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PTCP Vicenza 1 approfondimento tematico ASPETTI GEOLOGICI Allegato alla Relazione del PTCP

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PTCP Vicenza

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approfondimento tematico

ASPETTI GEOLOGICI

Allegato alla Relazione del PTCP

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INDICE

INTRODUZIONE 3

La Carta Geolitologica GENERALITA’ 4

CRITERI DI ELABORAZIONE 4

LE FORMAZIONI ROCCIOSE 7

I DEPOSITI CONTINENTALI QUATERNARI 17

TETTONICA 20

La Carta Idrogeologica GENERALITA’ 22

INQUADRAMENTO IDROGEOLOGICO 22

ELEMENTI IDROGEOLOGICI 24

LE AREE CARSICHE 26

LE RISORGIVE 30

La Carta Geomorfologica GENERALITA’ 31

CRITERI DI ELABORAZIONE 31

ELEMENTI GEOMORFOLOGICI 32

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INTRODUZIONE

Il territorio preso in considerazione rappresenta l’intera Provincia di Vicenza per un’estensione complessiva di 2.722 kmq.

La base cartografica è stata elaborata e fornita dal Dipartimento Urbanistica della Provincia alla scala di 1:50.000.

Gli elaborati cartografici prodotti sono i seguenti:

• carta geolitologica

• carta geomorfologica

• carta idrogeologica Le tre tavole geotematiche derivano dalla analisi e rielaborazione di dati prevalentemente già esistenti, desunti in parte da studi e ricerche editi e inediti, in parte integrati e corretti con dati e osservazioni attuali. In particolare i tematismi riportati nelle carte sono desunti dalla “carta geolitologica e geomorfologica con elementi geoidrologici” in 10 tavole alla scala 1:25.000 del Piano Territoriale Provinciale di coordinamento del marzo 1998 (nel seguito PTP 98), integrata dalla “Carta Geologica del Veneto” alla scala 1:250.000 della Regione Veneto.

Il dettaglio richiesto per uno strumento di pianificazione su scala provinciale, che dovrebbe esprimere più tematismi su vaste aree, richiede una rilevante quantità di dati puntuali ottenibili solo con metodi esplorativi diretti o indiretti realizzabili in tempi molto lunghi.

I tematismi sviluppati mediante gli elaborati cartografici citati hanno richiesto l’applicazione di una metodologia standard opportunamente adattata alle realtà incontrate, tendente a semplificare la classificazione e ad indicare i principali elementi su unità territoriali molto diverse tra loro: aree montane, aree collinari, ampie zone infravallive, aree di pianura.

Gli obbiettivi del piano di lavoro hanno portato spesso ad affrontare problematiche non del tutto omogenee tra loro.

Si doveva arrivare ad una classificazione delle zone montane – collinari – pianeggianti, destinata a valutare la loro fragilità ai fini delle trasformazioni urbanistiche e territoriali.

Nella presente relazione alle tre cartografie prodotte verranno inserite e commentate di volta in volta tutte quelle problematiche che non possono trovare una esplicita rappresentazione nella carta delle fragilità.

Nella Matrice 05 – suolo e sottosuolo - la legenda geologica per la, in alternativa a quanto previsto dagli Atti di Indirizzo per il Quadro Conoscitivo dei PTCP della L.R. 11/2004, tiene conto:

� della necessità di mantenere, per quanto possibile, le Grafie Geologiche Unificate di cui alla D.G.R. 615/1996 relative alla cartografia di analisi geologica dei Piani Regolatori Comunali;

� di adeguare tali grafie e, di conseguenza, le relative informazioni alla scala di rappresentazione del quadro conoscitivo dei PTCP che è 1:50.000;

� di semplificare le informazioni geologiche tenendo in considerazione che i dati di partenza sono derivati, per la maggior parte, dalle cartografie dei P.R.G. comunali.

Per quanto attiene l’aspetto metodologico, la documentazione necessaria per la matrice 05 (suolo e sottosuolo) del quadro conoscitivo, sarà ricavata per quanto riguarda la geolitologia (c0501) e l’idrogeologia (c0502) facendo riferimento alle Grafie geologiche di cui alla D.G.R. 615/1996, opportunamente ridotte e semplificate. Relativamente alla geomorfologia (c0503) si propone la realizzazione di una cartografia delle Unità Geomorfologiche che meglio rappresenta tali aspetti a scala provinciale.

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La Carta Geolitologica

GENERALITA’

Nel territorio montano e collinare della Provincia di Vicenza la successione stratigrafica dei terreni affioranti comprende un basamento scistoso-cristallino di età paleozoica e sequenze di copertura dal Permiano al Quaternario, le quali sono costituite da rocce sedimentarie prevalentemente marine e da rocce vulcaniche.

Tra i numerosi episodi deformativi succedutisi nel tempo, si deve ricordare la grande flessura pedemontana che raccorda morfologicamente l’area degli altopiani con quella collinare e di pianura; essa è riconoscibile per un centinaio di chilometri a partire dall’alta valle del Chiampo fino a Bassano e Vittorio Veneto.

CRITERI DI ELABORAZIONE

Con il termine litologia si intende dare una descrizione macroscopica e dell'affioramento con riferimento sia alle rocce che ai sedimenti come caratteristiche generali. Le formazioni geologiche, al pari di quanto effettuato per i P.R.G., vanno assoggettate a raggruppamenti in funzione della litologia, dello stato di aggregazione, del grado di alterazione e del conseguente comportamento meccanico che le singole unità assumono nei confronti delle scelte urbanistiche che ogni pianificazione introduce. Rispetto ad una classificazione basata esclusivamente sulle formazioni geologiche, una legenda litologica sviluppa criteri che consentono di distinguere le unità del substrato geologico da quelle delle coperture di materiali sciolti.

Per quanto riguarda le unità del substrato si fa riferimento appunto alla compattezza, al grado di suddivisione dell’ammasso roccioso, al grado di alterazione, alla presenza di alternanze di materiali a diverso grado di resistenza o coesione, alla tessitura e grado di cementazione delle singole formazioni. Per quanto riguarda i materiali delle coperture il riferimento fondamentale è quello che richiama il processo di messa in posto del deposito o dell’accumulo, lo stato di addensamento, la tessitura dei materiali costituenti.

La carta geolitologica comprende gli elementi di seguito riportati: per esigenze di gestione questi elementi sono stati accorpati in un’unica feature-class che, attraverso l’attributo TIPO, consente di pervenire alla descrizione complessiva delle classi litologiche.

Per la realizzazione della carta geolitologica, sono state accorpate le numerose formazioni affioranti in quattro unità geolitologiche omogenee. Tale operazione di sintesi, a causa dell’eterogeneità litologica di alcune formazioni, ha portato in alcuni casi alla disaggregazione in unità litologiche diverse di parti delle formazioni stesse; in altri al contrario alcune formazioni per il loro esiguo spessore o per la modesta estensione areale di affioramento o per affinità litologiche, sono state aggregate alle unità sovrastanti e/o sottostanti.

Per una corretta lettura della carta stessa è necessario ricordare alcuni criteri di valutazione adottati in presenza di particolari situazioni geolitologiche nel PTP 98.

Per le aree in rilievo, montagnose e collinari, la classificazione litologica delle rocce e depositi affioranti si riferisce alla “carta geolitologica e geomorfologica con elementi geoidrologici” in 10 tavole alla scala 1:25.000 del PTP 98, integrata dalla “Carta Geologica del Veneto” alla scala 1:250.000 della Regione Veneto. Per le aree di pianura la classificazione litologica dei depositi di pianura presenti è desunta dalla “Carta Geologica del Veneto” alla scala 1:250.000.

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Le rocce vulcanoclastiche danno spesso origine ad estese coltri di alterazione e degradazione in prevalenza di tipo argilloso. Alle caratteristiche meccaniche di queste rocce madri, in condizioni normali di affioramento, potrebbero essere assegnati valori numerici medi (3-4) nell’intervallo individuato per il parametro “unità litologica PTP 98”. A volte tuttavia nell’incertezza degli spessori di tali accumuli, particolarmente predisposti al dissesto, e della loro effettiva estensione areale, si è preferito adottare comunque un criterio cautelativo assegnando anche ai litotipi originari i valori più bassi (2-3).

Le caratteristiche meccaniche generali desunte dalla struttura della roccia, dal tipo di stratificazione, dal grado di fratturazione, dall’erodibilità e dallo stato di alterazione, hanno costituito l’elemento formativo base delle unità litologiche.

La carta geolitologica è stata realizzata utilizzando in parte documenti ufficiali della bibliografia specifica a scale varie (1:25.000, 1:20.000, 1:10.000), in parte tramite dati di campagna inediti e in parte mediante rilievi sul terreno.

Tabella UNITÀ LITOLOGICHE PTP 98

Rocce vulcanoclastiche Brecce di esplosione intra e extradiatremiche, ialoclastiti spesso rimaneggiate, talora ben stratificate, e rocce laviche molto alterate o argillificate, prevalentemente basaltiche.

I litotipi, affioranti in orizzonti di spessore variabile da alcuni metri fino ad alcune decine di metri, sono facilmente degradabili e erodibili e tendono ad essere coperti da spessori variabili di detriti alterati in senso argilloso a stabilità precaria. L’infiltrabilità è generalmente modesta, mentre la permeabilità, anch’essa nel complesso moderata, può presentare localmente valori elevati. Complesso lavico Lave di colata, di camino vulcanico e di ammasso subvulcanico.

Le rocce si presentano in prevalenza compatte con locali fenomeni di alterazione argillosa. Gli spessori sono variabili da alcune decine fino ad alcune centinaia di metri. Le lave hanno buona resistenza meccanica e bassa erodibilità. L’infiltrabilità in assenza di alterazione superficiale è in genere discreta, la permeabilità è strettamente condizionata al grado di fratturazione. Marne, arenarie e brecce Marne e marne calcaree talora in fitta alternanza e localmente gessose, arenarie silicoclastiche, siltiti, detriti carbonatici di versante più o meno cementati, calcari e dolomie fortemente fratturate.

Le rocce si presentano con spessori variabili da alcune decine fino ad alcune centinaia di metri. Le caratteristiche meccaniche sono molto variabili. L’erodibilità è tendenzialmente elevata. Marne, arenarie e siltiti tendono ad essere coperte da spessori variabili di detriti argilloso-siltosi a stabilità precaria. La loro infiltrabilità e la permeabilità è generalmente bassa o molto bassa, mentre infiltrabilità e permeabilità dei detriti cementati e delle carbonatiti fratturate sono in genere elevate. Calcari fittamente stratificati Calcari e calcari marnosi suddivisi in strati di spessore centimetrico o decimetrico a fratturazione minuta localmente molto accentuata.

Gli spessori sono mediamente superiori al centinaio di metri. Gli ammassi rocciosi possiedono discrete caratteristiche meccaniche, mentre ove la loro suddivisione è spinta producono spesse coltri detritiche tendenzialmente poco stabili. Sia l’infiltrabilità che la permeabilità sono nel complesso elevate. Calcari compatti Calcari, calcari dolomitici, dolomie in banchi di spessore metrico, a volte massicci, molto spesso interessati da fenomeni carsici.

Gli spessori sono per lo più superiori al centinaio di metri. La fratturazione è in generale caratterizzata da una spaziatura metrica o decametrica a permanenza dei giunti quasi sempre elevata. Le caratteristiche meccaniche degli ammassi rocciosi sono nel complesso buone. L’infiltrabilità è sempre molto elevata, la permeabilità per fessurazione e/o carsismo è anch’essa elevata.

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Complesso metamorfico scistoso Filladi caratterizzate da una fitta scistosità piana o leggermente ondulata.

Presentano generalmente una buona resistenza meccanica, ma spesso sono ricoperte da una coltre di degradazione superficiale costituita da elementi scagliosi a matrice siltosa tendenzialmente instabile. L’infiltrabilità e la permeabilità sono basse o molto basse.

La tabella che segue attribuisce le unità litologiche del substrato roccioso individuate nel PTP 98 alle diverse unità geolitologiche con riferimento alla classificazione della Dgrv 397/2008.

UNITÀ GEOLITOLOGICA

FORMAZIONE GEOLOGICA UNITÀ LITOLOGICA PTP 98

Dominio Denominazione Denominazione

L-SUB-01 Dolomia Principale CALCARI COMPATTI

L-SUB-03 Calcare di Recoaro Conglomerato del Tretto Calcare del M.Spitz (Calcare a Sturia, Breccia di Fongara) Vulcaniti e corpi subvulcanici triassici (colate, corpi subvulcanici e rocce vulcanoclastiche) Gruppo di Raibl Calcari Grigi (norma) Rosso Ammonitico (unità inferiore) Biancone (unità basale e ricristallizzato zona Agno Chiampo) Scaglia Rossa (ricristallizzato zona Agno Chiampo) Scaglia Cinerea (calcarenitica zona Brenta) Rocce Laviche [terziarie] Calcari Nummulitici (norma) Marne di Priabona (porzione compatta) Calcareniti di Castelgomberto Fm. Di Calvene (calcarenitica) Fm. Di Salcedo (calcarenitica) Arenarie di S.Urbano (norma; Calcare di Lonedo nel Marosticano e Bassanese)

CALCARI COMPATTI COMPLESSO LAVICO ROCCE VULCANOCLASTICHE E ROCCE LAVICHE MOLTO ALTERATE

L-SUB-04 Complesso Metamorfico Scistoso Rocce vulcanoclastiche [terziarie] Rocce laviche (alterate) [terziarie]

COMPLESSO METAMORFICO SCISTOSO ROCCE VULCANOCLASTICHE E ROCCE LAVICHE MOLTO ALTERATE

L-SUB-05 Arenarie di Val Gardena Fm. a Bellerophon (norma e parte inferiore) Fm. di Werfen Dolomia del Serla Inferiore Fm. a Gracilis (parte inferiore e superiore) Fm. a Nodosus Calcari Grigi (cataclasati) Rosso Ammonitico (unità medio-superiore) Biancone (norma e marnoso nel Marosticano) Scaglia Rossa (norma) Scaglia Cinerea (Bassanese con Scaglia Rossa e marnosa a Barbarano) Calcari Nummulitici (M.Pulli) Marne di Priabona (parte inferiore calcarea e Marne di Brendola) Fm. Di Calvene (norma) Fm. Di Salcedo (norma) Arenarie di S.Urbano (nei Berici, Lessini e Schio) Siltiti Marnose Mioceniche (Marne del M.Costi)

CALCARI FITTAMENTE STRATIFICATI MARNE, ARENARIE E BRECCE

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LE FORMAZIONI ROCCIOSE

COMPLESSO METAMORFICO SCISTOSO (Pre-Permiano) Rappresenta il Basamento Cristallino su cui poggia l'intera sequenza degli strati di rocce sedimentarie e caratterizza un'ampia zona nell’area di Recoaro - Valli del Pasubio - Posina.

È costituito essenzialmente da filladi quarzifere con una fitta scistosità da piana a microfogliettata e affiora per uno spessore massimo di circa 500 m. Il grado di fratturazione è in genere basso, con spaziatura metrica o decametrica, ma localmente, lungo fasce sottili e non cartografabili, può essere elevato.

Le filladi mostrano un notevole grado di degradabilità superficiale e generano coltri eluviali e colluviali, composte da uno sfasciume di scagliette di roccia ad abbondante matrice argilloso - siltosa, che spesso le ricoprono su aree più o meno ampie e con spessori compresi da pochi decimetri a una decina di metri, estremamente variabili da luogo a luogo, accertabili solo con rilievi di gran dettaglio e talora solo tramite sondaggi.

