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Associazione Teatrale THE WAY TO THE INDIES - Argillateatri Sede legale: Via Caulonia, 15 - 00183ROMA - 06.77071899 - P.I. 04572261008 e-mail [email protected] www.argillateatri.org Argillateatri. La storia. L'Associazione Teatrale THE WAY TO THE INDIES nasce nel 1990 dall'esperienza di Lanterna Rossa (1972) che, - dapprima come centro di aggregazione politica, libreria e biblioteca popolare del quartiere romano Quadraro-Cinecittà, quindi come Teatro Autogestito in continuo confronto e scambio con i maggiori gruppi di teatro politico internazionale - ha rappresentato, negli anni '70 ed '80, uno dei primi esperimenti di teatro globale; un progetto di ricerca e sperimentazione di tecniche, filosofie, pensieri, arti, energie, visioni e solidarietà che avevano come fine ultimo la presenza, la comunicazione, la costruzione concreta ed autentica degli strumenti utili alla rappresentazione. Dal 1990 The Way to the Indies ha proseguito, non soltanto idealmente, questo progetto visionario e unico, dando vita ad un teatro aperto che racchiude in sé esperimenti ed esperienze creative anche grazie alla realizzazione di un metodo di training dinamico (che abbiamo chiamato Per un teatro di liberazione) che utilizza gli elementi delle tecniche del "terzo teatro", del teatro politico, della biomeccanica di Mejer'hold, del teatro orientale e del tai chi chuan. Nascono in quegli anni i primi spettacoli di teatro in strada nei quali vengono coinvolti molti artisti di provenienza diversa che costituiranno, fra l’altro, anche il nucleo centrale della Scuola dei Mimi del Teatro dell'Opera di Roma e vengono organizzati alcuni viaggi-laboratorio teatrale in India e Tibet volti alla conoscenza di culture diverse e all’apprendimento delle tecniche di base delle performing arts (danza, teatro e musica) legate al teatro orientale ed alla ricerca teatrale di Jerzy Grotowski e di Eugenio Barba. Nel 1995 apre lo spazio di Argillateatri, si forma l’omonima compagnia diretta da Ivan Vincenzo Cozzi ed inizia un decennio di attività di studio e ideazione di nuovi progetti, produzione, ospitalità, formazione e, soprattutto scambi, conclusosi a causa dello sfratto che ha portato alla chiusura del Teatro. Laboratorio permanente di ricerca, educazione e creazione teatrale attivo negli scambi artistici, nell’ideazione e nella realizzazione di rassegne, festival, convegni, workshop, etc., Argillateatri è oggi impegnata nella realizzazione di iniziative artistiche, letterarie, educative e sociali profondamente inserite nell’attualità, anche digitale; nella creazione di network e di progetti interculturali. Sempre utilizzando ed elaborando materiali fantastici e tecniche teatrali, utopia e resistenza, memoria e comunicazione. Il nostro lavoro è trasformazione, ricerca, curiosità ed interesse verso le espressioni artistiche valide e creative da tutto il mondo; il nostro teatro ha come fine la creazione di spettacoli liberi e soprattutto racconti capaci di lasciare un segno della realtà, qualche meraviglia, grappoli di ricordi, linguaggi diversi e di proporre percorsi fra immagini, disagi, opinioni, cultureQuesto ci porta da sempre a lavorare sul coinvolgimento e la collaborazione con le periferie ed i territori a rischio dove cerchiamo di realizzare progetti e sogni comuni. Negli ultimi anni il lavoro teatrale si è incentrato sulla ricerca di un’espressività capace di accogliere e amalgamare le tecniche e le poetiche delle avanguardie storiche con i linguaggi contemporanei e sull’approfondimento di testi che possano offrire una visione diversa dell’impegno artistico e civile.

