, sarebbe davvero troppo dura per voi» (e la sua voce ebbe un tre mito), «se a tutto ciò dovessero aggiungersi i sentimenti di una donna». «Su questo problema non ci metteremo mai d'accordo», iniziò a dire il capitano Harville, quando un leggero rumore fece sì che entrambi si volgessero verso la parte della stanza, fino allora perfettamente silenziosa, dove sedeva il capitano Wentworth. Niente di particolare: solo la penna che gli era caduta a terra; ma Anne trasalì nel trovarselo più vicino di quanto avesse pensato e fu quasi propensa a supporre che la penna era caduta solo perché tutta la sua attenzione era rivolta a loro due perché si sforzava di afferrare quelle parole che lei, Anne, non aveva immaginato potessero arrivargli. «Hai finito la lettera?», disse il capitano Harville. «Non del tutto: mancano poche righe. Ancora cinque minuti, e avrò terminato». «Non che io abbia premura... Sarò pronto quando lo sarai tu... Mi sono trovato un ottimo ancoraggio, qui» (e sorrise ad Anne), «ben rifornito, e non ho bisogno di niente... Non è il caso di affrettarsi a dare il segnale di partenza... Bene, Miss Elliot» (rivolgendolesi a voce più bassa), «come stavo dicendo, su questo problema non ci metteremo mai d'accordo. Nessun uomo e nessuna donna ci riuscirebbero, probabilmente. Ma mi permetta di osservare che tutte le leggende, tutte le storie, in prosa e in versi, sono contro di lei. Se avessi una memoria come quella di Benwick, potrei sciorinarle in un attimo cinquanta citazioni, tutte a sostegno della mia tesi; non solo, ma credo di non avere mai aperto un libro in vita mia in cui non si di cesse qualcosa sull'incostanza delle donne. Canzoni e proverbi parlano tutti quanti della volubilità femminile. Ma forse, dirà lei, furono tutti scritti da uomini». «Forse lo dirò... Sì, se non le spiace, non riferiamoci agli esempi che si trovano nei libri. Gli uomini hanno avuto ogni vantaggio su di noi nel raccontare la propria storia. Hanno beneficiato dell'educazione in grado tanto più alto; sono le loro mani che hanno usato la penna. No, non ammetto che i libri provino qualcosa». «Ma come proveremo qualcosa, allora?». «Non la proveremo mai. Non possiamo aspettarci di dare una qualsiasi prova su un punto come questo. È la differenza di opinioni che non lo consente. Ciascuno di noi parte probabilmente da una leggera parzialità nei confronti del proprio sesso, e fonda su questa parzialità ogni circostanza in suo favore che si sia verificata entro la propria cerchia; ma molte di queste circostanze (forse proprio i casi che più ci colpiscono) possono essere precisamente di tal natura da non potere attirare su di sé l'attenzione senza tradire un segreto o, sotto qualche aspetto, senza dire ciò che non dovrebbe esser detto». «Ah!», esclamò il capitano Harville con patetico slancio, «se solo potessi farle capire quello che soffre un uomo quando volge un ultimo sguardo a sua moglie e ai suoi figlioletti e vede la scialuppa su cui li ha imbarcati staccarsi dalla nave; la fissa finché essa è in vista, e poi volta la testa e dice: "Dio sa quando mai ci incontreremo ancora!". E se potessi trasmettere l'ardore dell'animo suo quando li rivede; quando, di ritorno dopo forse un anno d'assenza e costretto a sostare in un altro porto, egli calcola come sia possibile far sì che essi lo raggiungano al più presto, fingendo di illudersi e dicendo a se stesso: "Non potranno esser qui prima del tal giorno", e intanto spera, incessantemente, che anticipino di dodici ore, e poi alfine li vede arrivare, come se il Cielo avesse dato loro le ali, addirittura molte ore prima! Se io potessi spiegarle tutto questo, e tutto ciò che un uomo può patire e fare, e si gloria di fare nell'interesse di questi tesori della sua esistenza! Parlo, lei m'intende, solo di quegli uomini che hanno un cuore!». E commosso si portò la mano al petto. «Oh!», esclamò Anne con fervore, «spero di render piena giustizia a tutti i suoi sentimenti e a quelli di chi è simile a lei. Dio non voglia che io sottovaluti i moti di tenerezza, di fedeltà di qualunque mio simile. Meriterei il più assoluto disprezzo se osassi supporre che solo la donna conosce l'amore vero, la vera costanza. No, sono convinta che nella vita coniugale voi uomini siate capaci di tutto ciò che è grande e buono. Sono convinta che abbiate la forza di affrontare ogni prova importante e ogni sacrificio domestico finché... se posso usare quest'espressione, finché avete un obiettivo. In altre parole, finché la donna che amate vive, e vive per voi. Tutto il privilegio che rivendico per il mio sesso (non si tratta di un privilegio molto invidiabile, non occorre che lo agognate) è quello di amare più a lungo, quando l'esistenza è giunta al fine o quando la speranza è svanita per sempre». Le sarebbe stato impossibile, al momento, pronunciare un'altra frase; aveva il cuore troppo gonfio, il respiro che le veniva meno. «Lei è troppo buona», disse il capitano Harville, e con gesto affettuoso le posò la mano sul braccio. «Impossibile litigare con lei... E quando penso a Benwick, eccomi costretto al silenzio». La loro attenzione fu richiamata dagli altri: Mrs. Croft stava per prendere congedo. «Ora, credo, tu ed io ci separiamo, Frederick», disse. «Io me ne vado a casa, e tu hai un impegno con il tuo amico. Stasera avremo il piacere di ritrovarci tutti al suo ricevimento», proseguì rivolta ad Anne. «Ieri abbiamo ricevuto l'invito di sua sorella, e anche Frederick, ho sentito, ha avuto il suo biglietto. Non ho avuto modo di vederlo, ma... sarai libero al pari di noi Frederick, non è vero?».

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Il capitano Wentworth stava ripiegando in gran fretta una lettera, e non poté o non volle dare una risposta completa. «Sì», disse, «è esatto; ora ci separiamo, ma Harville ed io ti raggiungeremo tra poco. Sempre che tu sia pronto, Harville: io lo sarò in mezzo minuto. So che non ti spiacerà andartene. In mezzo minuto sarò a tua disposizione». Mrs. Croft li lasciò, e il capitano Wentworth, dopo aver sigillato la lettera con grande rapidità, era effettivamente pronto; anzi, aveva un'aria frettolosa ed eccitata che denotava la sua impazienza di esser fuori di lì. Anne non sapeva come interpretare la cosa. Si sentì rivolgere dal capitano Harville un saluto affettuoso e gentile: «Buongiorno. Dio la benedica». Ma da lui non ebbe una parola, non un'occhiata; attraversò la stanza e ne uscì senza uno sguardo! Fece solo in tempo, comunque, ad accostarsi un poco di più al tavolo dove egli era stato intento a scrivere, quando si udirono dei passi di qualcuno che rientrava nella stanza; la porta si aprì: era lui, lui in persona. Chiese scusa ai presenti, ma aveva dimenticato i guanti; e, riattraversata rapidamente la stanza, raggiunse quello che era stato il suo scrittoio e, volgendo le spalle a Mrs. Musgrove, estrasse una lettera di sotto ai fogli sparsi qua e là, la pose davanti ad Anne fissandola per un istante con occhi ardenti e supplichevoli; poi, raccolti frettolosamente i guanti, uscì di nuovo dalla stanza, quasi prima che Mrs. Musgrove si accorgesse che vi si trovava: tutto in un istante! L'alterazione che quel solo istante aveva provocato in Anne era pressoché inesprimibile. La lettera, il cui indirizzo (a «Miss A.E.») era a stento leggibile, era evidentemente quella che egli aveva sigillata così rapidamente. Mentre dava a vedere di scrivere solo al capitano Benwick, aveva composto anche una lettera indirizzata a lei! Dal suo contenuto dipendeva tutto ciò che il mondo le offriva. Qualunque cosa era possibile, qualunque cosa poteva essere affrontata in luogo dell'incertezza. Mrs. Musgrove aveva alcune cose da sistemare sul suo tavolo; era dunque sulla loro protezione che Anne doveva contare. Così, lasciandosi cadere sulla sedia che egli aveva occupato, prendendo posto proprio là dove egli si era appoggiato per scrivere, divorò con gli occhi queste parole: Non posso ascoltare più a lungo in silenzio. Devo parlarti servendomi dei mezzi che ho sotto mano. Le tue parole mi penetrano nel profondo dell'animo. Mi dibatto tra l'angoscia e la speranza. Non dirmi che per me è troppo tardi, che quei preziosi sentimenti sono svaniti per sempre. Di nuovo mi offro a te con un cuore che è ancor più tuo da quando quasi lo spezzasti, otto anni e mezzo fa. Non osar dire che l'uomo dimentica più presto della donna, che il suo amore ha una morte più precoce. Io non ho amato altri che te. Posso essere stato ingiusto, sono stato debole e pieno di risentimento, ma mai incostante. Tu sola mi hai condotto a Bath. A te sola io penso, per te sola faccio progetti... Non l'hai visto, questo? Possibile che tu non comprenda i miei desideri, che non li abbia compresi?... Non avrei aspettato neppure questi dieci giorni se avessi potuto leggere nei tuoi pensieri così come, penso, tu devi aver letto nei miei. Mi è difficile scrivere. A ogni istante odo qualcosa che mi sopraffà. Tu abbassi la voce, ma io so distinguere le tonalità di quella voce quando altri non riuscirebbero a coglierle... O tu, creatura troppo buona, troppo squisita! Tu ci rendi davvero giustizia. Tu sei veramente convinta che gli uomini siano capaci di vero affetto e di vera costanza. Credi dunque che chi ti scrive sia capace dell'affetto più fervido e della più perseverante costanza. F.W. Debbo andarmene, incerto del mio fato; ma tornerò qui, o seguirò la vostra comitiva, non appena possibile. Una