Nel PTP 98, al Complesso metamorfico scistoso, nonostante le buone caratteristiche meccaniche della roccia, è stato attribuito un valore relativamente modesto compreso tra 4 e 6, in quanto nelle aree in cui il substrato roccioso è costituito da basamento cristallino esistono molti accumuli detritici di limitata estensione, a volte non identificati, in cui potrebbero manifestarsi dissesti del suolo.

L-SUB-04 Rocce superficialmente alterate e con substrato compatto

ARENARIE DI VAL GARDENA (Permiano medio) Affiorano a contatto del Basamento cristallino nell’area di Recoaro - Valli del Pasubio - Posina.

Le Arenarie di Val Gardena sono costituite da arenarie quarzoso - feldspatiche a grana grossa e a stratificazione poco evidente, che passano a siltiti fittamente stratificate nella loro parte superiore. Lo spessore complessivo si aggira sui 40-60 m. La fratturazione è in genere modesta, con spaziatura metrica o decametrica.

Nel PTP 98, per le loro modeste caratteristiche meccaniche sono state inserite nella classe litologica denominata Marne, arenarie e brecce con valori compresi tra 3 e 4.

L-SUB-05 Rocce costituite da alternanze di strati o interposizioni tenere e di strati o bancate resistenti

FORMAZIONE A BELLEROPHON (Permico superiore) Gli affioramenti più continui ed estesi sono nei pressi di Recoaro e sul versante sinistro dell’alta Valle del T. Leogra.

La formazione è costituita principalmente da dolomie e calcari dolomitici, spesso minutamente cariati, suddivisi in strati di 10-60 cm, ai quali si alternano nella porzione inferiore intercalazioni siltoso - argillose. Lo spessore complessivo varia da 40 a 60 m. In genere è colpita da una fratturazione modesta con limitata persistenza dei giunti.

Nel PTP 98, la Formazione a Bellerophon è stata di norma attribuita alla classe litologica denominata Calcari fittamente stratificati con valori compresi tra 4 e 5. Solo dove la parte inferiore presenta intercalazioni siltoso - argillose più frequenti, questa è stata cartografata insieme alle Arenarie di Val Gardena e attribuita alla classe litologica delle Marne, arenarie e brecce.

L-SUB-05 Rocce costituite da alternanze di strati o interposizioni tenere e di strati o bancate resistenti

FORMAZIONE DI WERFEN (Scitico) Affiora con continuità in tutta l’area di Recoaro - Valli del Pasubio - Posina ed anche nel Tretto.

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È costituita prevalentemente da siltiti micacee fittamente stratificate (5-10 cm) cui si associano strati di marne arenacee, di dolomie e di calcari. Ha uno spessore di 200-250 m che localmente può scendere a circa 100 m. La fratturazione è in genere modesta, con spaziatura metrica o decametrica.

Nel PTP 98, per le sue modeste caratteristiche meccaniche la Formazione di Werfen stata inserite nella classe litologica denominata Marne, arenarie e brecce con valori compresi tra 3 e 4.

L-SUB-05 Rocce costituite da alternanze di strati o interposizioni tenere e di strati o bancate resistenti

DOLOMIA DEL SERLA INFERIORE (Anisico inferiore) Tra la Formazione di Werfen e la soprastante Formazione a Gracilis si inserisce la Dolomia del Serla inferiore, costituita da dolomie ben stratificate che passano, verso l'alto, a dolomie cavernose con frequenti intercalazioni di peliti marnose per uno spessore complessivo di 20-30 m.

Per il suo esiguo spessore inferiore ai 10 m, l’orizzonte di dolomie prive di intercalazioni marnose non è stato distinto e l'intera formazione della Dolomia del Serla inferiore è stata cartografata insieme alla Formazione di Werfen e alla base della Formazione a Gracilis.

Il PTP 98 le attribuisce alla classe litologica denominata Marne, arenarie e brecce.

L-SUB-05 Rocce costituite da alternanze di strati o interposizioni tenere e di strati o bancate resistenti

FORMAZIONE A GRACILIS (Anisico inferiore) L’unità è presente in tutta l’area di Recoaro - Valli del Pasubio – Posina - Tretto ed caratterizzata da una notevole variabilità negli spessori, da 80 a 150 m, e nei litotipi che si succedono nelle diverse zone.

Schematicamente la Formazione a Gracilis è divisibile in una parte inferiore, costituita da marne argillose e siltose con sottili intercalazioni di calcari siltosi, e in una parte superiore, costituita prevalentemente da calcari marnosi e calcari siltosi fittamente stratificati. Tutto il complesso è interessato da una modesta fratturazione minuta con limitata persistenza dei giunti.

Nel PTP 98 la porzione inferiore, per uno spessore variabile da 20 a 50m, è stata attribuita alla classe litologica denominata Marne, arenarie e brecce con valori compresi tra 3 e 4; la porzione superiore è stata fatta rientrare nella classe denominata Calcari fittamente stratificati, con valori compresi tra 4 e 5.

L-SUB-05 Rocce costituite da alternanze di strati o interposizioni tenere e di strati o bancate resistenti

CALCARE DI RECOARO (Anisico medio) L’unità affiora nell’area di Recoaro, nelle alte valli del T. Leogra e del T. Posina e nel Tretto.

È costituita prevalentemente da calcari marnosi e da calcari dolomitici suddivisi in strati di 20-80 cm, localmente sostituiti da dolomie mal stratificate. La potenza media della formazione si aggira sui 150 m. La fratturazione è in genere modesta, con spaziatura metrica o decametrica a permanenza dei giunti quasi sempre elevata.

Nel PTP 98, per le sue buone caratteristiche meccaniche complessive il Calcare di Recoaro è stato inserito nella classe litologica denominata Calcari compatti, con valori compresi tra 8 e 10.

L-SUB-03 Rocce compatte stratificate

CONGLOMERATO DEL TRETTO (Anisico superiore) L’unità affiora nell’area di Recoaro, nelle alte valli del T. Leogra e del T. Posina e nel Tretto.

È costituita da calcari dolomitico - siltosi con intercalazioni di arenarie marnose e conglomerati compatti, che localmente possono diventare prevalenti. Presenta spessori variabili da pochi metri a un massimo di 30 m.

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Nel PTP 98, per il suo spessore generalmente esiguo e per le sue buone caratteristiche meccaniche, il Conglomerato del Tretto non è stato cartografato ed è stato inserito nella classe litologica denominata Calcari compatti, analogamente alle formazioni sopra e sottostanti.

L-SUB-03 Rocce compatte stratificate

CALCARE DI MONTE SPITZ (Ladinico inferiore - Anisico superiore) Affiora in tutta l’area di Recoaro - Valli del Pasubio – Posina - Laghi e nel Tretto e può presentarsi con spessori ridotti (10-20 m), ma può anche raggiungere spessori notevoli, fino a 200 m.

È costituito da calcari massicci, quasi privi di stratificazione, di aspetto cristallino. Alla sua base si riscontrano quasi ovunque pochi metri di calcari stratificati (Calcare a Sturia), mentre la sua sommità può essere caratterizzata dalla presenza di sacche riempite di un conglomerato compatto (Breccia di Fongara). La fratturazione è in genere modesta, con spaziatura metrica o decametrica a permanenza dei giunti quasi sempre elevata.

Nel PTP 98 l’intero complesso formato dal Calcare a Sturia, dal Calcare di M. Spitz e dalla Breccia di Fongara presenta buone caratteristiche meccaniche ed è stato incluso nella classe litologica denominata Calcari compatti, con valori compresi tra 8 e 10.

L-SUB-03 Rocce compatte stratificate

FORMAZIONE A NODOSUS (Ladinico inferiore) I principali affioramenti sono localizzati nei dintorni di Recoaro e nel Tretto.

La Formazione a Nodosus è rappresentata inferiormente da prevalenti calcari a grana fine fittamente stratificati talora nodulari, che si alternano con sottili livelli di siltiti e arenarie vulcaniche ben stratificate e con più rari lenti o livelli conglomeratici. La parte superiore può essere localmente costituita da argille montmorillonitiche, derivanti dall’alterazione di cineriti vulcaniche, con sottili intercalazioni di calcari nodulari. La fratturazione è minuta con limitata persistenza dei giunti. Lo spessore complessivo varia da pochi metri ad un massimo di 100 m.

Nel PTP 98, per le discrete caratteristiche meccaniche complessive la Formazione a Nodosus è stata attribuita alla classe denominata Calcari fittamente stratificati, con valori intorno a 4.

L-SUB-05 Rocce costituite da alternanze di strati o interposizioni tenere e di strati o bancate resistenti

VULCANITI E CORPI SUBVULCANICI TRIASSICI (Ladinico superiore) Rocce vulcaniche e subvulcaniche di età triassica affiorano estesamente soprattutto a Recoaro Mille, sulle dorsali tra le valli del T. Leogra, del T. Posina e la zona di Laghi, oltre che nel Tretto.

Hanno una composizione che varia da rioliti a daciti, andesiti e monzoniti e nella quasi totalità sono costituite da rocce laviche compatte appartenenti sia a unità di colata sia a corpi subvulcanici; solo localmente si presentano profondamente alterate fino ad argillificate. I complessi lavici di colata hanno spessori che variano da pochi metri a 200 m, mentre gli ammassi subvulcanici possono superare i 400 m di potenza. Il grado di fratturazione è mediamente elevato con spaziatura da metrica a decimetrica.

Le rocce vulcanoclastiche sono molto scarse e in genere legate a depositi lentiformi di spessore relativamente modesto (0-10 m) o a camini vulcanici d’esplosione. Per il loro esiguo spessore e la scarsa diffusione sono state cartografate assieme alle rocce laviche soprastanti.

Nel PTP 98, per le loro buone caratteristiche meccaniche le rocce laviche sono state in genere attribuite ai Complessi lavici con valori compresi tra 8 e 10

L-SUB-03 Rocce compatte stratificate

GRUPPO DI RAIBL (Carnico)

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Nelle Prealpi Vicentine il Gruppo di Raibl è spesso assente e, quando presente, raggiunge spessori modesti (10-20 m) ed è quasi ovunque ricoperto da detriti caduti dalle pareti della soprastante Dolomia Principale. È costituito prevalentemente da dolomie cariate e da calcari dolomitici associati a conglomerati compatti e con locali intercalazioni di arenarie, siltiti e rari gessi.

Per il suo esiguo spessore e per la scarsità di affioramenti è stato cartografato insieme alla Dolomia Principale.

L-SUB-03 Rocce compatte stratificate

DOLOMIA PRINCIPALE (Triassico superiore) La Dolomia Principale caratterizza la testata delle valli del Chiampo, Agno, Posina, Leogra e forma parte delle scarpate rocciose della Val d’Astico, della Val d’Assa e del Canal del Brenta.

È costituita da un imponente pila di dolomie e calcari dolomitici compatti, minutamente cristallini, che raggiunge uno spessore complessivo di 600-800m. È suddivisa in strati dello spessore di 1-5m. La fratturazione è in generale modesta ed è caratterizzata da una spaziatura metrica o decametrica a permanenza dei giunti quasi sempre elevata.

Nel PTP 98, per le sue buone caratteristiche meccaniche è stata normalmente inserita nella classe litologica denominata Calcari compatti, con valori compresi tra 8 e 10.

L-SUB-01 Rocce compatte massicce o a stratificazione indistinta

Dove la Dolomia Principale si presenta su ampie aree intensamente fratturata, con notevole perdita di coesione interna, è stata declassata e inserita nella classe litologica denominata Marne, arenarie e brecce, con valori intorno a 4.

L-SUB-05 Rocce costituite da alternanze di strati o interposizioni tenere e di strati o bancate resistenti

(Dolomia Principale cataclastica)

CALCARI GRIGI (Giurassico inferiore) I Calcari Grigi formano pareti subverticali lungo la Valdastico e il Canal del Brenta e affiorano per quasi 200 km2 nell’Altipiano dei Sette Comuni e nell’Altopiano di Tonezza del Cimone; tutta l’area è ricca di inghiottitoi, doline e altre depressioni o cavità di origine carsica. Altre zone d’affioramento si estendono tra l’alta Val del Chiampo e il Monte Scandolara.

Sono prevalentemente costituiti da calcari a grana fine e da calcari oolitici, compatti, suddivisi in strati di 30-100 cm di spessore per una potenza complessiva che varia da 150 a 300 m. Localmente possono presentarsi ricristallizzati e privi di stratificazione. La fratturazione è in generale modesta ed è caratterizzata da una spaziatura metrica o decametrica a permanenza dei giunti quasi sempre elevata. La parte superiore dei Calcari Grigi contiene spesso intercalazioni marnose, ma poiché dove queste sono più frequenti gli strati presentano in genere inclinazioni modeste si è ritenuto di non diversificarla.

Per le loro buone caratteristiche meccaniche complessive sono stati normalmente inseriti nella classe litologica denominata Calcari compatti, con valori compresi tra 8 e 10.

L-SUB-03 Rocce compatte stratificate

Dove i Calcari Grigi si presentano più fratturati, con perdita di coesione interna, sono stati declassati e inseriti nella classe litologica denominata Marne, arenarie e brecce con valori intorno a 4.

L-SUB-05 Rocce costituite da alternanze di strati o interposizioni tenere e di strati o bancate resistenti

(Calcari Grigi cataclastici)

ROSSO AMMONITICO (Giurassico superiore e medio)

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È una delle formazioni rocciose più note dell’intera Provincia, perché intensamente sfruttata come pietra lucidabile; gli affioranti più importanti si trovano nel settore meridionale dell’Altopiano dei Sette Comuni.

È generalmente costituito da calcari nodulari a grana fine e al suo interno si possono distinguere tre unità sovrapposte che raggiungono complessivamente una potenza massima di 50 m.

L’ unità inferiore, non sempre presente e della potenza massima di una decina di metri, composta da calcari nodulari compatti, suddivisi in grossi strati di 30-150 cm.

Nel PTP 98 è stata inserita nella classe litologica denominata Calcari compatti, con valori compresi tra 8 e 10.

L-SUB-03 Rocce compatte stratificate

(Rosso Ammonitico: unità inferiore)

L’ unità intermedia, con spessori variabili da 0 a 15 m, è costituita da calcari fittamente stratificati ricchi di letti o noduli di selce, e l’unità superiore, dello spessore di una decina di metri, è formata da calcari nodulari suddivisi in strati di 10-30 cm.

Nel PTP 98 sono state di norma attribuite alla classe litologica denominata Calcari fittamente stratificati, con valori compresi tra 4 e 5.

L-SUB-05 Rocce costituite da alternanze di strati o interposizioni tenere e di strati o bancate resistenti

(Rosso Ammonitico: unità media e superiore)

BIANCONE (Cretacico superiore - Giurassico superiore) Il Biancone affiora estesamente in varie zone delle Prealpi Vicentine nelle medie valli del Chiampo e dell’Agno, lungo la fascia di raccordo tra gli altopiani e le colline pedemontane, ma soprattutto costituisce il substrato roccioso di tutta la sommità del Massiccio del M. Grappa e delle conche prative al cuore degli altipiani di Asiago e di Tonezza.

È generalmente costituito da calcari a grana fine o finissima fittamente stratificati (5-10 cm) per una potenza complessiva di 200-350 m, con presenza di sottili intercalazioni marnose nella parte superiore. In genere è interessato da una modesta fratturazione minuta con limitata persistenza dei giunti.

Per le sue discrete caratteristiche meccaniche è stato di norma inserito nella classe litologica denominata Calcari fittamente stratificati, con valori compresi tra 4 e 5.

