aspetti storici della matematica

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Origini della geometria Non può esistere un atto di nascita ufficiale della geometria, ma si può verosimilmente sup- porre che la sua origine sia legata a necessità di natura pratica che si manifestarono non appe- na le prime collettività furono in grado di costruire strade, canali, depositi, tombe, templi, ecc. Ricerche archeologiche hanno provato che i Babilonesi possedevano alcune nozioni di geo- metria pratica. A sua volta Erodoto, studioso greco del quinto secolo avanti Cristo, attribuisce agli Egiziani l'origine della geometria. Essi usarono regole geometriche per ristabilire i confini delle pro- prietà che il Nilo periodicamente cancellava con le sue inondazioni, e per costruire i loro tem- pli e le loro piramidi. È fuor di dubbio però che la vera patria della geometria fu la Grecia dove fu introdotta da Talete di Mileto, che ne aveva appreso le prime regole nel corso di viaggi in Egitto e Babilonia. Per secoli e secoli l'uomo si affidò esclusivamente all'esperienza e si limitò a formulare qualche rozza congettura suggerita, nel migliore dei casi, da un numero sufficientemente grande di osservazioni ed esperimenti. Ma è chiaro che ad una raccolta di regole pratiche tratte dal comportamento fisico degli oggetti materiali non si può attribuire alcun valore scientifico. E cosl, si puo senz'altro dire che il processo dello sviluppo della geometria ebbe inizio solo quando i geometri greci si resero conto che talune proprietà potevano essere ottenute da altre col solo ragionamento. Talete ebbe il doppio merito di aver concepi- to per primo l'idea della possibilità della dimo- strazione in geometria e di aver fondato una scuola capace di influenzare Pitagora e la specu- lazione matematica successiva. Talete viene considerato il primo vero mate- matico dell' antichità; a lui si attribuiscono: la determinazione dell'altezza di una pira- mide mediante un procedimento di calcolo basato sulla lunghezza dell'ombra da essa proiettata; il calcolo della distanza di una nave dalla costa e, in generale, della distanza tra due punti non collegabili; la previsione delle eclissi solari; alcuni teoremi sui triangoli e sulla circon- ferenza. Leggendaria la sua distrazione; si dice che sia caduto in un pozzo mentre camminava guardan- do in alto per osservare le stelle.

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Aspetti storici della matematica

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Page 1: Aspetti storici della matematica

Origini della geometria

Non può esistere un atto di nascita ufficiale della geometria, ma si può verosimilmente sup­porre che la sua origine sia legata a necessità di natura pratica che si manifestarono non appe­na le prime collettività furono in grado di costruire strade, canali, depositi, tombe, templi,ecc.

Ricerche archeologiche hanno provato che i Babilonesi possedevano alcune nozioni di geo­metria pratica.

A sua volta Erodoto, studioso greco del quinto secolo avanti Cristo, attribuisce agli Egizianil'origine della geometria. Essi usarono regole geometriche per ristabilire i confini delle pro­prietà che il Nilo periodicamente cancellava con le sue inondazioni, e per costruire i loro tem­pli e le loro piramidi.

È fuor di dubbio però che la vera patria della geometria fu la Grecia dove fu introdotta daTalete di Mileto, che ne aveva appreso le prime regole nel corso di viaggi in Egitto e Babilonia.

Per secoli e secoli l'uomo si affidò esclusivamente all'esperienza e si limitò a formularequalche rozza congettura suggerita, nel migliore dei casi, da un numero sufficientementegrande di osservazioni ed esperimenti.

Ma è chiaro che ad una raccolta di regole pratiche tratte dal comportamento fisico deglioggetti materiali non si può attribuire alcun valore scientifico.

E cosl, si puo senz'altro dire che il processo dello sviluppo della geometria ebbe inizio soloquando i geometri greci si resero conto che talune proprietà potevano essere ottenute da altrecol solo ragionamento.

Talete ebbe il doppio merito di aver concepi­to per primo l'idea della possibilità della dimo­strazione in geometria e di aver fondato unascuola capace di influenzare Pitagora e la specu­lazione matematica successiva.

Talete viene considerato il primo vero mate­matico dell' antichità; a lui si attribuiscono:

• la determinazione dell'altezza di una pira­mide mediante un procedimento di calcolobasato sulla lunghezza dell'ombra da essaproiettata;

• il calcolo della distanza di una nave dallacosta e, in generale, della distanza tra duepunti non collegabili;

• la previsione delle eclissi solari;• alcuni teoremi sui triangoli e sulla circon­

ferenza.

Leggendaria la sua distrazione; si dice che siacaduto in un pozzo mentre camminava guardan­do in alto per osservare le stelle.

Page 2: Aspetti storici della matematica

.Il sistema metrico decimale

Il sistema metrico decimale venne messo a punto nel 1799 da una commissione discienziati francesi nominata dal governo nel 1790 e presieduta dal matematicoLagrange. Però, per motivi politici, soltanto nel 1840 tale sistema venne definitiva­mente adottato in Francia. Nel 1861 venne introdotto in Italia e recentemente, nel1975, in Inghilterra. Oggi è diffuso in quasi tutto il mondo; tra i paesi scientificamen­te e tecnicamente progrediti, soltanto gli Stati Uniti d'America usano ancora il siste­ma di misura anglosassone.

Cambiare i sistemi di misurazione nel secolo passato era relativamente semplice,e lo è ancora oggi per i paesi a tecnologia poco avanzata; ma per un paese come gliStati Uniti la cosa risulterebbe tecnicamente complicata ed economicamente moltoonerosa: si tratterebbe infatti di modificare tutta la cartografia geografica, tutti glistrumenti di misurazione automatici (bilance, distributori, ecc.), tutti gli strumentidi precisione, gran parte delle macchine utensili. Ed è proprio questo il motivo per ilquale il sistema metrico decimale non è ancora stato introdotto negli USAe, natural­mente, più la scienza e la tecnologia progrediscono e più diventa difficile farlo.

Il problema della commissione Lagrange era questo: fissare delle unità di misuraimmutabili e svincolate dalle usanze locali (ogni nazione, ogni regione e talvolta ogniprovincia aveva le sue). A tale scopo due membri della commissione, gli scienziatiDelambre e Méchain, impiegarono oltre cinque anni per misurare in tese (anticaunità di misura francese) l'arco di meridiano terrestre compreso tra Dunkerque(Francia) e Monte Fany (Spagna) e calcolarono che l'intero meridiano misurava20.522.960 tese.

Venne costruita, dopo molti tentativi, un'asta di platino-iridio lunga quanto laquarantamilionesima parte del meridiano, cioè 0,513074 tese e tale lunghezza venneassunta come unità di misura con il nome di metro (dal greco metron, che vuoI diremisura).

Ma tutto questo lavoro si rivelò successivamente inutile, perché la lunghezza del­l'asta non poteva considerarsi rigorosamente immutabile; di qui la scelta, nel 1960,di un metro-campione basato sulla lunghezza d'onda di una certa radiazione del gascripta.

Il successo del sistema metrico decimale è dovuto alla sua semplicità: per passareda una unità di misura all'altra, relativamente ad una stessa grandezza, basta infat­ti aggiungere o togliere degli zeri, oppure spostare verso destra o sinistra la virgola.

La stessa commissione sopra citata fissò anche le unità di misura di peso e di capa­cità: il kg è il peso di 1 dm3 di acqua distillata a 4 o C, il litro è la capacità di un reci­piente il cui volume interno è 1 dm3•

Page 3: Aspetti storici della matematica

I sacerdoti astronomi sumeri, osservando e registrando per molti anni i movimentielle stelle del firmamento, riuscirono a capire che il sole compiva un giro in un anno80 volte la sua circonferenza e dedussero che altrettanto lungo fosse il tragitto del­'astro durante la notte. Stabilirono che il percorso diurno (giorno + notte) del sole

era formato da 360 passi, cosl pure la suddivisione del giorno in parti, ecc.

Fu cosl naturale adottare come nuovo sistema di misura quello di base 60.

Molto è stato scritto sui motivi che avrebbero dato origine a questo cambiamento;'ipotesi più avanzata è che la base sessanta sia stata consapevolmente adottata e

riconosciuta come fondamentale ai fini della misurazione di fenomeni astronomici.

Una grandezza, infatti, di sessanta unità poteva essere più facilmente divisa inmetà, terzi, quarti, quinti, sesti, decimi, dodicesimi, quindicesimi, ventesimi, tren­esimi, offrendo così 10 suddivisioni possibili.

L'eredità dei Sumeri, che verso il 3.000 a.c. idearono il sistema sessagesimale per"l contenuto delle ore, minuti e secondi, venne raccolta prima dai Babilonesi e suc­cessivamente nel Vlo sec. a.c., da Pitagora. Il grande filosofo e matematico di SAMO,che aveva incrementato il suo sapere presso i sacerdoti dell'antico Egitto, giunse cona sua scuola all'unità interpretativa sull'argomento, andando oltre quelli che pote­

vano essere l'ordinamento sociale e le diverse religioni del periodo.

In ogni modo, il sistema di numerazione sessagesimale ha avuto una vita conside­revolmente lunga: ne sopravvivono, infatti, ancor oggi le unità di misura del tempo edegli angoli, nonostante la struttura fondamentale decimale della nostra mentalità.

Fu Tolomeo a considerare, per primo, l'arco ora (l'attuale nostro fuso orario di5°) e chiamò, poi, le suddivisioni del grado prima parte sessantesima e seconda

parte sessantesima.

Più tardi, tali espressioni furono tradotte in latino e, rispettivamente, furono chia­ate prima minuta e seconda minuta ed insieme formavano la pars minuta.

Fu il Viete ad utilizzare in luogo dei gradi la parola partes ed in luogo dei minutia parola scripula.

Un primo esempio dell'uso del sistema centesimale si ha in un manoscritto del446 in Francia, durante la rivoluzione francese.

Come il sistema metrico decimale, il sistema centesimale nacque dalla necessitài evitare operazioni tra numeri e valori non decimali.

Poi, è caduto in disuso, ma lo troviamo solo in qualche problema di topografia,agrimensura e fra i tecnici militari.

La nascita dei sistemi di misura per gli angoli

Page 4: Aspetti storici della matematica

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Euclide

Matematico greco, di cui si ignora il luogo della nascita e della morte, visse adAlessandria d'Egitto sotto il regno di Tolomeo lo Sembra abbia studiato in Atene conSocrate ed abbia avuto come allievo anche Platone. Insegnò ad Alessandria, forse,nella famosa scuola di questa città detta "Museo" (sede delle Muse), fondadovi unascuola di matematica (prima scuola di matematica alessandrina).

È immortale per i suoi Elementi (in greco Stoicheia).

Gli Elementi di Euclide costituiscono certo la più grande opera matematica del­l'antichità: essi racchiudono in forma quasi definitiva e perfetta i principi di geome­tria opera dei suoi predecessori e tutto il patrimonio di ricerca e di studi matematicida Pitagora ad Eudosso.

Ancor oggi i trattati di geometria, sostanzialmente, differiscono si poco dal tratta­to di Euclide.

Gli Elementi constano di 13 libri, ai quali furono in seguito aggruppati altri due,l'uno dal matematico greco Ipsicle (Il secolo a.c.), l'altro da un autore controverso,e che contengono ulteriori ricerche sui poligoni e sui poliedri regolari.

I primi sei riguardano la geometria piana elementare, dal ]O al 9° viene esaminata lateoria dei numeri, nel 10° l'incommensurabilità e negli ultimi tre la geometria solida.

Il libro inizia con 23 definizioni alle quali non è permesso nessun concetto primitivo.

Dopo le definizioni sono elencati cinque postulati e cinque definizioni comuni(assiomi).

Oggi non esiste distinzione tra ttpostulato" e ttassioma"; per Euclide, invece, gliassiomi erano proprietà intuitive vere per tutte le scienze mentre i postulati eranomeno evidenti e potevano essere confutati dagli allievi.

Gli Elementi sono, oltre alla più antica opera matematica greca interamente per­venutaci e la più rigorosa e razionale sistemazione logica della stessa matematica,anche l'opera più copiata.

Per questo sono stati introdotti, spesso, errori e variazioni; però fin dal IV secolod.C. si è cercato, da parte di Teone di Alessandria, di eliminare le parti non originalie gli errori.

Si può affermare che gli Elementi di Euclide sia l'opera, dopo la Bibbia, con ilmaggior numero di edizioni. Per curiosità storica la prima edizione a stampa dell'o­pera risale al 1482 e venne effettuata a Venezia.

Page 5: Aspetti storici della matematica

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Platone

Platone nacque ad Atene nel 427 a.c. da nobile e antica famiglia; fu educato daillustri maestri ed imparò la musica, la matematica, la ginnastica e la pittura; fuanche guerriero e poeta finché non conobbe Socrate, dopo di che si dedicò comple­tamente alla filosofia.

Dopo la morte di Socrate, lasciò Atene e viaggiò a lungo in Egitto, nell'Italia Meri­dionale ed in Sicilia, dove apprese moltissimo dai filosofi più illustri del momento madove incorse anche in varie disawenture.

Ritornato in patria, Platone aprì una scuola nel ginnasio dedicato all'eroe Acade­mo, e qui per quaranta anni fino alla morte avvenuta nel 347, dispiegò la sua attivitàdi maestro e di educatore.

A parte la sua attività nel campo della filosofia (ci sono stati tramandati 34 dialo­ghi e 13 lettere), Platone va citato nel campo della matematica non tanto per il con­tributo recato allo sviluppo di questa scienza, quanto per l'altissimo posto che egliassegnò alla matematica nell' educazione dei giovani.

«Nel comprendere le cose» egli dice «esiste una eelestiale differenza fra chi si èoccupato di matematica e chi non se ne occupato», e per questo nella scuola erascritto:

«Qui non entri nessuno che sia ignaro di geometria».

Il fatto principale che Platone scorge, e su cui molto insiste, è dunque che lamatematica e la migliore propedeutica al pensiero concreto e alla filosofia intesa nelsenso più ampio della parola.

Il matematico alessandrino Pappo attribuisce comunque a Platone la distinzionedei problemi geometrici in piani, solidi e lineari, a seconda della loro modalità dirisoluzione.

Page 6: Aspetti storici della matematica

(da matmedia.ing.unina.it)

I principali contributi di Eudosso alla scienza matematica sono due: la sua teoria del­le proporzioni e il cosiddetto metodo di esaustione.

