artexpo catalogo 2010

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2010

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il catalogo della prima edizione di artexpo - fiera della cultura

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ArtExpò 2010

25 -26 agosto 2010

Il presente catalogo è stato realizzato con il contributo di:

realizzazione editorialeArte stampa Editore

testo criticoGiuseppe Varone

grafica e impaginazioneFrancesco Di Traglia

© 2010 - ISBN

Città di Pontecorvo

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L’Associazione culturale Lakasatasakapata

con il patrocinio di

Comune di PontecorvoUniversità degli Studi di Cassino - Dipartimento Scienze Economiche

Banca Popolare del Cassinate

e con la partecipazione di

Galleria d’arte Il Salottino - Arpino

presenta

ArtExpò 2010

25 - 26 agostoPontecorvo (Fr)

Editore

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L’associazione culturale Lakasatasakapata e l’organizzazione tutta della prima edizione di ArtExpò - Fiera della Cultura volge i propri ringraziamenti alla Banca Popolare del Cassinate, che si è mostrata attenta e pronta al ri-spondere alle esigenze culturali del territorio e a promuovere iniziative volte a migliorare la fruizione e la divulgazione delle opere di giovani artisti, con-tribuendo preziosamente alla realizzazione del presente catalogo.

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La vitalità e la ricchezza di una comunità si misurano anche attraver-so forme di espressione, di coesione sociale e culturale. Spettacoli, even-ti culturali, manifestazioni artistiche rappresentano per la comunità che le promuove la voglia di esprimersi e di esprimere la propria volontà di par-tecipazione attiva, che porta al risultato di un arricchimento personale e collettivo. Arte e cultura si trasformano in tal modo in risorse generatrici di un movimento corale capace di amplificare i propri effetti stimolando altre nuove idee e iniziative individuali. Compito di un’amministrazione deve es-sere quello di moltiplicare la forza di azioni e stimoli, creando le condizioni tali affinché iniziative si sviluppino nel tempo e nello spazio.

In questo momento molte buone idee si stanno trasformando in rassegne o manifestazioni alla loro prima edizione, coinvolgendo in modo attivo le varie associazioni organizzatrici che in sinergia si uniscono e collaborano. In tale contesto nasce ArtExpò, una vetrina per giovani artisti che avranno modo di incontrarsi e di confrontarsi tra loro. Una fiera della cultura, dove pittori scultori e fotografi esporranno le proprie opere d’arte.

Il presente catalogo, che raccoglie le opere esposte nella nostra città da artisti provenienti da diverse parti d’Italia, sarà testimonianza nel tempo di questa prima edizione e divulgherà oltre i confini cittadini il messaggio arti-stico che ArtExpò si propone.

Con l’auspicio che questa ed altre iniziative crescano sempre più nel tempo, non mi resta che augurare a coloro che si accingono ad ammirare, seppur in forma cartacea, le seguenti opere le stesse emozioni che nel mio animo hanno suscitato.

Il Sindaco di Pontecorvo Avv. Michele Sirianni Notaro

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ArtExpò 2010

Giuseppe Varone

A Pontecorvo, dove solidarietà culturali e sociali si coordinano in un uni-co movimento e intento, nasce il progetto ‘Artexpò 2010’: un universo non omogeneo nel quale e per il quale complicità ed espressioni tra le più diver-se convergono dialetticamente.

In controluce alle attese del manifesto del mirabile e coraggioso pro-getto, la partecipazione degli artisti, con le loro opere dal linguaggio, dal gusto e dalla pratica molteplici, variamente orientate verso orizzonti valo-riali insieme noti e sconosciuti, non segue un sistema filosofico ed estetico, piuttosto lascia libero il campo a una ricca esplorazione di verità, qualunque sistema ne possa venire favorito, con l’inclinazione, meno patente eppur risolutamente vibrante nei referenti naturali e non, a promuovere il senso della ricerca in se, dando impulso nel contempo a scoperte che sfiorano e velatamente narrano a sottovento della poesia l’intérieur, senza mai total-mente svelare la rivelazione e compiutamente prevedere l’accomodarsi in un unico inderogabile sistema di segni e di significati.