L-SUB-05 Rocce costituite da alternanze di strati o interposizioni tenere e di strati o bancate resistenti

Tuttavia il Biancone mostra al suo interno una discreta variabilità litologica ed è stato cartografato diversamente in vari casi. All’interno del Biancone si possono distinguere tre unità sovrapposte che talora assumono caratteristiche notevolmente diverse.

I 20-30 m basali sono spesso costituiti da calcari divisi in grossi strati di 20-100 cm: nel M. Grappa, ad esempio, poggiano quasi direttamente sui Calcari Grigi

Nel PTP 98 sono stati attribuiti ai Calcari compatti, con valori compresi tra 8 e 10.

L-SUB-03 Rocce compatte stratificate

(Biancone: parte basale)

Sul versante di raccordo tra l’Altopiano dei Sette Comuni e le colline marosticane, la parte superiore del Biancone per uno spessore di circa 100 m presenta una maggior frequenza di intercalazioni marnoso - argillose e un grado di fratturazione più spinto che altrove.

Nel PTP 98 è stata attribuita alla classe litologica denominata Marne, arenarie e brecce con valori compresi tra 3 e 4.

L-SUB-05 Rocce costituite da alternanze di strati o interposizioni tenere e di strati o bancate resistenti

(Biancone: parte superiore)

Nelle valli del Chiampo e dell’Agno risulta localmente intensamente ricristallizzato e privo di stratificazioni.

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Nel PTP 98 è stato attribuito alla classe litologica denominata Calcari compatti, con valori compresi tra 8 e 10.

L-SUB-03 Rocce compatte stratificate

(Biancone ricristallizzato)

SCAGLIA ROSSA (Cretacico superiore) Gli affioramenti più estesi sono nelle medie valli del Chiampo e dell’Agno e lungo una fascia continua da Caltrano a Valrovina sul versante meridionale dell’Altopiano dei Sette Comuni.

La Scaglia Rossa è costituita da calcari leggermente argillosi, fittamente suddivisi in strati di 5-20 cm di spessore, per una potenza complessiva che varia da 70 a 150 m. In genere è interessata da una fratturazione minuta con limitata persistenza dei giunti.

Nel PTP 98, per le sue discrete caratteristiche meccaniche è stata di norma inserita nella classe litologica denominata Calcari fittamente stratificati, con valori compresi tra 4 e 5.

L-SUB-05 Rocce costituite da alternanze di strati o interposizioni tenere e di strati o bancate resistenti

Nella valli del Chiampo e dell’Agno risulta a tratti intensamente ricristallizzata e priva di stratificazioni.

Nel PTP 98 è stata attribuita alla classe litologica denominata Calcari compatti, con valori compresi tra 8 e 10.

L-SUB-03 Rocce compatte stratificate

(Scaglia Rossa ricristallizzata)

SCAGLIA CINEREA (Eocene medio - Paleocene superiore) È scarsamente rappresentata nel vicentino: i pochi affioramenti significativi sono reperibili nelle colline a nord di Bassano del Grappa e nei Monti Berici presso Barbarano.

Nel bassanese la Scaglia Cinerea è costituita prevalentemente da calcari a grana fine fittamente stratificati, con intercalazioni di marne calcaree e di calcareniti torbiditiche che si susseguono per una spessore massimo di circa 50 m.

Nel PTP 98 è stata in genere cartografata unitamente alla Scaglia Rossa e attribuita alla classe litologica denominata Calcari fittamente stratificati, con valori compresi tra 4 e 5.

L-SUB-05 Rocce costituite da alternanze di strati o interposizioni tenere e di strati o bancate resistenti

Solo verso il Brenta le intercalazioni calcarenitiche si fanno più potenti.

Nel PTP 98 è stata in parte assegnata ai Calcari compatti, con valori compresi tra 8 e 10.

L-SUB-03 Rocce compatte stratificate

(Scaglia Cinerea a banchi calcarenitici)

Nei dintorni di Barbarano Vicentino, la Scaglia Cinerea è invece costituita da un’alternanza di marne e marne tufacee per una potenza complessiva di poche decine di metri.

Nel PTP 98 è stata attribuita alla classe litologica delle Marne, arenarie e brecce, con valori compresi tra 3 e 4.

L-SUB-05 Rocce costituite da alternanze di strati o interposizioni tenere e di strati o bancate resistenti

(Scaglia Cinerea con intercalazioni marnose)

VULCANITI BASALTICHE TERZIARIE (Oligocene - Paleocene superiore) Rocce vulcaniche basaltiche di età terziaria sono caratteristiche di ampi settori dei monti vicentini. Le principali aree d’affioramento investono: gran parte del versante occidentale della Val del Chiampo, a sud di Bolca; gran parte della dorsale Chiampo - Agno, a sud di Castelvecchio di Valdagno; buona parte della dorsale ad est della Valle dell’Agno, tra Passo dello Zovo e Priabona;

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gran parte delle colline pedemontane tra Caltrano e Marostica; il settore occidentale dei Monti Berici.

Tradizionalmente si distinguono in due tipi litologici fondamentali: rocce vulcanoclastiche e rocce laviche che spesso si alternano tra loro e si intercalano a diversi livelli nella sequenza delle rocce sedimentarie terziarie, costituite prevalentemente da calcari e marne.

ROCCE VULCANOCLASTICHE

Sono costituite da tufi e brecce d’esplosione extradiatremiche, da ialoclastiti e da arenarie basaltiche prodotte dallo smantellamento degli antichi accumuli vulcanici. Localmente si presentano ben suddivise in strati centimetrici, ma in genere la stratificazione è in banchi metrici e i giunti sono mal distinguibili. Lo spessore dei singoli orizzonti varia da pochi metri ad alcune decine; gli spessori maggiori si rilevano nelle valli del Chiampo e dell’Agno tra la Scaglia Rossa e i Calcari Nummulitici. Quasi sempre sono piuttosto alterate in senso argilloso; localmente l’alterazione risulta così spinta da essere oggetto di coltivazione mineraria per l’estrazione di argilla bentonitica. Il grado di fratturazione è generalmente basso e caratterizzato da una spaziatura metrica o decametrica; spesso i giunti sono intasati da un velo di argilla.

Possono costituire anche il riempimento di antichi camini vulcanici d’esplosione (brecce intradiatremiche) che tagliano le rocce preesistenti. Si tratta in genere di camini di dimensioni modeste; sono stati segnalati solo i riempimenti dei camini di diametro maggiore.

Data la loro elevata degradabilità ed erodibilità le rocce vulcanoclastiche generano coltri detritiche eluviali e colluviali a matrice argilloso - siltosa che spesso le ricoprono su aree più o meno ampie e con spessori compresi da pochi decimetri a 15-20 m, estremamente variabili da luogo a luogo, accertabili solo con rilievi di gran dettaglio e talora solo tramite sondaggi.

I depositi eluviali e colluviali più estesi sono stati cartografati a parte. Resta tuttavia la possibilità che nelle aree attribuite alle rocce vulcanoclastiche si possano incontrare molti altri accumuli di superficie più modesta, o comunque non ancora identificati, in cui si sono generati e potrebbero generarsi dissesti del suolo anche gravi.

Per questo motivo, nonostante le discrete caratteristiche meccaniche tali che queste rocce possono presentarsi in affioramenti puntuali, sono state generalmente considerate con la massima attenzione e penalizzate con valori tra 2 e 3.

L-SUB-04 Rocce superficialmente alterate e con substrato compatto

ROCCE LAVICHE

Sono costituite da basalti di colata lavica prevalentemente compatti, solo localmente interessati da fenomeni di fessurazione colonnare. Normalmente lo spessore delle singole unità di colata varia da pochi metri a 20-30 m. La potenza massima dei singoli complessi lavici si rileva sulle dorsali che fiancheggiano la Valle del Chiampo dove possono raggiungere 300-400 m. Il grado di fratturazione è in genere piuttosto elevato con spaziatura metrica o decimetrica, il grado di persistenza dei giunti è in genere modesto.

Rocce laviche possono costituire anche il riempimento di antichi camini vulcanici che tagliano le rocce preesistenti. Si tratta in genere di camini di dimensioni modeste; sono stati segnalati solo i riempimenti dei camini di diametro maggiore.

Spesso le superfici delle antiche unità di colata sono alterate in senso argilloso; solo localmente le rocce laviche si presentano totalmente argillificate.

Per le loro buone caratteristiche meccaniche ai Complessi lavici sono stati di norma attribuiti valori compresi tra 8 e 10.

L-SUB-03 Rocce compatte stratificate

I basalti di colata lavica, quando si presentano profondamente alterati su aree sufficientemente estese e con presenza di coltri eluviali a matrice argillosa, sono stati cartografati separatamente.

Nel PTP 98 sono stati attribuiti alla classe denominata Rocce vulcanoclastiche con valori compresi tra 2 e 3.

L-SUB-04 Rocce superficialmente alterate e con substrato compatto

(Rocce Laviche argillificate)

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CALCARI NUMMULITICI (Eocene medio e inferiore) (Marmi di Chiampo, Calcare di M. Merlo, Calcare di Malleo, Calcareniti di M.Gaggion, Formazione di Pradelgiglio, Pietra di Nanto)

Affiorano con continuità lungo le dorsali che fiancheggiano le valli dell’Agno e del Chiampo, dove sono stati a lungo estratti come pietra lucidabile, e ai piedi dell’Altopiano dei Sette Comuni da Caltrano a Crosara fino al Brenta; circondano alla base il settore sud-orientale dei Monti Berici.

I Calcari nummulitici formano in genere un livello dello spessore complessivo di 70-100 m di biocalcareniti e di calcareniti arenacee compatte suddivise in grossi strati (20-100 cm). La fratturazione è quasi sempre modesta ed è caratterizzata da una spaziatura metrica o decametrica.

In Val del Chiampo il pacco di strati calcarenitici può presentarsi in due o tre orizzonti distinti, separati da intercalazioni di arenarie vulcaniche basaltiche di spessore variabile da zero a 30 m, che sono state cartografate a parte quando la scala lo consentiva.

Nel PTP 98, per le loro buone caratteristiche meccaniche i Calcari nummulitici sono stati normalmente inseriti nella classe litologica denominata Calcari compatti, con valori compresi tra 8 e 10.

L-SUB-03 Rocce compatte stratificate

In Val d’Agno e nelle colline marosticane possono essere presenti intercalazioni di calcari marnosi che solo sul M. Pulli sono sufficientemente potenti da essere separati.

Nel PTP 98 sono stati inseriti nella classe litologica denominata Calcari fittamente stratificati, con valori compresi tra 4 e 5.

L-SUB-05 Rocce costituite da alternanze di strati o interposizioni tenere e di strati o bancate resistenti

(Calcari Nummulitici con intercalazioni marnose)

FORMAZIONE DI PRIABONA (Eocene superiore) La Formazione di Priabona affiora a sud di Priabona, lungo i versanti della dorsale che separa la Val d’Agno dall’alta pianura vicentina e più ampiamente nei Monti Berici.

È costituita inferiormente da un’alternanza di calcareniti e calcari marnosi ben stratificati, mentre nella parte media e superiore prevalgono le marne. La potenza complessiva può raggiungere i 200 m. Il grado di fratturazione è piuttosto basso con spaziatura metrica o decametrica dei giunti; talora i giunti sono occupati da materiale argilloso.

La porzione inferiore calcarea è stata cartografata separatamente.

Nel PTP 98 è stata generalmente attribuita alla classe litologica denominata Calcari fittamente stratificati, con valori compresi tra 4 e 5.

L-SUB-05 Rocce costituite da alternanze di strati o interposizioni tenere e di strati o bancate resistenti

Tuttavia sulle dorsali che fiancheggiano il T. Chiampo e localmente sui Monti Berici, le calcareniti appaiono più compatte e con stratificazione più spessa.

Nel PTP 98 sono state assegnate alla classe dei Calcari compatti, con valori intorno a 8.

L-SUB-03 Rocce compatte stratificate

(Formazione di Priabona compatta)

La parte costituita da marne affiora soprattutto nei pressi di Brendola nei Monti Berici (Marne di Brendola) e vicino a Malo. In queste aree gli affioramenti sono scarsi perché le marne sono diffusamente coperte da coltri detritiche e eluviali e colluviali a matrice argillosa.

Nel PTP 98 è stata generalmente inserita nella classe denominata Marne, arenarie e brecce, con valori da 3 a 4.

L-SUB-05 Rocce costituite da alternanze di strati o interposizioni tenere e di strati o bancate resistenti

(Formazione di Priabona marnosa)

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CALCARENITI DI CASTELGOMBERTO (Oligocene inferiore) Affiorano estesamente lungo le dorsali più orientali dei Monti Lessini e formano il pianoro sommitale dei Monti Berici dove sono interessate da diffuse e pronunciate cavità carsiche.

Sono costituite prevalentemente da calcareniti in banchi alternate a calcari arenacei per uno spessore complessivo di quasi 200 m; lungo i margine sud-orientale dei Monti Berici sono sostituite da calcari coralligeni massicci, che possono raggiungere i 250 m di potenza, ai quali si associa una tipica calcarenite nulliporica nota come Pietra di Vicenza. La fratturazione è in genere modesta e caratterizzata da una spaziatura metrica o decametrica con permanenza dei giunti quasi sempre elevata.

Per le loro buone caratteristiche meccaniche le Calcareniti di Castelgomberto sono state normalmente inserite nei Calcari compatti, con valori compresi tra 8 e 10.

L-SUB-03 Rocce compatte stratificate

FORMAZIONE DI CALVENE (Oligocene inferiore - Eocene superiore) La Formazione di Calvene è caratteristica delle colline marosticane tra il T. Astico e il F. Brenta e presenta una litologia piuttosto eterogenea.

È composta prevalentemente da marne siltose o argillose e da arenarie marnose a stratificazione indistinta in banchi di 1-2 m, con intercalazioni di arenarie silicoclastiche a cemento marnoso e di sabbie silicee, quasi sciolte, note industrialmente col nome di saldame. Sono presenti anche intercalazioni di calcareniti marnose abbastanza compatte in strati di 20-40 cm che localmente possono raggiungere i 30 m di spessore. La potenza complessiva varia da 150 m presso Bassano a oltre 300 m presso Calvene. Il grado di fratturazione è generalmente basso e caratterizzato da una spaziatura metrica o decametrica; spesso i giunti sono intasati da materiali argillosi.

Data l’elevata degradabilità e erodibilità delle rocce prevalenti, la Formazione è frequentemente ammantata da coltri detritiche eluviali e colluviali a matrice argilloso-siltosa che la ricoprono con spessori variabili da pochi decimetri a qualche metro. In queste coltri si sono spesso manifestati e possono evolversi facilmente dissesti del suolo, generalmente di piccole dimensioni.

Nel PTP 98, viste le caratteristiche meccaniche delle rocce prevalenti la Formazione di Calvene, con una diffusa presenza di coltri detritiche a matrice argilloso – siltosa, è stata generalmente inserita nella classe denominata Marne, arenarie e brecce, con valori relativamente modesti intorno a 3.

L-SUB-05 Rocce costituite da alternanze di strati o interposizioni tenere e di strati o bancate resistenti

Solo dove le intercalazioni di calcareniti marnose assumevano maggior importanza, queste sono state cartografate a parte.

Nel PTP 98 sono state attribuite ai Calcari compatti con valori intorno a 9.