parola, uno sguardo saranno sufficienti per decidere se entrerò in casa di tuo padre questa sera o mai più. Impossibile ritrovare immediatamente il proprio equilibrio dopo una lettera come questa. Forse mezz'ora di solitudine e di riflessione avrebbe potuto tranquillizzare Anne; ma quei miseri dieci minuti che passarono ora prima che venisse interrotta con tutti gli impedimenti della situazione, non potevano darle nulla che giovasse alla sua tranquillità. Ogni momento, anzi, accresceva la sua agitazione. Era una felicità che l'annientava. E prima ancora di avere colto, al di là di quella prima fase, tale sensazione in tutta la sua pienezza, ecco entrare insieme Charles, Mary e Henrietta. L'assoluta necessità di apparire del tutto normale scatenò allora, immediatamente, un aspro conflitto; ma dopo un po' Anne non ce la fece più. Cominciò a non capire una sola parola di quello che gli altri dicevano, e fu costretta ad addurre a pretesto un'indisposizione e a scusarsi. Allora si accorsero che stava effettivamente male, ne rimasero scossi e allarmati, e per nulla al mondo volevano muoversi di lì senza di lei. Oh, no! spaventoso! Se se ne fossero semplicemente andati, lasciandola sola nella stanza silenziosa, questo, sì, l'avrebbe aiutata a «guarire»; ma averli tutti intorno, impalati o in attesa, la faceva impazzire. Infine, cedendo alla disperazione, disse che voleva andare a casa. «Ma certo, mia cara», esclamò Mrs. Musgrove, «se ne vada subito a casa e abbia cura di sé in modo da essere in forma per la serata. Vorrei che ci fosse qui Sarah a curarla, ma io non me ne intendo di medicine. Charles, suona il campanello e ordina una portantina. Non deve andare a piedi». Ma la portantina non sarebbe servita allo scopo. Anzi, più di ogni altra cosa avrebbe peggiorato la situazione! Perdere la possibilità di dir due parole al capitano Wentworth mentre a passi lenti, in silenzio, risaliva verso la parte alta della città (e Anne era quasi certa di incontrarlo)... no, questo le riusciva insopportabile. La portantina venne recisamente rifiutata; e Mrs. Musgrove, che aveva in mente solo una particolare malattia, dopo essersi assicurata con ansiosa sollecitudine che nel caso presente non c'entravano cadute di sorta; che Anne recentemente non aveva mai perso l'equilibrio, né si era presa una botta in testa; che era assolutamente convinta di non essere cascata - dopo essersi assicurata di tutto ciò, poté separarsi da lei col suo consueto buon umore, dichiarandosi certa di trovarla la sera perfettamente ristabilita. Ansiosa di non trascurare ogni possibile precauzione, Anne si fece forza, e disse:

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«Temo, signora, che possa essere insorto qualche malinteso. La prego, sia così gentile da ricordare agli altri signori che speriamo di vedere questa sera tutta la vostra comitiva. Ho paura che ci sia stato qualche errore, e desidererei particolarmente che lei confermasse al capitano Harville e al capitano Wentworth che speriamo di vederli entrambi da noi». «Oh, mia cara! Non c'è stato nessun malinteso, le do la mia parola. Il capitano Harville non ha altro pensiero che quello di venire». «Lei crede? Io temo il contrario invece; e sarei spiacente, così spiacente!... Mi promette di menzionare la cosa, quando li rivedrà? Penso che stamattina li rivedrà tutti e due, non è vero? La prego, me lo prometta». «Ma certo, se lo desidera. Charles, se incontri da qualche parte il capitano Harville, ricorda di riferirgli il messaggio di Miss Anne. Ma davvero, mia cara, non c'è ragione che lei si preoccupi. Il capitano Harville si considera senz'altro impegnato, ne rispondo io; e così pure il capitano Wentworth, direi». Anne non poteva fare altro; ma il suo cuore presagiva qualche incidente che offuscasse la perfezione della sua felicità. Non per molto, comunque: anche se egli non fosse venuto di persona a Camden-place, le sarebbe pur sempre rimasta la possibilità di fargli pervenire, per mezzo del capitano Harville, una frase agevole a intendersi. Sopravvenne un'altra, momentanea, complicazione. Charles, sinceramente allarmato e sollecito, voleva accompagnare Anne a casa, né v'era modo di dissuaderlo. Era quasi una crudeltà! Ma per poco soltanto nutrì questo senso di ingratitudine: per esserle utile Charles stava per rinunciare a un appuntamento da un armaiolo; per cui Anne si avviò con lui, null'altro avvertendo e manifestando che un sentimento di riconoscenza. Erano in Union-street, quando alle loro spalle un passo più rapido, dal suono familiare, le permise di prepararsi, con due attimi di anticipo, alla comparsa del capitano Wentworth. Egli li raggiunse; ma, come irresoluto se unirsi a loro o proseguire, non disse nulla; si limitò a guardarli. Anne riuscì a controllarsi al punto di ricevere quello sguardo, e non freddamente. Le guance, che prima erano state pallide, ora avvamparono, e i movimenti, prima esitanti, divennero decisi. Si avvicinò ad Anne e prese a camminare al suo fianco. Subito, colpito da un'idea improvvisa, Charles disse: «Dove è diretto, capitano Wentworth? solo a Gay-street o oltre, nella città alta?». «Mah, non saprei», rispose sorpreso il capitano Wentworth. «Sale fino a Belmont? Oppure nei paraggi di Camden-place? Perché in tal caso, non mi farò scrupolo di chiederle di prendere il mio posto e di dare il braccio ad Anne accompagnandola fino a casa sua. È piuttosto giù di corda stamattina e non deve andare tanto lontano senza aiuto. Io poi dovrei trovarmi da quel tizio in piazza del mercato. Mi ha promesso di mostrarmi un fucile straordinario che è giusto sul punto di spedire; ha detto che non lo avrebbe imballato fino all'ultimo momento, proprio perché potessi vederlo; e se non torno ora da lui, non ne avrò l'occasione. Stando alla sua descrizione, dovrebbe essere molto simile a quella mia doppietta... sa, quella con cui lei sparò un giorno dalle parti di Winthrop». Non potevano esservi, né vi furono, obiezioni: solo, apparenti e manifeste, la più corretta sollecitudine, la più cortese disponibilità; e sorrisi contenuti e il cuore che danzava d'estasi segreta. Di lì a mezzo minuto, Charles era di nuovo all'imbocco di Union-street, e gli altri due procedevano insieme scambiandosi brevi parole: sufficienti, comunque, ad avviarsi decisi verso il viale ghiaioso, relativamente silenzioso e appartato, dove la possibilità di conversare liberamente avrebbe mutato il presente in un'ora di così perfetta beatitudine da farne per sempre il preludio delle più felici memorie che in futuro la vita avrebbe loro concesso. E percorrendo il viale, si scambiarono di nuovo quei sentimenti e quelle promesse che una volta, in passato, erano parsi garantire ogni cosa, ma che erano stati seguiti da tanti, tanti anni di separazione e di distacco. E tornarono al passato, squisitamente più felici, forse, della loro riunione, che al tempo in cui era stata progettata per la prima volta; più teneri, più fidi, più immutabili nella conoscenza del reciproco carattere, della sincerità e dell'affetto; più consoni nell'agire, più giustificati nell'azione. Mentre lentamente risalivano il lieve pendio, senza curarsi dei vari gruppi all'intorno, senza vedere né i politici a zonzo, le domestiche indaffarate, le ragazze civettuole, né le bambinaie e i bimbi, potevano dedicarsi a quelle retrospezioni e constatazioni, e soprattutto a quelle spiegazioni così pregnanti, così incessantemente colme di interesse, di ciò che aveva direttamente preceduto l'attimo presente. Vennero così passate in rassegna tutte le piccole variazioni della settimana precedente; e quelle, apparentemente senza fine, del giorno prima e di quello stesso giorno. Anne non l'aveva frainteso. La gelosia per Mr. Elliot era stato l'impedimento, il dubbio, il tormento. E la gelosia aveva cominciato e produrre i suoi effetti nell'ora stessa in cui egli l'avevano incontrata a Bath per la prima volta; si era rifatta viva, dopo un breve intervallo, per rovinargli il concerto; infine aveva influito su di lui, in tutto ciò che aveva detto e fatto, o omesso di dire e di fare, nelle ultime ventiquattro ore. Aveva gradualmente ceduto alle più liete speranze che gli sguardi, o le parole, o gli atteggiamenti di lei occasionalmente incoraggiavano; ed era stata soggiogata per sempre da quei sentimenti e quegli accenti che era riuscito a cogliere mentre Anne parlava col capitano Harville: e che con la loro forza irresistibile l'avevano indotto a prendere un foglio di carta, e a effondervi tutti i suoi sentimenti. Di tutto ciò che - aveva scritto allora, nulla doveva essere ritrattato o moderato. Ripeté insistentemente che non aveva amato mai altri che lei. Nessuna aveva preso il suo posto. Anzi, egli non credeva nemmeno di aver mai visto una che la uguagliasse. Pure fu costretto ad ammettere questo: che le era stato costante inconsciamente, addirittura involontariamente; che si era proposto di dimenticarla, ed era convinto di averla dimenticata. Aveva immaginato di essere indifferente, quando invece era solo adirato; e non aveva reso giustizia ai suoi meriti perché a causa d'essi aveva sofferto. Ora nella sua mente il carattere di lei si era «cristallizzato»: era l'essenza stessa della perfezione, la via di mezzo, costante e armoniosa, tra grazia e fermezza; tuttavia fu costretto a riconoscere che solo a Uppercross aveva imparato a renderle giustizia, e solo a Lyme aveva cominciato a comprendere se stesso.