Ciascun artista coinvolto nella prima edizione dell’‘Artexpò’ di Pontecor-vo sembra foggiarsi nell’arte sua come un moderno viaggiatore dedito al racconto di frammenti di vita e di pensiero più o meno afferrabili, altrimenti destinati alla caducità e dunque all’invisibile, di contro, per nostra grazia,

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trasportati in un’assenza di tempo che possiede la fragilità del segno, la leggerezza e la transitorietà del colore, nonché la trasparenza della materia e della memoria, quand’anche dotata della consistenza più visibile, non per questo greve e opprimente come ciò ch’è materiale e mortale, bensì rorida di quell’incanto che è la forza eternante del canto per immagini: pitture e tracce, siano essi posati e stesi sulla tela di juta o solcati sul manto della mera pietra, come pure della tavola tetra.

Viaggiatori volti al racconto di tutto ciò che di singolare e avvenente, di comunitario e problematico, dunque di tormentoso in filigrana, si possa indo-vinare nel tempo inesorabile della pretta Storia, giacché dotati di una natura libera e perlopiù varia nelle sue forme espressive; e quanto di moderno po-tranno traslare su un piano poematico nella cromia cangiante della tavoloz-za caleidoscopica o monocromatica, come pure del segno bizzarro o rego-lare, senza vederlo con gli occhi della natura, lo contemplano e comunicano senza averlo scorto se non nel loro mondo, quello che confina nella propria Weltanshauung e non presenta limiti all’infuori di quelli corrispondenti a un abisso di eterno, dove ogni uomo dotato di coscienza spirituale amerebbe, ama e amerà perdersi, per donarsi l’altra forma disubbidiente al fato.

***

La tendenza più invalsa degli artisti partecipanti sembra essere quella di ridurre il mondo in un unico a tratti misterico linguaggio e tutte le persona-lità in un solo anguillare individuo, con le sue differenze di gusto, senso e forma. La lingua multanime, nel carattere all’apparenza indifferenziato dei codici linguistici, pare divenire una soltanto, còlta in una sola grande pro-

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pagazione, rispondente a un molto vedere, a un molto sentire e creare, affinché con l’esperienza, il confronto e l’assuefazione vibratile al gusto si provi e trovi senza mai riconoscerlo definitivamente il bello assoluto e il suo opposto, mossi da un incontrollabile desiderio di grazia, ovvero quel tipo di bellezza che è diverso dall’ordinario, come straordinario può essere ciò che possiede il suggello della semplicità: l’erompersi del giorno, la fenomeno-logia di un incontro, un raggiante o mesto paesaggio, come pure l’incontro dei due sorrisi dell’amore e della seduzione, giacché ogni cosa penetra nel profondo del cuore e dell’anima bella, quando l’artista, con il suo geniale sorriso e la sua lacrima ardita, pone fine a ogni miserabile miseria umana con la seduzione dell’arte e la vigoria della coscienza nella conoscenza.

***

C’è bisogno per ogni comunità di grandi, intraprendenti e razionalmente sperimentali progetti come questo dell’‘Artexpò’ di Pontecorvo, poiché vi è necessità di una realtà sociale e culturale innervata dell’utopia e dell’ambi-zione di poter cambiare la storia di tutti e la vita di molti attraverso gli stimoli e i sogni di chi crea e di chi sceglie di prendersene cura, non lavorando esclusivamente per le urgenze della realtà ultimamente presente, ma agen-do per se e per l’altro da se in una prospettiva di lunga durata: la suggestio-ne e il valore delle opere in mostra sanciscono un tempo, corrispondente alla misura di ogni cosa bella, ovvero quella di una gioia infinita.

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Fernando Cerro (Pontecorvo 1969), con Antico borgo ciociaro, realizza un bozzetto nel quale vengono intenzionalmente enfatizzati la difformità e l’asimmetria propri degli antichi borghi dell’Italia centrale, ricorrendo, oltre-tutto, a un contrasto cromatico e compositivo che se da una parte esprime il turbinio e il caos effettivi, dall’altra lo rendono irreale, plasmandolo come una sorta di teatro dell’assurdo. Luoghi, oggetti, scorci architettonici e mo-numentali assemblati in un labirinto paradossalmente vivo e autentico, giac-ché attinto alla reale quotidianità di un vissuto arcaico e coevo, dal quale emerge un’intimità abbandonata al caso, dimentica di quanto vi esiste di sublime per dare privilegio a un idillio spontaneo, vivace, arioso, aggrovi-gliato, rapido e leggero, a schizzare planimetrie sfuggenti di antichi spiazzi e rientranze nascoste, un teatro inesauribile di incontri e smarrimenti.