L-SUB-03 Rocce compatte stratificate

FORMAZIONE DI SALCEDO (Oligocene medio) È molto sviluppata come spessore e estensione in tutte le colline pedemontane tra l’Astico e il Brenta ed è la formazione più complessa dell'intera Provincia di Vicenza, in quanto è costituita dal continuo alternarsi di rocce sedimentarie con vulcaniti basaltiche sia laviche che vulcanoclastiche.

Le rocce sedimentarie sono simili a quelle presenti nella Formazione di Calvene; comprendono le Arenarie di Sangonini e le Marne di Chiavon, note per il loro contenuto fossilifero, e formano almeno tre livelli, piuttosto eterogenei, ciascuno dello spessore di 30-50 m. Sono costituite da alternanze di marne siltose, arenarie silicee a matrice argillosa, arenarie marnose con abbondanti frammenti di vulcaniti e calcareniti più o meno marnose relativamente compatte.

Sono state generalmente attribuite alla classe denominata Marne e arenarie e brecce, con valori 3-4.

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L-SUB-05 Rocce costituite da alternanze di strati o interposizioni tenere e di strati o bancate resistenti

Localmente le calcareniti presentano spessori maggiori.

Nel PTP 98 sono state distinte e attribuite ai Calcari compatti con valori intorno a 9.

L-SUB-03 Rocce compatte stratificate

(Formazione di Salcedo calcarenitica)

Solo dove le vulcaniti si presentavano in livelli o lenti di dimensioni troppo ridotte per essere significative alla scala richiesta, non sono state cartografate.

L'intera Formazione di Salcedo è diffusamente ricoperta su aree più o meno ampie da coltri detritiche eluviali e colluviali a matrice argilloso - siltosa in cui si sono manifestati e potrebbero generarsi dissesti del suolo anche di notevoli dimensioni.

ARENARIE DI S. URBANO (Miocene inferiore) Sono presenti sui Monti Berici, sulla dorsale immediatamente a nord di Vicenza, a Schio e caratterizzano la cresta più meridionale delle colline pedemontane tra Marostica e Bassano.

Nel marosticano e nel bassanese sono costituite da arenarie calcaree e calcareniti arenacee piuttosto compatte in grossi strati per uno spessore complessivo che può raggiungere i 150 m. Localmente comprendono uno o due banchi di 10-20 m di calcareniti a litotamni, l'inferiore dei quali è noto come Calcare di Lonedo. La fratturazione è quasi sempre modesta ed è caratterizzata da una spaziatura metrica o decametrica.

Per le loro buone caratteristiche meccaniche sono state normalmente inserite nella classe litologica denominata Calcari compatti, con valori compresi tra 8 e 10.

L-SUB-03 Rocce compatte stratificate

Nei Monti Berici, nei Monti Lessini orientali e a Schio la formazione è rappresentata da calcareniti e da arenarie calcaree a stratificazione più sottile, con frequenti intercalazioni arenaceo - marnose.

Per tali caratteristiche è stata in genere inserita nella classe denominata Marne, arenarie e brecce con valori compresi tra 3 e 4.

L-SUB-05 Rocce costituite da alternanze di strati o interposizioni tenere e di strati o bancate resistenti

(Arenarie di S. Urbano con intercalazioni marnose)

SILTITI MARNOSE M IOCENICHE (Miocene medio e inferiore) Formano le collinette che sorgono isolate dalle alluvioni dell'alta pianura vicentina a Romano d'Ezzelino e a Bassano; caratterizzano il versante a sud della cresta più meridionale delle colline pedemontane tra Marostica e Bassano; sono presenti anche sulle dorsali immediatamente a nord di Vicenza (Marne di M. Costi).

Sono costituite da siltiti marnose e marne argillose in strati sottili, con intercalazioni di argille siltose e di calcareniti marnose. Il grado di fratturazione è basso e caratterizzato da una spaziatura metrica o decametrica, spesso i giunti sono intasati da materiali argillosi.

Per le loro caratteristiche meccaniche sono state inserite nella classe denominata Marne, arenarie e brecce, con valori relativamente modesti intorno a 3.

L-SUB-05 Rocce costituite da alternanze di strati o interposizioni tenere e di strati o bancate resistenti

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I DEPOSITI CONTINENTALI QUATERNARI

In generale si osserva che solamente durante gli ultimi due milioni di anni il territorio vicentino raggiunse gradualmente la sua attuale configurazione. Il lento sollevamento orogenetico dell’area montuosa fu parzialmente bilanciato dai processi erosivi dei rilievi ed i detriti trasportati dai fiumi colmarono gradualmente il grande bacino subsidente che separava gli Appennini dalle Alpi Meridionali, formando la Pianura Padana e Veneta

I depositi continentali del Quaternario sono stati classificati nel PTP 98 come segue:

Tabella UNITÀ LITOLOGICHE PTP 98

Depositi detritici e alluvionali Detrito di falda e di frana, coni detritici, depositi alluvionali di fondovalle, conoidi alluvionali, depositi fluvioglaciali, depositi morenici, accumuli di discarica dell’attività estrattiva in prevalenza ad elementi calcarei.

Sono depositi costituiti da elementi ad elevata eterometria, variabile da grossi blocchi a materiale fine o molto fine, generalmente sciolti talora cementati. L’infiltrabilità e la permeabilità in genere elevate, possono ridursi localmente in modo drastico.

Depositi eluviali e colluviali Coltri di alterazione e degradazione di rocce vulcaniche, sedimentarie e cristalline, riempimenti delle principali depressioni carsiche, accumuli ai piedi dei versanti pedecollinari e nelle aree infravallive, accumuli di discarica dell’attività estrattiva con abbondante frazione argillosa.

Sono depositi eterometrici caratterizzati da una abbondante matrice argillosa con scheletro anche di tipo grossolano. L’infiltrabilità e la permeabilità sono in genere basse o molto basse.

La tabella che segue attribuisce le unità litologiche dei depositi continentali del Quaternario individuate nel PTP 98 alle diverse unità geolitologiche con riferimento alla classificazione della Dgrv 397/2008, integrate dalle informazione desunte dalla Carta Geologica del Veneto alla scala 1250.000 della Regione Veneto.

UNITÀ GEOLITOLOGICA

DEPOSITO CONTINENTALE QUATERNARIO UNITÀ LITOLOGICA PTP 98

Dominio Denominazione Denominazione

L-DET-01 Deposito eluviale e colluviale Detrito di versante Discariche di cava

Depositi eluviali e colluviali Depositi detritici e alluvionali

L-FRA-01

L-ALL-01 Deposito di pianura (ghiaie e sabbie prevalenti)

L-ALL-05 Deposito di pianura (limi e argille prevalenti)

L-ALL-06 Deposito di pianura (alternanze di ghiaie e sabbie con limi e argille)

L-ALL-07 Depositi morenici

Depositi detritici e alluvionali

L-SUB-05 Detrito di versante (cementato) Accumuli di antiche frane Depositi morenici (cementati)

Depositi detritici e alluvionali Marne, arenarie e brecce

COPERTURA DETRITICA COLLUVIALE ED ELUVIALE Materiale incoerente e non consolidato che giace sopra la roccia solida derivato da apporti per erosione e trasporto o dall'alterazione della roccia sottostante. Dominio: L-DET-01 Depositi eluviali e colluviali

I depositi eluviali e colluviali ricoprono ampi tratti dei versanti nei Monti Lessini, nel Recoarese, nell'area di Valli del Pasubio-Posina-Laghi, nel Tretto e nelle colline pedemontane tra Caltrano e Bassano, ovunque il substrato roccioso sia costituito da vulcanoclastiti, da lave molto alterate, rocce

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metamorfiche scistose o da marne. Indirettamente la loro presenza è riconoscibile per l’elevata concentrazione di dissesti geologici del suolo che vi si riscontra.

La loro caratteristica fondamentale è quella di presentare una matrice argillosa, che può essere anche prevalente rispetto allo scheletro litico, determinandone l'alto grado di instabilità.

Depositi eluviali, colluviali e anche alluvionali a forte componente argillosa sono stati segnalati anche in alcune depressioni vallive sull'Altopiano dei Sette Comuni e al fondo delle maggiori depressioni carsiche dei Colli Berici.

Detrito di versante

Falde e coni detritici sono distribuiti un po’ ovunque nell’intero territorio montano della Provincia alla base delle pareti rocciose, in particolare ai piedi dei ripidi versanti che fiancheggiano il Brenta e l’Astico con i suoi affluenti o che delimitano le testate dei bacini del Chiampo, dell’Agno, del Posina e di Laghi.

Sono costituiti da materiali litici eterometrici quasi sciolti a matrice sabbiosa.

In tale valutazione standard è stato tenuto conto che eventuali fattori penalizzanti, quali processi attivi di caduta di materiali, sarebbero stati evidenziati dall’analisi geomorfologica.

Localmente si incontrano coltri di depositi detritici stratificati di origine crionivale, di età würmiana, che normalmente mostrano un certo grado di cementazione.

ACCUMULI DI FRANA Depositi di materiale caotico di varie dimensioni derivato dal trasporto per gravità di coperture detritiche o di masse rocciose. Dominio: L-FRA-01 ACCUMULI DI ANTICHE FRANE In varie zone delle prealpi vicentine sono stati individuati accumuli di paleofrane, alcune presumibilmente prewürmiane, ormai completamente stabilizzate. Quelli di maggiori dimensioni, anche di decine di milioni di mc, si incontrano alla testata delle valli del T.Chiampo e del T.Agno e ai piedi del versante settentrionale del M.Summano.

Sono costituiti da Dolomia Principale o da calcari massicci di diversa origine scivolati in massa, fratturati e disarticolati, o accumulati in enormi blocchi legati da una frazione più fine e variamente cementati.

DEPOSITI ALLUVIONALI Depositi derivati dal trasporto per l'azione dell'acqua, del ghiaccio e del vento; in generale, caratteristiche sono la varietà di composizione, la forma arrotondata e la classazione granulometrica. Nelle aree montane e collinari (1) sono stati individuati i seguenti depositi alluvionali:

-gli antichi depositi fluviali e torrentizi pre-wurmiani, spesso cementati (conglomerati);

-i materiali alluvionali ciottolosi post-glaciali di fondovalle;

-i fini depositi lacustri e palustri delle depressioni intermoreniche e dei tratti vallivi sbarrati da frane.

Nell’ultimo milione di anni si susseguirono almeno quattro periodi a clima freddo (glaciazioni), durante i quali le valli maggiori furono invase da lingue di ghiaccio che localmente superavano il migliaio di metri di spessore. I depositi morenici del Vicentino sono costituiti da materiali detritici trasportati dai ghiacciai prevalentemente nel corso dell’ultima glaciazione, detta wurmiana (75.000-

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15.000 anni fa). Al Wurm sono attribuiti fra l’altro gli anfiteatri morenici pedemontani di Cogollo del Cengio. Alle fasi di ritiro si riconducono le morene studiali infravallive e delle zone di media ed alta montagna.

I depositi morenici della Provincia di Vicenza sono costituiti da materiali detritici accumulatisi essenzialmente nel corso dell'ultima glaciazione (Würm). Sono legati sia alle grandi lingue del ghiacciaio atesino che percorrevano la Val d’Astico, fino a Cogollo del Cengio, e la Valle del Brenta, fino a Valstagna, sia a ghiacciai locali che si insediarono soprattutto nella parte settentrionale dell’Altopiano di Asiago (morene della media Val d’Assa, della Val di Nos e della piana della Malcesina) e presso Cima Grappa. La loro importanza sta nel fatto che alcuni centri abitati (es. Cogollo del Cengio, Tonezza del Cimone, Castelletto di Rotzo, Asiago, Enego) sorgono parzialmente su tali accumuli.

Sono costituiti da materiali litici, quasi sciolti, ad elevata eterometria variabile da grossi blocchi a materiale fine o molto fine. Localmente raggiungono potenze di qualche decina di metri.

Materiali di accumulo fluvioglaciale o morenico grossolani in matrice fine sabbiosa Dominio: L-ALL-07

Il fondo di gran parte delle valli del territorio provinciale è ampiamente occupato da un materasso alluvionale che può superare i 100m di spessore al loro sbocco in pianura. Si distinguono la Val d'Astico e la Valle del Brenta che nella loro parte terminale si innestano negli antichi coni fluvioglaciali su cui sorgono gli abitati di Piovene Rocchette, Caltrano e Bassano del Grappa.

I materiali alluvionali e fluvioglaciali sono costituiti prevalentemente da ghiaie sabbiose sciolte, a tratti cementate.

Materiali granulari addensati di deposito fluviale e/o fluvioglaciale a tessitura prevalentemente ghiaiosa e sabbiosa Dominio: L-ALL-01 Casi particolari sono rappresentato da antiche alluvioni, su cui sorgono ad esempio gli abitati di Roana e di Canove e da antichi accumuli di debris flow stabilizzati. Essi presentano un discreto grado di cementazione.

Il fondo di molte valli secondarie dei M.Lessini, dei M.Berici e delle colline pedemontane tra Caltrano e Bassano è, per contro, occupata da alluvioni che presentano una forte componente siltoso-argillosa.

Materiali alluvionali, fluvioglaciali, morenici, o lacustri a tessitura prevalentemente limo-argillosa Dominio: L-ALL-05

I depositi alluvionali di pianura sono costituiti da potenti sequenze di materiali alluvionali derivati soprattutto dall’erosione degli accumuli morenici durante le diverse glaciazioni quaternarie. La loro rappresentazione cartografica tende ad evidenziarne i caratteri superficiali, sino alla profondità di circa 30 m (sulla base di stratigrafie di pozzi), con indicazione della granulometria e sulla permeabilità. I dati sono ottenuti dalla Carta geologica del Veneto e sono codificati in legenda con il numero 4).