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E a Lyme aveva ricevuto altre lezioni ancora. Il fugace sguardo d'ammirazione di Mr. Elliot l'aveva alla fine ridestato, e le scene sul Cobb e in casa del capitano Harville avevano fissato definitivamente la superiorità di Anne. Quanto ai suoi precedenti tentativi di affezionarsi a Louisa Musgrove (tentativi di un orgoglio inasprito), affermò che sempre aveva sentito come ciò fosse impossibile: che non aveva amato, che non avrebbe potuto amare Louisa; eppure fino a quel giorno, fino a che, dopo di esso, aveva ritrovato la calma necessaria per riflettere, non aveva compreso appieno la perfezione assoluta di una mente con cui quella di Louisa mal reggeva il confronto, o l'ascendente incontrastato, assoluto che tale mente esercitava sulla sua. Là, a Lyme, aveva imparato a distinguere la fermezza dei princìpi dall'ostinazione della cocciutaggine, le audacie della sventatezza dalla risoluzione di una mente equilibrata. Là aveva visto tutto ciò che esaltava nella sua stima la donna che aveva perduto; là, infine, aveva cominciato a deplorare l'orgoglio, la follia, I'irragionevolezza del risentimento che l'aveva trattenuto dal cercare di riconquistarla quando per caso l'aveva rincontrata. Da allora quel pentimento era divenuto sempre più tormentoso. Non appena si era liberato dall'orrore e dal rimorso di quei pochi, primi giorni successivi all'incidente occorso a Louisa, non appena aveva cominciato a sentirsi di nuovo vivo, aveva cominciato a sentirsi, sì, vivo, ma non libero. «Constatai», disse, «che gli Harville mi consideravano ufficialmente fidanzato! Che né Harville né sua moglie nutrivano il benché minimo dubbio sul nostro reciproco affetto. Restai sorpreso, e sconvolto. Fino a un certo punto avrei potuto smentire la cosa, immediatamente; ma quando cominciai a riflettere che forse altri pensavano lo stesso - la famiglia di lei e, sì, forse anche lei - non mi sentii più libero. Il mio senso dell'onore mi imponeva di essere suo, se lei lo voleva. Ero stato incauto. Non avevo mai riflettuto seriamente, prima, su questo punto. Non avevo mai preso in considerazione il fatto che la mia eccessiva familiarità comportasse inevitabilmente, sotto molti aspetti, il pericolo di spiacevoli conseguenze; non avevo mai pensato di non avere il diritto di tentar di conquistare l'una o l'altra delle due ragazze col rischio di dar luogo a sgradevoli pettegolezzi o provocare effetti anche più negativi. Avevo commesso un grossolano errore, e dovevo subirne le conseguenze». In breve, aveva scoperto troppo tardi di essersi impegolato e che proprio allora, quando aveva raggiunto la piena convinzione di non essere assolutamente innamorato di Louisa, doveva considerarsi legato a lei se i sentimenti che Louisa nutriva per lui erano quelli che gli Harville supponevano. Così prese la decisione di lasciare Lyme e di attendere altrove la completa guarigione di lei: avrebbe voluto trovare un modo qualunque, purché equo e corretto, di attenuare ogni eventuale reazione emotiva, ogni speculazione che lo riguardasse; si recò pertanto dal fratello, con l'intenzione di tornare dopo qualche tempo a Kellynch e di comportarsi così come le circostanze gli avrebbero imposto. «Sono rimasto da Edward sei settimane», disse, «e l'ho visto felice. È stato il solo piacere che potessi provare. Non ne meritavo altri. Mi ha chiesto di te, molte cose. Anche se il tuo aspetto era mutato: non sospettava che ai miei occhi tu non potevi mutare, mai». Anne sorrise e lasciò correre. Era una gaffe troppo lusinghiera per meritare un rimprovero. Per una donna di ventotto anni conta - e come! - sentirsi assicurare di non aver perduto nessuno degli incanti della sua prima giovinezza; ma per Anne questo omaggio contava indicibilmente di più se solo lo paragonava a certe parole dette in passato, poiché sentiva che esso era l'effetto, non la causa, della sua ritrovata tenerezza. Era rimasto nello Shropshire a dolersi della cecità del suo orgoglio e degli stupidi errori dei suoi calcoli finché all'improvviso l'annuncio, sorprendente e felice, del fidanzamento di Louisa con Benwick non lo aveva liberato da ogni obbligo nei confronti di lei. «Qui», disse, «ebbe termine la fase peggiore della mia situazione, perché ora almeno potevo ritrovare la via della felicità, potevo compiere un tentativo, potevo fare qualcosa. Ma quella lunga inattività, quel restare in attesa, e in attesa solo di sofferenze, era stato terribile. Di lì a cinque minuti dissi: «Mercoledì sarò a Bath». E così fu. È stato imperdonabile pensare che valesse la pena di venire? Imperdonabile arrivar qui nutrendo qualche speranza? Tu eri libera. Era possibile che conservassi, come me, i sentimenti del passato. E poi a incoraggiarmi c'era un fatto, appreso per caso. Mai avrei potuto dubitare che altri ti avessero amata e corteggiata, ma sapevo con certezza che tu avevi rifiutato almeno un partito migliore di quel che fossi io. E non potevo fare a meno di ripetermi: È per me che l'ha fatto?». Sul loro primo incontro in Milson-street Wentworth aveva molto da dire; sul concerto ancora di più. Per lui quella serata era stata un succedersi di momenti squisiti. Il momento in cui, nella Sala Ottagonale, Anne gli era venuta incontro per parlargli, quello in cui era comparso Mr. Elliot e l'aveva trascinata via, e poi ancora uno o due momenti di rinata speranza o di rinnovato sconforto: di tutto ciò egli parlò a lungo, con ardore. «Vederti in mezzo a coloro che non potevano essere ben disposti nei miei confronti», esclamò, «vedere tuo cugino che ti sedeva accanto, conversando e sorridendo, e rendermi conto dentro di me di tutti gli odiosi vantaggi, delle convenienze di un vostro matrimonio! Considerare che esso rispondeva senz'ombra di dubbio ai desideri di chi poteva sperare di influenzarti! E ancora, se pure i tuoi sentimenti erano riluttanti o indifferenti, considerare di quale autorevole appoggio egli avrebbe goduto! Non bastava forse a farmi comportare da quell'idiota che ho dato a vedere di non essere? Come potevo restare a guardare senza tormentarmi? La sola vista dell'amica che sedeva dietro di te, il ricordo di ciò che era stato, la consapevolezza della sua influenza, l'impressione incancellabile, inobliabile di ciò che la persuasione aveva fatto una volta - tutto questo non era forse contro di me?». «Avresti dovuto distinguere», replicò Anne, «non avresti dovuto sospettarmi, ora. Un caso tanto diverso, la mia età tanto diversa. Se ho avuto torto a cedere alla persuasione una volta, ricorda che tale persuasione fu esercitata per la mia salvaguardia, non per amore del rischio. Quando cedetti, pensai di farlo per un senso di dovere; ma qui non si poteva

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invocare il senso del dovere. Se avessi sposato un uomo che mi è indifferente, sarei incorsa in rischi di ogni genere e avrei violato ogni dovere». «Forse avrei dovuto ragionare così», disse lui, «ma non potevo trarre beneficio dalla mia tardiva scoperta del tuo vero carattere. Non potevo collegarla alla realtà: era sopraffatta, sepolta, perduta in quei sentimenti del passato che anno dopo anno mi avevano torturato, potevo vedere in te solo colei che aveva ceduto, che aveva rinunciato a me, che si era lasciata influenzare da tutti, me escluso. Ti vedevo proprio accanto alla persona che ti aveva fatto da guida in quell'anno di sofferenza Non avevo alcun motivo per credere che ora la sua autorità fosse minore... E ad essa andava aggiunta la forza dell'abitudine». «Pensavo», disse Anne, «che il mio atteggiamento nei tuoi confronti ti avrebbe risparmiato tutto questo: se non tutto, al meno in gran parte». «No, no! il tuo atteggiamento poteva essere solo l'effetto della disinvolta sicurezza che ti veniva dall'essere fidanzata con un altro. Ti ho lasciata convinto di questo; eppure... ero fermamente deciso a rivederti. La mattina dopo ero più su di morale, e sentii che avevo ancora un motivo per restare». Infine Anne fece ritorno a casa, più felice di quel che nessuno fra quanti vi