Eudosso di Cnido

(408-355 a.c. approssimativamente)

Nacque a Cnido e giunse ad Atene circa all'epoca in cui l'Accademia veniva fondata;egli frequentò le lezioni di Platone; la sua povertà lo costringeva a vivere al Pireo,nei sobborghi di Atene, e a spostarsi avanti e indietro ogni giorno (facendone così unodei primi pendolari della storia). Più tardi viaggiò in Egitto e tornò alla nativa Cnido,sempre attento però alle scoperte della scienza e teso ad allargarne i confini. Parti­colarmente interessato all'astronomia, egli formulò complesse spiegazioni dei motilunari e planetari che conservarono la loro importanza fino alla rivoluzione coperni­cana del sedicesimo secolo. Per nulla disposto ad accettare spiegazioni metafisiche,cercò sempre di sottoporre i fenomeni naturali all'osservazione e all'analisi dellaragione.

Il secondo importante contributo di Eudosso, il metodo di esaustione, trovò imme­diata applicazione nel calcolo di aree e volumi delle più complesse figure geometri­che. La strategia generale di questo metodo consisteva nell'awicinarsi a una figurairregolare con una successione di figure elementari note, ognuna delle quali fornivaun'approssimazione migliore di quella precedente.

La prima teoria permise di superare, in modo logicamente rigoroso, la difficoltàcreata dalla scoperta pitagorica delle grandezze incommensurabili, difficoltà che simanifestava particolarmente nei teoremi sui triangoli simili, inizialmente dimostratiin base all'assunto che due grandezze qualsiasi fossero sempre commensurabili. Lascoperta delle grandezze incommensurabili avevano demolito, infatti, insieme a que­sto assunto le dimostrazioni di alcuni dei più importanti teoremi geometrici. Ebbecosì origine ciò che talvolta viene chiamato lo "scandalo logico" della geometria gre­ca: i matematici continuavano a essere convinti della verità di quei teoremi, ma nondisponevano più di dimostrazioni valide a sostegno della loro convinzione. Fu Eudos­so a trovare una via d'uscita. Con il presumibile sollievo di tutta la comunità scienti­fica dell'epoca, egli riuscì a sviluppare una corretta teoria delle proporzioni, che perl'essenziale è esposta nel libro V degli ELementi di Euclide.

Page 7: Aspetti storici della matematica

· -'"~ '-. ':::: ..Eratostene e la misura della Terra*

Eratostene sapeva che a Siene (l'attuale Assuan, che si trova a circa 800 km a sud­est di Alessandria), in un momento preciso dell'anno, il sole illuminava il fondo deipozzi.

Questo evento si ripeteva ogni anno a mezzogiorno del solstizio d'estate e dipen­deva dal fatto che i raggi del sole cadevano verticalmente.

In quel momento, un bastoncino piantato verticalmente a terra non avrebbeproiettato nessuna ombra.

Egli notò che ad Alessandria, dove egli viveva, nello stesso giorno e alla stessa orai raggi del Sole non erano perpendicolari ma formavano un angolo di 7°,2 con la ver­ticale.

Eratostene assunse, correttamente, che la distanza del Sole dalla Terra fosse moltogrande e che quindi i suoi raggi fossero praticamente paralleli quando raggiungono lasuperficie terrestre. Inoltre considerava che la Terra dovesse avere forma sferica.

La differenza di inclinazione di 7°,2 dipende dalla curvatura della superficie terre­stre che cambia il punto di vista dal quale gli abitanti delle due città vedono il Sole.

• Eratostene, nato nel 276 a.c. a Cirene (Libia) e morto nel 194 a.c. ad Alessandria d'Egitto, fu un matema­tico, astronomo e poeta greco, ed è stato considerato il primo uomo ad aver descritto ed applicato una tecnicavalida di misurazione delle dimensioni della Terra. Egli riuscì inoltre a determinare con grande accuratezza l'in­clinazione dell'eclittica (e cioè l'inclinazione dell'asse terrestre) e compilò un catalogo stellare. Come matema­tico, viene ricordato soprattutto per il famoso Crivello di Eratostene: una tecnica per compilare la tavola deinumeri primi. Dopo aver compiuto i suoi studi ad Alessandria e ad Atene, nel 255 a.c. Eratostene si stabilì defini­tivamente in Alessandria e divenne il direttore della famosa biblioteca. Lavorò ad un calendario e cercò di fissa­re le date dei principali eventi letterari e politici accaduti a partire dall'assedio di Troia. I suoi scritti compren­dono poemi ispirati all' Astronomia, come anche lavori di teatro e trattati di etica. In tarda età divenne cieco e sidice che abbia voluto suicidarsi lasciandosi morire di fame.

Page 8: Aspetti storici della matematica

Egli ragionò in questo modo: l'angolo r ,2 è congruente all'angolo che ha per ver­tice il centro della Terra ed i cui lati passano rispettivamente per Alessandria e Siene.

Si tratta quindi di una "distanza angolare" tra le due città, pari a un cinquantesi­mo dell'angolo giro.

Ciò significa anche che la distanza "effettiva" tra le due città (ritenuta di 5.000stadi) è un cinquantesimo della circonferenza terrestre.

Eratostene moltiplicò per 50 questo valore, ottenendo 250.000 stadi: la primamisura scientifica della circonferenza terrestre.

A quel tempo la stima di distanze così grandi, misurate a passi, era sicuramentemolto imprecisa; inoltre è molto difficile stabilire una corrispondenza esatta tra lostadio e il metro attuale.

Di conseguenza non è facile determinare il margine di errore dei risultati ottenutida Eratostene. La lunghezza dello stadio greco è una misura molto incerta variandodai 154 metri ai 215 metri.

Secondo le opinioni più accreditate, lo stadio usato da Eratostene corrispondeva a185 metri attuali: ne risulterebbe così una circonferenza terrestre di 46.250 km, undato che, nonostante superasse di oltre 6.000 km la misura accettata attualmente,era comunque molto buono, tenuto conto dell'imprecisione degli strumenti utilizza­ti e delle assunzioni di quel tempo.

Secondo altri autori, Eratostene arrivò molto più vicino: lo stadio doveva esserelungo 157,5 metri e quindi la circonferenza calcolata da lui corrispondeva 39.690km, un dato questo molto vicino al valore di 40.009,152 km calcolato oggi sulla basedei parametri dell'ellissoide internazionale, riconosciuti dall'Unione Internazionaledi Geodesia e Geofisica.

Page 9: Aspetti storici della matematica

Il Formulario matematico di Giuseppe Peano

Giuseppe Peano (1858-1932), matematico italiano, docente all'Università di Torinoed anche, dal 1887 al 1901, alla Regia Accademia Militare, fu membro dell' Accade­mia delle Scienze di Torino e lavorò in molti campi della matematica.

Si distinse particolarmente nel campo della logica matematica, per la qualecostruì un sistema e un simbolismo che lo rese famoso.

Autore di un Vocabolario de interlingua, creò una lingua internazionale, ossia illatino sine flexione, con la quale scrisse sulla rivista Revista de Matematica da luipure diretta, e che utilizzò anche per il famoso Formulario matematico.

Essoè una specie di enciclopedia delle parti della matematica che si prestano adessere esposte mediante il simbolismo da lui ideato, ossia linguaggio espresso in sim­boli che è, per semplicità, completezza ed evidenza, un'ideografia logica non anco­ra superata e nemmeno uguagliata da altri sistemi che l'hanno preceduta o l'hannoseguita.

Particolarmente rilevanti in tale opera sono le notazioni introdotte per indicare levarie simmetrie:

- Sym O per la simmetria centrale rispetto a un centro O;

- Sym x per la simmetria assiale rispetto a un asse x;

- Sym a per la simmetria centrale rispetto a un piano a;

Page 10: Aspetti storici della matematica

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Formula di Erone*

In geometria la notissima formula di Erone è quella che esprime l'area dellasuperficie di un triangolo in funzione dei suoi lati a , b , c , e quindi del suo semipe-

. t Pnme ro y.

Precisamente la formula è:

A = ~ ~ x ( ~ - a) x ( ~ - b) x (~ - c)

La formula, attribuita ad Archimede da parte dell'arabo Al-BinJnl, autore beninformato e presumibilmente in possesso di altre opere di Archimede a noi non per­venute, è particolarmente evidenziata nell'opera di Erone Metrikà, dove la dimo­strazione è fatta con tale eleganza e tale rigore di argomentazione che le pagine adessa dedicate possono annoverarsi tra le più belle della letteratura matematica gre­ca.

Nel Medioevo la formula fu attribuita a Giordano Memorario, detto Giordano delBosco, contemporaneo di Dante, astronomo e matematico tedesco morto nel 1237,autore di Spherae atque astrorum coelestium natura et motus.

Il primo però a dare formula di Erone alle stampe e a divulgarla fu Luca Pacioli,nella sua notissima Summa de Arithmetica, Geometria, Proportioni et Proportiona­lità e precisamente nel Tractatus geometriae che chiude la Summa con carte aventinumerazione propria, dove si insegna: « ••• comme ciascuno triangolo senza investi­gatione del cateto (altezza del triangolo) si possa misurare» (formula di Erone).

La formula di Erone è una delle applicazioni dell'algebra alla geometria, cioè unodei primi esempi in cui l'algebra è impiegata in modo metodico a risolvere un pro­blema geometrico.

Alla formula di Erone si connette la denominazione di eroniani data ai triangoli percui le misure dei lati e dell'area, per opportuna scelta dell'unità lineare, sianonumeri interi.

* Formula di Erone (dal nome di frane di Alessandria, vissuto fra il Il e il 111secolo d.C., fisico e matematicogreco, famoso soprattutto per la risoluzione di problemi pratici, quali ad esempio il calcolo di aree e di volumi).

Page 11: Aspetti storici della matematica

Le idee di Pitagora e della sua scuola si diffusero in Grecia e poi in tutto ilmondo, affermandosi in modo determinato fino all'età dei filosofi pitagorici Filo­lao e Archita, nella seconda metà del IV secolo a.c.

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Pitagora di Samo (VI sec. a.C.)

Filosofo e matematico greco, la sua figura è avvolta nella leggenda. Viaggiò alungo nell' Asia Minore e di certo fu in Egitto. Negli anni della maturità fondò aCrotone una delle più fiorenti colonie della MagnaGrecia, una scuola scientifico­religiosa, detta poi Scuola pitagorica o Scuola italica, i cui componenti conduce­vano una vita in comune molto severa e ai quali Pitagora insegnavaetica, religio­ne e matematica.

Morì durante una sommossapopolare verso il 500a.c. Nulla ci rimane di auten­tico degli scritti di Pitagora; la sua dottrina è ricostruita sugli accenni di Platonee di Aristotele, su pochi frammenti di pitagorici posteriori e sulle testimonianzadei neopitagorici.

Secondola dottrina pitagorica i numeri sono l'essenza delle cose; la matema­tica (tà mathematikci, da mcithema, insegnamento) comprende l'aritmetica, lamusica, la geometria e l'astronomia, e queste tre ultime dipendono, in un certomodo, dalla prima.

Nel campo della geometria sono dovute ai pitagorici particolari ricerche suipoligoni regolari e sui poliedri regolari, alla scoperta dei quali essi diedero gran­de importanza. Ma la più nota formulazione di Pitagora è quella del teorema (giànoto, almeno per qualche caso particolare, ai geometri indiani ed egiziani), cheda lui prese il nome e fu riconosciuto valido per ogni triangolo rettangolo.

Page 12: Aspetti storici della matematica

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BMA

• trovare il punto medio M del segmento dato;

• costruire il quadrato sul segmento dato; siano C e Dgli altri due vertici;

• centrato in M, tracciare il cerchio con raggio MC(= MD), che interseca in S il prolungamento di AB.

AS è il segmento cercato, di cui AB è la Sezione Aurea.

"La Geometria ha due grandi tesori: uno è il teorema diPitagora; l'altro è la Sezione Aurea di un segmento. Il primolo possiamo paragonare ad un oggetto d'oro; il secondo lopossiamo definire un prezioso gioiello».

JOHANNES KEPLER (1571-1630)

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La Divina Proporzione

AD : AB = AB : AE

(AD - AB) : AB = (AB - AE) : AEAS : AB = SB : AS

AB : AS = AS : SB

Volendo invece trovare quel segmento di cui un dato segmento AB sia la Sezio-ne Aurea, si procede nel modo seguente:

-,..-~-1- ----

La costruzione è tra le più classiche della geometria: ,//-- j

dato il segmento AB tracciare il cerchio di pari diametro / i

e tangente ad esso in B, quindi la secante per A passante (c!,------'per il centro C del cerchio. ,\ ' '1

La parte esterna della secante (AE) è la sezione aurea ':, -- :E\ ..../ ]del segmento, essendo la tangente (AB) media propor- --- \, i

zionale tra l'intera secante (AD) e la sua parte esterna __---' -- \ ""'" i __/

(AE) [Euclide L 111, p. 36], essendo ED = AB e per alcune A -- 5 B-_o,

proprietà delle proporzioni:

Il primo incontro con la Divina Proporzione in genere avviene in geometria.La proposizione 11 del libro Il degli Elementi di Euclide recita cosl: «Come divi­

dere un segmento in modo che il rettangolo che ha per lati l'intero segmento ela parte minore sia equivalente al quadrato che ha per lato la parte maggiore»,ovvero come trovare la Sezione Aurea di un segmento, cioè la parte media pro­porzionale tra l'intero segmento e la parte rimanente.

Page 13: Aspetti storici della matematica

Il numero ]t

Il rapporto tra la misura di una circonferenza e quella del suo diametro è un numeroirrazionale (decimale illimitato non periodico). Ciò significa che non esiste un seg­mento che sia sottomultiplo di entrambe le grandezze e che di conseguenza, se lamisura di una di esse è esprimi bile mediante un numero razionale, l'altra non lo è, oviceversa.

Può darsi benissimo, per esempio, che un diametro sia lungo esattamente 1m (oppu­re 1dm, 1 cm, ecc.); ma in tal caso, se si taglia la circonferenza, trasformandola in unsegmento, e la si misura con strumenti di assoluta precisione e sensibilità (ammet­tendo che esistano), si trova che essa è lunga 3m più 1 dm più 4cm più 1 mm più 0,5mm più 0,09 mm più ... ; ma nessuna suddivisione dello strumento usato, per quantopiccola possa essere, coincide esattamente con la fine del segmento.

Viceversa; può darsi benissimo, per esempio, che una circonferenza sia lunga esat­tamente 1 m; ma in tal caso, se si va a misurarne il diametro, non si trova un valorefinito, ma una misura espressa dal numero 0,31831 ... (misura in metri).

Si dice quindi che la lunghezza di una circonferenza e lunghezza del suo diametrosono grandezze incommensurabili; non esiste cioè un numero finito con il quale sipossa esprimere la misura di una di esse mediante la misura dell'altra.

Il problema del numero Jt è antichissimo. Indiretta­mente se ne parla già nella Bibbia, quando, affermandoche un oggetto circolare ha tre palmi di giro ed uno dilarghezza, si dà per scontato che il rapporto circonfe­renza/ diametro sia uguale a 3.

