atlante paste dolci liquori

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Regione CampaniaAssessorato all’Agricoltura e alle Attività ProduttiveSettore Sperimentazione, Informazione e Consulenza in Agricoltura

Dirigente del settore Michele BiancoCoordinamento dell’opera Ferdinando Gandolfi

Si ringraziano Antonino De Gennaro SeSIRCA Francesco Marconi Stapa Caserta Luca Branca Stapa Avellino Rita Console, Giovanni Pirozzi Stapa Napoli Giuseppina Gargiulo, Giuseppe Moccia, Felice Grieco, Renato De Luca Stapa Salerno Oreste Iadanaza, Antonio D’Agostino, Rocco Messere, Roberto Ricci, Giuseppe Passariello Stapa Beneventoper la realizzazione della documentazione fotografica

ProduzioneIl Sole 24 Ore Editoria Specializzata

Coordinamento Organizzativo Etico Media SrlSupervisione e redazione testi Margherita de LucaIdeazione grafica e realizzazione illustrazioni originali Guia FulfaroTraduzioni Katherine E. RussoGrafica e impaginazione Roberto Russo

Atlante dei prodotti tradizionali CampaniTraditional Campanian food Atlas

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Regione CampaniaAssessorato all’Agricoltura e alle Attività ProduttiveSettore Sperimentazione, Informazione e Consulenza in Agricoltura

Dirigente del settore Michele BiancoCoordinamento dell’opera Ferdinando Gandolfi

Si ringraziano Antonino De Gennaro SeSIRCA Francesco Marconi Stapa Caserta Luca Branca Stapa Avellino Rita Console, Giovanni Pirozzi Stapa Napoli Giuseppina Gargiulo, Giuseppe Moccia, Felice Grieco, Renato De Luca Stapa Salerno Oreste Iadanaza, Antonio D’Agostino, Rocco Messere, Roberto Ricci, Giuseppe Passariello Stapa Beneventoper la realizzazione della documentazione fotografica

ProduzioneIl Sole 24 Ore Editoria Specializzata

Coordinamento Organizzativo Etico Media SrlSupervisione e redazione testi Margherita de LucaIdeazione grafica e realizzazione illustrazioni originali Guia FulfaroTraduzioni Katherine E. RussoGrafica e impaginazione Roberto Russo

Atlante dei prodotti tradizionali CampaniTraditional Campanian food Atlas

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Babà Biscotti al MieleBiscotti di CastellammareBiscotti di Grano Integrale e di GranoneCalzoncelliCalzoneCartellate con MostoCasatiello DolceCasatiello Sugna e PepeChiacchiereCioccolato al limoncelloConfettoneCopetaDelizia al limone-Na.Sa.FollovielliFragolinoFusillo di FelittoFusillo di Gioi Guanto Caleno Liquore al Tartufo NeroLiquore ConcertoLiquore Crema di LimoneLiquore di AmarenaLiquore di Castagne di MontellaLiquore di Gelse RosseLiquore di Limone di Sorrento e della Costa d’AmalfiLiquore di MirtilliLiquore FinocchiettoLiquore NanassinoMigliaccioMustaccioliNdunderiNocilloPagnotta di Santa Chiara

Palme di ConfettiPancotto dei ForesiPane dei CamaldoliPane di CalitriPane di IurmanoPane di MontecalvoPane di PadulaPane di San SebastianoPane di SaragollaPane di VillariccaPanesillo di PontePantorronePanuozzoPanzarottiPasta di GragnanoPastieraPignaPizza ChienaPizza con RicottaPizza di Scarola Pizza FigliataPizza Migliazza Cu Li FrittolePizza Napoletana Verace ArtigianalePuccellato Dolce e Puccellato SalatoRaffioliRaviolo di Ricotta di PecoraRicci o Fusilli FuritaniRoccocòSanguinaccioScaldatelleScazzatielloScialatielliSciroppo di Arancia Bionda

SciuscielloSfogliatella Santa RosaSfogliatellaSidro di Mela LimoncellaSospiri al Limone Spantorrone di GrottaStruffoliSusamielliTaraddi con FinocchioTaralli IntrecciatiTarallini al VinoTarallo di Agerola alla Mandorla ed al FinocchiettoTarallo Sugna e PepeTarallucci al NasproTascaTorroncino di RoccagloriosaTorrone di Benevento Torrone croccantino di San Marco dei CavotiTorrone di CastagnaTorrone di Ospedaletto d’AlpinoloZandragliaZeppola di S. GiuseppeZeppola fritta

Paste Fresche, Prodotti di Panetteria, Dolci e Liquori

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Babà

La storia del babà affonda le sue radici nella Polonia del XVIII secolo, alla corte di re Stanislao Leszczinski, che, si narra, rovesciò accidentalmente una bottiglia di rhum su un dolce realizzato per lui dai suoi pasticcieri, dando vita al babà. Fu Stanislao stesso a deciderne il nome, scegliendolo per due motivi: primo perché lo volle dedicare ad Alì Babà, protagonista del celebre racconto tratto da Le Mille e Una Notte, libro che il sovrano amava leggere e rileggere, e, secondo, perché la parola “babà” è traducibile con “vecchia signora”, in riferimento alla mollezza della pasta del dolce, particolarmente adatta a coloro che non hanno i denti. Il babà arrivò presto a Parigi, dove in tanti lo conobbero e lo apprezzarono. A portarlo, successivamente, a Napoli furono i “monsù”, deformazione della parola monsieur, gli chef francesi che prestavano servizio presso le nobili famiglie napoletane. A Napoli il babà si è perfezionato, acquisendo le caratteristiche che lo distinguono: la particolare morbidezza, ottenuta mediante il procedimento di bagnarlo con acqua e zucchero, e la caratteristica forma bombata, simile a un fungo; è per questo che oggi il babà comunemente considerato una specialità di origine Campana. Il dolce è a base di farina di grano tenero, uova, burro o strutto, sale, zucchero e lievito di birra, lievita per due volte e si cuoce in forno; prima di essere servito va bagnato

con una soluzione di acqua e zucchero, aromatizzata al limone e corretta al rhum; il babà classico o guarnito con panna o creme pasticciere varie si può trovare in tutti i laboratori della Regione.

The origin of the babà cake is to be found in 18th century Poland, at the court of King Stanislao Leszczinski. The story recounts that the king spilt by mistake a bottle of rhum on top of a cake, made for him by his cooks, so creating the babà. Stanislao personally chose the name for two reasons: firstly, to dedicate it to Alì Babà, the famous character from One Thousand and One Arabian Nights, a book that the king loved to read over and over again, and secondly, because the word “babà” is translatable as “old lady”, a reference to the softness of the cake which is particularly useful for tootheless people. The babà made its way to Paris where it was greatly appreciated. It was then brought to Naples by the “monsù”, a distortion of the word monsieur, i.e. the French cooks who served the Neapolitan noble families. In Naples the babà was then perfected, finding its distinctive peculiarities: the softness, gained by wetting it in water and sugar, and the distinctive mushroom-like shape. For these reasons, the babà today is considered an original specialty from Campania. The cake is made with soft grain flour, eggs, butter or lard, salt, sugar, and yeast. It is put to rise twice and is cooked in the oven and it is wet with a solution of water and sugar, which has been aromatized with lemon or rum, before being served. The classic babà, as well as the chocolate and cream varieties, can be found in every workshop of the region.

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Biscotti al Miele

Il Cilento, in provincia di Salerno è una zona dalla vegetazione rigogliosa e variegata e, per questo motivo, è un paradiso per le api alla ricerca di nettari; grazie a queste particolari condizioni, l’apicoltura e la produzione di pregiatissime varietà di miele è una tradizione molto antica in tutto il Cilento. Da sempre il miele locale viene utilizzato nelle ricette tipiche della zona: in particolare nei comuni di Calore Salernitano e Alburni si preparano dei biscotti prodotti con miele locale, detti anche “pupette” o “mustacciuoli”, che vengono tradizionalmente offerti in occasioni particolari, come i matrimoni o i festeggiamenti delle comunità. I biscotti al miele hanno una consistenza piuttosto elastica, un colore tendente al bruno più o meno scuro in relazione al tipo di miele utilizzato e vengono realizzati in diverse forme: allungati, a forma di rombo o a forma di omini e animali. A volte li troviamo guarniti con piccoli confetti colorati. La tecnica di preparazione è molto semplice: il miele locale si riscalda e si schiuma con farina di grano tenero in modo tale da ottenere un impasto consistente a cui si aggiungono sale e, secondo alcune ricette, un po’ di ammoniaca. In seguito l’impasto si manipola con l’olio d’oliva per dare ai biscotti la forma desiderata; prima di essere infornati si lucidano ancora con olio d’oliva. A volte, in alcune località, troviamo ricette che prevedono l’aggiunta all’impasto

di altri ingredienti come olio di oliva, nocciole tritate, uova, aromi di cannella e buccia di limone.

Cilento, close to Salerno is an area with a lush and varied vegetation, and for this reson it’s a paradise for bees looking for nectar. Due to these particular conditions, apiculture and honey production is a very ancient tradition in Cilento. Honey has always been an ingredient in local recipes: especially in the towns of Calore Salernitano and Alburni where biscuits, also known as “pupette” or “mustacciuoli”, are made with local honey and are offered at weddings and other local festivities. The biscuits made with honey have a soft consistency, a more or less brownish color, depending on the kind of honey used, and come in different shapes: long ones, square shaped or animal and human forms. Sometimes they’re enriched with little hundreds and thousands. The preparation is quite simple: the local honey is heated and skimmed with flour to obtain a consistent dough to which salt is added, and, according to some recipes, a bit of ammonia. Then the dough is mixed with olive oil to give the desired shape; and then brushed again with olive oil before being placed in the oven. In some towns, occasionally recipes can be found where other ingredients such as olive oil, minced nuts, eggs, cinnamon and lemon peel have been added to the dough.

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Biscotti di Castellamare

La storia dei biscotti di Castellammare, località costiera della provincia di Napoli, è molto antica e ricca di fascino. Pare che la ricetta di questi gustosi biscotti sia stata creata nel XIX secolo da una famiglia di produttori locali, che ne custodirono gelosamente il segreto, tramandandosela di padre in figlio, fino al verificarsi, nel secolo scorso, di una serie di morti violente e misteriose all’interno della famiglia, dovute ai continui rifiuti, da parte dei proprietari, di venderla. Probabilmente lo zampino della fantasia popolare ha fatto si che collegassero vicende che non avevano alcun nesso fra di loro, ma che sicuramente hanno contribuito a far crescere l’interesse intorno a questi deliziosi biscotti a forma di sigaro. I biscotti di Castellammare oggi vengono prodotti e commercializzati al livello industriale, ma nel rispetto del l’antica ricetta che prevede l’utilizzo di farina, zucchero e aromi naturali, il tutto lievitato naturalmente e cotto al forno. La forma tipica è allungata, o ad anellini, o a freselline, e ancora oggi vengono impacchettati nella stessa carta azzurra utilizzata un tempo dai pastai della vicina Gragnano. I biscotti di Castellammare si possono mangiare bagnati nella famosissima Acqua della Madonna la cui sorgente si trova nella stessa Castellamare.

The history of the biscuits from Castellamare, a town on the coast near Naples, is very ancient and full of charm. It seems that the recipe of these delicious biscuits was created by a local family in the 19th century and jealously guarded through generations until during the last century a series of mysterious and brutal deaths in this family were caused by the refusal to sell the recipe. Maybe it was fanciful imagination that put the unrelated events together, but it surely helped to create an interest about the delicious cigar-like biscuits that are now produced on a industrial basis. The ancient recipe requires flour, sugar and natural aromas, the whole of which is levitated naturally and baked in an oven. The typical shapes are either long or little rings called “freselline”, and are still packed in the blue paper used by the pasta-makers from Grangnano. The Castellamare biscuits can be eaten soaked in Acqua della Madonna, whose springhead is also found in Castellamare.

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I biscotti di grano integrale e quelli di granone sono tra i più antichi prodotti della tradizione di Agerola, il comune in provincia di Napoli dove è stata inventata la loro ricetta e dove, negli anni, continuano a venire confezionatii secondo le antiche tecniche e con gli antichi ingredienti. Sono dei biscotti salati il cui impasto è fatto di acqua, crescito, farina integrale e farina bianca per i primi, farina di mais e farina di frumento, per i secondi. La tecnica di lavorazione è la stessa: l’impasto viene lavorato a forma di filoni che vengono tagliati a fette e fatti lievitare all’aria per oltre 3 ore. Dopo la cottura si lasciano raffreddare e le fette, una volta separate, si mettono nella biscottiera per oltre 7 ore, dopodiché vengono imbustate e vendute in zona, anche se oggi la loro diffusione ha superato i confini regionali. Hanno la forma di fettine di pane molto spesse dalla consistenza croccante; si consumano, per lo più, bagnati per pochi secondi e poi conditi con i pomodori o, nel caso dei biscotti di granone, anche consumati nel latte, per la prima colazione.

The whole meal and corn biscuits belong to one of the oldest traditional product of a small town called Agerola, situated in the Neapolitan area. Even though this recipe was invented in Agerola a long time ago, the original techniques and ingredients are still used today in a prosperous and active production of the biscuits. The dough of these salty biscuits is made of water, levitated dough, whole meal and white flour, for the first and corn flour and wheat flour for the second. The making process is the same: the dough is worked into long loafs that are cut in slices and left to rise for over 3 hours in open air. After being baked the loaves are left to cool and then the slices are separated and put in to biscuits tins for over 7 hours. After being left to cool, they’re packed and sold in the area. Recently distribution has reached many countries far from their place of origin. The shape is similar to thick bread slices with a crunchy consistency; mostly consumed with tomatoes after being slightly soaked in water or, in the case of corn, with milk for breakfast.

Biscotti di Grano Integrale e di Granone

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Calzoncelli

I calzoncelli, detti anche “pasticelle di Natale”, sono dei dolci che vengono confezionati, durante il periodo natalizio in tutta la Regione, e in particolare nella provincia di Salerno, nel Sannio Beneventano e in Irpinia. Sono dei piccoli fagottini fritti di sottilissima pasta, preparata con farina, zucchero, vino bianco, sale e uova, confezionati a forma di mezzaluna o rotondi e ricoperti di zucchero a velo. Il ripieno dei calzoncelli è costituito da prodotti locali: cioccolato, pinoli, pere secche, cacao, caffé, aromi, e purea di castagne, il tutto con aggiunta di zucchero. Il bordo delle pasticelle è irregolare e può avere diverse forme dettate dalla fantasia; il gusto è fortemente caratterizzato dalla purea di castagne, che ne costituisce l’ingrediente distintivo, tanto che spesso non si aspetta il periodo natalizio per prepararli, ma si comincia con la prima caduta delle castagne.

Calzoncelli, also known as “Pasticelle di Natale”, are cakes prepared during the Christmas period in the entire region, especially around Salerno, Sannio Beneventano and Irpinia. They are small fried cakes made of a thin pastry prepared out of flour, sugar, white wine, salt and eggs, in the shape of a small half-moon or round and covered with icing sugar. The Calzoncelli’s filling is made of local products: chocolate, pine nuts, dried pears, cocoa, coffee, fragrances, mashed chestnuts all mixed to sugar. The Pasticelle’s rim is irregular and can have different shapes according to creativity; the taste of the chestnut mash dominates the taste and is the characterizing ingredient. Hence, people often don’t wait for Christmas but start preparing them as soon as the chestnuts are in season.

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Il calzone è generalmente percepito come una varietà della classica pizza tonda ma, secondo alcuni, ne rappresenta un antenato, visto che le prime pizze di cui si ha notizia risalgono a tempi antichissimi e consistevano in una preparazione a base di pasta pura coperta con i condimenti, ripiegata in due e cotta su pietre riscaldate: si trattava, insomma, di un calzone. Il calzone, detto anche “ripieno”, che oggi viene servito in tutte le pizzerie partenopee è una sorta di fagotto realizzato con la stessa pasta della pizza. La pasta, a base di farina di grano tenero, acqua, lievito di birra fresco e sale, viene lavorata e riempita, secondo la ricetta originale, con ricotta, cicoli e pepe nero macinato e poi cotta per qualche minuto in forno a legna. Accanto al calzone “ortodosso” esistono numerose varianti che concernono la varietà dei condimenti che col tempo si è molto ampliata e variegata: spesso il ripieno viene servito con mozzarella, basilico, pomodoro e altri salumi.

Calzone is usually perceived as a variation of the classic round pizza but according to some it represents its forefather, since the first news about pizza goes way back and it consisted in a thick dough covered with flavourings, folded in two and cooked on heated stones: indeed it was a calzone. The Calzone, also known as “ripieno”, is served today in every Neapolitan pizzeria and is a kind of folded pizza. The dough is the same of the pizza, made of white flour, water, beer yeast and salt, and filled, according to the original recipe, with ricotta, dices of pork fat and black pepper then baked for a few minutes in a wood fire oven. There are many variations of the “classic” calzone mostly regarding the filling which has evolved in time: often the ripeno is served with mozzarella, basil, tomato and other types of salami.

Calzone

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Nella zona della Penisola Sorrentina, in provincia di Napoli, nel periodo immediatamente successivo alla vendemmia si prepara da sempre un dolce detto “cartellata”. L’etimologia del nome è piuttosto incerta, alcuni la rimandano al latino tardo cartellus o cartallus che vuol dire “canestro”, in riferimento alla sua tipica forma, che richiama alla mente quella di una cesta intrecciata. Le cartellate sono sottili strisce di pasta ottenuta dall’impasto di farina e uova, arrotolate in vario modo e poi fritte; dopo la cottura, si procede a ciò che dà loro il tocco finale, l’immersione nel mosto bollente. Benché si cominci a prepararle in autunno, dopo la vendemmia, poiché si conservano per lungo tempo in grandi vasi di vetro o nella tradizionali scatole di latta per biscotti, vengono considerate un dolce tipicamente natalizio.

In the area of the Sorrento peninsula, not far from Naples, a cake called “cartellata” has always been prepared around the vintage season. The etymology of the word is quite uncertain, some relate it to the Late Latin word cartellus or cartallus, which means basket and refers to its typical shape that recalls an interlaced basket. Cartellate are thin slices of dough made of flour and eggs, twisted in different shapes and fried. After being cooked the final touch is added by soaking them in boiling must. Although, they are prepared in Autumn and kept in big glass jugs or traditional tin boxes, they are considered a Christmas cake.

Cartellate con Mosto

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Il casatiello napoletano nasce come torta salata, ma viene preparato anche nella variante, leggermente più moderna, di torta dolce. Gli ingredienti del dolce sono farina, zucchero, sugna e lievito che vengono lavorati insieme ai canditi e a diversi aromi come cannella, vaniglia e acqua di fiori. Il segreto della sua riuscita sta nell’energica lavorazione della pasta, che serve per ottenere la consistenza particolarmente morbida e nella lunga lievitazione che deve avvenire in un ambiente favorevole; dopo la cottura in forno, il dolce si decora con naspro e confetti colorati. Anche il casatiello dolce viene preparato in casa o in laboratori artigianali e venduto nel periodo pasquale.

The Neapolitan Casatiello originated as a salty cake. However, it is also prepared in a more recent variation as a sweet cake. The cakes ingredients are flour, sugar, lard and yeast, which are mixed with candied fruit and many aromas like cinnamon, vanilla and flower water. The secret of its success is in the energetic kneading of the dough, which is necessary to obtain a soft consistency, and in the long time spent to allow the dough to rise in a favourable environment. After being cooked in the oven the cake is dressed with hundreds and thousands and icing. The sweet casatiello is made at home or in artisan laboratories and sold during the Easter period.

Casatiello Dolce

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Il termine “casatiello” deriva, probabil-mente, dalla deformazione dialettale della parola “cacio”, formaggio; è il formaggio grattugiato, infatti, uno dei principali in-gredienti del suo impasto. É il cibo pas-quale per eccellenza, immancabile nel cestino del pic-nic della gita del lunedì di pasquetta; si tratta di un rustico a base di farina sugna uova, lievito, abbondante pecorino grattugiato e una piccola parte di parmigiano reggiano imbottito con salumi e pepe. I salumi sono, tradizionalmente, salame e cicoli, ma sono consentite diverse varianti, dalla mortadella tagliata a dadini al prosciutto cotto. L’impasto viene lavo-rato a mano e fatto lievitare per circa 10 ore, per poi essere cotto in forno, preferi-bilmente a legna. La forma è rotonda e la ricetta originale prevede che si incastrino delle uova sode intere nella pasta, sulla superficie. Il casatiello viene preparato in tutte le case partenopee durante il periodo pasquale, ma si può anche acquistare nei panifici locali.

The word “casatiello” probably derives from the distortion of the Neapolitan dialect word “cacio”, which is a type of cheese, and the grated cheese is one of its main ingredients. It’s the main Easter treat, ever present in every picnic basket on Easter Monday. A savory cake made of flour, lard, eggs, yeast, a lot of grated pecorino and some parmesan cheese filled with salami and pepper. Stuffing is traditionally salami and diced pieces of pork fat but there are variations like mortadella salami cubes and ham. The dough is kneaded by hand and left to rise for about 10 hours and then is cooked in the oven, preferably a wood fire oven. It’s round-shaped, and the original recipe includes boiled eggs inserted on the top. Casatiello is prepared in every Neapolitan house during Easter, but can even be bought in local bakeries.