abitavano avrebbe potuto immaginare. Il colloquio con Wentworth aveva fatto sparire tutto: sorpresa, suspense, ogni altro episodio penoso della mattinata. Rientrò in casa in uno stato di così intensa felicità che fu costretta a cercare qualcosa che la temperasse, nel timore, momentaneo eppure inquietante, che tutto ciò non potesse durare. Un intervallo di seria, grata meditazione fu il miglior correttivo di quanto poteva esservi di pericoloso in tale stato di esaltazione, e Anne si ritirò in camera sua, dove, nella gratitudine di una gioia più pacata, ritrovò a poco a poco tutto il suo equilibrio e coraggio. E venne la «serata», i salotti risplendettero di luci, giunsero gli invitati. Non si trattava che di un party per giocare a carte, di una male assortita riunione di persone che non si erano mai incontrate prima o che si erano incontrate troppo spesso: una riunione banale, troppo affollata per consentire un'intimità di rapporti, troppo ristretta per offrire una qualche varietà: eppure ad Anne parve che mai una serata fosse così breve. Incantevole, raggiante di felicità e tenerezza, da tutti ammirata più di quanto non pensasse o le importasse, provava per tutti quelli che le erano intorno sentimenti di cordiale simpatia o di indulgenza. Mr. Elliot era lì, e Anne lo evitò ma poté aver compassione di lui. C'erano i Wallis, e riuscì a comprenderli, non senza intimo divertimento. Lady Dalrymple e Miss Carteret? Presto sarebbero state per lei solo due innocue cugine. Mrs. Clay le era indifferente, e non v'era nel contegno in pubblico del padre e di Elizabeth nulla che la facesse arrossire. E ci furono le chiacchiere che, disinvolta e felice, scambiò coi Musgrove; il colloquio aperto e affettuoso, quale può darsi tra fratello e sorella, col capitano Harville, i tentativi di conversare con Lady Russell, troncati da un dolce senso di imbarazzo; il fervido interesse e il riguardo tutto particolare che le ispiravano l'ammiraglio e Mrs. Croft, e che quello stesso senso di imbarazzo si sforzava di nascondere; infine le frequenti occasioni di comunicare, sia pure per un momento, col capitano Wentworth e, sempre, la speranza che quei momenti durassero più a lungo e la consapevolezza, sempre, della presenza di lui. Fu durante uno di questi brevi incontri, mentre entrambi erano apparentemente intenti ad ammirare l'elegante disposizione di certe piante ornamentali, che Anne disse: «Ho ripensato al passato e ho cercato di distinguere obiettivamente ragione e torto. Per ciò che riguarda me, intendo; e non posso fare a meno di credere, fermamente, di avere avuto ragione, per quanto ciò mi abbia fatto soffrire, a farmi guidare dall'amica cui vorrai bene più di quanto non gliene voglia ora. Per me era come una madre. Comunque, non fraintendermi. Non sto dicendo che essa non abbia errato nel darmi quel consiglio. Si è trattato, forse, di uno di quei casi in cui sono solo gli eventi a decidere se un consiglio è buono o cattivo; io, personalmente, non darei mai, in nessuna circostanza, un consiglio del genere in casi anche solo in parte simili a questo, ne sono certa. Ciò che intendo dire è che ho avuto ragione a sottomettermi a lei, e che se avessi agito diversamente avrei sofferto di più a continuare il fidanzamento di quanto... sì, di quanto ho sofferto nel rinunciarvi, perché avrei sofferto dentro di me, nella mia coscienza. Ora, nella misura in cui tale sentimento è conciliabile con la natura umana, non ho nulla da rimproverarmi; e, se non vado errata, un forte senso del dovere non è una componente riprovevole del carattere femminile». Lui la guardò, guardò Lady Russell e poi, fissando di nuovo Anne, replicò, quasi con fredda deliberazione: «No, non ancora. Ma nutro qualche speranza di perdonarla, col tempo. Confido che i nostri rapporti divengano presto passabilmente amichevoli. Ma anch'io ho ripensato al passato e mi sono chiesto - così, senza volerlo - se qualcun altro non mi sia stato nemico più di quella signora. Sì, io sono stato il nemico di me stesso. Dimmi: quando tornai in Inghilterra nel 1808, con qualche migliaio di sterline e il comando della Laconia, se io ti avessi scritto, avresti risposto alla mia lettera? In breve, avresti riallacciato il fidanzamento, allora?». «Se l'avrei fatto?», disse lei per tutta risposta, ma con accento sufficientemente rivelatore. «Mio Dio!», esclamò lui, «l'avresti fatto! Non è che non ci pensassi o non lo desiderassi, che non vedessi in ciò la sola cosa che poteva coronare tutti i miei altri successi. Ma ero orgoglioso, troppo orgoglioso per chiedere ancora. Non ti capivo. Chiudevo gli occhi, e non volevo capirti o renderti giustizia. È un ricordo, questo, che dovrebbe portarmi a perdonare tutti prima di perdonare me stesso. Mi sarebbero stati risparmiati sei anni di separazione e di sofferenza. E ciò che provo è anche un senso di pena affatto nuovo per me. Ero avvezzo a sentirmi gratificato dalla convinzione di meritare ogni successo di cui godevo. Ho valutato me stesso sulla base di onorevoli sforzi e giuste ricompense. Come altri grandi uomini in disgrazia», aggiunse con un sorriso, «devo sforzarmi di sottomettere la mia mente a quella che è la mia sorte. Devo imparare a sopportare l'idea d'essere più felice di quanto io non meriti». XXIV

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Chi può avere dubbi sul seguito? Quando due giovani, chiunque essi siano, si mettono in testa di sposarsi, è pressoché certo che a forza di perseveranza riusciranno a spuntarla: il fatto che siano molto poveri o molto immaturi, o che nessuno dei due sia minimamente necessario alla suprema felicità dell'altro non ha il minimo peso. Giungere a questa conclusione può essere moralmente riprovevole, ma credo che ciò risponda alla verità, e se ci riescono coppie del genere, è forse pensabile che un capitano Wentworth e una Anne Elliot, col vantaggio della loro maturità intellettuale, della loro chiara percezione di ciò che è giusto, di un patrimonio, fra tutti e due, che li rendeva indipendenti, non riuscissero a vincere ogni opposizione? In effetti, avrebbero potuto superare ostacoli più seri di quelli che incontrarono, perché vi furono ben pochi motivi di afflizione, se si eccettui la mancanza di amorevolezza e di cordialità. Sir Walter non fece obiezioni, ed Elizabeth si limitò ad assumere un atteggiamento di fredda indifferenza. Il capitano Wentworth, con le sue venticinquemila sterline e il suo grado, il più alto grado conseguibile nella sua professione per merito e attività di servizio, non era più una nullità. Ora era stimato del tutto degno di chiedere in isposa la figlia di un baronetto, di un fatuo scialacquatore che non aveva avuto né la dirittura morale né il buon senso bastanti a mantenere la posizione che la Provvidenza gli aveva assegnato, e che al presente poteva dare alla figlia solo una piccola parte delle diecimila sterline che in seguito dovevano essere sue. In effetti, sebbene Sir Walter non nutrisse affetto alcuno per Anne, né si sentisse gratificato nella sua vanità, era ben lungi dal giudicare quel partito disdicevole per lei. Anzi, quando incontrò più spesso il capitano Wentworth, quando lo vide ripetutamente e l'osservò ben bene, fu profondamente colpito dal suo fascino personale, e pensò che la superiorità di una bella presenza poteva equamente controbilanciare la superiorità di rango di Anne; tutto ciò, più quel cognome così nobilmente altisonante, convinse alla fine Sir Walter a preparare di buona grazia la penna per inserire la notazione relativa alle nozze nell'Albo d'onore. La sola persona, la cui ostilità poteva destare serie apprensioni era Lady Russell. Anne sapeva che per Lady Russell doveva essere alquanto penoso apprendere la verità su Mr. Elliot e rinunciare a lui, sforzandosi nel contempo, non senza lotte interiori, di conoscere a fondo il capitano Wentworth e di rendergli giustizia. Era questo, comunque, che ora Lady Russell doveva fare. Doveva acquisire l'intima convinzione di essersi sbagliata sul conto di entrambi; di essersi lasciata ingiustamente influenzare, in entrambi