Materiali granulari addensati di deposito fluviale e/o fluvioglaciale a tessitura prevalentemente ghiaiosa e sabbiosa Dominio: L-ALL-01 Materiali alluvionali, fluvioglaciali, morenici, o lacustri a tessitura prevalentemente sabbiosa Dominio: L-ALL-06 Materiali alluvionali, fluvioglaciali, morenici, o lacustri a tessitura prevalentemente limo-argillosa Dominio: L-ALL-05

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TETTONICA In generale la successione stratigrafica sopra menzionata è interessata da numerosi episodi deformativi succedutisi nel tempo, che hanno dislocato spazialmente le formazioni rocciose. Il territorio provinciale è attraversato da importanti direttrici tettoniche, rappresentate da estese faglie, lungo le quali si sono verificate dislocazioni di notevole entità sia in direzione verticale che orizzontale. Si deve ricordare la grande flessura pedemontana che raccorda morfologicamente l’area degli altopiani con quella collinare e di pianura; essa è riconoscibile per un centinaio di chilometri a partire dall’alta valle del Chiampo fino a Bassano e Vittorio Veneto. Una seconda direttrice principale è la faglia Schio-Vicenza, che attraversa l’intero territorio con direzione NO-SE prevalente; essa limita verso est sia i Colli Euganei, che i Berici, nonchè le colline fra Schio e Vicenza. Come riportato nelle note illustrative alla Carta geologica del Veneto, le deformazioni tettoniche che caratterizzano l’evoluzione geologica del Vicentino sono relativamente semplici, specie se confrontate con quelle assai più vigorose e complesse che contraddistinguono l’intera catena alpina. I modelli geodinamici della nuova tettonica globale possono essere applicati al territorio provinciale, grazie a recenti studi interpretativi, come di seguito esplicitato. Tettonica Paleozoica Nel Veneto non sono documentati in modo certo gli eventi deformativi del Paleozoico antico che caratterizzarono tra 500 e 450 Ma l’evoluzione delle Alpi orientali dall’Alto Adige, al Tirolo ed alla Carinzia: essi sono coevi con l’Orogenesi Caledoniana nell’Europa centro-settentrionale. Si è già visto che il basamento cristallino del Veneto è costituito in massima parte da rocce metamorfiche derivate da sedimenti che si formano tra il Cambriano superiore e il Siluriano come probabili prodotti di erosione degli antichi rilievi montuosi situati a settentrione. Tutte le rocce sedimentarie e vulcaniche formatesi nel Palozoico antico furono successivamente deformate, metamorfosate e coinvolte in una nuova catena montuosa durante l’Orogenesi ercinica di età carbonifera. Le deformazioni erciniche ancora riconoscibili nel basamento cristallino del Veneto sono attribuibili a due fasi tettoniche principali, avvenute rispettivamente a circa 350 e 320 Ma. La prima è caratterizzata da pieghe isoclinali coricate, con foliazione di piano assiale ben sviluppata e vergenza mediamente a NW. La seconda da pieghe e sovrascorrimenti vergenti a SW. La catena ercinica venne progressivamente smantellata sino alla esposizione del suo nucleo metamorfico, prevalentemente filladico. Esso costituisce il substrato delle coperture sedimentarie permo-cenozoiche, essenzialmente marine, in cui sono scolpite le montagne venete. Durante il Permiano inferiore si instaurò un regime tettonico distensivo e/o trascorrente che, a conclusione del ciclo orogenico ercinico, consentì lo sviluppo di imponenti eruzioni vulcaniche acide a prevalente carattere ignimbritico (Piattaforma porfirica atesina). Tettonica Mesozoica Durante il Permiano ed il Trias inferiore cominciarono a manifestarsi nell’area alpina quei movimenti tettonici tensionali che avrebbero portato allo sviluppo del margine passivo africano di cui le Alpi Meridionali ed il Veneto facevano parte. Il progressivo assottigliamento della crosta continentale si riflette nella individuazione di blocchi svincolati da faglie sinsedimentarie e variamente ribassati ed in una generale subsidenza. Nel corso del Triassico medio i movimenti tettonici si accentuarono e si registrò il sollevamento del basamento cristallino in un’area attualmente sepolta sotto le alluvioni della pianura padana. Contemporaneamente nel Vicentino e nelle Dolomiti si manifestò l’importante ciclo magmatico di età essenzialmente ladinica (230 Ma). La tettonica permo-mesozoica si inquadra nell’ambito di una distensione continentale (rifting) legata all’apertura dell’Atlantico centrale e alla generale trascorrenza sinistra dell’Africa rispetto all’Europa. In questo contesto si sviluppano nelle Alpi Meridionali deformazioni compressive che sono interpretabili come effetti transpressivi dei processi sopra indicati.

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L’attività tettonica triassica cessò verso la fine del Norico e l’intera regione veneta venne a trovarsi in condizioni subaeree o di piana di marea ciclicamente invasa dalle acque marine. Per alcuni milioni di anni il tasso di subsidenza e la velocità di sedimentazione si equivalsero in tutto il Sudalpino determinando uno spessore eccezionalmente uniforme dei sedimenti (circa 1 km: Dolomia Principale). Una nuova crisi si manifestò durante il Giurassico, come riflesso del rifting della Tetide Alpina e della sua successiva oceanizzazione. La nostra provincia ed il Veneto in generale, che si trovava in un settore interno del margine continentale passivo, venne frammentata da una serie di faglie listriche sinsedimentarie in grandi ‘alti’ e ‘bassi’ strutturali allungati in senso NNE-SSW. Queste strutture tettoniche ancestrali condizioneranno buona parte dell’evoluzione tettonica alpina nella regione. Tettonica Alpina All’incirca al limite Giurassico / Cretaceo si concluse l’espansione della Tetide Alpina ed iniziò la sua evoluzione compressionale. Tra la fine del Giurassico e gli inizi del Paleocene il Veneto agì tuttavia come retroterra della Catena Eoalpina, godendo di una fase di relativa calma tettonica, anche se perdurava una subsidenza differenziale che mantenne o accentuò gli ‘alti’ e ‘bassi’ strutturali giurassici. Le Alpi Meridionali, in cui vanno inquadrate le montagne della provincia di Vicenza, sono una porzione non metamorfica della catena Alpina e si localizzano per definizione a sud del Lineamento Periadriatico. Dato il loro stile tettonico sono correntemente considerate una catena a sovrascorrimenti e pieghe sud-vergenti. L’attuale architettura delle Alpi Meridionali Venete è il risultato della sovrapposizione di due principali fasi compressive di età terziaria. Mancano evidenze delle deformazioni eoalpine segnalate nel settore centro-occidentale delle Alpi Meridionali, mentre è attivo, dal Paleocene superiore, il rift d’intraplacca continentale che, come già ricordato, favorì lo sviluppo del vulcanismo terziario veneto. La prima fase tettonica produsse nel Veneto nord-orientale sovrascorrimenti e pieghe vergenti a WSW che deformarono intensamente la copertura sedimentaria permo-cenozoica. Queste strutture sono interpretate come il fronte della Catena Dinarica di età post-luteziana / pre-oligocenica superiore. Il secondo ciclo deformativo (neoalpino) ha età neogenica e raggiunse il suo acme durante il Miocene superiore ed il Pliocene. Ad esso sono imputabili buona parte del sollevamento delle montagne venete ed una serie di sovrascorrimenti sud-vergenti che migrarono progressivamente verso la pianura. Pur essendo il Veneto-Trentino uno dei settori relativamente meno deformati delle Alpi Meridionali, la geometria delle deformazioni neogeniche risulta piuttosto complessa poiché esse interferirono con gran parte delle faglie mesozoiche e paleogeniche e le riattivarono come faglie trasversali di svincolo. Nel Veneto la tettonica neoalpina è indicata principalmente da sovrascorrimenti sud-vergenti con direzione N 50 – 90 E. Nelle Prealpi Venete, la copertura sedimentaria è fortemente deformata da pieghe e sovrascorrimenti di cui è controverso il livello di scollamento basale (evaporiti del Permiano superiore oppure orizzonti interni al basamento cristallino). Le Prealpi Venete cessano bruscamente verso sud in corrispondenza della classica ‘flessura pedemontana’, riflesso plastico superficiale del sovrascorrimento Bassano-Valdobbiadene riconoscibile per oltre 100 km tra l’alta Valle del T. Chiampo e Vittorio Veneto. La scarsa influenza delle deformazioni neogeniche nel settore sud-occidentale della montagna veneta che, delimitato ad est dalla faglia Schio-Vicenza, comprende i Monti Lessini, i Colli Berici e i Colli Euganei, trova riscontro nell’assenza di molassa ai piedi dei rilievi montuosi. L’ultima fase delle deformazioni neogeniche risale al Pliocene ed è tuttora attiva, come testimoniato dall’alta sismicità di alcuni settori dell’area veneta. Ad essa si deve tra l’altro il sovrascorrimento di Aviano, sepolto sotto le alluvioni della alta Pianura Veneta, che limita verso sud le colline tra Breganze, Marostica e Bassano. Durante l’evento neoalpino, la subsidenza nella Pianura Padano - Veneta fu molto intensa e consentì l’accumulo di depositi clastici per spessori di alcuni km.

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La Carta Idrogeologica

GENERALITA’ La carta idrogeologica rappresenta i fattori geologici in relazione con le acque superficiali e sotterranee; si tratta di una carta tematica che comprende gli elementi fondamentali per l’individuazione dei principali aspetti idraulici ed idrogeologici di un territorio. In particolare: -idrogeologia di superficie (riporta l'andamento delle acque superficiali separate secondo bacini idrografici, individua i reticoli di bonifica, i bacini di accumulo naturali e artificiali, le sorgenti con portata indicativa); -idrogeologia sotterranea (individua l'andamento della falda freatica con le direzioni di deflusso, i circuiti carsici sotterranei, se presenti e con diversa grafia anche le piezometriche riferite agli altri acquiferi sotterranei); -pozzi e derivazioni (localizza i punti con presenza di pozzi, la loro profondità s.l.m. e l'entità del prelievo).

INQUADRAMENTO IDROGEOLOGICO Il territorio della Provincia si estende su una superficie di 2.722 km2 ed è costituito per il 70% circa da aree montuose o collinari, con substrato litologico in prevalenza sedimentario e, per il restante 30%, da aree di pianura. Esso comprende quattro bacini idrologici: il bacino del torrente Chiampo (sottobacino del fiume Adige) e quello adiacente dell’Agno - Guà (appartenente al sistema Fratta - Gorzone), il bacino Leogra – Timonchio - Astico (che fa parte del sistema Bacchiglione) ed il bacino del fiume Brenta. Nella parte più settentrionale sono presenti massicci montuosi che, nei punti più elevati, superano i 2.000 metri di altezza e che sono segnati da profonde incisioni vallive originatesi a seguito di processi erosivi. Questi gruppi montuosi ospitano al loro interno acquiferi carsici da cui trovano alimentazione numerosissime sorgenti. La zona di alta pianura è costituita da un potente materasso alluvionale, il cui spessore supera le centinaia di metri ed è composto prevalentemente da ghiaie e sabbie ed attraversato da corsi d’acqua a carattere torrentizio, le cui dispersioni concorrono in modo significativo ad alimentare il sottostante acquifero freatico indifferenziato. Nella zona di media pianura nel sottosuolo si alternano orizzonti, a matrice prevalentemente argillosa, ed orizzonti costituiti da ghiaie e sabbie, al cui interno è ospitato un complesso di falde sovrapposte ed in pressione. Tra queste due zone, laddove la superficie della falda freatica si avvicina progressivamente al piano campagna fino ad intersecarlo in corrispondenza della fascia delle risorgive, esiste una zona di transizione in cui l’omogeneità del mezzo poroso tipica dell’alta pianura, tende ad essere progressivamente interrotta dalla comparsa di livelli impermeabili la cui continuità sia in senso longitudinale che trasversale è sempre più marcata. Nella parte occidentale della provincia, nel bacino Chiampo – Agno - Guà, questa fascia di transizione si ritrova a sud della congiungente Montorso - Montecchio Maggiore, nel bacino dell’Astico - Leogra è ubicata tra Malo – Isola - Villaverla, mentre più ad est, nel bacino del Brenta, si estende per un paio di chilometri sopra la linea delle risorgive. In corrispondenza di questa zona intermedia il sottosuolo ospita due acquiferi: uno freatico più superficiale, di modesto spessore ed uno più profondo in pressione. La zona della bassa pianura vicentina è invece caratterizzata da materiali a matrice prevalentemente limosa ed argillosa, a bassa permeabilità, generalmente molto poveri di risorse idriche. E’ tuttavia possibile trovare falde in pressione entro acquiferi prevalentemente sabbiosi. Più in particolare i caratteri idrogeologici del territorio provinciale possono essere così sintetizzati:

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A) La zona montana comprende le propaggini dei Monti Lessini ed i massicci carsici degli altopiani di Tonezza, di Asiago ed il massiccio del Grappa. Il sistema carsico del massiccio calcareo e calcareo-dolomitico dell’Altopiano di Tonezza si sviluppa nei rilievi montuosi in destra Astico, tra i torrenti Astico e Posina. La principale sorgente è posta in Val Civetta (Lastebasse), attualmente utilizzata sia a scopo potabile sia idroelettrico. Numerosissime altre sorgenti sono sfruttate a fini idropotabili per acquedotti locali nelle alte valli del Chiampo, dell’Agno, del Leogra (sorgenti Manozzo, sorgenti Val Strole e di Val Camossara), del Posina (sorgenti Strenta) e dell’Astico. Il sistema carsico del massiccio calcareo-dolomitico dell’Altopiano dei Sette Comuni ospita al suo interno un potentissimo acquifero che raccoglie quasi interamente gli afflussi meteorici dell’Altopiano e che ha i principali punti di scarico alle sorgenti carsiche di Oliero (Valstagna), nella valle del Brenta, utilizzate per alimentare l’Acquedotto dell’Altopiano di Asiago e alle sorgenti di Camisino di Caltrano, nella valle dell’Astico, utilizzate dagli acquedotti di Caltrano e Thiene. Sull’Altopiano di Asiago sono in atto anche altre utilizzazioni locali di piccole sorgenti (Val Renzola) e dalla falda freatica dell’acquifero morenico della piana di Marcesina (per Foza ed Enego). Il sistema carsico del massiccio del Grappa ospita un potente acquifero il cui unico punto di scarico, ubicato in provincia di Vicenza, sono le sorgenti dei Fontanazzi di Cismon. B) Le aree infra-vallive, prodottesi a seguito dei processi erosivi dei corsi d’acqua (torrenti Chiampo, Agno, Leogra, Astico e fiume Brenta), sono costituite da depositi di ghiaie e sabbie, continui fino al substrato roccioso, che possono raggiungere in alcuni punti il centinaio di metri di spessore. Al loro interno sono alloggiate falde in sub-alveo, alimentate principalmente dai corsi d’acqua con cui hanno stretti rapporti di interscambio. Queste falde sono diffusamente utilizzate, attraverso pozzi, dagli acquedotti dei comuni locali: Chiampo, Arzignano, Valdagno, Trissino, Montecchio Maggiore, Schio, Calvene, Zugliano, Lugo, Fara, Breganze, Sarcedo, Solagna, Pove. C) La zona delle conoidi di alta pianura (area di ricarica) è formata da depositi alluvionali di potenza superiore ai 150 metri, poggianti su un substrato roccioso. Il materasso alluvionale, depositato in epoche remote dai corsi d’acqua quando il regime idrico era notevolmente diverso rispetto agli attuali, contiene un’unica falda a superficie libera che regola, dal punto di vista idraulico, le variazioni delle riserve idriche profonde. Si tratta di un potentissimo acquifero in materiali sciolti grossolani che contiene una falda freatica ricchissima. La sua alimentazione deriva prevalentemente dalle dispersioni dei corsi d’acqua, in secondo luogo dagli afflussi meteorici locali e dalle irrigazioni. Fornisce acqua potabile a tutti i centri abitati di pianura dell’alto vicentino: Marano, Thiene, Malo, Isola Vicentina, Villaverla, Caldogno, Sandrigo, Marostica, Nove, Bassano del Grappa, Rosà, Rossano, Tezze, ecc... e garantisce la ricarica del sistema idrogeologico multifalde in pressione posto a valle. D) La zona di media pianura è posta subito a valle dell’area sopra descritta ed è costituita da livelli ghiaiosi posti a differenti profondità e separati tra loro da letti impermeabili limoso argillosi. I depositi alluvionali, stratificatisi sopra il substrato roccioso, assumono qui una potenza compresa tra i 200 e 250 metri ed ospitano un acquifero artesiano multistrato costituito da un sistema di falde in pressione sovrapposte. Un’ampia fascia di questa zona, orientata da ovest ad est e di larghezza compresa tra 1 e 6 km, è interessata dalla presenza di un elevatissimo numero di risorgive attraverso cui sfiorano le acque che costituiscono il surplus del sistema e che danno origine ad un complesso reticolo di rogge ed altri corsi d’acqua perenni. L’immediato sottosuolo, costituito da materiali a granulometria molto fine, invece, contiene una falda freatica che, essendo posta appena sotto il piano campagna (1 – 3 metri) è poco sicura sotto il profilo qualitativo e quindi priva di interesse acquedottistico; le falde artesiane profonde, che trovano la loro alimentazione nell’acquifero monostrato della zona di alta pianura, sono largamente utilizzate per gli usi acquedottistici.