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Fernando CerroAntico borgo ciociaro

olio su tela, 80 x 100, 2010

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Alessia De Magistris (Marino, 1985), con la sua opera Senza titolo 3, dispone con studio filo, tessuto e polvere di marmo sulla tela intessendo un universo cupo, leggero e cedevole, eppure duro nel fondo, estremo e asso-luto, capace di impressionare e convincere. Laddove esperimenta l’incon-futabilità dell’impossibile, svelato e avvenente sotto i nostri occhi, sembra essere fatta preda della egualmente insidiosa malattia della possibilità: in quest’opera-studio niente di tutto ciò che può apparire stabile nella mente sembra dotarsi di una qualsiasi necessità e forma, di contro a una più im-prescindibile esigenza di saggiare e osservare sostituzioni e trasmutazioni possibili, dalla mente alla tela, coinvolta com’è l’artista nel gioco provocante delle combinazioni, delle corrispondenze, nella successione, frequenza e durata del tutto, sempre contemplato come ardente costellazione del pos-sibile autre.

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Alessia De Magistris Senza titolo 3

tecnica mista, filo, tessuto e polvere di marmo su tela, 20 x 30 cm., 2008

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Francesco Di Traglia (Cassino, 1982) con il suo Giardino di notte, con spirito enigmaticamente romantico elabora uno stile che non disdegna il concerto di cupe e geometriche campiture giustapposte in una cromia con-trastante e per contrasto armonica volta alla sintesi di un paesaggio semi-astratto, proprio dell’anima e dunque emblematico di quel preminente suo ardore di rimembranza e trasfigurazione per cielo e per terra, senza mai quiete, sempre fuggendo e inseguendo, notte e giorno, in un tacito rumore di fondo, la povera, pallida, pura e sconfinata forma del creato e della sua poesia.

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Francesco Di TragliaGiardino di notte

olio su tela, cm. 100 x 120, 2010

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Gianluca Fumelli (Roma, 1974) con Tramonto primaverile disloca l’osser-vatore in un immaginario tanto riconoscibile e familiare quanto irreale, poi-ché realizzato per mezzo di un mite abbandono della mimesi, teso a offrire l’impressione e l’emozione di quel dato visivo corrispondente a un istante di vita naturale e incontaminata, per mezzo di un’arte che trova fondamento nel valore puramente espressivo ed evocativo del colore, utilizzato nei suoi toni più tersi, dalla consistenza madreperlacea e dalla cadenza del fiabe-sco. Una linea precisa e una campitura piena per una pittura della natura, osservata e carpita nelle atmosfere silenziose delle sue innumerevoli com-posizioni, delle sue incalcolabili, oniriche eppur realistiche quinte sceniche.

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Gianluca FumelliTramonto primaverile

olio su tela, 50 x 60 cm., 2009

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Michele Masi (Bellosguardo, SA, 1956) espone una Natura morta realiz-zata ad olio su tela con mirabile precisione esecutiva e sorprendente resa luministica. In questo dipinto il sublime senso della composizione si ac-compagna a una personale traduzione della prospettiva, realizzata con una controllata ed elevata distribuzione dei toni dal primo piano allo sfondo della superficie pittorica, generando effetti di luce che con la purezza del colore degli elementi rappresentati partecipano all’incanto della natura osservata e rappresentata. Un dipinto vivo e profumatissimo, nel quale tutto sembra possedere una propria sacralità, poiché l’artista, nei tratti distesi e lineari accoglie in prima istanza la luce del proprio estro, in religioso abbandono.