i casi, dalle apparenze; dal fatto che, poiché le maniere del capitano Wentworth non si erano conformate alle sue idee, aveva troppo precipitosamente sospettato che fossero la prova di un carattere pericolosamente impetuoso; e del fatto che, poiché le maniere di Mr. Elliot, decorose e corrette, sempre cortesi e garbate, erano precisamente di suo gusto, aveva troppo precipitosamente veduto in esse il frutto inconfondibile delle più corrette opinioni e di uno spirito perfettamente equilibrato. A Lady Russell non restava che ammettere di essersi del tutto (o quasi del tutto) sbagliata, che entrare in un altro ordine di idee e concepire altre speranze. Vi sono persone dotate di capacità intuitive di rara sottigliezza nel cogliere l'essenza di un carattere; in breve, di una naturale percezione che in altri nessuna esperienza può eguagliare; tutte cose alle quali l'intelletto di Lady Russell era meno portato di quanto non fosse quello della sua giovane amica. Ma Lady Russell era profondamente buona, e se il suo secondo obiettivo era quello di essere una donna di buon senso e di retto giudizio, il primo era quello di vedere Anne felice. Amava Anne più di quanto non amasse i propri talenti; e quando ebbe superato l'imbarazzo iniziale, non le fu difficile affezionarsi come una madre all'uomo che assicurava la felicità dell'altra sua figlia. Di tutta la famiglia fu probabilmente Mary a derivare dalla circostanza un immediato senso di gratificazione. Avere una sorella sposata le conferiva prestigio, e poi poteva lusingarsi di aver grandemente contribuito a quell'unione tenendo con sé Anne per tutto l'autunno; e poiché sua sorella doveva essere superiore alle sorelle del marito, era molto gradevole che il capitano Wentworth fosse più ricco e del capitano Benwick e di Charles Hayter... Ecco, forse soffrì un po' quando si ritrovò con Anne nel vederla di nuovo in possesso dei diritti spettanti a una sorella maggiore, nonché di una graziosissima landaulette. Ma il futuro che Mary aveva davanti a sé era tale da fornirle validi motivi di consolazione. Ad Anne non sarebbero toccati né Uppercross-hall, né proprietà fondiarie, né il primo posto assoluto in seno alla famiglia; se solo si fosse potuto evitare che il capitano Wentworth venisse fatto baronetto, Mary non avrebbe voluto scambiare la sua posizione con quella di Anne. Sarebbe stato un bene per la maggiore delle tre sorelle se si fosse sentita altrettanto soddisfatta della sua posizione, perché lì un mutamento non è molto probabile. Elizabeth ebbe ben presto la mortificazione di vedere uscire di scena Mr. Elliot; e da allora nessuno in possesso degli appropriati requisiti si è presentato a far riaffiorare le pur labili speranze che con lui naufragarono. La notizia del fidanzamento di sua cugina Anne fu per Mr. Elliot un colpo assolutamente inatteso; sconvolgeva tutte le sue prospettive di felicità domestica, le sue più fondate speranze di costringere Sir Walter al celibato grazie alla vigilanza che i suoi diritti di genero gli avrebbero permesso di esercitare. Ma, per quanto sconfitto e deluso, poteva fare ancora qualcosa a vantaggio del proprio interesse e del proprio benessere. Partì immediatamente da Bath; e poiché anche Mrs. Clay poco dopo lasciò la città e si venne in seguito a sapere che si era stabilita a Londra sotto la sua protezione, divennero evidenti gli scopi del suo doppio gioco e la sua determinazione di evitare almeno di essere «tagliato fuori» da una donna astuta. I sentimenti di Mrs. Clay avevano avuto la meglio sull'interesse, cosicché, per amore del giovane, aveva sacrificato la possibilità di seguitare a circuire Sir Walter. Ma Mrs. Clay è donna esperta nell'arte di raggiungere il proprio scopo, oltre che ricca di sentimenti, per cui al presente è dubbio se a prevalere alla fine sarà l'astuzia di lui, o quella di lei;

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se, dopo averle impedito di diventare la moglie di Sir Walter, egli non si lascerà indurre col tempo, a forza di lusinghe e moine, a far di lei la moglie di Sir William. Non possono sussistere dubbi, invece, sul fatto che Sir Walter ed Elizabeth fossero colpiti e mortificati dalla perdita della loro compagna, nonché dalla scoperta di essersi illusi e ingannati sul suo conto. Certo, avevano le loro illustri cugine cui rivolgersi per trovare un qualche compenso e consolazione, ma debbono pur sentire, e per molto, che adulare e seguire gli altri senza essere a nostra volta adulati e seguiti è solo uno stato di semi-appagamento. Anne, compiaciuta già nei primissimi tempi dell'intenzione di Lady Russell di amare il capitano Wentworth come avrebbe dovuto, non aveva nulla che attenuasse la felicità del suo avvenire: nulla all'infuori di ciò che derivava dalla consapevolezza di non aver da dare al marito parenti degni della stima di un uomo dotato di buon senso e intelligenza. Qui avvertiva dolorosamente la propria inferiorità. La sproporzione tra i loro patrimoni personali non era nulla, non le dava un solo momento di rammarico; ma non avere una famiglia in grado di riceverlo e stimarlo come si doveva; nulla, né rispettabilità, né armonia, né benevolenza da offrire in cambio di tutta la stima e di tutta la spontanea cordialità che aveva incontrato nei cognati e nelle cognate - questo sì, era motivo di una viva sofferenza, cui la sua mente non poteva non essere sensibile anche in circostanze di felicità sotto ogni altro aspetto assoluta. Al mondo aveva due sole amiche da aggiungere alla lista degli amici del marito: Lady Russell e Mrs. Smith. Con esse, comunque, egli era più che disposto a stringere cordiali rapporti. Per Lady Russell, nonostante tutte le sue colpe d'un tempo, poteva provare una stima sincera. Purché non lo obbligassero a dire di esser convinto che aveva avuto ragione a separarli all'inizio, era disposto a dire in suo favore qualunque altra cosa, o quasi; quanto poi a Mrs. Smith, erano molti e vari i motivi che potevano assicurar le immediatamente e per sempre la sua simpatia. I buoni uffici di recente resi ad Anne erano di per sé una sufficiente raccomandazione; e le loro nozze, anziché privarla di un'amica, gliene assicurarono due. Mrs. Smith fu la prima ospite della casa dei novelli sposi; e il capitano Wentworth, avviando le pratiche per il ricupero della proprietà del marito nelle Indie Occidentali, scrivendo per lei, agendo per lei, assistendola in tutte le minute difficoltà del caso con l'assiduità e la perseveranza di un uomo impavido e di un amico risoluto, ripagò pienamente i servigi che Mrs. Smith aveva reso, o inteso rendere, a sua moglie. Il naturale ottimismo di Mrs. Smith non fu guastato da questo aumento dei suoi redditi, dal lieve miglioramento del suo stato di salute, e dall'acquisto di tali amici con cui trovarsi di frequente, perché la sua gaiezza e la sua vivacità del suo carattere non vennero mai meno; e finché avesse posseduto queste risorse essenziali, avrebbe potuto impunemente sfidare anche l'eventuale acquisizione di una maggiore prosperità mondana. Avrebbe potuto essere enormemente ricca e perfettamente sana e sarebbe stata ugualmente felice. Questa sua intima felicità nasceva dall'esuberanza del suo temperamento, così come quella della sua amica Anne nasceva dal calore dei sentimenti. Anne era la tenerezza in persona, e di essa trovò pieno compenso nell'amore del capitano Wentworth. La professione di lui era la sola cosa che potesse indurre chi le era amico a desiderare che tale tenerezza fosse minore; il timore di una futura guerra era la sola cosa che potesse offuscare la serena felicità delle sue giornate. Era orgogliosa di essere la moglie di un marinaio, ma doveva pagare con subite ansie e terrori il prezzo di appartenere a quella professione che, se possibile, si distingue per le sue virtù domestiche anche di più che per la sua importanza nazionale. APPENDICE Capitolo cancellato di Persuasione (sostituito dai capitoli XXII e XXIII) AVVERTENZA La storia di come Jane Austen, ultimato il romanzo Persuasione nel luglio del 1816, improvvisamente cambiò il