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Da questo sistema artesiano multifalde traggono l’acqua potabile i grandi acquedotti di Vicenza e dei comuni ad essa collegati (oltre 150.000 abitanti), di Padova (235.000 abitanti), l’acquedotto Euganeo-Berico (30.000 abitanti in provincia di Vicenza e 60.000 in provincia di Padova), l’acquedotto del Consorzio CISIAG di Legnago (40.000 abitanti e 20.000 tra Cologna, Montagnana e Lonigo). Questi acquiferi garantiscono anche il rifornimento idrico in comuni solo parzialmente serviti da acquedotto, attraverso l’uso di migliaia di pozzi privati. Le falde artesiane, in particolare quella di Almisano - Lonigo e di Dueville - Monticello C. Otto - Vicenza, sono assoggettate a tutela ai sensi del Regio Decreto n. 2174 del 18 ottobre 1934. Gli acquiferi dell’alta e media pianura vicentina costituiscono dunque la fonte di approvvigionamento idropotabile per 600-700.000 abitanti. E) Nella bassa pianura e fino alla laguna veneta e al fiume Adige il sottosuolo è invece costituito, per qualche centinaio di metri di profondità, da materiali esclusivamente fini a bassa permeabilità (limi, argille e sabbie finissime). In questa parte del territorio le risorse idriche sotterranee sono molto limitate e poco interessanti dal punto di vista idropotabile, sia per la scarsa quantità, sia per la cattiva qualità. Il prelievo per usi acquedottistici è limitato a pochi casi sporadici: Noventa, Sossano, Orgiano, Villaga.

ELEMENTI IDROGEOLOGICI

IDROGEOLOGIA DI SUPERFICIE

La carta idrogeologica rappresenta l’idrografia di superficie limitatamente agli elementi sotto descritti.

L IMITE DI BACINO IDROGRAFICO Indica il limiti dei bacini idrografici con superficie superiore ai 10 kmq. I dati sono desunti dal file c0401101_BaciniSottoBacini10kmq dell’ARPAV, circoscritti al territorio provinciale di Vicenza.

IDROGRAFIA PRIMARIA E SECONDARIA Indica l’idrografia primaria e secondaria in ordine idraulico. I dati sono desunti dal file File c0502032_CorsiAcqua forniti da RV(ARPAV) limitatamente al territorio provinciale di Vicenza.

CORSO D’ACQUA DRENANTE E DISPERDENTE La simbologia indicativa dei tratti d’alveo drenanti e disperdenti si riferisce ai soli corsi d’acqua principali nel tratto di media ed alta pianura, con carattere puramente descrittivo. Il dato deriva dalla carta denominata “isofreatiche (rilievi freatimetrica: marzo 2004) della Provincia di Vicenza, A.A.T.O. Bacchiglione, Centro Idrico di Novoledo, Centro Internazionale di Idrologia “Dino Tonini” dell’Università di Padova.

CASSA DI ESPANSIONE E BACINI DI LAMINAZIONE Le casse di espansione ed i bacini di laminazione riportati in cartografia sono desunti dalla DCP n. 110 del 30/11/2010 e sono distinti in opere esistenti e opere proposte.

L IMITE SUPERIORE E INFERIORE DELLA FASCIA DELLE RISORGIVE I limiti superiore e inferiore delle risorgive definiscono la massima estensione verso Nord e Sud del fenomeno delle risorgenze di pianura (vedi sotto “Risorgive e fascia delle risorgive”).

SORGENTI Una sorgente d'acqua è "il punto o la serie di punti sulla superficie terrestre in cui naturalmente affiora dell'acqua", riferite alle sole aree di rilievo montano e collinare. La sorgente può essere definita come un punto della superficie terrestre ove viene alla luce naturalmente una portata apprezzabile di acqua sotterranea. Una sorgente costituisce in genere una

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fonte di approvvigionamento idrico che si può utilizzare per le diverse esigenze delle attività umane, senza che si alteri il delicato equilibrio idrologico della falda acquifera che la alimenta e questo perché si tratta di acque che vengono naturalmente a giorno, cioè che non sono estratte artificialmente dal suolo. L'esistenza di una sorgente e il suo regime di funzionamento sono determinati dalle condizioni geologiche e morfologiche dell'acquifero e delle formazioni geologiche che spazialmente lo delimitano nei dintorni della sorgente stessa. Il PTCP riconosce di interesse provinciale le sorgenti censite dall’ ARPAV nell’ Atlante delle sorgenti del Veneto (periodo 2003 – 2006) e le principali sorgenti carsiche individuate dal Catasto Grotte del Veneto

RISORGIVE E FASCIA DELLE RISORGIVE Le risorgive derivano dall’affioramento in superficie della falda freatica nel territorio della pianura vicentina, dove sono distribuite lungo una ristretta fascia (“fascia delle risorgive”). La fascia delle risorgive corrisponde, in generale, al punto di contatto fra le alluvioni permeabili (ghiaiose) dell’Alta Pianura e quelle più fini e meno permeabili della Media Pianura, da cui traggono origine alcuni dei principali corsi d’acqua della Pianura vicentina. Vista la notevole valenza di questo elemento idrogeologico, alla fine del presente capitolo viene dedicato un specifico paragrafo.

AREE ESONDABILI O A RISTAGNO IDRICO Sulle aree di fondovalle dei corsi d’acqua principali e su quelle di aperta pianura è stata delimitata l’espansione massima dell’esondazione verificatasi nel novembre 1966, che costituisce l’episodio più importante dell’ultimo trentennio per lo specifico territorio provinciale di Vicenza. I dati cartografici relativi all’evento sono stati in parte corretti in base alle evidenze geomorfologiche rilevate dalle osservazioni su foto aeree: incisione dei terrazzi più recenti, pendenze, sezioni d’alveo. Sono state delimitate le aree di pianura periodicamente soggette ad allagamenti, prodotti per lo più dall'inefficienza o sottodimensionamento della rete drenante naturale e artificiale.

BACINO LACUSTRE Trattasi dei laghi presenti nel territorio provinciale.

IDROGEOLOGIA SOTTERRANEA

L INEE ISOFREATICHE Le linee isofreatiche rappresentano il luogo dei punti di uguale quota assoluta (m s.l.m.) della superficie freatica; si costruiscono per punti, misurando le quote delle superfici freatiche direttamente dai pozzi, preventivamente quotati. Nella carta idrogeologica sono riportate le isofreatiche principali con equidistanza 20 m e le secondarie con equidistanza 5 m.

RETE FREATIMETRICA La rete freatimetrica è utilizzata per monitorare l’andamento della falda freatica nell’area di media e alta pianura. Il dato deriva dalla carta denominata “isofreatiche (rilievi freatimetrica: marzo 2004) della Provincia di Vicenza, A.A.T.O. Bacchiglione, Centro Idrico di Novoledo, Centro Internazionale di Idrologia “Dino Tonini” dell’Università di Padova.

SPARTIACQUE IDROGEOLOGICO Rappresenta il limite sotterraneo di separazione tra la falda alimentata dal Fiume Brenta e quella del Fiume Astico. In generale gli spartiacque sotterranei congiungono i punti di culminazione della superficie freatica e piezometrica, che spesso coincidono con assi di alimentazione.

L IMITE DI IMBOCCO ACQUIFERI IN PRESSIONE

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Il limite di imbocco degli acquiferi in pressione coincide con il limite inferiore della zona di ricarica della falda.

Il dato deriva dalla carta denominata “isofreatiche (rilievi freatimetrica: marzo 2004) della Provincia di Vicenza, A.A.T.O. Bacchiglione, Centro Idrico di Novoledo, Centro Internazionale di Idrologia “Dino Tonini” dell’Università di Padova.

AREE CARSICHE Sono aree potenzialmente interessate da circuito carsico sotterraneo (vedi paragrafo sotto).

POZZI E DERIVAZIONI

POZZI DI ATTINGIMENTO IDROPOTABILE Sono indicati i pozzi di attingimento idropotabile.

AREE DI CATTURA POZZI PER USO IDROPOTABILE Il dato è stato desunto dal Piano provinciale di Protezione Civile della Provincia di Vicenza, a cui si rimanda per gli approfondimenti.

LE AREE CARSICHE L’area carsica è una porzione di territorio che, per le particolarità litologiche delle rocce affioranti, potenzialmente soggette a fenomeni di dissoluzione per l’azione delle acque superficiali e sotterranee, può essere caratterizzata da morfologie proprie del carsismo, con presenza di tipiche forme di erosione, tra le quali anche aspetti di erosione sotterranea, con formazione di grotte talora di grandi dimensioni. Le principali evidenze del carsismo sono riconducibili a grotte, doline, forme di corrosione superficiale delle rocce carbonatiche, comprensivi della flora e della fauna insediate in tali aree. Il carsismo interessa le rocce calcaree in maniera diversa, in relazione a variabili correlate alla composizione stessa delle rocce a prevalente contenuto in carbonato di calcio, alla storia geologica ed all’assetto tettonico nonché al particolare clima dell’area e quindi all’azione dell’acqua, alla sua aggressività, eccetera. La potenziale carsificabilità di un territorio dovrà perciò essere confermata dall’esistenza di effettivi rilevanti indizi dell’azione del carsismo, affinché l’area sia classificata come carsica. Il fragile sistema fisico – biologico delle aree carsiche è particolarmente soggetto al rischio di inquinamento ambientale, in merito soprattutto alla circolazione delle acque sotterranee che costituiscono gli acquiferi carsici. Riconosciuta l’importanza naturalistico-ambientale e l’interesse scientifico e turistico del patrimonio speleologico provinciale, le aree carsiche che presentano fenomeni ipogei e superficiali in quantità e qualità significative a costituire patrimonio carsico provinciale dovranno essere conservate e valorizzate mediante azioni mirate di raccolta, catalogazione e conservazione dei dati, con l’utilizzo di schede appositamente predisposte dalla Regione e completate con idonea cartografia contenente la loro perimetrazione. L’individuazione e perimetrazione delle aree carsiche sono desunte dal catasto regionale delle grotte e aree carsiche del Veneto e visualizzate nella Tavola 3 “Sistema ambientale”. Le aree carsiche e sono disciplinate dall’art. 14 delle N.T.. A seguire si riporta l’elenco delle aree carsiche con specifica dei limiti territoriali. Gruppo Montuoso: MONTI LESSINI Sigla V-VT ML V ML 09: Altopiano di Campofontana Limiti (da ovest verso nord): S. Andrea, Val d'lllasi fino a Giazza, Val di Revolto, Passo della Lora, M. Zevola, Passo Scagina, Campodalbero, Graizzani, Golge, Menaspa, S. Bortolo, Aldegheri, S. Andrea. V ML 10: Conca di Recoaro

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Limiti (da ovest verso nord): Passo della Lora, Agno di Lora, Recoaro Terme, Passo Xon, Valli del Pasubio, Val Leogra fino a Schio, cresta M. Castrazzano-Scandolara, S. Quirico, Cresta M. Turrigi, cresta fra Cima Marana e M. Zevola, Passo della Lora. V ML 12: Dorsale Montebello-Durlo Limiti (da est verso nord): Montebello Vicentino, Valle del Chiampo, Ferrazza, Graizzani, Golge, Menaspa, S. Bortolo, Aldegheri, Val d'Alpone fino a Monteforte, margine area collinare fra Monteforte e Montebello Vicentino. V ML 13: Dorsale Trissino-Castelvecchio Limiti (da ovest verso nord): Montebello Vicentino, Val Chiampo, Passo della Scagina, margine settentrionale cresta Campodavanti-Cima Marana, cresta M. Turrigi, S. Quirico, Valle dell'Agno fino a Montecchio Maggiore, Montebello Vicentino. V ML 14: Area Faedo-Mucchione Limiti (da ovest verso nord): S. Quirico, cresta del M. Castrazzano-Scandolara, Schio, margine nordorientale area collinare per S. Vito di Leguzzano-Malo, Priabona, Valle del T. Poscola, Cereda, Valle dell'Agno fino a Valdagno - S. Quirico. VT ML 15: Sistema di dorsali dei Lessini sud-orientali Limiti (da ovest verso nord): Montecchio Maggiore, Valle dell’Agno fino a Cereda, Valle del T.Poscola, Priabona, Malo, margine sudorientale area collinare per isola Vicentina-Vicenza, margine meridionale area collinare per Creazzo-Sovizzo-Montecchio Maggiore. Gruppo Montuoso: GRUPPO D. CAREGA-PICCOLE DOLOMITI-PASUBIO Sigla V-VT MP V-VT MP 01: Pasubio Limiti (da est verso nord): Posina, Valle del T. Posina, Passo della Borcola, Val Terragnolo, Trambileno, Vallarsa, Passo Pian delle Fugazze, Val Leogra fino a Sant'Antonio, Passo di Xomo, Posina. V MP 02: Novegno-Tretto-Summano Limiti (da est verso nord): Piovene Rocchette, Val d'Astico fino ad Arsiero, Val Posina fino a Posina, Passo di Xomo, Val Leogra per Valli del Pasubio-Schio, margine meridionale area montana fino a Piovene Rocchette. V-VT MP 03: Piccole Dolomiti Limiti (da est verso nord): Recoaro Terme, Passo Xon, Valli del Pasubio, Vai Leogra fino a Passo Pian delle Fugazze, Vallarsa fino a Pezzati, Val Sinello fino a Passo Campogrosso, Val Rotolon fino a Parlati, Agno di Lora fino a Recoaro Terme. V-VT MP 04: Gruppo del Carega Limiti (da ovest verso nord): Ala, Valle dell'Adige fino a S. Valentino, Passo Buole, Aste, Vallarsa fino a Pezzati, Val Sinello, Passo di Campogrosso, Val Rotolon fino a Parlati, Agno di Lora, Passo della Lora, Passo Pertica, Val dei Ronchi fino ad Ala. Gruppo Montuoso: ALTIPIANI DI TONEZZA-FOLGARIA E VIGOLANA Sigla V-VT AT V AT 01: Conca di Laghi Limiti (da sud verso ovest): Posina, Val Posina, Passo della Borcola, cresta fino al Coston dei Laghi, margine altopiano per M. Maggio-M. Toraro, cresta per M. Seluggio-La Montagnola fino a Ponte della Strenta, Val Posina fino a Posina. V-VT AT 02: Versanti sinistra Posina-destra Astico Limiti (da nord verso est): Passo del Sommo, margine settentrionale e orientale altipiani per Alb. Fiorentini- Restele - Spitz di Tonezza-Tonezza-Ossario del Cimone, margine meridionale altopiano per alta Val Rio Freddo-M. Campomolon-M. Tormeno, cresta per M. Seluggio-La Montagnola fino a Ponte della Strenta, Val Posina fino ad Arsero, Val d’Astico fino a Carbonare, Passo del Sommo. V-VT AT 03: Altopiano di Tonezza Limiti (da ovest verso nord): Passo della Vena, margine settentrionale e orientale altopiano per Restele-M. Spitz - Tonezza-Ossario del Cimone, margine meridionale altopiano per alta Val Riofreddo fino Passo della Vena. V-VT AT 04: Altopiano dei Fiorentini-Folgaria Limiti (da nord verso est): Passo del Sommo, margine settentrionale e orientale altipiani per Alb. Fiorentini-Restele, Passo della Vena, margine meridionale altopiano per M. Campomolon-M. Toraro-M. Maggio, margine occidentale altopiano per Dosso del Sommo-Dosso di S. Cristina, Valle delle Pignatte nord, Molino Nuovo di Mezzomonte, Folgaria, Passo del Sommo. Gruppo Montuoso: ALTOPIANO Dl LAVARONE-LUSERNA Sigla V-VT AL V-VT AL 01: Versante sinistra Astico Limiti (da ovest verso sud): Carbonare, Val d'Astico fino a Casotto, Val Torra, M. Costesin, margine altopiano per Luserna-Piazzo Alto-Oseli-Nosellari, Carbonare. V-VT AL 02: Altopiano di Luserna-Le Vezzene