Gli egizi attribuivano a Jt il valore 3,16, abbastanzavicino a quello attualmente accettato. Ma fu Archime­de che per primo trovò un valore non basato soltanto sumisurazioni dirette, ma anche sul ragionamento; talevalore (3,14) è già abbastanza soddisfacente, essendoquello stesso che noi usiamo nei normali problemi rela­tivi alla circonferenza e al cerchio.

In seguito molti matematici si occuparono del pro­blema e determinarono il valore di altre cifre decimali;ma soltanto nella seconda metà del '700 il matematico

Lambert dimostrò che la ricerca non avrebbe mai potu­to avere fine, perché il numero di tali cifre è infinito edesse non si ripetono periodicamente.

Oggi, grazie all'elaboratore elettronico, dopo 3,14sono state trovate altre decine di migliaia di cifre, lequali però rappresentano più l'appagamento di unacuriosità che qualche cosa di praticamente utile.

Page 14: Aspetti storici della matematica

~" Stereometria

Con il termine Stereometria (dal greco stereòs, solido, e métron, misura), introdot­to dal discepolo di Platone Filippo di Opunte nel IV secolo a.c., si intende la parte del­la geometria che studia le figure solide ed è quindi sinonimo di geometria solida.

La geometria solida non è avanzata di pari passo con la geometria piana; essa haavuto rispetto a questa uno sviluppo più tardo anche se nozioni riguardanti figure ecorpi solidi si trovano già nell' antichissimo manuale egiziano di Ahmes, che risale acirca 2000 anni prima dell'era volgare (noto con il nome di Papiro di Rhind).

I primi contributi alla geometria solida intesa come scienza razionale furono por­tati nel VI secolo a.C da Pitagora e dai suoi discepoli, che a partire da cognizioni pra­tiche, seppero arrivare a considerazioni teoriche e scientifiche. Dopo di loro però, lastereometria sembra sia stata ancora più trascurata tanto che Platone nel suo Le leg­gi, giudica in modo negativo le cognizioni stereometriche dei suoi contemporanei.

Ma già Archita di Taranto, il maestro di Platone, soprannomi nato "l'ultimo deipitagorici", aveva risvegliato un certo interesse per questa parte della geometria.Egli può essere a ragione considerato il padre della stereometria, avendo contribuitoa stabilirne i principi nonché a scoprirne importantissime proposizioni. Gli studi diArchita furono continuati con gran successo dal suo discepolo Eudosso da Cnido(410-356 a.c.), uno dei più illustri matematici dell'antichità; a lui di deve la formu­lazione di nuovi teoremi e di un rigoroso metodo di ricerca e di dimostrazione, ilmetodo di esaustione, ma gli è anche attribuita la compilazione del più antico trat­tato scientifico di stereometria.

Posti così dai due grandi maestri i fondamenti teorici di questa parte della geome­tria, non le mancarono più degni cultori, tra cui va ricordato anche Menecmo, disce­polo di Eudosso, che la condussero ad un ragguardevole livello di sviluppo e perfezio­namento. I risultati vennero in seguito raccolti verso il 300 a.c. da Euclide, il celebremaestro della scuola di Alessandria. I libri XI, XII e XIII dei suoi Elementi ne contengo­no un'esposizione riassuntiva e contengono la teoria della geometria solida elementa­re così come veniva insegnata dai greci. Non si può non riconoscere che l'esposizioneeuclidea della stereometria, sia sotto il profilo logico quanto nei principi e nella for­ma, sia comunque molto inferiore a quella che riguarda la geometria piana.

Page 15: Aspetti storici della matematica

Da sempre le piramidi di Egitto hanno incuriosito ed attratto i viaggiatori e i con­quistatori nei tempi antichi e continuano a meravigliare turisti, matematici e archeo­logi che le visitano, le esplorano, le misurano e le descrivono.

Le prime tombe dei re egiziani erano dei tumuli a forma di panca (mastabe). Lamastaba era la tomba per i nobili e i ricchi, fatta sul modello della casa che il defun­to aveva abitato quand'era in vita.

Intorno al 2780 a.c., l'architetto del Re Zoser, Imhotep, costruì la prima piramideponendo sei mastabe, una sopra l'altra, dalla più grande alla più piccola, creandouna sorta di catasta o trPiramide a Gradoni".

Questa Piramide può essere ammirata sulla riva del Fiume Nilo a Sakkara vicino aMemphis e come le altre piramidi, contiene varie stanze e passaggi, compresa lacamera di sepoltura del re.

La transizione della Piramide a Gradoni a quella con le pareti lisce ebbe luogo,però, durante il regno del Re Snefru, il fondatore della Quarta Dinastia (2680-2560d.C.).

A Meidum, infatti, era stata costruita una piramide inizialmente a gradoni, che furicoperta poi con la pietra, e rivestita da lastre di calcare. Era la Piramide di Huni (111

dinastia), anch'essa concepita come piramide tra gradoni" (prima 7, poi 8). Fu duran­te il regno di Snefru che venne trasformata in piramide trgeometrica", a facce lisce.

La piramide di Meidum, col tempo, subì il crollo dei muri esterni più recenti, cheaderivano ai lisci blocchi del rivestimento a gradoni più antico. Per questi motivi oggipresenta l'aspetto bizzarro tta torrione", ed è chiamata in arabo Haram el-Kadab, lattfalsa piramide". Un'altra grande piramide fu costruita a Dahshur durante il regno diSnefru, con i lati che si elevavano con un angolo di un poco più di 43 gradi, col risul­tato di una vera piramide ma rannicchiata e chiamata ttPiramide Rossa" per il coloredel calcare su cui fu costruita.

La più grande e più famosa di tutte le piramidi, però, è la Grande Piramide a Giza,che fu costruita dal figlio di Snefru, Khufu, conosciuto meglio con nome greco Cheo­pe. Fu costruita tra il 2700 e il 2600 a.c.

Le sue misure sono imponenti: il lato di base misura 230 metri; l'altezza è di 150metri.

È composta da due milioni e trecento mila blocchi di granito, che pesano circa duetonnellate e mezzo l'uno' il suo peso totale è di cinque milioni e settecentocinquan­tamila tonnellate.

All'interno è quasi completamente piena, ma stretti passaggi collegati con l'ester­no da prese d'aria conducono a camere sotterranee.

Due altri grandi piramidi sono state costruite a Giza, per il figlio del Khufu, Khafre(Chephren), ed un successore di Khafre, Menkaure (Micerino).

(adattato e ridotto da www.illuweb.it)

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Storia delle piramidi

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Page 16: Aspetti storici della matematica

(www.ilpaesedeibambinichesorridono.it)

Singolare nascita del principio di Archimede

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storici -::C~.1Ja matematica.,""";-d' ;.v'~~/ :...•. ,;.!&

Singolare fu il modo in cui Archimede giunse a una delle sue più importanti sco­perte: «Ogni corpo immerso in un liquido è sottoposto a una spinta verticale direttadal basso verso l'alto uguale al peso del liquido che esso sposta». Enunciato per som­mi capi, è questo il famoso principio che rappresenta una delle basi dell'idrostaticain particolare, e dell'intera storia della scienza in generale.

Archimede giunse a tale fondamentale intuizione mentre, facendo il bagno, si reseconto che suo corpo, nell'acqua sembrava più leggero. Questo fatto, elaborato dal­l'istintiva fulmineità del suo genio, gli permise di giungere immediatamente all'in­tuizione, se non alla formulazione, del suo principio. La classica scintilla che balenain una frazione di secondo e che illumina di sé tutti i secoli a venire.

Narrano le cronache che il distrattissimo Archimede, preso da improwiso entusia­smo per la scoperta, uscisse nudo di casa e corresse per le vie di Siracusa, tra glisguardi attoniti dei suoi concittadini, gridando «Eureka! Eureka!» (Ho trovato! Hotrovato!).

Proprio la sua distrazione fu causa della sua morte. Durante il saccheggio di Sira­cusa il console Marcello, comandante delle truppe romane, grande ammiratore delgenio di Archimede, aveva dato ordine che venisse risparmiata la vita all'uomo che,con le sue continue invenzioni, per tre anni aveva bloccato e semidistrutto la suaflotta. Archimede, incurante di quanto stava succedendo intorno a lui, era intento aisuoi studi, completamente chiuso nel suo mondo di ricerca e di pensiero.

Quando un soldato romano gli si avvicinò e gli chiese chi fosse, Archimede non glirispose. Molto probabilmente non lo aveva sentito. Allora il soldato, irritato, nonavendolo riconosciuto lo uccise. Era l'anno 212 avanti Cristo. Marcello, addoloratoper la morte del genio, gli fece tributare solenni onoranze funebri. Indi, come peren­ne tributo alla sua mente prodigiosa, gli fece erigere una tomba sulla quale, secondoil volere dello stesso Archimede, venne posta una sfera inscritta in un cilindro con inumeri che regolano i rapporti fra questi due solidi. Il monumento esiste ancora.

Delle opere di Archimede ricordiamo Della sfera e del ciUndro, Dell'equiUbdo de;p;an; e loro centro d; gravjtà, M;sura del cerch;o, Arenado, Su; corp; gallegg;antL

Page 17: Aspetti storici della matematica

Archimede e il metodo meccanico

K

• fig. b

c

F

G

E

H

-

'1"" tL...

La determinazione del volume e dell'area della sfera costituisce una delle mag­giori scoperte di Archimede, il quale, a quanto narra Plutarco (Marcello, 17), volleche come iscrizione sul suo cippo sepolcrale si incidessero soltanto una sfera col ci-

lindro equilatero circoscritto (figura a) e la frazione ~, la quale rappresenta ap-

punto il rapporto tra il volume della sfera e quello del cilin­dro circoscritto. Basandosi su questo indizio Cicerone affer­ma (Tusculane, V, 64 e segg.) d'essere riuscito, durante la suaquestura in Sicilia, nel 75 a.c., a scoprire alle porte di Sira­cusa la tomba di Archimede, oramai occultata da sterpi edimenticata dai Siracusani.

Nel Metodo, Archimede espone come sia pervenuto allasua scoperta per mezzo del cosiddetto «metodo meccanico»,nel quale è in qualche modo implicito il concetto degli indivi·sibili di B. Cavalieri.

Dato un cerchio di centro O e diametro orizzontale AC (fi­gura b), Archimede considera il rettangolo concentrico EFGH,in cui i lati EH e FG sono tangenti in A e C al cerchio e l'al­tezza EH è doppia del diametro AC, e il triangolo rettangoloisoscele ECH.

Il cerchio, il rettangolo e il triangolo, ruotando intorno ad AC, generano rispettiva­mente una sfera, un cilindro e un cono; e si riconosce facilmente che ogni piano per­pendicolare al diametro AC in un suo punto P seca i tre solidi secondo cerchi tali chequello corrispondente al cilindro sta alla somma degli altri due in ragione inversa di CPa CA. Preso allora CK = CA, e immaginatii tre solidi costituiti di materia pesanteuniforme, si consideri AK come una levacol fulcro in C; il cerchio sezione del ci­lindro, pensato come una sottile laminae lasciato dov'è, equilibra, per quanto siè or ora detto, gli altri due trasportatiparallelamente a sé stessi fino ad avereil centro in K. E poiché ciò si può ripete-re per ogni sezione, si ha, considerando i Asolidi come somme dei cerchi-sezione,che il cilindro, lasciato dov'è, o ancheconcentrato in O, fa equilibrio al cono ealla sfera concentrati in K. Si ha dunque:

cilindro: (cono + sfera) = 2 : 1

e di qui si deduce senz'altro il volume

della sfera. (d E "I d" I l" 565a nClc ape la ta lana, pago )

'~"'----------• fig. a

Page 18: Aspetti storici della matematica

Antichi sistemi di numerazione

È possibile affemare con assoluta certezza che l'invenzione di un sistema di numerazioneposizionate sia stata una tra le più grandi conquiste del pensiero umano.

Infatti i moderni sistemi di numerazione posizionale sono risultati, al pari di altre inven­zioni e scoperte (il fuoco, la ruota, l'alfabeto), di importanza fondamentale per lo sviluppoeconomico, tecnologico e scientifico dell'umanità.

Gli antichi sistemi additivi, complessi e di difficile utilizzo pratico, vengono immediata­mente abbandonati.

Andiamo indietro nei tempi quando l'uomo primitivo, per contare, faceva uso di parti delproprio corpo e soprattutto delle mani e delle dita.

Proviamo ad immaginare il procedimento da lui seguito: stringeva a pugno le mani e alza­va, per ogni oggetto da contare, prima le dita di una mano, poi quelle dell'altra. Quando tut­te le dita erano alzate, l'uomo faceva un segno sulla parete della caverna in modo da esseresempre in grado di ricordare.

Avendo due mani, l'uomo primitivo poteva fare un segno ogni cinque oggetti: nascevano cosìdue sistemi di numerazione quinario (per cinque) e decimale (per decine).

Una delle civiltà più antiche, quella Babilonese che si sviluppò circa cinquemila anni fa nellavallata tra i fiumi Tigri ed Eufrate (odierno Iraq), usava un sistema di numerazione decimale.

Anche l'antica civiltà degli Egizi, sviluppatasi nella vallata del fiume Nilo, utilizzava lanumerazione decimale, adoperando i seguenti simboli:

Uno stesso simbolo poteva essere ripetuto fino a nove volte (un simbolo nonsi ripete mai dieci volte perché c'è un apposito nuovo simbolo).

Ecco come scrivevano centoventitre:

Per scrivere gli altri numeri si servivano di una legge additiva; scrivendo, peresempio, tre volte il simbolo del cento: leggevano cento più cento più cento,cioè trecento.

I Greci, grandissimi geometri, adoperavano tre sistemi di numerazione in base dieci, manessuno era soddisfacente. Il primo serviva ai mercanti, che usavano trattini per indicare leunità, raggruppandole poi in decine. Il secondo sistema veniva usato dagli epigrafi ed utiliz­zava come simbolo del numero la prima lettera del nome del numero stesso. Il terzo sistema,detto alfabetico, adoperava come simboli le ventiquattro lettere dell'alfabeto, più le trelettere cadute in disuso (stigma, coppa, sampi). Ecco la rappresentazione:

Page 19: Aspetti storici della matematica

çzeta

z

coppa

À

lambdal

X

hih

(eh duro)

8 = nove mila

<l>

tif

1t

pi

pi

20

K

kappac (dura)

fepsilon

e (breve)

500I

tiotai

Ò

deltad

oomicron

o (breve)

uipsilon

y(u francese)

, 400

1;

csi

x

60

'ttaut

8thetath

~sampi

ygammag (duro)

,~ = duemila

vnin

800

~beta

b

(j'

sigmas

TI

eta

e (lunga)

ro

omegao (lunga)

pror

Ilmim

\j/psi

ps

XC è "cento meno dieci cioè novanta».