Casatiello Sugna e Pepe

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Nel periodo di Carnevale, in tutta la regione Campania si preparano dei dolci fritti detti “chiacchiere”. Le chiacchiere, dolci allegri come il carnevale, hanno una consistenza e una forma molto particolari: tenere e friabili, sono tagliate irregolarmente a strisce che poi vengono intrecciate in vario modo. La pasta delle strisce è composta da zucchero farina, acqua e uova e vi si aggiunge un vino liquoroso o, in alternativa, qualche spruzzo di liquore. Dopo essere state intrecciate, le chiacchiere vengono fritte e, una volta asciugate attentamente su carta assorbente, vengono spolverate con abbondante zucchero a velo. Le chiacchiere sono preparate per lo più insieme al sanguinaccio, la crema di cioccolato nella quale vengono immerse.

In the entire Campania region, during the Mardi Gras period, a fried cake called Chiacchiere are prepared. Chiacchiere, jolly cakes like Mardi Gras, have a distinctive shape and consistency: tender and crispy, they are cut into irregular ribbons that are entwined in different ways. The dough is made of sugar, flour, water and eggs mixed to a liqueur wine or as an alternative soaked with liqueur. After being entwined, the Chiacchiere are fried and once they are carefully dried on absorbant paper, they are sprinkled with a lot of icing sugar. Chiacchiere are prepared together with Sanguinaccio, a chocolate cream dip.

Chiacchiere

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Il cioccolato al limoncello è un infuso di tradizione casalinga, realizzato esclusi-vamente con ingredienti naturali, la cui produzione si è diffusa negli ultimi 30 anni in alcuni territori della provincia di Napoli, in particolare nella zona della penisola Sor-rentina, patria del più antico limoncello, di cui rappresenta una variante golosa e più invernale. Si tratta di un liquore ottenuto mischiando cacao magro in polvere con alcool a 90 gradi e, naturalmente, con il tradizionale limoncello. Diffusissimo in tutta la zona, ancora oggi viene prodotto per lo più per uso domestico, ma si può trovare anche in commercio, poiché viene confezionato e commercializzato da alcune ditte locali; è molto apprezzato per il suo gusto particolare e le sue spiccate qualità digestive.

The Limoncello chocolate liqueur is a homemade traditional blend, made only with natural ingredients. Over the last 30 years production has spread all over the Neapolitan area and especially in the Sorrento peninsula, hometown to the glorious original Limoncello. Being a more wintertime and warming variation, the liqueur is obtained through the blend of powdered cocoa, pure 90° alcohol and obviously traditional Limoncello. Widespread through the whole region, it’s still produced only for domestic use, but it can be found in shops, because it’s produced by some local factories. It is very valued for its distinctive taste and digestive quality.

Cioccolato al Limoncello

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“O’ Cùnftton’” è una specialità gastronom-ica inventata secoli fa a Salerno e molto diffusa in alcuni comuni della provincia, in particolare Cava De’ Tirreni. Come sug-gerisce il nome, è un confetto grande circa due volte un confetto normale e ricoperto, anziché del solito zucchero, di “diavolilli”, ossia piccoli confettini bianchi. Si ottiene lavorando a mano il seme della pianta del cacao: si tostano leggermente i semi di ca-cao interi e poi si passano nel cioccolato fondente con l’ausilio dell’indice e il pollice di tutte e due le mani, si avvolge il seme in una pasta di cacao tritato zucchero e un poco di acqua. Il confettone si ripassa, poi, nei diavolilli, e si lascia asciugare per circa venti minuti. C’è anche una variante ai dia-volilli, che consiste nel ripassare il confet-tone nel cacao amaro, per ottenere un ef-fetto simile a quello del tartufo, dal gusto leggermente più amaro.

“O’ Cùnftton’” is a gastronomical specialty invented centuries ago in the city of Salerno and is very widespread in towns around the area, especially Cava De’ Tirreni. As the name suggests, it’s a large sugared almond twice as big as a normal confetto and covered with “diavolilli”, i.e. hundreds and thousands, instead of the normal icing. It’s made out of the kneading of whole cocoa seeds: the seeds are slightly toasted and then dipped in dark chocolate, using the forefingers and thumbs of both hands the seed is covered with a paste of minced cocoa, sugar and a little bit of water. The confettone is immersed into the diavolilli and left to dry for 20 minutes. There’s a variation to the diavolilli that consists in dipping the confettone in bitter cocoa to obtain a taste similar to a “tartufo”, only more bitter.

Confettone

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Nei territori campani di Benevento, Avellino e Salerno si produce ancora oggi un torrone di antichissima tradizione, il cui nome deriva dal latino cupida che vuol dire “desiderata”. La cupida o cupita, che veniva “desiderata” per la sua bontà, viene citata da numerosi scrittori latini, tra cui Tito Livio, e viene riconosciuta come l’antenato del torrone di Benevento: è un torrone bianco molto compatto insaporito con nocciole, mandorle e, molto spesso, pistacchi. Oggi si lavora nella torroniera, dove miele e zucchero vengono riscaldati fino a 80 gradi e, mentre la torroniera viene fatta girare a marcia veloce, e si aggiunge l’albume d’uovo sciolto in acqua, preparato il giorno precedente. L’ultima fase avviene con la torroniera alla velocità minima e vede l’aggiunta di zucchero a velo spolverato, vaniglia, nocciole, mandorle o pistacchi, opportunamente preriscaldati, perché abbiano la stessa temperatura dell’impasto; il tutto viene prodotto in grosse lastre che vengono poi spaccate in pezzi per essere vendute.

An ancient traditional torrone (chocolate nougat), which is still produced in the Campania areas around the cities of Benevento, Avellino and Salerno. The name derives from the Latin word “Cupida”, which means “desired”. “Cupida” or “Cupita”, was desired for it’s delicious taste, and is cited by many Latin authors, such as Tito Livio. It is recognized as the torrone’s ancestor in Benevento. It’s a firm white torrone with tasty nuts, almonds and often pistachios. It’s made in a “torroniera”, a fast rotating appliance where honey and sugar are heated up to 80°C and mixed with egg whites diluted in water prepared the day before. The last stage mixture is made in the “torroniera” on slow rotation in which icing sugar, vanilla, nuts, almonds or pistachios are added already heated so that they maintain the same temperature of the mix. Finally the dough is shaped into big slabs which are cut in pieces to be sold.

Copeta

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La delizia al limone è un dolce relativamente giovane rispetto alla maggior parte di quelli facenti parte della tradizione dolciaria campana; originario delle due costiere, quella Sorrentina e quella Amalfitana, è stato, infatti, inventato negli anni ’70. Si presenta come un piccolo dolce di pan di Spagna rivestito e ripieno di panna e crema al limone. Si ottiene realizzando una pasta tipo bignè, di grandezza variabile, a seconda delle zone che, una volta cotta in forno, viene riempita con una crema realizzata con latte, farina, tuorli d’uovo, limoni, zucchero, panna, e guarnita con la stessa crema al limone e con panna montata. É un dolce che va consumato freschissimo perchè non può essere conservato per un tempo superiore alle tre ore; per lo più viene offerto in occasioni festive, come per esempio i matrimoni, dove molto spesso sostituisce la torta

The Delizia al Limone is a more recent sweet compared to the traditional cakes from Campania. Originating on the Sorrento and Amalfi coast, it was invented in the seventies. It’s a small sponge cake covered and filled with whipped and lemon cream. The sponge resembles a small cream puff of different sizes according to the area and once baked it is filled with cream made of milk, flour, egg yolk, lemon, sugar and cream. Decorations are made with lemon and whipping cream. It has to be consumed freshly done because can’t be stored for more than 3 hours; it’s mostly consumed on special occasions such as weddings where it often replaces the wedding cake.

Delizia al Limone

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I Follovielli sono dei fagottini di foglie di agrumi ripieni di uva sultanina e di arancia candita; sono una specialità della penisola Sorrentina, dove sono chiamati anche “follarelli”” o “fogliarelli”. Sono preparati da novembre a gennaio e il loro procedimento di bollendo l’uva nel vino e avvolgendola insieme a dell’arancia candita in foglie di agrumi legate con la rafia. Prima di essere serviti, i follovielli devono essere lasciati in forno perché si asciughino. Probabilmente il loro nome deriva dal latino: da folium volvere, che vuol dire “avvolgere la foglia”, oppure da follare, cioè “pigiare” oppure, secondo un etimo popolare più incerto, da folliculus, parola che vuol dire sacchetto, guscio. La ricetta è antichissima, risale al periodo romano, anche se allora si utilizzavano come involucro le foglie di fico, platano e vite, poi sostituite da quelle di agrumi.

Follovielli are little sacks made of citrus leaves filled with sultanas and candied oranges; a specialty from Sorrento’s peninsula, also known as “follarelli”” or “fogliarelli”. Prepared from November till January, tradition demands that the sultanas are boiled in wine and wrapped with the candied oranges in citrus leaves tied with raffia. Before being served the Follovielli are left in the oven to dry. The name probably derives from the latin word, “folium volvere”, that means “wrap the leaf ” or from “follare” which means to “squash”, or maybe from a more uncertain “folliculus”, that means sack or shell. The recipe is very ancient, going back to Roman times, even though during those times figs, bananas or vine leaves were used instead of citrus leaves.

Follovielli

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Il fragolino, o rosolio di fragole è un’antica specialità, diffusa in tutta la regione Campania. É un liquore dal gradevole colore rosso scuro e dal sapore dolce, la cui gradazione alcolica è, solitamente, intorno ai 35 gradi. Si prepara facendo macerare le fragoline fresche in alcool, per un periodo che può andare dai 2 ai 10 giorni. Dopo la macerazione il preparato viene filtrato e diluito con uno sciroppo di zucchero preparato a parte, dopodichè può essere lasciato a riposare o essere consumato immediatamente.

Fragolino is also known as “rosolio di fragole”. It is an ancient specialty, widespread in Campania. It’s a dark, red, tasty and sweet liqueur, with an average alcoholic strength of 35°. It’s prepared by brewing small wild strawberries in alcohol for 2 to 10 days. After marinating, it’s filtered and diluted with syrup mad e of sugar, which is already prepared beforehand. It is then left to rest or can be consumed immediately.

Fragolino

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“U’ fusillu”, il fusillo, prodotto a Felitto, in provincia di Salerno, è un cilindro di pasta cavo, lungo dai 18 ai 22 centimetri che si prepara a mano, utilizzando uova, farina, sale acqua, olio d’oliva, e l’ausilio di un ferro sottilissimo a 4 facce. La sua origine è antichissima e legata a una leggenda: si narra che nel XVI secolo, durante un assedio della cittadina durante il quale gli abitanti resistevano da oltre 10 giorni, il comandante chiese alle donne di cucinare qualcosa con i prodotti che avevano a disposizione, cosicché le donne, prepararono, per la prima volta il fusillo di Felitto con uova e farina. Al di là di questa leggenda é accertato che questa produzione vanta una tradizione secolare, tramandata oralmente da madre a figlia fino ai giorni nostri tanto da rappresentare il piatto tipico dei giorni di festa a Felitto. Oggi la produzione del fusillo si è tramutata da familiare ad artigianale; questo prodotto richiede una particolare manualità che possiedono solamente le donne di Felitto, tanto é vero che famosi ristoranti di Paestum che propongono questo prodotto nei loro menù, per approvvigionarsene, richiedono espressamente la fornitura alle signore di Felitto.

U’ fusillu made in Felitto, close to Salerno, is a hollow pasta cilinder, 18 to 22 cm long, handmade with eggs, flour, salt, water, olive oil and a 4 faced iron tool. The legend of its ancient origins says that in the 16th century, during a siege where the townsfolk had been resisting for 10 days, the commander asked the women to cook something with what was available, so they prepared the “Fusillo di Felitto” with eggs and flour for the first time. For sure the production isl centuries old and has been passed down from mother to daughter till today where it represents the typical dish during the special festivities of Felitto. Today product has passed from homemade goods to artisan production; it requires a special manuality which only the women of Felitto possess. Famous restaurants in Paestum have to order them straight from the ladies of Felitto to include them in their menues.

Fusillo di Felitto

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Sulle colline del Cilento, e in particolare nei comuni di Gioi, Orria, Salento, Stio, Cam-pora, Magliano Vetere, Monteforte Cilento, Perito, Moio della Civitella si produce a mano il fusillo detto “di Gioi Cilento”, una pasta lunga dai 12 ai 15 centimetri. Come il fusillo di Felitto, anche l’origine del fusillo di Gioi è legata a una tradizione leggendar-ia: a partire almeno dall’anno 1000, gli abit-anti di Gioi, esibivano l’impasto di farina e di uova conficcato sulla punta dei fucili at-traverso i fori dei muri di cinta, ai saraceni che assediavano la città, perché questi cre-dessero che la città possedeva abbondanti derrate alimentari e non avrebbe ceduto al nemico. Ritraendo i fucili, l’impasto si affusolava intorno al ferro, originando il fusillo con il caratteristico foro centrale, che ancora oggi si ottiene arrotolando un pezzetto di pasta intorno a un ferro a quadrello che poi viene sfilato. Questa tradizionale lavorazione é stata tramandata da madre a figlia fino ai nostri giorni e il ferro utilizzato continua ricoprire partico-lare importanza: fino al principio del XX secolo, era fornito dagli zingari nomadi, che lo ottenevano spianando un ferro di cavallo consumato. In seguito, uno stagni-no gioiese, pensò di ricavare il ferro per i fusilli dai ferri quadrati che sostenevano la cupola di stoffa degli ombrelli. Oggi, vengono forgiate e commercializzate delle bacchette di ferro quadrato della lunghezza e dello spessore desiderati che consentono

la formazione del particolare foro per tutta la lunghezza della pasta; in questo modo il sugo rimane aderente al fusillo sia esterna-mente che internamente, conferendogli un sapore unico.

On the Cilento hills, especially in Gioi, Orria, Salento, Stio, Campora, Magliano Vetere, Monteforte Cilento, Perito, Moio della Civitella, is made the fusillo called “from Gioi Cilento”, a rigourously handmade 12 to 15 cm long linear pasta. Likewise the fusillo di Felitto, the origins are part of a traditional legend. It is said that during the 10th century the townsfolk from Gioi hung the dough made of flour and eggs to their rifles through the castle wall slits during sieges to show the Arabs that they possessed plentiful supplies and wouldn’t surrender. Taking back the rifles the dough “affusolava”, i.e. it wrapped itself around the metal giving it the name fusillo a pasta characterized by the central hole. Still today the fusillo is made preparing a piece of pasta around an iron tool with four sides; when it’s removed it leaves the whole length of pasta hollow. The recipe has been passed down from mother to daughter in the Cilento countryside tradition until today and the iron tool is still quite important: until the 20th century it was made by traveling gypsies straightening old horseshoes; then a tinsmith from Gioi thought of making the tool out of umbrella irons. A the moment, square rods are forged and sold in different lengths as required and permit the production of particular hole through the whole length of the pasta, so that the sauce sticks to the fusilli from the inside as well as the outside giving it its characteristic flavour.

Fusillo di Gioi

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L’antica città romana di Cales, i cui resti si trovano nei pressi del comune di Calvi Risorta, in provincia di Caserta, dà il nome a un’antichissima quanto singolare spe-cialità gastronomica: il “ganto caleno” o “Zunese”, dal nome della frazione, Zuni. É un dolce a forma di ciambella, di colore giallo carico tendente al dorato, fatto di una morbida e soffice pasta lievitata. La sua ricetta, di origine non nota ma presumi-bilmente molto antica, è stata tramandata oralmente. Un’altra peculiarità di questo dolciume consiste nel fatto che ancora oggi la sua produzione segue un ben preciso rito comunitario, appannaggio di un gruppo di donne custodi dell’antica tradizione. L’usanza vuole che, in occasione di parti-colari ricorrenze come feste patronali, bat-tesimi, cresime o nozze, il guanto caleno venga realizzato esclusivamente dalle donne depositarie dell’antica ricetta, per cui non si trova in vendita nelle pasticcerie, ma viene venduto solo per sovvenzionare l’organizzazione delle feste patronali o per raccogliere offerte a favore di indigenti. Si prepara con farina, zucchero, latte, olio di oliva, lievito, anisette e scorza di limone grattugiata; in passato, in luogo del lievito di birra veniva usato il bicarbonato. Gli in-gredienti vengono impastati nella madia del pane; dopo mezz’ora di riposo l’impasto viene steso su di una tavola di legno e la sfoglia, alta circa mezzo centimetro, viene tagliata a strisce larghe circa cinque cen-

timetri con una particolare dentata, detta “guantaruolo”, appositamente realizzato da artigiani locali; vengono quindi formate a mano alte ciambelle, messe subito a frig-gere in olio vegetale. La sua diffusione è limitata al solo comune di Calvi Risorta e a qualche comune limitrofo.

The ruins of Cales, an ancient roman city, lie close to Calvi Risorta, near Caserta, and gives thir the name to an antique gastronomic specialty: the “guanto caleno” or “Zunese”, from the locality of Zuni. It’s a golden yellow cake shaped like a doughnut made of soft and delicate dough. The recipe’s origin is uncertain but no doubt it is very ancient and has being passed down verbally through the years. Still today production of this particular cake is guarded by a small group of women in a communal ritual that follows the ancient traditions. Custom wants that in some particular religious festivities such as baptisms, christenings or weddings, the “Guanto Caleno” is commissioned to these female custodians of the ancient tradition. You can’t normally buy it in local shops for it’s only sold to support local festivities or to gather offerings for poor people. It’s prepared with flour, sugar, milk, olive oil, yeast, anisette and grounnded lemon peel. In the past, bicarbonate soda was used instead of yeast. Ingredients are mixed in the bread chest and after resting for half an hour the dough is spread on a wooden table and the pastry, half a cm thick, is cut into large 5 cm wide ribbons with an iron tool made by local craftsmen. It is made into high rings and immediately fried in vegetable oil. Its distribution is limited to Calvi Risorta and some nearby towns.

Guanto Caleno

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Il liquore al tartufo nero, nato a Bagnoli Irpino da almeno un trentennio, è oggi un prodotto tipico di tutta l’area tartuficola dell’Alta Valle del fiume Calore, in provincia di Avellino. Viene definito con l’espressione dialettale “liquore ‘r tartufu” ed è ottenuto dal prezioso tartufo di Bagnoli Irpino che ne è l’ingrediente principale. Il rosolio viene preparato lasciando macerare i tartufi neri in alcool puro a 90 gradi per circa un mese e aggiungendovi, in seguito, una soluzione zuccherina. Il liquore al tartufo è di colore marrone chiaro, ha un sapore molto forte e aromatico e una gradazione di 38-40 gradi.

The “Liquore al Tartufo nero”, originated in Bagnoli Irpino at least 30 years ago, is a typical product of the truffles area of Alta Valle of the Calore river, close to Avellino. Called liquore ‘r tartufu in dialect, it is extracted from the precious truffle from Bagnoli Irpino, which is its main ingredient. The “rosolio” is made by marinating the dark truffles in 90° alcohol for nearly a month and by later adding a sugar solution. The 38-40° gradation tartufo liqueur is light brown in colour, with a very strong and aromatic flavour.

Liquore al Tartufo Nero

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Il liquore di amarena, “liquore ‘r foglie r’amarena” nell’accezione dialettale, è una specialità prodotta nelle zone interne della Regione dove fino a qualche anno fa, la coltivazione delle amarene era molto diffusa. É un rosolio di colore nocciola chiaro, con una gradazione alcolica di circa 30 gradi, dal sapore particolarmente dolce. Sono giunte fino a noi due varianti del prodotto: l’una vede come ingrediente principale le foglie di amarena, l’altra i noccioli. Secondo la prima ricetta, si lasciano macerare cento foglie di amarena in un litro di vino bianco per circa 15-20 giorni, vi si aggiungono, poi, l’alcool e una soluzione zuccherina, fino a far raggiungere al composto una gradazione alcolica di circa 30 gradi. La versione che prevede l’utilizzo dei noccioli di amarena, vuole che questi ultimi vengano ben puliti e immersi in alcool a 90 gradi, dove vengono lasciati macerare per 15-20 giorni. Vi si aggiunge, poi lo sciroppo preparato a parte. La produzione del rosolio di amarene ha origini molto antiche, ma oggi sta cadendo in disuso a causa della minore diffusione della coltura dell’amarena.

The Liquore di Amarena, Liquore ‘r foglie r’amarena in dialect, is a specialty from the inner parts of the Region where the cultivation of amarene (sour cherries) was very active until a few years ago. It’s a light hazel colourd blend, which has a 30° gradation and a very sweet taste. We know of two variations: one uses as the main ingredient the amarene leaves, the other the nuts. Following the recipe, 100 amarene leaves are left to marinate in a litre of white wine for 15–20 days until alcohol and a sugary water solution are added to make it reach a 30° gradation. In the other version the nuts are carefully cleaned and left to marinate for 15 – 20 days in 90° alcohol. The syrup that has been prepared apart is then added. The origins of amarene rosolio are very old but production is diminished since amarene aren’t cultivated as much as they used to be.