finale, sopprimendo un intero capitolo e sostituendolo con altri due, è raccontata nel brano che riproduciamo in questa Appendice, di seguito al «Capitolo cancellato». Il brano è tratto da A Memoir of Jane Austen, scritto in vecchiaia da uno dei nipoti prediletti della scrittrice, James Edward Austen Leigh, divenuto vicario di Bray nel Berkshire. A Memoir, pubblicato nel 1870, ebbe un ottimo successo, tanto che nel 1871 venne approntata una seconda edizione, che J.E. Austen Leigh accrebbe con lettere, iuvenilia e con la riproduzione integrale del «Capitolo cancellato» di Persuasione. Sia il capitolo cancellato sia A Memoir sono riprodotti integralmente in Jane Austen, Persuasion: with a Memoir of Jane Austen by J.E Austen Leigh, edited with an Introduction by D.W. Harding, Penguin Books, Harmondsworth 1983, testo sul quale è stata condotta la presente traduzione. In possesso di tutte queste informazioni sul conto di Mr. Elliot e autorizzata a comunicarle, Anne lasciò Westgate-buildings meditando intensamente su ciò che aveva appreso, risentendo, pensando, ricordando, e prevedendo ogni particolare, sbalordita e disorientata per ciò che riguardava Mr. Elliot, ansiosa e preoccupata per il futuro di Kellynch, e addolorata per Lady Russell, che in lui aveva avuto la più completa fiducia. L'imbarazzo che d'ora in poi avrebbe provato in sua presenza! Come comportarsi con lui? Come liberarsene? Che fare, con gli altri di casa? In quali casi esser cieca? In quali attiva? Era tutto una confusione di immagini e di dubbi... una perplessità, un'agitazione di cui non poteva vedere la fine. E si trovò in Gay-street, ancora tanto assorta nei suoi pensieri che trasalì sentendosi rivolgere la

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parola dall'ammiraglio Croft come se egli fosse una persona che nessuno si sarebbe aspettato di incontrare lì. Era a pochi passi dalla porta di casa sua. «Ah, sta andando a far visita a mia moglie!», disse. «Sarà molto contenta di vederla». No, disse Anne, non si stava recando da Mrs. Croft. Davvero non aveva tempo, stava tornando a casa. Ma mentre lei parlava, l'ammiraglio era tornato sui suoi passi e aveva bussato alla porta, chiamando ad alta voce. «Ma sì, ma sì! Entri: è tutta sola. Entri e si riposi». In quel momento Anne si sentiva così poco disposta a trovarsi in compagnia di chiunque fosse, che provò un certo fastidio nel vedersi così costretta. Ma dovette fermarsi. «Poiché lei è così cortese, entrerò giusto per chiedere a Mrs. Croft come sta, ma davvero non posso fermarmi più di cinque minuti. E sicuro che sia proprio sola?». Le era venuto in mente che poteva esserci il capitano Wentworth ed era terribilmente ansiosa di sapere con certezza se egli si trovava in casa o meno, perché questo avrebbe costituito un problema. «Oh, sì! proprio sola. Con lei c'è solo la sua sarta, e poiché quest'ultima mezz'ora se ne son state chiuse in camera, a momenti la cosa dovrà pur finire». «La sarta! Allora sono sicura che una mia visita ora sarebbe quantomai inopportuna. Davvero, deve permettermi di lasciare il mio biglietto da visita ed essere tanto gentile da spiegar poi tutto quanto a Mrs. Croft». «No, no... niente affatto, niente affatto... Sarà felicissima di vederla. Guardi, non le posso giurare che non ha qualcosa di importante da comunicarle, ma questo verrà fuori al momento giusto. Io non faccio allusioni. Già, già, Miss Elliot, cominciamo a sentire strane cose sul suo conto» (e qui la fissò in volto sorridendo). «Ma dalla sua aria non si direbbe proprio: è seria e grave come un piccolo giudice!». Anne arrossì. «Ah, ah! Basta così. Ora sì che va bene. Lo pensavo che non ci eravamo sbagliati». Ad Anne non restò che far congetture su chi o su che cosa si appuntassero i suoi sospetti; dapprima aveva confusamente pensato a qualche rivelazione del cognato, ma un attimo dopo se ne vergognò e intuì che molto più verosimilmente l'ammiraglio si riferisse a Mr. Elliot. La porta venne aperta, e il servitore stava evidentemente per dire che la signora non c'era, quando la vista del padrone lo azzittì di colpo. L'ammiraglio si divertì moltissimo a quello scherzo. Quanto ad Anne, pensò che il suo trionfo su Stephen andasse un po' per le lunghe. Infine, comunque, si decise a farla entrare e, mentre la precedeva, disse: «Ora l'accompagnerò un attimo di sopra e la farò accomodare in salotto. Non posso restare perché debbo andare all'Ufficio Postale, ma lei si metta a sedere per un cinque minuti, e sono sicuro che Sophy arriverà e nessuno verrà a disturbarla... In casa non c'è nessun altro, tranne Frederick», e mentre parlava, aprì la porta. E ne parlava, a lei, come di una persona che poteva tranquillamente ignorare! Dopo che le era stato consentito di sentirsi veramente al sicuro, indifferente, a suo agio, ecco il colpo improvviso: apprendere che di lì a poco si sarebbe trovata nella stessa stanza con lui! Senza avere il tempo di ricomporsi! Di pensare al contegno da assumere e alle maniere da adottare! Non le restò che il tempo di sbiancare in viso prima di varcare la soglia e di incontrare lo sguardo stupefatto del capitano Wentworth che, seduto davanti al caminetto, faceva mostra di leggere e non si attendeva altra sorpresa che quella provocata dal rapido ritorno dell'ammiraglio. Fu per entrambi un incontro inatteso. Comunque, non c'era nulla da fare: solo soffocare i propri sentimenti ed essere quietamente cortesi; quanto all'ammiraglio, era talmente impaziente di andarsene da non consentire pause imbarazzanti. Ripeté quanto aveva detto prima su sua moglie e tutti quanti, insistette perché Anne si sedesse e si mettesse a suo agio... si rammaricò di doverla lasciare, ma era più che sicuro che Mrs. Croft sarebbe scesa di lì a poco. Anzi, sarebbe salito da lei, e l'avrebbe avvertita direttamente. Anne si era seduta, ma allora si alzò per pregarlo di non disturbare Mrs. Croft e riconfermare il suo desiderio di andarsene e di rimandare la visita ad altra occasione. Senonché l'ammiraglio non volle sentir ragione; e se Anne non tornò alla carica con indomabile perseveranza, se con più passiva determinazione non se ne uscì in silenzio dalla stanza (cosa che certo avrebbe avuto la possibilità di fare), non si può forse perdonarla? Se la prospettiva di pochi minuti di tête-a-tête col capitano Wentworth non l'atterriva, non la si può perdonare per non aver desiderato convincerlo del contrario? Si sedette di nuovo, e l'ammiraglio si congedò, ma, raggiunta la porta, disse: «Frederick, vorrei dirti due parole, se non ti spiace». Il capitano Wentworth andò verso di lui, e immediatamente, mentre lasciavano la stanza, l'ammiraglio continuò: «Visto che vi lascio qui insieme, è più che giusto che vi dia qualcosa di cui parlare; così, se non ti spiace...». Qui la porta venne energicamente chiusa da uno dei due (da chi era facilmente arguibile), sicché Anne non afferrò immediatamente il seguito del discorso; ma il resto poté udirlo almeno in parte, perché l'ammiraglio, visto che la porta era chiusa, parlava senza curarsi di abbassare la voce anche se il suo compagno - e anche questo Anne poteva udirlo - cercava di moderarlo. Parlavano di lei, su questo non aveva dubbi. Sentì ripetutamente fare il suo nome e quello di Kellynch. Era veramente angosciata. Non sapeva cosa fare, che cosa aspettarsi, e tra gli altri pensieri che l'angustiavano c'era quello della possibilità che il capitano Wentworth non facesse più ritorno nella stanza; e questo, dopo che lei aveva acconsentito a rimanere, sarebbe stato... no, non c'erano parole per dirlo. A quel che sembrava, parlavano dell'ammiraglio e della durata del contratto d'affitto di Kellynch. Anne sentì che egli diceva qualcosa in proposito, che era stato firmato (o non firmato?)... un argomento, questo, che non l'avrebbe gran che allarmata, se ad esso non fosse seguita questa frase: «Odio questo stato di incertezza. Debbo saperlo subito. An che Sophy la pensa così». Poi parve che il capitano Wentworth, parlando più a bassa voce, protestasse, volesse essere esentato, volesse rimandare qualcosa.