CLX significa ,'cento + cinquanta + dieci, cioè centosessanta»;- ~- ---------

aalta

a

700

100

çstigma

,ex = mille

Ricordiamo anche i simboli del sistema di numerazione adoperato dai Romani:

Se invece una cifra di minor valore precedeva (sempre da sinistra verso destra) una di mag­gior valore, allora quella di minor valore si sottraeva dall'altra; ad esempio:

Quando i simboli si susseguono da sinistra verso destra, in ordine decrescente, si sommano:

E per indicare mille, duemila, e così via? Si ricominciava dalla prima lettera premettendoleperò un segnetto (indice) in basso; ad esempio

Page 20: Aspetti storici della matematica

La diffusione del sistema decimale posizionale avvenne più tardi con molta lentezza ecapparve per la prima volta in India, verso il VII secolo. Gli indiani riuscirono a collegare;seguenti tre principi:

• una base decimale

• una notazione posizionale• un simbolo diverso per le dieci cifre.

Un contributo notevole per la conoscenza del nuovo sistema di numerazione fu dato damatematico italiano Leonardo Fibonacci che, nel 1202, pubblicò Uber abaci, nel quale ven­gono presentati i nuovi simboli e le nuove regole di calcolo.

Verso la fine del XVII secolo, il grande matematico tedesco Goffredo Leibniz suggerì l'usodel sistema binario con le cifre O e 1, sistema che oggi ha assunto grande importanza poichéviene utilizzato nei computer.

Page 21: Aspetti storici della matematica

Le origini della matematica

L'uomo si differenzia dagli altri animali soprattutto per l'uso del linguaggio. Lo svi­luppo di quest'ultimo ha avuto un'importanza fondamentale per il sorgere del pen­siero matematico: tuttavia le parole che esprimono numeri si vennero formando conrelativa lentezza. Segni numerici probabilmente precedettero le parole che indica­vano numeri; è infatti più facile praticare incisioni su un bastone che formulare unafrase ben costruita per indicare un numero. Quanto sia stata lenta la formazione diun linguaggio che esprimesse astrazioni quali il numero, si deduce anche dal fattoche le espressioni numeriche verbali primitive facevano sempre riferimento a raccol­te concrete - come /tdue pesci" o /tdue bastoni" - e che solo più tardi una espres·sione del genere fu adottata per indicare tutti gli insiemi di due oggetti. In parecchiedelle attuali misure di lunghezza si riscontra la tendenza del linguaggio a evolversi daforme concrete verso forme astratte. L'altezza di un cavallo è misurata in /tmani", ele parole /tpiede" e /tbraccio" sono analogamente derivate da parti del corpo.

Le parecchie migliaia di anni che furono necessarie all'uomo per ricavare concettiastratti da ripetute situazioni concrete testimoniano le difficoltà che indubbiamentesi incontrarono nella costruzione di basi anche molto primitive della matematica. Perdi più, vi sono molte questioni irrisolte circa le origini della matematica. Si supponesolitamente che la matematica sia sorta in risposta a bisogni pratici dell'uomo, marecenti ricerche suggeriscono la possibilità di un'origine diversa. È stata avanzata l'i­potesi che l'arte del contare sia sorta in connessione con riti religiosi primitivi, e chel'aspetto ordinale abbia preceduto il concetto quantitativo. In cerimonie rituali cherappresentavano miti della creazione era necessario chiamare in scena i partecipan­ti secondo un ordine specifico, e forse il contare fu inventato per rispondere a que­sta esigenza. Se le teorie sull'origine rituale del contare sono corrette, può darsaiche il concetto di numero ordinale abbia preceduto quello di numero cardinale. Inol·tre un'origine del genere tenderebbe a indicare la possibilità che unica sia stata l'o­rigine del contare, diffusosi in seguito ad altre regioni della Terra. Questa teoria,sebbene non abbia ancora trovato una conferma definitiva, si accorderebbe con ladivisione rituale dei numeri interi in dispari e pari, i primi considerati come maschilie i secondi come femminili. Simili distinzioni erano familiari a civiltà fiorite in tutti

gli angoli della Terra e miti riguardanti i numeri maschili e femminili hanno presenta­to una notevole continuità.

Adattato e ridotto da: C. BOYER, Storia della matematica, Oscar Mondadori

Page 22: Aspetti storici della matematica

A nove anni stupisce i suoi contemporanei

Nel 1777 nasce a Brunswich (Germania) Carlo Federico Gauss. A nove anni comin­cia a frequentare il corso di aritmetica del maestro Buttner che un giorno assegna a'ragazzi il seguente compito:

Calcola la somma dei primi 60 numeri interi.

Secondo l'usanza della scuola il primo alunno che avesse trovato la soluzionedoveva posare la sua lavagnetta su un banco, il secondo sulla prima e COS1 via d'seguito. Appena Buttner finisce di dettare il compito, Gauss corre a posare la proprialavagna sul banco dicendo in dialetto: «Ligget se» ("fatto").

I suoi compagni si affaticano per più di un'ora e quando tutte le lavagne sonodeposte sul banco solo allora il maestro si accorge che sulla prima è scritto un nume­ro: 1.830, la somma esatta.

Il ragazzo spiega con semplicità di aver scritto mentalmente su una riga i numeri da1 a 60 e sotto, su una seconda riga, gli stessi numeri disposti però in ordine inverso:

1 2 3. .. 58 59 6060 59 58. . . 3 2 161 61 61 ... 61 61 61

Sommando i numeri in colonna si ottiene sempre 61 e, poiché queste somme ugua­li sono 60, il prodotto 60 x 61 = 3.660 dà il doppio della somma richiesta.

Fu COS1 che Gauss entrò nel regno dei grandi matematici.

Carlo Federico Gauss venne chiamato il «principe dei matematici» del suo tempo.

Le sue geniali scoperte in altri campi del sapere, come in fisica ed in astronomia,lo hanno consacrato scienziato completo.

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Page 23: Aspetti storici della matematica

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ella matematica" ;',/.?""::

Dall' abaco al personal computer

L'uomo ha sempre nutrito il sogno di poter disporre di una macchina calcolatrice.Ecco, in sintesi, le tappe dei successivi perfezionamenti di questo sogno.L'abaco fu la prima macchina calcolatrice e risale a circa 2500 anni fa.Ancora oggi in Oriente si usa qualcosa di simile; in Giappone lo potreste comunemente

vedere nei negozi e anche nelle banche ed in Cina sopravvive in aperta concorrenza con imoderni strumenti di calcolo.

Per molto tempo l'abaco fu l'unico strumento di calcolo delle prime civiltà umane e rima­se tale fino al grande rinnovamento scientifico del XVII secolo.

Nel 1612 John Napier (scozzese), detto Nepero, inventò un apparecchio moltiplicatore:«la tavola pitagorica mobile".

Nel 1642 il matematico e filosofo francese Blaise Pascal riuscì a dimostrare che le opera­zioni di calcolo possono essere condotte in modo puramente meccanico.

Egli costruì una macchina capace di eseguire somme e sottrazioni, composta da una seriedi quadranti sulle cui circonferenze erano segnate le cifre da O a 9.

I quadranti rappresentavano le unità, le decine e le centinaia e la loro rotazione rendevaautomatica l'operazione di riporto.

Trent'anni dopo, nel 1671, il filosofo tedesco Leibniz progettò una macchina che potevaeseguire anche moltiplicazioni e divisioni sotto forma di addizioni e sottrazioni ripetute.

Le calcolatrici meccaniche funzionavano per mezzo di ingranaggi: uno di questi dopo avercompiuto un giro completo (corrispondente a 10 scatti) fa avanzare di uno scatto l'ingranag­gio successivo.

Da un punto di vista teorico le macchine per calcolare ebbero continue evoluzioni finché,verso la fine dell'800, Herman Hollerith riuscì ad abbinare per la prima volta l'applicazionedell'elettricità e della scheda perforata per far funzionare una macchina calcolatrice.

Le istruzioni e i dati arrivavano alla macchina per mezzo della corrente elettrica, chepassava o non passava in corrispondenza dei fiori della scheda.

I dati del censimento degli U.S.A. nel 1890 furono elaborati mediante l'utilizzo di schedeperforate.

Si deve a Charles Babbage il primo progetto di macchina calcolatrice con l'uso di schedaperforata. Non si trattava di una macchina di tipo elettrico ma di tipo meccanico, che avreb­be dovuto funzionare a vapore.

Questa macchina non venne mai realizzata perché la tecnologia dell'epoca era del tuttoinadeguata alle capacità ideative di Babboge.

Va sottolineato che la struttura logica del funzionamento della macchina era del tuttosimile a quella dei primi elaboratori elettronici.

Il primo calcolatore elettronico, autentico progenitore degli attuali elaboratori, vennecostruito subito dopo la prima guerra mondiale, nel 1946.

Si chiamava E.N.I.A.C. (Electronic Numerical Intégrator and Calculator), impiegava18.000 tubi elettronici e occupava una superficie di 180 m2• Con l'inizio degli anni '50 sipassa dalla fase puramente sperimentale alla produzione di macchine in molti esemplari,destinate alla commercializzazione.

Il successivo salto di qualità venne fatto con la possibilità di introdurre nella memoria del­le macchine non solo i dati da passare all'unità logico-aritmetica, ma anche il programmacon le istruzioni per l'elaborazione dei dati.

Page 24: Aspetti storici della matematica

Tale conquista fu dovuta agli studi di un matematico di origine ungherese, John von New­mann.

Ne segue una rapidissima evoluzione tecnologica che ancora continua e che anzi è diven­tata una caratteristica dei nostri tempi.

L'evoluzione è andata nella direzione della diminuzione delle dimensioni e dell'aumento

della velocità operativa.Attualmente possiamo ammirare potenti elaboratori non più grandi di questo libro, capa­

ci di fare qualche miliardo di operazioni al secondo.

Un misterioso numero preso dal Vangelo

Si legge nel Vangelo, Giovanni XXI, 11, che «5imon Pietro montò nella barca e tirò a ter-ra la rete piena di 153 grossi pesci".

Perché 153 e non 150 o 155? Forse arcani misteri si nascondono dietro il 153? Quali?In verità questo numero ha qualcosa di magico.Intanto soddisfa alcune proprietà aritmetiche di fronte alle quali solo i minerali più grez­

zi restano indifferenti:1+2+3+4+... +15+16+17 = 153

13+ 53 +33+= 153

Ci sono soltanto altri tre numeri, oltre a 1 e 153, che sono uguali alla somma dei cubi del­le loro cifre: 370, 371 e 407.

Queste curiose proprietà appartengono a 153 dalla notte dei tempi e potrebbero dare del­la matematica quell'idea, sbagliata, che sia una disciplina che tratta cose vecchie quanto ilmondo.

Che dire allora di quest'altra meravigliosa proprietà del numero 153, scoperta dal mate­matico israeliano Phil Kohn nel 1961?

Prendete un qualsiasi numero multiplo di tre, sommate i cubi delle sue cifre, poi somma­te i cubi delle cifre del risultato ottenuto e così via. Riuscite ad indovinare cosa apparirà allafine? Facciamo una prova col numero 162.

13+ 63 + 23 = 225

23 + 23 + 53 = 141

13+ 43 + 13 = 66

63 + 63 = 432

43 + 33 + 23 = 99

93 + 93 = 1458

13+ 43 + 53+ 83 = 702

73 + 23 = 351et voila

Ed ora, ripetendo l'algoritmo (sequenza di istruzioni), avremo sempre il numero 153 diSimon Pietro o dell'evangelista Giovanni.

Il 1961 non è un anno tanto lontano; ci si lamenta spesso che la Storia insegnata nellenostre scuole si ferma troppo presto e che non tratta gli avvenimenti della seconda metà del­l'ultimo secolo.

Almeno parla della prima guerra mondiale!E la Matematica? Di che secolo è l'argomento più giovane di matematica studiato dai

nostri ragazzi? In certe scuole non ci si ferma che alla fine del '600.Da un articolo di MARCO CERASOLI

Page 25: Aspetti storici della matematica

.'. . .~.

Ma la validità di tale regola è molto limitata, dato che già

Quello dei ,numeri primi è un insieme infinito .

211 - 1 = 2.047,si ha cheper p = 11

Dunque esistono infiniti ~umeri ptimi.

Vi sonotuttavia altri prob~emi. legati ~ Q~esti misteriosi numeri.Essi sono:

• ricerca di una regola generale che consenta di individuare con certeiZa quali numerinaturali sono primi;

,

• ricerca di una regola per calcolare quanti sono i numeri primi minori di un numeronaturale assegnato, oppure compresi tra due numeri naturali assegnati;

• ricerca di una regola che consenta di riconoscere rapidamente se un dato numero natu­rale è primo oppure no.

Nessuno di questi problemi è stato ancora soddisfacentemente risolto.

se p è un numero primo,

allora 2P - 1 è numero primo.

Un rompicapo per i matematici: i numeri primi

che non è numero primo.

La distribuzione dei numeri primi è piuttosto imprevedibile. Tra i primi venti numeri netroviamo 8, tra 20 e 40 ne troviamo 4, tra 40 e 60 ne troviamo 5, tra 60 e 80 ne troviamoancora 5, mentre tra 80 e 100 ne troviamo 3.

Procedendo in questo modo non scopriamo alcun indizio di regolarità.

Qualcosa di più riusciamo a capire se andiamo di mille in mille.

Si trova infatti che i numeri primi contenuti nel primo migliaio sono 168, quelli contenutinel secondo migliaio sono 135, quelli contenuti nel terzo migliaio sono 127 e quelli contenu­ti nel quarto migliaio sono 120.

Cioè: più grande è il migliaio che si considera e più piccolo è il numero dei numeri pri­mi in esso contenuti.

Allora ci domandiamo: è possibile, ad esempio, che dal miliardesimo migliaio in poi non visia alcun numero primo?

La risposta è sicuramente negativa. Già Euclide, intorno al 300 avanti Cristo, riuscì adimostrare che non è possibile contare tutti i numeri primi, per il semplice motivo che:

Il metodo del crivello di Eratostene, oltre che essere laborioso, non può essere conside­rato una legge generale, ma soltanto un procedimento per verificare se un numero è primooppure no. Esso però fu per molti secoli il solo a disposizione dei matematici; infatti bisognagiungere al XVI secolo per trovare la regola di Mersenne (scienziato francese), che si puòcosì enunciare:

Page 26: Aspetti storici della matematica

Nel '700 il matematico tedesco Goldbach ipotizzò che ogni numero pari (eccetto il 2fosse la somma di due numeri primi; per la verità non si è ancora trovata un'eccezione atale regola, ma ciò non vuoI dire che essa sia valida in generale; infatti una serie di veri .­che, per quanto lunga, non costituisce certo una dimostrazione matematica. In altre parole:anche se una persona passasse tutta la vita a fare delle prove e trovasse sempre che qua ­siasi numero pari è la somma di due numeri primi, ciò non sarebbe sufficiente per affer­mare che l'ipotesi di Goldbach è una legge matematica.