Liquore di Amarene

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Il concerto è un rosolio dalla ricetta antich-issima, la cui invenzione viene attribuita ai monaci del convento di San Francesco di Tramonti, luogo dal quale si è diffuso in tutto il territorio della costiera Amalfit-ana, in provincia di Salerno. L’origine del suo nome è legata al “concerto” delle 15 tra erbe e spezie che sono necessarie per la sua preparazione: tali erbe vengono lasci-ate macerare per quaranta giorni in alcool, dopo di che, l’infuso viene filtrato e aggiun-to di uno sciroppo preparato con: acqua, orzo e caffè tostati e macinati, zucchero, eventualmente, bucce di arancia e limone, e lasciato bollire fino a fargli raggiungere la giusta densità. Dopo l’imbottigliamento è necessario lasciare maturare il rosolio al-meno 2 mesi prima di consumarlo. La sua gradazione alcolica è intorno ai 30 gradi. Certamente tra le erbe che costituiscono la base del concerto sono presenti liquir-izia, finocchietto, chiodi di garofano, noce moscata, cannella, stella alpina e mentuc-cia, ma le esatte dosi e combinazioni sono gelosamente custodite dalle farmacie locali, in particolare di Tramonti e di Maiori, dove è possibile acquistare la “dose” di base per l’infuso. Il Concerto è in vendita anche nei piccoli laboratori artigianali nel territorio della costiera Amalfitana.

This rosolio called “concerto” is a very ancient recipe, invented by the monks from San Francesco di Tramonti’s monastery, from which it spread to all the Amalfitana coast, in the Salerno district. The name comes from the “concert” of 15 herbs and spices necessary for its preparation. The herbs are left to marinate for forty days in alcohol, the brew is then filtered and mixed with a syrup made of water, toasted and grinded barley and coffee, sugar and eventually lemon and orange peel. Then it’s left to boil until it reaches the right consistency. After being bottled, it must be left to rest for at least two months. The gradation is around 30°. The Liquore of Concerto is made with liquorice, finocchietto, cloves, nutmeg, cinnamon, stella alpina and peppermint but the exact doses and combinations are jealously guarded in local pharmacies, in Tramonti and Maiori where you can buy the basic dose for the blend. Concerto is also sold in little artisan laboratories along the Amalfitana coast.

Liquore Concerto

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Il cremoncello o “liquore crema di limone” è una specialità prodotta nel territorio della Penisola Amalfitana, in provincia di Salerno. Si tratta di un rosolio di color bianco latte e di consistenza cremosa, la cui gradazione alcolica è di circa 30 gradi. Per lo più viene preparato in casa, ma ci sono alcune piccole ditte artigianali che lo preparano e lo commercializzano seguendo la ricetta originale. La sua preparazione è simile a quella del tradizionale liquore di limone: si lasciano macerare le bucce di limoni nell’alcool, vi si aggiunge lo sciroppo preparato con acqua e zucchero, in quantità variabile a seconda del gusto personale, al liquore di limoni è aggiunto il latte bollito anch’esso con lo zucchero e lasciato raffreddare. In seguito, vi si aggiunge ancora la panna per dolci non montata, aromatizzata con la vanillina, si mescola bene, si imbottiglia e conserva, anche in congelatore, per due mesi prima di consumarlo.

Cremoncello is a specialty of the Amalfitana coast, in Salerno’s district. It’s a clear milky, white, thick, creamy blend with a 30° gradation. Mostly prepared at home, but some small artisan companies prepare it and sell it following the original recipe. Preparation is similar to traditional limoncello: lemon peel is left to marinate in alcohol and then mixed with syrup made of water and sugar, in quantities according to taste. Then boiled milk and sugar are added and it’s left to cool. Sweet cream, not whipped, is added with vanilla and set in the freezer for two months before consumption.

Liquore Crema di Limone

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In Irpinia gli alberi di castagno sono un elemento caratterizzante il territorio e ciò grazie alla felice interazione tra suolo e cli-ma; tanto più lo sono nell’area di produzi-one della Castagna di Montella – IGP, dove oltre alla produzione di frutti si può gus-tare un ottimo liquore di castagne. Le tes-timonianze della sua coltivazione in questa zona sono molto antiche, secondo alcuni, infatti, la coltivazione del castagno, origi-nario dell’Asia Minore, sarebbe iniziata in Irpinia fra il VI e il V secolo a. C.; ci sono, poi, testimonianze di una disposizione emanata nel VI-VII secolo d. C. dai Longo-bardi che imponeva la tutela di questa coltivazione, considerata già a quel tempo una preziosa risorsa. Basti pensare, infatti, all’importanza che assumeva nell’epoca medioevale, la farina di castagna, soprat-tutto negli assedi di città e castelli, per il pregio di potersi conservare a lungo. Da quei tempi la storia di Montella e quella del castagno, grande ricchezza di queste zone per la sua molteplicità d’impieghi, non si sono più separate. La castagna di Montella, caratterizzata da una buccia sottile color castano e una polpa bianca dal sapore par-ticolarmente dolce, viene utilizzata come ingrediente principale di numerose ricette e, negli ultimi 30 anni, in tutta l’area cas-tanicola della provincia di Avellino, per la precisione nei comuni di Bagnoli Irpino, Cassano Irpino, Montella si è diffusa la produzione del Liquore di Castagne di

Montella, detto in dialetto Liquore r cast-agne. Tale rosolio si ottiene lasciando mac-erare in alcool, per 48 ore le castagne, dopo averle bollite e passate. Successivamente si aggiungono latte, zucchero e cacao, fino a ottenere un liquore molto denso, di colore castano chiaro a media e alta gradazione, intorno ai 40-45 gradi.

Chestnut trees characterize the territory of Irpinia due to the happy interaction between weather and soil. Even more so in the production area of “Castagna di Montella – IGP”, where you can taste the delicious fruit and excellent chestnut liqueur. Traces of the cultivation in this area are very ancient, for some the chestnut cutivation, originated in the middle east, started in Irpinia around the 6th and 5th century before Christ; there is proof of laws to protect the precious cultivation done by the Longobardi in the 6th or 7th century. Especially precious in the middle ages when flour was made out of chestnuts and could be kept longer during a siege. Since those times, the history of Montella and the chestnut, with all its uses, have never been separated. Montella’s chestnut, with its thin light brown peel and sweet white pulp is the principal ingredient for many recipes. In the last 30 years, the whole chestnut area around Avellino, and more precisely Bagnoli Irpino, Cassano Irpino, Montella produce the Liquore di Castagne di Montella called Liquore r castagne. This blend is made marinating boiled and grounded chestnuts in alcohol for 48 hours. Then milk, sugar and cocoa are added until a very dense liqueur is ready. The colour is light brown with a middle high gradation around 40° - 50°.

Liquore di Castagne di Montella

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Una delle ricette più antiche fra quelle dei rosoli, è quella del liquore di gelse rosse, “‘r ceveze ross’”, prodotto nelle zone interne della Regione, in particolare in tutta la provincia di Avellino, fin dal XVII secolo. La produzione delle gelse era legata a quella della seta, essendo le foglie di questa pianta il maggiore nutrimento dei bachi. Secondo l’antica ricetta che è stata tramandata negli anni di padre in figlio, le gelse campane, di colore rosso rubino, si devono lasciare macerare in alcool a 90 gradi per circa 15 giorni. Dopo la macerazione, va aggiunta al preparato una soluzione zuccherina e poi si filtra il tutto; il liquore di gelse è un digestivo dal sapore dolce e deciso, dal gradevole colore rosso rubino e di una gradazione alcolica di circa 30 gradi.

One of the most ancient blend recipes is the Liquore di gelse rosse, ‘r ceveze ross’, which is produced in the most interior parts of the region, particularly around Avellino since the 17° century. Mulberry cultivation is tied to silk production, since the leaves are the main norishment for silkworms. Following the recipe passed from father to son, the mulberries are rich red in colour and are left to marinate in 90 ° alcohol for 15 days. After which a sugar syrup is added and then filtered. The Liquore di gelse is a digestive liqueur with a sweet but strong flavour, a pleasant red colour and an alcoholic strength of around 30°.

Liquore di Gelse Rosse

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Il paesaggio della costiera Sorrentina, dell’isola di Capri e della Costiera Ama-flitana, fiori all’occhiello del turismo cam-pano, sono ravvivati da numerosi limoneti a gradoni e sin dall’ XIX secolo abbiamo notizie dell’abitudine di produrre e offrire il rosolio di limone, o limoncello, ai visi-tatori e ai notabili che passavano in costi-era: a Capri, Sorrento e Amalfi fioccano leggende e racconti sulla sua nascita. C’è chi sostiene che le origini del liquore siano antiche quanto quelle della coltivazione del limone, altri dicono che il limoncello serviva ai pescatori e ai contadini per com-battere il freddo del mattino; altri ancora, che la ricetta sia nata in un monastero. Probabilmente non sapremo mai la verità, ma quel che è certo è che oggi il limoncello è internazionalmente apprezzato ed espor-tato da numerose aziende che lo produ-cono tradizionalmente utilizzando solo i limoni capresi e della costiera Sorrentina, oppure quelli della costa d’Amalfi. Le bucce dei limoni, colti da massimo 48 ore, vengo-no tagliate a mano e lasciate a macerare in una soluzione di alcool, acqua e zucchero, in contenitori coperti a temperatura ambi-ente; con la macerazione, l’infuso assume l’aroma e il colore del limone. Dopo circa un mese si aggiunge un pentolino di acqua e zucchero, bollito e poi lasciato raffred-dare, e dell’altro alcool e si lascia riposare per altri quaranta giorni; infine, l’infuso va filtrato e imbottigliato. Il limoncello si con-

serva in freezer, ed è un ottimo digestivo, consumarlo dopo cena è oramai diventato un rito sociale quasi al pari del caffè.

Sorrento coastline, the island of Capri and the Amalfitana coast, which are Campania’s jewels, abound in the terrace cultivations of lemons which make the scenery even more colourful, and since the 19th century, there is proof of the tradition of offering the blend made out lemon known as limoncello to visitors and nobles that passed by the coast. In Capri, Sorrento and Amalfi, there are many legends and stories on the origin of this liqueur; some say the limoncello is as ancient as lemon cultivation itself. Others say that it was used by fishermen and farmers to fight off the cold of the morning. Some others say that the recipe was originated in a monastery. We’ll probably never know the truth but what is certain is that today limoncello is an international success, which is exported by many companies that follow the original recipe using only lemons from Capri, Sorrento or the Amalfitana coast. Peel from lemons, picked no more than 48 hours before, are cut by hand and left to marinate in a solution of alcohol, water and sugar. The jugs are well covered and kept at room temperature so that the blend can marinate and gain the lemon taste and yellow colour. After resting for a month, the preparation continues by adding a pan of boiled water and sugar and then by leaving it to cool with some more alcohol. After 40 more days of resting, the infusion is filtered and bottled. Limoncello is stored in the freezer and is an excellent digestive, at the end of meals it’s become a social ritual as much as coffee.

Liquore di Limoni di Sorrento e Costa d’Amalfi

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Le bacche di mirto crescono spontanea-mente nei boschi del comprensorio delle località che formano la comunità montana “Penisola Amalfitana”, nel Salernitano. Tali bacche costituiscono l’ingrediente princi-pale del liquore di mirtillo, un rosolio di colore violaceo scuro, con una gradazione alcolica di circa 30 gradi, che si ottiene las-ciando macerare in alcool una manciata di bacche di mirto per circa 20 giorni. A parte, si prepara uno sciroppo, bollendo acqua e zucchero, che a freddo si aggiunge alle bacche marinate e schiacciate con una forchetta. La ricetta tradizionale, oltre a essere utilizzata per la produzione casal-inga, viene utilizzata da alcuni laboratori artigianali locali che commercializzano il rosolio.

Fresh Black currents grow wild in the mountains known as the “Peninsula Amalfitana”, near Salerno. These berries are the Liquore di Mirtillo’s main ingredient, a dark purple blend, with a 30° gradation. A handful of black currents is left to marinate for 20 days. A syrup is prepared boiling water and sugar separately and is added cold to the marinated berries, which have been mashed with a fork. The traditional recipe, which still used at home by housewives, is also used by artisan laboratories that sell it.

Liquore di Mirtilli

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Il liquore di finocchietto selvatico viene prodotto nella provincia di Salerno e in tutte le aree interne della regione. Il liquore ha un colore giallo paglierino e una gradazione alcolica di circa 30 gradi ed è particolarmente apprezzato per le sue spiccate proprietà digestive, tanto che, oltre a essere prodotto per uso domestico, è stato commercializzato con successo da alcuni laboratori artigianali locali che lo vendono in bottiglie di diverse fogge e dimensioni. Per prepararlo si lasciano macerare in alcool per 15-20 giorni i semi secchi di finocchietto selvatico, preparato a cui si unisce lo sciroppo di acqua e zucchero. Non è necessario lasciarlo riposare, una volta imbottigliato si può, infatti, consumare subito, preferibilmente freddo.

“Liquore finocchietto” (wild fennel) is produced in Salerno’s district and all the inner parts of the region. The liqueur has a light yellow colour and a 30° gradation. It’s mostly appreciated for its digestive effect, so much so that is not only made in the home, but it has been commercialized by local artisan laboratories that sell it in many different shaped bottles. It’s made by marinating wild fennel seeds in alcohol for 15 – 20 days and added to a syrup made of water and sugar. It doesn’t need to rest, but can be bottled and consumed immediately, preferably cold.

Liquore Finocchietto

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Le aree litorali della provincia di Salerno, in particolare la costiera Amalfitana e il Cilento, sono ricche di Fichi d’India che crescono spontaneamente sui pendii e sui costoni rocciosi, affiorando tra le pietre dei muri che sostengono i tipici terrazzamenti. Negli anni ’50 e ’60 i frutti venivano rac-colti dai ragazzi del luogo e venduti ai visi-tatori o alla stessa popolazione dei comuni limitrofi, per accumulare qualche lira. Dalle famiglie benestanti, i fichi d’India erano utilizzati per produrre il Nanassino, un prelibato liquore ratafià, da offrire in occasioni particolari e durante le festività. Ancora oggi si utilizza, per una produzione esclusivamente casalinga, l’antica ricetta, che prevede l’infusione, per circa 10 -15 giorni in alcool a 95 gradi, delle bucce di una decina di fichi raccolti al punto gius-to di maturazione, verso al fine di agosto. Dopo il riposo, che deve avvenire rigoro-samente al buio, l’infuso va filtrato e diluito con pari quantità di sciroppo preparato con acqua e zucchero di canna in quantità orientativa di 400 grammi, ma variabile a seconda del gusto personale. Si ottiene un liquore di colore giallo più o meno chiaro, a seconda dei frutti utilizzati, che va consu-mato freddo.

The coastline around Salerno, especially the Costiera Amalfitana and Cilento, is abundant with prickly pears that grow wild on hills and rock slopes between the rock walls of the terraced mountains. In the fifties and sixties the prickly pears were picked by local kids and sold to tourists or people from nearby towns to earn some money. In the wealthy families, prickly pears were used to produce Nanassino, a ratafià liqueur, which was offered on special occasions and during the festivities. Still today the production, exclusively home-made, follows the ancient recipe. Around the end of August peels from about ten ripe prickly pears are infused in 95° alcohol for 10 - 15 days. After resting scrupulously in the dark, the infu-sion is filtered and diluted with the same quan-tity of syrup made of water and 400 g of cane sugar, but it can vary according to taste. The liqueur obtained is more or less light yellow in colour, according to the type of fruit used and must be served cold.

Liquore Nanassino

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Anticamente la farina di miglio bril-lato veniva usata per molte ricette, cosic-ché il nome “migliaccio”, che deriva, per l’appunto, dal miglio, è stato attribuito a molti piatti regionali di cui rappresentava l’ingrediente principale. Nella cucina mod-erna la farina di miglio è stata sostituita da quella di granturco, con la quale oggi, in tutta la provincia di Napoli, si prepara il migliaccio napoletano. Si tratta di un dolce tipicamente invernale, caratteristico del periodo di Carnevale, di forma circo-lare alta circa 3 o 4 centimetri. L’impasto è fatto con semolino, ricotta, uova, latte, zucchero, sale, cubetti di arancia candita, cannella, vaniglia, aroma di arancio, in-gredienti che devono essere mischiati in cottura all’interno di una pentola di rame o di acciaio. Dopo aver lasciato l’impasto sul fuoco per circa un’ora, mescolando continuamente con un cucchiaio di legno, si sistema in un contenitore circolare e si inforna per circa 60 minuti, fino a che la superficie non avrà assunto un colore bi-ondo dorato.

In the olden days, flour from millet flour was used for many recipes, so the name “migliaccio”, which derives from millet, has been given to many regional dishes which use it as a main ingredient. In modern cooking millet flour has been substituted by cornflour which is now used to prepare migliaccio napolitano in the whole neapolitan area. It’s a typical winter cake, made during the Mardi Gras season, round in shape and 3 or 4 cm high. The dough is made out of semolino, ricotta, eggs, milk, sugar, salt, candied orange cubes, cinnamon, vanilla and orange aromas. The ingredients are mixed and cooked together in a copper or iron pan. After leaving the dough on the stove for an hour and stirring continuously with a wooden spoon, it’s fitted in a round pan and baked in the oven for an hour, until the surface becomes a pleasant golden yellow colour.

Migliaccio

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I mustacchi sono i baffi folti e lunghi come li portavano i signori d’altri tempi: i mus-taccioli, deliziosi dolci di antichissima tradizione che troviamo citati in numer-ose opere letterarie e teatrali partenopee, si chiamano così proprio perchè ricordano dei baffi, a causa della loro forma romboi-dale. I mustaccioli si preparano in tutta la regione Campania nel periodo natalizio: sono dei biscotti che possono avere diversa consistenza, a seconda della lavorazione della pasta composta da miele, farina, ac-qua lievito e spezie; dopo la lavorazione, la pasta viene lasciata riposare e poi cotta in forno. Alla fine, i mustaccioli vengono ricoperti di glassa di zucchero bianca o nera, ottenuta con l’aggiunta a quella bian-ca di cacao amaro in polvere. I mustaccioli si possono acquistare in tutti i laboratori artigianali durante il periodo natalizio.

Mustacchi are the big bushy moustaches which gentlemen used to wear in the olden days. Therefore, I mustaccioli, delicious cakes with a long standing tradition, often cited in many Neapolitan literature and theatre plays, are called this way because their squared shapes resemble moustaches. Mustaccioli are prepared in the whole Campania region during Christmas time. They are biscuits of different consistencies depending on the dough, which is made of honey, flour, water, yeast and spices. The dough is left to rest and then baked. In the end the mustaccioli are covered with white or black icing, obtained adding powdered cocoa to the white one. Mustaccioli are sold in every artisan cake shop during Christmas.

Mustaccioli

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Col nome di “ndunderi” si indica un tipo di pasta fatta a mano tipica di Minori, in provincia di Salerno. La ricetta degli ndunderi , utilizzati tradizionalmente per i festeggiamenti in onore di Santa Trofimena, è antichissima, pare che sia una variante delle “palline latine” di origine romana, un alimento a base di “farina caseata” cioè farro e latte cagliato. Furono i pastai di Minori a modificarne la ricetta, gli stessi che, nel ‘700, valicarono i monti lattari per trasferirsi a Gragnano dove impiantarono la moderna industria della pasta. La ricetta attuale prevede un impasto di farina e latte cagliato oppure ricotta, tuorli d’uovo, formaggio di vacca grattugiato, sale, pepe e noce moscata; la lavorazione deve avvenire a mano, l’impasto va ridotto in un lungo cordone, non troppo sottile, e poi tagliato a tocchetti che vanno resi concavi dalla leggera pressione di un dito o di due dita a seconda della grandezza stabilita. Dopo, i tocchetti si fanno scivolare sulla concavità di una grattugia, su una forchetta, o su un’apposita tavoletta rigata detta “pettine”. Il condimento privilegiato per gli ndunderi è il ragù di carne.

Ndunderi is the name of a typical kind of handmade pasta from Minori, near Salerno. The Ndunderi’s recipe, typically used during the celebration of Saint Trofimena, is very ancient. It could be a variation of the ancient Roman “palline latine”, based on “farina caseata”, i.e. hulled wheat and curdled milk. The pasta makers from Minori modified the recipe, which is the same one that in the 7th century crossed the Monti Lattari and settled in Gragnano to build a modern pasta industry. The modern recipe requires dough made of flour and curdled milk or ricotta, egg yolk, ground cow cheese, salt, pepper and nutmeg. It’s handmade and the dough is made into a long cordon, not too thin and cut into small pieces slided with the pressure of one or two fingers depending on the size. Then the pieces are slipped on a grater, a fork or a striped panel called “pettine”. The preferred sauce is usually Ragù meat sauce.

Ndunderi

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Il nocillo è un rosolio antichissimo, di colore scuro e gradazione alcolica molto elevata, intorno ai 40 gradi, dalle spiccate proprietà digestive e dal prelibato sapore amaro. La sua origine si perde nei secoli e la sua preparazione è legata a una metodo-logia precisa e quasi rituale. L’ingrediente principale da cui è costituito, le noci verdi, devono essere raccolte e tagliate alla vigilia del giorno di San Giovanni, il 23 giugno; in quel giorno, infatti, si trovano nel loro mo-mento “balsamico” poiché il gheriglio, pro-tetto dal mallo verde e dal guscio morbido, non presenta gocce d’acqua al suo interno ma è ricco di oli essenziali. Le noci, comp-rensive di mallo, vengono lasciate macerare in alcool per trenta- quaranta giorni in bot-tiglie di vetro ben tappate ed esposte al sole, che devono essere agitate di tanto in tanto. Al termine del periodo di macerazione il composto viene filtrato e diluito a freddo con uno sciroppo preparato a parte con ac-qua sterilizzata e zucchero, e aromatizzato con chiodi di garofano e cannella: dopo l’imbottigliamento si lascia riposare per almeno due mesi prima di consumarlo. Il nocillo è un prodotto originario delle aree interne della Regione, più precisamente dell’Irpinia e del Sannio Beneventano, zone montane in cui è presente il noce da frutto e nelle quali ancora oggi la produzione è molto diffusa anche a opera di alcuni piccoli laboratori artigianali, che lo commercializ-zano in bottiglie da 500 e 700 millilitri.