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Page 1: Argillateatri. La storia....Associazione Teatrale THE WAY TO THE INDIES - Argillateatri Sede legale: Via Caulonia, 15 - 00183ROMA - 06.77071899 - P.I. 04572261008 e-mail argillateatri@gmail.com

Associazione Teatrale THE WAY TO THE INDIES - Argillateatri Sede legale: Via Caulonia, 15 - 00183ROMA - 06.77071899 - P.I. 04572261008

e-mail [email protected] – www.argillateatri.org

Argillateatri. La storia. L'Associazione Teatrale THE WAY TO THE INDIES nasce nel 1990 dall'esperienza di Lanterna Rossa (1972) che, - dapprima come centro di aggregazione politica, libreria e biblioteca popolare del quartiere romano Quadraro-Cinecittà, quindi come Teatro Autogestito in continuo confronto e scambio con i maggiori gruppi di teatro politico internazionale - ha rappresentato, negli anni '70 ed '80, uno dei primi esperimenti di teatro globale; un progetto di ricerca e sperimentazione di tecniche, filosofie, pensieri, arti, energie, visioni e solidarietà che avevano come fine ultimo la presenza, la comunicazione, la costruzione concreta ed autentica degli strumenti utili alla rappresentazione. Dal 1990 The Way to the Indies ha proseguito, non soltanto idealmente, questo progetto visionario e unico, dando vita ad un teatro aperto che racchiude in sé esperimenti ed esperienze creative anche grazie alla realizzazione di un metodo di training dinamico (che abbiamo chiamato Per un teatro di liberazione) che utilizza gli elementi delle tecniche del "terzo teatro", del teatro politico, della biomeccanica di Mejer'hold, del teatro orientale e del tai chi chuan. Nascono in quegli anni i primi spettacoli di teatro in strada nei quali vengono coinvolti molti artisti di provenienza diversa che costituiranno, fra l’altro, anche il nucleo centrale della Scuola dei Mimi del Teatro dell'Opera di Roma e vengono organizzati alcuni viaggi-laboratorio teatrale in India e Tibet volti alla conoscenza di culture diverse e all’apprendimento delle tecniche di base delle performing arts (danza, teatro e musica) legate al teatro orientale ed alla ricerca teatrale di Jerzy Grotowski e di Eugenio Barba. Nel 1995 apre lo spazio di Argillateatri, si forma l’omonima compagnia diretta da Ivan Vincenzo Cozzi ed inizia un decennio di attività di studio e ideazione di nuovi progetti, produzione, ospitalità, formazione e, soprattutto scambi, conclusosi a causa dello sfratto che ha portato alla chiusura del Teatro. Laboratorio permanente di ricerca, educazione e creazione teatrale attivo negli scambi artistici, nell’ideazione e nella realizzazione di rassegne, festival, convegni, workshop, etc., Argillateatri è oggi impegnata nella realizzazione di iniziative artistiche, letterarie, educative e sociali profondamente inserite nell’attualità, anche digitale; nella creazione di network e di progetti interculturali. Sempre utilizzando ed elaborando materiali fantastici e tecniche teatrali, utopia e resistenza, memoria e comunicazione. Il nostro lavoro è trasformazione, ricerca, curiosità ed interesse verso le espressioni artistiche valide e creative da tutto il mondo; il nostro teatro ha come fine la creazione di spettacoli liberi e soprattutto racconti capaci di lasciare un segno della realtà, qualche meraviglia, grappoli di ricordi, linguaggi diversi e di proporre percorsi fra immagini, disagi, opinioni, culture… Questo ci porta da sempre a lavorare sul coinvolgimento e la collaborazione con le periferie ed i territori a rischio dove cerchiamo di realizzare progetti e sogni comuni. Negli ultimi anni il lavoro teatrale si è incentrato sulla ricerca di un’espressività capace di accogliere e amalgamare le tecniche e le poetiche delle avanguardie storiche con i linguaggi contemporanei e sull’approfondimento di testi che possano offrire una visione diversa dell’impegno artistico e civile.