Anche Eulero (matematico svizzero del XVI secolo) si occupò dei numeri primi, ma coscarsi risultati: egli trovò soltanto regole parziali valide per insiemi di numeri naturali moltlimitati.

Ciò che a tutt'oggi sappiamo sui numeri primi può essere riassunto nei seguenti punti:

• l'insieme dei numeri primi è infinito;

• la somma di due numeri primi (eccetto il 2) è un numero composto; esempi:

23+7 = 30, 29+ 19 = 48;

• la differenza tra due numeri primi (eccetto il 2) è un numero composto; esempi:

13 - 5 = 8 , 47 - 19 = 28;

• i numeri primi con più di due cifre terminano con 1, 3, 7, 9.

Con l'aiuto dell'elaboratore elettronico si sono trovati numeri primi di decine di migliaiadi cifre; ma questo non aggiunge nulla a ciò che già sappiamo.

Gli Arabi salvano la scienza

Quando le truppe guidate dalla bandiera verde del Profeta conquistarono tutto il MedioOriente, l'Africa settentrionale e via via la Sicilia e la Spagna fino ai Pirenei, per essere fer­mate proprio alle porte di Francia da Carlo Martello, gli europei che si radunavano tremantia pregare nelle chiese e nei conventi sicuramente parlavano dei "barbari" venuti da remotideserti. Ma in realtà barbari erano proprio gli abitanti dell'Europa: gli Arabi salvarono il sa­pere accumulato nei secoli da Freci e Romani. .. e contribuirono ad acccrescerlo.

Furono grandi matematici, tanto che molti vocaboli di questa scienza che noi oggi usiamoderivano proprio dalla loro lingua. Algebra, ad esempio, era il titolo di un trattato di matema­tica, ma il frate che tradusse il testo non riuscì a trovare l'esatto equivalente latino e utilizzòil curioso titolo Uber algebrae, mezzo latino e mezzo arabo. Oppure algoritmo: oggi questaparola vuoI dire "metodo per risolvere un problema", ma è la storpiatura del nome di uno deipiù grandi matematici arabi, Al Khowarizmi, e, anche in questo caso, il traduttore delle sueopere pensò bene di intitolarle Uber Algorismi, Il libro di AI Khowarizmi.

Page 27: Aspetti storici della matematica

Il progresso delle scienze in una particolare nazione ha sempre un motivo: una particolaresituazione, il radunarsi di numerose persone di genio in una certa scuola, la disponibilità di unsovrano a finanziare le scienze, magari semplicemente il desiderio di superare qualche speci­fica difficoltà o di raggiungere un ben preciso risultato pratico e immediato, come vincereuna guerra, ad esempio. Nel periodo d'oro della scienza araba, accadde che alcune di questecondizioni si verificassero contemporaneamente. Gli Arabi avevano conquistato regioni ricchedi scuole e biblioteche greche - a cominciare da Alessandria d'Egitto - e anche se distrusse­ro proprio la Grande Biblioteca, i loro scienziati studiarono tutti gli antichi volumi di cui ven­nero in possesso; fra l'altro, a quel tempo nell'Europa occidentale si era persa la conoscenzadella lingua greca, che era invece nota agli studiosi arabi. Il califfo era uno dei sovrani piùpotenti e più ricchi del suo tempo, e alla corte di Baghdad si riunivano tutti coloro che pote­vano contribuire in qualche modo all'idea che egli si faceva della sapienza: c'erano alchimistie astrologi, ma anche matematici, astronomi, medici e poeti. L'impero della Mezzaluna eratanto vasto e potente che i suoi sudditi potevano viaggiare in lungo e in largo per territorivastissimi, assorbendone le conoscenze, osservandone gli usi, riportando a Baghdad qualsiasicosa di utile avessero scoperto.

Abbiamo ancora i libri di viaggio di alcuni esploratori arabi, che scesero lungo le costeafricane e raggiunsero l'India e la lontana Cina su navi ben costruite e attrezzate per accon­tentare il viaggiatore più esigente: c'erano cabine private dotate di ogni comfort, in un'epo­ca in cui anche le navi europee meglio costruite, le lunghe navi vichinghe, offrivano solo unduro letto sul ponte, esposto alle intemperie ...

Grazie a quei viaggiatori giunse in Occidente, fra le altre cose, la nuovissima scienza india­na dei numeri. Gli arabi portarono quella novità che è lo zero (i Romani non lo conoscevano!)e un modo speciale di scrivere i numeri usando solo dieci cifre decimali (zero compreso) inmodo che a ogni posto nella successione delle cifre corrispondesse un peso (1, 10, 100 e cosìvia) che andava moltiplicato per la cifra scritta in quel posto: sommando tutti i valori così cal­colati si otteneva il numero voluto. Tale tecnica permetteva di rappresentare numeri anchegrandissimi usando un numero molto piccolo di simboli e semplificava enormemente tutte leoperazioni aritmetiche a cominciare da somma e sottrazione. Per noi, quelli sono i numeriarabi, perché arabi furono gli ambasciatori di quel metodo: se non lo avessimo adottato, nonsaremmo riusciti a costruire nemmeno i calcolatori elettronici!

da M. SAMI, 1/grande libro della Scienza, A. Mondadori

Page 28: Aspetti storici della matematica

Numeri speciali

6 = 1 + 2 + 3

Si ha infatti: .

D220 = {1, 2, 4, 5, 10, 11, 20, 22, 44, 55, 110, 220}

D284 = {1, 2, 4, 71, 142, 284}

È dunque provato che 220 e 284 sono numeri amicabili. La ricerca di tale tipo di numericontinua ancora oggi con l'impiego dei computer.

Sommando i divisori di 284 (escluso 284 stesso) si ottiene:

1 + 2 + 4 + 71 + 142 = 220

1 + 2 + 4 + 5 + 10 + 11 + 20 + 22 + 44 + 55 + 110 = 284

Sommando i divisori di 220 (escluso 220 stesso) si ottiene:

Ma l'intuito e la fantasia dei pitagorici andò ben oltre. Essi scoprirono anche i cosiddettinumeri amici o amicabili, cioè quei numeri tali che ciascuno di essi è uguale alla somma deidivisori dell'altro (escludendo dalla somma il numero del quale si considerano i divisori).

Ad esempio i numeri 220 e 284 sono amica bili.

Infatti:

Nell' antica Grecia, il grande filosofo Pitagora (570-500 a.c.) ed i suoi seguaci erano con­vinti che la matematica avesse un ruolo fondamentale nella vita quotidiana e spirituale del­l'uomo.

Non a caso il motto della scuola pitagorica era: "tutto è numero".In particolare i pitagorici ritenevano che la perfezione di un numero fosse collegata ai suoi

divisori: definirono infatti perfetto un numero naturale (;>! 1) che è uguale alla somma deisuoi divisori, escluso il numero stesso. Il numero perfetto più piccolo è 6, che ha come divi­sori propri 1, 2 e 3. Infatti:

6 = 1 + 2 + 3

28 = 1 + 2 + 3 + 4 + 5 + 6 + 7

496 = 1 + 2 + 3 + 4 + 5 + 6 + 7 + 8 + 9 + + 30 + 31

8.128 = 1 + 2 + 3 + 4 + 5 + 6 + 7 + 8 + 9 + + 126 + 127

I successivi numeri perfetti sono:28 = 1 + 2 + 4 + 7 + 14

496 = 1 + 2 + 4 + 8 + 16 + 31 + 62 + 124 + 248

8.128 = 1 + 2 + 4 + 8 + 16 + 32 + 64 + 127 + 254 + 508 + 1.016+ 2.032 + 4.064

Con l'aiuto dei computer, oggi si è giunti a calcolare numeri perfetti enormi, formati addi­rittura da centinaia di cifre. Si osservi però che tutti i numeri perfetti sinora trovati sonopari; nulla si sa sull'esistenza di numeri perfetti dispari.

Nel corso degli studi e delle riflessioni su tali numeri i pitagorici notarono inoltre un'altrasingolare proprietà: ogni numero perfetto è sempre uguale alla somma di tutti i numeri natu­rali, dall'uno fino al suo più grande divisore dispari.

Page 29: Aspetti storici della matematica

-j../ ~-S .."!-

Gli egiziani ed il concetto di frazioneGli uomini dell'Età della Pietra non conoscevano l'uso delle frazioni, ma con l'av­

vento di culture più avanzate nell'Età del Bronzo si resero necessari il concetto di frazionee le notazioni frazionarie. Le iscrizioni geroglifiche egiziane presentano una notazione spe­ciale per le frazioni aventi per numeratore l'unità. I[ numero reciproco di un qualsiasi interoveniva indicato semplicemente collocando al di sopra della notazione per il numero intero unsegno ovale allungato. Nella notazione ieratica dei papiri, l'ovale allungato viene sostituito

con un puntino. Nel P~piro di Ahmes, per esempio, la frazione +appare come . , e 2~è scritto nella forma 7\. Tali frazioni venivano comunemente usate al tempo di Ahmes, ma ilconcetto generale di frazione sembra sia rimasto un enigma per gli egiziani. Essi si sentivano

a loro agio con la frazione +' per rappresentare la quale avevano uno speciale segno iera­

tico e a tale frazione essi assegnavano un ruolo speciale nei procedimenti aritmetici: così,per trovare un terzo di un numero essi ne trovavano prima i due terzi e poi toglievano metà

del risultato! Essi conoscevan e sfruttavano il fatto che due terzi della frazione +- è la

somma delle due frazioni 2~ e 6~ ; erano anche consapevoli del fatto che il doppio della

frazione -21 equivale alla frazione _1_. Tuttavia, sembra che, fatta eccezione per la fra-p p

zione +' gli egiziani considerassero una frazione razionale generale della forma ~ non

come una "cosa» elementare, ma come parte di un processo, inconcluso.

Ridotto da: CARL B. BOYER, Storia della matematica, Mondadori

Successivi sviluppi del concetto di frazioneI babilonesi, poiché usavano un sistema di numerazione a base 60, conoscevano solo fra­

zioni aventi per denominatore 60 od una potenza di tale numero.I[ sistema sessagesimale (di 60 in 60), ancora in uso per misure di angoli e di intervalli

di tempo, è evidentemente una eredità che abbiamo ricevuto da questo antico popolo.

I greci usarono per lungo tempo il metodo di calcolo egiziano basato sulle unità frazio­narie e soltanto nel 111 secolo a:c. impararono ad eseguire operazioni con frazioni aventi unqualsiasi numeratore.

I romani usavano frazioni con denominatore 12, per cui i calcoli risultavano assai com­plicati.

Nel Medioevo per indicare u.na.frazione, per esempio ~ ' si usava l'espressione tre fratto

quattro, la quale in seguito; con l'introduzione dei numeri arabi, venne abbreviata nellascrittura simbolica 3 f 4. Tale espressione deriva dal latino fractus, che vuol dire spezzato,ovvero diviso. I[ calcolo con le frazioni sviluppato in modo paragonabile a quello attuale sitrova per la prima volta negli scritti di Leonardo Fibonacci e per la prima volta vi si trovanole frazioni scritte con la linea orizzontale che separa il numeratore dal denominatore.

." ;;..

Page 30: Aspetti storici della matematica

Gli Egiziani e le operazioni con le frazioni

(Da un articolo di ERMAN DI RIENZO)

CARL B. BOYER, Storia della matematica, Mondadori

J>- O~ re[cJ~

1

1 1 111- - -2 4 8 163264

La somma delle parti differisce dall'unità di _1_.. 64

Il mito dell' occhio di Horus

Dell'aritmetica egiziano faceva anche parte la moltiplicazione di frazioni aventi l'unitàcome numeratore. Il problema 13 del Papiro di Ahmes, per esempio, chiede di trovare il pro-

dotto di 1~ + 1~2 per 1 + ++ : ; si trova correttamente che il risultato è +.Per la

divisione si inverte il procedimento di «duplicazione" e si raddoppia successivamente il divi­sore invece del moltiplicando. Che gli egiziani avessero sviluppato un alto grado di maestrianell'applicare il procedimento «duplicazione» e il concetto di frazione avente per numerato­re l'unità, è evidente dai calcoli che accompagnano i problemi di Ahmes. Il problema 70

chiede di trovare il quoziente della divisione di 100 per 7 + + + + + + con risultato2 1 112+ -+ -+--3 42 126

Secondo un'antica leggenda Horus, fi­glio di Iside e di Osiride, volle vendicare lamorte del padre, ucciso dal fratello Seth.Nella lotta Horus perse un occhio le cuiparti vennero ritrovate e ricomposte daldio Toth a meno di una piccola parte.

L'occhio di Horus fu considerato un po­tente amuleto; al simbolo vennero attribui­ti poteri magici con significati diversi neivari campi del sapere.

In matematica il simbolo fu scompostoin sei parti e ad esse si fecero corrisponde­re le sei frazioni unitarie più frequenti,quelle corrispondenti agli inversi delle prime sei potenze di 2:

Ad ogni parte dell'occhio si fece corrispondere un senso; nell'ordine: il tatto (1/64), ilgusto (1/32), l'udito (1/16), il pensiero (1/8), la vista (1/4) e l'olfatto (112). La costruzionedel simbolo segue una precisa regola. I sensi erano ordinati secondo l'importanza loro attri­buita, a seconda cioè dell'energia "utilizzata" per ricevere una particolare sensazione. Tuttii dati ricevuti erano l'alimento della conoscenza.

Page 31: Aspetti storici della matematica

La notazione decimale

Durante tutto il Medioevo i matematici scrivevano la parte intera di ulJ numeroutilizzando il sistema decimale, mentre la prima cifra dopo la virgola rappr'esentavai sessantesimi, la seconda cifra i tremilaseicentesimi e così via. La parte decimaleera quindi descritta servendosi della notazione sessagesimale e ciò sotto il chiaroinflusso dell'antica matematica babilonese.

Appare evidente che questa doppia notazione per la parte intera e per la partedecimale generava notevoli difficoltà di calcolo e soltanto nel XVI secolo d.C. appar­vero i primi trattati in cui si adottava la notazione decimale anche per la parte deci­male.

In quegli anni il matematico olandese Simon Stevin ed il francese François Viète

già scrivevano, ad esempio, 3, 166 oppure 3, ~ per 3, 14, con una notazione

vicinissima a quella attuale.

In generale, l'awersione dei matematici per questo modo di scrivere i numeri noninteri è giustificata dal fatto che, mentre operando con le frazioni si trovano semprerisultati esatti, operando con i numeri decimali ci si deve molto spesso acc()ntentaredi risultati approssimati, il che non va certo d'accordo con la matematica, scienzaesatta per definizione. Abbiamo visto infatti che il risultato di una divisione può esse­re un numero decimale illimitato, cioè non esattamente esprimibile, qualunque sia ilnumero di cifre che si considera. La precisione assoluta è quindi garantiti:l solo dalcalcolo con le frazioni; però i migliori calcolatori elettronici, benché operino connumeri decimali, garantiscono ugualmente ottimi risultati, perché essi consideranoun numero di cifre decimali talmente grande da rendere in pratica trascurabili le dif­ferenze dai risultati che si otterrebbero operando con le frazioni.