Nocillo is an ancient blend, dark in colour and with a very high gradation of about 40°. It has a very digestive quality and a bitter flavour. Its origins are lost in time and the preparation is precise and almost ritual. Green Nuts are the main ingredient and have to be picked and cut on the 23 of June, the day before the celebration of San Giovanni. On this day the nuts are in their most “balsamic” period, because the kernel protected by the green hull and the soft shell doesn’t have any drops of water inside and is rich in essential oils. The nuts, including the hull, are left to marinate in alcohol for 30 – 40 days in closed glass bottles left in the sun that need to be shaken now and then. After marinating, the blend is filtered and diluted at cold temperature with a syrup made of sterilized water, sugar, cloves and cinnamon aromas. Then it’s left to rest for at least 2 months before consumption. Nocillo originally comes from the inner parts of the region like Irpinia and Sannio, in mountain areas where the nut trees grow and today it is even produced in many artisan workshops that sell it in 500 and 700 ml bottles.

Nocillo

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Anticamente la festa di Santa Chiara veniva celebrata a Napoli con la preparazione di una sorta di pizza detta, in onore della Santa, “pagnotta di Santa Chiara”. La pagnotta è una sorta di fagottino preparato con farina, patate schiacciate, lievito, strutto e pepe impastati a mano che deve lievitare per circa due ore. A parte si cuociono i pomodori e le alici che servono per la farcitura insieme a origano e prezzemolo. I fagottini, cotti in forno a legna, anticamente erano molto diffusi in tutte le case, oggi la loro preparazione casalinga è caduta abbastanza in disuso, ma si possono trovare in vendita nelle tipiche friggitorie del centro storico di Napoli.

During the celebrations for Santa Chiara in Naples, a kind of pizza called “pagnotta di Santa Chiara” is made to honour the saint. A small folded pizza made of flour, mashed potatoes, yeast, lard and pepper is kneaded together by hand and left to rise for about 2 hours. Tomatoes and sardines are cooked separately together with oregano and parsley and are used for the stuffing. Cooked in the open wood fire ovens, this pizza used to be made at home but now they can be found also in the typical fried food shops of Naples’s historical center.

Pagnotta di Santa Chiara

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Le palme di confetti sono delle composizioni che rappresentano ramoscelli di fiori oppure alberelli fabbricati con confetti di vari colori e dimensioni, che vengono disposti a caldo su un sottile filo di ferro zincato, riscaldato alla fiamma di una candela, a mo di petali e foglie di un gambo o rametto costituito dal filo di ferro ricoperto con carta velina o crespa e arrichito da fiori, merletti, spighe di grano o altro materiale di fantasia. Sono tradizionalmente utilizzate nella zona della penisola sorrentina per la benedizione della Domenica delle Palme, accompagnate da ramoscelli di ulivo; questa tradizione risale al XVI secolo quando, secondo la leggenda, i saraceni erano sul punto di compiere un’incursione navale approdando sulla penisola sorrentina proprio il giorno della domenica delle palme. Mentre tutto il popolo era radunato in chiesa e partecipava alla benedizione dei rami di ulivo prima di armarsi per combattere l’imminente incursione, giunse la notizia che la flotta saracena era miracolosamente naufragata. La notizia fu portata in chiesa da un pescatore, che portò anche una schiava saracena, unico superstite del naufragio, che l’uomo aveva incontrato sulla spiaggia, dove era stata trasportata dalle onde. Costei, in segno di ringraziamento per essere stata salvata dalla morte e dalla schiavitù, chiese di diventare cristiana e offrì al popolo e al prete i confetti che portava dal suo paese in un sacchetto legato al collo. Da allora

le palme di confetti servono, insieme al rametto di ulivo, per la benedizione che il prete fa al popolo il giorno della domenica delle palme.

Palme di Confetti are compositions made to look like small flower twigs or little trees. They are made with different sized coloured confetti (sugared almonds), which are set on a thin galvanized iron thread, heated with a candle flame to resemble petals and leaves on a little branch made of iron thread and covered with delicate and crinkled paper enriched with flowers, lace, grain and other creative material. They are traditionally made in the Sorrento peninsula on the Palm Sunday celebration and are accompanied with olive branches. The 16th century traditional legend tells that Arabs were about to raid the peninsula right on Palm Sunday. While the whole population was gathered in church, waiting for the blessing before preparing to fight back the raid, the news came that the Arab fleet had miraculously sunk. A fisherman brought the good news to the church. He had found an Arab slave woman, the only one to survive the shipwreck, on the beach where she’d been taken by the waves. As a sign of gratitude for being saved from slavery and drowning, the woman asked to convert and offered some confetti she had taken tied to her neck in a bag. From that day the Palme di Confetti and the olive branches are used by the priest to bless the population during Palm Sunday.

Palme di Confetti

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I “furisi” sono coloro che stanno fuori, gli allevatori transumanti che stanno all’aria aperta, a cui è legato il nome di questo piat-to diffuso nell’area della transumanza, Alta Valle del calore in provincia di Avellino. Il pancotto fa, dunque, parte della cucina povera ma di sostanza; è il piatto unico consumato tradizionalmente dagli alleva-tori transumanti, consiste in pane raffermo che viene cotto nel “callarulo”, un pentolo-ne nel quale si sono portati all’ebollizione le cime di rape o altri ortaggi, come gli as-paragi, cime di cicoria, vitalba e/o patate. Terminata la cottura di questa zuppa di pane e ortaggi vari (cime), si elimina tutta l’acqua e, in una pentola a parte, si prepara un soffritto con abbondante olio, aglio a pezzi grandi e peperoncini interi piccanti che viene versato bollente, in più tempi, sul miscuglio di pane e verdure alfine di con-sentirne una perfetta inoleazione.

“Furisi” are namely “those who live outside”, traveling cattle breeders that live in the open, and give the name to this dish in the area of Alta Valle del Calore near Avellino. Pancotto is a poor but substantial dish, the main meal consumed traditionally by travelling cattle breeders. It’s made of old bread cooked in a “callarulo”, a big pot that boils turnip heads and other vegetables, like asparagus, cicoria heads, vitalba or potatoes. After boiling this soup made of bread and vegetables, the water is drained. In another pan, oil, big pieces of garlic, hot chillies are stir fried and then gradually added to the bread and vegetable soup till it’s perfectly oiled.

Pancotto dei Foresi

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La verde collina dei Camaldoli, che domina Napoli con la sua altezza, vede il suo nome legato a una forma particolare di pane, di antichissima tradizione e venduto in tutta la città: il cosiddetto “pane dei Camaldoli”. Si tratta di una grossa forma rotonda, che può arrivare a pesare anche 4 chili, con mollica alta e crosta molto spessa. Queste caratteristiche si ottengono seguendo delle fasi di lavorazione molto precise: la farina viene addizionata del lievito di birra sciolto in acqua tiepida e, dopo una lunga ed ener-gica lavorazione, la pasta si lascia lievitare per almeno cinque ore. Successivamente si procede a impastarla di nuovo e si modella in forme rotonde che possono pesare dai 2 fino a 4 chili e che vengono lasciate lievi-tare per una seconda volta e quindi cotte in forno a legna.

The Camaldoli suburb referred to as the green hill of Naples has given its name to a special and ancient kind of bread loaf called “Pane dei Camaldoli” that is sold all over the town. It’s a big round loaf that can weigh up to 4 kilos, very high and with a thick crust. The manufacture is very precise: flour is mixed to beer yeast diluted in warm water and after energetic kneading is left to rise for at least 5 hours. Then it’s moulded in shapes that can way from 2 to 4 kilos and are left to rise again and baked in a wooden fire oven.

Pane dei Camaldoli

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Il pane di Calitri, specialità del comune dell’Avellinese da cui prende il nome e di tutto il territorio dell’Alta Irpinia, è molto antico, tanto che la sua produzione è docu-mentata da utensili e altro materiale espos-to presso il museo della civiltà contadina di Aquilonia, nonché da foto e documen-tazione varia conservate presso i comuni dell’area. Ottenuto con semola di grano duro e farina grano tenero, è caratterizzato dalla forma circolare e da un taglio longi-tudinale; le forme possono pesare dai 2 ai 6 chili, caso in cui vengono chiamate “ruote di carro” per le loro grandi dimensioni. La crosta, molto croccante, è di colore bruno scuro e di sapore molto caratteristico e la mollica ha piccole occhiature diffuse e uni-formi. L’impasto è ottenuto con “crescente”, farina, semola, acqua e sale e la lavorazione richiede un prolungato procedimento di impasto, seguito da una successiva fase di fermentazione a caldo, al buio e a tempera-ture di 18-20 gradi. La cottura avviene in forni a legna o elettrici e, perché sia omo-genea, le forme vengono spostate in diversi punti del forno.

Pane di Calitri is a specialty from the town of Calitri near Avellino and the whole Alta Irpinia, after which it is named. The recipe is very old and evidence of its production has been found in utensils and other material exhibited in the Museum of Rural Civilization of Aquilonia as well as in photos and documents preserved in the town councils of the area. Made of hard grain middling and soft grain flour, it’s characterized by a round shape with a cut through the center. The loaves can weigh from 2 to 6 kilos, and are sometimes called “ruote di carro” (cartwheels) for their huge size. The crust is very crunchy, dark in colour and with a distinctive taste. The soft part of the bread has small spread holes. The dough is made of “crescente”(lievitated dough), flour, middling, water and salt. The dough has to be kneaded at length, after which it is left to fermentat in a dark warm place at 18-20° C. The bread is baked in a wood fire or electric oven, in which the loaves are moved around to favour better cooking.

Pane di Calitri

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La segale è un cereale che ben resiste ai ri-gidi climi invernali, per questo motivo vi-ene coltivato in abbondanza sull’altipiano del Laceno, nei pressi di Bagnoli Irpino e su altri altopiani dell’Irpinia, come Chiusano San Domenico, Volturara Irpina o Piana di Montella, tutte zone caratterizzate da una temperatura piuttosto fredda. La farina di segale, detta in dialetto grano “iermano” o “ciurmano”, mischiata a quella di grano duro, costituisce l’ingrediente principale di un prodotto antichissimo e ancora oggi molto diffuso nell’Avellinese: il pane di Iur-mano. Il processo di preparazione del pane di Iurmano è molto lungo e laborioso: inizia di sera, quando il “crescente” cioè il fermento acido che viene utilizzato per la lievitazione del pane, viene preparato all’utilizzo: vi si aggiungono acqua calda e farina e lo si avvolge in coperte di lana. La mattina successiva si prepara l’impasto con 2/3 di farina di grano tenero e 1/3 di segale, il “crescente” e acqua tiepida e si mescola tutto fino a ottenere una massa che viene divisa in pezzi da circa 2 chili che vengono avvolti in panni di cotone. Successiva-mente si procede alla “scanatura”, ossia alla lavorazione di ciascun pezzo di pane che, arricchito da segni di distinzione person-ali, viene cotto nel forno a legna per circa 2 ore. Il pane di Iurmano presenta delle caratteristiche che lo contraddistinguono in maniera decisa: il colore molto scuro e la notevole conservabilità.

Rye is a cereal that resists well in cold harsh winters, For that reason, it’s widely cultivated in Laceno plateau, near Bagnoli Irpino and other Irpinian plateaus like Chiusano San Domenico Volturara Irpina or Piana di Montella, which are all very cold areas. Rye flour, known in dialect as “iermano” or “ciurmano”, mixed with hard grain flour, is the main ingredient for Pane di Iurmano, an ancient and popular kind of bread. The process is long and complicated: it starts in the evening with the preparation of “criscento”, the acid ferment used to make the bread rise, mixed with hot water and flour and wrapped in woollen blankets. The next morning the dough is made with 2/3 of soft grain flour, 1/3 of middling, the “crisciento” and warm water mixed together and then divided into 2 kilo pieces that are wrapped in cotton sheets. The next step is the “scanalatura” where the single pieces are moulded with personal distinctive marks and baked for 2 hours. Pane di Iurmano has two very distinctive traits: dark colour and can be stored for long periods.

Pane di Iurmano

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Il pane di Montecalvo, in provincia di Av-ellino, conosciuto e apprezzato in tutta la Regione, è caratterizzato da una crosta spessa che racchiude una mollica alta e compatta: all’interno presenta una cavità, prova della sua perfetta riuscita, il cui seg-reto sta nell’utilizzo di ingredienti genuini e nel rispetto dell’antichissima ricetta. La farina di grano duro di produzione locale e l’acqua, vengono impastate in un apposito contenitore di legno di forma rettangolare insieme al “crescente”, il lievito naturale ottenuto da pasta madre inacidita e rin-novata. L’impasto deve avvenire a mano, con l’azione combinata delle braccia e delle mani chiuse a pugno, in modo tale che si formino delle bolle d’aria. Una volta imp-astata, la massa viene lasciata riposare per la prima lievitazione nel contenitore stesso, poi la si rompe in pezzi e la si lavora in forme rotondeggianti che si avvolgono in ampi fazzoletti di cotone grezzo che ven-gono lasciati lievitare per la seconda volta in cesti di vimini. Prima di fa cuocere le forme nel forno a legna, vi si pratica sopra un taglio a forma di croce per far sì che si cuocia bene all’interno. Il pane di Monte-calvo si può conservare per circa una set-timana mantenendosi sempre morbido e insaporendosi col passare dei giorni.

Pane di Montecalvo, a town near Avellino, is well known and appreciated through the region. It has a characteristic thick crust and a high and compact inner part. In the middle it’s hollow, proof of the quality of production and part of an ancient secret tradition made with genuine ingredients. The local hard grain flour and water are pasted together with the “crescente”, natural yeast made of acid and renewed dough, in an appropriate rectangular wooden case. The hand made dough is kneaded with both arms and closed fists, so that air bubbles are formed. Once pasted it is left to rise in a special wooden case and then sliced in round pieces that are wrapped in rough cotton sheets and left to rise again in wicker baskets. Before baking in a wooden fire oven, the loaves are sliced on the top in the shape of a cross so to help cooking the inside. Pane di Montecalvo is still soft if stored for a week and gains flavour as the days pass.

Pane di Montecalvo

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In provincia di Salerno, nel comune di Padula e in quelli limitrofi si produce da secoli un gustoso pane casereccio realizzato con una miscela di farina di grano duro e tenero, detto, per l’appunto, pane di Padula. Le pagnotte sono rotonde, pesano circa 2 chili. e sono quadrettate sulla parte superiore, come il panis quadratus romano raffigurato nei mosaici pompeiani. La lavorazione tradizionale prevede che le due farine vengano impastate con lievito precedentemente sciolto in acqua tiepida e che la massa venga lasciata lievitare per 3-4 ore in estate e a 4-5 ore durante l’inverno. Dopo la lievitazione si lavorano i pezzi fino a ottenere le pagnotte rotonde di un paio di chili che vengono segnate a strisce perpendicolari fra loro e quindi cotte in forno a legna. Caratteristica fondamentale del pane di Padula è che mantiene invariato il suo gusto per oltre 15 giorni.

A tasty homemade bread, made of hard and soft grain mixed flour, is baked in Padula and other little towns, in Salerno’s district. Pane di Padula is made in round loaves, which weigh about 2 kg. It is divided into squares on the top like the ancient roman “panis quadratus”, painted on Pompei’s mosaics. The traditional preparation wants the two kinds of flour to be mixed with yeast already diluted in warm water and left to rise for 3 - 4 hours in the summer and 4 – 5 hours in the winter. After levitation, the pieces are shaped into round loaves of about 2 kg and are carved with perpendicular stripes and baked in the wooden fire oven. Pane di Padula’s main trait is that it can be stored for 15 days without changing flavour.

Pane di Padula

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I fornai di San Sebastiano al Vesuvio, un comune dell’area del Monte Somma in provincia di Napoli, sono considerati dei maestri nella produzione delle forme di pane che hanno preso il nome dal comune stesso. Il pane di San Sebastiano ha visto negli anni mantenere invariate le regole produttive e gli ingredienti utilizzati così da rimanere un prodotto genuino e di al-tissima qualità. Il palatone di San Sebas-tiano ha forma allungata e altezza superiore alla base; per preparalo si utilizza farina di grano tenero, lievito di birra, acqua, rigo-rosamente locale e la giusta dose di sale. La farina viene aggiunta al lievito di birra sciolto in acqua tiepida e il composto viene lasciato lievitare per diverse ore. La pasta viene poi modellata in forme dal peso che può variare dal mezzo chilogrammo a due chili che vengono cotte in forno caldo a legna. Le caratteristiche del pane di San Sebastiano sono la crosta sottile e dorata e la deliziosa mollica bianca, che si conserva fragrante per parecchi giorni. Oltre che nei negozi della zona il pane viene venduto dagli ambulanti la domenica mattina.

Bakers from S. Sebastiano al Vesuvio, a town in the area of Monte di Somma’s in Naples’s suburbs, are considered the masters in the bread product which takes its name from the town. Pane di San Sebastiano’s production methods and ingredients haven’t changed through the years, remaining in this way a high quality and genuine product. Palatone from San Sebastiano has a long shape, higher than the base. Ingredients are soft grain flour, beer yeast, strictly local water and the right amount of salt. Flour is mixed to yeast diluted in warm water and then left to rise for a few hours. The dough is then moulded in shapes that can vary from half a kilo to 2 kilos and baked in a hot wood fire oven. Pane di S. Sebastiano’s main traits are the thin golden crust, the delicious white interior and that it can be stored for days. Other than in local shops, the bread is sold on Sunday mornings by peddlers.

Pane di San Sebastiano

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La saragolla è un’antica varietà di grano duro, ancora oggi coltivata nelle aree in-terne del Sannio, in provincia di Ben-evento, da cui prende il nome un pane di segale prodotto in questa zona, caratteriz-zato da una mollica giallo paglierino parti-colarmente morbida e da una crosta molto croccante. La sua produzione è molto an-tica ed è rimasta invariata negli anni: si ot-tiene aggiungendo la semola al crescente il lievito ottenuto dalla pasta acida della la-vorazione precedente. La massa viene, poi, tenuta al caldo per tutta la notte a lievitare e poi impastata di nuovo con l’aggiunta di altra semola, acqua, lievito di birra e sale. In seguito avviene la seconda lievitazione che dura circa 3-4 ore. Si procede, al ter-mine della lavorazione, alla formazione di pagnotte rotonde, che vengono segnate con tagli trasversali e poi infornate nel forno a legna. Oltre a essere consumato quotidian-amente, grazie al suo sapore deciso, il pane di saragolla è particolarmente indicato come base su cui provare l’olio nuovo e le numerose tipologie di formaggi e salumi prodotti nella zona.

Saragolla is an ancient variation of hard grain, still grown in the interior areas of Sannio, in Benevento’s district, from which a kind of rye bread is named. The light yellow interior is covered by a very crunchy crust. It’s ancient production has remained the same through the years: rye is mixed with the criscito, yeast obtained from the acid dough of the previous production. The mass is kept warm to rise for an entire night and then kneaded again adding more rye, water, beer yeast and salt. The second levitation follows for 2 – 3 hours. In the end round loaves are shaped, marked with transversal stripes and baked in a wood fire oven. Although it is eaten daily for it’s rich flavour, Pane di Saragolla is particulary good as a base for new types of olive oil and various local cheeses and salami.

Pane di Saragolla

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Il comune di Villaricca vanta un’antichissima tradizione nella produzione del pane, basti pensare che fino alla fine del XIX secolo il suo nome era Panicocoli, denominazione che risulta ancora presente nel dialetto, “Panecuocole”, e rinvia al latino mediovale panicoculus, fornaio, poiché formato da panis, “pane” e dal verbo coquere, “cuocere”. Anche lo stemma del paese conferma l’importanza della produzione del pane, poiché raffigura una coppa tra due spighe con un pezzo di pane. Ancora oggi il pane che si produce a Villaricca è molto rinomato per la sua bontà e risponde a precise caratteristiche, che derivano dal rispetto delle antiche regole produttive. Si trova in commercio in forme circolari detti “panielli”, o in forme allungate, le “panelle”, prodotte con farina di grano tenero che viene lavorata insieme all’acqua e al sale marino. La massa deve essere lasciata lievitare con lievito madre o pasta acida una prima volta, e poi coperta da un telo per qualche minuto; in seguito si lavora per ottenere le forme che devono lievitare di nuovo per alcune ore. La cottura avviene in forno a legna che viene lasciato aperto durante gran parte della cottura, in modo tale che la crosta diventi spessa e croccante e la mollica bianca e soffice.

Villaricca boasts an ancient baker tradition, and until the end of the 19th century the town was still called Panicocoli, from the dialect “Panecuocole”, derived from the Middle Ages latin word “panicoculus”, i.e. baker, which derives from the word “panis”, bread and the verb “coquere”, to cook. Even the town’s coat of arms confirms the importance of bread production for it represents a goblet between two ears of corn and a piece of bread. Still today the bread made in Villaricca is well known for its taste derived from the production which follows strict rules and ancient methods. The round “Panielli” or long “Panelle” which are sold are made of soft grain flour pasted with water and sea salt. Then the dough is left to grow with renewed yeast, acid paste and covered with a piece of cloth for a few minutes. After being shaped it’s left to rise again for a few hours. It is baked in a wood fire oven often left open during the cooking process so that the crust becomes thick and crunchy while the interior stays white and soft.