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«Puah! puah!», ribatté l'ammiraglio, «è questo il momento; se non vuoi parlare tu, resto qui e parlo io». «Va bene, signore, va bene», proseguì il suo compagno con una certa impazienza, e mentre parlava socchiuse la porta. «Allora prometti che lo farai?», replicò l'ammiraglio con la sua solita voce tonante che il modesto spessore di una porta non riusciva ad attenuare. «Sì, signore, sì». E l'ammiraglio venne precipitosamente abbandonato, la porta venne chiusa, e giunse il momento in cui Anne fu sola col capitano Wentworth. Non cercò neppure di vedere la sua espressione, ma lui si diresse immediatamente verso una delle finestre come chi si senta imbarazzato e irresoluto, e per la durata di cinque secondi Anne si pentì di quanto aveva fatto... ne condannò la leggerezza, ne constatò arrossendo la sconvenienza. Avrebbe voluto riuscire a parlare del tempo o del concerto, ma il solo diversivo che poté escogitare fu quello di prendere in mano un giornale. Comunque, quella pausa angosciosa ebbe fine; dopo mezzo minuto, lui si voltò e, avvicinandosi al tavolo presso cui Anne sedeva, disse, con voce che tradiva e lo sforzo e la costrizione: «Ormai, signora, deve aver sentito anche troppo per aver dubbi sulla promessa da me fatta all'ammiraglio di parlarle a proposito di un certo particolare argomento, e questa convinzione mi determina a farlo, sebbene prendermi tale libertà ripugni al mio... sì, a tutto il mio senso del decoro, della correttezza! Confido che lei mi prosciolga dall'accusa di impertinenza considerando che io parlo solo a nome di un'altra persona, e che parlo perché costretto; e l'ammiraglio è un uomo che non può essere giudicato impertinente da chi lo conosce come lo conosce lei. Le sue intenzioni sono sempre ispirate alla massima gentilezza e bontà, e lei comprenderà che nulla, all'infuori di esse, lo spinge a sottoporle il quesito che io, con... con sentimenti tutti particolari sono costretto a formulare». Si interruppe, ma solo per riprender fiato, con l'aria di chi non si aspetta una risposta. Anne ascoltava, come se la sua vita dipendesse dalla conclusione del discorso di lui. E lui continuò con forzato fervore: «L'ammiraglio, signora, è stato informato stamane in via confidenziale che lei era... parola mia, non so proprio come fare, provo un senso di vergogna» (e parlava in fretta, il respiro affannoso), «... l'imbarazzo di dover dare informazioni di questo genere a una delle parti interessate... lei è certo in grado di capirmi. È stato detto, in via strettamente confidenziale, che Mr. Elliot... che in famiglia era tutto deciso sul suo matrimonio con Mr. Elliot. È stato aggiunto inoltre che dovevate stabilirvi a Kellynch... che Kellynch doveva essere restituita al proprietario. L'ammiraglio sapeva che questo non era corretto. Ma poi gli è venuto in mente che tale fosse il desiderio delle parti interessate. E l'incarico che mi ha affidato, signora, è questo: dirle che se tale è il desiderio del la famiglia, la clausola relativa alla durata del contratto d'affitto di Kellynch dovrà essere cancellata, e lui e mia sorella si procureranno un'altra casa, pensando di non fare nulla di più di quello che in analoghe circostanze gli altri farebbero per loro. Questo è tutto, signora. Una sua risposta - pochissime parole - sarà più che sufficiente. È davvero straordinario che proprio io sia stato incaricato di parlarle di un simile argomento! Pochissime parole, comunque, porranno fine all'imbarazzo e al disagio che probabilmente proviamo tutti e due». Anne disse un paio di parole, ma erano inintelligibili; e prima che essa riuscisse a ritrovare il proprio autocontrollo, il capitano Wentworth continuò: «Basterà che lei mi dica che l'ammiraglio può scrivere due righe a Sir Walter. Pronunci solo queste parole: "Sì, può farlo". Io lo raggiungerò subito col suo messaggio». Disse questo con la fermezza che tale messaggio pareva richiedere. «No, signore», disse Anne; «non c'è nessun messaggio, lei è male... l'ammiraglio è male informato. Riconosco e apprezzo la gentilezza delle sue intenzioni, ma si sbaglia. Non c'è nulla di vero in tale notizia». Per un istante egli restò in silenzio. Per la prima volta da quando era rientrato nella stanza, Anne alzò gli occhi verso di lui. Trascolorava in volto, e la guardava con tutta l'intensità e l'ardore che - Anne lo sapeva bene - solo i suoi occhi possedevano. «Nulla di vero in tale notizia?», egli ripeté. «Nulla di vero in nessuna parte di essa? Nulla?». Era rimasto in piedi presso una seggiola, trovando sollievo appoggiandovisi o spingendola distrattamente avanti e indietro. Ora si mise a sedere, tirò la seggiola un po' più accosto ad Anne e la fissò con uno sguardo che non era solo penetrante: c'era in esso qualcosa di più; qualcosa di più dolce. Né l'espressione del volto di lei lo scoraggiò. Fu un dialogo silenzioso ma molto intenso: da parte di lui suppliche, da parte di lei consenso. Si avvicinò ancora di più, le prese una mano e la strinse. E «Anne, la mia dolce Anne!», proruppe nel pieno trasporto di un sentimeno squisito; e ciò pose fine a ogni sorpresa, a ogni indecisione. Erano di nuovo uniti. Avevano ritrovato tutto ciò che avevano perduto. Ritornavano al passato: con più vivo affetto e più intensa fiducia, turbati nella loro presente felicità solo al punto di trovarsi impreparati all'interruzione causata da Mrs. Croft, quando poco dopo li raggiunse. Ma lei, probabilmente, trasse dalle osservazioni dei dieci minuti che seguirono motivi sufficienti per sospettare qualcosa; e se non si poteva immaginare che una donna del suo carattere desiderasse che la sarta l'avesse «imprigionata» più a lungo, era tuttavia probabile che desiderasse qualche pretesto per andare su e giù per la casa, o un temporale che spalancasse le finestre del piano di sopra, o l'arrivo del calzolaio dell'ammiraglio che, al piano di sotto, richiedesse la sua presenza. La Fortuna, comunque, li soccorse tutti quanti in un altro modo, sotto forma di una pioggerella che molto opportunamente cominciò a cadere non appena l'ammiraglio fu di ritorno e Anne si alzò per andarsene. Fu invitata con insistenza a restare a cena. Venne inviato un messaggio a Camden-place, e lei rimase... rimase fino alle dieci di sera e durante tutto quel tempo marito e moglie, o grazie alle manovre della moglie, o semplicemente comportandosi come erano soliti fare, si assentarono spesso insieme: andavano di sopra perché avevano sentito un certo rumore, o dabbasso a sistemare i loro conti, o sul pianerottolo a smoccolare le candele. E di questi preziosi momenti gli altri due seppero così

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ben profittare che tutte le angustie del passato ebbero fine. Prima di separarsi a tarda sera, Anne ebbe la gioia di sentirsi assicurare che anzitutto (lungi dall'essere mutata in peggio) il suo fascino personale era inesprimibilmente accresciuto; che, quanto al suo carattere esso si era ora cristallizzato: era l'essenza stessa della perfezione, la costante via di mezzo, tra grazia e fermezza... E ancora, che egli non aveva mai cessato di amarla e preferirla, anche se era stato solo a Uppercross, che aveva imparato a renderle giustizia, e solo a Lyme che aveva cominciato a vedere più chiaro nei propri confusi sentimenti; che a Lyme aveva ricevuto altre lezioni ancora. Il fugace sguardo d'ammirazione di Mr. Elliot l'aveva alla fine ridestato, e la scena sul Cobb, e poi in casa del capitano Harville, avevano fissato definitivamente la superiorità di Anne. Quanto ai suoi precedenti tentativi di affezionarsi a Louisa Musgrove (tentativi nati dalla rabbia e dal risentimento), affermò che sempre aveva avvertito l'impossibilità di amarla veramente, anche se fino a quel giorno, fino a che, dopo di esso, aveva ritrovato la calma necessaria per riflettere, non aveva compreso appieno la perfezione assoluta di una mente con cui quella di Louisa mal reggeva il confronto, o l'ascendente incontrastato, assoluto che tale mente esercitava sulla sua. Là, a Lyme, aveva imparato a distinguere la fermezza dei princìpi dall'ostinazione della cocciutaggine, le temerarietà della sventatezza dalla risoluzione di una mente equilibrata; là aveva visto tutto ciò che esaltava nella sua stima la donna che aveva perduto, e là aveva cominciato a deplorare l'orgoglio, la follia, l'irragionevolezza del risentimento che l'aveva trattenuto dal cercare di riconquistarla quando per caso l'aveva rincontrata. Da quel periodo e fino a quel momento quel pentimento era stato indicibilmente tormentoso. Non appena si era liberato dall'orrore e dal rimorso di quei pochi, primi giorni successivi all'incidente occorso a Louisa, non appena aveva cominciato a sentirsi di nuovo vivo, aveva cominciato a sentirsi... sì, vivo, ma non libero. Scoprì che il suo amico Harville lo considerava ufficialmente fidanzato. Gli Harville non nutrivano il benché minimo dubbio sul fatto che lui e Louisa fossero legati da un reciproco affetto, e sebbene ciò potesse essere, fino a un certo punto, immediatamente smentito, lo portò a riflettere che tale era la convinzione di tutti, della famiglia di lei e sì, forse di lei stessa, e che il suo senso dell'onore gli vietava di sentirsi libero sebbene, se le sue conclusioni erano quelle cui era giunto, in cuor suo si sentisse - ahimè! - anche troppo libero. Prima non aveva mai riflettuto con la necessaria serietà su questo punto, non aveva mai preso sufficientemente in