Page 32: Aspetti storici della matematica

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La scoperta dei numeri irrazionali

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Tutte queste radici provenivano da costruzioni geometriche con riga e compasso. Nellostudio dei rapporti fra le superfici del dodecaedro regolare e dell'icosaedro regolare inscrit­ti in una stessa sfera pervenne a numeri irrazionali più complessi.

Recenti indagini hanno appurato che questi studi sono attribuibili ad altri autori vissuti inepoche successive ad Euclide.

Leonardo Fibonacci (circa 1170-1240) dimostra nella sua opera Liber Abbaci l'impossibi­lità di esprimere una radice come rapporto fra due numeri interi.

Nicolas Choquet (matematico francese del XV secolo) nel volume Tripartyen la sciencede nombres presenta il simbolo R2 che traduce il nostro \ .

Un metodo completamente originale, è stato quello adottato da Julius-Whilhelm RichardDedekind (1831-1916) che ha definito un irrazionale come l'elemento separatore di dueinsiemi di numeri razionali che approsimano l'una per difetto l'altra per eccesso il numeroirrazionale.

Nello studio dei numeri irrazionali si sono avuti anche alcuni tentativi di rifiuto, di cuil'ultimo è dovuto a Leopold Kronecher (1823-1891) che ha espresso la convinzione di limi­tare lo studio dell'aritmetica e dell'algebra ai soli numeri interi. Famosa è la sua afferma­zione: "Dio ha creato i numeri interi; tutto il resto è opera dell'uomo». Il suo era un rifiutocompleto; perciò i colleghi matematici non dovevano interessarsi al loro studio, in quantoerano numeri inesistenti!

Adattato e ridotto da: BUCCHINI-MAGI-GAMBARDELLA, Elementi di matematica, Calderini

Il primo esempio di estrazione di radice quadrata è stato trovato in Mesopotamia. Lo rive­la la tavoletta Yale contrassegnata dal numero 7 289 nella quale viene determinato il valoredella radice quadrata di 2, riportando anche un disegno che riproduce il rapporto fra il lato ela diagonale di un quadrato. Tuttavia il procedimento per il calcolo è stato attribuito, da alcu­ni storici della matematica, al greco Archita (428-360 a.c.) e da altri ad Erone di Alessan­dria vissuto secondo alcuni nel 111 secolo d.C. mentre secondo altri nel Il o nel I secolo d.C.

I Pitagorici sentirono la necessità di introdurre nuovi numeri dopo i numeri razionali, aseguito della scoperta, fatta in geometria, che non è possibile determinare il rapporto fra illato e la diagonale di un quadrato o fra il lato e la diagonale del cubo. È difficile stabilirequando ciò sia avvenuto, per alcuni storici la scoperta è databile al410 a.c., per altri risalea Ipparco di Metaponto vissuto nel V secolo a.c.

Anche per il primo numero irrazionale preso in considerazione non esiste accordo fra glistorici della matematica: per alcuni è stato \2., per altri \rs.

Platone (428-347 a.c.) nel dialogo Teeteto, cita l'irrazionalità di \1. attribuendone ladimostrazione a Teodoro di Cirene. In questa occasione viene usato per la prima volta il ter­mine irrazionale.

Euclide (IV secolo a.c.) riprese tali concetti in maniera rigorosa e li precisò negli Elemen­ti classificandoli nelle forme:

Page 33: Aspetti storici della matematica

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Pitagora: la matematica dell' armonia

Il maggior vanto storico di Crotone è, senza dubbio, la scuola che Pitagora di Samo, ilgrande matematico e filosofo, vi fondò quando vi si trasferì dalla Grecia, verso il 530 a.c.Essaprosperò per una trentina d'anni, fino a che i pitagorici si immischiarono nelle faccendepolitiche della città, appoggiando il partito sbagliato. Essi furono perseguitati e cacciati, lascuola fu bruciata e Pitagora fuggì a Metaponto, dove morì poco dopo.

Per commemorare queste memorie storiche, la Provincia di Crotone celebra il "Maggiopitagorico". La manifestazione alterna conferenze su temi matematici e concerti musicali.

La musica non interviene nel programma in maniera puramente occasionale. Fu infattiproprio un'intuizione musicale che permise a Pitagora di formulare quel legame fra matema­tica e natura che costituisce, probabilmente, la scoperta più profonda e feconda della storiadell'intero pensiero umano.

Secondo Giamblico, l'episodio è il seguente. Un giorno Pitagora passò di fronte all'offici­na di un fabbro e si accorse che il suono dei martelli sulle incudini era a volte consonante ed

a volte dissonante. Incuriosito, entrò nell'officina, si fece mostrare i martelli e scoprì chequelli che risuonavano in consonanza avevano un preciso rapporto di peso. Ad esempio, seuno dei martelli pesava il doppio dell'altro, essi producevano suoni distanti un'ottava. Seinvece uno dei martelli pesava una volta e mezzo l'altro, essi producevano suoni distanti unaquinta (l'intervallo fra il do e il sol). Tornato a casa Pitagora fece alcuni esperimenti con ner­vi di bue in tensione, per vedere se qualche regola analoga valesse per i suoni generati dastrumenti a corda, quali la lira.

Sorprendentemente, la regola era addirittura la stessa! Ad esempio, se una delle cordeaveva lunghezza doppia dell'altra, esse producevano suoni distanti un'ottava. Se invece unadelle corde era lunga una volta e mezzo l'altra, esse producevano suoni distanti una quinta.

Poiché nelle leggi dell'armonia scoperte da Pitagora intervenivano soltanto numeri razio­nali ed i rapporti armonici corrispondevano perfettamente a rapporti numerici, Pitagoraenunciò la sua scoperta nella famosa massima: tutto è numero razionale. Essa codifica lafede nella intelligibilità matematica della natura ed è il presupposto dell'intera impresascientifica, di cui Pitagora è stato appunto il padre fondatore.

Un esempio tipico di ciò è la teoria cosmologica pitagorica, il cui aspetto è stato descrit­to da Platone. Mediante costruzioni basate sui numeri 1, 2 e 3, che corrispondono ai rappor­ti numerici dell'ottava e della quinta, si arriva alla determinazione dei rapporti armonici cheregolano il moto dei pianeti. Il sistema solare è dunque visto come una lira a sette corde suo­nata da Apollo, in cui i pianeti producono i suoni che loro corrispondono e che insieme costi­tuiscono la musica delle sfere.

L'aspetto di tale modello pitagorico rimase per secoli il punto di riferimento per la cosmo­logia, tanto che nel 1619 Keplero lo utilizzò nel suo strabiliante libro L'armonia del mondo.In esso egli descrisse le leggi musicali che regolano il moto dei pianeti, specificando che, nel­la sinfonia celeste, Mercurio canta da soprano, Marte da tenore, Saturno e Giove da bassi ela Terra e Venere da alti. Nella terza delle tre famose leggi di Keplero ricompare, miracolo­samente, il rapporto di quinta: il quadrato del periodo di rotazione di un pianeta attorno alSole è infatti proporzionale al cubo della sua distanza da esso.

In conclusione, rimane da notare che il pensiero pitagorico è oggi divenuto la base dellacultura planetaria. La scienza e la tecnologia si basano infatti proprio su quella coincidenzafra natura e matematica che Pitagora ha per primo saputo intuire e perseguire.

Adattato e ridotto da un articolo di P. ODI FREDDI, pubblicato su "La Stampa" del 07/05/98

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Ramanujan, il Mozart della matematica

Ramanujan Srinivasa Aaiyangar, geniale matematico indiano, nacque il 22 dicembre1887 e morì il 26 aprile 1920 a soli 33 anni. Era privo di istruzione e proveniva da unosconosciuto villaggio dell'India. Egli rappresenta un tipico esempio di genio innato.

Ramanujan è stato uno dei più grandi matematici di tutti i tempi, al pari di Gausso di Eulero, nonché un prodigio nelle capacità di calcolo: una specie di Mozart dellamatematica. Dotato di un talento straordinario per la teoria dei numeri, ha lasciatotaccuini (Notebooks di Ramanujan) pieni formule. Ancora oggi ci si chiede comeabbia potuto scoprirle senza poterne dare delle vere dimostrazioni.

Si racconta che il matematico inglese Hardy, dicesse a Ramanujan malato di tuber­colosi nell'ospedale di Putney: «Il numero del mio taxi è il 1.729, mi sembra unnumero alquanto stupido». Al che Ramanujan rispose: «No Hardy! No! È un numeromolto interessante. Il più piccolo esprimibile come somma di due cubi in due diver­si modi: 1729 = 103 + 93 = 123 + 13».

Ramanujan nacque a Kumbakonam presso Madras nel 1887, non un un grande cen­tro intellettuale, purtroppo, ma proprio nella parte sbagliata del mondo, da unafamiglia poverissima anche se di casta elevata. Fin dalla più tenera età, Ramanujan,si era appassionato ai numeri ed alla matematica ed aveva letto ogni libro che glivenisse a tiro.

Poverissimo e con una moglie da mantenere, accetta di lavorare come impiegatoal porto di Madras, con uno stipendio di 20 sterline annue. Nel gennaio 1913 vienescoperto dal grande matematico inglese G.H. Hardy, docente di matematica a Cam­bridge, vincitore di diversi premi e il più illustre matematico inglese.

Hardy intuì immediatamente il genio matematico del povero indiano e si offrì diaiutarlo in tutti i modi possibili. Per liberarlo dai problemi economici e per permet·tergli di continuare gli studi lo fece venire a Cambridge, ove all'età di 30 anni fueletto Fellow della Royal Society.

Morirà, purtroppo, all'età di 33 anni, nel1918 malato di tubercolosi, tra le bracciadella moglie. Hardy, per ricordare il genio di Ramanujan, scrisse:

«Quando sono depresso e costretto ad ascoltare gente pomposa e noiosa, mi dico:ttBe', io ho fatto una cosa che Voi non avreste mai potuto fare e cioè aver collabora­to con Ramanujan pressappoco alla pari"».

Adattato e ridotto da WWW.matematicaeliberaricerca.com

Page 35: Aspetti storici della matematica

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storici ~ael.lamatematica

Dal baratto alla moneta

Nelle società primitive ogni uomo svolgeva da solo le operazioni necessarie a soddi­sfare i propri bisogni, anche se all'interno della famiglia vi era una sostanziale divi­sione del lavoro: l'uomo si dedicava alla caccia ed alla pesca e la donna si preoccu­pava della casa e dei figli. In seguito si svilupparono attività produttive più evolutecome l'agricoltura e la pastorizia. A quel tempo il soddisfacimento dei bisogni avve­niva con il sistema del baratto: si scambiavano merci con altre merci; ad esempio unpastore dava una pecora ad un agricoltore per ricevere in cambio una certa quantitàdi grano.

Col passare del tempo si affermò la divisione del lavoro: ogni individuo si specia­lizzava nella produzione di un solo bene o, al massimo, di pochi beni: gli agricoltoriproducevano grano ed altri prodotti della terra; i pastori fornivano latte, formaggi,ecc.; i diversi artigiani (sarti, calzolai. .. ) mettevano a disposizione beni differenti.

Siccome ogni persona produceva pochi beni, ma ne consumava molti per vivere, sidoveva procurare quelli che non produceva personalmente; perciò lo scambio diven­ne un fenomeno sempre più diffuso.

Tuttavia il baratto presentava notevoli svantaggi. Prima di tutto era difficile chedue persone, disposte a fare uno scambio, avessero sempre i beni che ognuno di lorodesiderava.

Se ad esempio qualcuno voleva cedere un tegame per avere in cambio una sedia,era difficile trovare una persona che fosse disposta a offrire una sedia e che nellostesso tempo desiderasse in cambio proprio un tegame. Inoltre, se un calzolaio vole­va cedere un paio di scarpe in cambio di pane, ma ne desiderava solo un chilo, talebaratto non sarebbe stato conveniente per il calzolaio, visto che il valore delle scar­pe era superiore al valore di un solo chilo di pane.

Allora, per eliminare gli inconvenienti del baratto, gli uomini idearono una merceche fosse desiderata da tutti; tale merce avrebbe agevolato gli scambi.

Infatti, chiunque vendeva un bene avrebbe accettato questa merce in cambio delbene stesso.

Così si passò dal sistema del baratto al sistema della compravendita, in cui lamerce che veniva data come pagamento in tutti gli scambi era la moneta.

Ben presto si pensò di usare come moneta i metalli preziosi - oro e argento - per­ché essi si conservano nel tempo senza alterarsi e sono abbastanza rari in natura. Lamoneta come intermediaria degli scambi viene tuttora usata nei mercati, che sonoi luoghi in cui i beni vengono venduti e comprati.

da ANCORA-AvETA, Tu cittadino oggi, Loffredo Editore

Page 36: Aspetti storici della matematica

Le antiche origini della statistica

Si fa risalire ad epoche molto remote il bisogno dell'uomo di classificare gli oggettidell'ambiente in cui viveva.

Nella Bibbia si incontra la forma più antica di indagine: il conteggio dei compo­nenti di un gruppo di abitanti.

Il primo censimento si fa risalire all'uscita degli Ebrei dell'Egitto: vennero censitigli uomini atti a portare le armi.

Gli antichi Egizi, attraverso osservazioni periodiche, riuscirono a prevedere l'inizioe la fine delle piene del fiume Nilo, acquisendo notizie molto utili per l'economia delpaese.

A Roma, sotto il regno di Servio Tullio, venne prescritto un censimento da ripeter­si ogni cinque anni e che, oltre il nome, l'età e la dimora del dichiarante, avrebbedovuto rilevare il nome del padre, dell'avo, dei discendenti e della sposa, come purel'indicazione dei beni e degli schiavi, maschi e femmine.

Meritano menzione anche i censimenti fatti eseguire dall'imperatore Augusto nel28 a.c., nell'8 a.c. e nel 14 d.C. (in quest'ultimo furono censiti 4.937.000 cittadiniromani).

Nel medioevo sono assai scarse le notizie su indagini e analisi dei fenomeni dellavita umana.

Ricordiamo:

• una descrizione, eseguita dagli Arabi, della popolazione e delle condizioni del­l'agricoltura e del commercio;

• la catastazione dell'Egitto (ripetuta a partire dal 1240);

• il Breviarum fiscalium di Carlomagno (in cui sono minutamente descritte le abi­tazioni, le suppellettili, le provviste, il bestiame, le varie specie di colture);

• il catasto «Domesday book» di Guglielmo il Conquistatore, libro composto in­torno al 1083-1086, considerato come la prima vasta rilevazione censuaria dopoquella di Roma, comprendente, oltre l'enumerazione degli abitanti, la descri­zione dei patrimoni, dei redditi, dei territori;

• il catasto fatto eseguire dal duca Carlo di Calabria.