Pane di Villaricca

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Il panesillo, come ci suggerisce l’etimologia latina del suo nome panis ille è quel preciso tipo di pane che veniva preparato nelle occasioni speciali a Ponte, in provincia di Benevento. É un dolce di antichissima tradizione, confezionato artigianalmente impastando farina di grano tenero, uova fresche, zucchero e latte. Lievitato naturalmente, si cuoce in forno per circa un’ora e un quarto e viene guarnito con glassa di zucchero al mandarino, all’arancia o al cioccolato. Ancora oggi il Panesillo di Ponte è un prodotto confezionato secondo la tradizione sia in casa che nei laboratori artigianali; è un dolce tipicamente natalizio che viene spesso scambiato come strenna.

Panesillo, as the etymology “panis ille” suggests, is that precise kind of bread prepared for special occasions in Ponte, in Benevento’s district. It’s an ancient traditional cake, made by artisans kneading soft grain flour, fresh eggs, sugar and milk. Naturally levitated and baked in the oven for about an hour and a quarter. It’s decorated with mandarin, orange and chocolate sugar icing. Still today Panesillo di Ponte is produced according to tradition both at home and in artisan labs. It’s a typical Christmas cake often used as a gift.

Pancetta ArrotolataPanesillo di Ponte

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In tutta la provincia di Avellino si può acquistare una prelibatezza dolciaria di antichissima tradizione, la cui ricetta è stata tramandata nel tempo in maniera precisa e dettagliata: il pantorrone. Come si evince dal nome è un dolce costituito da torrone e pan di Spagna, alternati in diversi strati, completamente ricoperto di cioccolato fondente. Il pantorrone si ottiene con ingredienti freschi e genuini: uova, zucchero, farina, miele, mandorle, vanillina, e un po’ di liquore strega o, in alternativa, rhum per la parte interna e zucchero e cacao per il rivestimento esterno. La cottura degli ingredienti viene effettuata nella torroniera, a bagnomaria, per circa sette, otto ore.

All around Avellino you can buy Pantorrone a choice sweet, whose recipe has been passed down through the centuries in a very precise and detailed way. Made of different layers of chocolate nugat and sponge cake and completely covered in dark chocolate. Pantorrone is made with fresh and genuine ingredients: eggs, sugar, flour, honey, almonds, vanilla and a little bit of Strega liqueur or rhum for the inside; and sugar and cocoa for the outside. The ingredients are cooked in the torroniera (special container), in bain-marie, for about 7 or 8 hours.

Pantorrone

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Il panuozzo è una specialità delle pizzerie di Gragnano e della zona dei monti Lattari, in provincia di Napoli; nato come cibo semplice, oggi è considerato una prelibatezza per gustare la quale si possono percorrere chilometri fino ai ristoranti e le pizzerie di Gragnano, Pimonte, Agerola e Santa Maria la Carità. É una sorta di grande panino, la cui pasta è costituita dallo stesso impasto di quella della pizza: farina di grano tenero, acqua, lievito di birra fresco, sale marino, lievitata due volte e cotta forno a legna. Il panuozzo e farcito a seconda del gusto personale, con ortaggi, salumi, latticini e formaggi. La preparazione si conclude con una ripassata in forno a legna, che permette al ripieno di riscaldarsi e fondersi con il pane. Le varianti moderne a questo prodotto antico sono molto numerose e riguardano la varietà di ripieni e condimenti, che con il tempo si è ampliata e variegata.

Panuozzo is a specialty of Gragnano’s pizzerie and of the area around Monti Lattari, near Naples. Originating as simple food, today it is considered a choice dish and people will travel for miles to eat it in the restaurants and pizzerie of Gragnano, Pimonte, Agerola and Santa Maria la Carità. It’s like a big sandwich made out of pizza dough: soft grain flour, water, fresh beer yeast, sea salt prooved twice and baked in the wood fire oven. Panuozzo is filled according to personal taste with vegetables, salami, cheese and dairy products. The final touch takes place when the panuozzo is placed in the wood fire oven once again so that the filling heats and melts with the bread. There are many modern variations to this ancient dish, according to the different and new ingredients.

Panuozzo

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I panzarotti campani, detti anche “calzon-celli rustici”, sono delle piccole pizzette di pasta semisfoglia, a forma di mezzaluna, con ripieno a base di formaggio, ricotta e uova. La pasta esterna è costituita da farina di grano tenero, acqua, lievito di birra fresco, sale marino, sugna e uova; una volta amal-gamata viene ben stesa e tagliata, magari utilizzando un bicchiere, in cerchi aventi un diametro di circa dieci centimetri. Al centro di ogni cerchio, va messo un muc-chietto di ripieno di formaggio grattugiato e uova o, in alternativa di pezzetti di salsic-cia e ricotta e tagliata a pezzetti; la pasta va poi ripiegata a mezzaluna con i bordi ben sigillati e i panzarotti vengono fritti in olio bollente. Oltre a essere preparati in casa, i panzarotti si possono acquistare in tutte le friggitorie e le pizzerie campane.

The panzarotti of Campania, also known as “calzoncelli rustici”, are small half moon shaped pizzas made of pastry filled with cheese, ricotta and eggs. The outside dough is made of soft grain flour, water, fresh beer yeast, sea salt, suet and eggs; once kneaded, it ‘s spread and cut in 10 cm wide circles using a glass. A lump of grated cheese and egg, or pieces of sausage and cut up ricotta, are placed in the middle of every circle; the dough is folded in a half moon shape and the borders are well sealed and then fried in boiling oil. Panzarotti are prepared at home but can be found in every fried food shop or Pizzeria in Campania.

Panzarotti

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La cittadina di Gragnano, in provincia di Napoli è ormai celebre al livello internazionale per l’altissima qualità della pasta di semola di grano duro che viene prodotta dai suoi numerosi e antichissimi pastifici. A Gragnano la produzione della pasta affonda le sue radici in tempi molto remoti: già nel ‘500 ci si rese conto che la sua posizione geografica era particolarmente indicata per la produzione della pasta. Sorge, infatti, in cima a una valle, sulla quale sfociano numerose fonti montane la cui acqua sorgiva, oltre ad alimentare i mulini, conferisce alla pasta un sapore molto caratteristico. Inoltre, il clima caldo, ma ventilato dalla brezza marina, ne favorisce l’essiccazione che, anticamente, avveniva all’aperto, lungo le strade cittadine in condizioni di temperatura e umidità naturalmente costanti, che garantivano il gusto e la perfetta conservazione del prodotto secco. Fu così che nel XVII secolo sorsero i primi pastifici a conduzione familiare e ben presto la città divenne un centro industriale molto rinomato, i cui numerosi pastifici ancora oggi seguono delle regole produttive di imprescindibile importanza: l’utilizzo di semola di grano duro e la lavorazione artigianale, caratterizzata dalla trafilatura in bronzo e la successiva essiccazione naturale, che garantiscono alla pasta di Gragnano una qualità altissima.

Gragnano, a small town in the Naples district, is internationally famous for the quality of its pasta, made of middling hard grain flour, produced in its many and ancient Pasta factories. The ancient tradition of making pasta in Gragnano started in the 5th century when it was discovered that itas geographical position favoured the production of pasta. Positioned on top of a valley rich in mountain water springs which powered the watermills and gave the pasta a very characteristic taste. The warm weather with cool sea breezes helped the drying process that, at the time, used to be in the open air along the town’s streets. Consistent temperature and humid conditions guaranteed the flavour and perfect storage of the dried product. In the 17th century the first Pasta factories were family owned but it wasn’t long before the industry developed to industrial proportions, making the town very well known. The numerous Pastifici still follow the strict production rules: middling hard grain flour and artisan craftsmanship, with bronze drawing and natural essication guarantee the quality of Gragnano’s pasta.

Pasta di Gragnano

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La pastiera è il dolce pasquale per eccel-lenza: famosissimo in tutto il mondo e immancabile sulle tavole campane. É costi-tuito da una base di pasta frolla tradizion-ale, riempita da un composto ottenuto da ricotta, zucchero, strutto, grano duro cotto, uova, acqua di millefiori e vaniglia, la cui parte superiore è decorata dalla restante parte di pasta frolla tagliata a striscioline, che vengono distribuite in modo da for-mare delle losanghe. La pastiera viene, poi, cotta in forno e spolverata di zucchero a velo. La sua origine è legata a una leggenda che vede come protagonista la sirena Par-tenope. Costei dimorava nel golfo di Napoli e ogni primavera emergeva dalle acque per cantare per gli abitanti del golfo; un anno il suo canto fu così straordinario che tutta la popolazione accorse verso il mare portan-do a Partenope dei doni per ringraziarla. La sirena ricevette la farina, cioè la forza e la ricchezza della campagna, la ricotta, omaggio dei pastori, le uova, simbolo della vita che sempre si rinnova, il grano tenero bollito nel latte, a prova dei due regni della natura; l’acqua di fiori d’arancio, per rappresentare i profumi della terra, le spezie, in onore dei popoli più lontani del mondo e infine lo zucchero, per esprimere l’ineffabile dolcezza profusa dal canto della sirena. Quest’ultima, felice per tanti doni, li depose ai piedi degli dei, che riunirono e mescolarono con arti divine tutti gli ingre-dienti, trasformandoli nella prima pastiera.

Di vero, in quest’affascinante leggenda c’è sicuramente il legame con la primavera: pare, infatti, che le antenate delle past-iere fossero preparate in occasione delle antiche feste pagane che ne celebravano il ritorno. La versione odierna fu realiz-zata delle suore dell’antichissimo monas-tero di San Gregorio Armeno, che vollero celebrare la Risurrezione mediante una simbologia che unisse il profumo dei fiori dell’arancio del giardino conventuale con la bianca ricotta e il grano e le uova, simbolo di nuova vita, l’acqua di mille fiori odorosa come la primavera, il cedro e le spezie asi-atiche. Da allora le suore, divenute maestre nella complessa manipolazione della pasti-era, nel periodo pasquale ne confeziona-vano in gran numero per i nobili e i ricchi borghesi. La pastiera va confezionata con un certo anticipo, il giovedì o il venerdì Santo, perché si riposi e tutti gli ingredienti si amalgamino bene tra loro all’interno dei tipici ruoti di ferro stagnato dove viene cotta, servita e finanche venduta, poiché è talmente fragile che a sformarla si rischia di disfarla irrimediabilmente.

Pastiera

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Pastiera is the most typical Easter cake of all; famous all around the world and ever-present on every table in Campania. A base of traditional short pastry, filled with a mix of ricotta, sugar, lard, duram wheat, eggs, perfume flower water and vanilla; the top is decorated with short pastry stripes positioned to look like lozenges. Pastiera is then cooked in the oven and sprinkled with icing sugar. The legend tells that the mermaid Partenope lived in the gulf of Naples and emerged every Spring to sing to the local population. One year her songs were so good that the whole population ran to the sea to bring her gifts in gratitude. The mermaid received flour, symbol of strength and richness of the country; ricotta, gift of the shepherds; eggs, symbol of life reborn; soft grain boiled in milk, proof of the two realms of nature; orange flower water, representing the earth’s scent; spices, to honour far away populations and finally sugar, to express the mermaid’s intangible sweetness. Partenope, was so happy for the many gifts, that she lay them down by the feet of the gods who assembled the ingredients together and with their divine artfullness created the first Pastiera. For sure the bond with Spring in this fascinating legend is true, it seems like pastiere where prepared in ancient heathen celebrations for the return of the season. The modern version was created by the nuns of San Gregorio Armeno’s monastery to celebrate the Resurrection through the symbology which unified the scent of the convent’s orange gardens, the white ricotta, grain and eggs, symbol of new life, perfume flower water which smelt of Spring, citron and Asian spices. Since then the nuns, masters of the difficult manufacturing process, produced many pastiere for the noble and rich families.

Pastiera must be done quite in advance, not after Thursday or Good Friday, so that it can rest and all the ingredients are put together in the typical round tin pans, in which it’s cooked and even sold because otherwise it would break.

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Nelle aree interne delle province di Benevento e Caserta la tradizione culinaria ci ha tramandato l’antica ricetta di un dolce molto soffice, la “pigna”, o “pignatella”, detta così perchè, essendo più alta che larga, ricorda la forma di una pigna. Si prepara in casa, nel periodo pasquale con farina di grano tenero, lievito di birra fresco, uova, patate schiacciate e aromi, il tutto impastato con aggiunta di acqua. L’impasto lavorato a lungo viene lasciato lievitare per ben tre giorni prima di essere infornato e, dopo la cottura, ricoperto di glassa di zucchero. La pigna, che ricorda vagamente un panettone, oltre a essere preparata in casa, si può acquistare nei laboratori artigianali della zona durante il periodo pasquale.

In the inner areas around Benevento and Caserta, the culinary tradition passed down an ancient recipe of a soft cake called “Pigna” or “Pignatella” for its shape, higher than its width, which resembles a pinecone. Homemade during Easter time with soft grain flour, fresh beer yeast, eggs, mashed potatoes and aromas all mixed together with water. After kneading the dough, it is left to rise for 3 days before being baked and after being cooked it’s covered in icing. The Pigna, which vaguely resembles a Panettone, is prepared at home but can also be bought in artisan workshops during Easter time.

Pigna

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La pizza “chiena” cioè “piena”, dell’Irpinia è, come ci suggerisce il suo nome, una pizza la cui ricchezza è costituita dal ripieno. Individuarne l’origine è difficile, ma sicuramente è un pietanza contadina che nasce dall’esigenza di realizzare un piatto unico e molto nutriente con ingredienti non particolarmente costosi. É, infatti, una squisita variante della lavorazione del pane casereccio, che diventa l’involucro di un’imbottitura di salsiccia piccante e pezzi di lardo e scamorza. La pizza chiena viene prodotta artigianalmente e cotta in forno a legna e si può acquistare nei laboratori delle province di Avellino, Benevento, Caserta e Salerno.

Pizza “Chiena”, that means “full”, from Irpinia is, as the name suggests, a richly filled pizza. The origins are difficult to find, but it’s a country dish for sure. It was created by the need of having a complete meal, very nutritional and made of inexpensive ingredients. It’s a delicious variation of homemade bread, filled with spicy sausages, lard and scamorza. Pizza Chiena is made at home and baked in wooden fire ovens and can be bought in workshops around Avellino, Benevento, Caserta and Salerno.

Pizza Chiena

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La cosiddetta “pizza cu la ricotta” è una specialità della provincia di Avellino, in particolare della zona dell’Alta e media Valle del Calore, zona celebre per l’abbondanza e l’altissima qualità della ricotta ovina e bovina e di diversi tipi di salumi, come la salsiccia e la soppressata, ingredienti che rappresentano il cuore di questa pizza ripi-ena, la cui pasta, ottenuta con farina di fru-mento tenero, sugna, o olio, sale, uova e un po’ d’acqua, viene stesa e poi riempita con un impasto, preparato a parte, di ricotta, caprina e pecorina, uova e pezzi di salsic-cia o prosciutto. La pizza viene, poi, cotta in forno. É un piatto molto antico, la cui ricetta è conosciuta e realizzata in tutte le case.

Pizza cu la ricotta is a speciality of the areas around Alta and Media Valle del Calore, in Avellino’s district. This area is characterized by the high quality of the sheep and cow ricotta as well as different kinds of salami, such as salsiccia and soppressata. These are the ingredients that represent the heart of this filled pizza, the dough instead is rolled out and filled of soft grain flour, suet or oil, salt, eggs and a bit of water. After being rolled out, it’s filled with a stuffing made of sheep and goat ricotta, eggs and pieces of sausages and prosciutto. Then the pizza is baked in the oven. It’s a very ancient dish, the recipe is well known in every home.

Pizza con la Ricotta

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La pizza figliata, detta anche “serpen-tone” è un dolce molto antico originario di Camigliano, tra Capua e Pignataro Maggiore che si produce anche in alcuni comuni limitrofi, come Calvi Risorta e Te-ano. Ha la forma di una ciambella, a volte leggermente spiralata, e un colore biondo ambrato; è fatta di pasta sottile, farcita di miele, noci pestate, zucchero e aromi naturali. É simile a dei dolci di tradizione ebraica diffusi nella Toscana meridionale e viene confezionata durante le festività natalizie (la forma circolare rappresenta la continuità del ciclo annuale) e conservata almeno fino al due febbraio: infatti, grazie alla presenza del miele, il suo gusto rimane inalterato per diversi mesi. La sua pre-parazione costituisce un autentico rituale, tramandato oralmente: si impasta la farina con le uova, l’olio d’oliva, lo zucchero e il vino bianco; la pasta viene lavorata a mano e lasciata riposare per circa mezz’ora. In se-guito la si stende su di un ripiano di legno aiutandosi con un matterello per ottenere una sfoglia di forma ellissoidale sulla quale si distribuiscono le noci precedentemente pestate, lo zucchero, le scorzette di limone e di mandarino e il miele. La sfoglia viene ar-rotolata su sé stessa in senso longitudinale fino a formare un rotolo cilindrico, a sua volta ripiegato a ciambella. Si cuoce al for-no, in una teglia unta di olio d’oliva, mentre in passato veniva fritta in abbondante olio, e poi si fa raffreddare e si cosparge prima

con miele e poi con zucchero: negli ultimi tempi si sono diffuse alcune varianti nella ricetta, come l’aggiunta di cacao e di uvetta nel ripieno, tuttavia, la versione più apprez-zata rimane quella tradizionale.

“Pizza Figliata” also know as “Serpentone” is a very ancient but not very widespread cake: it may have originated from the area of Camigliano, between Capua and Pignataro Maggiore, and has spread between the nearby towns of Calvi Risorta e Teano. Cylindrical in shape and folded into a ring, sometimes as a slight spiral, it has a golden amber colour and is made with a thin pastry, filled with apples, ground nuts, sugar, and natural aromas. Similar to the Jewish cakes made in the south of Tuscany, it is made during Christmas time (the round shape representing the years’ continuity) and kept till the second of February due to the honey’s presence that keeps it unadulterated for months. The preparation is an authentic ritual, passed down only in few families: the flour is kneaded with eggs, olive oil, sugar and white wine; the dough is homemade and left to rise for half an hour. Then the dough is spread on a wooden bench with a rolling pin and made into an elliptic shape on which ground nuts are sprinkled and, then, are added sugar, lemon and mandarin peels and honey. The pastry is rolled into a cylinder and folded into a ring. After being cooked in a pan greased with olive oil, in ancient times it used to be fried in olive oil and left to cool, it’s covered with honey first and then sugar. Some variations to the recipe add cocoa and sultanas in the filling, but the traditional recipe is more appreciated.

Pizza Figliata (§)

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La Pizza di Scarola, tradizionalmente, era uno dei piatti presenti sulle tavole della vigilia di Natale, giorno in cui nelle case si mangiava “magro” per prepararsi al banchetto del giorno successivo. Oggi viene preparata in moltissime occasioni, ma ancora secondo la ricetta tradizionale, dove però, oltre alla scarola si può utilizzare la bietola da coste, detta “jeta”, cosicché la pizza prende il nome di “pizza con la jeta”. Si prepara lavando e lessando le scarole, gustoso vegetale della varietà dell’indivia, coltivatissimo in Campania, che, una volta ben scolate, vengono soffritte in abbondante olio a cui è stato aggiunto un battuto di aglio o cipolla, peperoncino piccante in polvere e un’alice salata, e, nella zona costiera, anche capperi e olive. A parte si prepara una pasta di pane, che servirà da base e copertura per le scarole: lo strato superiore, va arricciato ai bordi e bucherellato con una forchetta. La pizza si cuoce in forno fino a che non raggiunge un colore dorato.

Traditionally, Pizza di Scarola, used to be a Christmas Eve dish, when people tried to eat less to prepare for the next day’s feast. Today it’s prepared on many occasions, but still following the traditional recipe that uses Scarola but even Bietole di Coste, known as “jeta”, so that it’s sometimes called “pizza con la jeta”. First you rinse and clean the scarola, a tasty vegetable of the indivia variety, grown in Campania. Once rinsed and dried the scarola is fried with a lot of oil and minced garlic or onion, hot chillies and a salted sardine. On the coast olives and capers are added. A bread dough is prepared to be used as a base and a cover for the scarola: the top part shall be curled on the sides and lightly pinched with a fork to make small holes. The pizza is baked in the oven until gold in colour.

Pizza di Scarola

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La Pizza Migliazza cu li frittole è un’antica ricetta tipica del territorio Irpino: con-siste in una pizza da forno a base di farina di granoturco, insaporita con formaggio pecorino e “frittole” cioè cicoli, i pezzetti di grasso che si ottengono dalla lavorazione della sugna. Con ogni probabilità origi-nariamente la migliazza veniva preparata con la farina di miglio, da cui deriva il suo nome e che oggi, in questa come in molte altre ricette, è stata sostituita da quella di granoturco. La migliazza è un piatto de-cisamente invernale, sia per gli ingredienti usati, residui della lavorazione del maiale, sia per il suo elevato apporto calorico; tradizionalmente veniva preparata in ab-binamento con la minestra maritata. In realtà la sua preparazione è molto sem-plice, poiché basta far bollire le frittole in acqua, sale e peperoncino e aggiungere, a bollitura avvenuta, la farina di mais e il pecorino grattugiato. L’impasto, una volta cotto e amalgamato, viene fatto asciugare e passato al forno in una teglia ben unta di sugna o, in alternativa sulla brace dove però deve essere chiuso da un coperchio su cui si poggiano dei pezzi di brace.