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IVAN VINCENZO COZZI ‐ Attore, regista, performer. Per la sua formazione teatrale sono fondamentali gli incontri e le collaborazioni con il Living Theatre di Julian Beck; i seminari sul teatro di strada seguiti con Iben Nagel Rasmussen (Odin Teatret), i laboratori teatrali con Gruppo Teatro Onze, Jerzy Grotowski, Dario Fo, Lindsay Kemp e lo studio della regia con Dominique De Fazio. Fra i primi performer internazionali su trampoli, ha elaborato una tecnica rappresentativa di grande impatto e di notevoli possibilità sceniche e acrobatiche. Nel 1990/91 è fra gli artisti fondatori della Scuola dei Mimi del Teatro dell’Opera di Roma; in seguito partecipa a produzioni di alcuni Enti Lirici (Teatro dell’Opera di Roma, Arena di Verona, Ente Lirico di Cagliari, etc.). Partecipa a festival e rassegne nazionali ed internazionali e prende parte a spettacoli televisivi e cinematografici. Nello stesso periodo concretizza la ricerca e lo studio delle differenti forme ed i linguaggi teatrali organizzando “viaggi‐laboratorio” in paesi lontani dove ancora si possono trovare le testimonianze di un teatro antropologico e popolare. Questo lavoro lo porta a proporre le culture d’oriente, programmando spettacoli, rassegne, mostre, incontri, workshop, etc. con maestri tradizionali dall’India, dal Giappone e da altrove. Nel 1995 Fonda e dirige ARGILLATEATRI dove, fino al 2006 (anno dello sfratto) ospita, organizza, e produce spettacoli, concerti, spettacoli di teatro in strada, laboratori di formazione, attività per ragazzi ed altre attività culturali; accoglie artisti ed insegnanti di differenti arti performative (musica, teatro, costume e scenografia, tecniche olistiche, trucco, dizione, arti marziali, danza, tecniche circensi, canto, etc.). Da tempo ricerca ed approfondisce il processo creativo dell’attore per sperimentare le energie che contribuiscono alla realizzazione dell’opera rappresentata. La sua ricerca sull’energia, il gesto, il movimento e le forme di teatro “altro” viene quotidianamente riproposta nei laboratori, seminari e corsi di formazione teatrale che porta avanti. Numerosi sono gli artisti ed i performer di teatro in strada e teatro di movimento che si sono formati con i suoi insegnamenti presso il Laboratorio Permanente delle Arti dello Spettacolo di Argillateatri. Dal 2002 al 2006 organizza ed è il direttore Artistico “PER LE ANTICHE STRADE” di BUSKERS & PERFORMERS FESTIVAL di Carpineto Romano. Sue produzioni più significative: “Cose usate” adattamento da “Asta in Cortile” di A. Wesker; "Never Failed me yet..." partitura teatrale per attore e danzatrice; “Il Marinaio” da F. Pessoa; “Esercizi di libertà”; “Labirinto”; “Omaggio a Stravinski”; “Viaggio alla Montagna dell’Anima”; “le Città Invisibili” di I. Calvino. Prosegue le sue collaborazioni con il Teatro dell’Opera di Roma. Insegna il Tai Chi Chuan appreso dal maestro Grant Muradoff.

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…NEVER FAILED ME YET

Il risveglio di un barbone. Punti di vista, strada, rumori. Buste di plastica e fardelli. Inizia un giorno nuovo. Diverso. Perché tutti i giorni sono diversi. Gesti, domande, risposte. Il suo sogno, il suo passato... Dov’è il mondo? Al di là o al di qua della porta? Sulla strada. Il senso è nell’entrare dentro. La forza è quella del trascinare dentro. Il fine è quello di confondere, di porre domande, di lasciare spazio a migliaia di verità. Movimenti interiori ed esteriori di lentezza, dis-equilibrio, attenzione, solitudine, moltitudine, sguardi, il sogno di un amore passato, di uno squarcio di vita perduto, della realtà abbandonata.

Lo spettacolo interseca su più piani il teatro di movimento, la poesia (Jack Hirschman, uno fra i più grandi poeti americani contemporanei;poesie

e creazione degli stessi “barboni”) e l’irresistibile fascino della musica di Gavin Bryars : il canto struggente di un homeless londinese; inoltre, suoni, voci come strumenti, incroci di segnali sonori, accompagnano il passaggio fra le infinite realtà.

La sinergia fra i diversi linguaggi –riconducibili ad un’estetica di teatro poetico e di impegno sociale– fa sì che l’azione suggerisca un’esperienza che possa essere condivisa dallo spettatore.