Un secondo periodo è quello che ebbe inizio in Inghilterra con J. Graunt (1620­1674), un mercante di Londra, che ebbe la felice idea di esaminare attentamente lalista della nascite e quella delle morti per categorie omogenee (per età, per sesso,per malattia) e di contarne il numero e le caratteristiche in successivi intervallieguali di tempo; scoprì così che ogni anno era all'incirca eguale il numero dei nati equello dei morti e che il numero dei decessi, dovuti alla pestilenza che colpì Londranel 1625, era molto più alto di quello che figurava nei bollettini.

Page 37: Aspetti storici della matematica

Aveva inizio il metodo statistico.

Il terzo periodo è caratterizzato dall'applicazione, alle indagini statistiche, delcalcolo delle probabilità, utilizzato dal matematico francese Simone Laplace, il qua­le diede un notevole contributo agli studi di statistica, fornendo nel 1816 i primimetodi razionali per la costruzione delle tavole di mortalità. Nel 1885 fu fondato aLondra l'Istituto Internazionale di Statistica. In Italia fu istituito l'lstat (Istituto Cen­trale di Statistica) che si occupa, fin dall'anno di uscita (1926) di rilevazioni statisti­che di interesse pubblico, stampando mediamente ogni anno 22.000 pagine di datistatistici, escludendo i censimenti generali della popolazione.

Infine è dei nostri giorni quello sviluppo in profondità ed in estensione con indagininel campo economico, scolastico, scientifico, ... ; oggi si fanno statistiche per cono­scere l'opinione pubblica su un determinato argomento, il numero di automobili cir­colanti nelle varie regioni d'Italia, il numero delle ore di sole su una data regione neivari mesi dell'anno, la spesa media annua di un italiano per i divertimenti, il consu­mo medio di carne per abitante nei vari paesi d'Europa, ...

Si distinguono:

- la statistica metodo logica che studia i procedimenti e gli strumenti tecnicinecessari per rappresentare i fenomeni;

- la statistica applicata che riguarda, invece, i settori nei quali si svolgono leindagini, come quello economico e quello demografico.

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Page 38: Aspetti storici della matematica

I giocatori d'azzardo interpellano i matematici

Nel mondo antico i filosofi greci discutevano di probabilità, ma in generale mancavanovalutazioni quantitative.

I pochi riferimenti si trovano nella letteratura ebraica come commento alle prescri­zioni delle leggi.

Altri cenni di probabilità si trovano in S. Tommaso e nei primi versi del sesto cantodel Purgatorio nella Divina Commedia, ove si parla del gioco della Zara, consistente nellanciare tre dadi, ciascuno con le facce numerate da 1 a 6, e nel prevedere la sommadei punti che si sarebbe ottenuta.

Gli inizi del calcolo delle probabilità si fanno risalire al Rinascimento, quando lospirito sperimentale porta ad intravedere, nell'antico gioco dei dadi, alcune regolaritàesprimibili mediante valori numerici.

Nel popolo si diffonde il gioco d'azzardo e maggiormente viene praticato nelle cortie nei palazzi dell'aristocrazia, tra gente ricca e oziosa che ha tempo e denaro per dedi­carvisi con continuità.

Tra i giocatori d'azzardo non mancano persone colte e dotate di spirito di osserva­zione come G. Cardano (1501-1576), matematico illustre e professore di medicina, ilquale si dedica a studiare la probabilità.

Basandosi su ragionamenti matematici e con l'ausilio della sua esperienza di gioca­tore, raccoglie una serie di risultati che pubblica in un manuale dal titolo «Liber deludo aleae" (Libro sul gioco d'azzardo).

In quel periodo è praticato anche l'attuale gioco del lotto, chiamato all'inizio «lot­to genovese".

A Genova, fiorente repubblica indipendente, viene emanata nel 1576 una Costitu­zione la quale prevedeva, fra l'altro, la sostituzione ogni sei mesi di cinque membri delConsiglio con altrettanti candidati scelti a sorte in una rosa di novanta nomi. I genove­si, attribuendo un numero ad ogni candidato, cominciano a scommettere sulla cinqui­na di numeri sorteggiati tra i novanta considerati.

Nel 1654 un altro fanatico giocatore, il Cavalier de Méré, discutendo su questioni diprobabilità e non avendo le capacità matematiche di Cardano, si rivolge al matematicoB. Pascal (1623-1662) lamentandosi delle frequenze dei risultati (ottenute nel gioco deidadi) che non corrispondono alle probabilità calcolate su cui sono basate le scommesse.

Ricordiamo altri matematici che si interessarono a tali argomenti:

- Fermat (1601-1665), il quale raggiunse notevoli risultati.

- C. Huygens (1629-1695): il suo scritto «De ratiociniis in ludo aleae" si può consi-derare il primo trattato di calcolo delle probabilità.

- Simone Laplace (1749-1827), che con la sua opera «Teoria analitica delle proba­bilità" diede il primo assetto rigoroso del calcolo delle probabilità, basato suun'impostazione classica.

Nel secolo XX nacquero due nuove impostazioni del calcolo delle probabilità, deno­minate frequentista (o empirica) e soggettivistica.

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sto rici/ :~Jla matematicaI primi simboli

Il primo algebrista è stato Diofanto d'Alessandria, vissuto fra il 150 ed il 250 d.C.Prima di Diofanto i calcoli sono eseguiti a parole; anche l'esposizione di regole simantiene verbale ed a parole sono pure espresse le formule algebriche. Per questaragione, in questo periodo, l'algebra è detta retorica. Diofanto, invece, per esporrepiù comodamente gli argomenti da trattare, fa uso di speciali simboli, certamenteassai lontani da quelli che noi usiamo oggi, ma che valsero a segnare un progressosensibilissimo nella matematica greca. Per tale motivo, Diofanto è stato definito"padre dell'algebra".

Tuttavia il segno = è usato per la prima volta soltanto dall'inglese Record (1510­1558).

I segni> e < furono introdotti da un altro inglese, Tommaso Harriot (1560-1621).Diofanto conosce le quantità positive e le quantità negative e chiama le prime quan­tità che si aggiungono e le seconde quantità che si sottraggono.

La volgarizzazione dei segni + e - per indicare rispettivamente numeri positivi enumeri negativi è dovuta al tedesco Michele 5tiefel (1487-1567) che, nella sua Arit­metica integra considera i numeri negativi come numeri minori di zero.

Il segno X di moltiplicazione, fu usato per la prima volta dall'inglese GuglielmoOughtred (1573-1660); a questo stesso autore si deve l'introduzione dell'uso del dop­pio segno ±.

Il segno: di divisione fu introdotto da Leibniz (1646-1716). La linea di frazione,per indicare il quoto di due numeri (di origine indiana), fu introdotta in Europa daLeonardo da Pisa.

L'uso degli esponenti per indicare la potenza alla quale deve essere innalzata unaquantità venne introdotta da Cartesio nel 1637; ma l'uso di una notazione esponen­ziale si trova nell' Algebra (pubblicata nel 1572) del matematico italiano RaffaeleBombelli. Si può dire che, da questo momento, gli esponenti furono usati metodica­mente nell'algebra.

La notazione modulo a fu introdotta dal francese Luigi Cauchy (1789-1857); l'altranotazione, Ia I, dal tedesco Carlo Weiestrass (1815-1897), due fra i maggiori matema­tici moderni.

Il segno 00 per indicare la parola "infinito" fu introdotto dall'inglese Giovanni Wal­lis (1616-1703), come pure, a lui si deve l'introduzione degli esponenti negativi.

Al francese Francesco Viète (1540-1603) si deve in gran parte l'unificazione deisimboli e delle notazioni già adottate in algebra.

L'uso di segni e di notazioni particolari, permette di esprimere concetti, .operazio­ni e formule, in modo semplice e chiaro. In quest'ambito l'algebra suole definirsialgebra simbolica.

Page 40: Aspetti storici della matematica

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Il calcolo letterale

Il calcolo letterale è un insieme di regole che consentono di operare sulle espres­sioni letterali per trasformarle in altre più semplici, allo scopo di studiarne meglio lecaratteristiche e di calcolarne più agevolmente i valori numerici per assegnati valoriattribuiti alle lettere.

Nell' antichità non si fece uso delle lettere per rappresentare numeri anche per­ché, mancando i simboli per indicare le varie operazioni, si ricorreva alle descrizionicon parole per esprimere i calcoli necessari per la risoluzione di un problema.

Soltanto il filosofo greco Aristotele (384-322 a.c.) ed il matematico greco Euclide(Il secolo a.c.) usarono, sia pure limitatamente, le lettere per indicare numeri.

In seguito si fece ricorso ad alcuni simboli ed abbreviazioni per sintetizzare meglioragionamenti e calcoli.

Dobbiamo fare un bel balzo nel tempo per trovare un ampio uso delle lettere perlo scopo indicato. Ciò fu dovuto al matematico tedesco Michele Stifel (1487-1567), almatematico italiano Gerolamo Cardano (1501-1576) e soprattutto ad un altro mate­matico italiano, Raffaele Bombelli, autore di un'opera di notevole interesse intitola­ta L'algebra e pubblicata nel 1572.

Il matematico ed astronomo francese Francesco Viète (1540-1603) introdusse l'u­so sistematico delle lettere per indicare i numeri e i simboli delle operazioni tuttorausati. Con Renato Cartesio (1569-1650), matematico e filosofo francese, l'algebravenne considerata come una scienza autonoma, alla quale furono subordinati i pro­blemi di geometria.

Gottfried Wilhelm Leibniz (1646-1719), filosofo e matematico tedesco, e Leonar­do Eulero (1707-1783), matematico svizzero, aprirono più vasti orizzonti all'algebrain modo da consentire una sempre maggiore economia di pensiero e di simbolismo.

L'introduzione del calcolo letterale segnò una svolta decisiva negli studi matema­tici, paragonabili alle più grandi scoperte scientifiche. Non ci stupisce affatto se igrandi algebristi del Rinascimento chiamarono l'algebra «ars magna» (arte grande).

L'origine della parola "algebra"

Il più antico trattato d'algebra è dovuto all'astronomo e geografo arabo Muham­med Ibn MOsà Khuwarizmi vissuto a Bagdad nel periodo 813-833 d.C. in cui regnò ilcaliffo Al MamOn.

Questo trattato s'intitola Kitab al giabr wa '1 muquàbalah e la nostra parola alge-

Page 41: Aspetti storici della matematica

bra non è altro che una derivazione di al-giabr, voce che figura per la prima volta neltitolo dell'opera ora nominata.

«Al-giabr» significa il trasporre, il rimettere a posto (in latino: restauratio); e vuoIsignificare l'operazione del trasporto di un termine da un membro all'altro di un'e­guaglianza col cambiamento di segno.

La voce 'l muquàbalah (in latino: appositio) significa riduzione di termini simili.

Del pari la parola algoritmo ora usata per significare ogni schema di notazioni econvenzioni o tipo di calcolo (ad esempio l'algoritmo della divisione, l'algoritmoeuclideo del M.C.D., ecc.) non è che il soprannome dello stesso autore arabo, deri­vato dal nome della provincia (Khuwàrizmi: l'odierna Diva) da cui egli era originario.

Muhammed Ibn MOsà visse, riverito ed onorato, alla corte del califfo Mamun die­tro il cui incitamento egli scrisse il trattato su nominato.

Questo trattato ha una somma importanza perché con esso si inizia la letteraturaalgebrica propriamente detta; esso esercitò un'influenza potentissima sullo sviluppodelle matematiche in Europa.

Di quest'opera possediamo una copia dall'originale in un manoscritto che risale al1342 e che si trova nella biblioteca universitaria di Oxford (Inghilterra) ed alcuneversioni parziali e totali.

Oltre all'opera citata Muhammed Ibn MOsà scrisse pure un trattato d'Aritmetica elasciò una collezione di tavole astronomiche importanti per la storia delle matemati­che perché in esse hanno parte rilevante alcune relazioni trigonometriche.

Muhammed Ibn MOsà ebbe tre figli: Muhammed, Ahmed ed Al Hasan i quali,anche se non raggiungessero l'altezza paterna, dimostrarono per le matematiche lostesso zelo e le stesse attitudini del genitore.

Nel suo trattato il nostro autore designa l'incognita con la parola ttschai" che sitraduce in ttcosa" (in latino: res), questa parola ebbe corso in tutto il mondo civileper molti secoli.

Il quadrato di ttcosa" veniva chiamato ttcensus". Per tale ragione Luca Pacioli(1445-1514) ed altri chiamarono l'algebra anche ttArte o regula della cosa" (ars reiet census).

Come arte o metodo per eccellenza l'avevano considerata gli indiani e gli arabi delMedio Evo ed ttArte maggiore" fu detta dagli algebristi del nostro Rinascimento.

Page 42: Aspetti storici della matematica

2x2 - 5x = 23

ed ecco come era rappresentata:

XVIII secolo

III secolo Dio/anto

1572, Bombelli

1631, Harriot

1556, Tartaglia

1545 Cardano

1635, Cartesio

{1580Viète

1600,

La scrittura di un'equazione

2 x x - 5 x = 23

duo quad. m quinque reb. aequalis 23

2 a a - 5 a = 23

trovami un numero il cui doppio delquadrato diminuito di cinque volte luistesso fa ventitrè

2 z z - 5 z 00 23

2 Q - 5 N aequatur 23

2 aq - 5 a aeq. 23

0CD2 m 5 equale a 23

I simboli utilizzati dalla matematica per scrivere un'equazione sono cambiati nel corso deisecoli. Riferiamoci, ad esempio all'equazione:

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che ha per soluzione x = 2 e y = 1.

da cui

Jx-2y=0l2x-y=3

k2 - k1a=--­h2 - h1

Moltiplicando la prima delle (*) per h2 e la seconda per h1 e sottraendo si ricava:

Sottraendo membro a membro, abbiamo:

(*) a h1 = b - k1

Equazioni

b k2h1 - k1h2x=-=-----a k2 - k1

Questa regola è stata rielaborata dagli Arabi. Ad esempio, Abu Kamil (X secolo d.C.) usala cosidetta regola di doppia falsa posizione che, esposta nel Liber Abaci di Leonardo P;sa­no, è stata usata dagli algebristi fino ad epoche recenti.

Data l'equazione a x = b, si assegnano ad x due valori qualsiasi h1 e h2 e si calcolano gliscarti k1 e k2 da b dei due risultati ottenuti:

da cui otteniamo:

Le equazioni di primo grado sono uno dei più antichi argomenti di matematica. Già nel papi­ro di Rhind, che è la copia fatta intorno al 1650a.c. dallo scriba Ahmes di un documento anco­ra più antico, compaiono dei problemi che vengono risolti mediante equazioni di I grado; lastessa cosa si verifica nelle tavolette di Senkreh (risalenti al periodo tra il 2300e il 1600a.c.)che sono una delle principali fonti della nostra conoscenza della matematica babilonese.