Pizza migliazza cu li frittole is an authentic recipe from Irpinia: it’s a pizza to be done in the oven with a base made of cornflour, dressed with pecorino cheese and “frittole”, i.e. little pieces of fat made from lard. Probably Migliazza was made of semola, from which its name is derived. Semola was later substituted with cornflour. Migliazza is a winter dish considering the ingredients used, such as the left overs from pigs, and the high caloric value. It was traditionally made with the minestra maritata. The preparation is very simple: you just have to boil the frittole in water, salt hot pepper and add, once boiled, the cornflour and grinded pecorino cheese. The dough once cooked and amalgamated, is left to dry and then baked on a well greased pan in the oven; or it can be cooked in a covered pot on the barbecue with pieces of charcoal on the lid.

Pizza Migliazza cu li Frittole

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Si può dire che la pizza sia il piatto più diffuso al mondo e, certamente, uno dei più apprezzati. La pizza in sé ha origini antichissime e le ipotesi riguardanti la sua provenienza geografica e l’etimologia del suo nome sono numerose e tutt’oggi molto incerte. Quello che si sa per certo è che è a Napoli che a questo piatto ha rag-giunto l’eccellenza, facendo sì che oggi “pizza” e “pizzeria” siano le parole italiane più conosciute al mondo, e che la pizza sia diventato un vero e proprio simbolo della città. Nonostante oggi esistano molteplici condimenti differenti, quella che individu-iamo come la pizza napoletana verace ed artigianale è certamente nata dopo il ‘700, dopo cioè, che si apprezzò e si diffuse l’uso dei pomodori in cucina, ortaggi che, im-portati dalle Americhe, all’inizio venivano considerati molto nocivi. I pomodori costi-tuiscono il condimento fondamentale per la preparazione della vera pizza, presenti insieme all’olio di oliva e all’origano nella Marinara e all’olio d’oliva, la mozzarella e il basilico nella Margherita, la pizza tricolore inventata nell’800 in onore della regina Margherita di Savoia. Certamente, oltre alla genuinità degli ingredienti del condimen-to, è fondamentale quella degli ingredienti dell’impasto: acqua, lievito di birra fresco e sale marino e che devono essere lavorati accuratamente e poi lasciati lievitare una prima volta. Alla formatura e allo staglio e segue una seconda lievitazione, che precede

un’ulteriore fase di lavorazione, durante la quale la pizza viene spianata e condita e, infine, cotta nel forno a legna. Quella della preparazione della pizza verace è consid-erata una vera e propria arte, della quale, al di là delle origini geografiche, la città di Napoli si è guadagnata la paternità.

Pizza is one of the most widely-spread and popular dishes in the world. Pizza’s origins are very old and there’s many different and uncertain theories on its geographical place of origin and etymological meaning. What is certain is that Pizza reached its perfection in Naples, so that today “pizza” and “pizzeria” are the most known Italian words in the world. Pizza has become one of the city’s symbols. Although today there are many different kinds of dressings, the original Neapolitan pizza was created after the 18th century, and therefore after tomatoes were imported from America and, after been considered harmful for a while, started to be appreciated in cooking. Tomatoes are the main ingredients of the real pizza, together with olive oil and oregano in the Marinara and olive oil, mozzarella and basil in the Margherita, the three coloured pizza invented in the 19th century to gratify Queen Margherita di Savoia. Very important as well are the ingredients for the dough: water, fresh beer yeast and sea salt. After a first levitation and a second levitation the dough is spread out and covered with dressings and baked in the wood fire oven. Pizza making is considered a work of art and although the origins are uncertain, Naples has earned its authorship.

Pizza Napoletana Verace Artigianale

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Dalla trasformazione fonetica e gastro-nomica del “buccellato”, l’antico pane che in epoca tardo romana veniva dato ai militari, la cui etimologia deriva da buccellus, “boc-cone”, è nato il puccellato, una specialità pasquale le cui origini sono talmente an-tiche da perdersi nella memoria della gente del comune dove è stato inventato, Frag-neto l’Abate, in provincia di Benevento. Si tratta di un prodotto da forno la cui ricetta originale è stata tramandata di generazione in generazione ed è sicuramente di epoca pre-medievale, dato che viene menzionato in alcuni documenti del XII come paga-mento per i fitti che gli inquilini dovevano ai padroni. Ne esistono due versioni, una dolce e una rustica, che si differenziano per l’utilizzo di alcuni ingredienti, ma che sono identiche nella lavorazione. La base è un impasto di 5 uova con la farina che, nella versione dolce, va mischiato con ab-bondante zucchero e burro e poi aroma-tizzato con vaniglia, liquore, cedro e uva passa, mentre in quella salata, prevede l’aggiunta di sugna, pepe grosso e appena un cucchiaino di zucchero. Man mano che si impasta, vanno aggiunte altre 7 uova e il lievito e poi si deve lasciare a riposo per oltre due ore prima di dare alla massa la forma di una panella, che deve lievitare a lungo prima di essere infornata. Sia nella versione dolce che in quella salata il puc-cellato è immancabile nel periodo pasquale sulle tavole delle case di Fragneto l’Abate e

nei comuni limitrofi, e si può acquistare nei laboratori artigianali della zona.

Puccellato derives its name from the phonetic and gastronomical transformation of the word “buccellato”, the ancient bread that was given to soldiers in the late Roman era, and the etymology of “buccello”, mouthful. The origins of Puccellato, an Easter specialty, are so remote to be lost even in the memories of the people from Fregneto l’Abate, near Benevento, who invented it. It’s made in the oven and the original recipe has been passed down through generations and it surely dates from before the Middle Ages, since it’s mentioned in documents from the 12th century as payment for rent. Two versions exist: a sweet and a savory version, different for some ingredients but made in the same way. The base is made mixing 5 eggs and flour, in the sweet version with plenty of sugar, butter and natural aromas like vanilla, liquor, citron e sultanas. The savory version is mixed with suet, black grain pepper and a spoon of sugar. During kneading 7 eggs and yeast are added to the dough and then it’s left to rest for over 2 hours before working it into the panella shape, which has to rise a lot before being baked. Either version of the Pucellato is always present at the tables of Fregneto l’Abate in Easter and can be bought in local workshops as well.

Puccellato Dolce e Puccellato

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Il raffiolo o raffiuolo campano ricorda nel nome e nella forma il raviolo salato del nord Italia, ma in realtà è un dolce a base di pan di Spagna ricoperto di marmellata di albicocche e glassa di zucchero. La ri-cetta del raffiolo è antichissima e piuttosto laboriosa: si sbattono tuorli e albumi con lo zucchero per sei o sette minuti e poi si aggiungono altro zucchero, mezzo limone, un quarto di cucchiaino di ammoniaca, mezza bustina di vaniglia e un albume montato a neve. Con una tasca di tela da pasticceria si predispongono, su delle plac-che da forno unte e infarinate, dei cordoni di pasta di circa quattordici centimetri l’uno ripiegati su sé stessi. Cuocendo per circa dieci minuti, i cordoni si allargano fino a diventare ovali; a questo punto, si tolgono dal forno e, una volta freddi, ven-gono ricoperti di glassa e marmellata di albicocche. Si velano, poi, con altra glassa e si lasciano asciugare. La glassa dei raffioli si prepara a parte cuocendo a fuoco lento zucchero, acqua e un pizzico di bicarbon-ato e girando continuamente con un cuc-chiaio di legno fino a che il composto non bolle per qualche minuto; poi si toglie dal fuoco e si versa in una scodella per girarlo fino a che non diventa bianco e cremoso. La glassa può essere preparata qualche giorno prima dell’uso, perché si insapor-isca riposando coperta, basta farla ripren-dere riscaldandola a bagno maria prima di spalmarla sui raffioli con un pennello o la

lama di un coltello. É molto raro, oggi, che i raffioli vengano preparati in casa, ma si possono trovare in tutte le pasticcerie della Campania, anche nella versione definita “a cassata”, farciti, cioè, con crema di ricotta, cioccolato, zucchero, canditi, cannella maraschino e vaniglia.

Raffiolo or Raffiuolo of Campania is similar in name and shape to the raviolo salato from the North of Italy, but is a sponge cake, covered in apricot jam on an icing sugar base. Raffiolo’s rec-ipe is ancient and quite challenging: egg whites and yolk are whipped with sugar for 6–7 minutes and then mixed with more sugar, half a lemon, a quarter of a spoon of ammonia water, half a pack of vanilla and stiffly beaten egg whites. It’s all put in a piping bag used to prepare pieces of pasta, which are 14 cm long each and are folded on greased and floured oven plates. After baking for 10 minutes the pasta pieces enlarge and have to be taken out and left to cool. Then they’re covered in icing sugar and brushed with apricot jam. They’re covered with more icing sugar and left to dry again. The icing can be prepared a few days before, so that when it rests it gains flavour. Before using it on the raffioli it has to be soaked in hot water, sugar and a pinch of baking soda on a slow flame. After it boils for a few minutes, it’s taken out and poured in a round bowl and stirred until it becomes white and creamy. A brush or a knife is used to rub it on the raffioli. Raffioli are rarely produced at home any more but they can be found in cake shops around Campania even in the “cassata” version, which is filled with ricotta cream, chocolate, sugar, can-died fruit, cinnamon, maraschino and vanilla.

Raffioli

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In Campania i ravioli di ricotta di pecora detti anche “ravaiuoli” o “ravioloni di magro”, sono una specialità di antichissima tradizione: dei ravioli preparati a mano e imbottiti con ricotta di pecora fresca. La pasta è all’uovo e la preparazione casalinga dei ravioli è, poi quasi rituale, cioè si prepara la pasta esterna con di farina di grano tenero, acqua, uova e sale marino e, una volta lavorata e poi stesa a mo di sfoglia viene riempita con l’impasto di ricotta, pecorino grattugiato, erbe e aromi. Alla fine si tagliano dei tondini ripieni o delle mezzelune, magari aiutandosi con un bicchiere. Il condimento tradizionale dei ravioli “di magro”, come vengono definiti per l’assenza di carne nell’imbottitura, è il ragù di pomodoro o il castrato di agnello.

Ravioli di ricotta di pecora also called “ravaiuoli” or “slim ravioloni” are an ancient traditional specialty of Campania: handmade ravioli filled with fresh sheep ricotta. The dough is made with eggs and made at home in a ritual way: the outside pasta is made of tender grain flour, water, eggs and sea salt. Kneaded and then spread like pastry, it’s filled with ricotta, ground pecorino, herbs and aromas. In the end little stuffed half moons or circles are cut out with the help of a glass. The traditional sauce for the ravioli “di magro”, called thin because they’re meatless, is tomato ragù or castrated lamb.

Raviolo di Ricotta di Pecora

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I “ricci” o “riccioli”, anche detti “fusilli furitani”, quando sono più lunghi, sono una specialità della costiera Amalfitana e di Minori, nel Salernitano. É un tipo di pasta di forma cilindrica avvolta a spirale, di lunghezza compresa tra gli 8 e i 13 cen-timetri. Si ottiene da un impasto di farina di semola di grano duro, acqua e un piz-zico di sale. Il procedimento di lavorazione prevede l’aggiunta alla farina, disposta a fontana sul tavolo da lavoro, degli altri in-gredienti che vengono impastati a lungo ed energicamente. Si procede, poi ad affuso-lare la pasta, che, raggiunto lo spessore di circa 0,5 centimetri e la lunghezza di circa 16–26 centimetri, si deve dividere in bas-toncini che vanno ulteriormente lavorati con l’aiuto di un ferro tondo finissimo. Il bastoncino di pasta va arrotolato intorno al ferro per più di metà della sua lunghezza, poi, alzando il fuso con il fusillo vicino e prendendo con l’altra mano l’estremità della pasta, si fa girare rapidamente fino ad avvolgere la restante pasta attorno al fu-sillo. Al termine della lavorazione i fusilli furitani, si adagiano su di un letto di farina di semola di grano duro per evitare che si attacchino tra loro. La produzione del fu-sillo furitano è una tradizione consolidata, almeno centennale, che ha conservato nel tempo la particolare manualità ottenuta dall’esperienza. É un tipo di pasta versatile, di per sé molto saporita, che sposa bene con i sughi di carne, di pesce e crostacei, come

con la semplice salsa di pomodoro fresco. Oggi i ricci sono presenti sulle tavole delle famiglie che continuano a prepararli sec-ondo l’antica ricetta e, sempre prodotti ar-tigianalmente, si possono acquistare nelle botteghe di Minori e nelle zone limitrofe o gustare nei ristoranti locali conditi con il ragù di salsicce.

The “Ricci” or “riccioli”, also known as “fusilli furitani” when longer, are a speciality of the Amlafi coast and Minori, in the Salerno area. It’s a 8 to 13 cm kind of cylindrical pasta twirled in a coil. It is made of a middling of hard grain flour, water and a pinch of salt. Kneading is made on a table with a mound of flour with a whole in the center where all the ingredients are energetically kneaded at length. The pasta is then streamlined until it’s 0,5 cm thick and 16 to 26 cm long and divided in sticks which are treated again with a fine iron tool. The pasta stick has to be wrapped on the tool at least to the half of its lenght, then the spindle is lifted up with the fusillo attached. While holding the extremity of the pasta, it’s quickly twirled around so that it wraps around the fusillo itself. Fusilli Furitani are finally spread on a layer of flour so that they won’t stick to each other. The production is over a hundred years old and still continues to preserve the manual ability obtained through experience. It’s a widely used and very tasty pasta, that goes well with meat and seafood sauces but also with a simple tomato sauce. Ricci are still homemade following the tradition but can be found in shops in Minori as well as in restaurants with sausage ragù sauces.

Ricci e Fusilli Furitani

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L’etimologia della parola “roccocò”, ri-manda a “roccia artificiale”, poiché questo dolce natalizio, immancabile su tutte le tavole della Campania a partire dal giorno dell’Avvento e per tutto il periodo di Na-tale, ha una consistenza particolarmente dura e un aspetto quasi marmoreo, dovuto alla presenza delle mandorle. É un biscotto secco, a forma di ciambella schiacciata di colore marrone scuro, la cui pasta è a base di mandorle e canditi. Secondo la ricetta originale, per ottenere il roccocò tradizion-ale si deve lavorare su un ampio piano, dis-porvi la farina a fontana e mettervi al centro zucchero, pepe bianco, chiodi di garofano, scorze di agrumi canditi, la buccia grattata di ½ arancio, una o due gocce di estratto di cannella, una goccia di ammoniaca e, infine, delle mandorle precedentemente tostate e tritate, insieme ad altre mandorle intere. La base così preparata va lavorata a lungo, aggiungendo continuamente acqua fino a ottenere una pasta di media consist-enza, abbastanza dura da non attaccarsi sul tavolo. La pasta ottenuta va divisa in piccoli pezzi che vanno chiusi a ciambella, spen-nellati con l’uovo battuto e infornati per circa 10 minuti fino a che non si coloris-cono. Il roccocò viene anche consumato a fine pasto bagnato in vini liquorosi.

Roccocò’s etymology comes from “roccia artificiale”, artificial rock, because this Christmas sweet, presented on every table in Campania from the Advent day and the whole holiday season, is very hard and almost marblelike due the almonds. It’s a dry biscuit that looks like a dark squashed doughnut with a dough made of almonds and candied fruit. The original recipe says that the traditional roccocò has to be kneaded on a large working bench where in the middle of a big mound of flour will be put sugar, white pepper, cloves, candied fruit peels, half an orange ground peel, one or two drops of cinnamon essence, a drop of ammonia and finely roasted and ground almonds together with whole almond nuts. The base is worked for a long time, continually adding water, until the right consistency, which musn’t stick to the table, is reached. The dough is divided into little rings, brushed with eggs and baked for 10 minutes until they go brown. Roccocò is often consumed after a meal with liquors.

Roccocò

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Il sanguinaccio è una crema a base di cioccolato, latte e sangue di maiale, che fa parte delle antichissime ricette popolari carnascialesche, legate ai festeggiamenti in onore dell’uccisione del maiale, del quale “non si butta niente”, neanche il sangue. Gli ingredienti necessari per prepararlo sono, infatti, il sangue di maiale, zucchero, tuorli d’uovo, farina, latte, cioccolato fondente e cacao, che vengono amalgamati e cotti in pentole dove bollono per circa 10 minuti. Il sanguinaccio si serve freddo, guarnito con canditi di frutta e praline di cioccolato, e, di solito, si accompagna con le chiacchiere o con biscotti morbidi tipo savoiardi. Oggi, per motivi di carattere igienico, il sanguinaccio viene preparato e venduto in una variante che non prevede l’utilizzo del sangue di maiale.

Sanguinaccio is a cream made of chocolate, milk and pig’s blood. It is part of the old folkloristic recipes made at Mardi Gras and it was used to honour the killing of the pig, of which nothing is trown away, not even blood. Necessary ingredients are the pig’s blood, sugar, egg yolks, flour, milk, dark chocolate and cocoa, which are all mixed together and cooked in pots where they boil for about 10 minutes. Sanguinaccio is served cold, dressed with candied fruit and chocolate pralines, and usually with chiacchiere or soft biscuits like “savoiardi”. Today for sanitary reasons sanguinaccio is sold in a variation without the pig’s blood.

Sanguinaccio

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Le Scaldatelle o “Scavuratiell’”, sono dei taralli diffusissimi in tutto il mezzogiorno e che, in Campania vengono prodotti soprattutto nelle aree interne, a forte tradiuzione cerealicola. Si chiamano così perché prima di essere cotti in forno vengono “riscaldati”, ossia bolliti, in acqua. La pasta è lavorata a mano con farina di grano, olio, sale, semi di finocchio e a volte uova, e lievita naturalmente; in seguito si formano con le mani dei cilindri, che vengono chiusi sovrapponendone gli estremi. I taralli vengono poi buttati in acqua bollente senza sale, asciugati e cotti in forno. Hanno un colore dorato, consistenza molto friabile e un sapore caratteristico di finocchietto.

Scaldatelle or Scavuratiell’ are savoury round cakes which are made all over the south of Italy and traditionally in the central parts of Campania where cereals are grown. They’re called like this because they’re usually heated (“riscaldati”) and boiled in water before being baked. The dough is kneaded by hand and made of grain flour, oil, salt, fennel seeds and sometimes eggs as well. It rises naturally and then cylinders are shape by hand which are overlapped at their extremities thus closing them. The taralli are boiled with salt, dried and baked in the oven. They’re golden, a bit crumbly and with a distinctive fennel taste.

Scaldatelle

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Il comune di Castel San Lorenzo, in provin-cia di Salerno, è la patria dello “scazzatiello”, detto anche “cavatieddu”, una pasta fatta a mano che deriva, probabilmente, dai dagli antichi “cavatielli” a loro volta derivanti dagli gnocchi medievali. Tradizionalmente si utilizzavano la farina di grano duro, ac-qua, olio e sale, oggi, invece, si mischiano farina di grano duro e di grano tenero con uova fresche, olio, sale fino e acqua. La preparazione segue il procedimento tradizionale: la farina viene sistemata con una cavità centrale, a mo’ di vulcano, nella quale si aggiungono uova, olio e un piz-zico di sale. L’impasto viene poi lavorato a mano aggiungendo un po’ alla volta l’acqua necessaria a ottenere un composto sodo e liscio, che deve essere riposare per circa un’ora. La lavorazione prosegue tagliando e lavorando l’impasto prima in lunghe sezioni cilindriche del diametro di circa un centimetro e poi in tocchetti quadrangolari che, separati e lavorati a coppie con tutte e due le mani, schiacciandoli con i pol-lici e roteandoli nei due sensi, diventano gli “scazzatielli”. L’ultima operazione, che richiede una certa abilità, è quella che dà loro il nome: l’atto dello “schiacciare” cioè “scazzare”. Si lasciano essiccare per un tempo variabile dipendente dalla stagione e dal grado di umidità e poi si cucinano con il tradizionale ragù di castrato. Ancora oggi gli scazzatielli si possono gustare nel corso della tradizionale sagra che si tiene

ad agosto a Castel San Lorenzo, durante il rituale dell’”abbinamento” che vede i pre-senti sorseggiare due bottiglie di vino rosso e una di bianco, macchiandosi per dimos-trare di aver bevuto.

Castel San Lorenzo, near Salerno, is hometown of “Scazzatiello”, also known as cavatieddu, a kind of handmade pasta that probably derive from the older Cavatielli that come from gnocchi made in medieval times. Traditionally the dough was made of hard grain flour, water, oil and salt. Today instead hard grain and soft grain flour are mixed with fresh eggs, oil, fine salt and water. Production is still traditional: flour is massed on the table and a hole is made in the middle, like a volcano, into which eggs, oil and a pinch of salt are added. The dough is kneaded by hand and water is added gradually as required until it’s compact and smooth and left to rest for an hour. The dough is cut into smaller pieces that’ll become pasta cylinders, 1 cm wide, that will be cut into smaller square pieces that are separated and made into “scazzatielli” by dividing them in pairs with the thumbs from both hands and rotating in both directions. The last operation called “scazzare”, to squash, requires a certain ability. After this, the scazzatielli are left to dry for an amount of time which depends on the season. They’re cooked with ragù of castrated meat sauce. Today Scazzatielli can be tasted at Castel San Lorenzo during the popular celebration in August, during which the “coupling” ritual is performed. The participants drink two bottles of wine, a red and a white one and get their clothes stained to demonstrate that they have drunk.