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Limiti (da ovest verso sud): Piazzo Alto, margine altopiano per Luserna-M. Costesin, Val Postesina, Bocca di Forno, margine settentrionale altopiano per Pizzo di Levico-Piazzo Alto. Gruppo Montuoso: ALTOPIANO DEI SETTE COMUNI Sigla V-VT SC V SC 01: Le Bragonze Limiti (da ovest verso sud): Chiuppano, margine pedemontano per Centrale, Montecchio Precalcino, Torrente Astico per Lugo-Calvene-Chiuppano. V SC 02: Colline pedemontane Limiti (da ovest verso sud): T. Astico fra Calvene e Breganze, margine pedemontano per Mason Vicentino - Marostica-Bassano del Grappa, Sarson, allineamento S. Michele-Crosara-Laverda, Val del Ponte, Valle di sotto, Mare, Val Vesene, Calvene. V SC 03: Grande versante in sinistra Astico Limiti (da sud verso ovest): Cogollo del Cengio, Val d'Astico fino a Casotto, Val Torra, M. Costesin, margine altopiano per M. Cucco-Cima Campolongo-Castelletto-Val d'Assa-Vallone del Ghelpac-Cima Arde-M.Cengio, Campiello, Val Canaglia fino a Cogollo del Cengio. V SC 04: Grande scarpata meridionale Limiti (da ovest verso nord): Cogollo del Cengio, Val Canaglia, Campiello, margine altopiano per Cima del Gallo- M. Paù-Cima Fàvaro-M. Sunio, Pian del Pozzo, Cavalletto, T. Chiavona per Lore-Mortisa-Calvene, T. Astico fra Calvene e Cogollo. V SC 05: Sistema di conche di scarpata Lusiana-Conco Limiti (da ovest verso sud): Grumale, Val Vesene, Mare, Valle di sotto, Valle del Ponte, allineamento Laverda- Crosara-S. Michele, Sarson, cresta per M. Caina, margine altopiano per Rubbio-Le Porte-Bocchetta-Mazzette, T. Chiavona per Lore-Mortisa-Grumale. V-VT SC 06: Cima Larici-Cima Manderiolo Limiti (da ovest verso nord): Sorgenti dell'Assa, Val Postesina, Bocca di Forno, margine settentrionale altopiano per Cima Manderiolo-Cima Larici, Porta Renzola, T. Renzola fino a confluenza su Assa, Val d'Assa fino alle sorgenti. V SC 07: Monte Verona Limiti (da nord verso est): Sorgenti dell'Assa, Val d'Assa, margine altopiano fra M. Viscali-Castelletto-Cima Campolongo-M. Cucco, M. Costesin, Sorgenti dell’Assa. V SC 08: Conca di Asiago Limiti (da ovest verso nord): margine altopiano da Cima Tre Pezzi a Camporovere, margine pianori di Asiago fra Buscar-Rodighieri-Rigoni-Gallio-Bèrtigo-Turcio-Poslen-Boscon-Cesuna-Ponte sul Ghelpac-Cima Tre Pezzi. V SC 09: Altopiano meridionale Limiti (da sud verso est): Campiello, margine altopiano per Cima del Gallo-M. Paù-Cima Fàvaro-M. Sunio, Pian del Pozzo, Cavalletto, margine altopiano per Mazzette-Bocchetta-Le Porte-Rubbio-M. Caina, margine orientale altopiano per Casare di Campolongo-Sasso-Stoccaredo, Il Buso, alta Val Frenzela fino a Valle dei Ronchi, margine pianoro di Asiago per M. Sisemol-Bertigo-Turcio-Poslen-Boscon-Cesuna-Ponte sul Ghelpac-Cima Arde-M. Cengio, Campiello. V SC 10: Versante orientale in destra Brenta Limiti (da est verso nord): Valle del Brenta fra Sarson e Primolano, margine altopiano per Enego-M. Spitz- Valgadena-Sasso Rosso-Val Frenzela, il Buso, margine altopiano per Stoccaredo-Sasso-Casare di Campolongo-M. Caina, cresta M. Caina-M. Campesana fino a Sarson. V SC 11: Monte Lisser-Enego Limiti (da ovest verso nord): Ponte sulla Valgadena della strada Foza-Stoner, Valgadena, Val Maron, Malga Val Bella, Campo di sopra (Malga Campo), Val dei Brentoni, ciglio orientale dell'altopiano per La Bella Stella-Enego- Col Bartaise-M. Spitz-Stoner-Valgadena. V-VT SC 12: Melette-Marcesina Limiti (da ovest verso nord): Val dei Ronchi, Valle di Campomulo, Malga Mandrielle, il Verde, Stretta delle Prusche, Busa Scura, Campo di sotto, T. Tomba, ciglio altopiano per Col del Vento-Colle Val d'Antenna, Val dei Brentoni, Campo di Sotto (Malga Campo), Malga Val Bella, Val Maron, Valgadena, strada per Stoner, ciglio altopiano per Ori Chiomenti- Sasso Rosso-S. Francesco, il Buso, Val Frenzela fino a Val dei Ronchi. V-VT SC 13: Altopiano sommitale Limiti (da ovest verso nord): Bivio Italia, Fontanello del Cuvolin, Passo di Val Caldiera, ciglio altopiano per M. Ortigara-Cima della Caldiera-Cima Isidoro-Castelloni S. Marco-Salton, T. Tomba, Campo di sotto, Busa Scura, Stretta delle Prusche, Val Scura, strada Buso del Diavolo-Piazza delle Saline-M. Forno-Bivio Italia. V-VT SC 14: Dorsale Cima XI-Portule-Meatta Limiti (da est verso nord): Bivio Italia, Fontanello del Cuvolin, Passo di Val Caldiera, ciglio altopiano per M. Castelnovo-Cima XI-Cima XII-M. Trentin-Cima Portule, Porta Renzola, Val Renzola, Val d'Assa, Val Galmarara fino a Bivio Italia. V SC 15: Altopiano Val di Nos Limiti (da est verso nord): Val dei Ronchi, Valle di Campomulo, Malga Mandrielle, Il Verde, Stretta delle Prusche, Val Scura, strada Buso del Diavolo-Piazza delle Saline-M. Forno-Bivio Italia, Val Galmarara, Val

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d'Assa, Camporovere, margine pianori di Asiago per Buscar-Rodighieri-Rigoni-Gallio, Val Frenzela fino a Val dei Ronchi. V-VT SC 16: Grande versante settentrionale Limiti (da nord verso est): Borgo Valsugana, Valsugana fino a Primolano, ciglio altopiano per La Bella Stella-Colle V. d'Antenne-Col del Vento-Salton-Cartelloni di S. Marco-Cima Isidoro-Cima della Caldiera-Cima Ortigara-M. Castelnovo-Cima XI-Cima XII-M. Trentin-Cima Portule-Cima Larici-Cima Manderiolo, Bocca di Forno, Vallone di Barco, Malga Costa, Val di Sella, T. Moggio, Borgo Valsugana. Gruppo Montuoso: LAGORAI-CIMA D'ASTA-COPPOLO Sigla V-VT CV V-VT CV 02: Monti di Arsiè-Monte Agaro Limiti (da est verso nord): Fonzaso, Ponte della Serra, T. Senaiga, Forcella Cavallara, valle laterale sinistra del T. Grigno, T. Grigno, Grigno, Valsugana fino a Cismon del Grappa, Val Cismon fino a Fonzaso. Gruppo Montuoso: MONTI BERICI Sigla V BR V BR 01: Monti Berici occidentali Limiti (da ovest verso nord): margine collinare compreso fra Lonigo S.Giustina di Fara-Meledo-Santa Apollonia, San Gaudenzio, Bocca d’Ansiesa, Sant'Antonio di Pederiva, Val Liona fino ad Orgiano-Spessa, margine collinare fra Spessa e Lonigo. V BR 02: Versante sud-orientale Limiti (da ovest verso sud): Longara, margine altopiano per M. Brosimo-M. della Croce-M. Castellaro-M. della Cengia-M. Tondo, Bocca d'Orno, crinale di Spessa fino a Campagnola, margine collinare da Campagnola a Montegalda per Ponte di Barbarano-Monticello-Villaganzerla, margine collinare compreso fra.Montegalda e Longara. V BR 03: Sistema degli Altipiani relitti Limiti (da sud verso ovest): Sossano, Val Liona, S. Antonio di Pederiva, Bocca d'Ansiesa, S. Gaudenzio, Santa Apollonia, Vo di Brendola, margine collinare compreso fra Brendola-Altavilla Vicentina-Vicenza-Longara, margine altopiano per M. Brosimo-M. della Croce-M. Castellaro-M. della Cengia-M. Tondo, Bocca d'Orno, crinale di Spessa fino a Campagnola, margine collinare fra Campagnola e Sossano. Gruppo Montuoso: MONTI EUGANEI Sigla V EU V EU 01: Monti Euganei Limiti: idem Gruppo Montuoso: MASSICCIO DEL GRAPPA Sigla V MG V MG 01: Versante sinistra Brenta Limiti (da sud verso ovest): Rivagge presso Pove del Grappa, Valsugana fino a Cismon del Grappa, Pedancino, cresta per Casoni Coli-Col Bonato-Colle Averto-M. La Gusella, Alb. Bellavista, crinale per Prà Gollin-La Croce- Rivagge. V MG 02: Grande scarpata meridionale Limiti (da sud verso est): Rivagge, limite inferiore della scarpata per Borso del Grappa-Possagno-Pederobba, crinale per M. La Castella-Monfenera, ciglio altopiano per M. Tomba-Castel Cesil-M. Boccaor-M. Cornosega-M. Noselari- Alb. Bellavista, crinale per Prà Gollin-La Croce-Rivagge. V MG 03: Sistema degli altipiani del Grappa Limiti (da ovest verso nord): Alb. Bellavista, margine altopiano per M. La Gusella-Col Moschin-Col Caprile-Col Bonato, Casoni Camer, Col dei Prà, Col dei Prai, Col di Buratto, M. Pertica, M. Grappa, Rifugio Bassano, ciglio altopiano per Col Formiga-M. Colombera-M. Cornosega-M. Noselari-Alb. Bellavista. V MG 04: Dorsale Monte Prassolan Limiti (da ovest verso sud): T. Cismon, crinale per Casoni Camer, Col dei Prà, Col dei Prai, Col di Burato, M. Pertica verso M. Grappa, Val dei Lebi, Val dei Pezzi, Val dello Stizzon fino a Seren del Grappa, Arten, Fonzaso, Val Cismon fino ai pressi di Cismon. V MG 06: Colline di Crespano Limiti (da sud verso est): Rivagge, limite inferiore della scarpata per Borso del Grappa-Possagno-Pederobba, F. Piave fino a Barche, La Valle, Casonetto, Pagnano, Fonte Alta, S. Zenone degli Ezzelini, Bassano del Grappa, Rivagge. V MG 07: Colline di Asolo Limiti (da ovest verso nord): S. Zenone degli Ezzelini, Fonte Alta, Pagnano, Casonetto, La Valle, Barche, Cornuda, Maser, Casella, S. Zenone.

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LE RISORGIVE Le risorgive derivano dall’affioramento in superficie della falda freatica e costituiscono uno dei caratteri ambientali più tipici della Pianura Padana, dove sono distribuite lungo una ristretta fascia (“fascia delle risorgive”). Questo fenomeno geologico viene da secoli sfruttato dall’uomo mediante l’escavazione artificiale dei “fontanili”, che captano e convogliano le acque emergenti naturalmente dal terreno. La fascia delle risorgive si colloca lungo una linea ideale che si estende dal Piemonte al Friuli. Essa ha una larghezza variabile fra i 2 ed i 30 km e corrisponde, in generale, al punto di contatto fra le alluvioni permeabili (ghiaiose) dell’Alta Pianura e quelle più fini e meno permeabili della Media Pianura. Da tale fascia ("fascia dei fontanili") traggono origine alcuni dei principali corsi d’acqua della Pianura vicentina.

AMBIENTI DI RISORGIVA

Le risorgive sono, ad un tempo, biotopi di grande rilevanza naturalistica e risorse idriche importanti. Quest’ultimo aspetto ha determinato la diffusa utilizzazione da parte dell’uomo di tali risorgenze mediante trasformazione nei cosiddetti “fontanili”. Si tratta di escavazioni praticate fino a raggiungere il livello freatico, da cui si diparte un ramo, inizialmente ristretto, cui fa seguito un canale emissario. La zona di scavo, dove si trovano le polle, costituisce la “testa”, la porzione successiva prende il nome di “asta” del fontanile. Le risorgive rivestono particolare valore ambientale, per la particolarità dei microambienti che vi si rinvengono. Proprio per la loro origine sotterranea le componenti ambientali delle risorgive si caratterizzano fortemente. Infatti esse ospitano, in un’area relativamente ristretta, elementi vegetazionali e faunistici appartenenti sia alle comunità delle acque sotterranee, sia a quelle delle acque lentiche, con elementi – nei tratti delle aste – legati alle acque correnti. Nelle aree circostanti la risorgiva si sviluppa un ambiente umido stabile che con gradualità sfuma nelle tipologie ambientali contermini. Nonostante l’importanza di questi ambienti, in molti casi, almeno nel Veneto, vi è la totale assenza di informazioni circa l’esistenza e l’ubicazione delle risorgive.

INDICE DI FUNZIONALITÀ DELLA RISORGIVA

Lo “Studio finalizzato alla tutela e valorizzazione delle risorgive della Provincia di Vicenza” del maggio 2004 fornisce un quadro aggiornato della situazione delle risorgive, definendo il loro stato qualitativo, biologico, idrogeologico ed ecologico. Il punto di partenza dell’approccio metodologico attuato è stata la progettazione multidisciplinare di una scheda di censimento e valutazione (scheda I.F.R. – Indice di Funzionalità della Risorgiva), sulla quale si è basata la raccolta dei dati e la valutazione delle risorgive. La scheda si riferisce ad una serie di parametri, ai quali vengono collegati dei valori numerici, da rilevare in sito. Il presupposto metodologico di partenza è stata l’attribuzione del significato di indicatori ai parametri selezionati. In definitiva, la selezione dei parametri ha avuto come obiettivo prioritario quello di individuare dei validi indicatori ambientali, secondo l’accezione più classica e consolidata del termine. Ai parametri selezionati corrispondono, infine, dei valori numerici che portano alla quantificazione dell’I.F.R.. Per una più facile lettura della valutazione, l’indice I.F.R., che può variare su una scala di valori compresa fra 5 e 30, è stato suddiviso (con crescenti livelli di qualità) in 4 classi. Viene considerata come “ottimale” (e quindi con punteggio dell’I.F.R. più alto), la situazione a cui corrisponde una maggiore complessità ecosistemica, anche se questa situazione è mantenuta artificialmente per evitare il naturale processo evolutivo di interrimento della risorgiva stessa. Ai fini delle analisi effettuate le risorgive censite risultano adeguatamente numerate e cartografate, associando ad ognuna di esse i parametri qualitativi e quantitativi rilevati e contenuti nelle schede IFR. L’individuazione, le schede nonché le modalità di compilazione della Scheda IFR sono specificate nello studio “Tutela e valorizzazione delle risorgive della Provincia di Vicenza” agli atti degli uffici provinciali competenti.