Con questo progetto il teatro contamina la finzione con la realtà, rende visibile -in un luogo inaspettato- una quotidianità dolorosa senza renderla docile e gradita; cerca di mostrare l’uomo “senza fissa dimora” nei suoi giorni diversi; va oltre i punti di vista, ferma l’attenzione su uno stato dell’animo sempre in bilico fra il ricordo e la sopravvivenza; produce un confronto fra linguaggi, lasciando che la poetica, la verità degli “ultimi” scompigli, ancora una volta, la razionalità.

note di regia Il teatro può cambiare la visione del mondo?, Nella ridefinizione della realtà, il teatro, può aprire la mente? Ma, prima ancora, il teatro è il sogno o il sogno è il teatro? E la realtà, la vita quotidiana, come entra in tutto questo? Lo spettatore, provocato e disarticolato dalle sue poltrone putride di sonnolenza, può essere scardinato nelle sue rappresentazioni mentali e scaraventato nel baratro del caos del pensiero libero? Questo spettacolo, nonostante il suo lungo percorso vitale, sembra generare, tempo dopo tempo, nuove domande e nuove possibilità.

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IL MARINAIO (di Fernando Pessoa)

“Raccontiamoci delle storie a vicenda…… Io non ne conosco nessuna, ma questo non è male, non può far male …… Il soltanto vivere fa male … Cerchiamo di non sfiorare la vita nemmeno con l’orlo dei vestiti….. Non vi alzate: sarebbe un gesto, e ogni gesto dissolve un sogno…. Ma il passato, perché non parliamo del passato?...”

Tre donne attendono l’alba in una veglia funebre dell’amica morta. All’alba scompariranno e, dunque, per credersi reali e poter affermare di aver davvero vissuto, nella lunga veglia dovranno raccontarsi l’un l’altra una storia intessuta dei loro sogni. È la storia del Marinaio che, naufragato su un’isola deserta, a sua volta sogna un passato ed una Terra d’origine che non ha mai avuto… Siamo fatti della stessa materia di cui sono fatti i sogni afferma Prospero nella Tempesta di Shakespeare. Ma di che materia son dunque fatti questi sogni? Le tre donne di Pessoa, narrando, introducono alla possibile soluzione de significato dell’esperienza più soggettiva e irrepetibile che esista, trasmissibile solo attraverso la mediazione delle parole che usiamo per raccontarlo e quindi inscindibilmente legato alla poesia.

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ESERCIZI DI LIBERTÀ Viaggio in verticale sulle vie della libertà

"… e per il potere d'una parola ricomincio la mia vita: sono nato per conoscerti, per chiamarti: libertà…"

Paul Eluard

sunto: gli attori giungono silenziosamente nei pressi dell'installazione, con azioni di movimento, corsa, camminate lente per poi scomparire all'interno della stanza di giornali Il pubblico, all'esterno, viene invitato a guardare dentro la stanza, forando la carta, curiosando, andando a cercare la verità. Un viaggio attraverso immagini, musica e parole per raggiungere le persone e la loro esistenza, per non perdere mai il contatto con la poesia. Grazie alla partitura fisica acrobatica (sfida all'espansione nello spazio), la lettura verticale del movimento rappresenta un'elevazione del gesto, dell'intenzione e del pensiero. Una struttura di metallo alta cinque metri, rappresenta il luogo all'interno del quale avvengono le azioni, dal quale le azioni esondano, in cui s'annidano le voci e da cui i movimenti prendono il volo.

Questo teatro diventa così il modo per entrare in contatto con una cultura sempre più in equilibrio incerto fra le tradizioni antiche e le nuove forme di affabulazione. Il rapporto con gli spettatori e con la gente del luogo determina una strada: il percorso capace ci creare un inscindibile legame di emozioni ed affettività. drammaturgia: musica, lettura, linguaggio del corpo, parola, movimenti, racconto per immagini movimenti esteriori: ascesa, percorso, acrobatica, rotolare, soffermarsi… movimenti di dentro: luminosità, equilibrio, intuizione dominanti: sorpresa, evocazione, contatto. Il senso è nel coinvolgimento di tutti. La forza è quella del sogno, del mito, del sacro e della tradizione Il fine è quello di far ritrovare a ciascuno la forza della libertà.