Scazzatiello

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Alla fine degli anni ’60, lo chef amalifitano Enrico Cosentino ha preparato per la prima volta gli scialatielli. Si tratta di un tipo di pasta fatta a mano di una forma che ricorda un fusillo, ma più corto e più schiacciato; gli ingredienti degli scialatielli sono farina, latte, uova, basilico, olio extra vergine d’oliva, sale, pepe di mulinello e pecorino grattugiato. Tutti gli ingredienti sono lavorati a mano per realizzare la pasta, che va lasciata riposare e tagliata a listarelle di circa 10 centimetri di lunghezza; il condimento “originale” degli scialatielli sono senz’altro i frutti di mare rosati da qualche pomodorino. Dal giorno della loro ideazione ad Amalfi, gli scialatielli si sono diffusi in tutta la costiera e, pur essendo un piatto di recente ideazione, soprattutto se paragonato con la maggior parte di quelli campani, sono entrati a pieno titolo nel novero delle specialità tradizionali.

At the end of the Sixties, Enrico Cosentino, a chef from Amalfi, prepared scialatielli for the first time. It’s a handmade fresh pasta made in a fusillo shape, only shorter and squashed. Ingredients are flour, milk, eggs, basil, extra virgin olive oil, salt, pepper and ground pecorino cheese. All ingredients are kneaded by hand and left to stand, and then cut into strips of 10 cm. It was originally served with seafood and a few small tomatoes. From Amalfi scialatielli have spread all along the coastline. Even though they’re recent if compared to other pasta from Campania, they’re now considered one of the traditional specialties.

Scialatielli

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In provincia di Salerno e in particolare nell’Agro Sarnese Nocerino, è molto diffusa la coltivazione delle arance bionde, dalle quali si ottiene una gustosa spremuta. Per poterne consumare il succo anche fuori stagione, si è diffusa, negli ultimi decenni, la produzione di uno sciroppo di arance ottenuto dal succo delle arance filtrato, portato all’ebollizione e addizionato di zucchero. Tale prodotto, al cui nome è legato quello del comune di Sant’Egidio Montalbino, viene diluito con acqua e destinato, per lo più, al consumo casalingo, anche se si può trovare in vendita sul mercato locale.

Near Salerno and especially in Agro Sarnese Nocerino, yellow orange cultivation is very popular and a very tasty orange juice is made. In the last decade an orange syrup has been produced so that the drink may be tasted even nwhen the oranges are out of season. Filtered orange juice is boiled and then sugar is added. This product made in Sant’Egidio Montalbino, is diluted with water and is mainly drunk in the home but can also be found at local stores.

Sciroppo di Arancia Bionda

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Lo sciusciello di Pellezzano, in provincia di Salerno, un tempo era il componente principale dell’alimentazione contadina; oggi è un cibo tradizionale a cui sono dedicate anche alcune manifestazioni estive. Si tratta di un gustoso pane di farina di grano integrale, sale, acqua e lievito di birra, impastato in maniera molto semplice, farcito, e cotto in forno a legna. Lo sciusciello deve il suo nome al “sciuscio” cioè il “soffio” che i gas producono fuoriuscendo dal foro che si crea sulla superficie gonfia del pane, cavo all’interno e con rilievi disomogenei sull’intera superficie. Di colore bianco-cenere è butterato da maculature scure dovute alla cottura. Lo sciusciello classico viene farcito con strutto di sugna e pepe, ma il ripieno contempla alcune varianti come formaggio filante, carne, salumi, verdure, cioccolata, patate e tutto ciò che altro possa deliziare i palati più esigenti.

Sciusciello from Pellezzano, near Salerno, was once the principal local dish; today it is a traditional food which is celebrated in local summer festivities. It’s a tast bread made of wholemeal flour, salt, water and beer yeast, kneaded in a simple way, filled and baked in the oven. Sciusciello derives its name from “sciuscio”, the whispering sound that gas makes coming out of the holes on the puffed up bread’s surface. The bread is hollow inside and has an uneven surface. The colour is ash white with little dark spots made during the baking. Classic Sciusciello is filled with lard and pepper, but the filling can vary with soft cheese, meat, salami, vegetables, chocolate, potatoes and whatever delights the more demanding palates.

Sciusciello

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Oltre 400 anni fa nel convento di Santa Rosa a Conca dei Marini, nel Salernitano, una monaca, avendo sbagliato le dosi men-tre preparava un dolce chiamato “bian-comangiare”, volle creare una nuova ricetta: aggiunse all’impasto limoncello, pezzi di susine, albicocche e pere essiccate. Adagiò, poi, il composto fra due “pettole”, i pezzi di pasta di pane insaporiti con vino, strutto e zucchero, e pose la “grandissima sfogliata” nel forno caldo. La Badessa apprezzò molto il nuovo dolce e decise di intitolarlo alla santa fondatrice dell’ordine, Santa Rosa, e di prepararlo ogni 30 agosto in occasione della festa a lei dedicata. La Santa Rosa si componeva, allora, di sottili sfoglie sovrap-poste, ed era a forma di cappuccio con un cordone di crema. Intorno al 1800 la ricetta uscì dal convento e, con alcune variazioni come il ridimensionamento della forma, la sostituzione dei frutti secchi con i canditi e della crema pasticciera con la ricotta, di-venne la specialità di un osteria del cuore della città e prese il nome di sfogliatella. In seguito, l’osteria che aveva trasformato la Santa Rosa in sfogliatella si trasformò lei stessa in un laboratorio dolciario spe-cializzato in sfogliatelle e la ricetta del dolce si diffuse in tutte le pasticcerie della la città, sia nella sua variante riccia che in quella frolla. Oggi a Napoli la sfogliatella viene sfornata continuamente e consu-mata calda, fragrante e profumata di acqua di fiori d’arancio e di zucchero a velo, ed

è così famosa da essere entrata nel lessico partenopeo, nel detto che recita: “Napule tre cose tene belle: ‘o mare, ‘o Vesuvio, e ‘e sfugliatelle”.

About 400 years ago a nun from the hermitage of Santa Rosa at Conca dei Marini, near Salerno, while she was preparing a cake called “biancomangiare”, made a mistake with the dosage and decided to experiment with a new creation. She added a few drops of limoncello, pieces of dried plums, apricots and pears. She put the mix in two “pettole”, pieces of bread dough enriched with wine, lard and sugar and then put the “grandissima sfogliata” in a very warm oven. The Abess was very happy with the new recipe and decided to dedicate it to Santa Rosa, founder of the order and prepare it every year on the 30th of August, the Saint’s religious celebration day. “Santa Rosa” was made of many thin overlapping layers, in the shape of a hood with a strip of cream. In the 19th century the recipe came out of the monastery, with some variations: it was reduced in size, dried fruit was substituted with candied fruit and the cream with ricotta. It became the specialty of a tavern in the center of the city and called Sfogliatella. The tavern became a specialized laboratory and the recipe spread all around the city in its two variations: riccia and frolla. Today in Naples sfogliatella is made daily and offered while it’s still warm, fragrant and smells of orange flowers and icing sugar. It’s so famous that it has become part of a popular saying “Napule tre cose tene belle: ‘o mare, ‘o Vesuvio, e ‘e sfugliatelle”. (Naples has three beautiful things: sea, Vesuvio and the sfogliatella)

Sfogliatella

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Sfogliatella Santa Rosa

La Santa Rosa, fu inventata nel ‘600 nell’omonimo convento di Conca dei Marini, in provincia di Salerno e, mentre a Napoli si è trasformata nella ricetta della sfogliatella riccia, a Salerno e nelle zone della Costiera Amalfitana si è perfezionata sulla base della ricetta tradizionale. La base del ripieno era inizialmente costituita da semola, latte, zucchero e frutta secca rigen-erata nel rosolio; la crema ottenuta veniva adagiata su una “pettola”, cioè una sfoglia ricavata spianando una piccola quantità di impasto per la preparazione del pane al quale erano stati aggiunti sugna, zucch-ero e un po’ di vino, fino a ricavarne una friabile pasta frolla, una seconda “pettola” delle stesse dimensioni della prima serviva a ricoprire la crema di semola. Al dolce fu data la caratteristica forma del cappuccio monacale per essere, poi, adagiato nel for-no caldo. Il dolce fu chiamato “santa rosa” in onore della santa alla quale era intitolato il monastero. Ne furono prodotte altre per le famiglie di Conca e quelle benefattrici degli altri centri costieri. Questa usanza fu ripetuta ogni anno il 30 agosto, giorno di Santa Rosa. A Conca dei Marini continua a tenersi annualmente una sagra dedicata a questa sfogliatella con la distribuzione di migliaia di questi dolci prodotti da pas-ticcerie locali. Oggi il ripieno è formato da semolino, ricotta, canditi, uova, aroma di cannella e zucchero; la sfoglia esterna, composta di farina, sale e acqua lavorati a

lungo per ottenere la giusta consistenza, si presenta riccia e guarnita con crema past-icciera e amarene sciroppate.

The Santa Rosa was invented in the monastery from which it’s named in Conca dei Marini, near Salerno, and while in Naples it developed into Sfogliatella Riccia, in Salerno it was perfected according to the traditional recipe. The filling was initially made of middling, milk, sugar and dried fruit regenerated in rosolio; the cream was spread on a “pettola”, a friable pastry made of a small part of bread dough mixed with suet, sugar and a bit of wine and covered with another “pettola” of the same size. The cake had the classic hood shape and was put in the oven. The name Santa Rosa was given to glorify the saint to which the monastery was dedicated. Others were made for the families in Conca and benefactors on the coast. The tradition was repeated every 30th of August, the day that celebrates Santa Rosa. A popular festival in Conca dei Marini still celebrates this kind of sfogliatella distributing thousands of these cakes made in local workshops to the people during the festivity. The filling is now made of semolina, ricotta, candied fruit, eggs, cinnamon and sugar; the outside “curly“ pastry is made of flour, salt and water, kneaded for a long time until it reaches the right consistency. It is dressed with cream and rasberries syrup.

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Il sidro è una bevanda a bassa gradazione alcolica ottenuta dalla fermentazione delle mele; venne inventata nel medioevo e la sua produzione si sviluppò soprattutto in nord Europa, in particolare in alcune regioni della Francia. Il sidro è, praticamente, vino di mele e l’economia sostanzialmente povera che caratterizzava il Sannio del principio del ‘900, portò i contadini del luogo a utilizzare le locali mele limoncelle e annurche per produrre il sidro in sostituzione al vino da uva, prodotto delicato e scarsamente presente nella zona. Da allora il sidro di mela limoncella del Sannio si è diffuso e perfezionato e ancora oggi viene prodotto secondo la ricetta originale. Le fasi della lavorazione del sidro sono affini a quelle del vino: dopo la raccolta le mele vengono pigiate e macinate e il prodotto fermentato viene poi filtrato e imbottigliato. Il sidro ha un sapore dolce e fruttato e una gradazione di circa 8 gradi; a differenza del vino, non migliora con l’invecchiamento, ma deve essere, preferibilmente, consumato nell’anno stesso in cui è stato prodotto.

Cider is a low gradation drink made from apple fermentation; it was invented in the Middle Ages and its production was developed in Northern Europe, especially in some French regions. Cider is apple wine. At the beginning of the 19th century, the poor economical situation in the Sannio region pushed the local farmers to use “lemoncelle” and “anurche” apples to produce it, since grape wine was a delicate process and scarce in the area. Since then the Sidro di mela limoncella del Sannio was perfected and spread according to the traditional recipe. The production stages are similar to the ones of wine: after harvest apples are squashed and ground, fermented and filtered in bottles. Cider has a sweet fruity taste and around 8 degrees of alcohol, it doesn’t improve with age and has to be consumed in the same year of production.

Sidro di Mela Limoncella

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Sospiri al Limone

Specialità antichissima della costiera Amalfitana, nel Salernitano, i sospiri sono dei piccoli dolci di forma rotondeggiante formati da due semicerchi di pan di Spagna con al centro la crema. Tradizionalmente, i sospiri venivano riempiti con crema pasticciera, oggi, da circa un ventennio, la crema pasticciera è stata sostituita dalla crema al limone. La preparazione del pan di Spagna prevede l’impasto di uova, zucchero e farina per preparare le formine della misura desiderata che devono essere adagiate su carta da forno, ricoperte di crema al limone e poi ricoperte di glassa di zucchero. Proprio per la ricchezza di limoni della costiera Amalfitana i sospiri sono una specialità di tutti i numerosi ristoranti della zona oltre che, naturalmente, di tutti i laboratori artigianali di pasticceria.

Sospiri are small round sweets made from two sponge cakes with cream in the middle. They are an ancient specialty from the Amalfi coast, near Salerno. Usually sospiri were filled with sweet cream, but in the last 20 years it has been substituted with lemon cream. The sponge cake dough is made of eggs, sugar and flour in little moulds of the desired size, which are put on oven paper, covered in lemon cream and glazed sugar. Since the Amalfi coast is rich of lemons, Sospiri are a specialty in all the restaurants and local workshops.

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Lo spantorrone è un dolce tradizionalmente preparato in provincia di Avellino, la cui ricetta viene tramandata nelle famiglie produttrici del comune di Grottaminarda, come ricorda il suo nome completo che è, per l’appunto: “spantorrone di Grotta”. É un tipo particolare di pantorrone, caratterizzato da una notevole friabilità, e dal fatto che, nel momento in cui si rompe, anziché spaccarsi in pezzi si sbriciola quasi, riducendosi in scaglie. La ricetta originale ci dice che la preparazione deve avvenire nella torroniera, dove, dopo aver riscaldato per molte ore miele e albume si aggiungono le mandorle e le nocciole e vaniglia. Il prodotto viene steso negli stampi e ricoperto di fettine di pan di Spagna imbevute di rhum e liquore strega.

Spantorrone is a cake traditionally prepared in Avellino, whose recipe is made from families in the town of Grottaminarda, which gives it its complete name, Spantorrone di Grotta. It’s a kind of friable pantorrone that instead of breaking in pieces crumbles into flakes. The original recipe is made in the torroneria, a cooking device were honey and egg white are heated for many hours and later almonds, nuts and vanilla are added. Then it’s laid in moulds and covered with sponge cake dipped in rum and Strega liqueur.

Spantorrone di Grotta

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Gli struffoli sono immancabili in tutte le case campane durante il periodo natalizio e sono un piatto antichissimo. Furono portati a Napoli, verosimilmente, dai Greci al momento della fondazione di Partenope. Greca è, con ogni probabilità, l’origine del nome, da strongulus che vuol dire “arrotondato” con riferimento alla loro forma: gli struffoli, infatti, altro non sono che delle “palline” fritte, ottenute da un impasto di uova e farina, e compattate dal miele e dalla guarnitura di canditi e confetti di zucchero. L’antichissima ricetta, tramandata di generazione in generazione vuole che l’impasto venga preparato con farina, uova, burro, latte, limone grattugiato, sale, vaniglia o vanillina e si lavori a lungo per poi essere tagliato in pezzetti piccoli che vengono modellati a forma di palline di circa un centimetro di diametro, che vanno fritte in olio e poi miscelate al miele. Il composto va poi lavorato con le mani, adagiato su un vassoio e guarnito con pezzetti di frutta candita e confetti colorati.

Struffoli are an ancient dish ever present on every Campania table during the Christmas holidays. The story tells that they were brought by the ancient Greeks when they founded Partenope, the ancient name of Naples. The name derives probably from the Greek “strongulus” which means “rounded” and recalls their shape: struffoli are small fried balls made of eggs, flour and are mad compact by the honey, candied fruit and sugar confetti. The ancient recipe was passed down from home to home and requires the dough to be made from flour, eggs, butter, milk, grated lemon, salt, vanilla or vanillina and kneaded for a long time. Then it’s cut into small pieces that are rolled into little balls of 1 cm, which are fried in oil and mixed with honey. It’s all handmade and served on a tray dressed with candied fruit and coloured confetti.

Struffoli

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Anche i susamielli fanno parte dei dolci della tradizione natalizia campana; diffusissimi in tutta la regione, sono dei biscotti duri di forma rotonda o di lettera “s”, che, preparati in casa, venivano serviti al mattino del giorno di Natale insieme ai raffioli, ai mustaccioli e ai roccocò. La ricetta dei susamielli dice che dopo aver impastato farina, miele, noci tritate e ammoniaca, la pasta va stesa e si lavorano i biscotti per farli diventare della forma desiderata prima di infornarli. Una curiosità intorno al susamiello è che con questo termine, forse per la durezza e secchezza del biscotto, nel lessico tradizionale si indica una persona pesante e seccante.

Even Susamielli are part of the traditional cakes of Campania. They are to be found all around the region and they’re hard round or “s” shaped handmade biscuits served on Christmas day together with raffioli, mustaccioli and roccocò. The recipe says that after kneading flour, honey, ground nuts and ammonia, the dough has to be spread and shaped as desired before being baked. In local slang “susamiello”, maybe for the biscuit’s hardness, is used to indicate a boring or heavy person.

Susamielli

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“Li taraddi cu lu funucchiu”, cioè i taralli con il finocchietto selvatico sono una specialità dell’Alta e Media Valle del Calore, in provincia di Avellino. É un biscotto salato, di forma circolare, ottenuto con ingredienti genuini che si prepara e si consuma, per lo più, durante le feste natalizie o pasquali. Si ottiene impastando farina di frumento tenero con sugna fusa o, in alternativa, con olio d’oliva; solo a questo punto si aggiungo all’impasto sale, semi di finocchio selvatico e un po’ d’acqua. Dopo aver lavorato a mano i singoli taralli, si scaldano in acqua e poi si lasciano asciugare su panni di cotone prima di essere infornati. Dopo la cottura i taraddi devono seccare per qualche giorno, per poi essere conservati in barattoli ricoperti di mosto. Sono una specialità casalinga, ma si trovano anche prodotti artigianalmente.

Li taraddi cu lu funucchiu, hot taralli with wild fennel are a speciality from Alta and Media Valle del Calore, near Avellino. It’s a round salty biscuit, made with genuine ingredients made mostly during Easter and Christmas holidays. It’s made kneading soft grain flour with melted suet or olive oil; to whiich are added salt, wild fennel seeds and a little water. The handmade taralli are then heated in water and left to dry on cotton cloths before being baked. After being cooked the taraddi are left to dry for a few days and then kept in jugs covered with must. It’s a home specialty that can be found in artisan workshops.

Taraddi con Finocchio Selvatico

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I taralli intrecciati sono una specialità di tutte le aree interne della regione Campa-nia e sono preparati da secoli con la stessa ricetta e la stessa tecnica, rigorosamente applicata dai panifici che li producono an-cora al livello interamente artigianale. Gli ingredienti sono farina di frumento, olio extravergine di oliva, lievito, spezie o erbe aromatiche. Dopo l’impasto e la lievitazi-one, la pasta viene tagliata a striscioline che vengono intrecciate da loro e poi bol-lite, prima di essere cotte in forno. Sono dei biscotti dorati dalla consistenza croccante e dal sapore molto deciso e aromatico.

Taralli intrecciati are a specialty of all the areas from the inner part of Campania and are prepared using the same recipe and same technique which is rigorously applied in the artisan bakeries. The ingredients are flour, extra virgin oil, yeast, spices or aromatic herbs. After kneading and levitation, the dough is cut in little stripes that are interwined and then boiled before being baked in the oven. They’re gold coloured biscuits, crunchy and with a very sharp aromatic flavour.

Taralli Intrecciati

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Nelle case di Napoli e provincia si tramanda da generazioni la ricetta dei tarallini al vino, dei biscotti secchi a forma di ciambella del diametro di 2-4 centimetri e di colore dorato caratterizzati, pur essendo di biscotti salati, da un sapore molto particolare, con un leggero retrogusto dolce conferitogli dalla presenza di zucchero nell’impasto. La lavorazione è uguale a quella dei taralli: si mettono farina e zucchero su di un tavolo a fontana, vi si aggiungono 1 bicchiere di vino, 1 di olio di oliva, 1 di zucchero, per poi mescolare tutto, inizialmente con una grossa forchetta, poi a mano, fino a formare una pasta compatta e omogenea e abbastanza morbida, da cui si ricavano dei bastoncini del diametro di circa 1 centimetro, che si chiudono a ciambella, e si infornano per circa 40 minuti, finché non appaiono ben coloriti. Oggi i tarallini al vino si possono acquistare in confezioni prodotte da ditte artigianali locali, che ne rispettano le antiche regole produttive.

The recipe of tarallini al vino has been passed down through families from one generation to another around Naples. They are dried salty round biscuits, 2-4 cm wide, golden in colour and with a particular sweet taste given by the sugar that is mixed in the dough. They’re made like taralli: flour and sugar are placed in a mound on the table, then a glass of wine, one of oil, one of sugar are added and they are all mixed together with a big fork and then by hand. When the dough is smooth, compact and soft enough, little 1 cm wide strips are made and closed into round shapes that are baked for 40 minutes until they’re nicely coloured. Today you can buy Tarallini al vino in packs made by local artisans that follow the ancient production rules.