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La Carta Geomorfologica

GENERALITA’

La carta geomorfologica costituisce uno strumento di analisi del territorio di fondamentale importanza per la conoscenza degli aspetti relativi al modellamento del rilievo e offre la base per prevederne l'evoluzione futura.

Ad essa si è cercato di dare un’impronta applicativa mettendo in evidenza, attraverso una selezione degli elementi più significativi, i fenomeni naturali ed antropici che concorrono assieme ad altri fattori (litologia, giacitura, uso del suolo, pendenze, etc.) alla definizione della pericolosità geologica di un’area e, di conseguenza, del rischio per gli abitati e le infrastrutture.

Si tratta, pertanto, di un documento la cui lettura può fornire immediate conoscenze sullo stato di dissesto idrogeologico di una data zona. Può essere considerata, inoltre, una base per studi territoriali di dettaglio e per verifiche geologiche puntuali.

La carta è stata elaborata sulla base di documenti di archivio quali: la bibliografia ufficiale esistente; le cartografie geomorfologiche redatte in occasione della stesura dei Piani Comunali, in particolare per le forme di dissesto dovute sia a fenomeni gravitativi sia a quelli inerenti alla denudazione e all’erosione fluviale e torrentizia; rilievi di campagna.

Inoltre, al fine di rendere omogenei i dati sull’intero territorio provinciale, si è proceduto all’analisi interpretativa delle fotografie aeree. Nell’analisi si è tenuto conto delle informazioni ricavabili dalla Carta Geolitologica e Idrogeologica del presente Piano.

Per la redazione della carta stessa è stata utilizzata la legenda proposta dal Gruppo di Lavoro per la Cartografia Geomorfologica (Servizio Geologico Nazionale e Gruppo Nazionale di Geografia Fisica e Geomorfologia del CNR) adattata alle esigenze della realtà territoriale della Provincia, sulla base anche dello schema per la stesura dell’analoga cartografia tematica a corredo degli strumenti urbanistici provinciali proposto dalla Regione Veneto (Allegato A alla Dgrv n. 397 del 26/02/2008).

CRITERI DI ELABORAZIONE

La carta realizzata si limita a quegli elementi che hanno determinato processi evolutivi particolarmente penalizzanti nei confronti dell’utilizzo delle aree direttamente sottoposte a tali processi o che sono influenzate dallo sviluppo dei fenomeni stessi. Pertanto, sono state evidenziate solo le forme che hanno influenza sulle condizioni morfogenetiche attuali, e cioè: le forme di versante dovute alla gravità, le forme fluviali e di versante dovute al dilavamento, ed i fenomeni di valanga, in considerazione della loro variabilità, periodicità ed evoluzione nel tempo.

Con l’eccezione delle forme crionivali delle valanghe, l’attività morfoevolutiva delle singole forme può essere suddivisa in: forme in evoluzione per processi attivi o riattivabili; forme non più in evoluzione e non più riattivabili, nelle condizioni morfoclimatiche attuali, sotto l’azione dello stesso processo morfogenetico principale. Il dettaglio sopra menzionato richiede una analisi approfondita con rilievi di campagna specifici.

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GLI ELEMENTI GEOMORFOLOGICI

Gli aspetti geomorfologici evidenziati nella cartografia in esame indicano in particolare le zone più stabili nel tempo come le superfici degli altopiani carbonatici, mentre le scarpate perimetrali e le incisioni dei canyon fluviocarsici mostrano, in contrapposizione, un veloce mutamento del loro aspetto, evidenziato dalle forme erosive e gravitative che contribuiscono all’aumento del rischio per le strutture e infrastrutture sottoposte.

A tal riguardo si segnalano gli innumerevoli episodi di caduta massi lungo le viabilità di fondovalle e sugli abitati distribuiti a ridosso delle pareti rocciose che costituiscono i ripidi versanti vallivi, in particolare dell’Astico e del Brenta.

Analoga pericolosità, ma rischio minore in ragione della più scarsa presenza antropica, si registra alla base dei pendii in erosione dei versanti orientali del Pasubio e della dorsale C.ma Carega, C.ma Campo d’Avanti, le cui condizioni sfavorevoli sussistono genericamente anche per la presenza di coni e falde detritici molto acclivi, specialmente se disboscati.

L’aggravamento dei fenomeni di crollo può verificarsi in concomitanza di precipitazioni particolarmente intense o di lunga durata, inoltre, non si può escludere l’effetto scatenante delle scosse sismiche.

Il fattore litologico, evidentemente, influenza in maniera notevole la morfologia del territorio e tale connessione si dimostra molto evidente nei settori interessati da copertura di materiali eluviali e colluviali derivati dalla disgregazione e dall’alterazione delle formazioni marnose, piroclastiche e laviche argillificate. Infatti, in queste aree, il modellamento dei versanti mostra forme dolci ma caratterizzate da una capillare rete idrografica con incisioni torrentizie spesso marcate ed in approfondimento. L’aspetto più importante è quello dell’ampia diffusione dei movimenti franosi dovuti alle colate di terra e alle deformazioni superficiali tipo creep, ben evidenti nelle zone del Marosticano e sulle dorsali che fiancheggiano l’Agno e il Chiampo.

Gli elementi geomorfologici riportati nella carta geomorfologica vengono di seguito elencati:

Frane

In quanto a diffusione, hanno particolare evidenza i movimenti franosi presenti sui ripidi versanti calcarei che bordano gli altipiani e le pendici orientali del Pasubio, nonché quelli che caratterizzano i pendii dei rilievi collinari costituiti da terreni a composizione vulcanica e vulcanoclastica (zone del Marosticano e dorsali tra Agno e Chiampo). Tra i principali fenomeni, intesi come estensione areale, si ricordano: la frana Brustolè di Arsiero e Velo d’Astico, le frane del Rotolon e Fantoni a Recoaro, la frana Marogna di Casotto in Valdastico.

Sono stati in genere distinti gli orli di scarpata di degradazione (o nicchie di frana) di distacco dei movimenti gravitativi per crollo, scorrimento e colamento, con le relative forme di deposito (i corpi di frana), quando riconoscibili. Moltissimi episodi franosi, non perimetrati o perimetrabili alla scala provinciale per le ridotte dimensioni, sono stati evidenziati con apposita simbologia. Tra i movimenti gravitativi va segnalata anche la presenza di superfici dissestate da creep: processi di deformazione plastica superficiale, diffusi in particolare sui versanti della valle del Chiampo, che possono essere anche provocati dagli accumuli di discarica delle cave.

Per quanto riguarda l’evoluzione dei fenomeni, è bene ricordare che anche se l’evento non è stato considerato attivo, è statisticamente ipotizzabile la sua ripresa o l’insorgere di nuovi episodi che si possono sviluppare in considerazione della fragilità dell’area.

Il simbolo delle scarpate di degradazione si riferisce al ciglio delle scarpate dovute ad erosione e degradazione a seguito di fenomeni di frana in genere, sia per crolli sia per erosione al piede (talora originando creste e strette dorsali) o per arretramento delle incisioni ad opera dei corsi d’acqua e degli episodi valanghivi. Le più diffuse forme in evoluzione sono rilevabili sul versante Est delle dorsali I Tre Apostoli – Cima Campo d’Avanti e del Dosso del Cavallone – M. Forni Alti, sui cigli delle incisioni che delimitano l’altopiano dei Sette Comuni, lungo la Valsugana e la Valdastico

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(Costo, Priaforà – Summano). La pericolosità di queste emergenze è riconducibile alla possibilità di frane, soprattutto per caduta massi e di apporti solidi lungo le incisioni.

Detrito di versante

Nella cartografia sono stati distinti i coni di detrito, derivanti dallo scarico alla base dei canaloni, dalle falde detritiche conseguenti all’accumulo proveniente genericamente dalle scarpate di degradazione per effetto di agenti meteorici e/o crioclastici.

La fase attiva di tali fenomeni è conseguente al ripetersi di episodi successivi di crollo, provocata, talora, da riattivazioni neotettoniche. L’interesse applicativo è rivestito dalle direttrici di maggiore attività dei coni per la possibilità di colate detritiche.

Risultano diffuse sull’intero territorio provinciale con maggiore evidenza in corrispondenza di scarpate erosive.

L’alimentazione dei coni detritici, a seguito di periodiche scariche di materiale lapideo, proviene dalle ripide incisioni morfologiche (o canaloni) in terreni litoidi; nei periodi idonei è sede preferenziale per i fenomeni di valanga.

Le scarpate di roccia, soprattutto in calcari e dolomie, danno preferenzialmente luogo a tali tipi di morfologie detritiche al piede delle stessa; per tale ragione sono diffuse sui versanti orientali delle citate dorsali del Pasubio, sulle scarpate delle profonde incisioni fluviali del Brenta e dell’Astico e sui pendii caratterizzati genericamente da ripide pareti rocciose.

Conoide alluvionale

Il conoide alluvionale rappresenta la forma di accumulo a seguito della deposizione dei materiali sciolti ad opera dei corsi d’acqua. Costituisce, nel complesso, una morfologia debolmente acclive e stabile.

Dal punto di vista applicativo, è significativa la parte attiva coincidente con la direttrice di deflusso, per la possibilità di esondazione, di erosione e di trasporto solido.

I conoidi alluvionali più significativi per la loro estensione areale o per la loro importanza in relazione all’attività insediativa sono quelli del Paleo-Astico a Piovene Rocchette, del Leogra a Pievebelvicino e Schio. Molti sono quelli dovuti a corsi d’acqua minori tributari delle valli principali.

Ventaglio di esondazione

L’unico ventaglio di esondazione perimetrato è ubicato nella zona dell’aeroporto di Asiago. Dal confronto con la Carta geologica di Asiago alla scala 1:50.000, l’area insiste su materiali ghiaiosi appartenenti a sedimenti antichi alluvionali e fluvioglaciali, inseriti nel “Supersintema dei Sette Comuni”. L’importanza applicativa ricade sulle condizioni geotecniche dei materiali di deposito che, talora, assumono parametri scadenti.

Scarpate di erosione e di terrazzo fluviale

Gli orli delle scarpate e dei terrazzi di origine fluviale sono stati individuati nella carta geotematica in esame, in ottica alla loro possibile riattivazione a seguito di dissesti idrogeologici. La loro tendenza all’evoluzione erosiva pertanto è segnalata per consentire una corretta pianificazione del territorio.

Gli esempi più evidenti si riscontrano allo sbocco in pianura delle principali valli (Valdastico, Valsugana, etc.).

Tracce di antichi percorsi fluviali e fluvioglaciale

Sono morfologie non più attive e rappresentano paleoalvei di corsi d’acqua, scaricatori fluvioglaciali ed antiche direzioni di scorrimento; queste ultime identificate spesso con percorsi a quote più elevate rispetto ai fondovalle attuali.

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Sono stati cartografati, oltre che in vaste aree della pianura alluvionale, nella valle dell’Agno, nelle parti terminali della Valdastico e della valle del Posina e a Sud dei M. Berici (valle Liona).

Forra

Genericamente sono intese come accentuati fenomeni di erosione fluviale, specialmente in roccia, con possibili episodi di evorsione e locali cascate (Montagna Spaccata a Valdagno, etc.).

Valanghe

La valanga è un fenomeno che si verifica quando una massa di neve o ghiaccio improvvisamente si mette in moto su un pendio a causa della rottura della condizione di equilibrio presente all'interno del manto nevoso, ovvero quando la gravità che agisce sul pendio innevato supera le forze di coesione del manto nevoso che agiscono in senso opposto, precipitando verso valle. Durante la discesa può coinvolgere altra massa nevosa assumendo così dimensioni via via maggiori e raggiungere velocità anche superiori ai 300 km/h. Il distacco della massa di neve può essere provocato da varie cause: naturali, umane (sciatori), l'azione del vento, ecc.

Risaltano in maniera evidente, anche per la localizzazione in aree particolari, le forme dovute ai canaloni di valanga e dei relativi coni. Per la loro ubicazione è stato di aiuto fondamentale l’utilizzo della cartografia delle valanghe predisposta dalla Regione Veneto.

La loro pericolosità appare sostanziale, attese le caratteristiche di frequenza ed intensità dei loro effetti sul territorio. E’ significativo evidenziare che la maggior parte dei medesimi siti di valanga sono da interpretare come canaloni con scariche detritiche attivi nei periodi privi di neve.

Le aree diffusamente interessate sono: il versante Nord del M. Verena, il Costo a Nord di Cogollo del Cengio, le pendici Est del gruppo Carega – Pasubio (dal M. Coston al Soglio dell’Incudine al M. Zovo e al M. Campetto), Spitz di Tonezza, etc.

Cave

Sito estrattivo di minerali di seconda categoria come individuati dal RD 1443/27 – art. 2, subordinato, a seguito di esplicita domanda e sulla base di adeguata documentazione progettuale presentata dal richiedente, ad apposita autorizzazione regionale, e sottoposto alla disciplina della LR 44/82, come successivamente modificata ed integrata.

La presenza di attività di cava nel territorio provinciale è indicata nella cartografia in esame sulla base della loro attività in: attive e non attive.

Miniere

Sito estrattivo di minerali di prima categoria come individuati dal RD 1443/27 – art. 2, con giacimento riconosciuto dall’Autorità Mineraria (Regione), appartenente al patrimonio indisponibile della Regione, assegnato in concessione al richiedente munito di idonea capacità tecnico-economica, e sottoposto alla disciplina del RD 1443/27 stesso, come successivamente integrato e modificato.

L’attività dei cantieri minerari è distinta sulla scorta dei dati forniti dalla Regione Veneto, aggiornati al 23/11/2010.

Discariche

La discarica è un’area adibita a smaltimento dei rifiuti mediante operazioni di deposito sul suolo o nel suolo, compresa la zona interna al luogo di produzione dei rifiuti adibita allo smaltimento dei medesimi da parte del produttore degli stessi, nonché qualsiasi area ove i rifiuti sono sottoposti a deposito temporaneo per più di un anno. Sono esclusi da tale definizione gli impianti in cui i rifiuti sono scaricati al fine di essere preparati per il successivo trasporto in un impianto di recupero, trattamento o smaltimento, e lo stoccaggio di rifiuti in attesa di recupero o trattamento per un periodo inferiore a tre anni come norma generale, o lo stoccaggio di rifiuti in attesa di smaltimento per un periodo inferiore ad un anno.

Le discariche presenti nel territorio provinciale sono perimetrale nella presente carta geotematica.

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PTCP Vicenza

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Microrilievo dell’area di pianura

Il microrilievo dell’area di pianura è stato elaborato a partire dai punti quota del territorio estratti dalla Carta Tecnica Regionale alla scala 1:5.000 mediante un processo di kriging, finalizzato all’ottenimento di un raster con maglia 50x50 m, ed un successivo processo di contour, allo scopo di produrre curve di livello ogni 5 m nelle zone a maggior pendenza corrispondenti all’alta pianura vicentina ed ogni metro nelle zone di minor pendenza corrispondenti alla media e bassa pianura vicentina.

Alcuni elementi geomorfologici assumono con la rappresentazione del microrilievo particolare evidenza:

-i conoidi alluvionali antichi nell’alta pianura;

-gli alvei depressi dei principali fiumi (Brenta, Astico, Bacchiglione) ed i dossi arginali (Bacchiglione);

-le grandi aree depresse della Val Liona e della zona compresa tra Berici e Lessini;

-le piccole aree depresse delle cave (nelle conoidi di alta pianura e lungo il T.Astico);

-i rilevati dei principali assi stradali (Autostrada della Valdastico);

-rilievi collinari isolati nella pianura.