considerazione il fatto che l'eccessiva familiarità dei suoi rapporti a Uppercross comportasse inevitabilmente, sotto molti aspetti, il pericolo di spiacevoli conseguenze, né, tentando di conquistare l'una o l'altra delle due ragazze, aveva mai preso in considerazione il rischio di dar luogo a sgradevoli pettegolezzi se non, addirittura, di suscitare affetti non corrisposti. Scoprì troppo tardi di essersi impegolato, e che proprio allora, quando aveva raggiunto la piena convinzione di non essere assolutamente innamorato di Louisa, doveva considerarsi legato a lei, se i sentimenti che Louisa nutriva per lui erano quelli che gli Harville supponevano. Ciò gli fece prendere la decisione di lasciare Lyme e di attendere altrove la sua completa guarigione. Avrebbe voluto trovare un modo qualunque, purché equo e ragionevole, di attenuare ogni eventuale reazione emotiva, ogni speculazione che lo riguardasse; così partì per lo Shropshire, con l'intenzione di tornare dopo qualche tempo dai Croft, a Kellynch, e di agire così come avrebbe ritenuto necessario. Era rimasto nello Shropshire a dolersi della cecità del suo orgoglio e degli stupidi errori dei suoi calcoli finché all'improvviso la felice, sorprendente notizia del fidanzamento di Louisa con Benwick non lo aveva liberato da ogni obbligo nei confronti di lei. Bath... Bath era stato il suo primo pensiero, divenuto subito dopo realtà. E a Bath era arrivato pieno di speranze, per poi rodersi di gelosia non appena aveva visto Mr. Elliot; per soffrire, durante il concerto, dell'alternarsi di gelosia e speranza; per piombare nella disperazione, quella stessa mattina, nell'apprendere un rapporto così circostanziato della situazione; per essere ora più felice di quanto le parole potessero esprimere, o di quanto un cuore - qualsiasi cuore tranne il suo - potesse mai essere. La sua descrizione di quanto aveva provato durante il concerto fu fervidamente appassionata, assolutamente deliziosa. Per lui la serata era stata un succedersi di momenti squisiti. I1 momento in cui, nella Sala Ottagonale, Anne gli era venuta incontro per parlargli, quello in cui era comparso Mr. Elliot e l'aveva trascinata via, e poi ancora uno o due momenti di rinata speranza o di rinnovato sconforto: di tutto ciò egli parlò a lungo, con ardore. «Vederti in mezzo a coloro che non potevano essere ben disposti nei miei confronti», esclamò, «vedere tuo cugino che ti sedeva accanto, conversando e sorridendo, e rendermi conto dentro di me di tutti gli odiosi vantaggi, della convenienza di un vostro matrimonio! Considerare che esso rispondeva senz'ombra di dubbio ai desideri di tutti coloro che potevano sperare di influenzarti! E ancora, se pure i tuoi sentimenti erano riluttanti o indifferenti, considerare di quali autorevoli appoggi egli avrebbe goduto!... Non bastava forse a farmi comportare da quell'idiota che ho dato a vedere di essere? Come potevo restare a guardare senza tormentarmi? La sola vista dell'amica che sedeva dietro di te, il ricordo di ciò che era stato, la consapevolezza della sua influenza, l'impressione incancellabile, inobliabile di ciò che la persuasione aveva fatto una volta... tutto questo non era forse contro di me?». «Avresti dovuto distinguere», replicò Anne. «Non avresti dovuto sospettarmi. Un caso tanto diverso, la mia età tanto diversa. Se ho avuto torto a cedere alla persuasione una volta, ricorda che essa fu esercitata per la mia salvaguardia, non per amore del rischio. Quando cedetti, pensai di farlo per un senso di dovere; ma qui non si poteva invocare il senso del dovere. Se avessi sposato un uomo che mi è indifferente, sarei incorsa in rischi d'ogni genere e avrei violato ogni dovere». «Forse avrei dovuto ragionare così», disse lui, «ma non potevo. Non potevo trarre beneficio dalla mia tardiva scoperta del tuo vero carattere; non potevo collegarla alla realtà; era sopraffatta, sepolta, perduta in quei sentimenti del passato che mi avevano torturato, anno dopo anno. Potevo vedere in te solo colei che aveva ceduto, che si era lasciata influenzare da tutti, me escluso. Ti vedevo proprio accanto alla persona che ti aveva fatto da guida in quell'anno di

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sofferenza. Non avevo alcun motivo di credere che ora la sua autorità fosse minore. E ad essa andava aggiunta la forza dell'abitudine». «Pensavo», disse Anne, «che il mio atteggiamento nei tuoi confronti ti avrebbe risparmiato tutto questo: se non tutto, al meno in gran parte». «No, no! il tuo atteggiamento poteva essere solo l'effetto della disinvolta sicurezza che ti veniva dall'essere fidanzata con un altro. Ti ho lasciata convinto di questo; eppure... ero fermamente deciso a rivederti. La mattina dopo ero più su di morale, e sentii che avevo ancora un motivo per restare. Certo, quanto mi comunicò l'ammiraglio provocò una reazione, e da quel momento non ebbi dubbi su ciò che dovevo fare: se ciò avesse ricevuto conferma, questo giorno avrebbe segnato la fine del mio soggiorno a Bath». Ebbero tutto il tempo necessario per parlare di tutto questo, salvo brevi interruzioni che servirono solo a rendere più intenso l'incanto di quell'intimo colloquio, e difficilmente si sarebbero trovate in tutta Bath due persone così razionalmente ed estaticamente felici come i due che quella sera sedevano sul sofà del salotto di Mrs. Croft in Gay-street. Il capitano Wentworth si era affrettato a parlare coll'ammiraglio, non appena questi era tornato a casa, per dargli le necessarie informazioni su Mr. Elliot e Kellynch, e la naturale delicatezza dell'ammiraglio lo aveva trattenuto dal dire ad Anne una sola parola sull'argomento. In effetti era seriamente preoccupato per averla angustiata toccando - chi poteva dirlo? - un tasto delicato. Chissà, forse nutriva per il cugino un affetto maggiore di quello che egli nutriva per lei; effettivamente, se era vero che dovevano sposarsi, perché mai avrebbero dovuto aspettare tanto tempo? Sul finire della serata, è probabile che la moglie suggerisse al marito qualche nuova idea, perché, quando si congedò da Anne, l'atteggiamento particolarmente amichevole di Mrs. Croft diede a quest'ultima la piacevole persuasione che essa avesse visto e approvato. Era stata una tal giornata per Anne... le ore trascorse da quando aveva lasciato Camden-place avevano fatto tanto!... Se vi riandava col pensiero era quasi sbalordita, quasi troppo felice. Dovette trascorrerne in piedi metà della notte e, quando si coricò, trascorrerne l'altra metà senza prender sonno per rendersi conto con calma della sua attuale situazione, e pagare quell'eccesso di felicità con un'emicrania e un gran senso di spossatezza. A questo capitolo seguiva il cap. XXIV della presente edizione. IL CAPITOLO CANCELLATO DI «PERSUASIONE» (da A Memoir of Jane Austen, di J.E. Austen Leigh) ... Persuasione venne terminato solo verso la metà di agosto di quell'anno, e il modo in cui fu allora completato prova in confutabilmente che le capacità critiche e creative dell'autrice non erano affatto menomate. Il finale del libro era stato ultimato in luglio, e il nuovo fidanzamento dell'eroe e dell'eroina aveva luogo in modo totalmente diverso nel corso di una scena che si svolgeva in casa dell'ammiraglio Croft. Ma quanto aveva scritto la lasciava insoddisfatta; lo giudicava insipido e piatto e desiderava assolutamente produrre qualcosa di meglio. Quel pensiero la tormentava senza tregua, e il tormento era probabilmente esasperato dalle sue precarie condizioni di salute; così una notte, quando andò a coricarsi, era molto abbattuta. Ma di tale depressione, così poco conforme alla sua natura, si liberò immediatamente. La mattina dopo, la sua mente era più serena, la sua ispirazione più fervida: aveva ritrovato tutta la sua lucidità, l'immaginazione riprese il corso usato. Cancellò il capitolo condannato e ne scrisse in sua vece altri due, completamente diversi. È così che possediamo le pagine riguardanti l'arrivo a Bath della comitiva dei Musgrovej le scene affollate e animate che si svolgono al Cervo Bianco e la deliziosa conversazione tra il capitano Harville e Anne Elliot, sorpresa dal capitano Wentworth, e che porterà finalmente i due fedeli innamorati a comprendere i reciproci sentimenti. I1 decimo e l'undicesimo capitolo di Persuasione rappresentano pertanto, più che la conclusione vera e propria del romanzo, l'ultima delle composizioni che l'autrice diede alle stampe, il suo ultimo contributo al divertimento dei lettori. Si può forse pensare che raramente ella scrisse pagine più brillanti e che, indipendentemente dal modo originale in cui ha luogo il dénouement, la presentazione della bonaria fanciullaggine di Charles Musgrove e della gelosia, dell'egoismo di sua moglie sarebbe stata incompleta senza questi tocchi finali. Il capitolo cancellato è conservato nel manoscritto del romanzo. È certamente inferiore ai due che lo sostituirono, ma sempre tale da soddisfare e certi scrittori e certi lettori; non solo, ma conteneva alcuni tocchi che nessuna altra mano sarebbe stata in grado di apportare e di cui si potrebbe quasi rimpiangere la soppressione. Da A Memoir of Jane Austen, by Her Nephew J.E. Austen Leigh, Vicar of Bray, Berks (seconda edizione, 1870, pp. 381-82). A Memoir è riprodotto in tegralmente alla fine del romanzo in Jane Austen, Persuasion: with a Metnoir of Jane Austen by J.E. Austen Leigh, edited with an Introduction by D.W. Harding, Penguin Books, 1983.

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