Tarallini al Vino

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Ad Agerola, il comune in provincia di Napoli porta della costiera Amalfitana, si tramanda la ricetta di un tarallo al finoc-chietto, la cui invenzione e produzione è limitata ai confini del suo comune, ri-cordato nella denominazione. La ricetta tradizionale, sopravvissuta oralmente di generazione in generazione e ancora rispet-tata dai laboratori che producono i taralli per la vendita, prevede che si impastino ac-qua, farina, finocchietto, pepe e sale con il crescito naturale e che si formino, a mano, delle ciambelle o delle treccine che devono lievitare all’aria per circa mezz’ora. Dopo la lievitazione, ciascuna ciambella viene im-mersa in acqua bollente per circa 2 minuti, prima di essere infornata e confezionata. Il tarallo di Agerola è molto croccante e ri-sulta determinante, sul suo sapore, l’aroma del finocchietto. Una variante alla ricetta originale, anch’essa molto antica, è quella di sostituire il finocchietto dell’impasto con burro e mandorle intere o spezzettate; il cosiddetto “tarallo alle mandorle” uguale nella forma a quello classico, è leggermente più friabile e, grazie alla mandorla, ha un leggero retrogusto agrodolce.

Agerola, near Naples, is the doorway to the Amalfi coast and the only place where the recipe of a fennel tarallo, named by the towns name, is produced. The traditional recipe, which has survived orally and was passed down through generations in local artisan laboratories, is made by kneading water, flour, fennel, pepper, salt and natural crescito and made into rings or little braids that have to rise for half an hour in open air. After rising, each ring is put in boiling water for about 2 minutes before being baked and packed. The Tarallo di Agerola is very crunchy with a strong fennel flavour. A variation to the recipe, also very ancient, substitutes fennel with butter and whole or crushed almonds; this is known as “tarallo alle mandorle”, it is identical in shape but more friable and, thanks to the almonds, it is slightly bitter-sweet.

Taralli di Agerola al Finocchietto e alla Mandorla

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Il tarallo sugna e pepe, in dialetto napo-letano “tarall’ nzogna e pepe” è lo spun-tino che accompagna, tradizionalmente, le passeggiate napoletane. É un tarallo al forno i cui ingredienti sono farina sugna e pepe ed è ricoperto da mandorle sulla parte superiore. Come molti dei prodotti alimentari di antica tradizione, la sua ricet-ta è il frutto della creatività di antiche gen-erazioni, la cui principale preoccupazione era sfruttare tutte le risorse alimentari che avevano a disposizione. Furono fornai del XVII secolo che, per non buttare i ritagli avanzati dalla pasta con cui avevano ap-pena preparato il pane, che decisero di ag-giungervi un po’ di “nzogna”, cioè la sugna, il grasso di maiale di maiale, e parecchio pepe e di darvi la forma di tarallini in-trecciati e di cuocerli in forno. All’inizio dell’800 il tarallo sugna e pepe si arricchì di un altro ingrediente, che tuttora ne è parte integrante: la mandorla. Per la sua caratteristica di cibo povero, il tarallo si consumava nelle osterie accompagnato a del vino spesso assai poco pregiato, mentre oggi è uno spuntino diffusissimo, consu-mato come aperitivo, che si può acquistare fresco nelle panetterie e nei chioschi: è un classico comprare i taralli a Mergellina, nei chioschi del lungomare, e sgranocchiarli passeggiando.

Tarallo sugna e pepe, in dialect “tarall’ nzogna e pepe” is the snack that the Neapolitans usu-ally take with them when they go out walking. It’s an oven baked tarallo made of flour, suet and pepper and covered with almonds on the top side. Like many traditional food products, the recipe comes from the creativity of ancient generations, who had to make the most of all the food resources they had at their disposals. So the bakers in the 17th century decided not to waste the dough left over from the bread by adding “nzogna”, i.e. pig’s lard, and lots of pepper in or-der to make small tarallini baked in the oven. In the begining of the 18th century the tarallo nzogna e pepe was decorated with almonds, an-other defining ingredient. Being characteristi-cally poor food it was often consumed in taverns with cheap wine, while today it’s a very popular snack, an appetizer, which can be bought fresh in bakeries and kiosks. To buy taralli at the ki-osks in Mergellina during a walk near the sea is a “classic”.

Tarallo Sugna e Pepe

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I tarallucci al naspro, ideati e commercial-izzati a partire dagli anni ’50, si possono definire una variante più moderna dei classici biscotti di Castellammare, con cui condividono la città natale e gli ingredi-enti. Contengono, infatti, farina, zucchero e aromi naturali, impastati e fatti lievitare naturalmente, e, a differenza dei classici biscotti di Castellammare, vengono ricop-erti di zucchero glassato, detto “naspro”, da cui prendono il nome, e hanno la forma di piccoli anellini cotti in forno. Oltre alla for-ma e al naspro, si differenziano dal tipico biscotto di Castellammare per la maggiore friabilità della pasta.

Tarallucci al naspro, invented and produced in the Fifties, are considered a modern variation of the classic biscuits from Castellamare with which they share the same place of origin and the same ingredients. They contain flour, sugar and natural aromas, kneaded and left to rise naturally. Differently from the biscuits in Castellamare they’re covered with “naspro”, i.e. icing sugar, hence their name. They’re little rings baked in the oven and they are crunchier than the Biscotto di Castellamare.

Tarallucci al Naspro

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Tasca

La tasca, detta anche “pizzichini”, “piz-zachiena” o “pizzaghiena” è una specialità gastronomica della provincia di Salerno, in particolare della zona di Padula e del Vallo di Diano. É una pizza rustica, tonda, alta 6-7 centimetri., costituita da una sfoglia es-terna molto sottile ottenuta da farina, uova, sugna, sale, latte con bicarbonato e zucch-ero, che viene riempita con ricotta, formag-gio fresco di pecora e vacca, sia grattugiato che a pezzettini, fior di latte, soppressata e uova, sia sode che battute. L’antica ricetta prevede che la pasta sia, poi, rifinita con una spennellata di battuto d’uovo e zuc-chero non raffinato e poi infornata. Ques-ta ricetta, molto antica, ci arriva da una tradizione assolutamente orale, poiché la tasca viene preparata ancora oggi esclusi-vamente in casa, nel periodo pasquale; la tradizione vuole che venisse mangiata il sabato Santo, dopo il suono della “Gloria”, e che in famiglia se ne preparassero varie e di molteplici dimensioni, anche delle tasche in formato piccolo, per i bambini.

Tasca also known as pizzichini, pizzachiena or pizzaghiena is a gastronomic specialty from Salerno’s district and especially from the areas of Padula and Vallo di Diano. It’s a round, savoury pizza, 6-7 cm high, made of a thin external pas-try made of flour, eggs, suet, salt, milk with bak-ing soda and sugar. It’s filled with, sheep and cow fresh cheese, either grated or in pieces, fiordilat-te, soppressata and boiled and beaten eggs. Fol-lowing the ancient recipe, the dough is finished with a brush of beaten egsg and unrefined sugar before baking it. This very ancient recipe has arrived through oral tradition because Tasca is still exclusively produced at home during Easter time. Traditionally consumed on Holy Saturday after the singing of the “Glory” and made in different shapes and sizes, even small ones for children.

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Il torroncino di Roccagloriosa, come si evince dal suo nome, è una specialità ideata nel comune di Roccagloriosa, in provincia di Salerno, dove veniva preparato e offerto in occasione dei banchetti matrimoniali, quando era ancora consuetudine che si svolgessero nelle case. Anche la preparazi-one dei Torroncini avveniva rigorosamente in casa, abitudine mantenuta ancora oggi, poiché in casa, con un procedimento molto preciso, si lavorano mandorle, zucchero e acqua. Una volta spezzettate le mandorle, si mischiano con lo zucchero e l’acqua e si versa tutto in una pentola dove l’impasto, girato continuamente con una paletta di legno e cotto a fuoco sostenuto deve di-ventare caramelloso. Una volta tolto dal fuoco l’impasto va versato su un marmo cosparso di olio e steso con un matterello; dal pezzo unico si tagliano delle striscette di torroncini larghe circa 1 centimetro e lunghe 5-8 centimetri, che vengono poi bagnati in una soluzione di acqua e zucch-ero, passati nello zucchero solido e lasciati asciugare.

Torroncino di Roccagloriosa, as the name says is a specialty from Roccagloriosa, near Salerno, where it was made and offered at weddings when they where still celebrated at home. Even Torroncini’s production was exclusively homemade, a habit that is still maintained today. At home the almonds, sugar and water are prepared with a precise procedure. Once the almonds are ground, they’re mixed with sugar, water and poured in a big pot. The dough is continuously stirred with a wooden spoon and cooked on a large flame until it becomes caramel. Once taken off the heat, it has to be laid on a marble table covered in oil and smoothed out with a rolling pin; from the big piece little stripes of torrone are cut, about 1 cm wide and 5-8 cm long, which are dipped in a solution made of water and sugar, then passed in solid sugar and left to dry.

Torroncino di Roccagloriosa

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Apprezzato e consumato dalle classi agiate, come da quelle più povere, il torrone era conosciuto già al tempo dei Romani, come dimostrano alcuni scritti dello storico Tito Livio. Anche il poeta latino Marziale ci rac-conta che la cupedia era una delle special-ità gastronomiche del Sannio e non a caso i venditori ambulanti di torrone vengono chiamati “cupetari”. Il termine “torrone” invece deriverebbe dal latino torreo, verbo che significa “abbrustolire”, con riferimen-to alla tostatura delle nocciole e delle man-dorle. A Benevento, è da sempre diffusis-sima la produzione del torrone, attività che si è poi estesa a tutta la provincia, che negli anni si è distinta per il sorgere continuo di numerosi centri produttivi di eccellenza, come a esempio le cittadine di Santa Croce del Sannio e Montefalcone di Val Fortore. La fama del torrone di Benevento, già en-clave dello Stato Pontificio, si diffuse in par-ticolar modo nel XVII secolo, in quanto, in occasione delle feste natalizie, il prodotto veniva mandato finanche a Roma, in dono a prelati e ad alti personaggi della capitale. Non a caso nel secolo successivo una delle specialità prodotte, una vera leccornia, si chiamò appunto “torrone del Papa”. Ma furono soprattutto i Borboni nel 1800 a val-orizzare la “cupeta beneventana” facendolo diventare il prodotto natalizio per eccellen-za e dando avvio a una tradizione che si è tramandata nei secoli fino ai nostri giorni. Se parliamo di “Torrone di Benevento” oggi

ci riferiamo a diverse varietà: quello bianco con mandorle, il torrone cupedia bianco con nocciole, quello bianco morbido con mandorle e il Torroncino croccantino rico-perto con cioccolato, tipico di San Marco dei Cavoti; questi torroni di gusti diversi condividono alcune qualità caratterizzanti: sono molto asciutti, dolci e friabili. Questi prodotti, oggi, rappresentano una risorsa non secondaria nell’economia della pro-vincia di Benevento e hanno il pregio di utilizzare e valorizzare alcune produzioni locali minori, come a esempio il miele, rap-presentando, perciò, anche un importante fattore di permanenza sul territorio. In questi ultimi anni si è verificata una risco-perta e un certo rilancio del torrone che ha reso possibile, oltre alla sopravvivenza delle vecchie ditte artigiane, la nascita di numer-ose nuove aziende perfettamente inserite nel filone tradizionale. Il classico torrone di Benevento è un dolce dagli ingredienti di base semplici: bianco d’uovo, miele, noc-ciole e mandorle. Morbido o duro, bianco o al cioccolato, alle mandorle o alle nocciole, esso è una leccornia dal sapore superiore, quasi regale. In esso, arte e tradizione, pas-sato e presente, si fondono con armonia: la scelta delle materie prime, la lavorazione e la cottura sono svolte, infatti, con la stessa cura e dedizione di un tempo. L’utilizzo di metodi di produzione artigianali e il ris-petto delle antiche ricette assicura al pro-dotto qualità e genuinità. L’adozione delle

Torrone di Benevento

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innovazioni tecnologiche nel processo di produzione da parte delle ditte produt-trici non influenza il risultato qualitativo, ma consente anzi di creare nuovi gusti e assortimenti sempre più vari, sempre nel rispetto delle antiche ricette.

As found in some scripts from Tito Livio, Torrone was already known by the ancient Romans and is appreciated by all social classes. Even the poet Marziale narrated that “cupedia” was one of the gastonomic specialties in Sannio and torrone peddlers were called “cupetari”. The term “torrone” derived from Latin “torreo”, a verb that means “to toast”, referring to the toasting of nuts and almonds. In Benevento, torrone production has always been popular, an activity that extended to all the province, especially distinguished for it’s quality in Santa Croce del Sannio and Montefalcone di Val Fortore. During the 17th century Torrone from Benevento, already part of the Catholic Church domain, became really popular during Christmas seasons and was even sent to Rome as a gift to high priests and important people of the city. It was not by coincidence that in the next century one of the produced specialties, a real treat, was the “torrone del Papa”. But it was really thanks to the Borbones in the 18th century that the “cupeta beneventana” was valued, they made it the Christmas sweet par excellence and it gave origin to the tradition that still continues today. There’s different kinds of “Torrone di Benevento”: the white one with almonds, white torrone cupedia with nuts, soft white torrone with almonds and the crunchy torroncino covered in chocolate, typical of S. Marco dei Cavoti; they all have

common traits: they’re dry, sweet and friable. These products are very important resources for Benevento’s economy and they help other local products, like honey, to continue their presence in the territory. In the last years there’s been a renewed interest and a relaunching for torrone that has helped the old artisan factories to survive and new ones to start working, perfectly integrated in the traditional style of production. The classic torrone from Benevento is made of simple ingredients: egg white, honey, nuts and almonds. Soft or hard, white or chocolate, with almonds or nuts, it’s a superb treat, almost royal. Art and tradition, past and present are mixed in harmony: the choice of the ingredients, work and cooking are made with the same dedication of old times gone. Traditional artisan methods and respect for the old recipes guarantee quality and genuiness. The production companies have adopted technical innovations that don’t alter the quality of the result and have they created new flavours and various assortments respecting the old recipes.

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San Marco dei Cavoti è un comune del Be-neventano che vede il suo nome legato a quello della produzione di un gustosissimo torrone, molto croccante e ricoperto di ci-occolato fondente detto, per l’appunto “tor-rone croccantino di San Marco dei Cavoti”. Si ottiene disponendo nella torroniera il miele e lo zucchero e riscaldandola fino a 80 gradi. La torroniera viene fatta girare a marcia veloce e si aggiunge l’albumina sciolta in acqua, preparata il giorno prece-dente; in seguito si riporta la torroniera alla velocità minima e si aggiungono, spolv-erando, lo zucchero a velo, la vaniglia e le mandorle opportunamente preriscaldate in modo che abbiano la stessa temperatura dell’impasto. Il prodotto viene steso negli appositi stampi, e poi tagliato quando è raf-freddato al punto giusto. Anche il torrone croccantino viene prodotto da numerose aziende del Beneventano che rispettano le antiche regole tradizionali di produzione ma hanno esportato il prodotto fuori dai confini regionali, rendendolo una preli-batezza che si può gustare in tutta Italia.

San Marco de’ Cavoti, near Benevento, has tied it’s name to the production of a delicious torrone, very crunchy and covered in dark chocolate called “torrone croccantino di San Marco de’ Cavoti”. It’s made by putting honey and sugar in a 80° hot torroniera. Egg white mixed with water, made the day before, is added in the torroneria, which rotates very fast. Then the torroneria is put on a slow speed and sprayed with icing sugar, vanilla and preheated almonds so that they have the same temperature of the dough. The product is laid in moulds and when it cools down it is cut in slices. Even Torrone croccantino is produced by many companies in Benevento that respect the ancient traditional rules and have exported the product outside regional borders, making it a treat to be tasted all over Italy.

Torrone Croccantino di San Marco dei Cavoti

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Il torrone di Castagne, detto anche “pan-torrone” o “spantorrone” di castagne, è una specialità che da oltre 30 anni si produce in tutta la zona della provincia di Avellino, area rinomata per la coltivazione di cast-agne. Questo particolare tipo di torrone è una produzione dei comuni di Bagnoli Irpino, Cassano Irpino e Montella ed è ot-tenuto con il tradizionale impasto di miele, albume e zucchero a velo arricchito da una gustosa farcitura a base di castagne, candite oppure in pasta, molto spesso insaporite dall’aggiunta di cacao e rhum. Viene pro-dotto da ditte locali che osservano regole produttive rigidissime e che lo commer-cializzato in tutta Italia.

Torrone di Castagne, also known as pantorrone or pantorrone di castagne is a specialty that has been produced for over 30 years in the area around Avellino, which is well known for chestnuts. This particular kind of torrone is produced in Bagnoli Irpino, Cassano Irpino and Montella and it’s made with the traditional dough of honey, egg white and icing sugar. Enriched with a delicious chestnut filling, candied fruit or with cocoa or rum. It’s produced by local companies that follow very strict production rules and sell it all over Italy.

Torrone di Castagne

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A Ospedaletto D’Alpinolo, in provincia di Avellino, è antica tradizione offrire durante le feste natalizie il torrone prodotto local-mente, che prende il nome dal comune stesso. La tradizione vuole che questo tor-rone venga anche consumato durante i pellegrinaggi al vicino Santuario di Mon-tevergine. La sua produzione rispetta le antiche regole, e se ne individuano due categorie, quello classico, a base di miele, albume, nocciole o mandorle tostate, o far-cito al pan di Spagna. In entrambe le ricette è prevista una copertura di glassa al cioc-colato e l’eventuale presenza di altri ingre-dienti come la frutta secca o le castagne in pasta.

During Christmas time in Ospedaletto D’Alpinolo, near Avellino, it is an ancient tradition to offer locally produced torrone, that takes it’s name from the town. Traditionally this torrone was consumed during pilgrimages to the near Santuario di Montevergine. Production respects ancient rules and is made in two kinds. The classic one is made of honey, egg white, toasted nuts or almonds; the other is made with a sponge cake filling. Both recipes are covered in a thick chocolate glaze and sometime dried fruit or a chestnut are incorporated in the dough.

Torrone di Ospedaletto

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“Zandraglia” è un termine introdotto nel dialetto della zona di Boscoreale, in pro-vincia di Napoli a partire dalla dominazi-one Angioina per indicare un cibo salato, tipico dei contadini, preparato con uova, farina e acqua. Col tempo la ricetta della zandraglia si è modificata e oggi è un dolce artigianale a base di farina, uova e sugna. Si prepara ritagliando dall’impasto steso con il matterello delle strisce irregolari che vengono poi fritte, bagnate nel miele e cosparse di confettini policromi. Le zand-raglie ricordano vagamente le chiacchiere, ma sono tipiche non del Carnevale, ma di una festa estiva, celebrata a metà luglio in onore di Santa Maria Salòme.

“Zandraglia” is a term introduced in the dialect from Boscoreale, near Naples, during the Angiovins’ domination to indicate a salty typical country food. It’s prepared with eggs, flour and water. With time the zandraglia recipe has been modified and today it’s a sweet made of flour, eggs and suet. It’s made by cutting the laid out dough into irregular stripes that are fried, dipped in honey and covered in coloured confetti. Zandraglias are similar to Chiacchiere, but are not made during Mardigras but in the middle of July to celebrate S. Maria Salòme.

Zandraglia

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Il 19 marzo, giorno della festa del papà e di San Giuseppe, è tradizione in tutta la Campania consumare un dolce che si chiama, per l’appunto “zeppola di San Giuseppe”. Diffuso a partire dall’800, è una versione dell’antichissima zeppola fritta, un piatto povero, che viene arricchito, in onore del papà, con crema e amarene. Si prepara con un impasto di semplice pasta bigné che, con una forbice a stella, viene diviso in ciambelle con un buco molto stretto che vanno fritte in olio caldo. Al termine della frittura le ciambelle asciugate vengono guarnite con crema e amarene e cosparse di zucchero a velo. Oggi esiste anche una versione più “dietetica” della zeppola, cotta al forno anziché fritta.

On the 19th of March, which Fathers day and San Giuseppe, in Campania it’s strictly traditional to eat a cake called “zeppola di San Giuseppe”. The Zeppola has been around since the 17th century and it’s a version of the ancient fried Zeppola, a poor dish which is enriched, to honour the father, with cream and raspberries. A simple cream puff dough is cut with special scissors and then made into rings with a hole in the center, which are fried in boiling hot oil. After being fried the rings are decorated with cream and rasberries and covered with icing sugar. Today there is a less fattening version of the zeppola, which is made in the oven instead of being fried.

Zeppola di San Giuseppe

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La ricetta della zeppola fritta ha origini antichissime, ce ne parlano addirittura alcuni scrittori latini, che narrano di quando si consumava in onore dell’arrivo della primavera. Sappiamo che la sua ricetta si è tramandata nei secoli pressoché invariata, poiché è un dolce di facile preparazione, caratterizzato da ingredienti poveri: farina e acqua sale e vino caldi che si lavorano fino a ottenere un impasto morbido e liscio. Dopo si formano delle ciambelline leggermente allungate che vanno fritte in olio caldo ma non fumante e poi asciugate e spolverate di zucchero e cannella. La zeppola ha una consistenza e un sapore molto particolari, quest’ultimo fortemente caratterizzato dalla cannella che gli conferisce un gusto dolce e, al tempo stesso, aromatico.

The Zeppola Fritta recipe has ancient origins. Latin authors say it was eaten to celebrate the arrival of Spring. We know that the recipe hasn’t changed through the centuries, it’s a simple cake made with poor ingredients: flour, water, salt and hot wine made into a soft and smooth dough. Little slightly elongated rings, are fried in hot oil, left to dry and sprinkled with sugar and cinnamon. Zeppola has a particular sweet and aromatic taste and consistency, given by the cinnamon.

Zeppola fritta

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