Il metodo risolutivo che appare nel papiro di Rhind, detto di falsa posizione, può essereillustrato in termini moderni nel modo seguente.

Data l'equazione a x = b si dà alla x un valore qualsiasi (la falsa posizione), ad esempio he si calcola a h = k. Il valore della soluzione si ottiene dalla proporzione:

x : h = b : k, ossia x = + b

da cui ricaviamo il sistema normale:

in definitiva:

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Dal libro dei numeri

La Bibbia è composta da vari libri, uno dei quali è detto Libro dei numeri. In que­sto caso al termine numeri va dato il significato di censimenti, in quanto traduzionedella parola greca arithm6i, che significa appunto numeri, ma anche censimenti. Ciòlascia evidentemente intendere quanto sia antica questa pratica risalente a circa il1.200 a.c.

In tale libro si descrive il censimento delle dodici famiglie dei capi del popolo diIsraele, ordinato dal signore a Mosè.

Il Signore parlò a Mosè nel Deserto del Sinai, nella tenda del convegno,il primo giorno del secondo mese, il secondo anno della loro uscita dalpaese d'Egitto, dicendo: «Fate il censimento dell'intera comunità dei figlid'Israele secondo le loro famiglie, secondo la loro casa paterna, numeran­do le persone, tutti i maschi testa per testa. Dai venti anni in su, tuttiquelli che in Israele sono abili per l'esercito, tu ed Aronne li censirete peril loro arruolamento. Con voi, però, si unirà uno per tribù, l'uomo che sicapo della sua casa paterna».

(... ] Allora Mosè ed Aronne presero questi uomini che erano stati desi­gnati per nome, convocarono tutta la comunità nel primo giorno delsecondo mese e furono registrate le loro famiglie, secondo la loro casapaterna, numerando le persone, testa per testa, dai venti anni in su,secondo quanto il Signore aveva comandato a Mosè.

La registrazione si fece dunque nel Deserto del Sinai. E furono censiti ifigli di Ruben, primogenito d'Israele, le loro generazioni secondo le lorofamiglie, secondo la loro casa paterna numerando le persone, testa pertesta, tutti i maschi, dai venti anni in su, tutti gli abili all'esercito. I lorocensiti, per la tribù di Ruben, furono quarantaseimilacinquecento.

(adattato e ridotto da La Bibbia concordata, Mondadori)

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Bruno de Finetti: un maestro della probabilità

BRUNODEFINETTIera nato a Innsbruck nel 1906 da genitori italiani naturalizzatiaustriaci.

Già negli anni Trenta era noto per le sue idee e i suoi fondamentali lavori sul cal­colo delle probabilità; riferimenti alle sue intuizioni si trovano nelle opere di duegrandi pensatori di quel periodo: RUDOLFCARNAPe KARLPOPPER.

Dopo aver trascorso molti anni nel settore applicativo della Statistica e delle Assi­curazioni, DEFINETTIha accolto l'invito dell'Università di Roma, dove ha svolto fecon­da opera di studioso e di insigne docente fino alla sua morte (1985).

L'idea centrale della sua teoria soggettivista della probabilità è imperniata suidiversi gradi di fiducia che i vari individui hanno di fronte al verificarsi degli eventi.

Le altre due teorie, quella classica oggettivista e quella frequentista, fanno deri­vare il concetto di probabilità dalle regolarità oggettive degli eventi in natura,mediante l'osservazione delle frequenze di categorie di eventi in lunghi periodi.

Il nostro matematico, invece, rifiuta qualunque certezza sulle regolarità oggettivedegli eventi e mostra che i diversi gradi di fiducia, pur così soggettivi, si possonomisurare.

«Consideriamo, ad esempio, la partita di calcio che la mia squadra del cuore deveaffrontare: la mia squadra vince, pareggia oppure perde. A me piace scommettere:sono disposto a pagare un massimo di x euro in anticipo ad un tifoso della squadraavversaria se lui si impegna, in caso di vittoria della mia squadra, a consegnarmi inpremio una certa somma (resta inteso che se la mia squadra non vince lui non midarà nulla ed io avrò perduto ciò che avevo anticipato).

Sono anche disposto a ttscambiare" la mia posizione con quella del tifoso avversa­rio a sua richiesta: pagherò io la somma in premio se vincerà la mia squadra, dietropagamento anticipato, da parte sua, del massimo che io ho fissato.

Il quoziente tra il prezzo massimo che mi consente di scommettere sulla vittoriadella mia squadra e il premio promessomi in caso di vittoria, rappresenta il mio gra­do di fiducia nella vittoria della mia squadra del cuore».

Il matematico DEFINETTIrichiede solo che nell'assegnare i vari gradi di fiducia l'in­dividuo sia coerente, cioè sia disposto a combinare i gradi di fiducia secondo le rego­le del calcolo della probabilità.

Riprendendo intuizioni di grandi matematici del passato (PASCALe LAPLACE),DEFINETTIha costruito il suo teorema:

«Intorno agli eventi incerti o si ragiona secondo le regole di quel calcolo oppu­re si è incoerenti".

Page 46: Aspetti storici della matematica

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I creatori della teoria degli insiemi

I diagrammi di Venn, di cui ci siamo serviti per rappresentare gli insiemi, vengonoanche chiamati diagrammi di Eulero-Venn, dal nome dei matematici che per primihanno usato questo tipo di rappresentazione.

Leonard Euler, detto Eulero (1707-1783), è stato uno dei più illustri matematici ditutti i tempi. Lavorò a lungo in Russia dove fu direttore dell'istituto di matematicadell' Accademia.

Compì interessanti studi sull'uso dei grafi che utilizzò per risolvere il problema deiponti di Konigsberg, introducendo così in matematica la cosidetta teoria dei grati.

Introdusse l'uso dei diagrammi che tracciava sempre di forma circolare e furonoperciò detti cerchi di Eutero.

In seguito, il matematico inglese Venn (1834-1925) utilizzò anche altre linee chiu­se per rappresentare i diagrammi che racchiudevano insiemi.

Tuttavia, il fondatore della teoria degli insiemi è stato Cantor, matematico russo.

Georg Cantor nacque a Pietroburgo nel 1845; a soli 11 anni si trasferì in Germa­nia,a Francoforte, dove iniziò a studiare matematica.

Nel corso dei suoi studi ebbe come insegnanti matematici di fama come Kroneckere Dedekinf. Nel 1872 Cantor cominciò a insegnare matematica presso l'università diHalle e contemporaneamente cominciò i suoi studi sugli insiemi, studi che lo porta­rono a elaborare la teoria degli insiemi che è stata tanto utile allo sviluppo dellamatematica di quest'ultimo secolo.

La teoria elaborata da Cantor fu però ritenuta assurda da molti matematici con­temporanei, fra i quali il suo vecchio insegnante Kronecker che lo ostacolò in tutti imodi fino a bloccargli la carriera universitaria. Questo fatto lo fece ammalare di ner­vi e nel 1884 fu ricoverato nella clinica psichiatrica di Halle dalla quale continuò aentrare e uscire fino al 1905, anno in cui, ormai inguaribile, fu ricoverato definitiva­mente.

Morì nella stessa clinica nel 1918, quando già da alcuni anni la sua teoria era stataaccettata e riconosciuta ed era diventata oggetto di studio e ricerca da parte di mol­ti matematici.

Page 47: Aspetti storici della matematica

Un genio contestatore: Evaristo Galois

Uno dei personaggi più affascinanti della storia della matematica è certamenteEvaristo Galois.

Per suscitare interesse nei confronti di questo matematico basta pensare che egliè considerato uno dei più grandi matematici di tutti i tempi e che è morto quandoaveva solo 20 anni.

Galois nacque il 25 ottonre del 1811 vicino Parigi e fu un ragazzo normale fino alleprime classi delle scuole superiori. Quando la sua passione per la matematica esplo­se, lo studio delle altre materie iniziò ad annoiarlo profondamente. Cominciò adandare così male che i suoi professori furono costretti anche a fargli ripetere delleclassi.

Eppure questo ragazzo leggeva direttamente non soltanto libri classici di matema­tica, ma anche i risultati delle ricerche dei grandi matematici contemporanei. Nel1829 Galois pubblicò un suo studio originale sui numeri reali e questo gli diede laspinta per ulteriori importanti ricerche. Raccolse i risultati delle sue ricerche in unoscritto che presentò al più famoso matematico dell'epoca, Agostino Cauchy, perchélo sottoponesse all' Accademia delle scienze; ma il manoscritto andò perduto.

Nel 1830 entrò all' Università e raccolse i risultati delle sue ricerche in uno scritto

da presentare all' Accademia, ma anche questo manoscritto è finito dimenticato sultavolo di qualche burocrate.

A questo punto Galois, che certamente aveva contribuito a creare intorno a séun'atmosfera di antipatia con la sua ambizione, cominciò a sentirsi perseguitato edivenne un acceso contestatore del sistema burocratico di quel tempo.

Si trovò poi coinvolto in un duello per questione di onore e cosciente che non nesarebbe uscito vivo, Galois passò la notte precedente il duello a scrivere frenetica­mente in una lunga lettera al suo amico Augusta Chevalier i risultati più importantidelle sue ricerche. Scrisse molti di questi risultati senza la dimostrazione, scrivendoin margine con disperazione «Non ho tempo! Non ho tempo!".

Ci sono voluti molti anni per ricostruire la teoria che egli aveva sviluppato senzariuscire a suscitare su di essa l'interesse che meritava.

Da questa ricostruzione si può anche capire il perché di tanta incomprensione.Infatti le sue più importanti scoperte erano molto difficili da capire.

Galois era riuscito a dare un grande contributo al problema della ricerca dellesoluzioni delle equazioni algebriche di qualsiasi grado. Quando finalmente fu capitae riordinata, la teoria divenne famosa come la teoria di Galois delle equazioni alge­briche.

Come aveva previsto, Galois perdette il confronto nel duello e morì il giorno dopoa causa del proiettile che gli aveva perforato l'intestino. Era il 30 maggio del 1832.Quel giorno, Galois aveva venti anni, cinque mesi e sei giorni.

Page 48: Aspetti storici della matematica

Cartesio e le coordinate cartesiane

Dobbiamo l'invenzione delle coordinate cartesiane al matematico francese René

Descartes, da cui prendono il nome. Descartes (Cartesio nella denominazione italia­na) nacque nel 1596 a l'Haye e morì nel 1650 a Stoccolma. Egli visse in quell'epocatravagliata da guerre, carestie, pestilenze, congiure, lotte religiose, meglio cono­sciuta con il nome di tardo Rinascimento. Nonostante fosse direttamente coinvolto in

questi eventi (Descartes fu per lungo tempo un militare) diede un grandissimo appor­to alle scienze matematiche.

La sua opera scientifica è comunemente considerata come il più grande passo chesi sia mai fatto nel progresso delle scienze esatte. Descartes ebbe anche una notevo­le importanza come filosofo. Con l'applicazione del metodo scientifico, dell'espe­rienza controllata e ripetuta e del ragionamento matematico, applicato alle più sva­riate discipline dello scibile umano, Descartes contribuì, più di ogni altro, ad aprirela strada alla società moderna. Con il suo pensiero, che sottoponeva ogni cosa ad unasottile verifica razionale, distrusse la cultura medioevale che si basava su «princìpi diautorità», ossia su verità che venivano dall' alto e non si potevano discutere.

Con la sua opera Discorso suL metodo inventò la geometria analitica. Il distaccodella nuova geometria analitica rispetto a quella tradizionale, fu tale che egli fu con­siderato il creatore di una nuova geometria, più che un revisore di quella passata.

La geometria analitica, basata sull'uso delle coordinate cartesiane, crea un rap­porto tra enti geometrici e numeri che permette di tradurre le relazioni tra enti del­la geometria in relazioni tra enti algebrici; diventa così possibile ricolvere problemigeometrici mediante procedimenti algebrici.

Da vero uomo moderno Descartes ebbe anche uno spirito cosmopolita. Girò a lun­go per l'intera Europa soggiornando e lavorando in vari paesi, mantenendo nel con­tempo una stretta collabirazione epistolare con molti dei maggiori intellettuali del­l'epoca. Oltre che di matematica si occupò di ottica, di chimica, di fisica, di anato­mia, di astronomia nonché di metereologia.

Suo grande ammiratore e protettore fu il Cardinale Richelieu, uno dei creatori delmoderno stato francese. Benché vivesse, come abbiamo visto, in un'epoca assai dif­ficile e calamitosa, Descartes non mancò mai di fiducia nell'uomo e nel suo futuro.

Suo è il concetto che l'umanità avrebbe trovato nella razionalità e nell'applica­zione pratica della conoscenza scientifica l'unico ed il solo modo per emanciparsi eper liberarsi progressivamente dai mali e dai bisogni che la assillavano. Sono concet­ti ancora oggi validi.

Page 49: Aspetti storici della matematica

Giorgio Boole e la nascita della logica matematica

I gatti sonotutti grigi.

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Nelle pagine precedenti abbiamo accennato alla logica matematica (o logica sim­bolica), scopo della quale è la costruzione di quel complesso di nozioni necessariee sufficienti per rappresentare, mediante dei simboli, le verità matematiche e perdimostrarle, cioè per ricavare alcune verità da altre già note.

La logica simbolica permette di ragionare, anziché con le parole, con dei precisisimboli. Il linguaggio matematico è infatti un linguaggio simbolico, fatto di segni cherappresentano numeri, operazioni, relazioni.

La creazione di un sistema semplice e pratico di logica matematica è opera del­l'inglese Giorgio Boole (1815-1864). Ma come spesso accade a chi propone delle no­vità che turbano equilibri lungamente consolidati, l'opera di Boole venne osteggiata,non solo da molti suoi contemporanei, ma addirittura fino ai primi decenni del nostrosecolo; i più tenaci detrattori erano proprio persone che di matematica ne masti­cavano ben poca e, tanto per fare un esempio, si esprimevano in questi termini:

« ••• la matematica inaridisce lo spirito ...»;

«••• in matematica la sciocchezza è elevata al grado d'ingegno e l'ingegno ab­bassato a quello d'incapacità».

Oggi tutti riconoscono che la logica simbolica è indispensabile per qualsiasi seriotentativo di comprendere la natura della matematica e le basi sulle quali poggia tut­ta la sua struttura. La mente umana sarebbe forse incapace di affrontare tali que­stioni se non disponesse di questo metodo, che permette di fissare in modo inequi­vocabile il significato delle parole e dei simboli e di condurre ragionamenti senzapossibilità di errore.

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