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Michele MasiNatura morta 3

olio su tela, 50 x 70 cm., 2006

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Samantha Passaniti (Grosseto, 1981) gremisce la sua opera, Coscienza, di volumi contornati e campiti di una tavolozza essenziale, informando lo spazio pittorico senza l’ausilio della prospettiva e del chiaroscuro; impalpa-bili pennellate a suggerire volumi chiusi in un contorno confuso, tanto impe-netrabile da necessitare di segni riconoscibili come lettere, a raccontare di un mondo materiale per poco ancora riconoscibile, di cosa è vivo e di cosa è morente, elaborando una storia che ha il colore leggero del ricordo, poi-ché ciò che descrive non è visto che con l’occhio della mente, ciò che nutre di pensieri inafferrabili e di spumeggianti poetiche fantasie la voce di ciò che custodisce e di rado dissigilla il sottosuolo: la coscienza e il suo fardello, granello di sabbia che esala gioia, cartiglio sconfinato ove ondeggia, parola per parola, dipinta e disegnata che sia, lo spirito.

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Samantha PassanitiCoscienza

acrilico e collage su tela, 90 x 110 cm., 2009

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Aurora Pepi (Grosseto, 1988) con Foglie sull’azzurro lievemente incide sulla molle cera una natura rediviva entro e oltre le percorse, vaghe e sem-plici linee, su un manto variabile e allegro, seppur delicato, ch’è un turbinio magico e disperso di nuance impercettibili che hanno il sapore del pastello e il calore immortale di un bosco con le sue foglie bruciato, rinvenuto, per avventura, nella silhouette di una sineddoche.

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Aurora PepiFoglie sull’azzurro

incisione cera molle, 50 x 70 cm., 2010

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Domenico Poggi (Roma, 1959) con Visione ambientale potenzia di un’in-tensa carica emotiva un baleno di vita colto nell’anonimia di un’immagine umana e paesistica allucinata e notturna, nebulosa e deformata, generando una vaga eppur reboante inquietudine crepuscolare smarrita nelle pieghe di un minimale e misurato espressionismo.

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Domenico PoggiVisione ambientale

olio su tela, 100 x 120 cm., 2009

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Saverio Ruscio (Pontecorvo, 1975), con il suo Senza titolo, presenta una marina insieme cupa e calda, che nell’accostamento dei suoi colori essen-ziali e penetranti, attrae e respinge, per contrasto, come di cosa ravvisata e avvicinata, ma sfuggente e scostante, poiché illusoria e irriconoscibile. Rappresenta la natura con tonalità gravi d’impressione, semplificando la sua tecnica pittorica a una restituzione dei volumi, per mare, per cielo e per terra, come del vento e della luce con tutto il suo buio, con passate com-passate di colore puro. Accentua la ricchezza della luce in punti di messa a fuoco non semplicemente corrispondenti all’orizzonte, ma affinando l’intera struttura di focali zone d’ombra e di luce, modulando il tutto con il colore e non modellandolo con effetti chiaroscurali, per ottenere con un sistema più espressivo e parallelo una più intensa empatia con la natura contemplata.

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Saverio RuscioSenza titolo

olio su tela, 50 x 70 cm., 2009

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Antonella Varone (S. Giovanni Bianco, BG, 1984) presenta un suo lavoro scenografico, Turandot, atto II, quadro I: con tecnica mista rievoca la pos-sente e melanconica narrazione dell’opera pucciniana entro una partitura metaforica dal vigoroso impatto emotivo, avvolgente in una parte il tutto della cornice sontuosa e lirica. Un frantume multiplo che si fa epopea latri-ce dell’eredità ricolma di orchestrale esotismo, atto a rammemorare quel mondo a suo modo crudele, ovvero l’antica corte imperiale cinese, entro la quale la vicenda dell’opera si compie. Atto scenografico come opera d’ar-te a se, giacché in grado di rievocare quel repertorio moderno, quel fasto orchestrale, suggellandolo in un’unica eppur polifonica melodia dal ritmo sicuro, in una combinazione variabile e polimorfa dove realtà e finzione rasentano il nonsense, narrando di un mondo dal fascino ambiguo e dram-matico dell’Oriente.

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Antonella VaroneTurandot, atto II, quadro I

acquerello e gessetto su carta, 18 x 35 cm., 2008

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