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LABIRINTO Perdersi e ritrovarsi nei racconti dei labirinti

Il labirinto è percorso. È passaggio che si trasforma in traversata, in “prova”, e da prova in iniziazione ad una nuova vita, in rinascita. Il labirinto è percorso della memoria, cammino obbligato che tiene desta la capacità di ricordare, viaggio dell’uomo verso il suo centro e, viceversa, dal suo profondo verso gli altri, ma anche rete digitale, tracciato di migrazioni, luogo di reclusione/esclusione… Ogni civiltà ha il suo labirinto.

Tanti sono dunque i labirinti e tutti finora sono stati costruiti nel cuore della civiltà. I labirinti reali, man mano che il progresso avanzava sono diventati labirinti mentali, di leggi, di forme, di organizzazioni sociali: città-labirinto, strade-labirinto, ospedali-labirinto… Questi labirinti con i loro simboli sono proposti provocatoriamente nel cuore del mito, si intrecciano o si sovrappongono all'immaginario romantico di Asterione, Arianna e Teseo per offrire uno spunto in più di riflessione: quella sulla nostra stessa diversità.

Il progetto di questo spettacolo nasce da una lunga ricerca sul mito di Arianna, Asterione e Teseo, si è nutre delle tradizioni arabe, dei canti di Ovidio, delle visioni di J.L. Borges e dei diversi testi che lo hanno narrato. Nell’allestimento del “Labirinto”, grazie alla partitura fisica acrobatica, il gesto diventa labirinto, le parole che si snodano e si rincorrono sono labirinto; la scenografia è labirinto. La messa in scena è basata sull’equilibrio delle diverse forme d’espressione utilizzate per la realizzazione del testo, ma soprattutto sul linguaggio della straordinaria struttura scenica capace di moltiplicare le possibilità espressive dell’azione.

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LE CITTÀ INVISIBILI (di Italo Calvino)

Le Città Invisibili di Italo Calvino è un diario di viaggio in luoghi straordinari, che racconta degli incontri tra l’imperatore tartaro Kublai Kan e Marco Polo, mercante veneziano, giunto alla sua corte. Il Kan vuole conoscere il suo sterminato regno e chiede a Polo di percorrere i suoi territori per raccontargli la forma e la vita delle città che lo costellano. Ad ogni ritorno Polo narra a Kublai di città fantastiche: città di gioia e desiderio, città venate di rimpianti,

città dell’assenza o della morte; città al confine fra reale e immaginario, che sfidano la logica e il tempo. Il loro dialogo s'attarda fra segreti, iperboli, prospettive ingannevoli, mentre attorno prende forma qualcosa di nuovo, perché forse è vero, come dice il Kan, che ogni città altro non è che la descrizione di una sola, unica città. Quella perfetta.

Le Città Invisibili non è un testo teatrale, ma pur senza farne un adattamento, abbiamo lavorato sull’intreccio dei monologhi, delle azioni e delle musiche. Fra le cinquantacinque città scritte da Calvino, ne abbiamo scelte tredici, basandoci sulla loro attualità e sulle simbologie che le rendono espressione della necessità di un nuovo dialogo fra civiltà.

I piani di lettura e di rappresentazione sono molteplici e sempre doppi: dall'alto e dal basso, dal mare o dalla montagna, attraverso e attorno, fuori e fin dentro la terra, dei vivi e dei morti, pieno e vuoto, silente e rumoroso, continuo e interrotto. E questo doppio -che a sua volta si triplica e si moltiplica- è il filo conduttore dello spettacolo che mette in scena, la narrazione di un Marco Polo il cui ruolo è suddiviso fra tre diverse persone che rappresentano lo stesso “uno”. In particolare il viaggiatore veneziano è interpretato da tre donne, tre viaggiatrici del tempo, dello spazio e della contemporaneità, che rappresentano tre età, tre fasi della vita, tre provenienze, a loro volta mescolate dalle tappe dei loro viaggi interiori e fisici; tre modalità di affrontare l’ignoto, tre possibilità di confrontarsi con il potere…

Le musiche originali del compositore Tito Rinesi sono frutto di un lavoro di ricerca sul testo. Sonorità evocative, rumori di mercato e di carovane, cori classici e armonie contemporanee accompagnano le città e i dialoghi fra Marco Polo e Kublai Kan.